Bollettino_Salesiano_197905


Bollettino_Salesiano_197905



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BOLLETTINO
ANNO 103 N. 5 1• QUINDICINA• 1• MARZO 1979
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2• (70J
SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877

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~sommario
ANNO 103 NUMERO 5
1 MARZO 1979
Shltlong: gente Khasi
in giorno di festa
Servizio di copertina: pag. 3
LE IDEE
• Il progetto di Don Bosco oggi In Italia•, 7
L'Angelus del Papa in Tv?, 7
Don Bosco non tu un buon cittadino?, 18-20
Conoscerli per farli contenti, 27
LE FORZE
Giovanni Paolo Il : Fa er Papa mejo de un romano•. 8-9
Santi salesiani. Amici di Don Bosco processati per santità,
14-16
E' fatica anche fare i santi, 16
UPS. Sono 54 1 gli studenti in Italia, 29
Missioni. In Africa verso nuove frontiere. 29-30
Exalllevl. Il quarto Eurobosco, 31
L'AZIONE
Argentina. Per educare i futuri educatori, 16-17
Tutte vie salesiane nel Rione Don Bosco•· 28
Dicono grazie con una cattedrale. 31
Bolivia. A Kam1 rivoluzione senza sparare, 10-13
Cile. Anche dall'Onu un premio al card Silva. 28
India. Dove Don Bosco è giovane, 3-6
Rettor Maggiore: Che significa l'espansione in India. 3 Le
tappe dello sviluppo. 4 - La Famiglia Salesiana in India, S
Gli assegni in data .ventiquattro., 28
Italia. Presepio vivente a Subiaco. 25-26
Vacanze per Cooperatori e familiari, 28
Exalllevl: costruiamo una scuola ad Haiti?, 29
Plerre-Octave e la turrita porta. 30
Una piccola coppa piena di bontà, 31
Messico. I Mixes hanno buone fate in Belgio, 30
IL PASSATO
Don Raffaele Crlppa. Ero lebbroso e tu mi hai curato, 21-25
RUBRICHE. Caro BS, 7 BS risponde, 18-20 · Educhiamo
come Don Bosco, 27 - Brevi da tutto il mondo, 28-31 - Rin-
graziano i nostri santi, 32 - Preghiamo per I nostri morti, 34
Solidarietà missionaria, 35.
Libreria, 13, 17 e 26.
VIGNETTA
«DIECI
E LODE»
Per I■ tonnazlon■ di un
IOld■to, oggi ■J epende
600 volt■ più eh■ p■f'
l'■duculon■ dl un
bambino. l Mani Te-
se•. dicembre 1978)
2
BOLLETTINO
SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da un Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informazione e cultura religiosa
Direttore- responubll■ don ENZO BIANCO
Colaboratorf. Giuliana Accomero • Pietro Ambroslo - Marco Bon-
gloanni - Teresio Bosco - Ella Ferrante -Adolfo L'Arco
Fotggralla Antonio Gottardt
Archivio salesiano: Guido Cantoni• Archivio Audiovisivi LDC
Dlt1uslon■ Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl• Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Tonno
Aulor~azlone T11buna1e dì Torino n. 403 dall6.2 1949
L' EDIZIONE DI META' MESE
del BS è panioolarmente destmata ai dei Cooperatori Sales1an1.
Redattore don Armando Buttarelli. Viale dei Salesiani 9, 00175 Ro-
ma. Tel. (06)74.80.433
IL • BOLLETTINO SALESIANO• NEL MONDO
Il 8S esce nel mondo In 39 edizioni nazionali e 20 lingue diverse
(tiratura annua oltre 1O mlllonl di copie) ,n.
Antllle (a Santo Domingo) - Argentina - Australi■ Austria - Belgio
(in fiammingo)• Bolivia Br■all■ Cen!To Amarica (a San Salvador)
- Cle - BS Clnne (a Hong Kong) - Colombia - Ecuador. Flllpplne -
Francia (per i paesi di hngua francofona) Germani■ Giappone -
Gran Bretagna India (In Inglese e lingue looah malayalam, tamll e
telugù) - Irlanda ltalla Jugoslavia (In croato e In sloveno)• Korea
del Sud - BS Lituano (edito a Roma) - Malta Messico Olanda
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Preghiamo per I nostri morti.
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- e le MISSlonl attraverso la Solidarie/a fraterna o altre forme.

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INDIA
In marzo una delle quattro lspet-
torie dell' India salesiana, si
sdoppia. Dietro il dettaglio al-
1'apparenza solo amministrativo,
c'è una verità sorprendente: l'e-
spansione della realtà salesiana
nell'India, che ancora non cono-
sce soste. Mentre i missionari
venuti dall' Europa diminuiscono,
la nuova generazione del sale-
siani indiani viene a dire con la
sua presenza sempre più nume-
rosa che In India Don Bosco è
giovane e continua a crescere.
La chiesetta dello studentato saleslano di Ban-
galore, Inaugurato nel 1971.
Dove Don Bosco è giovane
I salesiani dell'India in questo mese
di marzo dividono l'Ispettoria di
Madras, nel sud del paese, in due
Ispettorie. Sembra un dettaglio am-
ministrativo del tutto insignificante,
invece a ben guardare esso dice che
Don Bosco in India è giovane e conti-
nua a crescere, che certe strutture so-
no diventate strette come i vestiti dei
bambini, che bisogna far largo alla vi-
ta nuova che si chiude.
Dunque le Ispe ttorie salesiane pas-
sano da quattro a cinque, mentre i sa-
lesiani in India oggi sono più di 1.200.
E poi quasi 500 sono le FMA, quasi 600
Le suore di due Congregazioni dioce-
sane fondate da vescovi salesiani, e
migliaia e migliaia i Cooperatori e gli
Exallievi organizzati e attivi. E tutti
continuano a crescere.
Un ragazzo di Don Bosco. Che cosa
sta dunque succedendo alla Famiglia
salesiana dell'India? La sua è una sto-
ria bella, cominciata molti anni fa, con
un «ragazzo di Don Bosco».
Si chiamava Giorgio Tomatis
(1865-1925), Arrivato quindicenne a
Valdocco, per cinque anni era cre-
sciuto all'ombra di Don Bosco e nel
1885 aveva ricevuto da lui l'abito
chiericale. Sacerdote, aveva lavorato
in Francia e in Algeria. Poi nel L905
don Rua gli propose di andar a co-
minciare da un'altra parte: appunto in
(ndia. Aveva la stoffa del capo, e non
si tirò indietro.
Il piroscafo Raffaele Rubattino sal-
pato da Genova il 17. 12.1905, portava
CHE SIGNIFICA L' ESPANSIONE IN INDIA?
Abbiamo posto la domanda al Rettor Maggiore: ecco la sua risposta.
La divisione dell'lspettoria di Madras dovuta all"aumento dei confratelli e
delle opere nel Sud dell'India: è un fatto positivo che procede da una crescita già
awenuta, e pone condizioni nuove e concrete per una crescita ulteriore e meglio
articolata. Di fronte alla vitalità indiana si può pensare:
,. la missione di Don Bosco ha capacità di Inserimento e duttilità di adegua-
*mento nelle più diverse culture;
il Terzo Mondo è il terreno e Il clima più appropriato per Il carisma di Don
Bosco;
la cultura indiana ha ricchezza spirituale e notevoli risorse di generosità;
,.. c'è da sperare nell'India come campo-base per nuovi orizzonti missionari;
* i poveri possono essere protagonisti della storia della salvezza di tutta
l'umanità;
,.. l'universalità cristiana è davvero bella...
Con quest'lspettoria In più, ci giunge dall'India un'interessante - anche se
poco comune - lezione di crescita!
Don Egidio Viganò
tra i suoi passeggeri oltre alla prima
spedizione missionaria salesiana per
l'India anche un gruppo inglese che la
guardava in cagnesco: erano prote-
stanti dell'« Esercito delJa salvezza».
La vigilia dell'Epifania i salesiani si
trovarono a Bombay, stupefatti di
quella grande città (già allora con 800
mila abitanti, oggi con 6 milioni e
passa). Ma c'era ben altro, là, a far
sentire piccoli piccoli quegli sparuti
salesiani: ammirarono un grosso col-
legio dei Gesuiti con 1400 allievi, e
seppero che essi avevano niente meno
che un'università. A Meliapor sulla
strada verso la loro missione, trova-
rono poi la comunità cristiana intenta
a festeggiare il terzo secolo di vita
della diocesi, e si sentirono proprio gli
ultimi arrivati.
A confonderli più ancora furono i
festeggiamenti, là a Tanjore, dove an-
davano a occuparsi di un orfanotro-
fio. Ecco il racconto di don Tomatis.
«Il vasto atrio delJa stazione era
zeppo di gente che ci accolse con fra-
gorosi applausi; serrandosi contro di
noi, tutti ci chiedevano la benedizione.
Non avremmo potuto uscire di se i
soldati chiesti per la circostanza non
fossero venuti ad aprirci il passo. Ar-
rivammo a stento alle vetture. Anche
sulla piazza c'erano parecchie mi-
gliaia di cristiani, che sapendo il no-
stro arrivo erano venuti a riceverci...
Presi posto nella prima vettura, un
bellissimo landeau tirato da due su-
perbi cavalli neri, guidati da due coc-
chieri in livrea, preceduti e seguiti da
altTi quattro domestici in livrea ros-
sa... Seguivano sei altre vetture... Su-
3

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Matrimonio• TanJora (aull■ alnlatr■, col c■Ko, don GIOfglO Tom■tla).
LE TAPPE DELLO SVILUPPO
Ecco i principali avvenimenti della presenza salesiana in India.
1875 Probabilmente già in quest'anno Don Bosco riceve il primo invito a man-
dare i suoi figli missionari in India.
1883 In un «sogno missionario• Don Bosco "vede" a Calcutta case di forma-
zione per preparare i suoi futuri salesiani.
1906 14 gennaio. I primi missionari salesiani, guidati da don Giorgio Tomatis, si
stabiliscono a Tanjore nella diocesi di Mylapore (Sud India).
1921 24 maggio. La Santa Sede offre ai salesiani la Prefettura apostolica del-
l'Assam, nell'India Nord-Est.
21 luglio: Il Rettor Maggiore don Albera risponde accettando.
1922 12 gennaio. Arrivano a Shillong, capitale allora dell'Assam, i primi 11 mis-
sionari guidati da don Luigi Mathias. Afine anno, guidate da don Tomatis, si
stabiliscono a Tanjore anche le FMA.
1923 Le FMA sono in Assam.
1926 Viene costituita I'Ispettoria salesiana dell'India, con sede a Shillong.
1928 La Santa Sede affida ai salesiani la diocesi di Krishnagar nel Bengala
Orientale, e l'arcidiocesi di Madras nello stato omonimo.
1934 La Prefettura Apostolica dell'Assam diventa diocesi e don Ma1hias è con-
sacrato vescovo. L'lspettoria indiana viene divisa in 2: Nord e Sud.
1936 Un furioso incendio distrugge le opere salesiane di Shillong.
1942 Agosto. A causa della guerra mondiale i missionari giunti da Italia e Ger-
mania vengono rinchiusi in campi di concentramento fino al 1945.
Mons. Ferrando fonda le suore Missionarie di Maria Ausiliatrice.
1946 Le FMA dell'India si costituiscono in lspettoria.
1947 15 agosto. L'India sotto la guida di Gandhi diventa indipendente.
1948 Si hanno le prime leggi restrittive sull'ingresso di nuovi missionari e sul-
l'attività missionaria in genere.
1949 Mons. Laravoire Morrow fonda le Suore di Maria lmmacolats..
1951 Da Shillong viene staccata la diocesi di Dlbrugarh: prfmo vescovo è mons.
Oreste Marengo.
1953 L'lspettoria indiana delle FMA si sdoppia (sedi a Madras e Shillong).
1954 Dalla diocesi di Madras viene·staccata quella di Vellore: primo vescovo è
mons. Paolo Mariaselvam anche il primo vescovo salesiano indiano).
1959 L'lspettoria salesiana dell'India Nord è divisa in due, con sedi a Gauhati e
Calcutta. Mons Mathias lancia la campagna: «Ogni parrocchia un orato-
rio•· Intanto i cinesi occupano il Tibet.
1962 Ottobre. Invasione cinese dell'India: le truppe di Mao penetrano fino alle
porte di Tezpur, avamposto missionario salesiano.
1964 Viene creata la diocesi di Tezpur (oggi con 92 mila cattollci).
1965 3 agosto. Muore mons. Mathias, detto «il padre dei cristiani di Madras•.
1966 Paolo VI, in occasione del Congresso Eucaristico, visita a Bombay l'opera
salesiana.
1967 Nuove leggi restrittive. con minaccia di espulsione dei missionari stranieri.
1969 Shillong diventa arcidiocesi.
1972 Viene creata l'ispettoria salesiana di Bombay.
1973 Due nuove diocesi nell'India Nord-Est: Kohima-lmphal (primo vescovo
mons. Abraham Alangimattathil). e Tura (amministratore apostolico mons.
Oreste Marengo).
1978 Padre Thomas Panakezham, ispettore di Madras, nel Capitolo Generale 21•
viene eletto tra i Superiori Maggiori: è consigliere Regionale per l'Asia, e è il
primo salesiano asiatico eletto al Consiglio Superiore.
1979 marzo. Nasce la quinta lspettoria salesiana dell'India.
4
bìto si sentì una musica, e al suono di
quella le vetture cominciarono a
muoversi scortate dai soldati. Si andò
sempre al passo, seguiti dalla folla che
si inginocchiava al nostro passaggio.
Le vie erano imbandierate. L'entrata
in città fu oltre ogni dire solenne: non
si andò direttamente a casa, ma per
soddisfare la folla si fece un gran giro
per la città.
«Quanta festa! I più contenti pare-
vano i fanciulli, che erano a centinaia:
ci sorridevano tenendo le mani giunte
a esprimerci tutto il loro piacere nel
vederci arrivati. Noi eravamo com-
mossi e meravigliati... Finalmente si
giunse orfanotrofio. Ci misero al collo
una collana rossa e risplendente, ci
offersero mazzi di fiori, ci fecero i più
cordiali auguri in inglese... ».
E poi il salto improvviso alla realtà:
«I ragazzi sono pochi, appena sei; ma
presto ne riceveremo quanti potre-
mo... ". E per raccogliere davvero tan-
ti, a fine anno don Tomatis benedice-
va solennemente la prima pietra di un
nuovo edificio. Sorgerà anche una
bella chiesa, accanto alle 60 pagode e
ai vari minareti di Tanjore.
Le FMA vestite di bianco. Gli anni
che seguirono, a dire il vero non furo-
no esaltanti. L'opera salesiana in-
contrò non poche difficoltà, per il cli-
ma, la lingua (anzi le lingue), le di-
stanze, la povertà. Nel 1921 i salesiani
in India erano sette in tutto, con due
orfanotrofi e una scuola industriale.
Ma erano anche giunti gli anni del loro
«secondo inizio».
C'è ancora oggi nel sud dell'India
una suora, Teresa Merlo, che ricorda
l'arrivo delle prime FMA nel lontano
1922: era una di loro. Anche quella
volta il capo della spedizione fu don
Tomatis. «Durante il viaggio - ricor-
da suor Teresa - era indaffarato co-
me un'ape nell'istruirci in tutto circa
la nuova lingua, le condizioni di vita, i
costumi locali.. Quando ci stabilim-
mo a Tanjore, ogni mese veniva a tro-
varci per rendersi conto di tutto». Ri-
corda che don Tomatis per prima cosa
si rese conto che le suore dovevano
sostituire l'abito nero con quello
bianco consigliato dal clima, e scrisse
a Torino in modo perentorio: «Sevo-
lete che le suore vivano sane e felici
quìinIndia, permetteteloro di vestirsi
in bianco. Se invece preferite che vo-
lino presto in cielo, lasciatele vestite di
nero... il permesso arrivò s ubito. Nel
1925 don Tomatis morl: stava co-
struendo per le suore una villetta
Don Bosco", ma non ebbe la gioia di
vederla finita.
Le FMA a Tanjore aprirono il terzo
orfanotrofio, stupefatte che le bambi-
ne mangiassero «sedute per terra, e
con le mani, che diventano al bisogno
cucchiaio, forchetta, coltello"· E

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aprono il primo ambulatorio.
Ma il vero rilancio salesiano stava
avvenendo in quei giorni stessi in tut-
t'altra parte dell'India tra gente com-
pletamente diversa, fra le «tribù delle
colline• nel Nord-Est del paese.
ll secondo inizio. Umanamente
parlando, il Rettor Maggiore don Al-
bera avrebbe dovuto dire di no alla
Santa Sede. La guerra mondiale ave-
va moltiplicato le difficoltà per la gio-
vane congregazione, impegnata allora
a rinsaldare le opere, esistenti già su
troppi fronti. Ma la Santa Sede insi-
steva perché si mandassero i missio-
nari in Assam, dove le cose andavano
di malein peggio.
La Prefettura apostolica fondata
lassù nel 1889 e affidata ai Salvatoria-
ni tedeschi, si era sviluppata bene fino
al 1914, quando per la guerra i mis-
sionari dovettero ritirarsi e le loro
cinque opere aperte con tante spe-
ranze vennero abbandonate. Allora -
nel luglio 1921 - don Albera «cedette
ai reiterati e commoventi inviti»
giunti da Roma. Scrisse; "In circo-
stanze così difficili, mentre tutto vor-
rebbe farci inclinare alla resistenza,
noi vogliarflo riporre la nostra fiducia
nel Signore. li buon Dio sosterrà la
nostra debolezza e ci darà gli aiuti ne-
cessari».
Per prima cosa il buon Dio procurò
a don Albera un nuovo formidabile
capitano in don Luigi Mathias
(1887-1965), un parigino cresciuto nel-
la casa salesiana di Tunisi. che si era
scelto come slogan per la sua vita:
«Osa e spera». Uno slogan che presto
finirà incasLonato nel suo stemma
episcopale.
Alla fine di quell'anno don Mathias
era in viag-,;o con dieci compagni
verso l'Ori-:,1te misterioso, dove «tutto
provoca la nostra curiosità e ammira-
zione». A metà gennaio del '23 eccoli a
Shillong nel loro quartier generale:
«Ai piedi della lunga scalinata ci
aspettavano... una decina di orfanelli,
che ci salutarono in italiano scanden-
do le sillabe; « Buon... gior...no...
pa...dri! ». In chiesa trovarono che
qualcuno di loro conoscenza li aveva
preceduti; era una bella statua di Ma-
ria Ausiliatrice collocata su un altare
laterale dai missionari salvatoriani. E
si persuasero che tutto sarebbe anda-
to bene.
Così fu. Da quel momento ogni an-
no nuovi missionari giunsero dall'Eu-
ropa, presto giovani salesiani indiani
si affiancarono a loro nelle case di
formazione e nell'apostolato tra i gio-
vani. La case si moltiplicavano, na-
scevano le Ispettorie, nuove diocesi
erano affidate ai missionari, e ragazzi
arrivati sedi cenni dall'Europa ecco
diventavano Vescovi.
Tutto troppo bello per continuare
Suore Indiane di Maria Immacolata: Il crlltlanNlmo è gioia.
LA FAMIGLIA SALESIANA INDIANA
L'India. E' una Repubblicafederale vasta 3.287.000 kmq (settimo stato nel mondo
per estensione. quasi 11 volte più grande dell'Italia). con popolazione di 61 O
milioni di abitanti (seconda nel mondo, dopo la Cina). Ha densità quasi
uguale a quella italiana. I cattolici sono 9.537.000, pari all'1,6% della popo-
lazione. (Dati 1976)
I aalealanl. Sono in India 1.203 (di cui 82 novizi). Alle 4 lspettorie esistenti, con
sede a Bombay, Calcutta, Gauhati e Madras, se ne aggiunge ora una quinta.
Le toro opere in tutto sono 145 (legate alle lspettorie Indiane sono anche 8
opere della Birmania, 2 nello Sri Lanka, 1 nel Bhutan).
Figurano 119 oratori quotidiani o festivi, 89 parrocchie, 57 residenze missio-
narie, 60 scuole elementari, 62 medie e superiori (compresi collegi univer-
sitari), 27 scuole professionali e agricole, 21 ospizi e orfanotrofi, 9 tra
ospedali cliniche e lebbrosari. 11 dispensari. Inoltre una procura missiona-
ria, 2 centri per la comunicazione sociale, 1 centro catechistico. Poi 29 case
di formazione, dagli aspiranti flno agli studenti di teologia (1977).
Le Flglle di M•la Aualllatrlce. Sono In India 485 (di cui 56 novizie), in due
lspettorie con sede a Shillong e a Madras.
Le loro opere sono 41 . Vi figurano 59 oratori (da diverse opere le suore vanno
a fare 1·oratorio in varie località vicine), 32 scuole materne o giardini d'In-
fanzia, 37 scuole elementari, 30 medie e superiori, 25 scuole professionali e
laboratori. In 23 opere le suore compiono le «visite al villaggi e alle fami-
glie•. Hanno pure 13 ambulatori o dispensari, e !"amministrazione di 2
ospedali. Le case di formazione sono 8. (Dati del 1977)
Congregazioni diocesane aorte aut ceppo aalealano. Sono 2:
Ml11ionarle di Maria Aualllatrlce, fondate da mons. Stefano Ferrando nel
1942 a Shillong. Nel 1976 erano 242 tra suore e novizie, in 27 centrL
Suore di Maria Immacolata, fondate da mons. Luigi Laravoire Morrow nel
1949 a Krishnagar nel Bengala Orientale. Nel '76 erano 302, in 20 centri.
Cooperetorl aaleelanl. Hanno 37 centri fondati dai salesiani (25 nell'lspettoria di
Madras), e 2 riviste di collegamento. Le FMA hanno altri 15 centri. In genere
i Cooperatori sono molto attivi, nelle opere sociali.
Gli E.xalllevl di Don Bosco. I salesiani hanno dato vita a una trentina di associa-
zioni locali, raggruppate In quattro federazioni. Altre venti unioni (almeno)
sono organizzate dalle FMA. Anche gli Exallievi sono impegnati nel sociale,
con Iniziative originali. 11 mensile «Alumnus » li tiene collegati. Tutto il settore
è in fase di piena riorganizzazione.
Bollettlnl Saleslanl. Il collegamento nella Famiglia Salesiana è realizzato da 4
Bollettini: nelle lingue Inglese. malayalam, tamil, telugu.
Ten'ltorl di missione. La Santa Sede ha affidato al salesiani dell'India 5 territori di
* missione; 4 si trovano nell'India Nord-Est:
arcidiocesi di Shillong-Gauhati (dal 1921), retta da mons. Hubert D'Rosario.
* Kmq 25 mila, abitanti 891 mila, cattolici 112 mila;
diocesi di Oibrugarh (dal 1951 ), retta da mons. Robert Kerketta. Kmq 125.000,
* abitanti 3.250.000. cattolici 49.000;
diocesi di Kohima-lmphal (dal 1973), retta da mons. Abraham Alangimattathil.
* Kmq 39.000, abitanti 1.589.000, cattolici 39.000;
diocesi di Tura (dal 1973). retta da mons. Oreste Marengo. Kmq 11 .000, abi-
* tanti 1.515.000, cattolici 44.000.
Nel Bengala Orientale è la diocesi di Krishnagar (dal 1928). retta da mons.
Matteo Baroi. Kmq 10.000, abitanti 5 milioni, cattolici 21.000.
(Compleaalvamente I territori di missione affidati ai salesiani in India hanno una
supertlcle di 210 mila kmq (pari a oltre due terzi dell'Italia), 12.245.000
abitanti, di cui i cattolici sono 265.000, e sono In continuo aumento.
5

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Tre uomini-chiave nell'lndla aalealana: don
Giorgio Tomall,, capitano della prima apedl-
zlone (1906)...
cosl. A rimettere ogni cosa in crisi, ar-
rivò la seconda guerra mondiale.
Avanti in mezzo ai guai. L'espan-
sione salesiana ha incontrato tantissi-
mi ostacoli, che però non l'hanno im-
pedita. A volte essi costringevano a
una sosta utile, altre volte addirittura
aiutavano a trovare soluzioni nuove e
più indovinate.
Il primo guaio fu a Shillong: l'in-
cendio che nel '36 distrusse le case di
legno della missione. In poco tempo
vennero sostituite con edifici solidi in
muratura e assai più idonei. Poi 150
missionari italiani e tedeschi vennero
rinchiusi in campi di concentramento
durante il secondo conflitto mondiale,
e i missionari restanti si videro co-
streui - fortunatamente - a pren-
dere più sul serio le possibilità delle
vocazioni locali. E fu una fortuna. In-
fatti l'India, ottenuta nel 1947 l'indi-
pendenza, produsse una serie di leggi
sempre più restrittive all'ingresso dei
missionari dall'estero: solo il tempe-
stivo sviluppo di quelle « vocazioni sul
posto» consentì di fronteggiare senza
troppe difficoltà la nuova situazione.
Anzi le vocazioni sbocciate generose
nel Malabar consentirono un'attività
m1ss10naria all'interno dell'India:
tanti giovani salesiani si sono recati
dal sud del paese nel Nord-Est, a la-
vorare fra le tribù delle colline.
Sempre durante la guerra, e per
sopperire alla mancanza di vocazioni,
mons. Ferrando si vide «fortunata-
mente» costretto a dar vita a una
provvidenziale congregazione di suo-
re, le « Missionarie di Maria Ausiliatri-
ce»: con l'abito bianco esse si prodi-
gano nel!' Assam in scuole e asili,
compiendo sollecite visite ai villaggi.
Qualche anno più tardi, sul suo esem-
pio, anche mons. Laravoirc fu provvi-
denzialmente costretto a fondare nel
Bengala Orientale una congregazione
sorella, le« Suore di Maria Immacola-
ta»: indossano un bel sari bianco con
orlo azzurro, sono impegnate nei ca-
techismi e nella collaborazione con il
missionario, sono sempre in bicicletta
per portarsi nei villaggi e ovunque
vengono richieste.
6
L'invasione cinese nel 1962 provocò
in seguito nuove restrizioni per l'atti-
vità dei missionari stranieri, ma sug-
gerì anche all'esercito indiano di co-
struire strade e ponti e infrastrutture
che hanno reso molco più facile il la-
voro missionario.
La guerra tra India e Pakistan nel
1964 offerse ai missionari l'occasione
di prodigarsi in mezzo ai profughi. Le
nuove leggi del l967, limitative nei
confronti dei missionari, offrirono alle
comunità cristiane l'occasione di
uscire dall'anonimato e di far sentire
la loro voce alle autorità...
E' dunque vero che non tutti i mali
vengono per nuocere.
Una nuova generazione. I risultati
ottenuti hanno spinto la Santa Sede
ad affidare sempre nuove diocesi ai
missionari, e ora si trm·ano sotto la
responsabilità salesiana cinque terri-
tori di missione vasti quanto due terzi
d'Italia, con 12 milioni di abitanti. I
cattolici sono ancora briciole ma sono
in continuo aumento, e solo la man-
l
...rnon,. Luigi Mathlas, trancaae, Iniziatore del-
le mlulonl In A,aam (1922)...
canza di braccia impedisce di mietere
la messe abbondante promessa dal
Signore.
Dall'India l'attività missionaria si è
estesa anche a paesi vicini. Come in
Birmania, dove la Santa Sede ha di
recente affidato ai salesiani la ri-
schiosa Prefettura aposLOlica di La-
shio sul confine della Cin~. Come nel-
lo Sri Lanka (un tempo Ceylon), dove i
salesiani stanno pazientemente pre-
parando le future generazioni di apo-
stoli. Come nel piccolo Bhutan, dove i
salesiani sono stati chiamati ad aprire
la prima scuola professionale del pic-
colo regno.
Le vecchie generazioni di missiona-
ri, ormai, sono scomparse. Nomi illu-
stri di pionieri cari a molti lettori del
BS come mons. Mathias, mons. Fer-
rando, don Ravalico, mons. Bars, suor
Innocenza Vallino, don Vendrame...
Gli europei rimasti continuano ac-
canto ai nuovi salesiani, sognando
nient'altro che di morire nella loro
patria d'adozione, nelle comunità cri-
stiane che con sacrificio hanno cò-
struito. Le generazioni venute da lon-
tano passano ora il «testimone» alla
nuova generazione dei« figli indiani di
Don Bosco». Una generazione nuova
e molto numerosa, piena di slancio e
salesianamente ben impostata. Lo cl.i-
ce per esempio questo dato: il numero
degli oratori - l'opera prima di Don
Bosco - che hanno aperto e che fan-
no funzionare. Sono 119 quelli sale-
siani, e 59 quelli delle FMA. Sovente
sono oratori volanti, come quello sui
prati di Valdocco: gruppetti di chierici
nei giorni di festa partono per i villag-
gi attorno, raccolgono i ragazzi, li
fanno cantare e giocare al pallone,
danno loro un po' di istruzione, assi-
curano la messa. Alcune case di for-
mazione arrivano a tenere aperti 10,
12, anche 20 oratori volanti.
La nuova generazione risulta poi
molto legata al popolo che l'ha
espressa. Lo dice il suo impegno nel
sociale, il prodigarsi per l'emancipa-
zione dei più poveri, attraverso scuole
(molte professionali e agricole) e or-
fanotrofi, ospedali e dispensari.
L'unka... difficoltà che questi sale-
siani indiani introducono in Congre-
gazione, sono i loro cognomi. Impos-
sibili da scrivere e pronunciare. Sem-
brano fatti sorteggiando le lettere co-
me i numeri del lotto. Per esempio:
Tharayilphutenpurayil, oppure Na-
duvillatheverkallel. Perfino loro evi-
tano questi scioglilingua e preferisco-
no chiamarsi per nome, o con sigle.
Ma anche con i loro cognomi. siano i
benvenuti nella Famiglia Salesiana!
In questi giorni nell'Ispettoria di
Madras stanno dunque studiando la
loro scissione in due, per organizzarsi
meglio. Probabilmente un'Ispettoria
comprenderà le case dello stato di
Madras, l'altra quelle di tre altri stati:
Kerala, Karnataka e Andra Pradesh.
Ma conta soprattutto il fatto della loro
espansione, segno di freschezza, se-
gno che Don Bosco in India è ancora
giovane e continua a crescere.
ENZO BIANCO
...e Infine mons. Hubert D'Roaarlo, Indiano, at-
tuale arcivescovo di Shlllong.

1.7 Page 7

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-«Caro BS...»-
« IL PROGETTO DI DON BOSCO
OGGI IN ITALIA..
Il numero speciale
del dicembre scorso
su Il progetto di
Don Bosco oggi in
Italia ,. ha suscitato
vivo interesse. Pa-
recchi lettori hanno
scritto: con qualche
critica e molti elogi.
Diciamo pure troppi.
Ecco per esempio
una lettera.
Spettabile direzione, ho ricevuto il nu-
mero di dicembre 1978. Ringrazio Dio e ml
rallegro commosso con tutta la Famiglia
Salesiana per ìl soffio di giovinezza che la
pervade e la distingue.
Moderno, vario, giovanile, il vostro Bol-
lettino. In quest'ora di incertezze e sban-
damenti, le vostre opere e la vostra stampa
sono un conforto, un monito, un invito a
sperare e ad agire. C'è nella Chiesa come
un carisma salesiano: avete una parola
soave e forte, delicata e affascinante, siete
uno dei tanti altoparlanti di Dio. Grazie.
auguri, rallegramenti.
Mons. D. Mario Ferrara
Santuario di Manipugli~-Cruco/1 (CZ)
Il BS è grato a Mons. Ferrara per i senti-
menti espressi. Il fascicolo in questione
proponeva una serie di dati concreti su!I~
realtà salesiana. che nella loro globahta
non potevano non impressionare In modo
favorevole chi come lo scrivente osserva
la Famiglia di Don Bosco dall'esterno.
Ma nel fascicolo affioravano anche i
punti problematici, gli accenni alle crisi
remote e recenti, il rimpianto per le occa-
sioni perdute. la stanchezza di fronte agli
ostacoli, il timore di non saper osare ab-
bastanza. Aspetti rilevabili soprattutto da
chi della Famiglia Salesiana fa parte. Il
numero speciale infatti voleva essere, per i
Figlidi Don Bosco e i loro amici, non certo
un'occasione di sterile compiacimento
ma al contrario uno strumento di chiarifi-
cazione, di maggior consapevolezza, di
riesame delle proprie responsabilìtà.
Ora è stato anche suggerito di ristam-
pare il fascicolo a parte. Se giungeranno
altri incoraggiamenti, sarà fatto: tra qual-
che mese, con emendazione dei numerosi
errori, con dati più aggiornati, e con una
trattazione più completa. Grazie.
VOGLIAMO L'ANGELUS
DEL PAPA IN TV
Caro BS, avrai seguito anche tu le nu-
merose Iniziative che si stanno prendendo
in campo cattolico per ottenere dalla Rai-
Tv che ogni domenica alle 12 venga tra-
smesso in diretta l'Angelus del Papa. lo
vorrei attraverso le tue colonne spiegare
brevemente di che si tratta e invitare la
Famlglia Salesiana ad associarsi all'inf..
ziativa.
Dunque questo Papa meraviglioso fin
dalla prima volta ha dato, al discorsetto
che precede l'Angelus domenicale In
Piazza San Pietro, un tono di grande cor-
dialità ma anche di solidità dì messaggio.
E la gente ogni domenica invade la piazza
per sentirlo.
Ora il 21 novembre scorso un gruppo di
cattolici ha fatto pervenire ai responsabili
della Ral una lettera che dice fra l'altro:
« Chiediamo, a nome di molte persone,
che venga trasmesso in diretta l'Angelus
del Papa ogni domenica. Siamo disposti a
raccogliere firme In tutta Italia per ottene-
re dalla Rai questo servizio... ·
La notizia della lettera ha spinto tanti a
fare altrettanto. Giornali come !' «Avveni-
re• e . 11 nostro tempo di Torino hanno
rilanciato l'iniziativa e stanno ricevendo
migliaia di lettere da «girare» alla Rai. In
qualche parrocchia, in fondo alla chiesa
hanno messo copie di un volantino con la
richiesta già stampata, solo da firmare e
spedire...
Perché noi della Famiglia Salesiana non
diamo il nostro appoggio all'iniziativa?
Basta scrivere a: Dott. Pier Antonio
Bertè / Amministratore Delegato della Ral-
Tv/ Direzione Generale I Viale Mazzini
14 / 00195 Roma.
Cooperatrice S.L. - Roma
SOLDI PER LE PATATINE?
NO: PER I POVERI
Tre plccollnl di Caatelm■lnome.
lo sono una bambina di Castelmalnome,
e mi chiamo Loredana. L'ultimo dell'anno,
don Giovanni Cherubin e un gruppo di
bambine siamo andati a vedere i presepi
nelle case di Castelmalnome e a cantare i
canti di Natale. Milena, una bambina del
gruppo, faceva la cassiera perché la gente
metteva dei soldi nella busta che aveva.
A Castelmalnome ci sono trenta o qua-
ranta case, e quella sera le abbiamo girate
tutte. Verso sera eravamo arrivati all'ulti-
ma casa, e anche abbiamo cantato la
canzone davanti al presepe, e anche
hanno dato la loro offerta. Poi abbiamo
detto: con il raccolto che cosa ne faccia-
mo?
Allora tutti abbiamo detto: «Comperia-
moci le patatine• . Ma una bambina ha
suggerito: « Perché non li diamo ai pove-
ri?» Tutti abbiamo accettato con gioia e
così abbiamo deciso di darli a un missio-
nario che li porterà per noi al poveri.
Mandiamo anche tanti abbracci al nostri
fratelli lontani.
Loredana e bambini della pluriclasse
terza-quarta-quinta elementare di
Caste/ma/nome (Roma)
Una mano adulta precisa in fondo alla
lettera che si sono raccolte 51.500 lire, e
sono state inviate a padre Giuseppe D'
Souza, missionario In India, per gli al-
luvionati.
PERCHE' DON BOSCO
Ml HA FATTO QUESTO REGALO?
Carissimo BS, ho 27 anni e sono inse-
gnante elementare. Avevo frequentato un
istituto di suore che mi hanno Insegnato
diverse nozioni di cultura generale ma
come religione un tubo! Così la scuola finì
ed ero atea (si era nel fatidico 1968) e
marxista-leninista.
Ma proprio quando stavo imboccando
una strada senza uscita, Don Bosco si ac-
corge di me e mi indirizza verso una gita a
Zafferana Etnea (CT), a Emmaus dove c'è
Il «Centro di studi e vita spirituale• .
Ricordo (era 1969) che ho partecipato a
quella gita solo perché andavano certe
mie amiche, ma degli studi spirituali non
mi importava proprio niente! Beh, una sera
sono entrata nella cappella, per osservare
il mosaico sopra l'altare (un bellissimo
Gesù benedicente) dal punto di vista
estetico. Erano le 17. Alle 19,10 una mia
amica ml ha dato un forte scossone e mi
ha detto: «Anna Maria, ti ho chiamato
tante volte e tu non mi hai risposto. Che
fai? dormi a occhi aperti?• Ho guardato
l'orologio: erano passate più di due ore,
ma per me solo 5 minuti. .
lo non so spiegare. Ricordo solo che ho
visto un luogo bellissimo, pieno di luce, e
la luce con una voce senza voce mi ha
detto: • lq sono ., e poi mi ha spiegato tut-
to. Ho provato una felicità mai provata, né
prima né dopo. Non la dimenticherò mai.
So cos'è il paradiso. Forse solo l'autore di
«Dio esiste, io l'ho incontrato» può capir-
mi.
Ebbene, appena tornata a casa, ml sono
a accorta (per la prima volta dopo tanti anni
che succedeva) che mio padre era spe-
dita gratis una rivista: « Bollettino Salesia-
no». Ho letto tutti i fascicoli, e anche ora
aspetto impaziente che ogni mese il po-
stino me lo porti. Inutile dire che la mia vita
è cambiata. Cioè è cambiato io spirito di
viverla. E così niente più maoismo, violen-
za, ecc.
Cosl non capisco le Brigate Rosse. An-
che loro hanno vissuto il 1968, eravamo
ragazzi nello stesso periodo. Ma perché
Don Bosco a me ha fatto questo regalo e a
loro no?
Anna Maria
P.S. Non fatemi mancare il BS, pane
dello spirito del giovani.
7

1.8 Page 8

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GIOVANNI PAOLO Il AL TESTACCIO
FaerPapa
e 0
1
de un romano!
Così hanno detto a Giovanni Paolo Il recatosi In
visita pastorale alla parrocchia romana di Santa
Maria Liberatrice nel quartiere Testacelo. Era 111 4
gennaio scorso, e era la prima parrocchia salesiana
che visitava come Papa.
~ el cortile dell'oratorio, dove I ragazzi di sollto tirano a calci,
era arrivato alle 16 In punto. Tutto era transennato per
arg nare, se possibile, la gente. I balconi e le finestre delle case
attorno erano piene di gente affacciata a guardare. E al solito il
Papa è passato per stringere tutte le mani a cui poteva arrivare,
impiegando 50 minuti a percorrere pochi metri.
Qualcuno subito dopo, Marco Bongloanni, annotava le battute
dei ragazzi: «Pare proprio uno di noi». •Mi piace più di tutti, è 'na
brava persona». «E' uno che sorride sincero•· «A me ha detto se
ho fratelli, e quando ha saputo che mio fratello è malato ml ha
dato la benedizione perché guarisca». «Se vede che te vole
bene, forse perché ha pure sofferto».
Un ragazzo per la gioia è come trasfigurato In volto: «A me m'ha
detto, che sò 'n bravo ragazzo!»; poi, attraversato da un'Improv-
visa Intuizione: «Ma è vero che er Papa è infallibbile?»
Al termine dei saluti lo portano su un podio addossato al muro
(sul muro una lapide ricorda che nel 1966 c'era stato già Paolo
VI). Un ragazzo del Testacelo monta e legge il discorso: «Grazie
per aver scelto la nostra parrocchia, grazie per la predilezione
che ha per noi ragazzi•. Un altro ragazzo legge la poesia in
romanesco, scritta da un «testaccino» puro sangue, e gli fa sa-
pere che «fa er Papa mejo de un romano». Alla fine Il Papa stringe
i due ragazzi in un unico abbraccio.
Poi dice: «Quando sono passato per le vostre strade ho visto
che da tutte le finestre cadevano biglietti di saluto. Ho subito
pensato: sono stati I salesiani. lo conosco abbastanza l'ambiente
e lo spirito salesiano: durante l'ultima guerra ho vissuto a Craco-
via nella parrocchia di San Stanislao Kotska retta dai salesiani.
Per questo ho pensato: sono stati loro».
E poi la messa nella grande chiesa che non conteneva tutti,
l'omelia, I doni dell'offertorio. Tra i quali un'anfora antica, perché
il quartiere Testacelo già al tempi dell'imperatore Tiberio si chia-
mava Mons Testaceus, cioè «monte di cocci», fatto con i cocci
delle anfore e ceramiche rotte di tutta Roma.
Dopo la messa il Papa si è Intrattenuto con i vari gruppi della
parrocchia: con i giovani Impegnati nella catechesi, con Il consi-
glio parrocchiale, la comunità salesiana, le Suore della Divina
Provvidenza (che erano arrivate per prime nel 1887 a lavorare nel
quartiere). L'incontro con i salesiani è stato particolarmente fra-
terno. C'era l'Ispettore don De Bonis, il procuratore generale don
Flora, il rappresentante del Rettor Maggiore don Raineri. E natu-
ralmente i salesiani dell'opera, compresi il parroco don De Portu
e il direttore don Leone che il Papa qualche sera prima aveva
invitato a cena In Vaticano, per «sapere esattamente la situazione
del Testacelo».
Quando ormai era quasi buio, il Papa purtroppo se ne partl. La
gente fuori lo aveva aspettato, anche se tirava la tramontana e
faceva un freddo insolito per Roma. Tutti salutavano, i giovani
correvano cercando stare al fianco dell'auto il più possibile. E
una popolana esclamò: «Quanto è bbbeilo!». Assicura Marco
Bongioannl, testimone auricolare, che metteva proprio tre « b
nel bello, «come usa ogni romano che si rispetti per fare Il su-
perlativo•.
Comincia la vl11ta pastorale•: I primi 50 minuti se ne vanno mtllo atrln-
sier- tutta la mani eh• arrivano• 1u1 portata di... mano.
La mea■a nella grande chiesa parrocchiale. ■Affidiamo la no,tra llbeftà a
Maria Liberatrice: lal cl aiuterà a scoprire Il vero bene della liberti•.
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1.9 Page 9

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ra~I aono tuOfl di aé: cPare proprio uno di noi•. •Ml piace più di tutti, è una Uno del due ragazzi ha tenuto Il diacono, l'altro ha recitato al Papa la
N'ava perwona•. cE' uno che aorrlcle alnCllf'O•.
poesia. E Il Papa Il atrlnge In un unico abbraccio•.
IlPapa rende vlalta al rnponaablll del conalgllo parrocchiale. Be', tra tutti Il Papa con la comunità aalealana: con elcunl ,tudantl presao l'UPS, e con Il
quegli adultl c'è anche una conalgllera In 8fba...
veterano della comunità del Tntacclo, l'unghernedon Gluaeppe Schio•-·
«Oovlzena-, cl.,. arrivederci. E' ti aaluto che piccoli e grandi del Tntacclo hanno
rlYolto at Papa nella aua lingua.
E poi, ,ul lardi, Il ritorno. La gente ha a,peltato Il Papa, anche ae tirava la
tramontana e taceva freddo. Per l'ulllmo aaluto. (Foto Arturo Mari)
9

1.10 Page 10

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BOLIVIA
A Kami rivoluzion
senza sparare
Tre salesiani partiti un anno fa dall'Italia, lavorano a Kaml, un centro
minerario dove le case non hanno pavimento e la vita media finisce a
35 anni. Intervista a don Francesco Borello, uno del tre, rientrato per
una breve sosta in patria.
V olto sereno e un poco triste, don
Francesco Borello è da soli do-
dici mesi missionario a Kami, sull'al-
tipiano della Bolivia. Un paese di mi-
natori a 4000 metri di altezza. E' par-
tito dall'Italia a 45 anni suonati. con i
capelli completamente bianchi. AL·
tacco l'intervista in maniera «calli-
va».
Domanda: Dico110 che chi parte alla
sua età «fugge da qualche cosa». Da
che cosa è fuggito lei? (Reagisce viva-
cemente...).
Rispos ta. Non sono fuggito affatto.
Ero parroco in una zona periferica di
Cw,eo, e mi trovavo benissimo.
D. E allora perché è partilo a 45 anni
per le 111issioni?
R. Avevamo costruito una chiesa
nuova, nella periferia della città, e at-
torno a quella chiesa si stava forman-
do una comunità vivace. Eravamo
decisi a essere cristiani non «chiusi»
in noi stessi, ma aperti, disponibili agli
altri, specialmente ai più poveri. A un
certo punto capii che dovevo e~serc io,
il parroco, a dare l'esempio di «anda-
re» verso i più poveri. Sono partito per
le missioni per questo.
Vado a nome vostro
vorare per migliorare la situazione
cristiana, umana e materiale.
D . Com'è arrivato a Kwni?
R. Come arrivano tutti. Con un
viaggio di 6 ore dalla capitale La Paz.
Duecento chilometri di strada asfal-
tata, bellissima, e poi 80 chilometri di
sali-scendi infernali, che d'inverno
sono cuscini di polvere, ed 'estate tor-
renti di Cango.
D. Quale fu la prima perso,w che i11-
contrò a Ku111i?
D. Un muratore di 24 anni. Risposc
al mio saluto con molta concsia.
Stentavo a capirlo, ma gli domandai
se era contento, se era sposato. Mi
parve un giovane sereno, tranquillo.
Invece (e fu una botta durissima per
me) quallro mesi dopo si ammazzò
con la dinamite. Aveva un dramma
sconvolgente: moglie separata, tigli
che panavano il peso della situazione,
debiti. Non feci in tempo a capire il
suo dramma e a dargli una mano.
D. E quale fu la sua prima i111pre.\\-
sione i11iziando a vivere a Kami?
R . Di avere sbagliato tutto. La gente
ci accolse con amore, con gratitudine,
ma la loro mentalità è completamente
diversa dalla nostra. Arrivando pen-
savo (con imperdonabile ingenuità):
ci mettiamo a giocare a pallone sulla
piazza, e i ragaz"Zi verranno. Dietro di
loro verranno i genitori. Invece, duro
nemmeno un'ora, capii che' ero dav-
vero «in un altro mondo» . Che dove\\'O
mettermi ad ascoltare, a capire, a \\'Ì·
vere la loro vita, se volevo far loro del
bene.
D. In che senso la loro mentalitti i:
diPen,c1 dalla 110s1ra?
R. Facciamo degli esempi. li gua-
dagno del minatore non è scarso, anzi
molto ricco, specie se lo paragoniamo
a quello degli altri lavorawri boliviani.
Si va da un minimo dì 250 mila lire
mensili a punle di w, milione, un mi-
lione e mezzo. Eppure questi soldi.
per la mancanza di organizzaLione,
finiscono per non recare vantaggi ,·eri
ai minatori. La durata media della lo-
ro vita è 35 anni. Si nutrono mali~l>i-
mo. Si tengono su masticamlo toglie
di coca, da cui si ricava la droga della
cocaina. JI faico così si svuota di
energie, non ha forza di reagire alle
malattie.
Non esiste assistenza medica, t'
quindi sono molli quelli che muoionc,
giovanissimi di 1bc, e anche per inci-
dcnLi di lavoro.
Le case sono assolutamente antii-
gieniche: costruite in lamiera, o con
pareti di terra e tetti <li paglia; altre
sono« mucchi di pietre», basse come
pollai; quasi nessuna ha pavimento.
Manca l'igiene: non c'è acqua, quindi
non ci sono servizi, docce.
E poi tra questi minatori che con-
ducono la stessa vita, ci sono ricchi e
poveri, gente di prima clai.se e gente <li
serie B. Per poter entrare nella ,, cate-
goria dei minatori» occorre a\\'ere una
tessera. Comprarla costa molto e non
è lacilc. E' nata così la categoria dei
D. Che cosa ha detto partendo?
R. « Vado ad aiutare i poveri dell'A-
merica Latina a nome vostro. Ma voi
non dovrete lasciarmi solo. Vado a
prepararvi w, posto, poi tornerò a
prendervi, e vi porterò con me».
D. Perché è andato in Bolivia?
R. Veramente io bo sempre sognato
di andare in Ecuador. Da quando
avevo sei anni Mio zio era missiona-
rio tra gli indios ecuatoriani, e le prime
fotografie che ho visto da bambino
erano di quelle terre. Siccome avevo
poca salute (dicevano), non mi hanno
però lasciato partire da giovane. Ora
la nostTa lspettoria aveva (ano un ge-
mellaggio» con l'lspeuoria boliviana,
e i superiori mi indicarono Kami come
zona d i missione. Non ero più un
bambino, ormai: mi interessava
spendere la vita dove c'era necessità,
urgenza. A Kami sono contento: il bi•
sogno è grande e urgente. Occorre la-
10
Le can: 1ono numeron con pareti di fango e tetto di paglla.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Padre Franc:HCO porta I plccoll GHù.
KAMI è un centro minerario sorto appena
quarant'anni fa. Nella zona si scopri un va-
sto e ricco giacimento di tungsteno, il mina-
raie che unito al ferro dà un acciaio ad al-
tissima resistenza Filoni di minerale erano a
livello terra, non occorreva nemmeno sca-
vare per raccoglierlo. La gente accorse In
cerca di fortuna. Furono costruiti accampa-
menti. Ora Kaml ha 15.000 abitanti.
La miniera non è di un padrone ma dello
Stato, che l'ha affidata a una cooperativa di
minatori. Essi sono divisi in gruppi di quat-
tro, lavorano quando vogliono e come vo-
gliono. Non esiste sindacato, non esiste
nemmeno un·autorità che abbia Il potere di
organizzare Il lavoro In maniera igienica e
sicura. Kami non è comune, non ha sindaco
né polizia.
Il lavoro dei minatori è diventato sempre
più duro, perché le gallerie della miniera
sono molto basse, cl sono lnflltrazlonl d'ac-
qua, non esiste luce elettrica né prese d 'a-
ria. Cl sono alcune perforatrici, ma li lavoro
viene eseguito quasi tutto col piccone.
« jornaleros», una specie di lavoratori
dipendenti, a giornata, che guadagna-
no solo 1500-2000 lire al giorno.
Tutte queste cose sono difficili da
comprendere alla nostra mentalità
occidentale. Noi diciamo: «Organiz-
ziamoci! Facciamo un fondo comune
di soldi, e con esso provvediamo a una
vita in miniera più salubre, a un'assi-
stem:a medica. costruiamo i servizi
essenziali a una vita verame nte uma-
na». Ma loro è da quarant'anni che
vivono così, diffidano di ogni «spesa
pubblica», difendono quel poco che
hanno. Non possono cambiare men-
talità da oggi a domani.
Rivoluzione non è sparare
D. E lei che cosa fa per questa gente?
R. Noi siamo coscienti di fare una
rivoluzione, l'unica rivoluzione che
può cambiare radicalmente la situa-
zione. Dico «noi» e non «io», perché a
Kami siamo arrivati in tre preti: don
Elio, 53 anni, don Michelangelo, 33
anni, e io. E prima di noi, dal 1970,
sono al lavoro in Kami quattro s uore,
che hanno crealo una grande scuola
dove vengono per J'isu·uzione 1300
ragazzi.
O. In che senso voi tre «fate la rivo-
lta.ione»?
R. Far la rivoluzione non vuol dire
«sparare». A Kami del resto, non si
saprebbe «contro chi» sparare. Non
c'è un padrone sfru ttatore: la miniera
è dei minatori. Rivoluz.ione vuol dire
cambiare le cose: vivere diversamen-
te, lavorare diversamente, spendere i
soldi diversamente, pensare agli altri
diversamente. E' una rivoluzione pa-
cifica, lenta, difficile. Ma noi speriamo
che i 1300 ragazzi che vengono alla
scuola saranno la prima «generazio-
ne diversa» di Kami.
D. Trova facile vivere lassi,?
R. No. Nessuno di noi lo trova facile.
Non siamo più giovani, il fisico risente
i 4000 metri di alte.zza (penso di ren-
dere la metà di quanto rendevo in
Italia). Il vitto è quello che è, la lingua
è nuova, anzi sono tre le lingue che
questa gente pru-La, e a quarant'anni
non è facile impararle cornea diciotto.
D. Anche voi avete una casa di latta,
o di terra e paglia?
R. No. Abbiamo una casa di mauo-
ni, perché non riusciamo a vivere co-
me i minatori. Ci lasceremmo la pelle
in due giorni.
D. Racconti la sua giomata: che cosa
fa al mattino appena alzato?
R. Andiamo a pregare. Un'ora di
preghiera. Sentiamo una necessità
enorme di pregare. Se si prega si tira
avanti, se no si rifanno le valigie e ci si
arrende.
D. Com la prima cola.zione del
missionario?
R. Tè, pane e banane. l n Bolivia le
banane sono la frutta di tutti. Le mele
invece costano carissime.
D. Dopo colazio11e che fa?
R. Vado a salutare i ragazzi che
vengono alla scuola. Ci impiego più di
un'ora tutti i giorni. La scuola comin-
cia alle 8.15, ma l'arrivo è affidato alla
buona volontà e alla fantasia di cia-
scuno. Arrivano anche alle 9,30. Io so-
no il direttore della scuola superiore.
Ci tengono tutti a stringermi la mano,
a scambiare un sorriso e un ciao. E' il
modo migliore di conoscerli, dire una
parola, comp,·endere la situazione
delle famiglie, i piccoli e grandi pro-
blemi della loro vita. Non sempre so-
no le parole a dirmi questi problemi:
basta uno sguardo alle scarpe rotte, ai
pantaloni scuciti. Questo non ha più la
mamma, quello ha avuto il papà ucci-
so in miniera, quell'altro ieri ba dovu-
to andare a cercare papà e mamma in
giro, e riportarli ubriachi a casa.
D. L'ubriachezza è diffusa?
R. Purtroppo. Qui le feste sono tan-
te, e ogni festa dura una settimana. E
durante la festa è facile ubriacarsi.
Cosi s i sprecano i soldi. Per strappare i
giovani a questo vizio bisogna dare un
altro volto alla festa: gare sportive,
iniziative che aggancino la fantasia e
scatenino la gioia sana. Ci stiamo
provando, ma ci vorrebbero dei gio-
vani accanto a noi a nzianotti.
Dài la tua presenza
D. Dopo l'incontro con i ragazzi, co-
me prosegue la sua mattinata?
R. Con il giro per le famiglie di Ka-
mi. Sono entrato già due volte in tutte,
casa per casa.
D. Ce n'è una che l'ha panicolar-
mente impressionata?
R. Ce ne sono molte. Quella di As-
sunta, per esempio. H a 40 anni, è
sdraiata in un angolo, su un muc-
chieno di s tracci. La casa è di pietre
ammonticchiate, alta un metro e 20.
Non riesco a stare in piedi Mi acco-
vaccio vicino a quella specie di letto e
la vedo U, che non riesce più. a respi-
rare. Accanto c'è suo marito, anche lui
con la saliva piena di coca. un po' af-
franto dal dolore, un po' ubriaco.
Cerco di dire qualche parola, ma lei
non capisce lo spagnolo. Suo marito
capisce qualche parola, e le s ussurra
all'orecchio che c'è il prete, che le vuol
dare la benedizione, che prega per lei.
Sto un quarto d'ora. Sono i momenti
più duri per noi occidentali abituati a
«risolvere le situazioni» coi soldi, con
le cose. non puoi risolvere niente,
dare niente. Dài la tua presenza, e
questa gente si sen te confortata dal
fatto che noi siamo lì, accanto a loro, a
11

2.2 Page 12

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condividere la loro vita, la loro soffe-
renza Non si sentono più abbando-
nali
D. A che ora finisce il suo giro in
paese?
R. Alla mezza. Finisce il primo tur-
no la scuola, e i ragazzi se ne vanno.
D. A casa per il pranzo?
R. e no. Non è che «vadano a
n. casa• come pensiamo noi. Vanno per
la strada, stanno magari tra un'ora
saranno a casa, o forse no. Non c'è ora
di pranzo. Quando arrivano mangiuc-
chiano qualcosa. Non c'è un tavolo,
delle sedie, un pasto. Prendono una
banana, un panino, e tornano in stra-
da
D. Lei invece va a pranzo?
R. Sì, io sono •condannalo• ai ritmi
occiden tali, se non voglio crollare.
Faccio pranzo con don Elio, che arn-
va dal far scuola. Don Michelangelo
no. Lui è al «campo•.
D. Che cos'è?
R. Sono 120 paesini sparsi nella
campagna intorno. Ognuno ha da 100
a 300 persone. Complessivamente 18
mila La distanza tra paese e paese è
enorme (la zona è vasta come la pro-
vincia di Cuneo), e strade non cc ne
sono. Qui non ci sono ricchi e poveri,
sono tutti poveri. Vivono cercando di
strappare alla terra arida un po' di
patate, mais, grano. Non hanno con-
cimi, ma nemmeno concimata quella
terra darebbe il necessario. E' una
Merpaglia pietrosa. E per mesi interi
non piove. I contadini hanno una vita
poverissima: allevano alcune pecore,
mano la lana, si vestono con essa.
L'unica cosa che devono comprare il
sale, e lo comprano vendendo uova.
La mortalità infantile è altissima, toc-
ca anche il 500i, dei bambini. Don Mi-
chelangelo gira in conénuazione que-
sti paesi, con una jeep. Dodici mesi
che gira, non è riusc.ito a vederne
nemmeno la metà. L'unica soluzione è
far sì che ogni comunità abbia il ~uo
catechista, e radunare i catechisti ogni
15 giorni nei centri principali. Sùamo
lavorando in questa direzione, ma non
facciamo miracoli.
dobbiamo vivere da figli di Dio. E
questo vuol dire impostare di,ersa-
mente la vita, la casa, il paese, il lavo-
ro, la miniera. Faccio scuola nelle , a-
rie classi fino alle cinque del pome-
riggio.
D. E poi?
R. Poi vado a piaz7armi davanti alla
chiesa, dove passa la sua.da obbligata
per il cimitero. Perché di lì quasi ogni
giorno passano due, tre funerali. Sono
stati per trent'anni senza prete, e
quando muore un bambino, un adul-
to, non mi dicono niente. Lo portano
al cimitero cosl. Io vedo il corteo, vado
a domandare se sono cauolici o p10-
lcstanli Chiedo se sono contenti di
passare un momento in chiesa.
E' difficile fare un disco~o. Ma il
discorso che Caccio è più o meno
questo: Questo è il cinquantesimo. il
sessantesimo bambino che muore.
Non è Dio che ve l'ha rapito. Dio non
vuole che i bambini muoiano. Vuole
che noi cerchiamo le cause che li fan-
no morire, e trovare delle soluzioni
portare l'acqua. cambiare le case. Ora
il vostro bambino è nella gioia dì 010,
ma è anche rimasto accanto a noi per
aiutarci a far sì che i bambini non
muoiano più: il loro diriuo è la vita, e
non la morie».
D. Poi viene la sel'a...
R. Già. Noi non usiamo orologi, e la
sera arriva quando fa buio. Allora ci
raduniamo per recitare il rosario. Lo
dico all'altoparlante, in modo che chi
vuole può accompagnarlo anche dalle
case. Dopo diciamo la mes!.a, e a volt1.·
viene anche un centinaio di persone.
Dopo la messa ci inconlriamo con i
giovani del paese. La temperawra è
fredda, e ci invita a ritirarci. Ci con-
cenuiamo nel saloncino che abbiamo
costruito, e giochiamo, cantiamo,
chiacchieriamo. Sono le ore più belle,
in cui !>Ì forma lentamente la nuova
comunità cristiana di Kami. Vengono
le suore, viene <lon Elio, e magan al•
torno a una tombola sentiamo la gioia
di stare insieme, di essere amici.
D. E la ce,w?
R. Ce la scaldiamo verso le dicci di
sera, quando i giovani sono tornali a
casa. E durante la cena (a cui è so•
,ente presente anche don Michclan
gelo) ci raccontiamo a "iccnda la
giornata, gli a1 \\'enimenti pkcoli l'
grandi, le espc, icnze. Poi prl.!ghiamo.
E dalle 11 a mezzanolle scriviamo.
Dagli amici ci arrivano tante 11.!lll.!rc I
miei giovanolli di Cuneo continuano a
considerarmi amico e conCidcnLc. E
noi rispondiamo raccontando le no-
stre cose, come i primi Apostoli rac-
contavano per lellera ciò che riu,c1-
\\'ano a combinare in nome di Dio. Gli
occhi a volte si chiudono per la ,tan-
chezza, ma abbiamo fauo il proposito
di non lasciare ammucchiare la corri-
spondenza. Solo a mel7.anonc cc la
facciamo a spegnere la lampada a ga-
solio.
Deboli lo slamo tutti
D. Se do,•e!iM' riussumere i11 pod1ì:;-
si111e parole che cosa ha fatto i11 qw!MO
pri1110 a11110 per qrie:;ri bolivia11i, cu.,a
direbbe?
R. Ho c1.•rcato di ru,coharli. di di-
wni.arc amico. d1 lare una vita comu-
ne con loro. Ho cercato di sl.!rvirlL
D. Quali :;1mo le co:;e 11rge111i che
vorre:.te {C1re e che 11011 potete fare?
R. Un oratorio vero e proprio, per
abituare i ragaui a vivere in gruppo.
Seguire i giovani lavoratori della mi-
niera (sono 5 o 600). Non pen!.arc solo
a quelli che \\:Cngono da noi. ma an-
dare noi in miniera, avdcinare tullt. C1
accoglierebbero con gioia. Fare un po'
Dio non vuole che I bambini muoiano
D. Lei è diretrore della scuola, 111a
scuola ne fa?
R. Sì, è la prima occupaz.ione del
mio pomeriggio. Ricevo gli alunni
delle scuole superiori, prego con loro,
faccio scuola di religione. All'inizio
don Michelangelo faceva scuola di fi.
losofia, poi ha dovuto dedicarsi com-
pletamente a l «campo». Un peccato.
Cerco di supplire io come posso, ta-
cendo approfondire la fede cristiana,
tacendo vedere tulle le consegueni;e
•umane• che derivano dall'ci.!>cre
cristiani: se siamo figli di Dio. allora
12
Don Mldt.,~o, don F,.,,_, don Ello. Due auore. E mnN viene anche la gente. Sento
che M non prego, non riesco• dare nulla•, rfcono- ~ France■co.

2.3 Page 13

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som ma, non son o I ragazzi: lo siam o
un po' tutti.
D. For:,e qualc11110 pensa che per- e:,-
wre mis:,ionario come lei occorr-e n-10/-
ta imellìgen ;:.a. Co111 'era la sua pagella
q11a11d'era raga;::::u?
R. Qualche 5 c'cra. In greco ci fu
anche un 4. In genere, me la cava,·o
alla sufficienza. Credo che per essere
missionari basti u na pagella così, co-
me per la vita del resto.
D. Quando prega nella :.ua giomata,
oltre alla grande pr-eghiera del mauino
e alla messa della sera?
R. Ci sono delle giornate in cui devo
camminare ore e ore, e allora parlo
con il Signore, m i stogo con lui. Così
quando paS!>O da una casa all'altra, a
contatto con i sol lercnti. Senti che se
non preghi non riesci a dare nulla.
ibre -a
AUTORI VARI
L' annuncio del Regno aJ poveri
Ed. LDC 1978. Pag. 360, lire 6.000
Che cosa significa che il Regno del
cieli è annunciato ai poveri? Questa
scelta fondamentale di Cristo, tra le più
sconcertanti allora, dopo venti secoli di
riflessione conserva ancora intatto il suo
aspetto sconcertante. E pone in que-
stione le scelte quotidiane del cristiani
d'ogni tempo.
Il tema è stato argomento di una
• sessione di formazione ecumenica.
del Segretariato Attività Ecumeniche. I
testi (cinque relazioni di studio, sette
meditazioni, dieci sintesi del lavori di
gruppo e altri contributi) portano le firme
di 25 studiosi, e si situano a un buon
livello di divulgazione.
Se uno ml dicesse " vengo"
Andle don Ello, con I plccoll Sono Il punto di
partanza per un futuro dlv.,.o.
dì catechi!,mo famiglia per famiglia, e
organizzare tanti piccoli cor~i di cuci-
na, pucricol tura, allabetiua1.ìone. Or-
ganizzare sport e divertimenti sani
che prenuano nelle leste il posto delle
grandi be\\ ute. Ma per que!>lo occor-
rono almeno due altri Salesiani gio-
nmi con noi. e alcu111, olontari. Anche
tlonne dt <.:asa, di uno certa età. po-
trebbero lare moltissimo per in..,egna-
rc alle mamme.
O. Ve1rnm10 que.,11 l'olomar-t?
R. Ci ..uno degli adulti che . ,~11 ebbl'-
ro già qu.isI pronti. Ci sono molti gio-
,ani dispm,ti a parlirt.· anche oggi, ma
tlei.idero che prima rn,olvano gli ~llldi
in corso, i problemi l,1miliari, e chiari-
scano bene la loro voc:a;r,ionc
D. /11 t(lle.,11 /2 t1l(•.,i le è mai ,·aµuwu
1111 monw111u nero m cw si è di·uo: « Ma
clri me l'ha fwro fare?»
R. Oh sl, più di una volta. Special-
mente quando vedi problemi enormi t.'
non sai da che parte affrontarli.
Quando, cdi morirl' 1 bambini. Però in
questi momenti senti più vicina que-
sta gente, che non solo riceve da noi.
ma c1 la sua amic1✓ Ia, la sua soli-
darietà.
D. Una volta per le 111i.ssio11i puniva-
110 i giovani. Ora :.iete partiti 1•oi tre,
media 44 anni. Come mai? I ,·aga:::;:i di
oggi :;0110 meno bra1·i di quel!, di ieri?
R. Io credo che oggi, come ieri. ci
i.iano dei raga,,..zi bravissimi. che han-
no in cuore ideali grandi. Ciò che li
rrena è la lamiglia, dt <.:ui magari ~ono
ligli unici: la vita comoda. che con il
passare degli anni diventa un:i gabbia
dorata da cui non hanno la forza di
u<,cire. e am.he i preti di oggi, i.be non
hanno piu il coraggio di proporre ai
ragani ideali grandi, i,a<.:rilici che im-
pq,.'Tiino per tutt.i la , ila. Deboli, in-
O. C'è qualche pe,sona a Kami che
\\ta aspet1a11do con ansia il:,110 ruomu?
R. Tre raga.Lze. A~pcttano che tor-
nando dica loro:~ H o t rovat o il posto,
potete andare in Italia a studiare».
D. Noi u111mint11110 chi /;a ~11ccesso,
i campioni dello sport e gli allori del
cinema. For.~e lei, tra q11elle capa11ne.
lw i11co111rato q11alclre penona clre
111errra più wmmra:;ione di questi 110-
w·i idoli?
R . Una mamma giovane. T ren t'anni
l' tre bambini. Suo marito è cieco, la
,ua casa è pm eri,sima. \\'cdcs!,e con
quanta palienza e bontà quc'.>ta don-
na accompagna sempre, dappertutto,
,uo marito. La 1ivedo, come l'avessi
davanti. arri\\'arc alla messa, il marito
per mano. i tre bambini, il più piccolo
sulle spalle, il secondo che le stringe
l'alu·a mano, il più grande (6 anni) ch e
.:ammina davanti a lei. Una donna
~nza t',truzionc, ma una grande don -
na.
D. A 1111 ragazzo d ,e le dice~se: «lo
Fe11go giri"• cosa direbbe?
R. Gli ch iederei due cose: che sia
equilibrato e cristiano. Se vuol venire
giù per « f uggire», perché in lIalia non
iicsce a inserirsi. non venga giù: deve
risol,ere i suoi problemi qui. là oc-
corrono persone equilibrale, mature.
E cli fede: per dare una testimonian1.a
di amore ai poveri, perché sono figli d i
Dio. Se non c'è equilibrio e fede, ven-
gono a darmi solo grane. L a , ita Jag-
1,'IÙ è dur.1, e si può !>opponarla solo se
)>i hanno questi d ue valori. Altrim enl i
dopo quattro giorni, presi dalla delu-
-.iunc, si riparte.
D. Gradisce che qualche ragaz.:o le
.w:ril'a?
R. Certo. E risponderò. li mio indi-
tiao è Pt1dr-e Fra11c:esco Bo,ello, Kami
Ca:;il/u 1293, Cochabamba - Bolivia. Il
lrancobollo per la Bolivia è d i 320 l ire.
TERESIO Bosco
LUCIANO CIAN
Il sistema preventivo di Don Bosco e I
lineamenti caratteristici del suo stile
LDC 1978. Pag. 296, lire 3 .500
Il volume poggia su
due premesse facil-
mente accettabili: gli
educatori d'oggi
hanno quanto mal
bisogno di rivedere
finalità e metodi; e
d'altra parte il • si-
stema preventivo• di
Don Bosco risulta
ancora In grado di
Ispirare
l'azione
educativa con la gioventù attuale. Per
questo la r iproposta del sistema di Don
Bosco ., fatta nel volume alla luce della
pedagogia moderna, In termini molto
concreti quasi da manuale pratico. Uti-
lissima quindi per quanti intendono
operare salesianamente dentro e fuori la
Famiglia Salesiana.
AUTORI VARI
Incontro dell'uomo con Cristo
Esercizi splrltuall e Incontro con Cristo
LDC 1978. Pag. 104, lire 1.500
Il volume è nato datl'8" assemblea
della «Federazione esercizi spirituali •:
riporta due relazioni (la prima , di taglio
antropologico, del salesiano di G. Ge-
vaert), e 5 interventi in un dibattito di
esperti. Utlle per chi ha la responsabilità
degli esercizi spirituali. e per chi deside-
ra prendervi parte con maggior consa-
pevolezza.
JESUS BORREGO
Giovanni Battista Bacclno
Ed. Las 1978. Pag. 436, senza prezzo
Il libro, in lingua spagnola, contiene lo
st~dio critico della biografia ed episto-
lario del primo missionario salesiano
morto in America Latina. Opera esem-
plare di ricerca scientifica, che smenti-
sce una volta tanto un vecchio rimpro-
vero: « I sales(ani magari fanno la storia,
ma non la scrivono •.
13

2.4 Page 14

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LE CAUSE DEI SANTI SALESIANI
Amici
di
Don Bosco
pro
per
csaensst1a.tta'i
A che punto sono le cause riguardanti i
Beati, Venerabili e Servi di Dio della Fa-
miglia Salesiana? L'interesse sull'argo-
mento si è accresciuto dopo che Papa
Giovanni Paolo Il ha dichiarato Venerabi-
ledon Augusto Czartoryskl. Ecco perciò il
bilancio che ne ha tracciato per il BS il
« Postulatore per le cause salesiane» don
Luigi Flora.
A Roma, mosaico sull'altare maggiore del Templo Don Bo-
sco: I aanU aalealanl fanno corona al loro santo fondatore.
Don Michele Rua (torinese, alunno
e poi primo successore di Don
Bosco, morto a Torino nel 1910).
Fu beatificato il 29 ottobre 1972. La
beatificazione ha autorizzato la vene-
razione pubblica, ma nell'ambito del-
la Parniglia Salesiana. Ora si attendo-
no i miracoli per la canonizzazione:
solo con essa il culto pubblico potrà
essere esteso alla Chiesa universale.
Mons. Luigi Verslglia e don Callisto
Caravario (missionari in Cina, truci-
dati nel 1930).
Paolo VI il 13 novembre 1976 ha ri-
conosciuto che essi sono morti per te-
stimoniare la fede; consta perciò la
realtà del loro martirio. Per la beatifi-
cazione tuttavia non si è dispensati
dalla presentazione dei miracoli.
Don Andrea Beltrami (giovane sa-
cerdote morra a Torino nel 1897, a soli
27 anni). Zeffirino Namuncurà (il
principino delle Ande, figlio del cacico
degli Araucani, morto a Roma a 18
anni). Don Augus to Czartoryski
(principe polacco, divenuto sacerdote e
mono nel 1893 ad Alassio).
Dopo che è stata dichiarata l'eroi-
cità delle virtù dal Papa, hanno iJ tito-
lo di Venerabile: don Beltrami dal
14
1966; Zeffirino dal 1972; don Augusto
dal 1978.
Il titolo di Venerabile non comporta
ancora il culto pubblico. Con esso
però la Chiesa riconosce in forma uf-
ficiale, con la sua autorità, l'eroicità
delle virtù - e quindi di fatto la san-
tità - di un Servo di Dio. Appoggian-
dosi a tale considerazione, non man-
cano studiosi che sostengono la con-
venienza che venga riconosciuto il ti-
tolo di Beato già alla dichiarazione
dell'eroicità delle virtù, senza atten-
dere i miracoli. La Chiesa non si è
pronunciata al riguardo. Essa, quasi a
garantire con un segno tlal cielo la
proclamazione dei Santi, da secoli se-
gue la prassi di richiedere la conferma
dei miracoli per la beatificazione e la
canonizzazione.
Suor Teresa Valsé Pantellini (Figlia
di Maria Ausiliatrice, morta a Torino
nel 1907 a 29 anni). Donna Dorotea
Chopitea (cooperatrice salesiana mor-
ta a Barcelona (Spagna) nel 1891 a 74
anni). Suor Maddalena Morano
(ispettrice delle FMA in Sicilia, morta a
Catania nel 1908 a 61 anni).
Le loro cause si trovano quasi allo
stesso punto dell'iter che prepara il
riconoscimento del.le virtù eroiche. La
Sacra Congregazione ha già vagliato
le prove della loro santità raccolte nei
due Processi, ordinario e apostolico; il
Promotore Generale della Fede (che
di solito è chiamato avvocato del dia-
volo) ha già formulato le sue obiezio-
ni, e si sono anche presentate le ri-
sposte a tali obiezioni. Ora si allende
che tutto il matcriale'riguardantc cia-
scuna causa (la cosiddetta « Positio
super virtutibus») venga esaminato
dalle due apposite commissioni, per
giungere - se il parere sarà favore-
vole - al decreto sull'eroicità delle
virtù.
Don Filippo Rinaldi (Rettor Mag-
giore dei Salesiani, terzo successore di
Don Bosco, morto a Torino nel 1931 a
74 anni). Simone Smgi (coadiutore
salesiano, nato a Nazareth e mono nel
1943 a 66 anni).
Le loro cause sono in movimento, e
camminano quasi alla pari.
Per Don RinaJdi è stato promulgato
il decreto di introduzione della causa
presso la Sacra Congragazione di Ro-
ma (dopo l'esame del primo Processo
di Torino), e si sta esaminando il De-
creto del « Non culto». Per questo non
dovrebbero sorgere difficoltà; si spera
perciò che si possa avviare presto il

2.5 Page 15

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Processo apostolico sulla pratica delle
virtù eroiche. Esso si svolgerà alla
Curia di Torino, non più però per au-
torità diocesana ma per autorità della
Santa Sede.
Per Simone Srugi è annunciato co-
me prossimo. anche se non promul-
gato, il D ecreto di Introduzione della
causa presso la Sacra Congregazione.
Si dovrà svolgere ancora in tempo re-
lativamente breve il processo del
« Non culto», e poi si dovrà iniziare il
Processo Apostolico presso il Patriar-
cato di Gerusalemme.
Su un presunto miracolo operato
per intercessione d.i don Rinaldi, è già
stato falto il primo Processo presso la
Curia di Mondovì, per raccogliere le
prove del fatto. Tale Processo è stato
inviato a Roma, ma la Sacra Congre-
gazione segue la norma di non esami-
nare i miracoli prima che sia dichia-
rata l'eroicità delle virtù. Solo quando
e se Don Rinald.i sarà dichiarato Ve-
nerabile, comincerà l'esame del mira-
colo.
Don Luigi Variara (missionario in
America Latina, fondatore delle Suore
dei Sacri Cuori, morto in Colombia nel
1923 a 48 anni). Mons. Luigi Olivares
(vescovo salesiano di Sutri e Nepi,
mono nel 1943 a 70 anni). Don Luigi
Mertens (morto a Liegi in Belgi.o nel
l 920 a 55 anni).
La Sacra Congregazione ha preso in
esame i Processi ordinari, svoltisi ri-
spettivamente nelle diocesi di Bogotà,
Roma e Liegi; il Promotore della Fede
ha formulato le obiezioni alle cause, e
sono state presentate le risposte. Ora
la Sacra Congregazione deve studiare
tutta la documentazione raccolta nel-
la cosiddetta « Positio super Causae
lntroductione» per procedere poi, se
l'esito sarà positivo, all'introduzione
ufficiale della Causa presso la Sacra
Congregazione.
Laura Vicuiia (allieva delle FMA,
morta a Junin de los Andes, Argentina,
nel 1904 a 13 anni)
La causa si trova nella stessa situa-
zione delle tre precedenti. C'è tuttavia
una difficoltà, che non riguarda que-
sta causa in particolare ma tutte le
cause dei preadolescenti e degli ado-
lescenti. Presso la Sacra Congregazio-
ne si è posto il dubbio se essi abbiano
capacità di esercitare le virtù in grado
eroico. Si attende la soluzione di que-
sto dubbio d.i carattere generale, op-
pure che la causa di Laura Vicuna sia
esaminata a sé, per certificare se nel
suo caso specifico ci siano gli elementi
per giud.icare dcli' eroicità delle virtù.
Don Rodolfo Komorek (sacerdote
polacco missionario in Brasile, morto
nel 1949 a 59 anni). Alessandrina Da
MA E' FATICA
ANCHE FARE I SANTI...
ftHt_
Don Luigi Flora - 65 anni, già superiore del
Consiglio per la Regione Italia-Medio Oriente, e
prima per i Cooperatori, gli exallievi e la stam-
pa - dall'anno scorso è Postulatore delle cause
salesiane (oltre che Procuratore Generale per la
Congregazione Salesiana presso la Santa Sede).
Egli è succeduto a don Carlo Orlando, che fu
postulatore dal 1961. al 1978 e -operando in tale
ufficio anche con don Luigi Castano - in quegli
anni ha visto riconoscere dalla Chiesa: don Rua
come Beato; mons. Versiglia e don Caravario
come Martiri; don Beltrami, Zeffirino Namuncurà
e don Czartoryski come Venerabili.
BS ha posto a don Fiora cinque domande.
Domanda. Don Fiora, quanti sono I santi salesiani?
Risposta. La Famiglia Salesiana sembra sia stata largamente favorita dal Si-
g,ore in questo primo secolo di vita. Oltre a Don Bosco, Maria Mazzarello e
Domenico Savio già giunti al traguardo della santità riconosciuta dalla Chiesa,
sono ben 117 tra confessori e martiri i membri della Famiglia di Don Bosco di cui è
in corso la causa di beatificazione o canonizzazione presso la nostra Postula-
zione. Senza contare numerose altre figure, come gli exallievi Antonio Petix e
Alberto Marvelll, la cui Causa è condotta avanti da altre Istituzioni.
Tra questi candidati agli altari figurano le categorie più diverse: Salesiani
sacerdoti e coadiutori, Figlie di Maria Ausiliatrice, Cooperatori, Exallievi, e anche
due ragazzi emuli di Domenit;v Savio. Per patria appartengono a Italia, Spagna,
Polonia, Belgio, Portogallo, Argentina, Cile, Palestina; tenendo conto dei paesi
dove vissero, c'è da aggiungere anche Cina, G lappone, Colombia e Brasile.
D. Che cosa possiamo pensare dei santi salesiani?
R. I santi sono un dono che Dio fa agli uomini. I santi salesiani sono testimo-
nianze vive ed esemplari del modo in cui noi, nello spirito di Don Bosco, dobbiamo
vivere il Vangelo. Costituiscono l'espressione più alta di quanto ha realizzato la
Congregazione nella sua storia. Il carisma salesiano è custodito nelle loro gesta,
con la garanzia ufficiate della Chiesa.
Il giorno in cui non sorgessero più santi nella Famiglia Salesiana, o noi non
sentissimo più il dovere di promuoverne le cause di canonizzazione, sarebbe
segno che abbiamo cessato di voler essere nella Chiesa •segno» del Regno.
D. Quali sono i suoi compiti come Postulatore delle cause salesiane?
R. li Postulatore è colui che a nome della Congregazione Salesiana promuove
le cause presso la Sacra Congregazione per le cause del santi•· Esse si svol-
gono come le cause ordinarie, con la differenza che nei tribunali civili o penali si
cerca di dimostrare che un individuo è o non è un delinquente, mentre nel nostro
caso si cerca di dimostrare se uno è o non è santo. Per il resto le cose procedono
nello stesso modo: tribunale, giudici, testimoni, prova, avvocati di accusa e dife-
sa, carte e carte...
Il Postulatore presenta la causa, i testimoni, le prove; segue e stimola i diversi
passaggi burocratici; scioglie con gli awocati le difficoltà presentate dall'avvo-
cato del diavolo; cura la stampa della voluminosa documentazione; paga le spese
(che sono causate soprattutto dagli impegni tipografici).
Farsi santi è fatica; ma è fatica anche fare i santi...
D. Nella corsa verso gli altari, chi farà il prossimo passo avanti?
R. Spero che, se tutto procederà favorevolmente, la causa di suor Valsé Pan-
tellini potrà fare passi avanti per prima: è già iscritta tra le cause che saranno
prese prossimamente in esame dalla Sacra Congregazione. Ma qui si lavora per
l'eternità, quindi il tempo segue un ritmo tutto proprio...
D. Quale atteggiamento dobbiamo avere nei confronti dei nostri santi?
R. Essi ci sono dati da Dio quasi come «Intercessori di famiglia» nelle nostre
difficoltà spirituali e materiali. Mantenere lo scambio di preghiere e di grazie tra
noi e loro, realizza praticamente la vera «comunione dei santi•, e crea il senso
della famiglia spirituale.
Non dimentichiamo perciò I nostri Servi di Dio. e invitiamo gli amici a Invocarli
con noi. Ci saranno di aiuto. E i miracoli che potranno servire alla loro glorifica-
zione, saranno prima di tutto a lode e gloria di Dio.
15

2.6 Page 16

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Costa (cooperatrice salesiana morta a
Balazarpresso Braga in Portogallo, nel
1955, a 51 anni)
Per don Komorek è già stato rila-
sciato con giudizio favorevole il De-
creto sugli scritti, e è stato preparato il
«Sommario» (cioé un volume che
raccoglie in sintesi le testimonianze
del Processo ordinario), per lo studio
che dovrà essere compiuto dalla Sa-
cra Congregazione.
Per Alessandrina è stato ugualmen-
te emanato il Decreto, con esito favo-
revole, sugli scritti, e si sta preparando
il «Sommario" allo stesso intento.
Martiri dJ Spagna (sono in corso tre
cause, comprendenti complessivamen-
te 97 nomi di salesiani e Figlie di Maria
Ausiliatrice trucidati durante la guerra
civile).
Queste cause, con tutte le altre dei
Martiri Spagnoli del 1936-1939, sono
in attesa che si faccia piena luce sui
motivi reali che provocarono la morte
deì Servi di Dio.
Mons Vincenzo Ci.matti (fondatore
dell'opera salesiana in Giappone, mor-
to a Tokyo nel 1965 a 86 anni)
E' la prima causa promossa dai Sa-
lesiani in conformità con le nuove
norme, emanate da Paolo VI nel 1969
per semplificare e sveltire l'iter delle
cause. Secondo tali norme non si fan-
no più due Processi (il primo, detto
ordinario, per autorità del vescovo; e
il secondo, detto apostolico, per auto-
rità della Santa Sede), ma un solo
processo. Il vescovo locale chiede
l'autorizzazione di avviare il Processo
inviando alla Sacra Congregazione di
Roma la documentazione richiesta.
Se questa ritiene probante tale docu-
mentazione, concede il Nulla Osta per
il Processo e dà le indicazioni per
l'impostazione del Processo (che sarà
per ciò stesso apostolico, eliminando
quello secondario).
Per mons. Cimatti è già stato fatto
questo Processo a Tokyo e a Torino, e
è stato presentato a Roma insieme
con i molti volumi degli scritti. Ora si
attende la consegna della copia pub-
blica del Processo alla Postulazione, e
l'approvazione degli scritti.
Artemide Zatti (salesiano coadiuw-
re in Jtalia ma emigrato da ragazzo in
Argentina e morto a Viedma nel 1951 a
70 anni). Suor Eusebia Palomino (Fi-
glia di Maria Ausiliatrice spagnola,
morta a Valverde del Camino nel 1935
a 35 anni).
E' stata presentata alla Sacra Con-
gregazione la documentazione dei
Vescovi delle rispettive diocesi per
iniziare la causa. Si attende il «Nulla
Osta» per poter istruire il Processo, a
Viedma per Artemide Zatti e a Huelva
per Eusebia Palomino. LurGI FI0RA
* ARGENTINA IL PROFESORADO JUAN XXIII
Per educare
i futuri educatori
A Bahfa Bianca nella Patagonia, un Istituto superiore da vent'anni
prepara professori per le scuole statall e private dell'Argentina. Una
missione a servizio della società civile e della Chiesa, testimoniata
anche - In una tragica circostanza - a prezzo della vita.
« E ravamo stanchi di lavorare per
il laicismo»: cosl il fondatore
del Profesorado don Osvaldo Fran-
cella aveva motivato quest'opera sin-
golare, che rende un servizio prezioso
alla scuola e alla Chiesa argentina, so-
prattutto in Patagonia.
Il Profesorado conta già vent'anni
di esistenza, ha una spaziosa sede nel
centro di Bahfa Blanca, è frequentato
da allievi provenienti anche da molto
lontano, e ha già preparato e immesso
nell'insegnamento centinaia di do-
centi. A spingere i salesiani nel dargli
vita sono stati diversi motivi.
C'era anzitutto un servizio da ren-
dere al paese. Nella Patagonia cresce-
va il bisogno di scuole e più ancora di
insegnanti ben preparati. Il Profeso-
rado ha accelerato la loro preparazio-
ne. I suoi corsi sono a livello universi-
truio e durano in media quattro anni,
ma non richiedono al termine una tesi
di laurea: preparano all'insegnamen-
to e concludono con un titolo che è
riconosciuto in tutte le scuole argenti-
ne, pubbliche e private. Insomma chi
esce dal Profesorado per affrontare la
carriera di insegnante, ha - rispetto a
chi esce dalle università - lalaurea in
meno e una preparazione professio-
nale (quindi anche psico-pedagogica)
in più.
C'era poi l'altro motivo, quello reli-
gioso. Quanti giovani, magari usciti
dalle scuole salesiane, vanno poi nelle
università a ricevere un'educazione
laica, sovente agnostica, Ò atea. E sa-
liti a loro volta in cattedra, se non
hanno saputo premunirsi, diventano
essi pure maestri di irreligiosità. Il ri-
schio di tante scuole cattoliche era e
rimane di lavorare per il laicismo,
preparando giovani che saranno poi
«rifiniti» nelle università laiche. Ora il
destino di un popolo si gioca nella
scuola, «l'avvenire religioso della Pa-
tagonia - sosteneva a ragione don
Francella - dipende dall'educazione
che riceveranno i futuri dirigenti. Se
non li si forma noi, saranno i laicisti a
invadere il campo. E è quel che stanno
già facendo».
I semplici datJ. Il Profesorado è
chiamato così perché prepara profes-
sori; il suo nome esatto è « lnstituto
superior Juan XXIII». Aperto il
29.3.1960, e incorporato nell'insegna-
mento ufficiale il 22.7.1961, a tutto il
1978 ha avuto 4.620 iscritti. Di essi
1.183 sono già entrati nell'insegna-
mento attivo nei tipi più vari di scuole,
statali e private, in tutto il paese ma
soprattutto in Patagonia.
Attuale Rettore è don Giuseppe Del
Col; mentre un altro salesiano, don
Marco Carbonetti, è direttore del
Centro Ricerche. Altri salesiani figu-
rano nel corpo docente, che annovera
complessivamente 109 insegnanti.
Sempre nel 1978 gli allievi sono stati
733. L'Istituto rilascia il titolo di pro-
fessore nelle principali discipline della
scuola media: spagnolo, letteratura,
inglese, matematica, fisica, geografia,
scienze economiche, filosofia, psico-
logia, pedagogia, attività pratiche.
Plld,. Owaldo Fr■ncella conMgna nel 1H5
uno del primi diplomi rllaecl■tl dal P!Vla«■do.
16

2.7 Page 17

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_____. . . .
---Libreria
VITO SANSONE
Pietre da Salvare
SEI 1978. Pag. 352. llre 9.000
Le antiche civiltà hanno tramandato ai
posteri monumenti preziosi, dalla mura-
glia cinese alle piramidi d'Egitto al templi
incaici, che gli elementi atmosferici a
poco a poco stanno sgretolando. Ma
tanto spesso è l'uomo il nemico più pe-
ricoloso, quando diventa vandalo. Per
fortuna altri uomini più saggi lottano per
la salvezza delle memorie del passato
disseminate nel mondo. li libro affronta Il
problema, documenta, responsabilizza.
In mano a ragazzi, educa Insomma è
una •strenna• piena di Illustrazioni In
bianco e nero e a colori, tutta da vedere
e da leggere.
a.hfa Bianca: l'Imponente Nde del Prof-.do lntltolato • Papa Giovanni.
L'Istituto è andato aureuandosi di
anno in a nno. Visse dapprima in sede
provvisoria, ma il 28.6.1969 inaugurò
la nuova sede in Calle Vieytes 286: un
edificio a otto piani più terreno e in-
terrato, su un'area di 6 100 mq, che
oggi comprende l'aula magna con 437
posti, 42 aule scolastiche, una biblio-
teca con 21.388 volumi, laboratori di
fisica e linguistica, osservatorio astro-
nomico. E un Centro Ricerche ope-
rante in svariate aree: calcolo elettro-
nico, psicologia umana, psicodiagno-
stica e selezione del personale, ricerca
letteraria, orientamento vocazionale.
Al suo servizio c'è da quesl'anno un
nuovissimo calcolatore elettronico, il
Digita! PDF 11 / 34, costato con gli ac-
cessori più di 36 mila dollari. Anche la
Congregazione Salesiana ha contri-
buito aJ suo acquisto, e perciò il
«Centro de Computos» è intitolato a
Don Bosco. Le nuove attrezzature
elettroniche permettono ora al Profe-
sorado di aggiungere due nuovi titoli
di studio: quelli di analista in calcolo
amminis trativo e in controllo di ge-
stione.
Ma al di là dei semplici dati, già
eloquenti, contano le idealità e i tra-
guardi culturali e spirituali che il Pro-
fesorado persegue.
Un'immagine di uomo nuovo. Il
Profesorad o si propone di rare di cia-
scun allievo un docente, un educatore
e un testimone. Docente, perciò ben
preparato s ul piano scientifico e cul-
turale. Educa1ore, perciò ricco di for-
mazione umanistica e pedagogica.
Testimone, quindi capace di incarnare
personalmente i valori da tras mettere.
Tutto ciò nel massimo rispetto, specie
sul piano religioso, delle convinzioni
degli allievi. N oo per nulla hanno fre-
quentato l'Istituto anche protestanli
ed ebrei.
Una specie di manifesto ideologico
pubblicato nel 1974 d ice quale • im-
magine di uomo nuovo,. il Profesora-
do mira a realizzare:
* un essere di più come persona
(contro un «avere di più• che cosifi-
*ca);
un essere per gli altri; a servizio,
con alLruismo (contro l'individuali-
*smo che disumanizza);
un essere con gli altri in un rap-
porto di amore e giustizia (contro il
dominio e l'oppressione che manipola
e alliena);
* un essere rivolto al futuro, con
dinamismo e apertura al nuovo (con-
tro il fissismo c he paralizza la storia);
* un essere da e verso Dio come
risposta di fede radicalmente libera-
trice (contro l'umanesimo ateo che
annulla il mistero dell'uomo).
Questo programma di umanesimo
schiettamente cristiano viene vissuto
nello sùle educativo di Don Bosco. in
clima di famiglia, di apertura e confi-
denza fra giovani e docenti.
Il prezzo della fedeltà. Ispirato a
Papa Giovanni XXIII, l'Istituto in lulli
questi anni non ha certo nascosto i
suoi principi cristiani in campo reli-
gioso, filosofico e sociale. E ciò non è
piaciuto a tutti.
La mattina del 21.3.1975, alle 3,25.
alcuni sconosciuti irrompevano aura-
verso un balcone nei locali della co-
munità salesiana, decisi a incendiare e
ammazzare. Quando i pompieri dopo
ore di lavoro riuscirono a spegnere le
fiamme, trovarono un salesiano -
don Carlo Doniak - morto in un lago
di sangue. Una pallottola di 9 cm spa-
rata quasi a bruciapelo lo aveva ful-
minato. Era il preuo della fedeltà ai
princìpi.
La solidarietà unanime suscitata
dal gesto assurdo, ha convinto i sale-
siani del Profesorado a impegnarsi
ancor più. Fedeli al motto che si :.ono
dato: "Verum cffundere ad bonum •·
Diffondere il vero per il bene.
*
ANGIOLA BROCCATI STRADELLA
Don Ortona
Ed. Messaggero (Padova). Pag. 156.
senza prezzo.
Quel Luigi ragazzo si era ricevuto un
buffetto sulle guance da Don Bosco; alla
sua prima confessione gli aveva pre-
sentato tre quadernetti pieni di peccati e
Don Bosco Il aveva strappati senza leg-
gerli; alla fine erano rimasti d'Intesa:
«Ricordati che noi due saremo sempre
amici». Poco dopo Don Bosco era mor-
to, e Luigi Orione entrava in seminario: il
Signore lo chiamava per altre strade. Ma
rimarranno amici ugualmente.
Exallievo di Don Bosco lui, e exallleva
anche l'autrice. che racconta la vita di
questo servo di Dio con un brio Incante-
vole.
MARY MAC CRAKEN
Tesoro - Una bambina molto speciale
SEI 1978. Pag. 216, lire 6.000
Un'esperienza edu-
. . , _ cativa eccezionale,
raccontata da chi l'-
,nMU
ha vissuta e sofferta
giorno dopo giorno:
l'autrice, madre di
due bambini, e edu-
catrice di bambini
disadattati. •Teso-
ro. era un caso
~ semplicemente di-
sperato. una bambi-
na picchiata dal fratelli e dal padre, but-
tata fuori casa, prigioniera della solitu-
dine, della paura e della rabbia. Il libro
viene a dire, attraverso pagine dramma-
tiche e commoventi, come è avvenuto il
miracolo del suo quasi Impossibile re-
cupero. E a ricordare - ma sarà la
conclusione personale del lettore - che
in ogni ambiente c'è qualcunoda aiutare
a •liberarsi•·
Tutto sulla Sindone. E' uscilo un libro
intitolato Breve saggio critico di blblio-
grafla e di Informazione sulla sacra Sin-
done.: edito a Torino dalla Bottega di
Erasmo, costa 22.000 lire. E è opera del
sindonologo salesiano don Luigi Fossa-
ti. Opera paziente (ci vorrebbe Il com-
punte,. tanto numerosi sono gli scritti
apparsi di recente sulla Sindone). viene
a completare una precedente blbliogra-
lia ferma a l 1936.
H

2.8 Page 18

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o
Con la lettura (e non solo quella) mi sono avvicinato a Don Bosco, e trovo
in Jul tanti aspetti moderni, positivi, entusiasmanti Ma aJtri mi lasciano per-
plesso. Per esempio U suo pensiero e comportamento in campo politico e
sociale.
Ho trovato In una sua conversazione degli anni '80 con mons. Bonomelll
queste parole: " lo mJ accorsi che se volevo fare un po' dJ bene, dovevo mettere
da parte ogni politica. Me ne sono sempre guardato, e cosl... ho avuto aiuti
anche dove meno me l'aspettavo". Ma - domando - si può mettere da
parte il politico? E d 'altra parte risuJta che Don Bosco si è tuffato in pieno nelle
questioni poUtiche del suo tempo.
Così mi ha sorpr eso questo giudizio di uno storico saJesiano d 'indubbia
competenza: "Non mJ pare che egJJ (Don Bosco) si ponga il problema delle
classi in trasformazione... Non ml pare che avverta la vasta portata del feno-
meno pauperista in ordine ai dvolgùnentl sociali".
La figura di Don Bosco è dunque cosl vulnerabile sotto l'aspetto politico e
sociale? Dobbiamo pensare che Don Bosco non sia stato un buon cittadino?
{Lettera firmata)
Pensiamo di 110, anche se sarebbe ingenuo sostenere a miti i costi una sua...
infallibilità. La tematica proposta nella lertem (che abbiamo dovuto riassumere) è
più vasta di quanto conceda lo spazio del BS; ma conviene almeno tracciare
qualche pista di l'iflessione.
Alcuni termini introdotti dal nostro lettore hanno bisogno di un'esalfa imer-
prerazione: cosa intendiamo per politica e per questione sociale? Non possiamo
restringere il politico al partitico: il politico è anzitutto l'occuparsi della polis, del
bene comune, e è responsabilità di tutti i cittadini; ma non necessariamente, per
fare questo, occorre militare pubblicamente e attivamente in una fazione scl1ie•
rara contro le altre. Così non si può restringere l'ambito del sociale al sindacale. I
partiti non sono t11tto il politico, i sindacati non sono rutto il sociale; non tutti i
cittadini devono essere necessariamente militanti nei partiti, nè sindacalisti:
Esistono dunque altri spazi i11 cui un Cittadino può impegnarsi meritevol-
mente e ,·i.su/tare a tutti gli effetti un buon cittadino».
- con eroismo se occorre - la carità.
Così per Don Bosco sembra avvenire
in linea teorica il ricupero del politico
e soprattutto del sociale.
fatto però Don Bosco rimane
sconvolto dalla situazione concreta in
cui vengono a trovarsi gli uomini suoi
contemporanei, specialmente i giova-
ni della Torino avviata all'industria-
lizzazione, avvolti nella miseria dell'i-
gnoranza e del male, privi sovente di
una visione cristiana della vita, sfrut-
tati e disprezzati. Queste creature
spesso lontane da Dio e abbando nale
a se stesse. lo muovono a pietà. La loro
degradazione umana a volte è tale che
non possono conseguire il massimo
bene, vivere da figli di Dio. Miseria
sociale e peccato morale si impastano
in modo che per redimere le anime
diventa necessario anche liberarle dai
condizionamenti economici negativi.
Così in concreto la questione sociale s i
presenta a Don Bosco: fortemente
sentita e sofferi.a, ma in una visione
anz.itullo religiosa, che le fa da cornice
e le dà un significato ben diverso da
quello dei sociali!.mi del suo tempo.
3. Tirato per I capelli. Don Bosco,
mentre in linea di principio dichiara di
non voler fare politica, in pratica poi s i
smentisce fino a diventare protagoni-
sta nelle vicende risorgimentali e nella
1. Una visione religiosa del mondo.
li pensiero e l'adone di Don Bosco nel
politico e nel sociale si possono valu-
tare in pieno, solo se visti in tutta la
ricchezza della sua figura. Egli fu an-
.dtutto sacerdote, educatore, fondato-
re di istituti religiosi impegnati nell'e-
ducazione della gioventù. La sua vi-
sione del mondo fu in primo luogo
religiosa, cosiprimariamente religiosa
che il politico e il sociale si trovano
inserili in questa cornice e ne riman-
gono condizionati.
Si tratta di una visione fortemente
teocentrica, escatologica e ascetica. Al
vertice c'è Dio che realizza sulla terra,
mediante Cristo, la Chiesa per la sal-
vezza degli uomini: essi giungono a
Dio attraverso il Vicario di Cristo, il
Papa. Ecco perché Don Bosco ha già
scelto sul piano operativo: egli è col
Papa sempre e a qualsiasi costo. Af.
levato in ambiente conservatore (il
seminario dei suoi tempi), egli tuttavia
nel 1848, e forse anche negli anni pre-
cedenti, risulta disposto ad aperture
neo-guelfe, perché ciò allora era con-
forme allo •Stare con il Papa». E su-
bito dopo ritorna - qualcuno ha det-
to - «conservatore e austriacantc»,
perché ciò gLi sembra 1ichiesto dalla
nuova situazione se vuole rimanere
col Papa.
Don Bosco si oppose all'unità d'Ila-
Don Bosco non fu
lia? Una lettura serena del suo libro
«Storia d'Italia» e delle pagine del-
l'«Amico della gioventù» (il giornale
che nel ·49 egli tentò di dare ai cauolici
torinesi) porta a pensare il contrario.
L'unità d'Italia era nel cuore di Don
Bosco; ciò che mise in crisi la sua co-
scienza di cattolico, fu il fatto che
quest'unità venne perseguita e rag-
giunta senza il Papa e contro il Papa.
2. U ricupero del sociale. La sfera
del religioso in Don Boscocosl tota-
lizzante da assorbire, ridimensionare
e condizionare il politico e il sociale.
Egli vive in termini drammatici il
problema della salvezza dell'anima: la
vita è considerata un breve periodo di
prova al termine del quale si viene
giudicali, e il giudizio rimarrà fissato
per sempre. Ciò che conta dunque è
l'essere buoni cristiani. E poiché si è di
passaggio sulla terra. ciò comporta
anche essere onesti cittadini. Per lui
l'impegno morale-ascetico deve por-
tare ciascuno a occuparsi degli altri
secondo il parametro delle Bealitudi-
ni e sull'esempio di Cristo, vivendone
Posando dalla po'Mrtà del campi alla povertà
della perlfltl'la toflneN, Giovannino si 1chi..rà
con I povlll'I, ma •Contro. n...uno.
18

2.9 Page 19

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Torino 1848 (In una lttogralla apparN su c li mondo llluetrato»). Don Bosco, cattollco e llallano,
soffri In profondità Il dlnldlo clell'ltalla che diventava unita contro Il Papato.
•questione romana». Ciò stupisce
molti, compreso il nostro lettore.
C'è una prima osservazione da fare:
Don Bosco fu tirato per i capelli nella
«politica di parte», operò unicamente
negli spazi in cui il politico invase il
religioso, e intervenne unicamente
nella difesa del Papa e per favorire gli
interessi religiosi della cristianità. E'
in questa prospettiva che ammoniva i
la sua comprensione cristiana della
realtà non si ferma lì. Egli vede anche
la «miseria» dei ricchi, chiusi nel loro
egoismo, incapaci di usare bene le
ricchezze accumulale, in grave pe-
ricolo di dannarsi in eterno». Perciò il
suo impegno morale-ascetico lo spin-
ge a mettersi certo da]]a parte dei po-
veri, ma no11 contro i ricchi: egli si
colloca piuttosto come mediatore tra
un buon cittadino?
ministri: « Don Bosco è prete sempre e
dappertutto».
Una seconda osservazione: Don
Bosco nella conversazione con mons.
Bonomelli e in tantissimi altri casi dà
alla parola «politica» un significato
restrittivo, non del tutto esatto. ma
ancora oggi comunemente utilizzato.
Cioè un fare politica inteso come
mettersi con una parte (un partito),
contro le altre parti. Quel che Don
Bosco rifiuta è la politica di partilo, lo
schierarsi - lui sacerdote impegnato
per il bene di tutti - con una fazione
contro le altre. Questo rifiuto della
«fazione» è vissuto da Don Bosco
ugualmente nel campo sociale: egli
potrà sposare la causa di una classe, di
un ceto, ma non contro gli altri. E alla
base della sua scelta sono ancora una
volta le motivazioni religiose.
4. Il primato della carità. Don Bo-
sco non è contro: la sua coerenza col
Vangelo, il primato della carità, glielo
impecLiscono. Egli vede la miseria dei
poveri e - povero pastorello arrivato
dai campi - solidarizza con loro. Però
le due categorie, e trova logico convo-
gliare le ricchezze dei ricchi verso i
poveri. Vede il suo sacerdozio realiz-
zarsi in pieno in questa manovra di
coinvolgimento di ricchi e poveri in-
sieme, che di fauo si incontrano nella
carità cristiana, e diventano Lutti
« buoni cristiani e onesti cittadini».
E una volta buttatosi nella mischia
per aiutare i poveri, si accorge che ha
bisogno dell'aiuto dei ricchi. Allora
scopre non solo che questo aiuto gli
viene rifiutato se s i mette contTO (cosa
abbastanza ovvia), ma anche che l'at-
teggiamento conciliante gli o ttiene
aiuti « anche dove meno se lo
aspetta». La sua biografia è ricca di
episodi in cui famosi anticlericali e
mangiapreti fanno un'eccezione per
Don Bosco, e aiutano lui e i suoi ra-
gazzi.
5. Sindacalista? Però Don Bosco
nei confronti dei ricchi non è soltanto
col cappello in mano. Quando negli
anni '50 stipula con i padroni i primi
« contratti di apprendistalO» per i suoi
ragazzi, dimostra una sensibilità sin-
dacale c he lascia ancor oggi stupefat-
ti. E ha il coraggio di fare ai ricchi certi
discorsi da rizzare il pelo (si hanno
due relazioni di discorsi con esplicite
minacce: se non date secondo giusti-
zia ai poveri - dice loro -, i poveri
verranno a prendersi ciò che spetta
loro, e verranno col coltello, con la ri-
voltella in mano).
Dunque Don Bosco sindacalista? E'
difficile immaginarlo in un corteo.
D'altra parte le sue «scuole d'arti e
mestieri» costruite in t utto il mondo
preparano una gioventù professional-
mente capacitata, in grado di presen-
tarsi al padrone - onesto o disones to
che sia - per trattare da pari a pari,
con dignità, la propria assunzione al
lavoro. Don Bosco non predica la
conflittualità, non fa la rivoluzione.
Ma prepara gli uomini che domani
saranno assertori della giustizia so-
ciale e della propria dignità. Essi, è il
caso di notarlo, saranno capaci non
tanto di protestare e manifestare (il
che non è poi molto), ma soprnuutto
di dare un contributo positivo al be-
nessere sociale. Del resto, se n on s i
costruisce tutti insieme una torta
grossa, che sen so ha litigare per acca-
parrarsi la fetta maggiore?
6. Quelli che vorrebbero ma non
sanno. L'impegno di Don Bosco nel
contribuire al bene comune non si
forma qui. Egli ha saputo mettersi a
capo - dapprima in Italia, poi in Eu-
ropa e anche più lontano - di una
quantità di persone cLiversissime per
origine, ceto sociale, cultma, capacità
op erative, e è riuscito a coinvolgerle
nel suo progetto a favore della gio-
ventù.
Per cominciare, quei benestanti che
vorrebbero fare del bene ma a volte
non sann o come e attendono qualcu-
no che li animi, Li orienti, li diriga, Don
Bosco fa l'esperienza che queste per-
sone sono più numerose di quanto
sembri. E le chiama a diventare suoi.
collaboratori. Negozian ti, artigiani,
ma anche nobili e dame delJ'alta so-
cietà, non occupano un posto trascu-
rabile nella storia dell'Oratorio e ne lla
visione sociale che ebbe Don Bosco.
Essi diventano suoi Cooperatori, si
inseriscono da protagonisti. Spiritual-
mente nutriti dalla grazia del Signore,
istruiti nei loro doveri, ben orientati,
anziché« nemici del popolo» diventa-
no con Don Bosco protagonisti del
benessere sociale.
Parlando nel 1887 ai suoi salesiani
(a Lanzo, durante il primo Capitolo
Generale) Don Bosco si lascia andare
a descrizioni da utopia: i Cooperatori
riempiranno le città d'Italia a migliaia
e migliaia. Al punto che Cooperatore
sarà sinonimo di buon cristiano. Que-
19

2.10 Page 20

▲back to top


sti laici cristiani possono compiere la
pacificazione sociale. Non già attra-
verso le rivoluzioni violente, ma sem-
plicemente realizzando in pieno i loro
doveri della carità cristiana verso il
prossimo. Una carità del resto molto
esigente. Don Bosco ha nei confronti
del «superfluo da dare ai poveri» delle
idee drastiche, decisamente contrarie
alle compiacenti teorie morali allora
in voga.
7. Gli emarginati diventano libera-
tori. C'è molto di più: Don Bosco as-
socia nel suo progetto quella stessa
gioventù che strappa dall'emargina-
zione. Non solo restituisce ai ..giovani
poveri e abbandonati» una dignità a
misura d'uomo, ma associa a sé i più
generosi rendendoli protagonisti della
redenzione altrui. I suoi primi salesia-
ni sono in buona parte ragazzi tolti
te per cambiare volto a un quartiere, a
un piccolo centro! E tutto era opera di
quei «ragazzi di Don Bosco», da lui
raccolti e formati, espressione di un
proletariato che senza Don Bosco po-
teva apparire anche senza speranza
8. Perfino gli indigeni. Non basta
ancora... L'utopia sociale di Don Bo-
sco si spinge fino a raggiungere i «sel-
vaggi» sprofondati nell'arretratezza
della foresta, gli indigeni dell'America
Latina. Don Bosco era convinto- e lo
mise per scritto - che i suoi missio-
nari in Patagonia avrebbero potuto
aprire collegi per i figli degli indios,
educarli cristianamente, e ricavarne
senz'altro vocazioni religiose e sacer-
dotali: cosl anche gli indigeni nel bre-
ve giro di qualche anno sarebbero di-
ventati civilizzatori e evangelizzatori
dei loro fratelli.
Nlllle aue acuole Don Boaco preparèl une gioventù prof...lOnalmente capacitata, In grado di
lnltlare con dignità col daton di lavoro.
dalla strada e cresciuti all'Oratorio. Lo
stesso accade per l'altra sua congre-
gazione: molte delle prime Figlie di
Maria Ausiliatrice erano ragazze della
campagna, contadine appena alfabe-
te, e diventano presto una congrega-
zione insegnante. Il caso limite si ha in
santa Maria Mazzarello, la confonda-
trice, che sapeva appena leggere e che
per comunicare con le sue suore
sparse nel mondo reimparò a scrivere.
Don Bosco manda salesiani e FMA ad
aprire le loro opere nelle periferie po-
vere, in mezzo a giovani che vogliono
emergere, e quelle zone spesso si risa-
nano non solo sul piano morale ma -
con una gioventù resa laboriosa e in-
traprendente - anche sul piano so-
ciale. Quante volte un oratorio sale-
siano con le sue scuole professionali e
la parrocchia, affiancato da opere
analoghe delle FMA, è stato sufficien-
Don Bosco presto dovrà ricredersi
(la realtà era ben altra), ma se si vuole
comprendere davvero il suo pens.iero
sociale occorre tenere conto anche di
questi elementi. Del resto la contro-
prova si ha in quel Zeffirino Namun-
curà, principe Araucano .morto pre-
cocemente e oggi Servo di Dio, che
intendeva farsi salesiano e poi tornare
missionario tra la sua gente quasi pri-
mitiva per dischiuderle un avvenire
religioso e sociale.
Ecco dunque uomini emarginati
che - liberatidalla loro emarginazio-
ne - si sentono abilitati alla libera-
zione degli altri. E diventano creativi e
protagonisti di tale liberazione. Per di
più è una redenzione sociale condotta
non attraverso la violenza ma me-
diante una carità cristiana, sublimata
con la donazione totale nella vita reli-
giosa.
9. L'utopia della carità cristiana.
Riassumendo, Don Bosco sacerdote e
educatore non fu un politico nel senso
di uomo di parte e di partito, fu
sindacalista. Del resto perché avrebbe
dovutoesserlo? Nonsi puòpretendere
che tutti siano tutto. Nessuno rinfac-
cia a sindacalisti o politici di profes-
sione, di non fare gli educatori o gli
evangelizzatori.
Così Don Bosco fece una scelta per
sé e i suoi religiosi (questo «non far
politica» in senso partitico, può essere
considerato uno «specifico salesia-
no»), ma non condannò altri atteggia-
menti e comportamenti. Non pretese
di imporre agli altri il suo sistema co-
me l'unico valido. Quando disse: «La-
sciamo ad altri ordini religiosi più fer-
rati di noi le denunce e l'azione politi-
ca, noi andiamo diritto ai poveri», sa-
peva bene che esistevano altre strade
e che esse pure erano buone. Ma ri-
mase fermo nella sua scelta, persuaso
della complementarietà dei diversi
gruppi cristiani, da cui sarebbe risul-
tata L'azione globale della Chiesa.
Don Bosco fu dunque appassiona-
tamente impegnato nel politico e so-
ciale, ma in un modo diverso. Non nel
pretendere il massimo dagli altri - è
questa la via, in fondo abbastanza co-
moda, delle denunce e delle rivendi-
cazioni - ma chiedendo il massimo a
sé e ai suoi. E' una visione, che tutti
abbraccia e nessuno esclude: i poveri
e i ricchi, i buoni e i cattivi bisognosi di
«redenzione», i ragazzi della strada e
le contadine del Monferrato, i nobili
del Piemonte e i ministri del governo,
gli anticlericali d'Italia e i pellerosse
d'America. Difatto poi egli lascia die-
tro sé una scia di uomini, istituzioni,
metodi - laFamiglia Salesiana- che
bene o male continuano a operare
nella sua stessa direzione sui cinque
continenti.
Di questa via sacrale ascetico-cri-
stiana alla soluzione della questione
sociale oggi si potrà dire che fu forse
ingenua, o inficiata da un certo inte-
grismo, o utopica (e le accuse sono
tanto più facili ora che si è istruiti
dalle analisi scientifiche sulla realtà
sociale). Ma si deve aggiungere che fu
e rimane vera poesia, creazione con-
creta di una fantasia cristiana • al po-
tere», realizzata in proprio e nel be-
neficio degli altri.
Il vero limite? Forse risiede nella...
santità. Per mettere in pratica il pro-
getto politico e sociale di Don Bosco,
che chiama in causa se stessi prima
che gli altri, occorre almeno tentare di
vivere al massimo l'utopia della carità
cristiana, di essere santi. Il che è tanto
difficile ...
FERRUCCIO VOGUNO
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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* DON RAFFAELE CRIPPA NEL 50° DELLA MORTE
Ero lebbroso
e tu mi hai curato
Per 35 anni padre Rafael ha distribuito nel lazzaretti della Colombia la
rnserlcordla di Cristo. Lissone, suo paese natale, l'ha ricordato nel
50° della scomparsa. Lo potrà forse dimenticare Il Bollettino Salesia-
no? Ma guardate che tipo era.
Padre Rafael per nove lunghi an-
(( ni è venuto tutti i giorni nella
mia povera casetta. Mi ba fasciato le
piaghe. Mi ba rifatto il letto. Ha pulito
la stanza. Si è abbassato a compiere i
servizi più umili. Ha avuto con me la
pazienza cli un santo» (testimonianza
di un lebbroso cli Agua de Dios).
« Un giorno accompagnai padre
Rafael al letto di un ammalato che era
all'ultimo stadio: il suo corpo era tutta
una piaga, e il poveretto si sentiva sfi-
nito. Per confessarlo, padre Rafael
dovette sedersi sulla sponda del letto,
sollevare col braccio la testa dell'in-
fermo e accostarla alla sua. A confes-
sione finita, si trovò con la veste tutta
imbrattata di marciume. Ma non per-
dette il suo abituale sorriso: estrasse
cli tasca il fazzoletto, e con grande na-
turalezza si pull alla meglio• (testi-
monianza di un sano di Agua de Dios).
Don Bosco fa per te. Povertà e do-
lore sono stati compagni inseparabili
della sua vita, di qua e cli là dell' A-
tlantico. Bussarono all'uscio di casa
sua quando aveva appena un anno,
rubandogli il padre e gettando nella
miseria la famiglia: la mamma Anna
con poca salute, il fratellino Innocente
cli quattro anni, e lui. La mamma ave-
va una casetta sua, la deve vendere
per trasformarla in pane. E poi deve
tendere la mano agli amici, al parroco,
ai vicini. Finché Innocente non è in
grado cli lavorare. Allora la vita cam-
bia, perché Innocente è in gamba,
mette su bottega di falegname (Lisso-
ne, dapprima centro tessile, si sta tra-
sformando in centro del mobile), e
anche Raffaele dopo la terza elemen-
tare viene a dargli una mano. Impara
tutto, impara bene, e quando sarà in
America continuerà a fabbricare mo-
bili anche per i lebbrosi senza mani.
Intanto Raffaele frequenta l'Orato-
110, con gli anni impara a fare il cate-
..:hismo. i piccoli sono entusiasti di lui.
E un giorno si trova con qualcosa di
1,iù in cuore, il desiderio di diventare
sacerdote. Ne parla con il prete del-
l'oratorio, che gli dice: alla tua età (ha
25 anni) Don Bosco fa per te. Ha in-
fatti aperto a Sampierdarena un'ope-
ra per le vocazioni adulte, per giovani
dalla memoria arrugginita come lui,
che aggrediscono il latino con tenacia
stucliando molto e imparando poco
ma... quanto basta.
E' il 1879: Raffaele scrive, Don Bo-
Agua de Dlos, 1908: una giornata di .._. In alto: la maachera forte e delicata di padre Ralael.
sco risponde che lo accetta. La mam-
ma prova un grande dolore, ma lo la-
scia partire. Sei anni dura il suo brac-
cio di ferro col latino, per finire il gin-
nasio. Ma ogni tanto a Sampierdarena
viene Don Bosco, e sono giorni indi-
menticabili. Alla sua prima visita Raf-
faele va a confessarsi. Gli racconta le
mancanze che ricorda, poi si fa atten-
to per imprimere bene nella memoria
i consigli che Don Bosco vorrà dargli.
Ma Don Bosco gli domanda: «Hai fi-
nito?•« Si, padre». •Mano, figliolo... •·
E Raffaele lo guarda con stupore.
«Hai commesso anche questo eque-
st'altro•, continua Don Bosco, ricor-
dandogli alcune mancanze che aveva
dimenticato.
A Raffaele non occorre altro, per
essere di Don Bosco per sempre.
La città del dolore. Nel 1885 Raf-
faele è novizio e riceve l'abito chieri-
cale da Don Bosco. Poi lo mandano a
SanBenigno (Torino) dovelavora tra i
raga.zzi e insieme studia teologia. Nel
1891 è sacerdote. E il Bollettino Sale-
siano viene a sconvolgere la sua vita.
Quell'anno infatti un eroico missio-
nario, don Michele Unia, si è recalo in
Colombia a lavorare nel Lazzaretto di
Agua de Dios, e racconta sul BS la sua
tremenda esperienza. c'è povertà e
dolore, gliinseparabili compagni della
sua infanzia, e don Raffaele ha un
conto aperto con loro. Il BS è stato
letto a voce alta in comunità: i suoi
confratelli sono rimasti molto im-
pressionati, ma lui decide di partire.
Il distacco dalla mamma, da Inno-
cente, è molto doloroso; ma a fine
gennaio 1893 padre Rafae/ (d 'ora in-
nanzi tutti lo chiameranno così) è ad
Agua de Dios nel cuore della Colom-
bia, al fianco di don Unia.
Il lazzaretto sorge a 150 km dalla
capitale Bogotà, le guide turistiche
direbbero « un paradiso terrestre. in
posizione amena tra montagne e col-
21

3.2 Page 22

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line boscose, dove la terra produce
con larghezza squisiti frutti tropica-
li». E' così ma solo quando piove, e
per questo l'acqua che viene dal cielo
è-comedice il nome del posto- «
Dio». Altrimenti c'è la siccità, cioè la
maledizione, col termometro che sale
a 36-40 gradi, l'aria che diventa un
forno, e gli scorpioni e i serpenti vele-
nosi sono gli unici a trovarsi bene.
Verso il 1870 un gruppo di lebbrosi
scacciati da Tocaima, un paese vicino,
vi avevano preso dimora convinti che
il clima caldo e asciutto fosse adatto al
loro male. Le autorità governative
erano intervenute in vari modi: per
prima cosa recingendo lo spazio e
stabilendo un picchetto di polizia. Poi
avevano fatto confluire altri lebbrosi
dalle zone circostanti. Come contro-
partita al campo di concentramento, i
lebbrosi non sarebbero più stati mo-
lestati dalla popolazione sana, e
avrebbero ricevuto qualcosa per la
loro sussistenza. Ma c'erano anche dei
sani nel lazzaretto: intere famiglie che
non avevano voluto separarsi dai loro
cari malati. Era nata così - senza as-
sistenza medica né spirituale, per cit-
tadini senza più diritti civili - la «città
del dolore».
E così era vissuta fino al 1891,
quando arrivò don Unia.
La regina degli spaventi. Allora
Agua de Dios aveva 2.000 abitanti, di
cui 800 malati. Le cure mediche oggi
riescono ad arginare la lebbra, a farla
regredire, in alcuni casi a risanare. Al-
lora non c'era rimedio. Don Unia tro-
va i lebbrosi indifesi contro l'inesora-
bile devastazione del male_ Sulla pelle
macchie e tubercoli purulenti. Carti-
lagini del naso corrose, orecchie ca-
denti, sopracciglia scomparse. Dita
senza falangi, piedi gonfi, tosse conti-
nua, la gola intaccata, udito e vista
indeboliti. Dalle piaghe un fetore in-
sopportabile. Infermi che si trascina-
no così, per 10, 20, 40 anni, in attesa
che la lebbra, dopo tanta metodica
devastazione, dia il colpo di grazia.
Ai dolori fisici, nei malati si aggiun-
gono sofferenze morali non meno do-
lorose: la segregazione dal consorzio
umano, la compagnia di altri esseri
ributtanti, l'assenza di ogni speranza
umana. A ragione la lebbra da quelle
parti viene chiamata la regina degli
spaventi.
Di dove cominciare? Don Unia non
ci pensa due volte: c'è da fare di tutto,
e si rimbocca le maniche.
La lezione di don Unia. Si costrui-
sce una casetta come le altre, e una
cappellina. Poi, visto che sul posto
l'acqua non c'è ma qualche chilome-
tro più in sì, fa arrivare delle tuba-
ture e la canalizza. Poi comincia a co-
struire l'ospedale, lasciando spazi at-
torno per i giardini. Poi ottiene che
22
una comunità di suore venga a lavo-
rare al suo fianco. I malati, che all'ini-
zio erano stati a guardare, ora non lo
considerano più un forestiero ma co-
lui che si prende cura delle miserie e
dei problemi di tutti. E cominciano ad
aiutarlo. A un certo punto le autorità
civili gli concedono i pieni poteri nel
lazzaretto, e mettono a sua disposi-
zione, gratis, la posta, il telegrafo, la
ferrovia.
E nel 1893 arriva padre Rafael, in-
sieme con un salesiano coadiutore. Di
passaggio da Bogotà vengono intervi-
stati, e il giornale scrive: ~Partono per
il lazzaretto con tanta gioia, che sem-
bra intraprendano il più bel viaggio di
piacere». Arrivano giusto in tempo
per imparare da Don Unia quanto sia
difficile lavorare con i lebbrosi, e per
scoprire che don Unia è stanco e ma-
lato, e non ce la fa più.
Ma anzitutto imparano la lezione.
Perché l'impatto con la lebbra è lTe-
La prlm• chleta di AgUII de Dloa, coatrulta d•
padre Refeel.
mendo. Si può essere forti quanto si
vuole, ben corazzati dalla carità cri-
stiana, però di ferro non lo è nessuno.
E poi per combinare qualcosa, biso-
gna anzitutto conquistarsi la fiducia
dei malati, che sono ombrosi, sospet-
tosi, permalosi. Guai a lasciar traspa-
rire il più piccolo segno di ribrezzo: si
perde la loro confidenza per sempre.
E poi quelle anime prigioniere nei
corpi in disfacimento, quasi reclama-
no supplenti di consolazione e di af-
fetto, che servano a placare l'impre-
cazione e la bestemmia nascenti dal
cuore esacerbato.
«La lebbra rende questa gente
estremamente sensibile - spiega don
Unia -. Se io mi mostrassi con loro
schifiltoso, invece di volermi bene so-
no sicuro che mi odierebbero. Pochi
giorni fa, un morente mi ha abbrac-
ciato: se io lo avessi respinto, sarebbe
morto maledicendomi».
Ed ecco arriva la Settimana Santa, e
al lazzaretto si fanno i riti meglio che
si può. Don Unia presiede anche la
«lavanda dei piedi", e tra i 12 ragazzi
scelti alcuni sono lebbrosi. Don Unia
lava con delicatezza quei piedini, al-
cuni hanno la lebbra, e don Unia li
bacia ugualmente. Un fremito di
commozione passa nei presenti: «lo
- confesserà padre Rafael ricordan-
do - senza accorgermene mi trovai
con gli occhi pieni di lacrime».
Il teatro, la banda. Ma don Unia si è
strapazzato troppo. Bisogna portarlo
via, dopo due mesi lo mandano in
Italia a far salute. E pacù-e Rafael si
irova d'improvviso col lazzaretto s ulle
spalle. Si butta nel lavoro, e si accorge
quanto pesa. Predica le «missioni», e
malati e sani partecipano al di là di
ogni anesa, tanti fanno pace con Dio,
sfilano nella processione, si accostano
ai sacramenti.
Qualche mese dopo è costretto a
sc1ivere: « Mi dicono che sembro in-
vecchiato di 10 anni. Ne sia ringrazia-
to il Signore». Ma per fortuna don
Unia nel 1894 torna: sembra rimesso
in salute, e in Italia ha fatto un acqui-
sto favoloso p er il lazzaretto: il chieri-
co Luigi Variaria (oggi Servo di Dio),
venuto apposta per portare tra i leb-
brosi musica e allegria.
E avanti nel lavoro, c'è tanto da fa.
re, anche i lebbrosi aiutano. Ma a
metà del 1895 don Unia declina, de-
vono rispedirlo in Italia. Questa volta
l'aria di casa non basta, muore a di-
cembre bruciato da quattro anni di
lavoro in Agua de Dios. Ora non c'è
più campo per Je illusioni, la respon-
sabilità è tutta su padre Rafael, deve
costruire senza risparmiarsi, realizza-
re il progresso spirituale e materiale di
tutta quella gente.
Il vitto, per esempio: la ten·a è ge-
nerosa, ma guai seil cielo dimentica di
mandare la pioggia. L'ospedale ha
sempre bisogno di medicine, che co-
stano care. C'è da mandare avanti la
scuola, c'è da potenziare l'oratorio
perché i ragazzi non se ne stiano più
per le strade ma imparino un mestiere
e imparino a fare amicizia tra loro. C'è
da rifare le capanne della gente, anzi
da dare ad Agua de Dios una parvenza
di piano regolatore, con vie, piazze,
zone verdi. E e'è soprattutto da cercar
denaro, tanto denaro, per tutte queste
iniziative...
Quella singolare comunità ha biso-
gno più ancora di nutrirsi nellospirito,
di trovare nella fede la forza morale,
di aprirsi alla speranza quando il male
si accanisce e non perdona. La gente
impara a poco a poco a parlare con
Dio, padre Rafael lancia I'«adorazione

3.3 Page 23

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perpetua» e la vede bene accolta,
fonda associazioni per la gioventù e le
vede fiorire.
Il chierico Variara mette su il tea-
trino: quei ragazzi rozzi e inesperti
imparano a recitare commedie e
drammi, e fanno trasecolare gli adulti,
i loro genitori che vanno ad applaudi-
re. Poi mette su la banda. Ce ne vuole
a far capire ai ragazzi come si impu-
gnano gli strumenti, come si soffia
dentro e come si batte, ma quando
tutta la gente si raduna per inaugurare
la cappella di San Giuseppe fabbrica-
ta da Padre Rafael, la banda precede
tutli suonando nella processione, e i
genitori si domandano increduli come
hanno fatto ad imparare.
La casa dei ragazzi. Intanto, per
una comunità che prega suJ serio, la
vecchia cappellina è divenuta del tut-
to insufficiente, e padre Rafael decide
di sostituirla con una chiesa grande .
Perché la decisione non rimanga sulla
per i loro fratellini più infelici. Don
Variara (il suo chierico è diventato
sacerdote, e al suo fianco compie
prodigi) si reca a Bogotà, parla alle
autorità civili ed ecclesiastiche, parla
ai giornali e dai puJpiti, e ba gioia di
vedere accolta l'idea. I soldini arriva-
no, la costruzione procede lenta in
mezzo a tante difficoltà, ma un giorno
ecco i laboratori per sarti, tipografi,
falegnami, calzolai, tessitori. Centi-
naia e migliaia di ragazzi sono passati
(e continuano a passare) in quell'ope-
ra provvidenziale; in una cittadina bi-
sognosa di tutto diventano artigiani
capaci di badare a se stessi e agli altri.
Fiato alle trombe. Un giorno giunge
la notizia: il presidente della Repub-
blica è venuto a villeggiare ad Ana-
poime! 11 piccolo centro è a IS km da
Agua de Dios, e perché non andare a
salutarlo con la banda? Sarà anzitutto
un atto di cortesfa, ma più ancora un
modo di ricordargli che nella città del
Armati fino al denti con fuclll e cannoni di l99no: sono I ragazzi raccoltl nell'Hllo di Agua de Dlos.
carta, si fa architetto, muratore, de-
coratore. E cosa più difficile di tutte,
gira per trovare il denaro occorrente.
Alla fine l'edificio risuJta imponente e
la gente ne va fiera: ha ilpavimento in
solido cemento, e un artistico altare
gotico lavorato da padre Rafael.
Mentre sorge la casa per il Signore,
si preoccupa di dare una casa anche ai
suoi figli più piccoli e sfortunati: ra-
gazzi lebbrosi, ragazzi orfani, ragazzi
figli di lebbrosi e quindi praticamente
orfani. Bisogna che quakuno si occu-
pi di loro, li ospiti, li nutra, li istruisca,
li tolga dalla strada. E l'idea è sempli-
ce come l'uovo di Colombo: «La casa
dei ragazzi venga costruita dai ragaz-
zi». Si tratta di interessare i ragazzi di
tutta la Colombia, perché offrano un
quarto di peso (la moneta nazionale)
dolore ci sono cittadini ingiustamente
emarginati e dimenticati.
I ragazzi della banda vengono cari-
cati in groppa ai cavalli, con i loro
strumenti, e sul tardo pomeriggio ar-
rivano alla porta di Anapoime. Smon-
tano in un prato, serrano le file, e
avanti: fiato alle trombe e forza con i
tamburi. La gente si riversa sulle stra-
de, mai si era visto uno spettacolo del
genere. Il presidente della Repubblica
accetta di riceverli. Ascolta il loro
concerto, e poi ascolta anche il di-
scorsetto che un ragazzo gli legge.
Le dame dell'aristocrazia subito or-
ganizzano una colletta accompagnata
da qualche lacrimuccia, ma ciò che
conta è che da quel giorno il governo
centrale si dimostrerà molto più sen-
sibile e responsabilìzzato nei confron-
ti del lazzaretto.
Nella rivoluzione dei mille giorni.
La situazione generale intanto si è de-
teriorata: i rivolgimenti politici si sus-
seguono in continuità, la Colombia
conta più colpi di stato che anni di
storia. Nel 1899 scoppia la «rivoluzio-
ne dei mille giorni» (durerà infatti fino
al 1902). Le fazioni si combattono e si
lacerano, anche il lazzaretto di padre
Rafael si divide e viene coinvolto nelle
lotte. Come se non bastasse, bande
armate piombano su Agua de Dios:
per compiere vendette, rubare e sac-
cheggiare.
Un giorno cinquanta abitanti ven-
gono prelevati e trasportati a Girar-
dot Padre Rafael può abbandonarli?
Monta su un cavallo e si unisce a loro.
Molti di quegli infelici sono lebbrosi,
qualcuno non ce la fa a camminare, e
lui cede a turno la cavalcatura. Il sole
lungo la strada picchia da maledetto,
lutti hanno fame e sete, e lui cerca
attorno qualcosa da mangiare e bere.
Ma finalmente arrivano al quartier
generale dei ribelli. Padre Rafael si
presenta al capo e parla con tanta
veemenza che i cinquanta vengono
rimessi in libertà. Al ritorno nel lazza-
retto, dovrà starsene per giorni in as-
soluto riposo per riprendersi dallo
strapazzo.
Altra volta altri rivoltosi hanno cat-
turato un gruppo di lebbrosi e sono
sul punto di fucilarli. Padre Rafael
accorre trafelato: «No, cari signori!
Questi sono i miei malati, e voi non
potete ammazzarli». Infatti glieli affi-
dano perché se li riporti a casa.
Nove volte il lazzaretto deve subire
l'incursione delle bande armate. E fi-
nalmente la Colombia ritrova un po'
di pace...
Il suo segreto. E ' ora di ricucire le
ferite, di ricominciare. Ma padre Ra-
fael da parecchio tempo sente una
molestia nella gola, un malanno che
aumenta sempre. Si fa visitare nella
capitale da uno specialista, che gli
spiattella la diagnosi: «Cancro inci-
piente alla gola» e gli consiglia il ri-
torno in Italia per l'operazione. Rien-
trato ad Agua de Dios, padre Rafael si
rende conto che il lazzaretto ha trop-
po bisogno di lui, che non può allon-
tanarsi. Allora sfida la Provvidenza Si
inginocchia all'altare deU'Ausilìatrice
e chiede la guarigione. Anche gli altri
pregano per lui e con lui. Quando lor-
na per una visita di controllo, lo spe-
cialista lo trova guarito.
Padre Rafael è davvero indispensa-
bile, è una forza morale che aiuta gli
infelicì a vivere. Ha un fare semplice e
bonario, un perenne sorriso da amico,
gli occhi semichiusi come se non vo-
lesse accorgersi delle malefatte che
vengono compiute attorno a lui. Parla
adagio, cercando con fatica le parole,
23

3.4 Page 24

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ma dice sempre cose assennate che
risolvono i problemi e riportano la
pace. Soprattutto nel confessionale, e
quando va a trovare la gente nelle ca-
se, la sua parola giunge decisiva per
risolvere mille imbrogli di coscienza e
mille casi concreti della vita.
Eppure... padre Rafael non è anco-
ra riuscito - ne riuscirà mai - a im-
parare in modo decente lo spagnolo.
Dice frasi sovente oscure da intende-
re, parole a volle incomprensibili per
la gente. Ma che importa? La gente va
alle sue prediche non per ascoltare le
sue parole, ma perché vuole stare con
lui. Persone affrante dalla sofferenza
trovano nel suo contatto la forza di
riprendersi e di sperare, persone
amareggiate dal risentimento e dal-
1'odio imparano a perdonare.
Il suo segreto? Quello delle anime
grandi: la preghiera. Appena può va in
chiesa a parlare col suo Dio. A volle lo
vedono entrare alla sera in chiesa, e il
mattino dopo lo trovano ancora
davanti ali'altare. Ha pregato per i vivi
e i morti, per i sani e i malaii, per quelli
che sanno perdonare e per quelli che
sanno solo odiare. Per tutti i suoi figli.
Qualcuno bussa alla porta. Nel 1904
il suo superiore in visita ad Agua de
Dios lo trova in condizioni di salute
disastrose. Annota: «Ha un aspetto
cadaverico, più triste di quello dei
lebbrosi•. E lo rimanda in Italia ari-
posarsi un poco. Padre Rafael lascia
Agua de Dios nella desolazione per la
sua partenza, ma nella sua Lissone
trova il fratello Innocente contento
come una pasqua (la mamma però è
morla un anno prima), e in breve ri-
cupera la salute.
Per fortuna, perché dal lazzaretto
giungono notizie allarmanti: le auto-
rità hanno annullato certi sussidi in-
dispensabili, mentre i prezzi delle
merci sono alle stelle e la comunità è
ridotta alla fame. Deve tornare a pre-
cipizio. Cosl un giorno gli abitanti del
lazzaretto si riversano a Girardot, e la
gente del posto è spaventata: che cosa
vogHono tutii questi lebbrosi? Voglio-
no semplicemente dare il benvenuto a
padre Rafael che torna, e se lo ripor-
tano a casa in trionfo.
Succedono anni di lavoro quieto e
instancabile. Don Variara fonda per le
giovani lebbrose una congregazione
(la prima del genere nel mondo); la
gente è contenta di vedere che quelle
ragazze sfortunate vengono elevate
nella Chiesa a tanta dignità, ma non
tutti in altri ambienli sono d'accordo
nel progetto, e padre Rafael deve di-
fendere don Variara e le sue suore.
Una sera - il racconto è suo - av-
viene l'inuna vera chiesa. Lui al solito
è architetto credibile. Padre Rafael ha
terminato il rosario in giardino e sale
nella sua cameretta per ripensare. E'
L'anno ecorao la citta-
dina di Llaaone (MIia-
no) ha voluto ricordare
don Raffaele Crlppa,
auo degno figlio, nel
50- della morte.
Padre Rafael. per 35
anni nel lazzaretti della
Colombia, era nato Il
24.10.1854 da Giusep-
pe Crippa e Anna Fri-
gerio. A 25 anni fu ac-
colto da Don Bosco fra i
salesiani: a 32 ricevette
da lui l'abito chiericale;
a 37 era sacerdote, a 39
partiva per la Colombia
buio fitto, ma lui stanco morto nep-
pure accende la candela. Mentre sta
per infilarsi nel letlo, «toc-toc» qual-
cuno bussa alla porta. Una chiamata
notturna per qualche malat0? Apre e
guarda in giro: nessuno. Rientra e di
nuovo fa per mettersi a leuo, e di
nuovo «toc-toc•. Ma anche quesla
volta fuori c'è proprio nessuno. E al-
lora? Torna per mettersi al letto, e
bussano per la terla voha. Allora pa-
dre Rafael si decide ad accendere la
candela: vuole vederci chiaro. Ma an-
che questa volta fuori non trova pro-
prio nessuno.
Inquieto, con la candela in mano, di
nuovo si avvicina al letto, ed ecco due
puntini luminosi, gli occhi di un ser-
pente. Se ne sta li sulle lenzuola, ritto e
proteso per difendersi e colpire. E è di
quelli velenosi. Solo che padrre Rafael
avesse provato a coricarsi al buio...
Agua de Dios, addio. Nel 1913, è
evidente, padre Rafael non ce la fa
più, ha di nuovo bisogno di riposo. Lui
è rassegnato a lasciare Agua de Dios
(questo gli chiedono i suoi superiori),
ma che ne pensano gli abitanù? Infat-
ti, quando la notizia si sparge, c'è una
sollevazione generale. Alla vigilia tut-
ta la popolazione assedia la casa par-
rocchiale e monta la guardia. Scoppia
un temporale e nessuno. si muove.
Scende la notte e i più osiinati sono
ancora ll. Ma quando staper spuntare
l'aurora le sentinelle ciondolano per il
sonno, e padre Rafael riesce a sgat-
taiolare inosservato. [n un posto se-
greto gli banno preparato un cavallo.
Per due anni lavora a Guadalupe,
piccolo centro vicino a un altro leb-
brosario assistito dai salesiani, quello
di Contrataci6n. Le Figlie di Maria
Ausiliatrice vi hanno un collegio per
bambine figHe di genitori lebbrosi, e
lui è cappellano. Insomma, lavora an-
cora nel «settore». Ma poi per il 1915 il
suo superiore, lo restituisce ad Agua
de Dios.
La notizia aJTiva al lebbrosario di
sorpresa, e quelli che possono gli
vanno incontro e si sgranano lungo la
strada. Sono partiti troppo in anticipo,
a sera non è ancora arrivato, e passa-
no la notte all'aperto. L'indomani fi-
nalmente eccolo, arriva davvero, e lo
chiamano« padrecito», « benedetto da
Dio», e sembra l'ingresso di Gesù a
Gerusalemme.
Poi, due anni dopo, i superiori dan-
no un'altra amarezza alla gente di
Agua de Dios: i salesiani hanno aperto
un nuovo lebbrosario, e per comin-
ciare il lavoro occorre un uomo pieno
di esperienza. Padre Rafael, appunto.
Questa volta l'assedio alla casa par-
rocchiale dura sei giorni.
"Fumo che il vento disperde". A
Cano de Loro, l'isolouo-lebbl'osario
sulla Costa Atlantica in cui lo manda-
no a lavorare, trova una capanna di
paglia per sé, e una capanna-cappella
per il Signore. Quanto ai 600 malati,
non solo ignorano ogni principio reli-
gioso ma anche i rudimenti del vivere
civile. Lui ba 62 anni suonati.
Ma non si perde in piagnistei.
L'amministratore civile (qui ce n'è
uno) vuole anzitutto costruire la casa
parrocchiale; padre Rafael non riesce
a impedirlo, ma appena è finita la tra-
sforma in cappella. E' ai piedi del
tabernacolo che lui e gli altri trove-
ranno la forza. E quindi avantia co-
struire una vera chiesa. Lui al solito è
architetto e muratore, ma mancano i
meai e si procede adagio. Più solleci-
ta per fortuna è la costruzione dell'o-
spedale, cbe viene affidato alle Figlie
di Maria Ausiliatrice; esse aprono an-
che la farmacia e una scuola, e porta-
no un tocco di grazia nel lebbrosario.
Ma quanto è più difficile a Cano de
Loro. Ci sono siccità spaventose come
come nell'altro lazzaretto, e per di più
si è lontani dalla capitale, dagli amici
faticosamente conquistati. I malati
però imparano a conoscerlo e a voler-
24

3.5 Page 25

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gli bene. Lui ormai si avvicina ai 70
anni e si sente frusto.
Nell'ottobre 1926, forse copiandosi
fra loro, i governi italiano e colombia-
no lo caricano di onorificienze. Dall'I-
talia gli arriva la «Croce di cavaliere
dei santi Maurizio e Lazzaro», e la co-
munità italiana di Cartegena che assi-
ste a!Ja consegna gli fa festa. Dalla
Colombia gli è assegnata la «Croce di
Boyacà», la massima onorificenza
consentita a cittadini stranieri, e è
un'altra festa. Lui ringrazia Lutti
perché considera quei riconoscimenti
come attribuiti non a ma alla sua
congregazione e a Don Bosco. E scrive
a un amico: «Che te ne pare? E' fumo,
fumo che il vento disperde».
"Vieni, servo buono". Due mesi
dopo piomba come folgore su di lui
l'apoplessia e lo riduce in fin di vita. Si
riprende, ma ormai non è più lui:
quasi non sente più, non ba più me-
moria, non è più in grado di lavorare.
Passa le giornate a letto a far niente,
lui che non è mai riuscito a stare fer-
mo. L'anno dopo il suo superiore vie-
ne a trovarlo, gli propone una casa dal
clima più sano. Padre Rafael lo scon-
giura con le lacrime agli occhi: «Mi
lasci finire i miei giorni fra i miei leb-
brosi! Per essi sono venuto in Colom-
bia, e desidero lavorare LTa essi finché
piacerà al Signore». Lo accontentano.
Succedono miglioramenti e nuove
ricadute. Nei momenti buoni si tra-
scina a vedere la chlesa, e ba la gioia di
vederla finalmente terminata. Poi, il
28 agosto 1928, 35 anni dopo I'anivo in
Colombia, il Signore lo chiama.
Alla notizia della morte la Colombia
si commuove. La stampa gli dedica
ampi servizi (anche quella anticleri-
cale, che parla di filantropia invece di
carità). Una guardia d'onore della po-
lizia veglia la sua salma. I funerali so-
no a spese dello Stato, e li presiede
l'arcivescovo. Nei discorsi dicono che
Gesù gli è andato incontTO a lo ha ac-
collo con queste parole: « Vieni, servo
buono e fedele. Ero lebbroso e tu mi
hai curato. Entra nel gaudio del tuo
Signore».
Lo tumulano nella chiesa del leb-
brosario, perché rimanga tra i suoi
amici per sempre. Poi sulla tomba
collocano una lapide che dice: «Oh
figli del dolore, onorate l'eroico sa-
cerdote Raffaele Crippa, che passò
sene lustri consolandovi nelle angu-
stie, sostenendovi nel vostro disfaci-
mento, consacrandovi i migliori anni
della sua esistenza e la cosa più pre-
ziosa di cui Dio gli aveva fatto dono: il
suo gran cuore~.
ENZO BtANCO
(Condensaro da: •Padre Raflaele Crippa nella
valle del do/are•, di A. D'ArcQs. Ca/lana Eroi n. 21.
Ed. LDC, 1978. Pag. 32. lire 250).
ITALIA
A Subiaco
Presepio Vivente
Anche se il piccolo Andrea al momento giusto piantò le bizze e venne
sostituito da un Bambinello di gesso, l'iniziativa lanciata da alcune
FMA è riuscita: ha ottenuto lo scopo di unire le forze del movimenti
glovanlll, di portarli a «far comunione» tutti insieme.
I I «Prc~cpio Vivente" sta diventando
un appuntamento giovanile qua-
lificato già da qualche anno a Subia-
co, Comune d'Europa e centro d'arte e
spiritualità tra i più rinomati del
mondo. Le Figlie di Maria Ausiliatrice
che vi tengono una piccola «Casa di
preghiera e accoglienza• per giovani
in località San Biagio, se ne sono falle
promotrici. Ben ricordando quel che
Don Bosco scrisse a proposito del
teatro: « E' scuola di moralità, di buon
vivere sociale, e talora di santità».
Dunque quest'anno le FMA, pro-
grammando il Presepio Vivente con
precise intenzioni pastorali, raggiun-
sero all'inizio dcll'Avvenlo i sacerdoti
e i r~ponsabili dei movimenti cauoli-
ci giovanili della ,:ona con Lma propo-
sta che mirava a far interiorizzare i
contenuti del Presepio stesso, a far
che i partecipanti lo potessero realiz-
,1.are con piena consapevolezza di quel
che esso significa.
Per tema La pace. Venne precisato
per tempo che il Presepio, inteso come
«sacra rappresentazione», avrebbe
avuto per tema la pace, e sarebbe
scaturito da urgenze di fede-vita,
dentro un processo di preparazione
interiore.
Anzitutto si focalizzò l'obiettivo:
sensibilizzare i giovani a una presa di
coscienza del mistero del Natale e al
messaggio di pace recato da Gesù,
contestando in tal modo l'avvilente
strumentalizzazione deUa festa da
parte della spinta consumistica. Si
chiariva inoltre a tutti che il Presepio
Vivente comportava dapprima - du-
rante le quauro settimane d'Avvento
- ltna seria preparazione spirituale, e
poi un 'a,,ione teatrale in forma di sa-
cra rappresentazione che coincidesse,
in definitiva, con l'annuncio del mi-
stero natalizio nell'ottica della pace.
La preparazione spirituale, in con-
creto, consistette nell'incontro setti-
manale con un passo biblico sulla pa-
ce, art rontato sia a livello personale
che comunitario, e nella proposta di
alcuni interventi operativi a favore
della pace nel proprio ambiente. Ec-
cone alcuni: in1parare qualche canto
sul tema della pace. e cantarlo - co-
me segno d'amicizia, carità e annun-
cio - in un ricovero di vecchi o in un
reparto dell'ospedale o in un istituto
per handicappati; fare un servizio di
bonifica ecologica (pace dell'ambien-
te) in una zona in cui la « violenza
consumistica» deturpa tutto con ri-
lìuti d'ogni sorta; sensibilizzare una
radio privata a introdurre nei suoi
programmi dell'Avvento un program-
ma sulla pace, ecc.
A Pre~epio Vivente avvenuto, si è
concluso che per il prossimo anno la
sensibilizzazione a livello di operatori
pastorali e di educatori dovrà essere
ancora più tempestiva e capillare,
perché il momento della sacra rap-
presentazione risulti davvero con
l'urgen✓.a d'un annuncio che i giovani
hanno potuto personalmente e comu-
nitariamente interiorizzare il più pos-
sibile.
Coinvolti nel mistero. La reali:i:za-
t.ione scenica del Presepio Vivente fe-
ce vibrare nei giovani il diapason dcl-
25

3.6 Page 26

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l'entusiasmo e della consapevolezza.
La rappresentazione si svolse il 3 gen-
naio, ma contrariamente al previsto
non potè essere effettuata come azio-
ne scenica itinerante: il cielo fin dalla
vigilia prometteva neve, squadernan-
do tutti i rigori della stagione. L'abate
Stanislao Andreotti. con sensibilità al
momento e all'occasione educativo-
pastorale, consentl che il Presepio si
svolgesse all'interno della cattedrale
di Santa Scolastica.
Le mura vetuste, che fin dal secolo
Vl risuonano della preghiera dei mo-
naci, videro alla vigilia per le prove, e
poi nel giorno [issato, un notevole as-
sembramento di giovani letteralmen-
te coinvolti nel mistero del Natale. La
ragazza che impersonò Maria s'era
preparata a interioriz.zare il più possi-
bile quel personaggio con alcuni gior-
ni di preghiera nella piccola Casa di
San Biagio. «Voglio soprattullo riflet-
tere sul Magnificat- aveva detto quel
mattino del 3 gennaio -: c'è dentro
uno stile di vita per oggi e per sem-
pre». Ma anche Giuseppe, i pastori, i
magi si sono calati ciascuno nel pro-
prio personaggio, non senza visibile
emozione.
L'unico che proprio non se la sentì
di assumere il suo ruolo, che era
quello di Gesù Bambino. fu il piccolo
Andrea: un tesoro di bimbo che
piantò le bizze a tempo giusto per es-
sere sostituito con un Bambinello di
gesso. Era assai meno attraente, ma
assicurò alla sacra rappresentazione
tutto il decoro della para-liturgia.
Prima che l'animatore desse inizio
alla rcci ta con le parole « A lode di Dio
altissimo e per il trionfo della pace nel
mondo celebriamo il mistero del Na-
tale», un giovane chiese alla gente che
gremiva la cattedrale il più religioso
silenzio, «perché - disse - noi non
siamo qui per riscuotere applausi ma
per persuadere tutti a entrare nel Mi-
stero col raccoglimento e con la pre-
ghiera».
E' uno studente di legge, ma tra i
personaggi del Presepio Vivente c'era
di tulto: casalinghe e laureati, studen-
ti e studentesse, operai, impieghati e
contadini. L'aspetto forse più convin-
cente di questa sacra rappresentazio-
ne è stato il proprio coagularsi di
quasi tutte le forze vive giovanili deUa
zona, attorno a una realtà di vera co-
munione.
"Annunciare" tutti insieme. A volte
il guaio delle organizzazioni cattoliche
o d'ispirazione cristiana è quello d'i-
gnorarsi a vicenda. Non si vuole fare
«ghetto,,. ma il rischio c'è. E ciò
perché ciascuna ha le proprie pro-
grammazioni. in consonanza (com 'è
giusto) ai propri obiettivi, e a quello
stile che nella Chiesa e nella società è
chiamata ad avere. Forse però il com-
26
- - - L i b r e r i a pilo cli queste azioni teatrali, che at-
tingono alla coralità e alla popolarità ISTITUTO DI
delle antiche sacre rappresentazioni, è SOCIOLOGIA FSE-UPS
proprio quello di stimolare il più pos- Formazione proleulonale e politica
sibile a conoscersi, a sentirsi « popolo LAS 1978. Pag. 280, lire 10.000
cli Dio», ad annunciare il Cristo tutti
Il volume presenta i risultati di un'In-
insieme e a far comunione. Se il Pre-
sepio Vivente di quest'anno ha avuto
un otlimo risultato, credo lo si debba
molto alla strategia d'una pastorale
d'insieme.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice han-
no voluto solo slimolare pastoral-
mente e offrire una pista di lavoro,
dagine svolta da studiosi salesiani del-
l'Università pontificia di Roma, nel Centri
di Formazione Professionale salesiana.
L'indagine si è svolta in tre ambienti di-
versi: gli alunni, gli insegnanti e genitori.
I risultati ottenuti sono piuttosto In
quietanti: hanno messo In evidenza lo
scarso grado di disponibilità all'azione
politica dei giovani Inchiestati. che sem-
evitando a chi ha già poco tempo di bra risalire al tipo di educazione e sen-
mettersi a tavolino per stendere ex slbìli:zzazione ricevuta in famiglia. Su
novo un copione, e di dover prevedere
nei particolari l'articolarsi dell'inizia-
tiva. Ma· il [atto che i gestori della
«Cooperativa culturale» d'ispirazione
cristiana di Subiaco abbiano assunto
in proprio le responsabilità, contat-
questa situazione sembra che le struttu-
re scolastico-formative riescano a inci-
dere assai poco, anche perché Il loro
potenziale educativo risulta in gran par-
te inutilizzato o inespresso.
Naturalmente il volume non si ferma
all'analisi, ma esplicita gli orientamenti
tando a tempo giusto i Laureati catto- pedagogici da adottare. Così un proble-
lici, i Maestri cattolici, la Fuci, l'Azione ma scottante per la Famiglia Salesiana
Cattolica, le Comunità neocatecume-
nali di Arcinazzo, la Corale di Subiaco
e altre associazioni culturali, come
viene illustrato sia nei suol risvolti nega-
tivi. e sia nell'educazione degli opportu-
ni cambiamenti di rotta.
pure il fatto che i giovani delle diverse
associazioni abbiano partecipato con
serietà, consapevolezza ed entusia-
smo, sono cose che dicono più d'un
trattato stùl'urgenza di collaborare, di
unire le forze e fare comunione.
Noi "giovani 1979". L'intervento di
uno dei giovani in veste di pastore
prevedeva questa dichiarazione:
C. PETRONIO - R. RIPPO
5 miliardi di anni la...
La vita sulla terra dalle origini all'uomo
Ed. SEI 1978. Pag. 208, lire 12.000
Splendido volu-
me In grande for-
mato, ricco di ta-
vole a colori, di fo-
, to, di disegni, gra-
«Cercarti, o Dio, vuol dire essere gio-
fici. Che non sono
vane in un modo diverso da chi
esplode nelle piccole o grandi violen-
ze. Cercarti vuol dire far guerra alle
proprie passioni per diventare, doma-
ni, un uomo nuovo: un uomo che ha
progetti cli pace, un uomo che limita le
un sovrappiù, ma
dato l'argomento
vengono a portare
alla comprensione
delle parole Il com-
plemento Indi-
spensabile dell'immagine. Testo e illu-
paure, che dà una mano a chi ha bi- strazioni infatti si integrano, fornendo al
sogno, un uomo che infonde coraggio
e gioia di vivere».
Un altro, in veste d'uno dei magi,
levando in alto un rotolo di lettere in-
dirizzate a scienziati e sottoscritte da
molti fiJmatari, disse: «Noi ''giovani
1979" abbiamo voluto indirizzare a
lettore un quadro aggiornato sulle affa-
scinanti scoperte e conclusioni dell'at-
tuale paleontologia. Il volume, già co-
stretto a una sintesi fin troppo drastica
dell'enorme materiale, evita di proposito
I problemi che la paleontologia suscita
alla filosofia e alla fede. Ma li carattere
divulgativo dell'opera la rende partico-
diversi scienziati un messaggio, larmente utile per gli studenti e le biblio-
perché ognuno cli loro si senta re- teche di classe; la sua realizzazione
sponsabile della sua scienz.a in ordine grafica poi la propone per le librerie di
alla pace. Chi possiede più scienza casa.
dev'essere stimolato da chi ha più
saggezza, cioè da chi va dicendo a se
stesso e agli alLri: la pace dipende an-
che da me, da te, da Lutti. Serviamo la
pace finché siamo in tempo, dunque.
Serviamo Cristo nostra vera pace».
Quando, finita la sacra rappresenta-
rione, l'abate don Egidio Gavazzi ce-
CARD. MICHELE PELLEGRINO
Un momento per lo spirito
Ed. LDC 1978. Pag. 126, lire 1.600
Chi segue la trasmissione • Un mo-
mento per lo spirito» sul secondo pro-
gramma della radio, ritroverà nel libro i
pensieri sereni, chiari e forti che il Car-
dinale di Torino ha esposto giorno dopo
lebrò la messa, non a caso sottolineò giorno riscuotendo tanto consenso.
l'importanza dell'imitare appunto
Gesù, dell'identificarsi nella sua pace,
che nata dalla piena adesione al pro-
getto del Padre, richiese il coraggio e
l'umiltà della croce ma per un im-
mem.o dono cli vita e di gioia.
Sono pagine brevi di meditazione,
spunti capaci di dare un tono alla gior-
nata. Il tono della tede, che passa nelle
azioni, nelle parole, negli incontri con I
fratelli, In casa, sul lavoro, nella scuola,
ovunque.

3.7 Page 27

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Comprenderli
per farli contenti
Don Michele Rua, divenuto suc- «prende insieme» dentro dj sè, ossia
cessore di Don Bosco, rievocando gli ci contiene; se ci contiene, noi siamo
incontri che aveva avulo con lw «contenuti». Ebbene i latini, che in
quando ancora bambino frequenta- fatto di glottologia erano bravi, ado-
va le scuole elementari dai Fratelli peravano lo stesso vocabolo «con-
delle Scuole Cristiane, soleva rac- tentus» sia per dire essere contento
conLare così.
che essere contenuto. E' questo in-
Mi ricordo che qucmdo Don Bosco fatti il processo psicologico: chi è
venìva a celebrare e non di rado a compreso si sente «contenulo da un
predica,·e, appena entrava in Cappel- cuore», e chi si sente comenuto si
111 pareva che una corrence elettrica sente contento. D unque bisogna
1nuovesse tutti quei numerosi fan- comprendere per rendere contenti.
ciulli. Saltavano in piedi, uscivano Don Bosco aveva un cuore dalle di-
dai loropostt'. sistrìngevano attorno a mensioni oceaniche, fatto apposta
lui, e non erano contenti finché non per comprendere i giovani, quesLi
arrìvavano a baciargli la mano. Ci perciò si sentivano straordinaria-
* voleva un gran tempo perché egli po- mente contenti in sua compagnia.
tesse giungere fino ìn sacrestia. In
Il luogo privilegiato della sua
quei momenti i nostri buoni educa- comprensione era la confessione,
tori non potevano impedire quell'ap- dove i cuori si aprivano come le co-
parente disordine, e lascìavano fa- roUe ai primi raggi del sole, e perciò i
re. Venendo altrì sacerdoti, anche pii ragazzi assiepavano il confessionale
e autorevoli, nulla si vedeva di tale ili Don Bosco.
trasporto.
«Il dolore che non si esprime a
Quando poi nelle sere di confessio- parole uccide». Questa affermazio-
ni sì annunciava che tra i confessori ne è vera anche per i ragazzi. Le loro
ve11utì per noi c'em anche Don Bo- sofferenze, anche se sono giud icate
_sco, gli altri preti rimanevano senza piccole dagli adulti, in realtà non
occupazione perché tutti ì gìovanì sono tali perché sono proporzfonate
cercavano dì andare da lui per confi- all'età: per intossicare un bambino
dargli i loro segreti.
basta una piccola dose di veleno!
Il mìstero della simpatia che ave- Anzi il dolore marca più i bambini
vano per Don Bosco rìsiedeva nel- che gli adulti. I ragazzi non meno
l'af/etto operoso, spirituale, che il degli adulti hanno bisogno ili confi-
santo nutriva per le loro anime, e che darsi con chi Li comprende. Don Bo-
essi avvertivano e sperimentavano. sco, che pure era assai faceto e sa-
peva essere estremamente slaccato
* Don Bosco era tanto amato, da tullo, prendeva poi nella massj-
perché comprendeva e si spendeva. ma considerazione ogni problema
Un locale ci comprende perché ci dej ragazzi.
Sant'Agostino ironizzando sul-
le preoccupazioni degli adulti dice-
va: «Per loro le preoccupazioni dei
ragazzi sono giochi, e i giochi degli
adulti sono affari». Per Don Bosco
a l contrario i problemi dei ragazzi
sono più importanti degli affari dei
grandi. Ecco perché accoglie un
monello con lo stesso riguardo con
cui riceve un ministro. Il Santo edu-
catore non si avvicina, con aria di
sufficienza al ragazzo, ma ilialoga
con lui da pari a pari, s'immerge in-
teramente nel suo problema, si cala
*totalmente nella sua sHuazione.
Inventore del Sistema Preven-
tivo, Don Bosco s'impegna più nel
preservare che nel curare: è p ap-
passionato nel preservare i ragazzi
dal male che nel soLtrarre gli adulti
daJ peccato. La confessione perciò
diventa una festa pasquale, sia per
Don Bosco (che ammira quelle au-
rore prorugiose della grazia), e sia
per i ragazzi, che si sen ton o com-
presi perfettamente.
I piccoli penitenti al Livello della
coscienza sperimenLavano il perdo-
no di Dio, e a livello dell'inconscio
avvertivano la dolcezza del Padre
celeste. Se è tanto buono Don Bosco,
quanto più buono dev'essere il Si-
gnore! Don Bosco per i suoi piccoli
penitenti era un saggio della della
bontà ili Dio, della sua paternità.
~ Don Bosco era un santo in
continuo ascolto: ascoltava attenta-
mente i ragazzi per comprenderne
g_Li stati d'animo, l'indole, le aspira-
zioni, i talenti, la vocazione, e ascol-
tava devotamente l'ispira;,Jone dello
Spirito Santo. Egli perciò soleva di-
re:« Vado avanti come le circostanze
mi suggeriscono e lo Spirito Santo
mi ispira». Don Bosco era il mirabile
interprete tra il ragazzo e lo Spirito
* S a n to.
Un'altra sorgente del suo fasci-
no scaturiva dall' umanesimo plena-
rio. Don Bosco lavorava perché i ra-
gazzi si sviluppassero armonica-
mente a tutti i Hvelli. Egli stimolava
la crescita di tutto il ragazzo.
Non trascurava nessuna compo-
nente della vita umana, dalla ginna-
stica alla mistica. Egli godeva quan-
do i ragazzi andavano in estasi da-
vanti all'Eucaristia, ma godeva an-
che quando mangiavano con appe-
tito formidabile e sfrecciavano nel
cortile come saette. Don Bosco
aborriva solo il peccato; ammirava
la vita, specie quando essa irrompe-
va nei giovani, e la osservava con lo
sguardo di Dio che, agli a lbori del
creato, vide che tutto era buono.
ADOLFO L'ARCO
27

3.8 Page 28

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Brevi da tutto il 1nondo
* INDIA GLI ASSEGNI
IN DATA "VENTIQUATTRO"
* BRASILE MISSIONARIA
A CAVALLO
* ITALIA VACANZE
PER COOPERATORI E FAMILIARI
Scrive Padre Francis Schlooz, Il missio-
nario olandese del VIiiaggio delle Beati-
tudini• (Madras).
Mi trovavo di passaggio in Olanda, a
casa di miei parenti, e dicevo loro che ogni
24 del mese, nella sua ricorrenza, I'Ausi-
liatrice di solito mi manda qualche bel re-
galoper i miei lebbrosi. Dicevoche in India
il giorno dopo vengono a chiedermi: .-Pa-
dre, quanto hai ricevuto Ieri?• Dicevo: in
India cl credono a queste cose, ma nel-
l'Olanda del 1978... Infatti i miei parenti
sorridevano scettici.
« E' facllel - dice d'improvviso un ni-
pote con aria di sfida -. Oggi è il 23.
Dunque lo zio riceverà qualcosa domani•.
Gli altri sorridono, ma io rispondo:
.-Perché no, se io e i miei lebbrosi ce lo
meritiamo?•
La conversazione passa ad altro, e nes-
suno ci pensa più. L'Indomani dico la
messa della Madonna, poi le ore trascor-
rono rapide. Chi pensa ancora alla sfida?
Alle cinque della sera suona il campanello:
una signora vuole vedermi in privato. Mi
parla di un'impresa andatale a buon fine, e
dice che si sente obbligata a versare parte
del profitto ai poveri. E' una busta consi-
stente. Ringrazio la signora, e corro a
mostrare la busta ai miei parenti di poca
fede. Sono stupefatti.
Più tardi, scorrendo la posta. trovo due
lettere dalla Germania con due buoni as-
segni. E sono datate 24 novembre e 24
dicembre...
Torno dai miei parenti: .-Adesso siete
convinti?•.
(Da ANS)
* ARGENTINA TUTTE VIE SALESIANE
NEL "RIONE DON BOSCO"
Alla periferia della città di C6rdoba le vie
del • Barrio (rione) Don Bosco. portano
tutte nomi dì salesiani. Il quartiere popo-
lare, sorto su terreni messi dai salesiani a
disposizione degli abitanti della zona, in
questi ultimi anni si era molto esteso, e
l'amministrazione della città decise di
tracciare con precisione la planimetria
della zona. Fu allora che padre Osvaldo
Zaninetti suggeri l'Ideadi dedicare le vie ai
nomi dei salesiani più benemeriti della
nazione argentina. Preparò una lunga lista
di nomi e forni su ciascuno di essi una
scheda biografica di documentazione. Ri-
sultato: qualche giorno dopo un'ordinan-
za municipale intitolava le vie del barrio ai
nomi di Cagliero, Fagnano, Milanesio, Ve-
spignani, De Agostini, Costamagna, e di
altri dieci tra vescovi, sacerdoti e coadiu-
tori salesiani.
E dire che tutti questi pionieri avevano
optato solo per un nome scritto in cielo...
(DaANS)
28
Suor Maria Giordano, Figlia di Maria
Ausiliatrice e missionaria nella grande pe-
riferia di Belém in Brasile, così ha risposto
a un'Intervista rilasciata a «Missioni e
Missionarie».
Perché ha scelto la vita missionaria?
Un giorno vidi sul Bollettino Salesiano la
foto di una suora a cavallo. Lessi con in-
teresse l'articolo, mi entusiasmai per una
vita donata con sacrificio pieno, e decisi:
sarò anch'io Figlia di Maria Ausiliatrice e
missionaria. Ero una ragazzina, ma tra una
monelleria e l'altra rimasi quanto mai de-
cisa a tener fede al mio proposito. Tant'è
che quanto più tardi mi consigliarono di
scegliere un altro Istituto, io non ml piegai.
E sono stata sempre felice nella mia vita,..
Ma adesso le suore non vanno più a
cavallo, questi mezzi in missione non si
usano più... «Non importa•. li motoscafo o
il piccolo aereo fanno lo stesso effetto:
sono mezzi validi ma pericolosi in missio-
ne. Solo l'amore per I fratelli cl Il co-
raggio di usarli•.
(Da « Missioni e Missionarie•)
Per la terza estate consecutiva, l'asso-
ciazione Cooperatori organizza un e sog-
giorno alpino Don Bosco• riservato al
Cooperatori e ai loro familiari. Esso ha
luogo come in passato a Fontanazzo In Val
di Fassa (Trento), in idonei locali messi a
disposizione dail'lspettoria Adriatica. L'i-
niziativa consente a numerose famiglie -
di Cooperatori e non - di conoscersi e
fare un'esperienza di vita e spirito sale-
siano. Il soggiorno propone un intelligente
impiego del tempo libero, con escursioni e
allegre serate, e anche con momenti di
riflessione sempre assicurato Il servizio
religioso}
Queste vacanze in spirito salesiano si
inseriscono bene nel programma dei
Cooperatori, Intesi ad allargare i rapporti
con persone che conoscono solo margi-
nalmente Don Bosco e che, se opportu-
namente sensibilizzate, potrebbero entra-
re in simpatia e collaborazione. Per infor-
mazioni rivolgersi all'Ufficio lspettoriale, o
all'Ufficio Nazionale (Viale dei Salesiani, 9
- 00175 Roma, tel. 06/74.80.433.
~
,,
I li
- . ..-
·')li
'I ~
,_ ii I
'I..
"" .. .. ' Kurt Waldhelm (a sinistra) accanto al card. SUva nella c41f•monla della conaegna del premt
* CILE ANCHE DALL'ONU
UN PREMIO AL CARD. SILVA
L'11 dicembre scorso nella sede del-
l'Onu a New York Il Segretario delle Na-
zioni Unite Kurt Waldheim ha conse-
gnato i «Premi per i diritti dell'uomo»
dell'anno 1978, e tra gli otto chiamati a
riceverli c'era il cardinale salesiano Silva
Henriquez. Solo nel fascicolo dello
scorso gennaio il BS con l'articolo
«Laureato In diritti dell'uomo. aveva
descritto l'attività benefica del primate
del Cile, ed elencato I principali ricono-
scimenti ricevuti. Ora, bisogna allungare
la lista...
Il nuovo premio, per la precisione, è
stato assegnato alla Vicaria della soli-
darietà• da lui fondata a Santiago nel
1975, e è motivato con la «protezione e
promozione del diritti umani e delle fon-
damentali libertà•.

3.9 Page 29

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UPS * SONO 541
GLI STUDENTI IN ITALIA
Gli studenti iscritti in Italia nell'anno a<?
cademico 1978-79 all'Università Pontificia
Salesiana sono 541, di cui 492 presso la
sede di Roma e 49 presso quella di Torino.
A questo numero vanno aggiunti gli iscrit-
ti, él'lche più numerosi, nei vari centri al-
l'estero affidati all'UPS.
Per la sede di Roma, la maggior parte
dei 492 iscritti frequentano Scienze del-
l'educazione (258) e Teologia (163): ì ri-
manenti sono nelle Facoltà di Filosofia,
Lettere cristiane, Diritto canonico, e in
corsi particolari. La provenienza degli
studenti è la più diversa: motti sono sale-
siani, e giungono da tutto il mondo (da 51
lspettorie su 73): tra i non salesiani figu-
rano religiosi appartenenti a ben 46 con-
gregazioni diverse.
* MISSIONI IN AFRICA
VERSO NUOVE FRONTIERE
Da venti a trenta giovani salesiani s, so-
no offerti negli ultimi mesi per andare
missionari in Africa. Tre di essi si stanno
già preparando a Cremisan (Israele) con
questo preciso intento. Perché?
C'è per le missioni salesiane un ratto
nuovo, che Il BS ha già segnalato: l'inten-
zione di aprire una «nuova frontiera mis-
sionaria• in Africa. L'ultimo dato al ri-
guardo è questo: sulla fine del 1978 Il
Consiglio superiore salesiano ha nomina-
to una Commissione Incaricata di studiare
«la scelta di luoghi, tempi e modi per l'at-
tuazione delle nuove frontiere in Africa, e
per esaminare altre richieste di impegni
missionari giunte al Retto, Maggiore-..
Così ne riferisce Marco Bongioanni sul-
l'ANS.
Oggi Il rilancio missionario richiede
obiettivi concreti, esige l'adozione di una
strategia orientata verso paesi nei quali
l'azione missionaria risulta più urgente.
Per questo, all'Inizio del secondo cente-
nario della presenza salesiana, ricordan-
do Il desiderio profetico di Don Bosco, i
salesiani, senza precludere la possibilità
di iniziare e sviluppare la loro azione mis-
sionaria in altre zone promettenti o biso-
gnose, si impegnano ad aumentare note-
volmente la loro presenza in Africa». Così
si legge negli Atti del 21• Capitolo Gene-
rale salesiano •.
E' un forte impegno programmatico, e è
Insieme la spinta - tuttora viva - del
fondatore, che riemerge dopo un secolo
nel progetto• dichiarato il 21.5.1883 al
card. Lavigerie: «Bisogna bene che lo
parli, eminenza.. Sono nelle sue mani per
compiere In Africa tutto quello che la
Provvidenza divina domanderà da me. Se
possiamo fare qualche cosa in Africa, tut-
ta ta Famiglia salesiana è con me a dispo-
sizione. Manderò colà I miei tigli...•·
A tutt'oggi ci sono salesiani in Algeria,
Burundi, Capo Verde, Congo, Egitto, Etio-
pia, Gabon, Marocco, Mozambico, Ngwa-
ne, Rwanda, Sud Africa, Tunisia, Zaire. In
complesso: una cinquantina di fondazioni
con quasi 400 salesiani, e circa 25 fonda-
zioni con più di 219 FMA. Queste strutture
sono però in gran parte ancora dipendenti
da province europee. La Famiglia Sale-
siana vuole invece impegnarsi in Africa
* ITALIA COSTRUIAMO
UNA SCUOLA AD HAITI?
L'invito viene dagli Exallievi salesiani
di Bologna, precisamente dal • Gruppo
Artistico Don Bosco• capitanato da Ni-
no Salomoni. Lui e i suoi amici stanno
dando vita a una serie di iniziative che
mirano a diffondere opere d'arte su
soggetto salesiano, oltre che a raggra-
nellare il necessario per una scuola.
Tempo addietro aveva già raccolto dieci
milioni per le opere salesiane sinistrate
dal terremoto In Friuli. Il nuovo progetto
invece è schiettamente missionario.
Dice Nino: «Abbiamo chiesto ai Su-
periori Maggiori che ci segnalassero
un'opera urgente a beneficio delle mis-
sioni salesiane. Ci è stata suggerita la
costruzione di una grande scuola pro-
fessionale nella missione di Haiti. Ab-
biamo già preso contatto con l'Ispettore
delle Antille, e ci siamo messi d'accordo.
La scuola vorremmo fosse intitolata Fa-
miglia Salesiana n. 1
GII anelli della «catena di solidarietà•
che gli Exallievi stanno costruendo sono
numerosi. Anzitutto riguardano gli Exal-
lievi stessi: quando si tengono i raduni
annuali, Nino arriva con la sua proposta
che in genere è ben accolta Poi dal di-
cembre scorso ha cominciato a coinvol-
gere anche i direttori delle opere sale-
siane, e i loro ragazzi. Questo non solo in
ltalla. ma anche In Svizzera, dove exal-
llevl, salesiani e ragazzi hanno assicu-
rato il loro generoso aiuto. Altre iniziati-
ve poi riguardano altre categorie di per-
sone...
Come si svolge l' operazione? Nino
consegna alle Unioni Exallievi e ai diret-
tori delle case - che le distribuiscono
- le sue ~cartelle grafiche». Ciascuna
cartella In cellofan contiene una splen-
dida litografia al carboncino del pittore
Giorgio Rocca, firmata dall'autore, e poi
un testo che spiega l'iniziativa. E infine
una busta perché ciascuno metta se-
condo le proprie possibilità la sua offerta
per la scuola da costruire.
Il bello è che l'iniziativa mette nelle
mani di chi la condivide una bella ripro-
duzione d'arte - Don Bosco o Maria
Ausiliatrice - che Giorgio Rocca (an-
che lui exaliievo) ha disegnato con bra-
vura e più ancora con affetto. Una ripro-
duzione che chiunque si porta a casa
volentieri, e che anche per i ragazzi vale
più di 50 poster. Ma poi è bello che ra-
gazzi italiani diano una mano a ragazzi
haitiani: è una solidarietà concreta che
vale molto più di mille contestazioni e
cortei per il terzo mondo.
Le «cartelle grafiche» sono a disposi-
zione, basta chiederle scrivendo a Nino
Salomoni (•Centro missionario salesia-
no haitiano•· via Jacopodella Quercia, 1
40128 Bologna). E niente paura se ar-
rivassero contributi troppo abbondanti:
Nino, netrassegnare Il numero uno alla
futura scuola, ha già lasciato capire che
intende costruirne delle altre...
Le belle lltogratle a carboncino di Giorgio Rocca, che Nino 91>arge per l'ltalla. Sopra:ancora
Nino, con un ritratto del Rllltor Maggiore.
29

3.10 Page 30

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con una presenza «africana• molto espli-
cita: questo, tra l'altro, è il senso della de-
liberazione messa agli atti dal CG21.
Circa 40 domande di fondazioni sale-
siane in diversi paesi dell'Africa sono frat-
tanto giunte sul tavolo del Rettor Maggio-
re. Lo ha confidato don Viganò stesso
commentando il «Progetto Africa» in fase
di realizzazione. «Abbiamo cominciato a
considerare - ha detto - le località più
confacenti con la nostra specifica missio-
ne. Abbiamo poi catalogato le domande
secondo criteri preferenziali a favore dei
giovani poveri e della possibilità di voca-
zioni localì. Infine abbiamo programmato
viaggi di tre membri del Consiglio supe-
riore verso differenti località africane.
« Stretti rapporti - ha aggiunto don Vi-
ganò - sono contenuti con I vescovi.
Quello di Luanda (Angola} ha presentato
da solo 15possibilità di fondazioni, purché
qualcuna fosse scelta dai Salesiani. Al-
l'Impresa si frappongono però difficoltà
più politiche che economiche; e soprat-
tutto la scarsità di nostri volontari per le
missioni.
«Questo ml offre l'occasione - preci-
sava Il Rettor Maggiore - di ricordare che
il salesiano non entra nella Congregazio-
ne con Il voto di stabilirsi definitivamente
in una determinata comunità; entra Invece
per essere disponibile per tutto ciò che la
comunità ispettorlale e mondiale Intende
realizzare. Questo principio dovrebbe es-
sere assunto con più chiara coscienza a
livello della intera Congregazione. A livello
di Congregazione, poi, dobbiamo studiare
un piano di intervento salesiano in Africa.
E dobbiamo pertanto individuare I sale-
siani in grado di realizzarlo •·
Lo scopo che si propone questa aper-
tura di nuove frontiere» africane è ov-
viamente l'evangelizzazione, da svolgere
in spirito di servizio verso la Chiesa e in
modi consoni all'Identità salesiana. E'
quindi prevedibile che la scelta debba ca-
dere dove è maggiore il bisogno pastorale
sociale educativo e dove la presenza sa-
lesiana si profila in migliore sintonia con il
lavoro della Chiesa locale.
* MESSICO I MIXES HANNO
BUONE FATE IN BELGIO
Le FMA che lavorano a Matagallinas tra
la gente mlxe, vogliono ringraziare le
«buone fate» del Belgio che le hanno aiu-
tate a risolvere un problema grosso, anzi
insolubile per gli indigeni: quello dell'ac-
qua per l'irrigazione dei campì. L'iniziativa
delle buone fate è l'ultimo tassello in un
mosaico pieno di vivaci colori, che la Fa-
miglia Salesiana ha cominciato a realizza-
re nel lontano 1962.
Ouell'anno infatti la Santa Sede affidava
ai Salesiani la Prelatura dei Mixes nello
stato di Oaxaca. Due anni dopo, le prime
cinque FMA si recavano sul posto, per vi-
vere tra popolazioni ancora ai margini
della civiltà. Primo loro compito fu di
creare in quella gente le più elementari
abitudini di igiene e di rapporti sociali, e di
Iniziarle alla conoscenza di Dio. Dovettero
però ricorrere a interpreti, perché pochis-
simi mixes conoscevano lo spagnolo.
Ora sono passati 14 anni, le suore sono
diventate 18, e lavorano in quattro opere:
ad Ayutla (centro della Prelatura), a Tla-
huitoltepec, Totontepec e Matagallinas.
Hanno quattro dispensari medici gratuiti e
due scuole elementari per gli indigeni. In
più a Matagalllnas hanno una «scuola
media tecnica» su cui si puntano le spe-
ranze di crescita del mixes: essa prepara
le future guide per la promozione sociale.
Sono giovani che imparano la coltivazione
razionale delle terre, la costruzione di ca-
se dignitose, l' utilizzazione più equilibrata
dei prodotti della terra per sconfìggere la
denutrizione e la fame. E sono giovani si-
curi sul piano della fede e davvero Impe-
gnati nel bene della loro gente.
E poiché i mixes, ancora in parte rifu-
giati nella montagna, meritano di essere
aiutati dalla solidarietà cristiana, ecco l'i-
niziativa partita da una FMA del Belgio:
suor Hllda Mondelaers. Essa ha scritto sul
BS del Belgio raccontando come nella
zona di Matagallinas gli indigeni potevano
ricavare ben poco dalla lavorazione dei
loro campi perché non avevano il neces-
sario impianto di Irrigazione, e non lo ave-
vano perché non potevano permetterselo.
Ciò portava appunto denutrizione e fame
per grandi e piccinì. Allora sono interve-
nute le buone fate del Belgio, persone che
hanno Inviato aiuti. L'Ispettrice delle FMA
ha raccolto tutto il denaro inviato, lo ha
.arrotondato•, poi l' ha spedito laggiù.
Ora i lavori di canalizzazione sono stati
realizzati, l'acqua arriva, e ì campi produ-
cono di più.
Le suore di Matagallinas, nel raccontare
la realizzazione, sottolineano come vi ab-
biano preso parte tante persone, lontane e
diverse tra loro, ma tutte legate insieme da
uno stesso spirito nella Famiglia Salesia-
na. Dicono che così ci si sente davvero in
famiglia, dove un fratello pensa sempre al
fratello che ha più bisogno.
ITALIA * PIERRE-OCTAVE
E LA TURRITA PORTA
E' la storia di un salesiano e di una
piccola torre. Il salesiano però è un arti-
sta, e la torre è medioevale. Si trovano
ambedue a San Benigno Canavese (To-
rino).
Dunque correva l' anno mille o giù di n,
quando fra I torrenti Malone e Orco ven-
ne costruita l'abazia di Fruttuaria, e un
muro pentagonale tutt'intorno venne a
formare il «ricetto rurale». Cioè un'area
in cui era offerto «un servizio di provvi-
soria salvaguardia a bestiame, mandria-
ni. derrate e contadini •. Il ricetto giunse
a contare 176 cellule edilizie. I muri pe-
rimetrali avevano tre grandi porte d'ac-
cesso, e torri agli angoli per la difesa.
Una sola porta turrita - che a un certo
punto era stata adibita a prigione - è
scampata all'usura del tempo. Gli abi-
tanti di San Benigno sentivano il dovere
civico di preservarla, e in modo dignito-
so. E' a questo punto che si è fatto avanti
Pierre-Octave Fasani, salesiano coadiu-
tore, che insegna l'arte ai ragazzi del lo-
cale Istituto salesiano ed espone le sue
opere qua e là per il mondo. ·
Pierre-Octave è nato 54 anni fa nella
Savoia. Un incontro con Carrà lo ha
orientato nella ricerca artistica. Una ri-
cerca curiosa, perché I suoi capolavori
sono soprattutto tavole di legno bru-
ciacchiate in vario modo. Ma dentro tu ci
vedi occhi, volti, tensioni emortlve,
un'umanità che vibra. E' la curiosa tec-
nica detta del bois brulé.
Pierre-Octave ha ottenuto di trasfor-
mare la turrita porta in « studio di pittura
e scultura, museo, sede di incontri cul-
turali».
Ha sostituito tutto ciò che era cadente
- pavimenti, scala, ringhiera, grate -
con altri elementi in armonia con l'lnsle-
me. Ha ridipinto le pareti con tinte che
.creano un'atmosfera •. In una cornice
di semplicità francescana ha collocato
le sue pitture, ha sistemato I tre locali
sovrapposti della torre perché servano
alla scultura, alla pittura, agli incontri.
Ora porta ni ragazzi della sua scuola,
gli artisti della zona, i vlsitatorì. E ora la
cittadinanza è fiera della sua Turrita
Porta, diventata centro culturale e nido
d 'arte. (Nelle foto: Pierre-Octave e la sua
torre).

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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* ITALIA UNA PICCOLA COPPA
PIENA DI BONTA'
Fra le tante strane coppe messe In palio
a premiare chiunque e per qualsiasi cosa,
ecco finalmente una piccola coppa che
merita di essere segnalata perché piena di
bontà: è la «Coppa della bontà• appunto,
che don Natale Zuccaro ha Istituito a
Camporeale (Palermo), uno dei paesini
del Belice devastati dal terremoto. Questo
sacerdote salesiano da più di due anni
dedica i suoi week end all'assistenza reli-
giosa del giovani di Camporeale, che rac-
coglie nel «Centro sociale gfovanlle.. E
per Il secondo anno ha dato vita al con-
corso annuale della bontà.
Quest'anno il premio è andato a Maria
Marasà, bambina di 10 anni e di quinta
elementare. Il 1O ottobre scorso Maria se
ne tornava a casa con un sacchetto di
dolciumi che aveva comperato per il com-
pleanno della sorella, quando la prontezza
di spirito le permise di compiere un gesto
ben più meritorio.
Alla svolta della strada un·auto soprag-
giungeva a velocità proibitiva, proprio
mentre una bambina di otto anni, Cateri-
na, attraversava la strada. L'investimento
era Inevitabile, ma Maria si buttava ad af-
ferrare la piccola e riusciva a tirarla in sal-
vo. Caterina, finita a terra. scoppiava a
piangere terrorizzata, ma Maria la rialzava
e la confortava. Poi la portava a casa pro-
pria, dove veniva medicata. Infine la ac-
compagnava dalla sua mamma.
Un episodio di scarso rilievo per essere
raccontato? Ma i delitti e gli attentati di cui
tutti parlano sono molto meno importanti.
Un grazie a don Natale che con la sua
«Coppa della bontà• fa conoscere anche
le notizie pulite e ignorate dalla grande
stampa.
BREVISSIME-------
Il maresciallo Oreste Leonardl, capo
della scorta dell'on. Aldo Moro, era exal-
lievo salesiano: aveva frequentato il col-
legio di Faenza dal 1937 al 1940, anni in
cui il padre comandava la stazione dei
carabinieri di Traversara.
Il BS lo ricorda a un anno di distanza (il
tragico agguato di via Fanl awenne il 16
marzo scorso); glt Exallievi di Faenza lo
ricorderanno Il 20 maggio prossimo, du-
rante il loro convegno annuale.
Eurobosco. Nel terzo Congresso Euro-
peo degli Exallievi di Don Bosco (Eurobo-
sco), svoltosi a Madrid nel settembre 1978
sono statefissate località e data del quart~
Eurobosco: esso avrà luogo a Lugano
(Svizzera) nel 1981.
La vita di Don Bosco alla radio. E' stata
trasmessa in Guatemala da «Radio Inter-
nazionale», in 12 Interessanti puntate. L:i-
niziativa è stata presa dai Cooperatori sa-
lesiani, che hanno realizzato I testi e han-
no voluto con quel programma preparare
la gente alla festa di Don Bosco.
L'Opera omnia di J. S. Bach. Viene
eseguita dal noto maestro Arturo Sac-
chetti al nuovo organo «Tamburini nella
cappella del Centro giovanile salesiano di
Torino Crocetta.
ARGENTINA* DICONO GRAZIE
CON UNA CATTEDRALE
I fedeli della diocesi di Comodoro Ri-
vadavia hanno costruito una cattedrale
e l'hanno dedicata a Don Bosco, come
ringraziamento perché cento anni fa
esatti mandò in Patagonia I suol missio-
nari. La cattedrale, ormai ultimata, è
stata benedetta Il 26.11 .1978 dal vesco-
vo salesiano mons. Argimiro Moure, e
prossimamente sarà consacrata.
La vicenda dice la fede e l'attacca-
mento a Don Bosco dei cristiani di Pata-
gonia. Comodoro, grosso centro nella
provincia del Chubut, in mezzo a giaci-
menti petroliferi che ne esaltano l'im-
portanza e le assicurano un prospero
avvenire, è forse la città vista da Don
Bosco in uno dei suoi «sogni missiona-
ri ». Egli scorse, al lavoro tra la gioventù
di una popolosa città, I suoi salesiani e le
FMA. e poco lontano una scuola agrico-
la: tutte cose oggi diventate realtà.
Nel 1957 Comodoro era eretta in dio-
cesi, e suo primo vescovo era il salesia-
no mons. Carlo Pérez. La chiesetta sa-
lesiana non risultava adeguata alle esi-
genze di una diocesi, e l'anno successi-
vo - mentre essa veniva ampliata - si
costituiva una « Commissione per la cat-
tedrale». Hanno lavorato bene. Quello
stesso anno veniva posta la prima pietra
del nuovo edificio. Il disegno del tempio
però, dopo il Concilio, doveva essere
completamente rifatto per adeguarlo al-
le esigenze della riforma liturgica. Ora
l'edificio è ultimato: risulta in stile fon-
damentalmente gotico, ma trattato con
molta libertà ed eleganza. L'edificio è di
grande solidità; nell'interno campeggia-
no I legnami del boschi patagonici, che
danno all'ambiente una calda acco-
glienza.
Nell'abside un enorme murale, opera
della pittrice Dolores Ocampo de Mor6n,
sintetizza la missione di Don Bosco nella
Patagonia. Don Bosco appare anche In
una bella vetrata, che lo riproduce pres-
so il letto di un ragazzino, quel Giovanni
Cagliero che sarà primo missionario sa-
lesiano e primo Vicario Apostolico della
Patagonia. Tutto il presbiterio è disposto
in modo da sottolineare Il ruolo del ve-
scovo circondato durante la liturgia dai
presbiteri e dai fedeli, e il ruolo dell'alta-
re come mensa eucaristica.
Il tempio, già benedetto, verrà solen-
nemente consacrato il 9.6.1979: a pre-
siedere la funzione è stato Invitato mons.
Pérez - ora arcivescovo di Salta nel
nord del paese - che dette inizio alle
costruzioni. I fedeli di Comodoro fanno
rilevare con gioia che se molte chiese
sono già state dedicate a Don Bosco,
questa però è la prima cattedrale del
mondo a portare il suo nome.
Mona. Arglmlro Moure, In un momento della benedizione della nuova cattedrale. Foto in
alto: lo eplendldo munii• che adorna l'abside.
31

4.2 Page 32

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Ringraziano
i nostri santi
IL MEDICO LA DICHIARA
COMPLETAMENTE SANA
Una notte del gen-
naio 1976 mia madre
fu colta da un grave
malessere, sembra-
va che dovesse sof-
focare. Solo il matti-
no fu possibile trova-
re un dottore, che te
ordinò alcune pasti-
glie e un'iniezione.
Ma mia madre non
riusciva a Ingoiare
neppure l'acqua. Il suo stato si aggravò,
con vomiti frequenti e collassi. Per man-
canza di posti, solo dopo una quindicina di
giorni poté essere ricoverata in ospedale,
ove le vennero praticati esami e controlli
accurati.
Ansiosa di notizie, interpellai il profes-
sore che l'aveva visitata. Questi con In-
credibile freddezza mi rispose: «Sua ma-
dre ha alla gola un tumore tra I più terribi-
li•. Rimasi Impietrita, le forze ml venivano
meno.
Nella speranza che il professore si fosse
sbagliato, chiesi notizie al medico di fami-
glia, e a un altro che l'aveva visitata. Ma
entrambi, sia pure con parole meno dra-
stiche, ml confermarono il crudele re-
sponso. Invocai Mwla Aualllatrlce e gli
altri Santi Salesiani. Con fiducia nella loro
intercessione, mi feci forza e cercai di pa-
droneggiare la situazione e sdrammatiz-
zare il caso sia con la mamma che con i
familiari.
Intanto I professori decisero di operare
l'ammalata, che dovrà essere nutrita con
un tubo inserito nello stomaco, essendo
ormai impossibile ogni altra via. L'opera-
zione fu fatta 1'8 febbraio, e la trepidazione
di tutti si cambiò ln gioia: dopo solo undici
giorni la mamma veniva dimessa e poteva
nutrirsi per via normale, senza bisogno di
tubo. Cosl passarono quasi tre anni.
quando comparve un acuto dolore al
fianco. Condotta all'ospedale e sottoposta
a tutti gli accertamenti del caso i risultati
furono quasi Incredibili: una semplice co-
lica duodenale, nessunatracciadi tumore,
né segni di alcun altro male. Il medico la
dichiara completamente sana.
Ora, a tre anni di distanza dal primo fat-
to, con la garanzia che viene dal tempo,
voglio esprimere tutta la mia riconoscenza
alla Madonna, che abbiamo invocato con
preghiera fiduciosa e Insistente.
Soverato (Catanzaro) Francesca Suppo
Vincenzo Lombardo (Tunisi) ringrazia
infinitamente Maria Ausiliatrice e San
Giovanni Bosco per essere riuscito a su-
perare felicemente una grave difficoltà
personale dopo ben quattro anni e mezzo
di lotta continua, nella quale le sole sue
forze erano impotenti.
LA MADONNA INTERVENNE
MATERNAMENTE
Un mio nipote l'anno scorso accusò un
persistente male alla gola che gll toglieva
l'appetito e le forze per il lavoro. I famigliari
preoccupati consultarono uno specialista,
il quale lo volle subito ricoverare in clinica
in osservazione. Fatti gli accertamenti del
caso, si decise per l'intervento Immediato.
Dopo una prolungata convalescenza, Il
mio caro nipote tornò al lavoro, se non
perfettamente guarito, In discrete condi-
zioni di salute. Ma pochi mesi dopo il male
ricomparve con maggior violenza di pri-
ma, e fu necessario un secondo interven-
to.
Fu allora che con tutta fiducia ml rivolsi
a Maria Ausiliatrice, ripetendo più volte al
giorno la novena consigliata da Don Bo-
sco, con la promessa di pubblicare la gra-
zia e di Inviare una piccola offerta. La Ma-
donna intervenne maternamente. Ora mio
nipote è perfettamente guarito, e ha ripre-
so il suo abituale lavoro.
Palermo
Sr. M. Grazia Relna FMA
L'IMMAGINE SORRIDENTE DI
DON BOSCO
Da parecchi giorni
la mia piccola di tre
anni soffriva di colite.
Le cose peggioraro-
no al punto che ìl
medico temette gravi
complicazioni, e ri-
tenne necessario
sottoporre la bambi-
na all'analisi del san-
gue. La sera prece-
dente il prelievo pre-
si tra le mani il Bollettino Salesiano, e vidi
l'immagine sorridente di Don Bosco: gli
affidai la mia piccola, ed ebbi l'Impressio-
ne che i suoi occhi ml rassicurassero. Al-
cuni giorni dopo mio marito andò a ritirare
l'esito delle analisi: tutto negativo! Da al-
lora la bimba è andata gradatamente ri-
prendendosi, con immensa nostra gioia.
Bianzé (Varee/li)
M. Rita Zanlorenzi
DA TRE ANNI LA MAMMA
NON HA BISOGNO DI DOTTORI
11 Signore per Intercessione dei suoi
amici Don Bosco e altri santi salesiani ha
voluto guarirci la mamma da gravissima
malattia. La sua ripresa è stata cosl ec-
cellente che da circa tre anni non ha più
avuto bisogno di dottori, e oggi 31 dicem-
bre 1978 In grande gioia spirituale e fami-
liare può festeggiare con noi tutti e in pie-
na autosufficienza le sue nozze d'oro, ral-
legrando marito, figli e nipoti.
Alba (Cuneo)
Famiglia Cencio
32
RINGRAZIANO MARIA AUSILIATRICE
E SAN GIOVANNI BOSCO
Margherita Bove (Pino Torinese) per
l'aiuto dato a lei e alla famiglia in una grave
situazione.
Maria Bore/lo Gaiato (Cerreto d'Asti),
abbonata da 40 anni al Bollettino Salesia-
no, che è sempre stata esaudita dalla Ma-
donna nel momenti più difficili della vita;
Anna e Lello Ruggero (Torino) per aver
ottenuto dopo tanti sacrifici la gioia di un
figlio, il piccolo Rosario;
Melina Di Stefano (Aci Sant'Antonio,
Catania) per la protezione e l'aiuto avuti in
circostanze particolari.
LA VIGILIA DEL BATTESIMO
11. PICCOLO VENIVA DIMESSO
Caro Bollettino Salesiano, anch'Io, se
permetti, desidero
portare a conoscen-
za di tutti un grosso
favore che attribui-
sco all'intercessione
di San Domenico
Savio. Il figlioccio di
mio marito è nato
prematuro e con ca-
renza di calcio nel
sangue. Dopo un
mese di cure, la
mamma poté portarlo a casa, ma trascorsi
appena venti giorni i disturbi si ripeterono,
per cui il bambino dovette essere nuova-
mente ricoverato, proprio pochi giorni
prima del battesimo. Quella sera stessa
cominciai, con mio marito, la novena a san
Domenico (che già ml aveva aiutata ad
avere la nostra bambina), sicura che an-
che questa volta ci avrebbe ascoltati. In-
fatti, la vigilia del battesimo Il piccolo ve-
niva dimesso, e contrariamente a quanto
affermano i medici, non ha più avuto bi-
sogno di ulteriori ricoveri. Sono ormai tra-
scorsi quasi due anni, e di quei tristi giorni
non è rimasto che il ricordo.
Ancora una cosa vorrei dire. Altre volte
mi sono rivolta a Mamma Margherita, la
mamma di Don Bosco, perché lei poteva
capire meglio i problemi di una mamma, e
mi ha sempre ridato serenità. Perché non
mettete anche il suo ritratto sul Bollettino?
Fossano (Cuneo)
Margherita Giacosa Costantino
RINGRAZIANO ANCORA
SAN DOMENICO SAVIO:
Angela Prone e familiari per la guarigio-
ne completa del papà, già anziano e ma-
lato;
Marisa Quadri (Bergamo) per essere
guarita senza troppe sofferenze e con una
forza e una serenità per lei eccezionali, da
un intervento chirurgico che si prospetta-
va difficile con un decorso post-operatorio
molto doloroso.
Margherita Roccia (Castelletto Busca,
Cuneo), che ha avuto una bella e sana
bambina nonostante I timori di una soffer-
ta gravidanza. Il piccolo Santo ha dissipa-
to ogni paurae asciugato ogni lacrima alla
povera e disperata mamma;
Pina Randazzo Platania (Catania)
perché la nipotina di due anni poté libe-

4.3 Page 33

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cln-. Mac:au: Mena Aualllalrtce nella raffigura-
zione d'un plttor9 c:dollco
rarsi senza l'Intervento chirurgico che
sembrava Inevitabile da una monetina che
aveva Ingoiato;
Ida Gldello (Pozzo, Pordenone) per la
guarigione del nipotino, dovuta certo alla
perizia del medici, ma anche alla fervente
preghiera;
Nonna Maria (Torino) per grazia ricevu-
ta a favore della nipotina SIivia;
SIivana e Giovanni D. (Torino) per il se-
condogenito Marco, che mettono sotto la
protezione del Santo.
IL CANTO DEL GALLO
Per due volte ho ten-
tato Invano un con-
corso a cui tenevo
moltissimo, rlcavan-
dene solo amarezza
e delusione. La terza
volta ml sonoaffidata
all'Intercessione di
Don Rua. Porto sem-
pre con me la sua
immagine, e spesso
lo interrogo cercan-
done la risposta t;On l'aprire a caso il li-
bretto della sua vita. Venne Il momento
della pubblicazione della graduatoria de-
gli ammessi agli orali nella prova di con-
oorso; molti miei colleghi erano riusciti a
conoscere la propria ammissione, e io In-
vece non riuscivo a saper nulla. Temevo
che questo silenzio prolungato fosse stato
di esito negativo, e col cuore colmo di
amarezza Invocai ancora più caldamente
Il caro Don Rua, durante una lunga notte
Insonne. Lo pregai di soccorrermi, a un
tratto gli chiesi di darmi un segno... Ed
ecco che qualche secondo dopo avvertii
in lontananza Il canto dì un gallo, che per
ben tre volte Intonò il suo chlcchlrlchl.
Stentavo a credere, piena di gioia, quando
per la quarta volta squillò, più acuto del
precedenti, l'ultimo canto del gallo... Alte-
sì fiduciosa tutto Il giorno appresso. e fi-
nalmente ecco arrivarmi una telefonata
con la quale venivo Informata d'essere
stata ammessa agli orali con votazione
brillante.
Messina
Nunzia Lo Cascio
RINGRAZIANO MARIA AUSILIATRICE
DON BOSCO E ALTR SANT' s,LESIANI
Laura Piccone (Torino), elle chiede an-
cora una grazia personale.
Margherita Lova (Trofarello, Torino) per
aver ottenuto una segnalata grazia.
Palmina M.C. (Roma) per l'aiuto avuto In
un momento delicato per la famiglia.
Caterina Rabino (S. Damiano Asti) per Il
miglioramento ottenuto alla vista
Marinella Par/si (Messina). exallieva
delle FMA, per grazia ricevuta.
Geronima Val/erga (Varazze, Savona)
per essere guarita senza intervento chi-
rurgico da un grave disturbo.
N. T. (Catania) per Il felice esito dei nipoti
nei loro studi ed esami.
Famiglia Ansa/di (Torino) per grazia ri-
cevuta.
Angela Bo Negro (Torino)) per la guari-
gione del marito affetto da grave malattia.
Giannina Donze/11 (Samarate, Varese)
per tante grazie ricevute.
Elena Marchesotti (Arquata Scrivia,
Alessandria) per essere stata esaudita in
breve e nel modo migliore.
Rita Del/assetta (Bagnolo, Cuneo) per la
guarigione del fratello da una grave ma-
lattia.
Una mamma (Perosa, Torino) per aver
ottenuto un notevole miglioramento nella
salute del marito e un posto di lavoro per Il
figlio.
Angela Partisano Peduzzl (Champoluc,
Aosta) per un grande miglioramento da
esaurimento nervoso.
N. W. (Torino) per tante grazie ottenute,
e per quelle che ancora sta chiedendo,
specie a vantaggio del suoi genitori.
Marianna Grasso (Acireale, Catania)
per aver potuto dare alla luce Il secondo-
genito, senza le complicazioni previste dal
medici.
Alfonsina Rocchi e Sorelle (Villa O'A-
gua, Bergamo) per tante grazie ricevute.
B.G. (Torino) Invoca Il loro aiuto per la
sua vista e per I suol cinque figli.
Giuseppina Colombo (Busto Carolfo,
Milano) per tanti favori ricevuti e per quelll
che ancora attende.
Clemente Grazzanl (Lodi, Milano) per la
completa guarigione del figlio, mentre I
medici non davano più alcuna speranza
M.G. E.F. (Torino) per la gu(lrigione del
Figlio Mario.
G. e G.A. (Torino) In occasione del 2s• dt
matrimonio, per tutte te grazie ricevute,
insieme con I cinque figli e le proprie
mamme, nel desiderio di continuare per
tutta la vita a realizzare Il piano di Dio.
Caterina Vlg/lettl (Torino) per la guari-
gione da due flebiti.
Eugenio Marchls (Torino) per il miglio-
ramento nella salute della moglie, e In at-
tesa di completa guarigione.
Marianna e D/ega Muratore (Canlcattl,
Agrigento) per la perfetta guarigione del
fratello, tra lo stupore dei medici, e in at-
tesa di altre grazia tanto desiderate.
Marianna Toratdo (Messina) per grazia
ricevuta, Implorando la loro protezione
per tutta la famiglia.
ATTENDEVO IL RESPONSO
01 UN MALE INCURABILE
Credo che la co-
munione con i santi
che già hanno termi-
nato la corsa e con-
seguito la corona
raggiunge un' inten-
sità tutta particolare
quando avvertiamo
come anch ·essi han-
no vissuto le situa-
zioni più angosciose
che In un momento
della nostra vita ci accade di incontrare.
Questo anche se Il più delle volte cl turba
profondamente la considerazione della
forza che la Grazia divina ha suscitato in
loro. E' quanto è accaduto a me In questi
giorni. Net momento In cui. dopo una serie
di complessi esami al quali mi ero sotto-
posto nel corso di un ricovero ospedalie-
ro, attendevo da un colloquio con un me-
dico un responso che per molteplici Indizi
si presentava come la diagnosi di un male
praticamente incurabile, o per lo meno ta-
le da richiedere un urgente intervento
chirurgico, mi è Improvvisamente ritornato
In mente un episodio della vita di auor Te-
,.... Valsè, letto casualmente una setti-
mana prima. sul Bollettlno Salesiano. Mi
riferisco al suo rifiuto della guarigione, of-
fertale da Don Bosco, a vantaggio di una
consorella morente.
L'angoscia che In quel momentosentivo
era In stridente contrasto con l'ardente
carità che mostrò allora quella giovane
suora. all'incirca mia coetanea La mia
reazione, nell'anticamera del medico, è
stata di affidarmi all'Intercessione di suor
Teresa perché, quasi contro ogni speran-
za. la diagnosi non fosse cosl infausta.
Cosl è stato, il sanitario mi aveva convo-
cato per annunziarmi la dimissione dall'o-
spedale, in quanto gli esami avevano mo-
strato trattarsi di cosa di poco conto. Ho
pensato perciò, come motivo di ringrazia-
mento al Signore e a Suor Teresa - che
credo mi sia stata accanto In quel difficile
momento-. di Informare voi e I lettori del
beneficio che mi è stato concesso.
Bologna
Enrico Morini
HANNO PURE SEGNAr :OTO GRAZIE
Alemanno Maria • Allolllo Adl - Augello Ma,la llaldonl
GIYNppa - BaltagCla Meria - Btltllo AMa- astella LIIISII
- 8- Gu.ppe- Bcauo Angela · 8onlllo M- · Bo-
aco Lau,a - B<essan Anronla Caccia A81unlll - cala-
br- Ilda - Catullo Vlttor• Coaarl G1UNpPlna - De
Santls GabrieUa De Vacchl SIivana El4)C)Slll Giuditta
Fuo4o Francesco - Gaullo Valentino • Giglio Palmira -
Gitto Anlonla - Golanl Ter- Gonella Luigina - Gran-
zlera Ai,,ea - Gn,zunl Clemente Joly Emealina - lvaldl
CaLerlna • Leone Famiglia Lo PNIIIJ Adele - Marino
S■nch - Martacldu Severina Mattlnottl C■mffla - Mel-
chio<re Adoie - Mensillerl Sllvla Ml anl Maria Rlgon
Montecucco Ganna - Mcntlcona Ma,vherfta - Morwo
EIU e Lucia· MI.Wlleri Albertina· Numi Peppino· P- -
mo Umbe'1o • Pin Giacoma UggettJ Pro,,.-a e1gune111
T • - Querc:loll Cel9o Regge Alfredo R ~
Lina RosaFederico - R"'1no Flofenzo• Saglibene Or-
90ta - Satonla E.zo - S■nna Elvira Serina MwianQ91■
Sllvestrlnl Pietro • Spranu Natalia Sprega Nella Suttl
ZucconiTwesa • Tomuella As,,- -Tommasl C-rla -
Vettorl Maria - Zacconl GiuNpplna Zambrano Anna.
33

4.4 Page 34

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Preghiamo
per i nostri morti
SALESIANI
Coad, C.....,...o Barbera t a Tonno a 74
anni
Dopo K servizio militare passò qualche
, , _ a Fogltno come upirante, poi nel
1926 partì come missklnano in Perù. lvi
divenne salesiano, e per oltre 30 anni vi
nma• com• capom9"8nico. Tornò in
patria nel 1960 Acute sotterenze flslche e
morali gli rendevano dilllclle ogni rappor-
to, ma nello stesso tempo ~ doler• lo ma-
wrò alla c:onliahlil 8!)8fla e sentibile a
ogni gesto dibOntà. Amò motto DonBosco
e 18 Madonna, pregava molto, e mori col
nome di Ma,la sulle labbra
s.c. o.inno Creopl t a Bangkok (Thai-
landia) a 71 anni
Fu un missionario lntrepklo, un lavoratore
capace dl superare qualunque tat,ca
Nella Incipiente residenza di Huel Yang
cominciò dal nulla, ma con le sue capacità
do apostolo e di agrarie in 15 anni rese
quella loeahtl tra la più prosperose della
missione di Surat Thanl, Altrettanto Ieee
nella residenza di Phanorn, In cui fu par-
roco per a1cu.n1 anni t.a sua ansia era di
aiutare tutti, cristlanl • buddisti. a crearsi
un avvenire sicuro e fecondo. Amava tan-
to la
bato
MadorlN, e deSlderava
rAusiliatrice lo . .udì.
mor,,e di sa-
I cnstlanl di
Huel Hang, dov'egll aveva lavorato con
tanto amore, vollero conservare nella loro
parrocchia le ll)Oglie dell'ind1mentk:ab1le
pastore.
t S.C. Paolo G-11 a Trevlgllo(Bergamo)a
77annl
Aristocratico per origine, temperamento e
comportamento, volle vivere per Iragazzi
più poveri e bisognosi Olvenl8to 1alesia-
no, kl destinato alla cau più pov•a del-
l'lapettorta, tra ragani altldatl molte volte
dalla Questura, vestiti con le caratteristi-
che casacche delle ca• di rieducaziOM
11 chlerieo G-11 ne divenne Rgrande ani-
matore, e li conquistò con la sua bontà. Le
sue giornate erano cosl dense di lavoro e
di fatica che ne stremarono le forze: ebbe
una lunga ma1an1a, cna eltllsse a praoc-
cupò seriamente I suol ragazzi Quando
finalmente aeppero che ogni pericolo era
,congiurato. fu un'891)1ostone d1 gioia DI-
ventato sacerdote, e direttore di case lm-
ponantl come Verona Mogllano, si dl-
mot1rò .., lmparegglabHe formatore di
giovani, anche negli oratori parrocchlall,
ove era lieto di mandare I suol confratelli.
Motte vocazioni fiorirono allora, sia per
Don Bosco che pe, I Semll'lano Tenn1na-
ta la lunga fatlc:a, orma.I sazio di anni e
chiuso a tante voci del mondo, si preparò
ad accoglie,e la voce di Dio che lo chia-
mava al premio
C o e d - ~ ~ taHCWlgKonga
79 anni
NatoInUngheria,era ormai adulto quando
un mumlnato ed aperto direttore aplrl-
tu.le 1o on.ntò verso la vita religiosa nella
congregazione saleatana. Dopo la profes•
slone, ottenne di partire per le missioni. e
per ,1 anni lavoro nell'ispettorla cineae a
Macau
era un
e a Hong Kong.
felice connubio
La -
di doti
personalrta
che lo ren-
dflvano simpatico enegglamento nobile e
digmtoso, oomunlcatr,a schietta e raclle.
ammo reno e senalboe al problemi p,u v,-.,1
della nostra epoca. A questa qualità con-
giunse l'esemplarltà dall'osservanza reli-
giosa e un costante Hlo per le vocaz10n1
Giorgio P-,.aa t a Sagayathonam (India)
a78a
A 31 anni Giorgio chiese di entrare nell'a-
splrantato misslonerlo di Ivrea, ma ebbe
nsposla negativa perdlé aveva superato
r ~ rnass4ma di anni 30; tanto 1ns1stene
però, cne Il Reno, Maggiore don Rlnaldl
fece per lui un'eccezione. Nel 1933 partiva
per l'India e faceva i novu:lato a Madras
Sebbene avesse cinque anni più dfl4 suo
maestro di noviziato, si rivelò obbedlenle e
disponibile in maNlmo grado. Otdlnato
sacerdote ne1 t !MO, lavoro per quartro
ennl tra I novizi dell'll!)eltorla, quindi
passò Il resto delle vita prodigandosi In
varie parrocchie della d_. di V•lor•
Fu un autentico operalo nella vigna del
Signore Seppe convogliare alle missioni
l'aiutodi tanti suol amielrimasti Inpatrla, e
riusci a costrulfe due belle ch,ese per le
comunttil cnstiane di Pallikonda e Katpa-
dl. Preoccupato di non recare molestla a
nessuno. riusciva a renderli amico di tutti
con la gentilezza, la carità, la pazienza e la
pronlezza nel rendersi utile Tultl stima-
vano Il suo attaccamento a Don Bosco a la
sua Intensa pieUI mariana, tutti lo cons,-
deravano ronesù fatta persona e uomo
dal cuore d'oro.
Coad.CalogeroA_.,t a Palermoa 70
mini
Visse la sua vocazione religiosa con rara
esemplarità. latta di lavoro e di preghiera.
secondo lo stile taleslanO Rimase al suo
posto di guardarobiere fino a una selt~
mana p,lma deMa morte. nascondendo U
male che lo consumava Al g,ovanl che gll
stavano volentieri attorno. e al loro geni-
tori con cui aveva frequenti contat11, sa-
peva donare parole di vita, che per p<lmo
praticava prevenendo ogni ~ e
donandosi a tutti In costante sacrificio.
OOPERATORI
Aca1ano Toumon t a Torino a 95 anni
SI laureò giovanissimo In ll'lgegneria. e
dopo aver maturato slgnlllcatlve esp&,
rienze nel campo delrlngegne,1a Idrauli-
ca, tu nominato Dhnore Gene,ale del-
1'Assodazlone lmgua Ovest Sesla. In tale
-te curò la riorganizzazione dall'Intera
rete ld!lca dell'A!J'O vercellese La sua
compelenza a le sue Of)8fe gll procurare,..
no Incarichi di primissimo plano e di alta
responsabili~ Infatti, contribui In modo
dl,te,mnanta alla reahzzazlone di Impor-
tanti opere di bon~ica e di trastormazlone
londlarla dell'Agro romano, In Sardegna e
cInneAplrelcram. oSletinaantonrieI'AdmelmRlnelgsntroa,zr,eosnseaCaMr>--
ca di Vercelli con capacità e 1aggezza.
Era da notti anni cooperatore aaleslano, e
11 considerava della Famiglia Salesiana
sìa per esMra stato amico dei compianti
Don Pietro Rlcaldone e Don Fedele G►
raudl. sia perché 18 madre, coni- Adele
Tournon Came<ana, ebbe come conles-
90<e e ,uida spirituale li beato Don Rua.
Antonio-.,.. t a Aabbl (Trenlo) a 71
anni
Trascorse la vita con semplicità cristiana,
dedieandosl con grande sacrificio alla fa-
mlolla a al lavoro della campagna Fu feli-
ce di poter donare uno dei suol set ligli a
Don B<lsco, e dl lascla~o andare nella
lontana Cehlorn111 a svolge,e l'apostolato
-taro. una brevissima malattia lo
portò al a gioia del Paradiso,
Comm. s.ndro Terngnl t Como
Cattolico tuno d'un pezzo, era staio attivo
pre111dente diocesano di Azione Cattolica,
prima rei settore Giovani e poi in quello
Uominl lndUSl!laie di lj)ieco, Il •a dlmc,..
strato ellieacemente apostolico anche tra
I suol dipendenti. Era convinto Coopera-
1ore Salesiano, e seguiva con amore e In-
coraggiava concretamente le Iniziative del
Cooperatori, prestando a ogni momento•
senza ~spetto umano Il suo Illuminato
conslgllo à la - ope,a
VNo P..,_ t a Mascalucia (Catania) a 92
anni
Durante la prima guerra mondlale restO
graverrenla terito tanto che l medie! riten-
-o lnutlleogni cura. Invece. contro ogni
previslOOe sclentlllc:a a cllnlca, rimase mi-
racolosamente In vtta, anche se quasi
cleeo. Afferiva sempre con orgoglio che
nel momento In cui fu ferito vide davanti •
l'immagine dl San Vko (patrono di M►
scalucla). La devozione a queato Santo e
alla Madonna fu la caranaristiea della -
vita. e si traduceva In COSIBnle dedizione
alla famiglia e In un senso di operosità e
aocievolena. Particolare amore nutriva
per te anime del delunO: da quasi 50 anni
curava la celebruione mentile di meeaa
per •tutti, I defunti nella chiese del cimi•
tero, tanto che tale Iniziativa & diventata
1.1>'lslltuzlone. Fu COSl&nte ~ •tore
delle opere di Don Bosco.
t Giovanni Faleechlnl a Udine a 79 anni
Aveva studiato nel COiiegi salestanl di Mo-
gllano e di Esle, e rimase sempre tedele al
principi ricevuti. Fu tra I fondaton detl'As•
aociaz1one Friulana dei Donalori di San-
gue e ne tu presidente alllvlsslmo. SvolN
la sua attività anche in diversi settori so-
ciali, come Il folclore. la fllodrammatlca,
l'assistenza pubblica. le tradizioni lrlul►
ne. Fu uno dai più lervldl e geniali compo-
nenU della ,Clape, OsovaN, che ricreò I
paesi d• Friuli con canti. rectte brloM e
finalità educa11ve. Tre volte sindaco dl
Osoppo, fu sollecito nel ri110lvere I proble-
mi locali Il tragico terremoto del 1976 dl-
stru- la sua cau avita disperse tante
care memorie. Europeista convinto, 001-
laborO a ogni Iniziativa di bene con spirito
protondamente cristiano.
Fortunale -
d'AOMla t a Gaeta
(Latina) a 68 anni
Madre e educatrice esemplare, seppe
guidare la famiglia alla ricchezzadella vita
cristiana, modello di ledeltl al dovere e al
lavoro. Fu cooperatrice salesiana affezio-
nata, t>enelicO l'opera locale e le missioni.
LIYlo t.au<entl t a Frascati (Roma) 77
anni
Cooperetore di antica data, nel dopo-
guerra aveva pure fondato l'Unione Exal-
llevl del locale Oratorio. Lascia in quanti lo
conob~o la t9911monianu di profonda
fede çilal1ana; d alllOfll alla famiglia che
crebbe in modo esemplare, d amore al
lavoro, all'onestà e alla rettitudine; e lnllne
di attaccamento alla Famiglia Salealana,
di cui si conskl•ava membro elleltlVO
Glullana Alazu t Vercelll
Angallne Callarame t Leonforte (EnN)
Don C__,. CVlla t Campobello di U-
cuta
Glueeppe D'Anna / Caltavulturno (PA)
t Ylla F ~"8d.. La Rocca AgrlgenlO
Paequafe Giardina t Caltavulturo (PA)
Gkdeppe M811Zella t Leonforte (Enna)
Elena MartlnaD.I O...AoweN t Alassio
Glr:IYannl Mli t Alvaroto (Torino)
Lena N-o t Alassio
Af1981a Patadlao t Leonlorte (EnN)
G lr>Yennl Battista Pellegr1no
NUNla Tlrendl t Maletto (Catania)
M_.lno Yalr
nSscZceaIAOAivluLietNtEàqarEeSuggIaLGiAuineuENrtgriiNdOiadhEitciraPcRaenaEAdpnmRLeoEeErLrnceDEOthdee1PiMectEclslIro.SRetonStEoIiOODn1f.ON3oP-IrN.1mcd-Bo1aeOn9zl2iSo2s4nC-e9indO,-.e1ac29nIo72nnn1.TupsnOnoec.RsdisaI9eNom5InO9noo,,RcelaOehvgLeMea'nIALlStm,eATreIpiTDncetoUIerRnsTErooOi----
Formule valide sono·
(mDooip_snpsuiBosroneesi)sclci'oIotmrnacmtostoanebddsie'leeudnisne,lteoTIgnoIanrRt.in.oo.:opm)ea••ar.lg(aotlisitpcospilcoouorapedliliapaleleDlr'glisrsaeettlzgforuuotlinoatiedsSGaoale~llenEmsen/aartaneld,oeei Oplpiepraerer.rt.lei:e-,
colarmente di assistenza e beneficienza. di istruzione e educazione, di
culto e d1 religione• .
_ se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro dei due Enti su Indicati:
rr;1 snfgTleocloide•rsmenco,aol0afJnpl,elRindarpueosieldmIclsroeisaatroeunu(ggnodzuniopivoiipteanimrudedsiraaaeeellslpeel''sErIdlsoeanutcqitcDteeuuai,darzteeoeinoznptSniotoaeaenrml,tdeeidicissaGioiapcplenaoupnorslametioprzrteaieieoen/rendntleeeeOi rdtaMpeeieslql!islrtguseassai,moD1o!snsneoietran(e•!sctnaBtozrtoaniiatsoes.cleNobode.ocepnmo&eIinn-r-
(luogo e dala)
(firma per d1s1eso)
34

4.5 Page 35

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Borsa: Maria Aualllal rlce e S. Giovanni
Solidarietà missionaria Bosco, ,n suffragio di Angela e Paolo, a
cura della f1glra Mana, Tqnno L 500.000
Bo,.sa: Sacro Cuote d i Gesù, Maria Ausl-
Uatrlce e S. G l u _ , a cura del coniugi
Martina Margherita e Alessandro e parenti
L. 500.000
Borsa: Marta Auslllalrlce e Santi Salnla-
nl, fn ringrazìamenro e invocando altre
grazie, a cura di Dellassette Aldo e Rita,
Bagnolo Piemonte (CN) L 500.000
Borsa: Maria Ainlllalrlce, S. Gi ovann i
Bosco e S. Domenico Savio, per esito ,.,.
f/ce di una operazione motto dlfflclie, a
cura dì Silvestri Italia, Avellino L. 300.000
Borsa: Maria Auslllatrlce • Sanll Salnl&-
nl, In memoria e suffragio d1 Luigi Genar-
dln1, a cura di N N , Gardola L 240.000
Bof"la: Maria Au.alllatr&ce, a aura di Morfint
A Atta L 150.000
Borsa: Maria Autlllatrlce e S. Giovanni
Bosco, m suffrag•o de, defunti. a cura di
N.N. L. 120.000
Borsa, Maria Auslllatrlce, Invocando ma-
terna pro1ez1one e una grande gfiUia, a
cura di N.N .. Bagnolo Piemonte L t 00.000
Bo-, Maria, Madre della Chiesa, In m&-
moria di Don Bernardo Lomagna. fratello
della loro Direttrice Sr Anna, a cura delle
E>< allleve di Torlno-Lucenlo, L. 100.000
Boraa: Maria Ausiliatrice e S. Domenico
Savio, perché proteggano fa nostra tam~
glia, a cura di Scortegagna Bruno e Ma-
riano, Piovane RoccheHe (VI) L. 100 000
Borsa: Merla Au1lllalrlce e Don Bosco,
proteggete la mia tam/91/a, a cura di
M.G G (Pavia) L 100.000
Borse di studio per giovani missionari salesiani
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Giuseppina, S. Giorgio Lomell (PV), L.
100.000
Borsa: Divina Provvidenza, a cura di Bo-
ghone Francesco, Torino L. 90.000
Borsa: Servo di Dio Artemide latti, a cura
di Cubata Giuseppe. Mess.. L. 70.000
Boroa: Maria Auolllatrlce, prega per noi -
In memoria e suffragio di Vacchetta Nico--
la, a cura della moglie, L. 70.000
Borsa: S. Giovanni Bosco e Servo di Dio
can. G. Allamano, a cura di Castagno
Margherita, Collegno (TO), L. 60.000
Borsa: Mons. Stefano Ferrando, m mtt-
moria, a cura del giovani della Scuola
Media D. Bosco di Borgomanero (NO), L
60,000
Borsa: S. Oomentco Savio, ,n memorla e
suffragio def/a Mamma una Manfredi, a
cura della Famiglia. L . 60.000
Borsa: s. Giovanni Bosco e Santi Sa-
leslan lt a cura di Galli Marla, Pfeveonoville
(PR), L. 55.000
BORSE DI L. 50.000 CADUNA
Borsa: S. Giovanni Bosco e San11 Pontefi-
ci, implorando protezione per I nipoti. a
cura di E P , Caserta.
Borsa: Don F. Rlnaldl, per te beatificazio-
ne, a cura di N.N., Mede (PV)
Bona: Maria Au1lllatrlce • S. Gkwannl
Bose<>, In s"tlregio di Bruslia Nerina ved.
De Griffi, a cura delle ex allieve dell'lsUtuI0
lnvnacolala di N011ara.
Boroa: Geaù, Gluoeppe. Maria, a suffragio
di Sartirana Alessandro. a cura del gen~
tori, Torino.
Borsa: Maria Au1ma1rtca s. Giovanni
Booco, In suffragio del miei gen itor, e m-
11ocam:Jo cont,nua protezione. a cura di
Bramati Luigia, Monza (Ml).
Borsa: Maria Auolllalrlce e s. Gkwannl
Bosco, perché proteggan o e guidino il f~
glo Vincenzo, a cura di Di Pino P,etro e
Maddalena Bovahno (RC).
Borsa: Maria A uolllalrlce e S. Gio vanni
Bosco, per grazia ricevuta. a cura di B.asf..
gllo Anna, Cuneo.
Borsa; Maria Auallla1rlce, S. Giovanni
Bosco, Angelo Cullode, In suffragio di
Piero Rabe/1/no, a cura di N.N.
Borsa: Maria Au1lllalrlce e S. Giovanni
Bosco, invocando protezione per la tam~
e.e.. gli11, a cura di
C adorago (CO).
Borsa: Maria Auslllatrlce e Sani! Saleol&-
nl, a cura di Boglno Lina, Torino.
Borsa: Maria Aualllatrice e Santi Sale sla-
n l, Invocando protezione sulla famiglia. a
cura di N.N.• Mezzolombardo (TN ).
Borsa: Maria Auolllalrlce, S. Giovanni
Bosco, e S. Domenico Savio, proteggete
mio 1/glio, a cura di M.G. Torino.
Borsa: Maria Ausll!atrlce e Don Booco, a
cura di Scaplno Caterina, Ivrea (TO).
BorN: Marta Auolllalrlc e e S. Giovanni
Bosco, per la Messa d 'argento di Don
Gaflo Severino. a cura di Comug, Borgo-
gno
BorN: Maria Auslllalrlce, s. Giovanni
Bo■co e Bealo M. Rua, ,n sulfrag,o del
fratello e per ottenere una grazia, a cura di
Rota Teresa, Vercelll
Boru: Maria Auolllalrlce e S. Giovanni
Bosco, a cura di Gohnelh Antonietta, Lugo
di Ravenna L. 100.000
Borsa: Maria Au1lllatrlce, S. Giovanni
Bosco e S. Domenlco Savio, in ringrazia•
mento e Invocando protez,one sulla no,.
stra famiglia. a cura di F.G., Pacalleri (TO)
L. 100.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Marta Autlllatrt-
ce e Santi Salealan l. Invocando protezlr>-
ne per me, liglf e nipoti, a cura d i Gallorl
Elisa, Travedona (VA)
Borsa: Maria Auslllatrlce o S. Giovann i
Bosco, implorando aiuto. a cura di Fran-
Clt1i Severino e Famlglta, Dogan a (Rep. S.
Marino)
Borsa: B eato Don Rua1 per grazie r,csvute
e ,mpforando ancora protezlone. a cura di
Mose, Carolina. Genova
Borsa: Maria Autillatrlca, S. Giovanni
Bosco e S. Domenico Savio, per grazia
r;cevuta, a cura di De Cet Ester, Tomo di
Feltre (BL).
Borsa: Sperando nella misericordia del
Signore, a cura di Corsanl Iride, Pisa
s. Bona: Maria Aualllalrlce • G iovanni
Bose<>, aluratemi. a cura di Peron i Assun-
ta. Torino.
Borsa: Maria Auslllalrlca • S. Giovann i
Bo-aco, pet graz,a_ ncevuta, a cura di M ay
Lu>gIa, Buthglìera Alta (TO).
Borsa: Merla Au1lllalrlce • Santi Salooia-
nl, a cura di un exalllevo, Torino.
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Auolllalrl-
ce, Papa GJovannl. nel/e nostre noue
d 'argento. ringraziando e lmplortmdo an~
cora protezione sulla nostra famiglia, a
cura di G.N.C., Ranzo (IM).
Boroa: Maria Aualllatrlce, San11 Salesiani
ringraziando per pro tezrone ricevuta, a
c ura di Villa Maria. S. Donato MIianese
Bora.a: Don Bosco, a cura di Treve Maria,
Arclsale (VA).
Borsa: Don Boaco, a cura di Cavaliere
Pietro e Lina, Messina.
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Giovanni
Bosco, in suffragio del de/unti a Implo-
rando protellone sulla lamlgfla. a cura di
Marchelll Maria, Paralloo (BS).
Borsa: Maria AusUlatrlce e Don Bosco,
Invocando una grazia tanto sttesa, a cura
Pìttarelli Giovanni, Villanova d 'Asti
Borsa: Don F. Rlnaldl1 con riconoscente
devozione, a cura di M etlonl Clelia. Fino
Mornasco (CO).
Borsa: Maria Au1lllalrlce e S. Giovanni
Bosco, m suffragio de-' genltorr Trancio
Elisio e Cima Angela, a cura di T.E., Ge-
nova
Borsa: Marta Aualllatrlce, Santi Salesiani
e Giovanni XXIII, a cura di G.E. L. 1OQOOO
Borsa: Maria Aualllalrlce e Santi Salesia-
ni, In memoria e suffragio di Teresio
Borsano e Invocando aiuto e protezione, a
cura det familtan, L. 100.000
Boru: Maria Ausiliatrice -e S. Giovanni
Boac:o, psr rìngraziare e chiedere prote-
zione, a cura di Poleranl Giovanna, Trevi-
glio (BG) L 100.000
Bor sa: Mwla Au■Ulatrlce, nostra speran.
za, a cura di Bergamaschi Giuseppe,"Ber-
gamo L 100 000
Borsa: Do n 8oaco Biutaci, per' 1m,e, cari,
vivi e defunti. a cura di Muuam Ugaz10
Borsa: S. GlovaMI Bosco, a cura d• Gor•
gerlno Maura, Pessione (TO)
Borsa: Maria Auslllalrlce o S. Giovanni
Bo1<:o, In suffragio del Ira/etio Maur,zro, a
cura del don. Agostino Rev,ghono,Tonno.
Borsa: Maria Auollialrlce e Don F. Rlnaldl,
a cura di N. N.
Borsa: Maria Aualllatrlce e Santi Sale■ll­
nl, a cura dt N.N.
BorOB: Maria AQalllalrlce e Bealo Don
Rua, a cura d1 N ,N
Borsa: S. Cuore di Geaù, Maria Auolllllri-
ce e Santi Saleolanl, invocando protello-
na m vita e ,n morte, a cura d1 ZanonJ
Maria, Costa Volpino (BGJ
Boroa: Marta Aualllatrlce e Santi Salesia-
ni, per grazia ricevuta e Implorando prr>-
tezlone e fn suffragio del miei defunti, a
cura di Gi&lanna.
Borsa: S. l>omenlco Savio, per grazia ri-
cevuta, a cura di Brun ì Giovanni, Biella
(VC),
Boroa: S. Domenico Savio, proteggi Ema-
nuele e Cmtma, a cura di N.N., Biella (VC).
Borsa: Mala Ausillalrlce e S. Giovanni
Bosco, protegge la nostra famigfla, a c ura
dl N.N., Biella (VC).
Borsa: M•la Au1Jllatrlce e S. Giovanni
Bosco, per Implorare grazia, a cura di
N,N
Borsa; Maria Auolliatrlce Santi Saleol•
nl, fnvocartdone protezione, a cura di
Vergano Maria Luisa.
Borsa: Maria Maria Auolllattlce e Santi
Salesl.anl, • cura di Salice Enrica (AL).
Borsa: Maria Auolllalrlca, Santi Salealanl
e Papa Giovanni, a suffragio del defunti e
per la salvezza dei fam iHarl, a c ura dJ Lucci
Maria Culechl, Chiaravalle (AN)
Borsa.: Mana Aualllalrlc• e Don Bosco, In
ringraz,amento e Invocando protezione
sui liglf. a cura di Ma:gnonl G•• MIiano.
Bona: Per un aspirante a/16 miss/on/
salesiane, a c ura dl De Sandre Teresa,
Padova
Borsa: Santa M•la, ora pro nobts, m m&-
morla di mia Madre, nel quarto anniversa-
rio della morte. a c ura di De Paoli Fab,o,
Piove di Sacco (PD).
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Giovanni
Bosco, a cura dl Carca1erra Cesare , (BR).
Borsa: Maria Aualllatrlce, S. Giovanni
Bosco e s. Domenico Savio, Invocando
protezione per me e la sorelle Ida, a cura
di Mllanetll Giovanni, Recello(NO).
35

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