Bollettino_Salesiano_197907


Bollettino_Salesiano_197907



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BOLLETTINO
ANNO 103 N. 7 1• QUINDICINA• 1° APRILE 1979
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO P OSTALE GRUPPO 2° (70J
SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877
IN QUESTO
NUMERO
Puebla ha detto
per noi
Intervista
a Don Viganò
Sacrosong:
il Vangelo
diventa
canzone
Padre
Delfino Crespi
Quando i sogni
diventano
villaggi
BS risponde
L'amara
delusione
che uccide i
giovani
IL CB
DI TI

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Sommario
ANNO 103 - NUMERO 7
1 APRILE 1979
Il Cristo dì Tepìnapa
Servizio di copertina, pag. 12
LE IDEE
Puebla ha detto per noi
Intervista al Successore di Don Bosco, 3-6
Le scelte della Chiesa a Puebla. 4
Un messaggio anche per l'Italia. 5
Giovani. L'amara delusione che uccid e i giovani. 18-20
Imparate a crescere insieme, 21
LE FORZE
Salesiani ucraini. A servizio di una Chiesa In diaspora, 22-23
Gioventù salesiana. Dal Papa in 12.000, 29
Rettor Maggiore. Commesso viaggiatore di Don Bosco, 30
L'AZIONE
Colombia. Ora l"Ausiliatrice è sul loro cammino, 14-15
Gabon. Affidati a un salesìano i programmi re ligiosi tv. 30
India. I pescatori di Ouilon. 16-17
L a diocesi di Tura ora cammina da sola. 29
Italia. Il Club dei Centomila, 31
Un p remio a mons. Faresin, 31
Malta. Andrew dip inge con la bocca, 29
Messico. Il Cristo df Tepinapa, 12·13
Polonia. Sacrosong: il Vangelo diventa canzone, 7-10
Card Wojtyla: Il sacro abbia cittadinanza, 9
Spagna. Era un cavaliere dell'ideale. 26-28
Thailandia. Quando I sogni diventa no villaggi, 24-26
Ungheria. Si in contrano come parenti lontani, 31
IL PASSATO
Vincenzo Randi: M ia madre, l'Emma d1 Voltana, 10-11
Féllx Rougier. Cosi Félix d iventò missionario, 30
RUBRICHE. Libreria, 11 - B S risponde, 18 - Educhiamo co-
me Don Bosco, 21 - Caro BS, 23 - Brevi da tutto Il mondo, 29
- Ringraziano I nostri santi, 32 - Preghiamo per i nostri morti,
34 - Solidarietà missìonarìa, 35.
LA VIGNETTA
•DIECI E LODE•
m
MOBILI
o
- Non sono staio io: ho due teatlmonil
2
BOI.LETTINO
SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nei 1877
Quindicinale d'informazione e cultura religiosa
Dire ttore responaablle don ENZO BIANCO
Collaboralorl. Giuliana Accornero - Pietro Ambroslo - Marco Bon-
gloannl - Teresio Bosco - Ella Ferrante -Adolfo l 'Arco
Fotografia Antonio Gottardl
Archlvlo salesiano: Guido Cantoni - Archivio Audiovisivi LDC
Diffusione Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Graflca Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Graflche SEI - Torino
Autorizzazione Tribunale di Torino n 403 del 16.2 1949
L'EDIZIONE DI META' MESE
del BS è particolarmente destinata ai dei Cooperatori Salesiani.
Redattore don Armando Buttarellt. Viale dei Salesiani 9 . 00175 Ro-
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IL •BOLLETTINO SALESIANO• NEL MONDO
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1.3 Page 3

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r
ha detto per no1·
La recente<< Conferenza dei Vescovi latino-americani» è stata un «evento salvifico» che ha
molto da dire non solo per la Chiesa in America Latina, ma anche per quella d' Europa e
d' Italia, e per la Famiglia Salesiana di qua e di là dell'Oceano Atlantico.
A Pueb/a (Messico). alla « Ter;:a
Co11(ere11za dei Vesco1•i Latino
americani» svolwsi dal 27 gennaio al
13 febbraio 1979, don Egidio Viga11ò è
stato 11110 dei qual/1'0 superiori 11wg-
giori invitati diretta111e11te dal Papa i11
rappresentan::,a delle Congregaz ioni
religiose: ha (alto parli: della com111ì:,-
sione «Eva11gelizzazio11e e culture». Di
salesiani, oltre a lui e al card. Sif1,a,
erano presenti nove Era Arcivescol'i e
Vescovi, 4 sacerdoti e un esperto.
Al suo ritorno a Roma, do11 Viganò
ci ha rilascia/O s11 questa /011da111e111a/e
esperie11zu di Chiesa due ore e 1111
quarto di com•ersa,zioni regi:,traie. E...
la di((icolià ili condensare il 111awrialc
i11lere.%t111te 111a ,·astissimo.
Ecco.- nelle parole del Reuor Mag-
giore - qualche spulllo di ciò che Pue-
bla ha detto e significa per i figli di Don
Bosco e per qtwnti condividono il .rno
progetto apostolico.
Evento salv ifico
Domanda. Due anni di prepc1rn:,iu-
11e, Vescovi ed esperti da uma l'Amen'-
ca Latina (AL), riunioni (ille per quin-
dici giomi, e un docw11e1110 finale di
232 pagine prntoco/lo. Che cosa è .m11a
Puebla oltre a tulio ciò?
D011 Viganò. In due sole paroll'.
Puebla è stata un evento salvifio.:o per
l'AL.
D. P11ebla ha m•1110 il con/orto dello
presen;:a del Papa e del/'ent11sias111u
popolare che essa ha suscitwo. Che co-
sa ha sign i(icaw ques1a prese11::,a?
R. E' stata una testimonian,a
straordinaria, fuori di ogni previ.<.ione.
Nella commissione in cui lavora, <>.
quando si è trattato della religiosita
popolare, un teologo di Bueno,. Aire-,
ancora suggestionato dalla ri.<.posta tli
popolo che il Papa avèva suscitalo, ha
detto: «Non si deve parlare della reli-
giosità popolare solo come oggetto di
evangelizzazione, ma anche come
soggetto. Chi di noi preti, soprallutto i
più intellettuali, non si è sentito evan-
gelizzato in questi giorni da tulle
quelle mamme con i loro bambini in
braccio, da quegli uomini che aveva-
no camminato ore e giornate, magari
~enza mangiare, e donnito sull.e stra-
de, soltanto per aspettare iJ p assaggio
del Papa?»
E' stato qualcosa di incredibile e
commoveme. Da Citlà del Messico a
Puebla, andando su fino a quota u·e-
mila, ci .',Ono 120 km: non c'era un
metro di strada libero. Tutto per ve-
ùcre un minuto il Papa. D'altra parte
bisogna dire che il Papa stesso ha
avuto una costanza e una resistenza
:.1raordinaria.
Poi i s uoi dh.corsi: li ave1·a preparaii
molto bcnL", a londo. con lince fonda-
Gl!$IO simbolico a Puebla: Il Rettor Maggiore
suona Il campanello. Foto in alto: gruppo di tu tti
I partecipanti alla conferenza di Puebla. Da loro
è giunta la proposta di un cambiamento.
mentali appropriate che hanno poi
avuto un notevole i11flusso suJ docu-
mento finale di Pucbla.
D . Lei {Nf!\\'a già partecipato alla
Conferenza episcopale di Medellin,
dieci anni (<i. Lr, conferenza di Pue/)/a è
siata qualcosa di di Perso?
R. Diversa ma non opposta: d irei
che è staia una crescita nella stessa
linea post-conciliare di Medellin, con
in più delle chiarificazioni su alcune
i111erpretazioni arbitrarie che ne erano
seguite. E anche un passo avanti,
perché in questi dieci anni si sono ve-
rificati fatti, situazioni e orientamenti
nuovi che Medellfn non poteva prel'e-
dere né affrontare.
D. Qualcuno invece ha soste111110
che la Chiesa a Puebla ha (a/10 un pa.,-
so indietro, che per esempio lw 111esso
da parte il politico.
R. La Chiesa non ha messo da parte
il politico, Io ha colloca10 al suo posto
giusto, insistendo sul primato e sull'o-
riginalità della sua specifica missione
past0rale. Questa compo11a necessa-
riamente una grave responsabilità
politica che la Chiesa si assume. Che
non è però impegno di «fare» espres-
samente «prassi» politica.
Pucbla inl'àlli ha sottolineato l'im-
portante distinzione che c'è tra politi-
l'a nell'ordine dei fini. vincolata con il
bene comune, cioè l'alta politica, e in-
1cce la politica intesa come strategia e
prassi, vincolata con il potere per dei
progctli concreti in vista del bene co-
mune; questa costituisce l'impegno
dei partiti e delle altre forze di costru-
1ione della società. L'azione pastorale
della Chiesa si muove nell'ordine de i
Iinie del bene comune, dol'l: interl'ie-
ne come magistero: c'è poi il vasto
campo proprio dei la ici, di quelli non
impegnati in res ponsabilita di diretta
collaborazione pastorale. Questo
campo dei laici è imponanti~simo. e
3

1.4 Page 4

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ha come espressione suprema la poli-
tica; essi vi devono essere presenti;
ma precisamente per la relatività deUa
politica parLitka, nessuno di essi può
presentarsi come rappresentante del-
la Chiesa. In[atti la Chiesa deve co-
struire l'unità, la concordia, la comu-
nione, al di e dal di sopra deJJe dif-
lercnzc in cui si muovono i vari pro-
getti politici.
D. Come è apparso a Pueblo il pro-
blema della giol'entìr?
R. Non è stato condotto uno studio
speciale sulla gioventù nc11a situazio-
ne attuale dcli' AL, ma si è parlato
della gioventù come di una delle
grandj opzioni a cui deve applicarsi la
Chiesa nell'evangelizzare.
Si è ~ouolineato la capacità di ini-
✓jativa della gio\\'entù, il :.uo fervore
universalistico, la sua esigenza di par-
tecipazione e di protagonismo nella
costruzione della società. Ma si sono
evidenziate anche le disiUusioni pro-
vate dai giovani durante questi anni.
~opraLLutto a causa di ideologie poli-
1iche che promettevano tanto e poi
non hanno ~oddisfatto le loro girn,1e
esipenze.
S1 è pure constatato, da parte dei
giovani. una crescita di visione della
1tmltà della Chiesa. Ma al riguardo in
AL bisogna distinguere da paese a
paese: in certi paesi c'è ancora l'obie-
zione «Cdsto sì, Chiesa no», mentre in
altri c'è cnlusia~mo per la Chie;,a e
anche le \\'ocazioni sono in aumento.
11 ruolo salesiano
D. Natrlra/,11e11te, durante i Jm,ori di
P11ebla lei pemava alla Famiglia Sa/e-
si(lna e alla sua 111issione in Al..
R. Certo. La Famiglia Salesiana
nell'AL ha una importanza speciale.
Siamo in 4.300 Salesiani. S.500 Figlie
di Maria Ausiliatrice, senza contare le
Volontarie di Don Bo:.c.:o, dilTn,c
Congregazioni diocesane da n1,i su-
~cilale, e poi le schiere innumerevoli
di Cooperatori cd Exallievi. e i giovani
organizzali e attivi nelle nostre opere.
Siamo tra le Iorze religiose più nume-
ro:,e, e impegnate nei «sellori di eso-
do» (come si dice): cioè i giovani, e i
celi popolari più dinamici. Siamo
proprio nei campi di evangelizzazione
preferenziale scelti dalla Conferenza
di Puebla.
D. Ritiene che il ruolo della Fami-
glia Salesiana i11 AL sia cambiato?
R. Certo qualcosa è cambiato. 1 Fi-
gli di Don Bosco devono sentire di più
l'urgenza dell'evangelizzuione, inse-
rirsi di più nella chiesa locale, rendersi
più ;,pecializzati per il lavoro tra i gio-
vani e con il ceto popolare.
Quando il documento di Puebla
sarà pubblicato, do\\'ranno studiarlo e
farlo proprio, per ricavarne le grandi
lince di un piano pastorale d'evangc-
lizz.azione. Cosa che, po;,so ben dire,
hanno già cominciato a fare e !orse
pdmi Ira tutti. Nel giorno ste~so in cui
la Conferenza di Puebla si conclude-
va, già si riunivano a San José de Co-
~ta Rica 1ulli gli hpettori salesiani, e
cinque Jspellrici delle FMA dell'AL,
rcr trallnre questo problema. Non
hanno certo perso tempo.
Il cardinale c ileno Raul Silva Henrfquez, massimo rappresentante salesiano alla c onferenza di
Puebla, In mezzo al ragazzi dell' asplranlato VIiia Estela (Messico).
LE SCELTE COMPIUTE DALLA CHIESA A PUEBLA
A Puebla la Chiesa dell'AL, che si è
detta al servizio dell'evangelizzazione,
avrà di sicuro operato delle scelte fra i
destìnatari della sua missione. Come si è
orientata? Alla domanda il Rettor Mag-
giore ha così risposto.
Don Viganò. Questo orientamento ri-
sulta dall'ultima parte del documento di
Puebla, in cui si dice appunto che la
Chiesa deve scegliere del destinatari
preferenziali, e poi impegnarsi a fondo
con essi nel suo servizio di evangelizza-
zione. Ho detto destinatari preferenziali,
ma non esclusivi: opzioni preferenziali
sì, ma non classiste. In breve le opzioni
fatte a Puebla sono risultate queste.
1. Opzione preferenziale per i poveri.
Questo era già un tema forte di Medellin.
La novità ora è da cercarsi nel fatto che
nei dfeci anni trascorsi da Medellin, sulla
scelta dei poveri si sono avute delle in-
terpretazioni socio-politiche e classiste.
A Puebla la preoccupazione è stata: non
più per queste strade. La presenza della
Chiesa tra i poveri è fondamentale, ma
non può configurarsi come opzione po-
litica. Il problema affrontato è stato al-
lora: come vivere una fede e una religio-
ne che costruisca l' uomo e la società,
Ispirando col Vangelo le grandi radici
culturali della politica.
2. Opzione preferenziale per i giovani.
E' ben giustificata. La gioventù In AL è la
porzione più numerosa degli abitanti. E
poi, chi pretende di fare una • pastorale
di futuro•, deve necessariamente farla
con coloro che aprono la strada del fu-
turo, cioè I giovani. (Nella commissione
che affrontò questo tema, c'erano tre
salesiani. e anche frère Schutz di Taizè).
3. Un'azione concreta insieme con i
costruttori della società pluralista. I Ve-
scovi sono partiti dalla premessa che
nessuna delle interpretazioni della so-
cietà che circolano oggi in AL può ga-
rantire un futu ro cristiano all'AL stessa.
Non tocca ai Vescovi presentare una
terza via.; essi non hanno formulato
alcun progetto socio-politìco, bensi
hanno messo In chiaro i principi fondanti
un'antropologia evangelica, e l'attualità
dell'insegnamento sociale della Chiesa.
Inoltre incoraggiano l'impegno politi-
co di tutti gli uomini di buona volontà che
rispettano la dignità dell'uomo e voglio-
no costruire una convivenza civile. In
altre parole la Chiesa, esaminando il
problema alla luce del Vangelo, si rende
conto che la società In AL se intende
rispettare la dignità umana, non può
ispirarsi né al capitalismo né al marxi-
smo, ma deve configurarsi come società
concretamente fondata sulla grandezza
della persona e capace dl un'organizza-
zione pluralista.
4. Infine, azione in favore della per-
sona, nella società nazionale e interna-
z io n ale.
Puebla ha lanciato un appello alle
grandi potenze dicendo in pratica: se
I'AL è considerata sottosviluppata in
certi campi, non lo è però nell"ambito
culturale, nella concezione dell'uomo e
della società; perciò dovrete rispettarla,
e aiutarla a svilupparsi, a organizzare
gli elementi di saggezza antropologica
che l'AL ha come patrimonio originale.
4

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Puebla, 28.1.1979: Il Papa celebra sulla spianala del Seminario Palaloxlano, per I partecipanti
alla conferenza. "E' stata una testimonianza straordinaria".
UN MESSAGGIO VALIDO ANCHE PER L'ITALIA
A Puebla i vescovi si interrogarono sul
problemi della Chiesa In AL. Ma le con-
clusioni a cui sono giunti possono valere
anche per l'Italia? E' quanto BS ha chie-
sto a don Viganò. Credo proprio di sì».
ha risposto.
Don Viganò. Credo proprio di si. Da
Puebla viene anzitutto la testimonianza
dell'entusiasmo per la missione della
Chiesa, e un esempio di impegno di
evangelizzazione nella costruzione di
una nuova società su misura dell'uomo
visto in Gesù Cristo. C'è purtroppo un
modo di vedere la religione solo come
un legame dell'aldilà, che facilita il di-
simpegno del cristiano verso le respon-
sabilità della vita terrena. Tutto questo
non è evangelico: Il cristiano si impegna
a costruire. Questo è stato detto a Pue-
bla. e vale anche in Italia.
Ma Puebla ha trattato numerosi altri
temi che sono di valore universale.
Per esempio il significato e l'origi-
nalità della vocazione della Chiesa nel
mondo, della vocazione sacerdotale,
della vocazione religiosa nella società.
Puebla ha Invitato a prendere coscienza
di questa identità, di questa certezza e
Indispensabilità della voca;zione cristia-
na per il progresso del mondo. E Invita a
viverla con integrità per Il bene degli al-
tri, a saperla proclamare nella catechesi.
* Per esempio Puebla sollecita a
prendere sul serio l'affermazione di
Paolo VI: I/ dramma di questo secolo è la
rottura delle relazioni fra Vangelo e cul-
tura. Occorre vedere nella cultura la ba-
se della costruiione della società, anche
delle sue strutture, e quindi impegnarsi a
evangeliz.zare la cultura e le culture, con
il nucleo centrale dei valori che le muo-
vono.
* Per esempio è nello spirito di Pue-
bla che non si presti fede alle Ideologie
che non rispettano la dignità umana, che
non cì si faccia illusioni sulle promesse
di cambiamento quando non sono fon-
date sui latti. Non nutrire fiducia in un
tipo di consumismo capitalista e di eu-
romarxismo aggiornato come quelli che
si vengono predicando qui da noi.
Per esempio l'importanza dell'in-
flusso della Chiesa sulla società, senza
che esso si configuri come attività poli-
tica. Puebla proclama l'originalità dell'i-
niziativa pastorale della Chiesa, con
conseguenze che necessariamente toc-
cheranno l'ambito del politico, ma che
non sono un « fare politica•·
Per esempio sul problema della li-
berazione: Puebla ha riproposto il signi-
ficato cristiano del termine, chiarendone
la caratteristica evangelica, ed elimi-
nando certe interpretazioni temporaliste
e socio-politiche che ne snaturavano il
concetto. E ha postulato la liberazione
da certi idoli moderni costruiti dalle
ideologie (sia quella capitalista che
quella marxista). dagli idoli del potere.
della ricchezia, del consumismo, dell'e-
ros.
Come liberarsi da tutti questi Idoli cosi
presenti anche In Italia? Puebla Insegna
che l'unico assoluto, l'unico essere che
si deve adorare, l'unico essere che può
aiutare a giudicare tutti gli altri, è Dio.
Quindi arricchirsi della Parola di Dio per
giudicare tutto il resto è un segno di li-
bertà cristiana. è un mezzo di liberazio-
ne straordinaria. E non è esclusivo del-
l'AL, è proprio di tutto il mondo.
Che cosa cambiare
D. Che cosa in co11cre10 pensa d ,e
po~sa o debba cw nbiure, 11efl 'a;;:io11e
dei Figli di Do11 Bosco in AL?
R. Io dirci: cambia tullo e non
cambia niente . Che cosa è camb iato
negli apostoli dopo la Pentecoste? Che
cosa cambia nella Congrega:lio nc do-
po un Capito lo Generale? Se guanlo
alle intenzioni, a i propositi, cam bia
tutto o almeno molto. Se gua rdo a
quei che realmente s ucced e, al princi-
pio non cambia niente; ma pui, a pO(;o
a poco, qua lcosa muta d a\\'vero. E ìn
profondità .
An1Jtutto penso c he P11ebla sarà 1111
puwo d 'appoggio alla linea del n ustro
r in 11011ame1110 post-c:011ciliare. Pe r
esempio nel nosu·o ultimo CG a bbia-
mo espresso la necessità d i una stretta
vincoJazion e tra Vangelo e culture,
per s uperare la rottura oggi esis tente,
e in questo orienta me nto ven iamo
confermati ùa Pue bln. Nei con[ ront i
con i giovani a bbiam o esp.-esso la no-
stra mfasione con la formula «evan-
gelizzare educando, educare cvangc-
lizzando », e Pue bla su questa linea ci
ha ribadito l'esigenza di incarna re i
valori d el Vangelo nelle di verse cultu-
re Ialino-a mericano. E' così che dob-
biamo diventare missionari dei giova-
ni, e in questo senso Pue bla ci inco-
raggia e ci dice semplicem ente : «Siate
bravi salesia ni».
In particolare. per quel che riguar-
da I'AL, d ove sia mo al lavoro da cen-
t'anni, possiam o chiederci qual è la
110s1ra pre.~en ::a Ira gli i11dige11i delle
S ierre, cioè la nostra capacità missio-
naria tra la gente andina nel Perù,
nella Bolivia, nel!' Ecuador, nel Centro
America, nelle Antille, nel Messico.
Dobbiamo riconoscere: sia mo pre-
senti, ma ancora poco, e da pochi an-
ni. La nos tra presenza missionaria fl-
110ra s i è realizzata soprattutto in un
determinato tipo di cultun~, quelle ùi
certe u·ibù primitive. Bisognerà rive-
dere la programmazione pastorale.
Poi l'opzione per i poveri: Pue bla
deve ricondurci ne lle zone in cui sia-
mo n ati. Noi siamo nati nelle pcri fe.-ie
delle ciuà. ma adesso alcuni nostri
collegi si trovano al centro. No n
perché siamo s tati infedeli ai n ostri
destina tari preferenziali, ma perché le
città sono cresciute. E allora?
Bisognerà anche saper scegliere, fra
tulle le Congregaz.ioni dedite all'edu-
cazione dei giovani, un certo equili-
brio di presenza.
Dobbiamo p1°eparare i g i0Pa11i ulla
co::.1r11z io ne d i w,a società 11t1o va, ma
sapendo bene che cosa ciò significhi.
Ricordando, com e ha detto Puebla ,
che oggi la città costimisce in AL un
centro ncvral!c,'Ì.Co di s pinta della cul-
tura e delle trasformazioni sociali.
Una ce1-ta visione miop e e classista
della scelta dei poveri e dei giovani
potre bbe portarci a escludere proprio
quei punti strategici da cui dipende in
concreto la costi·uziooe della società
futura.
Anche in questo occo1Te armoniz-
zare fra le differenti vocazioni e con-
grcga7ioni, la presenza della Chiesa in
mca :o ai giovani e nei centr i di for-
ma/4ionc uma na che spingon o di più
verso il futuro.
5

1.6 Page 6

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Paesi aperti al futuro
D. C'è da P11ebla un messaggio an-
che per i Cooperatori, gli Exallievi, in-
somma i laici?
R. Puebla ha dedicalo ai laici un
lungo capilolo là dove parla degli
•agenli della comunione e della par-
wcipazione», mcucndo in eviden~a la
molteplicità straordinaria delle loro
possibilità. In particolare rilengo che
Cooperatori ed Exallievi, anche se
possono dedicarsi ai tantissimi campi
che loro competono come laici, do-
, rebbero impegnarsi soprallutto nel
nostro stesso campo: nell'ambi10 del
sistema educativo del paese, cer-
cando così di migliorare le possibilità
di crescita integrale umana della gio-
\\ Cntù della loro patria. Direi che que-
sto è un elemento sostanziale dello
~pirito di Don Bosco. il sentirsi cioè
dediti- in qualsiasi campo si operi -
a migliorare le po!.1>ibilità uman<: della
gimentù.
D. Nella s1w e.\\perien::a di 110111i11i e
co:,e al di quei e "I di là dell'Arla1111co, le
1t'.rnlta che problemi e situazioni !iicl110
11101!0 diver:,i tra l'AL da u11a parre, e
lralia ed Europa dall'altra?
,er;e ùi impoMarc e risolvere i pro-
blemi. Anche 1,e nel fondo i grossi
problemi possono coincidere e coin-
cidono, in AL c'è più speranza, più
coraggio, più creati\\ ità, anche nella
pastorale delJa Chiesa, nella liturgia.
Qui si sente più !>lanchczza. Forse in
Italia c'è maggiore sintonia con l'AL.
ma in altre parti d'Europa si avvcrw
tuIlo il peso di questa società tecnolo-
gica, del suo bcnc!,scre materiale, del
consumismo. Insomma si mette l'ac-
cento più sul processo di secolariaa-
;-ione che su quello cli liberazione.
Secola1i1.zazio11l' c'è dappertutto,
come ci si preoccupa dappenut10 di
dare vita a un processo <li libera.1ionc.
Ma in AL. al con1rario che in Europa,
!>i a\\, erte di più il processo ùi libera-
Lione che quello di i.ecolarizza1.ionc.
E Pucbla ha proclamato La ~rrande
meta a cui deve ardvarc la liberazione,
che è quella della panecipa1.ione l'
comunione»: non è libero chi non
partecipa e non ama!
D. Nei giomi della Con/ere11:a ('fii•
~coptile cadeva la festa di Don Bowu: i!
~la/Cl ricordata?
R. Molto più di quanto non ci
Festa di Don Bosco e Puebla: nella celebrazione per la Famiglia salesiana, I ragaui in costum,
lolclorlsUcl delle varie nazioni laUn~amerlcane portano I doni dell'offertorlo.
R. Ci !>ono grandi convergenze.
Tutti questi popoli appartengono alla
eulLUra oceiclentale, e tanti problemi
~ono vivi sia qui che là. Ci sono però
anche profonde ctifferen ✓1?. I 1>acsi
cieli'AL sono in crescita, aperti al fu.
turo, non hanno una supc1 -popola-
1ionc ma spa,d da riempire, hanno
pos!>ibilità nuove, e grandi ricchezze
naturali da sfruttare. Anche la loro
!>lo1ia non è molto lunga. ln~omma,
come sono solilo dire, hanno più fu-
turo che passato.
Tutto questo comporla maniere cli-
6
aspl'ltasi,imo. Alla preghiera dei le<leli
nella me~!,a del mattino c'è sfato un
intervento molto preciso e foliec <lei
card. Pironio 1.:hc presiedeva la cclc-
hra,r.ione: poi in apertura della liunio-
ne anche il car<l. Baggiu ha a,·uto pt'r
Don Bo,;co e i :.uoi figli parole molto
elogiative.
Per il pran,r.o incaricammo il nm,1ro
bravo don Decio perché provvcc.k!-!il"
ai dolci e alla bicchierata; ma anche
altri presero delle m11iative lor-.c wn-
,a pensare alla lc,ta di Don Bo,cu: d
ru un aperitivo prima del pa!>to e ci tu
poi un coro che si esibì con molta
bravura. Tutto venne attribuilo all'i-
niziaLiva di don Decio. Gli dicevano:
«Che bravi i salesiani! Avete organi,.
zato tu110 voi?» E lui risponclc,·a fur-
bescamente e,·asivo· • Don Bosco i:
generoso!•
A !>L'ra nella cattedrale tenemmo
una celebrazione cucnril,1ica per In
Famiglia Salesiana di Puebla. La
chiesa era grande ma si liempi. Prc•
siedettc il card. Silva e io tenni l'omc
lia. li rito lu lungo, ma seguito con
devo,r.ionc e i.i può ben dire con cnl U•
siasmo.
Utopia o fede?
D. C'ume sara11110 diffuse ora le
co11cl11.\\1<mi di P11eMt1 11ella Famiglia
Salesiam,?
R. Hu già detto che si è cominciato
subito, con una riunion<.! a Costa Rica.
E' durala cinque giorni. e vi hannu
preso pane lspeuori e hpcttrici. Era-
no prewnti con mc il car<l. Sih a, il
Vc,covo cli Punta Arenas e altri c5,pc1 ti
cheavevano presopartealla Conferen-
za. Subito si molLiplicò cui ciclostile il
documento finale. quindi ~i sono le•
nufe parecc hie convci ,aLioni ·ui 1cmi
per noi più imponanti e -,ul modo <li
ripropm li alla ramiglia .,a(esiana.
A quesw riguardo, dal 14 maggio al
14 luglio ~i Lerrà a Mcdell(n un cor,Cl
su t>ucbla organiz1.ato dalla Confc-
renn1 Epi:.copale, c vi prenderanno
partc dh cr,;i confratdli t.he do\\ ranno
poi agire come •moltiplicatori» nelle
loro i1,pct1olic e comunità. Altre ini-
ziati\\C -,aranno prc!.c dai Vescovi nelle
chiese locali, e i figli cli Don Bosco non
si tireranno certo indicilo.
D. Che ,:osa pn!n!tle e s1 aspetta orn
lei pe, 1'111.?
R. L'AL è oggi un crogiolo di ra11e
e culture. è un contincnlc ùi speranza
dove 1,i \\'edc più che in qualunque ni-
tra parte ciel mondo la possibilità di
costnurc un uomo interpretato cri-
:.tianamcntc. Sia le raae pre-colom-
bine, sia le raae ispane lusilanc ita-
liane e france.-.i che .,ono in ~cguilo
aniv:ue là, e le razze africane che in
certe ione ~ono molto forti. si s1anno
fondendo, e sollo la !>pinta di oltre
quattro secoli di crbtiancsimo danno
\\ ita a un uomo nuo, o al di là delle
raue e delle di[feren1.e di cultura. Cièi
fa sperare. E se si compirà un'evan-
gclina,icme intclligcn1c, !,Ì potrà lan·
dell'AL il continente <lei futuro, d'una
!.Ocietà umana dhcr-,a da lutte quelle
che abbiamo\\ islo lìnora.
E' ulopia? O è rctlc nel Cri;.to Si-
gnore della storia, e interpretazione di
una vocaLione i.ociale dell'AL, della
quale aveva già pt1rlato a Bogotà Pao-
lo VI?
fo1en•1\\ta raccoha da
ENZO BIANCO

1.7 Page 7

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POLONIA
Sacrosong: il Vangelo
diventa canzone
Così Papa Wojtyla ha definito un singolare « festival della canzone religiosa » che da
undici anni si svolge in Polonia. Lanciata da un giovane salesiano, la manifestazione offre
ai giovani la possibilità e la gioia di esprimere nel canto la propria fede.
I I direttore di«/. C. I.» Jean Offrc<lo,
invitato nel l975 a far parte della
giuria del Sacrosong, scrisse poi sul
sul suo giornale: «l ritmi coal e pop
cantano la gloria di Dio. Decisamenlc
accadono cose molto curiose nella
Chiesa di Polonia... ». Che il Sacrosong
sia una cosa curiosa, è iJ meno che si
possa dire. In un paese di cultura uf-
ficiale laica (che è come dire atea), in
cui la censura impone iJ silenzio sulla
manifestazione a tutti i mass media
compresi quelli ecclesiali, centinaia di
giovani poeti, parolieri, compositori,
musicisti. cantanti di canzoni e can-
tanti lirici, complessi vocali e stru-
mentali. ogni anno nelle varie parti del
paese si mobilitano attorno a un Lcma
di fede, lo studiano, lo meditano, lo
traducono in canzoni, inni religiosi.
corali. perfino messe. Sottopongono
le loro creazioni artistiche a un vaglio
severo, e se superano la prova vengo-
no riuniLi in una città prefissata per un
festival religioso che per alcuni giorni
riempie le chiese più spazio~e di una
appassionata lode a "Dio creatore
dell'uomo e del mondo».
All'origine di tulio questo c"è un
giovane salesiano, don Giovanni Pa-
lusinski, e un cardinale artista che fin
dall'inizio ha preso il Sacrosong SOLLO
la sua protezione e ha presieduto a
quasi tulle le manifestazioni, com-
presa l'ultima nel set tembre 1978, u11
mese prima di essere fatto Papa: Gio-
\\"anni Paolo TI , al secolo Karol Wojty-
la.
La sagra della creazione. Dire in
breve che cosa sia il Sacrosong è im-
possibile: di sicuro si dimentichereb-
be qualche a'>pctLo essenziale. lnLan-
to, il termine in sé significa « canzone
sacra». Ma la manifestazione ha un
sottotitolo ufficiale chiarificatore:
«Sagra della creazione dell'uomo e
del mondo». Nei documenti ufficiali si
legge: « lJ [esLival internazionale Sa-
crosong \\'uole proporre a tutte le reli-
gioni di celebrare la sagra della crea-
zione del mondo e dell'uomo, e lancia
un invito a cosLruire un mondo con-
forme alla volontà del Creatore». Per
il Card. Wojtyla «11 Sacrosong è l'in-
contro della parola di Dio nel can to, è
Varsavia: Il Sacrosong 1974. La c asa d i Dio diventa casa del ragazzi e giovani che lodano Dio.
il Vangelo che diventa canzone». Egli
ha souolineato cosi la necessità di
manilestazioni come questa: « E' in-
dispensabile d1e i poeti e gli artisti
cerchino l'ispirazione nel Vangelo .
che in es~o trovino fondamento i di-
ritti degli uomini».
Quanto a don Palusinski, egli dice:
« Ali'origine del festival c'è un'idea
semplice: far vedere come la poe!>ia,
la musica e il canto sotto le forme più
diverse - classiche. moderne o d'a-
vanguardia - possono partecipare
all'opera di creazione e di giÒia di Dio
in mezzo agli uomini».
Per tradurre tullo ciò in realtà, don
Palusinski ha messo in movimento
un'organiuazione abbastanza com-
plessa, che ha u·ovato piena risposta
ncll"animo religioso polacco, ncll"cn-
tusiasmù dei giovani (per i parteci-
panti al Iestivai c'è illimite dei .30 anni
di età). e nell'appoggio coraggiosu dei
\\'l'~CtlVi.
Nelle grandi cattedrali. Ogni anno,
pc1 tempo, gli organizzatori del lesti-
val diffondono gli inviù alla parteci-
pazione: una breve leuera. un estratto
del regolamemo, e un testo che infor-
ma sul tema fissato rer quell'armo e
sul mes»aggio che con esso si intende
comunicare. Gli interessati si mettono
al lavo1·0, preparando creazioni che
denlrino in una delle tre «categorie
ani~tichc» del concorso: cori, com-
ple~~i l>lrumentali-vocali, e solisti (a
quesù ultimi l'organizzazione assicu-
ra l'accompagnamento di un'orche-
stra sinfonica formata da cinquanta
elementi),
Nei mesi cli marzo-maggio si svolge
la lase eliminatoria diocesana del fe-
'>lival. Quelli che la superano, inviano
entro giugno la domanda <.li adesione.
accompagnata da lesto, partitura. ar-
rangiamento per orchestra; eventual-
mente un nastro magnetico con ese-
cuzioni già avvenute; e quando ci so-
no: recensioni, programmi, premi ot-
tenuti.
Entro me1à luglio la direzionl' del
festival si esprime sull'ammissione o
meno. In agosto i partecipanti si ri-
trovano per una sessione di prepara-
1itme, in cui si fo,sa definitivamente il
programma <ldla manifestazione. E
finalmente il festival ha luogo.
Ogni anno in una ciuà diversa. Dal
7

1.8 Page 8

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69 ad oggi 5-i è svolto a l.odz, 'Ai ro-
claw, Kato\\\\ ice, Krak6,,, Torun, War-
szawa, Przcmysl, Lubltn. Kalisz e
Czc:.tochowa. 1 partecipanti hanno a
proprio carico le spese d i viaggio;
l'organi11uione si asi.urne l'onere di
d110 e alloggio, aiutata in ciò da buom.>
ramiglic dd posto che otlrono gem:-
rosamcnte l'o:,pitalità. Per parte !>U:l il
vc-.cm o locale «cede per alcuni giorni
la sua 111i!>.\\io11e ~pirtttwle ai giovani
ani:.Ii, p1:n:hé cantirw al Creatore i lo-
ro dc!-.idcri, preoccupazioni. timori.
con la lor,a e la sincerità propria della
gimcntÌI•.
I gio\\'ani in qualche modo prendo-
no po:,:,e;.i.o della cattedrale e di ahn.· Varuvla: Sacro•ong 1974. Cantare Il aacro è pregare. , ha detto al giovani Il card. Wojtyla.
~d u sdtc chiese della cit\\à, specie di
quelle nnne:;se a opere giovanili (e per tutto giov<Jnilc. e con l'attenLO a~1:oltu
Non :,olo canzoni, ma inni sa.:ri,
prinll'. !>i l"apbce, quelle i.alcsian<:). delle giurie.
mottetti, cantate, perfino me,:,c. Cin-
All"inil'io, in qualche poMo. si ero Ciò che li spinge. Ecco le canwni: que nuo, e mc:,:,e !>Ono si.rie composte
a,·uw qualch._. i.crupolo di fronte alle Jnche quando sono ritmi cool o pop, o ed c,-cguitc m un !>Olo Sa1:rusong,
chici.e trasformate in sale da concer- negro spin111al:. in adattamento polac- quello del '7-t E non pa1 tccrpano :,o)o
to, ma ora - dopo le esperienze posi- L"U, ri!,ultano ben altre musiche rh.pet- ani!>ti polacchi: cantanti e comple!>si e
ti,·c lallt• i vescovi sono ben con- to a quellc dei ;uke hox. A Krakch, cori ,cngonu anche dall'c:,Lern. La
ten ti che la casa di Dio diven t i casa dei a1Tivano gli « I li ppie~ universitari» popoln1io1w accorre, invade le chiese,
f!io\\'ani che lodano Dio. Del resto il con abbigliamenti e strumenti inveru- va per llÙir~• l'.' applaudire. Duemila,
~e-,covo ospiLa11te è :,empi e chiamato ,in,ili. Ma ba;.tano poche note ddla cin4ucmila, in qualche ca:,o diecitnila
a pn::!,ieùcrc al fesuval. li Sacrosong !uro canzone, quel loro griùo «Signo- per:-onc. I:. :,ono soprallullo gio\\'ani.
ha tro, :110 cosi nei \\'3l'Ì anni una cor - l'l', ti cerco, mostrati!• per crearl' -,u- Don Palu,in!>h.i deve ammetterlo. non
nicc slupenda nella cattedrale gotica bito il clima lei.o del dramma umano, »pcra1 J m un succe:,:.o co:,i grande. è
Ji W,mcl, nel santuario di C.lestocho- per e!>primcrc l'ango,cia che l' uomo co,tr.:ttu o .:uneludere d1c • i gio, ani
\\\\'a, nd rnoderrussimo ll'mpio di No- moderno Lil·ne ua~costa nelle pieghe polacchi pro,·ano una tdidtà immen-
\\\\ a 11 uta (quello che gli operai tli più intime dell'animo, un'angm,cia :,a nell'L·,primcrc la loro il·dc attra-
Krako\\1 insieme con ù loro card. d1c !>Ì placa :-olo con l'approdo nlla ' t'n,c> la cantone».
\\\\'ujI1 la riw,cirono a CO!>truire nono- 11:Jc: « lo credo in tL', Signorc lo 1:rc- ln 111110. Jurante un Sacrosong.
stante le t.Wficoltà ammirli!_.lratrw). Jo•.
pU!,!>OIH> n:11i1c t.':,eguilc anche 200
Apre il IC!>tÌ\\ al una concelcbrazionl' E i.i esibi-.cc il coro delle raga11l' L0mpu,izioni. Tut11: nuon• F k giurie
(in cur nd passaLO !>pc~,o il card. dcche, accompagnate da una :,uora hanno il loro d:.1 lare per ti:,scgnare i
Wojt, I~ ha tenuto l'oml'iia). Discor,i Lhc è anche aut1icL· della loro camw- punteggi e r rremi. C'è da '>labilire In
Jensi, impegnati e impegnanti sul
piam> ddla lede e della vita (q11i <1
Jll11'1<', come esempio, ,·e11go110 ,·ipro
tlo11i t1111pi IJ1·t111i de//'u/1i111a omdia w-
lllllCI ,tal fuwro Papa). E por a\\'anti con
c,ccu,ioni, nelle varie chie,,e, alla
ne. Ou:tlche anno prima, cs:.a eia una
u.1ntantc della Iadio e tv. Un giorno
L·ra ru1data all'i,1 ituto delle ruga/le
ÙL·1:hc per un p1og1am.ma di bencl1-
Ul'.'ll.la. per dher trrle. Ma qualche
tempo dopo era tornata, pc1 rc:,tarL
portata ùc:lk parole, il rnl01 e della
mu,ica; e\\· da !>Ceglicr e tra c,-itcri
est.:tici l' crllen pastorali. Oirn anno le
Ji-,.:uv,ioni ,i fanno inh:n-.e, ma don
Palu:,m!>kr non se ne rammarica. • E
mcntabilc•. dice. E aggiunge: ~ L'es-
prl'SL·1110 di un liuo pubblu.:o soprat- con loro per !>Cmpre: da suora.
!>cn,.ialc i: che !>i rC'aliai quc~t·occa-
~ione di incontri, che la gente ~i Lrul'i
in~icmc, che auwri e composilori di
tutla la Polonia abbiano modo ili co-
nosccr,i. che poi.sano parlare u·a loro
quanti \\ogliono ancora la, ,h·erc in
Polonia la mw,ica per Dio...
DunqLrc le giurie a~-..cgnano i pun-
1eggi e stabiliscono i vincitori, ma i
premi :.ono più che altro ~imbolici. I
concrn rcnti lo i.anno bene, e non en-
trano cci to in gara per muth i di gua-
dagno. ciò che li sping~• è la lede nel-
l'art<: e la fede in Dio.
l temi del Sacrosong. I temi offerti
anno dopo anno ùal Sacrosong alla
rìflelli.ione e alla creazione: degli artisti
rh,ultnno molto impegnativi. Nella
tradu,ionc 11aliana la loro lormula-
zionc lor!>c perde il r11mo, ma non
certo l'impronta di for1.a e di centra-
lità cri-.tiuna. Eccone alcuni:
Przemysl: Sacrosong 1975. Il card. WoJtyla, patrocinatore della manlleatazlone, consegna la , ua
«CuMruiamo la Chic~a <li domani in
coppa. Al centro: don Giuseppe Palu slnskl, fondatore del Sacrosong.
noi. tra noi, con le nostre mani»;
8

1.9 Page 9

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CARD. WOJTYLA:
IL SACRO ABBIA
DIRITTO DI CITTADINANZA
L'anno scorso il Sacrosong è giun-
10 alla sua deèima edizione, e il card.
Wojtyla - che è patrono della 111a11i-
(es1azio11e fin dai suoi inizi - ha
pronunciato in quell'occasione una
coraggiosa omelia. Ha denunciato la
rÌf!.Orosa congiura del silenzio prati-
caw dai mass media neiconfronti del
Sacrosong: « E' una vergogna che,
malgrado il Sacrosong si realizzi da
dieci anni, il suo nome r·irnanga an-
cora vietalo ai mezzi di comunica-
zione sociale in Polonia». Ifa accen-
nato alle difficoltà a cui la manife-
:,tazione ca11ora va incontro, ha i11-
coraggiaco a mandarla avanli, ha
souo!ineato le nobili motil'a1,ioni che
sw111w alla suJA ba.se.
A l'l'en11e il 17 settembre scorso, a
Jasna Gora, 11e/ bel j,antuario di Cze-
scochowa. Un mese dopo, a Roma, il
L'ard. Wojtyla di11entam Papa Gio-
1•w111i Paolo li. Ecco qualche passo
de/li.I sua 0111e/ia.
Sia lodato Gesù Cristo. Voglio che
questo mio discorso non sia lungo:
nel Sacrosong bisogna anzitullo che
si canti, e si parli il meno possibile.
Prima di tullo voglio esprimere la
mia gioia per il decimo anniversario
del Sacrm,ong. Ho in menle ancora il
p1'in10 festival, a Lodz nel 1969, a cui
ho avuto il coraggio di partecipare.
Ricordo perfeuamcnle la situazione
di allora, molto più impressionante
che questa di oggi: la Chiesa «av-
\\'olta nel filo di ferro».(...)
Mi rallegro poi che questo giubi-
leo (anche ~e dieci anni costituisco-
no un piccolo giubileo) si festeggi
proprio a Jasna Gora. perché tuuo
nella Chiesa polacca ha acquistatola
~ua piena ciuadinanza passando al-
tra\\'erso Jasna Gora: così si è realiz-
1..ata la storia della salvezza nella
nostra terra. (...)
L'estasi. Mi rallegro ancora che il
Sacrosong si svolga proprio nella
Callcdrale di Czestochowa, dove re-
gna la Sacra Famiglia. Voglio tocca-
re il nocciolo del problema: la fami-
glia. Ecco, ci vuole il clima della fa-
miglia perché qualcosa possa na-
scere e ne possa seguire un bene
immenso, perché l'uomo possa es-
sere testimone della creativilà, e lui
stesso creatore. In una famiglia au-
tentica, che abbia il suo modello
nella Sacra Famiglia, questo cUma
c'è. C'è l'estasi di fronte al primo
sorriso di un bimbo, di fronte alla
:-ua prima parola. Di fronte all'uomo
stesso.
Ora ci vuole questa estasi perché
nella vita dcli' uomo, della società,
della nazione entri il bello. Quel bel-
lo che è il fondamento e come l'or-
ganiuazione della cultura. La cu ltu-
ra non si crea con mezzi puramente
ammini!:>lrativi. Con i mezzi ammi-
nistrativi si può solo distruggerla, la
cultura. Dobbiamo ricordarlo bene
in questi nosu·i tempi. Ci vuole inve-
ce l'estasi per tulio ciò che a nell'uo-
mo.
li sacro. C'è anche, nell'uomo, una
dimensione che pona il nome di sa-
cro? Si, c'è! Questo dato non lo si
può lalsilicare, non lo si può elimi-
nare con i mezzi amminisu·ativi, di-
cendo che a questa negazione porta
l'espressione laica della cultura con-
temporanea.
Se anche ci fosse un solo uomo in
tutta la Polonia che porta in la
dimensione del sacro, ne consegue
che già per quest'unico uomo il sa-
cro ha dirino di cittadinanza nella
vita polacca, nella ctùlura polacca. E
che dire se questi uomini sono non
uno ma milioni? E che dire se questi
milioni cli uomini portano in l'e-
redità delle tradizioni di tante gene-
razioni, di un intero millennio?
Per questo il Sacrosong ha in un
altro importante signfficato, oltre a
quello artistico: è il festival dei gio-
vani, cioè la nostra gioia. Quasi due-
cento anni fa Adam Mickiewicz (il
più grande poeta polacco) disse:
«Canzone popolare, tu arca dell'al-
leanza tra i vecchi e i nuovi tempi».
lo desidero fare un augurio al Sa-
crosong in occasione del suo decen-
nale: che il Sacrosong sia « l'arca
dell'alleanza~ tra il passato della
cultura cristiana polacca, il suo pre-
sente e il suo futuro. Nessuno di voi
abbia paura se gli si chiede di essere
«arca di alleanza», o - se vogliamo
esprimerci con la lingua moderna -
di essere un ponte. (...)
Cantare il sacro è pregare. Desi-
dero ancora formulare al Sacrosong
un secondo augurio, servendomi
sempre delle parole del poeta Mic-
kiewicz. Egli, parlando dei libri che
aveva scrillo, espresse questo desi-
delio: « Vorrei avere questa soddi-
sfazione, di vedere che i miei libri un
giorno arrivino fin sollo i tetti di pa-
glia». Nel mio augurio cambio una
sola parola: « Vorrei vedere i vostri
canti arrivare fin sotto i tclli di pa-
glia». Di Letti di paglia ce ne sono
sempre meno in Polon ia. ma vorrei
che le vostre canzoni fossero cantate
dai minatori che scendono nelle mi-
niere. dai giovani che viaggiano sui
treni, drcolano nelle città, si riuni-
scono insieme. Questo vi auguro.
L'enorme lavorn che state com-
piendo, diventi quell'autentica crea-
tività che è espressione della libertà
dello spirito polacco, della libertà
degli artisti poJacchL Diventi fonte
del rinnovamento della cultura mu-
sicale polacca. della parola parlata e
can tata. Diventi e lementodella cultu-
ra delle masse, perché anche questa
è dimensione della cul tura contem-
poranea.
li Sacrosong sia tutto ciò. Sacro-
song è cantare: cantare il sacro
umano. Ma cantare il sacro è prega-
re. e anche il Sacrosong è preghiera.
Perché ciò si compia, preghiamo
dunque durante questa celebrazione
eucaristica. Amen.
« Santificare ciascw1 giorno»;
"Ricevere e donare la fede»;
«La riconciliazione tra gli uomini,
speranza dell'avvenire del mondo» (in
rrcparazionc ali'Anno Santo I975);
«Costruire la famiglia nella fede,
nella pace e nell'amore»;
«Quale uomo per domani? Difen-
dcre i propri diritti»;
« Non temete, vi porto una lieta no-
tizia, che sarà di grande gioia per Lutto
il popolo... ».
Sono temi ispirati all'umanesimo
cristiano, che ben riflellono l'idea
fondamentale del Sacrosong, inreso
come «sagra della creazione deU'uo-
mo e del mondo». Si traua di un uomo
che nel contesto sociale polacco sem-
bra minacciato nella sua individua-
lità , nel rischio continuo di venir as-
sorbito e annullato dal sistema collet-
tivista. Un uomo che trova nella Chie-
sa la tutela dalle manipolazioni di una
!.Ocietà atea, che uLilizza a piacimento
9

1.10 Page 10

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i mass media. Un uomo cbc per la sua
natura è •essere inquieto, eterno
mendicante dell'infinito: sempre cer-
ca, sempre spera, sempre si dirige
verso Qualcuno».
Per questo uomo, il Sacrosong ap-
pare una via aperta alla dcerca di Dio,
al fare Chiesa oggi, all'affermazione
cristiana della libertà umana.
E' Wt'ioiziatlva pastorale. Questo
•omaggio al creatore espresso aura-
verso la canzone religiosa - per dirla
con parole del card. Wojtyla -, è una
forma d'espressione delle istanze reli-
giose della gioventù». E' qufodi un'i-
niziativa paswrale in se stessa.
Sacrosong mira a reinseiire i valori
cristiani in una cultura di massa che
sta perdendo il senso del sacro. E'
questo l'intenlo esplicito di don Palu-
sinski, che ha 11olu10 «fare del Sacro-
song una manifestazione di massa, un
grande forum in cui possano incon-
trarsi quelli che si sentono interessati
alla lode di Dio auraverso il canto».
li compilo non è facile, lra l'ahro,
perché- come ha scriuo Jean Offre-
do nel suo anicolo per J.C.J. - «Fare
del religioso nel contesto polacco non
è qualcosa di molto remunerativo:
l'edizione di libri o ro.ccolle di poesie è
limitata, come pure quella di dischi o
librcui di canti"· Non solo. ma (ag-
giunge) «La stampa polacca, quella
ufficiale e anche quella cattolica, non
è autorizzata dalla censura a parlare
del Sacrosong. C'è paura di dare riso-
nanza a una manifestazione cattolica
di successo... ».
Forse proprio perché è pastoral-
mente ulite, coraggiosa e difficile, l'i-
niziativa ha incon1rato l'appoggio in-
condizionato deU"attuale Papa lfo
dalla sua prima manifcstaLfone nel
1969. Egli che in gioventù fu attore e è
autore di teatri e di poesie, e si mostra
così apeno ai valori dell'ane, ha volu-
to essere patrocinalore ufficiale del
Sacrosong; e si sa che più volte si è
schierato a dircsa dei suoi organina-
Lori. Ogni volta che poteva interveniva
all'apertura e alla chiusura dei festi-
' al. Anzi, ha istituito una coppa, un
premio speciale che viene assegnato
ai centri giovanili che si siano distinti
nell'utilizzazione pastorale del mate-
riale elaborato dal Sacrnsong.
Oggi questo festival è già un'istilu-
lione, nella Chiesa polacca. E', che si
sappia, J'unico del genere nei pa~i
socialisti. E probabilmente il più im-
portante - ceno il più originale -
che si svolga in Europa. Mentre se ne
prende atto, là in Polonia don Palu-
sinsld sta preparando per il prossimo
settembre l'undicesima edizione del
Sacrosong, per offrire ai giovani cre-
denii della sua patria la gioia di espri-
mere la fede mediante la canzone.
ENZO BIANCO
10
ITALIA
Mia madre
Emma di Vota
" Don Bosco ha promesso che salverà i parenti del salesiani. Mia
madre è nel numero, e deve salvarla. Come farà, non interessa a me: è
lui che deve saperlo" . Così diceva don Vincenzo Randi, e pare che
Don Bosco anche in questo caso si sia disimpegnato bene.
A rril·ò i11 reda:io11e il sugge1·i111e1110:
« C'è di pa~~aggio don Ra11di, quel
11w,sio11ario d, .\\,facau, con una bella
storia da rac:co11tare. La :,toria di Em-
ma di Vohana, la ;ua mamma». Perché
110? Don Ra1"li, Iw11 1110/to allo, viva-
cissimo Iw11os1w11e i 70 anni surmati, a
furia di stare i11 Ci11a ha una c11riosa
ba,-beua cmese. hll'ec:e di andare i11
pensione comintta a lal'orare come h1-
bliotecanv nel i:m11de collegw )'uet
Woh {I300 alliel'i, dallo qua,w ele-
111e11tare al hceu): ha ai s1101 orcl111i
/.J.000 volll111i, 111e1il scri1ti in c:i11e:.e e
111e1à in inglese, e fu in modo che ogni
011110 a11111e11ti110 di I111111ero.
Ecco dimq11e il .\\I/O racco1110.
Nel 1950, in un'udienza, Pio Xli mi
domandò: • Di Jo, lei?• « Di \\'olta-
na». •Come? a Voltana c'è un prete?»
•Si. Sanùtà. Sono il primo prete a
memoria d'uomo. Non s'era mai vbto
prima un prete al mio paese».
Voltana è un pae:,ino nel comune di
Lugo di Romagn,l, che oggi , anta tre
preti: io salesiano, e due nm,lri t•xal-
lievi che la,orano nella diocesi. ,\\Ila
Voltana è ramo:.u per il suo carallt·re
rosso. Sono tulli rosi.i, li. E fra quei
rossi c'era anche la mia mamma, Em-
ma Calderoni.
Aveva i suoi motivi per essere ro:,sa.
Nel 1912 a Vollana c'era stata la fa-
mosa «scllimana rossa». ln un'a1icn-
da i la,·oratori l'l'ano tutti socialisti. col
padrone repubblicano. E capitarono
dei contrasti. Le parti &i fronteggiava-
no minacciose. li mio papà si fece
avanti per fare da intermediario, ma il
padrone gridò: «Se avanzi ancoro. ti
sparo•, e sparò davvero. Furono foriti
anche altri, ma mio padre mollo gra-
vemente. Lo portarono alrospcdale e
dopo una sellimana morì. Questo fal-
lo indusse la mia mamma a divcnlare
prima socialista e poi comUJ1ista.
Quand'ero bambino venni aiutato a
proseguire gli studi. Ricordo che un
giorno, ero in quinta elementare, sta-
\\ 'O seduto sulJa scala di casa mia, e
passò di Il il sindaco. «Questo raga1-
1.ino, gli piace studiare?• «Sì, ma non
ha soldi» «La mamma?•« La mamma
la\\ ora•· « Dite alla mamma di , enire
da mc <lomanu. La mamma andò.
combinarono, t' mi destinarono al
collegio salesiano <li Bologna.
Sono romagnolo anch'io. Ricordo
che la mamma mi accompagnò, e alla
i.taz.ion,· l'enne n prenderci un p1 etc
per po11a1mi al collegio. «Dunque. lu
, ieni a fare il ginnasio? Dico: No, io
vengo a lare le tecniche». «Ma non ci
i,ono le tecniche a Bologna•· «E che
cos"l· il ginna,io? Che cosa si ,tudia?»
«Si s1uùia l.itino•. «Mamma, non ci
sono le tecniche, si studia latino».
•Bene - concluse la mamma -. A
casa ho un di,ionario e te lo manderò.
Tu studia pure latino•.
In collegio ebbi un buon compagno.
che un giorno in seconda media mi
disse: «Io voglio larmiprete». «Si? ci
vengo anch'io•. Ne parlò con i miei
~uperiuri: poi lui 11011 riuscì a diventa-
re sacerdote salesiano, e io st
A 16 anni la mamma venne a tro-
, armi.« Mamma, sai una coi,a? Voglio
tarmi prete!• Rii.poi.e: «Se ti fai prete.
ci ,,arà uno di meno che mangia a ca-
Ragazzi di Macau, nel Liceo di padre Rendi. In
alto: Il missionario con mamma Emma.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Libreria---
sa! Non sei tu che mantieni me, sono
io che mantengo te». «No, mamma. E'
il Signore che mantiene !Lilli e due».
«Ma io lavoro, non il Signore. Però Lu
fai quel che vuoi».
Feci il noviziato al Castel dei Britti.
A 22 anni volevo andare in Cina, e lo
dissi alla mamma. «Questo no! on lo
permetto». «Senti, mamma, io sono
maggiorenne. Se non lo permetti, ci
vado lo stesso. Se Lu sei romagnola,
sono romagnolo anch'io».
La mamma non venne a salutarmi.
Però quando arrivai a Torino (da dove
partiva la spedizione missionaria),
trovai ad attendermi una lettera: l'u-
nica lettera scritta da mia madre di
suo pugno in tu tta la vita (aveva fallo
solo la terza elementare. farà sempre
scrivere dagL altri). La leLLera diceva:
«Vai pure, e il Signore ti benedica. E
anche tua mamma Li benedice, e pre-
ga il Signore per te».
Don Bosco ha promesso. Fui ordi-
nato sacerdote a Hong Kong nel 1934.
Nel '40 sono tornato a Voi tana per dire
la messa ai miei panocchiani, ma la
mamma alla mia messa non venne.
alla prima, né alla seconda, né alla
terza. Mai entrò in chiesa.
nparroco mi disse: « Don Randi, lei
dovrebbe preoccuparsi un po' per la
sua mamma... ». «Oh . la conosco bene,
e da tanti anni. Ma Don Bosco ha
promesso che salverà i parenti dei sa-
lesiani: essa è nel numero, e deve sal-
varla. Come farà, ci pensi lui. Non mi
interessa. E' lui che deve farlo». E
tornai in Cina.
Nel 1960 la mamma mi scrisse: « Sto
diventando vecchia e voglio andare
all'ospizio dei vecchi a Lugo di Ro-
magna». Io ero d'accordo, ma tornato
in llalia le chiesi: « Sai che all'ospizio
vanno tutti a messa?» «Se ci vanno
tutti, ci vado anch 'io. A Voltana no,
tutti mi conoscono. Ma là, se ci vanno
tulli ci vado anch'io».
L'ospizio di Lugo era tenuto dalle
suore, ma dipendeva dal sindaco co-
munista. Mi dissero: « Padre, se va a
domandarglielo lei, il posto non glielo
concedono». Ma dovevo andare, e ci
sono andato. LI sindaco non c'era, gli
lasciai come ricordo un bocchino d'a-
vodo che veniva dalla Cina. E il giorno
dopo tornai. « Padre, posso fare qual-
cosa per lei?» « Ho la mamma molto
anziana... ». « Capisco, ma non c'è po-
sto». lo sapevo che il pos to invece
c'era. «Guardi, mia mamma è l'Emma
di Voltana». «L'Emma di Voltana?
Mamma di lll1 prete?,, «Sì, e io sono in
Cina». «Con Mao? Venga domani l'
vedremo di trovare w1 posto». La
mamma entrò nell'ospizio due selli-
mane dopo.
Nell'accompagnarla a Lugo parlai
con il viceparroco, un bravo giovane.
La mamma lo prese in simpatia fin dal
primo momento. Dopo due giorni, il
vicepa1TO<:O mi telefonò: «Don Randi
tomi, la mamma vuol fare la comu-
nione. Si è già confessata». Anelai ed
ebbi la gioia di darle la comunione:
credo fosse una delle poche che avesse
falle fino allora.
Tornai in Cina. e cinque anni dopo
potei rientrare in Italia. Trovai la
mamma felice: all'ospizio badava alle
galline, si trovava bene, aveva tutto.
Anche le suore erano felici di avere la
.mamma di un sacerdote. Essa andava
volentieri alla messa. A quei tempi
c·e1·a la difficoltà di salire fino al se-
condo piano dov'era la cappella, ma
lei saliva con buona volontà. Le dissi:
« Mamma, il Rettor Maggiore mi ha
detto che se tu vuoi posso restare con
te finché vivrai, vivessi an_che cen-
t'anni». E la mamma: «No! L'unica
cosa che ho fatto cli buono, è stata
quella di dare mio figlio al Signore.
Non voglio tirarmi indietro». Mi lasciò
tornare in Cina, e un mese e mezzo
dopo moriva. Prima di morire aveva
chiamato il pa1TOC0 c ricevuto i con-
forti della fede.
Di recente sono stato a parlare con
la suora che l'ha vista morire. E posso
dire che Don Bosco ha mantenuto la
sua promessa, che il Signore è stato
molto misericordioso anche con
l'Emma di Voltana, la rossa.
VINCENZO RAND!
JEAN DELUMEAU
Il cristianesimo sta per morire?
SEI 1978. Pag. 200, lire 4.500
Docente universitario francese e au-
tore di numerosi saggi sulla storia della
Chiesa, Delumeau parte dagli Interro-
gativi dell'uomo della strada: dove sono
oggi i cristiani che fino a ieri riempivano
le chiese, sfilavano nelle processioni,
governavano la società in nome della
Provvidenza? E il senso del libro è che al
di là di certe facili apparenze il cristia-
nesimo è tutt'altro che in liq uidazione:
« Il Dio dei cristiani - sostiene l'autore
- era un tempo molto meno vivo di
quanto si creda, e oggi è molto meno
morto di quanto si dice ». E' la conclu-
sione di un uomo di fede, ma radicata su
una rigorosa ricerca storica.
PIERO CONTE (a cura di)
I Papi e l' Europa - Documenti
(Pio Xli, Giovanni XXIII, Paolo VI)
Ed. LDC 1978. Pag. 424, lire 6.000
136 documenti p re-
sentati In una for-
ma rigorosamente
scientìfica resi di
faci le utilizzazione
grazie a opportuni
indici analitici e si-
stematici, rivelano
un aspetto del più
recente insegna-
mento pontificio
forse sospettato ma finora non abba-
stanza riconosciuto. L'apertura univer-
salistica del cristianesimo doveva ne-
cessariamente sfociare nell'europeismo
come superamento dei vari campanili-
smi. e se mai ci si trova •allo stretto».
Così è: gli ultimi tre Papi (per tralasciare
la meteora di Giovanni Paolo I) hanno
dato a livello diplomatico, e di stimolo ai
cristiani, un formidabile contributo a l-
l'europeismo. In più il libro della LDC -
pubblicato con il concorso del Ministero
della Pubblica Istruzione - è arricchito
da una suggestiva ampia Introduzione di
Giovani Battista Guzzetti, a carattere
storico, che situa il problema europei-
stico nel flusso delle vicende umane, e
aiuta anche a capire il momento attuale.
TARCISIO BEATONE
Il Governo della Chiesa
nel pensiero di Benedetto XIV
Ed. LAS 1978. Pag. 208, lire 5.500
Benedetto XIV, ossia Lambertini, ossia
un Papa umanissimo, conoscitore acuto
delle rea li condizioni e dei problemi del
suo tempo, che si guadagnò la simpatia
di tutti per l'amabilità, la nobiltà dei sen-
timenti, l'amore ai poveri, e l'umorismo.
L'autore, docente presso l'Università
Pontificia Salesiana, ha affrontato in
questa monografia il Lambertini dotto,
dando un nuovo contributo all'analisi del
suo pensiero sulla Chiesa. Lambertinifu
infatti uomo insieme di cultura e di go-
verno, e il suo pensiero convalidato dal-
l'azione ha avuto un notevole peso nel-
l'evoluzione dei rapporti tra la Chiesa e
gli «stati confessionali» del «sovrani il-
luminati» del suo tempo,
11

2.2 Page 12

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MESSICO
Il Cristo
di
Tepinapa
"Eravamo sulla strada verso il
villaggio di Tepinapa, quando ci
venne l'idea di un Cristo vegetale
grande come gli alberi. Un Cristo
che guardasse verso il villaggio e
la sua gente. E si sarebbe chia-
mato ii Cristo di Tepinapa". Così
padre Salvador Romo, che con
un gruppo di Cooperatori sale-
siani si è portato tra gli indios
ChinanteSceottsimapnear Scaenlteab. rare la
Quella sera Cristo dormì avvolto In stuole di palma: esse erano diventate la pelle di Dio.
E ravamo arrivati nella terra dei
Chinantecos. Dovevamo abban-
donare le automobili. Davanti a noi
c'era il largo Rio Cajonos, uno degli
affluenti del Papaloapan. Di in
avanti ci aspettavano ouo ore di cam-
minata a dorso di mulo. All'altra parte
del Rio, la nostra velocità fu lrenata:
ora la lentezza ci stava portando ne-
cessariamente alla contemplazione.
Il passo calmo dei muli ci consenti-
va di guardare tuue le cose con allen-
zione, e in profondità.
Grande come gli alberi. Da quelle
parti, la manifestazione più esube-
rante di Dio è la vegetazione. Con tutte
le domande che ci salivano alla mente,
si andò maturando e chiarendo l'idea
di un Dio vegetale, un Cristo fatto di
vegetali, un Dio della vegetazfone. Del
resto, come parlare una lingua comu-
ne se provenivamo da due culture di-
verse? Come fare perché in pochi
giorni la gente di Iapinapa provasse
un'esperienza autentica di Dio? Dove-
vamo fare in modo che il maggior nu-
mero possibile di loro si unisse in un
lavoro comune, per qualcosa che fa-
cesse ricordare la Settimana Santa
come una settimana speciale, un ele-
mento di incontro e di conciliazione,
un catalizzatore, un linguaggio comu-
ne con cui tutti potessimo intenderci.
Così nacque l'idea di un Cristo grande
come i loro alberi, fatto tutto con le
cose del loro arnbienLe naturale.
Le sorprese sono più grandi quando
giungono impreviste, come pure le
delusioni quando le nostre attese re-
stano frustrate. Ci aspettavamo di
trovare un villaggio pronto ad acco-
glierci; man mano che ci avvicinava-
12
mo, ciascuno immaginava l'acco-
glien:z.a a modo suo: i bambini che ci
vengono incontro con scrosci di risa-
te, le donne che ci salutano dagli usci
delle case con il loro ultimo nato in
braccio, gli uomini riuniti in crocchio
sulla piazzola. E invece ci richiamò
alla realtà un bambino dalla faccia
stralunala, che in pieno mezzogiorno
d salutò: «Bona note».
Gli uomjni scaricarono i nostri mu li,
e ci offrirono una bevanda a base dì
arancia. E' l'unico centro qui atwrno
che ha arance per dodici mesi all'an-
no. Mentre ci dissetavamo, ci ren-
demmo conto che tutti giravano at-
torno a noi come per domandarci: « E
adesso che si fa?•
Come se avessimo molta fretta, co-
minciammo a chiedere se avevano
preparato ogni cosa per le cerimonie
della Settimana Santa. Poi andando
verso la Via Crucis disseminata di
croci fatte da poco, mettemmo a pun-
to l'idea di quel Cristo grande come un
albero, che si sarebbe chiamato «il
Cristo di Tepinapa». Quando giun-
gemmo sul Calvario, sapevamo già
con precisione che cosa si sarebbe
dovuto fare. E restituimmo loro la
domanda:« E adesso che si (a?»
Parlarono tra loro un bel po', e poi
conclusero: « Andiamo a fare il Cristo
che tu dici. Che cosa ci vuole?»
«Tronchi, rami, liane».
Il capo del villaggio chiamò per no-
me alcuni incaricandoli di fare la cro-
ce, e altri mandandoli a fare il Cristo.
Davanti all'antica chiesa in rovina
vennero ad ammucchiarsi rami lunghi
più di due metri, tronchi, iuta, liane. In
meno di un'ora, J7 persone s tavano al
lavoro. Non si impiegò neppure un
chiodo né una fune. Lo fecero con lo
stesso materiale e usando lo stesso si-
stema in .:ui fanno tulle le loro cose.
Con lortillas o con stuoie? LI pro-
blema erà: come rivestire il Cristo. Di
che colore è la pelle di Dio? Essi sem-
pre se lo immaginano coperto di tes-
suti, io invece di foglie d'albero. di
corti/la (una specie di frina La di mais).
o di stuoie di palma. Anche se biso-
gnava contrariarli, ~ostenemmo la
nostra idea.
Francamente io protendevo per le
1011illas, che essi fanno grandi come i
E adesso che si fa? •· Decisero tutti Insieme
«Andiamo a fare Il Cristo che dici tu •.

2.3 Page 13

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loro tegami di terracotta, perché mi
pareva che esse esprimessero bene
l'i<lca di un « Cristo che si mangia».
Essi erano d'accordo, dato che Dio
quell'anno li aveva benedetti con mais
in abbondanza; ma non sapevano co-
me iisolvere il problema deUo sgreto-
larsi delle 1or1il/as, in quanto ben pre-
sto si sar('bbcro seccale. Allora deci-
demmo di coprire il Cristo con stuoie
di palma.
Era anche naturale che avessero
difficoltà a usarle: essi non hanno
stuoie proprie. Devono farle venire da
lomano, costano ISO pesos l'una, e 150
pesos sono molto denaro per loro. Ti-
rarlo fuori suppone privarsi di cose
necessarie. E tuttavia ciascuno dei 17
che erano al lavoro portò da casa una
grande stuoia. Quella notte più di 17
persone dormirono per terra. Ma
quella notte Cristo dormì avvolw in
stuoie di palma. Le loro stuoie erano
diventate la pelle di Dio.
Anche le sue piaghe, i capelli, la co-
rona, tutto era di stuoie di diversi co-
lori. Una volta [inito, il Cristo sembra-
va iivestito di pelle chinanteca, con il
loro stesso colore, la stessa lucen tczza.
Misurava sette metri dalla testa ai
piedi, e cinque in largheua con le
braccia distese.
L'altro gruppo aveva tagliato due
tronchi, quello verticale di nove metri,
quello orizzontale di selle. Neppure
per un momento si allontanò il bam-
bino che non sapeva parlare, salutan-
doci tutli i momenti: «Bona note».
In 35 per innalzarlo. Non si fidava-
no di portarlo all'ultimo momento,
durante la Via Crucis. perché non sa-
pevano quanto tempo sarebbe occor-
so per piantarlo. Così il Giovetu santo
Lo lecero con lo stesso materiale e con lo
stesso sistema con c ui fanno tutte le cose.
Messaggio di Pasqua:« Il Cristo di Tepinapa è vivo: Il Cristo di Teplnapa siete voi•.
di buon mallino venti uomini lo tra-
sportarono al Calvario, e poi in 35 lo
innalzarono. In tanti cosl non perché
fosse molto pesante, ma perché tutti
voleva.no mellerci una mano, col-
laborare almeno un poco.
McnLre lo Liravano su, tutti parla-
van<) forte e con allegria, come per
farsi coraggio. Egli rimase a guardare
verso il villaggio, verso dove spunta il
sole, dove scorre il fiume formando
una conca di frescura. Lo si poteva
vedere da ogni punlo del villaggio.
li suo colore bronzeo spiccava bene
sullo sfondo denso del fogliame verde
degli alberi. La presenza dell'uomo
dava un senso al creato. Non si spiega
il creato senza l'uomo. Senza l'uomo il
creato non ha ragione di essere.
Dal momento che il Cristo fu col-
locato al suo posto, per tutto il giorno i
ragazzi salirono e scesero la iipida
scarpata con l'agilità delle lucertole. Il
nostro amico « Bona note» andava
con loro. Nessuno lo ignorava o di-
sprezzava, tutti lo rispettavano nono-
stante la sua menomazione.
Sul fare delJa sera salì fin lassù tutto
il villaggio, 600 abitanti. Il villaggio
riwùlo era w, enorme realissimo Cri-
~lo color stuoia di palme, che stava
pregando iJ suo Padre Celeste. Tutto il
villaggio si convertiva in Cristo che
stava morendo per poi risuscitare.
"li Cristo dì Te pinapa è vivo ". La
notte del Sabato santo, per nessu no
1isultò una sorpresa il messaggio della
risurrezione: «Può darsi che d'ora in-
nanzi la gente che passa di qui co-
minci a parlare del Cristo di Tepinapa.
Ma il Cristo che si Lrova sul monte
non è il Cristo d i cui vogliamo parlare.
Quel Cristo andrà in rovina perché è
fatto di rami e di stuoie. L'importante
è che la gente parli del vero Cristo di
Tepinapa, cioè di tutti voi. I mportante
è che quando passano per di qua sen-
tano che qui Cristo vive perché vi
amate. Non lasciate che i pellegrini
passino senza offrir loro un bicchiere
d'acqua. Non lasciate che delle vo-
lontà cattive facciano sparire l'imma-
gine di Cristo in mezzo a voi".
"Buona notte, Signore". Erano le
dicci della nollc. Notte nuvolosa senza
luna. Era arrivalo il momento di se-
pararci: a lle due del mattino ci aspet-
tavano nell'altro villaggio. Tendendo
alla cieca le mani per salutare, in-
ciampavo in tante mani grandi e pic-
cole. Ognuno cercava di dire ciò che
sentiva in lingua spagnola. ma ci ca-
pivamo più al contatto delle mani che
a parole. Fra le tante voci saltò fuori
- finalmente a proposito - quella
del nostro amico: «Bona note». Una
delle mani dev'essere stata la sua.
Poi le voci del villaggio si allonta-
narono man mano, coperte dallo zoc-
colio dei muli. Alle nosu·e spalle era
rimasto Tepinapa, il villaggio color
Cristo. Dio deve avere esultato con
gioia il giorno in cui perla prima volta,
davanti alla meraviglia del crnato,
qualcuno diverso da lui - una sua
creatura, l'uomo - esclamò ammira-
lo e riconoscente: «Bona note».
Se qualcuno di voi va a Tepinapa,
incontrerà un Cristo grande, lo stesso
che ci capitò di vedere quando arri-
vammo: cammina per le strade del
villaggio. saluta dagli usci delle case, è
riunito in crocchio sulla pia1..zola.
SALVADOR RoMO
13

2.4 Page 14

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* COLOMBIA A CANAGUARO UN GESTO, UN SIMBOLO
Ora l'Ausiliatrice è
sul loro cammino
Le suore volevano mettere la bella statua nell' interno della loro
scuola, ma i papà delle allieve dissero: " Se dobbiamo pregare anche
noi la Madonna, dobbiamo poterla incontrare". E l'hanno collocata
nel grande crocevia dove passano ogni giorno a cavallo o con la jeep
' accaduto a Canaguaro, piccolo
E centro di una paJTocchia molto
grande (2000 kmq e quasi 40.000 abi-
tami), nella Prefellura apostolica del-
l'Ariari. La Prefettura è s tata creata e
affidata ai Salesiani nel 1964, e dal
1965 vi lavorano anche le Figlie di
Malia AusiliaLrice. Es:.e svolgono a ui-
vità di evangelizzazione, catechesi,
assistenza sociale in tre centri: a Gra-
nada dal '65, con un collegio e la
Scuola Normale; a San Juan dc Ara-
ma dal '72, con un centro catcchbti•
co-missionario~ e a Canaguaro an-
punto, dal '73, con un H ogar campl'-
sino». E' una casa-famiglia per le gi11-
vani della zona rnrale, con corsi di al-
f abetizza,,.ione·e addestramento ai la-
vo1i d i casa.
Una Madonna per tutti. Anchl' .i
Canaguaro era giunto, all'inizio dd
1978, l'invito de l Rettor Maggiorl' a un
rilancio della dcvo7ione mariana che
fosse garanzia di maggior efficacia
nell'evangelizzazione. Ed era giunta
poi in marzo, a tulle le suore, la le LLl'ra
con cui la Madre Generale si lacc,·.i
eco della raccomanda7ionc di don Vi-
ganò e s uggeriva proposte com:rL'll'
per lo studio, la formazione e l'uzionl'.
La risposta di Canaguaro è stata u11
fiorire di iniziative, soprauullo Ira k
alunne e le oratoriane, che da un'ar-
rrofondita preparazione dourin all-
sono passate al \\'issuLO di un cristia-
nesimo più consapevole. L'csperienrn
cli una più intensa vita di grazia le rese
vivaci ani matrici in famiglia, conta-
giando del loro entusiasmC> i genitori e
tutto il parentado. Il quale pare ntado,
coinvolto nella partecipazione alle
riunioni di preghiera, desiderò ben
rresto nassare a vie di fatto...
Fu cosi che alla conclusione del-
l'anno scolastico le suore vollero eri-
gere nel cortile una statua di Maria
Ausiliatrice, e il gruppo dei genitori
intervenne a rivendicare i suoi d iritti a
nome di tutti i campesino;,. ,,Se dob-
biamo pregare la Madonna e ::.entirla
vicina sempn.: come una mamma.
dobbiamo poterla incontrare ogni
giorno sul no;.tro cammino. L'abbia-
mo, si, nelle nostre case in una piccola
immagine; ma vogliamo avere una
Madonna grande che sia per tulli.
L'avremo s ulla strada, anzi a l crocic-
chio delle strade pc,- San Juan dc
Arama e per Granada».
Quel 24 di sellembrc 1978 resterà
memorabile nella storia del piccolo
centro. Le forti mani dei papà - mani
avvezze alle fatiche della zappa e del-
l'aratro - sollcnnono come in trio nfo
la ~tatua della Madonna e la tra~ por-
Lo trasportarono processionalmente fino al
crocicchio, fin sul basamento già preparato.
tarono processionalmente.lino al cro-
cicchio, dov'era già eretto il basa-
mento. Fu un trionfo per la Madonna.
Ma Lrionfanti erano anche i papà, e
più di uno nel tergersi il s udore dalla
l'rontc approfi u ò dell'occasione per
togliere qualcosa di luccicante anche
dagli oc_chi...
li battimani delle liglie e di tutti i
presenti coslituì la migliore «colonna
sonora» alla semplice cerimonia del-
l'intronizzazio ne. Poi si aggiunsero i
canti. le invocazioni, e Lm silenzio
raccolto che si avvertiva carico di
preghiera, di comunione, di speranza.
Quando il parroco (il salesiano polac-
co padre Bogdan) benedisse la statua,
ognuno la sentiva come qualcosa di
proprio. Tutti si erano impegnati a
contribuire per le spese, Lulti si dice-
vano d'accordo pe1· provvedere alla
manutenz:ion«:: della piccola arca che
circonda il monumento, a i firn-i, al
culto.
A quel crocicchi.o, so.litamenle con-
siderato assai pericoloso anche per il
cattivo stato delle strade, si guarderà
d 'ora innanzi com e a un punto d'in-
contro familiare con la Madre di tutti.
Non sempr e si potrà sostare a lungo,
né posare gli attrezzi da lavoro; ma il
sal uto col cappello di paglia sarà
sempre accompagnato da un sorriso
che si fa supplica. riconoscenza, dia-
logo filiale.
Venivano in cerca di lavoro. Il
cammino di quella gente verso quel
crocevia non è s taLO né breve né facile.
li suo inizio si può ritrovare nelle lun-
ghe cammina te di migrazione interna
che all'inizio del secolo scon,o porta-
vano verso l'alta valle del l'iume Ariari
famiglie provenienti da diverse pro-
vi nce della Colo mbia. Venivano in
cerca di lavoro agricolo, di pascoli per
i loro a,-menti, di tranquillità e pace e
ragioni politiche rendevano loro mal-
i,icura la permanenza altrove.
Qui c'era te1..-eno da sfruttare : di
nessuno e perciò di Lutti. La fertilità
de l suolo rappresentava un motivo di
att razione. ma l'adallamento al clima
lropicale estremamente umido non
era sempre facile, per cui gli insedia-
menti cbbt:ro per un ceno tempo ca-
r.,1tLere prnvvisorio, e quindi assai va-
i-iabik .-isultava la fisionomia della
1wnola,:ione. I frequenti s postamenti
ebbero certamente una parte deter-
minante nel fenomeno di quasi totale
abbandono della pratica religiosa.
L'ist>lamento - con seguenza inevita-
bile della mancanLa di normali vie di
comunicazione - fece il resto. Av-
\\'enne così che accanto a famiglie di
buona u·adizio ne cristiana si trovas-
sero altre completamente prive di ini-
ziazione a lla fede.
In complesso però la popolazione
non era ostile alla Chiesa, anzi si può
parla,-e di rispetto e corretlczza; a t-
teggiamento dovuto anche al caratte-
re fondamentalmente buono di que-
sta gente ospitale, dall'espressione se-
rena e tranquilla, che vive in piccoli
villaggi (poblados) oppure in casali
disposti a semicerchio attorno a una
piazza (caserfos).
Una pastorale dall'agricoltura. 1n
questo contesto di vi ta rurale i sale-
siani, erano giunti già nel 1896, ma per
ragioni politiche se ne erano dovuti
a llontanare dopo sei anni appena. So-
lo nel I964 r-u loro p ossibile rientrare
nell'Ariari, per incarico del Vicario
14

2.5 Page 15

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apostolico di Villavicencio. E poi su-
bilo le FMA. L'ampia pianura d isse-
minata di caserios si estendeva ai loro
occhi, inondata da abbondanti piogge
per otto mesi aU'annu, e del tutto sec-
ca per gli alLri quattro.
Dal pulllo di vbta religioso, quanto
terreno da dissodare: bisogna « im-
piantare» la Chiesa. Lo ha detto il
Concilio: « Fine specifico dell'allività
missionaria è l'evangelizzazione e la
fondazione della Chiesa... li mezw
p1incipale per que1,1a fondazione è
!"annunzio del Vangelo di Gesù Cri-
sto... Per questo il Signore inviò nel
mondo intero i suoi discepoli».
Bisogna portare ques ta gente, u·op-
po facilmente esposta alle suggestioni
di riti magico-religio1,i, a contatto con
le grandi realtà Jj cui la Chiesa è de-
positaria, con le prodigiose realtà che
nella Liturgia si compiono e divengo-
no operanti nella fede. Un itinerario
pastorale che attrae; ma esso potTà
essere percor1,o soltanto dopo un pa-
ziente inse1imento nella vita e nel
mondo di valori della buona e ospitale
gente del caserfo. Occorre una solidale
parteeipaz.ione alla vita che è loro
soprattutto, sono vissute in clima reli-
gioso, e l'espansione propria delle fe-
ste popolari ITOva nella Chiesa il suo
punto di riferimento. La Settimana
Santa è un momento forte di parteci-
pazione comunitaria; i baltesimi, le
nozze e i funerali sono occasione di
più intensi scambi di amicizia e di
esperienze comunitarie rassictU·anti e
costruttive.
Diventano catechiste. L"attività
dell'Hogar campesino, traducendo
fedelme11te in paswrale «canagua-
rense» i princìpi di fondo del sistema
preventivo, è orientata anzitutto alla
formazione di quei «cittadini onesti
perché buoni cristiani» che don Bosco
proponeva come obiettivo ai suoi figli,
sono qualunque cielo si Lrovassero a
lavorare. Qui si 1ratla di preparare
«mejoradoras de hogares», donne ca-
paci di migliorare la conduzione della
ca1,a e l'insieme della vita del nucleo
familiare senza eludere le fondamen-
tali esigenze che la lvro responsabilità
d i cristiane comporta.
LI programma globale cli questa
Iormazione porta le ragazze a una
graduale presa di coscienza del pro-
Un chloschetto di paglia a Canaguaro per Il re- Le FMA visitano i pueblos e I caserios del d in-
frigerio e per I giochi delle ragazze Interne.
torni Interessandosi alla vita della gente.
propria, assumendo le loro aspirazio-
ni per accompagnarli in una graduale
ascesa verso mète più elevate, nei pa-
scoli fertilissimi deUo spirito.
Fu così che l'opera deUe FMA prese
l"avvìo da incontri e corsi di promo-
;,;ione per le donne e le ragazze, in
quello che lu denominato «Hogar
campesino»: igiene, cucito, cucina,
manutenzione della casa. Poi l'orga-
nizzazfone si perfeziona, la formazione
si integra con l'alfabetizzazione, l'e-
vangelizzazione e la catechesi.
Nel volgere di pochi anni la popola-
zione di Canaguaro sente la Chiesa vi-
cina alla propria vita, e si avvicina alla
Chiesa. Le feste tradì.donali, familiari
p1;0 ruolo nella famiglia e-nel gruppo
sociale, dove la vita familiare si trova,
per Lm complesso di circostanze, poco
favorita, soprattutto per mancanza di
tradizioni.
Ai fini di una più accurata prè.para-
zione religioso-cristiana le adolescenti
che dalla scuola primaria passano al
ciclo della secondaria seguono, divise
per gruppi. tappe successive: dalla
formazione umano-cristiana generale
alla fase di pre-annuncio, poi alla
evangelizzazione e aJla catechesi. ln-
fine le giovani di migliori capacità, e le
più disponibili, accedono a una speci-
fica preparazione come catechiste.
Sono le fuwrc messaggere del Vange-
lo fra i genitori, nel vicinato, soprat-
tutto in vista di un'adeguata istruzio-
ne da impartire a quanti desiderano
ricevere i Sacramenti.
LI loro intervento si dimostra sem-
pre più utile e provvidenziale, soprat-
tutto là dove i sacerdoti non possono
giungere se non raramente, perché le
catechiste svolgono allora funzioni di
«precursori», disponendo gli animi
all'accoglimento della Parola.
La tenuta agricola. L'«Rogar cam-
pesino», il cui inizio'è particolarmente
legato al conttibuto dei cattolici ita-
liani attraverso l'Istituzione« Mani te-
se» di Milano, oggi sostiene la forma-
zione di 153 alunne interne e 35 ester-
ne. Per consentire loro di conquistare
una ceri.a competenza anche in fallo
di agricoltura e di allevamento dome-
stico, la casa è stata dotata di una
modesta tenuta agricola (15 ettari)
con incipienti allività di apicoltura,
ovicoltura e avicoltura, oltre alla col-
tivazione di erbe da foraggio, gran-
turco, ananas e cacao. Questa specie
di fatto1ia, oltre ai primi rudimenti
<lcircconomia domestica, procura alle
giovani e ai parrocchiani che vi col-
laborano la soddisfazione di vedere
che il loro lavoro serve a finanziare la
vita e le attività apostoliche deU"Ho-
gar.
Proprio qui, al centro di tante e così
varie attività, doveva essere collocata
la statua di Maria Ausiliatrice, perché
Lutto fos!>e compiuto nel nome di Lei.
Ma i campesinos l'hanno voluta in
posizione ancor più centrale, perché
fosse meglio espressa la volontà di
tutti di averla presente, di esserle pre-
senti.
Il lungo itinerario di fede. Una sta-
tua come molte: una semplice statua
d i gesso. Ma la Vergine sa quale in-
tensità ha raggiunto il senso religioso
di quella popolazione semplice, tal-
volta indifferente solo perché non cu-
rata. E si protende verso quei figli che
l'hanno volu La « prendere in casa» con
una significativa professione di uniLà
e di pietà filiale: nel centro d'incontro
del villaggio. della casa di tutti, una
Madonna per tutti.
Una Madonna come molte. Una
iniziaùva come moltissime. Quello
che conta è il lungo itinerario che ha
portato a questa consapevolezza: un
itinerario cli fede, di preghiera, di fi-
ducia e di ottimismo, per la costruzio-
ne di una piccola porzione di pace.
Un itineraiio che può avere molto
da insegnare a tanti «grandi», e a tanti
Paesi, dove di crocicchi c'è abbon-
danza, ma di uno sguardo all'immagi-
ne della Vergine c'è solo un profondo
bisogno e una grande, spesso incon-
sapevole nostalgia.
G IULIANA ACCORNERO
15

2.6 Page 16

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INDIA
I pescatori
di Quilon
Ho trascorso una giornata tra coloro che considero i pe-
scatori più poveri del mondo. Il loro vlllagglo sorge nella
periferia di Ouilon, di fronte all'immenso oceano, nell'estremo
sud della penisola Indiana. La città è un importante centro
commerciale, e ha origini antichissime: Marco Polo nel suo
celebre • Milione» la ricorda col nome di Coilum. I suol abitanti
sul piano economico stanno abbastanza bene (lo stato del Ke-
rala è tra i più ricchi della Federazione Indiana). Ma non così I
pescatori del villaggio.
Cinque salesiani indiani hanno una parrocchia con oratorio e
scuola In Quilon, e si occupano anche dei pescatori, che sono
in gran parte cristiani. Mi hanno accompagnato a visitarli, e
ancora provo stupore e amarezza per quel che ho visto. Le
capanne sorgono l'una a ridosso dell'altra, sono costruite con
paglia e stuoie, e ricoperte di foglie di palma. Hanno un unico
vano che riceve aria e luce solo dalla porta. Il pavimento è la
nuda sabbia, Impregnata di salsedine e umidità. Uomini, donne,
vecchi e bambini ci vivono in promiscuità. Tutto intorno le gal-
line, e maialini neri dal muso appuntito in perpetua ricerca di
rifiuti da Ingoiare.
La nostra parrocchia è molto vasta - ml spiega il parroco
padre Joseph Charpanath - , ma è questo Villaggio che cl
preoccupa più di tutto. Sono 270 famiglie di pescatori, in tutto
più di 1.500 persone; la mortalità Infantile è molto alta, gli an-
ziani sono pochi, gli adulti sono quasi tutti analfabeti. Per I
piccoli abbiamo aperto una scuola elementare: puntiamo sui
giovani, per preparare una generazione nuova».
Domando se la pesca non rende. A volte lavorano in mare
per venti ore, e tornano senza aver catturato nulla. A volte Il
mare è così cattivo che per settimane non posso mettere le
barche in acqua. E allora è la fame. Ma va male anche quando la
pesca è abbondante: i commercianti se ne accorgono, e ab-
bassano i prezzi. Cosi le uscite sono sempre superiori alle en-
trate, e le famiglie sono cariche di debiti• .
Domando che cosa si fa per aiutarle.• Anzitutto costruiamo le
casette, pérchè nelle capanne non possono condurre una vita
umana. Quando non le spazza via una mareggiata, c'è pericolo
di incendi, L'anno scorso due incendi in pochi minuti hanno
distrutto 158 capanne».
Lecasette in muratura sono già qualche decina. In occasione
delle grandi feste liturgiche e anche per la festa di Don Bosco e
Maria Ausiliatrice, c'è sempre la benedizione di qualche nuovo
edificio. Le casette sono piccole ma graziose e pulite; ben In fila
e ordinate, formano la «Colonia Don Bosco». E sono una ga-
ranzia contro il fuoco e il mare. « Ma - aggiunge Il parroco -
per provvedere al pescatori e alle altre famiglie ugualmente
disagiate della zona, occorrerebbero 400 casette». Chiedo
quanto costano: qualcosa come 300-350 mila lire l' una. In Italia
si direbbe un'inezia, ma è una cifra enorme per queste famiglie.
Un altro grosso problema - continua Il parroco-, è quello
di dotare i pescatori di barche capaci di tenere l'alto mare, e di
reti adatte. Osservi le barche: sono lunghi scafi ricavati con
l'ascia da un tronco d'albero. Sono fragili, non possono affron-
tare il mare aperto neppure con la bonaccia •. Un battello ben
attrezzato costa 400-600 mila lire, una buona rete da pesca
sulle 200 mila. Ma sono cifre Impossibili per loro. E anche per
noi., aggiunge con un sospiro padre Joseph.
Ogni mattina all'alba donne e bambini si radunano In chiesa
per chiedere al Signore una buona pesca, e un buon ritorno per
i loro uomini. Poi si riversano sulla spiaggia ad attendere. Da
quanto I loro uomini avranno raccolto, dipende se e come oggi
si mangerà.
Il mio viaggio attraverso l'India sarà lungo, ma so già che non
potrò dimentìcare I pescatori più poveri del mondo.
ANTONIO A LESSI
16
I pescatori di Qullon hanno rozze barche ricavate con le accette dai
tronchi, che non sono In grado di affrontare Il mare aperto.
A volte le mareggiate si portano vie le povere capanne latte di sluole,
a volle il luoco dell'Incendio divora tutto: casa e cose.
Mentre gll uomini sono sul mare a pescare sulle loro fragfll barche, le
donne lavorano il pesce o (nella folo) fabbricano le reti.

2.7 Page 17

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Tutti corrono a dare una mano, quando le barche tornano: bisogna
tirarle sulla spiaggia. E poi si divide il bottino.
Tante volte Il pesce raccolto non basta per pagare I debiti. E quando la
pesca è abbondante, I commercianti abbassano Il prezzo.
Le case nuove della « Colonia Don Bosco• che Il parroco anegna alle
lamlglle più povere. Il mare e li fuoco non le distruggono più.
Una casa costa poco più di 300 mlla lire, e molte sono costruite dal
parroco con l'aiuto di benefattori vicini e lontani.
LeFMA hanno aperto per le ragazze di Qullon una scuola di sartoria, e Il
Vescovo è venuto a benedire le nuove macchine da cucire.
C'è anche l'oratorio, a Qullon, e I piccoli, ma più ancora I grandi, nel
giorni di festa si divertono un mondo con le corse a ostacoli.
17

2.8 Page 18

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-BS risponde------------------
CaroBs, fra l e tante notizie tristi che riempiono i giornali, ho letto anche dei
"suicidi politici" compiuti soprattutto da giovani "impegnati" della s inistra.
Un nuovo tipo di suicidi dunque, che viene ad aggiungere una pennellata nera
al quadro già malinconico della nostra gioventù. lo che come Cooperatrice mi
sento salesianam ente impegnata nel lavoro educativo, mi domando con in-
quie tudine: perché tanti gio vani si tolgono la vita? Quali colpe eventualmente
abbiamo noi adulti? E più ancora: che cosa possiamo fare?
L. S. - Verona
La gentile Cooperarrice di Verona ha additato un serio problema giovanile, a
cui la Famiglia salesiana non può certo rimanere estranea. Ma anziwt10 va
precisato che per fortuna i suicidi dei giovani. almeno in Italia, non sono nume-
rosi. E quanto a quelli politici, non sono 11na novità assoluta: ricordiamo Ira i fatti
di anni recenti i roghi dei monaci b11ddisti in Vietnam, e la stoica immolazione di
fan Palach a Praga. Ma da qualche ten1po, è vero ptmroppo, in /tctlia giovani
milicanli dell'esrrema sinisrra si sono 10/ra rragicamenre la 11ita. E sui giomali se ne
è fallo un gran parlare (lranne -a q11anto è scato osservato - che sull'Unità).
Si /eggei•a invece in una lei/era su Lotta Continua del 27.11. /977: « Un rnio
compagno si è suicidato. Purtroppo falli come questo son.o sempre più frequenti.
Quando muore un ragazzo con cui hai lotraro... non puoi fare a meno di restare
sgomento. Ce /'avevarno immaginata dil'ersa, lei marre di un nostro compagno:
ucciso dai fascisti, dalla polizia, e noi in piazza a gridare la nosrm rabbia... Morire
s111/e barricate con la bandiera rossa in mano... Morire cercando di fermare 1111
carro armaw durante il colpo di siato... Ma morire così da soli, in una giornata di
agosto, in 1111 'auto piena di gas di scarico... ».
suicidi nelle aree rurali rispetto a
quelle urbane. Uno studioso. il Durk-
heim, ha potuto rilevare che il massi-
mo di suicidi si realizza nei paesi pro-
testanti, che il numero scende tra gli
ebrei, e è decisamente scarso nei paesi
cattolici.
In questi ultimi anni nei paesi del
benessere si riscontra un dato difficile
da interpretare, ma confortante: una
costante diminuzione del numero
globale di suicidi, ma anche un forte
aumento, in questi stessi paesi, dei
suicidi giovanili. Appare così sempli-
cemente tragico che neUa nostra so-
cietà dissestata proprio i giovani -
che già pagano il prezzo più salato
nelle guerre, negli incidenti sul lavoro,
negli scontri sociali e negli attentati
terroristici - versino il contributo più
ingente anche nel campo del suicidio.
Per i giovani italiani il giudizio però
risulta positivo. Una statistica del
1976, elencante i giovani suicidi com-
presi nell'età fra i 15 e i 24 anni, vedeva
l'llalia all'ultimo posto fra le nazioni a
Marco e il Vietnam. Ma veniamo al
caso più recente affrontato in lungo e
in largo sui giornali: quello di Marco
Riva, universitario milanese di 21 an-
ni, anche lui suicida con il gas di sca-
rico dell'auto. Apparteneva a una fa-
miglia operaia normale, che col lavoro
conseguiva un modesto benessere.
Cresciuto in parrocchia, era poi pas-
salo a m ilitare come attivista nei mo-
vimenti dell'estrema sinistra. R agazzo
deciso, «sapeva svolgere con grinta il
servizio d'ordine nel corso delle ma-
nifestazioni». Si manteneva agli studi
lavorando nella rcda.z.ione del Quoti-
diano dei l.avoratori. Pare non avesse
problemi di salute di genere affet-
tivo. Una sera rientrò a casa sul tardi,
poi nessun familiare si accorse di una
sua seconda uscila. Quando al malli-
no i congiunti trovarono la sua came-
ra vuota, il suo cadavere giaceva già
sul tavolo freddo dell'obitorio. Ultimo
ricordo, una lettera d'addio: «Avrei
voluto vivere, amare essere amato...
E' stata una decisione meditata, una
scelta precisa. Una cosa sola non vo-
glio: essere giudicato».
SuJ caso si discusse, Rossana Ro!>-
sanda sul Manifesto in un articolo dal
titolo «Troppi suicidi di compagni in
questi anni»ammetteva che era «ve-
nuta a mancare la certezza del come
l'idea rivoluzionaria potesse tornare a
essere lavoro ed esistenza di oggi», e
che proprio per questo «qualcuno
iniziò a scegliere la morte». Altri
commentatori fecero esplicito riferi-
mento alla scomparsa di Mao e al
conseguente crollo dei mili, parlarono
di «crisi della speranza» dopo la rot-
tura della solidarietà socialista con la
18
L'amara delusione
guerra tra Vietnam e Cambogia...
Tullo vero, o almeno probabile. Ma
pare di poter dire che sono nuove solo
le circostanze esterne poste all'origine
di questo «suicidio politico»; in realtà
non si tratterebbe di un tipo nuovo di
su icidio: tuttù sembra rientrare in una
tragica ma normale dinamica, che gli
studiosi di diverse discipline cercano
di capire a fondo.
Perché i ragazzi si uccidono?
Il come e il quando. Anzitutto:
quanti sono i suicidi? Le cifre vanno
prese con le molle, perché in molti
casi le famiglie per sfuggire alla con-
danna dell'opinione pubblica tendono
a camuffare il gesto come incidente o
disgrazia. Gli esperti parlano però di 5
milioni di tentativi di suicidio, ogni
anno, nel mondo. Se la cifra è vera,
sono 13.700 tentativi al giorno. Di
questi, continuano gli esperti, 500 mila
all'anno (cioè 1.300 al giorno) pur-
troppo vanno in porto concludendosi
con la morte.
In genere suicidi e tentativi di suici-
dio risultano più numerosi nei paesi
fortemente industrializzati che nel
Terzo Mondo. La società coniugale
sembra meno esposta; la famiglia re-
lativamente numerosa sembra poi
avere un'efficace capacipreventiva;
in proporzione risultano più numerosi
i suicidi tTa i figli di genitori separati.
Ancora: meno numerosi sarebbero i
forte industrializzazione: con 2,6 sui-
cidj su 100.000 giovani, contro i 21.4
registrati nella Finlandia detentnLe
del triste primato.
I due sessi - risulta - divergono de-
cisamente nella scelta dei mezzi. l
maschi preferiscono quelli violenti,
che lasciano poca possibilità di scam-
po: le donne invece quelli che com-
portano minor violcm.a fisica come i
sedativi e i barbiturici. Ciò spiega in
parte perché i maschi suicidi sono in
Un'Infinità di cartelli indicatori, ma li giovane
sovente non ha mete e non sa dove andare.

2.9 Page 19

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percentuale più numerosi, mentre sc,-
no più numerosi in proporzione i ten-
tativi di suicidio operati dalle donne.
C'è poi una forte differenza fra ten-
tativo di suicidio e suicidio vero e
proprio: non solo numerica, ma anche
di significato. Chi vuole davvero ucci-
dersi studia il suo gesto prevedendone
gli effetti con freddezza agghiaccian-
te: è evidente che ha toccato il fondo
della sopportazione, e che intende
«chiudere» davvero e per sempre. Jn
non pochi tentativi di suicidio invece è
facile leggere più che altro un'invoca-
zione di aiuto, un grido disperato che
però lascia uno spiraglio aperto sulla
vita. Ma in questi casi il gesto senza
ritorno forse è solo dilazionato; dice
molto infalli questo dato raccolto da-
gli studiosi: su 100 suicidi r iusciti, 80
avevano già tentato in precedenza,
fallendo, di togliersi la vita almeno
una volta.
Questo quadro i.nquictan1e rinvia a
un'altra domanda: perché? E soprnt-
tuttò riguardo ai giovani: perché d-
co asssurdo. Ma l'imitazione non co-
nosce età. Jan Palach ha avuto imita-
tori anche fuori del suo paese. Marco
Riva ha seguito una tecnica ampia-
mente dcscriua nel film Garaf!.è del
regista svedese Sjoman, in program-
mazione nelle sale milanesi proprio in
che uccide i giovani
fiutare la vita proprio quando la gioia
di vive1·e è più profonda ed esplosiva?
Personalità fragili Il fenomeno del
suicidio si presenta con sfaccettalure
così numerose e variegate, che gli
studiosi si sono visti costretti a molti-
plicare le ipotesi di spiegazione. E poi
ad avanzai-edubbi e sospetti sulle loro
conclusioni. Ma è pur sempre possi-
bile formulare qualche risposta di ca-
rattere generale.
Si è osservata per ei,empio nei sui-
cidi o tentati suicidi una certa fragilità
psichica o caratteriale. Caratteri indi-
Iesi, chiusi in se stessi, portali all'iso-
lamento, incapaci di intrattenere rap-
porti con gli altri. a disagio con l'altro
sesso. Stati depressivi, a cui vanno
soggetti ragazzi e giovani anche ap-
parentemente sani. Vere e proprie
malattie mentali, forme di isteria, epi-
lessia, schizorrcnia (lacerazioni pro-
fonde nella personalità): sovente ma-
lattie latenti e quindi non facilmente
diagnosticabili.
Altra forma fatale di fragilità ri-
scontrata in diversi suicidi e la sugge-
stionabilità di fronte a fatti della vita,
a letture o spettacoli, che descrivano
un suicidio: le tecniche dell'esecuzio-
ne vengono imparate nei minimi det-
tagli e poi ripetULe con tragica fedeltà.
E' il caso di ragazzi, a volte perfino di
bambini (i suicidi verdi) non del tutto
consci delle consegucnz,e del loro gio-
quei giorni.
Non Lutti i suicidi risultano però in-
dividui suggestionabili, o malati men-
tali, o introversi; gli studiosi rimango-
no perplessi di fronte al suicidio di
personeche devono riconoscere come
sane. Il fallo è che la rinuncia volon•
wria alla vita quasi sempre si accom-
pagna con altri fallori di carallere
esistenziale, e di peso quasi sempre
determinante.
La seconda nascita. Dietro ogni
suicidio è possibile trovare, nella più
cruda realtà, un·e~istenza tragica. li
suicidio in genere non è gesto singolo
e casuale, ma la «logica» conclusione
di un processo vitale ritenuto ormai
senza sbocco.
Ciò è tanto più vero per. gli adole-
scenti. L'adolescenza è una «seconda
nascita», quella al mondo adulto, che
comporla traumi ben maggiori della
prima nascita. In brevissimo tempo
l'adolescente sente esplodere in sè un
fascio di tendenze nuove che lo cata-
pultano in una dimensione scono-
sciuta del reale. E' letteralmente lan-
ciato nell'esistenza. Deve abbandona-
re come d'improvviso l'età spensiera-
ta della fanciullezza per iniziare un
nuO\\'O tipo di vita; e si trova innam.i a
problemi numerosi e sconosciuti.
Problemi più grandi di lui. E quel che
è peggio, sovente deve affronlarli e ri-
solverli da solo.
« I.'adolescente - ha scritto w10
psicologo, Claudio Mina - prova
spesso in modo acuto quell'oscuro
senso dell'angoscia esistenziale. quel-
lo smarrimento che lo rende insicuro
di fronte alla complessità e al rischio
del fatto d'esistere». Se trova una
mano che lo aiuta (la famiglia, gli
amici, la scuola, l'ambiente di lavoro),
bene. Altrimenli?
Quando i progetti saltano. Uno svi-
luppo normale porta ogni giovane a
elaborare un suo personale progetto
di vita. Ma poi si tratta di realizzarlo, e
la società risulta non di rado così vio•
lenta che i progetti degli individui più
indifesi sovente «saltano». Nelle
grandi cillà i contaui umani sono dif-
ficili (la folla è «solitaria»), e la lotta
per il « posto» si fa feroce. In Italia i
più esposti alla disoccupazione oggi
sono i giovani. Tanti non haru10 modo
di partecipare alla vita sociale, si tro-
vano confinati a un ruolo subalterno e
insignificante, si sentono emarginati.
Tra gli immigrati i suicidi risLùtano
due volte più numerosi che tra i resi-
denti. Chiaro: un individuo tagliato
fuori dal contesto normale, isolato,
impossibilitato a realizzare il proprio
progetto di vita, non ha più motivi per
vivere.
Altre volte invece il progetto di vita
è frusu·ato dalle seduzioni della so-
cietà dei consumi. Il benessere cosifi-
ca i giovani, spegnendo gli ideali Sol-
di, auto, viaggi, esperienze sessuali e
di droga, libertà lotale, li portano a
vivere fuori e contro i propri ideali. La
constatazione del proprio scadimen-
to, del depauperamento della propria
persona, li porta alla consapevolezza
della loro incoerenza. del loro l'al-
limen10. E' allora che dicono: « Fer-
mate il mondo, vogliamo scendere».
I suicidi politici. E i suicidi politici?
Pare logico vederli nella prospettiva
dei progetti personali divenuti irrea-
lizzabili. Il crnllo delle illusioni sorte
nel 1968, lo «scandalo» di due sta1i
socialisti (Vietnam e Cambogia, e poi
Vietnam e Cina) che comballono una
guerra fratricida, l'impressione di non
poter realizzare neUa società la rivo-
luzione ritenuta il toccasana d'ogni
male, hanno portato più di un giovane
estremista aUa conclusione che le sue
aspiraiioni sono irraggiungibili, che la
vita stessa non ha più senso.
E poi, anche militando negli schie-
r-amcnti estremisti ci si può trovare in
piena solitudine, come ha confessato
sulla loro stampa un compagno:
«Viene <la ripensare ai rapporti che
esistono f'ra noi alla cellula, al locale
alternativo, dove sei solo anche fra
tante persone; dove entri col muso e
te lo tieni, perché nessuno ti aiuta più;
dove lai finta di essere allegro per non
19

2.10 Page 20

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parlare dei tuoi casi e non farti giudi-
care». E viene da chiedersi se la scelta
di militare in una formazione estre-
mista non sia stata per molti ragazzi
motivata da una profonda frustrazio-
ne già in corso, quasi un ulrimo di-
sperato tentativo per dare un senso e
UJ1 contenuto alla propria vita, per ri-
lanciare un progetto personale altri-
menti sul punto di fallire.
Ma il dramma di molti ragazzi è a
monte di tutto questo: diversi falli-
scono prima di impegnarsi nell'esi-
stenza. non Iiuscendo neppurea met-
tere insieme un progetto di vita per cui
valga la pena di cominciare a vivere
da adulti.
Quando non si riesce a progettare.
La propria fragilità, e più ancora la
stessa società, a volte fa abortire il
progetto. li ragazzo ha bisogno di
modelli di comportamento: la società
gliene offre tanti, ma Lutti diven,i e
contraddittori. La scelta diventa im-
possibile. U ragazzo ha bisogno di co-
struirsi una scala di valori su cui fon-
ùare le proprie scelte, e la società di
nuovo gliene sciorina sotto gli occhi in
quantità, e ancora e sempre contrad-
dittori. La pubblicità per vendere i
prodotti dell'industria moltiplica i bi-
sogni fittizi; la propaganda ideologica
per reclutare singoli e masse fabbrica
miti (anch'essi contraddittori e inter-
cambiabili) e Li impone attraverso la
comunicazione sociale. Il giovane
perde il senso dei fini; si trova attirato
da una quantità di obiettivi da co11se-
guire, circondato da un'infinità di
cartelli indicatori, ma non sa con pre-
cisione dove conducono e dove gli
conviene andare.
Oppure il giovane «scopre» - s pe-
cialmente se è dotato di spirito critico
- che la società è basata solo sullo
sfruttamento dell' uomo, «scopre» che
in realtà non ci sono valori, che il be-
nessere come traguardo è un non
senso, che le ideologie sono trappole,
che la società è afflitta da un males-
sere incurabile, che sotto l'apparenza
ridanciana - per esempio !'«al-
legria!» di Mike Bongiomo - c'è una
tristezza collettiva insanabile. Allora
un progetto di vita non ha più senso,
non ci sono p perchévalidL E' inutile
domandare al suicida: « Perché ti uc-
cidi?»; lui ha la risposta pronta:« E tu
perché vivi?»
E' s empre un grido. Proprio perché
giovani, i giovani non si rassegnano
facilmente alla perdita della speranza.
La loro reazione normale alla frustra-
7Jone della vita è l'aggressività verso
gli altTi: dalla spavalderia provocante
degli attegggiamenti fino alla delin-
quenza giovanile e alla violenza poli-
tica. Ma non di rado l'aggressività è
diretta verso se stessi. Già con quel
«suicidio differito» - cioè lento -
che è la tossicomanja, e poi più diret-
tamente con il suicidio vero e proprio.
Non potendo cambiare la realtà
esterna con la violenza verso gli altri,
un brutto giorno si cerca di distrugge-
re la «realtà totale» spegnendo la pro-
pria vita. Ma Je due forme di aggressi-
vità si possono alternare: gli stndiosi
che indagano il passato dei giovani
criminali, vi tTovano quasi sempre un
tentativo fallito di togliersi la vita
Il suicidio di un giovane - a guai--
dare bene - è sempre un grido d i-
sperato rivolto agli altri uomini
perché aprano gli occhi, perché esca-
no dal loro egoismo, depongano la
maschera legale dietro cui si trincera-
no, e cerchino di capire e aiutare...
Suicidio: la logica. conclusione di un pro-
cesso fatale ritenuto ormai senza sbocco.
La responsabilità. Di un fa tto così
sconcertante è difficile indicare la re-
sponsabilità. n suicida rivela sempre
un eccesso di sofferenza segreta, por-
tato fino al limite dj sopportazione da
una creatura infelice e sovente orgo-
gliosa. Chi si sente di condannare
questi reietti? Un tempo ai suicidi ve-
niva negato il funerale religioso, oggi
la Chiesa è sempre meno proclive a
penalizzare così drasticamente. In
Condo, Cristo è venuto per i malati e gli
infelici; e chi è più malato e infelice
dei suicidi?
Comunque, prima di condannare,
c'è da chiedersi di quanti gesti dispe-
rati non sia causa e responsabile la
società. L'anno scorso un ragazzo di
17 anni, Lucio, si è impiccato al Fer-
rante Aporti di Torino: un drogato. Lo
avevano rinchiuso in quell'istituto di
rieducazione dotato di «piccole celle
con 3-4 brande in pochi mctTi qua-
drati, e il bugliolo come unico oggetto
di arredamento». Lo psichiatra che lo
aveva in cura scrisse poi che «poteva
essere ricuperato e invece è stato ab-
bandonato a se stesso. Da due anni la
legge prevede centri socio-culturali
per il reinserimento sociale dei droga-
ti: dovevano essere istituiti dalla Re-
gione. Ma chi li ha mai visti?»
La società a volte produce nel suo
corpo dissestato degli spazi disumani,
in cui creature fragili (spesso i giova-
ni) vengono ricacciati e finiscono col
perdersi.
Che fare? C'è pure nella società chi
si occupa di Iisolvere il problema.
Esistono - troppo pochi - «centri di
rieducazione psicoterapeutica» per gli
scampati, esL~tc il «telefono amico»,
ultimo filo di speranza a cui qualche
disperato si aggrappa.
C'è poi per chiunque un impegno
morale di vigilanza verso le persone
sole, o isolate, che ci vivono accanto,
forse neJJa nostra stessa famiglia. Ha
scritto un fallito suicida: « Mi sentivo
solo, nessuno si accorgeva di me, nes-
suno mi dava una mano». Viene da
domandarsi: dove avevano gli occhi
quelli che gli vivevano auomo? Ha
scritto un suicida riuscito: «E' colpa
tua, non mi hai mai voluto bene. Ora
muoio come un cane». ln genere la
cura è una sola, e alla portata di tuLti :
dare amicizia e amore.
Esistono poi atteggiamenti-spia nei
probabili candidati al suicidio, a cui
prestare attenzione: il ripiegamento
su di sè, Ja graduale e sempre più evi-
dente perdita di interesse per gli
aspetti djversi della vita, la crescente
incapacità di integrarsi nel gruppo fa-
miliare o sociale. Altri segni sono certe
dichiarazioni, a volte esplicite: « Ho
voglia di farla unita», «Un giorno o
l'altro mi butto dal balcone», e a volte
solo allusive: «Che ci sto a fare nel
mondo?» E ' allora che deve scattare la
solidarietà. Stare insieme, insieme
progettare e realizzare, ridestare l'in-
teresse per la vita, riaccendere gli
ideali.
Cesare Pavese, poeta e romanziere,
aveva scritto: « Non manca mai a nes-
suno una buona ragione per uccider-
si». Di fatto egli la trovò e s i uccise. La
carità cristiana e la sensibilità salesia-
na verso i giovani consiste nel lar
che quanli ci stanno accanto - in
primo luogo i giovani, politicizzati o
no - abbiano una buona ragione per
vivere.
FERRUCCTO V OGLINO
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Educhiamo come Don Bosco------------------
Imparate
a crescere
1ns1eme
li 11wt1i110 del 3 mar;;o 1862 D011
Bo:.co !>t 11ovava circondato da 1111
folto :.111010 di giovani, e domandò a
11110: « Fra 11we le cose belle che hai
1•i1>10 11e/la 1iw l'ila, qual è quella che ri
è piaci11w di più?» Il ragau.o pro111u
,ùpu~e: « E' il !>ignor Don Bosco».
Allora il sa1110 raccontò: Nel/'11/-
1i111a lotte, ia che abbiamo fa 110, 11e11-
ne a l'i.\\iWre gli oggetti un contadino.
lo lo coml11cevo per le grandi ~aie
llell'e!!ipCJ:.i;;io11e. Mentre altri i•i:.iw-
run :.1 fenna1,ano a guardare quah.:lte
ug.1~e110 um1mra11doue fa belle::::a e la
pre::io:.i1iJ, quel buon pae:.a110 11011
tlava mai segno di a,mniru::ione:
11ie111e lo colpiva. lo dicel'o tra me:
Pus~ibtle dw frn tami o~gerti 11011 c:e
w, 11e :.ia alc:111w e/te pos!;a piacerJ,:li?»
Andammo a11cora poco, finché
1·eni1111110 u 11n posto o,·e tra i tlo11i si
trO\\'tl\\'U LIII salame bello e gro:.:.o.
«Ali! q11e\\lO !>Ì che è proprio beffo!•,
esclamù aUora il paesano, re!>cando,
a11011ito pe, la meraviglia•.
I ragt1::;:i ri:.ero di gusto. Il b1ografo
c:om111e1110: «Q11.es1e parole s11011ava-
110 conte 11110 scherzo, 111a rispecchia-
1•u110 fedelme111e l'umile co11cetto d1e
D011 Bosco ui·eva di sè».
Di ,11wlche rempo pn'ma è un altro
ep1~od,o, che ha per protagonisw il
cuoco di Valdocco: 1111 1ipe110. Pi,ì
1•0/1e - ,i legge nelle «Memorie Bio-
~rafid1t•• di Don Bosco - il ciho era
comlito con 11n motto poco cortese.
Una .\\t!l'CI /'i11.~erviente dis11e al cuoco
che almeno desse un po' picalda la
roba de~ti11ata per Do11 80.\\CO. Ma
quello rispose: «E chi è Don Bosco?
E' come 1111 altro q11alu11q11e Jelil1 ca-
sa!• Ci /11 clii riferì a Don Bosco
quella ri.\\pOslll insoleme, mli (111 os-
seri•ò co11 /Lilla calma: "li cuoco ha
ra~io11e! "•
•**
Don Bosco era la pcrsonil ica-
1.ìonc d'una nonna pedagogica che
egli impartiva accoratamente in
questi termini: « Perché la vostra
parola abbia prest.igio e ottenga l'ef-
fetto voluto, bisogna che ciascun
superiore in ogni circostanza di-
strugga il proprio io. I giovani sono
fini osservatori, e se si accorgono
che in un superiore c'è gelosia, i.J1-
vidia, superbia, s mania di compari-
re e primeggiare egli soJo, è perduto
ogni influsso di Jui sopra del loro
a n i m o ».
Papa Giovanni un secolo dopo
dirà che non può essere strumento
di bene nelle man i di Dio chi non
mette l'amor proprio sotto i Lacchi
delle proprie scarpe.
n comando "Siate miti e umili
di cuore'', Gesù l'ha impartito so-
prattutto per coloro che devono
guidare gli aJtri suJle strade della
bontà. L'io dell'educatore deve an-
nullar::,i perché l'io dell'allievo cre-
sca nel dialogo con l'io di Dio. L'io
voglio, l'ìo co111a11do svigoriscono la
verità che sola deve trionfare nell'a-
more e nella libertà.
Ogni educatore deve far sue le
parole di san Gio,anni Battista:
necessario che Egli (Gesù) cresca e
io diminuisca». L'educatore è il pre-
sentatore <li Gesù, che solo fra gli
uomini può dire: «lo sono la Verità».
* Noi nei rapr,orli e nelle discus-
sioni con gli allievi dobbiamo tenere
sempre prei.cntc questo fine:
vincitori né vlntl, ma tutti convinli.
E dobbiamu a, ere per certo che la
fonmu.ionc non è mai a senso unico.
ossia mentre doniamo dobbiamo
essere sinceramente disposti a rice-
vere. E i giovani, in realtà, possono
donarci tanto! Gi:nitori e figli, edu-
catori e allievi, dobbiamo crescere
insieme.
* La vita si potrebbe paragonare
a un aJbero: c1 i.ono dei ,,a)ori che
de,·ono assolutamente rimanere,
come il tronco, e \\ alori cbe devono
necessariamente cambiare, come le
foglie e i fiori. Noi adulti siamo mol-
to sensibili ai valori eterni che non
cambiano; i ragazzi invece sono as-
sai sensibili ai valori temporanei che
cambiano con le generazioni Come
la pianta non vive senza tronco o
senza foglie, così la vita non prospe-
ra senL,a l'armonia tra valori eterni e
valori DUO\\ i.
~ La famiglia è il luogo prlviJe-
glato per .lo scambio dei valori. In
essa, dove regna un clima di amore
umile e rispelto!>o, gli anziani offro-
no valori ctc1 nl e i giovani porgono
valori tempor anei. Suona quanto
mai opponuna l'esortazione di Papa
Giovanni: Non credano i vecchi
che il mondo finisca con loro, e non
credano i giovani che il mondo abbia
avuto inizio con loro•.
ADOLFO L'ARCO
21

3.2 Page 22

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SALESIANI UCRAINI
A servizio d'una
Chiesa ID diaspora
Da 25 anni i Salesiani del Pontificio Seminario Minore Ucraino pre-
parano futuri sacerdoti e giovani cristianamente formati, per la loro
travagliata e coraggiosa« Chiesa delle catacombe».
A Roma il 30-31 gennaio scorso i
salesiani del « Pontificio Semina-
rio Minore Ucraino» in via di Boccea
480, hanno festeggiato con i loro ra-
gaz.zi e giovani il venticinquesimo
dell'opera: 25 anni di una vicenda di
fede che merita di essere ricordata.
E' una storia cominciata quando un
insegnante di religione di Peremysl,
nel cuore del!' Ucraina, sul finire degli
anni '20 incoraggiò una decina d i gio-
vani ucraini a venire in Italia, bussare
all'aspirantato salesiano di Ivrea, e
me11ersi agli ordini di Don Bosco. A
capo del manipolo era un certo Stefa-
no Czmil che sarà sacerdote salesiano,
assistente spirituale di gruppi ucraini
in Argentina, e poi a lungo direttore
del Serriinario minore in Roma de-
ceduto solo l'anno scorso).
La storia è incentrata anche su uu
altro personaggio benernedto, coope-
ratore salesiano, quel mons. Giovanni
Bucko che la Santa Sede ha chiamato
a delicati compiti nominandolo Visi-
tatore apostolico per i fedeli ucraini
dell'Europa occidentale. Questo arci-
vescovo negli anni successivi alla se-
conda guerra mondiale aveva avviaLO
un'iniziativa coraggiosa: la realizza-
zione a Loury, in Francia, di un'azien-
da agricola per i profughi ucraini. L'i-
niziativa dopo qualche anno di vita
stentata falli, ma mons. Bucko aveva
già pronto un altro piano: offrì ai sa-
lesiani l'idea del Seminario minore
ucraino, da realizzare a Loury. La
Congregazione di Don Bosco aveva gli
uomini adatli: i giovani salesiani
ucraini di rito bizantino, nel frattem-
po divenu ti sacerdoti. Altri si erano
aggiunti ai primi, e Lutti erano ben lieti
di lavorare tra la gioventù del loro
popolo disperso. Cominciarono con
quindici ragazzi provenienti dalla
Francia, e con molta buona volontà. E
le difficoltà anche per loro, soprallut-
to ag)i inizi, furono grandi.
A Roma. L'edificio in cui risiedeva-
no presto si rivelò piccolo, vecchio e
poco funzionale. Bisognava trovare
una nuova sede. Nel 1956 fu scelta
Castelgandolfo, sui Colli Albani, pres-
so Roma. 1 ragazzi ucraini ora prove-
nivano dalle divcr·se parti d'Europa, e
perciò la :,cuoia fu falla in lingua
ucraina, l'unica che avessero in co-
mune.
Ma presto anche la sede di Castel-
gandolfo si rivelò troppo stretta, e fu
allora che la Sacra Congregazione per
le Chiese Oricmali- che sempre ave-
va tenuto sotto la sua proiezione il
Seminario minore - decise di co-
struire in grande nella periferia di
Roma. li I-U0.1969 mons. Bucko ave-
va la gioia di benedire il nuovo edificio
di via Boccea, moderno e accogliente,
in grado di ricevere cento giovani e
anche più. Qualche tempo dopo, la
comunità ucraina venne ricevuta in
udienza da Giovanni XXIII, e si senti
ricordare che egli aveva già avuto la
soddisfazione - quand'era Nunzio
apostolico a Parigi - dJ inaugurare
l'opera di Loury. Qualche tempo dopo
il Seminado registrava una visita illu-
stre: quella del card. Giuseppe Slipyj,
capo spirituale dei cattolici ucraini da
poco rimesso in libertà dopo un lungo
esilio in Siberia. Anche la sua gioia fu
grande nel trovare quel centinaio di
giovani ucraini lutti insieme, tra cui
maturavano delle vocazioni sacerdo-
t ali .
Il venticinquennio delJ'opera è stato
anche l'occasione per una verifica dei
risultati conseguiti finora. Secondo un
calcolo approssimativo, più di 700 ra-
gaz7j e giovani sono passati attraverso
il Seminario minore, e 150 hanno
completalo i corsi fino al diploma di
maturità. Quasi la metà di questi han-
no proseguito nel Seminario maggiore
ucraino, a cui stanno dando un con-
tributo sostan1Jale: da diversi anni
ormai, nel Seminario maggiore, più di
metà degli alunni provengono da via
Boccea. Quelli già divenuti sacerdoti,
sono sciamali per le diverse parli del
mondo, a occuparsi delle comunità
ucraine: ce ne sono in Gran Bretagna,
Francia, Canada, Australia, e natural-
mente Italia.
Come si sa, oggi i seminari minori
sono ambienti non per ragazzi «già
predestinali», ma che semplicemente
si imerrogano con maggior consape-
volezza del loro futuro. Ora i giovani
di via Boccea che non hanno inlrn-
preso la via del sacerdozio, hanno
però ricevuto dai salesiani ucrainì una
solida formazione cristiana secondo
lo spìrito di Don Bosco, e sono in gra-
do di dare un solido contributo all'or-
ganizzazione delle loro comunità di
fede.
Si fanno se ntire in Ucraina. Il fatto
che il Seminario minore si trovi ubi-
cato in un moderno edificio nel cuore
Roma, 1969: mons. Bucko benedice I locali del
nuovo Seminarlo Minore Ucraino.
22

3.3 Page 23

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I ragazzi del Seminarlo coltivano con passione I
canll e le danze del folclore ucraino. Sopra Il
titolo: gll edlllcl nuovi di via Boccea.
d ella cattolicità, si è Jivel ato quanto
m ai positivo: esso è un p unto di r ife-
rimento per gli u craini di tutto il
m ondo, un centro di con ser vazion e
delle l radizi oni comun i e di irrad ia-
zion e d ella fed e. l giovani seminarisLi
giungon o a far sentir e la l oro voce
anc he n ella palria lonta n a, l'Ucraina:
tutte le d o menich e la Radio V a ticana
trasm ette una « m essa ne l rito bizanti -
n o-u craino per la Chiesa u craina d e lle
catacombe» . e son o proprio questi
ragazzi a rispo nder e al sacerd o te e a
eseguire inappuntabilmente i canti .
Alla cele brazione d el venticinquesi-
m o dell'op era, n ello scorso gennaio
erano presenti m on s. A n drea Sapclak
vescovo degli u craini in Argentina,
numer ose p er sonalità sopra ttutto
della Sacra Con gregazione pe r le
Chiese Orientali. e tanti amici. M o n s.
Sap elak ba tenuw la comemorazio n e
ufficiale. H a sottolineat o la tunzione
provvidenzial e d el Seminario , ne h a
precisato lo scopo : formar e i giovani
u cr aini d ell'Euro pa occidenta le p er
«arricchire la Chiesa Ucraina in d ia-
sp o r a di n uovi op erai n ella vi gn a del
Signo r e », e co sì prep arar e anch e « f u-
turi missio nari p er la Chiesa M adre
Ucraina, distrutta nella su a or ganiz-
za:t.io ne ecclesiastica e rid o tta alla vita
c atacombale ». D on Luigi Fio r a
espresse a no m e della Co n gr egazion e
la soddisfazio n e d ei Salesiani nel po-
ter dare un contributo a questa Chic:sa
travagliata e coraggiosa.
Il dire ttore d el semi nario d o n Vla-
dimiro H ryn yszyn ne l ringraziar e as-
sicurò ch e l a commem o r azi o n e n on
era un punto di arri vo, m a piuttosto di
partenza, e ch e di fatto il Seminari o è
* già entra to di slancio n el secondo
venticinquennio .
«Caro BS...» - - - - - - - - -
BARACCA, MIO CARISSIMO AMICO,
SI CHIAMAVA FRANCESCO
Caro BS, nel tuo fascicolo del dicem-
bre scorso, in un elenco di exallievi di·
ventati famosi trovo un aviatore di nome
Pietro Baracca. Forse l' articolista voleva
riferirsi al maggiore Francesco Baracca
~n di Lugo di Romagna, asso dell'aviazio-
ne,],~ 1915-1918 (34 vittorie in terri-
torio nazionale, circa 70 velivoli com-
plessivamente abbattuti. e un fiume d i
medaglie e onorlficienze da tutte le na-
zioni allora alleate con l'Italia). France-
sco Baracca fu alunno interno del col-
legio salesiano di Faenza, e il sottoscrit-
to si onora di averlo conosciuto e di aver
goduto della sua amicizia. Nel periodo
delle vacanze dai collegio, poi all' Acca-
demia militare e del Reggimento Cavai·
leggeri di Savoia, sempre faceva visite al
collegio di Lugo (vicinissimo a casa
sua), sì intratteneva con I salesiani e I
ragazzi, giocava con loro al tamburello.
sport allora molto diffuso.
Nel 1908 io avevo sei anni ed ero già in
collegio; ricordo che Francesco mi si
awicinava a passo svelto e mi abbrac-
ciava con tanta tenerezza: forse perché
ero il più piccolo e orfano. Durante la
guerra, quando aveva Il permesso di far
visita al suoi genitori, non mancava di
venirmi a trovare; credo che più di tutti
cercava proprio me, perché gli alunni si
alternavano, come pure i salesiani,
mentre io sono rimasto in collegio per
nove anni.
Era di una modestia e semplicità in-
comparabile, e quando lo stuzzicavo
perché ml raccontasse le sue prodezze
ormai leggendarie, egli sì schermiva di-
cendo: « E' questjone di fortuna, e della
protezione dell'Ausiliatrice». Era di sen-
timento religioso molto profondo .
Quando cadde sul Montello nel giu-
gno 1918, a 30 anni, colpito da un
proiettile sparato da una trincea nemica,
io non sapevo darmi pace: lo piansi a
lungo, e mi ci volle molto tempo per ras-
segnarmi. Francesco ha onorato Don
Bosco come exallievo forgiato con
quella forza d 'animo e nobiltà dello spi-
rito, che Don Bosco sapeva infondere
alla gioventù.
Caro BS, sono quasi lieto dell'errore
- se c•é stato - sul fascicolo di di-
cembre, che mi ha permesso dì raccon-
tare questi miei cari ricordi.
Exallievo Giulio Luigi Ricci - Pesaro
C'è stato, l'errore... E grazie all'amico
Exallievo che l'ha corretto.
VORREI DIVENTARE MEDICO
IN TERRA DI MISSIONE
Caro BS, sono una studentessa di 15
anni e mezzo. Ti leggo qualche volta
perché mia nonna è abbonata, e devo
farti i complimenti per il bene che fai. Il
mio problema è questo: da grande vorrei
diventare medico, ma non vorrei svolge-
re l' attività in Italia (non c'è assoluta-
mente bisogno di medici, qui). Voglio la-
vorare in terra di missione. E per di più,
vorrei partire subito, appena compiuti i
18 anni e finito il liceo. Naturalmente
dovrei studiare medicina, e laurearmi in
terra di missione. Nelle vostre missioni
avrei possibilità di lavorare (sono dispo-
sta a fare di tutto), e di studiare insieme?
Se si, come dovrei fare per mettermi in
contatto con i vostri missionari e aggre-
garmi a loro?
Maria - Palermo
A Maria un cordiale «Brava! . per la
generosità, che è un dono del Signore.
Certo le missioni salesiane hanno biso-
gno di medici. Ma forse il progetto non è
ancora abbastanza realistico. Abbiamo
risposto in privato.
A CHI DEVONO ANDARE
GLI ELOGI...
BS riceve nella corrispondenza tanti
elogi immeritati. A volte sono semplici
formule di cortesia, ma sovente hanno
quel pizzico in più che viene dal cuore. E
allora si scopre che non è Il BS a meri-
tarsi gli elogi, ma magari chi scrive. Per
esempio?
Nonna Angelina. Ha scritto su un
conto corrente, nella causale di versa-
mento: Rinnovo l' abbonamento al BS.
Il resto è per riconoscenza al caro san
Giovanni Bosco, a Maria Ausiliatrice. al
piccolo san Domenico Savio, per avermi
conservata fino a 81 an ni. E sono 70 anni
che leggo il vostro Bollettino. Ossequi •.
(E nonostante l' età, ha scritto con mano
sicura il suo indirizzo chiaro e comple-
to).
Altri poi ringraziano il BS per le belle
cose che compiono quanti lavorano nel
progetto apostolico di Don Bosco, in
Italia, nelle missioni. sotto le più d iverse
latitudini.
Ecco cosa scrivono. « Non trovo pa-
role per esprimere Il piacere, Il contorto,
la serenità che provo quando ricevo il
BS. Ml limito a dire grazie».
• Di tanti periodici buoni che ricevo, Il
più interessante è il BS ».
. Sei impagabile! Sei buono, e soprat-
tutto sei tanto desiderato e amato ».
• Piccola offerta per il BS. guida sicura
in mezzo a tanta nebbia ».
«Sono un sacerdote di 83 anni. Leggo
il Bollettino con gioia: mi piace lo zelo
apostolico che con ottimismo lavora an-
che nelle situazioni più difficili. Il Signore
benedice il vostro apostolato e la vostra
carità» .
« Il Bollettino sia sempre più l'espr es-
sione dell'amore e del pensiero di Dio
per noi, e a Lui ci spinga con tutto il
nostro essere, come fu tutto di Dio san
Giovanni Bosco. Non posso mandare di
più (lire 1.000), ma non privatemi del vo-
stro Bollettino...•.
• E' più di 60 anni che ricevo il vostro
Bollettino, molto gradito. Continuale a
spedirlo. Un domani. quando non ci sarò
più, mio figlio vi informerà».
Che dire? Semplicemente che il BS è
bello perché ciò di cui si occupa è entu-
siasmante: ossia gli amici di Don Bosco
e quanto essi realizzano nel mondo.
23

3.4 Page 24

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THAILANDIA* IN MORTE DI PADRE DELFINO CRESPI (1907-1978)
Quando i sogni
diventano villaggi
Nella geografia thailandese ci sono due villaggi agricoli in più: li ha
fondati padre Delfino sfidando le belve della foresta, abbattendo al-
beri e costruendo campi e case. Era - come ha detto Il suo vescovo
- una simpatica figura di missionario sognatore, innamorato della
Madonna e operatore sociale.
N ell'agosto scorso padre Delfino
con i s uoi 71 anni e mezzo non si
sentiva bene. Lo inviarono ali'ospe-
dale cattolico San Luigi di Bangkok,
ma lui aveva fretta di torna.re. Aveva
ancora tante cose da sistemare nel
«Villaggio di Maria Ausiliatrice», anzi
diceva: " Mi sento di inizia.re ancora
un terzo villaggio, ovunque il vescovo
mi manderà». Aveva addosso un'irre-
frenabile volontà di lavorare, ma ave-
va addosso anche un melanoma ma-
ligno. li 10 dicembre. rimessi i sogni
nel cassetto, chiese che gli portassero
il sacramento degli infermi. La data
era quella giusta: 50 anni prima, pro-
prio il IOdicembre 1928, era sbarcato
in Thailandia, e quale giorno più
adatto per affidarsi di nuovo comple-
tamente al Signore?
L'Ispettore don Praphon presiedet-
te il rito e poi celebrò la messa nella
sua camera; al termine padre Delfino
era raggiante e non finiva di ringra-
zia.re: i salesiani, le suore, gli amici,
rutti. li Signore gli aveva concesso di
lavorare 50 an ni tondi come missio-
nario di prima linea, e di costruire
nella foresta due villaggi cristiani. Che
pii'.1?
Mal d'appetito. Da ragazzo, suo
[ratello Carlo (più anziano) lo aveva
precedu10 nelle Ei.le di Don Bosco. Lui
si era diplomato in agraria con i ~ale-
siani a Lombriasco, poi era tornato a
casa e si era impiegato in una filanda .
Ma proprio allora lo colse l'invidia per
il fratello già missionario in Ecuador
(da 60 anni ~ laggiù al lavoro). Bussò
da Don Bosco e lo mandarono a Ivrea,
nell'Istituto intitolato al primo mis-
sionario salesiano, il card. Cagliero.
Tra i s uoi compagni c'era il suo futuro
vescovo, mons. Pietro Carretto. «Era-
vamo più di 200 - ha ~critto il vesco-
vo - e vivevamo un ideale infuocato
di vocazione missionaria. Nel 1928 i
giovani dell'ultimo corso erano 52:
furono scelti 16 per la Thailandia. 15
per l'India, 13 per il Medio Orien te. Gli
allri, troppo giovani, attesero dalla fa-
miglia il permesso di partire».
Padre Delfino si preparò in Thai-
landia al sacerdozio, s tudiando la teo-
logia e il suo nuovo mondo: la lingua
thai, la gente, e come presentare alla
genie Gesù Cristo. La missione sale-
siana era agli inizi, la vita era dLtra. lui
lungo e magro. E un giorno credette di
es:-ere malato. «Dottore, ogni mattina
verso le undici sento come un gran
vuoto qui», e puntò il dito !>ullo sterno.
A Phanom autorità rellglose (a destra è mons. Carretto), clvlll e militari all' Inaugurazione di un
ponte sulla strada che collega Il vlllaggio con Il resto del mondo.
24
Le campane sono rottami di ferro tolti da un
carro armato. Suonano bene, senti... •·
li dotLorc tamburellò sulle sue costole
sporgenti, e formulò la diagnosi:« Mal
d'appetito». Per anni i suoi compagni
rideranno della sua malattia.
Nel '39 è sacerdote, e dall'Italia gli
arriva un biglietto: « Mio caro Delfino,
siano rt:~c grazie al buon Dio per il
grande dono che ti ha fatto: ricordati
che sarai sacerdote in eterno. Tua af-
fcz.ionalissima mamma». E avanti nel
lavoro per anni in mezzo a gente po-
vera, tra polvere e fango secondo le
stagioni, abitando in una povera casa
di bambù. Nel '48 una n efrite sembrò
stroncarlo: lui pregò il Servo di Dio
don Filippo Rinaldi, e la nefrite non
lasciò conseguenze. Poi nel '52 quell'i-
dea, il primo villaggio nella [oresta.
li villaggio Madonna di Fatima. li
problema a Bang ok Khuek (allora
centro dell'attività missionaria sale-
siana) era serio: tanti giovani, delle
comunità cattoliche non meno che
delle altre, per trovarsi un la\\·oro c
costruirsi un a\\'venire erano costretti
a fasciare le loro terre e a ricominciare
altrove; ma i cauolici ripiombati in
ambiente al cento per cento buddista
con-evano il rischio di dimenticare la
loro re<le. La soluz.ione fu coraggiosa:
costruire un villaggio per le nuove fa-
miglie cristiane.
li governo era disposto a offrire iJ
terreno, ma in capo al mondo, e si
andò in capo a l mondo. Precisamente
a Huei Yang, dove la Thailandia si as-
i.otliglia diventando come un lungo
budello verso la Malesia, a 354 km
dalla capitale. In piena foresta. Mons.
Carreuo mandò lui, padre Delfino, di-
plomato in agraria, a dissodare la fo-
resta. Si trauava di rendere abitabile
una zona fino allora d imora di tigri e
serpenti e ogni genere di bestie selva-
tiche, di risolvere subito il problema
dell'acqua, dei trasporti, delle comu-
nicazioni e delle abitazioni.

3.5 Page 25

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Un giorno la strada che collega Il villaggio al
resto del mondo sarà asfaltata. Ma padre Delfi-
no c l va già In moto.
Il governo mise a disposizione 600
euari (che poi diventeranno molti di
più). e i missionari partirono con una-
trentina di giovanolli decisi a tutto. Si
doveva costruire la strada, abbattere
la foresta, preparare gli spiazzi. tirare
su alla meglio le prime capanne. Ave-
vano scoperto la buona acqua fresca,
ma ogni mattina Lrovavano anche sul
terreno le grosse impronte delle tigri.
Sempre nel '52 mons. Carrello andò
a trovare quei pionieri. Messa sotto il
sole, e pranzo con carne di sci mmia.
« E' la 168" che mangiamo!», confidò
con fierezza il cacciatore che l'aveva
abbattuta. E si decise che il primo so-
lido edificio da costruii-e con i primi
mattoni giunti al «Villaggio Madonna
di Fatima» sarebbe stata la scuola.
Le famiglie ricevettero ciascuna
una vasta porzione di terreno e un
piccolo pecLùio con cui cominciare.
La foresta lasciò posto ai campi di
banane, cocco, arance, caffè, ananas.
Sorse una cooperativa agiicola per
vendere i prodotti ai mercati lontani, e
per acquistare all'ingrosso quanto oc-
CoJTeva alla vita del villaggio. Nel 1960
gli ettari dissodati erano già 2.300, in
parte assegnati a famiglie buddiste.
E si prese la consuetudine di cele-
brare ogni anno la festa delle primizie.
Serviva a dire grazie al Signore, ma il
grazie passava generosamente attra-
verso le mani del missionario: la gente
portava alla missione i frutti più belli,
con essi imbandiva un'asta pubblica,
e i donatori andavano a gara nel ri-
comprare ciò che avevano donato. E
una volta fatto l'acquisto non se lo
portavano a casa, ma lo lasciavano
alla missione..
ll Villaggio Maria Ausiliatrice.
Perché non ricominciare akrove? Nel
1968 padre Delfino lascia Huei Yang
per un po' di riposo e per preparare il
piano di un secondo villaggio. Ques ta
volta scenderà molto più giù, a 710 km
dalla capitale, e sempre in piena fore-
sta. La località si chiama Phanom ma
il villaggio sarà dedicato a Maria Au-
siliatrice.
Dall'aprile '69 all'ottobre '71 padre
Delfino compie 120 viaggi nel folto
della foresta: per esplorare bene il
terreno, per scegliere il posto, per stu-
diare il tracciato migliore della futura
strada (lunga 20 km), per espletare le
pratiche con le autorità, per portare
sul posto i materiali da costruzione.
«Ognuno di questi viaggi - confi-
derà nel '74 a don Cesare Castellino -
esigeva ore di cammino fra spine e
rampicanti velenosi, che producevano
su gambe e braccia come palline dw-e,
piene di veleno, che il sangue doveva
poi smaltire poco per volta. Era una
continua lotta contro le zanzare, le
vespe, le sanguisughe, i serpenti. E
sempre con l'incubodi incontraretigd
e cinghiali... ».
U terreno ottenuto per cominciare,
800 ettari, risulta buono e ricco di ac-
qua durante tutto l'anno. Di nuovo si
spiana il terreno, lo si suddivide tra le
famiglie, si costruisce la scuola. Sono
famiglie giova11~ quasi metà della po-
polazione è in età scolare. Del resto,
spiega padre D.elfino, «noi come sale-
siani siamo per i giovani».
Naturalmente si fa anche la casa
per il Signore: è in bambù. La gente la
vuole in muratura, e bella da non s[i-
gurare a confronto con le pagode. La
faranno. Intanto tutte le sere, finiti i
lavori dei campi, piccoli e grandi si
radLtnano davanti alla chiesa. I ragaz-
zi giocano, gli adulti conversano tTa
loro e con il missionario sui problemi
comuni. Quindi tutti in chiesa per la
messa e per la «buona notte».
Ogni t.anto arriva in visita mons.
CaJTetto, e nella cucina delJa missione
preparano le leccornie forestali. li ve-
scovo mastica forte, e domanda:
«Don Delfino, che cos'è questa vivan-
da?»« Roba b uona, roba buona!», as-
sicura don Delfino sorridendo. Ma il
vescovo pensa: scimmje, o serpenti.
Come i primi cristiani. Marco Bon-
gioanni è stato a Phanom nel '76.
« Padre Delfino abita una sconnessa
capanna di paglia, celebra la messa in
una chiesina di bambù («Le campane,
guarda lì, sono rottami di ferro tolti a
un carro armato. Suonano bene, sen-
ti...»). Ma la scuola l'ha costruita in
mattoni e cemento, con aulette ben
attrezzate, con w1'ariosa pensilina
lungo la facciata. E a ogni famiglia ha
dato una casa.
«Dice: "Costruiamo altre case".
Dove e come? "Lì, là, tutto attorno
dove c'è foresta. Vedrai che paradiso.
Ogni giorno ne sventriamo un poco.
Laggiù passerà la grande strada verso
la Malesia. Faremo le nostre trasver-
sali per i poderi. ogni podere una casa.
Qui la chiesa, le scuole, il nostTO cen-
tro insomma». Padre DelCino, tu so-
gni. Non ci sono che alberi, belve e
serpenti. e tu non sei più giovane. "A-
vremo tutto, avremo lutto! Verranno
anche le suore. E poi la gente qui è di
una bontà straordinaria. Lavorano
forte, e si vogliono bene, direi come i
primi cristiani"».
Padre Delfino è sempre in movi-
mento. Visita tutte le famiglie, osserva
le piantagioni, consiglia sui metodi di
coltivazione, scioglie eventuali que-
stioni di confine, suggerisce come bo-
nificare i terreni. E costruisce la co-
munità di fede: con i catechismi. dal
confessionale, all'altare. Dice il suo
vescovo: « Promuove la collaborazio-
ne sociale fra tutti, con semplicità e
umiltà, spingendo ognuno a far frut-
tificare i propri carismi per il bene
della comunità».
La Madonna "deve" fare miracoli.
Soprattutto, padre Delfino costrujsce
la comunità con l'aiuto evidente della
Avremo tutto! Vedreta, verranno anche le suore . E le suore ora sono venute per davvero.
25

3.6 Page 26

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Madonna. «Credo - ha confidato un
suo compagno di missione, don Nata-
le Manè - che in og,1i pagina del libro
della sua vita si possa trovare il nome
di Maria».
«Qui - ha spiegato padre Delfino
un giorno a don Castellino - tutli
sanno chi è la Madonna, l'amano e la
invocano. Anche i buddisti. Ed essa li
esaudisce». E' vero che fa grazie an-
che ai buddisti? «Sì, è vero! Sono falli
documentali, con tanti testimoni. Lo
vede quel ragazzetto che scon-azza
nella piazzetta della chiesa? E' un fi-
glio di buddisti guarito repentina-
mente dalla poliomielite che aveva
colpito i suoi t1rti inferiori. E' un vero
miracolo». Come si spiega? «La Ma-
donna vuole testimoniare così. il suo
amore anche per i buddisti che la in-
vocano. Essi hanno tanta fede in lei».
Non ho mai sentito che cose simili
accadano altrove, obietta ancora don
Castellino. «Accadranno senz'altro,
ma qui c'è un motivo speciale per cui
la Madonna deve venire in aiuto: la
povertà di questa gente, la mancanza
di medici e medicine». L' hanno pure
sentito dire: «Quando si è nella fore-
sta, manca tutto, perrino le vie di co-
municazione; allora la Madonna deve
fare i miracoli, no?»
Missionario sognatore. Nei giorni
dell'ultima malattia don Delfino tene-
va sempre con i suoi u·e tesori, co-
me li chiamava: il crocifisso di mis-
sionario ricevuto nel I928, un rosario
consunto, il libro delle Costituzioni
salesiane. Un missionario suo amico,
don Forlazzi.ni, ha ammesso: « La sua
morte, anche se prevista, mi ha com-
mosso fino alle lacrime. Sì, ho pianto
molto». I salesiani hanno vicino a
Bangkok il loro cimitero, ma la gente
di Huei Yang arrivata per il funerale
ha voluto portarsi via le spoglie di pa-
dre Delfino, e le ha tumulate nel « Vil-
laggio Madonna di Fatima»; è uno dei
loro, e <leve restare con loro.
I suoi compagni nel descriverlo
hanno sprecato gli aggellivi. Hanno
parlato di «profondo spi.-ito di pietà,
umiltà, obbedienza», di «ottimismo
entusiastico», di «serenità, impegno
nel dovere, mancanza assoluta di cal-
colo umano». «Sempre contento, non
si lamentava mai di nulla». Ma è di
mons. Carretto la de(i.nì.zione più effi-
cace: «Simpatica figura di missiona-
rio sognatore, innamorato deUa Ma-
donna e operatore sociale».
Quanto a lui, già negli anni della
contestazione giovanile aveva lasciato
a don Castelli.no un messaggio per i
giovani: « Tu, caro don Cesare, dillo ai
nostri giovani d'Italia, che parlano
tanto di liberazione: qui è il posto do-
ve venire a evangelizzare per libera-
re».
ROMAN BOSSEITI
26
* SPAGNA RICORDANDO JOSE' TABOADA LAGO (1900-1979)
Era un cavaliere
del 'ideale
11 quinto presidente mondiale exallievi fu in gioventù organizzatore dei
sindacati e iniziatore dell'Azione Cattolica in Spagna. Visse il dramma
d~lla guerra civile a Madrid: conobbe il carcere, organizzò il soccorso
a, sacerdoti perseguitati, rischiò più volte la vita. Per difendere la
Chiesa aiutò i nazionalisti, ma dopo la vittoria si allontanò dal fran-
chismo cc per divergenze nell' impostazione dei problemi politici». Per
dieci anni a capo degli Exallievi di Don Bosco, seppe dare alla carica
un'impronta per la prima volta mondiale. li Signore lo ha chiamato di
buon mattino, mentre si recava alla messa.
M adrid, 1936. La «Brigata dell'al-
ba» era tristemente famosa.
Composta da miliziani decisi a tutto,
agli ordini di Garda Atadcll piombava
di buon mattino in casa della vittima
desjgnata, la tirava giù dal letto e la
portava via. Mo lto spesso più nessuno
l'avrebbe vi.sta. L'avvocato José Ta-
boada, segretario generale dell'Azione
Cauolica di Spagna, fu la vittima de-
signata per la mattina del 17 ago~to.
I militari lo trovarono in piedi. Si
impossessarono di quanto i.n casa po-
tesse avere valore. Intanto AtadeU
cercava dei capi d'accusa: scorse in
biblioteca i libri scritti da Taboada e li
scartabellò sicuro di trovare eresie da
punire. Trovò un capitolo sui proble-
mi sociali e lesse con avidità. A poco a
poco la delusione si dipinse sul suo
volto. « Ma lei - sbou ò infine verso
Taboada - , lei è avanzato quanto noi,
e forse di pitt! »
E gli perrruse di prelevare dalla
cassa requisita qualche banconota (il
resto lo ponavano via loro), avverten-
do: «Ma quei biglieLLi le serviranno a
poco, perché ormai ha le ore coniate».
Si abituò al terrore. Atadell lo fece
salire su un'auto, e giunLO davanti aJ
palazzo delle Belle Arti (il carcere
provvisorio dove era solito consegna-
re i «nemici del popolo»), .ordinò al-
l'autista:« Non fermare qui, va' subito
alla Direzione generale di Polizia». Poi
voltandosi verso Taboada: «Se lasca-
rico qui, la fanno fuori subilo».
Dopo l'interrogatorio Taboada ven-
ne rinchiuso nel collegio dei Fratelli
delle Scuole Cristiane, non perché vi
facesse scuola ma perché anch'e~so
era staio trasformato in carcere. Era
riuscito a portare con il rosario e
una reliquia di Don Bosco.
ll 6 settembre il direttore del carce-
re lo convocò per comunicargli che
era stato messo in libertà vigilala:
tanto erano riusciti a ottenere alcuni
suoi amici potenti. Si trasferì a vivere
sollo l'occhio attento di alcuni sorve-
glianti, e la cosa andò avanti per due
mesi. Poi il governo repubblicano ai
primi di novembre trasferì la capitale
da Madrid a Valencia, i suoi custodi lo
abbandonarono, e Taboada da quel
momento fu davvero libero.
Libero, e perciò di nuovo sotto la
minaccia delle rappresaglie dei mili-
ziani. «Mi vedevo circondato, inse-
guito, afferrato da tutte le parti; la
morte mi attendeva dappertutto. Ero
sfuggito come un appestato da tanti
che temevano di venir compromessi
dalla mia militanza neU'Azione Catto-
lica. Avevo conseguito l'onore privile-
giato di essere il pezzo più ricercato
dai cacciatori di cattolici, i miliziani.
Pensavo sovente a mia moglie e ai
miei figli, che per fortuna avevo la-
sciato al sicuro in alu·a parte della
Spagna. Le ore della notte mi sem-
bravano eterne, l'angoscia era tanta
che non trovavo più conforto neppure
nella preghiera, e -perla prima volta
nella mia vita - stavo per dimenti-
L'avvocato José Maria Taboada Lago In una
foto del 1972 a Torino.

3.7 Page 27

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L' avv. Taboaoa con la sua parola e I suol frequenti viaggi seppe dare un'Impronta Internazionale
alla sua carica di presidente e allo ste sso movimento Exalllevl.
carmi di Dio».
Ma a poco a poco si abituò al terro-
re, e incapace di starsene ozioso, con
pochi amici segreti mise in cantiere
due iniziative coraggiose: dapprima il
«soccorso sacerdotale». e più tardi un
«servizio segreto» che se non altro
servì ad abbreviare la guerra.
Nell'occhio del cjcJone. L"avvocato
José Maria Taboada era nato il
29.12. 1900 a La Coruna, «città di cii-
stallo», capitale della Galizia di fronte
all'immenso Atlantico. aveva fre-
quentato il collegio salesiano prima di
affrontare l'università, e dal collegio
aveva assorbito uno stile salesiano
che non lo abbandonerà più. Messa
quotidiana, rosario quotidiano. Uno
slogan µer la sua vita, mutuatO da san
Paolo: « Vivere in Cristo, con Cristo e
per Cristo». La morte lo colse a 78 an-
ni, per strada sul far del mattino,
mentre si recava a messa.
Giovane avvocato, militò nell'ALio-
ne Cattolica, anzi contribuì a fondarla
e organizzarla nella sua città: fu a ca-
po del settore giovanile. Contribuì a
creare e organizzare anche i sindacati
locali, ricoprendo le massime cariche.
Collaborava a quotidiani e periodici,
diresse anche una rivista di abrraria a
oiientamento sociale. Nel 1934 lo
chiamarono a Madrid, perché meues-
sc i suoi talenti a disposizione dell'in-
tero paese, e fu nominato segretario
generale della Giunta centrale dell'A-
zione Cattolica. Il suo incarico lo
portò a contatto con alte personalità
del mondo politico e della cultura, lo
portò a numerosi viaggi all'estero. Ma
intanto il paese slittava nella guerra
civile: sa.ranno tre anni di stragi e un
milione di morti.
Taboada si trovò nell'occhio del ci-
clone. All' inizio del '36 il Fronte Popo-
lare, che raccoglieva le sinisu·e, aveva
vinto le elezioni e preso in mano le
redini del governo, ma non era in gra-
do di controllare le frange estreme
della destra e della sinistra che ammi-
nistravano la giustizia per conto loro
seminando il terrore e la morte. Nel
luglio la Guardia Cil'il del generale
Franco si sollevò, e fu la guerra fratri-
cida. Ad agosto, come già ricordato,
Taboada era arrestato; a novembre -
libero in un clima di sospetto e di an-
goscia - riprendeva l'iniziativa « por
Dios y por Espana».
D soccorso sacerdotale. Nel dicem-
bre '36 Taboada aveva preso domicilio
alla «pensione Florencia», occupando
due piani dell'alto caseggiato. Questa
pensione fu la sua fortuna: c'era un
continuo andirivieni cli gente, e ciò
permise che passassero inosservati i
tanti che presto si recarono da lui.
Cominciò ad anivare una commis-
sione di qua.uro o cinque sacerdoti:
avevano un progetto e volevano sen-
tire il parere del segretario generale
dell' Az.ione Canolica. Pensavano di
presentare al Governo Repubblicano
una protesta per il trattamento ingiu-
sto che riceveva.no Iutti i sacerdoti:
perseguitati dai miliziani. impediti nel
loro ministero sacerdotale, n.on pro-
teni dalle forze dell'ordine, erano co-
stretti a nascondersi per salvare la vi-
ta. E tanto spesso cadevano vittime
dei loro nemici. (A centinaia, al ten11i-
ne della guerra civile, si conteranno i
sacerdoti, ma anche le suore e i reli-
giosi laici uccisi, colpevoli unicamen te
della loro dedizione alla Chiesa. La
stessa Famiglia Salesiana, che pure
non fu la più colpita, contò 97 vittime
tra Salesiani, Figlie di Maria Ausilia-
trice e alcuni Cooperatori).
Taboada vide l'ingenuità e l'inutilità
della proposta suggerila dalla com-
missione dei sacerdoti, e avam,ò un'i-
dea diversa: il« Soccorso sacerdotale»
appunto, a cui i suoi dell'Azione Cat-
tolica avrebbero dato man forte. E l'i-
niziativa fu varata.
Si trattava di raggiungere i sacer-
doti più in pericolo e perciò nascosti.
aiutarli nelle loro necessità, se era il
caso trovare il modo di farli espatria,
re, almeno far sentire loro che non
era.no soli e che la solidarietà cristiana
li accompagnava. Del resto non è im-
pegno d'onore dell'Azione Cattolica
servire la Chiesa in quanto le è possi-
bile?
E così avvenne. Giovani, uomini e
donne dell' AC si mobilitarono in gran
segreto. Taboada ha raccolto e tra-
mandato i nomi di questi coraggiosi
che si impegnarono a raccogliere aiu-
ti, dando del proprio e mendicando
tra gli amici in un periodo di indigenza
generale. r soccorsi vennero: in dc::na-
ro e in beni naturali. Cibo, medicine,
indumenti, scarpe. Oggetti sacri per la
messa. Assistenza medica, reperi-
mento di n uovi rifugi in cui occultare i
più esposti, documenti falsi perché
potessero lasciare il paese. Quasi
sempre quelle raccolte era1:io piccole
offerte, l'obolo della vedova, ma ra-
strellate con mille precauzioni, finiro-
no per costnùre una quantità impres-
sionante.
"Quo vadis?" Tutto questo ben di
Dio veniva raccolto alla « pensione
Florencia», poi semµrc di nascosto
trasferito all'antica residenza di Ta-
boada, dove si recavano i sacerdoti
inca1:icati di distribuire ai loro confra-
telli. Si era preferito articolare così
l'attività del «Soccorso sacerdotale»,
per dare meno nell'occhio. La raccolta
era affidata ai laici dcll'AC, la distri-
buzione a pochi sacerdoti ben scelti,
non sospettati e coraggiosi - tra essi,
per tutto il tempo, il salesiano padre
Alessandro Garrote - che tenevano
contatto ciascuno con 20, 50 e anche
più loro confratelli nascosti.
Non che quelli si accontentassero di
starsene rintanali: svolgevano nella
clandestinità un importante lavoro di
assistenza spirituale, tra gente terro-
rizzata. A più di uno Taboada era riu-
scito a procurare documenti per l'e-
spatrio, e talvolta se li vide restituire
con motivazioni da martirologio. «Se
me ne andassi da Madrid-gli replicò
padre Eustachio Torija - mi sembre-
rebbe di sentire per me le parole che
Gesù rivolse a Pietro che lasciava Ro-
ma: "Quo vadis?" ll mio posto è qui,
finché morirò». E aggiunse semplice-
mente: «I documenti possono servire
per altri sacerdoti pii'.1 giovani, o più
compromessi di me».
Stesso rifiuto Taboada ebbe dall'al-
lora direttore spirituale del seminario
di Madrid. I miliziani gli davano la
caccia, un giorno piombarono in casa
sua, per fortuna non lo trovarono, e
dissero alla mamma: « Sappiamo, si-
gnora, che suo figlio è una buona per-
sona, ma è un prete. E per il fatto che è
prete, continueremo a cercai-lo. E se lo
troveremo, dovremo ammazzarlo». Il
27

3.8 Page 28

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coraggioso sacerdote continuò nella
clandestinità il suo lavoro, ten eva
perfino corsi di esercizi spirituali, e
oggi è arcivescovo di V alenca.
Taboada fu il silenzioso sollecito
organizzatore di q uella rete sottei:ra-
nea della carità che alimentò in Ma-
drid, dal dicembre 1936 a1 mar.w '39,
la speranza di 513 sacerdoti braccati a
morte.
Un'avventura da film. Mentre le vi-
cende m ilitari volgevano man mano a
favore del generalissimo Franco, Ta-
boada si interrogava se potesse fare
qualcosa per accelerare la fine della
guerra. L'occasione gli venne dopo
l'agosto 1938, e fu un'avventura da
film poliziesco. In quel periodo ripre-
se contatto con un amico di Madrid,
amministratore nella Giunta na.1.Jona-
le dell'AC, che a Santander si era unito
ai nazionalisti. Insieme combinarono
le file sottili di un servizio segreto, il
«Servizio Informativo Milita.re». Con
vari amici Taboada realizzò in Madrid
dei piccoli gruppi operativi, che non si
conoscevano tra loro, ma erano in
grado di raccogliere dati sulle truppe
repubblicane. Altri uomini fidati ave-
vano il compito di passare le linee e
portare le informazioni ai nazionalisti.
Taboada dovette procurarsi una terza
sede in cui collocare la segreteria di
questo servizio segreto.
Una pedina fondamentale nella
raccolta dei dati fu uno studente di
architettura, che apparteneva ali'e-
sercito rep ubblicano e aveva possibi-
lità di accesso allo Stato Maggiore. l
suoi studi gli permettevano di valuta-
re adeguatamente le informazioni, e
di trasmetterle con esattezza. Queste
venivano scritte su finissima carta di
sigaretta, e con caratteri cos1 piccoli
che si potevano decifra.re solo con
forti lenti d'ingrandimento. Erano poi
inviate ogni volta da due corrieri di-
versi, in modo che almeno uno avesse
possibilità di giungere a destinazione.
I dati cosl trasmessi risultarono uti-
lissimi per le sorti deUa nota «batta-
glia dell'Ebro», e spinsero l'alto co-
mando milita.re nazionalista a conce-
dere pieno riconoscimento al servizio
segreto. Quanto a Taboada, ricordava
che in quei giorni aumentarono ancor
più i suoi legittimi timori: « Bastava
uno squillo inatteso del campanello
alla porta, per far rabbrividire i nervi
al solo pensiero che potessero essere
miliziani... ».
La cosa più difficile al mondo. Al
termine della guerra il generale Fran-
co lo nominò Consigliere Nazionale:
era «una designazione direua, in ra-
gione dei distinti servizi resi a favore
della causa nazionale». Taboada ave-
va 39 anni, aveva l'avvenire spalanca-
to davanti a sé, e chiunque altro
avrebbe saputo approfittarne. Lui no.
28
Qualche tempo dopo lasciava l'in-
carico «per le sue divergenze nell'im-
postazione dei problemi politici del
momento». Rinunciò anche ai vari
incarichi ottenuti, ma andò diritto per
la sua s trada. Un pensiero di Goethe,
che spesso citava, spiegò a sé e agli
altri il perché di quelle vicende:
«Pensare è facile; agire è difficile;
agire in conformità ai propri pensieri
è la cosa più difficile al mondo».
In un libro del 1977 intitolato «Per
una Spagna migliore», in cui ha rac-
contato questi fatti, Taboada ha scrit-
to come epilogo: «Creòo di aver ser-
vito la verità, e anche di aver pagato il
prezzo per questo servizio». Ma ag-
giunge anche un giudizio perentorio
sull'uomo cori cui non poté trova.re
una via d'intesa: «11 Generalissimo
Una delle sue presenze per Il mondo: a Bogotà
l'avv. Taboada conferisce la medaglia a una
bandiera di uno degli Exalllevl.
non poteva evolvere fino al punto da
ammettere o accettare ipartiti politici.
Era rimasto prigioniero dell'architet-
tura politica che lui stesso avcv,,
creato e in cui aveva una fede assolu-
ta. Era rimasto schfavo delle sue sem-
plicistiche idee politiche».
La vita intanto continuava... Nel
I 944 Taboada - che non si era mai
dimenticato di essere exallievo di Don
Bosco - dava alle stampe un libro
intitolato «L'uomo-leggenda: san
Giovanni Bosco». Poi diventava pre-
sidente degli Exallicvi di Spagna, e nel
1964 presidente mondiale. Il quinto
della serie, ma il primo che abbia sa-
puto dare un respiro davvero mon-
diale a quell'incarico.
Innamorato di tre dame. Nei dieci
anni della sua presidenza, fino al 1974,
Taboada è stato l'animatore degli
Exallievi: presente con la parola. e
quando poteva di persona. Con una
sua impronta originale. Ripeteva loro
di continuo il programma fissato da
Don Bosco: «Onesti cittaditù e buoni
cristiani», ma subito soggiungeva:
«,Buoni non per sé, ma per gli altri».
Nel '65 era a Roma per portare ai
Salesiani riuniti nel Capitolo Generale
il punto di vista degli Exallievi. Quel-
)'anno stesso era a Torino per il Con-
gresso Exallievi d'Europa. L'anno do-
po compiva un lungo viaggio in Ame-
rica Latina per stin1olare le Unioni
Exallicvi del continente; accettavano
le sue parole, perché era evidente che
le accompagnava da sempre con i
fatti. Ancora nel '66 aveva la gioia di
veder promulgato dal Rettor Maggio-
re il nuovo Statuto degli Exallievi, ar-
ricchito con le aperture del Concilio.
Nel '68 era al Congresso Latino-
americano di Bogotà; nel '70 a quello
mondiale di To1ino. Nel '71 era di
nuovo al Capitolo Generale Salesiano,
per dire al Rettor Maggiore la gioia
degli Exallicvi nell'essere stati ricono-
sciuti appartenenti alla Fa.miglia Sa-
lesiana «a titolo dell'educazione rice-
vuta"· Nel '73 era al congresso Lati-
no-americano di Città del Messico,
dove riceveva a nome di tutti gli
Exallievi, dalle mani del Rettor Mag-
giore, la prima copia dello Statuto
rinnovato secondo le prospettive della
loro appartenenza alla Famiglia Sale-
siana.
Nel '74 Lasciava per scadenza del
mandato la presidenza mondiale, ma
non abbandonava il campo. Era sem-
pre presente in patria e all'estero,
quando si trattava di portare un con-
tributo e una testimonianza. La sua
ultima apparizione fu all'Eurobosco
di Madrid: donò a.I Rcttor Maggiore
un faro, simbolo di La Coruiia, sua
città, e avvertì gli cxallievi presenti:
«Noi exallievi saremo faro. guida e
luce nel mondo, se ci lasceremo gui-
dare da Don Bosco e dal Papa».
Taboada aveva trascorso gli Ùltimi
anni a Madrid circondato dall'affetto
dei figli e degli a.miei. Uno dei suoi
amici gli dedicò un libro definendolo
«Cavaliere errante innamoralo di due
dame: la Bellezza e la Verità». Taboa-
da accettò la dedica. ma precisò che le
dame erano tre: occorreva aggiungere
la Giustizia.
Ceno, fu un cavaliere (anche se
Paolo Vl lo volle fare qualcosa di più,
cioè Commendatore di San Gregorio
Magno). li fatto è che il primo libro da
lui scriuo a 28 anni, portava il titolo:
«I cavalieri dell'ideale». Probabil-
mente in quel libro mancava un capi-
tolo. forse l'ultimo, ma Taboada lo ba
scdtto giorno per giorno con la sua
vita intera.
UMBERTO BASTASJ

3.9 Page 29

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Brevi da tutto il 1nondo
I
GIOVENTU' SALESIANA* DAL PAPA
IN 12.000 PER DOMENICO SAVIO
25 anni la Pio Xli dichiarava santo Do-
menico Savio, il capolavoro educativo di
Don Bosco, Il • piccolo anzi grande gi-
gante dello spirito• come lo ebbe a defi-
nire il suo predecessore. La data non po-
leva passare Inosservata. e l' ìnizlativa che
s1 sta preparando è questa: un'udienza
speciale dal Papa, il 5 maggio prossimo. In
San Pietro.
E' prevista la partecipazione di 12.000
ragazzi: seimlfa allievi salesiani e seimila
allieve FMA Potranno stare seduti nella
basilica: ma se saranno In più, pazienza.
resteranno un po· stretti e in piedi. Le se-
guenti informazioni non sono sicure al
cento per cento: mentre venivano raccol-
te, i programmi erano ancora da delinlre.
Sarà dunque una «festa del ragazzi•, ar-
ticolata 1n tre momenti.
Per il mattino di sabato 5 maggio - pri-
mo momento - è prevista l'udienza del
Papa. Nell'attesa del suo arrivo si darà
sfogo a un repertorio di canti glovanlll sa-
lesiani. Quindi, giunto il Papa (ma quanto
impiegherà a salutare tutti i ragazzi lungo
la navala?). un discorsetto probabilmente
del Rettor Maggiore. E poi il discorso di
Giovanni Paolo Il. presumibilmente su
Domenico Savio e i giovani 0991.
Domenica 6 - secondo momento della
manifestazione - i ragazzi si ritroveranno
al templo Don ~osco. alle 9, per una mes-
sa della gioventù.
E terzo momento: quella stessa matt,-
nata, alle 12, tutti in piazza San Pietro per
la recita dell'Angelus con il Papa SI trat-
terà di occupare bene il tempo, prima e
dopo, con qualche manifestazione chias-
sosa o vistosa Chissà cosa inventerebbe
Don Bosco La fantasia è al lavoro. c'è chi
Ipotizza palloncini da liberare nel bel cielo
romano. e chi pensa agli sbandieratori (è
presto per sapere).
Gli organizzatori della manifestazione
stanno ora prendendo I contatti con tutte
le opere salesiane d'Italia, per inlormare e
proporre. E' logico che nei collegi, oratori
ecc. si prepari la partecipazione Il meglio
possibile Tra i sussidi e i suggerimenti fi-
gurano un manifesto grande, una locan-
dina, testi appositi per liturgie della parola
mostre, concorsi.
E, per le giornate della manifestazione.
un adesivo dai colori vivaci, da applicare a
giubbe e magliette.
L'Iniziativa dell'udienza, va detto per la
storia, sembra sia partita dagli Arnie, di
Domenico Savio. il movimento che racco-
glie In Italia qualcosa come 30.000 ragaz-
zi; ma qualcuno aveva osservato: perché
non estenderla a tutta la gioventù salesia-
na? Cosi è awenuto. Del resto non camb,a
molto; è presumibile che tutti i ragazzi che
crescono nelle opere salesiane siano
amici di Domenico Savio.
* INDIA LA DIOCESI DI TURA
ORA CAMMINA DA SOLA
Una laconica notizia dell'Osservatore
Romano in data 9.2.1979 annunciava che
.11 Santo Padre ha sollevato dall'ufficio di
Amministratore apostolico della diocesi di
Tura l'eccellentisslmo mons. Oreste Ma-
rengo. salesiano•• E proseguiva comple-
tando: •Il Santo Padre ha nominato Ve-
scovo di Tura Il rev. Giorgio Mamalassery,
del clero diocesano,. Questa scarna no-
tizia merita di essere completata da altre
Informazioni e considerazioni.
AnzJtutto riguardo a mons. Oreste Ma-
rengo, valoroso vescovo mìssionario della
prima ora (arrivò In Assam nel 1922 a 16
anni). Caratteristica costante del suo ser-
vizio è stata quella d1 essere iniziatore,
pioniere, uomo della nuova frontiera, che
apre la strada perché altri possano poi
entrare nel varco e proseguire il cammino.
Come vescovo aveva già •cominciato • -
prima che a Tura - a Dlbrugarh e Te.zpur,
e prima come semplice missionario In va-
rie altre località. Ora che la maturazione
dei tempi e altri motivi di opportunità con-
sigliavano al missionari venuti da lontano
di affidare i postl di massima responsabi-
lità a sacerdoti Indiani. mons. Marengo era
rimasto l'ultimo vescovo europeo In As-
sam. e Il a Tura non già a pieno titolo ma
solo come «Amministratore apostolico
II '
.... -,e,
* - - - -MALTA ANDREW
DIPINGE CON LA BOCCA
Si chiama Andrew Velia, è un giovane
handicappato del •Savio College• di
Dingli, e dipinge con la bocca. Quando Il
sede vacante•. Come dire: con le valigie
sempre pronte, al primo cenno del Papa.
Del resto la sua parte l'ha fatta. La dio-
cesi di Tura conta oggi 43.765 cattolici e
un clero incipiente di 1Osacerdoti per al-
trettante parrocchie, più 15 seminaristi. Va
detto poi che i salesiani non lasciano la
diocesi, anzi restano con le loro opere una
presenza ancora predominante.
Ma c'è di più: non solo I missionari ve-
nuti da lontano lasciano Il posto al sacer-
doti nativi. ma anche la Congregazione
passa man mano le proprie responsabilità
al clero diocesano. E questo passaggio è
non meno importante del primo. I religiosi
in tante parti del mondo missionario han-
no proprio la funzione di truppe d'assalto,
che preparano la strada al pastori ordinari
che verranno in segulto. Il nuovo vescovo,
non più «sede vacante•, è appunto un
parroco indiano della diocesi.
Diceva un pedagogista del secolo scor-
so. il Lambruschlnl, che compito dell' e-
ducatore è di rendersi inutile». Diventa
Inutile quell'educatore che ha tirato su I
suol allievi cosl bene che ormai sanno fare
da soli e non hanno più bisogno di lul.
Mentre rincresce che un'altra diocesi del-
l'India non sia più retta da un vescovo sa-
lesiano, è nello stesso tempo motivo di
gioia sapere che ciò accade perché quella
diocesi è diventata capace di camminare
da sola.
Rettor Maggiore nel dicembrescorso ha
visitato Malta, Andrew ha dipinto lo
stemma della Congregazione salesiana
e gliene ha tatto dono. E' l'unico pittore
d1 Malta che dipinge con la bocca, e di-
cono che è davvero bravo.
29

3.10 Page 30

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* GABON A UN SALESIANO
I PROGRAMMI RELIGIOSI IN TV
Nel Gabon, paese africano dove fino a
non molto tempo fa si comunicava con Il
tamburo e ora con la tv, a un salesiano è
stato affidato il settore delle trasmissioni
religiose che vanno in onda sul primo
canale della nuova fiammante televisio-
ne a colori.
Il salesiano è père Raymond Mayer, di
nazionalità francese, che in due anni ha
già realizz ato più di 70 programmi sugli
argomenti più svariati, per un totale di 60
ore di trasmissione. Egli ha organ izzato
dieci équipes di tecnici e giornalisti, che
fa viaggiare senza sosta in tutto il paese.
Le trasmissioni da essi realizzate sono
risultate uno specchio vivace della cu i-
tura e della vita cristiana in Gabon: pro-
blemi sociali, sviluppo, feste, liturgia, vi-
cende umane della città e dei villaggi,
tutto è stato visto e Interpretato con
profondo senso evangelico. Anche I
protestanti e i musulmani affidano a père
Raymond la realizzazione dei lor o pro-
grammi. Per la Pentecoste del 1979 poi,
egli sta preparando una trasmissione in
collegamento via satellite con la Francia:
una messa africana.
In linea teorica tutti sono d'accordo
che la tv è uno strumento privilegiato per
testimoniare ed evangelizzare; père
Raymond Mayer però è uno dei pochi
salesiani che è passato dalle parole ai
fatti.
(Ettore Segneri)
Nella foto un'équlpe di père Raymond al la-
voro.
STORIA SALESIANA * COSI' FELIX
DIVENNE MISSIONARIO
Felix a 18 anni era novizio dei maristi a
Lione. Guardava lontano e sognava le
missioni. Un giorno, durante Il secondo
trimestre, avverti all'improvviso una fitta
acutissima al polso destro. E poi un dolore
continuo. Non riusciva più a scrivere, né a
compiere alcun lavoro. Provò a fare tutto
con la mano sinistra. ma quei dolori gli
procuravano inaudite sofferenze giorno e
notte. I medici gli dissero che era cosa
grave: se non voleva perdere l'uso della
mano, doveva sottoporsi a una cura molto
dolorosa. Si trattava dì bruciare col ferro
rovente fl polso Infiammato.
La sua mamma accorse a Lione e affittò
due stanzette nell'ospedale; per tre mesi
Félix si sottopose alla cura crudele e In-
sopportabile, ogni settimana la bruciatura
si faceva più dolorosa.
Intanto concluse Il noviziato e fece la
professione; aveva 19 anni. I superiori lo
inviarono al corso di filosofia nel loro isti-
tuto di Belley, presso la frontiera Svizzera.
Un giorno Il Provinciale venuto in visita gli
chiese: «Beh, Rougier, pensi sempre di
andare in missione?• • Certo, padre, Però,
con un braccio solo, come posso fare?
Temo proprio che dovrò fossilizzarmi in
Francia. Tanto più che il male si è esteso
anche alla gamba sinistra... . .
Lo inviarono a Toulon nel collegio di
San Giuseppe, e doveva insegnare reli-
gione, grammatica, geografia e aritmetica
a quaranta ragazzi. Era davvero proble-
matico, con un braccio solo, badare a
quaranta monelli scatenati. Continuava le
cure alla mano, ma Il male peggiorava. Si
presentò l'eventualità di amputare. E al-
lora, addio sacerdozio, addio sogno mis-
sionario!
Venne l'anno 1882. In quei giorni arrivò
a Toulon Don Bosco, per fondare qualche
altra opera in Francia. La fama della sua
santità correva per l'Europa, egli aveva
dappertutto seguaci e cooperatori. Anche
la mamma di Félix era cooperatrice sale-
siana, seguiva le notizie della sua opera
attraverso il Bollettino a cui era abbonata,
conservava un'immagine di Maria Ausilia-
trice con dedica di Don Bosco in francese.
Ecco, lui! Mamma Louìse era sicura che
Don Bosco poteva fare il miracolo, guarire
il tremendo male che metteva in pericolo
- insieme col braccio di Félix - anche la
sua vocazione. Scrisse al superiore del
collegio di Toulon spiegando ogni cosa, e
pregando di ottenere un incontro con Don
Bosco. Egli acconsentì volentieri, e mam-
ma e figlio accorsero.
Félix si Inginocchiò per chiedere a Don
Bosco una benedizione, e Don Bosco:
«Ma no! Su, alzati». Poi sorridendo con
quel suo famoso sorriso tra dolce e furbe-
sco: • DI' un po', hai fatto i voti?» Féllx non
poté rispondere. Era impietrito dallo stu-
pore. Quando si era rialzato, si era sentito
come guarito. Il dolore alla gamba era
sparito subito completamente, quello alla
mano destra si era alleviato, e a poco a
poco sparirà del tutto.
Tante cure dolorose erano risultate
inefficaci, e ora il sorriso arguto di questo
ruvido prete che sembrava tagliato con
l'ascia... La mamma disse a Félix: . sì, è
una grazia di Don Bosco. Ma non è solo
per te: è per molti altri. Perché ora è certo
che sarai missionario».
Félix volle rivedere Don Bosco. Racci-
molò una sommetta perché servisse a
realizzare le nuove fondazioni salesiane, e
andò a trovarlo.• Oh, eccoti! - esclamò
Don Bosco riconoscendolo-. Bravo! Dio
ti farà conquistare molte anime•. E lo
guardò fisso, con quel suo sguardo pene-
trante e profetico, e non aggiunse altro.
Questo Félix Rougier (nato a Meilhaud
in Francia il 17.12. 1859, e morto a Te-
peyac in Messico il 1O. 1. 1938) diventerà
davvero sacerdote, e missionario in Ame-
rica. Dotato di un 'invidiabile spirito av-
venturoso e di grande carica di simpatia,
fonderà la Congregazione dei Missionari
dello Spirito Santo, e la metterà sotto la
protezione di Don Bosco.
L'episodio quiriassunto è raccontato da
Lia Carini Alimandl nel volume « Dall'una
all'altra America•, pubblicato l'anno
scorso presso la LDC (pag. 160, lire
1.900). E' la prima biografia di Rougier in
lingua Italiana. E' scritta con garbo e viva-
cità, soprattutto per i ragazzi, con la se-
greta speranza che anche la generazione
nuovissima abbia i suoi coraggiosi mis-
sionari: tanti e veri.
* RETTOR MAGGIORE COMMESSO
VIAGGIATORE DI DON BOSCO
«Commesso viaggiatore di Don Bo-
sco., Il Rettor Maggiore è sovente in giro
per il mondo a svolgere il suo delicato
compito dì animazione della Famiglia Sa-
lesiana.
In gennaio per esempio nei giorni 13 e
14 ha visitato le opere salesiane dì Cone-
gliano, Mogliano Veneto e San Donà di
Piave; occasione: il so• di presenza sale-
siana in quest'ultima località. Hanno con-
tato i suoi incontri con le comunità e
gruppi vari: in tutto 14, con salesiani, FMA,
giovani, Cooperatori ed Exallievi. Ha te-
nuto conferenze (una particolarmente
densa ai direttori salesiani), omelie, con-
versazioni; ha Inaugurato un monumento
a Don Bosco e concesso un'intervista a
Radio Astori. Un ottimo fascicolo del Noti-
ziario lspettoriale ha raccolto le testimo-
nianze del viaggio.
Poi, dal 17 gennaio al 13 febbraio, Il
Rettor Maggiore è stato a Puebla (in que-
sto numero il BS riporta una sua lunga
intervista). Ma prima di giungere in Messi-
co egli ha fatto sosta a Puerto Rico, Santo
Domingo, Haiti, mentre sulla via del ritorno
si è fermato in Costa Rica e Panamà. In
ogni posto, discorsi, conferenze, proble-
mi.
Era appena rientrato a Roma, e il 21
febbraio già ripartiva per la Francia, dove
lo reclamavano per celebrare insieme il
centenario dell'opera di La Navarre. Poi
tre giorni per l'lspettoria Francia Sud, e
altri tre per I' lspettoria Francia Nord , con
identico programma: nella prima giornata
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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incontro con i giovani, nella seconda con I
salesiani, nella terza con la Famiglia sale-
siana.
In marzo poi Il suo programma com-
prende due settimane in giro tra Isalesiani
degli Stati Uniti e del Canada... Forse è
stato detto per l Rettori Maggiori il famoso
•Chi si ferma è perduto»?
* ITALIA IL CLUB DEI CENTOMILA
E IL NATALE DEI CANI
Con la solita lettera circolare padre
Giuseppe Baracca informa da Torino Val-
docco sul bilancio 1978 del Club dei Cen-
tomila: 82 milioni di lire raccolte (30 milioni
più dell'anno scorso), e quasi tutto già di-
stribuito. « Non ho parole per ringraziarvi
- scrive padre Baracca (un reduce dalle
missionidell'India, piccolino, con barbetta
color sale e pepe, e con l'argento vivo ad-
dosso). E fissa li traguardo per l' anno
prossimo - : Chissà che nel '79 non si
raggiungano l cento milioni!• Lui che ogni
tanto per svolgere i suol compiti visita il
Terzo Mondo, sa bene come e dove met-
terli a frutto.
Intanto racconta come sono stati spesi I
m111onl arrivati nel 1978: 22 milioni ai mis-
sionari in 18 missioni del Terzo Mondo;
altrettanti in adoz,onr dl bambini in otto
orfanotrofi; 14 milioni per . arginare» le
alluv,onl a Krishnagar, Calcutta, Sri Lan-
ka: 9 milioni per casette a Tondo (Filippi-
ne) e in India; 4 mliIoni per borse di studio,
quasi altrettanti per combattere la lebbra.
Guardando all'anno già cominciato, pa-
dre Baracca addita come obiettJVo del-
l'anno del fanciullo I ragazzi del Terzo
Mondo, cosi numerosi e cosi lnguaiatl.
Suggerisce alcuni traguardi concreti. e
pol racconta di aver letto su un settima-
nale a larga tiratura questa pubblicità: • E'
Natale! Pensate al vostro cane! La ditta X
* UNGHERIA- -SI INCO-NT-RANO
COME PARENTI LONTANI
Una povera foto, e perciò tanto più
preziosa. Arriva dall'Ungheria, e docu-
menta la festa senza fronzoli di un so• di
ordinazione sacerdotale. Il festeggiato è
don Laszl6 Paal. al centro fra altri sale-
siani, durante una cerimonia sommessa
e in sordina.
Un tempo in Ungheria la Congrega-
ha realizzato per il vostro cane un nuovo
tipo di letto con baldacchino. un cappotto
che lo ripara dal freddo, e un costume
nuovo da cow boy con la stella da scerif-
fo... Prezzo netto lire 75.000•·
Il robusto commento che padre Baracca
aggiunga In margine a questa pubbllcìtà,
comincia con le parole • Per un Natale
senza Cristo e senza amore, contano più i
cani che I bambini•.
z1one contava su un' lspettoria florida e
piena di promesse. Ora, a sfogliare il
catalogo della Congregazione salesia-
na, si trovano dedicate all'Ungheria sa-
lesiana due smilze paginette, contenenti
l'elenco di una ventina di case requisite
e una novantina di nomi di salesiani
sparsi per Il paese e Impossibilitati di fare
vita comune. Essi si ritrovano qualche
rara volta, a piccoli gruppi, in occasioni
ecc ezionali, come parenti lontani riuniti
casualmente per nozze e funerali
BqfVISSIME~-- - - -
Premio Provincia di Vicenza• a mons.
Faresln. Il premio • Provincia di Vicenza
per l'anno 1978 è stato conferito al ve-
scovo e missionario salesiano mons. Ca-
milio Faresin, prelato di Gulra!lnga (Malo
Grosso, Brasile). Nella motivazione era
scritto : • Per gli alti meriti acquisiti nel
luoghi anni di missione pastorale e di
soccorso cristiano, trascorsi fra le popo-
lazioni bisognose•. Il premio, posto sotto
l'alto patronato del Presidente della Re-
pubblica e giunto alla settima edizione,
viene conferito ognl anno a un cittadino di
Vicenza che si sia distinto In modo da far
onore alla terra vicentina
Al Colle il .concorso Don Bosco•.
Ogni anno i ragazzi della scuola media al
Colle Don Bosco si danno da lare per co-
noscere Il Santo amico dei giovani. Que-
st'anno si sono Impegnati più del solito,
tutti decisi a vincere il Concorso Don
Bosco 1979» Durante tre serate combat-
tute e sofferte I vari gruppi sono scesi in
gara tra loro, per stabilire chi ne sapesse
di più. Alla fine hanno prevalso quelli del
terzo corso, forti della loro più lunga per-
manenza presso la casetta di Don Bosco
sul Colle.
* HONG KONG SAC. NOVELLO
ALLE PORTE DELLA CINA
E' cinese, s1 chiama Giuseppe So
(nella foto, Il primo a sinistra). è stato
ordinato sacerdote il 28.10.1978 nella
chiesa parrocchiale Sant'Antonio di
Hong Kong, E' un sacerdote salesiano in
p che guarda con trepidazione a
quanto acc ade da qualche tempo In Ci-
na. C'è tra i salesiani di quelle parti una
domanda nell'aria, che quasi non s1 osa
formulare a voce alta: le cose di là della
cortina di bambù cambieranno tanto da
poter tornare là dove negli anni venti era
cominciata la missione salesiana, dove
mons. Versiglia e don Caravario hann"
versato Il sangue del loro martirio?
Ricordi della Quarta Sponda.. E' il li-
bro di memorie pubblicato nel 1978 presso
la LES di Verona (lire 3.800) da don Anto-
nio Dal Maso. il volume narra gli avveni-
menti vissuti dai missionari salesiani ad-
detti al vicariato apostolico di Derna (Li-
bia) affidata al vescovo salesiano mons.
Giovanni Lucato negli anni 1939-46. L'au-
tore, che condivise con i coloni italiani I
momenti tragici della guerra e conobbe la
prigionia, raccoglie preziose notizie inedi-
te di Interesse storico e religioso.
31

4.2 Page 32

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Ringraziano
i nostri santi
IL DESIDERIO IMMENSO
DI UNA CREATURA
A causa di un'infe-
zione nel sangue mia
nuora era nell'im-
possibilità di portare
a termine le gesta-
zioni. Tre creature
andarono perdute
tra il e il mese. Si
recò allora a Pisa,
dove un valente pro-
fessore le prescrisse
le cure necessarie
per guarire dall'infezione. Terminata la
cura, pensò che una nuova gravidanza
poteva avere esito felice. Quando mia
nuora si trovò in attesa, si recò di nuovo a
Pisa, e Il professore le consigliò di ricove-
rarsi in ospedale per tutto Il tempo, in as-
soluto riposo, senza mal alzarsi da letto, e
facendo cure vigorose. Il desiderio im-
menso di avere una creatura la aiutò ad
accettare questo grande sacrificio, pur
sapendo che Il pericolo di un nuovo aborto
non era escluso.
Fu a questo punto che io mi rivolsi a
Maria Ausiliatrice e a San Domenico Sa-
vio: detti l'abitino alla suora, e pregai In-
cessantemente con tutta la famiglia. Le
nostre preghiere non furono vane: ogni
difficoltà fu superata nel migliore dei modi,
e finalmente tra la gioia di tutti poté venire
alla luce una bella bambina, vispa e intel-
ligente.
Livorno
Piera Cantini
LO RACCOLSI MORENTE
La sera del 7 giugno mi recavo con mio
figlio di 4 anni in paese. Improvvisamente Il
piccolo attraversò la strada per correre ad
accarezzare un cane. Fu investito da una
macchina e scaraventato per alcuni metri.
Lo raccolsi morente, e angosciata gridai il
nome di Maria Auslliatrlce. Primo buon
segno: il bimbo scoppiò a piangere. Aveva
fratturate le braccia, la gamba sinistra e la
mandibola, ma si salvò. Ora, a distanza di
vari mesi, è perfettamente guarito.
Grana (Asti)
Famiglia Varvello
L'exallìeva Alessandra Epifani (Canna-
ra, Perugia) tempo fa aveva scritto dì pre-
gare la Vergine Santa Maria Auslliatrlce
per un intervento che doveva subire. Ora
comunica che tutto è riuscito bene, con
meraviglia di tutti, quasi un miracolo.
Chiede ancora preghiere per sé e per sua
madre, anch'essa exallleva, per poter su-
perare le difficoltà che stanno attraver-
sando.
Marisa Mola (Torino) fu ricoverata all'o-
spedale per forte febbre accompagnata
da continuo vomito. Era ormai allo stremo
delle forze, quando invocò con tervore
Maria Ausillalrlce. Il giorno dopo inspie-
gabilmente la febbre cessò, ed essa si av-
viò verso la guarigione.
DON BOSCO Cl HA ESAUDITE
LE CHIESI CHE FOSSE LEI
LA MIA DOTTORESSA
Da molti anni ero sofferente di coliche
biliari e ascessi appendicolari, ma non mi
decidevo mai a farmi operare perché ave-
vo tanta paura dell'intervento chirurgico.
Finché ridotta ai minimi termini, fui co-
stretta al ricovero in clinica. Tutti trepida-
vano sull'esito dell'operazione, che pre-
sentava non poche difficoltà, e molte in-
certezze per il decorso postoperatorio. lo
ricorsi con grande fiducia a Maria Ausi-
liatrice con una fervorosa novena. Nel-
l'accingermi a partire, le chiesi che Gesù
fosse ìl mio chirurgo, e lei la mia dottores-
sa e la mia infermiera. Cosa avvenne? Da
tanta paura che avevo, scese in me una
calma infinita e una tale tranquillità che io
stessa ne ero stupita. Ero cosl sicura di
avere Gesù e Maria accanto al tavolo
operatorio, che non vedevo l'ora che arri-
vasse il mio turno.
Fui operata Il 23 maggio, vigilia della
grande festa di Maria Ausiliatrice, e l'esito
fu felicissimo. Dopo soli tre giorni già
scendevo dal letto. La convalescenza non
ebbe difficoltà, e la ripresa è stata com-
pleta.
Roma
Sr. Rina Goletta, FMA
32
li 30 giugno 1977
feci una brutta cadu-
ta, tanto che temetti
di essermi fratturate
spalla e braccia. In-
vece me la cavai con
slogature, che però
mi costrinsero a letto
per un mese. La co-
munità delle FMA e
delle bambine del
nostro internato fe-
cero una fervorosa novena a Don Bosco, e
la loro preghiera fu esaudita: a poco a po-
co, pur soffrendo, potei usare il braccio e
riprendere il mio lavoro. Oggi posso dire di
essere completamente guarita.
Intanto, una nostra orfanella, giocando
con le compagne, si Infilava nell'orecchio
una piccola conchiglia ovale, che andò a
ledere Il nervo ottico con pericolo di per-
dere un occhio. Passò da un ospedale al-
i'altro, ma nessun dottore sapeva cosa ta-
re. Finalmente, un mese dopo, uno spe-
cialista riuscl a estrarre la conchiglia, e la
bambina è tornata del tutto normale. Attri-
buiamo questa grazia a Don Bosco, che
essa con le sue compagne ha pregato con
fiducia tutte le mattine.
Jowai (India) Suor Carolina Penati FMA
UN MALE OSTINATO
Dopo due piccoli interventi chirurgici al
polso destro, mi amputarono il braccio,
affetto da tumore maligno. Grazie all'In-
tercessione di Maria Auslllatrlce e di San
Giovanni Bosco, guarii perfettamente. Ma
trascorso un anno, il male si ripeté sulla
spalla, e subii un altro intervento. Poco più
di un mese dopo, la ghiandola si formò
nuovamente. I medici mi praticarono tante
cure, ma non vi furono miglioramenti. Al-
lora pregammo con più fervore la Madon-
na e Don Bosco, Insieme aì Salesiani, alle
FMA e alle ragazze dell'Istituto Santa Te-
resa. Fui sottoposta al trattamento di tele-
cobaltoterapia. Terminato il ciclo, la
ghiandola era completamente scomparsa.
Chieri (Torino)
Ernesta Roccati
CADDI NEL VUOTO
TRA UN MUCCHIO DI CALCINACCI
Sono occupato presso l'Istituto Sale-
siano Sant'Ambrogio• di Milano, e il 15
settembre scorso mentre ero intento a
riordinare una camera sentii improvvisa-
mente ìl pavimento cedere sotto I piedi;
prima che potessi rendermi conto di
quanto accadeva, c&.Jdi nel vuoto tra un
mucchio di calcinacci e dì macerie. L'as-
sistenza di Maria Ausiliatrice e dì San
Giovanni Bosco, da sempre tanto fervo-
rosamente invocati, fu la mia salvezza. In-
fatti, nonostante il salto di parecchi metri e
la pericolosa caduta, me la cavai con leg-
gere escoriazioni, e nulla più. Anche gli
esami radiografici non rilevarono alcuna
frattura. Ringrazio con tanta riconoscenza
Maria Auslllatrice e Don Bosco, e conti-
nuo a invocare la loro protezione.
Milano
Giovanni Trivella
« Confermo che quanto scrive il sig.
Giovanni Trivella corrisponde a verità, e
mi unisco a lui nel ringraziamento alla
Vergine Ausiliatrice e a Don Bosco•
Sac. G.P. Franzetti, direttore
NON C'ERA PIU" NIENTE DA FARE
Desidero tanto che siano pubblicate
queste umili e povere righe, che hanno
tanto significato per me. Eravamo In pieno
tempo di Sante Missioni, quando la mia
cara mamma, ricoverata in ospedale, fu
cotta da un collasso così forte che i medici
dissero di avvisare la famiglia perché non
c'era più niente da tare. Ma io cominciai
con fervore una novena a Maria Ausilia-
trice e a Don Bosco, e con mia grande
sorpresa, prima ancora che fosse finita,
vidi che mia mamma era fuori pericolo. In
quindici giorni potè tornare a casa quasi
guarita. Ringrazio anche per tante altre
grazie ricevute che mi stavano tanto a
cuore.
Mura (Brescia)
Elvira Crescini
Suor M.L (Palermo) invitata a pregare
per la sorella di un'altra suora, che so-
spettava un brutto male, pregò ardente-
mente Maria Ausiliatrice. Alla vigilia di una
visita di controllo quella signora si senti
improvvisamente guarita, e infatti l'indo-
mani il medico non le trovò più nulla di
sospetto.

4.3 Page 33

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CON MIO GRANDE STUPORE
Tre anni fa ebbi un
bambino. morto. con
mio strazio. Da allora
a nulla sono valsi
esperimenti e cure:
nessuna attesa sem-
brava più realizzabi-
le. Fu allora che mia
madre, a mia Insapu-
ta, vi scrisse perché
ml mandaste l'abiti-
no di San Domenico
Savio. Lo Indossai subito. e cominciai con
grande fervore la novena Il mese dopo,
con mio grande stupore, mi accorsi di es-
sere in attesa. Non poteva essere che un
miracolo• del piccolo Santo. Non fu una
gravidanza facile: al quinto mese fui col-
pita da epatite virale. La paura per il bam-
bino che portavo in grembo era immensa.
E pregavo sempre il Santo con fervore. Il
1• agosto. dopo tante angosce, seppure
con il taglio cesareo, diedi alla luce una
bellissima e sana bambina, Maria Rita.
Be/monte Mezzagno (Palermo)
Rosa/fa Santange/o
Maria Re (Caraglio, Cuneo): Dieci anni
dopo la seconda maternità mi trovai di
nuovo in attesa. Non ero più tanto giova-
ne, e mi preoccupai molto. Iniziai subito la
novena a Maria Ausiliatrice, Don Bosco e
san Domenico Savio. Ora con grande
gioia annuncio che tulto si è concluso fe-
licemente: la vigilia dell'Assunta è nata
una bellissima bambina che tutti amia-
mo •.
Antonio Dreon e famiglia (Cesarolo, Ve-
nezia) hanno invocato l'aiuto divino per
intercessfone di san Domenico Savio a
favore del loro piccolo. che nel secondo
mese di vita deperiva gravemente. Solo
dopo 20 giorni di sofferenza e di preoccu-
pazione per il piccolo e per tutti i suol cari i
medici riuscirono a individuarne le cause
e a scongiurare il male. Ora ringraziano e
offrono un dono, promesso In quel mo-
menti difficili.
AVREMMO MERITATO
D ESSER.- ESAUD TI?
Si aspettava la nascita di una terza
creatura In un'angoscia Indescrivibile La
malattia della madre, possibile causa di
anomalie per Il figlio, e lunghi mesi di sof-
ferente attesa dopo la drammatica deci-
sione di affrontare l'evento, a onta delle
più infauste previsioni, cl avevano portati
al momento risolutivo agganciati spasmo-
dicamente a quella fede In 010 che nessu-
no abbandona nena prova più ardua.
Avremmo meritato noi di essereesauditi
nella nostra povera preghiera, grande
soltanto di fiducia? Ci siamo rivolti cosl al
caro santino Domenico Savio, al piccolo
protettore delle mammine In pericolo e
delle nascite difficili, potente intermedia-
rio presso Il Signore.
Con riconoscenza piena di gioia com-
mossa annunciamo ora la nascita felicis-
sima di una bambina bella e sana. Possa
essa un giorno apprezzare e ricambiare in
bontà il dono grande della vita ricevuta
nella benedizione del Signore.
Torino
La nonna Teresa Cerrutl
UN GRAZIE. E ANCORA
TANTA FIDUCIOSA SPERANZA
Era il 5 di agosto. Mio figlio . di nove anni,
m, seguiva per la strada In bicicletta Im-
provvisamente una macchina velocissima
lo investì di striscio, e lo fece roteare sul
tetto scagliandolo a diversi metri. Fu rac-
colto in condizioni gravissime, con fratture
multiple, e ricoverato In ospedale con po-
che speranze di salvezza. lo affidai subito
la sua guarigione a San Domenico Savio,
a cui mi ero già rivolta In altre circostanze;
e anche questa volta non restai delusa. Il
bambino va gradatamente migliorando, e
la fiducia aumenta. Chiedo aiuto di pre-
ghiera, perché l'intervento a cui dovrà an-
cora essere sottoposto lo ridoni alla fami-
glia del tutto normale.
Nembro (Bergamo)
Gemma Nespoli Grtttf
.con Maria nel cammino della fede. l un
agile volum•l1o, ricco di lllustrazlonl a co-
lori, pr•parato a Torino ~ I pellegrini eh•
si recano alla Basilica di Maria Auslllaltlce.
E' un testo popolare, per la rlflesslone e
soprattutto per la preghl•ra personale e
comunitaria. (Rlchle1l11 al Rettore del San-
tuario, Via M aria Auslllatrlce 32 10100 To-
rino).
La famiglia Brotto (Torino) con Suor
Maria ringrazia Don Michele Rua per la
grazia ricevuta a favore del fratello.
Matilde Masaracchio (Acate, Ragusa)
per la guarigione del F1gho.
Don Vincenzo Orse/lo (Agliè, Torino)
per I molti segni di benevolenza e prote-
zione nel riguardi suoi e di persone care, e
col vivo desiderio che tutti si rivolgano a
loro con fiducia.
F.B. (Pavia) implorando protezione per il
proprio figlio.
Santa e Salvatore Fontò (Palmariggi,
Lecce) perché finalmente. dopo 12 anni di
vane attesa, hanno ottenuto il dono di una
creatura che ha portato la felicità nella
famiglia;
La famlgf/a Firpo per la protezione otte-
nuta in alcuni momenti dltticilìsslml. e per
la crescita del due figi!;
I coniugi Rosso - Moretti (Pietra Ligure,
Savona), che mettono sotto la protezione
del Santo li loro bimbo;
J.G. (Isole Bahamas) per la nascita di
Lara a soli sei mesi e mezzo di gravidanza,
e per la felice riuscita di un difficile Inter-
vento al cuore sublto dalla piccola.
D'IMPROVVISO E
INASPETTATAMENTE
Sono un exallievo
salesiano. devoto al-
la Vergine Ausiliatri-
ce e al nostri Santi.
Domenica 8 ottobre
scorso fui chiamato
d' urgenza al capez-
zale di mia madre,
morente per occlu--
sione intestinale in
soggetto estrema-
mente debilitato•. Le
avevano già amministrato gli ultimi sacra-
menti. Ho invocato l'aiuto della Vergine
santa, che sempre e tangibilmente cl è
stata vicina, e ml sono rivolto all'anima
santa di Artemide Zattl, conosciuto attra-
verso Il Bollettino Salesiano. A Lui. che
tanto bene ha sempre voluto alle persone
anziane e malate, ho raccomandato la
mamma, ripromettendomi dì far pubblica-
re la grazia qualora fosse intervenuta.
D'improvviso e inaspettatamente mia ma-
dre si sbloccò da sola, e in poche ore era
fuori pericolo.
Ma non basta! La domenica successiva
viaggiavo in macchina per visitare la
mamma ancora m ospedale, e stavo rac-
contando a una zia che era con me li fatto
eccezionale da me attribuito all'Interces-
sione di Zatti, quando fui coinvolto In un
incidente gravissimo, che provocava dan-
ni ingenti alla macchina, ma ci lasciava
Illesi! Ringrazio dunque per doppio motivo
il caro Zatti, la Vergine Ausiliatrice, e i no-
stri cari Santi salesiani.
Vit11rbo
Sergio Maria Grossi
Agnese PatlJZZ'i (Bassano, Vicenza) è ri-
conoscente ai Santi Salesiani per varie
grazie ricevute, e in particolare a Mons.
Verslglla per la guarigione di un figlio da
una brutta frattura a una gamba già pro-
vata dalla poliomielite: tanto più che Il ra-
gazzo restò calmo e sereno per tre mesi,
cosa per lui tanto difficile. Ringrazia poi
don Rlnaldl e Zattl per un altro figlio che
dopo un anno di ricerche è riuscito a tro-
var lavoro.
Giuseppina Nico/etti {Pletraperzia, En-
na) ha Invocato la serva di Dio Laura V~
ama, e ora la ringrazia per aver ottenuto
la guarigione da gravi disturbi di salute.
HANNO PURE SEGNALATO G'l"71E
Abelh TMia . Alloislo Ada- A-•111 Matghe<ita Battagha
Agostina eaubano Rosa - Boraa Margherite - BosiO
Maria Campione Carmela Cennatà Angelina Caruso
Gr~la Casetta Coniugi • Cavana Pietro - Columba
Benedetto Consolo Angelino - Cortese Vtttorla • Cra-
ve,o Luçla Cristofarl Elvira v Cliii • Del Be<1e Lucia
Oell'Antonio Giuseppina· Dente Mana- DI Giulio Onorali
Rosa Oonab Norina Fa,lmMtl Famiglia - Fasan Bruna-
Faullli Giuseppe - Fragapane Cata,ma - Frau Marcello -
Frena M.,celta - Furia Concetta - Gallano Brlgkla •
Gazzaniga Giovanna - Ghione Maria Grazia • Glachino
Anlonlo Glannone Rosaria - Giordano Chiara - Inca-
gnito Vincenza - lnguanll Francesca· La Barca Rosalla-
Lagor10 Famiglia - La Rocca Bltlgio - Leverano Madda-
lena - Lombardo Nora e Francesca - Marcolla Carmela
Martin! Ellgenia Mar1orana P,enna • Mercinelll Marta .
Morga.na Angela Negro Bernaroo Orippl An1onletta -
0ttov91X1lo Vmcenz;a • Panepinlo Concetta Patti syor
Maria . Pellegrini Nada Pe,..nlco Rila • Penus,111 T&-
" ' ". Polllna Antomna. Prl.nl Liborla - RinaIdi R. Roalna
- Spalma Cleofe Themel famiglia - Timoni Margherita·
Trlconl Maria - Trucco Michelina Vallarlno Maria • \\li-
t.alla Carmela - Zucearello Giovanna.
33

4.4 Page 34

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P~eghiamo
\\ per i nostri morti
SALESIAt,11
S.C. Ylrlllnlo Balluull t Roma a 90
8MI
Fu per qualche tempo missionario In Bra-
sile, poi tomb In patria, ova svolse la sua
opera come direttoreIndiversi esplrantati.
e dal 1!142 come fedele custode delle Ca-
laoombe di San Calllato. Una vita lunga e
Ql)«osa che aveva ~ suo ~rato In una
ptofondJI vita inle<oore e,a q.-to l'tmp&-
goo essenziale deRa aua giornata. ed e,a
convinto che da eua c f ~ r o I frutti
ven di ogni alllvd:l apos1ollça, Leggeva e
commentava con note aaplen!I I libri spiri-
tuali, In particolare , L'anima dell'aposto-
Iato,, che giudicava , L'Imitazione di Cr~
s10, del nostri tempi,
t Sac. Plelro GI..._ Bonamlno a Bue-
nos Aires a 66 anni
Ancora ragano, emigri) con I genitori on
Atgentina lrequentb la scuola salesiana e
c1ac,se dt restate per sempre con Don B<>-
aeo. Owentato sace<dote, a, occupò in
modo panoeotare di attillltì dtrene a Incre-
mentare la fede e la plet• Fu Delegato
Nllionale dell'Opera dell'Amore Infinito,
!ondata da Margherita Marln Claret de La
Touche; lu Presidente dl0Ce11ono dell'Al-
leanza Saceraotale AUlatente <!egli uo-
mini d1 Az10ne Cattolica. e d1 altre asso-
CUWON ancora Oiruse ~ peliodieo , Ut
alnt unum •. e oeosse pure un trattato
(tnecf~oJl1i Cosmologta quattrovolurnett,
d, moraJe 010 esaudì Udesldltrio del suo
cuore sacrif1earsl mediante un apostolato
generoso che non misura Il sacrificio.
Sac. Giovanni canceml t o Calllnle a 87
anni
Lavorò nell'lspettorta d'Oriente, poi nella
Veneta. e Infine In Sicilia Oltre il lavoro
orainano. non dìsse mal di no a qualSiasl
r1chIesla tanto eia I confratelli lo ch,a-
mavano •il leone,. A~• pr,ma earat-
tortStica salestana aggiunse la seconda
voluta da Don Bosco. uno ll)trllo di po.
verta vissuto oon estremo rigore. Non
avava nulla e non aveva mal bisogno di
nulla. L'ultimo giorno, dopo avor celebrato
con latlca la messa, disse all'Infermiere:
• Domani celebre,b In paradlao,
CCNld. Sebastiano Contartn t a Bessica
(TrtWISO) a 81 anni
La sua vocazlone maturi> altfavor$0 la let-
tura del Bollettino Salesiano Un giorno vt
lesse che la Congregazione accettava
aspiranti Imo a 30 anni Gli mancava un
mese per comptorll: con l'ultimo sigaro
ancora In bocca. paro subito per Torino. e
don Plelro Rlcaldone lo acCOISe a braccia
aperte deslonandolo all'lnClpiente Scuola
4grana M-aria dl Cumiana. Nel 19~
parti por Il Venezuela. ove nmue lìno al
1978 Era 1orna10 In palria por rived11<e I
suol cari, e già si preparava a rlpanire.
quando il Signore lo volle Improvvisamen-
te a sé, per donorgll l'esllemo riposo nella
caro terre natale.
Coad. Slmorw eo.tamagna t a San M.r•
co (Mato Grosso, Brasile)a 85 anni
Fu mihtare nella ptlma guerra mondiale e
aveva ormai trenrannl quando Yolle ,,,,.
saleslano con un proposito ~ patti•
re misslonarto Fu destlnato aJ Bru,lo. e VI
rimase fino aJla morte. Passò 33 anni tre g11
Indi Borore e Xavante, educandoli al lavo-
ro del campi con Il suo Insegnamento e Il
suo esempio L'amore al lavoro ara •or•
retto ae un gronde "!llrlto di plell, cha si
esprimeva soprattuno in una lede profon-
aa ver&0 l'Eucaristfa e In una f111.11Ie devo-
zrone alla Madonna
t Coacl car10 Luonl a Samplerdarene 1
76ann1
Una vita spesa con entusiasmo appassio-
nato a servizio del giovani. Per quasi 40
anni fu mallSlrO legatore nella 110uola ti-
pografica Sereno e accogliente nel suo
laboratorio Ira montagne d1 risme. cumull
di segnature e rilegature mullicolorl, aa-
peva comunicate con Intelligenza e gU$IO
la sua sena çompetenza prolealonala
L'altro campo di lavoro era rora.tooo. ove
svolgeva aruv,ll apos1olica con 1nIz.1a1ive
01 natura religlOsa e formativa, con anlll,ll
ricreatwe (~lalmente TI teatro) e spor1I·
ve 11 tutto IIOl'reuo da una vtta Interiore
schietta e profonda, nutrila di genuino
spirito evangelico
COOPERATORI
Mona. Vincenzo S-le t a Torino • 75
anni
Nato In una famiglia povera, studlb pr. .ao
Il Conolengo di Torino e poi In seminarlo
Diventato sacerdote, fu prima Insegnante
nello sto.o seminarlo. e poi segretarlo
dell"arclvnc:ovo MaurillO Fossati. che lo
tenne al suo fianco per tutta la vita Uomo
at,ije e generoeo. sl dminse SOl)ra11utto
du,ante fa NConda guerra mondiale nel
socco,rere le Vittime e nell'asseeondare
l"opera del Ca,d,nale per salvare ba1111>In1
ebfei, tan10 che fu arn.'StatO, e 9010 por
l'Intervento del card Schuster tu rilascia•
to, ma con l' obbligo di nSledere a Cesano
Boscone Con I Sale$1am era di lamlglia,
g,co. di cui fu Instancabile ec1 el11clente
organ1Uatr1ce e dirigente Affrancata da
un gruppo generoso di fedeit cooperatrlCI.
nu..,. a dotare di para,nenu sa-Clol.atl
tovaglie • suppeflettlfi la PerrOCCl1,a I'~
J 51>9ttoòa e lo Missioni, e a provvedere alla
vestizione di 1anlt piccoli chlerlc'1etll
GluHppe Ramxl t a Hellopolls (C,iro) a
57 anni
Fede protone,, e carità_generosa furono le
piene dl premure per qualunque occor-
renza, soprattullo per Usantuar,o di Maria
Au9iliatrlcee per I nostri Sanu, del quai, tu
profondamente dllvt)IO
cerattermtlche dl questo degnissimo coo-
peratore Dopo una giornata di faticoso
lavoro trovava i suo riposo davanti al T•
bemacolo. ove so fermava lungamente in
coml)Olla e raccolta preghiera A auo
CUOfB era "9ramente pieno d, Dio e della
t Sac. U - o Mauocchl a Colleferro sua Parola ne parlava con naturalezza.
(Roma)
con una purezza di sguardo e una con-
Amò Don Bosco lln da glovnna, e dlventa- vinzione che conquistavano. La sua casa
10 sacerdote ne volle vivere lo spirito e Il era aperta al poserl, al bisognosi, agli
metodo pedagoglao Fu quindi un coope- amici, ai cooperatori; lettura biblica. recita
rarore affevonalo, e SQSlenne, anche an del toaatlo, e 1an1a allegria salesiana
momenll cflflìa,11, le locali opere delle FMA. Porclb tutti IO amavano. e tutu hanno IOt·
In parllc:olare fa'l'Otl H aorgere del Centro teno per '- sua morte in età ancota tanto
Coope,aton, di c.ut appreub oempre ~ vallda
contributo alla pas1orala parroc:c;t,laltt.
Mena. Eugenio Fontana t • Sala Co-
Giuseppina Monte;gla t a Samp1erdare-
na a83annl
Fu una delle cooperatrici plu nlanti della
parrocchia Don Bosco Par1eclpava con
gioia alle leste saleslane ma soprattutto
donava Je $UH apera Il Yi>orator,o l.Jlur-
macina (Corno)
Maria Caiuoo t a Maletto (Calanls)
Franc..co Gangi t a Mafetto (Catania)
Livio Laurentf t a Frascati (Roma)
Grazie Plllc:chlo Polltlnl t a Patagonia
(Calllnla)
t Mona. Luigi Noglla a Manduria (Taranto)
Presentiamo la ligure di questo nostro grande amlCO e benetauore attlngendo libera-
mente aalfa commossa rievocazione tlrmata da don Adelfo L 'Arco Mons. Neglla. ano,
distinto, armonioso sembrava Irradiare l'aristocrazia dall' Eucaristia e la gioie di ossera
Il vicario dell'amore d1 Crlslo, Incuteva riSl)etto alle autorllà e affascinava I fanolulll La
grazia aveva portezlonato la sua natura eouberonta, I/no al consegulmen10 di una
stupenda matuntè umana e sacerdotale Giovane parroco• ..,nti U fascino di Oon
8osco. e scr1sse un'appasslonalll lenera aJ Rettor Maggiore del Sall!Slanl perche lo
accogliesse tra I suol llgh Ma~ Vescovo non volle perdere la sua mlgll0<e speranza, •
oppose Usuo veto Don Luigi plegb Ucapoalla volon!À d1 010. efu salesiano nellO ,plnlo
e nella Ol)8f&
Attuò alla perlezlone Il 1>1tema preventJvo, e fece suo Il programma 111 Oon Bosco
• Signore, dammi le anime e prenditi tutto Il resto• VOIie I salesiani nella sua cI1ta, e
fondò cosi a Manduria Il ,VIiiaggio del Fanciullo,, ■pendendo per questo luttt I auol
averi. E forse a pochi come a lui si p applicare Il verso manzoniano: donb ,con volto
emico, con quel tacor pudico c.he accetto Il don ti la• Lasciò I salesiani pert~ttamente
hben, li frequento sempre come amico. ammiratore, a volte perfino coma allievo. mai
come bellefattore e 1anto meno come cons1ghore In occasione del 50" del suo aacer-
doz:10 I parrocchiani gll offersero un dOllO estremamento 11gnllicahvo: un bronzo elle lo
ntrae davanti alla sua chleSa nell'atteggiamento di condU1Te I raga= al VMlagg,o del
Fanciullo. da Don Bosco
Mons Neglla fu povero e munllieo rese ta ch...sa un glOletlo di architettura. ma lasciò la
canon,ca nella miseria In cui l"aveva trovata meno sec010 prima, Portava 11 sua talare
hnda e lmpecoabll&, ma Il suo portafoglio era sempre nosclo, perché funo fluiva nella
rasche dei poveri. Amava lutti, possedeva in sommo grado l'arte di farai gli amici. ma
l'umca condizione per essere amato di più da lui era Quella dI avere bisogno. Era un
oapo per natura, ma non fece ma, pesare la sua superlor,tà morale, riusciva a menare a
suo ag,o anche Il penante e Il delinquente, percht ,n tutti vedeva anzI1u110 l'uomo·
l'uomo che soffre, ama, spera. Nella sua poverissima casa ognuno aveva la senaaziooe
di ITOVBfs.t come a e.sa propria Era per1eno nel genullellere davanti a 010, ma dlffiCll-
,,_,le faceva r1nc11I00 profondo ag!l uom,nl Esprimevi ~ suo parere con samphclta e
prudenza. e tn genere era In antlclpo sulla atona. perché ara assai più aperto alla
aperanza-che alla noslalgla.
Avendo vissuto in pienezza 11 sacerdozio di CrIs10. ne condivlse anche ta pau10ne
Nelle dure sofferenzedegll ul11m1g1ornl r1pe1eva: Sollro con Janto dolore. ma con 1an10
amore,. E alla sorella cne per 70 anni fu Il suo angelo vIs1blle, poco pr,ma di laso,are la
ferra disse: , Oomw,l lu Madonna m1 prenderà per mono e ml condurrà a Gesu ,
A quanti hanno chiesto inlormaz10n1, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA. ricone>-
sclula giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22. possono legalmente ri-
cevere Legali ed Ered,16.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato· • ...lascio alla Direzione Generale Ope,e
Don Bosco con sede In Roma (oppure all'lst1tuto Sales.,ano per le
m,ss,om con s&do m Torino) a 111010 de legato la somma di lire...
(oppure) l'Immobile sito In.•. per gh scopi perseguiti dall'Ente. e parti•
colarmente di assistenza e benelic1enza. d, 1struz1onee educazione. di
culto e d1 religione,
- se si tratra Invece di nominare etede di ogni sostanza l'uno o
l"altro dei due Enti su indicati:
...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria, Nom~
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede In Roma (oppure /'Istituto Salesiano per le Missioni con seda In
Torino) lascìando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo, per
gil scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e t>ene-
tlcenza. di istruzione e educazione. di cullo e di religione • .
(luogo e dala)
(f,rma perdlsfeso)
34

4.5 Page 35

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so 1I•d a r i et a, Bo,sa; Maria Auslllalrlce • Don BOllCO,
per grazia ricevuta, In suffragio etel gen,
tori e etel marito, a cura di Casarlnl Albe(-
bna, Pavia L. 500.000.
m1ss1onar1a
Borsa; Mana Au•IILalrtce e uura Vlc:uila,
per grazfa ricevula, a cura di Sllvestrf lta•
lia, Avelllno L , 500.000
Borse di studio per giovani missionari salesiani
BOfsa: Maria Aualllatrlce e Don Bosco,
per ringraziamento e Invocando continua
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
prote.zlone, a cura di F.E..L, Torino L
400.000
Bo,sa; Don Luigi Nano. a cura di un ex
allievo riconoscente L 300.000
Bo,..., Borsa: Maria Aualllalrlee • s. Glo,
venni Bosco, pergrazia rice11uta, a cura df
N N., Orta (NO)
Borsa: Maria Au1lllatrlce e Santi S.alesla--
nl, con rrconoscenze e Implorando com•
pleta guarigrone. a cura di S.A., Tonno L
300.000
Bo,sa: Maria AuollLatrlce e S. Giovanni
Bosco, per grazia ricevuta e Invocando
protezione, a cure di LO
Bo,sa: Mone. Venolglla e Don caravarto,
In ringraziamento, a cura della Famiglia
Bandlnelll. Roma L. 300 000
Borsa: S, Cuore di Geaù e Maria AuallLa-
trlce, mvocando m1ser1cord1a per tutti, a
cura di Taglianour Ambrosina. Santhià
Borsa: Don Boaco. ch1eeteneto preghiere
per la famiglia passata, presente e ,utura.
Borsa: Maria Auslllalrlc:•. 1mploraneto
grazia, a cura di C N
a cura del Coniugi C.A. e M.R. L. 300.000
Borsa: Maria AuaHlalrlce e S. Giovanni
B<>Ba: Maria Aualllatrice. per ringrazia-
mento. a cura della Famigha Bruni, Udine
Bo,co, a cura di Carducci Paolo e C.
GuaJdo ladino (PG)
L 2B0.000
Borsa: Maria Auslllalrlce e Don Boaco,
Borsa: Maria Au•lllatrlce, Santi Saloslanl,
ricordando Don Eusebio Vismara, a cura
invocando protezione, a cura d1 Antonelli
Franca
di A C.. Varese L 200.000
Borsa: Don Bosco, In memoria e suffragio
d1 Barassi Luigi, a cura di Barassi Maria,
Grantola(VA) L. 200.000
Borsa: Maria Aualllatrlce e Santi Salesia-
ni, m memoria d1 Emanuele e Alberto T&-
sta, a cura della Mamma. Torino L
Boraa: M.-la AU1lllatrlce e S. Giovanni
BoSC<>, In suffragio d1 Paola Caleterini, a
cura del marito Giovanni, Civiasco (VC) L
100 000
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Borsa: Marta Aualllatrlce e Don Boaco, a
Borsa, ,..aria Aualllalrlce e S. Pio X. a cura cura della Fam. Blancopittore, Torino L.
di R B. L. 150.000
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Bo,sa: Don Filippo Rlnaldl, per grazia ri-
cevuta e mvocando protezione sulla fami-
glia a cura di Canlù Prof Enrico, Livorno
L 150.000
BorN: Don Bo•co, a cura di Malesardl U-
na, Rovereto (TN) L. 100 000
Borsa: Maria Aualllalrlce e Sanll Saleala-
nl. invocando prote.z.,one per le nostre fa...
Borsa: Maria Auxlllum Chrlstlanorum, a mlglie, a cura di Guadagnlnl Ma11a, Pr1>-
cura di Lupi Maria L 150.000
dau.o (TN) L 100.000
Borsa: Per I mie,morti, perché proteggano
I vivi, a cura di N.N L 100,000
Borsa: Per I miei gr11net1 tutti. picco// e p1c-
cln/, a cura di N.N. L . 100.000
Borsa: Gesù Saaamentato, Maria Ausl-
llalrlce e S. GlovaMI Boaco, per I miei
delunt, e Invocando protezione, a cura di
Balestra Maria Pascola, Prelà (IM) L.
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Borsa: Getoù Sacnlmentalo, Maria Aual-
Uatrlce e S. Giov.ennl 809CO, grazfe.'. a
cura di Goretti Rina. Ballabio (CO) L.
100.000
Borsa: Maria Au•lllatrlce, Don Bosco, S.
Maria Maua.rello, In rlngre.z/amento e ,n-
vocaneto protezione, a cura di Quaglia
Rosa Passerini, Castellanza (VA) L.
Borsa: M•'la Aualllalrlce e S. Glonnnl
Bosco, in ringraziamento e Invocando
protezione, a cura di Colonnello Broell
Anna, MIiano L. 100.000
Bo,aa: Maria Auolllatrlee, In rlngmzia-
100.000
Borsa: Don Bosco, percM I giovani etells
mia famiglia riacquistino la fede. a cura di
Selgle-Padoan, Vaulx en Velin (Francia) L.
1 0 0. 0 0 0
mento e lnvocaneto pro/azione. In occa-
sione delle noue d'oro. a cura di LC.S, L.
100.000
Bo,sa: S. Cuore di Geaù, Maria Auslllalrl-
ce e S. Giovanni Bosco, Invocando gran-
de grazia, a cura di E.A.. Torino L. t 00.000
Borsa: Maria Aualllalrlc:e e Santi Salesl&-
nl, invocanr;Jo protezione, a cura di Croslo
C.M., Torino L 100.000
Bona: Maria Aualllalrlc:e Don Boaco,
supplicando urgente grazia, a cura di
Borsa: Marta Aualtlalrlce e Sani! Saleala-
nl. m suffrag,o dei caridefuntfe Invocando
prorezlone, a cura di 5-0.E.M.S., Terraci•
na (LT) L. 100.000
Borsa: Arciprete Don Vlrg/1/o Sanaci. a
cura di Crescinl Elvira. Mura (BS) L
65.000
Borsa: Don Clm-attJ, In memoria e suffra-
gio etel tratel/1 Loss M. Don Luigi, Salesia-
no e deJJ'lns. Giuseppe Enrico, a cura di
Don Giovanni e familiari L. 70.000
BORSE DI L 50.000
Borsa: Marta Aualllatrlce, aiutateci anco-
ra, a cura di Scarsi Paolo, SIivano d'Orba
Borsa: Maria Aualllatrlce a Santi Sa"'91a-
ni. Invocando grazie. a cura di Antogna
Concetta, Sciacca (AG)
Bona: Maria Auslllalrlce e S. Giovanni
Bosco, tn ringraziamento. a cura di Sehe.-
pls Nina, Capo d'Orlando(ME)
Borsa: Maria Au•lllalrlce Santi Saleala-
nl, a cura di Guerrera Mana, Catania
Borsa: Don Rua, 1n ringraziamento. a c.ura
di Randano Plalanoa Pina. Ca1anla
Borsa: Maria Aualllalrice e S. Giovanni
BOllCO, In ringraziamento, a cura di Tem-
pia una, Crescenllno (VC)
Borsa: Maria Auslllalrlce. continua ad
aiutarci. a cura di Piano Cecilia, SIivano
d'Orba(AL)
Borsa: M•la Au.alliatrlce, a cura dl Mel-
laro Basso Caterina, Silvano d'Orba, (AL)
BorN: Maria Auolllalrlce e S. Domeftlco
Savio, aiutatemi, a cura di Agustoni Elisa,
Mendrlslo (Svizzera)
Borsa: Maria Auslllatrlce e S.G. Bosco,
adempiendo promessa. a cura di S.M.V.
Borsa: M'!fla Ausiliatrice e Don Bo■co.
per grazia ricevuta. a cura di Barbero Ma•
ria, Rossana (CN)
Borsa: Maria Au•lllalrlce e Don Bosco, In
rlngraz,amento, a cura di Maggi Ercolina.
Alessandria
Borsa: S. Cuore di Geaù e Maria SS., a
cura di Basetta Carlotta.a Mede (PV)
Borsa: Maria Aualllatrlce, S. Giovanni
Bosco e S. Domenico Savto.proteggete la
mia famiglia, a cura di Ouaggìotto Luigi,
Càerano S Marco (TV)
Borsa: Marta Aualllatrlce, S. Giovanni
Bo.sco, in suffragio df CaJosso Mario
Gianni'. a cura di Caiosso Giuseppina, Ca-
sl<ill'Alfero (AT)
BOfsa; Maria Au1ltlatrlce e O. Bosco, a
cura dei Coniugi Flono, Torino
Bo,sa: Maria Au.lllalrlce e S.G. Bosco.
per grazia ricevuta, a cura di un'exallieva
do Barcellona (ME)
Boraa: Don A. Plseltello, Don F. Llplra e
C-oad. C. Galea, a cura di un ex alllevo
<lell'Oratorlo di Mo<lica
Borsa: M•la Aualllatrlce e S. Giovanni
Bosco, per grazia ricevuta e ,nvoc11ndo
protezlone. a cura di Campagnoli Anto-
nietta, Lavenone (BS)
Bo,aa: Marte AuaHLatrrce • Santi Salealanl
In suffragio del defunti e della sorella
Suora. • cura di Agoslìnl Giuseppina. Val-
sorda (TN)
Borsa: Maria Au.lllalrlce e Santi Saleal•
nl. a cura di Gameri Spirltta Maria. Salut-
zo (CN)
Borsa: Maria Aualllalrlce e Santi Saleala-
nl, per grazia rfoevuta e Invocando prote-
zione, a cura di Piccini Lucia, Trieste
Borsa: Don Boaeo, aiutaci, In sul/rag/o ete/
Dr. Giuseppe, a cura della moglie Bianca
Maragnanl Albrigl, Mortara (PV)
Borsa: Ar1emlde Zanl, a cura di Canonica
Don Giuseppe, Diano Arentlno (IM)
Boraa: S. Giovanni Boaco, proteggi i m,e,
ammalati, a cura di N.N.. Tirano (SO)
Borsa: Maria Aualllatrlc:e e Santi Saleala-
nl, per ringraziamento, a cura di Lemetre
Rosa, Bologna
M.C.. Asti L. 100.000
Borsa; S. Giovanni Bosco, m memoria e Bo,aa: Marta Aualllalrlce, Don Boaco e BO<sa: Maria Auslllatrlce e Santi Saleala-
BOBS: Maria Aualllatrlc:e e Santi Sale.La- suffragio et/ G. Anton,o A,monm,. a cura di Papa Giovanni, in rlngrazlsmento, a cura nl, in rlconoscen.za, a cura dl Rebora Pia.
nl, a cura di R.M. Lugano L. 100.000
Roselo Rina, Be1'jloioso (PV) L 62.700
di Pizzi Rina, Armeno (Svizzera)
Borsa: S. Domenico Savio, nngraz,ando
Boraa: S. Giovanni Bosco, In memoria e Borsa: Marta Aualllatrlca, in memoria e
suffragio etel Cav. Ulf. Domenico Tabusso, suffragio et! Pier Giacomo Almonlnl, a cura
a cura della Famiglia, Montechlaro d'Asti di Roscio Rina. Belgioioso(PV) L 62.700
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Borsa: Don Angelo Amadel, a cura di Rl2-
Borsa: S. Domenico Sevlo. m memoria e tollo G uido L 60.000
Borsa: S. Cuo,a di Gesù, Maria Aualllalrl-
ce e S. Giovanni Bosco. ,nvocando prote-
zione. a cura di Pastrone Elvira, Rosta
Borsa: In memoria di St. Vincenza, a cura
dlN.N.
perJa nascita Marco, a cura di Robecch1
Natale
Bo,sa: Maria Aualllalrlce e Don Boaco,
ringraziando per la buona riuscita di ope-
razione, a cura di Cocco Pina. Cagliari.
suffragio de, Cav. Uff. Domenico Tabusso. Bor.a: Maria Aualllatrlce e S. GIÒvannl
a cura della Famiglia, Montechlaro d'Asti Bosco, pensate all'avvemre d, Siivio, a
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cura di N.N . L 60.000
Borea: Maria Au•lllalrlce, S. Giovanni
BoSC<> e S. Domenico Savio, a cura di An-
selmo Domenico, Varazze (SV)
Borsa: Papa Giovanni XXIII, In suffragio
dei miei gen;tori Uno e Cristina. a cura di
Stropplana Carlo, Settimo Torinese.
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4.6 Page 36

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Dai colloqui raccolti in questo libro
emerge, con vigore,
la straordinaria personalità
del più amato
e perseguitato portavoce
della « Chiesa dei poveri».
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