Bollettino_Salesiano_197909


Bollettino_Salesiano_197909



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BOLLETTINO
ANNO 103 N. 9 1• Gl.UINOICINA 1 MAGGIO 1879
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70J
SALESIANO
RIV I STA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877

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·
I'
I•
,,. · Sommario
ANNO 103 - NUMERO 9
1 MAGGIO 1979
Dipinto di Pierre-Octave Fasani
Color di Marino Carulli
Servizio di copertina: pag. 13-14
CAPITANO DI QUINDICI ANNI
Domenico Savio nel 25' della Canonizzazione
1. Il giorno che il Papa lo promosse sul campo. 13
2. DI nuovo il Papa lo addita ai ragazzi, 13
3. Carta d'identità del piccolo santo, 14
4. Domenico aveva la stoffa del capo. 15
5. Chiamò I suoi compagni a far gruppo con lui, 17
6. E poi da quel gruppo sbocciarono i salesiani, 18
7. Il piccolo mondo di Savio Domenico, 20
8. Aveva in alto loco amici molto potenti, 21
9. Per conoscere meglio Domenico Savio, 22
10. Come divenne il «santo delle culle•· 23
11. Continuano a crescere i suoi amici nel mondo, 24
LE FORZE
Exallieve. Ivonne. Marille, Hilda, 6-8
Cooperatori. 37 corsi di esercizi spirituali, 1O
Giovani. I giovani sceglierebbero I salesiani? 30
L AZIONE
Argentina. E le cooperatrici gestiscono la scuola. 31
Belgio. Ivonne fa le ferie nel lebbrosario, 6
Colombia. Hilda e i suoi 850 emarginati, 8
Etiopia. A Makallè la scuola professionale, 31
Germania. Marille e le sue 150 volontarie, 7
Distrutto il chiostro di Benediktbeuern, 30
Italia. Tre grandi film sono diventati catechismo, 3-5
La casa dell'Ausiliatrice si rinnova, 11-12
Il giovane Palmiro. insegnante salesiano? 29
Chioggia dedica una via a Don Bosco, 31
Paraguay. Ma nostro Signore capisce Il koreano, 8-9
Perù. Il giorno che il re divenne loro padrino, 30
IL PASSATO
1879. Entrate in Patagonia!•, 25-29
Sicilia. I salesiani preparano il centenario, 30-31
RUBRICHE. Caro BS, 5 - Libreria, 12 e 22 - BS risponde, 29 -
Brevi da turto Il mondo, 30 - Ringraziano i nostri santi, 32 -
Preghiamo per i nostri morti, 34 - Solidarietà missionaria. 35
LA VIGNETTA
«DIECI E LODE•
ANNO
DEL FANCIULLO
- Siamo scampati al-
l'aborto, e ora cerchia-
mo di non ammalarci.
Perche dllllcllmente
scamperemmo all'eu-
tanasia.
(Giovanni Mosca)
2
BOLLETTINO
SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Qui ndicinale d 'informazione e cultura religiosa
DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCO
Collaboratori. Giuliana Accornero - Pietro Ambrosìo - Marco Bon-
gioannl - Teresio Bosco - Ella Ferrante - Adolfo L'Arco
Fotografia Antonio Gottardt
Arch,vio salesiano: Guido Cantoni
Archivio Aud1ov1s1v1 LDC
DiNuslone Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Torino
Autorizzazione Tribunale di Torino n 403 del 16.2.1949
L'EDIZIONE DI META' MESE
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- le Missioni attraverso la Solidarietà missionaria o altre forme.

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ITALIA
* Essi sono il « Mosè» di De
Bosio, il «Gesù di Nazareth »
di Zeffirelli, e gli «Atti degli
Apostoli» di Rossellini.
* L'editrice salesiana LDC li ri-
propone non come spettaco-
lo, ma trasformati in una serie
di 38 lezioni di catechismo.
* Ciascuna lezione comporta
una proiezione di 20-25 mi-
nuti, in pellicole « super 8 » a
colori, mentre un volumetto-
guida aiuta il catechista nel
preparare la lezione.
* Intervista di Teresio Bosco a
don Bartolina Bartolini.
<I Primo plano dal Gesù• di Zettlrelll.
Tre grandi film
sono diventati catechismo
' un avvenimento cdilorialc di
E prima grandezza, una lieta sor-
presa per coloro che lavorano per far
conoscere Gesù Cristo e il suo mes-
saggio ai giovani d'oggi. Sono andato
a incontrare don Barlolino Bartolini,
direttore del « Reparto audiovisivi»
dell'LDC, per una Eranca intervista di
informazione e di valutazione dell'av-
venimento.
Domanda: Voi mettete sul mercato
ire capolavori telecinema1ografici per
«fare il catechismo». Non proponete
così un «catechismo di lusso»?
Risposta: Non direi proprio. Se ab-
biamo il dovere di annunciare il mes-
saggio di Gesù Cristo (e questo dovere
ce l'hanno tutti i cristiani e in modo
particolare tuttj i preti), dobbiamo
cercare i mezzi adatti ad annunciarlo
alle persone di oggi.
Al tempo degli Apostoli i mezzi per
annunciare il messaggio erano due:
predicare viaggiando e scrivere. I viag-
gi a quel tempo costavano parecchio:
in denaro, in fatiche, in salute. Eppure
gli Apostoli viaggiarono e come. E
anche le cose scritte costavano. I ro-
loli di pergamena su cui era copiala a
mano la Bibbia, e che per esempio san
Paolo pona, a con nei ~uoi viaggi.
co,tavano molto.
Alla (ine del Medioevo fu inventalo
un mezzo nuovo di comunicazione, la
stampa. JI primo libro stampato fu la
Bibbia. Vuol dire che i cristiani di quel
tempo prendevano sul serio il dovere
cli annunciare il messaggio del Figlio
di Dio.
Nella noslra età moderna sono stati
inventati altri formidabili mezzi di
comunicazione: dal giornale alla ra-
dio, dal cinema alla televisione. E' lo-
gico, è normale che i cristiani li usino
per diffondere il messaggio cristiano,
e che affronlino lutti i sacrifici ne-
cessari per farlo.
Credo di non offendere nessuno di-
cendo che nell'usare il cinema come
mezzo catcchislico, siamo in un ritar-
do umiliante, che non rende certo te-
stimonianza alla serietà della nostra
fede.
D. Mi pare di avere alle spalle la
simpatia di moltissimi vecchi parroci,
dicendoti: Abbiamo usato il vecchio
«Calechismo di Pio per tanti anni.
Avevamo le chiese piene, -i confessio-
nali affollati e le vocazioni numerose.
Oggi usiamo audiovisivi e «super 8», e
le chiese sono vuote, i confessionali
deserti, i seminari quasi abbandonali.
R. E' un'osservazione molto grave,
questa, e vogBo tentare di rispondere
il1 ma11iera esauriente.
Sono pienamente convinto che il
primo e insostituibile strumento per
comunicare il messaggio cristiano è il
catechista, è la parola e la vita della
persona che annuncia Gesù Cristo. Se
lui non funziona o non c'è, nessuno
strumento lo può supplire. li secondo
strumento è la comunità cristiana,
l'insieme dei cristiani che vivono in
wia parrocchia, in un quartiere, in
una scuola. Essi annunciano Cristo
con i valo1i che vivono, la testimo-
nianza che danno, gli atteggiamenti
che compongono la loro vita. Se
manca questo, tutti gli strumenti sono
inutili. Ma detto questo, devo subito
aggiungere che chi rimpiange il «vec-
chio e caro Catechismo cli Pio è
come colui che di fronte a estensioni
immense di terra da dissodare, invece
di pensare ad aratri e trattori, rim-
piange la «vecchia e cara zappa».
E' forse proprio una certa mancan-
za di lavoro in profondità, di adegua-
memo alle esigenze nuove, che ci ha
causato certi effetti che oggi tutti de-
prechiamo. Se nei decenni trascorsi
avessimo avuto decine e decine di
Don Bosco, decine e decine di Don
Alberione (preti che avevano fede e
coraggio sufficienti per guardare
avanti, guardare alle generazfoni che
stavano arrivando), forse avremmo
meno motivi per lamentarci.
D. Vuoi tracciare un quadro sinteti-
co ed esatto di questi nuovi strumenti
che proponete ai catechisti di oggi?
R. Sì. Si tratta di tre capolavori te-
levisivi: il «Mosè» di De Bosio, « Gesù
cli Nazareth» di Zeffuelli, gli «Atti de-
gli Apostoli» di Rossellini.
Per ora abbiamo terminato tutta la
lavorazione degli «Atti degli apostoli».
Si è compiuta una riduzione del lungo
spettacolo televisivo a 3 ore e 20 mi-
nuti di proiezione. Questa selezione e
3

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riduzione non è stata fatta a casaccio,
ma studiata e operata insieme a Lu-
ciano Scaffa, uno degli sceneggiatori
che ha lavorato con Rossellini. Abbia-
mo preso tutte le parti più significati-
ve dal punto di vista catechistico, la-
sciando cadere alcune cose che ap-
partenevano di più allo spettacolo, al
divertimento.
Il tutto è stato diviso in IO parti,
ognuna siglata con un titolo che è an-
che il tema illustrato dal film. Accen-
no, tanto per semplificare, alle prime
due parti: "Dallo Spirito il nuovo po-
polo di Dio" e "Gesù vive nel suo po-
polo". La prima contiene la vita della
comunità radunata prima della Pen-
tecoste, l'elezione di Mattia, l'evento
della Pentecoste, il discorso di Pietro,
e si conclude con il Battesimo dei pri-
mi credenti. La seconda presenta l'in-
segnamento di Pietro e degli Apostoli
nel tempio: è Gesù che continua la sua
predicazione nella sua Chiesa; la gua-
rigione dello storpio da parte di Pie-
tro: è Gesù che continua la sua attività
nella Chiesa attraverso Pietro; e an-
cora la Comunità che celebra l'Euca-
ristia, che mette in comune i propri
beni: è sempre Gesù che vive e opera
nel suo popolo.
Per evidenziare, per mettere bene in
luce questi temi che nell'opera di
Rossellini sono racconto, sono cine-
ma, noimettiamo in mano al catechi-
sta dieci volumetti (uno per ogni par-
te) perché lo studi, perché si prepari a
fare non spettacolo ma catechismo.
D. Le stesse opemzioni le state ripe-
tendo per «Gesù» di Zeffirelli e per
«Mosè» di De Bosio?
R. Sì. Vedendo e rivedendo atten-
tamente Gesù di Zeffirelli abbiamo
notato che ogni ora di spettacolo tele-
visivo è divisibile in due parti di circa
25 minuti ciascuna, con temi abba-
stanza marcati, che emergono senza
dover forzare la mano. La prima ora,
per esempio, è quasi automaticamen-
te divisa in due parti: ''L'attesa del
Messia" e ''L'accoglicn1.a del Me~~ia".
D. «Mosè», «Gesù» e «A/li degli
aposwli» sono tre narrazioni s1accate,
o 1·iusci1e a dare al tutto una certa
unità?
R. A noi pare che queste tre opere
costituiscono un tutt'uno, che possia-
mo senz'altro chiamare« La Bibbia in
cinema». Dell'Antico Testamento è
narrato l'Esodo, che è certamente la
parte essenziale della Storia di Israele,
il popolo di Dio. Del Nuovo Testa-
mento c'è la vita di Gesù e poi la vira
della Chiesa negli Alti. Presentiamo
quindi ai catechisti, agli operatori pa-
storali, una «Bibbia in cinema a colo-
ri», di alto contenuto artistico e anche
di rigorosa fedeltà ai testi biblici. Ab-
biamo consultato studiosi autorevoli
della Bibbia, e possiamo garantire che
questa« traduzione audiovisiva» della
Storia deJJa Salvezza non è un tradi-
mento, uno «spettacolo edificante»,
ma una comunicazione autentica e ri-
gorosa del messaggio della Bibbia.
Una cosa mi preme far notare: con
questi Lre capolavori, non presentia-
mo soltanto i «grandi fatti» della Bib-
bia, gli «episodi clamorosi». Riuscia-
mo anche a narrare la storia del « po-
polo di Dio», della gente comune,
anonima, che attende il Messia, che lo
incontra, che vive con lui lo spirito
delle beatitudini. A'ttorno ai grandi
protagonisti, vive, si organizza, prega,
agisce questo « popolo di Dio»: i veri
poveri, che sentono di non essere au-
tosufficienti perché sentono bisogno
di un Dio che li salvi, che dia un signi-
ficato alla loro vita. E questo popolo
prima attende, poi incontra, poi vive
con Gesù, e in lui scopre il senso della
propria vita, e vive costruendo la pa-
ce, la giustizia, e annunciando a tutti
che Dio è venuto, ci ha fatti fratelli, e
darà un significato pieno alla vita di
ciascuno. E' la vita della Chiesa, la
nostra vita che continua nel mondo di
oggi.
D. Nessuna «operazione cornmer-
ciale» sollo questa ini.ziativa? Non ci
saranno grossi guadagni per l'editrice?
R. Lo nego in maniera assoluta. La
nostra è un'operazione catechistica e
non commerciale. Prevediamo l'in-
casso sufficiente a coprire le spese,
tenendo conto anche di forti diritti
d'autore che dobbiamo pagare alla
Rai. Si sa del resto che i prezzi del-
1'LDC anche per le altre iniziative, so-
no attualmente tra i più bassi del
mercato.
D. E ciò nonostante, il costo del ci-
nema-catechismo sarà ancora elevalo
per un catechista di medio livello.
R. Sono cosciente che esso esige
dei seri sacrifici. Ma spero che non sia
il singolo catechista, ma ogni comu-
nità cristiana che farà i conti e si di-
stribuirà i sacrifici. Più la comunità è
fervente e di spirilo missionario, più
cerca gli strumenti adatti a comuni-
care il messaggio cristiano alle giovani
generazioni e è disposta per questo a
fare i sacrifici necessari. Per arare un
campo ci vuole buona volontà. Ma
non basta la buona volontà, ci voglio-
no gli strumenti. Il contadino che
compra il trattore spende molto, fa
sacrifici, m a lo fa a ragion veduta,
perché sa di investire per far rendere il
proprio lavoro. Sarebbe triste che una
comunità cristiana fosse insensibile
davanti a un impegno che va a van-
taggio di tutta la generazione giovane.
D. Com'è nata /'idea di fare dei ci-
nema-catechismo?
R. E' un'idea molto vecchia. Tra
noi salesiani è nata concretamente 38
anni fa, nel 1941, quando la Congre-
gazione celebrò il centenario del pri-
mo catechismo fatto da don Bosco al
piccolo muratore Bartolomeo Garelli.
Una semplice lezione di catechismo
da cui è nata la Famiglia Salesiana. [I
capo dei Salesiani, nel 1941, era Don
Pietro Ricaldone, che fondò in quel-
l'anno il «Centro Catechistico» perché
svolgesse un servizio nazionale e in-
ternazionale nel campo specifico del
catechismo. Un gruppo di salesiani,
così, fu chiamato a specializzarsi in
questo campo. A distanza di 38 anni,
possiamo diTe che il bilancio del Cen-
tro Catechistico è buono. Si sono pre-
parati molti catechisti, e si sono editati
numerosissimi strumenti per fare il
catechismo.
Oggi il Centro catechistico com-
prende una quarantina di salesiani e
IL PADRE DEI CIELI
CIAMA
Una delle mille Immagini, ricche di messaggio
cristiano, diffuse dall'Editrice LDC in tutto li
mondo.
ha la sua sede a Leumann (un quar-
tiere periferico di Torino). Alla base
delle sue allivilà c'è un Centro-studi,
di riflessione, che trova la sua espres-
sione nella rivista «Catechesi». Perché
il Centro Catechistico non è un centro
di produzione, ma prima di tutto di
rifle::.sione, di studio, di esplorazione
del messaggio di Cristo e della realtà
sempre mutevole del mondo dove
questo messaggio bisogna portare.
L'attività del Centro si esprime poi in
Jue brnnchie: l'"Editrice LDC" e il
"Laboratorio Audiovii.ivi LDC".
D. Ma quando si pensò a fare del
cinema-catechismo?
R. Subito. Don Ricaldone nel I 94 1,
in piena seconda guen.-a mondiale,
pensava al cinema-catechismo. Stese
dei progetti, pensò ai cartoni animati
quando ancora le bombe piovevano
4

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su Torino e riducevano L'ftalia alla
miseria. Per mancanza di capitali e di
uomini specializzati si dovette accan-
tonare quei progetti (si sperava per
breve tempo), e si puntò sulle imma-
gini fisse, le ormai famose « Filmine
Don Bosco», oggi diventate al 50%
diapositive. L'immagine fissa risultò
uno strumento didattico di prim'ordi-
ne, veramente utile, oggi direi indi-
spensabile.
D. Quali ~0110 i seccori di i111111agil11
fisse che oggi potete 111ettere a di!,po!ii-
:.ione dei ca1echis1i?
R. Sono tre grossi settori: l'am-
biellle in cui Dio si rivelò e Gesù visse
tra noi (10 filmine), il racconto degli
eventi narrati dalla Bibbia (42 l'ilmi-
ne), le siliw_zionidella vita di oggi in cui
siamo chiamati a vivere con lo spirito
del Vangelo (70 filmine).
D. Puoi illus1rarci brevemente que-
sli tre settori?
R. L'idea fondamentale da cui par-
tiamo è questa: il Cristianesimo non è
una dottrina, non è un pensiero filo-
sofico umano né una mornle, ma una
rivelazione che Dio fece nella storia
attraverso una serie di persone. Per
fare catechismo, quindi. occorre rac-
contare questa storia registrata nella
Bibbia, e riflettere su questi fatti sto-
rici.
Occorre perciò prima di tlltto cono-
scere f arnbiente storico-geografico in
cui Dio si è rivelato, in cui Gesù ha
vissuto, ha parlato. Abbiamo allora
preparato con i Francescani della
«Custodia di Terra Santa» 10 Cilmine
su.i luoghi della Palestina che furono
«scenario» alla rivelazione di Dio.
Poi occmTe narrare i fatti, la storia.
Siccome a quei tempi non c'erano fo-
toreporter, occorre ricorrere ai dise-
gnatori specializzati. Ed ecco le 32 fil-
mine deUa Bibbia in immagini. A essa,
mollo recentemente, abbiamo ag-
giunto un impegno audiovisivo sulla
« Vita di Gesù», con immagini di scene
ricavate dal film di Zef[irelli: 10 filmi-
ne il cui testo è fondamentalmente il
Vangelo.
li messaggio di Dio non mi invita
però soltanto a rileggere avvenimenti
passati, ma a vivere il presence alla
luce del Vangelo, avendo per modello
il Figlio di Dio. Di qui il terzo filone:
« Problemi dell'uomo~. più di 700 dia-
positive che presentano i grandi pro-
blemi umani, sociali, esistenziali fil-
trati attraverso la mentalità cristiana.
D. Ora, accanto alle immagini fisse,
aggiungete finalmente il primo cate-
chismo-cinema.
R. Sì, e ripeto che abbiamo pensato
e lavorato per fare non uno spetLacolo
ma delle lezioni di catechismo. I film
non sono a 36 né a 16 millimetri: le
dimensioni dei rulli, le macchine da
proi~ione sarebbero state diffidi-
mente trasportabili, poco manegge-
voli. Il "super 8" ha il vantaggio enor-
me di una macchinetta poco più
grande di quella per diapositive, e dei
111lli assai maneggevoli. Un insegnan-
te di religione che ha 5 ore di scuola
può passare di aula in aula senza nes-
sun dbturbo.
E la lezione di catechismo continua
a essere catechismo. L'atto didattico
l'ora di scuola, il catechismo parroc-
chiale) dura normalmente un'oretta.
Se noi avessimo fatto dei film di 45
minuti, avremmo trasformato gli atti
didattici in spettacoli. Lragazzi avreb-
bero « visto», e basta. Facendoli di 20
minuti, invece, noi diamo un punto di
partenza, facciamo una proposta che
aggancia il ragazzo. Su questa il cate-
chista (guidato dal nostro volumetto o
dalla sua genialità) farà lavorare il ra-
gazzo.
D. Co,-ne sono articolati i volumeui
da voi prepamti?
R. Ognuno ha 40 pagine, e dopo
una presentazione del regista e della
sua opera, si divide in queste parti. Ti
racco11to il film: viene riportata la vi-
cenda con i dialoghi più significativi,
che devono essere riletti e commeota-
ti per comprenderne il significato pie-
no. Leggiamo il testo biblico: i brani
della Bibbia che si riferiscono al film.
Confrontiamo il racco11to biblico con il
film: un confronto che mette in luce le
consonanze, ma anche ciò che per
forza di cose il regista ha dovuto tra-
lasciare. Un messaggì·o che ci i111erpel-
la: il significato di quel racconto per la
nostra vita, per la nostra mentalità. La
parola della Chiesa oggi: mette in luce
la continuità dell'insegnamento della
Chiesa dagli Apostoli al Concilio, al
Papa attuale, ai Vescovi che conti-
nuano a parlare a nome di Gesù. Piste
di dialogo, interrogativi per discussio-
1ci1 piste di attività per ragazzi. Obiettivi
catechistici: verità, atteggiamenti,
realizzazioni che dobbiamo sollecita-
re in seguito a questa lezione. Pre-
ghiamo per vivere: come far diventare
l'avvenimento dialogo con Dio, pre-
ghiera.
Ogni volumetto tiene coFJto dell'in-
terdisciplinarietà, indicando l'inter-
vento utile dei pro(essori delle varie
discipline.
D. Ci offrite degli 011imi sirwnenri
catechistici, dunque.
R. Sì, ma attenzione: sempre e sol-
tanto strumenti. Che non devono farci
dimenticare quello che dicevamo pri-
ma: il primo ed essenziale audiovisivo
della fede è la faccia del catechista, è
la comunità cristiana. Guai se, com-
prali sLrumenti raffinati, ci sentissimo
dispensati dall'essere noi, con la no-
stra vita, i primi evangelizzatori dei
nostri fratelli.
T ERESIO Bosco
«Caro BS... »
CARI AMICI CHE SCRIVETE...
Arriva molta corrispondenza dagli
amici di Don Bosco: lettere al BS, let-
tere per i missionari, notizie e foto da
pubblicare. segnalazione di grazie,
borse missionarie, segnalazioni di
persone decedute che meritano un ri-
cordo, conti correnti e vaglia per so-
stenere le sempre più gravose spese
del BS e per aiutare le opere salesiane
e le missioni.
Si cerca di rispondere, per quanto
possibile, sempre a tutti. E' nello stile
di Don Bosco, è secondo lo spirito
della famiglia. Ma aiutateci a farlo pre-
sto e bene, tenendo presenti alcune
cose. Anzitutto:
UN PO' DI PAZIENZA
La corrispondenza durante l'anno
giunge a ondate: per Natale, Pasqua,
la festa di Don Bosco e di Maria Ausi-
liatrice. Ogni volta è una piccola va-
langa, graditissima, ma che sarà pos-
sibile smaltire solo a poco a poco... E
poi:
IL VOSTRO INDIRIZZO
Dovrebbe essere scritto chiaro,
possibilmente In stampatello, meglio a
macchina, e soprattutto completo: an-
che con il numero di codice. Per prati-
cità si risponde subito agli Indirizzi
chiari e completi, e si è costretti a ri-
mandare di qualche tempo per gli in-
dirizzi poco leggibili o incompleti.
A volte gli indirizzi sibillini sono an-
che causa di disguidi: numerose lette-
re tornano indietro perché... inviate a
un destinatario che non esiste.
IL BOLLETTINO NON ARRIVA PIU'...
Qualcuno scrive lamentando che il
Bollettino da qualche tempo non arriva
più. O lamenta che il proprio indirizzo è
scritto in modo sbagliato. E' successo
un fatto nuovo: nell'autunno scorso, Il
vecchio targhettarlo metallico del BS è
stato sostituito con il sistema mecca-
nografico. E' un passo avanti, che
permette una spedizione del BS più
veloce. (Non sempre ciò si verifica:
sovente cl pensano le poste italiane,
con la proverbiale lentezza, ad annul-
lare Ivantaggi del meccanografico).
Ma nel passaggio al meccanografi-
co si è dovuto rifare l'Intero indirizza-
rio, e possono essere stati commessi
errori. Dicono gli esperti che è pre-
ventivabile un due per cento di errori.
E questo spiega indirizzi inesatti, copie
di BS che non giungono più, e magari
copie che arrivano doppie o triple.
E ALLORA?
Si cercheranno di correggere questi
errori man mano che ci saranno se-
gnalati. I lettori interessati vogliano
scrivere a:
«Ufficio Bollettino Salesiano.
Via Maria Ausiliatrice 32
10100 Torino.
5

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* * BELGIO GERMANIA COLOMBIA
Ivonne
Marille
Hilda
exallieve
COS'I
Exallieve che hanno « respirato» Don Bosco, ne vivono poi l'origina-
lità creativa in opere a servizio dei fratelli più bisognosi: ecco tre
esempi presi da diverse parti del mondo.
I n tutti i continenti, migliaia di
exallicve si sentono cbfamate alla
particolare missione di esprimere nel-
la società il carisma salesiano, nelle
forme e nei modi che il tempo e le
circostanze esigono da cuori sensibili
e coraggiosi. Nelle scuole e negli ora-
LOri delle Figlie d i Maria Ausiliatrice
esse hanno «respirato» Don Bosco, ne
hanno assimilato 1o spirito, e ora lo
vivono in opcrnsa carità.
Chi sono queste exallieve? Per
esempio: Ivonne. Marilla e Hilda.
Ivo nne fa le ferie nel lebbrosario
Ivonne Vcrschueren, exallieva di
Ampsin (Liegi, Belgio), ba 28 anni. E'
la più giovane di q uattro rratellì. In-
fermiera qualificata, da anni presta
servizio presso la « Clinica Regina
Astrid» di Huy. Ques t'anno in premio
alla sua dedizione i dirigenti le hanno
concesso la «speciale », cioè il per-
messo di prolungare le ferie estive.
Così è andata a trascorrere a proprie
spese oltre dicci settimane a Iorochito
(Santa Cruz, Bolivia) in un centro as-
sistenziale perì lebbrosi.
Sul punto di partire, ba scritto alle
persone amiche che l'avevano aiuta-
ta: «Suor Teresa, che ho conosciuto in
Spagna, mi attende laggiù. Le porterò
tutto ciò che mi avete offerto. Tutto
sarà utilizzato per le cure preventive
ai figli dei lebbrosi. per le medicazioni,
e per la rieducazione dei malati•· E
poi, al ritorno, ha presentato un lungo
resoconto. Eccone qualche brano.
Iorocbito. Le dieci settimane sono
volate come un lampo. Sono arrivala
di notte a La Paz. la capitale incastrata
tra le montagne, dove si trovano me-
scolate insieme miseria e ricchezza.
Ho visitato Carabuco, un villaggio in-
digeno dove la vita è estremamente
dura anche per il clima (4000 metri d i
altitudine). La gente lavora nelle mi-
niere, da cui si estraggono zinco,
piombo e altri minerali. li ri t mo di
produzione è intenso: otto ore pe1-
setle giornj su selle. La sosta è di
quindici giorni all'anno.
Sono anivata a rorochito (che dista
45 km da La Paz), dove s i trova l'o-
spedale, dopo due giorni : uno di fer-
robus che mi ha portata a Cochabam-
ba, e un altro s u un carro fino alla mia
mela.
lorochito ha un Centro dermatolo-
gico che si interessa specialme nte dei
lebbrosi. E ' una pena vede rli attende-
re pazientemente il loro turno. Ogni
mattina il P oliclinico è aperto per gli
abitanti della zona e dei villaggi lon-
tani Ci sono quattro medici e alcune
suore a tempo pieno, le altre in fe r-
miere generiche fanno quello che
possono perché non sono specializza-
te per questo tipodimalattia. Il nostro
lavoro. oltre alle medicazioni, all'assi-
stenza, a lla prestazione di ogni c ura
necessaria specifica per la lebbra, è
quello di recarci - suor Teresa con
me - nelle famiglie dei nostri ma la ti
per gli accertamenti indispensabili e
per s volgere opera di prevenzione
presso i familiari: molte volte essi non
riconoscono i sintomi della grave ma-
laLt:ia, oppw-e sì presentano all'ospe-
dale troppo in ritardo per essere curati
con efficacia.
Convincerli a curars i. 11 nostro
compito è ingrato: dcobbiamo convin-
cere la gente a presentarsi per gli ac-
certamenti e le cure preventive. H o
visto un ragazzo di 17 anni, lebbroso,
che aveva già perso tre dita e una fa-
lange di una mano, e un dito dell'altra.
Suor Teresa mi ha assicurato che lo
scorso anno aveva le mani sane.
Perché non è venuto subilo a ll'o-
spedale? Lui vive solo con suo padre
(sua madre se n'è andata in seguito a
problemi familiari). E l'ospedale è
lo ntano. E il ragazzo deve lavorare
con suo padre. Ma perché non s'è la-
sciato c urare prima?
Il loro grazie. Quj sento la prbe nza
e vivo il beneficio delle persone che ci
aiutano con generosità. Con i vostri
70.000 franchi ho acquistato medici-
nali e strumenti di piccola chirurgia,
con altri 90.000 franchi stiamo alle-
s tendo un ambiente adatto alla con-
servazione dei medicinali.
La gioia che sfavilla negli occhi dei
nostri assistili è il loro gra1.ie per ciò
che qui ricevono. Ogni gesto di auen-
zione scuote e fa rivivere la loro spe-
ranza. Sappiamo che le medicine e le
cure che offriamo sono, per loro, già
molto. Ma i nostri lebbrosi aspettano
I
Marllle: «Problemi di ogni genere... Suor Ema
deve trovare al più presto una sedia a rotelle... • ·
6

1.7 Page 7

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da noi anche altro: vogliono sentirsi
amati, accettali, capili. Hanno biso-
gno cli qualcuno che dimostri che Cri-
sto ha soprattutto amato i rifiutati.
Alla superiora dell'ospedale, un leb-
broso ch'è stato curato con tanto
amore, stringendole e baciandole le
mani, piangendo cli gioia ha detto: «E'
veramente Natale, oggi».
Martlle con alcune col-
laboratrlcl del IUO çen,.
tro sociale: e Slamo
proprio aulle orme di
Don Bosco, che dine
al suol missionari:
prendetevi cura sp•
clale del giovani, del
malati, del vecchi, del
poveri•.
Marille e le sue 150 volontarie
Maria Bachmeier: Lrentotto anni,
sposata, con tre (igli. Ha trascorso l'a-
dolescenza con le FMA di Monaco-
Laim e ora è dirigente della "Caritas
Sozialstation » della stessa città. Ha
risposto alle nostre domande.
D. Maril/e, qual è il tuo lavoro?
R. Sono assistente sociale. Mi oc-
cupo di un «Centro Assistenziale» che
si cura soprattutto degli anziani e de-
gli invalidi. Sento questa attività come
una missione che impegna e assorbe
tutta la mia vita. La considero anzi
un'umile risposta cli servizio a Cristo
che ci ha comandato l'amore: «Ciò
che avete fatto ai miei fratelli, l'avrete
fatto a me».
Quanto facciamo per gli anziani è
solo un modesto sforzo per rendere
meno dura l'esistenza cli queste per-
sone che hanno dato il meglio di
alla famiglia e alla società. 11 nostro
impegno - doveroso - si svolge in
parecchi modi. Anzitutto con l'assi-
stenza diretta a domicilio, agli anziani,
agli infermi, ai bisognosi; poi indiret-
tamente mediante la preparazione di
infermiere specializzate per questo ti-
po di prestazioni; e infine procurando
il più tempestivamente possibile
quanto occorre: attrezzature ortope-
diche, generi alimentari, medicine e
cure. Senza trascurare il conforto
morale e spirituale degli assistiti.
Da noi vengono persone con pro-
blemi di ogni genere: indigenza eco-
nomica, conflitti familiari, bisogno di
informazioni e chiarimenti per prati-
che mutualistiche... Le richieste per-
venute oggi possono dare un'idea del
nostro lavoro:
- un'anziana ammalata ci ha
chiesto aiuto per riordinare la casa.
Ho interpellato subito le nostre col-
laboratrici, e una si è già messa a di-
sposizio ne;
- un signore anziano e solo ha bi-
sogno di trasportare il carbone dalla
cantina alla sua abitazione al terzo
piano;
- la signora X ha bisogno che
qualcuno l'accompagni due volte per
seuirnana al « Club degli anziani»;
- suor Erna deve trovare al più
presto una sedia a rotelle per una si-
gnora paralitica...
Sono gli impegni di ogni giorno. E
noi ci interessiamo per dare una con-
creta risposta a tutte queste mani tese.
D . Chi sono i tuoi col/aborawri?
R. Ho una validissima collabora-
trice che condivide quotidianamente
il mio servizio, e coordina l'organizza-
zione. Inoltre s iamo riuscite a rag-
gruppare centocinquanta persone che
si prestano - volontariamente egra-
tis - per ogni sorta di lavoro. Poi ho
mio marito, che posso considerare il
primo collaboratore e sostenitore del-
l'opera, sebbene abbia altri impegni
professionali. Mi ha sorretta sempre
nelle difficoltà, che insieme abbiamo
affrontato con più coraggio, e supera-
lo con la forza che viene dalla pre-
ghiera. Anche i miei tre figli si stanno
orientando - secondo le loro possibi-
lità - verso l'apostolato caritativo.
D. Come ti sei preparata a quest 'o-
pera?
R . Dal 1954 il progetto si è lenta-
mente maturato fino alla realizzazio-
ne, spero potrà domani assumere cli-
mensioni anche più vaste. Agli inizi
lavorammo anche tra la gioventù
francese della Pax Christi, un'opera cli
assistenza per giovani immigrati.
Anche oggi non trascuriamo la gio-
ventù della nostra vastissima pcrifcria
(98.000 abitanti, con pochissimi sa-
cerdoti). I genitori si recano al lavoro,
e i ragazzi sarebbero di casa sui mar-
ciapiedi se qualche nostra assistente
sociale non se ne prendesse cura. As-
sistendo i piccini e i giovani veniamo a
contatto con moltissime situazioni cli
miseria di ogni genere. Perciò la ne-
cessità di intervenire, non per motivi
semplicemente (ilanlropici, ma
perché l'abbiamo sentito come un
dovere cristiano e anche salesiano.
Soprattutto in vista di un'azione pre-
ventiva, prima che i giovani .imboc-
chino le strade della corruzione e del
vizio.
Con mio marito mi sono preparata a
questa missione frequentando corsi
serali di teologia e di pedagogia spe-
cifica, per rendere il nostro lavoro più
adatto ai nostri assistiti.
D. Difficoltà, Marille?
R. Moltissime, grazie a Dio. Dico
così perché non sarebbe adatta a un
cristiano la strada che non presentas-
se punti difficili: incomprensioni,
ostacoli, delusioni, causate anche dal-
le persone più care. D'altra parte Gesù
stesso ci ha indicato la «strada stret-
ta» per seguirlo, E ho sempre affidato
a Maria Ausiliatrice ogni nostra im-
presa.
D. Dicono che sei invidiabilmeme
serena.
R. Sì, è vero. ln parte lo devo al mio
temperamento; ma soprattutto sento
cli dover attribuire questa grazia par-
ticolare di pace interiore - anche
nelle gravi sofferenze che irrompono
spesso nella nostra vita - a quell'aiu-
to che Dio non manca di darci se glielo
chiediamo con insistenza nella pre-
ghiera. Vedi, il cristiano può essere
scarnificato dal dolore, ma sopraffat-
to mai. Perché nulla ci può togliere la
certezza della presenza e dell'amore
del Padre.
Hilda e i suoi 850 ragazzi emarginati
« Non cercatemi» ha detto fiutan-
do... l'intervista. Perciò ci dobbiamo
accontentare di quanto ci dicono di lei
all'Unione ispettoriale. Hilda Maria
7

1.8 Page 8

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!'rado è un'exallieva colombiana di 53
anni. Sta rivivendo nella sua città di
Santa Marta, negli anni 1960 e '70, l'e-
sperienza di Don Bosco fra i giovani
poveri ed emarginati. Per loro ha rea-
lizzato un'opera sociale di promozio-
ne umana, evangelizzazione e specia-
lizzazione, con corsi di studi superiori.
L'opera, intitolata a Laura Vicuùa,
iniziò il 9 febbraio 1962. Senza mezzi,
senza aiuti eccezionali, con poche
forze umane ma con una totale fidu-
cia nella Provvidenza.
Con ferma dolcezza Hilda non si è
vergognata di stendere la mano da-
vanti alle autorità religiose e civili per
chiedere soccorsi. Umilmente, ma con
ferma dolcezza, ha presentato la si-
tuaz.ionc dei giovani abbandonati,
trascurati, emarginati, sfruttati. Oc-
correvano locali, soldi per i locali,
persone disposte a dare una mano,
cuori generosi e pronti a capire qual è
il piano di Dio, per realizzarlo con lei
giorno dopo giorno, senza stanchezza
Per ottenere soccorsi ha ricorso al-
1'Asscmblea nazionale, al Senato, alle
exallieve, alle amiche di un tempo.
Tutti hanno convenuto che Hilda
aveva ragione, che bisognava fare: i
poveri non possono aspettare. E fi-
nalmente giunsero gli aiuti: denaro,
attrezzature scolastiche, utensili, ma-
teriale e arredamenti per l'infermeria.
Tutto è stato ulilizzato, lutto diventa
prezioso quando manca anche l'es-
senziale.
Lentamente l'opera è sorta. La co-
struzione si è sviluppata ed estesa, poi
si è consolidata nel cemento che man
mano ha sostituito le prime baracche
provvisorie. 1 giovani arrivavano a
frotte, a popolare la casa, ancor prima
che fosse terminata. Per i cortili e i
campi da gioco, ci pensarono loro,
correndo e giocando, a sostituire I'o-
pera del rullo compressore: in poco
tempo le aree adiacenti alla casa sono
risultate spianate e lisce come l'asfal-
to.
In una perlferia. L'Opera sociale è
una casa tipicamente alla Don Bosco:
con canti, allegria, fraternità. Tutto
culmina nella preghiera, che assorbe i
ragazzi e li trasforma, li cambia den-
tro e li ricostruisce. Scopetto il « co-
me» si cresce in Cristo, è trovato il
segreto per affrontare la fatica dello
studio, lo sforzo della disciplina, l'un-
pegno del lavoro. Allora tutto nuota
nella gioia.
La casa sorge nella zona Miraflores
di Santa Marta, in ttna periferia dove
la gente deve ognj giorno inventare
come comprarsi il pane. L'edificio ac-
coglie oggi 850 alunni con undici tipi
di scuole: dalle primarie alle superiori.
E tutte approvate dal Ministero del-
l'Educazione. Le insegnanti e le altre
collaboratrici per l'assi~tenza sociale
sono esse pure exallieve, tutte impe-
gnate con lo stesso enwsiasmo e la
stessa dedizione di Hilda.
A piena vita. Hilda dirige l'opera.
che è sorta con il suo sacrificio perso-
nale, e per la quale ha dato il meglio di
sé (ha rinunciato anche a formarsi
una famiglia sua). Laboriosa e sem-
plice, ma forte, sa che l'importante
non è soltanto dare pane e istruzione
ai ragazzi. C'è ben altro, e spetta pro-
prio al cristiano: c'è da mettere i gio-
vani in sintonia con Cristo, perché li
riconduca al Padre. Per questo Hilda
si è voluta rendere disponibile sem-
pre, a tempo pieno e a piena vita.
Proprio come ci ha detto: « NeU'ora di
pubblicizzare quest'opera, non cerca-
temi. Quando sarete nel dolore o
avrete bisogno di me, allora sl: sono
exallieva e mi troverete sempre. Sarò
tutta per voi».
MARIA RAMPTNl
Tutti hanno convenuto che Hllda aveva ragione, che I poveri non possono aspettare. Giunsero gli
aiuti e l'opera è sorta: un grande edificio che accoglie 850 ragazzi emarginati.
PARAGUAY
N el 1968 ero parroco qui ad Asun-
ci6n, e cominciavano ad anivare
i primi emigranti koreani. Alla dome-
nica ero solito vedere in chiesa qual-
cuno di loro. Una volta mi attirò l'at-
tenzione una bambina sui 12 anni, che
già cominciava a balbettare un po' di
castigliano. Cercai di intavolare una
conversazione: le domandai se era
cattolica, se lo era la sua famiglia, e mi
disse di si; da quanto tempo si trovava
qui, perché erano venuti in Paraguay.
ecc. E anche perché venendo a messa
non la vedevo mai fare la comunione.
Mi rispose: perché non sapeva ancora
confessarsi in castigliano. Allora le
dissi: «Ma nostro Signore capisce an-
che il koreano, non è vero?» Sorri-
dendo mi rispose di sì. «Vuoi confes-
sarti?», e ancora disse di sì.
Allora l'invitai a entrare nel mio uf-
ficio, e in ginocchio accanto a me
cominciò a confessarsi nella sua lin-
gua. Va da sé che non capii una sola
parola; ma - come le avevo detto -
nostro Signore comprese tutto. E sic-
come in questi casi «supplisce la
Chiet-.a», le diedi l'a~~olu,:ione. JacC'n-
dole comprendere con le dita la peni-
tenza. La cosa non finì lì: la domenica
seguente la bambina mi portava tutta
la famiglia a confessarsi...
La lista dei peccati. Poi, qualche
tempo dopo, arrivò un giovane korea-
no: era raccomandato a mc dai sale-
siani di Korea, e mi presentò una loro
lettera scritta in italiano. Era laureato
in lettere, e per fortuna parlava abba-
stanza bene il castigliano. Fu una
provvidenza
Quella prima famiglia e le altre che
cominciavo a conoscere, erano ap-
partenute alla Legio Mariae; una di
loro possedeva un manuale della Le-
gio scritto in koreano. E cominciam-
mo a riunirci una volta alla settimana.
Demmo vita a un Presidio; il giovane
mi serviva da interprete durante le
riunioni.
Col suo aiuto confozionammo an-
che una lista di peccati in korcano,
con la traduzione a fianco in casti-
gliano, di modo che per confessarsi
essi indicavano col dito sulla lista e io
guardavo la traduzfone accanto. Fu
una maniera pratica per intenderci
almeno al confessionale.
Ma quel giovane fece qualcosa di
più: riuscì a convincermi di imparare
la sua lingua. Veniva tutte le sere a
farmi scuola. Poi partì per l'Ame1ica
del Nord, ma mi lasciò un dizionariet-
to e una grammatica.
A quell'epoca erano pochi quelli
che venivano alle riunioni: circa dieci
famiglie. Ma vennero a farmi battez-
zare una ventina di persone (quasi
tutli adulti, qualche coppia di sposi).
8

1.9 Page 9

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Ma nostro Signore
capisce il koreano
Padre Javier Mirò, salesiano di Spagna, si è trovato quasi senza
volerlo a svolgere il suo ministero con i koreani emigrati In Paraguay.
E' un'avventura curiosa, e positiva, che meritava di essere vissuta. E
merita di essere ascoltata.
L"ulllma cerimonia del battesimi, celebrata l'8.12.1978: ventuno nuovi cristiani coreani si stringono
attorno a padre Javler e al fonte battesimale.
E qualche mese più tardi, grazie a un
messale che ci era stato mandato dalla
Korea, potei dire messa nella loro lin-
gua. Mi costò molte ore e molto sudo-
re, però alla fine ci riuscii. Non mi [u
possibile arrivare a tenere una con-
versazione, ma imparai a leggere; non
capivo molto di quel che leggevo. ma
ciò che conta è che lo capivano loro.
Poi dovetti tornare in Spagna. E mi
convinsi - poic:hé i miei koreani mi
scrivevano - che a poco a poco si
stavano trasferendo tutti nell'America
del Nord (loro grande aspirazione), o
in Brasile. Alla fine, che sapessi io, era
rimasta solo più una famiglia. Il fallo
è che in Paraguay non avevano grandi
possibilità di lavoro (potevano solo
andare in giro a vendere per le strade),
perciò appena ottenuto il passaporto
paraguayano se ne andavano. Sette
anni più tardi tornai in Paraguay, e
francamente non pensavo più ai ko-
reani...
Tornarono con U messale. Ormai
mi ero convinto che quei korea.ni non
c'erano più, e che altri non sarebbero
più arrivati. Alcune settimane dopo, la
mia iiorpresa fu grande quando vedo
entrare nel mio ufficio la madre del-
l'w1ica famiglia che sapevo rimasta,
accompagnata <la diverse altre donne
koreane. Avevano saputo del mio ri-
torno, e venivano a chiedermi di rico-
minciare come un tempo. Non detti
molta importanza al fatto: pensavo
che fossero poche persone, e che non
era il caso di occupanni di loro. Del
resto quel poco di koreano che avevo
imparato era stato appiccicato con lo
sputo, e ormai l'avevo del tutto di-
menticato.
Feci loro le mie scuse, ma ebbi
l'impressione che non mi avessero ca-
pito. Se ne andarono, ma poi LOrnaro-
no alla carica. Mi scusai di nuovo co-
me potei: non avevo tempo per loro.
Sobbarcarmi un'attività parrocchiale
di quel tipo, proprio non potevo; e
inoltre non avevo più il messale, e
senza di esso era inutile. Il giorno se-
guente, tornarono con il messale...
Per accontentarli, alla fine proposi
che nel giornaletto ciclostilato della
loro associazione koreana mettessero
l'annuncio: tutti quelli che sono cat-
tolici, sono invitati a una riunione
nella parrocchia; e fissammo la data.
Con mia grossa sorpresa, quel giorno
ne vidi arrivare circa 150.
Provenivano da tutti i quartieri del-
la città, dai sobborghi più lontani, e
qualcuno dai centri vicini. La Provvi-
denza li metteva nelle mie mani, in
coscienza non potevo rifiutar loro il
mio ministero. Quanto a loro, appro-
fittarono subito di quel primo incon-
tro per mettere su l'Associaz.ione dei
Cattolici Koreani. Nominarono una
commissione, e l'issarono anche L'ora
per la messa domenicale. Era già tardi
quella sera, non certo il momento più
opportuno; ma insistettero tanto che
io mi arrischiai a celebrare la prima
messa. Con loro grande soddisfazio-
ne. Alla fine quelli della commissione
mi trascinarono in un ristorante ko-
reano, e vollero festeggiare l'avveni-
mento con mc.
Dunque erano numerosi, ma non si
conoscevano tra loro: .in maggioranza
erano arrivati da poco. Poi sono an-
cora aumentati di numero: oggi di
koreani nella sola capitale se ne con-
tano 6.000. Meno male che avevo con-
servato la mia antica grammatica e il
vocabolario...
I risultati. I risultati di due anni e
mezzo di lavoro? Sul piano religioso
hanno la messa domenicale; e hanno
formato il coro, che è l'ammirazione
dei fedeli della parrocchia.
Nella commissione c'è un delegato
per la pastorale, un cattolico anziano
di eccellente formazione cristiana,
che fa il catechismo ai suoi compa-
trioti intenzionati di abbracciare la
fede. Finora abbiamo celebrato già
cinque cerimonie di ba11esimi, in
massima parte per adulti; nell'ultima
cerimonia, 1'8 dicembre 1978, abbia-
mo avuto 21 battesimi.
Oltre aUa commissione, funziona
un Presidio della Lcgio Mariae per gli
adulti e un altro per i giovani; e tutti
sono impegnati a cercare nuovi com-
pagni da portare alla fede. Hanno gjà
ottenuto risultati ottimi: i battesimi
sono stati finora 8J, e numerosi anc~e
i matrimoni.
La commissione si occupa anche
del tempo libero, per esempio orga-
ni7.za vari campionati con le squadre
parrocchiali: i korcani sono campioni
nella pallavolo, e la loro squadra dei
ragazzi è arrivata seconda nel calcio.
Organizza anche escursioni nei pa-
raggi della capitale; giornate di svago
con gare sportive per uomini, donne,
giovani e ragazzi: e perfino concorsi di
canto. Intendono ora acquistare dei
terreni dove praticare liberamente lo
sport, e anche per formare un piccolo
cimitero privato.
Quanto a me, non rimane che con-
tinuare lo studio della loro lingua, per
farmi koreano con i koreani, e con-
qu isi a1 L lutti alla fede.
PADRE JAVlER MIRÒ
(Dal Boletin Salesiano di :-.µagna)
9

1.10 Page 10

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COOPERATORI
37corsidi
ar eserc1z1
spi ·1
Per l'estate 1979 l'Associazione
dei Cooperatori salesiani ha or-
ganizzato 37 corsi di Esercizi
spirituali per le varie categorie,
nelle diverse regioni d'Italia.
,esigenza di •ritirarsi qualche
L giorno,. con iJ Signore è viva-
mente sentita, !>pecie oggi, e specie da
chi vuol dare alla propria vita un
orientamento chiaramente cri!>1ia no.
Perciò J'auualc Regolamemo dei
Cooperatori impegna la loro As!>ocia-
zione a organiua re i corsi; vi si legge
infatti: «L'As!>ociaL.ione aiuta e so-
stiene la forma1.ione cristiana e sale-
siana dei suo i membri. Sono iniziative
spccHicatamentc formative: ... i corsi
di Esercizi spiri1uali ». Ma già Don
Bosco si esprimeva in questo sen!>o
nel primo Regolamento, da lui !>CIÌllo
nel 1876.
Per favorire i momenti cli incontro
con Dio e di ascolto della sua Parola ,
Salesiani e FMA non solo adattano le
loro opere ma di recente n e hanno
costruite di apposite per questo sco-
po. Cominciaro no a Muzzano e Zaffe-
rana Etnea nl!l 1961. continuarono
con Loreto nel '63, a Pacognano l'anno
!,UCcessi-vo... Sono \\•ere oasi dello spi-
rito, collocate ìn luoghi freschi e ac-
coglienti, d ove ci si trova fra amici.
Chi partecipa a un corso per la pri-
ma volta, alla l'inc si trova lie ta mente
!.orpreso. « Per mc è stata un'autentica
riscoperta del cristianei,imo - ha te•
stimoniato un cooperatore che a\\'eva
dato la sua adesione con un certo di-
stacco -: ho a\\ uto molw più di
quanto speravo. Pco!,avo che nella
pace cli un luogo isolato avrei trovato
un po' di sollievo !>piritualc e basta; mi
sembra invece di CS!>Cre completa•
mente rinnovato nella fede--.
La tabella qui accanto elenca i
corsi organiuati per la primavera-
estate 1979, secondo le categorie di
persone e secondo le regioni. Ma la
ripartizione geografica ha solo imenti
pratici: chiunque può dare iJ nome a
un corso di una regione che non sia la
sua.
Per informazioni e iscrizioni i
Cooperatori po:.sono rivolgersi al
Con!>iglio lspettorialc della Loro zona.
10
CORSI D._
Campania
Emilia
Lazio
OOPERATORI E COOPERATRI(,
•PACOGNANO DI VICO EQUENSE (NA)
BOLOGNA
TOSSIGNANO (BO)
FRASCATI (Roma)
Lombardia
Piemonte
COMO
MUZZANO BIELLESE (VC)
Pugile
Sicilia
Veneto Occld.
ANDRIA (BA)
ETNA - RIFUGIO DON BOSCO (CT)
TRENTO
29 luglio - 3 agosto
10-14 settembre
28 giugno - 1 luglio
7-9 settembre
20-23 giugno
3-6 settembre
28 giugno - 1 luglio
16-20 luglio
13-1 7 agosto
4-8 luglio
25-29 agosto (1 )
15-18 marzo
CORSI SOLO PER COOPERATORI
Marche
LORETO(AN)
Veneto 0 cc.
VERONA
27-31 agosto
11-13 settembre
CORS SOL~ PER COOPEnATRICI
Lombardia
COMO
ZOVERALLO (NO}
TRIUGGIO (Ml)
Marche
LORETO (AN)
Piemonte
ROCCAVIONE (CN)
Sicilia
MUZZANO BIELLESE (VC)
TORRE CANAVESE (TO)
ETNA· RIFUGIO DON BOSCO (CT)
S-13 luglio
8-12 settembre
15-19 settembre
22-26 agosto
11-15 agosto
15-19 agosto
27-31 agosto
6-10 agosto
20-24 agosto (2)
CORSI PER CONIUGI
Campania
PACOGNANO DI VICO EQUENSE (NA)
Lombardia
COMO
11-15 lugflo (3)
6-9 settembre
CORSI Pc.h COOPERATORI - ~AMILIARI
Sicilia
BAGHERIA (PA)
ZAFFERANA ETNEA (CT)
Veneto
CENCENIGHE (BL)
11-15 giugno
3-7 settembre
19-26 agosto
CORSI PER LA FAMIGLIA SALESIANA
Veneto
CISON DI VALMARINO (TV)
16-20 agosto
CORSI '>ER GIOVANI COOPERATORI E SIMPATl7ZANTI
Campania
PACOGNANO DI VICO EOUENSE (NA) 6-1O settembre
Lazio
FRASCATI (ROMA)
6-8 aprile
Marche
LORETO(AN)
22-26 settembre
Puglie
ANDRIA (BA)
27-31 agosto
Veneto
ROVERETO (TN)
CENCENIGHE (BL)
2-4 marzo
22-29 lugllo
29 luglio - 5 agosto
5-12 agosto
Note. (1) Corso residenziale per I corsisti- (2) Corso d1 orientamento per stgnortne -
(3) Corso per Cooperaton di 30-50 anni.

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2.1 Page 11

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ITALIA
2. Il "Mese di maggio 1979"
a Valdocco
La casa
dell'Ausiliatrice
SIrInova
Tre notizie riguardanti Torino Valdocco: 1. C'è un «progetto di rin-
novamento» della presenza salesiana nella culla dell'opera di Don
Bosco; 2. I programmi del « mese di maggio » 1979; 3. E' nato il
«Centro di documentazione mariana».
I. Il progetto del rinnovamento
di Valdocco
« l r aldocco <leve tornare a presen-
V tarsi visibilmente come il cen-
tro cli origine storica della vocazione
salesiana. Deve segnalare concreta-
mente la presenza di Maria Ausiliatri-
ce nella vita della gioventù, del.popolo
cristiano e della Famiglia Salesiana».
Cosi il Retlor Maggiore nella lettera
con cui ha presentato ai salesiani il
progetto di ristrutturazione della loro
presenza nella culla dell'opera di Don
Bosco.
U progetto è stato studialo a lungo.
Si sono raccolti i pareri delle persone
interessate, si è çostiluita presso il
Consiglio Superiore una commissione
cli studio; poi le decisioni adottate e gli
orientamenti proposti sono stati co-
municati ai salesiani con una lettera
del Rettor Maggiore in data 4.1.1979.
Ecco alcune linee portanti del rinno-
vamento.
* Risulta an21tutto l'unificazione di
tutte le comunità e attività oggi esi-
stenti a Valdocco, sotto una sola de-
nominazione: « Casa madre» delle
opere salesiane, e il loro passaggio in
blocco sotto l'Ispettoria Subalpina.
* Le comunità regolarmente costi-
tuite ora sono sei, e altrettante do-
vrebbero risultare al termine del !in-
novamento, ma strutturate in maniera
più razionale e funzionale.
E' prevista - la terminologia è an-
cora da definire - la costituzione di
una comunità di serviti d'ordine gene-
rale, dipendente per le sue attività dal
Consiglio Supeliore; poi una con111-
nirà paswrale che si occupi della Ba-
silica, della parrocchia e oratorio;
inoltre la comunità dell'Jspelloria Su-
balpina e il gruppo dei giovani salesiani
studenti; infine la co111unità delle
scuole professionali e quella della
scuola aposwlica (media e ginnasiale).
Dovrebbero trovare collocazione in
altra sede la comunità dell'Ispettoria
Centrale e il Centro salesiano di Pa-
storale Giovanile.
Ma non è tutto. Nella sua lettera il
Rettor Maggiore parla anche - e do-
vrebbe trattarsi della novità più signi-
ficativa - di « un obiettivo di valore
ini.nunciabile: che a Valdocco viva e
operi un Centro di viw mariano, per
tutta la Famiglia Salesiana». Questo
centro dovrebbe essere « a servizio
della sua vocazione, come segno del
suo rinnovamento a raggio locale, na-
zionale e mondiale». E' un obiettivo
affascinante, ambizioso e... irrinun-
ciabile.
Il progetto di rinnovamento, frutto
cli lunga riOessione, sarà attuato con
sollecitudine ma gradualmente, te-
nendo conto delle esperienze che man
mano matureranno.
Ogni anno a Valdocco viene stam-
pato e diffuso un bel manifesto con il
programma dettagliato. E' a nostra
disposizione una bozza non ancora
definitiva, da cui spigoliamo alcuni
dati.
Predicatore del « mese di maggio» è
don Pietro Ceresa, venuto da Bologna,
recente acquisto della Casa Madre. Le
feste di san Domenico Savio (6 mag-
gio) e d1 santa Maria Mazzarello (13
maggio) cadono quest'anno di dome-
nica, e saranno adeguatamente solen-
nizzate con la partecipazione giovani-
le: rispettivamente degli oratori sale-
siani maschili e femminili di Torino e
dintorni. E' prevista alle ore 10 una
messa della gioventù.
Il 23 maggio presenta una novità: i
giovani del Sermig (Servizio missio-
nario giovanile) terranno in Basilica
una commemorazione di Don Bosco.
La loro iniziativa entra nel quadro più
ampio di co=emorazioni, in corso
di svolgimento, che essi dedicano alle
figw·e più significative di Torino: don
Murialdo, il Cottolengo, Pier Giorgio
Frassati, e anche quel Cesare Biso-
gnin, ragazzo diciannovenne rapito da
un male che non perdona, ordinato
sacerdote dal card. Pellegrino. Alla
manifestazione del Sermig per Don
Bosco interve1Tanno il Rettor Mag-
giore e il giornalista Giovanni Trovati,
vice direttore della Scampa.
La vigilia della festa col solito in-
tenso programma: ore 2J concerto in
pia7..za della banda; 21,30 in Basilica
funzione penitenziale; e poi da mez-
zanotte ogni ora una messa concele-
brata.
Nel giorno della festa l'arcivescovo
di Torino presiederà la concelebra-
zione delle ore IO, e il Rettor Maggiore
la « messa dei giovani» alle l8. La
processione serale con i flabeaux.
Ospiti illustri: sono attesi alcuni ve-
scovi missionari salesiani, tra cui
mons. Abraham Alangimattathil.
Questo a grandi linee il programma.
In questi giorni a Valdocco si nota,
oltre al solito arrivo dei pellegiinaggi,
una notevole presenza di scolaresche
che giungono soprattutto da fuori To-
rino. Hanno un itinerario molto fitto e
sono sempre di corsa, ma i ragazzi
sostano volentieri all'Oratorio, cuiiosi
di vedere i luoghi in cui Don Bosco ha
compiuto tante meraviglie.
Del resto Don Bosco dimostra
accogliente: ha un «salone dei pel-
legrini» dove si può mangiare al sac-
co, e un bar per completare il menù. E
cosi arrivano numerose le telefonate
al 48.34.45 (numero del Direhore), o al
11

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e r 1 a - - - - - - - - - - - - . - - L i b 48.41.17 (numerodella portineria), per
comitive di ogni genere che desidera-
no assicurarsi un posticino nel «salo-
ne• e ancor più prenotare un'ora Ji.
bcra per la messa all'altar maggiore, e
possibilmente un cicerone che ac-
compagni nelle vi!.ite.
3. E' nato il Centro di
documenta1.lone m ariano
Tutto ciò che è vho ha un'anima, e
l'anima di questo Centro è don Pietro
Ccresa. E ' arrivato a Valdocco da Bo-
logna con I08 quintali di materiale.
Per rortuna i solleJTanei della Basilica
sono enormi, e così ha potuto sbte-
mare tuno quel che si era portato die-
tro, e rimane spazio per ulteriori con-
DOM HELDER CAMARA
Le confessioni di un vescovo
Ed Sei 1979. Pag. 238, lire 5.000
E' sempre inquietante accostare gli
uomini scomodi della propria epoca:
d'Improvviso ti mettono sotto gli occhi
certe affermazioni che sei costretto a
negare per non dover cambiare la tua
vita. Il vescovo di Recife appartiene a
questa categoria di persone, e questo
llbro è tanto più •pericoloso• In quanto
Camara racconta In una lunga intervista
la sua vita: le sue idee Inquietanti arriva-
no quando uno non se le aspetta. Le sue
tesi sulla • non violenza attiva• hanno
affrontato serenamente Il confronto con
il dibattito generale di Puebla, e li lettore
attento potrà constatare che ne sono
uscite rafforzate.
fica, che suggerisce come riempire me-
glio Il «tempo pieno. di bambini e fan-
ciulli. Quali idee? Scegliendo a caso
dall'indice drammalizzaz1one; ritmi,
danze e folklore; la ricerca come neces-
sità psicologica: tecniche d1 movimento,
tecniche pittoriche; tecniche costruttive,
tecniche operative manuali...
LUIS Z DE LEON
Carcha - Una missione In Guatemala
Ed. LDC 1978. Pag. 226, lire 7.000
Una parrocchia
salesiana in Gua-
temala con I suol
centomila abitanti
quasi lutti d, di-
scendenza maya: I
Kekchì. Giuridica-
mente non si tratta
tributi. Ciò che sta realizzando si
chiama «Centro salesiano ùi ùocu-
mentazione storica e popolare maria-
na•: e se il nome può sembrare troppo
bre,•e, lo si può completare cosi: « ..•di
documentazione sulla devo,ione a
Maria da parte del popolo di Dio».
Come tulle le idee che sembrano
originali, quella del centro ripete un'i-
niziativa antichissima e già dimenti-
cata. Già nel 1918 - ricorda don Ce-
resa - si era pensato a un •Musco del
cul to mariano•. allora affidato a un
certo don Maggiorino Borgatcllo fu-
turo missionario in P atagonia. L ui
aveva cominciato, ma la guerra e suc-
cessivi lavori nella Basilica a\\'e\\•ano
posto fine al museo. Sessant'anni do-
po don Cer~a rilancia l'idea, in forma
moderna, e ben deciso a condurla a
termine. il suo materiale è arrivato a
Valdocco nel novembre 1978, e già il
19 marzo '79 è stato possibile inaugu-
rare il Centro. Ora lo si sta comple-
làndo e arricchendo.
Nel Centro si trovano un'infinità di
cose interessanti: libri e pubblicazioni
antiche e mouemc, che parlano deUa
Madonna, della sua vita, della teologia
mariana, della sua devozione fiorita in
santuari, cattedrali, istituzioni d'ogni
genere (congregazioni. confraternite,
compagnie...). E poi riviste maliane,
notiLiari di chiese e santuari e istitu-
zioni intitolate alla Madonna. E anco-
ra opuscoli, numeri unici, guide e
monografie, quadri, incisioni, litogra-
lìc, cartoline e foto, immagini grandi e
JEAN-FRANCOIS SIX
I giovani, l'avvenire e la fede
Ed LDC 1978, Pag. 128, lire 1. 700
li libro presenta un'Inchiesta svolta tra
la gioventù francese In questi ultimi anni;
ma non si perde in accademismi o
astrazioni. Anzitutto non richiede al let-
tore particolare preparazione scientifi-
ca, e poi si propone molto concreta-
mente di condurre Il lettore-educatore a
farsi a sua volta ricercatore e sperimen-
tatore tra I giovani. li libro perciò è anzi-
tutto una proposta· partendo da alcun,
dati della teologia e dell'esperlenza di
giovani, aiuta ad approfondire con loro
ma anche per conto proprio Il significato
dell'adesione alla fede, e le modalità per
viverla in pienezza.
HELEN KEISER
Petra del Nabatel
Ed Se, 1979. Pag. 240, lire 7.000
Viaggiatrice lm•
penitente (da venti
e più anni si aggira
per il Medio Orien-
te). l'autrice non fa
che contemplare e
descrivere ln libri e
articoli molto ap-
prezzati le meravi-
glie delle epoche
antiche, di cui stu-
da con passione I reperti archeologici.
Non poteva non cedere al lascino d1 Pe-
tra, l'antichissima città del Nabatel sulla
fantastica e strada reale• che nella notte
del tempi correva parallela.al mar Morto.
Eè costretto a cedere al fascino di Peclra
anche Il lettore del libro, scritto con pre-
cisione e bravura, e illustrato con splen-
dide tavole in bianco e nero e a colori
di una «missione•.
ma in pratica lo è, e
Lanto basta. C'è un
popolo ancora rintanato nella foresta,
frantumato come gruppo sociale, lntimf-
<frto dalla presenza dei bianchi, che me-
scola spesso e volentierl le verità della
fede superficiale acquisita alle credenze
e cerimonie ancestrali. Quindi un campo
di lavoro Immenso per I missionari. Il li-
bro, allestito dal «Centro Studi di Storia
delle Missioni Salesiane•. arricchito da
ooa buona documentazione fotografica,
racconta la storia di questa gente, il suo
duro impatto con i coloni bianchi, e la
faticosa opera di evangelizzazione, che
solo In questi anni recenti comincia a
dare frutti concreti.
BERNADETTE MORANO
Scritti di prigionieri politici
SEI 1978. Pag. 256, lire 6.000
Se Il tllolo non fosse abbastanza
esplicito, basta aggiungere che l'autrice
- studiosa e scrittrice francese - è
membro della • Società Internazionale di
profilassi criminale., e membro di Am-
nesty lnternatlonal Le testimonianze
che riporta vanno da Silvio Pellico a
Solgenytzin, spaziando per tutti i conti-
nenti e tutte le carceri. La trattazione
segue passo passo Il calvario dei prigio-
nieri pollticl: l'arresto, la tortura, la re-
clusione, la morte, o magari la liberazio-
ne. Ed ecco la scoperta di un lato co-
mune a queste vittime dell'ingiusllzia
umana: n loro desiderio di testimoniare
per tutti, di far capire, di dare una voce al
morti.
ALOOALUFFI
L'uomo nascosto In fondo al cuore
Ed. LDC 1978. Pag. 480, lire 5.200
piccole, ceramiche, statue, monete,
francobolli...
La gente comincia a vbitarc iJ cen-
tro, lo trova interessante, e ogni tanto
c'è qualcuno che porta nuovo mate-
riale per arricchire la documentazio-
ne. BS tornerà a parlare di questo
Centro. L'iniziativa si coUoca a perfe-
;done in questo progetto di rinnova-
mento mariano che i1 Rellor Maggiore
ha proposto e auspicato per Valdocco.
* E che i tanti amici di Don B<.1sco ac-
coglieranno con soddisfazione.
MARIA BARONE MIGLIOTTI
Attività e tecniche educative
del tempo llbero
Ed Sei 1978. Pag 296. lire 8.000
Per educatrici delle scuole d'infanzia,
e maestre e maestri delle elementarl I
bambini si aspettano da loro grandi cose
sempre, e non Immaginano (ma è un
.dono. dell'età che sale) la fatica degli
adulti che si occupano di loro. Ecco un
libro estremamente pratico (le Idee sono
Illustrate anche con pertinenti fotogra-
fie), e dotato di una buona base scienti-
• E' un libro - SI legge direttamente
sul frontespizio - che cl serve per un
anno Intero· spunti di meditazione con Il
Signore risorto, in un colloquio quoti-
diano tratto dalla vita•· Un libro dunque
per nutrire l'anima. per quanti - e ce ne
sono ancora - sanno che non di solo
pane vive l'uomo. Il tllolo fa riferimento
all'invito di san Pietro nella sua prima
lettera: • Scoprire l'uomo nascosto in
fondo al cuore•. Ci sono Infatti delle ric-
chezze profonde In noi, che la medita-
zione può far affiorare per una vita più
piena.
12

2.3 Page 13

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Domenico Savio nel 25• della Canonizzazione
Il giorno che il Papa
lo promosse sul campo
25 anni fa Pio Xli collocava Domenico Savio tra i santi, primo « santo
adolescente» della Chiesa, e lo additava come modello al ragazzi del
mondo. In questi giorni il Papa di nuovo lo propone, come guida alla
nuova generazione.
dal cielo tu guida i giovani cuor-. Poi
un annunciatore dagJi altoparlanti
nominò i cinque san.li del giorno, e a
ogni nome faceva eco un applauso. E
si vide subito che il tifo era soprattutto
per quel ragazzo.
Ecco, prendono posto i 180 vescovi
e arcivescovi, i 16 cardinali. Ed ecco il
Papa, mentre i cantori della cappella
Sistina diretti dal maestro Pcrosi in-
tonano il T11 es Petms. Alle 16,46 un
silenzio teso su tutta la piazza: Pio XTI
nella pienezza del s uo magistero, dal-
Jules Verne non se l'avrà a male nel
vedersi rubare il titolo di un suo
famoso romanzo. Ma il quindicenne
capitano di cui parlava lui è solo frutto
di fantasia, mentre questo è vissuto
davvero in carne e ossa, e si è guada-
gnato i gradi s ul campo (a conferir-
glieli è stato addirittura il Papa). E ad
acccllare la sua guida son o ancora
oggi - 122 anni dopo la sua morte -
migliaia e migliaia di ragazzi in tutto il
mondo.
Quel ragazzino fuori posto. DWlque
25 anni fa, il pomeriggio del 12 giugno
1954, i suoi amici erano a migliaia a
Roma in piazza San Pietro. Pio Xli
avrebbe proclamato sanLi un missio-
nario martire, due religiosi, una suora,
e un ragazzo. E proprio questo ragaz-
zo aveva nella piazza strapiena il
maggior numero di seguaci, che can-
tavano e applaudivano e facevano il
lifo per il primo santo «come loro».
Il baldacchino per il Papa era ele-
vato in tutta solennità sul sagrato del-
la Basilica; c'era un andirivieni di di-
plomatici, autorità e pe rsonalità; c'e-
rano i fastosi costumi dei gendarmi
pontifici e delle guardie svizzere. Dal
Gianicolo, tra il verde, lontani osser-
vatori puntavano i loro binocoli cu-
riosL
Per riempire l'attesa sì levò tm can-
to che venne ripreso dalle varie parti
della piazza, ed era per Domenico Sa-
vio: «Angelico Savio, dei giovani onor,
Di nuovo il Papa
lo addita ai ragazzi
Saranno In 12.000 ragazzi; 6.000 al-
lievi dei Salesiani e 6.000 delle FMA.
Ma forse saranno di più. Il Papa li at-
tende in San Pietro, per parlare loro di
Domenico Savio. Ecco il programma.
Sabato 5 maggio
mattino ore 1O: udienza speciale nella
Basilica di San Pietro.
Domenica 6 maggio
ore 8,45: messa della gioventù, nel
Tempio Don Bosco
ore 12: tutti in piazza San Pietro per
l'Angelus con il Papa.
13

2.4 Page 14

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l'alto della sua cattedra, pronuncia la
formula: «A onore della santissima e
individua Trinità...• con l'autorità di
nostro Signore Gesù Cristo, dei beati
apostoli Pietro e Paolo e nostra, de-
cretiamo santi: Pietro Luigi Chanel,
martire; Gaspare del Bufalo, Giusep-
pe Pignatelli, Domenico Savio, con-
fessori; e Maria Crociussa da Rosa...
Ameni»
E di nuovo uno scroscio di applausi,
mentre viene scoperto l'arazzo che
pende dall'alto della loggia. I cinque
sono raffigurati Il sull'arazzo: quelle
persone serie, quegli ecclesiastici pa-
ludati e solenni, quella suora devota
con gli occhi all'insù, e quel ragazzo
evidentemente fuori posto. Vien da
pensare che sia lì a portare la borsa di
qualcuno degli altri, che tra poco gli
diranno: adesso lasciaci soli, vai a
giocare da qualche parte.
Ma no, il Papa parla anche di lui, lo
tratta come gli altri, e se mai - lo si
vede - con più simpatia. « Ecco ap-
pal"ire al nostro sguardo - prende a
dire Pio XII - l'immagine di Dome-
nico Savio, gracile adolescente, dal
corpo debole ma dall'anima tesa in
una pura oblazione di all'amore
sovranamente dedicalo ed esigente di
Cristo... Alla scuola del suo maestro
Don Bosco, egli apprese come la gioia
di servire Dio e di farlo amare dagb
altri può dive nire un polente mezzo di
apostolato... Egli incitava i suoi com-
pagni alla buona condotta, alla fre-
quenza ai sacramenti, alla fuga del
male... Interveniva con ferm ezza ma
caritatevolmente, per richiamare al
dovere gli sventati... ».
Una sola tristezza. Quel ragazzi.no
di 15 anni (meno un mese) era stato
promosso sul campo, e dal Papa. E
[atto guida e modello dei ragazzi di
tuno il mondo. Quanti ragazzi prima c
dopo l'hanno preso s ul serio, l'hanno
imitato, e continuano a imitarlo. Per
poco che lo conoscano, basta che ab-
biano un po' di cuore e di cervello, e si
sentono dalla sua parte. Sono conqui-
stati dal suo messaggio.
Anche se cgJi propone loro niente-
meno che di diventare santi. Charles
Péguy sosteneva che nella vita « non
c'è che una sola tris tezza: quella di
non essere santi». I ragazzi forse que-
ste cose non le sanno dire, ma con
tulio quel che di pulito c'è ancora in
loro, sentono che è proprio così. Sono
passati 25 anni da quel giorno, e il 5
maggio 1979 una nuova generazione
di ragazzi torna a Roma in San Pietro,
dal Papa. Per sentirsi 'confermare da
lui che Domenico Savio è il loro vero
capitano. Che la sua non è una santità
da archivio: che se lo seguono con
simpatia, ammirazione e fiducia, sa-
.anno anch'essi dei vittoriosi nella
banaglia della viLa.
Carta d'identità
del pieeolo santo
15 ANNI (MENO UN MESE)
1842, 2 aprile. Domenico Giusepp.e nasce
a Riva di Chieri (Torino) da Carlo e
Rosa Brigida Agagliate. Il padre è
contadino, più tardi fabbro ferraio; la
madre è sarta di paese. Domenico vie-
ne battezzato il giorno della nascita.
1844. I Savio per motivi di lavoro si tra-
sferiscono a Murialdo, borgata poco
lontana dai Becchi, la terra natale di
Don Bosco.
1849, 8 aprite. Domenico nel giorno di
Pasqua fa la prima comunione. Ha
sette anni appena, e è stato ammesso
per la sua eccezionale precocità e
preparazione.
1853, inverno. I Savio si trasferiscono a
Mondonio, borgo vicino a Castelnuo-
vo d'Asti.
1854, 2 ottobre. Domenico è presentato a
Don Bosco: « Mi pare ci sia della buona
stoffa... » .• Mi prenda con sé, e farà un
bell'abito per il Signore».
1854, 29 ottobre. Domenico è a Valdocco.
A scuola frequenta la « seconda gram-
matica latina•.
1855, primavera. Prsdlca di Don Bosco
sulla santìtà. Domenico decide di met-
terla In pratica: «Ora che ho capito
potersi ciò effettuare anche stando al-
legro, io voglio assolutamente, e ho
assolutamente bisogno di farmi santo.
Mi dica dunque come devo regolarmi• .
1855, settembre. Colera a Torino: Dome-
nico accompagna Don Bosco da una
colerosa dimenticata da tutti.
1855, autunno. A un compagno, Domeni-
co spiega il suo programma: «Sappi
che noi qui facciamo consistere la
santità nello stare mollo allegri•·
1856, 8 giugno. Domenico fonda un'asso-
ciazione giovanile, la Compagnia del-
1' Immacolata, nelle cui file più tardi
Don Bosco sceglierà i primi salesiani.
1856, estate. Finita la quarta ginnasiale,
Domenico è visitato dal medico che lo
trova in condizlnl precarie di salute.
1856, 12 settembre. Domenico compie
una visita a casa per salutare (e...
guarire) la mamma.
1856, novembre. Domenico ripre nde gli
studi, ma durante l'Inverno deve a po-
co a poco abbandonarli.
1857, 1 marzo. Domenico malato lascia
l'oratorio a torna a casa sua, a Mon-
donio. 4 marzo: è colpito da polmonite
e si mette a letto. 9 marzo: muore. Ha
15 anni meno un mese.
DICEVANO I SUOI CONTEMPORANEI
Don Giovanni Zucca, s uo primo mae-
stro a Murialdo: «Era fornito di ingegno, e
assai diligente nell'adempimento del suoi
doveri. Alla vista del lavoro che la grazia
divina compiva in quella'anima innocente,
più volte ho detto tra me: « ecco un fan-
ciullo di ottime speranze•.
Don Alessandro Allora, suo secondo
maestro a Castelnuovo: « Era di una com-
plessione alquanto debole, di aspetto
grave misto al dolce, con un non so che di
grave e piacevole. Era di Indole mitissima
e dolcissima, di un umore sempre uguale.
Aveva costantemente tale contegno nella
scuola e fuori, In chiesa e ovunque. Vi la-
sciava la più bella impressione. SI meritò
sempre Il primo posto nella scuola».
Giuseppe Bonzanlno, suo professore a
Torino, non ricordava di «aver avuto
qualcuno più attento, più docile, più ri-
spettoso. Egli compariva modello in tutte
le cose. Pulito, ben educato, cortese. I
s uoi compagni godevano assai di potersi
trattenere con Domenico•.
Mamma Margherita a Don Bosco: Tu
hai tanti giovani buoni, ma nessuno supe-
ra Il bel cuore dl Domenico Savio».
Don Bosco a/ primo incontro con Do-
menico: « Rimasi non poco stupito consi-
derando il lavoro che la grazia divina ave-
va già operato in così tenera età •· Dopo la
morte di Domenico: Se dipendesse da
me, lo proclamerei santo».
14

2.5 Page 15

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I SUOI IMPEGNI DI PRIMA COMUNIONE
Li aveva presi nel 1849, e li confidò a
Don Bosco nel 1854. Don Bosco li ha tra-
mandati « nella loro originale semplicità.:
«Ricordi fatti da me, Savio Domenico,
l'anno 1849 quando ho fatta la prima co-
munione essendo di sette anni. Primo: ml
confesserò molto sovente e farò la comu-
nione tutte le volte che il confessore ml
darà licenza. Secondo: voglio santificare i
giorni festivi. Terzo: I miei amici saranno
Gesù e Maria. Quarto: la morte ma non
peccati».
IL SUO PROGRAMMA
Il 24 giugno 1855, onomastico di Don
Bosco, I ragazzi scrissero su un biglietto il
regalo che desideravano da lui. Domenico
disse:• Mi aiuti a farmi santo». Don Bosco
lo chiamò in disparte e gli disse:
« Ti voglio regalare la formula della san-
tità . Stai bene attento. Primo: allegria. Ciò
che ti turba e ti toglie la pace non viene dal
Signore. Secondo: doveri di studio e di
pietà. Attenzione a scuola, Impegno nello
studio, impegno nella preghiera. Tutto
questo non farlo per ambizione, per farti
lodare, ma per amore del Signore e per
diventare un vero uomo. Terzo: far del be-
ne agli altri. Aiuta i tuoi compagni sempre,
anche se ti costa sacrificio. La santità è
tutta qui •.
QUELLI CHE LO STUDIARONO
Card. Carlo Salotti: « Che penso di Do-
menico Savio? E' il vero modello per la
gioventù dei nostri tempi».
Pio Xl: « Il piccolo anzi grande gigante
dello spirito».
Luigi Gedda: « Domenico ha lasciato al
suoi coetanei di ogni tempo un esempio e
un messaggio che non potranno essere
dimenticati: un esempio di volontà fortis-
sima, e un messaggio che si riconduce a
poche parole profondamente incisive: la
morte ma non peccati».
LA SUA PROMOZIONE SUL CAMPO
1859, gennaio. Esce la «Vita di Dome-
nico Savio», scritta da Don Bosco.
1859, 6 dicembre. Don Bosco in sogno
•incontra» Domenico Savio.
1908, 4 aprile. La causa di canonizza-
zione è introdotta a Torino.
1914, 14 febbraio. La causa è Introdotta
a Roma. Qualche tempo dopo i resti mor-
tali di Domenico Savio vengono trasferiti
dal cimitero di Mondonio (ma quasi di na-
scosto, e con l'aiuto delle guardie, perché
la gente del posto non vorrebbe) alla ba-
silica di Maria Ausiliatrice.
1933, 9 lugllo. Pio Xl proclama Domeni-
co venerabile.
1950, 5 marzo, Pio Xli lo annovera tra i
beati.
1954, 13 giugno. Pio Xli lo proclama
santo: è il primo «confessare della fede»
con soli quindici anni.
1956, 8 giugno. Domenico è proclamato
patrono dei Pueri cantores.
Domenico aveva
la stoffa del capo
La sua personcina era minuta, ma sprigionava un indubbio fascino.
Domenico sapeva usare del suo ascendente per «legare» con i buoni,
stimolare gli svagati, sconcertare i cattivi. Del capo aveva il coraggio
nell'affrontare te situazioni, aveva doti di organizzatore, e un' indefet-
tibile capacità di amicizia.
Gli ubbidivamo come a un su-
(( periore», ammise un suo coe-
taneo, Giovanni Roda, un orfanello
pescato da Don Bosco nelle viuzze in-
torno a Porta Palazzo e da lui affidato
a Domenico Savio perché lo rimettes-
se all'onor ciel mondo. L'operazione
ricupero era pienamente riuscita, e a
90 anni il Roda ricordava ancora con
commozione l'amico: «Gli ubbidiva-
mo come a un superiore, perché era
talmente buono».
Domenico aveva indubbio fascino,
conquistava col solo presentarsi, Mi-
nuto e gracile rispetto all'età, di umore
costantemente al bello, con sorriso
cattivante, aveva « un modo di agire
così bello che si conquistava i cuori».
Era «caro e simpatico a vederlo e a
trattargli insieme». «Appariva pulito,
ben educato, cortese; i suoi compagni
anche di nobile condizione (li incontrò
andando a scuola privata in Torino)
godevano assai di potersi trattenere
con lui per le sue civili e piacevoli
maniere». Appariva « giovane d'età,
assennato al pari di un uomo perfet-
to». «La sua aria allegra e l'indole vi-
vace lo rendevano caro ai compagni».
Sono le testimonianze di questi com-
pagni, dei suoi educatori, di Don Bo-
sco.
L'ascendente. Al fascino, Domenico
aggiungeva l'ascendente che gli pro-
veniva dalle doti intellettuali e morali.
li cappellano di Murialdo lo ammise
alla ptima comunione a soli sette anni
(mentre era consuetudine allora ac-
cedervi solo verso gli 11 o 12); dappri-
ma il cappellano era incerto, ma poi
« ponderala be.ne la cognizione preco-
ce, l'istruzione (religiosa già assimila-
la) e il vivo desiderio di Domenico», lo
ammise e non ebbe a pentirsi.
Don Bosco al primo in.contro gli
disse: «Ora voglio provare se hai ab-
bas tanza capacità per lo studio: pren-
di questo libretto e studia questa pa-
gina. Domani tornerai a recitarmela».
E lo lasciò «in libertà di andarsi a tra-
stullare con gli altri ragazzi». Ma ecco:
«Passarono non più di otto minuli,
quando ridendo si avanza Domenico e
mi dice: "Se vuole, recito adesso la
mia pagina". Con mia sorpresa - ag-
giunge Don Bosco- conobbi che non
solo aveva letteralmente studiato la
pagina assegnata, ma che compren-
deva benissimo il senso delle cose in
essa contenute. "Bravissimo! - gli
dissi -. Tu hai anticipato lo studio
della tua lezione, e io ti anticipo la
risposta: sì, ti condurrò a Torino, e fin
d'ora sci annoverato fra i miei cari fi-
glioli"».
Con' i suoi educatori, in particolare
con Don Bosco, Domenico stabilJ su-
bito un rapporto ottimale. Suo padre
lo aveva accompagnato all'Oratorio;
quando lo lasciò, Domenico giunse a
dominare la naturale commozione e
disse a Don Bosco: « E' la prima volta
che sono lontano da papà e mamma.
Ma non sono triste, perché c'è lei che
Un giorno d 'Inverno I suol compagni riempirono la alula di neve... A pag. 14: Domenico, accompa•
gnato dal padre al Becchi, Incontra Don Boaco per la prima volta.

2.6 Page 16

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« lo sono la stoffa, lel ala Il ttarto■• E Domenico si mise completamente nelle mani di Don Bosco.
mi aiuterà». Don Bosco gli disse che
aveva trovato in lui «buona stoffa», e
subito Domenico aveva replicato: « Io
sono la stoffa. lei sia il sarto». E in più
occasioni gli manifestò la sua esplicita
intenzione di «darsi interamente nelle
mani dei suoi superiori». A queste
condizioni, e per di più con un invi-
diabile educatore, non stupisce che ne
sia uscito un capolavoro.
Domenico era in gamba anche nel
gioco, un vero sportivo. « In tempo li-
bero era l'anima della ricreazione»,
dichiara Don Bosco. E il suo amico
Giovanni Roda: « Era abilissimo a
giocare, giocava bene, molto bene, e
sapeva vincere. A ciri-mela sembrava
un Ercole scatenato. Con quel bastone
che maneggiava cosi bene, con quella
linguetta un po' fuori dei denti, batte-
va la "caviglia•· con una forza che la
mandava a rinire lontano, fiii, che era
una bellezza». Non stupisce quindi
che «ognuno era amico con Domeni-
co, e chi non lo amava, lo rispettava
per le sue virtù».
Ma lui, «giovane com'era, non vive-
va per ma peril bene dcgli altri».
Con i buoni, gli svagati, i cattivi.
Domenico sceglieva i buoni: «C'era un
compagno esemplare, studioso, dili-
gente, lodato dai suoi maestri? Costui
diveniva tosto amico e confidente di
Domenico».
Stimolava gli svagati. « Se iJ profes-
sore trovava qualche scolaro un po'
ciarliero, gli metteva Domenico ai
fianchi, ed egli con destrezza riusciva
a indurlo al silenzio, allo studio, alJ'a-
clempimento dei suoi doveri». Così
testimonia Don Bosco. E così un
compagno alla scuola privata, il conte
Ottavio Bosco di Rufino: «Ricordo
ancora il posto che Savio occupava in
~cuoia, e confesso che guardandolo
mi sentivo stimolato a compiere esat·
tamcnte il mio dovere e a porre atten-
zione alle spiegazioni».
All'Oratorio c'erano ceni tipa.cci
maneschi, il fior fiore raccattato da
Don Bosco per le strade, e qualcuno
giunse a insultare Domenico, a pic-
chiarlo. Cose da ragazzi. E lui riusciva
a dominarsi (cosa difficile anche da
adulti). Si faceva di fiamma ìn viso
(era tutt'aln·o che una pastafrolla), ma
replicava: «Io ti perdono. Hai fallo
male, non trattare gli altri così». E
magari si ritirava in chiesa a sfogarsi
col Signore. «Savietto non se la pren-
de mai», commentavano i suoi com-
pagni come se fosse la cosa più nor-
male del mondo.
Che cosa fosse capace di fare per gli
scapestrati, lo aveva dimostrato già a
Mondonio, quando la stufa della
scuola fu riempila di neve e lui accu-
sato del misfatto. « Questo fallo biso-
gnava che fosse compiuto da te? Non
meriteresti di essere cacciato dalla
scuola?» Domenico avrebbe potuto
dire una sola parola in sua discolpa, e
il maestro gli avrebbe creduto. Invece
chinò il capo, e si prese la gradi.nata.
Ma l'indomani venne fuori la verità, e
il maestro di nuovo quasi rimproverò
Domenico: «Perché non mi hai detto
subito che eri innocente?» Ma ecco la
risposta: « Perché quel tale è già col-
pevole di altri falli e forse sarebbe
stato cacciato di scuola; io speravo di
essere perdonato, essendo la prima
mancanw. E poi pensavo anche al
nostro divino Redentore, il quale fu
ingiustamente calunniato».
Il coraggio. Del capo, Domenico
aveva il coraggio. Lo dimostrò con i
suoi compagni quando due decisero
di sfidarsi in un duello rusticano. Si
affrontarono nei prati della Cittadella,
fuori .Poi-ta Susa: con cinque grosse
pietre ciascuno, Domenico non era
riuscito a dissuaderli, ma ottenne di
essere presente alla sfida, e di poter
fare loro una proposta prima dello
scontTo. I due, pietre alla mano, ave-
vano già preso le distanze quando
Domenico si pose in mezzo, si sfilò dal
collo il piccolo crocifisso, lo levò alto
con la mano, e disse: « Vogli.o che cia-
scuno Eissi lo sguardo in questo croci-
fisso, poi gettando una pietra conLro
di me pronunci a chiara voce queste
parole: "Gesù Cristo innocente morì
perdonando ai suoi crocifissori; io
peccatore voglio offenderlo e fare una
solenne vendetta"». Naturalmente il
duello finì lì. «In quel momento -
raccontò più tardi uno dei due sfidanti
- un freddo mi corse per le membra.
Mi sentii pieno di vergogna per aver
costretto un amico cosi buono com'e-
ra Savio, a usare quelle misure estre-
me. E perdonai di cuore a chi mi ave-
va offeso».
Domenico aveva coraggio anche
con gli adulti. Una volta tornava da
scuola con alcuni compagni, ed ecco
un carrettiere uscire in una litania di
bestemmie. Domenico gli si avvicina,
e gli domanda con tono affabile se
sappia dove si tTova l'Oratorio di Don
Bosco. « Non so, caro ragazzino, mi
rincresce», dice il carrelliere conqui-
stato dalle sue buone maniere. «Oh.se
non sapete questo, polele farmi un
al[ro piacere». «Di' pure, volentieri».
E Domenico alzandosi in punta di
piedi per parlargli all'orecchio: «Mi
fareste un grande piacere se quando
siete arrabbiato direte alu-e parole
senza bestemmiare il santo nome di
Dio». Non occorreva di più. li carret-
tiere trasecolato concluse: «Hai ra-
gione. E' un vizio maledello, e voglio
vincerlo a ogni costo».
L'amicizia. Del capo, Domenico
aveva un'altra qualità: un'indefettibi-
le capacità di amicizia. Era «amico di
tutti, e da tutti riamato». Ma «la sua
amicizia era rigorosamente cristiana,
non ispirata da motivi sensibili». In
questa prospelliva di spiritualità era
entrato soprattutto il suo compagno
Giovanni Missaglia, a cui diceva
(perché sapeva di venii-e ben capito):
«Aiutiamoci a farci del bene per l'ani-
ma». Ma un giorno Missaglia si am-
malò e lo mandarono a casa. Dome-
nico gli scrisse: «Dio ci conservi sem-
pre nella sua grazia, e ci assista a farci
santi, perché temo che ci manchi il
tempo». Allora si moriva davvero in
fretta, e Missaglia se ne andò in punta
di piedi. « Alla perdita di quell'amico
- ha raccontalo Don Bosco - Do-
menico fu profondamente addolora-
to, e sebbene rassegnato ai divini vo-
leri lo pianse per più giorni. Questa è
la prima volta che vidi quei volto an-
gelico rattristarsi e piangere di dolo-
re».
Un giorno anche Domenico lascerà
l'Oratorio per andare a casa a morire.
« La sera precedente la partenza- ha
raccontato ancora Don Bosco - non
potevo levarmelo d'attorno: aveva
sempre cose da domandare... «Dal
paradiso potrò vedere i miei compa-
gni dell'Oratorio? potrò venire a far
loro qualche visita?»
Avrà molto da fare, Domenico in
paradiso, ora che i suoi amici sono
tanti nel mondo.
16

2.7 Page 17

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Chiamò i suoi amiei
a far gruppo con lui
La sua« illimitata confidenza» In Don Bosco lo portò a reclutare i suoi
compagni per collaborare alla piena riuscita dell'Oratorio. Li impegnò
in una «Compagnia », col programma di essere « tenaci nelle risolu-
zioni, rigidi verso di noi, amorevoli col prossimo, ed esatti in tutto».
L a storia di Domenico Savio nel-
l'Oratorio cli Don Bosco è la sto-
r'ia di un pizzico di lievito nella pasta:
a poco a poco espande il suo influsso e
arriva fino a fermentare tutta la mas-
sa. Nella sua crescita personale egli
coinvolge e trascina dietro di sé tutti
gli altri.
Dopo il suo arrivo a Torino si pre-
senta a Don Bosco e si sente spiegare il
programma dell'Oratorio, condensato
in uno slogan appeso alla parete: « Da
mihi animas. coetera lolle (Signore,
dammi le anime e prenditi Lutlo il re-
sto)». Esclama: «Ho capito: qui non si
fa commercio di denaro, ma di anime.
Ho capito. E spero che la mia anima
farà parte di questo commercio».
Occupa il suo posticino di u ltimo
arrivato meglio che può, ma Don Bo-
sco presto è costretto ad annotare:
«Dal giorno della sua entrata egli ebbe
nell'adempimento dei suoi doveri
un'esattez.za che difficilmente si può
superare. Non che facesse cose
straordinarie, ma era esatto sempre e
in tuLLo». L'8 dicembre 1854 (quaranta
giorni dopo iJ suo arrivo) tutta la
Chiesa è in festa, il Papa proclama il
Un glomo Domenico raccoglie I soci della sua
Compagnia davanti all'altare della Madonna, e
legge a nome di tutti li loro regolamento.
dogma dell'Immacolata Concezione.
Domenico quel giorno rinnova le pro-
messe della sua prima comunione (il
testo a pag. 15), e sente il bisogno di
«fare qualcosain onore di Maria». Ma
desidera « farlo presto, perché temo
che mi manchi il tempo». Due anni e
quattro mesi gli saranno sufficienti.
Voglio assolutamente. TI suo in-
quieto bisogno di rare, e di fare in
fretta, trova un primo orientamento il
giorno in cui Don Bosco predica sulla
santità. Don Bosco non ha paura di
chiedere l'eroismo ai suoi ragazzi. In
sostanza dice loro: è volontà di Dio
che ci facciamo Lutti santi; è molto
facile riuscirci; c'è un bel premio pre-
parato in cielo a chi si fa santo. Dice
pw-e che santità e allegria stanno be-
nissimo insieme. Domenico, che non
perde mai una parola di Don Bosco, in
quei giorni diventa straordinariamen-
te serio, al punto che Don Bosco crede
si stia ammalando. Lo ferma: «Patisci
qualche male?» «No - si sente ri-
spondere -. Anzi, patisco qualche
bene». E Domenico esce in una con-
fessione trapunta di voglio e di asso-
lutamente: « Mi sento un gran deside-
rio e un bisogno di farmi santo. Ora
che ho capito che lo si può fan:. anche
stando allegri, voglio assolutamente, e
ho assolutamente bisogno di farmi
santo. Mi dica dunque come devo re-
golarmi». A questo punto Don Bosco
gli assegna un formidabile program-
ma di vita (riportato a11ch'esso a pag.
15) che comprende tra l'altro il «fare
del bene agli altri»: l'apostolato.
E' iJ marzo l855, e Domenico si de-
d ica con una nuova consapevolezza a l
lavoro tra i compagni. Gioca con chi è
trascuralo dagli altri, fa ripetizione a
chi ne ha bisogno, assiste compagni
malati. Ma sono numerosi i bravi ra-
gazzi all'Oratorio: Michele Rua (che
da qualche tempo veste la talare di
chierico), Giovanni Cagliero, Giusep-
pe Bongiovanni, Celestino Durandq,
Giovanni Bonetti... E' primavera, e
nella testolina di Domenico spunta
una nuova idea: perché non scegliere i
più sicuri, ~ invilarli a unirsi per for-
mare un gruppo di impegno tra gli al-
tri compagni? Si tratta semplicemente
di organizzare quel bene che ognuno
già fa per conto suo. Sull'esempio del
mondo degli aduJti anch'essi potreb-
bero formare una «Compagnia», e
siccome lui è sempre deciso di «fare
qualcosa in onore di Maria», pensa
che la si potrà chiamare «Compagnia
dell'Immacolata Concezione».
Naturalmente va a parlarne a Don
Bosco, e Don Bosco è d'accordo. An-
che i suoi amici più ridi lo sono, e la
Compagnia nasce. E' un gruppo ri-
stretto e segreto, perché il bene non ha
bisogno di tanta pubblicità. Una deci-
na o poco più di amici che si vogliono
bene fra loro, e sono convinti di poter
fare del bene anche agli altri. Stù che
cosa fare non ci sono problemi: le oc-
casioni sono infinite.
"Ci obblighiamo". Domenico è
ispiratore e fondatore della Compa-
gnia, ma non è certo il più anziano,
anzi è tra j più giovani. E modesto
com'è, da vero capo carismatico,
quando il gruppo da informale tende
a organizzarsi egli si mette in dfaparte:
la carica di Presidente viene assunta
dal più anziano, quel Michele Rua
ventenne che porta già la talare. l ra-
gazzi nel tempo libero si incontrano,
fanno il bilancio delle attività com-
piute, programmano. Per un anno le
cose vanno avanti alla buona, ma si fa
sempre più sentire il bisogno cli strut-
turare meglio il gruppo, e Domenico
propone di stilare un regolamento.
Sono tutti d'accordo, ed eccolo al La-
voro con alcuni compagni. Ne viene
fuori un testo denso, articolato in
ventun punti sorrett i da un perentorio
«c. obblighiamo» iniziale, e conclusi
COll la certezza che tulli i soci sapran-
no essere - con l'aiuto di Maria -
«tenaci nelle tisoluzioni rigidi verso di
noi, ,1morevoli col nostro prossimo, ed
esatti in tutto».
"Per i più d1scolett1". A scorrere
quel regolamento, colpisce la totale
solidarietà di Domenico e dei suoi
amici con i loro educatori. Col primo
articolo essi si impegnano «a una ri-
gorosa ubbidienza ai nostri superio-
ri», in un clima però di «illimitata
confidenza». Una confidenza che è il
cuore del sistema educativo di Don
Bosco: è fiducia, dialogo, familiarità,
amicizia. li chierico Francesia, che
quell'anno è maestro di Domenico (e
presto farà parte anche lui della
Compagnia), più lardi testimonierà:
« Un desiderio di Don Bosco, un suo
con siglio, era come un comando per
loro; e lo introducevano in mezzo a
lutti».
Questo fare tutt'uno con i loro edu-
catori spinge Domenico e gli altri a
proporsi come impegno fondamen ta-
le «l'adempimento dei propri doveri».
che «sarà nostra prima e speciale oc-
17

2.8 Page 18

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cupa1iuni:». Perciò «o;.;.crv::in: rigo10-
samemc le regole della casa"· Non è
certo un problema per Domenico, che
già da tempo - !>econdu la 1estimo-
nia111a e.li Don Bosco - ha adottalo
«quell'esemplare tenor di vita oltre
cui dii 1icilmcnlc hl può andare.·"·
Altro obie111vo del gruppo l• l'apu-
MolaLO Lnt i compagni; l'e<;scn.: «amo-
revoli vc.•rso il prossimo». Un aposlu-
lato che na~ce daUa parola. ma prima
ancora c.lall'esempio. L'amico Giu-
rnnni Cagliero dirà che « uno "cupo
dalla Compagaia era di guae.lagnare a1
bene i più cfocoletti •· Quanto a Do-
menico, dice Don Bosco che a vederlo
in et:ne ore della ricreazione e'{• da
pensare che.• i ragazzi «alquanto di-
scoli» ~iano i ;,uoi amici pr<:fcriti. Il
:,uo per<', non è un apostolato pesante
e noio:,o. Non ha il tono dc.•I -.acn·ntc,
del predicatore moralista o del cl.·m,o-
re. E' l'amico genlile che insinua l'idea
costnrllìva scn,rn rimarcarla. l' ~cn1a
pc,arc. In ques10 impegno tra i com-
pagni lro\\ a realuzazionc piu o meno
co:.cientc un principio della pec.lago-
gia salesiana, che vuole i giovani pro•
tagoniMi c.lcll'apostolato tra i gitwani.
"Pareva un dottorino". La Comp,1-
gnia ha il !>UO momento dcchivo ndlt•
«confen:n✓c». incontri sclLimonali in
cui i -..uci affrontano i problemi,
espongono il la\\·oro Iallo, e program-
mano. Queste riunioni sono • regolate
dagli stessi giovani»; il presidente Mi-
chele Rua ha una talare addm,so.
ma è !>olo un compagno an1iano, non
1111 s11pcriore. Domenico in quelle riu-
nioni si tro1'nv;1 a mcra1 iglia. 11.l. te-
stimoniato Giovanni Bonètti (allora
condiscepolo, più tardi primo diretto-
re del Bolle11i110) che Domenico «par-
lava in modo che pai·e,·a un dollodno.
Le sue proposte, con grande utilità dei
compagni e di tutto l'Orator 10, \\'Cni-
\\'ano !,emprc dall'intera confcr cnla
approvate•. Tra l'altro, è proprio du-
rante queMi incontri che Domenico e i
suoi amici individuano i compagni bi-
sogno'>i di una mano, di un aiuto a
comporlan,i meglio. I soci s1udrano i
!>ingoli ca.,i, propongono la natura
dell'intervento più opportuno, dl·ci-
dono a chi 1occa fare e.la angdo cu-
stode...
La Compagnia <lcll'I mmacolata ri-
mane il capolavoro di Domenico Sn-
\\'ÌO, piccolo leader. La prima idea
l'ebbe a 13 anni, il regolamento lo s tilò
a 14. Che cosa ne è poi seguito? Che il
pi,uico di licvilo ha continuato a fer-
mentare la pasta anche quando Do-
menico non ci fu più. Tra i ..,oci ddla
Compagnia, Don Bosco due anni do-
po !>Ceglil-rà il primo nucleo dei suoi
salc!.iani. E quanto all'a-,socinlione.
cs~a ha·scavalcato il secolo e ;,i,1 pure:
trasformata vive tuuora con nomi di-
versi ncllt• cose salesiane del mcmdo.
I poi da quel gruppo
sbocciarono i salesiani
·P.ochi, anche tra I figli di Don Bosco, sanno il ruolo che Domenico e la
sua Compagnia hanno avuto nel nascere della Congregazione sale-
siana. Eppure «per questa via Don Bosco Insensibilmente condusse
fino alla soglia della Congregazione giovani di elette speranze». Gio-
vani che accanto a Domenico maturarono all'oblatlvltà necessaria per
far dono al Signore della propria vita.
Pochi, anche tra i Iigli di D<>n Bosco,
sanno ìl ruolo che Domenico e la
sua Compagnia hanno avuto nel na-
scere della Congregazione Salesiana.
ln quegli anni i collaboratori di Don
Bosco - a pa1 Le don Viuor io Alaso-
naui. unico sacerdote. inviatogli
chissà come dalla Pron ic.lenla -
erano ragaai o poco più. Ed egli ha
sapuLo stringerli a sé gradatamente,
chiedendo man mano a lla loro giova-
ne età, e alla loro generosità, quanto
divenla\\'ano in grado di dare. La sera
del 16 gennaio 1854 (Domenico sareb-
be entrato all'Oratorio nell'ottobre
successh o). Don Bosco riunì in ca-
mera sua quattro ragazzi sui 16-17
anni. Annotò uno di essi, Michele
Rua: «Ci \\·enne proposto di fare una
pro\\·a di c!>cn:izio pratico di carità
verso il prossimo, per venire poi a una
promessa; e quindi, se sarà possibile e
convenienle, di farne un volo al Si-
gnore. Da tale sera ru posto il nome di
sale:.ia11i a coloro che si proposero e si
proporranno tale esercizio,.. Un vo10
che è nelle pru:..pcuive ancora remote,
mentre di vita religiosa \\'era e propna
non si parla aflauo.
La sera del 9 dicembre 1859 (Do-
mcnico è già in ciclo da quasi tre anni)
Don Bosco convoca di nuovo i suoi
amici. Sono saliti di numero. arrivam)
nella sua camera in 19. Occorre strin-
gere i tempi: Don Bo!>co parla per la
prima \\·olla esplicitamente di una Iu-
tura congregaz.ionl.' religiosa. Dice che
Pio lX è d'accordo, eh<.> è venula l'ora
di cominciare, che per loro è venuto il
momento di dire ,e mtcndono dare il
loro nome alla futura società. Allendc
risposta nel giro di qualche giorno. Lo
vedono profondamente commosso, e
sono commossi e turbati anche loro.
fa.cono dalla camera di Don Bosco
che è noLLc alta.
Fa freddo ma tanti non si decidono
di ritirarsi, passeggiano !>U e giù rinct-
tcndo e scambiandosi pareri. "Don
Bosco ci vuole tulli frati!» l i più agi-
talo è Giovanni Caglicro. A un Lrallo
accosta un compagno, e sbolla: «Fra-
te o non frate. tanto è lo ~tesso. Sono
deciso, come semp,·c, di non staccar-
mi mai da Don Bosco». E va a scri-
vergli un biglietto di adesione.
'ove giorni dopo, Don Bosco al-
tende con apprensione i -.uoi: l'invito è
al solito di trovarsi in camera sua do-
po cena. Arrivano in 17: mancano solo
Saremo tenaci nelle rlsoluzlonl, rigidi verso di noi, amorevoli col pro■slmo, e esatti In lutto•
18

2.9 Page 19

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due, solo due non ci ~lanno. Quando
escono a nouc alla, la Congregazione
salesiana è nata. Ha un superiore in
Don Bosco, e un consiglio superiore
fallo di sbarbatelli.
Sceltissimi tra i scelti. La lista dei
17 «londatori» è stala trnmandata dal
verbale. Ma si conosce anche un'altra
lista, quella dei primi soci della Com-
pagnia Immacolata, e guarda caso:
lanli nomi coincidono.
Quel giorno del 1856 in cui Dome-
nico lesse davanti all'altare della Ma-
donna il regolamento della Compa-
gnia, i soci erano in tutto dieci: «scel-
tissimi tra i scelti, pochi e maturi,,. Nei
mesi seguenti qualcuno era stato ag-
giunto. a ottobre risultavano 14 nomi
accertati. Ebbene, di questi 14, otto
figureranno tra i salesiani fondatori;
due alLri, allora lroppo giovarti, di-
venteranno salesiani poco più tardi:
un altro chierico lascerà Don Bosco
per essere sacerdote in diocesi. Solo
due dei 14 torneranno a casa loro,
perché chiamali dal Signore re•
un'allra strada. Il quattordicesimo,
Domenico, era già in paradiso.
Ma non è tullo. Nella Lista dej 17
figurano altri soci che erano entrati
nella Compagnia dopo l'ottobre 1856;
sicché- a conti falli - si può dire che
i primi salesiani sono passati in mas-
sima parte attraverso il gruppo fon-
dalo da Domenico. Uno studioso di
storia salesiana, Alberto Caviglia, dice
senz'altro che «la Compagnia del-
l'Immacolala, promossa da lui, fu co-
me il grembo spirituale della Congre-
gazione». Dice che «quei buoni soci si
impegnavano a un lenore di vita a cui
non mancava che la pratica formale
dei consigli evangelici per essere una
piccola congregazione».
Tra i soci più grandi deUa Compa-
gnia, di sicuro alcuni si erano già im-
pegnati davanti a Don Bosco con pro-
messe e voli lemporanei, in forma
privala, « secondo la portata dell'età
nostra». Quest'espressione è di uno di
loro, il Cagliero, che aggiunge: « Tra
questi era il piccolo Domenico, sem-
pre dei più animati e dei primi a pra-
ticare i consigli evangelici».
"Appena sarò chierico". Domenico
professò dei voti? Il suo maestro nel-
l'anno 1855-56, il chierico Francesia,
non crede. li suo condiscepolo Fran-
cesco Ccrruti ha lcstimoniato: « Voti
religiosi propriamenle non ne aveva, o
non mi consta. Ma non mi stupirei che
ne avesse falli di particolari al suo su-
periore, o al suo confessore ordina-
,;o». Rimarrà un mistero per sempre.
Certo è invece che Domenico voleva
essere sacerdote.
Don Bosco nel primo incontro gli
aveva chiesto: «Quando avrai termi-
nala lo SLlllliO del latino, cosa vorrai
fare?» E Domenico gli aveva ,;spo:,lo
Poco dopo la sua morte, Don Bosco Vide In sogno» Domenico, Il suo allievo prediletto; era •bello
come un angelo, alla testa di una schiera Infinita di giovani ».
senza esitazione: «Se il Signore mi
concederà tanta grazia, deside,-o ar-
dentemente di abbracciare lo stato
ecclesiastico». E di sicuro sarebbe
stalo un prete alla Don Bosc<). «Ap-
pena sai:ò chierico - confidava ai
suoi amici dell'Oratorio - voglio an-
dare a Mondonio, voglio radunare
tulti i fanciulli sollo una tettoia, e vo-
glio fare il catechismo, raccontare
lan ti esempi, e farli tutti santi».
Non solo, ma Domenico propose il
traguardo del sacerdozio ai membri
della Compagnia; scrisse infatti nella
conclusione del suo regolamento: « Se
Dio ci concederà grazia e vita di po-
terlo servire nel mistero sacerdotale,
noi ci adopereremo con tutte le nosLre
forze per farlo con il massimo zelo».
I compagni di Domenico. La morte
gli imped} di essere giuridicamenle
salesiano, ma in compenso i soci della
sua Compagnia andarono a occupare
i posti chiave nella nuova Congrega-
zione. Merita il primo ricordo quel
don Michele Rua che fu p1imo presi-
dente della Compagnia, a cui Don
Bosco aveva promesso fin da ragazzo
di fare con lui a metà in lutto, e che
sarà il suo primo successore. E poi
quel Giovanni Cagliero che sarà capo
della prima spedizione missionaria
salesiana, primo vescovo e primo car-
dinale tra i figli di Don Bosco. E poi
Giovanni Battista Bonetli, membro
fin dall'inizio del Consiglio superiore e
primo dircuorc del BS. E poi don
Giovanni Francesia che fu direttore
della Congregazione, latinista, studio-
so di Danle. e autore di una novantina
di volumi. E don Celestino Durante,
anch'egli del Consiglio superiore, an-
ch'egli latinista, poela e autore di libri
scolastici, e a lungo assistente spiri-
lLtale dei corrigendi alla Generala. E
don Francesco Cerruti, egli pure del
Consiglio e lelleralo (pare che Don
Bosco li avesse contagiati tutti con la
passione dello sctivere). E quel Don
Giuseppe Bongioanni che fu collabo-
ratore strettissimo con Domenico nel
dar vita alla Compagnia (di essa fu il
primo segrelario), e morì 1roppo pre-
sto, a soli 32 anni - naturalmente do-
po aver scritto almeno qualche libro
di ascesi, qualche teatro. e raccolte di
poesie. E un allro Savio, don Angelo,
conterraneo di Don Bosco, missiona-
rio, e morto in un viaggio di esplora-
zione nell'Ecuador...
"Domenico è già il sales iano".
Questi furono compagrti di Domenico,
ma poi tanti alt1·i ne seguirono, passati
dalla Compagnia alle file salesiane,
alle missioni, sparsi in lulto il mondo.
TI Ceria, sludioso di storia salesiana,
sostiene riguardo alla Compagnia che
«per quesla via Don Bosco insensibil-
mente condusse fino alle soglie della
Congregazione giovani di eleue spe-
ram:c», Un altro (don Barberis) ritiene
che la Compagnia «nella menle di
Don Bosco deve essere come un ulti-
mo gradino... per entrare in Congre-
gazione». Così di fatlo è stato: allora, e
per tanti anni dopo.
Un altro (don Caviglia) ha sotloli-
nealo la piena sintonia nell'azione tra
Don Bosco e il piccolo Domenico. So-
stiene che in lui Don Bosco «non
educò solo il discepolo, ma il futuro
salesiano», che «Domenico è già il sa-
lesiano»; e è bello che egli sia stato,
dopo il fondatore, il p1imo «sanlo
della salcsianilà» proclamalo dalla
Chiesa.
Senza l'iniziativa di Domenico. la
Congregazione Salesiana sarebbe na-
ta ugualmente. Ma forse sarebbe stata
iliversa. Di fallo la Compagnia del-
l'Immacolata fu il clima spirituale in
cui la maggior parte dei primi salesia-
ni maturarono all'oblativilà necessa-
ria per fare il grande passo del dono di
sé al Signore nelle mani di Don Bosco.
Anche la Famjglia Salesiana senza
Domenico sarebbe più povera: priva
di quel capitale dj santità che lui vi ha
immesso. Ma anche più povera di
idee, stimoli, esempi, fantasia, senza
la persuasione che nella via del bene
anche i piccoli e insignificanti sono
importanti per Dio, e possono osare e
fare.
19

2.10 Page 20

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n piceolo mondo
di Savio Domenieo
A SINIS TRA:
La casetta natale di Domenico, a Riva di Chieri.
SOTTO:
Un angolo della chiesa di San Francesco di
Sales a Valdocco, col pulplto da cui Don Bo,co
Ieee la predica 1ulla santità, e l'altare della Ma•
donna davanti al quale Domenico lesse Il Re-
golamento.
Mondonlo: ragazzi ln visita alla casa di Dome-
nico, nella ,tanza In cui Il ragazzo sanlo mori.
A DESTRA. OAll•Al TO Al BASSO:
Ritratto di Domenico, dipinto dal auo compagno
Tomal.1s poco tempo dopo la sua morte.
Un'emissione lllatelfca per commemorare li
centenario della morte di Domenico.
Un •abitino di Domenico Savio•, santo dalle
mamme e delle culla.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Aveva in alto loeo
amiei molto potenti
l'Oratorio presentavano a Don Bosco
delle parole, cd egli ne spiegava il
significato. Domenico gli domandò
che cosa volesse dire il suo nome.
« Domenico vuol dire del Signore», gli
rispose Don Bosco. E lui come folgo-
rato e perleuamente convinto dalla
rivelazione: «Vede se non ho ragione
<li chiederle che mi faccia santo. Per-
Li scelse alla prima comunione:« I miei amici saranno Gesù e Maria». 1ino il mio nome dice che io sono del
Ebbe per loro un'amicizia affettuosa e festiva. Ricevette le loro confi- Signore. Dunque io devo e voglio es-
denze, e perfino Don Bosco si arrestò discreto e stupefatto davanti al :,ere tutto del Signore, e voglio farmi
mistero di questo ragazro che parlava con Dio.
santo. e sarò inrclicc rinché non sarò
santo».
Lmpossibile dire in poche parole
Le curiose e al tempo stesso pia- solo il ri:,volto negativo, e la premessa, che cosa significò per lui l'Eucaristia.
(( cevoli accoglienze che (Dome- a una realtà teologica più profonda e Domenico si imbatteva sovente nel
nico. bambino di pochi anni) lacl'va cii completa: quella dei suoi amici nella Viatico, portato allora con molt a [re-
padre quando lo vedeva b,iungerc a fede. Ambedue i propositi gli sono quenza ai malati, nelle s trade di Tori-
casa dopo il lavoro... Co1Teva a incon- stati probabilmente suggeriti, proba- no. Una volta era piovuto, e lui si in-
1ràrlo, e presolo per mano, e talora bilmente facevano parte di una tradi- ginocchiò nella fanghiglia. Un com-
saltandogli al collo. gli diceva: ''Caro zione abba:.tanza diffusa per le prime pagno gli fece notare che non occor-
papà, quanto siete stanco, non è vero? comunioni di quei tempi. Ma l'origi- reva tanto, che non era il caso di im-
Voi lavorate tanto per mc. e io non nalità - se si può dire così - di Do- brattarsi ginocchi e calzoni. Domeni-
sono buono ad a ltro che a darvi lasti- menico sta nel fau o che lui li prese sul co rispose tranquillo: «Ginocchi e
dio. Jo pregherò il buon Dio che doni a serio. ne fece un motivo di vita e di calzoni, è Lullo del Signore; perciò
voi la sanità, e mi faccia buono". Così morte, che la sua gue1Ta al peccato Lutto deve servire a rendergli onore.
dicendo lo accompagnava in casa, gli divenne la condizione e il prez,m di Quando passo vicino a lui non solo mi
presentava la sedia perché vi sedesse, quelle amicizie, che per quelle fu di- inginocchierei nel fango, ma mj bu1-
gli teneva compagnia e gli faceva mil- sposto a pagare di persona fino in terei anche in una fornace».
le carez;,e. "Questo - dice il padre - fondo. Mille episodi p iccoli e grandi,
E quando poteva, associava nel ge-
era per mc un dolce conforto nelle mie dis:.eminati nell'arco della sua inten- sto di ossequio anche gli altri: anche
fatiche, e io ero come impa;,icnte di sissima vita, s tanno a dire che la quel militare che un altro giorno, al
giungere a casa per imprimere un te- «virtù nata con lui» si sviluppò i.olo passaggio del Viatico, se ne slava ritto
nero bacio al mio Domenico, che pos- graLie a «un enorme sforzo umano», impalato. Domenico trasse di tasca il
sedeva tulii gli affetti del mio cuore"». uno sforzo che mii,e a dura prova la suo fazzolello pulito, e lo spiegò per
La testimonianza è stata raccolta da sua volontà. E giunse fino a fiaccare la terra proprio davanti a lui. Come ri-
Don Bosco. e dice che tra i doni nativi resistenza del suo fisico.
f'iutare quella conesia?
del piccolo Minot c'era un'affettuosa e Se i ''quadreui" della sua infanzia Neppure è possibile dire il suo te-
festiva capacità di amicizia.
pos!>ono l>embrare "<li maniera" e nero affetto verso la Madonna. li Papa
Un'amici:da che egli con altn::ttanta oleografici, le vicende successive di- nel '54 aveva proclamato il dogn1a
semplicità fin da piccolo estese al cono quanto La sua intimità con Dio fu dell'I mmacolata Concezione, e lui
mondo invisibile della fede.
Irutto di conquis ta sofferta, fino all'o- confidò a Don Bosco: « Io desidererei
Due propositi. Raccontava don locausto.
fare qualcosa in onore di Maria. ma
Giovanni Zucca, il cappellano di Mu- "Ginocchi e calzoni, è tutto del Si- la.rio presto, perché temo che mi
rialdo, suo primo maestro: «Vedevo gnore ". La radicalità della sua appar- manchi il tempo». Quel qualcosa fu il
spesse volte un fanciullo di forse cin- tenenza a Dio apparve un giorno nel suo capolavoro, la Compagnia del-
que anni venire alla chiesa in compa- gioco delle etimologie. 1 ragazzi del- l'Immacolata. E col regolamento da
gnia di sua madre. Se giunto alla
chie:,a l'avesse tro\\·ata chiusa. allora Domenico disse sottovoce all'orecchio del carrettiere: « Ml laresle un grande piacere se, quando
succedeva uno spettacolo ameno. In- siete arrabbiato, direte altre parole senza bestemmiare Il santo nome di Dio•.
,·cce di schiamaaarc come sogliono
fare i ragani di tale età. si recava sul
limitare della porta, si metteva in gi-
nocchio. e col capolino chinato e con
le innocenti mani giunte, fervorosa-
mente pregava finché venisse aperta
la chiesa».
L'amicizia con Dio, «virtù nata in
lui». si approfondirà a partire t.lalla
prima comunione che il cappellano gli
volle anticipare. E in quella circo-
stanza, a seue anni, Domenico di-
ventò più consapevole di avere quegli
amici che figurano nel suo proposito:
« I miei amici saranno Gesù e Maria».
Lo slogan più celebrato di Domeni-
co è quell'altro, che lo accompagna
nell'iconografia per così dire ufficiale:
«La morte ma non peccati,,, Ma essa è

3.2 Page 22

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Domenico trasse d i tasca Il suo fazzoletto pulllo, e lo spiegò In terra proprio davanti al mliIlare.
lui stilato nel '56, invitò i suoi compa•
gni a « una sincera, filiale, ilJimitata
fiducia in Maria, una tenerezza singo-
lare verso di lei».
La sua amicizia fu largamente ri-
cambiata dai suoi amici: Jo dicono
numerosi episodi raccontati da Don
Bosco, che trovano spiegazione solo
nella sua intimità con Dio.
" Mi salta una distrazione". Un
giorno, alle due del pomeriggio si dif-
fonde la notizia: Domenico è sparito
dall'Oratorio. A prima colazione non
c'era, a scuola non si è visto, ha saltato
anche il pasto di mezzogiorno. Non
risulta malato: il suo letto è intatto, in
perfetto ordine. I compagni corrono a
riferfre a Don Bosco. Egli resta sopra
pensiero, poi sorride tranquillo: «An-
date pure, credo di sapei·e io dov'è».
Don Bosco va in chiesa, e trova Do-
menico immobile come una statua, gli
occhi rivolti al Tabernacolo. Lo chia-
ma per nome, lo scuote. Finalmente
Domenico si volta e domanda sorpre-
so: «Oh, è già finita la messa?» Don
Bosco gli mostra l'orologio: «Vedi?
Sono le due». Domenico confuso gli
domanda perdono per non aver ri-
spettato l'orario della casa, e Don Bo-
sco lo manda in cucina: «Se ti do-
mandano perché sei cosi in ritardo, di'
che vieni dall'esegufre un mio co-
mando».
Questo per evitargli inutili curiosità.
Ma qualcosa del genere, dice Don Bo-
sco, «già altre volle era accaduto».
« Gli ho talvolta domandato che cosa
facesse in quei suoi ritardi, ed egli con
tutta semplicità: "Povero me, mi salta
una distrazione, e in quel momento
perdo il filo delle mie preghiere. E mi
sembra di vedere cose tanto belle che
le ore fuggono come in un attimo"».
Non è tutto: nella sua confidenza
con Dio riceve anche incarichi spe-
ciali. « Un giorno - è ancora Don Bo-
sco che racconta - entrò nella mia
camera dicendo: "Presto, venga con
mc. C'è una belJ'opcra da fare".
Avendo già provato l'importanza di
questi inviti, accondiscesi». Il ragazzo
esce dall'Orato1io e si avvia per le
strade della città. A un certo punto
entra in un portone, sale al terzo pja-
no, e suona una forte scampanellata
«E' qua che deve enlrare», dice a Don
Bosco, e se ne torna indietro. Don Bo-
sco trova un padre di famiglia che si
era fatto protestante, e che ora è sul
punto di morire: vuole tornare nella
Chiesa cauolica Così Don Bosco è
giunto in tempo per «dar sesto alle
cose della sua coscienza».
Qualche giorno dopo, Don Bosco
domanda a Domenico come avesse
saputo che lassù c'era un malato.
«Egli mi guardò con aria di dolore, di
poi si mise a piangere. Io non gli ho
fatta ulteriore domanda», conclude
delicatamente Don Bosco.
Lasciatelo andare in paradiso. La
confidenza dei suoi amici era merita-
ta. Osserva Don Bosco: «Chi ammira-
va il Savio nella sua compostezza
esteriore, ci trovava tanta naturalezza
che avrebbe facilmente detto essere
slato così creato dal Signore. Ma
quelli che lo conobbero da vicino
possono assicurare che vi era grande
sforzo umano». Sulla fine del 1856
quel «grande sforzo1t era diventato
eccessivo per la sua fibra delicata.
Don Bosco fa visitare il ragazzo dal
dottor Francesco Vallauri, e ne riceve
la diagnosi: «La sua gracile comples-
sione, la cognizione precoce, la conti-
nua tensione delJo spirito, sono come
lime che gli rodono insensibilmente le
forze vitali». Don Bosco chiede al
dottore quali sono i rimedi opportuni.
Vallauri dice che dovrebbe troncare
subito gli studi, cambiare aria, ecc. Ma
precisa: «U rimedio più utile sarebbe
lasciarlo andare in paradiso, per cui
mi pare assai preparato».
E' vero. Tornato in casa sua a Mon-
donio il primo marzo 1857, il quattro si
mette a letto. [] medico del paese lo
trova gravissimo - presumibilmente
22
è polmonite - e in quattro giorni gli
pratica dieci salassi. Qualcuno ha
detto che ,, la medicina è una scienza
che viene esercitata in attesa di essere
scoperta», e quella volta le cose an-
darono proprio così: Domenico si
trovò svuotato di forze.
Il nove marzo il medico, dopo l'ul-
timo salasso, dice ai parenti: «Siamo a
buon punto, il male è vinto». Ma par-
tito iJ medico, Domenico chiede il sa-
cramento degli infermi. Dice poi:
«Ora sono contento. E' vero che devo
fare il lungo viaggio dell'eternità, ma
con Gesù in mia compagnia non ho
nulla da temere». Dice: «Sì, sì, o Gesù,
o Maria: voi sarete ora e sempre gli
amici dell'anima mia».
Verso sera, racconta Don Bosco,
«pareva prendere un po· di sonno. Di
a poco si risvegliò e con voce chiara
e ridente: «Addio. caro papà, addio. Il
parroco voleva ancora dirmi... Oh, che
bella cosa io vedo!» E con queste ul-
time enigmatiche parole si rifugiò -
ancora una volta. e per sempre - nel
mistero di quei suoi amici per t.:ui è
vissuto.
Per conoscere
Domenico Savio
Opere fondamentali
GIOVANNI BOSCO
La vita di Savio Domenico
ALBERTO CAVIGLIA
Savio Domenico e Don Bosco (Studio)
Le due opere, stampate dalla SEI nel
1942 In unico volume di 610 pagine,
sono esaurite presso l'editrice; sono
state ristampate nel 1976 per conto
della Direzione Generale Opere Don
Bosco. Richieste al BS (Lire 5.500).
Per educatori
JOSEPH AUBRY
Come essere educatori cristiani - L'ar-
te di far rivivere Domenico Savio nei
ragazzi d'oggi
LDC 1976. Pag. 72, lire 800
Opere divulgative
TERESIO BOSCO
San Domenico Savio
LDC 1972. Pag. 128, lire 900
TERESIO BOSCO
Domenico Savio -Collana Eroi.
LDC 1972. Pag. 32, lire 250
Albo a colori
Domenico Savio
pag. 32, lire 300
Filmina sonorizzata
San Domenico Savio. Quadri di L. To-
gliatto, commento di Teresio Bosco.
Filmina in due parti, lire 5.600.
Cassetta sonorizzata lire 3.500.
Le ;tlustrazionl di queste pagine sono rica-
vate dalla filmina .san Domenico Savio•.

3.3 Page 23

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Com'è diventato
ha pure raccontato le successive vi-
cende di quell'abitino. Dalla sua
mamma venne prestato ad altre
mamme in difficoltà, a varie persone
il santo delle culle
malate, con risultati che si spiegarono
grazie a un intervento del cielo. Teresa
stessa in una circostanza lo speri-
mentò («Ero del Lutto stremata di
Il giorno in cui Domenico gli chiese « un giorno di permesso» per
correre a casa dalla mamma, Don Bosco non immaginava quel che ne
sarebbe seguito. E neppure raccontò il fatto. Ma ora che già tante
forte e nessuno aveva più speranza
nella mia guarigione. Ma bastò la pre-
senza di quel nasu·o fatto arrivare da
Mondonio, perché ricuperassi la salu-
mamme e tanti bambini gli sono riconoscenti, è bene raccontare per te e la vita»). Poi, morta la sua mam-
disteso come sono andate le cose.
ma, il nastro era ancora stato prestato
in giro, e non era più tornato a casa.
Smarrito per sempre. Fu per lei un
D on Bosco nella sua «Vita di Savio lui: «Lo so che è malata, e sono venuto grandissimo dispiacere.
Domenico», non raccontò l'epi- apposta a trovarla». E corre su in ca- Ma per mamme e bambini si è con-
sodio. forse per delicatezza verso i mera sua.
tinuato a ricorrere a Domenico e alla
giovani lettori, forse perché non pre- Anche la mamma lo accoglie con sua intercessione. I due fatti miraco-
vedeva quanLo ne sarebbe seguilo. Il stupore: «Come mai sei qui? non è losi approvati dalla Chiesa per la sua
racconto giunto a noi è LuLLo di una nuJla... Va' di sotto, Li chiamerò più beatificazione riguardano due bambi-
sorella di Domenico, Teresa: la deci- tardi». «Sì - risponde Domenico-, ni, e gli altri due miracoli approvati
ma e ultima nata nella famiglia Savio. vado subito. Ma prima voglio abbrac- per la sua canonizzazione riguarda-
Lo riferì sotto giuramento, testimo- ciarvi». Le butta le braccia al collo, le vano due mamme. Dal 1956 poi ven-
niando al processo di beatificazione dà un bacio, e se ne va.
gono confezionati nuovi «abitini di
nel 1912 e poi nel 1915. Teresa non Ma la mamma si sente subito come Domenico Savio», con la sua immagi-
conobbe il fratello Domenico. ma tutti guarita. Poco dopo arriva il marito ne e una reliquia. Da Lante parti non
in casa le parlavano di lui, e lei ne con il dottore, e trovano che non han- solo d'Italia vengono richiesti a Tori-
andava fiera, e raccolse con venera- no più nulla da fare: la mamma sta no Valdocco, o alla Casa Generalizia
zione tutti quei ricordi di famiglia.
bene, e con lei la neonata, la piccola di Roma. E poi giungono relazioni di
Minot va a trovare la mamma. Era il Maria Caterina. Le vicine sono tutte lì grazie che il BS pubblica regolarmen-
12 settembre 1856, sei mesi più tardi a far festa. Di strano, inatteso. c'è al te. Perché il Signore. quando incontra
Domenico sarebbe già volato tra gli collo della mamma un nastro, a c ui è una vera fede, e l'amore generoso
angeli. Quel giorno si presenta a Don attaccato UD pezzetto di seta piegata e verso la vita, si ricorda di ciò che ha
Bosco: «Mi faccia un piacere: mi dia cucita come un abitino. « Certamente promesso: «Chiedete e vi sarà dato.
un giorno di permesso».
- dice la mamma - me lo ha messo Cercate e troverete».
«Dove vuoi arrivare?» «Fino a casa a1 collo Minot, quando ha voluto ab- E per gratitudine tanti bambini
mia, perché mia madre è molto mala- bracciarmi».
port.ano ora il nome di Domenico o
La e la Madonna la vuole guarire».
Rientrato all'Oratorio, Domenico si Domenica. Se non è il primo è il se-
«Come fai a saperlo?» «Lo so». «Ti presenta a Don Bosco. « Come sta la condo nome. Qualche mamma pensa
hanno scritLo?» «No. ma lo so lo stes- mamma?» "E' già guarita - risponde che il giusto nome sia Savio, e chiama
so». Don Bosco, abituato ai misteri di il ragazzo -. L'ha fatta guariTe la Savio il suo piccolo. Ma ciò che conta
Domenico, non insiste. «Va' subito. Madonna che le ho messo al collo». più di tutto, è che questi genitori si
Eccoti i soldi per il viaggio».
Tanti Domenico e Domenica. Tere- impegnano poi in un'educazione dei
Di fatto la mamma, in anesa di una sa Savio nella sua deposizione giurata figli pienamente cristiana.
nuova creatura, è in condizioni gra-
vissime. Domenico smonta a Castel-
nuovo, e a piedi si avvia verso Mon-
donio. Alla svolta per Buuigliera d' A-
sti incontra suo padre: sta correndo
affannato in cerca di un medico.
«Dove vai, Minot?» (Minot era il di-
minutivo familiare di Domenico). «A
trovare la mamma».
Non è il momento adatto per un ra-
gazzo: la mamma è gravissima, la
creatura che dovrebbe dare alla luce
corre il rischio di morire con lei. «No.
no - gli dice con voce ferma-. Fer-
mati prima dalla nonna a Ranallo».
Ma Domenico prosegue senza rispon-
dere: questa volta deve disobbedire.
In casa c'è tanta gente e tanta con-
fusione. J fratellini sono stati portati
via, ma le vicine sono tutte li indaffa.
rate e senza sapere cosa fare. AJ ve-
derlo rimangono sorprese e cercano
di non lasciarlo passare, dicono che
non deve disturbare la mamma. Ma • La mamma? E' già guarita. L'ha latta guarire la " Madonna" che le ho messo al collo •.
23

3.4 Page 24

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Continuano a crescere
i suol amici nel mondo
Da più di cent'anni Domenico Savio è presentato dagli educatori
cristiani come modello da imitare. A migliaia e migliaia I ragazzi in
varie parti del mondo si associano nel suo nome. Domenico, capitano
di 15 anni, è alla loro testae li guida a vivere la loro prima esperienza di
fede e di apostolato.
N on erano trascorsi due anni dalla
sua morte, che Don Bosco già
distribuiva tra i ragazzi dell'Oratorio
la biografia di Domenico Savio. Per i
ragazzi fu un'emozione indicibile. Si
rendevano conto che essere dell'Ora-
torio era una cosa importante, che
anche da ragazzi si poteva finire sui
libri. Ma poi in quel libro ritrovavano
se stessi. Non solo il mondo quotidia-
no in cui vivevano, ma le loro stesse
parole. Don Bosco infatti aveva pre-
parato il libro raccogliendo anche le
loro testimonianze dirette.
E sop.-anuuo ritrovavano quel
compagno che avevano frequentato e
amato: un amico scoperto mollo più
grande di quanto non supponessero,
che in quelle pagine appariva di una
insospettata ricchezza interiore. E-ssi
prima ne avevano conosciuto solo
qualche aspeno parziale, ma ora leg-
gendo si imbauevano in angoli segre-
ti. in epbo<li ignorati. in una toLalit/1
d'una bellezza impressionante. E pro-
vavano più simpatia, un certo orgo-
glio, ma anche l'imbarazzo di sfigura-
re al suo confronto. di non essere alla
pari. E si sentivano pen:w ~1imola1i a
imitarlo.
Cosl Domenico comincia a essere il
modello, la guida, il capo spirituale
per migliaia - oggi si può dire milioni
- di ragazzi in lullo il mondo. Gli
educatori nella Famiglia Salesiana, e
non meno ruori di essa, da più di un
secolo ormai si rifanno a Domenico
per la loro proposLa educativa. Rac-
contano gli episodi della sua vila, ne
derivano le applicazioni praliche per
il comportamento di ogni giorno.
35.000 ADS. Non solo, ma Dome11i-
co Savio è diventalo capo di movi-
menti giovanili intitolati al suo nome.
Nelle opere salesiane c'erano da Lulli i
tempi le Compagnie, associazioni uf-
ficiali; ma il nome di Domenico Savio
presto prese a emergere almeno in
iniziative locali. Il BS nel marzo del
I925 parla di un'associazione in Spa-
gna sorta col nome di «Legionari di
Domenico Savio», e propone per l'I-
talia la dicitura «Amici di Domenico
Savio». Propone anche un abbozzo di
regolamento, che comincia dicendo:
«Gli Amici di Domenico Savio sono
buoni, allegri, studiosi, entusiasti gio-
vanetti, che si riuniscono in società
per meglio imitarlo».
Dice don Giuseppe Clementel, at-
tuale responsabile in Italia del movi-
mento ADS: « l gruppi di ragazzi riu-
niti nel nome di Domenico Savio si
sono realizzati in forme e sigle asso-
ciative diverse col succedersi dei de-
cenni, col variare dell'associazioni-
smo cattolico e salesiano. Ma sempre
con riferimento essenziale al loro ini-
ziatore: Domenico Savio».
Le recenti crisi dell'associazionismo
hanno posto fine negli ambienti sale-
siani alle Compagnie tradizionali, e la
canonizzazione di Domenico ha spa-
lancato la strada ai movimenti diret-
tamente ispirati al suo nome. In Italia
gli «Amici Domenico Savio» ha1rno
più di vent'anni di vita.
«Oggi - precisa don Clementd -
sono operanti più di mille clubs, con
altrettanti animatori o animatrici, e
circa 35.000 iscritti dagli 8 ai I4 anni e
oltre. Dei mille clubs circa 250 sono
animali da salesiani, 70 da FMA, ISO
da CooperaLori e Cooperatrici. Gli al-
tri, più di 500, sono condotti da sacer-
doti diocesani, religiosi e religiose, in-
segnanti laici, animatori vari non ap-
partenenti alla Famiglia Salesiana».
li movimento si ispira al sistema
educativo di Don Bosco e offre a fan-
ciulli e preadolescenti un progello di
vita e di costruzione d'una personalità
cristiana. Per fascia d'età, raccoglie i
fanciulli delle ultime classi elementari
(piccoli amici), i ragazzi della media
inferiore (amici), e anche più grandi
(animatori).
Il loro confrontarsi con Domenico
Savio non porta tanto a ripetere oggi
le sue parole e gesti di ieri, quanto a
realizzare un progetto di vita cristiana
adatto al contesto attuale. «Ai ragazzi
- precisa don Clementcl - viene of-
ferto un discorso di formazione per-
sonale e sociale, che passa attraverso
la vita di a111icizia, la 1•ita spirituale
nelle sue varie forme (parola di Dio.
amore a Gesù nell'Eucaristia e a Ma-
ria Immacolata e Ausiliauice, fedeltà
al Papa), e l'apostolato nel servi/jo
della carità ai fratelli».
Ogrti club ha una sua sede per lo
svolgimento delle attività, che sono di
carattere non solo creativo-sportivo
ma anche liturgico, missionario, cari-
tativo, culturale. Gli animatori sono
collegati tra loro con pubblicazioni
periodiche (una a carattere nazionale,
e sei locale) e per la loro preparazione
e il lavoro tra i ragazzi hanno a dispo-
sizione appositi sussidi: opuscoli,
schede, tessere, distintivi, ecc. Quanto
ai ragazzi. considerano il mensile
«Mondo Erre» (pubblicato dal Centro
Salesiano di Pastorale Giovanile) co-
me la loro 1ivista: e del resto esce con
un supplemento appm,11u (lu "Specia-
le ADS"). O1,,ni anno a 111ar1.o-maggio
celebrano la «lesta dei ragaai» e nelle
val.'.anzc organizzan1J i campi ~tivi. E
poi iniziative locali. come l'O,-,car Don
Bo!>C0, a Ruma, c:on..:ur:,.o a. cui parte-
cipano migliaia di raga7.Li e che pre-
mia ogni anno tre raga/,d per cluh d>n
una simpatica ,-,talueua del sa111c,.
All'estero. La formula ADS si sta
trapiantando anche all'estero, dove si
contano una quarantina di clubs nei
vari continenti: a Macau, in Korea,
Etiopia, Patagonia... Ma movimenti
affini e autonomi si sono sviluppati
per esempio in Belgio, e soprattutto
negli Stati Uniti, dove il fenomeno è
forse più antico e certo più esteso che
in Italia.
Qualunque sia il nome che que:.tc
associazionj assumono, o la latitudine
in cui si costilttiscono, «si tratta di
migliaia e migliaia di ragazzi - dice
ancora don Clemente! - che si ren-
dono presenti nelle parrocchie, orato-
ri. scuole. famiglie, con un supple-
mento di quella buona volontà che li
rende simili al loro modello».
Fondatore: un ragazzo. 11 111(11 i-
mento degli /\\DS continua in pra1ka
l'a,il11ie a1·1 iaLa dalla «Compag11ia
Immacolata» e dal le a"'·">1.:ia1.ioni sa-
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dera il piccolo Santo eoml' :,uu bpira-
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tiene di essere- come <>~serva an..:ura
e.km Clemente!- «l'unico movimento
gio1·anik' nella Chi,•;.a che ha per l(Jn-
datort' un ragano». Si tralw e.li un ra-
gaz10 san to. che h., c;u;,trdlo la Chie~a
a inventare per lui nl'll'anno:.o lihio
del martirologio cristi<1110 la categ(Jna
nuova dei «santi atlolc~ccnti"
E così Domenico Savio, capitano di
15 anni, a oltre un secolo dalla morte
ha al suo seguito un esercito di ragazzi
in gamba, desiderosi di crescere sani
sul suo esempio e alla scuola di Don
Bosco.
l:.NZO BIANCO
24

3.5 Page 25

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* 1879 VERO INlZIO DELLE MISSIONI SALESIANE
Stimolati dalla santa impazienza di Don Bosco, due salesiani si unirono ai soldati del gen.
Roca nella sua spedizione in Patagonia: mentre le truppe sconfiggevano e disperdevano
gli indios, i missionari si impratichivano dei luoghi e studiavano il loro plano di evange-
lizzazione. Avveniva nei mesi di aprile-luglio di cent'anni fa esatti.
1878. Lettera di Don Bosco, da Tori-
no, a don Giacomo Costamagna
suo missionario in Argentina: «Né tu,
né don Bodrato (allora superiore dei
salesiani in America, ndr) mi com-
prendete: noi dobbiamo entrare nella
Patagonia, lo vuole il Papa. lo vuole
Dm. Va' dalle m1torit:1 gm crnalÌl-c. l '
insisti perché ti si apra la via per
quella missione».
Ricordi personali di don Costama-
gna, in quei tempi: «Quante volte Don
Bosco fu visto con gli occhi Eissi su di
un mappamondo, sospirando e pre-
gando per questa sua assorbente
aspirazione! Egli non poteva capaci-
Larsi che l'imperatore deUa Cina aves-
se più sudditi che Gesù Cristo*·
Non che i missionari salesiani in
Argentina nicchiassero: erano andati
fin laggiù proprio per evangelizzare la
Patagonia, ma non era facile. Don
Costamagna e don Rabagliati in quel
1878 avevano tentato di raggiungere la
Patagonia via mare: una tempesta di
inaudita violenza aveva appena con-
sentito alla loro nave di tornare indie-
tro (cfr. BS di maggio 1978. pag. 22-23).
E Costa.magna ci aveva visto in quel
fa1limento « la coda del diavolo». Ma
ora, si doveva cominciare.
Camuffati da cappellani. I religiosi
Lazzaristi, che avevano osato aprire
una parrocchia a Patagones. non si
sentivano più di restarci e il parroco
dislocato sospirava che qualcuno ve-
nisse a rilevarlo. L'Arcivescovo di
Buenos Aires mons. Aneiros sperava
che sarebbero stati i salesiani. E
quando il gen. Roca gli annunciò la
prossima spedizione militaJ"e e gli
espresse il desiderio che i soldati fos-
sero accompagnati da quaJchc cap-
pcllano militare, l'Arcivescovo si disse
che quella era la volta buona.
li suo vicario mons. Antonio Espi-
nosa, che già aveva accompagnato i
salesiani nel tentativo fallito, era
pronto a ripartire con loro via terra.
Don Bodraro mise a disposizione due
delle sue pedine migliori: l'intrepido
don Costamagna (arrivato in America
da poco più di un anno), e un chierico
di 24 anni, Luigi Botta, figlio di emi-
grati in Argentina. Da Lre mesi appena
era divenuto salesiano; era di poche
parole, ma solido come una quercia e
pratico come le patate.
Questa volta il gtn. Roca - Vice-
presidente della repubblica e Ministro
Poi un giorno don Giacomo Costamagna sarà
vescovo: eccolo net rllratto ufficiale. In allo, una
delle loto storiche da fui Inviate a Don Bosco: I
Ire missionari con I loro Indio• catecumeni.
della guerra - era deciso. I predeces-
sori cercavano trattati di pace con gli
indios, e lui qualificava queste tergi-
versazioni come debolezze. «Con gli
indios è ora di finirla - sosteneva-.
Per la Repubblica Argentina non ci
possono essere altre frontiere, a sud e
a ovest, che le onde dell'oceano e le
cime delle Ande». Per questo aveva
messo insieme un esercito di ottomila
uomini bene armati, e li aveva divisi in
quattro colonne. Si sarebbe trattato -
egli ne era sicuro - di un semplice
rastrellamento in Lutto il territorio t.ra
il Rio Colorado e il Rfo Negro. E in
questo vedeva giusto.
L'appuntamento dei panenti era a
Buenos Aires per metà aprile, e Lutti
avevano buoni motivi per effettuare la
spedizione. Il gen. Roca, sicuro di un
facile successo, vedeva aprirsi la via
alla conquista della presidenza della
Repubblica. Per i militari è una gradi-
ta occasione per ollenere terre e de-
naro, o per fare carr,iera. Molti avven-
turieri, messisi in divisa, sperano in
una facile sistemazione. I grandi pro-
prietari guardano agli spazi immensi
da sfruttare al riparo delle sc01Terie
degli indios. E tutti i cittadini pensano
al dilatarsi dei confini della patria...
Solo i tre missionari camuffati da
cappellani militari - Espinosa ha il
grado di colonnello, Costamagna di
capitano e Bolla di tenente - pensa-
no agli indios, e a mettersi dalla loro
parte.
"U cavallo più matto di me". La
partenza è fissata per il 16 aprile. Ma i
missionari possono sentirsi contenti
di essere al seguito di quell'esercito
che va in cerca degli indios con i fucili
carichi? Scrive don Costamagna:
25

3.6 Page 26

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«Caro Don Bosco, bisogna adattarsi o
per amore o per forza! 1n queste cir-
costanze è necessario che la croce va-
da dietro alla spada,.. (Questa citazio-
ne e le seguenti sono tratte da lunghe
lettere inviate in quei giorni da don
Costa.magna a Torino).
Si parte in treno, mentre a salutare
c'è il Presidente della Repubblica e il
governo al completo, e le campane
della capitale suonano a festa. Il treno
ferma ad Azul (i bi.nari non vanno più
in là). Qui ai missionari«viene dato un
cavallo ciascuno, e un carro per tutti,
il quale - racconta don Costamagna
- trasporta l'altare, 1.'armonium, e le
nostre valigie, serve da dormitorio e
riparo durante la pioggia».
Ed ecco i primi indios. «Nel primo
giorno vedemmo a quando a quando
dei toldos o capanne fatte di pelli di
animale. Sono indios quasi inciviliti e
di colore molto bruno, faccia larga e
schiacciata, folti capelli, che nelle
donne si dividono in tre grosse trecce.
Li salutammo neJJa loro favella di-
cendo "Mari,nari ", ed essi risposero:
"Marimari, padre, cumelecazmi?"
Cioè: "Buon giorno, padre, come sta-
te?"»
«Giunta la sera del primo giorno si
pensava comesoddisfare i latrati della
fame, quando il colonnello ci dice:
«Miei buoni padri, voglio assuefarli
dolcemente alla vita del campo: que-
sta sera divideranno la cena con me».
E gettò sul fuoco un pezzo di carne,
volto e rivolto fra le fiamme e il fumo.
Si figuri un pezzaccio di carne tutto
annerito che ancora fa sangue, condi-
to di cenere e fumo, duro come il le-
gno... ».
U secondo giorno comincia male.
Racconta sempre don Costamagna:
«Nell'atto in cui montai a cavallo fui
da questo, che era matto più di me,
sbalzato e buttato a terra. Mi offesi il
piede sinistro e dovetti prendere alle
buone il carro. Un maggiore mi volle
con sé sopra un calesse da campagna,
e mentre il viaggio dei miei compagni
durò otto giorni, il mio durò solo
quattro».
Ed ecco ciò che vide: «Pianure va-
stissime che non vogliono mai termi-
nare, senza mai incontrare non dirò
un albero, ma un arbusto o un virgulto
solo!» Era il temuto deserto del sud,
animato qua e là da fortini: « Fortini di
frontiera, fatti con zolle di terra, ar-
mati di un piccolo cannone».
Per sedili, cranli e mandibole. Arri-
varon o al Carhué, « stazione nel cuore
del deserto e linea di frontiera tra la
Repubblica di Argentina e le tribù de-
gli indios. E' situata sulla sponda di un
bellissimo lago di acqua salata. C'era
una fortezza di sola terra, una qua-
rantina di case, e i toldos di due tribù
semicivili ».
Don Costamagna subito si occupa
di loro: 1tFattomi dare un cavallo, in
quindici minuti mi vi portai. Appros-
simandomi, non mancai di sentire un
qualche batticuore... Come farò? Che
dirò? E come, non sapendo spiegarmi
in indio? Ma ecco venire incontro il
figlio del cacico, il quale sa parlare il
castigliano molto bene. Mi ricevette
cordialmente. e mi condusse da suo
padre. Anche il cacico mi accolse con
bontà, e mi disse che era suo vivo de-
siderio che tutti si istruissero nella re-
ligione e ricevessero il battesimo.
Laonde io riunU i ragazzi e cominciai
il catechismo.
«Tornai per una seconda lezione, e
il cacico volle che la si facesse sotto il
suo grande toldo. Trovai i sedili pre-
parati, e indovini un po' che sedili?
Cranii e mandibole di asini e cavalli.
Miseria, e quanta miseria, regna sotto
le pelli di queste tolderie... Mi posi al-
i'opera a tutt'uomo, e in breve toccai
con mano che anche questi poveri ra-
gazzi sono creature di Dio, anch'essi
sono come la cera, ch e riceve l'im-
pressione che le si dà. Che gioia udire
le loro risposte: « Vuoi farti cristia-
no?», «Sì, padre». «Perché?» «Tain
Pouay Wenumu: per andare in para-
diso!»
Ma ecco arrivano anche gli altri
missionari, e c'è lavoro per tutti: «TI
catechista Botta insegna le orazioni;
mons. Espinosa tenta di aggiustare i
matrimoni». I1 bilancio finale è posi-
tivo: «Amministrammo una cinquan-
tina di battesimi ai ragazzi indi, e una
venlina ai figli dei coloni. Dio volesse
che potessimo fermarci almeno un
mese tra questi neofiti! Ma nel Rio
Negro ci saranno altri indios da
istruLre e battezzare. Nel resto del
viaggio, che durerà certo più di un
mese, avremo tempo a pregare, e a
imparare i vocaboH della nuova lin-
gua... ».
Ma fa capolino la nostalgia. « Un
proverbio dice: lontano dagli occhi,
lontano dal cuore. Buon per me che
non è di fede. [I Fatto sta che quanto
più io mi allontano da Don Bosco,
tanto più sento viva in questo povero
mio cuore la s ua memoria. Oh, lasci
che il più lontano dei suoi figli dia
sfogo a ll'intimo affetto... ».
"Mangerò con i soldati". A fine
aprile si lascia Carh ué. E avanti oltre i
confini invisibili, nelle terre degli in-
dios, verso il Rfo Colorado e poi verso
il grande Rfo Negro. « Viaggiamo un
po' sul carro, un po' sul calesse, e ilpiù
a cavallo, camminando ora tra l'a-
vanguardia, ora tra la retroguardia.
Quantunque non possiamo celebrare
la messa che raramente, cerchiamo di
sostenerci con la santa meditazione. E
gli argomenti li troviamo ora nella va-
stità del deserto che ci parla dell'im-
mensità di Dio, ora nel tanto patire
che fanno questi poveri soldati per
guadagnare un'effimera gloria».
Ci sono difficoltà per tutti, e anche
fame. «A dipingere la fame ci vorreb-
be una pagina intera. Monna fame ci
accompagnò fedele su tutti i nostri
passi, e noi per chetarne i Latrati do-
vemmo darle a divorare ora carne di
cavallo, ora d i fiere, ora dell'altro
peggiore». I missionari sono messi a
dura prova: ,,Per dormire in terra,
mangiare carne di cavallo o di mulo,
'
Altra foto •torica: l'alta-
,.è prontoperla meHa
solenne dell'1 giugno
1879, e gli Indio• ar-
ruolati nell'ese,clto ar-
gentino provano anco-
ra una volta I canti per
la mesa.
26

3.7 Page 27

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LA CONQUISTA DEL DESERTO
++++++++ confìnidlstato
hnea for11tlcata A A • • A .& 4 •
movimenti di truppe • • • • • • • • • • · • •
itfnerarlo del mlsslonarl - - - - - •
territorr annessi nel 1878-79
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LA PATAGONIA DI ALLORA
La Patagonia. E' la vasta regione che si estende «dal Rio Colorado all'estre-
mità meridionale del continente, dalle Ande all'Atlantico, con l'appendice Insu-
lare della Terra del Fuoco•.
Ai tempi di Don Bosco era considerata « una delle terre più infelici e abbandonate
del mondo•. Era scarsamente conosciuta. Una carta geografica del 1862 portava
ancora indicazioni fantasie ,e come: «Regione inesplorata, Terre sconosciute,
Deserti del Sud percorsi solo dai selvaggi•.
Gli attuali confini sono stati fissati con il Cile, dopo una guerra, nel 1902.
I suol abitanti. Gli indios nel 1879 si contavano nella Patagonia settentrionale
a decine di migliaia, suddivisi in potenti tribù governate da cacichl. Abitavano In
capanne costruite con pelli (toldos) vivevano di caccia e pesca. Ma a quell'epoca
Il loro habitat naturale, almeno nel nord della Patagonia, era già scardinato e
disfatto.
Situazione politica. Gli lndios, cacciati dalle loro terre, si vendicavano facen-
do razzie e stragi di coloni. Imilitari, intervenendo ln difesa, avevano già compiuto
numerose spedizioni, risultate disastrose per le tribù. Villaggi distrutti, boschi
incendiati, prigionieri incorporati in modo coatto nell'esercito, le loro mogli e ifigli
distribuiti ai coloni come bottino di guerra.
Situazione rellglosa. Ancora nel 1880 il BS attingendo alle fonti dell'epoca
scriveva: « I missionari non poterono finora convertire gli abitanti; anzi la maggior
parte di loro dovette soccombere alla barbarie dei selvaggi, e vari furono ben
anco mangiati da quel cannibali». In realtà l cannibali erano frutto di fantasia.
Però nel 1879 risulta presente in tutta la Patagonia un solo sacerdote: un mis-
sionario lazzarista, parroco a Patagones. E intenzionato a rltirarsi, per scorag-
giamento, causa le difficoltà di clima, di comunicazione, di natura economica, di
rapporti con la popolazione.
La spedizione mllltare. Il gen. Roca scese In Patagonia con ottomila uomini
muniti di armi moderne, contro indios guerrieri armati di frecce e lance.
La campagna militare durò dal 1879 al 1881. Gli indios, decimati e sconfitti, si
ritireranno nelle valli delle Ande, e cesseranno da quel momento di essere forza
militare organizzata. Altri indios, catturati o dispersi, vivranno pacificamente tra i
conquistatori, ma in condizioni di pesante emarginazione.
bere acqua fangosa quando se ne tro-
va, non basta la vocazione. Ci vuole
anche una costituzione di ferro». Ma
ciò che sgomenta don Costamagna è il
trattamento che ricevono gli indios
incontrati dalle truppe: «Io non sono
uomo da apprezzare certi fatti, e certi
diritti che uomini sedicenti civilizzati
vorrebbero avere su altri che chiama-
no barbari. Ho paura di dire spropo-
siti, quindi acqua in bocca».
Per i missionari tutte le occasioni
sono buone, per scantonare dalla co-
lonna e mettersi a contatto con gli in-
dios. «Passammo nelle fortezze di
Puan e Fu.erte Argentino, e battez-
zammo un'ottantina di pargoletti non
ancora venuti all'uso dellaTagione». E
intanto si prendono cura di « frazioni
cli tribù indios, che per ordine del mi-
nistro Roca devono trasportare i loro
toldos a Choele Choel, sul Rfo Negro,
per formare su quei nuovi confinj un
popolo nuovo».
Si occupano anche dei soldati:
molti sono « buoni provinciali, che
sanno ancora sgranare il rosario con
la stessa mano con cui usano la spada,
e non hanno avuto la disgrazia di ci-
barsi del pane che si appresta da certe
cattedre di pestilenza». A preoccupa-
re don Costamagna sono invece gli
ufficiali, molti dei quali risultano «dal
cuore putrefatto, corrotto e corrutto-
re, che non sanno aprire bocca se non
per dire una qualche bestialità». Per
fortuna «non tutti i graduati sono
della stessa farina; tra essi v'erano dei
cuori ben fatti. Quel che faceva loro
impressione era vedere il disinteresse
con cui abbiamo intrapreso questa
nostra missione».
Un giorno don Costamagna alla
mensa ufficiaJi sente un linguaggio
troppo pesante, perde la pazienza e
sbotta come una fu.ria. Il gen. Roca
sorride: «Padre, sono dei militari!» E
Costamagna gelido: « Signor ministro,
la ringrazio delle sue cortesie. Ma d'o-
ra innanzi prenderò il rancio con i
soldati». E sarà di parola. Da quel
giorno gli ufficiali sono più delicati
alla sua presenza, ma lui si trova me-
glio con i soldati, che lo circondano di
rispetto, e per i quali nei momenti di
riposo suona l'armonium.
Il 10 maggio arrivano al Rio Colo-
rado, che risulta «poco più poco me-
no, grande come il nostro Po a Tori-
no». Sulla sponda del fiume celebra la
messa. "Erano due settimane che più
non ci veniva dato di trovarci in com-
pagnia con Gesù nel sacramento: si
immagini quindi la nostra consolazio-
ne». C'è anche modo di battezzare dei
bambini, e poi avanti verso il sospira-
to Rio Negro.
Proprio il 24 maggio. Ma prima de-
vono guadare il Rio Colorado: «Gua-
dammo come tutti gli altri. cioè ingi-
nocchiati su.I dorso del cavallo che
nuotava, e afferrandoci con ambe le
mani alla sella». Di nuovo il deserto:
« La terra che andavamo discoprendo
non offriva al nostro sguardo che or-
ride spine. Quando si scorgeva qual-
che albero d'alto fusto sulla sponda
del Rio, cercavamo con lo sguardo un
frutto, ma inutilmente. Solo ne tro-
vammo uno, carico di drappi, o me-
glio di cenci, che gli indios avevano
appesi come voti. Credevano quell'al-
bero sede degli spirili, che intendeva-
no placare o rendere propizi con
quelle offerte».
Ed ecco la malinconica riflessione;
« Come faremo noi, poveri missionari,
a persuadere questa povera genle che
il nostro èil vero Dio, mentre vedono e
odono alcun.i cristiani che di questo
Dio non parlano se non per disprez-
zarlo? Che il cielo ce la mandi buona,
mio caro Don Bosco!»
Don Costamagna ottiene di unirsi
all'avanguardia per giungere al più
presto sul fiume. «Camminammo per
lre giorni a cavallo, ed ecco la sera del
23 maggio sento dire che si è perduto il
sentiero... Mentre tutti lo cercano con
pena affannosa, io me ne stavo seduto
soletto, e principiavo a recitare i ve-
spri della solennità di Maria Ausilia-
trice». Come non pensare a Don Bo-
sco, all'Oratorio, alla festa che vi si
27

3.8 Page 28

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stava preparando? « Io invece mi tro-
vavo in un deserto, in compagnia di
soldati, e per sovrappiù avendo per-
duto il sentiero! Non potei resistere,
perdetti di vista il breviario, e gli occhi
mi si riempirono di lacrime. Ma mi
feci animo, pen sando che l'Ausiliatri-
ce era pur sempre la mia buona ma-
dre. E ben presto udii le voci: "Hemos
hallado el sendero: abbiamo trovato il
sentiero..."
«Al mattino del 24 maggio, alzan-
domi in sull'albeggiare, e scossa la
brina su quel che devo chiamare mio
letto, montai a cavallo in sullo spuntar
del sole. E or trottando or galoppando
per circa 40 miglia, giungevo a Choele
Choel. All'istante in cui il sole si na-
scondeva dietro le cordigliere, mette-
vo piede a terra sulla sponda del Rio
Negro, che è quanto dire sulle porte
della Patagonia... Mentre riposavo le
stanche membra, intonavo dal fondo
del mio cuore l'inno di grazie alla mia
cara madre Ausiliatrice. Questa ma-
dre, precisamente nel giorno della sua
festa, conduceva questo povero sale-
siano sul luogo della missione da tanti
anni sospirato. Quale dei salesiani
passò più allegramente questa festa?
lo senza dubbio... "·
Coraggio, Giacomino. Rinfrancato,
don Costamagna, il giorno dopo è fra
gli indios a fare il catechismo. Sono
prigionieri, privi di tutto. «Seminudi
erano alcuni, non avevano altro che
una pelliccia di agnello per coprirsi;
non avevano Loldos ma dormivano
ali'aperto senza alcun riparo. Pove-
retti!» E trova tempo di scrivere una
lettera a don Bodrato. «Non posso
dirle quel che abbiamo patiLo fino
adesso. La fame e la sete furono nostri
compagni fedelissimi in questo arri-
schiosissimo cammino. Sto catechiz-
zando alcune povere indiane, alle
quali furono uccisi il padrone, il padre
e il marito. Non è da meravigliare se
talvolta, armato della carità di Cristo,
grido contro questa civile barbarie».
E parla del suo cuore, «che talvolta
lacrima al trovarsi solo in questo ster-
minato deserto con lunghissime notti,
con gli urli di orribili fiere... ». E il suo
pensiero vola a Don Bosco. « Porto
sempre sul cuore il suo piccolo ritrat-
to, e non passa giorno che per ani-
marmi a questa ardua impresa io non
lo guardi. E guardandolo, mi pare di
leggere sul suo labbro ridente le paro-
le che nei tempi andati soleva dirmi:
" Coraggio, Giacomino! E sto vir!
Ma non c'era tempo al sentimenta-
lismo, anche per un sentimentalone
come don Costamagna. Qualche gior-
no più tardi arriva il grosso dell'eser-
cito col gen. Roca, e gli altri missiona-
ri. Benvenuti, c'è tanto catechismo da
fare. Don Costamagna descrive con
gergo militaresco: «Ci unimmo allora,
28
ALCUNI PROTAGONISTI
Gen. Jullo Roca (Tucum{m 1843 - Buenos Aires 1914). MIiitare e uomo di
governo. Organizzatore dell'esercito, nel 1879 era Vicepresidente della Repub-
blica e Ministro della guerra. La campagna vittoriosa gli meritò il titolo di «con-
quistatore del deserto». Fu poi per due volte Presidente della Repubblica.
Mons. Antonio Esplnosa. Vicario generale dell'Arcidiocesi di Buenos Aires
(poi Arcivescovo). Tempra di apostolo, aveva già accompagnato nel '78 I sale-
siani durante la loro prima (fallita) spedizione via mare per raggiungere la Pata-
gonia.
Don Giacomo Costamagna. (Carmagnola, Cuneo 1846- Bernal 1921). A 12
anni era allievo dell'Oratorio, e non lascerà più Don Bosco. Capo della terza
spedizione missionaria (1877). Nel '78 tenta via mare l'arrivo In Patagonia: una
tempesta lo costringe a tornare indietro. Dopo la spedizione del ' 79, è fatto
superiore dei salesiani in America. Nel 1882 fonda il primo BS del continente. Poi
inizia l'opera salesiana in Cile e viene nominato Vicario apostolico di Mendez. Ha
lasciato molte pubblicazioni ascetiche.
Chierico Luigi Botta (Maccio, Como 1855 - Buenos Aires 1927). Emigrato da
ragazzo in Argentina, fu tra I primi allievi salesiani di Buenos Aires, e tra i primi
novizi salesiani. Tre mesi dopo la professione religiosa, accompagna don Costa-
magna nella spedizione del 1879. Sarà sacerdote, e a lungo direttore di opere
salesiane anche In terra di missione.
LE DATE DELLA SPEDIZIONE MISSIONARIA
16 aprile 1879.
26 aprile.
1 maggio.
10 maggio.
24 maggio.
1 giugno.
5 giugno.
13 giugno.
4 luglio.
9 luglio.
Aprile 1881.
Partenza da Buenos Aires.
Le truppe e i missionari si concentrano a Carhuè.
La spedizione giunge a Fuerte Argentino.
Arrivo al Rio Colorado.
Arrivo al Rio Negro (Choele Choel).
Messa sul Rio Negro, Te Deum, gruppo fotografico.
Partenza da Choele Choel.
Arrivo a Patagones (19-29 giugno: predica delle missioni).
Partenza da Patagones con la corazzata «Los Andes».
Rientro trionfale a Buenos Aires, col gen. Roca.
Fine de lla spedizione militare.
Nella foto l'Impari confronto fra due mondi destinati uno a prevalere e l'altro a scomparire: I
coloni bianchi organluall e armati, e gll lndlos primitivi e Inermi.
per far fuoco su tutta la linea. Scuola
ai molti adulti, scuola alle"donne indie,
scuola ai soldati. E tutto questo molte
volte al giorno, perché La colonna mi-
litare stava per muoversi.
Ma le teste degli indios risultarono
piuttosto dure. «Dopo tre o quattro
giorni di spiegazioni sui misteri prin-
cipali, alla domanda per esempio " chi
è il Padre Eterno?" le rispondono che
è l'inferno! Con pazienza un centinaio
di indios sono preparati al bauesimo,
e anche i soldati migliori fanno la co-
munione pasquale nella nostra gran
basilica, che è una povera tenda».
Il gen. Roca è soddisfatto dell'an-
damento della campagna: i cacichi
sono stati sconfitti e volgono in ritira-
ta su tutti i fronti. L'1 giugno [a cele-
brare messa al campo e cantare il Te
Deum di ringraziamento. Fa i gruppi
fotografici per documentare la storica
conquista. E a sera invia un dispaccio
al presidente della Repubblica. Gli
spiega che il Te Deum è per «ringra-
ziare il Signore degli eserciti». Lo as-
sicma che «lo spettacolo riuscì impo-
nente», che tutti furono comp1·esi da
religioso contegno e sacro raccogli-
mento. In nessun luogo uno si sente
più vicino a Dio che nel deserto». So-
prattutto se ha appena compiuto una
strage di indios. Poi informa che ha
inviato «una nota al cacico Reuquc-
curà», e che «se resiste lo considera
come nemico di guena». Quante cose

3.9 Page 29

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sono compossibili nella facile Leologia
di un generale.
Don Costamagna più Lardi invierà le
foto storiche a Torino, felice che Don
Bosco possa vederlo « in mezzo agli
indios di ogni specie, seduti in terra,
che è il loro sedile ordinario».
Un exallievo di Lanzo. E la marcia
riprende. Militari e missionari scendo-
no lungo il Rfo Negro verso la foce.
Arrivano a Conesa, colonia sorta da
poco, con ottocenlo indios, diretta da
un galantuomo di nome Amonìo Re-
calde: «Ci supplicò che, lasciato il
convoglio dei carri, ci fermassimo aJ-
cun tempo a battezzare e a dire la pri-
ma messa nella sua nuovissima colo-
nia. Lo accontentammo... Battezzam-
mo 50 ragazzini e promettemmo di
tornare al più presto. Egli mise a no-
stra disposizione i suoi 14 cavalli, di
modo che volammo... ». Altra colonia
(un migliaio di abitanti), si chiama
Guardia Mitre, c'era ~da battezzare e
da istruire, da far cessare scandali e
benedire matrimoni. Promettemmo
che saremmo tornati, rimontammo
sui nostri briosi cavalli, e sette ore do-
po eravamo giunti a Patagones». A
occhio e croce, avevamo percorso a
cavaJlo o in carretto militare qualcosa
come J.200 miglia.
Patagones con i suoi quasi 4.000
abitanti è la località più importante: è
sull'Atlantico, parte di qua e pane dì
del fiume. « Vedemmo di nuovo co-
me sono fatte le case, non avendo ve-
duto per l'addietro che capanne».
E c'è il parroco, padre Paolo Emilio
Savino, che attende di essere sostìLui-
Lo. E c'è... la sorpresa è davvero gran-
de: «il sacrestano, Antonio Calamaro,
che è nostro exallievo del collegio di
Lanzo. Io non lo conoscevo più, a
causa della sua gran barba rossa».
La piccola epopea continua. Ven-
gono predicate per una decina di
giorni le «sante missioni» alla popo-
lazione, che però li delude con la sua
indifferenza. Fra l'altro, c'è a Patago-
nes un pasLOre protestante, fiancheg-
giato dalmedico, che confonde le idee
alla gente. Ma, «o carissimo Don Bo-
sco, avrà ben argomentato la messe
abbondante che ci sta preparata sulle
due sponde del Rfo Negro, per lo spa-
zio di migliaia di miglia. Come sareb-
be provvidenziale per questi poveretti
se noi salesiani avessimo una "casa
delle missioni" qui in Patagones!
I veri eroi. Nei suoi giri di ricogni-
zione don Costamagna visita la prima
fortezza costruita a Patagones, ora
abbandonata, e si dice: questa an-
drebbe bene per noi. Un giorno la
chiederà e l'otterrà. Il 30 giugno giun-
ge il gen. Roca, e dal mare .la corazzata
«Los Andes». E' venuta a prenderli, è
tempo di tornare. Mentre la guerra
continua da altre parti, il generale
rienlra e con lui i missionrui. Hanno
visLo abbastanza, hanno fatto i piani
per il futuro.
Il 9 luglio la corazzata approda nel
porto di Buenos Aires, e li sbarca fra le
salve dell'artiglieria, il suono a distesa
delle campane e gli applausi della
gente che è acco1·sa.
Una curiosa appendice alla spedi-
zione militare è la distribuzione delle
terre: il governo, anche per favorire la
colonizzazione, concede a quelli che
hanno partecipato alla spedizione un
adeguato compenso in terre. I missio-
nari però non chiedono nulla. «Ci sia-
mo mossi per guadagnare anime, non
per conquistare te1Te-», spiega don
Costamagna.
Intanto l"Arcivescovo Aneiros scri-
ve a Don Bosco:«E' giunta finalmente
l'ora in cui posso offrirle le missioni
della Patagonia. Io la scongiuro a ve-
nire pronta.mente in nostro aiuto, per
salvare tante anime abbandonate».
Don Bosco sul BS, nella Lettera ai
Cooperatori del gennaio 1880, scrive:
«JI campo più glorioso che in questo
momento la Divina Provvidenza pre-
senta alla vostra carità è la Patagonia.
In queste ultime regioni del globo, fi-
nora non poterono penet1·are gli ope-
rai del Vangelo. Ora pare che sia
giunto il tempo di mise.-ico1·dia per
quei selvaggi. L'Arcivescovo di Bue-
nos Aires ci invita formalmente a
prenderci cw·a dei patagoni, e io pieno
di fiducia in Dio e nella vostra ca1ità
ho accettato».
All'inizio del 1880 a Patagones ven-
gono aperti due collegi per i bambini e
le bambine degli indios, e a reggerli
sono i Salesiani e le Figlie di Maria
Ausiliatrice. La notizia fa scalpore a
Buenos Aires. Il giornale« America del
sud» intitola « I veri eroi del deserto»,
e spiega: «Noi non intendiamo con
questo titolo così glorioso inneggiare a
quelli che con le armi nella mano pe-
netrarono nel deserto e lo conquista-
rono con la morte e con l'esilio delle
infelici tribù selvagge. Questo illustre
titolo crediamo che convenga con più
ragione ai missionari che con le sole
armi del crocifisso e del brèviario pe-
netrarono nel deserto per la incruenta
vittoria della religione».
Ciò che stupisce di più il cronista, è
la presenza delle suore: «E' la prima
volta dacché il mondo esiste, che si
vedono suore in quelle remote terre
australi, con le loro dolci maniere e
con la loro carità proverbiale... ».
E' cominciata così l'avventura mis-
sionaria in Patagonia. E insieme, l'im-
pari lotta dei missionari, schierali
contro nessuno ma dalla parte degli
indios, nel disperato tentativo di pre-
servarne l'ormai precaria esistenza
FERRUCCfO VOGLJNO
BS risponde
IL GIOVANE PALMIRO
INSEGNANTE... SALESIANO?
Caro BS, un mio .amico» marxista mi
ha passato alcune pagine fotocopiate
di un libro in cui si parla di Palmiro
Togliatti e I salesiani. Si tratta dell'o-
pera di Giorgio Bocca, « Palmiro To-
gliatti •, Ed. Laterza 1973.
A pagina 5 l'autore parla del cattoli-
cesimo salesiano della famiglia To-
gliatti. Riporta anzitutto queste parole
di Palmiro: « Il clima familiare in cui vi-
vevo non era bigotto, anche se molto
religioso. Per abitudine si andava a
messa tutte le domeniche, ma non
sentì! mal li problema reHgloso con
troppa intensità•· E subito Giorgio
Bocca aggiunge: «La famiglia è reli-
giosa per tradizione; si può precisare
che il suo cattolicesimo è di tipo parti-
colare, salesiano, aperto a quegli inte-
ressi che hanno smosso qualcosa an-
che nella Torino clericale. E' suora
salesiana una sorella di Antonio (il pa-
dre, quindi una zia di Palmiro. ndr.), il
quale da ragazzo ha conosciuto Don
Bosco e spesso racconta ai figli di co-
me guardava, di come sorrideva. di
quel suo magnetismo. I Togliatti non
sono bigotti, ma il mondo cattolico io
conoscono bene, ne sono segnati.
Questa sì che conterà sempre, nel fi-
glio politico».
A pag. 36-37, l'autore aggiunge un
altro particolare curioso: Palmiro, ne-
gli anni subito dopo la prima guerra
mondiale, sarebbe Insegnante nel col-
legio salesiano. In realtà lavorava già
nella redazione dell'Avanti, ma «per
arrotondare lo stipendio Palmiro -
corsi e ricorsi familiari - si è messo a
insegnare nell'istituto salesiano di Don
Ricaldone•. Però non risulta molto
sollecito, come insegnante: « Certe
mattine devono spedire il bidello a ti-
rarlo giù dal letto, se ha fatto troppo
tardi al giornale o al partito•.
Caro BS: è una vicenda piuttosto
strana, non credi?
G.N. - Palermo
Vicenda strana, e che ha bisogno di
qualche precisazione. Consta la reli-
giosità della tam/glia Togliatti (la
mamma era di messa quotidiana).
Consta la presenza nelle file delle FMA
d'una suor Caterina Togliatti, nata a
Coassolo Torinese (paese d'origine
dei Togliatti) il 23.4.1871, e morta a
Torino il 17.6.1892, a soli 21 anni, ap-
pena due mesi dopo la professione
religiosa.
E' invece del tutto da escludere che
Palmiro Togliatti abbia Insegnato in un
istituto salesiano. Forse l'autore è ca-
duto in un equivoco: quel che lui chia-
ma istituto salesiano di don Ricaldo-
ne » In realtà doveva essere l'« Istituto
Rlca/done», una scuola privata non
salesiana. (Per completezza, si può
aggiungere che essa prendeva Il nome
dal suo fondatore, parente di quel don
Pietro Rlcaldone che dal 1932 sarà
Rettor Maggiore salesiano).
29

3.10 Page 30

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Dal mondo salesiano
ITALIA * I GIOVANI
* ITALIA LA SICILIA SALESIANA
SCEGLIEREBBERO I SALESIANI?
PREPARA IL SUO CENTENARIO
E' questa la conclusione che viene sug-
gerita da un' indagine svolta dal noto stu-
dioso di sociologia teligiosa Silvano Bur-
galassi (l'indagine è apparsa sul numero
di gennaio 1979 de La rivista del Clero
italiano ») .
A un campione di 7.500 persone, Inter-
vistate negli anni 1974-76, lo studioso ha
posto fra le altre questa precisa domanda:
A quale ordine religioso va la sua prefe-
renza ideale?• Le risposte sono state
molto diverse, secondo che si trattasse di
anziani, adulti o giovani. Tra gli anziani,
solo il 9% preferiscono i Salesiani, mentre
il 34% è favorevole ai Cappuccini, Il 20% al
Domenicani, il 16% al Gesuiti, 1'11% ai
Carmelitani. Tra gli adulti, ancora 24 su
cento preferiscono i Cappuccini, mentre
1'11% va sia ai Salesiani che al Domenicani
e ai Gesuiti. Invece, tra i giovani, 27 su
cento preferiscono I Salesiani, 17% scel-
gono i Cappuccini, 12% i Domenicani e 9%
I Gesuiti.
Se le cose stanno cosl, Don Bosco ora
attende che i giovani dimostrino davvero
la loro preferenza... entrando nelle file dei
suoi figli.
* GERMANIA DISTRUTTO DAL FUOCO
IL CHIOSTRO DI BENEDIKTBEUERN
Un violento incendio la notte del 9 mar-
zo scorso ha completamente distrutto
l'antico chiostro del monastero benedetti-
no di Benediktbeuern, che dal 1930 è casa
salesiana. Non si sono lamentati danni alle
persone, ma quelli materiali vengono fatti
risalire a quasi 5 milioni di marchi, oltre 2
miliardi di lire. Il chiostro monumentale era
stato costruito nel 732, e aveva un valore
storico e artistico inestimabile. E' stata in-
vece salvata per intero la biblioteca del
monastero, anch'essa un tesoro d'artè è
cultura.
L'Incendio si è sprigionato nel cantiere
attiguo al chiostro, dov'era in costruzione
un albergo della gioventù: a causare il di-
sastro sarebbero stati alcuni strumenti di
saldatura lasciati inavvertitamente accesi
dagli operai del cantiere. Le fiamme di si
sono propagate al chiostro con grande
rapidità, e l'opera di 150 vigili del fuoco
accorsi non è valsa a salvarlo.
La sciagura viene a frenare l'impulso di
quest'opera importante per la presenza
salesiana in Germania. A Benediktbeuern
si trova infatti il • Centro studi di teologia,
filosofia e pedagogia• affiancato all'UPS;
Inoltre la parrocchia; e da alcuni anni un
attivissimo .centro di pastorale giovani-
le ». L'albergo della gioventù che doveva
potenziare quest'ultima iniziativa, sarebbe
stato inaugurato 1'1.6.1979.
Nell'ottobre 1879 Don Bosco mandava I
suol salesiani in Sicilia (la prima casa ve-
niva aperta a Randazzo in provincia di
Catania), e l'opera salesiana si è subito
dilatata. Oggi la Sicilia conta un' ispettorla
salesiana, due ispettorie delle FMA, sei
gruppi di VDB, 66 centri Cooperatori e 23
unioni Exallievi tenuti dai salesiani, senza
contare I centri e le unioni delle FMA.
Questa fioritura meritava una commemo-
razione, e la famìglla salesiana di Sicilia la
sta preparando.
Ma, ha precisato l'Ispettore don Arturo
Morlupi, non si tratterà di «celebrazioni
enfatiche o nostalgiche» , bensì «per un
rilancio della vocazione salesiana •. C'è
infatti da riscoprire il Don Bosco più inti-
mo e più vero , perché «da una sua co-
noscenza più approfondita si muoverà
* PERU' IL GIORNO CHE IL RE
DIVENNE IL LORO PADRINO
E' accaduto a Cuzco, il 25 novembre
scorso, e i ragazzi del centro educativo
salesiano stentano ancora a credere
che sia accaduto davvero. Il re e la regi-
na di Spagna hanno accettato di andarli
a trovare, e Il re di divenire «padrino
d'onore per gli alunni dell'ultimo corso
che si preparavano agli esami finali.
Juan Pablo I e la regina Sofia erano In
visita utticiale nel Perù, e ì licenziandi
della scuola secondaria sapendo che
sarebbero passati per Cuzco in visita
turistica alla Valle sacra degli lncas,
scrissero al re. Sicuri che la richiesta si
sarebbe fatalmente smarrita nei meandri
dei canali diplomatici. E invece Il re ri-
cevette la lettera e accettò l'Invito.
Nel grande cortile fu allestito un pic-
colo palco, e sopra furono collocate le
due poltrone più istoriate del collegio.
Da una nicchia del muro, Maria Ausilia-
trice guardava la scena e sorrideva.
Il direttore porse per primo Il saluto:
• A dire il vero i nostri ragazzi non cre-
devano possibile che le loro maestà ac-
cettassero l'Invito. Ora sentono un Im-
pegno di viva gratitudine, sentono che
"noblesse oblige": andranno a gara
nella riuscita degli studi, nel rendersi
capaci di servizio, e nell'acquisto di
convinzioni cristiane che siano degne
del loro padrino reale ».
Poi la mamma di un allievo offrì un
mazzo di fiorì alla regina Sofia, e il capo
dei padri di famiglia offrì al re una per-
gamena. Il massimo di solennità si ebbe
quando un allievo portò al re un poncho
(e Il re subito lo Indossò), e poi gli con-
segnò il chullo, segno del potere degli
spontaneamente - per un naturale pro-
cesso non soltanto logico - al desiderio
di Imitazione e al proposito di fedeltà».
Così sarà possibile • reincarnare la voca-
zione salesiana nel tessuto socio-cultura-
le della Sicilia di oggi• .
L'Ispettore ha costituito una ..commis-
sione centrale per il centenario•, ha scelto
il tema di studio: « Incidenza della spiri-
tualità salesiana nel corso di un secolo: da
un passato glorioso a un futuro ricco di
speranza» . La Commissione sì è articolata
in cinque sottocommissioni, che si sono
già messe al lavoro:
la sottocommissione per la gioventù
propone alcune pubblicazioni per i ragaz-
zi e un • incontro della gioventù salesia-
na»·
q~ella per /e missioni pensa a un censi-
mento dei salesiani siculi in missione;
programma giornate missionarie, un ra-
duno dei parenti dei missionari salesiani.
una mostra itinerante, convegni, Il gemel-
laggio dell'lspettoria con una missione
dell'Africa;
quella per la Famiglia Salesiana sugge-
risce una • tre giorni della FS • a livello
ispettoriale, e singole giornate a livello lo-
cale;
I ,ovranl di Spagna posano con I ragazzi del
collegio salesiano di Cuzco.
antichi re lncas. Dopo un canto a Don
Bosco, anche Juan Pablo I prese la pa-
rola, ringraziò a sua volta, e concluse:
«Ci porteremo ne! cuore !a vostra ami-
cizia, e la certezza che una volta o l'altra
ci incontreremo ancora: o verrete voi In
Spagna, o noi torneremo qui. E allora
potrete dirmi: "Come stai, padrino?",.
Sul punto di partire, Juan Pablo I con-
fidò in tutta semplicità al direttore della
casa salesiana: «Sono cose che com-
muovono». Si sarà forse ricordato che
tanti anni fa, nella sua adolescenza, an-
che lui ebbe tra i suoi precettori un figlio
di Don Bosco?
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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quella per la catechesi propone una
settimana catechistica e una .tre giorni
sul sistema preventivo. da ripetersi In tre
località diverse;
la sottocommissione per la ricerca sto-
rica si sta occupando di un numero unico
commemorativo, pensa a un documenta-
rio filmato sui Salesiani in Sicilia, provve-
derà a elaborare materiale informativo per
quanti dovranno tenere conferenze e ma-
nifestazioni.
La manifestazione di apertura dovrebbe
aver luogo a fine maggio o giugno 1979 a
Catania o Palermo; quella di chiusura nel
maggio 1980 a Randazzo. E fra le due date
tutte le altre manifestazioni.
* ARGENTINA E LE COOPERATRICI
GESTISCONO LA SCUOLA
A Coronel Pringles, presso Bahfa Bian-
ca, un Centro di Cooperatrici salesiane ha
rilevato una scuola privata elementare e
media in gravi difficoltà, e dall'inizio del-
l'anno scolastico la gestisce con lo spirito
e ìl metodo di Don Bosco.
Le protagoniste sono un gruppo di
exallieve che avevano frequentato la
scuola delle FMA a Bahia Bianca, e che da
qualche anno avevano dato vita nella loro
città a un Intraprendente centro di Coo-
peratrici salesiane. Nella stessa città'c·era
una scuola cattolica gestita da suore di
una congregazione religiosa, che per
contrasti sorti con le autorità dovettero
abbandonare l'opera. La scuola correva il
rischio di chiudere, o come minimo - una
volta passata in altre mani - di non im-
partire più un Insegnamento ispirato al
Vangelo. Fu allora che le Cooperatrici ot-
tennero dal Governo il loro riconoscimen-
to come personalità giuridica, e presero
su di sé la responsabilità di gestire la
scuola. In questi mesi in Argentina è ini-
ziato ìl nuovo anno scolastico, e le Coo-
peratrici si impegnano di persona perché
l'insegnamento venga realizzato secondo
Il Vangelo e il metodo salesiano.
Quanto accade a Corone! Pringles sta a
Indicare che Il carisma di Don Bosco può
essere rivissuto dai laici della Famiglia
Salesiana anche in forma autonoma,
quando essi sappiano maturarsi e re-
sponsabilizzarsi davanti alla società
BREVISSIME_ _ _ _ _ __
" " Don Bosco» In edizione ragazzi. Il
libro Don Bosco, una biografia nuova• di
Teresio Bosco, pubblicato dalla LDC nel
gennaio scorso, ha esaurito In un mese la
prima edizione (1 O mila copie), e si avvia a
esaurire la seconda; per questa estate è
prevista la terza. Non solo, ma il grosso
volume (448 pagine, lire 4.500), sarà pre-
sto affiancato da una riduzione per I ra-
gazzi. E' un fratellino minore, di 200 pagi-
ne circa, e dal costo accessibile alle ta-
sche dei suoi destinatari: lire 2.000.
* San Francesco di Sales continua a
essere studiato, com'è logico, dal salesia-
ni. Armando Pedrini ha pubblicato in
questi giorni •L'azione dello Spirito Santo
nel Cristo e nel suo Corpo mistico secon-
do il pensiero di san Francesco di Sa/es».
Il volume (72 pagine) prospetta una minu-
* ETIOPIA APERTA
LA SCUOLA PROFESSIONALE
Il 31 gennaio scorso, festa di Don Bo-
sco, /a comunità salesiana di Makallé ha
aperto la scuola professionale. Anche se
gll inizi sono modestissimi (15 i primi
alunni), /'avvenimento è stato sottoli-
neato dalle autorità e dalla popolazione
con un plebiscito di consensi, che fanno
sperare per il futuro. Scrive il direttore di
Makallé, il salesiano delle Filippine pa-
dre Edgardo Espiritu.
E' stato un passo piccolo ma provvi-
denziale: abbiamo aperto la primissima
scuola tecnica della Chiesa, in tutta l'A-
frica nord orientale. La festa dell'aper-
tura è stata molto bella per la partecipa-
zione del popolo e delle autorità. Era
anche la prima volta che i cattolici osa-
vano esporsi In pubblico. Erano presenti
le autorità regionali e della provincia,
anche I musulmani e gli ortodossi (cosa
impensabile solo tre o quattro anni fa).
Il Direttore generale delle scuole del
Tigray ha sottolineato con parole lusin-
ghiere l'importanza della scuola. Ha
detto: Essa viene aperta nel momento
più opportuno della storia della nostra
nazione, e sul piano dello sviluppo del
paese avrà un ruolo preciso e rilevante.
Voi avete manifestato Il vostro amore
verso l'Etiopia non con le parole, ma con
i fatti. Il governo e la popolazione è con
voi, e vi aiuteremo più che potremo. Ma
non possiamo essere contenti di una
sola scuola; a voi missionari della Chiesa
cattolica diciamo: occorrerebbe una
scuola come questa in ogni provincia
dell'Etiopia,..
Era presente alla cerimonia anche
l'Abuna Yohannes, arcivescovo della
Chiesa ortodossa, che aveva seguito da
vicino tutti i passi compiuti per la realiz-
zazione della scuola. Nel suo discorso
ha detto: «Qualunque tipo di lavoro
compiuto per li bene dell'uomo, viene da
Dio. Questa scuola è un dono di Dio per
il popolo del Tigray, voi siete un dono di
Dio per l'Etiopia•.
Adesso ci attende un lavoro serio e
Impegnativo: in settembre contiamo di
partire il laboratorio di meccanica, poi di
accrescere man mano il numero degli
alunni. Ma entro quest'anno vorremmo
pure cominciare quel che per noi è Il
progetto degli progetti: la fondazione del
seminario salesiano. Don Bosco ci aiu-
terà. In un suo «sogno missionario» vide
una linea tracciata da Pechino fin al
centro dell'Africa, una linea che ci pare
debba passare proprio da queste nostre
parti.
Intanto sento il bisogno di cantare il
«magnificat della nostra comunità»: Il
nostro cuore esulta nel Signore perché
ha fatto meraviglie in mezzo a noi.
Il momento delle llffflé iUll'albo del Vltllalorl
Illustri (da slnletra: l'abuna Yohannes, Il ve-
scovo salesiano mons. Workù, e Il direttore
salesiano padre Esplrltu).
ziosa analisi - condotta sull'edizione cri-
tica delle Oeuvres d 'Annecy- intorno al-
l'influsso dello Spirito Santo nel Cristo e
nella Chiesa, secondo Il pensiero di San
Francesco di Sales. E' una parte quindi del
vasto argomento riguardante l'azione del-
lo Spirito Santo nell'anima. li libretto con-
tiene una novità certo gradita agli studiosi:
una biografia specifica comprendente
l'arco degli ultimi 25.
* Chioggia ha dedicalo a Don Bosco la
via in cui sorge l'opera salesiana: Calle
Chiereghin si chiama d'ora innanzi Calle
Don Bosco. E' stato deciso dal Consiglio
comunale nell'ultima seduta del 1978, an-
che per commemorare l'ottantesimo della
presenza salesiana nella cittadina veneta.
Il Consigliere comunale che ha avanzato
la proposta, rag. Giorgio Aldrlghetti, ha
scritto nella relazione di accompagna-
mento: ~ Possiamo affermare senza tema
di smentita che tutta la nostra città è pas-
sata per l'oratorio salesiano, chi per la
frequenza della scuola di banda, chi per la
partecipazione agli esploratori cattolici,
chi per l'adesione ad altre associazioni e
sodalizi; insomma tutti hanno frequentato i
salesiani, ottenendone in cambio forma-
zione morale, civica e spirituale».
31

4.2 Page 32

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Ringraziano
i nostri santi
Il sig. Olivero (Torino) ha pregato con
fervore Maria Auslllalrlce e Don Bosco
per il papà, ridotto in condizioni disperate,
nonostante un riuscito intervento chirur-
gico. Il papà è guarito. e ora il figlio espri-
me con lui la sua viva gratitudine.
PROPRIO IL 24 MAGGIO
Il figlio di un'ottima
nostra exallieva fu ri-
dotto quasi in fin di
vita da un disastroso
incidente stradale.
Proprio il 24 maggio
tu sottoposto a un
delicatissimo inter-
vento chirurgico, la
cui riuscita era molto
incerta per lo stato
generale del ferito. In
seguito all'atto operatorio sopravvenne
una seria complicazione renale e sintomi
di peritonite. Non sopportava nemmeno
l'alimentazione artificiale, e i medici di-
speravano di poterlo salvare. La mamma,
donna di fede profonda, cominciò insieme
ai figli e ai nipoti una fervorosa novena a
Maria Ausiliatrice, e compì un devoto pel-
legrinaggio al santuario di Sabaneta. Eb-
bene, il ferito ottenne una guarigione
completa, con grande sorpresa dei medici
curanti, che dovettero riconoscere un in-
tervento soprannaturale.
Medellfn (Colombia)
Suor Ame/la Colombini FMA
UNA SERIE DI GRAZIE
li sottoscritto. nato nel lontano 1914,
desidera elencare alcune delle numerose
grazie ricevute nel corso della sua vita per
intercessione di Maria Auslllatrlce, alla
quale è profondamente devoto. Ho parte-
cipato alla seconda guerra mondiale sul
fronte albanese, fui catturato dai tedeschi,
e ho trascorso due anni come prigioniero,
in Polonia e in Germania, ove ho cono-
sciuto il salesiano don Luigi Pasa, alla cui
memoria mi Inchino riverente con devoto
affetto. Finita la guerra, potei sposarmi, e
ho avuto la gioia di tre figi!, oggi tutti si-
stemati. Lo scorso mese di agosto, dopo
lunghe ricerche ed esami, mia moglie fu
sottoposta a un delicato intervento chi-
rurgico: un ritardo di sole 24 ore avrebbe
avuto conseguenze fatali. Nello stesso
mese la mia casa è stata visitata dai ladri.
Era la sera del 24: per grazia della Ma-
donna, I danni sono stati abbastanza limi-
tati, e io perdono di cuore quelle mani
troppo audaci.
Roma
Mario Antonelli
Bruna Leoni (Breganze, Vicenza) ha
tanto pregato l'Ausiliatrice per la promo-
zione del figlio, da cui dipendeva moltissi-
mo la serenità della famiglia. Ora rende
pubbliche grazie per essere stata esaudi-
ta.
Luigi e Vincenzina Rino/ti (Borgovercel-
li) ringraziano Maria Ausiliatrice, San
Giovanni Bosco e san Domenico Savio
per la nascita del nipotino, e per la sua
guarigione dalle complicazioni che erano
sorte dopo il difficile parto.
32
COLEI CHE LE SUORE
Ml AVEVANO INSEGNATO AD AMARE
Mio marito era affetto da un terribile
male agli occhi, che col passare del tempo
diventava sempre più grave e preoccu-
pante. Anche il primario della Clinica di
Melbourne sentenziò che si trattava di un
male inguaribile. Eravamo quasi disperati!
Ma io non potevo dimenticare che un
tempo le Suore Salesiane mi avevano In-
segnato ad amare una Madre potentissi-
ma sotto il titolo di Auslllatrlce. E fu a Lei
che mi rivolsi con piena e totale fiducia.
Non restai delusa: mio marito migliorò di
giorno in giorno. e ora i suoi occhi sono
tornati normali, con grande compiaci-
mento dello stesso specialista.
Melbourne (Australia)
Giuseppina Novello Rizzo
UDII CON GIOIA IL PIANTO
Delle molte grazie concessemi da Maria
Ausiliatrice prego che ml vengano pub-
blicate le due più gradi. Dopo una buona
gravidanza, quando venne il momento del
parto i medici ritennero che non sarebbe
riuscito se non con il taglio cesareo. Si
preparava già l'anestesia, quando in una
suprema invocazione alla Madonna il pic-
colo nacque in modo naturale.
Otto mesi dopo, questa mia cara crea-
tura cadde a terra con la testa ìn giù, e
restò immobile. Mi chinai su di lui con lo
spavento che fosse morto, e invocai Maria
Ausiliatrice. Appena lo presi in braccio,
udii con gioia Il suo pianto. Se la cavò con
un graffio, e alcune iniezioni che i medici
mi consigliarono per prudenza. Ora conti-
nuo a pregare la Vergine per altre grazie di
cui ho tanto bisogno.
Messina
Concetta Longo
SCRIVE UNA GIOVANE RAGAZZA
Mì chiamo Grazia.
Ho fiducia e credo
nei Santi Salesiani,
anche se finora non
ho ricevuto la sola
grazia che tanto ml
sta a cuore. C'è
qualcosa in me, indi-
pendente dalla vo-
lontà, che mi spinge
a credere In Maria
Ausllìatrlce, Don Bo-
sco e nei Santi Salesiani, che invoco ar-
dentemente. Chiedo le preghiere di tutta la
Famiglia Salesiana. A proposito, Il 1979 è
l'anno del fanciullo. Penso che Don Bosco
sorrida dal Cielo. Ma saprà la comunità
umana dare a tanti fanciulli l'assistenza e
soprattutto l'amore di cui hanno tanto bi-
sogno?
Gela (Caltanisseta)
Grazia Tabone
B.M.O. (Bra, Cuneo) ringrazia san Gio-
vanni Bosco per la promozione di Silvia e
Fulvio, e Il affida alla sua protezione per
tutta la vita.
C.M.S. (Sondrio) ringrazia San Giovanni
Bosco per la guarigione ottenuta, e offre
in segno di riconoscenza una b0rsa di
studio.
GLJ ANTICORPI MINACCIAVANO
LA VITA DEL NASCITURO
Dopo tre parti feli-
cissimi, a circa dieci
anni di distanza dalla
nascita della terza fi-
glia, mi trovai nuova-
mente in attesa. Se-
nonché le analisi del
sangue rivelarono la
presenza di anticorpi
che minacciavano la
vita del nascituro. In-
fatti, incombeva Il
grave pericolo della malattia emolitica. Il
18 ottobre ero già pronta per subire l'in-
tervento cesareo, quando, poche ore pri-
ma del mio turno, davo alla luce una bella
bambina In modo normale, e secondo me
miracoloso. La neonata venne subito sot-
toposta alla trasfusione del sangue, e en-
tro le 48 ore veniva dichiarata fuori peri-
colo. Avevamo pregato tanto San Dome-
nico Savio: siamo certi che ci ha aiutati a
superare nel modo migliore quei dramma-
tici momenti.
Piazza Armerina (Enna)
Jole Tigano Chiarenza
Giuseppina Bianco (Asti) scrive con
tanta gioia: Dopo 12 anni di matrimonio
felice mancava ancora la gioia di un bam-
bino. Mi sono messa con tanta fiducia a
pregare il piccolo Santo delle culle, e il mio
sogno è stato esaudito con la nascita di
una bella e vispa bambina •.
G.F. (Torino) ringrazia san Domenico
Savio per il felice esito di un difficile inter-
vento.
Aria/do Gilardi (Como) scrive: • L'11
febbraio 1977 mia nuora dava alla luce il
suo primo figlio dopo soli 6 mesi di gesta-
zione. Le condizioni del neonato si rivela-
rono subito gravissime, nonostante il pro-
digarsi del personale medico con le mo-
derne attrezzature oggi a disposizione.
Pregai fervidamente San Domenico Sa-
vio... Il bambino superò la fase critica; oggi
sta bene, ed è un bravo birichino come
tutti i suoi coetanei... •·
Loretta Picone (Soverato). ricoverata In
sala di rianimazione per collasso provo-
cato da un'iniezione, si è ritrovata viva con
in mano l'abitino di San Domenico Savio
che la mamma le aveva messo al collo per
superare la difficile prova della maternità.

4.3 Page 33

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Una Figlia di M.A. (Caltanissetta) affetta
da un grave disturbo doveva essere sot-
toposta a operazione. Si rivolse con illimi-
tata fiducia al beato Michele Rua, con
preghiere e sacrifici, ed ebbe la gioia di
guarire completamente senza intervento.
Pina Gal/ace Aiello (S. Vito Jonio. Ca-
tanzaro) era molto in ansia per la salute di
una persona cara, e si rivolse con fede
anche al beato Don Rua per quasi due
mesi. Ora esprime la sua riconoscenza
perché tutto si è risolto per il meglio.
Andreina Grassi (Schilpario, Bergamo)
ha pregato tanto Don Rua per un suo ni-
pote ammalato, padre di due piccini. L'in-
tervento chirurgico è riuscito bene, e ora il
nipote ha potuto riprendere li lavoro.
ALLA FINE I MEDICI
DOVETTERO ARRENDERSI
Maria Ausiliatrice protegge I suol llgll: mo-
derna scultura nella chiesa ululana di
Orunla, preuo Danz.lca (Polonia).
RINGRAZIANO
SAN DOMENICO SAVIO
Mirka e Natale Mascheri (Como) per la
nascita della piccola Benedetta, dopo
cinque anni di matrimonio e tante dlftl-
coltà
Graziella e Rinaldo Mora/do (Imperia)
perché, dopo alcuni anni di attesa e una
gravidanza interrotta, è nato felicemente il
piccolo Maurizio, gioia della casa.
Luisa Maio (Catanzaro) per la felice si-
stemazione della figlia, che ha trovato la-
voro e ora ha pure la gioia di un bel bam-
bino, Francesco Domenico.
Agnese Burdino (Santhià, Vercelli}
perché la figlia Caterina, ha potuto avere
felicemente un bel bambino, nonostante le
previsioni allarmanti dei ginecologi.
Maddalena Rota (Bergamo) per la gua-
rigione di un parente, ridotto In condizioni
disperate da paresi cerebrale.
M.B. (Cortemilia, Cuneo) perché la pic-
cola nipotina che andava soggetta a crisi
nervose gravissime, è ormai sulla via della
completa guarigione.
L'HO CONOSCIUTO LEGGENDO BS
Agata Ogliari Alghisl (Maclodio, Bre-
scia), che si definisce mamma fortunata
di un sacerdote salesiano•. e ha la gioia di
abitare In una via dedicata a S.G. Bosco,
ha conosciuto la bontà e la generosità di
Alberto Marvelli leggendo il Bollettino Sa-
lesiano di aprile 1978. Lo ha invocato in
momenti di grandi sofferenze, e ne ha ri-
cevuto un grande sollievo. Ora continua a
invocarlo per le necessità dei suoi familia-
ri, e soprattutto per le grazie spirituali di
cui sente tanto bisogno.
Lucrezia Cacciatore (Ribera, Agrigento)
rende pubbliche grazie a Maria SS. Ausl-
llatrlce e a San Giovanni Bosco per aver
ottenuto la grazia della salute al proprio
marito che nel marzo 1976 versava in gra-
vissime condizioni.
Paola, la nostra
unica figlia, aveva 15
anni quando al mare
fu assalita da febbre
violenta e inspiega-
bile. Le cure in loco e
poi a casa non gio-
varono a nulla. Fi-
nalmente, dopo venti
giorni, l'analisi del
sangue rivelò una
torma di leucosi
enfatica acuta•. cosl grave da far temere
della vita. Dopo una lunga degenza all'o-
spedale fu dimessa perché venisse porta-
ta in montagna per la convalescenza. Ma
dopo pochi giorni Il male riprese in forma
violenta. Il ricovero in una clinica e le cure
di valenti sanitari non servirono a nulla; il
male avanzava spietato, logorando la fra-
gile creatura. Dopo un mese di tentativi
era ridotta agli estremi e senza alcuna
speranza per la scienza. Tanto più che
soprawenne pure una broncopolmonite,
con l'effetto di una cecità completa.
In tutto questo tempo non avevamo mai
cessato di pregare e di far pregare. Fu un
sacerdote salesiano che ci consigliò una
novena al Servo di Dio Don FIiippo Rlnal-
di. Sin dal primo giorno della novena si
notò un improvviso arresto del male, a cui
segui una ripresa così rapida da far stupire
tutti, specie i medici che non riuscivano a
capacitarsi della cosa. Un medico curante
disse: E' l'unica ammalata che abbia ot-
tenuto la guarigione.. Al termine della
novena aveva ripreso a mangiare, era se-
rena e vivace. Ma i medici non vollero di-
metterla: ci mettevano in guardia contro
illusioni e fallaci speranze, e la tennero
ancora a lungo in osservazione. Alla fine
dovettero arrendersi, e la dimisero rite-
nendola clinicamente guarita.
Da allora sono passati alcuni anni. La
nostra figlia sta bene, vive la sua vita tran-
quilla, senza medici e medicine, si è
Iscritta all'Università studia e lavora; è se-
rena e fiduciosa.
Legnago (Verona)
P. U. C.
E.B. (Roma), mamma di sei figli, ha in-
vocato la Madonna Auslllatrlce, Don Rua
e Don Rlnaldl per scongiurare un temuto
intervento chirurgico. Ora spera e prega
che il suo male si possa risolvere con le
cure normali.
Suor Bianca Campana FMA (Agliè, To-
rino) nel 50° della sua vestizione religiosa
ringrazia Don FIiippo Rinaldl per le grazie
ottenute e per quelle che ancora spera di
ottenere.
Don Pietro Scotti SDB (Genova) scrive:
« Per intercessione di Don RinaIdi più volte
ho sperimentato un particolare aiuto, sia
in occasione di Interventi chirurgici, sia in
altre difficoltà di salute. L'ho pure invocato
per la sistemazione di importanti pratiche
burocratiche che sembravano insormon-
tabili. e ne ho avuto singolare aiuto•.
DONCIMATTI
VOLLE SORRIDERCI ANCORA
Nostra sorella,
quasi ottantenne, fu
colta improwisa-
mente da forti dolori.
Il medico, chiamato
d'urgenza, diagno-
sticò una'appendici-
te acuta con neces-
sità di immediato in-
tervento chirurgico.
Fu trasportata al
Pronto Soccorso al-
l'Ospedale, le fecero tutti gli esami del ca-
so; poi il chirurgo si awicinò a noi e ci
disse: Se non si opera, la malata muore.
Se si opera, considerata l'età e gli esami
fatti. ci saranno 50 probabilità su cento
che si salvi•· Non restava altra scelta.
Noi cominciammo subito a raccoman-
darla a Don Clmatti, già nostro direttore
all'Oratorio San Luigi di Torino, non con le
solite novene, ma con l'invocazione con-
tinua: Don Cimatti aiutacil • L'Intervento
chirurgico trovò una situazione ancora più
grave del previsto. Dopo 36 giorni di de-
genza. la nostra cara sorella fu rimandata
a casa, ma l'Infezione non era risolta. Ogni
tanto tornava la febbre, e il medico di fa-
miglia che la seguiva con tanta cura cl
diceva di non illuderci anche se si spera-
va. Ma Don Cimatti, di cui portava sempre
la reliquia con sè, non lasciò le cose in-
compiute: ci volle sorridere ancora, gua-
rendola completamente.
Torino
Fratelli Orecchia
A.N. (Alliste, Lecce) riconoscente a Ma-
ria Aualllatrlce, Don Boaco, San Domeni-
co Savio e Don Clmattl che l'hanno aiutata
a superare una difficile situazione, sia tisi-
ca che morale, che le aveva tolto la gioia di
vivere.
HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Bacuzz, Adele - Bllfbierl Mercedes - Bazzano Carmela -
Beccarls Famiglia - Bersano Te,esio - Bertelll Panlale
Giovanna - Berto Eleono,a - Brunetto Rocca - Bruzzone
Maria - Canonici e Anzola - Cavalieri Elsa Ballinl - Ce-
pollino Valentina - Clngolanl Amalia - Cipolla Francesca -
Colombi Giacomo - Concettina Battista - Cornaglla M&-
rla - O"Ambroglo Cosima - Oaniela Annunziata De Astis
Maria De Monte Placido - Oonatl Lorenza - Ffflppa
Emma -Fiordalisi Piera- Flore Onorina. Galdo Famiglia-
Gallo Ronco Gina - Galfrè Paola - Gastaldi Antonio -
Gavina Maria - Gugllelmlnottl Pierina - Laccettlnl Gem-
ma Luigi - Marchese Vittorina- Mareddu Cecilia- Masera
Clara - Mlglletta - N.M. - Navone Luisa - Pepe Balda$$8re
- Perrella Tulllo - Pman Maria - Pttruzzella Anna - Polettl
Giuseppina Reinerl Bruno - Revelll Fabrizio - Rlnaldl
C&.,ogera - Rlvasl M. Antonietta• Ronco Giuseppina ved.
Rubino Ruele Luciana - Russlano Graziella - Saliva
Marianna - Sanmartlno Famiglia - Schepls Nina - Smeri-
glio Giacinta - Sobrero Famiglia - Spottl Anna - Vecchio
Tommaso Anita.
33

4.4 Page 34

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IPreghiamo
per i nostri morti
~--------~
SALESIANI
Sae. Ereok Erc:olanl t a Roma a 66 anni
A vent'anni IUclb Useminarlo pe< diven-
tare ..1es1ano. • gll furono affldaU Impor•
tanri COffll)ttl ICOfutici e ammimatratìvl
Nel ruolO dl economo si trovò ~ di
Ironie a gravi dlfficoltà, ma seppe sup&-
rarle con calma lmpertufbabile e con una
grande oarlca di umanità, capace di su-
scitate simpatia e amicizia. Amò e Inco-
raggiò la gioia e l'allegria. Curò personal-
mente la messa In scena di esllarantl ope-
rene musicali, e seppe organizzare erttu-
siasmantl gite turistiche. I confratelli ri-
cordano aopral\\uttc la sua p,emuril nel
conservare e accrescere rarmorua e l'u--
n,one tratema
Coacl. Glootannl M-o t a Torino a 60
anni
Per 26 ennl fu Incaricato della Scuola di
Taglio e Modello nella Casa Madre dl Val-
dooco. Furono anni Intensi di lavoro, di
entusiasmo. In cui Il Laboratoroo di Sarto-
ria, sotto la 1ue guida Intelligente e emo-
rosa, raggiunse 1 vertici della stima, e
formò urti e oreatorl di moda affermai, e
ncercatl cUille p,ù lmportant, ditte na:z,o.
nall di Conlezlonl. L'evolversi della tecni-
ca pottl) alla chtuaura del L.abo<"atooo net
1965 Fu un momento mollo doloroso che
I Sig Manzo acceltò con facie e ubbidien-
za esemplari. I confrab!lll lo ricordano
oosl gentlla e cordiale, •igent.e a pun-
tuale, Impeccabile come gll abltl che con-
lezlonava, solidamente ancorato alla vtla
di lede e di preghiera.
COlld. Ac:hlli. Marchetti t a Arouca (Por-
togallo) a 91 anni
Era nato in P,O\\lincla di FMnZa. B dNen-
tato. .Jeslano al era speclallnato nell'ane
bpograflca. Nel I 925lu Invialo a dirige<& la
Scuola Tlpogretic. Salesiana dl Lisbona
Era un lavoratore esperto e Instancabile;
si prodigava dalle prime ore del menino,
che dedicava ali'Incontro con Dio. fino a
sera tardi. Frutto della sua scienza ed
esperienza ru li manuale , O Tipografo
lffll)(es!IOr • ritenuta ancor oggi l'opera
ponog"-p,u valida in talemateria.I suot
mentJ furono rlconosclutl anche con varie
ononhcena Lavo,(),otipografia f,oo a 85
ann, Poi "' dedicò _., anwlt:à secondarie.
sai;rastano, pott,na,o, agglustatutto Una
Clelle iante figura asemptarf d1 salulanI
lalcJ Che nella semplicità e nel lavoro co-
struirono la nostra Congregazione.
Coad. Salvatore Trazzere t a Palermo e
&Senni
Educò la gioventù bisognosa come lnlatl-
cablll maestro d'sne, capo tabonltorlo di
ebanisteria, e vatldlsslmo maestro di Dan-
da musicale. Insegnò pura aduuzlone
rnoslcale, affascinando ogn, ctasse di ra-
gani Nell'età più piena. sldechcòtn modo
pontcolare agli exaJl,ev,, ohe çwçood6 d,
premure. do amk:IZla e di bonlt donanck>
loro tuna la treschena del suo animo lr>-
namoroto di Dio e di Don Bosco
t Coad. Antonio Ponzetto ad Asti a 78
anni
Dopo una lunga vita di anìvltà. la matattla
to costrinse a vivere ntlrato nella sua c:a-
rnerena. Occupava Q tempo p,egando •
labbfieando corone. Che POI regalava
pe,c;M si dltfondesse la deVOZIOfl8 alla
Madonna. L'amore all'Ausfflatrica ela co-
stante disponibilità alla volontà di Do c,o.
stItullc0no il suo lesta,,_IO.
Sac. Bemardo Lomagno t a Tonno a 68
anni
A 14 anni part, per l'Uruguay, ove divenne
ealeslano e lavoroper 24 anni, mettendo a
oerv1zlo del giovani le sue non comuni doti
di ,ntelhgenza e Il suo talento musicate
TOf"ato on !)Stria, sebbene Ione ormai
cinquantenne. volle coosegulre I t~otl uni-
versitari pa qualillc:a,e f suo apostolato
natia SCUOia. Possede•a una vuta eullura
lcienuhc:a a longulsttca. ma la ,ua apecla·
i,tà e,a l'IN&gnamento della mstematlea
La aua seconda passione ara la muliea
1111ppe tor-mare cori dl ragani con tale
perfezione Che più volle tu richiesto •~
l'Auditorium della RAI di To,lno per ese-
cuzioni In opere liriche. La sua lede si
manlfeslò soprattutto nelle malattia lunga
e cloloross Che lo condusse alla mone
anehe In quella seppe Vllclera l'espnts,uo-
na c1e1ramore di Dio.
Sac. Udlalao Kmloczny t I Sb- (Po-
Ionia) a 72 anni
Crebbe In una ramiglla p,otondamente
c:anoHca, cM donò al Signore , figli nella
11118 sacerdotale e religiosa. DoPo I primi
anni di apGstolato sacerdotale e CracO\\lla,
subi con motti altri oonlratelll le umiliazioni
e le sofferenze della guerra e del campi di
ooncentramanto. Dopo la llberezlone, tu
t;tppellano del P<Olllghl pofeççhl In Ger·
mania Tornalo In patria. lu catechlata o
parroco, meritandosi la S1Jma e l'atteno cli
tutu I pa,rocchlanl
o ~ Sac.
t Krnoc:ld a Baffarat (Au-
11talla)a 73 anni
Eta nato In Siberia da lamlglla polacu
L'Incontro con un sacerdote ,alealano a
Roma lu determinante per la sua vocazio-
ne sa.lestana e sac.rc101aIe. Fu ordinato
sacerdote In Polonia; svolu la sua opera
j:llSlo,ale prima In varie parrocoh,e della
Lituania, e po~ durante la seconda gue<ra
mondiale. on ,an carllJI clj rllug,a1J on Ge<·
man,a e in tlal,a. Noi 1950 t11 recb in Au-
stralia per p,alare .-tenu ret,glosa al
....,,,,lo suol connazional,, e con cuore 1,-.u,rno e
gaR8fOSO lu al loro
nno alla morte
s-.:. Bernardo llaplin t e Puerto Plnasco
(Paraguay) a 45 anni
Era nato In Gll'manla, e dopo Il noviziato
aveva chiesto di partire pe< le mtaslonl, Nel
1977 era stato destinato e Puerto Pinasco.
nel Paraguay, e ,n due meal aveva già
conquistatola stimae la simpatia generale
con Msuo Innato OltifflllfflO e la sua abt-
r:uate -enltà. quando Do lo volle un-
P'OWtsamente a sà. pereotrev• MRo Pa-
raguay su un banello, quando una tunosa
tempesta CBPOVolse l'lmbarcazlooe ta-
cendolo tragicamente perire con un cen-
unalo di altre pe,sone
COOPERATORI
t Leonardo Cotomblnl a Formigine (Mo-
Clerul) a 72 anni
Oltre ohe alla famiglia " dedlc8Vil ana
panocchia e alle opere ates,1ne. Era fle.
ro di avere tre so,ene Fighe d i Mana Au~
natrlee, una delle quali missionaria In Co-
lombia. Pe<o,o eIutava le famlgila saJesla--
na In tutti i modi posslbill, ed era dlSJ)Oni-
blle verso tutti. come espreulone concre-
ta della sua profonda tlducla In Dlo. La
solterenze degli ultimiIempi mlaeroIn luce
la ricchezza della sua tede 1empHce e so-
lida. ohe comm0&8e quanll gli &lavano ,,..
torno
Costanu Pozza Dalla Ubanl t a Rosà
(Vicenza) a 75 anni
Madre esemplare di d,eci hgll, era orgo-
gl,osad 'aver offerto Rosetta tra la FMA. La
tua è Slata una ~•ta di aposlolato diretto
verso I poveri e gli ammalati net corpo e
nello spirito, ohe la chiamavano la loro
seconda mamma, Semplice e umile, al~
mentava la sua bontà con la preghiera.
Colpita da tumore, 90pportl) li male con
grande digntt.11, offrendo la aua !IOfferenza
per la Congreg,ulone Salesiana di cui tu
sempre gene,oaa cooperatffca. pe< ~ Pa-
pa, la Chiesa. e te MCMS!tj d) lutto ff
mondo.
Francesco Dogltanl t a Salussola (Ver·
celh) a 39 annl
Questo giovane cooperatore • mancato
tragicamente eut lavoro. Era sposo e pa-
dre esemplare, di Indole almpatlca e ge.
"8(()$8. pieno dl lede e di bontà. Educò la
lam,gtla e aopro"utto Uhgllo Gianni all'a-
more d4 Ok>, all'attaccamento alla Ch•esa.
a una p,elà srneeraChe"coocretava nalle
opere
Virginia Aau21t a Taio (Trento) a 83 anni
DMna tutta di DIO, ha donato te sua v,ta a
Lui, e In partlcotor• gli ultimi 20 anni al
figlio sacerdote, parroco-decano della
città. Esempio umile o grande di genero-
sità e dimenticanza di sé.
Angelo V.,.M t a Morlara (Pavia) a 82
ann1
Donò generosamente aJ Signore la sua
..,ica f,glla era orgoglioso e felice di va-
derta FMA. Era lettore instancat,,te del
B0Ue11tno e di tutto quello che avesse sa-
pore salesiano Chiuse la sua giornata
terrena pregando , Signore, pietà di tutte
le mie mancanze, ponaml con Te nella fe-
licità che non ha tramonto•-
Maddalena Berutto MMHCotlo t a Car~
gnano (Torino) a 82 anni
Mamma umile, laboriosa e generosa
educò la numerosa tarnlglla a sentìmantJ
schlettamen1e criSIJanl, che si tr-aduceva-
no tn convinta ptatlca religiosa e in nco-
no5C1Ula oout• prot-..ie. Aveva do-
nato a Don 8o9co I figlio Mario, e II Sl-
gnore lo Volte a • mentre con slancio g&-
neroso tentava di aalvare un ragano ce-
dutonel lago di Avlgtlane L'amara perdtta
non dlmlnul, ma aumentò Il suo atteno per
te opere saleSIMe, di cui era pronta e g•
nerosa. coopera1rice: e segulva con Int&-
resse a puntualità 1utte le mannestaz,onl
della v,ta parrocohlale
IIUI Chicco t a Lombriasco (Torino) a 73
anni
Con la to18Jla Caterina. zalatrice delle
Cooperatrici, e con tutta la famlgf,a cir-
condava d• slmpa11a l'c,pe,a salesiana e
ncordava con •enerazlone le visite del
bealo Don Rua a Lombriasco. Visse nella
bontà, nell'umiltà e nel lavoro. cercando di
nascondere te sue sofferenze per non es-
sere di peso al tamlgllarf.
t Tereu Dho Comino e Monastero Vasco
(Cuneo) a 69 anni
Anima piena di llducta In Dio. seppe edu-
care cns11anamente sei figU, e donarne
due • Don eo.co nella Conglega:zlone
Salesiana Ouando""' chieserodìpan,re
per le miss/on! (Giacomo tn Corea e An-
drea nella Fllppine) unti vlvo il sacnliclo
del distacco, ma seppe accettarlo con ge.
nerosllè, llourb che Gesù Il avrebbe so-
stituiti con la au• presenza nella tamlglla,
secondo la promasaa di Don Bosco.
Francaca Fracchla t a Vlarlgl (Asll1
Amò Don Bosco e le sue ope,e. Dedicò
lnt.enimente Il aua vita al servizio di Do e
deipiùplccoll
Altri ~10,t Delunll
Brusa A"1ontetta Franzl no • Gallega C.,.
sarlna Rotti Angela
A quanti hanno chiesto Informazioni, annunciamo che LA OIRE·
ZIONE GENERALE OPERE OON BOSCO con sede in ROMA ricono-
sciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nahtà giuridica per Decreto 13-1-1924 n 22. possono legalmente ri-
cevere Legali ed Eredità.
Formule valide sono
- se si tratta d'un legato: • ...lasc,o alla Drrezrone Generale Opere
Don Bosco con sede in Roma (oppure all' lslffulo Salesiano per le
missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire....
(oppure) l'Immobile sito In... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
cotarmente di assistenza e benellcienza di Istruzione e educazione di
culto e di religione•
'
'
- se sI tratta invece d1 nommare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro dei due Enti su indicati·
...annullo ogni mla precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la D/rez,one Generale Opi,re Don Bosco con
sede in Roma (oppure /'lst1tuto Salesiano per /e Mlss,om con sede m
Torino) lasclando ad esso quanto ml apparuene a qualsiasi t,tolo. per
gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente dt assistenza e bene-
ficenza. di lslruzlone e educazione. di culto e di rellglone..
(luogo e data)
(firma per distesa)
34

4.5 Page 35

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Borsa: Fomom Pasett, Ines. In memoria e
Solidarietà missionaria suffragio, a cura di Don Enos Scaua, S
Martino dell'Adige (Mantova) L 500.000
Borsa: Don Raffaele Grippa e ,n suffragio
di Sr Fet1cma, a cura dei n ipoti, e di off&-
rent, dl Llssone e degli alunni del Salesiano
di Sesto S. G k>vannl L 500.000
Borse di studio per giovani missionari salesiani
Borsa: Lanzen, Roberto, m memor,a, a
cura de, Colleghi e maestranze Soc. Mon-
telIbre dI Chàtollon (AO) L 272.000
oervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Borsa: Prof, Tommaso Ghlg/ieno e Fam~
glia. in riconoscenza ciel bene ricevuto, a
cura di N.N., Alessandria L 200.000
Borsa; S. Cuore di Gesù, Maria Auslllatrl-
ce e Don Bo.sco. In rmgraz.iamemo e in-
vocando protazmne sulmiei cari, a cura di
Cavallo Govanna, Modlca(RG)l. t 50 000
Borsa: Cla,s Teresa. m memor,a e s1.1ffra-
gt0, a cura do Gabella Giuseppe, Tonno L.
100.000
Borsa: Maria Aualllatrlce e Santi Salesla-
nl, invocando protezione in vJta e In morte,
a cura di Aceto Rosina, Ex allieva di Ca-
sale Monl , (Al) L 100.000
Borsa: CosìmJ Veromca, In memona e
suff1aglo. a cura di De Paolls EMra, Roma
L 100 000
Borsa: Don Raffaele Cr,ppa e m suffragio
de, propn defunti, a c ura di otterenti d1 Via
Aliprand,. ussone (Ml) L 100.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura di Mera-
viglia Lina e Davide, Legnano (Ml) L.
100.000
Borsa: Ma,la Auslllatrlce e Don Bosco, a
cura di N.N.. CanlcaHI L. 100.000
Borsa: S. Domenico Savio e Beato Don
Rua, a cura di N.N., Camcatti (AG) L
100.000
Borsa: Papa GiovanniPaolo I, a cura della
Famiglia Salesiana di Borgomanero (NO)
L 100.000
Borsa: Papa Paolo VI, a cura d ella Fami-
glia Salesiana di Borgomanero (NO) L.
100.000
Borsa: Don Bosco. per grazia ricevuta, a
cura do Pisano Clorinda, Napoli L. 100,000
Bona: Maria Auslllatrlce e Santi Salesia-
ni, In suffragio del genitori e del rratello e
chfedendo una grazia particolar&, a cura
di N N.. Priocca (CN) L 100.000
BorSa: Maria Au11Uatrlce, m rlngraz,a.
mento, a cura di Berbennl S. e P., Vald1-
denl ro (SO) L. 100.000
Borsa: R1ecfard1ello Luisa. m memor,s e
suffrag10, a cura det pellegrmi Ca.sertam
alla Sindone L 80.000
Borsa: Don Benon G/ach etti, a cura del
Parrocchiani di Montallo (TO) L 75.000
Borsa: Laura Vk:ulia, a cura di Genco
GkJseppe, O rt>assano (TO) L. 70.000
Borsa: Imparato Fiore Prof. Sara, in me--
moria e su1'rag,o, a cura delle sue col-
leghe di Caserta, L. 65.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S, Giovanni
Bosco, a cura di Celotto Zavaraese Tina,
Castellamare di Stabia (NA) L 65,000
Borsa: In sulfrag,o del geni/or/ cario e
Palmira e del /ratei/o Pasquale, a cura di
Masina Angela L 60.000
Borsa: In suffrag io dei gemtori Carlo e
Palmira e del frateJJo Pasquale, a c ura dl
MaStna Maria e Angela L . 60.0oo
Borsa: Santi Saleslanl, ringraziando per il
òuon esito dogli esami del figi/o, a cura di
un'exallleva di Faenza L 60.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi Salesla-
nl, invocando continua protezfone sulla
famigf1a, a cura di Parlanl Giorgina, Bolo-
gna L 55.000
BORSE MISSIONARIE DI L. 50.000
Borsa: Don Bosco, per graz,a ricevuta e
implorando protezione, a cura dl Tomone
Adela!de, Pago del Vallo (AV)
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, speriamo in voi, a cura della Fami-
gli a A G .. Valenza (AL )
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bosco, in
neonoscenza, a cura delta Famiglia Ghl-
della, Chieri (l'O)
Borsa: Maria Ausilta:trlce, invocand o pro-
tezione, a cura di A.E.L.. T orino
Borsa: Can Pietro Gighe e nipote Luigi, i n
memona e suffragio, a cura d1 Giglta e
Caterina, Cavallermaggiore (CN)
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco. per grazia ricevuta, a cura di Al!-
lredi Edoardo, Torino
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cura di Ceresa Dr Dante, Milano
Bortolo. a cura delle figlie Luc,a e Madda-
lena C1rant
Borsa: Maria Ausiliatrice e Papa Giovan-
ni, in suffragio degl, zii Maria e Costantmo.
a cura delle nipot i Lucia e Maddalena C•
ran)
B0<sa: Maria Ausllialrlce e S. Giovanni
Bosco, proteggete e salvate i miei nipoti', a
cura di u na nonna.
Borsa: S. Cuore di Gesù e di Maria, saf-
VBle l'an,ma mia. e cura di N.N.
Borsa: M assue/1/ M ar9henta In memoria e
StJ!frag10. a c ura della 1/gha Fra nca
Borsa: Maria AuslUalrlce, S.G. Bosco e S.
Domenico Savio, Invocando protezione
per //gli e nipoti, a cura di Massuelll Fran-
ca., Torino
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Don Rua, per g razia ricevuta e mvocando
protez,one sulla tam,g/,a, a curn di erosa
Mano. T orino
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protezione. a cura di A.E.L , Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, a cura di N.N.
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Don Rua. In suffragio del Cav Lsntieri
Ferruccio, a cura della Famiglia, Torino
Borsa: S. Domenico Savio. per grazia r,..
cevuta e mvocand o ancora protezione sul
p,ccolo Stefano. a cura d1 Romagnoli
Carla, Alba (CN)
Borsa: GesU Sacramentato e Maria Ausl-
llatrice, a c ura del Coniugi Monti, (TO)
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e S.
Franc8'8co d 'As1isl, Jn suffraggio d; crani
Oort, Salva tore, a cura della moglie e dei
figli.
Borsa: Maria Ausllla'rlce, In rmgrazra-
mento e lmplorando contfnua profez,one
sulla fam lglta. a cura di M F., Torino
Bo,sa: Maria Aualllalrlce e S. Giovanni
Bosco, per grazie ricevute e Implorando-
ne altre, a cura dì B.S. , Costigllole d 'Asti.
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don FIiippo
nRo,naldl, a c ura d1 N,co/a Marra Irma, Ton-
Borsa: S. Giovanni Bosco, In suffragio di
Carraro/1 Renzo, a cura d ella moglie Do-
nadelll Clara, Omegna (NO)
Borsa.: Marla Auslllatrlce, per grazia rfce.
vuta, a cura dt Monchle,o Maria. Dmno
d'Alba(CN)
Borsa:S. Domenico Savio e Don Rlnaldl. a
cura di N N., Brescia
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d 'Assisi, m suffragio de, gamtoriClotildfj e nl, a cura dl N.N ., Brescia
Ragazzini negri nella periferia di Rio de Janeiro (Brasile).
Borsa: Maria Au111iatrlce1 a c ura di Del
Bene Lorenzo
Borsa: 5. Giovanni Bo,co. a cura d, Calza
An gelo
Borsa: Quaranta Margherita, Jn memoria e
suffragio, a cu ra delle sorelle e n ipoti, Sa-
luzzo (CN)
Borsa: fn suffragio di Vittoria, Antomo e
Giovanni e per fa conversione dei pecca~
lori, a cura d i Maizza Rosina. Monopoli
( B A)
Borsa: Sr. Mfrta Mondm. a ricordo della
sua op@ra missionaria, a cura d i G M,,
Chlavari (GE)
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Bosco. proteggeteci sempre. a
Borsa: Maria Autlllatrlce e S. Giovanni
Bosco, proleggici sempre, c ura dei Co-
niugi Basso Gennaro e Immacolata. Frat-
tamaggiore (NA)
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manto Alfonso e mvocando protezione, a
cura d1Maroso Pia
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e Jnvocando protezione. a cura di Ardito
Mario
Borsa: Don Rlnaldl, in nngraz,amento e
tn'IOCando altre grazie, a cura d i Mellonl
Eisa, Fino Mornasco (CO)
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n~ a cura di Ravald1nI M Tina
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Bosco. fn suffragio dei miei defunti e in-
vocancto prore~ione, a cura di G T . Roma
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cevuta, a cura di Bergamasco Mario. ?ez-
zolo V. Uzzone (CN)
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implorando guang,one per la sorella Pina,
a cura di Bondan1 Bice, Parma
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trice, per grazia ncev1-1fa, a cura di Serra
Nina, Arzana (NU)
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a cura Marchese Crlstrna, Genova
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cevu ta. a cura di Vaccaro Eugenio e Car-
mela. Scalea (CS)
Borsa; Marta Aual111!Jlçe e Don Boaco,
per grazia rice111.1ta. a c ura d i Roccena Lu-
cia, Bi,passo (CT)
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Savio, Jn ringraziamento e m suffragio d f
Carmina/1 Maria, a cura di L D
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Don Aua, ,n su/lragI0 de/l'sm1co Don F
Ras/e/lo e del manto Gmo, a cura della
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O. Savio. fnvocancto p rotezione sulla fa-
m1glta, a cura d1 N N., Occimiano (AL)
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miei cari, a cura di Feyles Maria, Alba (CN)
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ra di Mariani Mana. Solarolo (RA)
Bor.a: Maria Auslllatrlce e Santi Salesia-
ni, In suffragio dei miei defunti, a cura di
Meloncelll Adele, Premolo (BG)
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Mosè narra ai bimbi di oggi la storia più bella
e più antica del mondo: la creazione , Adamo
ed Eva, Abramo é Isacco, il lungo viaggio
del popolo d'Israele verso la Terra Promessa.
La narrazione, illustrata da delicati disegn-i
a colori, si sviluppa come una piacevolissima
fiaba , consentendo ai piccoli lettori una immediata
interpretazione del messaggio divino.
È un 'opera stupenda, che affascinerà
grandi e piccini.
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