Bollettino_Salesiano_198703


Bollettino_Salesiano_198703



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4 LETTERE DAL MONDO
di Don Egidio Viganò
20 VITA SALESIANA
Nasce il film su Don Bosco " contadino di Dio "
di Gaetano Nanetti
6 BREVISSIME
24 VITA SALESIANA
Una festa fuori dall'estate
Servizio redazionale
1O COMUNICAZIONE SOCIALE
Occupiamoci del futuro
di Pierdante Giordano
In copertina:
Mail
27 PROTAGONISTI
Un padre e un maestro sulle orme di Don Bosco
(Foto Archivio SEI - Ricatto)
(Servizio a pagg. 12-15)
12 PROGETTO AFRICA
i bisogni sono incomparabilmente più grandi
del nostri
di José A. Rico
1 FEBBRAIO 1987
ANNO 111
NUMERO 3
34 STORIA SALESIANA
Sotto l'acquazzone a discutere di franc hi e fio-
rini con Il cocchiere
Servizio redazionale
16 VITA SALESIANA
È salesiana la più grande chiesa di Varsavia
di Silvano Stracca
RUBRICHE
Lettere dal mondo, 4-5 - Pigy di Del Vaglio, 6 -
Cerchiamo di capire, 7 - Libri & altro, 32-33 - I no-
stri santi, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
. 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioanni - Eugenio Fizzotti - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, impaginazione è stam-
pa: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
* Il 15 del mese per I Cooperatori Sale-
slanì.
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do Il loro interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rlnaldlni) -
Via Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni naziona-
li e 18 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) in: Antllle (a Santo Domin-
go) - Ar~entlna - Australia - Austria - Bel-
gio (In fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Ci-
le - Cina (a Hong Kong) - Colombia - Ecua-
dor - Filippine - Francia Germania - Giap•
pone - India (In inglese, malayalam, tamil e
telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia -
Jugoslavia (in croato e in sloveno) - Korea
del Sud - Lituania (edito a Roma) - Malta
- Messico - Olanda - Paraguay - Perù - Po-
lonia - Portogallo - Spagna - Stati Uniti -
Thailandia Uruguay - Venezuela - Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi
lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di indirizzo: comunicare anche l 'In-
dirizzo vecchio.

1.3 Page 3

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- - - - - - - - ---s/1-
1 FEBBRAIO 1987 · 3
Atti di riparazione
Ho letto sul Bollettino Salesiano n. 13,
pervenutomi in questi giorni, nella ru-
brica «scriveteci.., le lettere di Flora
Marini di Roma e di Massimo Savio di
Torino, dalle quali ho appreso la scon-
volgente notizia delle «perverse ag-
gressioni» ai tre grandi santi S. Teresa
di Lisieux, Santa Maria Goretti (di es-
sa conoscevo il libro denigratorio:
«Povera Santa povero assassino») ed
ora al nostro Don Bosco.
Sono un exallievo del Collegio di Don
Bosco di Pordenone e specialmente
quest'ultima notizia mi ha particolar-
mente addolorato!
Già vi era stato il film di Goddard, bla-
sfemo e dissacratore, ed è giunta noti-
zia che in America, nell'Illinois, si sta
girando un film su Gesù di uno scan-
dalismo obbrobrioso e che mai, anche
dai peggiori nemici, si era osato rag-
giungere tanto che in molte città in Ita-
lia e In Europa si sono raccolte firme
per una protesta inviata al Procuratore
di quello Stato.
Siamo veramente di fronte a una cam-
pagna di dissacrazione dei valori più
alti, dei simboli e delle Persone più ve-
nerati della nostra Fede, a livello inter-
nazionale.
Chiedo, perciò, che si facciano atti di
riparazione specialmente in occasio-
ne delle celebrazioni del centenario
della morte di San Giovanni Bosco da
parte della Congregazione, degli exal-
lievi e Cooperatori.
AW. Alfonso Marchi, V.le Cassetti. 18
33170 Pordenone
A proposito del calendario
Scrivo per ringraziarvi del calendario
inserito nel numero di novembre. E vi
ringrazio doppiamente: innanzitutto
per la ventata di ottimismo e di spe-
ranza che esprimono tutti quei volti
giovanili e poi perché mi avete fatto
conoscere l'organizzazione dei sale-
siani in Italia.
Alberto Negrinr, Via Cavour, 18 Milano
Sentitamente ringrazio per il bellissi-
mo calendario ricevuto e porgo auguri
di ogni bene.
Ines Pastorino. Cso Ugo Bassi, 52 · Genova
Sono un exallievo del Testacelo di Ro-
ma e quest'anno per la prima volta
debbo protestare perché nel calenda-
rio non c'è spazio per scrivere. Vede,
caro direttore, il calendario, noi del ce-
to medio (sic!) lo mettiamo in cucina e
scriviamo sopra giorno per giorno le
scadenze o comunque le cose da ri-
cordare. Quest'anno mi avete tolto
questo piacere.
Le/tera firmata - Roma
Quest'anno il calendario non mi è pia-
ciuto. Perché non mettere belle imma-
gini sacre anche non salesiane?
G1anCarlo N. - formo
Ma perché togliere pagine al Bolletti-
no con l'Inserimento del Calendario?
È un vero peccato che il ritmo mensile
degli articoli debba essere interrotto.
Giulio Albm,, Lugano (Canton Tlcmo)
Veramente bella l'idea di dedicare il
calendario di quest'anno alle ispetto-
rie italiane. Sa che tante cose non le
conoscevo?
Lellera firmata - Roma
Accontentare tutti i lettori non é sem-
plice. È certo tuttavia il loro interesse
alla nostra rivista e non soltanto per
un fatto grafico o cromatico. Ovvia-
mente ogni scelta può essere ampia-
mente discussa ma possiamo assicu-
rare tutti che nel redigere il calendario
ogni anno ci sono diversi ingredienti:
innanzitutto il lavoro del salesiano li-
turgista don Trimeloni Ludovico che
prepara il «calendario» propriamente
detto, poi la scelta del messaggio che
si vuol trasmettere e quindi la scelta
dei mezzi: grafica, fotografia e testo.
Naturalmente il tutto è condizionato
dai destinatari - quelli del Bollettino
sono veramente tanti - e ... dai soldi
per i costi di stampa. Comunque pos-
siamo assicurare tutti i lettori che il ca-
lendario del 1988, centenario della
morte di Don Bosco, sarà veramente
da conservare. Contenti?
Se qualcuno vorrà dialogare con
m e troverà un gran peccatore...
Caro Bollettino Salesiano, sono un de-
tenuto nella casa penale di Alessan-
dria ma anche un exallievo di Don Bo-
sco.
Nell'Istituto di Novara sotto la direzio-
ne di don Ricceri prima e don Bosio
dopo ho conosciuto questo grande
Santo che m'è rimasto sempre nel
cuore. Per 46 anni sono vissuto senza
nemmeno immaginare si potessero ta-
re peccati di una certa gravità ma il 2
maggio del 1983 la mia mente è stata
stravolta da un qualcosa di più grande
di me ed ho commesso un omicidio.
La preghiera, il dolore continuo e le la•
crime mi hanno aiutato in questi anni
di carcere. La direzione mi vuole bene
ed i detenuti anche. Mia moglie e mia
figlia, grazie a Dio, mi stanno seguen-
do con grande Amore e comprensio-
ne. In questo grande e meraviglioso
disegno divino c'è stata ancora una
mano che è scesa fino a me per sal-
varmi .
Attualmente lavoro nella sartoria del
carcere e questo mi ricorda il buon Se-
ravalle Ferdinando mio insegnante
sarto di Novara.
Ogni mese ricevo il Bollettino Salesia-
no e in questo ultimo numero ho letto
della nascita del VIS. Sono contento di
questo nuovo organismo ma nel con-
tempo dispiaciuto perché non parlate
mai di detenuti o forse io non ne sono
al corrente. È un luogo di angosciante
sofferenza per chi sente il timore di
Dio ed è quindi un luogo dove le mani
tese sono sempre poche. lo almeno,
questa necessità la sento e anche tor-
te. Sarei contento di tenere una corri-
spondenza con qualcuno del VIS o al-
tro organismo salesiano per poi avere
un incontro nel carcere.
Se qualcuno vorrà dialogare con me
troverà un grande peccatore ma an-
che desideroso di incontrare la strada
di Gesù e non abbandonarla mai più a
qualunque costo. Chiedo scusa umil-
mente per questa mia intromissione e
ringrazio chi vorrà lasciarmi un piccolo
spazio e darmi una mano per reinse-
rirmi nella società esterna alla quale
qualcosa di buono ho dato e vorrei an-
cora dare. Vorrei abbracciarvi tutti con
vera e cristiana fratellanza umana.
Ugo Caldera. P.zza Go110. 11 - 15100 Alessandr,a
Caro signor Ugo, pubblichiamo la Sua
lettera certi che non soltanto qualche
Volontario entrerà in dialogo con lei
ma anche altri.
Purtroppo lo spazio nella nostra rivista
é tale che molti temi dalla rilevante va-
lenza sociale e umana fanno fatica ad
entrarvi.
È avvenuto cosi anche per i problemi
delle carceri. Nel corso dei prossimi
mesi vedrà che qualcosa faremo. Per
intanto La ringraziamo per averci sol-
lecitati in tal senso.
Si invitano i Lettori a non scrìvere letJere lun-
ghe e questo per favorire la p ubblicazione d,
più lettere e perciò una maggiore par1ecìpazio-
ne degli Slessl lettori.

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4 · I FE.BBRA/O 1987
Don Viganò
ci parla
OSSERVANDO IL
PANORAMA
DELLE RELIGIONI
La domenica è festa. Però, girando il mondo, si ri-
mane colpiti dal fatto che 0011 è così per tutti i popoli.
Nelle regioni islanùche la festa settimanale è il ve-
nerdì, e si vedono le moschee, le strade, le piazze pie-
ne di uomini che pregano.
T ra gli ebrei la festa è il sabato; a Gerusalemme, di
fronte al muro del pianto e nelle sinagoghe dei vari
paesi, si riuniscono i credenti in preghiera.
I numerosi popoli buddisti, shintoisti e seguaci di
Confucio non hanno propriamente un giorno settima-
nale di festa.
È vero che la domenica va conquistando terreno un
po' ovunque, ma non come giorno di significato reli-
gioso, bensì piuttosto come una pausa di riposo e di
divertimento. 11 «giorno del Signore» (questo è il si-
gnificato etimologico di «domenica») appare, di fat-
to, come una semplice sosta profana simpatica a tutti,
anche agli atei.
Partendo da questa facile osservazione, si può scor-
gere un panorama religioso tra i popoli che offre, al
viaggiatore attento, un ricco e complesso tema di ri-
flessione.
In Occidente colpisce il moltiplicarsi di sette religio-
se e la crescita dell'ateismo: questo fenomeno sembra
il segno della dissoluzione che accompagna una deca-
denza culturale. Chissà di che tipo risulterà la cultura
emergente?
In Oriente si rimane fortemente impressionati al ve-
dere come le grandi religioni non cristiane (il «Buddi-
smo» nelle sue varie espressioni, l'«lnduismo» e le
sue suddivisioni, il «Confucianesimo», il «Taoismo»,
e !' « Islamismo» con le sue differenziazioni) hanno
permeato dal di dentro le culture di quei popoli. Reli-
gione e cultura assai intimamente legate tra loro; e ciò
spesso si presta anche a strumentaliizazioni nazionali-
stiche e politiche.
'"
Se, poi, ci si detiene sconcertati a visitare le situa-
zioni di gravi sperequazioni sociali e l'emarginazione
spaventosa di molti cittadini, a considerare la condi-
zione umiliante della donna, le prepotenze di stato,
l' intolleranza verso le religioni distinte dalla propria,
i facili ricorsi <<sacri» alla violenza, viene spontaneo
pensare alla necessità di una urgente e radicale tra-
sformazione delle strutture sociali. Ma per questo bi-
sogna affrontare i problemi della cultura.
Si può dire che la condiz:ione ingiusta di tanti uomi-
ni fa emergere, in forma eclatante, la relatività delle
culture che la provocano.
La cultura non è un assoluto, è una creazione del-
l'uomo che intreccia tra loro, con differenti dosaggi,
valori e carenze; essa porta spesso con sé, di fatto, ta-
e riduzionismi che gli attuali segni dei tempi do-
vrebbero far esplodere. Risulta indispensabile oggi,
per tutti i popoli, rivisitare e rielaborare la propria
cultura alla luce della statura ormai raggiunta dall'uo-
mo e della dignità della sua persona.
Ma per iniziare questa rielaborazione culturale oc-
corre esaminare criticamente le Religioni. La Religio-
ne influisce, si voglia o no, sul nucleo centrale della
Cultura; certe credenze religiose fortemente incultura-
te stanno oggi dimostrando, per le loro conseguenze

1.5 Page 5

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- - - - - - -- - - s B-
I FEBBRAIO 1987 5
sociali, di essere davvero una specie di oppio del po-
polo.
È appunto meditando su questo panorama religioso
di popoli tanto numerosi che, mentre viaggiavo in ae-
reo dall'India e dalla Thailandia verso il Giappone,
mi venne di apprezzare in qualche modo la secolariz-
zazione. Non già il decadente secolarismo occidenta-
le, bensì i provvidenziali valori contenuti in questo
importante segno dei tempi, che bisognerebbe saper
portare a un ordinato processo di crescita.
l valori della secolarizzazione, infatti, acuiscono lo
spirito critico dell'intelligenza umana, esigono ogget-
tività, sottolineano l'importanza della dimensione
storica, fanno desiderare il confronto dei valori uma-
ni con le varie proposte religiose, aiutano a demitizza-
re ciò che è fantasia o superstruttura o superstizione o
moda caduca, e, particolarmente, a ripensare la mu-
tua implicanza tra le famose categorre -di « sacro» e
«profano».
Ora: la fede cristiana accetta questo confronto e ne
esce rafforzata nella sua oggettività di «storia della
salvezza». Le altre religiosità popolari, invece, rifug-
gono da tale confronto critico; ma presto o tardi do-
vranno pure sentirsi interpellati. Il cammino da per-
correre non è necessariamente quello dell'Occidente,
degenerato spesso in secolarismo. Ad ogni modo si
può pensare che il processo di secolarizzazione risulte-
rà benefico nello stesso Occidente; non tarderà, pen-
so, ad arrivare il tempo in cui, nelle attuali società se-
colariste ed atee, i valori della secolarizzazione muo-
veranno, paradossalmente anche se lentamente, lo
spirito critico dell'uomo a riflettere seriamente sul
non senso della negazione di Dio o della proclamata
prescindenza da Lui, tacciando di fatua e incocluden-
te certa superficiale moda di millantarsi come «non
credente» .
L'attuale panorama religioso dei popoli fa percepi-
re l'urgenza di una evangelizzazione che sia veramente
«nuova». I portatori della Buona Novella hanno pre-
so in conto anche il progresso scientifico per divenire
capaci di far crescere, nel dialogo, un giusto senso cri-
tico, e devono avere consapevolezza di essere media-
tori di una forza evangelica transculturale servendo
l'uomo nella dedizione della carità e illuminandolo sui
grandi eventi salvifici della storia, vissuti e fatti pre-
senti nei secoli da Gesù il Cristo.
Non a torto alcuni pensatori, osservando l'espan-
dersi del processo di secolarizzazione, credono che le
Religioni carenti di oggettività umana e senza spessore
storico troveranno nel futuro gravi difficoltà. La fede
cristiana, invece, è capace di confrontarsi, anzi di cre-
scere, di fronte agli impatti della critica scientifica.
Essa infatti non è una semplice elaborazione del senso
religioso umano (pur tanto positivo e indispensabile),
ma si presenta come la concreta iniziativa di Dio fat-
tosi personalmente presente nel divenire dell'uomo,
elevando la sua naturale dimensione religiosa a litur-
gia storica.
Dunque: i viaggi per il mondo possono anche dive-
nire un invito ad apprezzare la razionalità, le scienze,
lo spirito critico, per crescere, confrontandosi con es-
si, nella fede di Cristo!
don Egidio Viganò
1,1.NLIIIDIIIPIELllOl'CIO
---
-- -··•DIIOft't••·
s
Le aree colorate della cartina indicano le religioni professate dalla maggio-
ranza degli abitanti del luogo.
I numeri indicano alcuni Paesi dove l'una o l'altra religione costituisce una
minoranza rilevante.

1.6 Page 6

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6 · I FEBBRAIO 1987
BOLIVIA
copertina dell'elenco
telefonico venezuelano,
Salesiano muore
attraversando un fiume
stampare - sponsor la
Fundacion Pilar - una
edi7Jone per ragazzi della
D on Remo Prandini,
salesiano, 44 anni,
originario di
Lodrino in Valtrompia è
morto nella regione di La
Paz in Bolivia proprio nel
giorno di Natale. Don
Prandini - in Bolivia da
ben undici anni - stava
ponando doni il 25 dicembre
1986 - ai bambini di un
villaggio quando,
nell'attraversare un riume, la
passarella ha ceduto ed il
religioso è precipitato in
acqua annegando.
Nella foto:
la signora Leonor.
mondo. I suoi principi
statutari poggiano su
profonde motivazioni
religiose. Le Socie poi hanno
una particolare devozione a
Maria Ausiliatrice e a san
Giovanni Bosco e mettono il
loro prestigio sociale a
servizio dell'apostolato e
della promozione umana.
L'Associazione si è distinta
particolarmente nel campo
dell'assistenza medico-
sanitaria ed a sostegno di
opere periferiche.
La signora Gimènez de
Mendoza - Tita per le
amiche - anima e dirige
vita di Don Bosco e
diffonderla ampiamente
anche grazie all'aiuto di spot
televisivi. Grazie sempre a
questa sponsoriz1.azione
verranno prodotti e
proiettati alla televisione
nazionale alcuni documentari
dedicati alla vita della
famiglia salesiana.
ITALIA
Cinecircoli in Assemblea
<< I giovani e lo
spe~tacolo in una
SOCLetà
condizionata dalle nuove
VENEZUELA
Leonor Gimènez de Mendoza
presidente delle
Damas Salesianas
L a signora Leonor
Gimènez de Mendoza
è stata riconfermata
presidente dell'Associaci6n
Damas Salesianas del
Venezuela.
Nata oltre venticinque anni
fa questa associazione voluta
dal salesiano don Miguel
Gonzàles a sostegno
dell'opera salesiana sulla scia
delle benemerite Darne
Patronesse, grazie
all'impulso e al dinamismo
cli questa donna riuscita a
darsi una organizzazione
veramente notevole. Pur
essendo radicate nello spirito
salesiano le Damas
Salesianas rappresentano
oggi una associazione
.
giuridicamente autonoma da.i
salesiani e punta a
diffondersi in tutto il
questa associazione ormai da
diciotto anni. Educata nei
migliori College d'Europa
dove il padre ebbe diversi
incarichi diplomatici, la
signora Leonor è sposata
con Lorenzo Mendoza,
proprietario dell'industria
Polar che produce la più
diffusa birra venezuelana.
Madre di sei figli e donna
profondamente religiosa è
convinta che bisogna mettere
a servizio del prossimo i
propri talenti.
Lei lo fa dicono con
tecnologie della
comunicazione)) è il tema
che ha ispirato l'Assemblea
Generale den·Associazione
CGS (Cinecircoli Giovanili
Socioculturali), svoltasi a
Roma il 4-5 gennaio 1987,
traendo motivo di dibattito e
di progettazione per il nuovo
anno dal recenre Convegno
dell'UPS. Erano presenti
quasi cento rappresentanti
degli oltre 200 cinecircoli
operami in Italia.
L'Assemblea si è presentata
particolarmente vivace per
simpatia, femminilità, carità l'attenta lettura che
e salesianità tutti attributi
l'Associazione ha fatto di se
DIO CREO' CuOM.D
Pr SUA IMMAC:{-INé
E. SOMl<xLIAN~A.,,
questi essenziali per chi
dirige una associazione di
donne. A chi accusa
stessa e della propria attività
che, soprattutto nell'anno
appena concluso, ha
l'associazione di voler
incontrato positiva e
«zittire la coscienza» con
decisione e sorridente Tita
risponde: «Per zittire e
tacitare la propria coscienza
non è necessario occuparsi di
migliaia di ammalati né
preparare migliaia di giovani
ad una vita futura
é PPVR/i CEJ:Tli CIOtTli
HOH 5/ D!teGB-
813 PJZoPRJo•..
produttiva né formare nuove
"damas" in ogni parte del
mondo)).
Per l'anno centenario della
morte di Don Bosco le
Damas hanno preso alcuni
impegni che certamente
riusciranno a concretizzare:
dedicare una stazione della
metropolitana a Don Bosco,
far emettere un francobollo
commemorativo, far
dedicare a Don Bosco la
Nella foto:
Copertina Mensile CGS.

1.7 Page 7

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- - - - - - - -- - -#
riconosciula presenza
soprauutto nell'ambito del
confron10 con le altre
associazioni cuhurali, presso
l'AGIS (associazjone deUo
spellacolo) e il Ministero del
Turismo e dello spettacolo
TS. Tra le iniziative che
hanno fano apprezzare la
presenza dei CGS: l'affollata
Tavola Rotonda sull'art. 28
(che favori~ce la presenza dei
nuovi aulori, soprauuno
giovani, nella produzione
cinematografica), la
presentazione dell'indagine e
della riflcs~ione sul rapporto
cinema e ragazzi richiesta dal
Consiglio d'Europa
(illustrata a Firenze in
occasione delle iniziative per
«Firenze capitale della
cultura»). la produzione e
diffusione di 3 antologie
filmiche sul tema della Pace
(impegnativa iniziativa a
raggio nazionale che ha
portato a confezionare 3
raccolte dei migliori films
d'animazione presenti nel
mondo con tanto di catalogo
illustrativo e interessante
sw.siclio didattico per
favorire la ricerca, la
discussione e
l'approfondimento
all'interno dell'attività
scolastica). Un grosso
èmpegno editoriale ha
accompagnato anche il
cammino dell'associazione
attraverso un «Notiziario
CGSil che favori~cc
collegamento,
mentalizzazione e
orientamento nella attività
cuJturale dei vari CGS.
L'Assemblea ha evidenziato
anche i problemi che
insorgono per la fragilità
organizzativa di fronte al
peso e al cumulo di impegni
che ormai l'Associazione sta
assumendo come animazione
culturale all'interno delle
opere salesiane e nel dialogo
con le isrituzioni pubbliche e
le altre associa.doni attive
nell'ambito della cultura e
deUo speuacolo...
L'Assemblea si è conclusa
con un richiamo al futuro e
un rinnovato impegno ad
intervenire nella realtà
giovanile con un chiaro
progeuo cultu1 aie ispirato al
sistema educativo di don
Bosco.
\\ erso un nuovo statuto della
Confedenuione Mondiale
degli exaJlievi di don Bosco
e on leuera deU'8
dicembre 1986 il
presidente mondiale
degli Exallìevi ha annun,dato
che lo Statuto degli Exallievi
verrà rivisto alla luce dei
nuovi orizzonti aperti ai laici
dal Concilio Vaticano Il e
dagli ultimi Capitoli generali
della Congregazione
Salesiana.
Con la stessa lettera
Giuseppe Castelli ha
annunziato la commissìonc
che assistita dagli esperti
dcli'Università Salesiana
(proff. Juan Picca, Tarcisio
Bertone, Donalo Valentini)
dovrà elaborare il nuovo
testo.
Essa è presieduta dall'Avv.
Nino Magnano cli S. Lio -
recentemente nominato vice
presidente della
Confederazione Mondiale ed
è composta dal delegato don
Charlcs Cini, dal segretario
generale doll. Tommaso
Natale, dall'ex presidente
confederale on.le dott. Jos~
Gonzales Torres, dal giudice
Giovanni Viarengo, dal don.
Francesco lelmini e dal dott.
Paolo Monguzzi.
Il cammino per il nuovo
Statuto - ha scritto fra
l'altro Giuseppe Castelli -
richiede la collaborazione e
la responsabilità cli tutli gli
exallievi specialmente di
coloro che hanno tanta
esperienza a liveUo
dell'associazione. Già da
tempo del resto - afferma
ancora Castelli - si sentiva
il bì~ogno di intraprendere
questo lavoro difficile e
delicato che deve e~ere fatto
con tanto amore verso Don
Bosco, tornando alle fonti e
alle origini deUa storia
salesiana ma anche tenendo
conto dei ~egni dei tempi,
della nuova dinamica di
associazionismo e degli
orizzonti aperti dal
Vaticano li e dai documenti
salesiani. Da tutti si auspica
che il nuovo Statuto
dcli'Associazione possa
essere promulgato a
conclu5ione dell'anno
centenario della morte di
D011 Bosco.
1 FEBBRAIO 1987 7
erchiamo di capire
I giovani manifestano, protestano, propongono, preten-
dono. A questo ci hanno abituato nelle ciuà, nelle universi-
tà, nelle piazze di paesi e nazioni distanti fra loro geografi-
camente e in situazioni politiche e sociologiche molto diver-
se. Lo hanno fatto in Algeria, in Italia, m Spagna, in Fran-
cia, in Belgio, in Cina, in Germania Ovest, in Cile; con esiti
differenti e non sempre con successo, ma nell'intenzione di
far sapere che sono vivi. Quel risveglio delle masse giovanili
è stato, a nostro parere, uno dei pochi elementi positivi che
hanno attraversato il 1986, anche percl1é è stato accompa-
gnato da una domanda di valori e non soltanto dall'esigenza
- tanto diffusa, per esempio, nel mitiaato '68 - cli di-
struggere l'esistence, addirittura nell'illu~ione che, con la
violenza, si potes5e costruire un mondo migliore.
Se riusciamo quindi a capire quella domanda di valori
possiamo forse guardare al futuro con minori preoccupazio-
ni. Le nuove genera,doni del 1986 non hanno infatti chiesto
in linea generale di abbauere i vecchi edifici istituzionali , le
strutture societarie - queste e quelli non sempre da buttar
via - , ma di adattarli alle attese comuni. Una concezione
della scuola meno selettiva e più formatrice, hanno deno gli
studenti francesi, spagnoli, italiani. belgi; una riconsidera-
zione più severa del patrimonio religioso dell'Islam, i loro
coetanei algerini; un più accentuato rispello della natura,
magari con qualche disordine, era l'esigen,.a dei ragazzi te-
desco occidentali e, con minore eco sulla stampa, in alcuni
paesi dell'Est europeo; una apenura di dialogo hanno
espresso a gran voce gli universitari cinesi, come avvio verso
un processo di democratizzazione; e i giovani cileni sono
scesi sulle strade per invocare precise nchieste di libertà e dt
riwrno alle istituzioni rappresentative eliminate dalla ditta-
tura militare.
Accanto a que~to, registriamo altri elementi. Il rafforza-
mento nelle coscienze e nelle comunità più mature (anche se
qui dobbiamo limitarci alle società definite come sviluppate
e per le quali sono disponibili riscontri oggeuivi in indagini
e inchieste} di un recupero dei valori affettivi; fedeltà matri-
moniale, senso della famiglia, rispetto della vita, sacralità
della persona e della dignità umana, acceuazione deUa di-
mensione religio~a. Il fenomeno, naturalmente, è ancora da
considerare ristretto, perché le controprove - dalla diffu-
sione della droga e della delinquenza all'abuso del sesso e al-
la violenza fine a se stessa - sono numericamente prepon-
deranti. Per un certo tempo, tuttavia, queste ultime sono
passate come idee dominanti, mentre ora le minoranze atti-
ve e motivate costituiscono l'esempio e l'inizio di forze trai-
nanti che sta a noi, a lutti noi, giovani e adulti, di Lradurre
in costumi e abitudini morali per radicare insieme, nella so-
hdarietà e nella pace, le basi di un terzo millennio che, giu-
stamente, appartiene di più a quelle generazioni che oggi
manifestano, protestano, propongono, pretendono.
Angelo Paoluzi

1.8 Page 8

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8 · 1 FEBBRAIO 1987
E vissero felici e contenti
A ndrea Balestri e
Lorella Cirri il 30
novembre 1986, nel
giorno onomastico dello
sposo hanno pronunciato il
loro «sì» nella Chiesa di San
Giovanni Bosco al quartiere
Cep di Pisa. Potrebbe essere
una quasi banale notizia di
tutti i giorni ma non lo è dal
momento che Andrea
Balestri è il Pinocchio del
film televisivo di Comencini.
Chi non lo ricorda? li
Pinocchio televisivo, avrebbe
voluto che la cerimonia si
fosse svolta in tutta
riservatezza, non ha potuto
invece nascondersi. E la
bella chiesa, opera
dell'architetto fiorentino
Italo Gamberini, era al
limite della sua capacità
ricettiva. Non c'erano le
personalità del cinema che
con Iui dettero vita al
burattino di Collodi, ma
c'era tutto il popolo del
villaggio Cep dove gli sposi
hanno vissuto fin dalla loro
infanzia e che all'uscita li ha
sommersi in un
beneaugurante uragano di
riso; c'erano le televisioni,
c'erano i fotografi dei più
importanti quotidiani, riviste
e agenzie.
Al Cep si sono conosciuti,
hanno giocato, hanno
frequentato l'oratorio
salesiano, hanno lavorato
insieme al supermercato
dove è esploso il loro amore
INella foto:
I coniugi Balestri al
momento del loro «st..
dinnanzi al salesiano
don Baldan.
e al Cep hanno voluto
sposarsi, officiante il loro
parroco don Gastone Baldan
che li ha sempre seguiti e
indirizzati verso la strada
maestra della vita. «Mi
avevano detto di andare a
sposare in una chiesa più
importante - ha confessato
Andrea - ma non mi hanno
convinto. Ho voluto sposare
nella mia chiesa che ~ la più
bella di tutte».
È arrivato per tempo in
chiesa ma la sposa si è fatta
aspettare; un caloroso ed
affettuoso applauso l'ha
accolta quando si è
presentata acc-0mpagnata dal
nonno materno, Libero
Sereni, essendo orfana di
padre. È apparsa come una
fatina da fiaba: capelli neri,
occhi neri che sprizzavano
felicità, senza bacchetta
magica e senza abito
azzurro: un bell'abito bianco
di taffettas di raso con fiori
ricamati in paillettes, manica
stretta a guanto, corpetto di
tulle, acconciatura in
paillettes sulla parte sinistra.
Andrea: giacca scura,
pantaloni grigio scuri con
una leggera banda, cravatta
a farfalla a fantasia. Il coro
dei giovani del «20 + del
quale faceva parte anche
Andrea hanno cantato
motivi sacri. Don Baldan al
Vangelo ha avuto per gli
sposi parole di augurio e di
speranza invitandoli alla
fiducia nel Signore che ha
permesso ad Andrea di
realizzare la più bella favola
del mondo e che può
rimanere un insegnamento
anche per tucri.
Ora gli sposi andranno ad
abitare a Marina di Pisa.
Dopo il viaggio di nozze, la
Lorella al suo lavoro al
supermarket, Andrea al
Lavoro di muratore con un
parente per terminare di
imparare il mestiere avendo
intenzione di dare vita ad
una impresa edile propria. [I
cinema don Bosco al Cep, in
onore degli sposi, ha
proiettato il film
« Pinocchio»: c'era una
volta... comincia quella
favola . Potrebbe chiudersi
ora: c'era una volta un
burattino che è diventato un
vero uomo ed ha cominciato
con la sua sposa un'altra
vita molto più bella.
familiarmente don
Convertioi.
Erano presenti, tra gli altri,
il senatore Mezzapesa, il
vicario ispettoriale salesiano
don Varrà, il sindaco, il
parroco e presiedeva
l'arcivescovo di Brindisi
monsignor Todisco.
li 7 dicembre, popolo e
autorità partecipavano
all'inaugurazione di una
nuova piazza intitolata a don
Francesco Convertini.
NtcOU. ,A.LNIIANO
nbel trar,lofiorisce
DON FRANCESCO CONVERTINI
mlulonarlo ulnlano
Nella foto:
La copertina del libro.
Mario Barsali,
(11 Tempo, I/ I2/ 1986)
I.ocoroto ndo ricorda don
Francesco Convertini
N ei giorni 6 e 7
dicembre 1986 la
comunità civica ed
ecclesiale di Locorotondo
(Bari) ha vissuto momenti di
particolare intensità emotiva
e spirituale commemorando
un suo figlio: don Francesco
Convertini, missionario
salesiano, nel decimo
anniversario della sua
scomparsa, avvenuta a
Krishnagar (W. Bengal -
lndia) I' 11 febbraio 1976.
Nell'auditorium comunale
gremito all'inverosimile
sabato 6 dicembre il
professor Giuseppe Guarella
ha presentato il volume
«Anche il fragno fiorisce»,
frutto della appassionata
ricerca storica di don Nicola
Palmisano sulla straordinaria
figura di Father Francis,
come era chiamato
Nella stessa, una lapide,
scoperta dal sindaco e
benedetta dall'arcivescovo,
lo ricorda così: «... visse 50
anni in India, testimoniando
Cristo, nel dono di sé,
amato da un popolo di indù,
musulmani e cristiani,
esaltando le virtù contadine
della nostra gente».
Anche Cisternino, Fasano,
Bari, Brindisi, Foggia si
accingono a celebrare la
memoria di questo
missionario dalle mani nude
e laboriose, sprovvisto,
amicale, mite, capace di
allegria come un contadino
delle sue contrade, convinto
di ricevere più di quanto
dava come un bambino.
Contemplativo del suo Dio e
sollecito amico degli uomini,
Francesco è stato capace di
seminare speranza nella
comunione liberante della
carità, in cui ha fatto
presente la verità cristiana
negli umili cammini
dell'esodo umano nella
sterminata pianura
bengalese.

1.9 Page 9

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A Sesto i giovani incontrano
la natura
e on il patrocinio del
comune cli Sesto S.
Giovanni e la
sponsorizzazione di alcune
aziende locali, i ragazzi della
scuola media salesiana con la
guida di don Tarcisio
Meroni dal 30 ottobre al 16
novembre 1986 hanno
realizzato una singolare
mostra divenuta - a detta
dello stesso sindaco della
città Fiorenza Bassoli - «un
punto di riferimento per
tulle le scuole cittadine».
E del resto non succede tutti
i giorni che una mostra
coinvolga oltre tremila allievi
di 145 classi cittadine.
La mostTa presentata ha
avuto come tema: i giovani
incontrano la natura, fiori,
api, farfalle. Un tema svolto
con estrema facilità dai
ragazzi della scuola media
salesiana di Sesto dal
momento che questa scuola
da oltre un trentennio si
distingue per una particolare
auenzione a tale argomento
incoraggiando ricerche che
hanno meritato a molti suoi
alunni ambiti premi
nazionali e internazionali
come quelli ottenuti ai
concorsi «Philips» su
«L'universo-APE».
In occasione della mostra è
stato anche pubblicato un
libretto-sintesi che raccoglie
tutte le iniziative che la
scuola ha svolto in questi
ultimi trent'anni.
La scuola di viale Matteotti
a Sesto è sicuramente la più
premiala d'Italia per le
scoperte e le ricerche in
campo scientifico e
sull'ambiente e la
partecipazione a diversi
concorsi nazionali ed
internazionali, presentando
di volta in volta ricerche su
vari terni: droga, il casco
obbligatorio, il problema
dell'autodromo di Monza, i
giovani e l'Europa.
I ragazzi della scuola media
sestese hanno sempre
lavorato sono la guida di
don Tarcisio Meroni: «Ho
sempre avuto la fortuna di
avere con me giovani
volenterosi che hanno
risposto ad ogni
sollecitazione - ha detto
don Meroni -. Sono tanti
gli argomenti affrontati in
trent'anni cli attività e sono
tanti anche i successi, alcuni
addirittura storici».
Tra le molte scoperte da
segnalare spicca quella del
miele inquinato: era il 1975
quando per panecipare al
concorso Philips i giovani
studenti effettuarono una
ricerca sulle api e sul miele
scoprendo presso un
agricoltore sestese che
operava vicino agli
stabilimenti della Falck il
cosiddetto miele nero; si
trattò anche di una scoperta
che ebbe un grande risalto,
anche perché venne appurato
che le stesse api erano in
grado cli far notare se il
miele era puro oppure no.
Un altro episodio riguarda
l'invenzione del cambio
sincronizzato per le biciclette
da corsa dell'84: Marco
Biddao, allora tredicenne,
I Nella foto:
Una scolaresca in
visita allo stand delle
farfalle .
I Nella foto:
Uno dei «presepi»
esposti.
preparò il cambio
presentandolo alla dina
Campagnolo ma non venne
mai brevettato; un anno
dopo lo stesso cambio fu
visto applicato ad una
bicicletta giapponese. In
occasione del Marco Polo
televisivo nell'83, la Rai
preparò un concorso dal
ti1olo «Al di là della Grande
Muraglia»: su trentamila
partecipanLi vinse Roberto
Astesani, studente di terza
media della scuola sestese.
E ancora ne11'85 al concorso
internazionale <d giovani
incontro all'Europa» su
migliaia di partecipanti
vennero premiati cinque
ragazzi dei salesiani.
(<Benlornato Presepio» al
Borgo Ragazzi Don Bosco dj
Roma
e on una mostra di
cinquanta presepi e
còn cinquanta poesie
scelte fra le moltissime fatte
pervenire, i salesiani del
Borgo Ragazzi D. Bosco di
Roma sono riusciti a
polarizzare l'attenzione del
loro quartiere sull'opera
salesiana in occasione del
natale I986.
L'invito rivolto alle scuole
elementari e medie del
quartiere ha avuto una
risposta corale e sono state
presentate suggestive
creazioni artistiche eseguite
con materiale tra il più vario
e originale.
t FEBBRAIO 1987 9
Accanto ai ragazzi hanno
lavorato in umile
atteggiamento di
collaboratori genitori ed
insegnanti: i risultati sono
stati davvero eccellenti.
Anche perché i piccoli artisti
sono riusciti ad essere
provocatori ponendo
l'accento su quei valori,
quali la pace, la solidarietà,
la fraternità, il rispetto
reciproco, che a noi adulti
sembra siano stati messi da
parte.
Molto risalto è stato dato
all'incontro del Papa ad
Assisi con le varie religioni.
Concerti di solidarietà a
Verona
I I terremoto cli El
Salvador non ha
lasciato indifferente la
Famiglia Salesiana.
Fra le tante iniziative sono
da ricordare «i concerti»
promossi dalle « botteghe»
del centro di Verona con il
patrocinio del Comune di
Verona, il quotidiano
L'Arena e La Cassa di
Risparmio di Verona,
Vicenza e Belluno.
La manifestazione - si è
svolta dal 17 al 22 dicembre
1986 - oltre ad aver
prodotto un discreto aiuto in
milioni alle opere salesiane
cli El Salvador, ha dato
anche la possibilità
ali'ispettore salesiano don
Giovanni Fedrigotti,
appositaruente invitato, di
parlare delle opere salesiane
nel mondo.

1.10 Page 10

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_ COMUNICAZIONE SOCI ALE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
10 · I FEBBRAIO 1987
Il convegno dell' UPS
0 CCUPIAMOCI
Il tradizionale convegno d'inizio
d'anno organizzato a Roma
DEL
dall'Università Salesiana ha
riproposto all'attenzione della
FUTURO
Famiglia Salesiana le
provocazioni delle nuove
«Se la trasformazione
tecnologie.
sociale non è prodotto di illumina-
zioni storiche ma dell'impegno di
tutti nella vita quotidiana; se la stra-
da da seguire non è segnata una tan-
tum come frutto di ideologie o pote-
ri costituiti ma è da ricercare dipa-
nando continuamente le ambiguità
del reale; allora è evidente che lo
sviluppo ed il futuro deUa società
italiana non sono legati a modelli da
recepire e da applicare, ma alJ'in-
tensità ed al senso delle trasforma-
zioni che noi tutti insieme riuscire-
mo a portare avanti». Così Giusep-
pe De Rita, direttore del CENSlS,
introduceva dieci anni fa il Conve-
gno «Evangelizzazione e promozio-
ne umana». Restano considerazioni
che potrebbero costituire la lettura
di fondo dell'annuale Convegno
promosso dall'Università Salesiana
di Roma.
Quest'anno è toccato alla Facoltà
di Scienze dell'Educazione fornire il
tema e allestirne i momenti di svi-
luppo. La scelta è caduta su «Do-
manda di educazione e nuove tecno-
logie della comunicazione». Un ar-
gomento di grande attualità e di
pressante problematicità, soprattut-
to per chi avverte vocazione educa-
tiva, responsabilità pastorale, con-
sapevolezza di presenza attiva e
umanizzante nel contesto di una so- è costituito nel gran corpo planeta- colonizzazione che concerne l'ani-
cietà fortemente condizionata e ca- rio: parole e immagini sciamano ma, progrediscono nel corso del XX
nalizzata dalla prepotente presenza dalle telescriventi, daUe rotative, secolo. Attraverso di esse, si effet-
dei mezzi di comunicazione sociale dalle pellicole, dai nastri magnetici, tua quel progresso ininterrotto della
che oggi hanno assunto il volto fa-
scinoso e accattivante di sofisticate
tecnologie ad alto tasso di capacità
di convinzione e di formazione del-
!'individuo e dell'intera società.
«Un prodigioso sistema capillare -
dalle antenne radio e televisive; non
c'è molecola d'aria che non vibri di
messaggi che una macchina, un ge-
sto, rendono immediatamente udi-
bili e visibili. La seconda industria-
lizzazione, che è ormai l'industria-
tecnica, non più soltanto diretta alla
mganizzazione esterna, ma volta a
penetrare l'interno dell'umano e a
versarvi merci culturali». L'allarme
dello studioso francese è diventato
problema di coscienza e inquietudi-
scriveva vent'anni fa E. Morin - si lizzazione dello spirito, la seconda ne di fronte allo sviluppo che la tee-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - - - - - - -# -
oologia della comunicazione ha re-
gistrato in questi ultimissinù anni.
«È successo quello che pochi osava-
no prevedere - scriveva "Panora-
ma" due anni fa introducendo
un'analisi della cultura italiana at-
tuale. Nel momento in cui la società
dell'informazione sta trasformando
i1 mondo in un'immensa ragnatela
comunicativa e la cultura si accinge
ad assumere la cittadinanza plane-
taria, l'intellettuale degli anni '80
appare disorientato dalla prospetti-
va del grande salto. E nel suo futu-
ro, vaghi appelli al "secondo Rina-
scimento" si intrecciano a fosche
profezie». È la tensione che ci è
sembrato di cogliere nel corso del
Convegno presso l'Università Sale-
siana. L'ingresso massiccio delle
nuove tecnologie, che ha radical-
mente trasformato lo scenario entro
il quale si svolge la comunicazione
umana con i conseguenti risvolti di
rapporti sociali, di identificazione
personale, di realizzazione della vo-
cazione umana, ha già provocato
profonde ristrutturazioni sociali e
culturali e ha posto drammatiche
sfide a chi fa professione di volontà
educativa o pastorale. L'intento era
quindi di far superare i1 rischio del
«disorientamento», offrendo i pa-
rametri essenziali per una lettura
realistica e coraggiosa del nuovo fe-
nomeno sociale in cui siamo immer-
si e linee di orientamento per impo-
stare un'azione educativa e pastora-
le che aiuti a superare la tentazione
costante di schierarsi tra gli «apoca-
1-ittici» o tra gli «integrati».
Quanto mai opportuna e tempe-
stiva l'iniziativa dell'Università Sa-
lesiana, cui ha aderito, per l'aspetto
organizzativo e per l'accentuazione
di alcune tematiche anche l'Asso-
ciazione nazionale CGS, attenta ai
fenomeni culturali collegati alla co-
municazione sociale. Iniziativa che
ha trovato interessata risposta fra
quanti operano nell'area educativa.
«Occupiamoci del futuro: là do-
vremo passare i1 resto delJa nostra
vita», ammiccava dagli autobus di
Roma un manifesto di un partito
proprio un anno fa. È i1 caso di ri-
petere l'invito. Con la coscienza che
il futuro è già presente. Ciò che era
tema di previsione, di immaginazio-
ne, di probabilità, in questo vorti-
coso succedersi degli anni '80, è di-
ventato quasi improvvisamente
realtà. Quasi non ce ne rendiamo
conto. «In dieci anni l'informatica
degli scienziati è diventata quella di
un bambino» ha esclamato il pre-
mier francese Fabius, inaugurando
la mostra del SICOB alla fine
dell'84. E aveva ragione. L'altra
metà degli anni '80 irrompe, con il
seguito di innovazioni tecnologiche,
che porteranno profondi cambia-
menti sulla «qualità» della vita: sul
modo di lavorare, di conoscere, di
apprendere, di divertirsi, di comu-
nicare, di pensare, di organizzare i1
tempo libero, di determinare i valo-
ri ... È una sfida «culturale», prima
che economica. Lo attesta la preoc-
;upazione dei grandi centri di pote-
re tesi in una spasmodica corsa ad
occupare posizioni di primato, per
controllare e gestire le agenzie ed u-
cative e di opinione. Ormai l'hard-
ware (la struttura, la macchina) vie-
ne a coincidere sempre più stretta-
mente con il software (i contenuti, i
«programmi» che la macchina am-
ministra). L'orientamento è quello
descritto da McLuhan: «il medium
è il messaggio» e la nuova civiltà
tecnologica, sapientemente edotta
sui propri poteri, ne trae i più ampi
vantaggi. L'irruzione prepotente
delJe nuove tecnologie della comu-
nicalione chiede, quindi, sensibilità
ed attenzione per analizzare nuove
domande di educazione poste in
particolare alla famiglia, alla scuo-
la, alle associazioni, alla Chiesa.
Non si tratta di «falsi problemi» o
di questioni di scarso interesse. Suo-
na opportuno L'invito espresso dal
Rettor Maggiore dei Salesiani, don
Egidio Viganò, diffuso attraverso
una sua lettera del 1981: «Se noi og-
gi vogliamo davvero educare ed
evangelizzare non possiamo proce-
dere come un tempo, prescindendo
dagli impatti della comunicazione
sociale, come se non ci fossero; al
contrario siamo invitati ad inserirci
nelle nuove situazioni, ad accettare
il nuovo tipo di ragazzo e di società,
ad immergerci in essa con coraggio
e piena disponibilità e con la creati-
vità di don Bosco» (Atti C.S. n. 302
pag. 16). «Don Bosco - prosegue
don Viganò - ci aveva lanciati pro-
feticamente all'avanguardia». Il
Convegno dell'UPS ha avuto il me-
rito di orientare criticamente l'at-
1 FEBBRAIO 1987 · 11
tenzione su un problema che si inne-
sta in una delle preoccupazioni
educativo-pastorali più caratteristi-
che della tradizione salesiana e di
Don Bosco stesso («Fu questa -
scrisse don Bosco il 19/3/1885 rife-
rendosi alla stampa - una fra le
precipue imprese che mi affidò 1a
Divina Provvidenza, e voi sapete
come io dovetti occuparmene con
instancabile lena, nonostante le mil-
le altre mie occupazioni» e conclu-
deva: «Vi prego e vi scongiuro
adunque di non trascurare questa
parte importantissima della nostra
missione»). C'è da sperare che l'ini-
ziativa non rimanga un fatto isolato
o circoscritto a pochi interessati, co-
munemente indicati come « esperti
in materia» o «addetti ai lavori».
Le acute analisi di lnnis, Postam e
altri studiosi trascrivono la verità di
quanto sta già accadendo: le tecno-
logie della comunicazione hanno
prodotto mutamenti nella struttura
degli interessi («ciò a cui si pensa>>),
hanno trasformato il carattere dei
simboli (il linguaggio e i codici at-
traverso cui si pensa e ci si esprime)
e, come ulteriore conseguenza; han-
no modificato la natura della stessa
comunità umana (l'area di popola-
zione entro cui si sviluppano e si
mettono in circolazione i pensieri, le
idee). Non serve rinchiudersi in una
botte e lamentare la scomparsa del-
l'uomo è più colpevole ancora non
avvertire i cambiamenti. È indi-
spensabile recuperare nuove energie
per assumere una nuova disposizio-
ne culturale. Esprimere sciocca irri-
tazione contro l'inarrestabile espan-
sione delle nuove tecnologie di co-
municazione o sedersi impotenti ai
margini della storia suona grave re-
sponsabilità. Giustamente i vescovi
italiani trattando dei problemi rela-
tivi all'impegno dei cristiani nel
mondo del1a comunicazione, avver-
tono: «L'assenteismo, il rifugio nel
privato, la delega in bianco non so-
no leciti a nessuno, ma per i cristia-
ni sono peccato di omissione»
(CEI, La Chiesa e le prospettive del
paese, n. 33). Occupiamoci, quindi,
del futuro, consapevoli che - se ci
è consentito parafrasare il titolo di
un recente film - per noi si tratta
ormai di un doveroso «ritorno».
P ierdante Giordano

2.2 Page 12

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_ PROGETTO AFRICA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
12 · 1 FEBBRAIO 1981
I salesiani in Malì
«LÀ I BISOGNI
SONO
INCOMPARABILMENTE
PIÙ GRANDI DEI NOSTRI,,
Il consigliere
generale per la
Regione iberica
ripercorre per i
lettori del BS i
territori missionari
affidati ai Salesiani
della Spagna.
La Repubblica del Mali
si trova in Africa Occidentale. È un
paese esteso un po' meno del Niger,
il paese più grande di tutta questa
zona africana. Ha una superficie di
1.240 mila chilometri quadrati e
una popolazione di oltre 17 milioni.
La capitale è Bamako con mezzo
milione di abitanti.
Gran parte del territorio è deserti-
co; il resto appartiene al <<sahel»,
con piogge abbondanti da luglio fi-
no a settembre. È allora che gli abi-
tanti ne approfittano per la coltiva-
zione del miglio, del riso, del coto-
ne, del cacao.
Chi visita il Paese durante i mesi
di siccità non vede altro che un de-
serto ma quando giungono le piog-
ge esso si trasforma in un giardino.
Queste condizioni climatiche ac-
compagnate ad altri fattori come la

2.3 Page 13

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- - - - - - - - - - -yl-
I FEBBRAIO 1987 · 13
carenza di sbocchj a mare, lo scarso
livello di alfabetizzazione e un at-
taccamento eccessivo alle tradizioni
fanno del Mali uno dei dieci paesi
più poveri del mondo con un reddi-
to procapite annuo di appena 190
dollari. Quando poi si pensa che il
fiume Niger con il suo immenso al-
veo, attraversa il Paese per più di
mille chilometri senza che le sue ac-
que siano utilizzate a fini irrigui, si
capisce allora l'importanza di far
progredire la cultura di questo po-
polo.
La popolazione è costituita da di-
verse etnie: Bambara, Tuareg, Se-
nufi, Malinki ecc., tutte parlanti
lingue diverse. Tra tutte prevale la
lingua dei Bambara parlata dal 60%
della popolazione.
La religione predominante è quel-
la musulmana con più di cinque mi-
lioni di fedeli (il 650Jo della popola-
zione) seguono altre religioni tradi-
zionali con due milioni e mezzo di
seguaci (330/o); i cristiani sono poco
meno di centomila.
Dal 1960 il Mali gode di indipen-
denza politica dopo che per più di
60 anni aveva fatto parte della Fe-
derazione francese dell'Africa Occi-
dentale. Attualmente il Paese è go-
vernato da un regime militare che
ha anche creato un partito unico na-
zionale denominato «Unione De-
- La chiesa affidata ai Salesiani
mocratica del Popolo del Mali».
Capo dello Stato dal 1968 è Moussa
Traorè.
Il lancio del Progetto Africa da
parte del rettor maggiore don Egi-
dio Viganò ha trovato sin dall'inizio
una risposta generosa e positiva da
parte di tutte e sette le ispettorie
spagnole che hanno dichiarato, rea-
lizzandole, la loro disponibilità ad
assumere opere in Africa occidenta-
le equatoriale e quindi nel Benin, in
Costa d'Avorio, in Senegal, e nel
Mali appunto che è stato affidato ai
salesiani del!' Ispettoria di Valencia.
Dopo i primi contatti e le prime
conoscenze della situazione, il ve-
scovo di Sikasso, monsignor Cissè,
andò a Valencia in occasione della
consegna del Crocifisso ai missiona-
ri della prima spedizione.
Fu una giornata indimenticabile
che segnò profondamente l'animo
dei presenti soprattutto quando don
Josè Gabriel Larreta, parlando a
nome dei componenti la spedizione,
manifestò i motivi che l'avevano

2.4 Page 14

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14 · I FEBBRAIO 1987
- Quando il missionario fa il barbiere...
La consegna di un pollo è un gesto di
ospitalità
spinto a far domanda per le mis-
sioni.
«È vero - disse - che qui siamo
un po' tutti necessari, ma là in Afri-
ca i bisogni sono incomparabilmen-
te più grandi. Noi vogliamo dare il
nostro piccolo contributo salesiano
per la crescita del Mali».
Era 1'anno 198 l e sei salesiani,
cinque preti e un coadtutore, parti-
rono per quel paese con destinazio-
ne Sikasso e Touba.
A noi risulta facile raccontarlo
ma la realtà è carica di difficoltà che
loro, i missionari, hanno cercato di
superare come meglio hanno potu-
to: l'assuefazione ad un clima per
molti mesi d'assoluta siccità, l'ap-
prendimento di una lingua per co-
municare con la gente del posto, l'a-
Il pallone e il sorriso di un
salesiano
dattamento ad un cibo tanto diver-
so dal nostro, la lotta contro le zan-
zare apportatrici di malaria, le stra-
de piene di polvere o di acqua a se-
condo della stagione, l'impossibilità
di un dialogo con i musulmani.
Si notò subito tra la gente che con
i Salesiani anche in Mali era giunto
qualcosa di nuovo: i ragazzi soprat-
tutto, in massima parte musulmani,
si sentirono amati dai missionari,
crebbe l'amicizia e la fiducia e si
moltiplicarono i gruppi dei cate-
chizzandi nelle visite periodiche fat-
te a decine e decine di villaggi dove
sono cresciut1 anche i battesimi e le
vocazioni specialmente quelle fem-
minili.
Qualche tempo dopo giungono le
Figlie di Maria Ausiliatrice e con lo-
ro le forze si moltiplicano soprattut-
to per l'attenzione e la promozione
sanitaria ed igienica della gente.
Un episodio del 1983 dimostra
quanto è capace di fare l'amore sa-
lesiano.
lo Mali ci sono molti ciechi: all'o-
rigine di questa cecità c'è un veleno
inoculato da un terdbile insetto che
finisce con il distruggere il nervo ot-
tico. Un ragazzetto di tredici anni
cominciava ad avvertire i segnj della
prossima cecità. Era musulmano e
frequentava l'oratorio.

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -s11-
I L'aiuto delle nuove tecnologie:
pannelli solari a servizio della
missione
I salesiani per il semplice fatto
d'essere un ragazzo lo notarono e
pensarono, con il permesso dei suoi
genitori di mandarlo in Spagna e di
metterlo in mano ad alcuni speciali-
sti. E così alcuni benefattori paga-
rono il viaggio in Spagna mentre
medici, personale paramedico e cli-
nica offrirono tutto gratuitamente.
Immaginate la gioia dei genitori
musulmani nel vedersi restituito il
figlio guarito e tutto perché un gjor-
no san Giovanni Bosco insegnò ai
suoi seguaci di amare i ragazzi.
Nel 1985 i Salesiani accettarono
la direzione di una scuola professio-
nale a Bamako, la capitale del
Paese.
I FEBBRAIO 1987 · 15
E del resto Don Bosco creò pro-
prio le scuole professionali per una
promozione integrale dei giovani
operai.
Si poteva fare un miglior regalo
salesiano ali'Africa?
C'erano già 160 allievi. Dopo un
anno il numero si è raddoppiato e la
scuola ha corsi di meccanica d'auto,
di meccanica agricola, di elettricità,
di lavori in ferro.
Si è costruito un ambiente per far
dormire quasi un centinaio di ragaz-
zi provenienti dalle località più di-
stanti. Appena dopo un anno di la-
voro sono stati conquistati l'affetto
dei ragazzi e la stima della popola-
zione che ormai qualifica i salesiani
come «quelli che stanno sempre con
i ragazzi », « quelli che trattano con
amore e creano auorno fiducia ed
amicizia», «quelli che organizzano
bene la scuola».
Anche qui nascono «fioretti».
Un giovane al termine dei tre anni
di scuola chiede: « Può un musul-
mano farsi salesiano?».
«No» - è la risposta «perché un
salesiano è un cristiano che crede in
Gesù Cristo e che offre la sua vita al
suo servizio».
«Ma perché questa domanda»,
chiede il salesiano.
« Perché quello che ho visto in
voi», risponde il ragazzo, non lo
avrei mai immaginato: voi siete
sempre a nostra disposizione e se un
giorno non rrovo niente da mangia-
re sono sicuro che me ne daresre:
voi siete i primi che ci danno il buon
giorno e gli ultimi a darci la buona
notte. Perfino quando noi studenti
andiamo all'aeroporto per accoglie-
re il Presidente o qualche autorità
venite a piedi con noi più che pren-
dere una macchina come potreste
fare».
«Fioretti» veri come questo rac-
contato producono nei missionari
una grande gioia: i loro sacrifici in-
fatti anche per quanti resteranno
per sempre nell'islamismo, sono un
eloquente testimonianza.
È anche questo un modo di mo-
strare a coloro che non lo conosco-
no il volto vero della Chiesa di Cri-
sto.
Josè A. Rico, sdb
Consigliere Regionale
per la Spagna e il
Portogallo

2.6 Page 16

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_VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
16 · I FEBBRAIO 1987
Polonia
I Interno della chiesa
del Sacro Cuore a
Varsavia...
'
EsALESIANA
LA PIÙ GRANDE
CHIESA
DI VARSAVIA
L'impegno missionario
dei salesiani polacchi.
Una storia di sofferenza
e fedeltà. La capacità di
guardare avanti.
Varsavia, novembre 1986.
Penultima domenica di novembre,
in una grande parrocchia salesiana,
all'estrema periferia di Varsavia. Il
calendario liturgico segna la festivi-
tà di Cristo Re. Per la vita della va-
sta famiglia di don Bosco in Polo-
nia, riunita nella «Bazylika Serca
Jezusowego», la chiesa del Sacro
Cuore di Gesù, è un momento im-
portante.
Sull'altare maggiore, nella più
grande chiesa della capitale polac-
ca, costruita sul disegno di san Pao-
lo fuori le mura a Roma, don Ago-
stino Dziedziel consegna il crocifis-
so a quattro salesiani, in partenza
per le missioni dell'Africa. L'uno
dopo l'altro, il volto che tradisce

2.7 Page 17

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- -- - -- - - - --#-
1 FEBBRAIO 1987 · 17
l'emozione del momento, i quattro
si inginocchiano davanti al delegato
del Rettor Maggiore per la Polonia,
che, ogni volta, pronuncia la for-
mula rituale.
È una cerimonia solenne e sugge-
stiva che si rinnova per la quinta
volta nella chiesa dell'esteso sob-
borgo popolare di «Praga». Sono
passati, infatti, già quattro aruri da
quando hanno ricevuto il crocefisso
i primi salesiani di.retti nello Zambia
per rispondere all'appello rivolto da
don Viganò, con il «progetto Afri-
ca», a tutta la comunità salesiana
sparsa nei quattro angoli del mondo.
La risposta della famiglia salesia-
na polacca è stata particolarmente
generosa. Le cifre lo documentano.
Dalla prima spedizione del J982 ad
oggi, sono partiti alla volta dello
Zambia ben 29 salesiani di tutte e
quattro le ispettorie in cui è suddivi-
so il paese: Varsavia, Cracovia,
Wroclaw, Pita. In quel lontano pae-
se africano lavorano, inoltre, sette
Figlie di Maria Ausiliatrice polac-
che ed un cooperatore salesiano.
Ma l'impegno missionario di tut-
ta la comunità salesiana nel paese è
proiettato oltre i traguardi, pur rag-
guardevoli, già raggiunti. È proiet-
tata verso il 1988, il centenario della
morte di Don Bosco. Dal prossimo
anno, i missionari salesiani polacchi
si metteranno infatti al servizio an-
che della Chiesa che è in Uganda.
Un compito non facile li attende in
questa nazione del «Continente Ne-
ro», travagliata, negli ultimi anni,
da non poche e non semplici vicissi-
tudini sociali e politiche.
Vicino all'altare della chiesa del
Sacro Cuore, - da dove don Ago-
stino, quella domenica di novem-
bre, spiega alla gente, con parole
semplici, il significato del gesto,
sempre commovente, della conse-
gna del crocifisso ai missionari in
partenza per terre lontane - spicca
una grande cattedra di marmo bian-
co, sormontata da una stola rossa.
All'osservatore straniero delle co-
se di casa polacca, quella cattedra
ricorda significativamente un'altra
cattedra - vicino ad una grande
croce di legno con una stola rossa
- che era stata preparata, il 2 giu-
gno 1979, nel cuore di Varsavia, in
piazza della Vittoria, per la Messa
concelebrala da Giovanni Paolo II
con dodici vescovi polacchi in para-
menti rossi come il fuoco della Pen-
tecoste e il sangue dei primi martiri
cristiani.
«Non è possibile comprendere la
storia della nazione polacca senza
Cristo», disse quel giorno il primo
papa polacco della storia della
Chiesa. Non si può comprendere
«senza Cristo» - affermò ancora
- la stessa Varsavia, che, «pur ab-
bandonata dalle potenze alleate, in-
sorse in una battaglia ineguale con-
tro l'aggressore», né si può com-
prendere il «sacrificio» di un Massi-
miliano Kolbe ad Auschwitz. (<Og-
gi, nella capitale della Polonia» ,
soggiunse fra un subisso di applau-
si, «chiedo che Cristo non cessi
d'esser per noi libro aperto della vi-
ta per il futuro. Per il nostro doma-
ni polacco» .
Nella storia della basilica del Sa-
cro Cuore, all'estrema periferia di
Varsavia, si può leggere un pezzo
della storia di ieri, di oggi e di do-
mani, non solo della famiglia di
Don Bosco in Polonia, ma dell'inte-
ra nazione polacca e di tutta la
Chiesa polacca.
Quattro ponti congiungono il
centro della capitale con il popolare
quartiere di «Praga» sulla riva de-
stra della Vistola. Qui, al principio
del secolo, in un tempo in cui il no-
me della Polonia era praticamente
cancellato dalle carte geografiche
d'Europa, la principessa Maria
Radzwill fece iniziare i lavori per la
costruzione del tempio del Sacro
Cuore. E sin dall'inizio la principes-
... e l'esterno

2.8 Page 18

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18 · I FEBBRAIO 1987
sa, discendente di una delle famiglie
più illustri del paese pensò alla pre-
senza dei salesiani fra la gioventù
abbandonata di Michalow, poveris-
sima frazione di uno dei più miseri
sobborghi della Varsavia d'allora.
La consacrazione della chiesa ri-
sale al 1923, ossia a cinque anni do-
po la fine della prima guerra mon-
diale. Quella grande tragedia, che
era costata la vita a milioni di uomi-
ni sui vari fronti, aveva suonato per
la Polonia l'ora della liberazione
dopo 125 anni di smembramento
del territorio nazionale fra l'Au-
stria, la Prussia e la Russia. Duran-
te quell'oscuro periodo, trenta mi-
lioni di polacchi avevano rafforzato
la loro coscienza nazionale guar-
dando alla Chiesa come alla sola
speranza di ritrovare una patria. Di
qui l'identificazione «cattolico=
polacco», che vale pure ai nostri
giorni.
Nel 1931 avviene l'ingresso dei
salesiani nella parrocchia del Sacro
Cuore, affidata come parroco a don
Antonio Hlond. Coadiuvato da tre
sacerdoti e due coadiutori, don
Hlond ba appena il tempo di rim-
boccarsi le maniche e di avviare le
tradizionali opere salesiane, allor-
ché una nuova tragedia si profila al-
l'orizzonte del paese. Il 1° settem-
bre 1939 la Polonia veniva invasa
dalla Germania, e, il 17 dello stesso
mese, dalla Russia. Pochi mesi do-
po, don Hlond, al pari di altri con-
fratelli, per evitare l'arresto, dovet-
te nascondersi nelle vicinanze della
città.
Per i salesiani, per la chiesa e per
la nazione furono cinque anni di
dura prova, di tribolazioni, di per-
secuzioni, di sterminio e distruzio-
ne. Durante i terribili anni dell'oc-
cupazione nazista, la Polonia subì
un martirio collettivo e una devasta-
zione quasi totale di città, vi!Jaggi,
chiese, scuole ed ospedalì. Milioni
di polacchi morirono nelle camere
di esecuzione di Dachau, Buchen-
wald, Mathausen, e nel peggiore
di tutti i campi di sterminio:
Auschwitz-Birkenau.
Contemporaneamente, nella par-
te orientale della Polonia, i russi or-
ganizzarono deportazioni di massa
ai lavori forzati in Siberia. Questa
barbara punizione, che nel secolo
diciannovesimo e nei primi anni del
ventesimo era stata riservata ai cri-
minali e ai delinquenti politici, veni-
va ora applicata ad un milione e
mezzo di persone, comprese le don-
ne e i bambini, colpevoli solo della
loro nazionalità.
L'odio e la persecuzione più sotti-
li furono riservati alla Chiesa. Du-
rante quei cinque anni di agonia
della Polonia, migliaia di sacerdoti,
di religiosi, di seminaristi, di suore,
furono uccisi. L'intensità della per-
secuzione variava da regione a re-
gione.
La Chiesa fu portata sull'orlo
della distruzione totale. Almeno ot-
to vescovi furono gettati io prigione
e nei lager di sterminio; quattro tro-
varono la morte tra torture disu-
mane.
Venti anni dopo la fine della
guerra, nel maggio del 1965, nella
più grande chiesa della Polonia,
quella di Santa Maria a Danzica, la
città dove quindici anni più tardi
nascerà il movimento di «Solidar-
nosc», una cappella commemorati-
va fu dedicata alla memoria dei
2.214 sacerdoti che avevano perso
la vita a causa della persecuzione hi-
tleriana.
li martirologio della comunità sa-
lesiana non fu inferiore a quello del
clero diocesano o di qualsiasi altra
famiglia religiosa. Ottantotto sale-
siani persero la vita durante quegli
interminabili cinque anni. Ben ses-
santasette di essi perirono nei campi
di sterminio fra sofferenze indicibi-
li. Molti altri, nell'impossibilità d'e-
sercitare qualsiasi attività pastorale,
cercarono rifugio all'estero, in Ita-
lia.
Soprattutto i più giovani, che po-
terono così completare gli studi a
Roma e a Torino.
.
Dopo la liberazione del paese da
parte delle truppe sovietiche, la
Chiesa si rimette al lavoro fra una
popolazione severamente provata.
E la gente sente la Chiesa ancor più
vicina che in passato, perché assie-
me a tutta la Polonia ha sperimen-
tato la lunga notte dell'occupazione
tedesca.
Anche nella basilica del Sacro
Cuore riprende gradualmente il la-
voro dei salesiani suHe ceneri di
quello che resta della città di Varsa-
via, dopo i sessantatre giorni della
disperata insurrezione del 1944,
quando si combatté strada per stra-
da, casa per casa.
Chi visita oggi il centro storico di
Varsavia, e ne ammira la perfetta ri-
costruzione, non può - almeno per
un momento - non ripensare alla
storia dolorosa di questa città-
martire. Ridotta ad un pugno di
macerie, nel dopoguerra è risorta
com'era. Pietra su pietra, rubando
le immagini alle tele del Canaletto,
il pittore veneziano che l'aveva af-
frescata nel suo splendore di una
volta. Quasi un simbolo dello stato
e della riconquistata indipendenza
nazionale, che unisce credenti e non
credenti nella Polonia postbellica.
Negli anni immediatamente suc-
cessivi alla fine del secondo conflit-
to mondjale, la comunità salesiana
condivide di nuovo con tutta la
Chiesa e con tutta la nazione un'al-
tra pagina - tragica e grandiosa al-
lo stesso tempo - della storia della
patria polacca.
La Congregazione perde tutte le
opere che si trovano nelle regioni
orientali assegnate all'Unione So-
vietica in seguito agli accordi di Yal-
ta tra le potenze vincitrici della
guerra. Le stesse intese disumane,
decise a freddo attorno a un tavolo,
prevedono un gigantesco trasferi-
mento delle popolazioni di quelle
terre ad occidente. Un esodo biblico
verso le regioni ex tedesche bagnate
dai fiumi Odra e Nyssa e passate al-
la Polonia. Nei nuovi territori occi-
dentali e settentrionali, i salesiani,
partendo da zero, cominciano un
faticoso lavoro di organizzazione di
seminari, oratori, scuole, ecc. Una
fatica vana. Già prima degli anni
cinquanta, nell'epoca più dura della
repressione stalinista, tutto l'impe-
gno della Congregazione per rico-
struire il tessuto di una capillare
presenza nell'intero paese, sarebbe
stato cancellato con un colpo di
spugna dalle decisioni delle nuove
autorità di nazionalizzare tutte le
opere cauoliche.
Da quella misura si salvarono -
non si sa come e perché - solo una
scuola professionale salesiana a
Oswiecim, dai tedeschi chiamata
Auschwitz; un Liceo classico dei pa-
dri Piaristi a Cracovia; e altri sei li-
cei classici affidati alle Orsoline e ad
alcune congregazioni religiose fem-
minili polacche.

2.9 Page 19

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- - - - - - - - - - -s/J-
U pesante passato bellico e quei
difficiU inizi del dopoguerra vanno
ricordati non solo per un dovere cli
memoria storica, ma soprattutto
perché rendono ancor più stupefa-
centi i risultati conseguiti dalla
Chiesa e dai salesiani in quarant'an-
ni - spesso di scontro frontale più
che di coesistenza o di dialogo -
con il regime comunista.
Gli oltre milletrecento salesiani di
oggi sono più del doppio cli quanti
erano prima della guerra. Assieme
ai centodue novizi entrati nei tre no-
viziati l'anno scorso, alle quasi 450
- Particolare dell'Altare Maggiore
Figlie di Maria Ausiliatrice organiz-
zate in due ispettorie, ai millecin-
quecento e passa cooperatori sale-
siani, essi sono il segno di una vitali-
che non può non stupire chiun-
que abbia presente il clima asfis-
siante creato e la costante pressione
messa in atto da un potente sistema
I FEBBRAIO 1987 19
che si ispira, a un'ideologia atea e
materialista.
Secondo l'ideologia marxista,
tutti in Polonia dovrebbero essere
atei. Lo stato socialista non è una
<<società d'elezione», ma una cosid-
detta «società di destino». Le per-
sone non hanno alternative, non
hanno possibilità di scelta, non han-
no pluralismo. Sono determinate in
funzione del destino della nazione,
non solo sotto il profilo economico,
sociale e politico, ma anche souo il
profilo economico, sociale e poUti-
co, ma anche sotto quello ideologi-
co, e quindi là dove l'uomo, a moti-
vo della sua dignità, supera tutte le
istituzioni terrene.
Varsavia, come capitale, è natu-
ralmente il simbolo di questo sforzo
quarantennale per escludere «Cri-
sto» dalla storia della Polonia di
oggi. Ma varcare la Vistola, su uno
dei quattro ponti che congiungono
il centro della città sulla riva sinistra
del fiume con il sobborgo di Praga,
significa toccare con mano come il
cattolicesimo sia tuttora parte es-
senziale della vita e della cultura na-
zionale.
La basilica del Sacro Cuore è là,
sull'altra sponda della Vistola, con
la sua scalinata imponente, a domi-
nare un vasto quartiere popolare,
abitato - come cinquantacinque
anni orsono, quando vi arrivarono i
primi salesiani - da gente certa-
mente non ricca.
La chiesa è affollata a tutte le
Messe. Gli ampi sotterranei del tem-
pio sono destinati all'oratorio per la
gioventù, ad organizzazioni come la
Caritas ed i cooperatori, all'attività
teatrale, alla proiezione di filrns di
cultura religiosa come il «Gesù» cli
Zeffirelli. Mentretutto il primo pia-
no della grande casa inaugurata so-
lo lo scorso maggio è riservata alle
aule per la catechesi dei fanciulli,
dei giovani, degli adulti.
Ecco: la catechesi è la chiave di
volta di tutta l'opera della Chiesa
polacca - e della famiglia salesiana
pienamente inserita nel lavoro pa-
storale della Chiesa in Polonia -
che, negli ultimi quarant'anni, ha,
da un lato, neutralizzato gli effetti
negativi della laicizzazione e, dal-
1'altro, unificato e integrato la fede
della nazione.
Silvano Stracca
continua

2.10 Page 20

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~ PROTAGONISTI_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
20 · I FEBBRAIO 1987
Roma - Ennio De
Concini mi riceve nello studio dalle
pareti tapezzate di libri, nella sua
abitazione romana a pochi passi
dalla trafficatissima piazza Unghe-
ria. È proprio da questa piccola
stanza che sono uscite, frutto di
notti di lavoro al tavolo su cui ho
appoggiato il taccuino, le ormai in-
numerevoli sceneggiature di films
famosi, realizzati da registi altret-
tanto famosi. Qualche titolo? Qual-
che nome? Eccoli, presi a caso da
un elenco che ne conta ormai più di
duecento: «Il ferroviere», di Pietro
Germi, «li grido», di Antonioni,
«La lunga notte del 43» di Floresta-
no Vancini, «Italiani brava gente»
di Giuseppe De Santis, «Guerra e
pace» di King Vidor. E poi, i più re-
centi sceneggiati trasmessi dalla TV,
altrettanti successi: «Storia d'amo-
re e d'amicizia» di Franco Rossi,
«Piovra 1 e Ifo, rispettivamente di
Damiani e Vancini, <<Quo Vadis»,
ancora di Franco Rossi.
Da questo stesso studio è appena
uscito l'ultimo lavoro di De Conci-
ni. Si intitola « Il contadino di
Dio», un modo abbastanza incon-
sueto per riferirsi a don Bosco. De
Concini firma infatti la sceneggiatu-
ra di un film interamente dedicata
al Santo. Prodotto da RATUNO, il
film entrerà presto in lavorazione e
sarà immesso nei circuiti cinemato-
grafici in occasione dell'anno cente-
nario della morte di don Bosco.
D . Parliamo allora di questo
film. Bene, De Concini, quale don
Bosco esce dalla sua sceneggiatura?
R. Esce, come dice il titolo, il
contadino di Dio, un uomo sempli-
ce, genuino, schietto, che sente il
ritmo delle stagioni, lo scandire del
tempo, un uomo fermamente con-
vinto che tutti i terreni possono ren-
dere il cento per cento solo che li si
sappia coltivare, un uomo che nutre
una fiducia totale nella Provvidenza
e che si affida interamente alla Ma-
donna. Sono queste qualità che lo
spingono a dedicarsi, anima e cor-
po, ai giovani, il terreno che lui col-
tiva sicuro di ricavarne, appunto, il
cento per cento. Vede nei giovani,
anche in quelli che sembrano appa-
rentemente i più aridi, il germe che
può dare frutti. Difatti è lui stesso a
dire, di questi giovani, che sono co-
me l'ulivo: può dare ranre olive se si
ha cura della pianta, la si protegge,
la si cura con amore. È qui che si
coglie l'attualità di Giovanni Bosco,
perché i tempi possono cambiare,
ma la sua scoperta rimane valida».
D. Lei si dichiara laico convinto,
fino in fondo. Suona un po' strano
eh.e si sia impegnato in un lavoro
che inevitabilmente finisce per toc-
care aspetti profondamente inseriti
nella sfera religiosa. Lei stesso ha
poco fa citato la Provvidenza, la
Madonna ...
R. È vero, sono un laico in senso
stretto, provvisto però di un senso
di religiosità, che tuttavia non trova
collocazione. Credo che abbiano
pensato a me per questo lavoro in
ragione della mia professionalità.
Debbo però ammettere che il primo
approccio è stato un mezzo disa-
stro ...
NASCE IL FILM
SU DON BOSCO
ccCONTADINO DI DIO»
Intervista con Ennio De
Concini, autore della
sceneggiatura. «La figura e
l'opera del Santo mi hanno
affascinato». Una
produzione RAI
I Ennio De Conclni, autore della
sceneggiatura del film su don
Bosco •Il contadino dt Dio»,
prodotto da Raiuno

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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- - - - - - - - - - -# -
D. Perché?
I FEBBl!AIO 1987 · 21
R. Ma perché non mi riusciva di
vedere come da tutta una serie di
fatterelli, di aneddoti che segnano
la vita di don Bosco avrei potuto ti-
rare fuori un film, realizzare una
costruzione fatta di materiale dram-
matico. Sono stato sul punto di ri-
nunciare, anche se la cosa mi bru-
ciava. Poi ho capito che avevo di
fronte un materiale lirico, e che po-
tevo arrivare alla struttura dramma-
tica proprio attraverso il lirismo.
D. E come ci è arrivato?
R. lo non conoscevo don Bosco
se non superficialmente. Mi sono
messo a studiarlo tuffandomi nella
lettura di decine di libri, leggendo e
rileggendo soprattuuo le memorie
scritte da lui stesso, l'epistolario, le
«Letture cattoliche». Ho allora col-
to di quest'uomo molli aspetti che
hanno finito per affascinarmi.
D. Quali sono?
R. In primo luogo l'ostinazione
nel perseguire ciò in cui credeva, la
sua fede cocciuta, contadina, terra-
gna, direi, di andare avanti, nono-
stante gli ostacoli disseminati sulla
sua strada. E poi la fiducia, la fede.
Ha creduto in quei giovani, donan-
dosi a Loro in modo totale. Dopo La
malattia che lo portò quasi alla
morte, appena ristabilito disse ai
suoi ragazzi che c'era sicuramente
stato un contatto fra la loro volontà
che don Bosco guarisse, le loro pre-
ghiere, i loro voti e Colui che dove-
va decidere la sorte del sacerdote. E
don Bosco fece voto di dedicare in-
teramente la sua vita ai ragazzi. Un
impegno che, come tutti sanno, è
stato largamente mantenuto. Mi ha
colpito anche il modo di procedere
di don Bosco, semplice, perfino ele-
mentare, cristallino. Andava alla ri-
cerca dei ragazzi più poveri, quelli
che in fondo erano come lui, per
strapparli a chi ne voleva fare dei
servitori o li voleva utilizzare per
scopi poco nobili, o intendeva
emarginarli come esseri dannosi alla
società. Lui li curava come uomini,
gli insegnava a fare il bene. Insom-
ma, andava dritto all'uomo, incu-
rante delle categorie ideologiche.
Voleva che quei ragazzi crescessero
timorati di Dio e buoni cittadini.

3.2 Page 22

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22 · I FEBBRAIO 1987
D. Nel perseguire questi obielli-
vi, don Bosco non ebbe vita facile.
li fihn metterà in evidenza le diffi-
coltà, i rancori, le gelosie, le incom-
prensioni che incontrò?
R. Certamente. Debbo anzi dire
che sono rimasto impressionato dal
calvario di un uomo che perseguiva
il solo scopo di salvare dei ragazzi.
Ha dovuto lottare tutta la vita con-
tro un'avversità dopo l'altra, un
ostacolo dopo l'altro, come del re-
sto capita a coloro che sono destina-
ti a una grande gloria. Ha avuto
contro polilici, nobili, ricchi, poten-
ti. Non lo capì neppure la Curia,
che si spinse fino a togliergli la con-
fessione, cioè il mezzo più diretto
che lui aveva per penetrare nell'ani-
ma dei suoi ragazzi, conoscerli più a
fondo per meglio aiutarli. Trovaro-
no la scusa che era una ribelle. Ma è
giusto che un santo sia un ribelle.
Hanno tentalo perfino di ucciderlo.
Insomma nella vita di don Bosco
erano più le spine che le rose. Ma lui
andava avanti. È stato tuLtavia pro-
prio questo martirio l'aspetto che
mi ha colpito di più, offrendomi il
respiro drammatico che andavo cer-
cando.
D. De Concini, parliamo un po'
più direttamente del film. Che cosa
dobbiamo aspettarci?
R. Il mio racconto è come una
specie di monologo interiore di don
Bosco, cioè di un uomo che realizzò
dal nulla un'opera che si è poi dila-
tata in tutlo il mondo. Un uomo
sorreuo da una fede incrollabile. In
tuua la sua vita ha avuto un solo
momento di dubbio, peraltro fuga-
cissimo. È stato poco prima di mo-
rire, quando è stato assalito daJ ti-
more che, scomparso lui, tutta la
sua opera sarebbe crollala. Ma è un
dubbio che superò invocando la
Madonna e affidandosi a lei. Ritro-
la pace lasciando questa bellissi-
ma esortazione: « fatevi amare». In
definitiva, ho impostato il film im-
maginando che don Bosco stesse ri-
cordando i momenti e le tematiche
più tipicamente significative della
sua vita. Non è perciò una biogra-
fia.
D. Come ha colto Il rapporto di
don Bosco con i suoi ragazzi?
Foto tratta dal volume •D Bosco tra storia e awentura• di Marco Bong,oanni
E i ragazzi
salvarono
Don Bosco
Dal « trauamemo» - cioè il testo che fa da guida alla stesura della
sceneggiatura vera e propria - del film «Il co11tudi110 di Dio», abbia-
mo stralciato una pagina di particolare intensità emolil•a.
Tosse, infiammazione violenta, perdite continue di sangue. Pleuri-
te, febbre alta, emottisi.
Don Bosco è gravemente ammalato.
Un sacerdote gli il Viatico e l'Unzione degli infermi.
Don Bosco agonizza.
Fuori della sua stanzetla, arrivano gruppi di ragazzi spauriti, gli
abiti imbrattati dal lavoro, la faccia bianca dì calce.
Arrivano tutte le sere, vegliano.
La notizia si è sparsa, e loro corrono qui, saltano la cena, con gli oc-
chi lucidi di lagrime.
«Me lo lascia vedere... »
«Non lo farò parlare... >•
«Voglio dirgli una parola, una sola... »
« Se don Bosco sapesse che sono qui, mi farebbe entrare, mi vuole
bene... »
Don Bosco non migliora nel suo letto di dolore. Ha gli occhi chiusi.
È squassato da una tosse profonda, cattiva, aspra.
I ragaui scuotono la testa.
«Non deve morire. Don Bosco non deve morire!»
Alcuni non bevono un sorso d'acqua da giorni per strappare a Dio
il miracolo.
Uno promette di recitare il rosario tuua la vita. Un altro di digiuna-
re a pane e acqua per un anno. Un altro di restare in ginocchio per una
settimana.
Promesse infanùli, disperate, sincere...
È una domenica.
I ragazzi sono radunati in attesa. C'è uno strano sile11Z10 tra di loro:
un silenzio spesso e totale. Potrebbe essere un silenzio di morte.. .

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -~ -
R. Questo rapporto esce dalla
narrazione di una serie di episodi,
ma i ragazzi non sono individuati
come singoli, bensl come una gran-
de collettività. Quei quattrocento
ragazzi hanno così una sola fisiono-
mia. E spero proprio che in fase di
realiaazione si riesca a dare spesso-
re al lavoro svolto da don Bosco in
mezzo a questa massa di scatenati,
non certo facili da trattare, da pla-
:.mare. Lui capiva la vita, non vole-
va fare dei ragazzi delle persone
avulse dal mondo in cui vivevano.
Per meglio cogliere questo lato della
personalità di don Bosco ho intro-
dotto un momento molto tenero,
che vede don Bosco aiutare il nasce-
re di un rapporto d'amore fra un ra-
gazzo e una ragazza, e indirizzarlo
alla formazione di una famiglia. ln
fondo, il film è una cantata su don
Bosco, come avrebbe potuto nar-
rarla un cantastorie antico. Spero
che il film sia fallo con amore, per-
ché si possa arrivare a capire bene
don Bosco e ciò in cui credeva.
D. Un'ultima domanda al De
Concini laico. Qual è il suo rappor-
to con don Bosco, dopo il lavoro di
sceneggiatura?
R. Siamo diventati amici, pro-
fondamerue amici ...
Gaetano Nanetti
I FEBBRAIO 1987 23
Ma incontro ai suoi gio·vani, incontro a questo silem:io, ecco don
Bosco.
Cammina piano, appoggiandosi ad un bastone: è salvo. È vivo.
I ragazzi gli volano incontro, Io ranno sedere a forza su una grossa
sedia, lo sollevano sulle spalle, lo portano in trionfo in un delirio di
gioia.
Cantano e piangono i ragazzi. E anche don Bosco piange di com-
mozione.
Quando riesce a parlare dice sohanto:
(<La mia vita la devo a voi. Bè, state sicuri! D'ora innanzi la spende-
tutta per voi! »
C'è stato un contatto tra quelle preghiere, quelle promesse, quella
voglia che non morisse e Chì ha deciso che don Bosco continui a vi-
vere.
l ragazzi e don Bosco hanno ancora troppo bisogno gli uni dell'al-
tro.
Anche un Oscar'-=------~
nella carriera
di De Concini
Ennio De Conc,ni, 63 anrn. laureato in filosofia, commediogratò e
giornalista, ha esordito nel cinema come aiuto regista di De Sica
nel film «Sciuscià». Ha scritto più di duecento sceneggiature, per
quasi tutti i registi italiani e per molti stranieri. Ha partecipato come
collaboratore, revisore, consulente a opera di Antonioni, Fellini,
Rossellini, De Sica. Ha ottenuto il massimo riconoscimento in cam-
po c(n~mat~rafic~ vin~en~fo l'Osc~r per la migliore sceneggiatura
con 1I film •D1vorz10 ali 1tahana... Gh sono stati assegnati numerosi
•Nastri d'argento•. l'Oscar della critica cinematografica Italiana. A
Venezia ha vinto Il premio ..opera prima.. con il film «La lunga notte
del '43». A Cannes ha ottenuto la -Palma d'oro• con Il film «L'inver-
no ti farà tornare», di Henry Colpl. Si è anche cimentato nella regia
con due film «Daniele e Maria» e «Gli ultimi dieci giorni di Hitler»
con Alee Guiness.
VUOI
RICEVERE
Il BOLLETTINO
SALESIAN01
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
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indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
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3.4 Page 24

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_ VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
24 · I FEBBRAIO 1987
S a rd e gn a
UNA FESTA
FUORI DALl!ESTATE
. to servizio sono di
Le toto di quesic1rCagliaci
Manca oomen
L'eslate, si sa, è una
stagione vacanziera: viaggi, sagre,
festivals di vario genere mentre i
massmedia fanno giungere segnali
da celebri località più o meno turi-
stiche. E così un po' tutti, almeno in
Italia, abbiamo incominciato a co-
noscere anche la Sardegna della Co-
sta Smeralda assieme a queUa, più
austera e forte, conosciuta leggendo
Grazia Deledda o più recentemente
Gavino Ledda.
Eppure la stagione estiva tesa al
consumo di se stessa non sempre fa-
cilita impressioni autentiche o pro-
fonde su una regione. Ed allora?
Metti che il tuo lavoro di cronista di
cose salesiane ti porta in Sardegna
nell'immediata vigilia di Natale nei
giorni 20-2 1 dicembre 1986 e hai la
possibilità di altre sensazioni.
L'occasione è stata data dall'an-
nuale festa al Rettor Maggiore dei
Salesiani. Due giornate spazzate daJ
vento e sferzate daUa pioggia ma
certamente dominate da quel sapore
di famiglia che il Natale, si dice, ac-
centua e che la Famiglia Salesiana
sarda ha saputo creare attorno a
questa festa 1986 che ha visto nell'i-
sola di Eleonora d'Arborea, per la
prima volta, con don Viganò anche
l'intero Consiglio generalizio e qua-
si tutti gli ispettori salesiani d'Italia.
Don Viganò è giunto a Cagliari la
mattina del 20 dicembre.

3.5 Page 25

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-----------,11-
1 FEBBRNO 1987 · 25
Accolto dal superiore per la Sar-
degna don Francesco Varese, dal
sindaco di Cagliari dott. De Magi-
stris - «Don Viganò» - ha detto
questi al Rettor Maggiore - «Mi
onoro di darLe il benvenuto e di
avere avuto un padre che ha cono-
sciuto don Bosco» - da amici ed
exallievi dell'opera salesiana isolana
nonché da un gruppo di giovani del-
la Scuola Professionale di Selargius
e del Liceo Don Bosco di Cagliari.
Proprio uno di questi ha salutato
don Viganò con il «Beni veniu cum
Deus e cum Maria» tipico dell'ospi-
talità sarda.
La mattinata vede don Viganò al-
le prese con la stampa locale deside-
rosa più che di «curiosare», di
«ascoltare».
«Cosa possono fare i salesiani
per la Sardegna?» domandano fra
l'aJtro i giornalisti.
«Niente e molto», è Ja risposta di
don Viganò, uno, come dice, dei
17 mila salesiani, che subito prose-
gue parlando di quella «creatività
pastorale» che può scaturire dal
cuore oratoriano dei salesiani d'og-
gi così come avvenne con il cuore di
don Bosco.
In serata don Viganò si sposta a
Piazza Giovanni XXIII: qui, nella
parrocchia S. Paolo che inaugura
nuovi locali per la catechesi e le atti-
vità sociali la festa si fa preghiera e
riflessione. Vengono ricordati i cin-
quant'anni di professione religiosa
salesiana del Rettor Maggiore. Ma
soprattutto si prega per le vocazio-
ni. A tutti viene detto che il carisma
salesiano per il suo futuro ha biso-
gno di uomini e di donne.
La domenica 21 dicembre la festa
si sposta nelle immediate vicinanze
del capoluogo, a Selargius. Qui la
Famiglia salesiana sarda si presenta
al Rettor Maggiore comunicando
cifre, consegnando doni e raccon-
tando esperienze, problemi e spe-
ranze. A Selargius, nella mattinata
viene inaugurata la nuova chiesa
parrocchiale con una concelebrazio-
ne eucaristica accompagnata fra
basso:
oa\\\\'a\\to ,nd. cagl\\ari
IdEl àsgiiIndIdiboaecno1.,1gean'nuòtloa
a don
stampa
incontr"o ~~tra di don
:o 1oca\\e (~
"igan_ò
11pseur pl aeriore
sa1es1a don
Sardegna "arese)
francese~. preghiera
incontro ' arrocchia
psr.epssaoolloa
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1
cag\\\\arl
"' ""

3.6 Page 26

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26 I FEBSRA/0 1987
DI caollo'aplteoraintodbroiandsaesnolloa: un
:Uc~on:n~mc~eol~meaberpnaptzoieodtnoeelllaaocale
SIdleesllaalarlugRtiouesg~,eolnper;:lrddeanatedon
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3.7 Page 27

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# _ _ PROTAGONISTI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Il venerabile
don Filippo Rinaldi
1 FEBBRAIO 1987 · 27
UN PADRE E UN
MAESTRO
SULLE ORME
DI DON BOSCO
Il 3 gennaio 1987 Papa Giovanni
Paolo II ha promulgato il decreto
dell'eroicità delle virtù di don Filippo
Rina/di. Presentiamo un breve profilo
del nuovo venerabile.
Nato a Lu Monferrato
il 28 maggio 1856, Filippo Rinaldi
non è giunto all'eroicità delle virtù
quasi logica conseguenza d'una vita
cresciuta in un ambiente caratteriz-
zato da una forte religiosità.
La sua crescita religiosa passa at-
traverso una adolescenza sofferta
anche se sostenuta da una famiglia
sana e solidamente ancorata ai tra-
dizionali valori cristiani. Il suo pri-
mo incontro con san Giovanni Bò-
sco risale all'autunno del J861 in
una di quelle passeggiate che il San-
to, banda in testa, era solito fare
nelle campagne piemontesi per la
gioia dei suoi ragazzi.
Il piccolo Filippo ne rimase affa-
scinato.
Quando qualche tempo dopo fu
aperto il vicino collegio salesiano di
Mirabella, i genitori del ragazzo,
Cristoforo Rinaldi e Antonia Brez-
zi, furono ben felici di mandarglie-
lo. Filippo tuttavia non si trovò a
suo agio anche se gli incontri avuti a
Mirabello con don Bosco lo segne-
ranno per tutta la vita.
La prima esperienza a Mirabello
si concluse nell'estate del 1867.
Si rifugiò tra i suoi e la fatica dei
campi gli fu maestra e compagna
per alcuni anni. Soltanto dieci anni
dopo, nel 1877 - dichiarò lo stesso
don Rinaldi - dopo vari inviti di
don Bosco, entrò nel collegio di
Sampierdarena con la precisa inten-
zione di farsi salesiano. Aveva 21
anni. Nella casa di Genova-
Sampierdarena la creatività aposto-
lica di don Bosco aveva incomincia-
to a raccogliere i cosiddetti «Figli di
Maria», cioè giovani-adulti che
svolgendo dei corsi di studio accele-
rati si preparavano al sacerdozio. Il
giovane di Lu Monferrato dimostrò
una buona intelligenza e molta di-
sponibilità e così nel giro di due an-
ni poté iniziare sotto la guida di don
Giulio Barberis l'anno di noviziato

3.8 Page 28

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28 · 1 FEBBRAIO 1987
concludendolo con l'emissione della
professione perpetua.
Sono anni di intenso lavoro spiri-
tuale durante i quali il futuro suc-
cessore di don Bosco alterna entu-
siasmi e depressioni che gli deriva-
vano soprattutto dalla scarsa opi-
nione in cui teneva se stesso. Pro-
prio nell'estate del 1882 scrive a don
Barberis: «Tutto per me è oscuro e
soffocante... Non bo pace e non la
spero. Scrivo perché il bisogno del
cuore mi spinge». E del resto, più
avanti negli anni dirà: «Io non ave-
vo nessuna intenzione di fanni pre-
te. Religioso sì; ma sacerdote a.o».
Probabilmente se sulla sua strada
non avesse incontrato don Bosco
che non lo mollò un solo istante, Fi-
lippo Rinaldi non sarebbe diventato
né prete né religioso.
Divenuto prete il 23 dicembre del
1882, spera di poter andare nelle
missioni d'America.
«Ci andrai - gli rispose don Bo-
sco » quando non avranno più biso-
gno di personale dall'Europa». E
cosi ha inizio la vita di Filippo Ri-
naldi prete e salesiano «per obbe-
dienza».
Poco più che ventisettenne viene
incaricato della direzione di una
piccola casa per vocazioni adulti a
Mathi Torinese.
«È Dio - gli scrive don Rua a
nome di don Bosco - a mandarti a
Mathi».
Riuscirà a trasformare quell'am-
biente in una piccola famiglia.
Un anno dopo l'intero gruppo
guidato da don Rinaldi viene trasfe-
rito nella casa di San Giovanni
Evangelista a Torino.
«Don Rinaldi - annota iJ bio-
grafo don Luigi Castano - veniva
così nel cuore deJle fondazioni e del-
le attività salesiane, come a saggiare
le capacità pratiche e gli impulsi
apostolici di cui era dotato. Senza
dire che gli si offriva più vasto cam-
po di azione e maggiori occasioni di
mettere in evidenza, pur in cornice
di voluta modestia, la sua rigogliosa
personalità».
Grazie a!Ja paziente capacità di
comprensione di don Rinaldi molti
«Figli di Maria» poterono raggiun-
gere il sogno del sacerdozio.
Un anno dopo la morte di don
Bosco dovendosi inviare in Spagna
a Sarrià, un sale.siano stimato, il
beato don Michele Rua non esitò a
mandare Rinaldi. Sarrià era la se-
conda casa della Spagna dopo quel-
la di Utrera aperta nel 1881. Fonda-
ta nel 1884 e visitata dallo stesso
don Bosco nel 1886 questa fonda-
zione, voluta dalla venerabile don-
na Dorotea Chopitea, diventerà ben
presto un centro formidabile di sa-
lesianità e di impegno apostolico.
Don Rinaldi vi giunse sul finire
dell'ottobre 1889. Pur conoscendo
poco lo spagnolo, munito di «carità
e soave paternità►> il prete di Lu riu-
scirà a superare molte difficoltà.
Egli seppe soprattutto scegliere
buoni collaboratori e coltivare le
prime giovani vocazioni spagnole
che affluirono generosamente de-
terminando un vero e proprio
boom. Come faceva? È tipico il ca-
so don Guglielmo Viòas: chierico a
I Il venerabile don Rinaldi, il
futuro re d'Italia e la consorte in
visita alla Casa Madre di
Valdocco
tredici anni, assistente e insegnante
a quindici, professo perpetuo a se-
dici.
Da ispettore di Andalusia, viag-
giando con don Rinaldi divenuto
rettor maggiore, don Vifias gli do-
mandò: « Come faceva, don Rinaldi
a fidarsi di noi?» Rispose il Venera-
bile: «Caro don Vifias, è vero che a
quei tempi facevamo cose che oggi
si direbbero spropositi. Ma, come
vedi, non tutto è andato male. lo
facevo spropositi, e don Bosco li ag-
giustava».
In pochi anni don Rinaldi si trovò
a svolgere un vero e proprio lavoro
da superiore regionale più che da
superiore di una singola comunità
sicché quando nel 1892 si decise l'e-
rezione dell' ispettoria spagnola non
ci furono dubbi sulla scelta.
Nell'estate del 1892 don Filippo

3.9 Page 29

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-----------s8-
I Un momento della stessa visita
In alto: il re di Spagna Alfonso di
Borbone, la consorte e don
Rinaldi
1 FEBBRAIO 1987 29
Rinaldi divenne ispettore. Fu que-
sto - osserva ancora il biografo -
il momento nel quale la paternità
spicciola e bonaria usata da don R;-
naldi a livello locale si estese per tut-
ta una regione. Egli stesso in quella
circostanza si propone: «Sarò pa-
dre. Eviterò i moili aspri. Quando i
confratelli S~)nO a colloquio non da-
rò a vedere ili essere stanco o di aver
fretta: provvederò ai loro bisogni.
Avrò presente don Bosco».
Don Rinaldi si mise al lavoro sen-
za scomporsi: in nove anni di ispet-
torato in Spagna vennero fondate
21 opere. Proprio con riferimento a
quegli anni, monsignor Olaechea
scrisse:
«Ho l'impressione di non aver in-
contrato nella mia non breve esi-
stenza un sacerdote che mi abbia
dato più alta idea della paternità
amorosa di Dio. Mi è difficile far
nomi ma posso attestare ili non aver
sentito salesiani che avendolo cono-
sciuto non parlassero con entusia-
smo della sua persona».
Nel 1901 don Rua chiamò don
Rinaldi a Torino perché l'affiancas-
se come Prefetto generale nel gover-
no della Congregazione.
A quei tempi il Prefetto generale
si occupava anche dell'amministra-
zione dei beni della Congregazione
(oltre che della disciplina religiosa).
Don Rinaldi caratterizzò i suoi in-
terventi a mitezza e paternità.
Fu proprio in quegli anni che in-
comfociò ad accompagnare il suo
lavoro quotiiliano con l'impegno
pastorale nell'oratorio femminile
delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Per quasi un ventennio don Rinaldi
sarà un riferimento essenziale per
molte anime desiderose di crescere
spiritualmente mentre da lui parti-
ranno le proposte e le iniziative più
svariate. Voleva che ogni domenica
l'oratorio avesse una veste nuova.
Fondò l'associazione delle Figlie di
Maria spingendole all'azione e sug-
gerendo la fondazione di una picco-
la Società di mutuo soccorso. Costi-
tt.rl un gruppo ili «Patronesse» in
difesa delle giovani operaie mentre
fondò anche la prima associazione
delle exallieve delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Sorse anche un circolo
di cultura ed incoraggiò la scuola ili
ginnastica.
Il suo zelo, insomma non aveva

3.10 Page 30

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30 7 FEBBRAIO 1987
tregua. Sull'esempio di don Bosco
fu anche un apostolo della confes-
sione: attraverso di essa non soltan-
to riconciliò anime a Dio ma le
orientò verso la vita religiosa attra-
verso una direzione spirituale pru•
dente e decisa.
Don Ceria, altro biografo di don
Rinaldi trova il segreto di don Ri-
naldi confessore e direttore di spiri-
to, nella sua arte di incoraggiare.
«Incoraggiava - scrive - chi
correva, chi andava a rilento, chi
cadeva. I frutti sono la prova più
convincente della bontà del suo me-
todo».
Proprio dall'esigenza di dare alle
anime più generose la possibilità di
una consacrazione totale a Dio nac-
que in quegli anni in lui anche il
progetto di un istituto di laiche con-
sacrate nel mondo con lo spirito sa-
lesiano. Servendosi di tre Figlie di
Maria, don Rinaldi, il 20 maggio
de1 1917 metteva le basi per una
«Società delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice nel secolo». Le tre furono:
Maria Verzotti, Francesca Riccardi
e Luigina Carpanera.
L'idea sarebbe cresciuta ulterior-
mente e negli anni cinquanta matu-
rerà pienamente nell'Istituto secola-
re delle Volontarie di don Bosco,
oggi pienamente approvato dalla
Chiesa e diffuso in tutto il mondo.
«Abbiate - diceva don Rinaldi a
quelle donne - lo spirito buono.
La vostra missione non consiste so-
lo nel farvi sante, ma nell'adattarvi
alle necessità della vita, ai tempi,
per far del bene».
Morto don Paolo Albera don Ri-
naldi venne chiamato a succedergli.
Siamo nel 1922.
Per avere un'idea di quel che è
avvenuto durante il rettorato di don
Rfaaldi basta pensare che all'inizio
del suo mandato c'erano 4.788 sale-
siani sparsi in 404 case mentre dieci
anni dopo i Salesiani saranno 8.836
sparsi in 644 case. Fu un rettorato
caratterizzato dall'impegno missio-
nario e dalla beatificazione di don
Bosco. Lo zelo missionario vènne
accentuato da alcune iniziative ec-
clesiali ma anche da una serie di
scelte indovinate dallo stesso don
Rinaldi come la creazione e il poten-
ziamento dell'1stituto missionario
di Ivrea, la fondazione del1'Asso-
ciazione Gioventù Missionaria e
della relativa rivista. Nel 1925 si die-
de un particolare rilievo al cinquan-
tesimo anniversario delle missioni
salesiane.
Il due giugno 1929 in san Pietro a
Roma don Rinaldi ebbe la gioia di
assistere alla beatificazione di don
Bosco per la quale tanto aveva sof-
ferto, lavorato e sperato. Fu a ricor-
do di quest'avvenimento che don
Rinaldi vorrà due opere: l'Istituto
Pio Xl a Roma e l'Istituto Rebau-
dengo a Torino.
Dotato di salute non eccezionale
ne aveva avuto tuttavia a sufficien-
za per dare alla Congregazione un
servizio eccezionale. Dopo la beati-
ficazione di don Bosco essa divenne
sempre più precaria fino a quando il
5 dicembre 193l don Filippo Rinal-
cli morì.
U cordoglio fu unanime come
unanime fu il giudizio: è morto un
santo.
Con Lui si chiudeva nel governo
salesiano l'età delle origini e la ge-
nerazione dei superiori direttamente
formati alla scuola di san Giovanni
Bosco.
Eppure nonostante il giudizio co-
mune sulla sua santità, si introdusse
il Processo soltanto dopo che av-
venne un fatto straordinario che ri-
portiamo in altra parte del giornale.
Quali i tratti della sua «eroicità del-
le virtù»? Eccone alcuni.
Nessuna elucubrazione ascetico-
mistica. Nessun mistero della fede
messo al centro o alla base di co-
struzioni interiori. Don Rinaldi, co-
me don Bosco non pretese di essere
un teorico della vita spirituale. Vis-
se e insegnò il dono della grazia che
si sviluppa e cresce con l'esercizio
della preghiera, la frequenza dei sa-
cramenti, la pratica delle virtù indi-
viduali e sociali, specialmente la ca-
rità, fatta bontà e premura verso
tutti.
Don Rinaldi al
tavolo di lavoro

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - - - - - -sB
Sempre a proposito della sua
bontà ecco quanto disse una volta
parlando ad alcune direttrici delle
Figlie di Maria Ausiliatrice sul do-
vere della correzione.
«Attente - consigliò - a non
far correzioni in pubblico o nella
conferenza settimanale, perché in
tal caso l'incontro comunitario si
trasforma in tribunale. Non accen-
nate a mancanze di poche, se parla-
te a molte. Non fate correzioni la
sera nel dare la buona notte, perché
le suore debbono andare a riposo
tranquilJe ».
«Le faremo allora - domandò
una diretLrice - nel colloquio per-
sonale?».
«Oh, no - rispose don Rinaldi
- il colloquio deve essere un cor-
diale e affettuoso espandersi del
cuore per intendersi, per meglio la-
vorare insieme. Se attendeste il col-
loquio per correggere le sorelle,
queste ne avrebbero paura». «Allo-
ra - incalzò la direttrice - a quan-
do la correzione?». E il Venerabile:
« Quando siete calma: quando an-
che la sorella è calma; quando l'oc-
casione si presenta propizia; magari
quando fate con lei un beJ giro per
casa; cosi alla buona, con poche pa-
role e cambiando subito discorso,
per far vedere che tutto è passato e
non ci pensate più».
Fare fu ancora l'esigenza della
sua vita apostolica, l'aspirazione
cocente del suo infrenabile e multi-
fanne zelo. Ma volle sempre agire
come chi resta in disparte; senza
farsi vedere o sentire; senza procu-
rare lodi o stima alla sua persona.
Coniugando perfettamente missio-
ne e consacrazione don Rinaldi af-
fermò con fierezza salesiana:
«La nostra missione non è di es-
sere trascinati, ma di trascinare;
non di ricevere impressioni di luo-
ghi e persone dove andiamo, bensì
di portare il nostro spirito nella for-
mazione cristiana della gioventù e
dell'ambiente che ci auomfa. La
nostra missione non è tanto di im-
pedire il male, quanto di educare al
bene, onde la gioventù abbia la for-
za di evitare il male».
Giuseppe Costa
(Condensato da Luigi Castano, DonRi-
na/di viveme immagine di don Bosco,
ElleDiCi, Leumann 1980 pp. 253).
I FEBBAAIO 1987 · 31
UN FATTO '~"'""~--~~~~~~"iil~~
STRAORDINARIO
Riportiamo un awenimento capitato sul finire della seconda
guerra mondiale cosl come venne riferito al Processo informativo
di Torino da chi fu testimone e cosi come lo pubblica Luigi
Castano.
Il 20 aprile 1945 suor Maria Car-
la De Noni, Missionaria della
Passione di Gesù, viaggiando
In ferrovia da VIiianova a Mon-
dovl fu sorpresa da mitraglia-
mento aereo delle ultime scon-
volte giornate di guerra in Italia
settentrionale: era portatrice di
viveri a partigiani nascosti.
•Mancava poco alla stazione
di Mondovì - racconta la teste
madre Maria Lazzari, fondatrice
e superiora del nascente Istituto
- allorché tre aeroplani, com-
parsi improvvisamente nel cie-
lo, scesero a bassa quota e mi-
tragliarono la motrice e le vettu-
re del convoglio elettrico.
Suor Maria Carla tu grave-
mente colpita; ebbe fracassata
e in parte asportata la mandibo-
la inferiore e riportò ferite al pol-
mone e al braccio sinistri. Le
condizioni generali si rivelarono
subito allarmanti, tanto che le si
amministrò l'Olio degli infermi
per strada. Si riuscì a traspor-
tarla in clinica, ma si temeva da
un momento all'altro il decesso.
Tosto si fece ricorso con la
preghiera all'intercessione di
don Rinaldi - madre Lazzari
era stata sua figlia spirituale e
ne stimava la santità :--: e l'in-
ferma poté esser trasferita alla
casa centrale di Villanova-
Mondovì. Ma il 27 aprile, a una
settimana dal sinistro era ago-
nizzante: il medico dichiarava di
non esservi più speranza di ri-
presa.
Ricordai allora - prosegue
madre Lazzari - di avere un
fazzoletto di don Rinaldi; andai
a prenderlo e lo diedi a suor Ce-
lina, perché lo applicasse alla
morente, mentre io radunavo la
comunità In cappella onde im-
plorare Il miracolo per interces-
sione di don Rinaldi. Poi corsi ai
letto di suor Maria Carla con
l'angoscia in cuore.
L'ammalata raccontò più tar-
di che al contatto del fazzoletto
di don Rinaldl con la parte infer-
ma le era sembrato come se la
morte s1 allontanasse da lei.
Senti un gran sollievo e con stu-
pore dei presenti chiese da be-
re: ma con gesti, poiché dopo Il
mitragliamento non aveva più
potuto articolar parola. Le por-
gemmo del latte e riusci a sor-
birlo.
Da quell'istante cominciò a
migliorare: in poco tempo si
chiusero le ferite, e la carne e la
cute del viso sì ricomposero in
maniera sorprendente. Manca-
va però parte della mandibola,
per cui la bocca non si chiude-
va, la lingua restava penzoloni e
suor Maria Carla non poteva
parlare né mangiare.
L'infermiera suor Celina che
l'accudiva le disse più tardi:
" Vedrà, suor Maria Caria, don
Rinaldi non lascerà te cose a
metà: le farà crescere anche
l'osso".
Qualche giorno dopo suor
Maria Carla si addormenta al
pomeriggio e riposa a lungo.
Svegliatasi ha una strana sen-
sazione In bocca. Si sfascia, si
tocca li mento e nota che era
cresciuto l'osso della mandibo-
la. Da quel momento si sentl
completamente guarita; poté
chiudere la bocca, parlare, nu-
trirsi e riprendere la vita di
prima ...

4.2 Page 32

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32 · I FEBBRAIO 1987
GIUSEPPE LAZZATI
La preghiera del cristiano, Edi-
trice AVE, Roma 1986 pp. 176,
L. 11.000.
Molti conoscono la figura
«pubblica• di Giuseppe Lazzatì.
Il suo Impegno nefla comunità
ecclesiale e nella società civile,
come educatore, uomo politico
e di cultura. Pochi avevano po-
tuto vincere la sua riservatezza
e conoscere la sua dimensione
interiore.
A pochi mesi dalla sua morte
esce ora il libro che Lui aveva
voluto (ne aveva rivisto le bozze
durante gli ultimi giorni) e che
permette di conoscere il mondo
interiore di Lazzati, tutto illumi-
nato dal dialogo con Il Signore.
Ecco «La preghiera del cristia-
no•. Un libro che servirà certo a
conoscere l'Autore, ma soprat-
tutto aiuterà ciascuno a cono-
scere se stesso, tanto puntuali,
Utile iniziativa
del cc Messaggero
di Sant'Antonio»
Le Edizioni Messaggero di Padova hanno
pubblicato i primi due fascicoli che raccolgono
una serie di inserti apparsi sul Messaggero di
Sani'Antonio finalizzati a far «crescere nella fe-
de,. I suoi lettori.
I primi due volumetti - ognuno costa
L. 3.000 - sono dedicati a «Conosci Gesù?» e
«Scommessa sulla risurrezione».
Gli articoli riportati sono di Luigi Sartori, Ro-
meo Cavedo, Lucio Soravito, Valerio Ochette,
Giovanni Casali, Piero Lazzarin, Giacomo Pan-
teghini, Antonio M. Saggio. Vengono inoltre ri-
portate interviste fra gli altri a Vittorio Messeri,
Rosario Romeo, Marco Pannella, Perez Esqui-
vel.
LIBRI RICEVUTI
-ROMEO CAVEDO/RENATO
DE ZAN, LUCIANO MONARI,
GIOVANNI SALDARINI
Dalle scritture alla liturgia,
editrice A. V.E. Roma 1986 pp.
88 L. 7.500.
-
MONS. SANTI PESCE-
PROF. ENZO ARENA
Il caso Lucia Mangano• alla
luce della scienza medica e
della scienza teologica, Istitu-
to delle Orsoline, S. Giovanni
La Punta (CT), 1986 pp. 151
L. 15.000.
FRANCO ROBERTO
Luci del palcoscenico, Editri-
ce ElleDiCI, Leumann (TO)
1986 pp. 237 L. 9.000.
FRANCO ROBERTO
Spettacolo per tutti, ElleOiCi,
Leumann (TO) 1986 pp. 259
L. 9.000.
chiare e illuminanti sono le intui-
zioni e le riflessioni che vi sono
raccolte.
I
C-p,w4nUlfl
LA PREGHIERA
DEL CRISTIANO
-DOMENICO BERTETTO
(a cura di),
I discorsi del Papa ai giovani,
Edizioni Dehoniane, Napoli
1986; pp. 333, L. 20.000.
A cura di don Domenico Ber-
tetto le edizioni Dehoniane di
Completata dalla
Elle Di Ci la raccolta
in Dia su Don Bosco
e il suo ambiente.
Napoli hanno pubblicato il primo
di una serie di volumi dedicati ai
discorsi che il Papa rivolge ai
giovani. Il primo volume - fornt-
to di indice cronologico, analitt-
co e dottrinale - è dedicato al
primo anno di pontificato di Gio-
«Don Bosco e ìl suo ambiente• è una raccolta
di diapositive sui luoghi, le persone e le cose
che segnarono la vita di san Giovanni Bosco.
Dopo anni di lavoro appassionato e intelligente
il signor Teresìo Chiesa, un salesiano coadiuto-
vanni Paolo Il.
re che fotografa con la passione dell'antico arti-
L' esperienza, i problemi, I
frutti e la gioia del cristiano che
prega sono presentati con una
semplicità ed una concretezza
che sorprenderà Il lettore abi-
tuato al Lazzati Intellettuale e
docente universitario. «Solo chi
ha pregato a lungo può parlare
della preghiera•, scrive il cardi-
nale Martini nella presentazione
del libro; in questo senso il libro
è veramente una testimonianza.
Don Bertetto da anni ormai è
un attento lettore e «seleziona-
tore• degli interventi pontifici.
Suoi sono numerosissimi volumi
sul magistero mariano del pon-
tefici. Ora egli mette a disposi-
zione degli operatori pastorali
Ianche una serie di volumi dedi-
cati ai giovani.
giano, ha completato un lavoro che potrà essere
molto utile soprattutto durante le celebrazioni
centenarie ormai imminenti.
Si tratta di 558 diapositive raccolte in tre volu-
mi e debitamente accompagnate da una «gui-
-da». La loro utilizzazione può essere varia: dal-
l' interesse dell'appassionato che in esse può
trovare immagini eccezionali al catechista o ani-
matore parrocchiale che vuol fare conoscere la
vita del Santo dei Becchi.
Lo stesso Rettor Maggiore don Viganò pre-
Una lettura particolarmente
sentando il lavoro di Chiesa ha scritto:
adatta a chi cerca di migliorare
la «qualità• della sua preghiera;
ma una lettura quasi necessaria
per quanti si sentono spesso
troppo presi dal ritmo delle atti-
vità esteriori e cercano la strada
di una preghera che non sia
aQll•dl~9ilr--
«Frutto di ricerca attenta e paziente, realizza-
ta con competenza e amore di figlio, la serie ci
aiuta a comprendere meglio la personalità del
Santo, le basi umane che lo hanno sorretto e ar-
ricchito, l'ambiente delle virtù della sua gente
che lo ha stimolato, il fuoco di Spirito Santo che
evasione o semplice •devozio-
è disceso, il secolo scorso su quel ragazzo e
ne•, ma coinvolga tutta la perso-
na e sia capace d'illuminare e
guidare tutti i momenti della
vita.
---
quel prete piemontese».

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - - -5'1-
1 FEBBRAIO 1987 · 33
MIIII Vai abita a Torino, dove insegna alle scuole medie presso l'Istituto S. Giuseppe
dei Fratelli delle Scuole Cristiane.
Si è laureata in lettere e filosofia con il prof. Bolgiani, direttore dell'Istituto di studi
storico-religiosi «E. Peterson» e docente di storia del cristianesimo.
Impegnata da sempre in parrocchia, si dedica in particolare alla catechesi dei più
piccoli e dei giovani.
In famiglia anche una suora salesiana, la prozia Suor Lìnda Stocco, per alcuni anni
missionaria in Cina e ora a Nizza Monferrato.
Molti la conoscono per le sue pubblicazioni, quasi tutte edite dalla SEI: libri dì dise-
gni a soggetto prevalentemente biblico e religioso. Siamo andati a incontrarla nella
sua casa di Torino.
D. Innanzi tutto quando e perché hai cominciato a disegnare?
R. Fin da piccola mia mamma mi ha avviata a dipingere e disegnare poi durante
gli anni dell'università ho cominciato a disegnare •il vangelino» cioè Il vangelo di Luca
in tanti piccoli quadretti affiancati dal testo del vangelo che rivedevo personalmente
dalla fonte. come ho continuato a fare anche per gli altri libri.
D. Quindi hai disegnato per te, non hai pensato ai tanti bambini cui era destinato
li libro?
R. Colgo l'occasione per chiarire che sia per il primo che per gli altri libri ho sem-
pre preparato disegni e testi per me, come un modo per approfondire ed essenzializ-
zare Il rapporto con la Parola di Dio e la storia della salvezza e quasi per rendere visibi-
le e comunicabile il messaggio di Gesù.
Quando sono entrata in contatto con le case editrici, con il mercato editoriale si è
convenuto che i bambini sono i primi, anche se non gli unici destinatari dei miei libri.
O. Ciò che colpisce sfogliandoli e leggendoli é la semplici/a del linguaggio e anche
del tratto grafico. Come raggiungi questo «effetto•?
R. Certamente la Parola di Dio, la Bibbia, è un invito alla semplicità, poi c'è l'impe-
gno a trasmettere ciò che ho letto, cercato di assimilare, di fare mio sia con la parola,
che con i disegni e i colori. Mi pare che un linguaggio semplice raggiunga il cuore e
la mente di piccoll e grandi.
D. Se ci soffermiamo sui disegni emerge un'immagine serena, della realtà quasi
senza conflitti, e della vita, senza paure. senza brutture... c'è una spiegazione?
R. L'incontro con l' amore del padre, con Cristo non possono farci evadere, ma
neppure - lo credo - ci trasformano in eterni pessimisti: con I miei disegni, con i co-
lori chiarì e luminosi cerco di dire che bisogna amare le cose belle che il Signore ha
creato e che ciascun uomo e ciascuna donna porta nel cuore, che bisogna imparare
a guardare la gente e il mondo da ciò che è bello e positivo rendendoci disponibili al
Signore e agli altri nella realtà spesso complessa in cui viviamo.
O. Qualche parola sul titoli dei tuoi libri.
R. •Il vangelo secondo Luca•, poi con la SEI I libri di Mosè•, una rilettura del Pen-
tateuco, «li libro degli apostoli•, dagli Atti degli apostoli, poi una storia degli zingari at-
traverso il racconto della nonna al piccolo Aiz, e •I fioretti di San Francesco• .
O. E poi «Le donne della Bibbia»: perché questo taglio di lettura della Bibbia per
il tuo ultimo libro?
R. Il punto di partenza è stato quasi tecnico - come continuare a parlare della
Bibbia? - con la scelta di filoni tematici poi la ricerca sì è rivelata molto Interessante,
direi sorprendente.
Come spiego nella premessa scoprendo le moltissime figure femminili - quasi tutte
positive - ho pensato di presentare nel modo più completo possibile il discorso bibli-
co sulla donna. Ho tratteggiato tantissime figure, ho segnalato in alcuni elenchi i nomi
di quasi tutte le altre, per l'antico e il nuovo testamento. Maria è assente perché merita
un lavoro a parte che sto già preparando... sempre per me!
a cura di Maria Grazia Tibaldi

4.4 Page 34

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_ STORIA SALESIANA._ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
34 7 FEBBRAIO 1987
- - - - Don Bosco arrivò a
Bergamo la sera del 6 maggio 1860,
sotto un violento acquazzone. No-
nostante la pioggia battente, si av-
viò a piedi verso il Vescovado, dove
si recava a incontràre il Vescovo
della città, mons. Speranza. Ma
non conosceva la strada e chiese a
un ragazzo di indicargliela. Ne ebbe
un netto rifiuto, sicuramente dovu-
to al clima anticlericale che all'epo-
ca dominava la città. Ormai bagna-
to fradicio, don Bosco pensò allora
di usare una carrozza di piazza, ma
'ad evitare sorprese, contrattò pre-
ventivamente con il vetturino il
prezzo della corsa. «Quanto pren-
dete da qui al Vescovado?)} - gli
chiese e soggiunse: «Lasciate stare i
fiorini, e ditemi quanto volete in
franchi>>.
La Lombardia era stata da poco
tempo strappata ali'Austria, e an-
cora permaneva un po' di confusio-
ne fra la vecchia moneta austriaca e
la moneta piemontese. «Due fran-
chi e mezzo» rispose il vetturino.
Don Bosco gli porse uno scudo pie-
montese, aspettando il resto. Ma il
cocchiere dichiarò di non avere mo-
neta. Allora don Bosco pescò in ta-
sca otto soldi, ma ad essi iJ vetturi-
no attribuì il valore della moneta
austriaca. «Non andiamo d'accor-
do - replicò don Bosco-. Con la
mia moneta voi mi fate pagare un
franco in più».
Insomma, il sacerdote non aveva
alcuna intenzione di farsi imbro-
gliare. D'altra parte la pioggia con-
tinuava a cadere con insistenza, e
don Bosco, alla fine, tagliò corto:
<<Abbiate pazienza, aggiusteremo i
conti quando arriveremo al Vesco-
vado. Intanto mettetevi in marcia».
Il cocchiere obbedì mugugnando.
Giunti al palazzo vescovile, don Bo-
sco pregò mons. Speranza di inten-
dersi con il cocchiere. La richiesta
sorprese il Vescovo, che tuttavia
non si formalizzò e diede l'incarico
al domestico di consegnare al coc-
chiere un fiorino, ritenuto il giusto
prezzo della corsa, anche se il vettu-
rino se ne andò brontolando.
L'episodio, curioso per la tenace
trattativa condotta da don Bosco
sotto la pioggia e pe,r la sua abilità
nel conteggio del cambio di valuta,
è narrato da Alpheo Pagin in una
pagina del volume Don Bosco nella
Bassa Bergamasca, che viene pre-
sentato dal!' Ispettoria lombardo-
emiliana come una iniziativa dell'O-
pera salesiana cli Treviglio, antici-
patrice delle molte che accompagne-
ranno, nel 1988, il centenario della
morte di don Bosco. E difatti è su
Treviglio, sugli inizi in,questa città
della presenza salesiana, che iJ volu-
me raccoglie appunti e documenti di
grande interesse.
Aprirsi di tempi nuovi
A Treviglio, don Bosco si fermò
tutte e tre le volte che andò a Berga-
mo. Era del resto una tappa obbli-
gata: venendo da Torino via Mila-
no, a Treviglio si cambiava treno. E
all'epoca, le «coincidenze» erano
piuttosto elastiche, tanto è vero che
bisognava attendere alcune ore.
Una volta, don Bosco approfittò
della lunga sosta per visitare la bor-
gata, che a quel tempo contava
11.000 abitanti.
La prima sosta don Bosco la fece
appunto in quella piovosa giornata
del 6 maggio. Che cosa andava a fa-
re dal Vescovo di Bergamo'? Era un
po' di tempo che si recava da una
città all'altra per incoraggiare alti
prelati, sacerdoti, fedeli, molto pro-
vati da un clima carico di anticleri-
calismo, che faceva di ogni cattoli-
co, agli occhi dei liberali, un antipa-
trioca, per via della confermata fe-
deltà al Papa. Don Bosco aveva lu-
cidamente intuito che i tempi erano
cambiati, che La realtà andava ri-
guardata con occhi diversi rispetto
al passato, e, soprattutto, che quel-
SoTTO l!ACQUAZZONE
A DISCUTERE
DI FRANCHI E·DI FIORINI
CON IL COCCHIERE
Curioso episodio durante una
visita di don Bosco a Bergamo. I
salesiani nella Bassa bergamasca.
L'opera di Treviglio.

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - - -5'1-
la stessa realtà occorreva penetrarla
e non respingerla con anacronistici
arroccamenti su posizioni ormai
storicamente superate. Naturalmen-
te, per don Bosco questo realistico
atteggiamento era il modo migliore
per affermare vigorosamente la fe-
deltà alla Chiesa e salvaguardarne i
legittimi diritti.
li Vescovo di Bergamo, spinto
anche dall'atteggiamento di intolle-
ranza assunto dai liberali della città,
si era irrigidito nel rifiu10 della di-
sposizione imposta per legge che
obbligava i sacerdoti a sostenere l'e-
same di Stato. Don Bosco si era re-
cato a Bergamo proprio per convin-
cerlo a recedere dalla sua posizione.
Di quella visita, Pagin ci ricorda un
altro piccolo aneddoto, che meue in
evidenza la ben nota frugalità di
don Bosco. Fu lo stesso Vescovo a
condurre l'ospite, dopo la cena. nel-
la stanza che gli era stata riservata.
Al vederla, don Bosco rimase colpi-
to dallo sfarzo dell'arredamento.
«Monsignore - chiese intimidito
dai troppi arazzi e tendaggi - non
ha un altro letLo da darmi?». E
mons. Speranza ribatté, con ironia:
«No, signor don Bosco. Se ne avessi
uno... migliore glielo avrei già mo-
strato. Si adatti ... ». E aggiunse:
«Facezie a parte, ricordi: lei è sotto
la mia giurisdizione. Si corichi, glie-
lo ordino...».
Don Viganò In visita alta Casa
Salesiana di Treviglio
I FEBBRAIO 1987 35
A pensare di chiamare i salesiani
a Treviglio fu don Francesco Raino-
oi, canonico rettore del Santuario
della Madonna delle Lacrime e coo-
peratore salesiano, sacerdote di ri-
gorosa formazione, affatto inten-
zionato a fare concessioni ai tempi
nuovi, considerato dai liberali uno
fra i più irriducibili avversari. Spe-
cialmente dopo il 20 settembre
I870, con la presa di Roma e la na-
scita della questione romana, i rap-
porti tra cattolici e liberali andaro-
no via via peggiorando, a tutto dan-
no dei primi, fatti oggetto di cam-
pagne denigratorie dirette a ostaco-
larne ogni attività. Per di più i cat-
tolici erano all'epoca assenti sul pia-

4.6 Page 36

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36 · I FEBBRAIO 1987
La Casa Salesiana di Treviglio
vista dall'atto
no politico, e ancora non si era svi-
luppato l'impegno nel sociale. Allo
scopo di contrastare il predominio
liberale in ogni campo, don Rainoni
ritenne necessario uscire dall'ambi-
to della parrocchia per allargarsi al
mondo esterno e raggiungere i «lon-
tani».
Egli vide nella scuola il settore
più adatto alle prime iniziative. E
chi, meglio dei salesiani, congrega-
zione giovane e dinamica che ha per
scopo proprio la formazione dei
giovani, avrebbe potuto rispondere
all'esigenza propugnata dal sacer-
dote trevigliese? Don Rainoni prese
contatti con Torino, e scrisse diret-
tamente a don Bosco: «Uno dei
miei voti più ardenti per il bene di
questa parrocchia è l'apertura dì
una casa di salesiani a vantaggio
della gioventù, e già con una lettera
dello scorso febbraio io aprivo avo-
stra signoria il mio cuore in propo-
sito. Ella, con la sua graditissima in
data 28 di detto mese, mi assicurava
del desiderio di aprire una Casa in
Lombardia, e cbe Treviglio, anche a
vostra signoria sembrava il luogo
più opportuno. Nell'impossibilità
del momento le arrideva però la
speranza di riuscire in avvenire... ».
Unsacerdote e due
chierici
Don Bosco era assediato da ri-
chieste del genere, ma per poterle
accogliere tutte avrebbe dovuto
operare il miracolo di moltiplicare
per mille i suoi salesiani. Ciò che
più faceva difetto era difatti il per-
sonale. Se don Bosco fa impossibili-
tato, prima di morire, ad accogliere
la richiesta di don Rainoni, il suo
desiderio non si spense con lui. Fu
trasmesso infatti a1 suo successore,
don Rua, che ottenne di.realizzarlo.
Il 17 ottobre 1892 arrivarono a Tre-
viglio i primi salesiani, il sacerdote
Francesco Cottrino e i chierici Fran-
cesco Martini e Felice Razzoli. Si
può ben dire che l'origine dell'Ope-
ra salesiana di Treviglio si ricolleghi
direttamente a don Bosco. Don
Cottrino, ancora ragazzo, aveva in-
contrato personalmente don Bosco
nel 1874, e rimase entusiasta di quel
sacerdote dal «sorriso largo e dal
fare così benevolo che mi riempì di
meraviglia» .
Divenuto sacerdote salesiano,
don Cottrino fu scelto per la dire-
zione della nuova Casa di Treviglio.
Ma non se la sentiva di affrontare
quell'incarico e ne mise a parte don
Rua, indicandogli tre impedimenti:
«Non mi intendo di amministrazio-
ne, non sono mai stato all'oratorio
festivo, ho male al cuore». E don
Rua di rimando: «Per quanto ri-
guarda la contabilità è cosa facile:
prendi un quaderno, da una parte ci
scrivi le entrate, dall'altra le uscite e
poi fai le somme... Per l'oratorio
festivo, fai cosi: vai all'oratorio di
Valdocco, vedi come fa don Pavia e
imparerai presto. Quanto al mal di
cuore, è solo un po' di paura, ti pas-
serà. Dunque, quando parti?».
Non c'era scelta, e difatti don
Cottrino si mise in viaggio. Aveva i
soldi contati e siccome a Milano
non trovò la coincidenza, non po-
tendosi permettere l'albergo, passò
la notte su una panchina. Quanto ai
chierici erano eccellenti giocatori di
pallone e questo li aiutò moltissimo
a diventare amici dei giovani trevi-
gliesi. Ma erano tempi duri, anche
per i salesiani. «Si mangiava poco e
male - raccontavadonCottrino-.
Il chierico alto ogni tanto mi sveni-
va. La gente si impressionava, ma
io capivo la cosa, correvo in fretta a
prendere due uova, gliele davo e lui
riprendeva vigore».
Dalla passione di don Rainoni,
dall'impegno di don Bosco e di don
Rua, dai sacrifici di don Cottrino,
dall'entusiasmo dei salesiani che lo
seguirono è nata a Treviglio l'impo-
nente Opera che oggi tutti ammira-
no, «progredita sopra le speranze
- come ba scritto il Rettor Maggio-
re don Viganò al Direttore dell'Isti-
tuto salesiano di Treviglio don Feli-
ce Rizzini - e che ha preso poi
quella fisionomia che, oltre a dar
lustro e vanto all'industre cittadina,
ne fa ora un centro di cultura cri-
stiana in cui ci si impegna ad attua-
re, a favore di tanti giovani, il pro-
getto educativo salesiano».
Le origini, lo sviluppo, il consoli-
damento dell'Opera, l'arrivo delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, il for-
marsi del gruppo degli ex allievi,
tutto ciò e altro ancora, è messo in
evidenza dai contributi - impossi-
bile citarli tutti - che hanno con-
sentito di realizzare il volume, un
brano tutt'altro che insignificante
della lunga storia salesiana.

4.7 Page 37

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;:~~1: ::-·_·--~----.:.·-. ~-·:·<::~-~:·f-~-~-<;·--.
I NOSTRI
. • , . ' .. . . .• •
, I•.
SANTI
I FEBBRAIO 1987 37
UN GRAZIE DI CUORE
V orrei ringraziare S. Dome-
nico Savio e di cuore per
la continua protezione che svol-
ge sulla mia famiglia. Ringrazio
Il piccolo santo della culla per il
grande dono che ci ha fatto per
la nascita di Giuseppe che ora
ha sei mesi di buona salute.
Pietro Valenti Leonforte (Enna)
HO PREGATO
CON TANTA FIDUCIA
D t:sidero esprimere fa mia
riconoscenza a mons.
Versiglia e a don Caravario che
ho pregato con tanta fiducia af-
finché esaudissero, interceden-
do presso il Signore, una mia
sofferta richiesta. Per grazia di
Dio la preghiera è stata accolta.
Continuo a chiedere ai due mar-
tiri salesiani di assistermi in ogni
momento.
Margherita B. Fossano (CN)
SONO MADRE
DI UN BEL BAMBINO
V orrei ringraziare S. Dome-
nico Savio per l'aiuto che
ml ha dato per la gravidanza: in-
fatti sono diventata madre di un
bel bambino, a cui abbiamo im-
posto come secondo nome Do-
menico, affinché il piccolo santo
salesiano continui a proteggerlo
nel cammino della vita.
Angela Andria (BA)
UNA FIGLIA RIBELLE
S criv~ la presente ~r testi-
moniare una grazia con•
cessami per intercessione di
mons. Versiglia. Ribelle e su-
perba tempo fa era mia figlia
che rincasava tardi, non obbedi-
va, facendomi disperare ogni
giorno: tutte le notti le passava
in discoteca. Ho rivolto allora le
mie preghiere a mons. Versiglia schiantare, inclinandosi, contro
perché questa mia figlia potes- un grosso muro ed il suo para-
se cambiare. Ebbene dopo carri del curvone sfasciandosi. Il
qualche tempo, conosciuta una rumore e il danno furono grandi,
famiglia cristiana negli Stati Uni- ma lo uscii indenne fra la mera-
ti ne sposa un figlio, decidendo viglia di tu!ti.
di abbandonare ogni dissolu• Vorrei ora rendere pubbliche
tezza.
grazie alla dolce Mamma Ausi-
Gilma Guerra de Lopez
Panamà Ciudad
liatrice e a tutti I Santi Salesiani
che mi sono sempre vicini e ge-
nerosi con la loro protezione.
Giovanni Maria Patrizi Aosta
INTERVENTO
AL PANCREAS
N el gennaio 1986 la mia
cara zia appena cinquan-
tatreenne, già dializzata, ha su-
bito un intervento delicato al
pancreas e ha passato momenti
cosi terribili che pensavo non ce
l'avrebbe fatta. Proprio allora mi
sono rivolta a Maria Ausiliatrice
che in breve tempo l'ha guarita.
Ora la ringrazio pubblicamente.
Elisabetta Genova
ERO RIDOTTA
AGLI ESTREMI
S offerente da tanto tempo, i
dottori non sapevano dia-
gnosticare il male, per cui ero ri•
dotta quasi agli estremi. Come
ex allieva delle FMA ho pregato
con fede Maria Ausiliatrice. Fi-
nalmente la causa del male ven-
ne scoperta: ora dopo una diffi•
elle operazione sto bene, ma
non per questo ho smesso di
pregare la Madonna di don Bo-
sco.
TREMO ANCORA
DALLO SPAVENTO
Maria Giovanna V/sie
Borghetto S. Nicolò (Imperia)
N on potete immaginare FUI INVESTITO
quale sia la mia gratitudi•
ne dopo che ho sentito e udito
DA UN'AUTO
D coi miei orecchi quanto il condu-
cente del carro attrezzi ha detto,
vedendo la macchina: •Se quel•
esidero pubblicare una
grazia ricevuta per inter-
lo che la guidava, è saltato fuori cessione di Maria Ausiliatrice,
vivo... costui è un miracolato». San G. Bosco, don F. Rinaldl,
Ed il sottoscritto (io) era proprio San D. Savio, Beato M. Rua ai
n, presente. Tremo ancora dallo quali ho rivolto fiduciose e insi-
spavento.
stenti preghiere insieme a con-
Era sera, stavo salendo sulla fratelli, parenti e amici.
strada n. 26 che da Aosta porta La sera del 28 ottobre 1984,
al traforo del Monte Bianco, rincasando a piedi, a circa un
quando all'uscita di Saint Pier- chilometro da casa, fui investito
re, sulla strada resa viscida a da un'auto mentre ero fermo sul
causa della pioggia il veicolo mi ciglio della strada. Tutto avreb-
sfugge di mano. Non riesco più be potuto andare ben peggio:
a dominarlo. Sulla strada c' è un dall'urto con l'auto (che non si è
TIR. Ha visto tutto e a mala pe- fermata) e dalla impossibilità di
na può aiutarmi. macchina rimuovermi da solo dall'asfalto
ormai incontrollabile si va a su cui ero caduto. Invece, pochi
minuti dopo, una caritatevole
persona mi ha scorto, caricato
sulla sua auto e portato all'ospe-
dale.
Avevo riportato la frattura del-
la tibia e del perone di una
gamba.
Dopo Ire mesi di Ingessature
e altri tre di ginnastica riabilitati-
va, ripresi poco alla volta a cam-
minare e In parte anche le mie
occupazioni.
Anche alcune complicazioni
soprawenute hanno potuto es-
sere risolte favorevolmente.
Quindi, ringrazio di cuore il
Buon Dio che ha voluto ascolta-
re intercessioni e preghiere e
anche tutte le persone che in
qualsiasi maniera mi hanno aiu-
tato.
Esorto tutti a ricorrere con fi.
ducia alla intercessione di Maria
SS. Ausiliatrice e dei nostri
santi.
Giovanni Brignone, sdb
Bivio di Cumiana {TO)
CONCORSO VINTO
V orrei con riconoscenza
enorme ringraziare Maria
Ausiliatrice e tutti i Santi Sale-
siani per le tante grazie ricevute
durante la mia vita e In modo
particolare per aver, ultimamen-
te, fatto vincere un concorso a
mio figlio.
Ora desidererei chiedere una
particolare preghiera affinché
questo mio figlio possa I.ornare
alla fede.
Lettera firmata
TORNA LA SERENITÀ
A causa di una lunga lite
tra parenti condomini, la
pace e la serenità della nostra
famiglia era molto compro-
messa.
Ora grazie all'Intercessione
dei santi salesiani la situazione
si è risolta in modo soddisfa-
cente.
Riconoscenti continuiamo ad
invocare protezione su tutta la
nostra famiglia.
L. O. Bussino TO

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38 · I FEBBRAIO 19/t7
I NOSTRI
MORTI
MARUCCI sac. MATTEO, salesiano
t Taranto 1112/5/1986
Dopo due giorni dal tragico !nei•
dente, Don Matteo, calmo e sereno
della mansuetudine dei santi, muore
insegnandoci a vivere. Vani lurono
tutti i tentativi profusi dai nostri amici
chirurghi. l'attesa angosciante dei
confratelli, degli allievi, degli ex allie-
vi e di tanti amici tramontava in quel
sereno e luminoso pomeriggio del 12
maggio quando la commossa voce
del cappellano dell'ospedale annun-
ciava che don Matteo era spirato.
Fu un salesiano dotto, ma soprat•
tutto ripieno di Dio col quale era in
continuo dialogo: pregava con tra-
sporto, compiva Il suo dovere con
gioioso impegno, viveva con gusto la
sua giornata terrena infondendo in
tutti quel profondo senso di religiosi-
della vita che solo l' uomo di Dio
possiede e sa trasmettere. Perciò lo
invochiamo assieme al confratelli de-
funti di questa casa come protettore.
PUGLIESE slg. NICOLA, Salesiano
Coadiutore, t Ceglle Messapico
(BR) a 79 anni
Dl animo profondamente buono,
sapeva cogliere tutte le occasioni per
venire Incontro ai confratelli e ai gio-
vani; per essi metteva a frutto la sua
abìlità di Infermiere e dispensiere.
Legato con affetto alla Congrega-
zione godeva delle sue gioie e condi-
videva in pieno I suoi dolorì. È morto
sereno, sicuro di andare, con D. Bo-
sco, a ricevere il premio del giusli.
GANDINI sig.ra TERESA ved.
ASTUTI, cooperatrice, t Alessan•
dria-S. Michele a 84 anni
Conosciuta In giovinezza la figura
del padre dei giovani aveva Imparato
ad amarlo e a farlo amare. Nella cap-
pella costruita accanto alla sua casa
colonica, con riconoscente devozio-
ne e affetto faceva celebrare due no-
vene: a M. Ausiliatrice e a Don Bo-
sco.
Con stile salesiano amava In parti·
colare I giovani. Ci rimane di lei la te•
stimonianza di una fede viva e di una
vita gioiosamente dedicata agli altri.
GIRAUDO slg.ra BRIGIDA, coope-
ratrice t Andonno di Valdieri (CN) a
81 anni
Donna semplice e laboriosa, spo-
sa e madre esemplare di sette figli di
cui due Sacerdoti Salesiani, sempre
sorridente e pronta a prodigarsi per
gli altri, si faceva amare da tutti perla
sua bontà sostenuta dalla preghiera
quotidiana.
Il vuoto che lascia Ira quanti la co-
nobbero e la amarono è colmato dal-
la certezza cristiana che Ella dal cie-
lo vegli su tutti ed è ancora vicina a
loro.
MOTTA sac. GIOVANNI, Salesiano
t Varazze a 68 anni
Fu missionario per più di cinquan-
t'anni In Terra Santa, lavorando sale-
sianamente In Palestina, in Siria, in
Egitto.
Una grave malattia che si portava
dietro fin da giovane, non gli impedl
di spendere il meglio delle sue ener-
gie in occupazioni impegnative e di
grande responsabilità. Sapeva na-
scondere la sua sofferenza fisica die-
tro un sorriso, una converi,azione se-
rena ed un servizio fraterno. Predicò
sempre una flllale confidenza in Ma-
ria SS.
D'ANDRETTA geom. VINCENZO,
ex afllevo t Venosa (PZ) a 45 anni
Stroncato da un male improvviso,
è volato al cielo proprio mentre era
nel pieno della sua attivitè ed esube•
ranza di vita. Attaccatissimo alla la-
miglia, attento e scrupoloso nello
svolgimento del suo lavoro professio-
nale, straordinariamente buono e ge-
neroso con tutti, delicato e discreto
riempiva le sue giornate in un contì-
nuo servizio agli altri.
Partecipava sempre con entusia-
smo a tutti I richiami di D. Bosco e fu
dawero •il buon cristiano e l'onesto
cittadino• del pensiero educativo sa-
lesiano.
Sposo e padre amatissimo, lascia
alla consorte ed all'unica figlia la soli-
da eredità della sua fede e delle sue
profonde virtù umane e cristiane.
CONTARATO don FORTUNATO,
Salesiano Diacono permanente t
Monteortone (PO) a 88 anni
Fu giovane militante di ACI, prestò
servizio militare durante la 1• guerra
mondiale e subito dopo parti missio-
nario per Il Cile dove rimase per ben
50 anni. Suscitò molte vocazioni sa-
cerdotali e religiose: ne enumerava
più di trenta,
Gli ultimi dieci anni Il trascorse qui
a Monteortone come diacono, addet-
to alla accoglienza dei sacerdoti in
cura termale.
FARCA sig.ra ANGELA ved. GIRO.
DO, cooperatrice t Caselette a 91
anni
Donna semplice, operosa, sposa e
madre di cinque figli. la sua lunga vi-
ta fu un offrire silenzioso delle sue
sofferenze.
Lascia la testimonianza di una pre-
ghiera continua Incarnala nel vivere
quotidiano, di una grande fiducia in
Cristo.
Il suo fu un tranquillo addormen-
tarsi nel Signore. Ricordiamola e pre-
ghiamo fraternamente per lei.
CASTELGRANDE slg.ra LUCIA,
cooperatrice t Venosa (PZ) a 65
anni
Donna semplice e laboriosa, spo-
sa e madre esemplare. la sua vita è
stata tutta e solo per la famiglia. Si
faceva amare da tutti per la sua gran-
de bontà. Le sue preghiere erano in
partlcòlar modo per le vocazioni sa-
cerdotali. Devota di M. Ausiliatrice
amava molto D. Bosco e le sue ope-
re. lascia la testimonianza di gene-
rosa donazione e dedizione agli altri.
LA ROCCA geom. ROCCO, coope-
ratore t Milano a 69 anni
Uomo di fede robusta, fu sposo e
padre esemplare, attento alla buona
educazione dei figli al quali ha lascia-
to ln eredità una testimonianza di
onestà, vita crlstana e fedeltà al do-
vere che lo ha visto impegnato per
ben 25 anni come geometra-capo al
Comune di Potenza. Attratto dallo
spirito di don Bosco, seppe essere
un vero cooperatore salesiano, pro-
fondamente convinto che ciò che più
conta nella vita è saper lare sempre
la santa volontà di Dio.
QUARATINO slg. TOMMASO, coo-
peratore t Potenza a 62 anni
Fu uno dei primi cooperatori del
Centro Salesiano di Potenza, fu sem-
pre entusiasta di appartenere alla fa•
miglia salesiana e partecipò con as-
siduità a tutte le riunioni mensili.
Ricordava sempre con nostalgia l
primi tempi dell'arrivo del salesiani e
il difficile inizio In un vecchio garage
di Verderuolo.
Consapevole che il tramonto della
sua vita era ormai vicino, sì preparò
offrendo al Signore gli atroci dolori
della sua malattiae affidandosi a don
Bosco, M. Ausiliatrice, del quali era
sempre slato molto devoto.
PROSPERINI Monsignor FERDI-
NANDO L., cooperatore, t Roma a
96 anni
Sacerdote esemplare per oltre set-
tanta anni, onorò il clero italiano per
-zelo e santità di vita. Spese la sua
lunga esistenza nel ministero della
parola, della buona stampa. Fu cap-
pellano degli Alpini nella prima guer-
ra mondiale e assistente centrale
dell'Azione Cattolica. Trascorse gli
ultimi anni come canonico vaticano,
Ex allievo salesiano prima e poi
cooperatore, si sentiva membro a
pieno titolo della famiglia di Don Bo-
sco nel cui spirito sempre operò. I so-
lenni funerali svoltisi nella basilica
vaticana mostrarono al presenti la
grande eredità di affetti la.sciata dal-
l'Illustre scomparso e la viva testimo-
nianza di vita data al clero italiano.
A quanti hanno chiesto Informazioni, annunciamo che LA DIRE·
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredita.
Formule valide sono:
- se si tratta d' un legato: • ... lascio alla Direzione Generale Ope-
re Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per
le missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'immobile sito in... per gli scopi persegutti dall'Ente, e parti•
colarmente r r l'esercizio del culto, per la formazione del Clero e
del Religios, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro del due Enti su indicati:
• ...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi•
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure /'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
in Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi persegutti dall'Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e dei Religiosi, per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
p e r ve n u te
alla Direzione
Opere Don Bosco
1 FEBBRAIO 1987 39
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, pergrazia ricevuta e in
memoria del salesiano Don Giovanni
Riva, a cura di N.N.. L. 1.000.000
Borsa: S. Cuore di Gesu, Maria Au•
sillatrlce, Don Bosco, implorando
protezione per la mia salute e per I
miei cari, figlio e nipotina, a cura di
A.P., L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Basso Gennaro, Frat-
tamaggiore. NA, L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, per gra-
zia ricevuta, a cura di Cavalieri Fran-
cesca, Torino, L. 500.000
Borsa: In memoria dell'lng. Carlo
Noce/li. salesiano, per aiuto ricevuto
dall'exallievo Tomaso Marsano.
L 500.000
Borsa: Laura Vicuiia, 1n riconoscen- Borsa: Maria Auslllatrice, Don Bo-
za per l'aiuto avuto, a cura di e.o., sco, a cura di Goretti Rina, Ballabio
L. 200.000
CO
Borsa: Don Bosco, in ringraziamen-
to, a cura di Dallaserra Gina, Trento,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In memoria diAlessan-
dro Bonlvento e Bocci Carina, a cura
di Notarigiovanni Enrico. Roma,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio. per grazia ri-
cevuta, a cura di Cinti Nella, Amelia,
TR, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, ringraziando e invo-
cando protezione sulla famiglia, a cu-
ra di G. Ferraro, Torino
Borsa: S. Giovanni Bosco, per la
nascita di Stefano, a cura del nonni
Gina e Dante
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Allfredi Edoardo, Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, per la
guarigione di una persona cara, a cu-
ra di R.D.B., Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo•
sco, ringraziando e chiedendo prote-
zione sui miei figli Donato e Vincen-
zo. a cura di Ursl Nunzia, BA
Borsa: Maria Ausiliatrice, ringra-
ziando e invocando protezione, a cu-
ra di N.N., Dogllani
Borsa: S. Domenico Savio, invo-
cando protezione per il mio piccolo
Alessio, a cura di Agrati Gianna. Ar-
core Ml
Borsa: S. Cuore di Gesu, Maria Au-
siliatrice, Santi Salesiani, Invocan-
do protezione per nipote Carmelo e
conversione di persone care, a cura
di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione
per la mia famiglia , a cura di Barza-
ghi Carlo, Vaprio d' Adda, Ml
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, ringraziando per il loro aiuto, a
cura di Del Vento Maria Lambo, Ve-
nezuela. L. 400.000
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, ringraziando
e Implorando protezione per salute,
lavoro e studi, a cura di N.N., PV
Borsa: Maria Auslllatrice e S. Do-
menico Savio, In ringraziamento, a
cura di M.P.G.
Borsa: Maria Ausllfatrlce e Santi
Salesiani, ringraziando per la prole•
zione avuta, a cura di Scortegagna
M. Luisa, L. 300.000
!!orsa: S. Domenico Savio e Santi
Salesiani, invocando protezione, a
cura di B.A., L. 300.000
Borsa: S.a Lucia, In suffragio dei
miei defunti, a cura di N .N.,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento, a
cura di T.P.. L. 200.000
Borse: In suffragio di Raveri Gino, a
cura dei Colleghi della S.E.I., Torino,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Don Rua, per la protezione del-
la nostra famiglia. a cura Maria e
Paolo, L. 200.000
Borsa: B. Michele Rua, per grazia ri-
cevuta e invocando protezione sul ni-
potino Simone Michele, a cura dei
nonni Rua Florina e Giorgio.
l. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
)'annl Bosco, implorando grazie, a
9ura di P.T., Pinerolo, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
~co, proteggete , mie, can, a cura di
Corà Cherubin Marcella, Gallio VI,
L. 200.000
Borsa: Beato M. Rua e Papa Gio- Borsa: In memoria e suffragio di Pie-
vanni, in suffragio di Lodovico Fon- ra e Giuseppe Amisano, a cura dei ti-
tana, a cura della moglie e dei figli gli
Borsa: Maria Ausiliatrice, per gra- Borsa: In suffragio di Natale ed Eu-
zia ricevuta e implorando protezione genia Bechis e implorando una gra-
per la famiglia, a cura di Maffei Mar- zia, a cura della famiglia Bechis
gherita, Casargo CO
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio- N.N.
vanni Bosco, per invocare protezio-
ne sulla nostra famiglia , a cura di Gili Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
Giovanna, Torino
vanni Bosco, invocando protezione
In vita e in mone per me e la famiglia,
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio• a cura di M.C., Dogliani CN
vannl Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Molino Elsa, Costlgliole d'Asti Borsa: Spirito Santo e Maria Ausi-
liatrice: aiutatemi. a cura dì Ravaldi-
Borsa: Spirito santo, vien, nella fa, ni Cristina_· PS
miglia di mio figlio, a cura di N.N., - - - - - - - - - - - -- -
Vercelli
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo•
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per Il bal/esi-
mo di Anna, a cura di N.N.. Vercelli
sco, in memoria del marito Enea
Mangini, nel IV anniversario, a cura
di P.L.
Borsa: Maria Auslllatrice, in ringra-
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa- ziamento e invocando protezione, a
leslanl, grazie!, a cura di N.N. Ver- cura di Mussi Maria G., Roncone TN
celti
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
s. Borsa: Maria Ausiliatrice e Gio- siliatrlce, Don Bosco, implorando
vanni Bosco, in ringraziamento e in- protezìone e particolare grazia, a cu-
vocando protezione. a cura di Pori- ra della famiglia Canali, CO
nelli Ada, Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo- Mapellì Rosa, Villasanta Ml
sco, in ringraziamento e invocando
protezione sui nipoti, a cura di Collo Borsa: S. Domenico Savio, a cura
Maddalena
di Cancino Elena, Biella ve
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Camoni Emilia, Montjovet, AO
Borsa: Don Bosco, a cura di Zonni
Luisa, Torino
Borsa: In suffragio dal salesiano
Don Delfino Gana, a cura di Alfreda
Ouero
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, invocando aiuto e protezione, a
cura di Antonella e genitori
Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffra-
gio di Mario e Dante, e invocando
protezione, a cura di Rebora Pia, Ge-
nova
Borsa: A suffragio dei genitori e del
fratello Alceste, a cura dl Avantag-
giato Nicola, LE
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Ruotolo Maddalena,
CB
Borsa: Mons. Olivares e Don Rlnal-
di, con tanta riconoscenza, a cura di
Ruotolo Maddalena, CB
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
vannl Bosco, in memoria e suffragio
del !rare/lo, a cura di Golinelli Anto-
nietta. Lugo RA
Borsa: Maria Ausllìatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per continua
protezione, a cura di Martin! Renata,
Imperia

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