tutte le schiere delJe milizie celesti
cantiamo al Signore l'inno di glo-
ria; ricordando con venerazione i
santi, speriamo di ottenere un qual-
che posto con essi, e aspettiamo,
quale salvatore, il Signore nostro
Gesù Cristo, fino a quando egli
comparirà, nostra vita, e noi appa-
riremo a lui nella gloria.
• Necessità di promuovere l'edu-
cazione liturgica e la partecipazione
attiva. Tutti i fedeli vengano for-
mati a quella piena, consapevole e
attiva partecipazione alle celebra-
zioni liturgiche, che è richiesta dal-
la natura stessa della liturgia e alla
quale il popolo cristiano, «stirpe
eletta, sacerdozio regale, nazione
santa, popolo di acquisto» ha dirit-
to e dovere in forza del battesimo.
Si danno anzitutto indicazioni per la
formazione del clero, ma poi i pa-
stori d'anime curino con zelo e con
pazienza la formazione liturgica,
come pure la partecipazione attiva
dei fedeli , sia interna che esterna,
secondo la loro età, condizione, ge-
nere di vita e cultura religiosa, sa-
pendo di assolvere così uno dei
principali doveri del fede) dispensa-
tore dei misteri di Dio. Ed abbiano
cura di guidare il loro gregge in
questo campo, non solo con la pa-
rola, ma anche con l'esempio.
• È da preferirsi la celebrazione
comunitaria. Ogni volta che i riti
comportano, secondo la particola-
re natura di ciascuno, una celebra-
zione comunitaria caratterizzata
dalla presenza e dalla partecipazio-
ne attiva dei fedeli, si inculchi che
questa è da preferirsi, per quanto è
possibile, alla celebrazione indivi-
duale e quasi privata. Ciò vale so-
prattutto per la celebrazione della
messa e per l'amministrazione dei
sacramenti.
• Armonia di riti. 1 riti splenda-
no per nobile semplicità; siano
chiari nelJa loro brevità e senza
inutili ripetizioni; siano adattati
alla capacità di comprensione dei
fedeli né abbiano bisogno, general-
mente, di molte spiegazioni.
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li termine «liturgia»
Proveniente dal greco classico lei-
tourghia, in origine indicava l'iniziati-
va presa da un privato ( individuo o fa-
miglia) in favore del popolo, della cit-
tà o def/o stato.
Col rempo il vocabolo perdette il ri-
ferimento all'iniziativa privata per as-
sumere carattere di «opera» più o
meno obbligatoria resa allo stato o
agli dèi (servizio religioso) .
Nella traduzione in greco dell'antico
Testamento (scritto in ebraico), i tra-
duttori usarono il termine per indicare
il servizio religioso dei sacerdoti ( levi-
ti) di Israele. Divenne così un termine
«tecnico» che designava il culto pub-
blico e ufficiale, fatto nel tempio di
Gerusalemme e distinto dal/a preghie-
ra personale e privata.
Nel nuovo Testamento il termine
non è usato come sinonimo di «culto»,
a eccezione di At /3,2, per il fatto che
era troppo legato al culto ufficiale cri-
ticato, per il suo formalismo, da Gesù.
Presto il termine fu ripreso dalle
prime generazioni cristiane (I-III
sec.) spogliato da tutto ciò che lo le-
gava al culto dell'antico Testamento, e
usato per desiganre il culto nuovo fat-
to in spirito e verità e compiuto in Cri-
sto, per Cristo, con Cristo.
Procedendo lungo la storia, il tenni-
ne indicò sempre di più una serie di
norme e rubriche per regolare e svol-
gere il culto nef/a suaforma visibile: la
liturgia era così un complesso di ceri-
monie regolato in modo giuridico.
Nel secolo scorso e nel nostro si svi-
luppò un interesse particolare per la li-
turgia, e tramite studiosi dell'epoca
antica e uomini di preghiera, si risco-
pri la liturgia nel suo vero volto, oscu-
rato nel passato: la liturgia da norma
giuridica ritornava a essere atto di
lode fatto dalla Chiesa a Dio Padre in
Cristo per mezzo dello Spirito santo.
La liturgia divenne quindi UJ1 «ren-
dere presente e operante» il mistero di
Dio, reso visibile nella vita di GeslÌ e
messo a disposizione dei fedeli.
Il Concilio portò a maturazione
queste intuizioni.
Il culto celebrato dai cristiani
secondo la sacra Scrittura
Il Concilio nelle sue affermazioni
sulla liturgia si rifà af/e indicazioni che
ci provengono dafla Bibbia, recuperan-
do cosi il genuino e originario senso
del culto come era vissuto e celebrato
dagli uomini e donne dell'antico e del
nuovo Testamento.
a) Per l'antico Testamento notia-
mo:
1) Il culto è celebrato sempre dal
popolo (assemblea) (Es 19,5-6), la
litugia è espressione della fede del po-
polo e della sua storia con Dio, le feste
hanno sempre questi due riferimenti
( Pasqua = liberazione dall'Egitto;
Pentecoste = dono defla legge; Ca-
panne = cammino nel deserto ecc.).
2) Il culto sarebbe un insieme di
gesti formali e senza senso se non
fosse accompagnato dal cuore delle
persone, da una offerta di se stessi e
della propria vita ( 1Sam 15,22; Sir
35,1-10; Sai 50).
3) li culto è celebrato facendo me-
moria di un fatto passato, ma guar-
dando ai•anti, al futuro (a queflo che
Dio farà = Escatologia) ( ls 43,16-
21; 65,/7-25; ecc.) il dono dello Spi-
rito renderà possibile questo, il culto
futuro sarà donato dai tempi del
Messia ( Ez 36,26-36).
b) Per il nuovo Testamellto notia-
mo:
1) L'atteggiamento di Gesù che,
pur partecipando alle antiche usanze
( M c 2,23-28; 11,15-17; ecc.) procla-
ma il «suo» nuovo culto (Gv 4,23-24),
e obbedendo al Padre, trasforma la
sua vita in offerta sacrificale, in vero
culto a Dio ( Mc 14,36; Gv 12,28; Eb
10,5-10).
2) La Parola di Gesù, la sua mor-
te, la sua risurrezione, in sintesi il
«Vangelo», sono il fondamento del
culto cristiano. Per cui tutta la vita
dei crisliani, per il battesimo inseriti in
Cristo ( Rm 6), diviene un unico atto
di culto, o «sacerdozio santo» ( I Pt
2,5; Rm 12,1; JCor /0,31).
3) La comunità cristiana dei primi
secoli vive questa nuova realtà. Cristo
con la sua vita è il vero culto, lui è l'al-
tare, il suo corpo è il tempio, apparte-
nere a fui vuol dire trasformare la pro-
pria vita in un sacrificio dì lode a Dio,
come insegna san Paolo: «Vi esorto,
fratelli, per la misericordia di Dio, ad
offrire i vostri corpi come sacrificio vi-
vente, santo e gradito a Dio; è questo ìl
vostro culto spirituale>> ( Rm 12, I) .
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