Bollettino_Salesiano_198904


Bollettino_Salesiano_198904



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2 · 1 APRILE 1989
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1887
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco Bongioanni -
Pierdante Giordano - Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzi
- Cosimo Semeraro.
Collaboratori: Nino Barraco - Sergio Centofanti - Paolo
del Vaglio - Umberto De Vanna - Monica Ferrari - Maria
Galluzzo - Maurizio Nicita - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SE I
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa : ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto)
per tutti.
* 1115 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti .
Edizione di metà mese. A cura dell 'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano, Rinaldin i) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 18 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in : An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Cile - Cina (a
Hong Kong) - Colombia - Ecuador - Filippine - Francia
- Germania - Giappone - India (in inglese, malayalam ,
tamil e telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
guay - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna - Stati Uni-
ti - Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo rich iede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio di indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vec-
chio .
SOMMARIO
3 CRONACHE SALESIANE
6 VITA ECCLESIALE
Verso una nuova missionarietà del laicato e
una nuova evangelizzazione
servizio redazionale
10 VITA ECCLESIALE
Un inutile e stanco rituale
di Angelo Pao/uzi
13 STRENNA 1989
La pastorale vocazionale passa attraverso
un compatto tessuto comunitario e una
nuova sensibilizzazione
servizio redazionale
16 Le vocazioni in Italia : «Ci sono ragazzi e
giovani che corrono il rischio di non realiz-
zarsi per tutta la vita»
di Giuseppe Costa e Silvano Stracca
18 OBIETTIVO BS
Una prima pietra per una bella ventenne ro-
mana
di Mie/a Fagiolo D'Attilia
23 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Gli indios dell'Amazzonia difendono la loro
foresta anche per noi
diG.N.
27 PROBLEMI EDUCATIVI
Per i giovani europei pace è sinonimo di
non violenza
servizio redazionale
30 CRONACHE DEL CENTENARIO
Due missionari: dono di Malta alla Tunisia
servizio redazionale
33 CRONACHE DEL CENTENARIO
Anche sull'onda della musica il nome di Don
Bosco è risuonato in tutta la Spagna
servizio redazionale
35 STORIA SALESIANA
Per una storiografia al femminile di Madre
Maria Mazzarello e del suo Istituto
di Monica Ferrari
38 STORIA SALESIANA
Ricordando don Luigi Montini a 25 anni dal-
la scomparsa
di Marco Bongioanni
RUBRICHE
Solidarietà, 42-43
1 Aprile 1989
Anno 113
Numero 7
In copertina:
Indigeni «bororos»
durante
la Festa
della «Ruota ..

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- - - - - -- - -- -# -
........ _ ,.,.,
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1 APRILE 1989 3
. .... . ..... '!A. •••••• ,
ITALIA
Un monumento a
don Bosco a Lercara Friddi
Pubblichiamo volentieri la notizia e la
foto del monumento a don Bosco eretto
a Lercara Friddi, un attivo centro in
provincia di Palermo dove ad iniziativa
del dott. Giuseppe Canale, exallievo, si
è anche costituita da tempo una
associazione «Amici di Don Bosco».
La statua bronzea del Santo è stata
inaugurata alla presenza di monsignor
Rosario Mazzola attuale vescovo.di
Cefalù. L'erezione del monumento non
è stata l'unica iniziativa degli «Amici di
don Bosco»; l'Associazione infatti,
composta in buona parte da exallievi,
ha promosso numerose iniziative per la
- - : : conoscenza del Santo e del suo carisma.
dieci anni ha avuto oltre 70 mila morti a
causa della guerra. L'intervista che
riprendiamo interamente è uscita
il 12 marzo 1989 ed è intitolata
«Santo mediatore».
Quando prese il posto dell'uomo di Dio
Oscar Arnulfo Romero, il combattivo
arcivescovo di San Salvador
assassinato sull'altare della sua
cattedrale nel marzo del 1980, ci
chiese se monsignor Arturo Rivera
Damas sarebbe stato all'altezza del suo
predecessore. Oggi che nel Salvador e
in tutto il Centramerìca incominciano a
manifestarsi segni di allentamento dei
contrasti sono in molti a pensare che
uno dei principali artefici della
distensione sia proprio lui, monsignor
Rivera Damas.
L'arcivescovo San Salvador è sulla
sessantina. È mite e sornione. È un
diplomatico nato, ma è anche un
pastore coraggioso. Basta vedere con
quale piglio ogni domenica alle 8,
Rivera Damas sale all'altare che fu dì
Romero per assumere la guida del suo
gregge, ma anche per illustrare la «linea
politica» della Chiesa salvadoregna.
A Panorama monsignor Rivera Damas
ha concesso una delle sue rarissime
interviste.
Domanda. Monsignore, alla sua ·
messa domenicale si vedono solo
f?cce di povera gente. Una volta non
era così.
Risposta. È vero. In cattedrale sì vede
gente povera che viene ad ascoltare con
grande attenzione una parola che è di
conforto, ma anche di orientamento
pratico. Ma in cattedrale c'è anche,
puntuale, la tv. In realtà l'intero Paese è
presente e posso assicurare che anche i
quartieri alti della capitale ascoltano la
nostra omelia domenicale con grande
attenzione.
Mentre lei celebrava, attorno alla
chiesa c'erano sindacalisti con
striscioni politici e volantini. Non è un
po' strano?
La nostra cattedrale è qualcosa dì più di
una semplice chiesa. Non c'è settimana
in cui non arrivi qui da me il monsignore
responsabile della cattedrale ad
annunciarmi che la chiesa «è stata
occupata» da attivisti politici o
sindacali. È già successo una
cinquantina volte. Forse è per questo
che i ceti sociali più alti hanno paura
frequentare la cattedrale. La povera
gente invece viene, e con grandissima
fiducia. Ci siamo chiesti in passato se
bisognasse chiudere le porte della
cattedrale per evitare le «occupazioni».
Ma siamo giunti alla conclusione che la
nostra cattedrale, così com'è, fa un gran
bene: per di più attira sistematicamente
i giornalisti e questo permette alla
Chiesa dì dire la sua tempestivamente,
in ogni momento, insomma dì essere
presente.
-- 1
«PANORAMA» intervista
Arturo Rivera Damas
Il giornalista Pietro Petrucci inviato del
settimanale Panorama ha intervistato
l'arcivescovo salesiano di El Salvador
successore di monsignor Romero dal
1980 e paziente mediatore di pace in
quel Paese centro americano grande
come la Sardegna che in poco più di

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Il presidente Duarte ha appena
esposto il suo piano di pace o accordo
fra i partiti sul rinvio delle elezioni
presidenziali o ricorso a un
referendum per rinviare le elezioni e
fare entrare la guerriglia nel gioco
politico. Che cosa ne pensa?
Che è una proposta di grande interesse,
anche per il fatto che il presidente
Duarte, prima di avanzarla, si è
assicurato l'appoggio dell'alto comando
delle forze armate. Temo che in seno
all'Assemblea legislativa ci saranno
forti resistenze ad accettare il rinvio
delle elezioni , ma a questo punto si apre
la strada del plebiscito, che riscuoterà
certamente molti'consensi.
Quella del presidente Duarte non è,
riveduta e corretta, la proposta di
pace avanzata nel gennaio scorso
dalla guerriglia dell'Fmln, il Fronte
Farabundo Martì?
Direi di sì. Lei sa che è toccato a noi di
illustrare la proposta dell'Fmln al
presidente, alle forze armate, alla
presidenza del Parlamento. E a tutti
abbiamo detto di non reagire a caldo,
perché quella proposta non andava
respinta in blocco né accettata in
blocco, ma studiata attentamente. Così
è nata la riunione di metà febbraio in
Messico fra la guerriglia e tutti i partiti
salvadoregni.
In Messico c'erano anche i
rappresentanti dell'Arena, ossia del
partito di estrema destra che è
maggioritario in Parlamento e che
finora aveva rifiutato il dialogo con i
«terroristi».
Proprio questa è stata la principale
novità della riunione. La situazione si è
sbloccata quando la Chiesa,
promuovendo il dibattito nazionale, è
riuscita a dar voce ai rappresentanti di
tutte le forze sociali. E si è capito che il
popolo vuole la pace.
Se salta la proposta di Duarte esiste
un'alternativa alla ripresa della
guerra civile?
Purtroppo non c'è alternativa.
Se si facessero elezioni subito,
davvero vincerebbe la destra
di Arena?
Quasi sicuramente. Anche se, a quel che
mi dicono, la Democrazia cristiana sta
riguadagnando terreno.
Come fa, in un Paese così
politicizzato, un partito che è
espressione dell'oligarchia più
retriva, come Arena, a stravincere?
Cercando di semplificare una risposta
che è complessa, posso dirle: nell'88
hanno vinto le legislative orchestrando
una campagna di denigrazione dei
democristiani condotta con tali mezzi e
in modo così martellante che la gente
non ha potuto ignorarla; in secondo
luogo promettendo una soluzione
militare, ma soprattutto rapida, del
conflitto. Che non c'è stata.
Curiosamente proprio l'aver ottenuto
tanti voti provenienti anche da ceti
popolari sta producendo una
metamorfosi per l'Arena. Si parla già di
una corrente moderata del partito, che
avrebbe ispirato l'apertura del dialogo
con l'Fmln.
Ciò non toglie che tra i dirigenti di
Arena c'è sempre quel sinistro
personaggio di Roberto D'Aubuisson,
considérato il mandante
dell'assassinio di monsignor Romero.
Come vive la Chiesa questa
situazione?
Noi riteniamo che il lavoro della
commissione d'inchiesta diretta dal
ministro della Giustizia Samayoa sia
soddisfacente. Riteniamo
effettivamente responsabili del delitto
coloro che sono indicati come
colpévoli: il capitano Saravia,
D'Aubuisson, un certo Garay che
avrebbe fatto da autista all'assassino.
Quanto all'esecutore materiale
dell'omicidio, il dottor Regalado, credo
che sul suo ruolo ci sia ancora qualcosa
da chiarire.
Come vive la gente il ricordo di
monsignor Romero?
Per la maggioranza del popolo
salvadoregno si tratta di un martire.
Ci sono vaticanisti maliziosi secondo i
quali la Chiesa salvadoregna manca
di un cardinale perché è troppo
politicizzata.
Si sbagliano. Il Vaticano ci sostiene e ci
aiuta nelle nostre attività più avanzate:
nel campo dei diritti umani, dove siamo
gli unici a svolgere un ruolo al di sopra
delle parti; nel campo dell'assistenza
sociale, che è importantissimo in un
Paese il cui tessuto sociale è devastato
dalla guerra. In otto anni, l'arcidiocesi di
San Salvador ha visto passare la sua
popolazione da 1,5 a 2 milioni e mezzo
di abitanti e la metà dei salvadoregni è
ammucchiata qui nella capitale.
E non vi meritereste un cardinale?
C'è già una fila molto lunga
che aspetta.
INDIA
Un francobollo per
Don Bosco
Al già ricco bilancio fil atelico dell'anno
centenario bisogna aggiungere da noi
per altro pubblicato sul BS del maggio
1988 bisogna aggiungere le emissioni
della Bolivia, Perù, San Salvador,
Guatemala e India. Se, per la radicata
presenza salesiana in America Latina,
scontate possono apparire a qualcuno
le emissioni americane non così è per
l'India, paese a maggioranza indù che
ha voluto rendere omaggio ad un
educatore non indiano. È un
I
Nella foto: la copertina del
Bollettino Salesiano indiano
dedicata al francobollo.
riconoscimento che premia l'intenso
lavoro educativo della Famiglia
Salesiana dell'India. Giustamente alla
prima emissione del francobollo è stata
data una ampia propaganda rafforz ata
anche dalla presenza in tale circostanza
del primo ministro Rajiv Gandhi.
La ce rimonia si è svo lta il 31 gennaio 1989
a Delhy presente anche il ministro
Bahadur Singh ed altre autorità.
La Famiglia Salesiana era
rappresentata dall'ispettore di Calcutta

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- - - - - -- - --
- ~-
1APRILE 1989 5
don Sebastian Alencheril e da un
nutrito gruppo di giovani e ragazze
degli istituti e delle Figlie di ,Maria
Ausiliatrice, salesiani ai quali il !:'rimo
Ministro ha voluto rivolgere la parola
esaltando il valore educativo del
sistema salesiano ed il contributo dato
dai figli di Don Bosco alla crescita del
Paese.
ITALIA
Riunita la Consulta
Mondiale dei Cooperatori
Dal 17 a l 21 gennaio 1989 si è svolta a
Roma la Consulta Mondiale dei
Cooperatori che a norma del
regolamento dell'Associazione viene
convocata ogni due a nni. Ai lavori della
Consulta ha anche partecipato il Rettor
Maggiore don Egidio Viganò con il
cons ig liere generale per la famiglia
sa lesia na don Sergio Cuevas. I lavori
sono sta ti coordinati da Paolo Santoni.
La provenienza internazio nale dei
membri della stessa Consulta (India,
Venezuela, Argentina, Brasile,
Inghilterra, Zaire, Jugoslavia, Italia,
Spagna) ha arricchito variamente il
dibattito. Un momento significativo
dell'incontro romano è stato
rappresentato dall'Udienza Pontificia.
I rappresentanti dell'Associazione
han no fra l'altro constatato la crescita
della coscienza vocazionale salesiana
tra gli iscritti.
I Nella foto: la Consulta
riunita a Roma.
erchiamo di capire
NOI E L'AMBIENTE
La pioggia, dopo il lungo inverno a rido, è finalmente a rrivata nella se-
conda metà di febbraio , scongiurando guai maggiori rispetto a quelli, pur-
troppo notevoli, già prodotti. Tutti ci siamo interrogati sulle cause della sic-
cità, seguendo con interesse le varie ipotesi che sono state fatte e diventan-
do un po' più consapevoli, proprio grazie a una occasione contingente, dei
problemi dell'inquinamento e della corruzione (detta anche, con bruttissima
parola, degrado) ambientale.
Nello stesso periodo un'autorevole istituzione scientifica americana ha
reso pubblico un allarmato rapporto secondo il quale gli uomini stanno
portando la terra, praticamente, alla morte. Non è faccenda di secoli o mil -
lenni, ma di decenni; addirittura, si dice, di qualche anno. Se non troviamo
rimedi, se non operiamo con saggezza, in breve tempo avremo trasformato
il pianeta in una landa brulla. Saranno mutati tutti i fattori che reggono l'e-
quilibrio climatico, la direzione dei venti, lo spessore dello strato di ozono
che ci difende dai raggi ultravioletti del sole, la qu a ntità di anidride carboni-
ca (tossica oltre un certo livello), il tasso di contaminazione nucleare, l'au-
mento dei veleni nell'acq ua, la distru zione delle foreste .
Dobbiamo cercare di capire che l'eco logia è diventata un problema mo-
rale. Inquinare è peccato. Non possiamo, noi cristiani, chiamarci fuori e in-
terrogarci co n scetticismo sul peso del nostro piccolo contributo personale,
una goccia nel mare. I cattolici sono ottocento milioni, i protesta nti sette-
cento: gli uni e gli altri ricordano che dopo la Creazione il Signore si com-
piacque di quanto aveva fatto perché «era cosa buona» (Gn 1, 18; 25). Con-
segnò la natura ad Adamo perché se ne servisse, non per sfruttarla. Potrem-
mo dire - senza pretese teologiche, ma da semplici lettori della Bibbia -
che, proibendo all'uomo di mangiare dall'albero del bene e del male, gli si-
gnificò che non tutto era permesso. Traduciamolo nel linguaggio dei nostri
giorni: non inquinare.
La Chiesa ha affrontato il problema, a ogni livello, da molto tempo. Dal
1970, per esempio, la Pontificia Accademia delle Scienze ha dibattuto il te-
ma dell'ambi~nte, ha dedicato nel 1983 due importanti rapporti (che a loro
tempo suscitarono un grande clamore) alle conseguenze di un eventuale
conflitto nucleare, ha discusso nel 1987 «Una nuova impostazione per la
protezione dell'ambiente». Le conclusioni sono severe: «Il mondo e l'uma-
nità sono in pericolo: segnali allarmanti ci provengono da ogni direzione».
Che cosa, dunque, dobbiamo capire? L'utilità di ogni nostro piccolo gesto
ecologico. Senza spazientirci se la busta di plastica, per scoraggiarne l'uso,
ha un costo. Se dovremo affrontare una spesa per dotare di un filtro lo
scappamento della nostra automobile. Se pagheremo di più la benzina «pu-
lita» e ci si chiederà di rinunciare a qualche ora d i riscaldamento (d'inverno)
o di refrigerazione (d'esta te) in casa. Se ci verrà impedito di adoperare le
bombolette spray (comodissime, certo), gli insetticidi a irrorazione (meno
faticosi delle polveri, d'accordo), i pesticidi nei frutteti e gli erbicidi nei se-
minati.
È un dovere, per un cristiano. Un piccolo contributo, ogni giorno, di un
miliardo e mezzo di credenti - praticanti, vicini, lontani, separati - può
sconfiggere i timori, riconciliare l'uomo con quel creato che il Signore riten-
ne buono.
Angelo Paoluzzi

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6 · 1APRILE 1989
VITA ECCLESIALE
VERSO UNA NUOVA
MISSIONARIETÀ DEL LAICATO
E UNA NUOVA
EVANGELIZZAZIONE
Intervista a don Egidio Viganò
sull'esortazione apostolica
«Christifideles Laici»
Foto ELLE DI Cl
J
«La Carta della missio-
narietà del Popolo di Dio per il Ter-
zo Millennio». Così don Egidio Vi-
ganò definisce l'esortazione apo-
stolica «Christifideles Laici» sulla
vocazione e missione dei fedeli laici
nella Chiesa e nel mondo, frutto del
Sinodo del 1987. Il documento è
stato firmato dal Papa il 30 dicem-
bre scorso, festa della Sacra Fami-
glia, giorno in cui Giovanni Paolo Il
a Porto San Giorgio, nelle Marche,
ha dato il mandato missionario a 72
famiglie laiche del «Cammino»
neocatecumenale.
Dopo la «Catechesi tradendae»
del 1979, la «Familiaris Consortio»
del 1981 e la «Reconciliatio et Pae-
nitentia» del 1984, il quarto docu-
mento postsinodale di Giovanni
Paolo II intende riportare tutta la
ricchezza del Sinodo sul laicato,
con questa finalità dichiarata: «su-
scitare ed alimentare una più decisa
presa di coscienza del dono e della
responsabilità che tutti i fedeli laici,
e ciascuno di essi in particolare,
hanno nella comunione e nell a mis-
sione della Chiesa».

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- - - - - - - - - - -5'1-
1APRILE 1989 1
Il Rettor Maggiore dei Salesiani,
che ha partecipato al Sinodo '87 co-
me rappresentante dell'Unione dei
Superiori Generali, ci illustra in
quest'intervista i contenuti di fondo
di un documento che costituisce
una piccola «summa» della dottrina
conciliare ed esorta i fedeli laici a
«prendere parte viva, consapevole
e responsabile alla missione della
Chiesa in quest'ora magnifica e
drammatica della storia, nell'immi-
nenza del Terzo Millennio».
Don Viganò, quale è il suo giu-
dizio globale sull'esortazione apo-
stolica post-sinodale?
Si tratta di un documento fonda-
mentale, come lo fu a suo tempo l'e-
sortazione apostolica di Paolo vr
dopo il Sinodo sull'evangelizzazio-
ne, la «Evangelii nuntiandi», che è
servita di base in questi anni a tante
iniziative pastorali, per esempio al-
la preparazione e allo svolgimento
della terza conferenza generale
dell'episcopato latino-americano a
Puebla agli inizi del '79. La «Christi-
fideles» ha un valore paragonabile
a quel documento perché sarà la
Carta della missionarietà del Popo-
lo di Dio verso il Terzo Millennio.
Traccia, infatti, le linee generali
- sia teologiche sia spirituali sia
pastorali, soprattutto operative e
culturali - dell'impegno del laica-
to, e di tutta la Chiesa, in prepara-
zione del Duemila.
Perché nel titolo si è voluto sot-
tolineare «Christifideles Laici»,
ossia i fedeli cristiani laici? Non
era sufficiente parlare di laici?
Nel Sinodo fu detto varie volte
che bisogna sottolineare innanzi-
tutto che si tratta di «cristiani».
Mettere in rilievo, dunque, la digni -
tà e le conseguenze del Battesimo
eguali per tutti. Questo, nella prassi
pastorale, significa in certo senso
cambiare lo «schieramento» della
Chiesa di fronte al mondo, la sua
strategia pastorale. L'identità così
profondamente descritta del «cri-
stiano laico» fa percepire quello
che deve fare la Chiesa per il suo
rinnovamento pastorale. Durante il
Sinodo, alcuni sostenevano che ba-
sta dire «cristiano» senza aggiunge-
re «laico». L'esortazione mostra in-
vece con chiarezza che, se è vero
che tutta la Chiesa ha una «dimen-
sione secolare» perché vive nella
Foto Archivio SEI - Demarie
storia e lavora per gli uomini, tutta-
via i «fedeli laici» hanno un'«indole
secolare» che indica la specificità
dei loro ministeri e dei loro servizi,
ossia della loro vocazione e missio-
ne nella Chiesa.
Che cosa intendeva sostenere
dicendo che cambia lo «schiera-
mento» della Chiesa nel mondo?
Se qualcuno prima immaginava
la Chiesa con i vescovi ed i preti in
prima fila, i religiosi e le religiose in
seconda, i laici in terza, adesso con
la «Christifideles» l'immagine si è
capovolta. La Chiesa è sacramento
di salvezza nel mondo. Ma chi è nel
mondo? Chi è il fermento del mon-
do? Soprattutto i fedeli laici. Quin-
di, dietro di loro vengono .i religiosi
e le religiose come testimoni dell'e-
scatologia e poi i pastori come
orientatori e animatori che danno
costanza, forza, sicurezza di verità
salvifica. Questo, a mio avviso, è l'a-
spetto pastoralmente più interes-
sante del documento.
Eppure alcuni commentatori
hanno visto nel documento solo
una stanca ripetizione della dot-
trina del Vaticano II.
La finalità dei Sinodi non è di far
progredire la dottrina conciliare,
ma di farla applicare. I Sinodi han-
no sostanzialmente una proiezione
«pastorale». La «novità» di un Si-
nodo non consiste nel fare afferma-
zioni dottrinali nuove, ma nell'ap-
profondire quelle del Concilio, e so-
prattutto nel cercare il modo di
metterle in pratica. In altre parole,
nel passaggio della dottrina dalla
«teoria» alla «prassi». Con la
«Christifideles» la Chiesa si è in-
camminata decisamente - senza
ritorno - sui sentieri del Concilio.
Chi non va av a nti in questa direzio -
ne, rimane spaesato. La vera novi-
del documento è la volontà pa-
storale del Papa e dei vescovi in
unione con Lui di sottolineare l'im -
portanza dei fedeli laici nel Popolo
di Dio.
Il documento è animato da un
grande respiro biblico...
La chiave biblica è stata usata
dal Santo Padre in forma magistra-
le, come filo conduttore delle rifles-
sioni e delle esortazioni sugli «ope-
rai della vigna del Signore» dalla
prima all'ultima pagina. Sul piano

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8 · 1 APRILE 1989
teologico, il documento sottolinea
in forma molto esigente l'ecclesio-
logia di comunione del Vaticano Il.
Già nel Sinodo straordinario del
1985, i vescovi di tutto il mondo
avevano affermato l'importanza di
rileggere organicamente il Concilio
partendo dalle quattro costituzioni
fondamentali e sottolineando che
una delle loro grandi novità stava
nella presentazione della Chiesa
come una «comunione». Di qui l'e-
guale dignità di tutti i membri del
Popolo di Dio, la missione comune
a tutti sia pure con ruoli diversi a se-
conda della rispettiva vocazione, e
la grande pluriformità di vocazioni
e di ministeri.
La chiave di lettura principale
è comunque quella pastorale...
Oltre che «carta della missiona-
rietà», il documento è la proclama-
zione ufficiale dell'indispensabilità
di una «nuova evangelizzazione».
«Nuova» naturalmente non nei con-
tenuti del patrimonio della fede, ma
nelle modalità di presentazione co-
me messaggio attuale. Di qui una
considerazione molto puntuale del-
le situazioni e delle sfide più urgenti
del mondo, perché tutti i membri del
Popolo di Dio - e in particolare i
fedeli laici - devono essere opera-
tori creativi di una nuova cu ltura
umanistica. Ciò ha bisogno però di
una «nuova evangelizzazione». In
questo senso il documento è fonda-
mento di molte proiezioni pastorali.
Come riassumerebbe, in estre-
ma sintesi, i temi fondamentali af-
frontati nel docwnento?
Prim a di tutto, l'identità del fede-
le laico. Poi, la sua presenza nella
Chiesa, la differenza di ministeri, i
nuo_vi movimenti laicali visti e giu-
dicati alla luce di a lcuni criteri di ec-
clesialità. In terzo luogo, le «nuove
frontiere» di un'evangelizzazione
rinnovati).: la dignità della perso na,
il diritto a ll a vita, la libertà religio-
sa, il problema dell a famig li a, i vasti
ambiti della so lidarietà, la necess i-
dell'impegno politico, la vita eco-
nomico-social e. Tutto ciò co ncen-
trato e riassunto nell'impegno di
una nuova cultura, ossia un a cultura
che tiene conto dei segni dei tempi
emersi negli ultimi decenni ma è
fermentata dall a verità del Vange-
lo. Infine, la plura lità di vocazioni e
la molteplicità di operai.
Uno dei temi che nel Sinodo si
era imposto per una certa «novi-
tà» fu quello dei ministeri e dei
servizi ecclesiali affidati o da affi-
darsi ai laici. Che cosa dice al ri-
guardo il documento?
Nel Sinodo la discussione era
partita dal riconoscimento entusia-
sta di molti sulla necess ità di mini-
steri, uffici e funzioni svolti da fedeli
laici. L'e ntusia smo era stato succes-
sivamente raffreddato dagli esperti
di diritto canonico che avevano
precisato il senso in cui quei termini
dovrebbero essere usati. La «novi-
tà» del documento sta nel fatto che
riconosce e afferma che bisogna
usare anche detti termini per i fedeli
laici. Non si va però oltre, perché il
tema deve ancora essere approfon-
dito. Viene così annunciata la costi-
tuzione di un'apposita Commissio-
ne per studiare i diversi problemi
teologici, liturgici, giuridici e pasto-
rali sollevati dall'attuale grande fio-
ritura di ministeri e servizi affidati
ai fedeli laici.
Nel Sinodo si era pure parlato
molto del problema dei «movi-
menti», che danno luogo oggi ad
«una nuova stagione aggregativa
dei fedeli laici».
Foto Archivio SEI - Raffini
· Il documento riconosce nei nuovi
movimenti un'inizi ativa dello Spiri-
to Santo per i nost ri tem pi, ma sot-
tol inea al tempo stesso la necessità
di disce rnere la val idità in base ad
alcuni criteri di ecclesialità. l movi -
menti devono essere perciò accom-
pagnati, orientati e gu id ati da i pa-
stori responsabili, tenendo sempre
presen te il doppio aspetto del mini-
ste ro de lla Chiesa, che è simulta -
neamente Chiesa particolare e
Chiesa universa le. Non esiste una
C hi esa partico lare che non sia im-
pregnata in sè stessa dell'universali-
di tutta la Chiesa, ma neppure
esiste la Chiesa universale se non
concretizzata ed incarnata nelle
Chiese particolari. Ai nuovi movi-
menti si chiede sia il rispetto per il
Pastore della Chiesa particolare sia
l'adesione e la comunione con il
successore di Pietro che guida la
Chiesa universale.
E che cosa afferma il documen-
to circa il posto e il ruolo della
donna nella Chiesa e nella so-
cietà?
Si domanda uno speciale appro-
fondimento della sua caratteristica
nel Popolo di Dio e si sottolinea
che la donna ha nella Chiesa una
vocazione specifica vincolata con
la sua femminilità. C'è però neces-
sità di uno studio ulteriore dal pun-
to di vista antropologico e teologi-
co. Si tratta di approfondire le mo-
tivazioni per cui la donna ha un a
vocazione specifica in forza della
sua fe mminilità. fl documento insi -
ste molto sul fatto che i principi
enunciati devo no esse re tradotti in
pratica nelle attività e nelle re-
sponsab ilità pastoral i. Quando si
parla di fede li laici, non si fa infatti
dist in zione di sesso. L'esortazione
sotto linea poi fortemente la digni -
della vita ma trimo niale per la
donna e l'importanza della mater-
nità non so lo per lei, ma per l'um a -
nità e per la Chiesa. In proposito
usa es press ioni molto belle ricor-
dando che, nei suo i piani, Dio ha
affidato l'uomo alla donna.
Il documento si fa eco di una
preoccupazione molto diffusa:
quella della reale formazione dei
fedeli laici. Perché?
Una cosa è parlare genericamen-
te del la dignità e dell'importanza
dei fedeli laici oggi, a ltra è avere ve-

1.9 Page 9

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- - - - - -- - - -- 5'1-
ramente dei fedeli laici che siano al-
l'altezza della loro vocazione e mis-
sione. Di qui l'urgenza della forma -
zione: una formazione continua,
permanente, che prolunghi i conte-
nuti del Battesimo e della Cresima.
In ogni paese, e in ogni cultura, oc-
corre rispondere alle interpellanze
che vengono dalle differenti situa-
zioni. Per questo si esortano sia i
preti sia i religiosi e le religiose sia i
membri degli istituti secolari sia i
più preparati dei fedeli laici a colla-
borare attivamente a questa forma-
zione.
Fra i vari aspetti della forma-
zione, il documento non manca di
soffermarsi sulla partecipazione
politica dei fedeli laici.
Riguardo all'impegno politico, il
documento mi ricorda l'acuta
espressione di Pio XI, il quale affer-
mava che, dopo la carità apostolica ,
la forma più alta di carità è quella
politica. Nel testo si afferma cate-
goricamente che un fedele laico, e
quindi tutta la Chiesa, non può mai
abdicare alla partecipazione politi-
ca. Ma quale politica? La politica
del bene comune, la politica del rin-
novamento della società civile. Per
i fedeli laici ciò implica anche il ser-
vizio specificamente politico, rife-
rendosi all'esercizio del potere per
il bene comune. Bisogna avere il co-
raggio di applicare con fedeltà , con
profondità, con duttilità, con creati-
vità, le grandi esigenze del Vangelo
nella vita pubblica se vogliamo co-
struire la nuova civiltà dell'amore.
Un documento proiettato verso
il futuro non poteva non riservare
un'attenzione privilegiata ai gio-
vani.
L'esortazione riconosce che i
giovani «costituiscono una forza
eccezionale e sono una grande sfi-
da per l'avvenire della Chiesa». I
giovani però «non devono essere
considerati semplicemente come
l'oggetto della sollecitudine pasto-
rale della Chiesa ; sono di fatto, e
devono venire incoraggiati ad es-
serlo, soggetti attivi, protagonisti
de ll'evangeli zzazione e artefici del
rinnovamento sociale». I giovani
sono portatori di novità, hanno un
cuore aperto agli ideali. Possono
aiutare la Chiesa a vedere i mille
aspetti ingiusti della società attua-
le. Come ricordavano già i . Padri
1APRILE 1989 9
UNA SINTESI DEL DOCUMENTO
UN ccVADEMECUM»
PER I FEDELI LAICI
La «Christifideles laici,, è un testo organico e completo che sollecita i laici ad
approfondire la loro vocazione e missione alla luce dei diversi temi trattati ed
approfonditi nel Sinodo del 1987, delle frequenti citazioni della Sacra Scrittura,
dei Padri della Chiesa, dei documenti del Concilio Vaticano Il e dei Sinodi pre-
cedenti. È una specie di «vade-mecum,, che può diventare il fedele compagno,
di ogni giorno, per tutti i fedeli laici, uomini e donne, giovani e anziani, indivi-
dualmente o in gruppo, desiderosi di rispondere all'invito di Gesù «Andate an-
che voi nella mia vigna" che funge da leit-motiv di tutto ìl testo.
Il documento - quasi duecento pagine nell'edizione italiana - si compone
di un'introduzione, cinque capitoli e un appello e una preghiera mariana finale. li
primo capitolo, sulla dignità dei fedeli laici nella Chiesa-Mistero, proclama l'in-
dole secolare e la vocazione alla santità, che appartiene all'intima essenza della
vocazione e della missione laicale. Il secondo, sulla partecipazione dei fedeli
laici alla vita della Chiesa-comunione , tratta in particolare dei ministeri, servizi,
compiti, responsabilità e carismi dei laici, riconoscendo ed incoraggiando le
forme personali ed aggregative di partecipazione.
Il terzo capitolo si sofferma sulla corresponsabilità dei fedeli laici nell'azione
missionaria della Chiesa in tutto il mondo, allo scopo di attuare una nuova evan-
gelizzazione e vivere il Vangelo nel servizio alla persona e alla società. Il quarto
è sulla straordinaria varietà di presenze nella Chiesa, tutte e ciascuna chiamate
a lavorare per l'awento del Regno di Dio secondo la diversità di vocazioni e
situazioni, età e sesso, carismi e ministeri. Il quinto riguarda la formazione dei
fedeli laici per scoprire e vivere sempre meglio la loro vocazione e missione,
nell'unità ecclesiale, ricercando costantemente l'edificazione reciproca tra i .
fratelli.
L'esortazione si chiude con un appello missionario rivolto a tutti e una pre-
ghiera a Maria, Vergine coraggiosa, affinché guidi i fedeli a vivere sempre come
autentici figli e figlie della Chiesa, contribuendo a «stabilire sulla terra la civiltà
della verità e dell'amore secondo il desiderio di Dio e per la sua gloria".
O
del Concilio nel loro famoso mes-
saggio alla gioventù dell'8 dicem-
bre 1965, i giovani rappresentano
con speciali caratteristiche la pre-
senza nel mondo dello Spirito San-
to creatore e portatore di i:iovità.
Non a caso il documento rammen-
ta che più della metà dell'intera po-
polazione di tanti paesi è formata
da giovani e che in tante nazioni
del Terzo Mondo essi sono quasi il
70-800/o degli abitanti. Dedicarsi ai
giovani significa davvero preparar-
si al Terzo Millennio.
In conclusione, l'esortazione è
una grande provocazione anche
per la famiglia salesiana?
Certamente. Il Consiglio genera-
le si è già dedicato allo studio del
documento. Abbiamo pure racco-
mandato alle varie case salesiane
in tutto il mondo di farne tema di
approfondimento perché si tratta
del documento-base della «nuova
evangelizzazione» per una congre-
gazione come la nostra che si dedi-
ca al lavoro tra i giovani. Per le a~-
sociazioni laicali della nostra fami-
glia, in particolare, vorremmo che
la «Christifideles Laici» divenisse
l'anima del loro associazionismo e
della formazione dei lo~o membri.
Il 4 marzo dell'anno venturo co-
minceremo un nuovo Capitolo ge-
nerale, il 23°, che dovrà tracciare le
linee di attività della congregazio-
ne per i successivi sei anni. Abbia-
mo scelto come tema centrale pro-
prio quello dell'educazione dei gio-
vani alla fede come c·ompito e sfida
per i salesiani oggi. Ci sentiamo
dunque in piena sintonia con il do-
cumento di Giovanni Paolo Il, ·
«Carta della missionarietà del Po-
polo di Dio per il Terzo Millennio»
e documento-guida della «nuova
evangelizzazione».
D

1.10 Page 10

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10 · 7APRILE 1989
VITA ECCLESIALE
GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI
SOCIALI
La celebrazione della
ventitreesima giornata.
«La religione
nei mass media».
Educare il «ricettore»
e impegnarsi
per un cambio
di mentalità.
Con un certo scorag-
giamento i credenti che operano
nel campo dei mass media ogni an-
no vedono trascorrere come una
specie di stanco rituale la Giornata
mondiale della Comunicazioni so-
ciali, indipendentemente dall'im-
portanza che la Chiesa annette, con
sempre maggiore convinzione, al
settore e all'avvenimento. E nono-
stante che dal 1967 Paolo VI prima,
Giovanni Paolo Il poi abbiano con-
tinuato a parlare al popolo cristia-
no con un appello che intelligenza e
responsabilità vorrebbero non fos-
se frettolosamente collocato in ar-
chivio.
I ventitre documenti che da quel-
l'anno vengono a ricordare a chi si
professa cristiano il preciso dovere
di una retta comunicazione costitui-
scono, in primo luogo, una referen-
za che, per i mass media, non può
essere disattesa; e, come criterio
generale, un corpus organico e co-
erente di un dover essere dell'uomo
di fede, sia esso comunicatore (cioè
addetto ai lavori: giornalista, attore,
pubblicitario, tecnico, produttore) o
recettore (cioè utente, lettore,
ascoltatore, cine o telespettatore).
Aggiungiamo che il tema dell 'anno
è generalmente collegato, quando
più, quando meno strettamente, a
una grande occasione pubblica. [n
passato, vogliamo ricordare fra gli
altri, all'anno mondiale dell'infan-
zia, della gioventù, degli anziani, al
sinodo dei vescovi, all'Anno Santo,
a importanti documenti della Chie-
sa, come la «Populorum Progres-
sio», ad alcuni argomenti della
Giornata della Pace.
Nella xxm Giornata delle Co-
municazioni sociali (che in tutto il
mondo si celebra il 7 maggio, solen-
nità dell'Ascensione, e in Italia il 4
giugno), il messaggio è dedicato a
«La religione nei mass media», con
un riferimento - non crediamo ca-
suale - al dibattito internazionale
sulle libertà che ha trovato un posi-
tivo esito a Vienna nel gennaio
scorso, a conclusione della Confe-
renza di attuazione del famoso «At-
to europeo», firmato - anche dalla
Santa Sede - a Helsinki nel 1975, e
che da allora era stato attuato sol-
tanto in parte, per evidente inadem-
pienza di alcuni Paesi dell'Est (an-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - -- - - - - -sB-
cora reticenti, nonostante la sotto-
scrizione, come la Cecoslovacchia,
la Germania Est, la Romania).
Nella capitale austriaca, questa
volta, si è coronato l'accordo, non
solamente con assicurazioni di
principio, circa i diritti dell'uomo e
le sue libertà, quella religiosa com-
presa, in tutti i particolari. Certo, la
via di attuazione di quegli impegni
sarà lunga e probabilmente contor-
ta, subirà ritardi e troverà ostacoli.
Ma è sancita ormai da un'intesa so-
1APRILE 1989 11
Jenne e, quel che più conta, ognuno
dei trentatre firmatari può chiedere
ragione a qualsiasi altro del manca-
to rispetto di quanto aveva promes-
so. E, fra le altre richieste, il Segre-
tario del Consiglio degli Affari Pub-
blici della Chiesa (cioè il ministro
degli Esteri), Mons. Angelo Sodano,
aveva chiesto formalmente «l'ac-
cesso delle coml!nità dei credenti ai
mass media».
Può sembrare che il tema della li-
bertà religiosa sia lontano da ciò
che Giovanni Paolo II enuncia nel
messaggio su «La religione nei mass
media». Ma, ad una attenta lettura
di tutti i documenti, si profila una
costante secondo la quale accanto
al dovere della professione di fede ,
in tutti i suoi aspetti morali culturali
spirituali, esiste il diritto alla sua
manifestazione. Un «filo rosso» che
traversa l'insegnamento pontificio
da quel non lontano 1967, quando,
nel primo dei messaggi, Paolo VI
scrisse che «utile e degna di plauso
è... ogni seria iniziativa che tenda a
formare il giudizio critico del letto-
re e dello spettatore, e a far valutare
le notizie, le idee, le immagini che gli
vengono proposte, non solo sotto
l'angolo visuale della tecnica, dell'e-
stetica, dell'interesse suscitato, ma
·altresì sotto il profilo umano, mora-
le e religioso, con riguardo ai valori
supremi della vita».
Il Papa traccia, in questa XXIII
Giornata, un bilancio della presen-
za del messaggio cristiano nei mass
media ed esprime una moderata
soddisfazione per l'accresciuto spa-
zio che esso vi ottiene «a causa del-
l'interesse maggiore prestato alla
dimensione religiosa delle realtà
umane», nonostante il progressivo
secolarismo del mondo industrializ-
zato «che sembrava comportare la
scomparsa del senso religioso del-
1' "uomo moderno"». Il documento
è giocato sull'.ottimismo cristiano
che tiene conto, oltretutto, di deter-
minati svolgimenti favorevoli alla
pace e alla ragionevolezza lungo i
quali il mondo, nel 1989, sembra si
sia incamminato. E questo momen-
to, oseremmo dire, di calma sugge-
risce appunto una riflessione paca-
ta sulla presenza del fatto religioso
negli strumenti mediali, al di là dal-
l'incompiutezza e dalla parzialità
che segna talvolta il rapporto tra
comunicatori e pubblico.
Il messaggio sottolinea un ulte-
riore aspetto del costante interesse
della Chiesa per i mass media. Vi si
ricorda, infatti, il venticinquesimo
anno dalla fondazione della Pontifi-
cia Commissione per le Comunica-
zioni sociali, istituita da Paolo VI
appunto nel 1964, e la sua trasfor-
mazione odierna in «consiglio Pon-
tificio». Una sorta di promozione,
vale a dire, di quell'organismo, che
trova così «la sua dimensione com-

2.2 Page 12

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Le due foto del servizio sono tratte da «L'uomo della Croce» di Umberto Gamba, Centro Catechistico Paolino, Roma.
pleta» - annuncia il Pontefice - , il complesso della stampa scritta,
dopo essersi «impegnata con perse- degli audiovisivi, del settore dell'in-
veranza a promuovere nella Chiesa formatica e «banche dati». E, a pro-
un atteggiamento di partecipazione posito di audiovisivi, ci si può mera-
e di creatività in questo settore, o vigliare - ed è difficile spiegare le
meglio in questo nuovo stile di vita ragioni dell'assenza - che non vi si
e di condivisione dell'umanità».
presti adeguata attenzione, neppu-
La riflessione di Papa Wojtyla re sul piano della semplice informa-
avanza comunque un interrogativo . zione (manca la critica cinemato-
che non è mancato nei precedenti grafica, mancano notiziari e com-
documenti: «La questione posta og- menti alle emissioni radiotelevisive,
gi alla Chiesa non è più quella di sa- manca il settore discografico e ma-
pere se l'uomo della strada può an- gari si concede uno spazio spropo-
cora recepire un messaggio religio- sitato alla lirica e alla musica classi-
so ma quella di trovare i linguaggi ca) da parte di organi e giornali cat-
di comunicazione migliori per otte- tolici , ritenuti autorevoli, che inter-
nere per ottenere ·il maggiore im - vengono con giudizi su fatti dei
patto possibile del messaggio evan- quali non hanno mai in precedenza
gelico». E più in il Papa quindi si parlato.
augura: «Possano il messaggio reli- Nella continuità e coerenza del-
gioso e le iniziative religiose essere l'insegnamento magisteriale è con -
· presenti in tutti i mass media: e nel- fortante collegare l'attuale messag-
l'enumerazione non mancano «i di- gio con quanto già scriveva Paolo
segni animati » (ricordati per la pri- VI nella Giornata del 1972, la sesta :
ma volta in un messaggio) e i «fu- «L'evento religioso non può essere
metti» (dei quali lo stesso Pontefice compreso adeguatamente se lo si
aveva parlato per la prima volta nel considera soltanto nella sua dimen -
1980). Anche, naturalmente, di tutto sione umana, psicologicamente e
sociologicamente rilevabile. Occor-
re anche scoprirne la dimensione
spirituale, vale a dire la connessio-
ne e l'inserimento nel mistero della
comunione dell'uomo con Dio,
cioè nel mistero della salvezza. Ciò
significa afferrare per quanto possi-
bile la verità, appunto, "religiosa" di
certi particolarr avvenimenti, la
quale potrà essere colta interamen-
te solo se si terrà conto del contesto
spirituale del fenomeno religioso a
cui l'evento si riferisce, e, al di là
della sola competenza professiona-
le, della luce della fede , che sola
può offrire la piena intelligenza,
specie in talune circostanze».
Un discorso che prova la conti-
nuità di ognuno dei messaggi per la
Giornata delle Comunicazioni so-
ciali con tutti quelli che precedono
e vengono dopo ; nel segno della
Chiesa che continua a insegnare, fi -
duciosa che prima o poi il disinte-
resse, o la scarsa sensibilità, dei cre-
denti si trasformi in solerte attività
e testimonianza.
Angelo Paoluzi

2.3 Page 13

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- - - - - - - - - - -sB-
STRENNA 1 989
13 · I APRILE 1989
LA PASTORALE VOCAZIONALE
PASSA ATTRAVERSO
UN COMPATTO TESSUTO
COMUNITARIO E UNA NUOVA
SENSIBILIZZAZIONE
A colloquio con
don Giovanni Fedrigotti,
responsabile
dell'animazione
vocazionale salesiana.
«La nostra Famiglia
esiste per la gioventù; ossia, è impe-
gnata costantemente in un'azione
proiettata in avanti; opera per la fe-
de di domani; è, per la sua stessa
missione costitutiva, lanciata verso
il Terzo Millennio. Per questo, una
rinnovata pastorale per le vocazio-
ni dovrà essere al centro de lle sue
preoccupazioni, delle sue iniziative
di' azione, de lle sue competenze pe-
dagogiche».
Così, concludendo la Strenna '89,
il Rettor Maggiore, don Egidio Vi-
ganò, mette a fuoco l'e lemento più
strategico per l'avvenire della Fa -
miglia salesiana: le vocazioni. Le
sue parole sono un accorato appel-
lo a tutti a tradurre in pratica le spe-
,d,o,-s-s-ie-r
PAS1ORAlE
VOCAZIONALE
SALESIANA
,, Yìenl e Ytdi,,
' I S&Jeslh, f '?{fy
«VIENI E VEDI»
Il Dicastero centrale per la pastorale giovanile ha preparato un
dossier di 192 pagine che mette a disposizione di quanti sono
interessati e impegnati nella pastorale vocazionale . Si tratta di
orientamenti , proposte , esperienze e notizie rilevate dal vissuto
salesiano . Si può richiedere il fascicolo a: Dicastero Pastorale
Giovanile, via della Pisana 1111, 00163 ROMA.

2.4 Page 14

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14 1 APRILE 1989
ranze suscitate dall'Anno Centena-
rio appena concluso. Un appello a
voltarsi indietro ed a guardare agli
eventi vissuti per trovare in essi de-
gli stimolanti «ricordi di futuro»,
ponendosi decisamente sulle orme
di Don Bosco, che fu «Un Grande
nella pastorale vocazionale».
«Don Viganò ci ricorda opportu-
namente che ,Don Bosco è stato un
instancabile apostolo delle voca-
zioni, ricco di discernimento e
audace, in tempi difficili», dice don
Giovanni Fedrigotti, ispettore re-
sponsabile italiano per la pastorale
delle vocazioni. «Allo stesso discer-
nimento, alla stessa audacia siamo
chiamati noi oggi. E indubbiamente
c'è già nella Congregazione una
nuova sensibilità per questa dimen-
sione pastorale, dopo il ripensa-
mento complessivo della vita sale-
siana operato dal XX Capitolo ge-
nerale; un Capitolo che ha rimesso
l'attenzione per la formazione vo-
cazionale dei giovani, e la cura delle
vocazioni apostoliche per la Chie-
sa, fra le maggiori preoccupazioni
della Famiglia salesiana, com'è
sempre stata sua tradizione».
«Un secondo elemento che ha in-
fluito su tale ripresa di attenzione»,
nota don Fedrigotti, responsabile
dell'ispettoria di Verona, «è stato
l'invecchiamento notevole del per-
sonale salesiano è l'esito della crisi
sessantottesca». «I "vuoti", che in un
primo' tempo sono stati arginati,
adesso si son fatti più vistosi. Molti
apostolati urgenti in Italia e all'este-
ro - le missioni, la tossicodipen-
denza, l'emarginazione giovanile,
- risentono della mancanza di gio-
vani che sono i più adatti ad impe-
gnarsi nelle situazioni difficili, ad
attualizzare il carisma di Don Bo-
sco sulle frontiere della Chiesa og-
gi. I nuovi bisogni hanno in un certo
senso fatto riscoprire la grave crisi
delle vocazioni che, negli ultimi de-
cenni, aveva toccato anche la no-
stra Congregazione».
«Contemporaneamente si è me-
glio compreso che non esiste vera
opera di educazione cristiana e di
evangelizzazione che nori abbia
una conclusione vocazionale. Sia
che si scelga .lo stato matrimoniale
sia che si accetti il celibato come
una chiamata o ci si orienti verso le
vocazioni di speciale consacrazio-
ne. Tutto questo apparirà con mag-
giore evidenza nei prossimi mesi,
quelli che ci separano dal nuovo
Capitolo generale che inizierà il
4 marzo del 1990 ed avrà per tema:
"Equcare i giovani alla fede"».
Don Fedrigotti tiene a sottoli-
neare come il cammino interno del-
la Congregazione sia andato di pari
passo in Italia con un più vasto mo-
vimento ecclesiale.
Nella Pentecoste del 1985 è ap-
parso un documento dei nostri ve-
scovi sull'orientamento vocaziona-
le, a conclusione di quasi quindici
anni di riflessione. Nello stesso arco
di tempo, anche il Centro Naziona-
le Vocazioni è andato acquistando
sempre più in energie, in qualità di
persone che vi lavorano, in capaci-
tà di coordinamento a livello gene-
rale e nel farsi motore di una ripre-
sa vocazionale, ad ogni livello, in
tutte le diocesi.
In questo quadro va vista la ricer-
ca di un più stretto coordinamento
dell'azione delle varie Ispettorie
italiane. Innanzitutto è stato creato
un centro di animazione unitario af-
fidato all'ispettoria veronese. Il cen-
tro, di cui è coordinatore don Luigi
De Liberali, ha soprattutto un com-
pito di promozione sul piano nazio-
nale pur nella diversità geografica
che caratterizza l'Italia salesiana
sotto il profilo vocazionale. Ci sono
infatti zone che, un te1J1po, presen-
tavano un netto calo di vocazioni e
adesso risultano in ripresa; altre
che in passato avevano «tenuto» di
più ed ora sono maggiormente toc-
cate dalla crisi. Si pensi al Veneto
che è sempre stata una specie di «ri-
serva» di vocazioni per l'Italia sale-
siana, specialmente per le ispettorie
del Centro-Nord.
Emblematico il caso dell'ispetto-
ria di Verona, dove non si sono avu-
te nuove vocazioni per alcuni degli
ultimi anni settanta. Adesso si av-
vertono sintomi di ripresa, anche se
ancora modesta: 2, 3 novizi l'anno.
Altre regioni invece come la
Lombardia hanno tuttora un discre-
to numero di novizi: una decina,
due anni orsono. Questa maggiore
tenuta è stata possibile grazie ad
una presenza oratoriana più conti-
nua ed al fatto che le strutture ec-
clesiali lombarde che accompagna-
no i ragazzi dalla prima età sino ai
vent'anni, sono passate quasi inden-
ni attraverso l'esperienza del '68 e
quelle postsessantottesche. Ciò ari-
prova che uno degli elementi deci-
sivi nel campo dell'animazione vo-
cazionale è proprio il tessuto eccle-
s\\ale soggiacente alle opere sale-
siane.
«Il coordinamento del centro na-
zionale», rileva don Fedrigotti,
«non sempre riesce ad essere pun-
tuale ed efficace come dovrebbe
proprio per la discontinuità interna
alla struttura salesiana italiana.
Tuttavia serve a fornire stimoli,
esperienze, orientamenti ed a pro-
muovere Io scambio di progetti
riusciti e l'ascolto delle difficoltà
sperimentate nelle diverse situa-
zioni.
II suo compito principale è la for-

2.5 Page 15

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mazione permanente degli anima-
tori vocazionali delle singole ispet-
torie. In ogni comunità sarebbe ne-
cessario la presenza di persone ca-
paci di tradurre l'orientamento vo-
cazionale in itinerari e percorsi edu-
cativi e in metodologie adeguate.
«A tal fine, dal 20 al 24 agosto di
quest'anno, si terrà a Roma, presso
Villa Tuscolana, un convegno na-
zionale a cui saranno invitati, in
modo particolare, quanti nelle no-
stre comunità hanno un ruolo di
animazione educativa o di direzio-
ne spirituale o di formazione cate-
chetica. Il convegno, insomma, sa-
aperto a tutti coloro che hanno
qualche responsabilità nelle diverse
dimensioni nativamente vocaziona-
li di ogni pastorale giovanile.
«Al tempo stesso», sostiene don
Fedrigotti, «occorre puntare su una
rinnovata presa di c_oscienza. Spes-
so, gli impegni educativi, lavorativi,
professionali, sono tali che non è
agevole inserire adeguatamente la
dimensione "orientamento vocazio-
nale" all'interno dei progetti peda-
gogici e didattici. Un obiettivo im-
portante che si vuol raggiungere,
creando una diffusa coscienza del
problema a livello nazionale e loca-
le, è quello di far comprendere co-
me non vi sia vera opera di educa-
zione umana né di evangelizzazio-
ne se non orienta i giovani verso
scelte mature di natura vocaziona-
le. Per conseguire tale obiettivo so-
no già molte le iniziative in cantie-
re: filmati, dossier, ecc.
«È anche allo studio la proposta
di una "settimana vocazionale" da
tenere in ogni comunità, in modo da
render tutti - laici e consacrati -
coscienti di questa dimensione fon -
damentale della vita cristiana. Sono
pure previsti incontri interispetto-
riali con i ragazzi vocazionalmente
più maturi che condividono le loro
esperienze e, contemporaneamen-
te, si confrontano con altri giovani
che hanno già fatto la loro scelta.
Per esempio, i giovani salesiani, con
uno o più anni di professione, nar-
rano la storia della propria vita e
della propria scelta, con le sue diffi-
coltà, e si confrontano con altri gio-
vani ancora in ricerca, illuminandoli
sugli aiuti, sulle grazie, sui problemi
del loro cammino».
«Alcune ispettorie - don Fedri-
gotti traccia una specie di mappa
delle iniziative in atto - hanno tut-
tora una comunità "Proposta" che
funziona molto bene, quasi un aspi-
rantato, dove i giovani dopo i 14-15
anni trascorrono dai tre ai cinque
anni, arricchendosi di elementi for-
mativi che li aiutano nella scelta
quando giungono in età più matura :
18-20 anni. Queste comunità però
sono presenti solo nella metà, forse,
delle ispettorie italiane.
Nelle altre, esistono gruppi ispet-
toriali dove i ragazzi convergono
dalle varie comunità ed un'equipe
specializzata li accompagna e li
guida fino alla maturazione della
scelta».
«Alcune ispettorie hanno messo
in opera un'altra iniziativa: quella
1 APRILE 1989· 15
del prenoviziato. Si è notato, infatti,
che è difficile far passare i giovani
direttamente dalla vita vissuta nelle
loro famiglie alla vita religiosa. Essi
incontrano problemi di vita comu-
nitaria , di compatibilità di caratteri ;
problemi nei confronti della disci-
plina religiosa cui non sono abitua -
ti. Per questo , una delle urgenze
maggiori che si avvertono è l'esi-
genza di una strutturazione più or-
ganica del prenoviziato, dove il gio-
vane che intende .farsi salesiano
possa passa re un anno di esperien-
za presso l'una o l'altra comunità,
facendo l'educatore, vivendo in co-
munità coi confratelli, pregando
con loro, sperimentando la vita co-
munitaria, interrogandosi sulle sue
attitudini a viverla in seguito. Ed
una volta emersa la risposta positi -
va, egli possa fare la sua scelta ed
entrare in noviziato.
«A quest'esperienza», continua
don Fedrigotti, «vorremmo aggiun-
gerne altre. Penso, per esempio, al
volontariato missionario. Oggi, con
l'a pertura che c'è ad un nuovo senso
di "mondialità", sono sempre di più i
giovani che chiedono di trascorrere
dei mesi o addirittura degli anni
presso le nostre missioni. Questo è
certamente un campo vocazionale
privilegiato, proprio perché siamo
sulle frontiere dei più poveri, delle
comunità salesiane impegnate in
prima linea, più generose, formate
anche di personale più scelto. Sia-
mo, in poche parole, di fronte a bi -
sogni cosl estremi che suscitano fa-
cilmente vocazioni specie nei ra-
gazzi più generosi. E noi salesiani
non possiamo naturalmente trascu-
rare questa strada».
«Un'altra strada che ci si apre di-
nanzi è quella del servizio civile de-
gli obiettori di coscienza. Già più
d'uno in Italia è passato dal servizio
civile alla vocazione salesiana o a
quella sacerdotale oppure religiosa.
Ciò indica due cose. La prima: l'one-
stà delle motivazioni dei giovani che
fanno tale scelta, mentre in giro si
sentono muovere ancora, qua e là,
contestazioni che li accusano di fare
una sce lta di comodo, d"'imboscarsi"
invece di fare il militare. La seconda:
la natura cristiana e "vocazionale"
della loro scelta. Cosl alcuni fra gli
obiettori più maturi possono passa-
re, senza grossi traumi, dal servizio

2.6 Page 16

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16 · I APRILE 1989
civile a quel grande servizio alla pa- .
ce, all'educazione, alla concordia fra
i popoli, che è la vita di una grande
congregazione religiosa».
Don Fedrigotti avanza un'altra
considerazione importante: «È op-
portuno - pur non trascurando i
preadolescenti e gli adolescenti -
rivolgere ora l'a~tenzione dominan-
te verso la stagione delle decisioni
che, nei ragazzi d'oggi, copre gros-
somodo l'età compresa fra i 20 ed i
30 anni. Di qui il problema: come es-
sere accanto ai giovani di quest'età,
che spesso sono ex allievi o giovani
che non frequentano più stabilmen-
te le nostre case, e insieme non tra-
scurare le stagioni dell a preadole-
scenza e dell'adolescenza, quartdo
una vocazione matura e ha più biso-
gno di conforto, di incoraggiamento
e di accompagnamento?».
«La .situazione non è comunque
rosea», conclude realisticamente
don Fedrigotti. «Certamente è cre-
sciuta la consapevolezza vocazio-
nale delle nostre comunità. Sicura-
mente è aumentato il numero dei
salesiani che si sono assunti un im-
pegno diretto in questo campo. Ma
la situazione delle vocazioni sale-
siane è ancora alquanto stazionaria,
anche se in lieve miglioramento se
confrontata con quella di 10-15 an-
ni addietro. La media nazionale dei
novizi si aggira sui 40-45 l'anno. La
nostra speranza è che la maggiore
sensibilità vocazionale dell'intera
comunità ecclesiale porti ad un
maggior numero di vocazioni, an -
che salesiane. La congregazione ne
ha molto bisogno».
«Io credo che le nostre vocazio-
ni aumenteranno tanto più quanto
più ci attesteremo sulle frontiere
assegnateci da Don Bosco: stare
davvero con i ragazzi più poveri ed
abbandonati, aprire nuove vie al
cammino di tutta la Chiesa, essere
presenti in zone e sett ori trascurati
da altri, perché è che fiorisce il
carisma salesiano come accadde a
suo tempo per il Fondatore, Don
Bosco. Dobbiamo, da un lato, sfor-
zarci di rinnovare la nostra testi-
monianza personale fatta di san"ti-
tà di vita, di efficacia prepositiva, di
coerenza di comportamenti; dal-
l'altro, impegnarèi a rinnovare a
fondo la testimonianza della con-
gregazione, arricchendo la sua mis-
sione degli elementi più genuini
della tradizione salesiana e schie-
randoci sulle frontiere più avanza-
te della Chiesa».
LE VOCAZIONI IN ITALIA:
«Cl SONO RAGAZZI E GIOVANI
CHE CORRONO IL RISCHIO
DI NON REALIZZARSI
PER TUTTA LA LORO V!TA»
Intervista a don Luca
si aggira sulle 400 all'anno, che cor-
Bonari, vice direttore
risponde ai due terzi degli ordinati
del 1972. Un piccolo segno di ripre-
del Centro Nazionale
sa si è avuto nel 1986 con 558 ordi-
Vocazioni.
nazioni. L'età media del clero va or-
mai verso i 58-60 anni, con un forte
aumento degli ultrasettantenni e,
inevitabilmente, dei sacerdoti an -
Alla fine del 1986 i sa- ziani e malati.
cerdoti diocesani erano in Italia Di qui l'interesse di quest'intervi-
.38.439. Quindici anni prima erano sta concessa a «BS» da don Luca
42.834. Dopo la rapida diminuzione Bonari, parroco di Montalcinello,
che si è avuta sino al 1980, la situa- un paese in provincia di Siena, e vi-
zione è andata stabilizzandosi. La cedirettore del Centro Nazionale
media delle ordinazioni sacerdotali Vocazioni. L'organismo è l'espres-

2.7 Page 17

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- - - - - - - - -- -~
-
1APRILE 1989 17
sione concreta della preoccupazio-
ne dell'episcopato italiano per il
problema delle vocazioni consacra-
te. I nostri vescovi, a più riprese,
hanno mostrato la consapevolezza
dell'importanza fondamentale che
la promozione delle vocazioni rive-
ste anche nelle prospettive di rinno-
vamento pastorale. Indirettamente,
l'urgenza del problema, e non solo
per l'Italia, viene sottolineata anche
dal tema scelto dal Papa per il Sino-
do dei Vescovi del '90: «La forma-
zione dei sacerdoti nelle odierne
circostanze».
Don Luca, la pastorale vocazio-
nale è solo la risposta a preoccu-
pazioni di tipo numerico e funzio-
nale?
li punto di partenza è spesso que-
sto sentirsi con l'acqua alla gola.
Ma è anche normale. Sovente nella
Chiesa i problemi si sentono quan-
do incominciano a far veramente
problema. Tutto lo sforzo del Cen-
tro Nazionale Vocazioni in questi
anni è stato proprio quello di passa-
re da una consapevo lezza generata
dal problema ad una consapevolez-
za dettata dall'amore. In altre paro-
le, siamo consapevoli che il proble-
ma si risolve soltanto se incomin-
ci a mo insieme a tornare ad amare
profondamente le nuove genera-
zioni sino al punto di desiderare
d'incontrare il loro cammino, per-
ché possano riprendere con gioia a
riscoprire ed a vivere la vita come
vocazione, e quindi come vocazio-
ne ai vari stati di vita.
È un cammino che in gran parte
è stato già fatto dalla Chiesa che è
in Italia. Sono in molti fra i vescovi,
i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i
laici, a sentire che non si può conti-
nuare a fare pastorale vocazionale
solo per paura di vuoti da colmare,
ossia una pastorale di reclutamen-
to. La pastorale vocazionale oggi
non è neppure un problema di stra-
tegie nuove. È il problema di come
la comunità cristiana dei nostri
giorni raccoglie questa sfida. E, in
concreto, di come il problema delle
vocazioni consacrate si colloca nel-
l'itinerario di comunità ecclesiali
chiamate a riproporre la ch iamata
di Dio ai giovani.
Dunque, una pastorale nuova. E,
insieme, una scommessa, «grossa»,
per il futuro. Se, un tempo, si poteva
avere della pastorale vocazionale
l'idea che di altro non si trattava se
non di chiamare persone che atten-
devano solamente la nostra chia-
mata, ora bisogna rigenerare le
condizion i perché questa chiamata
sia presa sul serio.
Sostanzialmente, le sue parole
ci fanno capire che la pastorale
vocazionale «passa» per le vie
della pastorale ordinaria?
Il rapporto è strettissimo, inscin-
dibile. E importante comprendere
che la pastorale vocazionale non è
un fatto esclusivo dei preti e delle
monache. Interessa come -soggetto
primario la Chiesa particolare: la
diocesi, la parrocchia, la comunità
cristiana in tutte le sue componenti.
La grande novità della pastorale
vocazionale è proprio quella d'es-
sere unitaria, d'aver cioè messo a
fuoco un nuovo soggetto, la comu-
nità, mentre prima era una propo-
sta che veniva fatta da un prete, da
un istituto religioso, in un contesto
che, tutto sommato, era preparato a
ricevere la proposta.
Tutto ciò è scomparso. Ora oc-
corre ricostruire una comunità cri-
stiana capace di generare le condi-
zioni perché il Signore chiami il
giovane alla vita consacrata e il gio -
vane sia messo nelle condizioni di
dire di sì. I nostri interlocutori sono
perciò il parroco, il catechista, la fa-
miglia, l'insegnante di religione, la
scuola cattolica o non cattolica, l'in-
tera comunità cristiana. La nostra
è una scelta ormai chiarissima da
anni e consacrata dal «Piano pasto-
rale per le vocazioni», che è un do-
cumento dell'episcopato italiano,
pubblicato nel 1985 col titolo «Vo-
cazioni nella Chiesa Italiana».
Questa scelta di fondo interpel-
la, quindi, con urgenza anche tutti
gli istituti religiosi?
Sl. Non è una scelta facoltativa. O
noi riusciamo a convincere la co-
munità ecclesia le che è lei il sogget-
to primario della pastorale voca-
zionale, mentre a noi consacrati
tocca soprattutto il compito di por-
tare al suo interno la testimonianza
di una vocazione riuscita. Oppure
siamo destinati al fa llim ento. La pa-
storale vocaziortale che può fare un
istituto, a mio sommesso parere,
può infatti correre sempre il rischio
di non avere come soggetto fonda-
mentale l'interesse del ragazzo,
bensì quello dello stesso istituto. Se
siamo veramente interessati invece
al ragazzo, dovremo essere i primi
a proporgli tutte le possibili sce lte,
non preoccupandoci della sce lta
che egli potrà fare o meno per il no-
stro istituto, ben lie_ti poi se ciò av-
verrà.
Questo è un discorso che vale an -
che per i vescovi: essi non possono
più essere preoccupati della pasto-
rale vocazionale solo perché man-
cano i preti da mandare nelle par-
rocchie o ai quali affidare i più sva-
riati incarichi. Devono essere piut-
tosto preoccupati perché, nel loro
popolo, ci sono dei ragazzi e dei
giovani che possono correre il ri-
schio di non realizzarsi per tutta la
loro vita. E lo corrono perché non
possono scoprire e vivere la loro
vocazione, in quanto la comunità
cristiana non -offre a sufficienza il
suo servizio catechistico, educativo,
formativo , affinché la vocazione si
realizzi.
Il Ce ntro diocesano vocazioni -
sono ormai quasi duecento in Itali a
- è il luogo fondamenta le di co-
munione che rende una Chiesa
particolare protagonista della pa-
storale vocazionale ordinaria. Pro-
prio per consentire la massima
convergenza degli sforzi in questa
direzione, le norme di costituzione
prevedono che in ogni Centro, ac-
canto al direttore nominato dal
vescovo e garante delle sue finali-
tà, siano presenti un religioso, una
religiosa, un missionario, un diaco-
no permanente, un laico consacra-
to, una coppia di sposi. Con gli
stessi criteri di rappresentatività
sono costituiti i Centri a live llo re-
gionale e nazionale.
Le strutture ormai esistono. li
mio augurio è che tutti , ad ogni li-
vell o, prendano finalmente l'impe-
gno di leggere, meditare, riflettere
ed attuare seriamente il piano pa-
storale per le vocazioni in Italia,
armonizzando le loro iniziative
con le grandi linee del documento
voluto dai nostri vescovi e da essi
proposto come ispiratore dell'im-
pegno vocazionale dell 'intera co-
munità ecclesiale.
servizio a cura di
Silvano Stracca
e Giuseppe Costa

2.8 Page 18

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18 ·IAPR/LE 1989
OBIETIIVO BS
ROMA/PARROCCHIA S. MARIA DELLA SPERANZA
IDon Egidio Viganò alla
prima pietra della
chiesa parrocchiale
S. Maria della Speranza.
(Foto Marzi - Roma)
UNA PRIMA PIETRA
PER UNA BELLA
VENTENNE ROMANA
La parrocchia della
«Speranza»: problem.i,
attività e prospettive
raccontate dai
protagonisti. La
preztosa presenza
responsabile e
animatrice delle
Salesiane di Don Bosco.
Nell a stanza di don
Stelvio Tonini, parroco di S. Maria
della Speranza a Val Mel aina, c'è
un via vai contin uo di gente. Un po'
di anticamera, giusto il tempo di
g uardarsi intorno nell 'atrio e di
poggiare lo sguardo su un manife-
sto all a parete, dove, accanto al viso
so rridente di Don Bosco, so no e len-
cate le attività, numerosissime, in
cui si ramifica la vita di questa par-
rocchia.
Adiacente al grande complesso
del Po ntifi cio Aten eo Sa lesiano che
fin d agli esordi le offre ospitalità
per i locali parrocc hi a li e la chiesa,.
S. Mari a dell a Speranza celebra il
suo ventesimo anno di vita co n la
posa della prima pietra del nuovo
edificio parrocchiale, solennemente
avvenuta a ll a fine di gennaio in
chiusura dell 'a nno centenario di
Don Bosco all a prese nza del rettor
Maggiore, Don Egidio Viga nò. Una
parrocc hi a giovane, che co n i suoi
50.000 abitanti, è un a delle più gran-
di e popo lose di Roma. Ma anche il
crocev ia di un quartiere giovane

2.9 Page 19

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- - - - - - - - - -- s8-
1 APRILE 1989 · 19
dell a pe ri fer ia ur ba na cresciuta tut-
to into rno, se mpre se nte ndo che,
tra d isagi e ca re nze di stru tture, l'u-
IL PRIMO PARROCO RICORDA
nico pun to d i rife rimento, l'unica
«s pera nza» ve ni va prop rio da ll a
LA «SPERANZA» REALIZZATA
prese nza dei Sa lesiani nell a zo na.
«Qu a ndo Pao lo VI ve nn e a visi-
tare il PAS d isse a i Sa lesiani: 'So no
co nte nto che facc ia te l'Univers i-
tà, pe rò impegna tev i pe r la parroc-
Don Carlo Bressan , parroco dal 1966 al 1977, è stato un pioniere . Testimone
di anni difficili ma importanti per la crescita della parrocchia e del quartiere, don
Bressan ha un ricordo molto vivo del ruolo insostituibile che la parrocchia di
S. Maria della Speranza ha giocato per gli abitanti della zona.
«Nell 'autunno del '66 fui mandato al Pontificio Ateneo Salesiano come futuro
chia - spiega don S telvio, da d_ue
an ni e mezzo parroco di S. Mari a
dell a Spe ranza - . Ce rto non si
può di ve nta re un castello chiuso, in
parroco, dato che si doveva dare inizio canonico alla nuova parrocchia che i
Salesiani avevano promesso al Papa di erigere accanto al centro universitario..
C'era da continuare un lavoro pastorale già iniziato, ampliando le attività per
rispondere alle esigenze della popolazione, che , all 'estrema periferia della ca-
pitale si sentiva emarginata e priva di servizi sociali (strade, illuminazione, fo-
cui la cul tura è un a cosa e l'attività
pastorale è un'a ltra. Si decise quindi
il passaggio dall a lspetto ria prov in -
ciale c he d ipendeva da To rino a
gnature, scuole , mezzi di trasporto) .
Riesaminando i documenti di allora, risaltano le linee di fondo per l'edifica-
zione di una comunità ecclesiale. Innanzitutto bisogna costruire una «chiesa
d'anime,, e in un secondo momento si può arrivare alla «chiesa di carta", cioè
alla erezione canonica, necessaria per partecipare di diritto alla vita della Chie-
q ue ll a del Lazio, perché i pro bl em i
di Ro ma, e di un'ango lo di Ro ma
co me qu esto, a nd ava no affrontati
in un'ottica specifica». Con g li o ltre
sa locale. E infine, maturati i temi:,i , le possibilità economiche e cresciuto il nu-
mero della popolazione nasce la «chiesa di mattoni". Anche sei i tempi di que-
sto processo sono stati più lunghi del previsto.
Il nostro lavoro è iniziato in una situazione particolare . Un quartiere in costru -
zione con palazzi-alveare , sorti talvolta in evasione al piano regolatore , spro-
1500 ragazzi che freque ntano i co r-
si d i ca techi smo le atti vità o rato ri a-
ne, co n le mo ltiss ime coppie gio va -
fondato ora nel fango invernale, ora nella polvere dell 'estate. Non c 'erano am -
bulatori , uffici postali , scuola, mercati. .. E tutto questo a pochi chilometri in li-
nea d'aria di distanza dal centro cittadino, in una zona però non facilmente rag-
giungibile per la mancanza di mezzi pubblici. Mezzi che non potevano arrivare
ni che frequ entano i corsi di pre pa-
finché non fossero state costruite le strade , con l'illuminazione e la segnaletica.
raz io ne a l matrimo nio (l'a nno sco r-
so so no sta te 150), co n il piccol o
esercito d i la ici impegnati ne ll a vita
Ma le strade non si potevano fare finché il Comune non riscattava i terreni dalle
imprese private .. . E così via.
Con un gruppo di persone di buona volontà si dette vita ad un Comitato di
zona. Un comitato non «barricadero", ma di studio, formato da professionisti
de ll a struttura eccl es iale (ra ppre-
se nta nti d i mov im e nti ecclesia li, ca-
tec histi, anim atori, ex alliev i e co-
ope ratori sa lesia ni im pegnati ne l
seri (ingegneri , architetti, professori , impiegati statali) capaci di affrontare i pro-
blemi in modo propositivo e concreto. Si mobilitarono persino i portieri dei pa-
lazzi per fare da postini ai nostri bollettini per tutte le famiglie . I nostri comizi ,
seri e pacifici , ma decisi ed efficaci , si facevano in parrocchia, che registrava
sempre il «plenum ,. delle presenze . Vi partecipavano anche le autorità invitate e
vo lon tariato), Do n Stelvio e i suo i
coinvolte. Poco alla volta furono fatte le fognature , le strade , la segnaletica, le
co ll aborato ri , ha nno un be l da fa re.
Ma ol tre il fi tto ca le nda rio di impe-
g ni che ogni gio rno lo trattie ne ne l-
la sua sta nza fin dopo le di eci di se-
scuole , i tram .
Così la parrocchia diventava non solo il centro dei servizi spirituali e morali ,
ma anche il punto di riferimento per la realizzazione delle attese sociali per una
vita cittadina più civile.
Il primo gradino per la costruzione della chiesa era fatto : una comunità che
ra, qu ell a che lui sta più a cuo re è la
strategia pastorale a ttrave rso cui la
pa rrocchia si inca rna ne ll e realtà
é comunanza di attese , speranze e fiducia, che uniscono nella fratellanza dei
figli di Dio, cioé di un Padre che, attraverso la sua Chiesa vuol bene ai suoi figli
in modo totale, sia nelle necessità spirituali sia in quelle materiali che garanti-
scono la dignità umana. Nel frattempo anche il secondo gradino era stato co-
de l terri to rio.
struito cioé la chiesa di carta : nel maggio del '66 S. Maria della Speranza veniva
«Una parrocchi a che vuo le esse-
eletta canonicamente.
O
re vera me nte ta le nel serv izio dell a
comunità deve saper ca mminare
lun go tre grandi linee di re ttive : l'e-
va ngelizzaz ione, la litu rgia, il serv i- ca no dei modelli di riferim ento co n- to into rno: da ll a periferia pe r così
z io. A bbi a mo fa tto un a sce lta pri - creti. Ecco quindi che anche la cate- dire res id enz iale co me il Nuovo Sa-
maria: l'evangelizzazio ne (a cui so- ches i pe r gli adul ti per no i è un la rio co n la nuova pa rrocchia di
no legati g li altri du e mo me nti). _Per grosso impegno. Tutto qu e llo che S. Frum e nzio fino all e zone più
questo curi a mo la cateches i a tutti i noi faccia mo e proponiamo, musi- estre me a no rd e oggi anche più di f-
li velli : dell e ma mme che si prepa ra- ca, spo rt, danza, turismo, ha sempre fi cili, co me la borga ta Fide ne (co n
no al battesimo dei figli , de i ba mbi- come sfondo l'impegno di cateche- la parrocchia di S. Felicita), Sette-
ni per il sacra me nto de ll a co nfes- sm.
bagni, i nuov i co mpl essi in rapida
sio ne e de ll'euca restia, de i giovani Do n Stelvio si interromp e per ri - es pa nsion e co me le Vigne Nuov e e
pe r la cres im a, dei fid a nzati per il spo nde re a l te lefono. All e sue spa l- la Se rpe ntara (qui si sta costrue nd o
matrim o nio. Ma se no n c'è un a co- le una carti na de li mita il terri torio la pa rrocchi a di S. Ugo) dove il vec-
munità a cui fa re ri fe rime nto, ogni . di co mpe te nza dell a pa rrocchi a, chio abusivismo sta per essere or-
ca techesi è va na. Se i ragazzi no n che si coll oca un po' come un a zon a mai com pl etame nte fagoc itato da i
vedono un a co muni di adulti che di passaggio a rido sso di altri qu ar- nuov i g iganti di ce me nto de ll'edili -
vive vera mente il Va nge lo, g li ma n- tieri cresci uti, in modo di verso, tut- zia popo lare che svetta no pro te rvi

2.10 Page 20

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20 · 1APRILE 1989
L'IMPEGNO DELLE FMA IN PARROCCHIA
Impegnate direttamente a condividere
la corposa mole di attività di S. Maria del-
la Speranza, le Figlie di Maria Ausiliatri-
ce svolgono un ruolo fondamentale nel-
l'ambito dell'a ttività oratoriana e di ani-
mazione della gioventù presso la non di-
stante Casa «Sacro Cuore», adiacente al
complesso délla Casa Generalizia delle
Suore Salesiane. «Scommetti con noi. Al-
l'oratorio ce la fai : c'è gioia, c'è festa, c'è
amicizia. C'è chi ti aspetta». Suor Giusep-
pina illustra i programmi delle attività
dell'oratorio di cui è responsabile, mo-
strando il prospetto delle iniziative in
corso quest'anno. «All'interno della vita
della parrocchia il nostro oratorio Don
Bosco ha un suo spazio preciso. Data la
mancanza di personale, siamo state chia-
mate a dare servizio occupandoci del
tempo libero dei maschietti dai 6 ai 12 an-
ni di età. Abbiamo aperto i nostri cancelli
a questi bambini e da quando è iniziato il
SALGEN, facciamo attività oratoriana il
sabato pomeriggio e la domenica. Il no-
stro impegno però non si ferma solo al
gioco e allo sport: occupiamo i nostri
quasi 200 bambini (alcuni vengono anche
da altre parrocchie) con varie attività,
teatro. canto, musica, animazione di feste
e incontri. È q\\]i all'oratorio infatti che si
cerca di dare modo al bambino di espri-
mere tutte le sue potenzialità di futuro
uomo e cristiano».
La proposta salesiana ha saputo resta-
re giovane nel tempo proprio perché è
sempre riuscita a capire in che modo era
interpelliita dalle varie generazioni. Ora
quale tipo di domanda emerge dai bambi-
ni che vi trovate di fronte?
«Quando arriva, dopo una settimana
sui banchi di scuola - il ragazzino chiede
solo di giocare - spiega Suor Giuseppi-
na -. Poi poco alla volta, quando si fan-
no altre proposte, ci si incontra, ci si co-
nosce meglio, si comincia ad andare, in-
somma, oltre il gioco e lo sport puro e
semplice. Del resto, sentiamo che questi
bambini si portano dentro un grande bi-
sogno di comunicare con gli adulti per-
ché spesso i genitori dedicano loro poco
tempo. Quando ci sarà il nuovo edificio di
S. Maria della Speranza, anche il nostro
oratorio confluirà in parrocchia. Ora in-
fatti li seguiamo fino agli 11 anni perché
dopo, nell'età delle medie, passano al
Centro giovanile Giovanni XXIII di via
Ortu. Ma quando il ragazzo si è ormai af-
fezionato, a volte è un passo difficile, qua-
si uno shok cambiare ambiente e andare
in parrocchia».
Diverso invece è il quadro del SAL-
GEN, come realtà omogenea in cui dalla
prima elementare i ragazzi vanno avanti
fino all'oratorio. Mentre nel cortile della
casa del Sacro Cuore si sta giocando una
partita di pallavolo, Suor Franceschina,
da quattro anni responsabile del SAL-
GEN (sigla che sta per «Sali generazione
nuova» secondo il nome coniato dalle
prime ragazze nel 1972), si stacca da un
gruppo di ragazze per spiegarci qualcosa
di più. «Questa e quella della parrocchia
sono due realtà parallele, quelli che non
possono frequentare la parrocchia ven-
gono qui. li SALGEN ha circa 1000 iscrit-
ti, ma i ragazzi che frequentano sono po-
co più di 600, maschi e femmine anche se
dopo le elementari c'è una fascia pretta-
mente femminile. Invece per quanto ri -
guarda le attività culturali, seguil.e da 50
animatori, teatro, cinema, musica, l'am-
biente è misto, a partire dai 6 fino ai 25
anni». Un bell'osservatorio, senza dubbio,
per conoscere da vicino la realtà giovani-
le di questa zona. Quali sono le proble-
matiche emergenti?
«Partecipiamo attivamente a tutte le
attività della parrocchia e alla consulta
giovani per studiare un po' la situazione
- risponde Suor Franceschina - . Ci sia-
mo basati sul campione di giovani che
frequentano il nostro SALGEN. Tra i pri-
mi dati, vediamo che le famiglie sono gio-
vani e tra i genitori ci sono molti profes-
sori, architetti, medici, professionisti. Per i
ragazzi ci sono disagi dovuti alla man-
canza di mezzi sia per raggiungere le
scuole in centro sia per arrivare fin qui.Ci
sono anche dei giovani che non hanno
più voglia di studiare e che quindi batto-
no il muretto passando il loro tempo agi-
ronzolare coi motorini».
Per cercare di recuperare un gruppetto
di questi ragazzi, l'anno scorso è stato fat -
to un esperimento, in nome dell'amore e
della accoglienza che Don Bosco aveva
saputo dare ai suoi giovani raccolti dalla
strada. «Purtroppo il nostro tentativo si
è concluso negativamente - dice Suor
Franceschina scuotendo la testa -. C'era
un gruppo che tutti i pomeriggi se ne sta-
va immancabilmente seduto qui davanti.
Abbiamo aperto per così dire i cancelli e
loro sono entrati. hanno cercato uno spa -
zio all'interno. Però è capitato che non
abbiano più rispettato quello degli altri e
in questo modo si sono messi in contrasto
con la struttura e i ragazzi che erano già
all'oratorio, formati in un certo modo. Ad
un certo punto abbiamo dovuto chiarire
che, o accettavano un certo cammino o
non sarebbero potuti restare. Di questa
esperienza però vale la pena di parlare,
perché è stato un tentativo, molto soffer-
to di aprirci ai "lontani"». Quale è secon-
do lei il rapporto del quartiere con voi e
con la parrocchia?
«Positivo, secondo il mio punto di vi-
sta. anzi possiamo dire che in qualche
modo il nostro quartiere cresciuto intor-
no a S. Maria della Speranza e alla Uni-
versità è una zona salesiana. Ci sono mol -
tissimi ex allievi çhe oggi sono professio-
nisti, che lavorano e sono attivi un po' in
tutti i campi. Pensi che la prima ge nera-
zione di alunne che venivano 25 anni fa
quando è sorta questa casa, oggi porta
già qui i figli a scuola da noi».
M.D'A.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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- - - -- - - -- --s/1-
all'orizzonte. Certo, in poco più di
un pugno di anni il paesaggio si è
completamente trasformato e an-
cora continua vorticosamente a
mutare la geografia di questa irre-
quieta periferia. Quando 20 o 25 an-
ni fa capitava di passare da queste
parti, tra prati e cantieri si vedeva
apparire da lontano l'A teneo Sale-
siano, come del resto poco più in
la Casa Generalizia delle Figlie di
Maria Ausiliatrice e l'Istituto Sacro
Cuore. Sembravano quasi delle cat-
tedrali nel deserto, questi grossi
complessi, che ora però l'edilizia re-
siden ziale ha invece quasi ingloba-
to e per così dire ridimensionato,
nella schiera di palazzine allineate
su ll e strade principali.
«Agli inizi la nostra parrocchia
era davvero una frontiera - conti-
nua don Stelvio - e possiamo dire
che in qualche modo sia stata l'os-
satura oltre che l'anima di questo
quartiere. Chi so no i nostri parroc-
chiani? Soprattutto persone del ce-
to medio, benestanti, professionisti,
impiega ti statali, ministeriali. Le pa-
lazz ine qui intorno spesso costruite
in cooperative, han no rispettato
certi criteri, tenendo presenti gli
spazi di verde, una certa privacy a
livello co ndominiale. No, non mi
sembra una zona disgregata, il tes-
suto socia le è abbas tanza omoge-
neo. Venendo qui da un'altra par-
rocchia ho visto una buona adesio-
ne all a vita religiosa. Anche se per
quello che riguarda la partecipazio-
ne alle messe festive la presenza è
piuttosto bassa, tra il 15-20%, più o
meno come accade in altre chiese
romane. Comunque, tra il sabato e
la domenica vengono circa 6.000
persone. Sono tante certo, per noi,
che qui siamo solo in 5 sacerdoti
(pensi solo cosa vuol dire fare servi-
zio di confessionale la domenica).
Ma sono anche poche e cerchiàmo
di fare in modo che questi fedeli sia-
no talmente formati da riuscire a
smuovere anche gli altri che non
vediamo».
Sacche di povertà vere e proprie
se mbrano non essercene, mi spiega
Giuseppe, un giovane universitario
che il mercoledì si occupa del grup-
po di asco lto e di accoglienza Cari-
tas. Ci sono invece forme più sottili
di povertà legate alla mancanza di
valori, di idee, di affetti. «Ad esem-
pio abbiamo scoperto una frangia
di handicappati che di fatto la so-
cietà emargina - riprende don
Stelvio - . Roma ha più o meno
60.000 handicappati distribuiti nelle
sue 320 parrocchie. È stato detto
che se in una parrocchia il parroco
non ha ancora incontrato i suoi
40-50 handicappati è forse perché
non visita le famiglie. Non le cono-
sce. Noi abbiamo sco perto i nostri,
ne abbiamo una trentina, di loro si
occupano in particolare i volontari
del gruppo Camminiamo Insieme».
Proprio per stare 'accanto ai più de -
1 APRILE 1989 21
boli, agli ammalati, agli anziani, a
coloro che non si possono muovere
da casa ma che non per questo non
hanno diritto di cittadinanza in par-
rocchia, oltre ai gruppi di volonta-
riato è in funzione «Radio Speran-
za» diretta da don Mascarucci che
ne illustra le finalità: «Sono tredici
anni che la nostra emittente irradia
i suoi programmi di vario contenu-
to culturale, dai notiziari di attuali-
tà, allo sport, dalle riflessioni reli-
giose, ai programmi musicali o a
quelli affidati agli esperti a cui si af-
fianca il lavoro di parecchie decine
di collaboratori a rotazione. La no-
stra non è ovviamente una emitten-
te di consumi ma un veicolo di mes-
saggi. Abbiamo riscontro di come
questi sono accolti dalle numerose
telefonate degli ascoltatori: parti-
colarmente significative sono le te-
sti monianze degli adulti che tra-
sco rrono la maggior parte delle lo-
ro giornate in casa».
Anche l'evangelizzazione via
etere vuole la sua parte in una par-
rocchia del duemila. Sempre per
adeguarsi ai nuovi mezzi e alle nuo-
ve sfide che i tempi e le generazioni
emergenti propongono ai respon -
sabi li religiosi e laici che animano la
vita della comunità. Una comunità
in cui tutti , anche se tanti, cercano di
muoversi sulla linea della collabo-
razione aperta, tra religiose e laici
impegnati nei vari movimenti:
Azione Cattolica, Apostolato della

3.2 Page 22

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22 · I APRILE 1989
Foto Archivio SEI - SAF
preghiera, catechisti, Caritas, ani-
matori, (c'è anche chi si occupa del
bollettino mensile «Minipress»)
coppie di coniugi che organizzano i
corsi di preparazione al matrimo-
nio tenuti da esperti e professori del
Pontificio Ateneo Salesiano. «I cor-
si durano due mesi ed abbiamo
molte richieste - spiegano i coniu-
gi Elda e Mario Bachini -. Ora ci
sono 40 giovani coppie che si s tan-
no preparando al matrimonio reli-
gioso. Una testimonianza della gio-
vinezza e della vitalità di questo
quartiere, rispetto alla med ia nume-
rica di presenze nettamente inferio-
re in altre parrocchie romane. Con
questi giovani, che arrivano con un
po' di paura verso le responsabilità
che stanno per assumersi con la for•
mazione di una famiglia dalle basi
cristiane, si stabilisce ben presto
una forma di amlcizia e di comuni-
cazione che spesso rimane nel tem-
po».
Anche nei locali del Centro Gio-
vanile Giovanni XXIII c'è molta
animazione. Per il migliaio di ra-
gazzi che vengono qui, don Felice
Terriaca, viceparroco e responsabi-
le da sei anni del Centro, è un amico
che trova sempre un po' di tempo
per parlare a tu per tu, per dare vita
a qualche nuova iniziativa che pe-
rò abbia sempre come protagonisti
loro, i giovani. «Abbiamo qui 600
ragazzi che frequentano il catechi-
smo per la cresima seguiti da 60 ca-
techisti giovani (gli altri 600 più pic-
coli della prima comunione sono di
competenza della parrocchia). I
gruppi del dopocresima contano
più di 150 ragazzi e poi ci sono tutte
le attività sportive, calcio (circa 300
iscritti), basket (un centinaio) e così
via, con i gruppi del GSC (Cinecir-
coli Giovanili Socioculturali) che
da cinque anni animano il quartiere
anche dal punto di vista culturale».
Tutta questa serie di impegni ed
iniziative è coordinata dagli anima-
tori «perché sarebbe imp·ensabile
che un préte possa bastare da solo a
tenere in piedi questa struttura». È
anche un modo per stimolarli a ma-
turare l'esperienza fatta a loro volta
nei gruppi e metterla a disposizione
dei più giovani. Dai primi campetti
di calcio (che erano nel perimetro
dell'università dove ora sorgerà il
nuovo edificio parrocchiale) che i
Salesiani mettevano a disposizione
dei ragazzi del quartiere per gioca-
re a pallone, al mega-oratorio di
oggi ne è passata di acqua sotto i
ponti. «All'inizio si è cercato di ag-
gregare i giovani intorno all'attivi -
tà sportiva - dice Don Felice - .
Ma col tempo sono cambiate le co-
se, sono sorte strutture alternative
per il tempo libero e lo sport anche
in questo quartiere, e abbiamo con-
statato che alcune proposte pasto-
rali forse erano diventate insuffi-
cienti. Nei gruppi del dopo cresima
fino a qualche anno fa finivano per
fermarsi solo una piccola minoran-
za dei 300 ragazzi che avevano fre-
quentato. Questo ci ha spinto ad
una riflessione e da tre anni abbia-
mo rielaborato una nuova struttura
oratoriale e abbiamo già il 30-40%
di adesioni in più. Abbiamo scelto
una impostazione più moderna e
adeguata alle esigenze dei ragazzi
stessi. Ci siamo detti: proponiamo
ai ragazzi del 2° anno di cresima le
cose che vogliamo mettere in can-
tiere l'anno dopo per loro. Ed è nata
la cosiddetta 'giornata degli stands',
organizzata in primavera dagli ani-
matori e dai catechisti. Oltre alla
tradizionale riunione del mercole-
dì per la formazione , i giovani sono
invitati a scegliere una attività in cui
impegnarsi: canto, teatro, gruppo
missione, animazione dei bambini
più piccoli dell'oratorio, turismo
giovanile, assistenza e volontariato.
Certo resta anche lo sport ma inte-
grato in un rapporto più duttile, in
cui il ragazzo scegliendo cose con-
crete, sente davvero di aver trovato
un posto, tutto suo, nella vi ta della
parrocchia. E basta guardarli,questi
ragazzi, anche solo chiaccherare
tra di loro, discutere a tavolino, o
alle prese con una nuova iniziativa,
per comprendere le ragioni più
profonde della vitalità di S. Maria
della Speranza, parrocchia giovane,
parrocchia salesiana».
Miela Fagiolo D'Attilia

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -sB-
EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
1APRILE 1989 · 23
GLI INDIOS DELL'AMAZZONIA
Alla minaccia di estinzione degli indigeni
si accompagnano i rischi di disastrose
alterazioni climatiche per l'intero pianeta.
Nel marzo 1988, un se-
minario di studi organizzato dall'U-
. niversità pontificia salesiana cercò
di favorire la riflessione sul rappor-
to fra antropologi e missionari. E un
rapporto che ha avuto storicamen-
te fasi alterne, con aspre polemiche
e punte di crisi ma anche con mo-
menti di proficua collaborazione.
Del resto, molti missionari sono an-
che antropologi e hanno dato pre-
ziosi contributi alla conoscenza et-

3.4 Page 24

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24 · I APRILE 1989
nologica. È partita dagli antropol o-
gi, studi os i che si occupano dell e
culture - quindi dell e tradi zio ni,
degli usi civili e religiosi, dell e lin -
gue - di popoli e gruppi indi ge ni ,
l'accusa rivolt a ai mission ari di o pe-
r;;ire co me «agenti dell a civiltà occi-
de ntale» e perciò di co ntribuire al-
l'anni entam ento dell 'indenti tà cul-
tural e di qu es ti stess i popoli, sia pu -
re nella co nvin zio ne di agire a fin di
bene in , qu anto annunciatori del
Vangel o, cioè dell a Buon a Novell a.
Era inevitabil e che nel co rso del se-
min a rio si parl asse molto dell'A-
mazzoni a, regione che ha co no sciu-
to una forte presenza sia di mi ssio-
nari sia di antropolog i, e quindi ter-
reno fertil e per le pol emich e.
Non è ques ta la sede per ripren-
dere i termini del dibattito che si
sviluppò nel corso della giornata di
studio all 'Unive rsità sales iana. Ci
bas ta ri cava re da esso lo spunto pe r
ripro po rre te mi da tempo dib attuti
e che so no di ve ntati oggi di bru-
cia nte at tu alità so tto più di un profi -
lo: essen zialm ente, il tern a dell a
condi zione degli indios che vi vo no
in Am azzo ni a minacciati di es tin-
zione e qu ell o dell a sopravvi ve nza
dell a stessa fores ta amazzo nica, di
fo nd amentale importanza ecolog i-
ca per l'intero pi aneta.
colo ni zz atori dell 'America latina a
perpetra re lo sterminio deg li ind i-
geni. Li hann o bracca ti per dece nni
all o sco po di ridurli in schi avitù -
lo schi avismo in Brasil e è stato
abolito solo cento anni fa - e far-
ne forza di lavoro da sfrutt are in
ca mbi o di poco cibo. Sottoposti a
fatic he massac ranti, privi di ogni
ass istenza, esclusi dal godim ento di
qu alsiasi diritto, gli indios soccom -
bevano a mi gliai a. Per i «fanze nd e-
ros», i pro prietari di immense pi an-
tag io ni o di all eva menti di bes ti a-
me, la morte di uno sc hi avo indios
era un a mod esta perdita cui si ripa-
rava con molta di sinvoltura acqui-
stand o ne a basso prezzo un altro
dai caccia to ri di schiavi. Oltre all e
inso ppo rta bili co ndi zio ni di lavo ro
cui no n erano abi tuati avendo da
se mpre vi ssuto prevalentemente di
caccia e dei pochi o rtaggi che ba-
stava no al lo ro sostentam ento, a
deci ma re gli indios provvedevano
le malatti e po rta te dai bianchi. Ma-
lat ti e che noi co nsideri amo banali ,
come un a se mpli ce influenza, di-
ven ta no mo rtali per ge nte che è
sprov vi sta de l re lativo sistema im -
munit ari o.
·
E così, oggi, gli indios sono ridotti
a una es igua minoranza. Che cosa
son o 200 mila perso ne nel gra n ma-
re dei 120 milioni di bras iliani ? Ep-
pure il dra mm a di qu esti popoli
co ntinua a svo lge rsi impl acabil e.
Ad in ca lzare è se mpre l'uo mo bi an-
co, il qu ale no n è riu scito a scroll ar-
si di dosso l'av versio ne per ge nte ai
suo i occhi spregevol e -pe rché si
os tin a a vive re nell a fo resta, nud a o
seminud a, arm ata di frecce per la
cacci a, che si cura co n le erbe. No n
la to ll era, vu ole impadro nirsi dell e
sue te rre, l'affa ma re nde ndo se mpre
più di fficoltosa la caccia. Ai faze n-
dero s si so no agg iunti i «grj.mpe-
ros», i ce rca tori d'o ro , che inquina-
no i fiumi e terro ri zza no gli indios
in ce ndi ando i lo ro vill aggi. Tutti se
ne in fisc hi ano de ll e leggi che in teo-
ri a dovrebbe ro assi curare pro tezio-
ne agli indi ge ni.
Superstiti
dello stern1inio
Quanto agli indios, c'è un dato
- agghi acciante - che tes tim o ni a
il dramm a dell e po polaz io ni indi-
ge ne dell 'Am azzo nia. Cinquece nto
anni fa , qu ando sul Co ntin ente
americano mi se ro piede gli euro-
pei, si calco lò che gli indi os prese n-
ti nell 'are a amazzonica, fo sse ro
più o meno cinque milio ni. Oggi,
an che se i ca lcoli dell e auto rità
co ntinuano ad esse re approssim ati -
vi perché gli indios non so no isc rit-
ti a nessun a anagra fe, i superstiti
che vi vo no nell'Am azzo ni a bras i-
li ana no n so no più di 200 mil a. E ri -
sc hi ano di sco mp arire del tulio,
co mpl etand o un ge nocidio di cui
l'uo mo bianco porta tull a intera la
res po nsa bilità. So no stati infatt i i

3.5 Page 25

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- - - --
-
-
-
-
- -~
-
M n accia
di inondazioni
Ora inco mbe· la terrifica nte mi -
nacc ia di esse re spazzat i via dall e
inond azioni pro voca te artificial-
mente dall a costru zione di cen trali
idroe lettri che nel bacino del fi um e
Xi ngu, un afflu e nte del Ri o dell e
Amazzo ni. Per ce rcare di scongiu-
rare qu es to peri colo, nel febbraio
sco rso, ad Alta mi ra , nel Nord del
Bras il e si è svolto un raduno cui
hanno partecipato i ra ppresenta nti
di un a qui ndicina di tribù, ol tre ad
ecologisti, politi ci, sindaca li sti. Tu tti
hanno ribadi to la loro opposizione
a un proge tto che, all agand o mi -
gliaia di chilomet ri quadrati di fore-
sta ve rgi ne, cos tringe reobe gli in -
dios a fuggi re dall e loro te rre. L'in -
co ntro, che ha a:v uto larga eco nel
mondo, non se mbra aver modi fica-
to i piani de l gove rno, che co nside-
ra le nu ove ce ntra li. indispensa bili
all o sv iluppo eco nomico dell a re-
gione. Per gli indios si avvicin ano
giorni di so fferenza e di paura.
All a luce di qu esta situazione,
vien da chi edersi: ma qu ale spesso-
re hann o le accuse rivo lte ai mi ssio-
nari? Qui non è in gioco il pretéso
sradi came nto di cul ture, ma qu alco-
sa di ben più grave: l'anni entame n-
to di essere um ani. Co n qu esto non
si vuo l dire che ce rti orienta menti
del passa to in tema di evange li zza-
zione possano avere libera circo la-
zione anche oggi. E di fa tti la Chi e-
sa, specie dopo il Co ncilio Vat ica-
no 11 , ha suggeri to il rico rso a meto-
di che pri vilegiano l'evange li zza-
zione delle cultu re es primendo
un'o pzione di•fo ndo in favo re delle
min o ran ze etni che. Pao lo VI ebbe a
dire che Vange lo e evange li zzazio-
ne no n sono asso lutamente inco m-
patibili co n le cul ture dei popo li.
In un a intervista ril asc iata qu al-
che tempo fa, il res ponsa bil e dell e
missioni sa lesiane, don Luc Van
Looy, riconobbe che «in passa to il
messaggio cristi ano veniva po rtato
anche fra gl i indios dell'Amazzo ni a
co n metodi europ ei. Oggi non si
con tano più le teste dei battezza ti
co me se fossi mo in un a parrocchi a
di un a grande città. Ieri si civili zza -
va, oggi tenti amo l'incul turaz ione».
E aggiungeva: «I missionari che ci
hanno preceduti so no stati stupe ndi
nel loro te mpo. Oggi i loro metodi
no n so no più attu ali. Ma ancora
adesso ness un o ha in tasca la solu-
zio ne. Dobbiamo piuttosto ri fl ette-
re sugli erro ri del passa to e sui se-
gn i dei nu ovi te mpi ».
Resta il fatto che molti vescov i,
preti, laici so no oggi in prim a fil a
ne ll a difesa degli indios e del loro
ambiente natu ra le. E non se la pas-.
sa no bene. Non poc hi hann o paga -
to co n la vita la loro dedizione, uc-
cis i dall a cupidi gia di coloro che,
già stra ri cchi, vogliono di ve nta rl o
anco ra di pi ù me tte nd o le ma ni su l-
la te rra degli indi ge ni. I kill e r al sol-
do de i lat ifondisti hann o ucciso e
minacciato anche sindaca listi ed
ecologisti: 420 perso ne, in dod ici
ann i so lo nell o Stato de l Parà. L"ul-
timo di essi è stato Chico Mencl es.
a mm azza to per ave r di feso la for e-
sta e i suoi abit anti.
G iova nni Pao lo 11 , inco ntrand o
gli indios durante il suo viagg io in
Brasil e, pro nunciò paro le molt o
ferme. «Ho fiducia che i pub blici
poteri sa ppiano assicurare, a vo i
indios, i cui antenat i furono i primi
ad ab ita re qu es te terre, e che pe r-
ciò va ntate un a parti co lare priori-
tà, il diritto· di abi ta rl e in pace, se n-
za il timore, un ve ro e prop ri o in -
1 A PRILE 1989 · 25
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A qu anti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA , riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1 -1924 n.22, possono
legalmente riceve re Legati ed
Eredità.
·
Formule valide sono :
- se si tratta d'un lega to :
<<... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire..., (oppu re)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall 'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la forma zione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristi ana.
- se si tratta invece di
nomin are erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei du e Enti su
indica ti :
«... annullo ogni mia
precedente di sposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure 11stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino)lasciando ad esso
quanto mi app artiene a qu alsiasi
titol o, per gli scopi perseguiti
dall 'Ent e, e particolarmente per
l'esercizio del cult o, per la
form azione ciel Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cri stiana.
(luogo e data)
(l'irma per disteso)

3.6 Page 26

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26 · I APRILE 1989
Foto Archivio SEI - Spiri
Foto Archivio SEI - Martino
cubo, di esserne spogliati a benefi-
cio di altri, ma sicuri in uno spazio
vitale che sarà la base della vostra
sopravvivenza, ma anche della vo-
stra identità come gruppo umano,
come vero popolo, come autentica
nazione».
DifeJJdendo se stessi e il loro am-
biente, gli indios difendono tutti gli
abitanti della terra contro l'egoi-
smo sfrenato di pochi. Ad Altamira
essi hanno dato una lezione di civil-
tà quando hanno detto : queste fore-
ste, che abitiamo da migliaia di anni
mentre voi uomini bianchi ci siete
venuti solo 500 anni fa, non appar-
tengono a voi come non apparten-
gono a noi. Esse sono patrimonio
del mondo intero, di tutta l'umani-
tà. Niente di più vero. L'Amazzonia,
più ancora delle altre fore ste tropi-
cali, svolge essenziali funzioni re -
golatrici del clima e dell'atmosfera
del pianeta. La loro distruzione, as-
sieme ad altre cause, concorre a de-
terminare l'effetto serra e annulla la
più potente fonte di conversione
dell'anidride carbonica in ossigeno.
Eppure la foresta ammazzonica
viene distrutta al ritmo di 100 mila
chilometri quadrati all'anno e ciò
provoca, tra l'altro, l'estinzione di
migliaia di specie vegetali non an-
cora classificate, di microrganismi,
di animali. E siamo solo agli inizi,
anche se di guasti ne sono già stati
fatti molti. Insomma, anche se non
bastasse, come motivazione all'im-
pegno, la necessità di garantire la
sopravvivenza di tanti esseri umani
minacciati di scomparire. Dovrebbe
almeno essere privilegiato l'interes-
se di tutti gli uomini a mantenere in
efficienza quel «polmone verde»
che è l'Amazzonia. Per garantire il
futuro della vita sulla Terra.
G.N.

3.7 Page 27

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- - - - - - - - - - -5'1-
PROBLEMI EDUCATIVI
1APRILE 1989 27
PER
PACE È SINON M
DI «NON VIOLENZA»
Ma è anche libertà,
riconciliazione,
tolleranza, uguaglianza.
I risultati di una
approfondita indagine
condotta da una équipe
dell'Università
salesiana.
La pace? E chi mai po-
trebbe non volerla? Solo un inco-
sc iente incapace d'intendere e di
volere può desiderare una guerra,
specie oggi, con i mezzi di distru-
zione di cui g li uomini dispongono.
Stabilito come punto fermo la pro-
pensione generale all a pace, insor-
ge la domanda: ma che cosa s'inten -
de per pace? La «cu riosità» di co-
nosce re la risposta dei giovani
europe i ha colto una équipe diretta
dal prof. Giancarlo Milanesi e com-
posta dai professori Malizia, Mion,
Bajzek, Trenti, Macario, Nanni e i
dottori Pieroni e Chistolini, tutti
della Università pontificia salesia -
na. Essi, con l'ausilio di una fitta
schiera di collaboratori, hanno av-
viato una ricerca che per ampiezza

3.8 Page 28

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28 · 1APRILE 1989
Foto Archivio SEI
(ben 15 mila giovani interpellati in
12 Paesi inclusi due dell 'Europa
orientale), rigore metodologico, so-
fisticata elaborazione dei dati si
colloca a un alto livello di attendibi-
lità fra le molte che sull'argomento
sono state condotte.
Spiace perciò doverci limitare
qui a cogliere solo qualche fram-
mento dell'indagine pochi dati su-
gli innumerev_oli che vengono pro-
posti, e indicare sommariamente al-
cuni degli indirizzi emersi. Per for -
tuna di chi voglia avere il panorama
completo, la Editrice Elle Di Ci ha
pubblicato un volume intitolato «I
giovani europei e la pace». Esso
permette - come sottolinea il prof.
Milanesi - «una esplorazione arti-
co lata dei vari aspetti che caratte-
rizzano la 'cultura della pace' dei
giovani europei» e segnala <<Ulte-
riori piste di riflessione e di ricer-
ca». È poi lo stesso Milanesi a trarre
le conclusioni generali, con artico-
late e puntuali argomentazioni in-
nestate anche sul piano operativo.
Allora, che cosa intendono i gio-
vani europei per «pace»? li 68,4 per
cento degli interpellati ha associato
il concetto di pace alla non violen-
za, il 59,4 alla libertà, il 58,6 all a ri-
conciliazione, il 50 all a tolleranza, il
49,9 a ll'uguaglianza. Per contro, il
62 per cento considera il co lon iali-
smo come la pratica che più si al-
lontana dal concetto di pace, assie-
me al capitalismo (34,3 per cento).
Anche se l'uguaglianza pace = non
violenza può sembrare ovvia, non
va dimenticato - osserva Sandra
Chistolini - che il termine «non
violenza», da Gandhi in poi «è stato
utilizzato per definire precise scelte
di campo» e quindi averla indicata
sta a significare che i giovani privi-
legiano «contenuti ampi e concreti,
lasciando indietro i riferimenti a va-
ghe ideologie». Più problematica
l'associazione della pace all a liber-
tà: si deve tuttavia arrivare a con-
cludere che per i giovani la man-
canza di libertà «può provocare o
favorire uno stato di tensione, di
conflitto, di non pace».
Se si entra nel dettaglio dei Paesi
di appartenenza degli interpe ll ati, si
osserva che i giovani spagnoli men-
zionano di più la non violenza e l'u-
guaglianza, mentre gli jugoslavi sot-
tolineano la libertà. In Austria pre-
vale la riconciliazione, in Germania
la to ll eranza. I giovani italiani sono
quelli che allontanano più di tutti il
colonialismo dal concetto di pace.
Quanto all'appartenenza religiosa,
ad insistere sulla riconciliazione so-
no soprattutto i giovani che si di-
chiarano cattolici (il 62, 1 per ce nto),
mentre la tolleranza è più sentita da-
gli appartenenti ad altre religioni.
Checos'è la violenza?
I giovani che si pronunciano per
la non violenza, che cosa intendono
in realtà per vio le nza? La ricerca
ha appurato che i termini ritenuti
dai giovani più vicini al co ncetto di
violenza sono: aggressiv ità (69,9
per cento), lotta (59,3), conflitto
(47 ,1), potere (47 ,5). I termini ritenu -
ti più lontani sono: famiglia (60,5
per cento), Chiesa (39,9), sport
(33,5), scuola (27 ,0). Anche qui si
possono cogliere le preferenze ac-
cordate dai giovani delle diverse

3.9 Page 29

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- - - - - - - -- - -sB-
1A PRILE 1989 · 29
nazioni ai singoli termini. La grande
maggioranza degli jugoslavi acco-
sta violenza ad aggressività, mentre
gli italiani insistono su «conflitto».
Indagando sulle origini della vio-
lenza, i ricercatori si sono trovati di
fronte a risposte differenziate: i gio-
vani pol acchi, per esempio, accen-
tuano con decisione l'aspetto della
violenza che emana dalle istituzio-
ni, le quali agirebbero in modo da
provocare atti di violenza nei citta-
dini ; i giovani austriaci ritengono
invece che sia la violenza personale
a produrre altre forme di violenza.
Posti di fronte·a casi concreti, gli in-
tervistati sostengono che è «sem-
pre violenza» l'usare «maniere forti
per far parlare un imputato» (67 ,8
per cento), il picchiare i figli perché
non obbediscono (48,8), il dare «una
lezione» a un delinquente colto sul
fatto (46,2). È invece ritenuta «vio-
lenza solo se la forza è esagerata»
l'impedire con la forza a un drogato
di «bucarsi».
I giovani pensano poi che non sia
«mai violenza» impedire un suici-
dio, difendere la propria vita, la
propria dignità e integrità sessuale.
In altri termini sono disposti a ri-
correre alla violenza per impedire
l'autodistruzione o difendere una
scelta di vita, propria o altrui. Sono
soprattutto gli inglesi a sostenere
che in questi casi non è «mai violen-
za», mentre i polacchi appaiono
meno convinti. Per i giovani italiani,
portoghesi spagnoli lo spaccio di
droga ai minorenni è da considera-
re decisamente violenza, per gli
austriaci, gli spagnoli, i portoghesi
è violenza la pena di morte, mentre
non lo è affatto in Inghilterra e in
Jugoslavia. Gli olandesi avvertono
meno l'aborto come violenza, men-
tre in Germania si guarda con tolle-
ranza all'eutanasia.
La famiglia e la pace
Se non c'è dunque unanimità nel
rifiuto totale della violenza, del pari
non è netto e assoluto il rifiuto tota-
le della guerra. Pur affermando la
propensione alla pace, si fanno del-
le distinzioni. No alla guerra nu-
cleare e a quella di aggressione, e
solo un cinquanta per cento di «no»
alla guerra in generale. L'altro cin-
quanta per cento «salva» la guerra
difensiva e la guerra di liberazione.
Quest'ultima è considerata sempre
giusta soprattutto dai polacchi e da-
gli jugoslavi.
Chi aiuta i giovani a formarsi una
cultura di pace? La scuola, verreb-
be da rispondere. Certo, ma non in
misura soddisfacente se al 45 per
cento che afferma di riconoscere
l'apporto formativo della scuola, si
contrappone un 52 per cento che
afferma di non aver ricevuto un
contributo decisivo. Altra risposta:
la famiglia. Si parla di pace nelle fa-
miglie europee? «No» nell'otto per
cento dei casi, «qualche volta» nel
60, «spesso» nel 29. «Ciò - osserva
Renato Mion - rivela quanto acer-
ba sia ancora la sensibilità generale
delle famiglie e la rispettiva preoc-
cupazione educativa ai valori della
pace».
E poi c'è l'associazionismo, che
raccoglie i tre quarti degli intervi-
stati. Ma le associazioni promuovo-
no iniziative a favore della pace? La
metà degli interpellati risponde ne-
gativamente. Ciò sta a significare,
un debole impegno associativo, al-
meno sotto questo profilo. Quanto
agli ostacoli che rendono arduo il
raggiungimento o il mantenimento
della pace, una consistente parte de-
gli intervistati (46,2 per cento), li co-
glie nella sete di potere di certi
uomini politici o di gruppi sociali ed
economici. l giovani europei credo-
no poi che le organizzazioni religio-
se potrebbero contribuire ad elimi-
nare gli ostacoli alla pace schieran-
dosi apertamente dalla parte dei de-
boli e degli oppressi, e dedicandosi
alla formazione delle coscienze.
All'interno dell'indagine genera-
le, il prof. Guglielmo Malizia e il
dott. Vittorio Petroni hanno analiz-
zato le risposte di un sottocampio-
ne di 870 giovani per cogliere il
contributo che le scuole cattoliche
danno alla formazione di una cultu-
ra di pace. Lo studio è pubblicato
nel quaderno n. 10 della FIDAE as-
sieme ad altri studi di vario argo-
mento, di cui è autore lo stesso Ma-
lizia, raccolti sotto il titolo «Scuola
cattolica e modelli di sviluppo». Se-
condo i giovani europei, la scuola
cattolica fornisce un'educazione al -
la pace? li 68,7 risponde di sì. Il da-
to è lusinghiero, specie se confron-
tato con quello relativo alla scuola
pubblica, alla quale solo il 42,1 per
cento riconosce questa funzione.
Nella scuola cattolica, l'educazione
alla pace avviene per 1'84,9 per cen-
to attraverso dibattiti e convegni
all'interno della scuola e per il 9,8
per cento attraverso manifestazio-
ni, marce e sit-in. Questo dato rivela
che la problematica della pace ri-
mane nell'ambito scolastico e solo
raramente si proietta all'esterno.
Tanto che Malizia e Petroni si chie-
dono «dove sono andati a finire i
movimenti pacifisti studenteschi
così enfatizzati dai vari mass-media
in questi ultimi anni». Nel comples-
so, notano infine gli autori, «gli stu-
denti delle scuole cattoliche danno
una valutazione molto più favore-
vole della loro scuola sull'educazio-
ne alla pace rispetto alle strutture
pubbliche... Essi potrebbero fornire
un contributo determinante per l'e-
spandersi all'interno delle nuove
generazioni di una 'nuova cultura di
pace' basata su concrete proposte
educativo-formative».

3.10 Page 30

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30 · I APRILE 1989
CRONACHE DEL CENTENARIO
'
A CELEBRAZIONI CONCLUSE PUBBLICHIAMO ANCORA
ALCUNE SIGNIFICATIVE CRONACHE DEL CENTENARIO
ANCHE SULL'ONDA
DELLA MUSICA
IL NOME DI DON BOSCO
È RISUONATO
IN TUTTA LA SPAGNA
Le iniziative del centenario nella Penisola
iberica hanno testimoniato la vitalità
delle presenze salesiane
- - - I salesiani .spagnoli ' si
so no presenta ti all'appuntamento
con «Don Bosco 88» provvisti di un
buon «allenamento» ai... centenari.
Difatti, nel 1981 avevano celebrato
i cento anni dell'arrivo dei primi sa-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - -- - - -- -s/1-
Giovani spagnoli
pellegrini a Torino per
l'Anno Centenario
(Foto Mena - Madrid)
e nel tondino
Madrid - Atocha
scena del musical
«Don Bosco»
(Foto Mena - Madrid).
cerdoti di Don Bosco a Utrera, una
località nei pressi di Siviglia, diven-
tata poi la base dell'espansione sa-
lesiana in tutta la penisola iberica.
Nel 1986 era stata ricordata la visi-
ta che, un secolo prima, Don Bosco
aveva fatto a Barcellona. La cele-
brazione di entrambe le ricorrenze
avevano consentito di tracciare il
bilancio di una presenza: duemila
salesiani, 1300 figlie di Maria Ausi-
liatrice, trecento Case distribuite
fra le 12 lspettorie. Il quadro va
completato con i numerosissimi co-
operatori, ex allievi, volontarie di
Don Bosco, ecc. Insomma, una pre-
senza di tutto rispetto.
L'«Allenamento» è servito per
mettere a punto un programma di
iniziative che ha fatto vibrare il no-
me di Don Bosco da Madrid a Bar-
cellona, da Bilbao a Cadice durante
tutto l'anno centenario della morte
del Santo. Non è un'espressione re-
torica. Difatti, attorno alla Famiglia
Salesiana si sono stretti larghi strati
della popolazione e l'intera Chiesa
spagnola, come testimonia la parte-
cipazione dei Vescovi, dei sacerdoti
e dei fedeli ai riti e alle manifesta-
zioni previste dal calendario delle
celebrazioni. Sono state ben 17 le
lettere pastorali con cui i Vescovi di
Spagna, grandi estimatori dei sale-
siani, hanno voluto ricordare «l'a-
mico dei giovani», «il modello della
santità contemporanea», «l'uomo di
spiritualità e d'azione», «il sacerdo-
te del nostro tempo».
Il nome di Don Bosco ha percor-
so la Spagna anche sull'onda della
musica. Il Centro di pastorale gio-
1 APRILE 1989 31
vanile ha infatti approntato un
«music-hall» che è stato rappresen-
tato con successo in tutto il Paese,
ha raggiunto perfino gli emigrati
spagnoli in Germania occi_çientale e
ancora oggi risuona nelle.case e a
bordo delle automobili grazie alla
riproduzione in dischi e cassette
venduti a migliaia di copie.
Grande rilievo ha avuto sulla
stampa spagnola uno degli avveni-
menti più importanti del centena-
rio: il Congresso nazionale di for-
mazione professionale, che si è
svolto a Madrid sotto la presidenza
onoraria del ministro dell'educazio-
ne, presenti le maggiori personali-
tà del mondo educativo e professio-
nale. La finalità del Congresso era
quella di offrire al ministro e agli
esperti suggerimenti utili a definire
le linee di riforma dell'insegnamen-
to professionale, un settore in cui i
salesiani spagnoli occupano un po-
sto di primo piano, che li mette in
grado di fornire un contributo di
conoscenze e di esperienza ricono-
sciuto da tutti.
Entusiastiche le accoglienze ri-
servate, in marzo, al Rettor Mag-
giore don Viganò, durante le visite
alle ispettorie di Siviglia e di Cor-
doba, con pubblici riconoscimenti
del secolare lavoro educativo svol-
to dai salesiani in Spagna. Don Vi-
ganò ha potuto in quell'occasione
concludere il primo congresso na-
zionale degli «Hogares Don Bo-
sco». «Hogare» significa in spa-
gnolo focolare e ha dato il nome a
un movimento promosso dai co-
operatori salesiani con l'obiettivo
di far crescere la spiritualità del sa-
cramento del matrimonio e della
vita familiare, puntando sull'appli-
cazione del sistema preventivo nel-
l'educazione dei figli. Il movimento
ha favorevolmente colpito il Ret-
tor Maggiore, il quale, durante il
discorso al congresso, non ha
escluso che i «Focolari di Don Bo-
sco» possano essere «esportati» in
altri Paesi.
L'anno centenario ha visto anche
intensificarsi il lavoro delle editrici
salesiane di Madrid e di Barcellona,
che hanno pubblicato libri, audiovi-
sivi, poster, molti dei quali diffusi in
numerose nazioni di lingua spagno-
la. Nel 1989 si concluderà anche la
monumentale edizione delle Me-

4.2 Page 32

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32 · 1 APRILE 1989
I Sopra: il Sindaco di Portoblanco legge le motivazioni
con cui l'amministrazione di quella città ha concesso la Medaglia d'oro
al Rettor Maggiore. Sotto: un piccolo... «chiromante» legge
il futuro del Rettor Maggiore in visita a Ubeda.
morie biografiche di Don Bosco, in
19 volumi. Iniziata nel 1981 , l'opera
si presenta come un grande servizio
reso al mondo salesiano dell'area
ispano-americana.
A tutto ciò si aggiungono i pelle-
grinaggi a Torino e a Roma. Quelli
organizzati dalla Famiglia salesia-
na ha portato in Italia 5 mila perso-
ne. Esso ha avuto il suo culmine nel-
l'udienza del Papa nella Basilica va-
ticana e nella Messa celebrata nel
tempio di Don Bosco a Roma, pre-
sente il cardinale salesiano spagno-
lo Antonio Javierre. Ma ci sono sta-
ti anche pellegrinaggi speciali, quel-
li dei giovani, degli ex allievi, dei sa-
cerdoti, dei vari gruppi che si sono
recati in visita ai luoghi di Don Bo-
sco. Tutti hanno fatto registrare una
accresciuta sensibilità alle temati-
che salesiane.
Dalla Spagna, le celebrazioni si
sono irradiate nei sei Paesi •africani
affidati alle Ispettorie spagnole.
Speciale significato ha assunto l'a-
pertura a Lomè, la capitale del To-
go, di un noviziato che accoglie i
giovani di quel Paese chiamati dalla
vocazione salesiana. Dieci giovani
africani hanno fatto la prima pro-
fessione salesiana e la speranza del-
le lspettorie spagnole è che altri se
ne aggiungano m futuro. L'Africa,
come è noto, è ricca di giovani, che
spesso sono in condizioni di biso-
gno, specie nelle grandi città, dove i
rischi della devianza aumentano in
misura preoccupante. Una intensifi-
cata presenza salesiana sarebbe
uno dei frutti più belli dell'anno
centenario.
In Portogallo si è colta l'occasio-
ne del Centenario per arricchire la
Capitale - già ammirata per i mo-
numenti che ricordano i suoi re e i
suoi navigatori - di una statua di
Don Bosco, in bronzo, alta sei me-
tri, eretta nella piazza dedicata al
Santo. Il monumento, destinato a
perpetuare pubblicamente il ricor-
do di Don Bosco, è stato inaugurato
alla presenza del Presidente della
Repubblica e del Patriarca di Lisbo-
na e donato dall'Ispettore don Di-
vid Bernardo al sindaco della città.
L'avvenimento è stato sottolineato
da una lettera pastorale della Con-
ferenza episcopale portoghese, che
ha messo in risalto la figura di Don
Bosco, uomo di chiesa ed educato-
re. Oltre ai numerosi pellegrinaggi
svoltisi durante l'anno, le celebra-
zioni centenarie si sono concluse a
Porto con una manifestazione po-
polare cui hanno partecipato mi -
gliaia di giovani.
In sintesi, si può dire che la Fami-
glia Salesiana della Penisola iberica
ha dimostrato una grande vitalità e
ha saputo fare di questo anno cen-
tenario l'occasione per conoscere e
far conoscere meglio la figura di
Don Bosco, ravvivare lo spirito sa-
lesiano in tutti i suoi membri, ani-
mare e incoraggiare il progetto
educativo salesiano nelle diverse
opere, a vantaggio della gioventù.
o

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - - -s8-
CRONACHE DEL CENTENARIO
1APRILE 1989 33
DuE MISSIONARI:
DONO DI MALTA ALLA TUNISIA
Il Rettor Maggiore nell'Isola di
Gozo tra l'on.le Anton Tabone,
ministro per l'Isola di Gozo,
e l'arciprete della Basilica di
S. Giorgio, Monsignor Salvatore
Borg. Nel riquadro: lapide posta
nella Basilica di S. Giorgio a
ricordo della visita.
Assieme a un ostello
per i giovani e a
una libreria, esprime la
concreta partecipazione
dell'isola alle
celebrazioni centenarie
I salesiani di Malta han-
no dato alle celebrazioni centenarie
della morte di Don Bosco un conte-
nuto di esemplare concretezza:
l'avvio di una presenza missionaria
in Tunisia. L'impresa non si presen-
ta come delle più facili, anzi - e lo
ha sottolineato il Rettor Maggiore
durante la sua vita nella Repubblica
- è addirittura audace. I salesiani
maltesi non sono molti, un po' per-
ché le tre isole di Malta , Gozo e Co-
mino contano in tutto meno di 400

4.4 Page 34

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34 1APRILE 1989
A sinistra: Il Rettor Maggiore In visita all'Arcivescovo
di Malta Monsignor Mercleca, dietro In primo plano
don Martino Mc Pake, conslgllere regionale, e Il delegato
locale don Vlctor Manglon. A destra: Il Rettor Maggiore
Incontra la comunità delle Flglle di Maria Auslllatrlce
di Gozo.
mila abitanti, e un po' perché, pur-
troppo, negli ultimi anni le vocazio-
ni sono diminuite. Ciò nonostante, il
progetto incluso nel programma
delle celebrazioni centenarie ha
trovato pratica applicazione prima
che lo stesso anno venisse a compi-
mento. Infatti, nel gennaio scorso,
due missionari maltesi sono partiti
per la Tunisia allo scopo di predi-
sporre quanto è necessario per av-
viare l'attività.
La speranza che sia solo l'inizio
è alimentata dal fatto che la gente
di Malta vive una profonda spiri-
tualità cristiana, frutto di una tradi-
zione che ha preso avvio dal pas-
saggio di San Paolo nell'isola, e che
si è prolungata nel tempo, difesa e
accresciuta pur fra le tante difficol-
tà - occupazioni, assedi, guerre -
incontrate dall'isola durante la sua
lunga storia.
Del resto, anche se pochi, i sale-
siani maltesi sono attivissimi e han-
no realizzato numerose opere: due
scuole, due oratori festivi, due cen-
tri a Gozo diretti dalle Figlie di
Maria Ausiliatrice. Attorno a que-
ste opere gravitano molti giovani,
ex allievi, cooperatori (si deve anzi
all'iniziativa dei cooperatori, che
avviarono la presenza salesiana
nell'isola, se nel 1903 fu possibile
far giungere a Malta i sacerdoti di
Don Bosco). A quelle già esistenti
si sono aggiunte, nel quadro delle
iniziative per il Centenario, due
nuove opere : un ostello per i gio-
vani privi di appoggio familiare e
una libreria facente capo alla Edi-
trice Elle Di Ci.
L'ostello si inserisce perfetta-
mente nella dimensione salesiana in
quanto è rivolto a giovani in çliffi-
coltà. Ha trovato sede in un edificio
donato da una signora del luogo,
con un gesto benefico che rinnova
una tradizione piuttosto diffusa a
Malta, a testimonianza dell'apprez-
zamento della popolaz\\one maltese
per il lavoro dei salesiani. La libre-
ria - un vero e proprio centro cul-
turale, si spera - è collegato alla
Elle Di Ci, ma affidato alla respon-
sabilità dei salesiani maltesi. Si apre
in una delle più frequentate arterie
commerciali di La Valletta.
Nella sua minuziosa visita a Mal-
ta, nel gennaio scorso, il Rettor
Maggiore ha ricevuto calorosissi-
me accoglienze, sia dalle autorità
civili che religiose, oltre che, natu-
ralmente, dalla Famiglia salesiana.
Don Viganò si è incontrato con il
Presidente della Repubblica Paul
Xuereb, con il ministro della giusti-
zia Guido De Marco, in rappresen-
tanza del primo ministro Fenech
Adami (assente dall'isola perché in
visita di Stato in India), con il mini -
stro di Gozo, Anton Tabone. Ha
avuto anche colloqui con l'Arcive-
scovo di Malta mons. Giuseppe
Marcieca e con il vescovo di Gozo
mons. Nicola Cauchi. In particolare
mons. Marcieca ha esposto al Ret-
tor Maggiore l'urgenza di analizza-
re a fondo la condizione giovanile
in tutta la Repubblica per poter di-
sporre di dati concreti su cui impo-
stare una efficace pastorale giova-
nile. Don Viganò ha assicurato il
suo interessamento presso la Facol-
tà di scienze dell'educazione dell'U-
niversità pontificia salesiana, con-
vinto dell'opportunità che i salesia-
ni offrano, con il proprio carisma,
un aiuto a una chiesa che vuole de-
dicarsi, con impegno prioritario, al-
la gioventù.
Gli incontri con i giovani, tutti
improntati a spirito di amicizia e di
allegria, i riti, le varie manifestazio-
ni che si sono succeduti nell'isola
hanno confermato da un lato la vi -
talità della Famiglia Salesiana mal-
tese, e dall'altro, la volontà di po-
tenziare un'opera che ha già dato
molti frutti, ma che altri desidera
dare in futuro , come riverbero di un
fecondo anno centenario.

4.5 Page 35

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- - - - - - - - -- -s8-
PROTAGONISTI
1 APRILE 1989 35
PER UNA STORIOGRAFIA
AL FEMMINILE
DI MADRE MAZZARELLO
E DEL SUO ISTITUTO
Facoltà «Auxlllum» di Roma
Suor Anita Deleidi
e suor Maria
Esther Posada,
docenti allAuxilium,
conducono
una ricerca storica
sulle radici
dell1stituto FMA.
Ne parlano
in questo servizio.
Due voci femminili al
congresso internazionale di studi
su Giovanni Bosco, tenutosi a Ro-
ma alla fine di gennaio (di cui il
«BS» si è già occupato diffusamen-
te). Sono state quelle, molto segui-
te e applaudite, di suor Anita De-
leidi e suor Maria Esther Posada,
entrambe FMA ed entrambe do-
centi dell'Auxilium di Roma, la fa-
coltà di Scienze dell 'ed ucazione or-
mai largamente apprezzata e nota
anche per essere l'unica - perché
non ribadirlo? - interamente ge-
stita da donne. Abbiamo voluto in-
contrare - terminato il convegno
- le due relatrici, per chiarire e
approfondire alcune tra le molte -
plici questioni che i loro interventi
avevano aperto.
«All'interno delle esigenze del
Congresso - ci spiega suor Ani-
ta - , si è pensato importante esa-
minare la relazione di Don Bosco
con l'istituto delle FMA. Ho offer-
to allora - continua suor Anita -
questa ricerca che da alcuni anni
sto portando avanti sia come stu-

4.6 Page 36

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36 1 APRILE 1989
dio per il mio insegnamento sia co-
me riflessione personale». È nata
così la relazione di suor Anita sul
rapporto storico spirituale tra Don
Bosco e Maria Domenica Mazza-
rellò. Suor Maria Esther, invitata a
partecipare al Congresso dallo
stesso Magnifico Rettore che l'ha
raggiunta con una telefonata nel
suo paese natale, in Colombia, do-
ve si era recata per una breve va-
canza, ha parlato dei primi anni
della storia dell'istituto delle FMA
in rapporto alla figura del suo fon-
datore, Giovanni Bosco.
Nella cornice animata dell'Auxi-
lium si è svolto questo piccolo
«convegno dopo il convegno», in
cui il «BS» ha avuto la possibilità
di ottenere l'attenzione di suor
Anita, docente di Storia della spiri-
tualità cristiana con particolare ri-
ferimento all'800, e di suor Maria
Esther, docente di Storia dell'istitu-
to delle FMA e di Storia dei testi
costituzionali e delle fonti! Suor
Posada e suor Anita insegnano an-
che alla Università Pontificia Sale-
siana. Un'atmosfera cordiale e sim-
patica ha animato questa piccola
«tavola rotonda», rallegrata anche
da un gradito break fuori program-
ma, segno della squisita ospitalità
delle FMA. Le due suore celano
con garbo, sotto un'aria sorridente
e accogliente, il loro importante
ruolo accademico.
BS: «Le vostre relazioni, esau-
rienti e chiarissime, hanno positi-
vamente lasciato aperta la porta
a numerose questioni. Quali sono
stati i criteri storiografici eh~
hanno guidato il vostro lavoro?
Negli interventi, entrambe avete
lamentato una certa difficoltà
nello studio e nel reperimento
delle fonti storiche».
Suor M. Esther: «Sono solo pochi
anni che è nato nell'istituto delle
FMA l'esigenza di compiere uno
studio critico di ricerca delle fonti,
che sostituisse o integrasse il lavo-
ro già compiuto a carattere soprat-
tutto agiografico-edificante. Le sol-
lecitazioni sono venute dai cente-
nari della fondazione dell'istituto e
della morte di madre Mazzarello e
di Don Bosco, oltre che dal Conci-
lio e da instanze interne dell'istitu-
to stesso. Le nostre fonti sono
sparse in numerosi archivi e la
Suor Maria Esther Posada
maggiore difficoltà consiste nel
fatto che non le conosciamo anco-
ra completamente. Un obiettivo
pratico in questo momento rimane
quindi quello di elaborare i dati che
andiamo raccogliendo con lavori
spesso faticosi. Io, ad esempio, ho
cominciato nel 1966, ma mi sembra
ancora di essere solo agli inizi di
questa ricerca. Tuttavia si sono fat-
ti dei passi avanti».
Suor A nita: «Sì, dei decisivi passi
avanti, soprattutto a livello di pre-
sa di coscienza dell'istituto e di no-
stra disponibilità».
BS: «Lei, suor M. Esther, ac-
cennava alla diversità tra uno
studio agiografico e uno studio
storico. Il prof. Scoppola, alla fi-
ne del suo intervento a conclusio-
ne del Convegno, ha affermato
che il Don Bosco letto in chi.ave
storico-critica è una figura molto
più interessante e ricca di quella
presentata dalla tradizione. Si
può arrivare a questa conclusio-
ne anche per madre Mazzarello?
SQor Anita, nel suo intervento lei
ribadiva il ruolo di madre Mazza-
rello come cofondatrice, ruolo
evidenziato dagli studi storici
più recenti».
Suor Anita: «Nei primi tempi
l'accento era posto, in effetti, quasi
unicamente su Don Bosco fondato-
re, mentre passava in secondo pia-
no la figura di questa donna ecce-
zionale. Ciò dipendeva probabil-
mente dal fatto che nell'ambiente
modesto delle prime consorelle
mancava quella coscienza che in -
vece a Valdocco già accompagna-
va la figura di Don Bosco. Si pen-
sava a madre Mazzarello come a
uno strumento nelle mani di Don
Bosco più che come a una cofon-
datrice attiva».
BS: «Forse questa idea corri-
spondeva all'ottica del tempo, in
cui le donne non erano molto
considerate come persone auto-
nome».
Suor Anita: «Certo, è un'ottica in
cui rientrano questo e tanti altri
elementi che sono da analizzare.
Sicuramente Don Bosco ha avuto
l'idea della fondazione, ma madre
Mazzarello ha dato la sua parteci-
pazione attiva».
Suor M. Esther: «Nei secoli pas-
sati tutte le figure di cofondatrici,
ma anche quelle di fondatrici, sono
meno "vistose" e "appariscenti" e
sicuramente meno studiate di
quanto non lo siano stati i fondato-
ri. Sono, inoltre, se mpre viste nel-
l'orbita della santità di una figura
maschile: o c'è un fondatore con
cui la donna collabora, oppure c'è
sempre un vescovo che la sorregge
e l'aiuta. Ci sono, inoltre, delle dif-
ferenze di tipo psicologico tra Don
Bosco e madre Mazzarello. Don
Bosco possiede un fascino che arri-
va alle masse, mentre madre Maz-
zarello, al contrario, ha un'incisivi-
profonda che agisce maggior-
mente a livello della persona sin-
gola. Una certa visuale, poi, colloca
Don Bosco nel meraviglioso, nel
taumaturgico, aspetti che non ri-
corrono certo in madre Mazzarel-
lo, che era una persona molto sem-
plice. Questo ha fatto sì che qual -
cuno, all'inizio, abbia pensato a lei
come a una figura di contadina
troppo oscura, quasi dimessa e pri-
va del valore che ha intrinseca-
mente».
BS: «Quindi non si può parlare
di 'boom' agiografico per madre
Mazzarello ?».
Suor Anita: «Assolutamente no,
anche nelle prime biografie dell 'i-
stituto è messa più in luce l'azione
di Don Bosco piuttosto che la figu-
ra di questa donna capace».·
Suor M. Esther: «Gli stessi primi
articoli scritti su di lei da don Le-
moyne non hanno quell'enfa si e
quella sopravvalutazione che nel
caso di Don Bosco lo stesso don
Lemoyne ci ha messo».
BS: «Ma grazie a studi più criti-
ci è emersa invece una personali-
incisiva».
Suor M. Esther:«Ecco, proprio co-
sì; incisiva. La sua solidità interiore

4.7 Page 37

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- - - - - - - - - - -s/1-
1 APRILE 1989 · 37
non è facile da penetrare e l'istituto
è andato via via scoprendo questa
ricchezza, questa compattezza mai
approfondita fino in fondo».
Suor Anita:«II contesto in cui vi-
ve, tra Mornese e Nizza, è molto
più semplice e modesto di quello in
cui agisce Don Bosco. Nello stesso
tempo, però, si tratta di una donna
coraggiosa, anche audace, capace
di cose che allora non sembravano
adatte a una donna, figuriamoci a
una religiosa, come il viaggiare,
l'andare a visitare le consorelle. Il
tipo di agiografia precedente sot-
tolineava maggiormente ascetica,
ma ora stiamo scoprendo la ric-
chezza di una donna che si è co-
struita anche umanamente. Ed era
donna in pienezza, nella profonda
unificazione di vita interiore, di ca-
pacità apostolica e di creatività.
Aspetti che visti, nel contesto stori-
co ambientale dell'epoca, ci danno
l'immagine di una vera santa, non
quella di una figura un po' avulsa,
staccata dalla realtà».
BS: «Quella, forse, era una vi-
sione di santità che risultava più
"comoda", proprio perché "lon-
tana"».
Suor Anita: «Sì, condivido l'idea
di Maritain quando afferma che la
santità è l'umanità realizzata in pie-
nezza, aiutata dalla corrispondenza
con la Grazia. Maria Domenica
Mazzarello era una vera donna».
BS: «Suor Anita, nel suo inter-
vento lei parlava di come lo spiri-
to di Don Bosco sia stato rielabo-
rato da madre Mazzarello per
sfociare in una forma personale
di esperienza educativa».
Suor Anita: «Studiando il conte-
sto di Mornese, e osservando come
Maria Domenica si comportava
ancor prima di conoscere Don Bo-
sco con le ragazze del gruppo delle
Figlie di S. Maria Immacolata, il
gruppo da cui presero avvio le
FMA, si nota come possedesse già
una personale sensibilità educativa.
Era capace di stabilire rapporti
profondi con le ragazze e quindi
svolgere una vera educazione. Si è
spesso molto insistito con espres-
sioni del tipo "era una semplice
contadina", probabilmente per me-
glio evidenziare l'azione della Gra-
zia. Era una donna che forse non
possedeva una gran cultura; legge-
Suor Anita Deleidi
va già da ragazza, ma imparò a
scrivere più tardi. Possedeva però
una solida formazione sia interiore
e spirituale che dottrinale e umana.
Conoscendo Don Bosco ha cono-
sciuto anche modalità educative,
come quelle del sistema preventi-
vo, ha saputo coglierle e seguirle
nella sua azione con le giovani, ma
con la capacità più personale di
promuovere le situazioni con uno
stile proprio. È quello che noi, oggi,
definiamo "lo spirito di Mornese",
lo spirito che ci fa vivere le indica-
zioni di Don Bosco con modalità
più femminili. Ed è questo lo scopo
della mia ricerca : capire bene in
cosa consisteva questa educazione
al femminile. Arrivare a definire il
modo tipico, femminile , di madre
Mazzarello è il contributo specifi-
co che noi FMA possiamo dare al-
la famiglia salesiana».
BS: «C'è un episodio particola-
re che mi ha colpito nell'inter-
vento di suor M. Esther. Alla ce-
rimonia di fondazione dell'ordi-
ne, il 5 agosto 1872, Don Bosco
sembra che non manifesti una
piena consapevolezza dell'avve-
nimento. Appare quasi costretto
ad andarci e parte immediata-
mente dopo da Mornese senza
che compaia la sua firma nel ver-
bale di fondazione. Come mai
questa fretta? Si tratta forse di
indifferenza?».
Suor M Eslher: «A questo ri-
guardo si possono individuare due
linee diverse, che vanno dal rico-
noscimento di un'estrema paterni-
tà di Don Bosco a quello di un
estremo distacco nei confronti del-
l'istituto. Bisogna in realtà vedere il
contesto in cui sono nate le FMA.
Era il 1872, uno degli anni di lavo-
ro più intenso per Don Bos_co. Ma
già una intenzionalità fondante era
presente in lui già dagli anni '50,
ben venti anni prima, e con l'incon-
tro di questo gruppo di donne, la
cui formazione spirituale soddisfa
le sue attese, trova finalmente con-
cretezza : è l'occasione storica per
verificare un'idea che andava ma-
turando da tempo. È ovvio che non
misconosciamo l'intervento divino
che prepara Don Bosco per la sua
missione! In quanto agli episodi di
disinteresse che hanno suscitato in
te perplessità, io li ho chiamati co-
me "non pienezza di coscienza sto-
rica". l suoi interventi precedenti,
che lo vedono Don Bosco realizza-
tore, fondatore, son ben più signifi-
cativi del fatto che scappi subito
via il giorno della vestizione per-
ché era implicato negli affari o non
stava bene. È invece formalmente
importante il fatto che il vescovo,
presente alla cerimonia, èhieda a
Don Bosco di pronunciare la predi-
ca. Dico tuttb questo senza disco-
noscere, però, che Don Bosco ave-
va una personalità probabilmente
un po' sbrigativa nei riguardi della
formazione femminile».
BS: «Il rapporto che Don Bosco
ebbe con le donne, a questo pro-
posito, merita, penso, qualche pa-
rola di chiarimento. Aveva nume-
rosi contatti con religiose, bene-
fattrici, ma in qualche modo era-
no rapporti piuttosto sbrigativi».
Suor Anita: «Sì, se guardiamo la
sua formazione seminaristica, Don
Bosco appare piuttosto restio, ma
in realtà aveva un'ottima capacità
di instaurare rapporti con le donne.
Gli incontri con madre Mazzarello,
ad esempio, non sono prolungati,
ma essenziali e incisivi».
Suor M Esther: «Don Bosco ca-
pisce la spiritualità femminile, ma
non è il_ tipo che ci si intrattenga a
lungo. E così anche per le spiega-
zioni della nostra Rego la, rapide,
ma essenziali. Per quanto riguarda
lo stesso abito, per esempio, men-
tre alcuni fondatori studiano nei
minimi particolari come deve esse-
re la cuffia o la gonna, Don Bosco
più semplicemente scrive "che ab-
biano l'abito della virtù"».
BS: «Poi, si sa, i piemontesi so-
no persone molto "schiette", non
perdono troppo tempo in chiac-
chiere!».

4.8 Page 38

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38 · I APRILE 1989
Suor Anita: «Sì, forse anche
quello!».
ES: «A conclusione della nostra
chiaccherata mi piacerebbe che
indicaste ai lettori del "BS" quali
sono le prospettive della vostra
ricerca e come possono essere
lette all'interno dell'attività sale-
siana. Quali sono le possibili
chiavi di lettura del vostro discor-
so?».
Suor Anita:«Ho sempre pensato
che lo studio storico non sia fine a
se stesso. A volte, scherzando, ci
viene rimproverato di essere dei
"topi di archivio", con il pallino del -
la precisione. Ma, fuori dall'ironia,
la conoscenza esatta che cerchia-
mo deve illuminare il presente. Ad
esempio, quanti e quali insegna-
menti dal rapporto tra Don Bosco
e madre Mazzarello, un rapporto
impostato sulla collaborazione e fi-
ducia reciproca! La famiglia sale-
siana deve saper continuare questo
tipo di rapporto, che è stato para-
digmatico, di collaborazione fatti-
va e di rispetto. L'istituto delle
FMA possiede un ruolo e un cari-
sma specifico che deve essere man-
tenuto e conservato anche all'inter-
no della congregazione salesiana».
ES: «E per quanto riguarda il
futuro, quale saranno le prossime
tappe di quello che suor M.
Esther indicava come un lavoro
senza fine?».
Suor M Esther: «Noi FMA dob-
biamo continuare la ricerca delle
nostre radici. Per questo è necessa-
rio un ordinamento delle fonti e la
pubblicazione di studi storici secon-
do un programma ben stabilito.
Questa linea storica non esclude la
continuità delle pubblicazioni a li-
vello agiografico divulgativo. li no-
stro è un istituto di vita attiva e le
destinatarie sono spesso persone
semplici per cui è necessario pro-
muovere una divulgazione, seria e
documentata, ma sempre divulga-
zione. E, rifacendomi a quello detto
da suor Anita, concordo con lei sul-
l'importanza del possedere una
adeguata conoscenza della nostra
identità per far sì che il nostro rap-
porto con i salesiani si realizzi su un
piano di completa collaborazione e
parità».
Monica Ferrari
STORIA SALESIANA
PROFILI
R1coRDANDO
DON LUIGI MONTINI
A 25 ANNI DALLA
SCOMPARSA
Fu cugino di Paolo VI
Una parentela fatta
anche di grande
affinità spirituale e di
cm0i1.snsiu.onneasrliao. n. cio
Risalendo l'Amazzonia
da Manaus lungo il Rio Negro, il
giornalista Ivo Cardozo approdò a
Barcelos, oggi Sào Gabriel da Ca-
choeira, remota staziç,ne missiona-
ria tra gli indi Tucani. Era il 5 luglio
1963. Aveva qualcosa da dire, ma
soprattutto qualcosa da ascoltare.
A caccia di un inedito scopo, chiese
del missionario salesiano. Questi gli
si presentò subito, un po' incuriosito
per l'insolita visita. Il giornalista
puntò al nocciolo senza giri di pa-
role. «Lei è il padre Luigi Montini?
Ho una notizia da darle. Suo cugi-
no, l'arcivescovo di Milano, è il nuo-
vo Papa ed ha preso il nome di Pao-
lo VI».
La notizia piombò come una
mazzata. Lo sperduto missionario
ristette, trasalì, sussultò confuso...
poi esplose in grida di gioia, facen -
do accorrere colleghi, gente, indi e
ragazzi. In quel lontano avamposto
della civiltà, in modo così brusco,
egli veniva a sapere che «don Batti-
sta», il «cugino-fratello», il compa-
gno dei suoi anni verdi, ripetitore di
scuola e consigliere della sua voca-
zione, era diventato successore di
San Pietro ed erede di Papa Gio-
vanni ...
Giovanni Battista Montini, vera-
mente, era già Papa da quindici
giorni ; ma a Barcelos le notizie
marciano lente, su fortunosi aerei, o
controcorrente sul fiume: che non
tolgono loro il sapore ma per con-
tro lo accrescono. Nel caso, lo
spiazzo in terra rossa della missio-
ne si tramutò d'incanto nella più
grande piazza romana, e i grandi al-
beri d'intorno divennero il colonna-
to del Bernini, e l'umile chiesa del
luogo si rivestì di cupolone e di
marmi, e la piccola folla degli indi
applaudì con gli scrosci di centinaia
di migliaia di mani e di voci... «An-
nuntio vobis gaudium magnum!».
Ma padre Luigi non colse che per
un attimo quella grande festa.
Come un rapido intenso flash-
back gli si accesero invece nell'ani-
ma le case di Concesio, gli amore-
voli volti dei familiari , il bel sole e le
splendide campagne di Lombardia;
si ritrovò ragazzo, adolescente irre-
quieto, un po' svogliato a scuola e
un po' troppo incantato per strada a
invidiare le carovane degli zingari
che - fortunati loro! - avevano
gentili case mobili e potevano sco-
razzare per tutto il mondo a piace-
re. «Va a finire - rimbrottava la

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-
I 1APRILE 1989 39
A sinistra: stralcio di una lettera Inviata da
Giovanbattista Montlni al cugino
Luigi. A destra: don Luigi
Montinl nel 1947 a
' Hong Kong.
nonna - che questo ragazzo ce lo
portano via gli zingari con una ca-
ramella». E la mamma, preoccupa-
ta: «Di studiare non ha voglia, do-
vremo mandarlo a lavorare...». In-
tanto, ecco che lo affidavano all'at-
tenzio_ne del più maturo e serio cu-
gino «don Battista», vicino a pren-
dere gli ordini, perché lo aiutasse a
recuperare quella benedetta quarta
ginnasiale che gli sfuggiva in italia-
no, latino , e greco. «Mai più ho avu-
to un maestro così esigente», con-
fesserà ricordando, «ma nonostante
l'impegno di mio cugino dovetti ri-
petere l'anno a cagione del greco».
Era dotato di fine intelligenza e
di bontà, ma soprattutto di vivacità
e spirito d'avventura. Gli urgeva
già in cuore la carica missionaria.
Se per un poco i familiari poterono
dubitare della sua riuscita, il tempo
s'incaricò presto di mettere le cose
in chiaro.
«Mio cugino Luigi - confiderà
Papa Paolo VI a un gruppo di sale-
siani - era un ragazzo un po' indi-
sciplinato...». Una battuta, detta per
suscitare un sorriso, ma densa d'a-
more per la sbrigliatezza del «fra-
tellino» irrequieto. La famiglia
Montini era mol to numerosa. I cu-
gini vivevano affiatati nella patriar-
cale casa dei nonni comuni. In fon-
do l'«eccezione» non erano essi,
compagni di gioco e di scorribande,
ma il pacato e riflessivo «don Batti-
sta» stagliato nell 'abito nero e sem-
pre controllato nelle parole e nei
gesti. Comunque, la «diversità» non
faceva divisione, tutti insieme si vo-
levano un gran bene. La letteratura
biografica ha folleggiato un po' sul-
le distanze tra i due cugini. Non è
vero che il minore desse del «lei» al
maggiore, basta leggere il confi-
dente «tu» delle reciproche lettere
che di a poco si scrissero; e non è
vero che giudicando «indisciplina-
to» Luigi, l'altro si sia distaccato da
lui, che anzi molto ammira ed esalta
(anche da papa) nelle lettere ai fa-
miliari, per le eccellenti doti d'intel-
letto e di amore...
Luigi e Battista sono come fratel-
li. Genitori e insegnanti esortano il
«discolo» a eguagliare il saggio. Lo
farà, ma a modo suo. Certo la con-
suetudine reciproca non è estranea
a una segreta decisione di Lµigi.
Non ne ha parlato con nessuno, ma
ha continuato a pensarci lavorando
in un'impresa di ferramenta e du-
rante i diciotto mesi di naja a Bres-
sanone, nell'artiglieria alpina. Ven-
tiquattrenne, nel 1930 rivela a suo
padre Giuseppe (medico) e a sua
madre Rachele l'intenzione di di-
ventare sacerdote e missionario...
Don Battista ne esulta. «Per il tuo
carattere - dice - ci vuole Don
Bosco, avrei desiderato andarci io;
ma vai tu al mio posto e parlane
con don Antonio Cojazzi che di
giovanotti s'intende...».
Nelle confidenze già menzionate
Papa Montini dirà:<<... Io lo accom-
pagnai a Torino e finì che ne nac-
que una bella vocazione salesiana e

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40 · I APRILE 1989
m1ss1onaria...». Di quegli anni è ri- la mia testimonianza: ero uno di che possiede. Ma gli se mbra di non
masta traccia in una cartolina fir- essi, il meno istruito, il men.o vir- fare abbastanza. Ne l mare di Ma-
mata insieme da don Battista e da tuoso, e pure ora sono contento cao, incas ton ata nelle bionde acq ue
don Cojazzi dopo una visita alla perché ho conosciuto la via sicura degli estuari, v'è l'iso la di Coloane
tomba di Pier Giorgio Frassati alla gioia...» (25-4-1937). L'epistol a- belliss ima, dove i sa lesiani dirigono
morto sei anni prima e sepolto a rio di Luigi, da qu ando egli vive un a colonia agra ri a e una concen-
Pollone, presso il santuario maria- con coerenza la sua scelta missio- trazione di lebbrosi. Ogni giorno
no di Oropa. La cartolina è indiriz- naria e sace rdotale, è tutto costel- don Luigi è là con ai ut i material i,
zata a Luigi, novizio salesiano nella lato di espressioni siffatte, ed è co n solidarietà, amicizia e letizia disten-
casa di «Villa Maglia» presso Chie- vero rammarico che dobbiamo ri- siva... Finché non lo blocca la mala-
ri. Ma la corrispondenza tra i due nunciare a percorrerlo in questa ria, e dopo la malaria la guerra con
cugini è in quel tempo più fitta e sede.
l'invas ione giapponese e il campo
più densa. <<... Tu cominci senza titu- Qualche anno di ambientazione di prigioni a.
banze il tuo periodo di prove - esperienze e studi, tra Hongkong Dalla radio apprende la morte
scrive don Battista il 27 ottobre (Sh aukiwan) e Macau; poi nel 1940 deg li zii , genitori de l suo caro don
1930 - e non ti nascondi le dif/1- l'ordin azione sacerdotale per mano Battista. Vorrebbe telegrafare, scri-
coltà; ma non temere, penso che del card. Da Costa Nufles. «L'espe- vere, ma la posta per l'Italia è impe-
proprio questo sia da f are come la rienza più curiosa che mi capita qui dita. Il cuore del mite don Luigi è
cosa migliore: misurare senza illu- - egli scrive - è quella della con- colmo di tristezza: forse a casa cre-
sione gli ostacoli, le responsabilità, i f essione plurilingue. Dalla grata . dono morto anche lui... Un giorno
sacrijki, la durezza insomma della del confessionale mi giungono lutti riesce a farsi vivo co n il De legato
nuova vita, e paragonare pure que- i tipi cli linguaggio: inglese, france- Apostolico di Pechino mo ns. Mario
ste dij/koltà alla sempre inadegua- se, cinese, portoghese, dialetti locali. Zanin, che dal Vaticano (ossia da
ta misura delle proprie forze; e dal Devo capire tutto e rispondere a tut- mons. Battista) è stato mosso a in-
conji-onto imparare l'umiltà, impa- ti». Il giovane prete è vivace, attivis- formarsi. L'informazione giunge a
rare a far calcolo effetti vo sulla simo, instancabile e pieno di curio- casa: «Sono molto lieto - scrive
grazia di Dio...».
sità. Non ha perso l'infantile carica mons. Battista ai parenti - d'infor-
Il 9 settembre 1931 , nell'immi- «zingaresca». A tratti sembra marvi che secondo una rad io-tra-
nenza dei primi voti del cugino, don austero, in realtà si rivela sorpren- smissione da Pechino don Montini
Battista riscrive: «... Comprendo dentemente umano : un aspetto che trovasi Macao ottima salute... Avete
quali sacrijki ti siano domandati... lo accomuna al «cugino vaticano». diritto, ca rissimi z ii, di essere fieri e
Vorrei essere partecipe della tua ge- ' Impara le lingue, s'immedesima ne- grati a Dio per qu e l vostro corag-
nerosità, della carità che arde nel gli usi e costumi, a pprende i mestie- gioso e ottimo figliolo ...» (3 ge nn a io
tuo dono. lo per parte mia dico al ri più adatti a farli praticare ai gio- 1943}.
Signore che ti renda partecipe della vani della missio ne. Adora i ragaz- A guerra finita, qu alcuno offre a
carità sua con cui sono fatto sacer- zi: li asseconda nei giochi, organiz- don Luigi un passaggio su nave pe r
dote. Ci ricorderemo uno dell'altro za escursioni e gite, re&ala tutto ciò l'Italia. Dopo 17 a nni , barba canuta
così? Tu vai lontano : la Cina.' 1l Si-
gnore ti apre gran.di vie e vuole da
te testimonianza di abnegazione e Don Luigi Montini il 22 settembre 1940 a Macao.
di forza. Ammiro, e sento crescere
in m e l'amore alla Chiesa, alla stes-
sa Chiesa che insieme serviamo. fl
tuo viaggio parla alla mia perma-
nenza, e mi affido alla comunione
dei santi per non essere indegno di
simili esempi e pigro dietro lo sfor-
zo altrui...».
Le lettere di Luigi traboccano di
gioia spirituale. Al cugino e ai pa-
renti il giovane salesiano, appena
trasferito a Macau, grida per lette-
ra: «Caro don Battista, voglio vive-
re con ottimismo, ottimismo conti-
nuo, credo sia il mezzo più celere e
sicuro per migliorare me stesso e
fare il minor danno agli altri. Otti-
mismo, cioè fiducia che è fede e
che è gioia. Dillo, dillo ai tuoi gio-
vani amici che ti confidassero di
non essere felici, porta loro anche

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5.1 Page 41

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-
1APRILE 1989 · 41
',,~, ·-1..I
Trai soldati angolani in presidio a Coloane (26 dicembre 1953).
e lunga, i genitori lo riconoscono a
stento ed egli a stento riconosce
nei genitori, ormai invecchiati e
malati, i bei tratti d'un tempo. Ma si
scambiano sguardi d'infinito amore
e trascorrono insieme giorni felici .
Poi va a trovare il cugino don Bat-
tista, che a Roma è diventato
un'autorità nella Segreteria di Sta-
to vaticana: nientemeno che «So-
stituto», e braccio destro del Papa
Pio XII. Come frate lli si abbraccia-
no, si scambiano esperienze, ricor-
di, affetti. Il ritorno in Cina è velato
di mestizia: don Luigi sa che non
rivedrà mai più i suoi cari vecchi.
Altri otto anni a Macau e nel 1956
il rientro in Italia. Nella missione si
sono affollati numerosi salesiani
espulsi dalla Cina, il personale
autocto no abbonda, egli è più utile
in Italia. Eccolo a Torino in un cen-
tro professionale, affiancato ai ra-
gazzi nell'apprendere tecniche
nuove ; e per un biennio a Mathi
nel Canavese, cappe ll ano tra le
mamme dei salesiani in un istituto
diretto dalle suore di Don Bosco.
«Era un uomo buono - ricorda
una di esse - andava ad aiutare
tutti i parroci dei dintorni e condu-
ceva qui decine di ragazzi perché
non stessero in strada. Ma ci porta-
no via le mattonelle, brontolavamo
noi. E lur rideva beato».
A Bagnolo Piemonte c'era un
istituto per aspiranti missionari. Fu
mandato e vi stette per altri due
anni, 1961 e 62. Insegnava, correva
in motoscooter e cercava vocazio-
ni. Se trovava un ragazzo co l desi-
derio di farsi missionario, gli paga-
va la retta. «Io sono fe lice così - ri-
peteva - perché la mia vita consi-
ste nel dare agli altri tutto quello
che mi domandano».
Ma non era soddisfatto lontano
dagli avamposti di missione. Lo di-
ceva anche al grande cugino diven-
tato arcivescovo di Milano, quando
andava a trovarlo. Non gli chiedeva
favori, ma solo che lo aiutasse ad
andare lontano... Pensava che lo
avrebbero rispedito in Oriente, a
Goa o a Timor. Invece lo destinaro-
no a Barcelos, nell'estremo Nord
amazzonico del Brasile. Anche si
parlava il portoghese, lingua da lui
appresa a Macau, e anche là c'erano
tante anime e tanti giovani biso-
gnos i di salvezza : 180 nella sola ca-
sa di Barce los...
Salpò da Genova il 23 marzo
1963 e raggiunse Sào Paulo. Gli
proposero di stare ed egli ne rise:
che cosa farei io, tra questi gratta-
ciel i? Si portò a Manaus e in due
ore, con un aereo militare, raggiun-
se la Missione. Era maggio. In po-
che settimane fece miracoli di pa-
storale, e amando i giovani e i pove-
ri si conquistò l'amore di tutti. Visi-
tò le famiglie ad una ad una, orga-
nizzò sistematicamente i catechi-
smi, incrementò la vita spirituale
della sua gente, diede conforto a
chiunque ne abbisognasse. «Ora -
scrisse bi suo superiore - mi trovo
a mio agio. La gente guarda curiosa
la mia barba bianca e mi dimoslrà
simpatia; solo mi spaventa la guer-
ra con i "carapanas" a cui sono co-
stretto mio malgrado». I carapanas
non erano guerrieri se lvaggi ma fa-
stidiosissimi insetti della foresta.
Due mesi, poi lo raggiunse· la noti-
zia che il suo «don Battista» era di-
ventato Papa...
G li scrisse d'impeto, con l'affetto
più intenso, a nome proprio e di tut-
ta la sua gente, ricevendone l'imme-
diata cald a risposta (11 luglio 1963).
Forte della «cordia le benedizione
aposto lica», si dedicò a nuove im-
prese missionarie. Attese i suoi indi,
soprattutto i giovani, in Tapurucua-
ra (Santa !sabei) a monte del fiume,
per un ritiro spirituale o, in saggio
idioma tucano, «per stare con Dio»
una intera settimana. Arrivarono
dai vari affluenti del Rio Negro in
canoa, dopo intere giornate di viag-
gio, portandosi mandioca e amache
per mangiare e dormire. Egli s'im-
medesimò con la loro povertà, li ar-
ricchì con tesori di Grazia. «Ed ora
eccoci pronti - concluse la sera del
29 agosto - a presentarci al Signo-
re. Voi mi avete edificato molto con
la vostra attenzione, mi avete inse-
gnato come stare con Dio e come
amarlo. Anch'io mi sono confessato
e sono molto contento...».
Fu il suo ultimo commiato. Pochi
minuti dopo un infarto lo co lse sul-
la sponda del fiume ed egli se ne
andò con Dio per sempre. Aveva
57 anni. «Suo fratello - confidava
commosso Papa Montini nel già
noto colloquio - ha fatto un viag-
gio apposta per.andare a visitare la
tomba di don Luigi... ha rinunciato
·alla visita che ogni anno faceva a
me, e io ne sono stato contento
perché andava a trovare quel fra-
tello sa lesiano morto e sepolto in
Brasile ... ».
Marco Bongioanni
Doc umenta zion i, informazioni, fotografie ,
so no dovute a lla cortesia delle famig li e Mon -
tini e in pa rti co la re dei fr a te lli di don Luigi , la
prof. sa Laura Gizz i-Montini e il frate ll o ing.
Vittorio Montini, mediante il sa lesiano don
Pietro Urba itis co mp agno di don Luigi nelle
missioni di Macau e Barcelos.

5.2 Page 42

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42 · 1 APRILE 1989
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
opere Don Bosco
Borsa: Don Bosco e Santi Salesia-
ni, a cura di La Russa Gabriella,
L. 2.000.000
Borsa : S. Domenico Savio, a cura di
Di Bona Giuseppe, L. 200.000
Borse: Maria Ausiliatrice, mi affido
al tuo materno aiuto, a cura di N.N.,
L. 1.100.000
Borsa: in memoria di mio fratello Vit-
torio Brun Del Re, a cura di Brun Del
Re Cecilia, L. 1.044.000
Borsa: S. Domenico Savio, per rin-
graziamento e protezione di Martine
e Miche!, a cura di N.N., L. 1.000.000
Borsa: Don Filippo Rineldl, per rin-
graziamento e protezione, a cura di
N.N., Torino , L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento,
a cura di Mollo Margherila,
L. 1.000.000
Borsa : Merla Ausiliatrice, in suffra-
gio dei defunti Santo e Angela, a cu-
ra di N.N., Bergamo, L. 1.000.000
Borsa : Bruno Melazzanl, a cura di
Melazzani Rag . Piero e del Prof.
Dott. Fojanini, L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, in suffragio dei miei defunti,
a cura di Pellegrino Raffaella,
L. 1.000.000
Borsa : Don Bosco, a cura di Zini
Maria, L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
·vanni Bosco, in suffragio di France-
se Pierina, a cura della sorella Fran-
cese Maria, L. 500.000
Borsa : Maria SS. Liberatrice e Don
Bosco, a cura di Staraccia Regina,
L. 500.000
Borsa: Don Bosco, per grazia rice -
vuta, a cura di Campardo Pietro,
L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e S. Antonio, a cura di
Silvestri Italia, L. 500.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, a cura di
Rampini Enrica, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazie
ricevute, a cura di Baldoin M. Con-
cetta, L. 500.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, in memoria e suffragio di Rita
Gandini: Cooperatrice, a cura del-
l'Unione Cooperatori di Alessandria,
L. 500.000
Borsa : Don Bosco, invocando pro-
tezione per il nostro figlio Marco, a
cura di Susana Antonio , L. 500 .000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, invocando protezione e in suf-
fragio dei miei defunti, a cura di Erre-
di Marga, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, invocando grazie e benedizioni,
a cura di N.N., Torino , L. 400.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per ringraziamento e protezio-
ne, a cura di Maria Rosa e Walter
Fiera, L. 300.000
Borsa: in suffragio di Ferrero Gio-
vanna, Vigone, a cura di N.N.,
L. 300.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione
e grazia particolare, a cura di T.A.G.,
Torino, L. 300.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in suffragio dei defunti, a cura di
Tomasetti Luigi , L. 300.000
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do protezione e in suffragio dei miei
defunti, a cura di Goitre Angela,
L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di N.N., L. 250.000
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Salesiani, invocando aiuto e prote-
zione per la famiglia , a cura di Musso
Giuseppe, L. 250.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringra-
ziamento e invocando protezione, a
cura di Dimillto Leonarda, L. 200.000
Borsa : Sacri Cuori di Gesù e di Me-
rla, Senti Salesiani, a cura di Falco-
ne Graziantonio, L. 200.000
Borse : S. Giovanni Bosco e S. Do-
menico Savio, grazie, continuate a
proteggere Luca e Raffaele, a cura di
N.N., L. 200.000
Borse: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in suffragio dei genitori Ada e
Angelo e per protezione, a cura della
figlia Augusta Giannini, L. 200.000
Borse: S. Domenico Savio, in me-
moria dei miei defunti, a cura di Ber-
tacchi Rina, L. 200.000
Borse: Don Renato Ziggiottl, a cura
di un Exaliievo del Manfredini di Este,
L. 200.000
Borse : Maria Ausiliatrice, in suffra-
gio dei miei defunti, a cura di Pa·
squalina Rizzo, L. 200.000
Borse: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Sanna Rosa
L. 200.000
Borsa: in memoria di Mimino Prenci-
pe di Manfredonia, a cura della sorel-
la Michelina, L. 200.000
Borsa : Maria Auslllatrlce, ringra -
ziando e invocando protezione per
i miei cari, a cura di Benatti Tina,
L. 200.000
Borsa : in memoria e suffragio di
Margara Prof Piero, a cura della mo-
glie, L. 200.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in suffragio dei nostri morti, a
cura di Abba e Rapisarda, L. 200.000
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
delle alunne di V/B istituto F.M.A. di
Catania, L. 200.000
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sco, in ringraziamento e invocando
protezione, a cura di N.N., L. 200 .000
Borsa : Maria Ausiliatrice, imploran-
do protezione per tutti noi, a cura di
Pizzolo Nuzza U.S.A., L. 155.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, a cura di Casetta Ester,
L. 150.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Casetta
Ester, L. 150.000
Borsa : S. Cuore di Gesù, invocando
protezione e grazie per me e sorella,
a cura di Z.M., L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio dei miei
genitori, a cura di Z.M., L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrlce e Don Bo-
sco, a cura di Bossolino Celestina,
L. 150.000
Borsa: in memoria di don Cocco, a
cura di Cesare Balzarro, L. 150.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, per pro-
tezione di mio figlio Marco, a cura di
Domeni9hetti M . Rosa, L. 150.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, per mio
figlio Marco, a cura di Domenighetti
M. Rosa (bis). L. 150.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, in suffra-
gio di Immacolata Mele, a cura della
sorella Sr. M. Jolanda, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrlce, S. Giu-
seppe e Don Bosco, a cura di Co-
dazzi Leopoldo , L. 150.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Papa Giovanni, per protezione
e in suffragio del marito Ferruccio
Erco/ani, a cura di Blasi Santa,
L. 150.000
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio dei nostri
defunti, a cu ra di N.N., Carbonara
Scrivia, L. 500.000
Borsa : Maria Ausillatrlce e Don Bo- Borsa : Maria Ausiliatrlce e S. Gio-
sco, ringraziando e invocando pro- vanni Bosco, invocando protezione
tezione, a cura di Marian i Piera, . in vita e in morte, a cura di Carabelli
L. 250.000
M. Luisa, L. 200.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, per grazia
ricevuta, a cura di E. Alifredi

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1 APRILE 1989 43
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento e
protezione grazie per la famiglia , a
cura di N.N ., Rubiana
Borsa: S. Cuore, Maria Ausiliatrice,
Santi Salesiani, in ringraziamento e
per protezione sulla famiglia, a cura
di P.F.G.C. , Torino
Borsa: Don Bosco '88, in memoria
del Doti. Vincenzo Canaglia, a cura
degli amici e condiscepoli di Valdoc-
co 1934-35
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione
per la famiglia, a cura di Robba Su-
sanna
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio- Borsa: Don Bosco '88, in memoria di Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo- Borsa: in suffragio dei defunti e per
vanni Bosco, in memoria di Don Gio- Menotti Dr. Carlo, a cura degli amici sco, in memoria e suffragio di Erne- una grazia che mi sta a cuore, a cura
vanni Opezzo, a cura di N.N.
e condiscepoli di Valdocco 1934-35 sta Gallo, a cura dei genitori
di Stradiotto Olga
Borsa: S. Giovanni Bosco, Santi
Salesiani, per ringraziamento e pro-
tezione, a cura di G.M. e C.D.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Gallizio Roberto
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa-
lesiani, aiutate mia figlia e mia nipoti-
na, a cura di M.R., Alessandria
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in ringraziamento, a cura di C.F.
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Agostonl Pietro
Borsa: S. Cuore, Maria Ausiliatrice,
.Santi Salesiani, a cura di Novelli
Francesca
Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffra-
gio dei genitori Pietro e Giuseppina
Sirigu e fratelli Aldo, a cura di Fois
Sebastiano
Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazia
ricevuta e invocando preghiere, a
cura di Valentini Maria
Borsa: in memoria di Boschi Pietro,
a cura di S.E., Roncegno
Borsa: Beato don Rua, in memoria
dei nostri zii e zie e protezione per
noi, a cura di S. e T., Torino
Borsa: Don Rua, in memoria e suf-
fragio di Clelia e Pietro, a cura di
S. e T.
Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, per grazie ri-
cevute e invocando protezione sulla
famiglia, a cura di A.A.G.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per grazia ricevuta e invocando
protezione sulla famiglia , a cura di
Stocco Jole
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria e suffrag-
gio dei defunti famiglia Bignardi, a
cura della figlia Nenella
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Anime del Purgatorio, in suffra-
gio di mio marito, a cura della moglie
G.E.
Borsa: S. Giovanni Bosco, nel suo
centenario, a cura di Genco Giu-
seppe
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per protezione, a cura
di Gobbo Gianguido
Borsa: in memoria di Antonio Sar-
zotto, a cura della sorella
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Sr. Eusebia, per grazia ricevuta ,
a cura di B.L., Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione
sulla famiglia , a cura di Collo Madda-
lena
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Santi Salesiani, a cura del la Fa-
miglia Robustelli
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa-
lesiani, ringraziando e invocando
protezione sulla famiglia , a cura di
Destefanis Pina
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, in suffragio
della mamma Giambra Rosa, a cu ra
di Narese Rosina e Calogero
Borsa: Don Bosco, a cura di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in memo-
ria e suffragio di Osvaldo Bertagna, a
cura delle cog nate : sorelle Cataldo
Borsa: in suffragio di Leanza Nun-
ziatina, a cura del marito e dei figli
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per ringraziamento e invocando
ancora protezione, a cura di M.P.,
Acqui T.
Borsa: S. Domenico Savio , a cura di
Sartorio Carla
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vanni Bosco, in suffragio di papà e
mamma, a cura di Ciproano Aniello
Borsa: Mimino Prenclpe di Manfre-
donia, a cura di Prencipe Michelina
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Don Bosco, invocando grazie per
me e suffragio per il marito Domeni-
co, a cura di Fulcheri Maria
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per grazia ri-
cevuta, a cura di Lucchi Emma
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vanni Bosco, in suffragio di Maria, a
cura delle sorelle Luigina e Lia
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, per ringraziamento e invo-
cando protezione, a cura di Parlani
Giorgina
Borsa: S. Giovanni Bosco e Papa
Giovanni, in memoria e suffragio dei
genitori, a cura di N.N. , Vizzola Ticino
Borsa: Mons. Vincenzo Cimatti, lo
ricorda il suo allievo dell 'Oratorio
S. Luigi di Torino
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vanni Bosco, a cura di A.I.R .
Borsa: S. Giovanni Bosco, imploro
aiuto per me, i miei figli, per tutti i
miei cari, a cura di Dal Pane Adriana
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sco, Domenico Savio , invocando
protezione per figli, nipoti e famiglia ,
a cura di Vacca Angela
Borsa: Don Bosco , a cura di Bassi
Paol a
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sco, Domenico Savio , a cura di Pin-
tarolli Franca
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vanni Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Maria Natoli Rivas
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sco e Domenico Savio, a cura di
luliano Carmela
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sco, Domenico Savio, ringraziando
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nipotini, a cura di Robba Susanna
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ziando di cuore per protezione ac-
cordatami, a cura di Exallieva di
Faenza
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ta, a cura di Giannone Jolanda
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lesiani, ringraziando e invocando
protezione, a cura di Repelli Daglio
Maria
Borsa: Maria Ausi liatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione,
a cura di Franchino Domenica
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grazie, a cura di Campagnoli Anto-
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santificazione dei sacerdoti, a cura di
Luciani Giovanni
Borsa: Maria Ausiliatrice, ringra-
ziando per favori ricevuti e imploran-
do protezione sulla famiglia, a cura di
Sassone Anna
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liatrice, Don Bosco, per grazia rice-
vuta, a cura di Berta Lucia
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vanni Bosco, a cura di Nasi Serra
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nonno Italo Frezza, a cura dei nipoti :
Italo, Stefano, Adalena , Ezio
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sulla famiglia , a cura di Zampiglia
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