Bollettino_Salesiano_198807


Bollettino_Salesiano_198807



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2 · 1 APRllE 1988
Rivista tondata da san Giovanni Bosco nel 1en
Quindicinale di Informazione e cultura religiosa edito dal•
la Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 Casella post. 9092 - 00163 Roma-
Aurelio • Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco. Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Marco Bongioanni - Maria Colllno• Pierdante
Giordano Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzì - Cosimo
Semeraro.
Collaboratori: Giuliana Accornero - Nino Barraco - Ser-
gio Centofanti - Paolo del Vaglio - Umberto De Vanna -
Monica Ferrar!• Maria Galluzzo - Maurizio Niella - Silvano
Stra.cca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Fotocomposizione, spedizione: Stabilimento Grafico
SEI• Torino
Stampa: ILTE· Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto ago-
sto) per tutti.
• Il 15 del mese per I Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione Invita a mandare notizie
e foto nguardanti la Famlglìa Salesiana e s'Impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali Inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio Nazionale
Coopera1orl (Aliano, Rlnaldlnl) - Via Marsala 42 - 00185
Roma • Tel. (06) 49.50. 185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo In 39 edizioni nazionali e 18 lin-
gue diverse (tiratura annua oltre 10 millonl di copie) in:
Antllle (a Santo Domingo) - Argentina - Australia
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (In Guatemala) CIie - Cina (a
Hong Kong) - Colombia Ecuador - Flllpplne - Fran-
cia - Germania Giappone India (In Inglese, malaya-
ram, tamil e telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia
- Jugoslavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud
Lituania (edito a Roma) • Malta - Measlco - Olanda
Paraguay - Perù - Polonla - Portogallo - Spagna -
Stati Uniti - Thailandia - Uruguay Venezuela - Zaira
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede.
Copie arretrate o di propagande: a richiesta, nel llmltl
del possibile.
cambio di Indirizzo: comunicare anche l'Indirizzo vec-
chio.
SOMMARIO
3 CRONACHE SALESIANE
8 LETTERE DAL MONDO
di don Egidio Viganò
10 CRONACHE DEL CENTENARIO
Un Santo sempre nuovo fra scultori
pittori e medagllstl
di Giuseppe Costa
14 PROBLEMI EDUCATIVI
I giovani e la bi otecnologia: un Interesse
da indirizzare verso scelte di vl1a
di Gaetano Nanetti
18 PROBLEMI EDUCATIVI
•Agli scienziati diciamo: non tutto il possi-
bile è lecito•
servizio redazionale
24 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Dalla gioventù del Terzo Mondo la spinta
all' autosvlluppo
di Gaetano Nanetti
27 VITA ECCLESIALE
Una enclcllca tutta da vivere
di Silvano Stracca
30 VITA ECCLESIALE
L 'educazione allo sviluppo comincia dalla
conoscenza
di Gaetano Nanetti
34 PROTAGONISTI
Il cardinale sale-siano s i batte per Il dialogo
unica via d'uscita alla crisi del Nicaragua
servizio redazionale
38 STORIA SALESIANA
Quella musica cara più al cuore che alle
orecc hie
di Monica Ferrari
RUBRICHE
Cerchiamo di capire 5 - Plgy di Del Vagho, 6 . Libri
e altro. 22 I nostri Sanli, 41 . I nostri morti, 42
Solidarietà, 43.
1 Aprile 1988
Anno 112
Numero 7
In copertina:
Medaglia commemorativa
del Centenario opera dello
acultore Enrico Manfrlnl
Servizio a pag. 10

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- - - - - - - - - - -sB-
ITALIA
Si arricchisce d'arte
la chiesa di Pacognano
Ci sono molti modi per ricordare un
anniversario. Don Arcadio Vacalebre
- il non dimenticato delegato ·
nazionale degli exallievi - ha voluto
ricordare il suo 50° di professione
religiofa e 40° di sacerdozio fornendo
la cappella della casa salesiana di
Pacognano di pregevoli bassorilievi.
La cerimonia di inaugurazione si è
svolta 1'8 dicembre 1987 presemi con
don Arcadio e molli amici anche gli
autori delle opere: Tullia Matania e
Raffaello Salvatori.
I bassorilievi in marmo presentano
l'Ausiliatrice nell'atto di offrire
l'Eucarestia e Don Bosco circondato
da santi e beati salesiani.
PAPUA NEW GUINEA -
l1 Centenario di Don Bosco
nella foresta
Ecco una cronaca del centenario
inviataci da don Giuseppe Giaime
missionario in Papua New Guinea.
Dopo giorni e notti di pioggia
ininterrotta, il 31 gennaio 1988 spuntò
chiaro anche nel cielo di Araimiri.
Essendo domenica, ci alziamo di buon
mattino e, dopo le lodi mattutine al
Signore e una fugace colazione, il
parroco, il Sig. Kramar e tre suore si
mettono in macchina pregustando la
gioia di celebrare il centenario della
morte del nostro caro padre nei
villaggi con la nostra gente, attorno
all'altare, avendo per cattedrale il cielo
sfavillante e per colonne e fiori gli
alberi del cocco.
Ma è che a pochi chilometri dal centro
la nostra vecchia macchina incomincia
a soffiare stanca e si rifiuta di
proseguire. Che fare? li Sig. Kramar
torna indietro a chiedere aiuto, mentre
il parroco e le suore si mettono
l'occorrente per la messa su le spalle e
la strada tra le gambe. Dopo giorni di
pioggia, ci si affonda nei pantani
melmosi. Cammina, cammina,
cammina! Per stradette e sentieri nella
foresta, e poi nella sabbia lungo il
mare. I ruscelli sono diventaù torrenti
impetuosi e ad attraversarli l'acqua
sale alla vita.
Si cammina per due ore sotto il sole
che si è fatto cocente: siamo a·otto
gradi sud e d'estate! Il sudore e la
sente non si contano.
Quando incominciamo la prima
messa, siamo già stanchi, ma si ba la
gioia di una buona presenza, circa 120
persone. Poi cammina ancora e si ha
la seconda messa seguita dal banesimo
di due bambini. Quando ci fermiamo
al lato della strada per mettere
qualcosa sotto i denti sono già le ore
13, ma la nostra giornata non è
ancora finita. Ci si trascina,
specialmente le suore, a un terzo
villaggio. La nostra terza messa finisce
alle 3 del pomeriggio.
Adesso incomincia l'avvenrura del
ritorno. Dopo un'ultima camminata di
mezz'ora, finalmente si ha la gioia di
trovare una macchina che ci porta a
casa, dove arriviamo alle 4
pomeridiane, stanchi e affamati.
Eppure l'allegria non manca. Si parla
di Don Bosco e delle celebrazioni che
in questo giorno si tengono in tutto il
mondo. Immaginiamo di trovarci nella
Basilica di Maria Ausiliatrice in
Torino e sul Colle Don Bosco. Nella
Nella foto:
Immagini della
singolare celebrazione.
Nell'arte originale della Matania -
hanno scritto i critici - si
armonizzano mirabilmente l'antico e il
nuovo. L'anatomia e lo scorcio sono
perfc11i come negli autori classici, lo
sforzo di svelare lo spirito mediante i
tratti fisici è squisi1amente moderno.
Anche da parte del BS auguri vivissimi
per don Arcadio!

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4 l APRILE 11188
nostra fantasia vediamo le folle
immense, le funzioni stupende,
episcopati interi che concelebrano in
chiese maestose sfavillanti di luci e
magnificamente adornate di fiori ed
arazzi, le commemorazioni nelle più
prestigiose aule del mondo spesso alla
presenza delle supreme autorità
religiose, civili e militari.
Tutto questo per l'umile pastorello dei
Becchi, Il contadino di Dio, che a
cent'anni dalla sua morte ha riempito
il mondo.
A noi il privilegio di essere rimasti ai
Becchi, e mollo più indietro che ai
Becchi! E come all'umile pastorello fu
necessaria molta fede per realizzare i
suoi sogni, cosi anche a noi occorre
molta fede per gioire e celebrare il
centenario di Don Bosco nella foresta.
ITALIA
Una «Setlimana
Oratoriana»
a Faenza
La «Settimana Oratoriana», che si è
svolta a Faenza, ha dato un'ulteriore
conferma della lungimirante intui1.ione
dj Don Bosco: un Oratorio che non
fosse una forma alienante che fa
vivere in una beata incoscienza. ma
piuuosto una vera santificazione della
gioia di vivere.
L 'aspeuo religioso-educativo.
innanzituuo, è stato messo in risalto
dal Vescovo Diocesano Mons.
Francesco T. Bertozzi con la sua
Messa al campo e con alcuni suoi
interventi. In uno di essi ha ribadito
come il Piano Pastorale Diocesano
preveda nell'Oratorio salesiano
l'ambiente privilegiato cittadino, che
dovrà svolgere una funzione educativa
verso tutta la gioventù, «cosi che,
seppure in grado diverso, essa senta
l'azione della Chiesa Madre e Maestra,
che fa gli uomini nuovi». La funzione,
quindi, dei gruppi di impegno
cristiano presenti all'Oratorio (ACR,
ADS, Agesci) sarà quella di una
presenza valida e necessaria ai fini
dell'animazione e della testimonianza
nei confronti della massa giovanile. Se
ne è avuto conferma la sera del
mercoledl 23 con l'incontro dei
giovani associati guidato da Sandro
Rondoni sul tema «I giovani e il
Papa». Chi vi ha preso parte ha
potuto avvertire quale innusso possa
avere la tensione spirituale di giovani
che banno fatto la scelta di Cristo su
giovani che non appartengono a
gruppi organizzati. Un'esperienza che
li ha scossi profondamente,
spronandoli a una più viva coerenza di
vita. Altrettanto stimolante è stato
l'incontro di sabato 26 sul tema del
«Volontariato)>guidato dli don Oreste
Benzi, fondatore di una delle
Associazioni di volontariato più
significative del Centro Halia.
Precisato che il «volontario» è un
cittadino che, adempiuti i suoi doveri
di stato e quelli civili, pone se stesso a
gratuita disposizione della comunità, è
passato poi a dimostrare come
un'esperienza educativa o di
solidarietà, ispirata al Vangelo, esiga
adesione interiore, forte capacità di
sacrificio e di donazione senza
interessi, l'esempio visibile e la luce
della carità cristiana, alimentata da
una fede solida.
Inoltre, tra tutti i gruppi organizzati,
quello che meglio ha dimostrato
capacità organizzative e di
realizzazione è stato l'Agesci. Ha
montato nel cortile dell'Istituto un
tipico campo 'scout: una tenda per
squadriglia sopraelevata, un angolo di
Nella loto; gll sbandieratori del
Rione Giallo entrano In campo
squadriglia con tavolo e i <<fuochi», il
pennone, la cambusa e un enorme
tendone capace di accogliere l'intero
branco: inoltre, ha vivacizzato per un
pomeriggio intero il cortile
dell'Oratorio con un'arena di giochi
per ragazzi e un entusiasmante scou1
ball. Nell'insieme, una vera bella copia
del classico cortile di Don Bosco, dove
i ragaz.zi esprimono tutte le loro
capacità e allargano il cuore al
massimo della gioia.
L'interesse sportivo di tanti ragazzi e
giovani è staio appagato da vivaci e
appassionati tornei di calcio,
paJlacancstro, pallavolo e subbuteo, e,
specialmente nella serata di lunedì 21
seuembre, dall'incontro con
l'allenatore della squadra del Bologna,
M. Maifredi, che ha intrattenuto
l'uditorio per circa due ore. Egli ha
svelato il misterioso mondo del calcio,
evidenziandone gli aspetti positivi,
come pure le delusioni che esso riserva
specialmente a quanti gli si avvicinano
con scarso impegno e poca serietà. Ex
allievo dell'Opera Salesiana di Brescia,
ha ricordato con soddisfazione e
gratitudine l'azione educativa ricevuta
e ha indicato nel clima festoso e
sereno dell'Oratorio l'ambiente ideale
per ogni giovane che voglia prepararsi
bene alla vita. Anche a quella del
calcio...
La musica anche questa volta ha fat10
la parte del leone: tre sere dedicate a
una rassegna di nove complessi
musicali di giovani faentini e una a
Mark Harris, grande musicista e nolo
arrangiatore delle musiche di Fabrizio

1.5 Page 5

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----------#-
I APFIILE I988 · 5
De Andrè e di Giorgio Gaber.
Anche la Com~nicazione Sociale è
stata fatta segno di grande attenzione
nel corso della «Settimana», perché
Don Bosco aveva ben intuito il valore
della scuo la di massa, che cura cultura
e diffonde modelli di vita. «Prima
pagina: i giovani e il giornalismo» è
stato il tema di una tavola rotonda che
ha visto protagonisti tre illustri
personalità del settore: il doti. Gianni
Campi, Vicepresidente nazionale
dell'Ordine dei giornalisti, la dott.ssa
Paola Rubbi, pubblicista e
responsabile di Rai 3 nella sede di
Bologna e il penalista Avv. Roberto
Campisi del foro di Forll. Guidati con
competenza e abilità dal moderatore
Prof. Enrico Docci, i tre esperti hanno
messo in chfara luce ai molti giovani
interessati il valore della libertà di
stampa, la nobiltà della professione
specifica e i limiti posti dalla
legislazione a difesa dei fondamentali
diritti della persona. Una ampia e
precisa panora1Ttica su di un settore,
per il quale si è visto tanto interesse.
Anche coloro che sono soliti
rimpiangere un mondo dove il palco e
la platea un tempo erano rigidamente
separati e dove coloro che cavalcavano
le assi del palcoscenico dovevano
prima passare attraverso rigide
accademie, hanno ammesso che «Chic
in frac: cabaret sotto le stelle», con
cui un nutrito gruppo di giovani
chiudeva le singole serate della
«Settimana» è stata forse la più bella
sorpresa dell'intera manifestazione.
Hanno arricchito il già denso
programma anche due interessanti
mostre: la prima, fotografica, ha
rievocato il viaggio del Papa a Faenza
del Maggio 1986, mentre la seconda si
sarebbe potuta chiamare la «cavalcata
dei costumi». Un'autentica rassegna di
costumi dei vari secoli, traui dal
fornitissimo guardaroba del Teatro dei
Salesiani, dai tempi de.ll'antica Roma
fino ai nostri giorni: vestiti, maschere,
divise, armature, arredamenti. ..
Notevole interesse, inoltre, hanno
riscosso la ricca raccolta dei copioni
delle recite rappresentate, alcuni
fondali di indubbio valore artistico, i
manifesti e la preziosa
documentazione fotografica. Una
lunga storia, que.lla del Teatro dei
Salesiani, veramente meritevole di
essere scritta.
erchiamo di capire
EFFETTO MILIARDO
La «eccessiva disponibilità di ogni tipo di beni materiali in favore di alcu-
ne fasce sociali rende facilmente gli uomini schiavi del "possesso" e del go-
dimento immediato, senza altro orizzonte che la moltiplicazione o la conti-
nua sostituzione delle cose, che già si posseggono, con altre ancora più per-
fette. È la cosiddetta civiltà dei ''consumi''. o consumismo... ». <<li male non
consiste nell'"avere" in quanto tale, ma nel possedere in modo irrispettoso
della qualità e dell'ordinata gerarchia dei beni che si hanno. Qualità e gerar-
chia che scaturiscono dalla subordinazione dei beni e dalla loro disponibilità
all'"essere" dell'uomo e alla sua vera vocazione».
Perchèquesta lunga citazione dell'ultima Enciclica di Giovanni Paolo 11 ,
«Sollicitudo Rei Socialis», dedicata ai problemi dello sviluppo degli uomini
e dei popoli? La ragione è offerta dalla miliardite, un fenomeno che ormai
dilaga e che indica come virtù un antico vizio degli uomini, conosciuto fra
l'altro come uno dei selle peccati capitali, l'avarizia. Che è contemporanea-
mente la cupidigia di avere e l'indisponibilità a dare, come dire una colpa at-
tiva e passiva.
La miliardite ha precisi nomi, cognomi, indirizzi e organi di stampa. Le
lotterie nazionali, per esempio, Viareggio, Monza, Merano - per citare le
più ricche-, sino ad altre manifestazioni minori del genere, sul piano regio-
nale o addirillura locale. I grandi spettacoli televisivi, in secondo luogo, che
si prolungano e a llungano - spesso come minestre riscaldate - per settima-
ne e settima11e. I noti animatori, ancora, che devono indurre la gente ad ac-
quistare i biglietti in palio e che vediamo raggianti di contentezza se possono
annunciare con orgoglio il «tutto venduto». I giornali, poi, che si contendo-
no i giochi più popolari , a prezzo talvolta di vere e proprie scorrettezze (come
è accaduto di recente fra due quotidiani laicamente assai impegnati nel mora-
lismo da denuncia) per assicurarsi l'esclusiva di quelli per i quali il pubblico
mostra un accentuato favore e che non hanno bisogno di un eccessivo di-
spendio di intelligenza. Gli slogan suonano: «nessuno distribuisce più dana-
ro di noi», «premi favolosi ai vincitori del nostro concorso», «ogni settima-
na una occasione d'oro (in lingotti)», «guadagnerete decine di milioni». Per
non parlare dell'ormai collaudata istituzione del Totocalcio e del Totip, il
primo dei quali distribuisce per una buona parie delle domeniche premi che
ammontano, ogni volta, a cifre pari o superiori a quanto si raccoglie annual-
mente in Italia nelle collette missionarie.
Tutto questo sulla base di colpi di fortuna, senza lavorare, senza faticare.
Cerchiamo di capire che proprio in questi casi si contravviene alla <i(lualità»
e alla «ordinata gerarchia» delle quali il Papa ha parlato nell'Enciclica: è da
ritenere che molto pochi fra gli scommettitori siano mossi da motivi più no-
bili, come la destinazione dell'eventuale guadagno a opere di solidarietà o
della sperata vincita al Totocalcio al risanamento del bilancio comunale (lo
hanno fatto, giocando purtroppo senza esito, gli amministratori di un disse-
stato paesino del Centro-sud).
Ci si riempie così la mente, il cuore e la bocca di miliardi promessi e spera-
ti. E se non si ottengono? Qui comincia un aliro doloroso discorso di come
ci si ingegni per averli altrimenti. Per esempio con il furto, la violenza e la
corruzione, la prostituzione, il commercio della droga e delle armi. A scapito
della qualità della vita e dell'ordinata gerarchia dei valori. Come appunto
ammonisce Giovanni Paolo Il nell'Enciclica dedicata ai problemi della so-
cietà.
Angelo Paoluzl

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6 · 1 APRILE 1988
Nuovo reparto
di elettrotecnica
ali'Agnelli di Torino
Il centenario di Don Bosco in
numerose località ha portato un
rinnovato impegno dei Salesiani e dei
loro sostenilori a servire sempre
meglio la missione giovanile. Cosi
l'Istituto Agnelli di Torino grazie alla
signora Gemma Cesa Mongilardi che
ha voluto donare una intera aula
tecnologicamente all'avanguardia ha
ulteriormente migliorato le proprie
attrezzature.
L'inaugurazione della nuova aula
(nella foto il taglio inaugurale da parte
della generosa Benefattrice e l'aula) è
avvenuta con la partecipazione dei
ragazzi e della comunità il cui
direttore don Remo Paganelli non ha
mancato di farsi interprete della
comune soddisfazione e riconoscenza.
AUSTRIA - - - - - - -
Don Bosco santo popolare
La popolarità di un santo si esprime
anche auraverso i tanli segni presenti
nell'ambiente. L'anno centenario ha
altivato numerose iniziative in tal
senso: monumenti nuovi, vie e piazze
dedicate a Don Bosco, restauri di
quadri... Ecco due immagini d'un
pilone dedicato a Don Bosco in
Austria. Le ha scattate un amico
foLOgrafo di passaggio a Graz, ciuà
dove i salesiani sono presenti dal 1935.
E PROBLEMATICO llOVARe
IN UNR o:JRnN~ LA VIA CliWCIS:
\\
))
NON €'"NG UNA C4RROlèABll€/N8 UNtJ
PANORAMlt'A, Né' UN~ SUPe2SrRIJPII
\\
(l
))
MESSICO
Monsignor Rodriguez
sulle sette in America Latina
Vescovi degli Stati Uniti e
dell'America Latina si sono incontrati
a Tijuana in Messico per trattare in
quattro giorni di lavoro il fenomeno
dei cosiddetti «tele-evangelisti» o
anche «Chiesa elettronica», cioè della
predicazione intensiva delle seue
protestanti alla televisione. Per
conoscere i particolari del problema la

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- - - - - - - - - - -sB-
1 APRILE 1988 7
Radio Vaticana il 28 febbraio J988 ha
intervistato il vescovo salesiano
monsignor Oscar Rodriguez
Madariaga che è segretario generale
della Conferenza Episcopale Latino-
America (CELAM). Ecco l'intervista.
D. Monsignore, ci può offrire un
riassunto delle discussioni di questo
incontro?
R. Si, en primer lugar es uno de los
programas del...
Sì. In primo luogo devo dire che si
tratta di un programma del
dipartimento delle Comunicazioni
sociali del Celam. Esso ha per scopo
di offrire una risposta alla sfida della
cosiddena «Chiesa eletlronica», vale a
dire la predicazione di ceni movimenti
religiosi fondamentalisti, soprattutto
degli Stati Uniti e dell'America Latina
con un duplice obiettivo: individuare
una risposta pastorale al fenomeno, da
una parte; e dall'altra, essere capaci di
diffondere anche noi la Parola
servendoci della TV e delle moderne
tecnologie della comunicazione. Ci
sono già tre canali televisivi della
Chiesa cattolica latinoamedcana.
D. Non c'è il rischio di nuovi co11flitri
con le sette e con il loro modo di agire
sovente aggressivo nei cOllfronti dei
cattolici?
R. Yo no diria conniclos porque no
se irata de oponer...
Non parlerei di connitti, poic_hé non si
tratta di opporre una cosa contro
l'altra. Tenendo come punto di
partenza la sfida che ci pongono le
sette, noi abbiamo iJ dovere di cercare
risposte pastorali, creative e capaci di
usare iJ progresso i{l questo campo per
consolidare la presenza della Chiesa
nella nuova evangelizzazione, in cui
siamo impegnati.
O. In sintesi, quali sono le riso/uzio11i
dell'incontro?
R. Pues hoy es precisamente el dia de
las resoluciones...
Posso anticiparne alcune: ad esempio,
l'organizzazione di una rete
distributiva a livello continentale del
<<video-pastorale», che si produce
nella stessa America Latina. Poi,
abbiamo pensato di creare una rivista
settjmanale della Chiesa che serva per
unire di più le nostre Chiese e i nostri
Paesi, cercando al tempo stesso di
dare un'informazione obiettiva per
promuovere l'amore alla Chiesa e la
partecipazione soprattutto dei laici.
Invito a tutti
Radioamatori
Per iniziativa di Giorg_io Giordani
(14.GOG) di Parma, responsabile di
Radio Scouts e riproposta da « Radio
Rivista ►>, l'organo dei Radioamatori
ita.liani nell'anno centenario di Don
Bosco centinaia di antenne lanceranno
un pOJlte ideale di amicizia e
fraternità.
Sono invitati in particolare i
radioamatori a collegarsi in contatto
epistolare o telefonico con don
Gabriele Sanità ( 12.KSG) Via san
Giovanni Bosco, 15 - 25 125 Brescia
(tel. 030/22.14.62), dal quale
riceveranno direttive tecniche per i
collegamenti via radio.
Questa iniziativa è già rimbalzata
all'estero attraverso la stampa
salesiana e quella specifica per gli
appassionati in telecomunicazioni e ci
si augura che siano molti a rispondere
all'appello, in modo che, nei giorni
indicati, iJ nome di «Don Bosco»
risuoni nell'etere come messaggio di
riconoscenza e di fraternità.
E per tutti gli altri radioamatori? Per
loro è prevista una gradita sorpresa. A
coloro che, nel corso dell'anno
centenario, collegheranno determinate
stazioni radio di exallievi, verrà
inviato un Diploma-ricordo e una
biografia del Santo.
Ci pare che questa iniz.iativa, con la
sua originalità, possa ancora più
onorare Don Bosco in uno degli
aspetti più evidenti della sua opera, la
comunicazione.
Nelle foto:
don Sanità mentre
trasmette.

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8 · 1 APRILE 1988
Don Viganò
ci parla
ccDON BOSCO RITORNA»
li ritornello di «Giù dai colli» è ormai famoso in
tutto il mondo.
Non so se anche il Papa lo ha cantato.
Però l'ha citato nella sua preziosa Lettera diretta a
noi, ai genitori e agli educatori tutti.
Ha illustrato magistralmente la strada del « Don
Bosco ritorna» tra i giovani.
Ma poi ha aggiunto una strofa: un «a solo» che
nessuno ha mai cantato; ed è il « Ritorno a Don Bo-
sco». È la strada che noi dobbiamo percorrere «per
essere educatori capaci di una fedeltà antica ed insie-
me attenti, come lui, alle miJle necessità dei giovani di
oggi».
Questo suggerimento del Papa è originale e stimo-
lante anche se è senza musica.
La lettera «Juvenum patris» presenta Don Bosco
come un «Maestro per l'educazione>> e spiega in che
senso egli « ritorna» con i criteri pedagogici e con la
spiritualità del suo Sistema Preventivo.
Quanto ci arricchisce il meditare il commento che
fa il Papa al famoso trinomio «.ragione, religione,
amorevolezza»!
Il nostro« Ritorno a Don Bosco» percorre la strada
dei valori di questo trinomio.
L'odierna domanda educativa, sia nella Società che
nella Chiesa, presenta delle interpellanze ai genitori e
agli educatori che sono vere sfide.
Il Papa risponde enumerando alcune condizioni te-
stimoniate dal grande Santo educatore:
- l'amore di predilezione per la gioventù: «andia-
mo ai giovani»;
- il saper «stabilire, in forza di una energia inte-
riore, una sintesi tra attività evangelizzatrice ed attivi-
educativa»; perché la preoccupazione di evangeliz-
zare si situa all'interno dell'itinerario di promozione
umana: evangelizzare educando ed.educare evangeliz-
zando;
- quindi, «una speciale sensibilità per i valori e le
istituzioni culturali, acquistando una approfondita
conoscenza delle scienze umane», in sintesi vitale con
la preoccupazione «di ordinare tutto il processo edu-
calivo al fine religioso della salvezza»;
- l'impegno per ricuperare « una pedagogia reali-
sta della santità», che è «intrinseca all'arte educativa
di Don Bosco. Egli può essere giustamente definito
"Maestro di spiritualità giovanile"»;
- l'imperativo vitale e sociale insieme di «fare del-
l'educazione la propria ragion d'essere "dedicando-
si" ad essa come a finali prioritaria» con la sua già
ricordata singolare interazione fra evangelizzazione e
promozione umana;
- lo straordinario influsso educativo della « fami-
glia», della «scuola>>, dell'avviamento formativo al
«lavoro», e delle «forme associative»;
- l'indispensabilità di tipici «momenti educativi>>
di colloquio e di incontro personale che possono esse-
re multiformi e che diventano «occasione di vera gui-
da spirituale». È, questo, un importante mezzo peda-
gogico offerto ai giovani per l'impostazione della loro
vita e per un doveroso discernimento vocazionale.
Certamente queste condizioni di «Ritorno a Don
Bosco» dovranno rivestirsi di modalità nuove, ma la
sostanza e i principi sono gli stessi che lo guidarono a
Valdocco.
Si tratta di convincersi che con l'attività educativa
si sta «compiendo uno squisito esercizio di maternità
ecclesiale». È davvero una visione cristiana fortemen-
te impegnativa.
Don Bosco, seguendola, ha fatto emergere un
aspetto particolare a cui dare molto rilievo: ed è che
egli ha realizzato la sua personale santità proprio me-
diante l'impegno educativo, vissuto come vocazione
ecclesiale e praticato con una metodologia che tende
audacemente ed efficacemente a portare anche gli
educandi alle mete di una peculiare santità giovanile.
«Proprio un tale interscambio tra "educazione" e
"santità" - afferma il Santo Padre - è l'aspetto ca-
ratteristico della sua figura: Don Bosco è un "educa-

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- - - - - - - - - -#-
I APRILE 1988 · 9
L'OSSERV RE ROMANO
DI'GIOJ~ PAOW H NEL CENI'ENAJUO DELLA MORTE DI SAN GIOVANNI
IUVENUM PATRIS
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SOCIETATIS
S. FRANCISCI SALESil
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•lmmn boe llfflJIOff. mm an-
~~ ~ ~ ~-lmm..~ lrl\\Pfl'I•
CONCLUSA IN COSTA RICA LA PRIMA TOR.NATA DI COLLOQUI
Riprenderanno a Città del Guawmala
i contatti tra sandinisti e «contras»
Acta diurna
Concluso
a Loodra
il vtrtice
lranco-brltannico
Contro la m■Ha
una aen1lblllti Pollllea In aenao alto
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C.,fCO,. Lo Hifo,la I• tim11
tore santo ", si ispira a un " mpdello santo" - Fran-
cesco di Sales-. è djscepolo di un " maestro spiritua-
le santo" - Giuseppe Cafasso - e sa formare tra i
suoi giovani un "educando santo" - Domenico Sa-
vio».
Ecco allora, cari amici tutti, che il « Don Bosco ri-
torna» e il «Ritorno a Don Bosco» parlano di gioia e
di programma di santità pedagogica quale dono pre-
giato e già collaudato che aspettano i giovani dai loro
genitori ed educatori.
Siamo chiamati, oggi, a rilanciare - ispirandoci a
Don Bosco - la santità giovanile, rinnovando inteUi-
gentemente la presentazione dei suoi valori e delle sue
attrattive.
don Egidio Viganò

1.10 Page 10

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10 · 1 APRILE 1988
4
2
1. Piatto di Cattaro Aore
2. Pittura di Caffaro Aore al
Colle don Bosco
3. Medaglia di Manfrlnl
4.7.10. Partlcolarl del
monumento (INT. Museo
missionario) di Tesel
5. Medaglla di Annigonl
6. Crocifisso di Gian Domenico
8. Particolare del monumento al
Colle don Bosco
9. Medaglia di Gian Domenico
11. Retro medaglia di Gian
Domenico
7
UN SANTO SEMPRE NUOVO
FRA SCULTORI~
PITTORI E MEDAGLISTI
Un vario e ricco
contributo
di artisti alle
celebrazioni
centenarie
Le celebrazioni cente-
narie deUa morte di san Giovanni
Bosco hanno prodotto una serie di
innumerevoli iniziative: si può tran-
quillamente affermare che ovunque
batta un cuore autenticamente sale-
siano si è fatto o si farà qualcosa
per ricordare Don Bosco. Uno
sguardo, sia pure non completo alle
tante iniziative rivela faci lmente che
molte di esse hanno la firma di illu-
stri artisti. Ne presentiamo qualcu-
na e saremo grati a quanti vorranno
farci pervenire analoghe documen-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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vnache _
ntenario
10
tazionj su iniziative realizzate a li-
vello locale.
Incominciamo dalla medaglia
commemorativa fatta preparare
dalla Congregazione Salesiana. La
scelta è caduta su Enrico Manfrini.
Scultore beo noto, il maestro Man-
frini è nato a Lugo di Romagna il 27
marzo 1917. Già allievo di France-
sco Messina a Brera, dopo il perio-
do bellico si impone al pubblico con
opere notevoli .che è possibile oggi
ammirare in numerose chiese galle-
rie e collezioni. Ma la produzione
forse più cara allo Scultore è quella
falla per Paolo Vl anche perché qui
alla squisita sensibilità artistica che
fu propria di Montini, si è aggiunta
anche quella di una amicizia e stima
reciproca. Per Paolo VI vivo, Enri-
co Manfrini ha curato altari, croci-
fissi, e medaglie ed a Papa Montini
morto, lo scultore ha dedicato ese-
guendoli i monumenti della sua cit-
tà natale Concesio, di Cagliari, del-
1'Arcivescovado di Brescia e del Se-
minario di Milano. L'impronta del-
la sua arte si trova in molte « porte»
come quelle del duomo di Siena,
della chiesa dedicata a S. Paolo a
Damasco, della cattedrale di T ro ia,
della Badia di Cava dei Tirreni, del-
la cattedrale di Lecco, della catte-
drate di S. Francisco in California.
Manfrini ha preparato questa
medaglia nonostante i suoi molte-
plici impegni: non poteva del resto
dire di no all'amico salesiano don
Lorenzoni conosciuto al tempo dei
suoi primi lavori a S. Francisco.
«Io - ci ha dichiarato nello stu-
dio milanese - non sono stato allie-
vo dei Salesiani, li ho conosciuti so-
prattutto a San Francisco. Conosce-
vo però Don Bosco. Mio padre me
ne raccontò Ja vita per cui modellar-
ne il volto per la medaglia è stato
per me come riandare nel mondo
della mia tanto cara fanciullezza».
Altra medaglia commemorativa è

2.2 Page 12

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12 · I APRILE 1988
Lo scultore Sergio Gian
Domenico
stata preparata per iniziativa della
Confederazione Mondiale degli
Exallievi di Don Bosco ed Exallieve
Maria Ausiliatrice. JJ delegato
mondiale don Charles Cini d'intesa
con le due Presidenze si è affidato
all'Istituto Poligrafico e Zecca dello
Stato italiano che, su effigie di Don
Bosco del Maestro Pietro Annigoni
ha realizzato - con delizia per i nu-
mismatici - un trittico in oro, ar-
gento e bronzo. Pietro Annigoni è
noto al grande pubblico soprattutto
per i famosi «ritratti» ma non trala-
scia di dedicarsi all'esecuzione di
vaste composizioni, tele e affreschi,
tra le quali ricordìamo quelle del
Convento di S. Marco a Firenze,
della Chiesa Maggiore di Montecas-
sino e della Chiesa del Santo a Pa-
dova.
Sempre in tema di affreschi e pas-
sando ad un altro artista-ndr: il BS
gli ha dedicato un ampio articolo
nel numero del l/3/1986 - ricor-
diamo il grande quadro ad olio ese-
guito dal pittore Mario Caffaro Ro-
re per la cripta del Tempio di Don
Bosco al Colle dove è possibile tro-
vare anche due opere dello scultore
romano Ennio Tesei.
Cinquantenne, Tesei è nel pieno
della sua matudtà artistìca avendo
già realizzato opere in molte città
italiane ed estere fra le quali anche
un monumento a Cristoforo Co-
lombo nel New Jersey. Per il Colle
della «casetta» Tesei ha modellato
due opere: nella prima ha plastica-
mente ricordato le «prodezze» di
Giovannino Bosco funambolo men-
tre nell'altro, posto all'interno del
museo missionario, è scolpito un
Don Bosco adulto tutto teso alla
realizzazione del «da mihi animas
coetera tolle».
All'incisore e medaglista Sergio
Gian Domenico poi è stata commis-
sionata una «Croce» con l'effigie
del Buon Pastore, modello primo di
quella carità pastorale che deve ca-
ratterizzare il tratto di ogni aposto-
lo salesiano.
«Da una rapida ricerca - ha de~-
to l'incisore - sul tema del Buon
Pastore da raffigurare al centro del-
la croce di forma latina è emerso
che storicamente tra le rappresenta-
zioni più notevoli del Buon Pastore,
raffigurazione ispirata ad un passo
evangelico fin dal Il sec., c'è una
scultura ora al Museo Vaticano ed
un affresco nelle catacombe di Pri-
scilla a Roma.
Considerato che la rappresenta-
zione iconica della scultura è stata
ampiamente ripetuta sia per intero
che in parte, ho rivolto il mio inte-
resse suJJ'affresco delle catacombe
di Priscilla a Roma, notando che il
dipinto dal lato compositivo è mol-
to interessante, è racchiuso in un
cerchio, e tenuto conto che con un
po' di fantasia potevo ricostruire
quello che iJ tempo aveva divorato,
ho riprodotto sul recto un Buon Pa-
store con una corta tunica, una pe-
cora sulla spalla ed altre due ai suoi
piedi, ai lati della figura due alberel-
li, su ciascuno dei quali c'è una
grossa colom ba con nel becco un ra-
moscello d'olivo.
Una scena avvincente piena di fa-
scino decisamente dotata di un forte
spirito cristiano, anche in conside-
razione de.Ila data della sua realizza-
zione e del luogo dove è stata posta.
Sul resto della croce un motivo
decorativo rispecchia lo stile d'epo-
ca della scena centrale.
Nel verso della croce priva di
qualsiasi decorazione spicca al cen-
tro una parte di una famosa frase di
Don Bosco; «STUDIA DI FARTl
AMARE prima di farti temere».
Sergio Gian Domenico ha anctie
preparato altre due medaglie com-
missionate rispettivamente dalle
Lo scultore di fama mondlale
Ettore Calvelll
Polisportive Giovanili Salesiane e
dal Dicastero della Famiglia Sale-
siana. Altra iniziativa, ancora degli
Exallievi e delle· Exallieve con la
sponsorizzazione della Ditta Sergio
Malaguti di Bologna, è quella di un
piatto commemorativo di porcella-
na su bozzetto sempre dì Caffaro
Rore che in tal modo si afferma
sempre più e direi definitivamente
come il pittore di Don Bosco e dei
Santi Salesiani. Il piatto è realizzato
dalla «Ricbard Ginori Porcellana
spa» ed è il primo di una serie per
una collezione sulla presenza sale-
siana nei 95 paesi del mondo dove la
Famiglia Salesiana è presente. li
piatto - è in vendita presso tutti i
negozi della rete Richard Ginori e
può essere richiesto anche alla Con-

2.3 Page 13

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aelCf:;:7reonnteancahreio_
I APRILE 1988 13
I Enrico Manfrlnl davanti ad una
sua recente opera destinata e
S. Francisco
federazione Mondiale Exallievi -
rappresenta il volto del Santo da cui
traspare la bontà e l'amore per la
gioventù povera e abbandonata.
Ed in fine, ancora una medaglia.
È il Don Bosco di Ettore Calvelli,
75 anni, presente nei Musei Vaticani
con ventisei opere.
La medaglia preparata da Calvel-
li, un artista profondamente religio-
so, verrà data it prossimo 14 mag-
gio, a tutti i novizi salesiani così co-
me iJ «Buon Pastore» verrà dato ai
religiosi salesiani professi perpetui.
AIJo Scultore Calvelli è stato re-
centemente chiesto quante medaglie
di soggetto sacro avesse realizzato.
«Non lo so - ha risposto-, non
le ho mai contate. So solamente che
non mi sono certo ripetuto, perché
il cuore ogni volta mj dava emozio-
nj diverse e la mano percorreva
nuove strade. Posso dire che ogni
Madonna aveva quaJcosa dj diverso
da comunicare, ogni Santo una
realtà diversa da presentare, ogni
Cristo il suo personale drammatico
messaggio d'amore, comprensibile
però a tutti».
Ed è anche per questo che ogni
volto di san Giovanni Bosco sarà
per chi lo riceve al tempo stesso an-
tico e nuovo. È in fondo questo un
messaggio che lega l'arte allo spiri-
to. Non è bello?
Giuseppe Cosla
ccSenza Don Bosco il mondo
sarebbe più povero...,,
di Franz Konlg
Quando sento il nome di Don Bosco ricordo il mio Studentato a Roma. Leggeva-
mo come lettura di tavola la biogn\\fia di Don Bosco. Toccava una volta al futuro Pri-
mate della Polonia, il Cardinale Wyszynski a leggere. SI trattava del seguente epi-
sodio della vita dell'ammirabile santo: Due parroci erano del parere che Don Bosco
si dovesse portare in manicomio. •l'ammalato• però Indovinava l'intenzione dei
due e insisteva cortesemente che i signori entrassero per primi In carrozza, poi
chiudeva la porta con un colpo. Cosl gli illustri signori finivano loro stessi in mani-
comio, dove dopo lunghe discussioni furono poi liberati... - Nel leggere questo lo
studente Wyszynski scoppiava in una risata; la lettura fu latta smettere.
Quale figura simpatica, questo Don Boscol Lo si deve guardare - l'apostolo dei
giovani - con la sua amorevolezza provocante e giovanile. lo venero e stimo molto
Don Bosco. Vedo in lui un grande uomo e santo, attraverso il quale fu sparsa tanta
benedizione su tutta la cristianilà, su lutto il mondo. Con la fondazione dell'opera
sociale per i giovani in tutti I continenti, con la congregazione dei Salesiani, con le
.suore di Don Bosco• e con «l 'associazione dei Cooperatori Salesiani•, col suo es-
sere sacerdote, scrittore ed educatore, portò nel mondo lanta speranza. E possia-
mo notare proprio in questo straordinario testimone della Carità di Cristo quanta
armonia esiste tra umano e divino, tra il visibile e l'invisibile. Ma quello che la Chie-
sa ha potuto apprendere di più in Giovanni Bosco, è il modello dell'unione profon-
da con Dio, dalla quale deriva Il suo impegno senza riserve in mezzo al giovani.
Le parole spingono e Influenzano, ma ancor di più spinge l'esempio. Quanto
convergono in Don Bosco naturalezza, realismo e ottimismo con un amore disinte-
ressato, cristiano per Dio e per il prossimo! Persone come lui sono senza tante pa-
role guide luminose in un mondo ed In una società che sarebbe più povera, se non
avesse questa luce del mondo• e questo •sale della terra• (Mt. 5,13)...
Scrivendo nel marzo 1876 Don Bosco ci rivela Il suo intimo: •Cari amici mieiI (co-
si chiamava i suol giovani) Lasciate che ve lo dica e niuno si offenda, voi siete hJlli
ladril lo dico e lo ripeto, voi mi avete preso tutto. Quando fui tra di voi, mi avete In-
cantato colla vostra benevolenza ed amorevolezza, mi avete legate le facoltà della
mente colla vostra pietà; mi rimaneva ancora questo povero cuore, di cui già mi
avevate rubati gli affetti per intiero. Ora la vostra lettera segnata da 200 mani ami-
che e carissime ha preso possesso di tutto questo cuore, cui nulla più è rimasto,
se non un vivo desiderio di amarvi nel Signore, di farvi del bene, salvare l'anima
di tutti. Questo generoso tratto di affezione ml invita a recarmi Il più presto possibi-
le a farvi una nuova visita... In quella occasione voglio proprio che stiamo allegri di
anima e di corpo e che facciamo vedere al mondo quanto si possa stare allegri...
Vi ringrazio cordialissimamente di tutto quello che avete fatto per me. (...) Dio vi be-
nedica tutti e credetemi sempre in Gesù Cristo aff.mo Sacerdote Giovanni Bosco•.
Cent'anni la (il 31 gennaio 1888) il santo del sorriso birichino chiuse i suol occhì.
Ma il suo cuore spinge gli uomini ancora oggi. Donando il pane a lanti ragazzi po-
veri diventava lui stesso pane della speranza per la gioventù. Don Bosco con la
sua vita ha Insegnato alla Chiesa di vedere nella gioventù il suo futuro. Lo hanno
deriso quando giocava con i suoi ragazzi, quando li portava a Dio in maniera non
comune, ma lui non si scoraggiava. Amava quello che amavano i giovani e cosi I
giovani amavano quello che amava lui. Don Bosco ci regalava una nuova forma di
pastorale, un nuovo metodo nel prendersi cura della gioventù. Come è impossibile
togliere dall'arcobaleno un colore, cosi non, può immaginarsi il quadro variopinlo
della storia della Chiesa soo?:a Don Bosco. E meraviglioso poter notare -nell'anno
giubilare• di Don Bosco, come il Carisma del •Padre degli abbandonali• è ancora
vivo in Austria e in tutti i continenti.
Se Don Bosco oggi qui al Congresso potesse parlare, forse chiederebbe: •Non
è il vostro tempo che state vivendo simile al tempo mio? Non ci sono vicino a voi
giovani che sono in ricerca della vita?, Quanti di loro sono disoccupati e non hanno
una famiglia Intatta? E in quanti di loro si è spenta la speranza, perché non c'era
nessuno ad indicare loro la via?• E Don Bosco continuerebbe: •lo alle autorità ec-
clesiastiche e civili sono stato incomodo - come sabbia nel meccanismo della so-
cietà -, ma la mia idea vive ancora nei miei salesiani, nelle mie suore e cooperato-
ri. Hanno il mio programma e cercano di realizzarlo. Per aiutare i giovani secondo
le mie idee - che provengono dal nostro Signore Gesù Cristo - io cerco urgente-
mente persone che mi vengono in aiuto•. - Cosi Don Bosco...
A me resta augurare a tutti quelli che vogliono dare il loro cuore alla gioventù co-
me Don Bosco, coraggio, fiducia e l'amore sconfinato di questo •santo dei nostri
tempi•; - perché la nostra gente giovane senta oggi più che mai che solo l'Amore
può rendere la vita degna di essere vissuta.
Card. Dr. franz Konlg
Congresso pedagogico internaz. dei SDB a Vienna - 12 gennaio 1988

2.4 Page 14

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_ PROBLEMI EDUCATIVI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
14 I APRILE 1988
.,I ? 3 ~
c. I e
!)
-r ;.
o ,I.. l(
Da Taraddei • Sgarella
Educazione all'Immagine voi.
Lo sviluppo della ricerca scientifica
impone di stabilire limiti alla sua
applicazione. Molte novità ci aspettano in
questo campo. Bisogna p repararsi a
valutarle soprattutto sotto l'aspetto morale.
_ _ _ _ All'esame di maturità
dell'anno scorso, uno dei temi di
italiano proposti agli studenti dei li-
cei scientifici era così formulato: « I
recenti sviluppi della biologia e del-
la genetica schiudono alla scienza
moderna nuove, incalcolabili possi-
bilità e nello stesso tempo pongono
problemi estremamente seri e com-
plessi. Esprimete le vostre rinessio-
ni e valutazioni in proposito».
giornali, all'indomani della prima
prova scritta, non sfuggirono alla
tentazione di richiamare nei titoli
dei loro resoconti un fatto di crona-
ca che aveva suscitato scalpore, e
cioè le presunte sperimentazioni per
realizzare in .laboratorio un antro-
poide metà uomo e metà scimmia.
«L'uomo-scimmia alla Maturità»,
titolava sbrigativamente un quoti-
diano.
Resta tuttavia iJ fatto che il tema
assegnato ottenne un largo succes-
so: la grande maggioranza dei can-
didati lo preferì a quello di cultura
generale. È, questa, una prima testi-
monianza dell'interesse che l'argo-
mento suscita fra i giovani. Ma co-
me fu affrontato il tema? Ecco un
secondo aspetto che merita di essere
sottolineato. Tutti, o quasi, gli stu-
denti svolsero il tema prescindendo
dagli aspetti puramente scientifici,
come era del resto logico attendersi
dato che biologia e genetica appar-
tengono, almeno a certi livelli, ai
piani di studio superiori, universita-
ri. Lo affrontarono invece sotto il
profilo morale, quindi della liceità o

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -sB-
I APRILE 1988 15
I GIOVANI
E LA B10-TECNOLOGIA:
UN INTERESSE
DA INDIRIZZARE
VERSO SCELTE DI VITA
meno, da parte dell'uomo, di av-
venturarsi oltre ogni limite nel cam-
po minato della manipolazione ge-
netica.
C ontro l'uso
sconsiderato
della scienza
A quali conclusioni giunsero i
giovani? Da sondaggi compiuti tra
gli studenti e da quanto risulta dagli
elaborati, è stato possibile cogliere
la pressoché unanime riprovazione
di un uso sconsiderato della scienza,
pur nel riconoscimento dell'impos-
sibilità di contrastare la libera ricer-
ca scientifica per una sempre mi-
gliore conoscenza della realtà che
circonda l'uomo. Con parole loro, i
giovani hanno recuperato una con-
cezione, peraltro non nuova, che di-
stingue fra limiti della ricerca scien-
tifica e limW della sua applicazione
pratica: improponibili i primi, indi-
spensabili i secondi.
Ciò sembra essere tanto più vero
nel caso delle biotecnologie, che se
da un lato possono apportare bene-
fici all'uomo affrontando con me-
todi nuovi i nodi ancora irrisolti di
molte malattie o provvedendo a in-
crementare la produzione di cibo,
dall'altro nascondono insidie capaci
di arrecare danni irreparabili all'io-
tero genere umano. Non a caso
qualcuno ha parlato di «bomba
biologica». Biotecnologia è un ter-
mine che, per quanto entrato nel
linguaggio corrente, si presta ad
equivoci e conserva comunque il
suo significato complesso. Sta ad
indicare l'integrazione della biochi-
mica, della microbiologia, dell'in-
gegneria genetica.
Nella sua forma più semplificata,
è biotecnologia anche la fermenta-
zione dell'uva per farne vino, o del
latte per ricavarne formaggio. Più
di recente, si è pensato di introdurre
enzimi come additivo nei detersivi e
nei fitofarmaci. Ma la ricerca, e la
sua applicazione, nel campo delle
biotecnologie si è allargata a dismi-
sura. I laboratori coinvolti in pro-
Foto Archivio SEI - Demarie
grammi di ricerca sono 361 solo ne-
gli Stati Unili, 161 in Giappone, 250
in Europa. Gli stanziamenti sono in
continuo aumento e se oggi si calco-
lano in milioni di dollari, si parlerà
di mmardi di qui al Duemila. Biso-
gna dunque aspettarsi numerose no-
vità ad essere preparati a valutarle.
Già ora la ricerca applicata all'agri-
coltura ha consentilo di realizzare
ibridi che hanno dato risultati im-
portanti: grazie ad essi, l'India, per
fare un esempio, ha ottenuto rac-
colti di cereali che le hanno consen-
tito di raggiungere·l'autosufficienza
alimentare. Gli esperti prevedono
che nel giro di pochi anni l'intera
agricoltura subirà una vera e pro-
pria rivoluzione.
Entro il J995 si dovrebbe ottenere

2.6 Page 16

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16 · I APRILE 1988
di modificare il corredo genetico di
alcune piante per renderle resistenti
all'attacco dei parassiti. Questo ri-
sultato eliminerà dalle campagne
l'uso degli anticrittogamici e dei di-
serbanti, cioè di quelle sostanze chi-
miche che oggi vengono abbondan-
temente sparse sulle coltivazioni per
proteggerle dai parassiti, ma che ri-
sultano dannose all'uomo e aJla
stessa pianta. Sono ormai molti i
casi di acque sotterranee rese non
potabili dalle infiltrazioni di sostan-
ze chimiche penetrate attraverso il
terreno. Si è anche ottenuto di agire
sulle piante per favorirne l'adatta-
mento a particolari condizioni cli-
matiche.
Crescente
rilevanza
della bioetica
combattere le malattie, gli handi-
cap, o quando sviluppa strumenti
terapeutici e diagnostici. Ma, so-
prattutto negli ultimi tempi, la
scienza sembra essersi posta su un
piano inclinato che ha sollevato in-
terrogativi inquietanti negli stessi
ambienti scientifici. Molti ricercato-
ri si sono chiesti, con angoscia, se
non sia già stato superato il «confi-
ne invalicabile». Alcuni di essi, co-
me il professor Jacques Testard,
che ottenne di far nascere «in pro-
vetta» la prima bambina francese,
hanno deciso di abbandonare que-
sto campo di ricerca, turbati dai
problemi che esso solleva, sia di na-
tura scientifica che etica e filosofi-
ca. «Perché produrre nuovi artifici
- ha scritto Testard - senza mai
osare porsi la domanda fondamen-
tale del loro significato per la storia
e la vita quotidiana dell'uomo?».
Ma vediamo quali sono stati 1
passi compiuti su questo piano in-
clinato, limitandoli tuttavia al solo
settore della procreazione. Li enu-
mereremo così come la cronaca li ha
via via portati alla ribalta, lasciando
ad altri, su queste stesse pagine, il
compito di formulare il giudizio
morale. Nel 1978 nacque la prima
bambina «in provetta»; nel 1984
nacque a Melbourne la bambina
«venuta dal freddo», cioè da un
embrione congelato per due mesi;
nel 1985 nacque in America un
bambino da una <<madre-surroga-
to», come viene chiamata la donna
portatrice di un embrione altrui; nel
1986 nacque a Napoli la prima bam-
bina con sesso predeterminato. Pas-
sando a tutt' altro settore, nel 1987
accadde l'incredibile: l'ipotesi, lan-
ciata da un docente universitario, di
ibridare in laboratorio scimpanzè e
Anche se in questo settore i pro-
gressi compiuti dalla scienza negli
ultimi anni sono stati enormi, non
c'è dubbio si sta battendo una stra-
da non nuova: fin dall'antichità
l'uomo, divenuto, da cacciatore,
agricoltore, è intervenuto, sia pure
in modo rudimentale, sui vegetali,
creando innumerevoli ibridi. Il di-
scorso prende un'altra piega se ci si
addentra nel regno degli animali.
Qui la scienza ha ottenuto di far di-
ventare realtà ciò che in passato
sembrava fantasia, con la realizza-
zione di «organismi multicellulari
non esistenti in natura», come si è
soliti dire per definire incroci del
tutto innaturali, .quale, ad esempio,
quello fra cavallo e zebra per otte-
nere lo «zebrallo». Gli animali han-
no sensibilità, caratteristiche precise
sia fisiche che psicologiche. Interve-
nire con leggerezza per modificarle,
vuol dire considerare gli animali co-
me «cose», oggetti. Già qui entra in ·Iel:i
campo la bioetica, cioè l'etica della
Cli
E
vita applicata ai problemi nuovi su- oIli
scitati dal progresso della scienza e
della tecnologia.
Ma la bioetica acquista tutta la
sua rilevanza quando ad essere in
primo piano è l'uomo. Nessuno può
negare la validità della biotecnolo-
gia se si muove, in modo lecito, per

2.7 Page 17

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- - - - - - - - - -~ -
I APRII.E 1988 17
Foto Archivio SEI
specie umana, per dar vita a un
umanoide da utilizzare per «man-
sioni ripetitive e sgradevoli» - una
specie di schiavo - o come serba-
toio di organi per trapianti.
La delirante ipotesi suscitò un co-
ro di riprovazione: « È un'ipotesi
bestiale - disse il premio Nobel Ri-
ta Levi Montalcini - e ripugnante.
Esperimenti di questo genere mi di-
sgustano e gli scienziati non dovreb-
bero neppure concepirlì. Credo che
sia giunto il momento di porre pre-
cisi limiti a manipolazioni genetiche
di questo tipo, alle quali sono netta-
mente contraria».
Àngosciosi
scenari
futuribili
Sono, quelle che abbiamo ricor-
dato, alcune tappe biotecnologiche
che hanno sollevato una infinità di
problemi di varia natura. Da quello
drammaticamente umano della
«madre-surrogato» che poi rifiuta
di separarsi dalla creatura che ha
portato in sé per nove mesi, a quel-
lo, agghiacciante, del destino di em-
brioni che non vengono utilizzati o
addirittura destinati a esperimenti
di laboratorio. Ma ancora più spa-
ventosi sono gli scenari futuribili.
Ha dello il prof. Carlo Bo: «Se si
portassero alle loro ultime conse-
guenze queste scoperte e questi si-
stemi, se si arrivasse a incidere nella
vita stessa del cervello, se·si arrivas-
se a costruire uomini con cervello a
senso unico, assisteremmo, sl, al
nuovo miracolo, ma avremmo com-
messo il più spaventoso degli errori,
anzi dei deliui» . Come giudicare al-
trimenti la possibilità di riprodurre
uomini perfettamente identici, di
selezionare razze, di predeterminare
caratteri biologici e psicologici?
Di fronte a queste prospettive si
invocano regole deontologiche e
giuridiche. In vari Paesi sono state
nomlnate commissioni di studio.
Sotto l'aspetto morale, il magistero
della Chiesa, prima attraverso la
voce di parecchi episcopati, poi con
l'Istruzione della Congregazione
per la dottrina della Fede centrata
in panicolare sulla procreazione
umana e la fecondazione artificiale
sia eterologa che omologa, è inter-
venuto per richiamare alla regola
fondamentale del rispetto della vita
umana fin dal suo concepimento e
nella stessa misura che si riserva al
neonato e all'uomo adulto.
Torniamo un momento al tema di
italiano assegnato ai giovani dei li-
cei scientifici. L'interesse che gli
studenti hanno dimostrato per l'ar-
gomento, deve essere visto come un
invito agli educatori perché indiriz-
zino quello stesso interesse verso
uno sbocco compatibile con la sal-
vaguardia dell'uomo, della sua na-
tura, del suo destino. Molti di que-
gli stessi studenti proseguiranno
lungo la strada delle conoscenze
scientifiche. È di fondamentale im-
portanza orientarli verso scelte di
vita e non di morte.
G.N .

2.8 Page 18

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18 · I APRILE 1988
ccAGLI
SCIENZIATI
DICIAMO:
NON TUTTO
I...L POSSIBILE
E LECITO»
Don Guido Gatti,
docente dell'Università
salesiana esorta i giovani
ad affrontare i problemi
posti dalla bioingegneria
con lo studio e il
ragionamento.
Don Guido Gatti è, dal
1977, docente di teologia morale al-
la Pontificia Università salesiana. A
lui ci siamo rivolti per avere, dallo
studioso e dal salesiano, alcune in-
dicazioni di Jondo sui problemi che
rientrano nel campo della bioetica.
« Per bioetica si intendono in
realtà capitoli della morale e sellori
di vita molto diversi l'uno dall'al-
tro. Uno di essi è sicuramente quel-
lo della fecondazione in vitro. Su di
essa la Chiesa si è pronunciata an-
che con un documento della Con-
gregazione per la dottrina della fe-
de, I'« Istruzione sul rispetto della
vita umana nascente e la dignità del-
la procreazione». Praticamente, la
2
ai
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2
if
Chiesa dice no alla fecondazione in
vitro vera e propria, non soltanto a
quella eterologa - cioè con dona-
zione di seme o cli ovulo di persona
estranea alla coppia - e in questo
caso il no sarebbe abbastanza com-
prensibile e scontato almeno da par-
te cattolica; dice no non soltanto
quando l'operazione contempla la
fecondazione di diversi embrioni,
alcuni dei quali vengono impiantati
nella donna e altri invece vengono
utilizzati per le ricerche di laborato-
rio, e anche qui il no sarebbe perfet-
tamente in linea con l'insegnamento
che, per quanto impopolare oggi, la
Chiesa continua, direi senza paura
di sembrare importuna, a far risuo-
nare alle orecchie del mondo, l'inse-
gnamento, cioè, che la vita prenata-

2.9 Page 19

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- - - - - - - - - -sB-
1 APRILE 1988 19
le è vita veramente, pienamente
umana, quindi assolutamente indi-
sponibile da parte dell'uomo. La
Chiesa dice no, anche alla feconda-
zione in vitro omologa, cìoè all'in-
terno dello stesso matrimonio. Ed è
stato proprio quest'ultimo no della
Congregazione per la dottrina della
fede che ha sollevato, non dico ru-
more perché non ha colpito molto
l'opinione pubblica, ma dissensi e
reazioni negative.
Come si spiegano queste rea-
zioni?
«Evidentemente, in questo cam-
po, che è strettamente connesso con
quello della sessualità perché nor-
malmente la vita viene procreata at-
traverso l'atto coniugale, la Chiesa
utilizza un criterio di valutazione
etica che non è quello comunemente
usato, diciamo cosl, dall'uomo del-
la strada, e anche dalla Chiesa stes-
sa in altri campi della morale. Mi ri-
ferisco al criterio delle conseguenze,
dei risultati dell'azione, in termini
non morali. Normalmente è male
produrre del male anche se esso non
è male morale. È male morale pro-

2.10 Page 20

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20 · I APRILE 1988
Foto Archivio SEI - Di Francescantonio
durre del male non morale, per
esempio causare sofferenze fisiche,
morte, ferimenti, ecc. Ed è un bene
morale produrre un bene in an-
che non morale, per esempio dare
gioia, vita, benessere, sviluppo cul-
turale. Il dovere della carità non
consiste soltanto nel rendere più
buoni gli altri, ma anche nello sfa-
marli, nell'alleviare le loro sofferen-
ze, cioè nel procurare beni non mo-
rali.
«Nel caso della procreazione, en-
tra in gioco un altro criterio di valu-
tazione delle azioni umane non de-
sunto dai risultati, ma dai significati
che le azioni hanno in se stesse. Si
tratta, in altri termini, di prendere
in considerazione il fatto che certe
azioni umane non sono prima di
tutto mezzi in vista di fini, ma sono
espressioni che non hanno altro fine
che quello di permettere all'uomo di
dire la verità profonda del suo esse-
re. L'atto coniugale è una di queste
azioni, così come il dare la vita.
Cioè il loro valore morale non con-
siste tanto nel risultato prodotto,
che pure, nel caso del dare la vita, è
qualcosa di grandioso, e che oltce-
tutto presuppone l'intervento di
Dio, quanto nel significato che l'at-
to ha in sè. Ora, la feco11daziorte in
vitro scinde l'atto del dare La vita
dal contesto di un atto d'amore, che
è il suo ambiente naturale, e trasfor-
ma un atto che dice gratuità e rico-
noscenza per un dono, in un atto
che dice efficienza, produtùvità,
dominio. Tutto ciò vuol dire snatu-
rare il significato dell'atto di dare la
vita. È un criterio difficile da capire
per la cultura moderna, che è essen-
zialmente efficientista. Però, senza
la comprensione di questo criterio
basato sul significato delle azioni,
non si capirebbe nulla della morale
sessuale cattolica. Cos1 come non si
Foto Archivio SEI - Chomon
capirebbe, per fare un esempio in
tutt'altro campo, il significato mo-
rale del martirio nella tradizione cri-
sùana, cioè di un gesto che non pro-
duce nulla, ma che si misura solo
per la verità di ciò che dice, trattan-
dosi della verità stessa dell'uomo.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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-----------iS8-
Ma agli operatori, agli uomini di
scienza, anche a quelli che non sono
disposti ad accettare le indicazioni
della morale cattolica, che cosa di
deve dire?
« Bisogna avere il coraggio, io
credo, di dire chiaro agli uomini di
scienza che non tutto quello che è
possibile è lecito. Ci sono delle con-
siderazioni morali a cui essi sono te-
nuti come tutti gli esseri umani, e
che non dipendono soltamo dai ri-
sultati scientifici del loro lavoro.
Supponiamo che quei ricercatori
che, nei campi di concentramento di
Auschwitz o di Mauthausen, hanno
fatto certi tipi di esperimenti medici
molto crudeli sui detenuti, avessero
ottenuto dei risultati scientifici bril-
sona umana è altrettanto inviolabile
e più importante e decisiva degli in-
teressi globali dell'umanità conside-
rata in maniera astratta. In definiti-
va, l'uomo non può essere mai sa-
crificato agli interessi della scienza.
Si può ipotizwre una scien1,0 che
proceda nella ricerca teorica senza
poi riversare i risulti nelle applica-
zioni pratiche?
«C'è in effetti la ricerca che non
lascia tracce sull'uomo o su qualun-
que altro oggetto di ricerca, ma è un
caso limite. Normalmente la ricerca
manipola l'oggetto della ricerca.
Non è quindi ricerca pure, è anche
azione concreta sull'uomo con-
creto.
I APRILE 1968 21
« Lo scienziato stesso deve calco-
lare questo rischio, valutando, per
esempio, per chi lavora. Chi è il
commiueme della sua ricerca: la
grande industria multinazionale o la
gente? Sono cose ben diverse. Non
dobbiamo dimenticare che gli scien-
ziati atomici che lavorarono alla
bomba durante l'ultima guerra si
misero nelle mani dei militari, affi-
dando la loro responsabilità ad al-
tri. Quando poi chiesero che la
bomba fosse inizialmente gettata in
un deserto a scopo dimostrativo op-
pure che venisse dato un preavviso,
non furono ascoltati: ma non per
questo non si possono ritenere, al-
meno in parte, responsabili. La
stessa cosa può valere per lo scien-
ziato oggi. Direi di più: la gente,
l'opinione pubblica, la società come
tale non possono lasciare il tipo di
ricerca di cui stiamo parlando né al-
lo scienziato soltanto, men che me-
no, alle grandi industrie, siano esse
alimentari o farmaceutiche.
Che cosa suggerisce ai giovani in
ordine a questi temi?
« 1giovani possono fare sentire la
loro voce, come già è accaduto per
la difesa della natura, per la pace,
ecc. Ma la cosa più importante che
debbono fare, proprio perché non
sono ancora in grado di arrivare a
una valutazione realistica di Lutea la
complessità della cosa, è, io credo,
di studiare, cioè di rendersi conto
che esiste un genere di problemi che
normalmente non vengono abba-
stanza presi in considerazione, e che
sono invece problemi dell'uomo in
quanto uomo, cioè problemi mo-
rali.
lanti, perfino utili all'umanità: non
per questo potremmo legillimare
ciò che hanno fatto. Nell'ambito
della ricerca scientifica non c'è solo
un conto profitti e perdite. Quando
questa ricerca è fatta sull'uomo, c'è
di mezzo l'uomo. E la singola per-
Foto.Archivio SEI
Si è soliti dire che la scienza non
può fermarsi e che sta agli uomini
stabilire quali risultati possono tro-
vare applicazione. Non c'è il rischio
che ci siano uomini disposti ad ac-
ceuare limiti a/l'applicazione e altri
che li rifiutano?
Quali sono i compiti, in questo
campo specifico, dell'educatore?
«Deve aiutare i giovani in primo
luogo a pensare. Di fronte a questo
tipo di problemi, suscitare buoni
sentimenti serve a poco. Ques1i pro-
blemi si affrontano ragionando,
pensando, studiando, valutando le
cose, conoscendo. Sono convimo
che i «mostri» che l' ingegneria ge-
netica dovesse riuscire a produrre
sarebbero il frutto del «sonno della
ragione», e in particolare della ra-
gione critica».
O

3.2 Page 22

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UNA NUOVA
COLLANA AVE
PER LA FORMAZIONE
DEL LAICATO
L'Editrice AVE pubblica una nuova collana «PA-
GINE•, a cura della Presidenza nazionale dell'A-
zione Cattolica. La collana, che unisce la serietà di
impostazione ad un linguaggio semplice, è articola-
ta per ora in tre Unità tematiche che indicano le
priorità nella formazione di ogni laico impegna-
to nell'ambito della Pastorale diocesana-parroc-
chiale.
La conoscenza della Chiesa, quale è emersa dal
Concilio Vaticano Il e il cammino successivamente
percorso, la consapevolezza del ruolo dei laici nel-
la Chiesa e nel mondo, l'approfondimento della
storia, dell'identità e della struttura dell'A.C., all'in-
domani dell'Evento conciliare, sono gli obiettivi di
fondo che ciascuna unità persegue attraverso una
serie di fascicoli. In forma breve ma con un'ottica
globale ogni numero di ..PAGINE» sviluppa Il tema
nei suoi vari aspetti: quadri storici, approfondimenti
di teologia e numerosi suggerimenti bibliografici
per lo studio personale, ma anche schede che deli-
neano sinteticamente il contenuto di alcuni docu-
menti del Magistero e glossari per spiegare le
parole-chiave della Comunità ecclesiale di oggi (in-
culturazione, recezione del Concilio, Chiesa lo-
cale...).
Ogni fascicolo oltre a presentare il tema nei suoi
termini essenziali è arricchito da schede con do-
mi,.nde per il lavoro di gruppo e/o personale e pure
da una ampia serie di indicazioni metodologiche,
raccolte sotto la voce «In margine». Questo capito-
lo è riproposto ad ogni numero e può essere utiliz-
zato per promuovere concretamente le Scuole As-
sociative di A.C., come pure Scuole di Formazione
per laici corresponsabili della Pastorale nella Chie-
sa locale.
La prima Unità, Nella Chiesa del Concilio, esce
con quattro fascicoli:
Per conoscere il Concilio
La Chiesa del Concilìo
- La Chìesa locale
- Il volto conciliare della Chiesa italiana.
Nel corso dell'anno saranno pubblicati i fascicoli
della seconda Unità, Laici nella Chiesa e nel mon-
do, e quindi della terza, L'A.C.: storia-identità-
cultura.
Il costo di ogni fascicolo è L. 5.000.
Per eventuali ordinazioni rivolgersi In libreria o
direttamente all'A.V.E., Via Aurelia, 481 - 00165
ROMA.
.
JOSEPH AUBRY È un libro che vuole essere un
utile strumento affinché •i cri-
(a cura di), La famiglia salesia-
na di Don Bosco, Lettere del
Rettor Maggiore, ElleDiCi Leu-
stiani comprendano l'ebraicità
di Gesù e gli ebrei comprenda-
no il senso intimo e profondo del
mann 1988, pp. 270, L. 18.000. fratello Gesù•. Ma si rivela al
In quanto •successore di Don tempo stesso uno strumento po-
BOSCO•, il Rettor Maggiore dei sitivamente provocatorio. Con
Salesiani è, secondo la loro re- rigore storico, infatti, l'Autore si
gola, «padre e centro di unità interroga sul perché dell'anti-
della Famiglia Salesiana•. L'at- gludaismo del passato e del pre-
tuale superiore (eletto nel 1977) sente e non tace nessuna delle
ha svolto questa sua responsa- pagine più dure scritte durante i
bilità - tra l'altro - attraverso secoli, quali le crociate, l'inqui-
«lettere• rivolte ai Salesiani: so- sizlon!l, i ghetti, i pogroms e i la-
no lettere di varia indole ma di ger. E un'opera che l'autore
contenuto spirituale, che illumi- stesso definisce limitata: «Ho in-
nano sul vasto movimento su- teso solo risvegliare la nostra re-
scitato da Don Bosco e oggi sponsabilità davanti al popolo
operante nella Chiesa a livello ebraico. Responsabilità delle
mondiale.
persecuzioni passate. provoca-
Queste lettere, armonizzate te dal disprezzo intollerante, ali-
fra loro e organizzate in volume, mentate dalle Scritture mal
costituiscono una trattazione comprese e divulgate da un cer-
praticamente completa sulla Fa- to insegnamento catechetico,
I miglia di Don Bosco, e anche da una predicazione cristiana
autorevole perché •firmata• da senza Cristo, da uno pseudo
chi è al vertice di questa fami- folklore religioso•.
,glia.
Destinatari - sono ovviamen-
te, anzitutto, i Salesfanl, a cui le
lettere risultano indirizzate. Ma
non meno gli altri membri della
Lo ave.e fono mc
Famiglia Salesiana, che in que-
t ..,ttWllillf _,
lfl!Cllfie,la ...1111..0l!,W
st'opera vedono indicata con
precisione la loro posizione e
funzione, nel progetto aposto1i-
co di Don Bosco. Interesse avrà
pure il volume per gli studiosi a
vari titoli della vita religiosa, che
possono trovare nella Famiglia
di Don Bosco un significativo fe-
nomeno di vitalità ecclesiale.
FRANCO GALEONE
Lo avete fatto a me. Cristiani
ed Ebrei, ricordare per dialo-
gare, Mandese Editore, Taran•
to, 1986, pagg. 304, L. 26.000.
«Ricordare per dialogare•: il
sottotitolo del libro di Franco
Galeone rappresenta, in realtà,
il filo conduttore di tutta l'opera,
Il volume si articola in tre par-
ti, corredate da Interessanti re-
pertori iconografici e da puntuali
riferimenti bibliografici: nella pri-
ma parte Galeone ricerca le ori-
gini dell'antigiudaismo nelle
fonti culturali e cultuali dei pa-
gani e dei cristiani, proponendo
nuove Interpretazioni delle Sa-
frutto di una esperienza di stu- cre Scritture; esamina quindi il
dio di cinque anni in Israele e percorso storico dell'antisemiti-
soprattutto di una coscienza smo dal periodo romano a quel-
sensibile ai problemi della Chie- lo medioevale, fino al periodo
sa di oggi. È un libro ricco, desti- nazista, con un'interessante
nato a un pubblico ampio: dallo analisi del fenomeno del ghetto
studioso di storia, al credente e della sua vita interna. Parlan-
che non vuole rimanere fermo a do del passato più prossimo e
vecchi pregiudizi, al laico che si purtroppo più drammatico, l'Au-
interessa al dialogo tra Chiesa tore afferma decisamente che
ed Ebrei.
l'antisemitismo nazista, pur

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -~ -
I APRILE 1988 · 23
opera di criminali, e atei, non
sarebbe stato possibile senza la
bimillenaria intolleranza dei cri-
stiani; la carrellata degli orrori
nazisti lascia spazio a un'inquie-
tante interrogativo sul perché
del silenzio dell'Europa e di una
parte, almeno, della chiesa. Ma
non dobbiamo aver paura della
storia, afferma Galeone; è giun-
lQ il momento di compiere un
salto qualitativo nelle relazioni
con gli Ebrei, di operare una de-
cisa rottura con il passato: 11-feli-
ce periodo post-conciliare che
stiamo vivendo non ne è che l'i-
nizio.
Nella terza parte dell'opera,
dedicata proprio alle prospettive
del futuro, viene analizzato il do-
cumento conciliare Nostra Aeta-
te 4, vera e propria svolta stori-
ca preparata da Giovanni XXIII,
il papa che per primo sì fermò a
benedire gli Ebrei all'uscita del-
la preghiera nel Tempio. Una
svolta confermata il 13 apfile
1986 da.Ila visita di Giovanni
Paolo Il alla sinagoga romana.
Sull'avvenimento cosi scriveva
«Civiltà Cattolica»: «Questo in-
contro conclude, ln certo modo,
dopo il pontificato di Giovanni
XXIII e il Concilio Vaticano Il un
lungo periodo sul quale occorre
non stancarsi di riflettere, per
trarne gli opportuni Insegna-
menti•.
Galeone ha seguito questo In-
vito e con il suo libro ci esorta a
ricordare, a prendere coscien-
za. Un libro che risulterà una
provocazione (voluta!) per quan-
ti non hanno ancora compreso
che una religiosità di rottura è
l'unica premessa valida ad un
dialogo «sinodale• a cui noi tutti
aspiriamo. «Mi auguro solo -
scrive Galeone a conclusione
del suo libro - che questo lavo-
ro contribuisca a cercare - al di
là del colore della pelle, del cre-
do politico e religioso, del siste-
ma economico e culturale - il
vero volto dell'unico Dio, del Pa-
dre comune•.
Letteratura giovanile e stampa:
colloquio con GIORGIO CALCAGNO,
responsabile del supplemento «Tuttolibri» del quotidiano «La Stampa».
Letteratura per ragazzi: si dice che il
settore è in crisi. Disattenzione, disde-
gno del mondo culturale, disinteresse e
poca iniziativa da parte delle case editri-
ci... Ci sono oggi in Italia, a suo giudi-
zio, scrittori di valore per i più giovani?
Mi sembra che il mondo editoriale si im-
pegni ottimamente in una politica di ri-
cerca di autori, di illustratori; noto piut-
tosto un disinteresse in ambito cultura-
le, giornalistico. In genere gli scrittori
non sono particolarmente invogliati,
sollecitati da una richiesta di mercato:
ceno i talenti sono oggettivamente po-
chi, anche nel campo della letteratura
per adulti, dove per esigenze editoriali i
casi letterari, i nomi nuovi inventano,
anche se non esistono. Ricordiamo però
i Pinin Carpi, Argilli, Orengo, la Soli-
nas Donghi, o anche scrittori non «spe-
cializzati», come Arpino, che hanno re-
galato testi bellissimi al mondo dell'in-
fanzia.
L'attenzione della stampa per la lettera-
tura giovanile è scarsa; le recensioni e
segnalazioni dei critici letterari sono te-
legrafiche e saltuarie. Perché?
Innanzitutto quando si scrive di lettera-
tura per ragazzi ci si rivolge ad una stri-
scia più sottile di lettori; inoltre è venu-
to sempre più a mancare un rapporto
con i genitori che, volendo regalare un
libro ai bambini, si facevano consigliare
nelle scelte. li peso della critica ha anco-
ra una forte influenza nella letteratura
per adulti: se il libro invece è visto solo
come un beU'oggetto, importante solo
per l'aspetto esterno, per il suo valore di
vetrina, non come strumento pedagogi-
co, è ev.idente che viene svuotata la fun-
zione dei giornali, delle rubriche della
radio, della televisione che si propongo-
no di indicare i libri più nuovi, più inte-
ressanti, di qualità. Comunque un po'
di spazio sui giornali alla produzione
dei ragazzi viene destinato; «Tuuoli-
bri» segue poi sempre con attenzione la
Fiera del Libro per Raga2Zi di Bologna:
anche quest'anno avremo un inviato
che ci relazioni sulle novità più impor-
tanti all'estero, per stimolare attraverso
il confronto, i rapporti «di 'scambio»,
anche la creatività, l'iniziativa dell'edi-
toria italiana.
Ma nelle classifiche di vendita pubblica-
te dai giornali si fatica a trovare un tito-
lo, un nome: rispecchiano re.almente il
mercato?
È vero: nell'ultima classifica riferita al
mercato librario '86 riportata da «Tut-
rolibri» tra i più venduti non compari-
vano titoli di libri per ragazzi; bisogna
«scendere» fino al 28° posto per trova-
re// Piccolo Principe di Saint-Exupery,
un classico, e non solo per i più giovani.
Le classifiche non possono riflettere
una realtà che sfugge: un mercato di li-
bri per ragazzi esiste, ma in libreria rap-
presenta solo il 7,40Jo, ed è in libreria
che si fanno le rilevazioni statistiche;
spesso la ragione è dovuta ad altri luo-
ghi o forme di vendita, che incidono sui
n,adiconti delle case editrici, ma non sul
costume, sulla dialettica culturale del
paese che nasce in libreria.
Un critico letterario come giudica il fu-
metto: una «sottospecie» deUa lettera-
tura?
Ci sono critici letterari appassionati let-
tori di fumetti, attenti alle novità e ca-
paci di proporle, di parlarne, come Ore-
ste Del Buono, Carlo Dalla Corte, ad
esempio: ma non tutti hanno gli stru-
menti culturali per farlo. Personalmen-
te conosco poco il fumetto e non lo con-
sidero un genere letterario: una rispetta-
bilissima e spesso pregevole forma di
espressività, di creatività, ma un'altra
cosa dalla letteratura.
Cosa leggerebbe ad un bambino, come
lo avvicinerebbe al gusto per la lettura?
Oggi non vedo molte cose originali dal
punto di vista letterario: punterei so-
prattutto sui racconti di realtà, che cre-
do possano rispondere di più alle esi-
genze dei giovani di oggi: resoconti di
viaggio, anche fantasiosi, libri sulla na-
tura, sulla scienza. E poi non dimenti-
chiamo i classici, magari proposti e
adattati alle capacità, ai gusti del bam-
bino; ho ricevuto pochi giorni fa un
Moby Dick riscritto da Mia Peluso pro-
prio per bambini, con il «c'era una vol-
ta» all'inizio: certo non è Melville, ma è
un racconto d'avventure che può affa-
scinare e, chissà, un giorno avvicinare
un ragazzo al grande scrittore.
a cura di Monica Mondo

3.4 Page 24

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EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
24 · I APRILE 1988
DALLA GIOVENTÙ
DEL TERZO MONDO
LA SPINTA
ALI! AUTOSVILUPPO
La cooperazione tende a sottovalutare
la scuola e 1'educazione. che sono
invece le basi per trasformare i giovani
da soggetti passivi a protagonisti della
rinascita dei loro Paesi.
Nella ormai lunga, e
dolorosa, odissea del popolo pale-
stinese, si sono aggiunte, di recente,
la rivolta e la repressione nei territo-
ri occupati dagli israeliani. Ad ani-
mare la prima e a subire la seconda
sono soprattutto i giovani, ma an-
che i ragazzi e gli adolescenti. Du-
rante i disordini a Gaza e in Cisgior-
dania le forze di polizia hanno trat-
to in arresto - secondo il quotidia-
. SEI _ Martino
foto ArchiVIO

3.5 Page 25

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- - - - - - - - - - -5'1-
I APRILE 1988 25
no arabo «Al Fajir» - non meno
di 450 giovani sotto i sedici anni.
Alcuni di essi hanno dichiarato dj
essere stati percossi duramente nei
posti di polizia. Dopo questa trau-
matica esperienza, i giovani hanno
fatto ritorno nei campi profughi,
dove vivono in condizioni che gli
stessi funzionari dell'ONU preposti
all'assistenza ai rifugiati palestinesi,
definfacono «insopportabili». Fre-
quentano, o hanno frequentato, le
scuole di fortuna che le Nazioni
Unite hanno aperto all'interno dei
campi, ma in tutti domina un acuto
senso di frustrazione di fronte a un
avvenire che sembra privo di qual-
siasi sbocco.
In Sudafrica, dalla proclamazio-
ne del primo stato d'emergenza, nel
giugno 1985, sono stati «fermati»
dalla polizia 173 mila giovani, di es-
si 18 mila sono stati arrestati. Molti
hanno conosciuto frustate, percos-
se, scariche elettriche e ne hanno ri-
portato profondi traumi fisici e psi-
chic.i. Racconta un ragazzo nero di
15 anni: «Mi vennero a prendere in
casa durante la notte. Erano sei po-
liziotti e tre bianchi in abiti civili.
Stavamo tutti dormendo. Mia ma-
dre chiese perché mi arrestavano,
ma non ottenne risposta. Mi carica-
rono su un cellulare e mi condusse-
ro negli uffici di un posto di polizia.
Qui mi chiesero se sapevo qualcosa
di una riunione clandestina di neri.
Risposi che non ne sapevo nulla, e
allora mi picchiarono ripetutamen-
te, a turno. Poi toccò ad altri ragaz-
zi, sentivo le loro grida». La tensio-
ne razziale che percorre da anni il
Sudafrica colpisce duramente i gio-
vani e anche i bambini.
l.n Turchla, le forze di polizia
hanno torturato, nell'aprile 1987,
quattro ragazzi originari dell'Ana-
tolia, in risposta ad alcune azioni di
guerriglia dei curdi. In America La-
tina gli adolescenti scomparsi sono
numerosissimi. Altri languono die-
tro le sbarre di qualche prigione.
Una realtà
drammatica
Gli episodi che abbiamo citato
aprono solo un piccolo squarcio
nella condizione di tanti giovani e
ragazzi, oggi, in numerosi Paesi di
tutti i Continenti. Una realtà dram-
matica. L'ha messa sotto gli occhj
del mondo l'ultimo rapporto di
«Amnesty lnternational», l'asso-
ciazione indipendente che da anni
denuncia le violazioni dei diritti
umani. Il documento è sconvolgen-
te anche perché cita numerosi casi
di atrocità commessi ai danni di
bambini in 18 Paesi. Creature inno-
centi, che spesso hanno pochi anni
di vita, vengono torturate per in-
durre i genitori a fornire informa-
zioni, altre muoiono accanto ai fa-
migliari durante massacri compiuti
da soldati o da guerriglieri, altri an-
cora trascorrono lunghi periodi di
detenzione in spaventose prigioni
senza mai arrivare al processo.
Ricostruire questa realtà dram-
matica costringe a ricordare anche i
ragazzi di 12- 14 a nni mandati a mo-
rire sui campi minati che separano i
contendenti nella guerra fra Iran e
Iraq, vittime del fanatismo che si
tinge di follia. O fa ritornare alla
mente le immagini angosciose dei
bambini ugandesi gravali dal peso
dei mitra che portano a tracolla. Il
dramma si consuma soprattutto nei
Paesi del Terzo Mondo, dove domi-
nano guerriglie, regimi dispostici,
dittature spietate. Gli stessi Paesi
dove, a farla da padroni, sono spes-
so la miseria, la fame, la disoccupa-
zione, la malattia.
Che cosa ci dice tutto questo?
Che sono soprattutto i ragazzi, i
giovani a subire le conseguenze di
situazioni politiche, sociali, econo-
miche degradate. Eppure sarà diffi-
cile, per non dire impossibile, ope-
rare un profondo cambiamento nel
mondo in crisi se non entreranno in
campo proprio loro, i giovani. Non
a caso, in uno dei suoi numerosi di-
scorsi rivolti ai giovani, Giovanni
Paolo II li ha esortati a farsi avanti
e a «chiamare con chiarezza per no-
me l'ingiustizia, lo sfruttamento
dell'uomo da parte dell'uomo, dello
Stato, dei meccanismi di certi sisle-
mi e regimi. Occorre - ha aggiunto
- chiamare per nome tutte le ingiu-
stizie sociali, le discriminazioni, tut-
te le violenze inflitte all'uomo, al
suo fisico, al suo spirito, alla sua
coscienza, alla sua dignità, alla sua
vita».
Una massa
di giovani
Nelle regioni meno sviluppate del
mondo, la popolazione giovanile è
più che raddoppiata negli ultimi de-
cenni, e sj prevede che arriverà a
893 milioni nel Duemila. Ciò vuol
dire che a quell'epoca, 1'83 per cen-
to della popolazione giovanile vivrà
nei Paesi in via di sviluppo. Come si
orienterà questa enorme massa di
giovani? È qui che diventa fonda-
mentale il coinvolgimento della
scuola, degli educatori in genere,
nelle problematiche dello sviluppo.
Oggi, nei Paesi del Terzo Mondo è
enorme il numero dei ragazzi che
non sono mai andati a scuola. Negli
ultimi decenni le campagne di alfa-
betizzazione condotte da quasi tutti
i governi hanno ridotto il tasso di
analfabetismo. Ma esso rimane al-
tissimo, e, soprattutto, si scontra
con la forte pressione demografica.
E, poi, che tipo di scuola viene
messa a disposizione di questi gio-
vani, di questi ragazzi fin dalla pri-
ma età scolare? Percorrere le con-
trade dell'Africa, per fare solo un
esempio, vuol dire venire a contat-
to, specie nelle zone rurali, con un
sistema scolastico carente sotto
molti aspetti. Si va dalla mancanza

3.6 Page 26

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26 · r APRILE 1988
di attrezzature, anche le più elemen-
tari, come lavagne, matite, quader-
ni, a insegnanti non sempre all'al-
tezza del loro compito. Di frequen-
te, i bambini che imparano a scrive-
re e a leggere tracciando parole o
numeri sulla sabbia perché manca-
no di quaderni, dopo poco tempo
dimenticano le scarse nozioni ap-
prese nelJe scuole e vanno a ingros-
sare la già nutrita schiera degli anal-
fabeti di ritorno.
Lo stesso indirizzo didattico ha
reso più difficile la situazione. Rag-
giunta l'indipendenza, in molti Pae-
si l'insegnamento è stato visto come
la via di accesso a professioni quali-
ficate, ma la delusione non ha tar-
dato a manifestarsi a causa delle
persistenti condizioni di sottosvi-
luppo economico e sociale. Si è per-
duto molto tempo prezioso, che
avrebbe dovuto essere impiegato
per formare, nelle scuole professio-
nali, il personale di cui ha bisogno
tanta parte del Terzo Mondo, e cioè
agricoltori, tecnici, artigiani.
L 'indirizzo
dei missionari
La cooperazione allo sviluppo si
articola in numerosi settori d'inter-
vento. Provvede ai bisogni con ca-
rattere d'urgenza di fronte a situa-
zioni di carestia o di fame, fornisce
finanziamenti per rendere più pro-
duttiva l'agricoltura, per -creare in-
frastrutture, ecc. Tende invece a
trascurare il fondamentale campo
dell'istruzione e dell'educazione. In
questo settore, e senza voler negare
certe storture peraltro dovute ai
tempi, la presenza cristiana, tramite
i missionari, ha saputo compiere
un'opera meritoria. Basta pensare
che prima che arrivassero i missio-
nari, in Africa non esistevano scuo-
le nel senso proprio del termine.
Oggi lo stile missionario è ovvia-
mente cambiato, ma la scuola è ri-
masta un punto fermo. E solo la
miopia di certi governi ha portato a
disastrose nazionalizzazioni, cui si è
poi tentato di porre rimedio chie-
dendo ai missionari di contin·uare la
loro attività di insegnamento. In
particolare, la presenza salesiana
nel Terzo Mondo ha saputo fin dal-
l'inizio coniugare l'esigenza dell'e-
ducazipne dei giovani e un orienta-
mento degli studi aderente alle si-
tuazioni locali. La tendenza, spede
in Africa, è quella di offrire ai gio-
vani scuole professionali, con indi-
rizzi agrario, tecnico ecc.
l giovani del Terzo Mondo deb-
bono essere aiutati a diventare i veri
protagonisti dello sviluppo. Fino ad
oggi, e gli episodi che abbiamo ri-
cordato all'inizio lo dimostrano, es-
si hanno subito le conseguenze del
profondo malessere che attanaglia
tanta parte dell'umanità. Aiutarli a
raggiungere la consapevolezza dei
loro compiti, vuol dire contribuire a
rendere migliore il futuro per tutti
gli uomini, dentro e fuori i1 Terzo
Mondo.
Gaetano Nanetti

3.7 Page 27

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#-_ _ VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
I APRILE 1988 27
UNA
ENCICLICA
TUTTA DA
VIVERE
La recente enciclica
sociale di Giovanni
Paolo ll rilancia
l'impegno per
lo sviluppo
dei popoli
da parte
di tutti.
«Come le altre encicli-
che di Papa Giovanni Paolo II, an-
che la "Sollicitudo rei socialis" è
indubbiamente e fortemente segna-
ta, da un capo all'altro, dal tratto
distintivo di colui che l'ha firmata.
In tale documento tutto - anima e
corpo - respira Papa Wojtyla, un
papa che ha acquisito una ricca
esperienza tanto dei popoli quanto
degli uomini, un papa che non cessa
di esplorare l'insegnamento conci-
liare del Vaticano II e, in particola-
re, della "Gaudium et Spes"».
Con queste parole il cardinale
Roger Etchegaray, presidente delJa
Commissione pontificia «Giustizia
e Pace», ha presentato alla stampa
internazionale la settima enciclica di
Giovanni Paolo 11, pubblicata nel
ventesimo anniversario della « Po-
pulorum Progressio», per rilanciare
il soffio, lo slancio, ispiratore del
documento così profetko di Pao-
lo VI.
L'idea di sviluppo è la trave mae-
stra della lunga ed originale rifles-

3.8 Page 28

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28 · I APRILE 1968
sione dell'enciclica sulla solidarie1à
tra i popoli, che prende le mosse dal
motto famoso della « Populorum
Progressio», «lo svìluppo è il nuo-
vo nome della pace», e si propone
«di sottolineare, con l'aiuto dell'in-
dagine teologica sulla realtà con-
temporanea, la necessità di una
concezione più ricca e differenziata
dello sviluppo».
È probabilmente per non aver sa-
puto riconoscere, e ancor meno ap-
plicare, il nocciolo della « Populo-
rum Progressio», la quale descrive
lo sviluppo come «il passaggio da
condizioni meno umane a condizio-
ni più umane» in cui «l'essere » pri-
meggia su « l'avere», che oggi i po-
poli, delusi dai modelli di sviluppo
da loro fabbricati, sembrano insab-
biarsi nella disperatione o sollevarsi
nella violenza.
Ecco perché Giovanni Paolo 11
s'impegna a proieuare lentamente,
davanti agli occhi di tutti, il film di
uno sviluppo autentico e imegrale,
degno dell'uomo creato a immagine
di Dio. « Ridouo a problema tecni-
co, lo sviluppo sarebbe svuotato del
suo vero contenuto e si compirebbe
un atto di tradimento verso l'uomo
e i popoli, al cui servizio esso deve
essere messo».
L'enciclica non mira a disegnare
un quadro completo dei problemi
sociali che si pongono all'umanità.
li suo progetto è tutt'altro, più pro-
fondo, e appartiene alla missione
stessa della Chiesa: indicare ai po-
poU un orizzonte per affrontare le
sfide gigantesche dello sviluppo. Un
simile orizzonte è la visione solidale
del mondo. La forza d'attrazione
delJ'enciclica consiste nell'insisten-
za a cogliere il mondo nella sua glo-
balità e nella sua unità fondamen-
tale.
« La collaborazione allo sviluppo
di tutto l'uomo e di ogni uomo, in-
fatti, è un dovere di tutti verso tufii
e deve, al tempo stesso, essere co-
mune alle quatlro parti del mondo:
Est e Ovest, Nord e Sud». Altri-
menti, dice Giovanni Paolo 11, lo
sviluppo «si ipertrofizza e si perver-
te». Perciò, le due concezioni dello
sviluppo derivanti dalle due ideolo-
gie che dominano il mondo, si pre-
sentano «entrambe imperfelle e tali
da esigere una radicale correzione».
È intorno a quest'idea di solida-
rietà e di interdipendenza che il Pa- («nonostante tulle le tentazioni di
pa abbozza un panorama avvincen- distruggerla, dall'aborto all'eutana-
te del mondo contemporaneo, con sia»), della preoccupazione per la
le sue ombre e le sue luci. Giovanni pace (la pace «è indivisibile: o è di
Paolo II procede ad un'analisi ap- -tutti, o non è di nessuno»), del ri-
profondita dell'auuale situazione spetto per l'integrità della natura.
economica e politica, in quanto crea li Papa analizza con cura la no-
ostacoli allo sviluppo. La divisione rione di sviluppo e tiene ad affer-
del mondo in due blocchi contrap- mare il carotiere morale dell'auten-
posti, Est e Ovest, viene segnalata tico sviluppo e le esigenze che ne de-
come una delle cause maggiori del rivano: «Lo sviluppo non può con-
sottosviluppo, appunto per le sue sistere soltanto nell'uso, nel domi-
conseguenze nei rapporti tra Nord e nio e nel possesso indiscriminato
Sud.
delle cose create e dei prodotti del-
L'opposizione poli1ica, ideologi- l'industria umana, ma soprallutto
ca e militare, tra Oriente ed Occi- nel subordinare il possesso, il domi-
dente viene trasferita nei paesi in via nio e l'uso alla somiglianza divina
di sviluppo, «contribuendo così ad dell'uomo e alla sua vocazione al-
allargare ilfossato, che già esiste sul l'immortalità».
piano economico tra Nord e Sud ed L'enciclica ricorda che «fa parte
è conseguenza della distanza ira i dell'insegname1110 e della pratica
due mondi più sviluppati e quelli più antica della Chiesa la convinzio-
meno sviluppati>l. Perciò «la douri- ne di esser tenuta per vocazione -
na sociale della Chiesa assume 1111 essa stessa, i suoi ministri e ciascuno
atteggiamento critico nei confronti dei suoi membri - ad alleviare la
sia del capitalismo liberista sia del miseria dei sofferenti, vicini e lonta-
colleuivismo marxista».
ni, non solo col "superfluo", ma
«Ognuno dei due blocchi», de- anche col "necessario". Di fronte
nuncia il Papa, «nasconde dentro di ai casi di bisogno, non si possono
sè, a suo modo, la tendenza all'im- preferire gli ornamenti supernui
perialismo o a forme di neo- delle Chiese e la suppellettile prezio-
colonialismo». « È questa situazio- sa del culto divino; al contrario, po-
ne anormale - conseguenza di una trebbe essere obbligatorio alienare
guerra o di una preoccupazione in- questi beni per dar pane, bevanda,
gigantita, oltre il lecito, da motivi vestito e casa a chi ne è privo».
della propria sicurezza - che mor- Il rapporto tra rispeuo dei dirifli
tifico lo slancio di cooperazione so- umani e sviluppo viene esplicita-
lidale di tufii per il bene comune del mente affrontato nelle cento pagine
genere umano, a danno soprattuuo del testo, con speciale allusione aJ
di popoli pacifici, bloccati nel loro diritto alla libertà religiosa, ma an-
diritto di accesso ai beni destinali a che ad alcuni diritti sociali e politici,
lutti gli uomini ».
la cui negazione è direttamente con-
In questo contesto Giovanni Pao- traria allo sviluppo autentico. Sul
lo Il si riferisce, con giudizi severi, piano intemazio11ale, poi, «è neèes-
alla produzione e all'accumulazione sario il pieno rispetto dell'identità
degli armamenti e al commercio che di ciascun popolo con le sue caraue-
se ne fa, in quamo rauori es1rema- ristiche storiche e culturali».
mente negativi nella problematica Adeguatamente analizzato è pure
dello sviluppo; alla piaga di milioni iJ rapporto tra preoccupazione eco-
di rifugiati; alfenomeno del terrori- logica e sviluppo. L'enciclica richia-
smo «mai giustificabile»: « Il cri- ma ad una «crescente consapevolez-
stianesimo proibisce... il ricorso alle za che non si può fare impunemente
vie dell'odio, all'assassinio di perso- uso delle diverse categorie di esseri,
ne indifese, ai metodi del terrori- viventi o inanimati: animali, piante,
smo».
elementi naturali ». Rammenta la
Tra i fatti pos itivi del ventennio «limitazione delle risorse naturali,
che ci. separa dalla pubblicazione alcune delle quali non sono rinno-
della «Populorum Progressio», vabili», e le conseguenze di un ceno
l'enciclica segnala l'accresciu1a co- tipo di sviluppo sulla «qualità della
scienza dell'interdipendenza tra uo- vita» nelle zone industrializzate.
mini e popoli, del rispeno per la vita L'analisi degli ostacoli di ordine

3.9 Page 29

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------------5'1-
I APRILE 1988 · 29
morale contrari allo sviluppo con-
duce il Papa ad «una lettura teolo-
gica» dei problemi attuali dello svi-
luppo puramente materiale (super-
sviluppo) e del relativo sottosvilup-
po. Qui ci si sofferma specialmente
sulla «brama esclusiva di profillo e
la sete di potere» assoluto, in quan-
to peccati personali che inducono
«strutture di peccato», causa a loro
volta di altri peccati. Il che rende
talvolta molto difficile il vero cam-
biam·ento di mentalità, la conversio-
ne del cuore, che presuppone il vero
autentico sviluppo.
Giovanni Paolo Il indica la via da
seguire per superare gli ostacoli nel-
la «solidarietà», in quanto «dovere
morale» radicato nel fatto dell'in-
terdipendenza tra uomini e popoli.
«In virtù del suo impegno evangeli-
co, la Chiesa si sente chiamata a re-
stare accanto alle folle povere, a di-
scernere la giustizia delle loro ri-
chieste, a contribuire a soddisfarie,
senza perdere di vista il bene dei
gruppi nel quadro del bene co-
mune».
La solidarietà esclude lo sfrutta-
mento, l'oppressione, l'annienta-
mento degli altri, uomini e popoli.
In tal modo, la solidarietà «è via al-
la pace e insieme allo sviluppo. In-
fatti, la pace del mondo è inconce-
pibile se non si giunge, da parte dei
responsabili, a riconoscere che l'in-
terdipendenza esige di per sé ilsupe-
ramento della politica dei blocchi,
la rinuncia a ogni forma cli imperia-
lismo economico, militare, e politi-
co, e la trasformazione della re-
ciproca diffidenza in collabo-
razione».
Naturalmente, la Chiesa non ha
«soluzioni tecniche» da offrire al
problema del sottosviluppo. «La
dottrina sociale della Chiesa non è
una "terza via" tra capitalismo li-
berista e collettivismo marxista».
Non è neppure un'ideologia, ma ap-
partiene al campo della teologia.
L'insegnamento e la diffusione del-
la dottrina sociale fanno parte della
missione evangelizzatrice della
Chiesa. Ed essendo essa indirizzata
a guidare la condotta delle persone,
ne deriva di conseguenza «l'impe-
gno per la giustizia», di cui fa parte
pure <<la denuncia dei mali e delle
ingiustizie».
Il Papa rinnova con forza l'op-
zione preferenziale per i poveri:
«Oggi, attesa la dimensione mon-
diale che la questione sociale ha as-
sunto, quest'amore preferenziale,
con le decisioni che esso ci ispira,
non può non abbracciare le immen-
se moltitudini di affamati, di men-
dicanti, di senzatetto, senza assi-
stenza medica e, soprattutto, senza
speranza di un futuro migliore: non
si può non prendere atto di queste
realtà. L'ignorarle significherebbe
assimilarli al "ricco epulone", che
fingeva di non conoscere Lazzaro,
giacente fuori della sua porta».
La preoccupazione verso i poveri
deve tradursi, a tutti i livelli, in atti
concreti fino a giungere ad una serie
di riforme urgenti e necessarie: per
esempio, la riforma del sistema mo-
netario e finanziario mondiale, il
trasferimento delle tecnologie, la ri-
forma dei meccanismi di funziona-
mento delle Organizzazioni Interna-
zionali, di cui si riconoscono nel
tempo tutti i meriti.
Lo sviluppo richiede soprattutto
«spirito d'iniziativa» da parte degli
stessi paesi che ne hanno bisogno.
L'enciclica chjede, tra l'altro, l'af-
fermazione dell'autonomia e del
pieno sviluppo di ogni individuo, la
vera partecipazfone di ognuno ai
processi politici, l'evoluzione di re-
gimi «corrotti, dittatoriali o autori-
tari» verso la democrazia, la solida-
rietà tra le nazioni povere, special-
mente della stessa area geografica.
Alla luce dell'insegnamento sem-
pre valido della «Populorum Pro-
gressio», il Papa ha voluto dunque
esaminare la situazione del mondo,
allo scopo di attualizzare e appro-
fondire la nozione di sviluppo, ma
soprattutto di far vedere a tutti -
cristiani e non - l'urgenza e la ne-
cessità, anche morale, di un impe-
gno soLidale in uno sviluppo a misu-
ra d'uomo, se si vuole davvero che
uomini e popoli realizzino la voca-
zione a cui sono stati chiamati dal-
l'inizio della creazione e di cui sia-
mo responsabili tutti dinanzi a Dio.
«Non sono giustificabili», scrive
Giovanni Paolo II, «né la dispera-
zione, né il pessimismo, né la passi-
vità... Come si può peccare per
egoismo, per brama di guadagno
esagerato e di potere, si può anche
mancare... per timore, indecisione
e, in fondo, per codardia. Siamo
tutti chiamati, anzi obbligati, ad af-
frontare la tremenda sfida de/l'ulti-
ma decade del secondo Millennio.
Anche perché i pericoli incombenti
minacciano tutti: una crisi economi-
ca mondiale, una guerra senzaJron-
tiere, senza vincitori né vinti».
Silvano Stracca

3.10 Page 30

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30 · I APRILE 1988
L'enciclica «Sollicitudo
rei socialis», anche volendola legge-
re solo in riferimento al panorama
dei problemi che inquietano il mon-
do contemporaneo, offre una va-
stissima gamma di spunti a chi in-
tendesse fare del documento il testo
base per diffondere la conoscenza
cli quei problemi e favorire il dibat-
tito s u di essi. Basterebbe questo -
e, ovviamente, c'è mollo al!ro, sot-
to molteplici profili - per rendere
l'enciclica di Giovanni Paolo li me-
ritevole di essere portata a cono-
scenza del maggior numero possibi-
le di persone. Sarebbe un vero pec-
cato che rimanesse chiusa entro cer-
chie ristrette di uomini politici, di
economisti, di giornalisti, di socio-
logi (che peraltro ne hanno parlato
con interesse, talvolta con accenti
polemici) e non si dilatasse, invece,
verso un più ampio ascolto.
Il tema dello sviluppo interessa
tutti, non solo nei Paesi che lo svi-
luppo non l'hanno ancora raggiun-
to, ma anche in quelli che ne benefi-
ciano in abbondanza. ln questi ulti-
mi la gente deve essere aiutata a ca-
pire che cosa è la solidarietà vera e
concreta. E se da questo orecchio
non ci sente, deve essere almeno
spinta a prendere coscienza che uno
sviluppo distorto, ottenuto a spese
di altri, alla fine è destinato ad ave-
re contraccolpi negativi.
Far uscire il mondo, tutto il mon-
do, dal souosviluppo richiede un
impegno enorme, che impegnerà
molte generazioni. Lo può confer-
mare chiunque abbia visitato qual-
che Paese del Terzo Mondo. Per
raggiungere l'obiettivo, l'azione dei
governi costituisce un elemento in-
dispensabile, ma è notorio che i go-
verni sono spesso restii a muoversi,
specie in questo campo, se non sen-
tono dietro di la pressione di
un'opinione pubblica consapevole e
determinata. Occorre dunque for-
marla, questa opinione pubblica,
l!EDUCAZIONE
ALLO SVILUPPO
COMINCIA DALLA
CONOSCENZA
Innumerevoli spunti suggeriti
dall'Enciclica di Giovanni Paolo Il
per un approfondimento dei
problemi che assillano il mondo
contemporaneo.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - - - - - - -~ -
f APRILE 1988 31
favorendo con ogni mezzo un'edu-
cazione allo sviluppo. li primo sta-
dio è costituito dalla conoscenza.
Pensiamo quindi agli educatori, che
percorrendo i numerosissimi punti
dell'enciclica, illustrano ai giovani
loro affidati i problemi richiamati
nel documento. È in questa linea
che vogliamo qui segnalare alcuni
punti della Lettera del Papa, quasi
un'esemplificazione, senza la prete-
sa di dare di ciascuno di essi un'e-
sauriente illustrazione e tanto meno
di completare l'intero quadro.
L mondo
sottosviluppato
«Sotto il profilo economico
scrive il Papa - i Paesi in via di svi-
luppo sono molti di più di quelli svi-
luppati: le moltitudini umane prive
dei beni e dei servizi offerti dallo
sviluppo, sono assai più numerose
di quelle che ne dispongono». E più
avanti aggiunge: «All'abbondanza
di beni e di servizi disponibili in al-
cune parti del mondo, soprattutto
al Nord sviluppato, corrisponde nel
Sud un inammissibile ritardo, ed è
proprio in questa fascia geopolitica
che vive la maggior parte del genere
umano». Difatti, il mondo in via di
sviluppo ospita oggi il 75 per cento
della popolazione globale e, con gli
attuali ritmi di crescita, potrebbe
arrivare ad ospitarne il 90 per cento
nel 2040. Su questa ampia porzione
di umanità si abbattono le peggiori
disgrazie. Per non pochi Paesi è or-
mai privo di senso dire «in via di
sviluppo»: sarebbe più appropriato
e realistico parlare di Paesi «in via
di ulteriore sottosviluppo». A que-
sto riguardo basta citare l'ultimo
rapporto della Banca mondiale, se-
condo cui in molti Paesi del Terzo
Mondo «reddito, consumi e investi-
menti sono diminuiti, comando ai
livelJi del 1970. Per alcuni, la rica-
duta è addirittura ai livelli del
1960».
È qui, in questo mondo immerso
nella miseria, che muoiono almeno
cento bambini (da O a 12 anni) su
mille, mentre nei Paesi sviluppati, il
Nord, ne muoiono J9 su mille. Si è
calcolato che dal 1975 al 1980, di
tutti i bambini morti nel mondo, il
97 per cento apparteneva al Terzo
Mondo. Per coloro che sopravvivo-
no alla falcidia delle malattie inran-
tili, la speranza di vita è enorme-
mente più bassa al Sud che al Nord.
Per gli abitanti della Mauritania, la
vita media è di 41 anni per gli uomi-
ni e 46 per le donne, nel Nepal ri-
spettivamente 44 e 43, in Tanzania
49 e 52. Negli Stati Uniti e, in gene-
re, nell'Occidente, la vita media è di
70 anni per gli uomini e 76 per le
donne; in Australia di 71 e 78. È no-
to che, oltre alle malattie, nel Terzo
Mondo è spesso di casa la fame.
Quest'uJtima, anziché calare, cre-
sce: nel 1987. il Programma alimen-
tare mondiale delJe Nazioni Unite
ha distribuito 827 mila tonnellate di

4.2 Page 32

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32 · I APRILE 1968
cibo, ma prevede che nell'88 i biso -
gni saliranno a un milione di tonnel-
late.
Q uarto mondo
È un'espressione entrata nel lin-
guaggio corrente dei «mass media» .
C'è il primo mondo, il secondo, il
terzo e ora, appunto, anche il quar-
to. Il Papa vi fa riferimento per dire
che questa suddivisione «è il segno
della diffusa sensazione che l'unità
del mondo, in altri termini del gene-
re umano, sia seriamente compro-
messa». Quarto mondo sta a indi-
care quel gruppo di Paesi dominati
dalla povertà assoluta, i più poveri
tra i poveri. Con uno dei soliti eufe-
mismi che vorrebbero addolcire il
linguaggio delle agenzie internazio-
nali, li si definisce « meno avanza-
ti», che è un modo elegante per di-
re, più crudamente, « i più arretra-
ti». l tratti caratteristici sono un
prodotto lordo inferiore ai 100 dol-
lari l'anno per abitante, una pro-
porzione di industrializzazione infe-
riore al 1Oper cento nella formazio-
ne del prodotto lordo (l'economia,
insomma, poggia tutta sull'agricol-
tura, che è spesso praticata con me-
todi primitivi), un tasso di alfabetiz-
zazione inferiore al 20 per cento del-
la popolazione. Nell'area della pro-
fonda miseria vivono 300 milioni di
persone, un ottavo della popolazio-
ne del Terzo Mondo (esclusa la Ci-
na), divisi in 3 1 Stati, di cui 21 in
Africa.
À na[fabetismo
Giovanni Paolo II, nell'elencare
gli indici negativi che concorrono a
formare il souosviluppo segnala
quello, preoccupante sul piano cul-
turale, «dell'analfabetismo, la dif-
ficoltà o l' impossibilità di accedere
a livelli superiori d'istruzione». At-
tualmente, nel mondo si contano
circa 830 milioni di analfabeti asso-
luti. Nel giro di pochi anni, secondo
stime d.ell'UNESCO, potrebbero
raggiungere il miliardo. È vero che
negli ultimj 25 anni lo sviluppo del-
l'educazione nel mondo è stato con-
siderevole poiché si è quasi raddop-
piato il numero degli studenti. Ciò
nonostante, la percentuale mondia-
le non dà segni di voler diminuire.
A detenere il poco invidfabile pri-
mato nella classifica mondiale del-
l'analfabetismo è ancora una volta
l'Africa. Qui si raggiungono cifre
sbalorditive: il 9 1 per cento nel Bur-
kina Faso, il 63 per cento di uomini
e il 99 per cento di don ne nel Ciad,
1'81 e il 98 nel Mali, 1'89 e il 95,5 nel
Niger. In assoluto, ci sono in Africa
162 milioni di analfabeti. La cifra,
sempre in assoluto, per l'Asia, è di
604 milioni. Seguono l'America La-
tina, i Caraibi, gli Stati arabi. Nel
mondo ci sono 120 milioni di bam-
bini che, pur essendo in età scolare,
non frequentano nessuna scuola.
La tendenza dell'analfabetismo a
crescere è certamente dovuta all'in-
cremento della popolazione, ma va
chiamata in causa anche la respon-
sabilità dei governi che non provve-
dono a dotare i loro Paesi di un effi-
ciente servizio scolastico.
Questo dell'analfabetismo è forse
uno dei settori dove più si eviden-
ziano talune linee di «corrisponden-
za» fra iJ Nord e il Sud. Difatti an-
che il ricco Nord ha i suoi analfabeti
(20 milioni solo nei Paesi della Co-
munità europea). Si tratta in genere
di analfabetismo di ritorno: persone
che avendo frequentato poco e male
la scuola finiscono per disimparare
a leggere e a scrivere.
D ebito internazionale
Come ricorda Giovanni Paolo 11
nell'ampio capitolo dedicato a què-
sto problema, la « Populorum pro-
gressio » di Paolo VI aveva previsto
l'incremento del debito pubblico in-
ternazionale. Una previsione total-
mente confermata dalla realtà. Og-
gi, sui Paesi pover:i grava un debito
che supera i I 100 miliardi di dollari,
una somma enorme, che nessuno
riesce a vedere come sarà possibile
rimborsare. E difatti qualche Paese,
sia in America Latina che in Africa,
ha deciso unilateralmente di sospen-
dere i pagamenti, soprattutto degli
onerosissimi interessi. Ma questa
strada non si è djmostrata percorri-
bile perché all'interruzione dei rim-
borsi si accompagna la totale chiu-
sura delle fonti di credito, con l'im-
possibilità di ottenere altri finanzia-
menti spesso indispensabili. A pa-
gare il prezzo più alto ili questa pe-
sante palla al piede del debito sono
le popolazioni più povere, che han-
no visto aumentare i prezzi dei ge-
neri di prima necessità e dei servizi
indispensabili. Ciò ha causato in
molti Paesi, in Tunisia, in Marocco,
in Zambia, sommosse popolari, le
«rivolte del pane>>.
R azzismo
L'Enciclica condanna aperta-
mente la discriminazione razziale,
che definisce come la piaga « più
odiosa». Naturalmente, quando si
parla di razzismo nella nostra epo-
ca, la mente va dritta al Sudafrica.
,Non c'è dubbio che in questo Paese
esso assume la forma più inaccetta-
bile, perché qui la discriminazione
basata sul colore della pelle è affi-
data a disposizioni di legge, è sanci-
ta nei codici. Anche se negli ultimi
anni la minoranza bianca che detie-
ne tutto intero il potere politico,
economico, militare ha dovuto ab-
bandonare, sotto la spinta di forti
pressioni internazionali, alcune fra
forme più odiose dell'apartheid (per
esempio, ha abolito il divieto di
contrarre matrimoni misti), la con-
vinzione generale è che si sia pos10
mano ad aspetti marginali, lascian-
do intatta la sostanza di un regime
in cui per i neri non c' è alcuno spa-
zio che consenta loro di essere uo-
mini liberi in un Paese libero. Di qui
la reazione più comune in Sudafri-
ca: la ribellione. Purtroppo il rico r-
so alla violenza comporta un inevi-
tabile tributo di sangue. È già suc-
cesso, succede ancora oggi e succe-
derà domani. Finora è stato versalo
soprattutto il sangue dej neri. Ma il
razzismo sudafricano non deve as-
solutamente costituire una specie di
paravento dietro cui nascondere al-
tre forme di razzismo, forse meno
clamorose, ma altreUanto inaccet-
tabili. Parliamo del razzismo prati-
cato in diversi Paesi di immigrazio-
ne europea, dove approdano 1ante
persone provenienti dal Terzo
Mondo.

4.3 Page 33

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-----------~-
I APRILE 1988 33
Irrigazione In India.
Donne Indiane
puliscono Il fondo
di un canale
Rifugiati
11 Papa ne parla come di «una
piaga tipica e rivelatrice degli squili-
bri e dei conflitti del mondo con-
temporaneo». I rifugiati sono per-
sone aJle quali «guerre, caJamità
naturali, persecuzioni e dominazio-
ni cli ogni tipo banno sottratto la ca-
sa, il lavoro, la famiglia, la patria».
Quanti sono, oggi, i profughi nel
mondo? È quasi impossibile dare
una cifra esatta, perché sono una
massa fluttuante, che sfugge a veri-
fiche sistematiche. C'è chi dice djeci
milioni, chi arriva a venti. La cifra
che sembra accostarsi di più alla
realtà è forse quella fornita dall'Al-
to Commissariato dell'ONU per i
rifugiati: dodici milioni. Molta gen-
te è fuggita dai Paesi del «secondo
mondo», dall'Est, per sottrarsi a
persecuzioni politiche, religiose, e
anche, nel caso degli ebrei, razziali.
Ma è nei Paesi del Terzo e Quarto
mondo che si registra il più ampio
movimento coatto di popolazioni.
L'apporto dell'Africa è enorme: su
ogni due profughi nel mondo, uno è
africano. Poi ci sono i profughi pa-
lestinesi con il loro dramma di senza
patria, quellj dell'Afganistan rifu-
giati in Pakistan (ormai tre milioni},
i cambogiani riparati in Thailandia
e molti aJtri ancora. Le condizioni
di vita dei profughi sono il più delle
volte spaventose. È ancora il Papa
che lo mette in evidenza: «La trage-
dia di queste moltitudini si riflette
sul volto disfatto di uomini, donne,
bambini, che in un mondo diviso e
divenuto inospitale non riescono a
trovare più un focolare».
Responsabilità
Sono numerosi i passi dell'Enci-
clica di Giovanni Paolo li che insi-
stono su un aspetlo drammatico del
sottosviluppo: il continuo peggiora-
re delle condizioni di vita di molti
popoli. Il Papa ne ricerca le cause,
per attribuire le relative responsabi-
lità. La conflittualità politica e
ideologica fra Est e Ovest gioca un
suo ruolo preciso. Nel loro com-
plesso, le Nazioni sviluppate « non
sempre, almeno nella debita misu-
ra, hanno sentito il dovere di porta-
re aiuto ai Paesi separati dal mondo
del benessere». Ma con altrettanta
chiarezza il Papa segnala «le indub-
bie, gravi omissioni da parte delle
stesse Nazioni in via di sviluppo e,
specialmente, da parte di quanti ne
detengono il potere economico e
politico». È la stessa Enciclica a de-
nunciare che «nei Paesi meno svi-
luppati si vedono non di rado mani-
festazioni di egoismo e di ostenta-
zione della ricchezza, tanto sconcer-
tante quanto scandalosa». Sono ric-
chezze che provengono spesso da
forme di sfruttamento praticate da
chi ha preso il posto dell'antico
sfruttatore coloniaJista. Ma c'è for-
se una responsabilità maggiore che
va attribuita a molti governi dei
Paesi in via di sviluppo: quella che
si riferisce alla scarsa attenzione ri-
volta al mondo contadino. L'agri-
coltura non è stata sostenuta, i pic-
coli agricoltori sono stati penalizza-
ti con redditi inferiori alla soglia
della sopravvivenza, con un duplice
disastroso risultato: di incentivare
la corsa aJle città allargando così le
sacche di miseria urbana, e di ridur-
re costantemente la produzione
àgricola, specie alimentare, con il
conseguente diffondersi della fame.
Nessuno nega le difficol.tà in cui si
dibattono tanli governi del Terzo
Mondo, ma non si aiuta la gente di
quei Paesi nascondendo, come è ac-
caduto tanto a lungo in passato, gli
errori e le responsabilità di certe
classi dirigenti.
Gaetano Nanetti

4.4 Page 34

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_ PROTAGONISTI_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
34 I APRILE 1988
IL CARDINALE
SALESIANO
SI BATTE PER
IL DIALOGO
UNICA VIA
D'USCITA
ALLA CRISI
DEL NICARAGUA
Miguel Obando Bravo vuole che
il suo Paese ritrovi pace, libertà,
rispetto dei diritti umani. Le
troppe dittature, i tanti giovani
uccisi, le sofferenze del popolo
in una terra sfortunata.
È il Primate cattolico di
un Paese che non si può dire fortu-
nato. In più, è stato chiam a to a reg-
gere la Diocesi di Managua e, suc-
cessivamente, elevato alla porpora
cardinalizia, in corrispondenza di
avvenimenti che hanno visto i rap-
porti fra lo Stato e la Chiesa rag-
giungere punte di tensione altissi-
me. Il cardinale Mignel Obando
Bravo, salesiano, ha affrontato con
coraggio e determinazione gli avve-
nimenti, forte della certezza di bat-
tersi per la libertà, la giustizia, la

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - - -#--
I APRILE 1988 35
pace. In definitiva, per dare al po-
polo del Nicaragua un futuro mi-
gliore.
li ruolo di mediazione che l'arci-
vescovo di Managua è impegnato a
svolgere per pacificare il Paese do-
po anni di lacerante guerra civile, ne
ha fatto una figura di rilevanza in-
ternazionale. Questo spiega perché,
in occasione della sua visita in Ita-
lia, nel gennaio scorso, quando è in-
tervenuto, appunto come salesiano,
alle cerimonie torinesi d'apertura
dell'anno centenario di Don Bosco,
Obando Bravo sia stato addirittura
stretto d'assedio dai giornalisti.
Tutti volevano sapere come sarebbe
andato a finire il temativo di com-
porre il confliuo che in Nicaragua
oppone il governo, i «contras»,
cioè i guerriglieri che combattono
contro il regime sandinista, e l'op-
posizione interna.
Un compito
difficile e delicato
li cardinale non ha concesso
«esclusive» a nessuno, ha risposto,
cordiale e disponibile, alle domande
di tutti. Ma chi, fra i giornalisti, si
illudeva, un po' ingenuamente, di
cavarne una intervista sensazionale,
è rimasto deluso. E non poteva che
essere così. La delicata veste di me-
diatore calato in una situazione che
più intricata e difficile non si può,
imponeva al Porporato il massimo
riserbo. E lui, ovviamente, l'ha ri-
spettato. ·
li fauo è, poi, che lo stesso Oban-
do Bravo, anche volendolo, non
avrebbe potuto prevedere come si
sarebbero messe in seguito le cose,
quale sarebbe stato lo sbocco di una
trattativa portata avanLi quasi a
strattoni, fra diffidenze reciproche,
condizioni fra loro contrapposte, ri-
chieste di concessioni tutt'altro che
pacificamente accolte dall'una e
dall'altra parte. Non lo poteva sa-
pere il cardinale, come non lo sape-
vano i rappresentanti dei due schie-
ramemi.
Ciò che, invece, il cardinale
Obaodo Bravo ha saputo da sem-
pre, con estrema lucidità, è che se il
Nicaragua vuole avviarsi lungo la
strada della pacificazione occorre
che da una parte e dall'altra si dia
prova di buona volontà, che gli uni
e gli altri si sottraggano ai pesanti
condizionamenti esterni e, soprat-
tutto, si facciano carico delle soffe-
renze del popolo nicaraguegno. Egli
ha sempre guardato a questa pro-
spettiva, come ha ripetuto instanca-
bilmente a tutti i giornalisti, «con
fiducia e speranza», perché - ha
aggiunto - «il Nicaragua ha biso-
gno di pace».
Su questo punto è impossibile nu-
trire dubbi. Lungo tutta la sua sto-
ria, questo piccolo Paese (vasto co-
me metà dell'Italia, con meno di tre
milioni di abitanti), di periodi di pa-
ce ne ha conosciuti pochi, e si è sem-
pre trattato di una pace precaria. Si
può risalire agli anni che lo videro
rendersi indipendente dai colonizza-
tori spagnoli (1838) per cogliere su-
bito i sintomi di un malessere o rigi-
nato da ingerenze straniere~ soprat-
tutto britanniche e nordamericane.
Agli inizi di questo secolo, nel 1912,
gli Stati Uniti occuparono militar-
mente il Paese e decisero di andarse-
ne solo nel 1933, in seguito a unari-
volta popolare capeggiata da Cèsar
Augusto Sandino, che convinse il
governo di Washington a mutare li-
nea politica.
E si arriva agli anni a noi più vici-
ni, quando la famiglia Somoza tra-
sformò il Paese in una specie di feu-
do privato, imponendo un regime di
terrore, di ingiustizia, di brutale
sfruttamento della popolazione, a
vantaggio proprio e di una ristretta
oligarchia. A tutto questo si aggiun-
se, nel 1977, uno dei terremoti più
disastrosi di tutte le epoche, con mi-
gliaia di morti. Managua fu rasa al
suolo. Ancora oggi una vasta area
centrale della città non è ricostruita
perché si considera che si trovi l'e-
picentro del sisma. li Nicaragua è
una terra vulcanica e i movimenli
tellurici sono frequenti, anche se
non sempre provocano danni alle
persone e alle cose. Non a caso il
Paese è stato definito «la terra che
trema».
L•era oscura
dei Somoza
Uno dei periodi più oscuri del Ni-
caragua è stato senza ombra di dub-
bio quello dell'ultimo Somoza,
Anastasio, nipote del capostipite
della famiglia - egli pure di nome
Anastasio - che prese il potere nel
l 936, passandolo poi al figlio Luis.
Come i suoi predecessori, Anastasio
U governò col terrore e depredò il
Paese, arricchendosi a dismisura.
Era diventato proprietario di mezzo
Nicaragua e non esitava, pur di ac-
cumulare denaro, a compiere ne-
fandez.ze, come quella di creare una
società che rivendeva agli ospedali
americani il sangue raccolto per po-
chi soldi fra contadini e disoccu-
pati.
0
L'esasperazione popolare rag-
giunse l'apice dopo il terremoto, al
quale seguirono speculazioni edili-
zie attivate da Somoza. Per cinque
anni, il Paese fu sconvolto da scio-
peri, insurrezioni, rivolte. I gruppi
di opposizione si riunirono nel
Fronte di liberazione intiLOlato a
Sandino, per rinnovare nel nome
del guerrigliero ucciso nel febbraio
1934 - pare per ordine di Anasta-

4.6 Page 36

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36 · I APRILE 1988
sio i, all'epoca comandante della
Guardia nazionale - il processo di
riscatto nazionale. Il movimento
sandinista era all'inizio formato da
uomini di diversa fede politica, unj.
ti solo dal desiderio di farla finita
con la diltatura e di instaurare la de•
mocrazia. C'erano intellettuali, cat•
tolici, marxisti, sindacalisti, libera•
li. La Chiesa cattolica dimostrò di
appoggiare l'insurrezjone sandini•
sta, e svolse un ruolo di primo pia•
no nella caduta del regime di Somo•
za. Miguel Obando Bravo, già allo•
ra arcivescovo di Managua, non esi•
a condannare pubblicamente «la
concentrazione di ricchezza realiz•
zata con mezzi ingiusti, nelle mani
di un ristretto numero di persone» e
sostenne la causa che invocava un
profondo cambiamento, soUecilan•
do nei fedeli «il risveglio della loro
dignità di uomini e di cristiani ».
Questa scelta, chiara e decisa, at•
tirò su mons. Obando Bravo l'ira di
Somoza, che lo soprannominò «il
comandante Miguel», con l'intento
di farlo passare per un membro del•
la guerriglia antisomozista (ancora
oggi il titolo dei capi sandinisti è
quello di «comandante»). Final•
mente, il 29 luglio 1979, Somoza,
ormai abbandonato da tutti, fu CO·
stretto a fuggire, riparando in Para•
guay, dove fu ucciso un anno dopo.
I sandinisti si installarono al po.
tere e sembrò veramente che un'era
nuova si fosse aperta per il marlo•
riato Paese. Ma cosi non è stato.
Obando Bravo e la Chiesa del Nica•
ragua si sono opposti al potere san•
dinista quando uno dei gruppi che
componevano il Fronte ha prevalso
sugli altri imponendo al Paese mo•
dem e ideologie che contrastano con
i principi cristiani e negano il plura•
Lismo politico e la libertà. L'involo•
zione del sandinismo con l'occupa•
zione totalitaria del potere è stata
vista come un tradimento del suo
primitivo programma, che propu•
gnava una rivoluzione democratica
&retta ad attuare la giustizia nella
libertà.
È stata proprio la violazione delle
Libertà basilari a creare la frattura
fra lo Stato e la Chiesa. I sandinisti
hanno ripetutamente tentato di iso•
lare l'arcivescovo di Managua, nel
frattempo creato dal Papa cardinale
con una decisione che ne rafforzava
l'autorità morale, e di ridurlo al si•
le02io. Nel luglio 1986, nel momen•
to più acuto della cirsi nei rapporti
fra il governo e la Chiesa, i sandini•
sti espulsero dal Paese mons. Paulo
Antonio Vega, vice presidente della
Conferenza episcopale. Provvedi•
menti di espulsione colpirono un al•
tro Vescovo, mons. Carballo, al
quale fu impedito di rientrare in Pa•
tria, nonché diversi sacerdoti e mis•
sionari. Contro Obando Bravo, il
governo fece ricorso anche alla in-
fame calunnia, accusandolo di rice-
vere direuamente denaro dagli Stati
Uniti. Ma l'accusa più ricorrenLe
era che il cardinale «svolge un'azio-
ne politica», accusa che accomuna
tutte te dittature quando vogliono
perseguitare la Chiesa.
C ontro tutte
le ingerenze straniere
L'arcivescovo non ha ceduto, la
sua voce si è sempre levata per re•
clamare libertà per la Chiesa, demo•
crazia nel pluralismo e nella libertà
di espressione. I fedeJi gli si sono
stretti intorno manifestandogli la
loro solidarietà, decisi a non piegar•
sj. Nonostante le dure prove, Oban•
do Bravo ha sempre dichiarato di
volere la pace, di privilegiare il dia•
logo e non la lolla armata. Purtrop•
po, il Nicaragua ha avuto la sventu•
ra di conoscere la guerra civile.
Quando l' Unione sovietica fornì al
Paese un massiccio appoggio milita-
re, facendo dell'esercito nicarague-
gno il più grande di tutto il Centro•
America, gli Stati Uniti, allarmati
dall'ingerenza sovietica nel Conti•
nente, decisero di sostenere 11nan•
ziariamente i «contras», i guerri-
glieri antisandinisti.
La lotta armata e scelte economi•
che sbagliate hanno gettato il Paese
nella miseria. Difficoltà economi•
che crescenti, approvvigionamenti
di generi alimentari' di prima neces-
sità sempre più difficili, innazione
galoppante. Nelle città mancano le
medicine, spesso manca l'acqua.
Questa situazione ha provocalo un
diffuso malcontento popolare e ciò
ha indotto il governo a rivedere ta-
lune sue posizioni e ad accogliere in-
Un premio della Pace
per il Cardinale
Il Premio per la Pace che il Centro Culturale SS. Croce di Taranto é solito asse-
gnare da alcuni anni, quest'anno è stato dato al cardinale Obando y Bravo. Per
l'occasione il Primate del Nicaragua é venuto a Taranto n4 febbraio 1988 dove è
stato accolto con molla simpatia dai giovani della scuola salesiana della cillé e da
numerose autorità. Questa la motivazione del Premio: •Per la tenacia e la fede con
cui Il Cardinale opera per portare Il suo popolo e altri popoli dell'America Latina alla
riconciliazione per meno del dialogo•.
Questo premio era già stato precedentemente conferito a personalità di spicco
come E. Colombo, Card: J . Glemp, Madre Teresa di Calcutta, Prof. A. Zìchichi,
Mons. A. Riboldi, e Maria Pia Fanfani.
In precedenza, il Cardinale salesiano aveva incontrato i giovani dell'Istituto Don
Bosco, ai quali he raccontato la storia della sua vocazione salesiana, i problemi
della democrazia nicaraguense, il suo impegno di riconciliazione fra le opposte fa-
zioni. Il Cardinale Bravo, con cuore •oratoriano•, ha riscosso subito la simpatia de-
gli allievi, e cosi è stato agevole far capire ai giovani che non tutll i loro coetanei
hanno il dono della cultura e della democrazia, Il dono del cibo e della vita, perché
ogni giorno muoiono mediamente 60 giovani: i Paesi ricchi mettono le armi, i Paesi
poveri mettono I mor1il
Questo è stato uno dei passaggi piu significativi dell'incontro: la Chiesa non si
Identifica con alcun panito politico. Nel precedente regime dittatoriale di estrema
destra, la Chiesa fu voce di chi non aveva voce. Quando poi quel regime cadde, i
Vescovi del Nicaragua pubblicarono una Lettera pastorale riaffermando l'identità
del pensiero cristiano per una società giusta, ma senza lotte di classe. La persona
umana è l'oggetto principale delle nostre preoccupazioni•.
Franco Galeone

4.7 Page 37

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-----------~-
I APRILE 1988 37
fine l'insistente invito di Obando
Bravo a trovare una via d'uscita ba-
sata sulla riconciliazione nazionale.
Il cardinale ha così ottenuto la ria-
pertura della rawo cattolica, il rien-
tro di alcuni sacerdoti espulsi, l'a-
bolizione dello stato d'emergenza,
la liberazione di detenuti politici, la
ripresa delle pubblicazioni del quo-
tidiano d'opposizione <( La Pren-
sa», chiuso nel 1986.
Obando Bravo è sempre stato
contro le ingerenze straniere. ln una
lettera indirizzata ai redeli in uno
dei momenti più difficili, scrisse:
«È urgente e decisivo che i nicara-
guegni, liberi da ingerenze e ideolo-
gie straniere, Lrovino una via d'usci-
ta all'attuaJe situazione di connit-
tualità, di cui approfittano potenze
straniere per continuare lo srruua-
mento economico e ideologico della
nostra Patria, considerandoci una
pedina dei loro giochi... Giudichia-
mo condannabile ogni forma d'aiu-
to, qualunque sia la sua fonte, che
conduca alla distruzione, al dolore,
alla morte nelle nostre famiglie, al-
1'odio, alla divisione fra i nicara-
guegni».
Il cardinale Obando Bravo
all'Inaugurazione del Museo
missionario del Colle don Bosco
(Foto Franco Marzi)
Recentemente, e proprio allo sco-
po di favorire il processo di demo-
cratizzazione del Nicaragua, la Ca-
mera dei rappresentanti americana
ha respinto la richiesta del presiden-
te Reagan di concedere ulteriori aiu-
ti ai «contras». Una decisione che il
cardinale di Managua ha giudicato,
per gli stessi motivi, positivamente.
Egli pensa sempre con infinita pena
ai troppi giovani che ogni giorno
muoiono in Nicaragua, da una par-
te o dall'altra, e che egli considera
tutti figli suoi. Vuole che si ponga
fine «all'odio che distrugge sola-
mente, non costruisce mai». E a
Torino ha detto a un giornalista:
«La Chiesa non intende sposare al-
cun regime politico. Resta redele al-
la sua missione di sempre: denun-
ciare le ingiustizie, da qualsiasi par-
te provengano, ed adoperarsi per la
convivenza civile e il rispetto dei di-
ritti umani». ln altra occasione ave-
va affermato: «La Chiesa propone
come unica soluzione vera la ricon-
ciliazione e il dialogo» .
In questo quadro, Obando Bravo
si è assunto con generosità, senza
badare ai rischi, il difficile compito
di presiedere la Commissione nazio-
nale di riconciliazione. Un compilo
reso arduo da una situazione che,
almeno al momento in cui scrivia-
mo, resta complicala. «Ma ho fidu-
cia», ha dichiarato. L'augurio del-
l'intera Famiglia salesiana, unita a
quanti hanno a cuore la pace e la li-
bertà in Nicaragua come in qualsia-
si altro luogo al mondo, è che il car-
dinale Miguel Obando Bravo possa
riuscire nel nobile intento che si è
prefisso, che la sua tenacia sia alla
fine premiata dal successo. In ogni
caso, quale che sia lo sbocco della
crisi nicaraguegna, resterà fermo
nella storia del Nicaragua la figura
dj questo sacerdote salesiano, che
con cuore generoso, con indomita
volontà e con personale sacrificio
ha impegnato se stesso per il bene
del suo popolo.
O

4.8 Page 38

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_ STORIA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
Uno studio di Mario
Rigo/di su «Don Bosco
e la musica» ripropone
un aspetto tipico della
pedagogia
donboschiana.
Il volume è stato
pubblicato grazie
QUELLA MUSICA
CARA PIÙ AL CUORE
CHE ALLE ORECCHIE
all'intelligente
sponsorizzazione della
Cassa Rurale ed
Artigiana di Carugate
(Ml).
va un «intenditore» di giovani qua-
le era Don Bosco, rimanere insensi-
bile di fronte a questo fascino? No
di certo, anche perché lui stesso da
giovane ne era rimasto colpito. Sap-
piamo, infatti, che il piccolo Gio-
vanni con la sua bella vocè era l'ani-
matore delle feste religiose paesane.
Ma fu specialmente con l'arrivo a
anche lo studio del pianoforte e del
violino.
Don Bosco ben conosceva, quin-
di, le capacità aggregative della mu-
sica e se ne servì come uno strumen-
to per avvicinare i suoi giovani aJ-
1'Oratorio e come un mezzo di edu-
cazione tanto morale quanto imel-
lettuaJe per i suoi allievi. In una let-
La musica ha, da sem-
pre, esercitato un enorme fascino
tra gli uomini di tutti i secoli, fin da
quando, nei tempi passati, ascoltar-
la veniva considerato un privilegio,
la possibilità concreta di elevarsi
verso un mondo spiritualmente più
raffinato. Anche se parte di questo
potere si è perso nel corso dei secoli,
la musica ha conservato intatto il
suo fascino, specialmente all'inter-
no delle giovani generazioni. Pote-
Castelnuovo per proseguire gli studi
che sbocciò il suo amore per la mu-
sica, e responsabile ne fu ...un sar-
to!, taJe Roberto Gioanni, «buon
dilettante di canto gregoriano»,
presso cui Don Bosco alloggiava.
Grazie a questo maestro improvvi-
sato Don Bosco si diede - sono pa-
role sue - «con tutto il cuore al-
l'arte musicaJe. In pochi mesi potei
montare sull'orchestra e fare parti
obbligate con buon successo». Ol-
tre al canto il giovane Bosco coltivò
tera del 1850 scriveva: << Un Orato-
rio senza musica è come un corpo
senz'anima» e nelle <<Memorie bio-
grafiche» possiamo leggere: «Il cul-
to delJa musica doveva riuscire in
perpetuo uno dei distintivi delle sue
case, un elemento necessario alla lo-
ro vita ». È da queste convinzioni
che, insieme col primo Oratorio,
nasce La Scuola dj musica. A dir la
verità, già prima, Don Bosco inse-
gnava la musica ai suoi ragazzi dove
capitava, anche per strada: i torine-

4.9 Page 39

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- - - - - - - - - - -sB-
I APRILE 1988 39
si infatti potevano vedere spesso un
giovane prete che passeggiando tra
via Doragrossa e piazza Milano in-
sieme a sei o sette ragazzi ripeteva
più volte a bassa voce con loro una
canzone!
A parte questi inizi... pioneristicì,
ben presto la Scuola di musica si ca-
ratterizzò per la sua serietà e orga-
nizzazione. All'inizio includeva so-
lo un corso per musica vocale ma si
andò via via sempre più ampliando
fino a comprendere anche corsi di
musica strumentale, con lo studio
del pianoforte e del violino e con la
formazione di una vera e propria
banda. Anche il coro giunse a livelli
di perfezione tali da poter affronta-
re l'esecuzione di composizioni dei
più grandi maestri e da venire ri-
chiesto da più parti.
Ma non precorriamo i tempi e
torniamo al 1846 quando Don Bo-
sco, animato da una profonda con-
vinzione, cercava di trasmettere il
proprio amore per la musica ai suoi
giovani allievi. Come fare? Erano
innanzitutto necessari canti sempli-
ci, orecchiabili ma con un certo
contenuto spirituale. Don Bosco
provvedeva a tutto personalmente.
Per i testi nessun problema; e le mu-
siche? L'ispirazione non mancava,
ma Don Bosco era pronto a racco-
gliere anche i più diversi spunti. Per
esempio, forse non tutti sanno che
la musica del popolare «Angioletto
del mio Dio» che ancora oggi risuo-
na nei ricordi di molti ha origine da
un coro di operai che Don Bosco si
trovò ad ascoltare mentre ritorna-
vano a casa sulla sera. La melodia
armoniosa ma nel contempo ritmica
piacque tanto al Santo che non per-
se tempo a trascriverla e a trasfor-
marla in un canto dedicato ali'An-
gelo Custode, il cui testo fu scritto
da Silvio Pellico. Anche il canto
«Noi siamo figli di Maria» ha un'o-
rigine simile, forse ancora più cu-
riosa. Don Bosco, passando una se-
ra per piazza Milano, a Torino, in-
contrò alcuni suonatori ambulanti
che, con l'accompagnamento di una
chitarra e un violino, narravano
una di queUe belle storie dalle vicen-
de drammatiche ma dal lieto fine
che tanto piacevano a quei tempi. li
ritornello della canzone era senz'al-
tro orecchiabile e Don Bosco, ap-
poggiandosi allo stipite del palazzo
della Prefettura, in un angolo della
piazza, tirò fuori carta e penna e si
appuntò il motivo.
Anche un Tantum Ergo a una vo-
ce sola deriva da una melodia udita
suonare dalle trombe di alcuni sol-
dati che venivano ad esercitarsi nei
pressi dell'Oratorio. L'orecchiabili-
tà di questi motivi, molti dei quali
già conosciuti dalla gente, favoriva,
quindi, il ricordo e la partecipazio-
ne al coro. Episodi come quello dei
pescatori che sulle sponde del Po si
uniscono al canto dei giovani di
Don Bosco in gita in barca non era-
no infrequenti. Nel resoconto di
una gita a Superga del marzo 1846
si legge: «Si osservava silenzio sin
fuori delle abitazioni della città; poi
cominciavano gli schiamazzi, canti
e grida, ma sempre in fila e ordina-
ti. In mezzo a quei trambusti aveva-
mo la nostra musica che consisteva
in un tamburo, in una tromba e in
una chitarra. Era tutto un disaccor-
do ma con le voci dei giovani basta-
va per fare una meravigliosa armo-
nia». In un articolo del Bollettino
Salesiano di pochi anni dopo, l'au-
tore, don Bonetti, ricordando que-
sto e simili episodi, quasi quasi sve-
la l'origine della musica delle canzo-
ni che accompagnavano i giovani
durante le gite: « J musici del paese
gradirono il buon cuore dei ragazzi,
e il loro canto, ma non poterono
non ridere deUa strana musica che
pareva quella medesima con cui una
volta in piazza Castello i saltimban-
chi facevano ballare le scimmie».
Dal cc Regolamento della Scuola di
musica dell'oratorio di S. Francesco
Nel frattempo l'attività della
Scuola progrediva e si orientava
verso studi più approfonditi di can-
to gregoriano. Furono comprate
di Sales»:
1. La scuola di musica e canto ha per scopo di affezionare i giovani
all'Oratorio onde lo frequentino nei giorni festivi, si avvezzino di com-
piere i doveri religiosi e tengano una cristiana e morale condotta.
2. Tutti sono obbligati a frequentare l'Oratorio nei giorni festivi e a
partecipare a tutte le pratiche religiose che quivi si compiono.
4. Per essere accettati bisogna aver compiuto nove anni e dar pro-
va del sapere affinché venga assegnata una classe adatta. Per essere
ammessi alla scuola di Canto bisogna almeno essere in grado di leg-
gere Il latino e l'italiano.
una fisarmonica, una spinetta e nel
1847 un vecchio organo a cilindro.
Per il primo organo vero e proprio,
quello a canne, bisognerà aspettare
il 1857 ed anche allora lo strumento
non era... dei migliori: «Era co-
struito forse un due secoli prima,
ben poco armonico, ma pur serviva
per esercitare le dita del novizio
suonatore. Tutti ricordano come
una canna colla valvola rotta man-
dasse certe urla sgarbate che provo-
cavano nei giovani le risa più sapo-
5. Da ogni allievo cantore si esige formale promessa di non andare
a cantare nei pubblici teatri, né in altri spettacoli o trattenimenti In cui
possa essere compromessa la Religione o il buon costume.
rite. Questo strumento era stato col-
locato nella camera vicina a quella
di Don Bosco (possiamo immagina-
re con quale piacere per le orecchie
6. Nelle solennità maggiori vi sarà musica vocale con orchestra,
nelle feste ordinarie vi sarà canto gregoriano con organo od armo-
nium.
del Santo, visto le condizioni del-
!'organo!) e più d'uno dei primi che
lo suonarono divenne valente orga-
nista». Probabilqiente deriva pro-
prfo da questo periodo una delle

4.10 Page 40

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40 · I APRILE 1988
convinzioni di Don Bosco che, pur
ricercando sempre che i suoi cantori
studiassero e cantassero ai migliori
livelli, consigliava di ascoltare i gio-
vani «più col cuore che con le orec-
chie».
La Scuola (che dal 1848 viene di-
visa in due classi) era gratuita e ri-
chiamava alle sue lezioni serali un
gran numero di allievi, in maggior
parte figli di poveri artigiani. Era la
prima volta, è utile ricordarlo, che
esisteva una scuola di musica pub-
blica e gratuita e soprattutto era la
prima volta che il' canto veniva inse-
gnato in una classe a molti allievi
contemporaneamente. Fino ad allo-
ra ogni ragazzo che desiderasse im-
parare la musica vocale doveva cer-
care un maestro che gli desse lezioni
separatamente e solo in seguito,
sufficientemente istruito, si univa
con altri allievi a formare il coro. li
nuovo metodo «simultaneo» di
Don Bosco attrasse molti curiosi, e
non solo: id famosi maestri di ar-
monia Rossi Luigi, Bianchi Giusep-
pe, Cerruli Giuseppe e altri veniva-
LA BANDA
Accanro alla scuola di camo si era
venutaformando. nel corso degli an-
ni una scuola di musica srrumentale,
con la consegueme formazione di
una banda. la primo banda ero
composta di dodici eleme11ti ma via
via and() aumen(ando, anche se tra
a//erne vicende (i giovani suonatori
sembravano più Irrequieti e i11disci-
plinati dei cantori e indulgevano
troppo nelle osterie) fino od q/fer-
marsi in concorsinon solo na,lona/i.
A noi i rimasta 11110 gustosissimo
f otografla che ritrae il Santo seduto
mollo soddis/atlo in meuo alla sua
banda in cui i ragazzi, compreso il
piccolo tamburino o il suonatore di
rriangolo accovacciato ai piedi di
Don Bosco imbracciano orgogliosi i
loro strumenri.
Dello banda Don Bosco si serviva
per rallegrare le f esre e, secondo I'u-
so del tempo, come accompagna-
memo dello musica vocale durame
alcune funi.ioni in chiesa. Ma era
durante le passeggiate che lo bando
diventavo lo vera e propria 1<prota-
gonisro». Suonava ovunque e con
1111 programma sempre varto e udar-
no per più setlimane, quasi ogni se-
ra, ad ascoltare le mie lezioni ».
A Torino la voce correva e persi-
no il Municipio mandò una delega-
zione ad informarsi delle attività
della scuola. I rappresentanti della
città rimasero cosi soddisfatti che
decisero di assegnare un premio
straordinario di 1000 franchi e un
sussidio annuale di 300 franchi alla
scuola, sussidio che verrà pagato
per trentun anni, dal 1847 al 1878.
Visti i tempi e il clima politico del-
l'epoca, evidentemente all'oratorio
facevano le cose sul serio!
Ma come veniva insegnata la mu-
sica a Valdocco? Leggiamo sulle
(< Memorie biografiche»: « Don Bo-
sco, dunque, seduto alla spinetta ed
avendo innanzi schierati i suoi can-
tori novizi, tame volte batteva i suoi
motivi sui tasti, li cantava egli stes-
so, li faceva ripetere dal suo coro,
che finalmente riusciva a farli im-
primere nella loro memoria».
Ogni lezione cominciava e termi-
nava con alcune preghiere rivolte al-
la Madonna: per Don Bosco la mu-
lo alle circostante. Erano.state i11/at-
ti appositamente preparate per i pic-
coli suonatori una .serie di marce e
era staro musicata anche una Messa,
un Vespro e vari Tantum Ergo. Ecco
la cronaca di una passeggiato od Al-
bugnano nel Monferrato, nel 1863,
uno delle ro111e che Don Bosco orgo-
11i1.zovo nel periodo estivo per i suoi
allievi e che, do premio per i ragaui,
si trasformavano in efficace propa-
gando dell'opera salesiana: «Si par-
tiva collo musico in testa che .suona-
va. Siccome i nostri musici àvevono
doro fiato olle trombe e .salutato il
paese o suon di tamburi e di clarini,
irruppero da tulfe le parti quanti
sentirono l'Improvviso concerto.
Noi godevamo di quell'accorrere di
gente, delle meraviglie che le si di-
pingeva in fronte, di quel prendere
posto fra noi per sapere clii erava-
mo... E noi allora o dire che veniva-
mo da Torino e che si .suonava per
rallegrare il paese. Allo sera, tra la
musica, tro lo speroni.a di sentir p,e.
dicare Don Bosco... il f alfo srà che
vennero tutti allo Chiesa».
sica rappresentava uno dei mezzi
per educare i suoi ragazzi e per que-
sto voleva che le cose si facessero se-
riamente. i<La ginnastica, la musi-
ca, il teatrino, le passeggiate sono
mezzi efficacissimi per ottenere la
disciplina, giovare alla moralità e
alla Santità». E per diffondere me-
glio fra gli Oratori le composizioni
sue e dei suoi collaboratori fondò in
seguito una Calcografia musicale
salesiana, mentre già alcuni testi
erano stati pubblicati nelle varie
edizioni del «Giovane Provve-
duto».
Ben presto la fama dei cantori di
Don Bosco varcò i confini di Tori-
no. I giovani erano richiesti un po'
dovunque e Don Bosco accettava
questi inviti perché voleva che i suoi
allievi, col comportamento corretto
e cristiano che aveva loro insegnato
insieme alle note, risultassero di
esempio e di edificazione per tutti i
fedeli. Le gite erano comunque oc-
casione di svaghi e di divertimenti,
oltrechè di grandi mangiate di po-
lenta! Nel 1886 la Scuola arrivò in
Lombardia, e precisamente a Mila-
no, Busto Arsizio e Brescia. l canto-
ri seguivano Don Bosco che teneva
una serie di conferenze sulle Missio-
ni in America Latina (dove erano
già stati inviati dei Maestri Canto-
ri!). Leggiamo sul liberale iiCorrie-
re della Sera» del 13 settembre:
« Davvero non crediamo possibile
ottenere da giovinelti maggiore in-
tonazione, migliore fusione e più
bei coloriti di quelli gustati ieri». E
durante un'analoga occasione, ecco
il giudizio espresso da <di Cittadi-
no» di Genova, in data 11 maggio
1887: « Noi siamo lieti che Genova
abbia potuto finalmente sentire che
cosa si voglia dire quando si dice:
educhiamo i ragazzi a cantare la
musica sacra e che questo esempio
ce lo abbia fornito quell'esemplare
di ogni opera buona, mandato dalla
Divina Provvidenza a far rifiorire in
ogni sua parte la chiesa di Dio, che
è il venerando Don Bosco».
NeJJo stesso anno la Scuola al
gran completo fu ricevuta a Roma
da Leone Xlii: mancava solo Don
Bosco, all'epoca già seriamente am-
malato.
Monica Ferrari
(condensato da Mario Rigoldi
«D. Bosco e la musica »)

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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- - - - - - - - - -s8-
I APRILE 1988 · 41
essere nuovamente Incinta. Co-
MIGLIORAMENTO
IN SALUTE
sa fare? Mi fu consiglialo di atti-
darmi a S. D. Savio, Lui ci MAMMA DIABETICA
avrebbe pensato. E cosi è stato.
R Ingrazio con tutto Il cuore
Il Beato D. Rua per aver-
mi ottenuto un grande migliora-
mento della mia salute.
Due anni orsono, per grandi
preoccupazioni, caddi in una
grave forma di esaurimento ner-
voso. Leggendo il Bollettino Sa-
Poco dopo Incontrai uno specia-
lista che con un Intervento chi-
rurgico mi ha aiutata a portare
avanti la gravidanza.
Ora c'è uria bellissima bambi-
na. Grazie S. D. Savio.
P. PagUarinl in Benetton
Porrte S. Nicolò, PD
S ono una mamma diabeti-
ca con due bimbe morte li
giorno dopo la loro nascita a
causa della mia malallia.
All'arrivo della terza gravldan•
za tutti I professori ml consiglia-
vano di abortire. Ero disperata,
non volevo, ma cosa dovevo
fare?
lesiano ebbi fede In D. Rua e a
lui affidai la mia salute.
Ottenni un rapido migliora-
mento che continua ancora.
TUMORE AL PANCREAS
Ml rivolsi a S. D. Savio con
tanta fede e sentii che dovevo
andare avanti. Con questa lidu•
eia e con l'aiuto di questo gran-
Corolla Margherita - Torino
D esideriamo ringraziare D.
Rua per aver assistilo,
de Santo delle culle ora Annali•
sa, la mia bimba, ha sei anni e
sta bene.
confortato e aiutato mia sorella
Lettera firmata
SCOPPIO
DI UNO PNEUMATICO
durante un'operazione chirur-
gica.
L'esito di questo Intervento
L a sera dell'11 maggio u.s.,
sull'autostrada dei laghi,
la nostra auto che viaggiava ol-
tre i 100 Km orari, causa l'im-
provviso scoppio di uno pneu-
era alquanto incerto trattandosi
di un tumore al pancreas. Gra-
zie all'intercessione di D. Rua
tutto si è risollo per il meglio.
Sr. Maria FMA - Como
UN DISTURBO CURABILE
D a tempo, mia sorella, sof-
friva di un forte dolore alla
spalla destra.
matico, iniziava a zigzagare per
un centinalo di metri divellendo
sei paletti del guard-rail, poi con
un testa-coda finiva nella corsia
di destra.
Poteva essere una strage e
DOVEVA ESSERE
UN MALE INCURABILE
Il dubbio di un brullo male
era, in lei, tanto forte da ridurre
il suo morale a terra. Ml rivolsi
con fiducia a M. Ausiliatrice ini-
ziando una novena.
Fatti l dovuti accertamenti ri-
N Invece dalle lamiere contorte
uscimmo tutti quasi illesi.
el settembre u.s. mio pa- sultò un disturbo facilmente cu-
dre accusava dei grossi rabile. Con riconoscenza.
Coniugi Fer//ni e Sr. Luciana - disturbi. Il professore ordinò vari
Borgomanero accertamenti. Diagnosi: male
incurabile.
Una fedele lettrice
Affidai la grazia a S. D. Savio
GRAZIE,
MONSIGNOR VERSIGLIA
D esidero dire il mio grazie
a Monsignor Verslglia per
aver dato pronto coi,forto In una
situazione familiare penosis-
sima.
M. M. Varese
e Intanto ancora analisi su ana-
lisi.
Ultimamente In una visita
specialistica il professore ci dis-
se che non c'era assolutamente
nulla. Ringrazio di cuore.
Savarino Angela - CT
L'HO CHIAMATO
DOMENICO
S. D. SAVIO
E UNA NOVANTENNE
D a un po' di tempo mia ma-
dre accusava dolori atro-
cissimi in prossimità dell'osso
sacro. Il lutto aggravalo da una
febbre molto alta. Le Indagini
cliniche sembravano non dare
una diagnosi precisa. Finalmen-
te un noto chirurgo diagnosticò:
•Allarmante stato di suppurazio-
ne Interna dovuta ad una puntu-
Cl HA PENSATO LUI
D opo due esperienze ne-
gative di gravidanza tutti i
dottori mi consigliavano di ri-
nunciare all'Idea di poter avere
un bambino.
D a tempo desideravo un
seco11do figlio e non arri-
vava. Su suggerimento di una
mia amica mi sono rivolta a
S. D. Savio. Ho indossato l'Abi-
tino e ho Iniziato una novena. È
arrivato un bel maschiello e l'ho
chiamato Domenico.
ra•. Era necessario un piccolo
intervento ma reso difficile dal-
l'età della paziente. Quello che
venne fuori dall'incisione fu una
cosa indescrivibile, tanto che mi
fu dello: •Sua madre ha pochi
giorni di vita•.
Presi l'abitino di S. D. Savio e
supplicai: •Come hai guarito tua
Nel febbraio '86 ml accorsi di
Sagrò Marianna - CZ madre, devi guarire pure la mia,
anche se ha novant'anni!•.
L'indomani, cosa Incredibile,
la ferita apparve perfettamente
asciutta e In via di cicatrizza-
zione.
Susanna 'A.ugello - AG
RINGRAZIANO
PER GRAZIE RICEVUTE
Ottoveglio Vincenza
Pellerci Luca
Perazzolo Santina
Famiglia Pavan
Petittl Domenica
Petrlni Maddalena
Pira Maria
Prato Luigia
Prono Mario
Racchelli Rita
Re Margherita e SIivia
Repello Giorgio
Rinaldi Antonia
Rolando Margherita
Rossi Enrichetta e Botta
Anna
Ruin Marisa
Sacchetta Aldo
Saltari Prima
Samele Nicola
Sappa Giuseppina
Famiglia Sarti
Scaglione Maria
Scribano Maria
Scotti Maria
Setti Vania
Severina Rosa
Sodano Giangrande Giu-
seppina
Sola Rosanna
Soprani Maria
$polli Anna
Spreafico Roberto
Stefanlzzl Elettra
Storace dott. SIivio
Tagliabue Attilia
Tallone Angela
Teddl Pasqualina
Torbol Carmela
Torrlglia Franca
Tonelli L.
Turinello Maria
Valente Roberto e Gra-
zia
Valli Fiorenza e Giovanni
Varacalli Filomena
Vecchio Rosa
Vender Maria
Vlgliocco Giovanni
Vlgo Giacomo
Viotti Luigina
Vommaro Seltimio
ZIiio Maria

5.2 Page 42

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SOLA BOLLATI alg.r■ MARIA, COO·
peratrlce saleaf■n■t Scalenghe
(TO) 863 &Mi
Mamma esemplare, cristiana con-
vinta. Passò gU ultimi anni della sua
vite nelle sofferenza con un male In•
curabile che le ridusse a una larva
umana.
Fino all'ultimo Istante ebbe la pre-
ghiera sulle labbra.
BELLAMIO alg.na SILVIA t Este a
79 anni
Vlvo cordoglio tra tutti I conoscenti
con speciale ricordo della sua tra-
sparenza e dalla partJcolare devozlo.
ne che nutriva verso M. Ausiliatrice e
Don Bosco.
MARRI GERMANA, cooperatrice
aalulana
Deceduta Improvvisamente In
Alessandria. Donne di lede, attenta
ad ogni bisogno delle persone che le
vivevano accento, cl ha Insegnato le
gioia di cnl si la tuno a tutti. li suo ri-
cordo. fattosi riconoscenza cl ri-
mane.
GIANNOTTI IOLE In CARRARA,
cooperatrice pleatana t Alessen•
drla a 61 anni
Deceduta in seguito ad un grave
Incidente automobltistlco. Coopera-
trice convinta, faceva parte del Con•
slgllo lspettorlale dalla Novarese ed
era responsabile dal Laboratorio
•Mamme Margherita•.
Sempre disponibile a tutta te lnlzla-
1ive dJ bene, lascia un esempio di vl1a
cristiana a di vara saleslanità.
SACCONE alg. GIUSEPPE coope.
retore Plesla.no t Pedova il 2 giu-
gno 1987
Quanti lo hanno çonoscluto hanno
certamente ammirato in lui: un cn-
stlano di autenlica e coerente lede;
un vero devoto di M. Ausilialrloe; un
fratello di grande disponibilità di ani-
mo e di cuore; un laborioso e a.lfet•
IUOSO padre di lamigtla.
Altratto dalla figura di S . G. Bosco
divenne un co,tante Coopeflltore
Salesiano, oriento e impregnò la sua
vita e le sue azioni dello spirito di
Don Bosco: nella fedeltà alle varie
riunioni, agli annuali corsi di Esercizi
Spirituali, a Gruppi di Preghiera. Alla
scuoladi D. Boscocrebbe e si svilup-
Il suo grande amore a M. Ausilia.
trlce.
Lo ringraziamo dei suoi esempi,
della sua preziosa testimonianze
umana e cristiana.
Z\\JMAGLINI cav. GINETTA, coope-
ratrice aalealana t a Vercelli
Cooperatrice della prima ora, pia a
caritatevole. Benenoò tutti con I doni
della sua cartollbferia, contenta di
essere ricordata nelle preghiere.
Il suo ricordo rimane Indelebile In
quanti la conobbero.
DELLA VALLE LUCIANO, cooper•
tora salesiano t Aleasandrla a 63
anni
t: I.ornatoalla casa del Padre, dopo
lunga e dolorosa malallla sopponata
con piena lucidità e cristiana adesio-
ne al volere di Dio.
SI è distinto per l'onestà della vita
e per lo zelo apostolico dimostralo
soprattutto nel 506legno fattivo alle
Opefe Parrocchlall.
Aveva per Don Bosco un amo,e
grandissimo e dll1usl110.
CORDERO GIUSEPPE cooperatore
plfftano t Plel ra Ligure a 75 anni
Frequentò l'Oratorio salesiano Ra-
baudengo di Torino fin dalla sua gio-
vinezza a finché la saluta glielo per-
mise.
La morta lo ha colto improwlsa•
manie per una brutta caduta, ma si•
curamante pronto nella sua profonda
fede.
CASELLA MARIA SPARTÀ t Il 14
settembre 1987
Donna di nobili virtù e di profonda
fede religiosa, deVotadella Madonna
Ausiliatrice e di 0on Bosco. I lìgh la
ricordano con Immenso affetto. certl
che dall'allo continuerà a vegliare su
di loro.
GORZEGNO alg. BIAGINO ex•
allievo e cooperatore salealano t
Cuneo a 76 anni
Nell'Oratorio S. Paolo dì Torino
visse la sua inlanzla, Anni che lasce-
ranno in lul una Impronta indelebile
per la sua formazione.
In seguito, lraslarìtosl a Cuneo, ri-
trovò nell'opera salesiana della clllà,
un punto di riferimento stabile. SI ra-
se Immediatamente disponibile ver-
so gli altri.
li suo impegno nel sociale lo ponò
a partecipare attivamente a molte
opere educative del suo ambienta.
Condivise con passione la voca-
zione salesiana e missionaria del fl.
gllo don Osvaldo.
LIDIA PIERINA SCOTTI t Costlgllo-
te (Al) a 85 anni
Ci '1ai donato, o Signore, un rlflas,
so dalla tua bontà con la silenziosa
testimonianza di allatto. di lavoro, di
pietà che cl ha ollarto sempre mam-
ma Pierina.
Accoglffa netta tua gioia, affidale la
custodia e la cura della nostra vita a
bontà.
ANIEUO rag. GATTO cooperatore
uleslano t Latina
Cooperatore a grande benefattore
era sempre presenta con la sua ope-
ra latta di generosità e di bontà. An-
che dopo la mona ha preferito opere
di bene al rituali fiori.
Lascia In tulll noi un ricordo e un
esempio di donazione ago altri pa-
gando anche di persona quando ara
necessario.
FEVOLA GIOVANNA In LUBRANO
cooperatrice Nlealana t Napoli a
76 anni
Cooperatrica.anwa, modello di v,la
Impegnata, moglie e madre esem-
plare, ha sempre affrontato, I non po-
chi dolori della vita, con splrllo di le-
de e di speranza.
Olsponiblle al bisogni del poveri al•
traverso li Laboratorio Mamma Mar-
gherita.
PONTEL MARIA In FEDE cooper•
tric• ululane t a 79 anni
Assidua nel parlectpare all'Euca•
restia. Donna dt fede profonda, rima-
sta sola, seppe affrontare le non po-
che sofferenza derivate da una ma-
lattia grave.
Prestava la sua collaborazlona
presso Il Laboratorio Mamma Mar-
gherita di Napoli,
FREDDI slg.ra MARIA ved. CLARI,
cooperatrice ed exallleva t Tromel-
lo (PVJ a 74 anni
Rimasta vedova gioYanissimi. lu
l'angelo tutelare del fratello e dalle
tre sorelle, ed ebbe la gioia di veder•
ne entrare una. auor Angela, tra le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice.
La sua 11ha fu caratterizzata dalla
devozione a Maria Ausiliatrice e a S.
Giovanni Bosco, sempre accompa-
gnata da lede profonda. Cooperalri-
ce salesiana. ricevette dalle manl di
D. Ricceri n diploma di zelatrice.
Operò come segretarla della loca-
le Unione Exallleva, partecipando
con impegno ad ognl attività e pre-
senziando alla giornate di splrl1uall1à
negli incontri a livello ispellorlala, I
quali erano per lei motivi di grande
gioia. Esplicò la sua attMlà di apo-
stolato anche come presidente par-
rocchiale delle donne di Azione Cal-
tollca, dimostrandosi sempre coeren•
le nelle scelle di vita.
li Signore la volle Improvvisamente
a sé, dopo che ebbe partecipato alla
Celebrazione Eucaristica, trovandola
cosi pronta alla chiamata con la lam-
pada accesa.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, nco-
nosciuta giuridicamente con OP del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avenla pe~
nalità giurldìca per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere L(Jf}all ed Erediti!.
Formule valide sono:
- se si tral\\11 d'un legato: ... lascio alla Direzione Generala Op&-
re Don Bosco con sede In Roma (oppure ali'Istituto Salesiano per
le missioni con sode in TorindJ a litolo dì legalo la somma nre...,
(oppure) l'Immobile sito in... per gU scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
cotarmente per l'esercizio del cullo, per la formazione del Clero e
del R&ngiosl, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se SI tratta Invece di nomtnare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro dei due Enll su indicati:
...annullo ogni mia precedente disposizione testamantsria. Nomi•
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede In Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
In Torino) lasciando ad esso quanto ml appanlene a qualsiasi titolo,
per gli scool perseguili dall'Ente, a particolarmente per l'esercizio del
cullo, per (a forrnailone del Clero e del Religiosi, per scopi miss,ona,
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e data}
(f/rma per disteso}

5.3 Page 43

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1 APRILE 1988 43
borse di studio
Borsa: Maria Ausiliatrice , •Salus ln-
flrmorum• ora pronobis, a cura di V.
Buffa, L 5.000.000
Borsa: Don F. Rinaldl, in memoria
di Suor Battaglino Maggiorina, a cu-
ra di N.N., L. 2.000.000
Borsa: Don Bosco, protettore della
famiglia, e per grazia ricevuta, a cura
di N.N.. L. 1.000.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura di
M.G., L 1.000.000
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
opere Don Bosco
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in ricordo del genitori
Pietro e Rosa, e per protezione sulla
famiglia, a cura di Zambelli Carla
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di una grazia, a cura di Genco Giu-
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Borsa: In memoria dei miaf defunti, a
cura di Ines Cavicchioll
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D'Aquanno Maria, a cura di Mons.
Vlncenzo Matrunola • Cassino
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gio di Sr. Pia Galli, a cura di una
Exallieva
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vanni Bosco, a cura di N.N., Riva-
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Borsa: Maria Ausiliatrice e s. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento e
protezione, a cura di A.A., L. 500.000
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vanni Bosco, invocando protezione,
a cura della Famiglia Terzago
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figlia nella scuola e nella vita-Grazie,
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sco, Domenico Savio, par grazia ri-
cevule e per protezione sul miei cari,
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vanni Bosco, implorando protezio-
ne, a cura dì Aiassa Natalina e Fami-
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conoscenza, a cura di F.G.T. • TO,
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vanni Bosco, in ringraziamento e in-
vocando protezione, a cura di Nicolo-
di Anita, L. 500.000
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lesiani, per protezione sulla famiglia
e in suffragio dei defunti, a cura di
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vanni Bosco, in memoria dei genito-
ri Albiod Carlo e Confalonieri Luigia,
a cura della figlia Luciana Pessina,
L. 300.000
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vanni Bosco, in memoria e suffragio
di Enzo Cagnassone, a cura della ve-
dova Caterina, L. 250.000
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moria e suffragio di Maestro Dante
Bononcinl, a cura della moglie Maz-
zoll Evelina, L. 210.000
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Seleslanl , in memorie di Sr. Angela
Barone, a cura di un Gruppo di Ex al-
lieve, L. 200.000
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della Famiglia Bettanl BG,
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vannl Bosco, implorando una gra-
zia, a cura di F.A., L. 150.000
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supplicando pro1sziona, a cura di
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XXIII, a suffragio df Lodovico Fonta-
na, a cura della mogl·e e del figli
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sco, In ringraziamento e per avere
protezione, a cura Doti. Prof. Clelia
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a cura di M. Luisa Ricatti
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lesiano Ferraris Pietro, a cura dei ni-
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vanni Bosco, invocando protezione
sulla famiglia di Laura Pasqua/etti e
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cura di Maria Berardi • Mestre VE
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menlco Savio, implorando una gra-
zia, a cura di C.G.
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grazia ricevuta e in attesa di altre, a
cura di Deha Bertalmio
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cura di Broardo Domenica
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gio di Fulvia Nogarotto, a cura del
marito
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sco, Domenico Savio, per grazia ri-
cevuta e da ricevere, a cura dì D'Ad-
da Adelaide
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sco, per protezione e aumento di fe-
de, a cura di Fiacca Agostino e Vera
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sco, Papa Giovanni, invocando pro-
tezione sulla famiglia, a cura di Bot-
tazzi Margherita • GE
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Salesiani, secondo intenzione, a cu-
ra di M.G., Vigone
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cura di Anna Porcedda
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occupazione, a cura di Migllavacca
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ria a suffragio dai miei genitori Cesa-
re e Natallna, a cura di Galli Teodora
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protezione suf familiari di Battezzati
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tezione su di me e sulla mia famiglia,
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gno e implorando protezione, a cura
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ni Serafino a protezione della faml-
glia, a cura di S.A.. Bellano
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nesta, a cura di Borgatello Angela
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Claudio Buonomo

5.4 Page 44

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