Bollettino_Salesiano_198605


Bollettino_Salesiano_198605



1 Pages 1-10

▲back to top


1.1 Page 1

▲back to top


1.2 Page 2

▲back to top


- - - - - - - - - - -- - - - - - - - - - - -
3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò ci parla
5 BREVISSIME
8 PASTORALE GIOVANILE
Quando l 'educazione va in t ilt che fare?
di Eugenio Fizzotti s G. C.
Presentiamo un dossier sull'attivìtà salesiana In
Italia a servizio del giovani emarginati.
13 VITA ECCLESIALE
Nella città dei fiori
di SIivano Stracca
Il Papa nel suo recente viaggio in India ha fatto so-
sta a Schlllong dove l'Impegno missionario sale-
siano si è particolarmente distinto.
16 REPORTAGE
Trenta acri d'amore a Korr
di Giuseppe Costa
il Progetto Africa è giunto al nord del Kenya. Vi de-
scriviamo l'attività del salesiani e l'ambiente nel
quale operano.
22 VITA ECCLESIALE
... Ma i giornali cattolici sono giornali?
di Angelo Paoluzi
Un momento di riflessione sui problemi della
stampa cattolica in Italia
In copertina:
Quando l'educazione va
in tilt che fare?
(Foto BS)
(Servizio a pag. 8)
1 MARZO 1986
ANNO 110
NUMERO 5
25 VITA SALESIANA
I BS nel mondo una «catena" editoriale
per milioni di lettori
di Gaetano Nanetti
Cronaca e commenti al Seminario internazionale
dei direttori del Bollettino Salesiano.
29 PROTAGONISTI
Il pittore dei santi salesiani
di G. C.
incontro con Mario Caffaro R6re di Torino, il pitto-
re che ha più dipinto Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenica Mazzarello, Domenico Savio.
33 STORIA SALESIANA
Un garibaldino a Punta Arenas
di Marco Bongioanni
Storia di monsignor Giuseppe Fagnano ad un se-
colo dal suo impegno apostolico tra gli indi
Seknam.
RUBRICHE
Scriveteci, 4 - Pigy di Del Vaglio, 6 - La lettera di
Nino Barraco, 7 - Libri & altro, 20-2 1 - I nostri san-
ti, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista tondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 111 1 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero Marco
Bongioanni • Eugenio Fizzotti • Gaetano Na-
netti Angelo Paoluzl • Cosimo Semeraro.
Archivio; Guido Cantoni
Diffusione; Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, Impaginazione é stam-
pa; Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione; Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
Il '\\5 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s' impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibHI•
di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Aliano, Rinaldini) •
Via Marsala 42 00185 Roma Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni naziona-
li e 18 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) In: Antille (a Santo Domin-
ca- go) Ar~entlna - Australia Austria Bel-
gio (in fiammingo) - Bolivia Brasile
nada Centro America (in Guatemala) • Cl-
le Cina {a Hong Kong) - Colombla Ecua-
dor FIiippine Francia Germania Giap-
pone . India (In Inglese, malayalam, tamil e
telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia -
Jugoalavia (In croato e in sloveno) - Korea
del Sud Lituania (edito a Roma) Malta
Messico - Ola.nda - Paraguay Perù Po-
lonia Portogallo Spagna Stati Uniti -
Th@lll!nc!II! - Uruguay Venezuela Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi
lo richiede .
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

1.3 Page 3

▲back to top


- - - - - - - - - -5'1-
r MARZO 1986 3
Don Viganò ci parla
MISSIONARI
DEI GIOVANI
CON UNA
SPIRITUALITÀ
ADEGUATA E FORTE
La vita della Chiesa ci misura: o lanciamo un
forte <<movimento giovanile e popolare» che ca-
ratterizzi tutta la Famiglia salesiana, e saremo
nelle trincee del futuro, e realizzeremo il Vatica-
no Il verso il terzo millennio; oppure ci rassegne-
remo a stare nelle retrovie e ci ripiegheremo su
nostalgie, rinchiudendoci in alcune opere (pur
benemerite). Ma allora corriamo il rischio di di-
venire uno stand (anche bello e ammirato) ma si-
tuato in un «museo».
Tutti sentiamo parlare di carismi; e noi siamo
appunto un carisma nella Chiesa. Ebbene, il no-
stro carisma è quello cli promuovere una spiritua-
lità giovanile e laicale. Perché non sappiamo
muoverci? La spiritualità giovanile e laicale non
esisterà e non sarà efficieme se non c'è una spiri-
tualità globale che è quella di don Bosco in noi,
che è nostra, che è dei CoGperatori e degli Exal-
lievi che hanno fatto la scelta evangelizzatrice,
ossia di tutti coloro che tra noi operano nell'am-
bito della Chiesa cattolica. Bisogna metterci a vi-
vere, approfonclire, definire e comunicare questa
spiritualità! È una questione che LOcca il nostro
futuro.
Avanzare a piccoli passi può essere anche un
bene; ma non a pezzettini, ciascuno con una sua
ideuccia, rinchiuso i~ casa senza orizzonti e senza
risonanza sociale. Non è che vogliamo apparire
sui giornali e sentirci nominare; ma è per divenire
davvero «missionari dei giovani», per influire sul
mondo che si muove. Urge prendere coscienza
che abbiamo un carisma capace di infuocare tan-
ti cattolici per il bene della gioventù e metterci a
«santificarla»! Si tratta di una «conversione», di
approfondire e dare vitalità alla vocazione sale-
siana proiettata sui giovani e sui Laici adulti, os-
sia cli testimoniare ciò che Don Bosco ba voluto
che fossimo nella Chiesa.
Rileggendo il «Regolamento» che don Bosco
scrisse per i Cooperatori cli allora (e che lui definì
«un modo pratico per giovare al buon costume
ed alla civile società»), vediamo che lo considera-
va come «un vincolo con cui i cattolici, che lo de-
siderano, possono associarsi ai Salesiani e lavo-
rare con norme comuni e stabili affinché stabili e
invariabili se ne conservino lo scopo e la pratica
tradizionale... Noi cristiani - scrive più avanti
- dobbiamo unirci in questi difficili tempi, per
promuovere lo spirito cli preghiera e di carità,
con tutti i mezzi che la religione somministra, e
così rimuovere o almeno mitigare quei mali che
mettono a repentaglio il buon costume della cre-
scente gioventù, nelle cui mani stanno i destini
della civile società».
Oggi," essere buon cristiano (ossia cattolico at-
tivo) significa intensificare l'unione dei buoni
con una spiritualità adeguata e forte, procedente
dal carisma del Fondatore, ma situata nell'orbita
di rinnovamento voluta dallo Spirito del Signore
attraverso il Vaticano II.
Ecco allora che la parola d'ordine per impe-
gnarci a dare impulso nella Chiesa a un coraggio-
so movimento giovanile e popolare, umile e sen-
za tamburi ma costruttivo e convincente, è cli
convocare tutta la Famiglia salesiana intorno a
un proposito di profetica attualità: «consegnare
il Concilio ai giovani!».
don EeJdio Vi2_anò

1.4 Page 4

▲back to top


4 · 1 MARZO 1986
Scuola, bambini ed altro
Mi riferisco ai problemi dei bambini,
nell'ambito della scuola dell'obbligo.
Prima di tutto a me pare poco serio
che un bambino a soli sette anni d'età
sia già «pre-giudicato» da un punto di
vista scolastico. Poi vi sono le materie
scolastiche; in particolare ve ne sono
2, che, secondo me, sono in netta con-
traddizione tra di loro; cioè la Storia e
la Religione; in quanto, la prima esalta
la guerra e tutte le violenze (fatte dagli
altri, perché le nostre sono «atti eroi-
ci»), in essa contenute; mentre ovvia-
mente la Religione insegna esatta-
mente il contrario, cioè esalta la Pace
e l'Amore verso il prossimo.
A questo punto penso che gli alunni
abbiano un tantino le loro idee confu-
se, e non sappiano più quale strada
intraprendere quale esempio di vita;
cioè se deve essere un «eroe», cioè
colui che viene definito tale se stà dal-
la parte del vincitore, oppure perché è
riuscito, in guerra a salvare la sua pel-
le magari uccidendo molti altri suoi si-
mìli; oppure deve stare dalla parte di
chi predica l'Amore verso il suo pros-
simo? Ma se accetta questa seconda
tesi, corre il serio rischio di venire re-
spinto dal Professore di storia; men-
tre, in caso contrario, viene respinto
dal Professore di Religione.
Altro punto da discutere, le boccia-
ture:
Spesso mi chiedo: - Come possono
sentirsi orgogliosi del loro operato,
quegli insegnanti, i quali, a causa del-
le loro «severe selezioni» (così vengo-
no definite le umilianti, discriminanti,
discutibili e sempre evitabili bocciatu-
re) hanno spesso, portato gli alunni al-
la esasperazione fino ad indurli alla
più tragica delle conseguenze, cioè al
suicidio, oppure quantomeno alla fuga
di casa per il timore di una severissi-
ma punizione da parte dei genitori; an-
che se, per evitare questo «senso di
colpa», gli insegnanti, ricorrono alla
politica dello scarica barili, cioè deci-
dono queste poco lodevoli punizioni,
«collegialmente», evitando in tal mo-
do, anche le eventuali proteste dei
genitori.
Se si pensasse per un attimo che i
bambini, (malgrado il «progresso») so-
no ancora degli esseri umani e non
ancora dei robot, e che hanno anche i
loro problemi personali e famigliari,
dei quali gli insegnanti non tengono
mai conto quando emettono le loro
«Sentenze», ed aiutassero, anziché
emarginarli, quei bambini che non rie-
scono a tenere il passo con gli altri; in-
vece loro vogliono dimostrare che i fi-
gli dei poveri sono dei cretini e fannul-
loni, mentre i «figli di papà» sono tutti
l'esatto contrario; e se si insegnassero
materie nuove contenenti qualcosa di
concretamente utile, e non solo teoria
nauseante ed opprimente; ebbene,
così facendo, le bocciature perdereb-
bero ogni ragione di esistere, ed i
bambini potrebbero trascorrere più
serenamente la loro gioventù dedican-
dosi maggiormente alla famiglia ed ai
suoi valori reali, invece di essere «de-
positati» come bagagli nella scuola,
magari a tempo pieno o prolungato,
oppure trascorrere le «vacanze» som-
mersi dai libri e dai compiti.
Vi sono infine, anche gli aspetti econo-
mici del problema scuola dell'obbligo;
cioè il fatto reale e concreto che oggi,
il mandare uno o più figli a scuola, è
diventato un «lusso» che non tutti pos-
sono sostenere a causa dei costi proi-
bitivi dei libri di testo e del materiale
didattico vario (spesso inutile e super-
fluo), specie per quanto riguarda la
scuola media inferiore. Addirittura og-
gi si parla di voler prolungare di altri 2
anni l'obbligo scolastico; questo non
potrà fare altro che incrementare le
inadempienze di tale obbligo per di-
versi e svariati motivi, il più ovvio sarà
certo quello economico; ed inoltre non
vedo una ragione logica per mandare
un ragazzo a scuola fino a 16 anni di
età, contro la sua stessa volontà.
Si vuole forse che quei fenomeni di
suicidio a causa delle oppressioni sco-
lastiche, non solo si ripetino, ma addi-
rittura aumentino?
Gonne/li Giovanni
via L Brovarone 16 Biella ve
Uno strumen to
di evangelizzazione
Siamo un gruppo di ragazzi cattolici
che, con l'operato che svolgiamo nel
nostro quartiere, aiutiamo molte per-
sone bisognose, anziani, giovani
sbandati e ragazzi.
Casualmente ci è capitata tra le mani
una copia della vostra rivista (precisa-
mente il n. 7 dell'aprile 1985) che giu-
dichiamo all'unanimità interessante e
importante per chiunque.
Noi vi ringraziamo perché offrite alla
società un giornale pieno di iniziative,
di commenti, di interviste, di argomen-
ti da discutere insieme. Inutile dire che
stiamo proponendo la lettura di quel-
1'unica copia anche ad altri amici.
Leggendo attentamente la rivista ab-
biamo notato che voi invìate gratuita-
mente il Bollettino Salesiano a chiun-
que ne faccia richiesta. È questo per
noi un dono imprevisto: possedere un
giornale interessante con argomenti
sempre nuovi e stimolanti per aprire
dibattiti nel gruppo e il tutto gratuita-
mente, per fortuna!
Vi preghiamo di inviare il Bollettino ad
ogni membro del gruppo: sarà per noi
uno strumento di evangelizzazione. A
voce di tutti i componenti del gruppo
Alessandro Salomone
via Ayro/i 33/8 se. A
16143 GENOVA
La statua dell'Auslllatrlce è
giunta a Kasenga
Desidero ringraziare per la «brevissi-
ma» che il BS ha dedicato nell'aprile
1985 alla missione dove opero. La sta-
tua che mancava è arrivata grazie ai
lettori del Bollettino. L'ho trovata al-
l'aeroporto di Lubumbashi proprio alla
vigilia della festa dell' Immacolata.
L'ho portata subito a Kasenga, e 1'8 di-
cembre 1985 è stata una grande festa.
Grazie a tutti ora la nostra chiesa è
ultimata.
Quando un redattore del BS viene di
persona a vedere quel che facciamo?
Jean-Pierre DeBecker
Mlssion Ste Croix
BP 55 KASENGA
via Lubumbashi ZAIRE
Scrive un Organismo
di volontariato
Sul BS del 1 novembre nella rubrica
-scriveteci» leggiamo di una infermie-
ra professionale che cerca una orga-
nizzazione di volontariato. Poiché
manca il nominativo e l'indirizzo pre-
ghiamo la redazione di volerceli dare
per metterci in contatto con l'interes-
sata.
Organismo di volontariato per la cooperazione
Internazionale LA NOSTRA FAMIGLIA
22027 PONTE LAMBRO (Como)
Pubblichiamo questa lettera perché
l 'indirizzo richiesto è andato smarrito.
Con l'occasione invitiamo i lettori a
mettere sempre nelle corrispondenze
ìl mittente.

1.5 Page 5

▲back to top


;......__ _ _ _ _ ___,...___#
GIAPPONE c::=::;;:::;;:a
I MARZO 1986 5
Un l.ibro su do n Tassinari
I n Giappone si stampano
più di cento libri .J
giorno, 36 mila in un
anno: un libro sosta in
Libreria una decina di giorni,
se ba successo di vendita
bene, altrimenti viene
mandato al macero; tra i
dieci sopravvissuti vengono
proposti da apposita
commissione culturale i più
degni di essere assegnati alle
biblioteche di tutto il
Giappone.
Alla luce di questi dati
sommari si può comprendere
il successo del libro «Don
Tassinari che vive in
Giappone)) del giornalista
giapponese Tctsuo Abe,
edito da una delle più grandi
case editrici di Toldo io
prima edizione nel mese di
ottobre (cinquemila
esemplari), in seconda
edizione in dicembre ed ora
in febbraìo nella terza. Un
autentico boom.
Perché un così clamoroso
successo? lodubbiamente per
il nome prestigioso
dell'autore e per l'interesse
della materia trattata (cos'è
stato per il Giappone un
missionario italiano presente
prima e dopo la bomba
atomica).
Il giornalista Tetsuo Abe ha
lavorato fino a 50 anni al
quotidiano «Mainichh> (sei
milioni di copie al giorno);
laureato si è specializzato in
cultura cinese amp liando poi
il suo interesse letterario per
un centinaio dì paesi visitati
io ben 40 viaggi.
Tetsuo, che non ~ cristiano
ma solo grande amico ed
eslimatore di don Clodoveo
Tassinari (che il 9 marzo
compie 74 anni e che è dal
lontano 1929 in Giappone),
ha voluto rendere evidente la
figura e gli scopi di un
missionario italiano io un
paese soprasviluppato di
antica e altissima civiltà.
I titoli di alcuni capitoli del
libro sono significativi:
«Diventa prete io
Giappone)).
«Vita durante la guerra»
« Fondazione del Salesio
Gakuen» (istituto che
raccolse i ragazzi sinistrati
dalla guerra), «Sei anni
come Ispettore» ecc.
Si pensa già alla traduzione
italiana di questo libro di
grande successo perché in
Italia si possa conoscere
meglio l'attività salesiana in
Giappone.
Nel corso del 1986 don
Tassinari celebrerà le sue
nozze d'oro sacerdotali.
SPAGNA _ _......__
Nella foto:
La copertina del libro.
Allievi salesiani ricevuti dal
re Juan Carlos
A ncora una volta
l'Istituto scolastico
dei Salesiani di
Sesto San Giovanni ha vinto
la quarta edi.zione del
concorso «I giovani
inconrrano l'Europa»
indetto dalla RAI, dalla
BBC, dalla DLF e dalla
RNE (emittenli televisive
italiane, inglesi, tedesche e
spagnole), concorso riservato
agli studenti residenti nei I2
paesi della CEE. Su 70
vincitori 5 sono studenti che
frequemano la scuola serale
di viale Matteotti:
Sebastiano Patti, Claudio
Nella foto:
L'Intero gruppo dei
vincitori In udienze dal
artistico piedistallo realizzato
su disegno del salesiano
re di Spagna
Enzo Biuso e dono degli
imprenditori Domenico e
Braiaù, Albeno Locatelli, Paolo Amore, Don Bosco è
Matteo Paride, Massimo
in atteggiamento bene-
Danieli sono stati ricevuti a dicente.
Madrid dal re di Spagna
11gruppo marmoreo è stato
Juan Carlos. l partecipanti ricavato da un blocco bianco
dovevano compilare un
di ire quintali e proviene
questionario conoscitivo
dalle cave di Pietrasanta.
sull'Europa Comunitaria e Il costo complessivo
un breve tema sui
dell'opera è stato di dodici
«pregiudizi che ostacolano milioni o fferti da ragazzi,
l'unità europea e sui possibili amici, exallievi e fedeli della
rimedi». 1 ragazzi hanno
stessa parrocchia che hanno
vinto meritatamente viaggi cosi voluto testimoniare la
nelle maggiori città europee. loro devozione al Santo dei
giovani.
ITALIA
Un monumento
a Don Bosco
G li anniversari di
fondazione sono
sempre utili per
varie iniziative rievocative e
culturali. Non sono pochi i
casi nei quali ad essi viene
legato un monumento a Don
Bosco. È avvenuto due anni
fa a Mogliano Veneto ed è
avvenuto a Catania presso
l'oratorio salesiano di via
Madonna della Salette per
ricordare il quarantesimo di
quest'opera inserita nel
vecchio centro storico di
Catania.
Situato al centro della
grande ala interna
dell'edificio e posto su un
Nella foto:
Ragazzi in festa nel
giorno
dell'Inaugurazione del
,,.. monumento.

1.6 Page 6

▲back to top


6 · r MARZO 1986
È morto il professor Rodinò
S i è spento
recentemente a Roma
il professor Francesco
Maria Rodinò: aveva
ottantacinque anni.
Valente insegnante e scrittore
si era sempre dedicato
aU'impegno educativo con
passione e sensibilità
cristiana e salesiana. Fratello
di don Amedeo Rodinò, il
salesiano scrittore e per
molti anni responsabile
dell'ufficio Stampa Salesiano
morto nel 1974, e
Cooperatore Salesiano egli
stesso, il professor Rodinò
Nella foto:
Una delle ultime foto
del prof. Rodinò
mentre consegna un
premio, gli è vicino il
delegato nazionale dei
Cooperatori don
Alfano.
da oltre vent'anni si era
distinto per una simpatica
iniziativa !'«Oscar Don
Bosco» che ha certamente
contribuito in molti casi a
far conoscere Don Bosco ed
a mettere in evidenza i valod
del bene e della bontà fra i
ragazzi delle scuole
elementari romane.
O Liceo Valsalke
di Torino celebra Manzoni
N et secondo
centenario della
nascita di
Alessandro Manzoni il Liceo
salesiano « Valsalice>> di
Torino ha voluto organizzare
un convegno. La
manifestazione si è svolta al
Teatro Nuovo della città
piemontese nei giorni 26, 27
e 28 novembre 1985 ed ha
visto la partecipazione
interessata di molti giovani.
Attraverso una serie di
interventi (hanno parlato i
professori Angelo e Stefano
Jacomuzzi, Guido Davico
Bonino, Francesco Traniello,
Giorgio Barberi Squarotti,
tutti dell'Università di
Torino, Gianni Solari, del
Liceo Galileo Galilei di
Ciriè, Enrico Pederzani del
Liceo Valsalice di Torino,
Giovanni Ramella, preside
dell'Istituto Magistrale
«Berti» di Torino e
Monsignor Gfoseppe
Pollano, delegato per la
scuola-cultura
dell'Aréhidiocesi di Torino.
Durante la tre giorni
manzoniana sono stati
affrontati i molteplici aspetLi
della vita di Alessandro
Manzoni: iJ Manzoni nella
Critica Letteraria, il
Manzoni fra Poesia e Storia,
il Manzoni e il suo Teatro, il
Manzoni nel Risorgimento
ìlaliano, il Manzoni e le
«Osservazioni sulla Morale
Cattolica», la Religiosità del
Manzoni, il Silenzio del
Manz.oni, la Filosofia nel
Manzoni, la Storiografia nel
Manz.oni. Naturalmente si è
trattato di interventi
illuminanti e arricchenti che
hanno reso pienamente
partecipi i tanti studenti che
gremivano la sala del Teatro
Nuovo.
L'iniziativa del Liceo
Valsalice è riuscita ad
imporsi aU'intera città di
I Nella foto:
Immagini della
manifestazione
Torino cosl come del resto
esigevano le migliori
tradizioni scolastico-
educative di un Liceo che ha
formato generazioni di
torinesi.
COREA
Visite illustri
per l'Anno dei Giovani
L ' =azionale
della Gioventù ha
dato al cardinale Kim
arcivescovo di Seul e ad un
rappresentante del Governo
coreano l'occasione di
conoscere l'Istituto Don
Bosco e di incoraggiare
l'attività salesiana a
vantaggio dei giovani operai
della città.
I Nella foto:
Un momento della
visita

1.7 Page 7

▲back to top


- - - - - - - - - --s/1~
STATI UNITI
Giornata Mariana
a Baton Rouge
L e Figlie di Maria
Ausiliatrice della
Louisiana banno
organizzato una simpatica
giornata mariana che ba
visto riunite oltre trecento
ragazze e le loro famiglie in
una giornata di fraternità,
preghiera e riflessione sul
ruolo della Madonna nella
vita del cristiano.
Le Figlie di Maria
Ausiliatrice della Louisiana
lavorano soprattutto nelle
scuole parrocchiali di
Marrero, Baton Rouge,
Metairie.
I Nella foto:
Sr. Raymonde Oery'
durante il pranzo con
le sue ragazze.
questo Centro. Fra l'altro
c'è da ricordare anche che
questa comunità è una casa
a piena disposizione dei
giovani emigranti che in essa
trovano ampia accoglienza e
collaborazione da persone
non più giovani.
THAILANDIA
Festa di San Domenico
Savio li Bangkok
I 120.9. 1985 al St.
Dominic School di
Bangkok si è celebrata
la festa annuale del Patrono
della scuola San Domenico
Savio. L'arcivescovo Renato
Martino, Pro Nunzio
Apostolico, ha partecipato
alla festa accolto con grande
gioia dai superiori, dai
maestri e dagli alunni della
GERMANIA
Due generazioni si
confrontano a Colonia
L a comunità-
Gemeinscbaft di
Colonia ha
organizzato per il 16 marzo
1986 un fine settimana a
Stommeln su un tema di
particolare interesse
specialmente negli ambienti
dell'emigrazione italiana:
«Due generazioni a
confronto: genitori e figli».
L'incontro verrà animato dal
Dottor Luciano Tavazza
presidente della Federazione
italiana della Associazioni di
Volontariato. È questa una
delle tante iniziative prese da
scuola. I festeggiamenti si
sono aperti con la
processione della statua del
Santo dal cortile fino al
teatro: qui poi si è svolto un
concerto seguito da una
manifestazione corale di
danze e canti. L'arcivescovo
ha chiuso la celebrazione
esortando i numerosi allievi
ad imitare l'esempio del
discepolo di Don Bosco. Ha
poi avuto parole di elogio
per l'opera preziosa svolta
dai salesiani a vantaggio dei
giovani poveri e
abbandonati. Infine
l'arcivescovo ha potuto
visitare i vari ambienti della
scuola e i laboratori tecnici
in essa realizzati,
complimentandosi con i
superiori per la qualità delle
strutture.
1 MARZO 1986 7
a lettera di Nino Barraco
ESSERE LAICI
OGGI
NELLA FERITA
DEL SUD
Carissimo,
essere laici nella Chiesa. È sempre un mistero. Parteci-
pare intimamente alla funzione sacerdotale, profetica, re-
gale di Cristo stesso, trattare le cose temporali ordinando-
le secondo Dio, rendere presente ed operante la salvezza
della Chiesa nel tempo e nello spazio.
È sempre difficile . Ma missione ancora più difficile se si
tratta di una vocazione collocata nel dolore più profondo
del Sud, là dove è frontiera, crocevia di storia, nella ferita
più bruciante della Chiesa.
In questo senso, essere laici in Sicilia, in riferimento alla
meridionalità di questa nostra terra, è essere capaci di un
supplemento di speranza.
Speranza come sfida, scelta di campo con gli ultimi,
progetto, collaborazione di futuro.
Di fronte ad una r ealtà contrassegnata duramente dai
problemi del lavoro, dell'emigrazione, della casa, della
precarietà dei servizi sociali di base, interpellati dalle real-
tà più drammatiche, dalla disoccupazione dei giovani, dal-
la criminalità mafiosa, dalla paura, i laici sanno di dover
compromettere la loro credibilità sul piano anzitutto della
propria conversione continua, e, quindi, della capacità di
misurarsi con le cause dei mali, di essere presenti dove si
definisce la responsabilità dei cristiani verso Dio e verso la
storia.
Costruire da laici la comunità cristiana per animare da
cristiani la società civile. Con prospettive e contenuti di-
versi, si sono ritrovati, nel passato, laici come Vito D'On-
des Reggio, di precisa dichiarazione politica cristiana. co-
me Nino P etyx, il Servo di Dio che proviene dall'aristocra-
zia del sangue e che riscatta, nell'amore dei poveri, la Sici-
lia delle baronie e degli sprechi, come Vincenzo Mangano,
considerato il Toniolo della nostra terra.
Laici come Pietro Mignosi, temperamento di lotta e
fondatore de «La tradizione», come Gino La Barbera, cui
si intesta uno dei momenti più generosi della gioventù di
Azione Cattolica in Sicilia, come Pier Santi Mattarella,
democratico e cristiano, assassinato dalle trame maliose.
Storia difficile, di un laicato che porta con i limiti
propri di ogni esperienza, in ogni caso la sofferenza di
quella medi.azione storico-culturale in cui si esprime il pas-
saggio dalla fede alla prassi.
Storia, comunque, che interpella la capacità dei laici di.
oggi, di costruire una nuova«città» dell'uomo, u na cultu-
ra alternativa, una n uova qu alità del potere, una comunio-
ne di servizio.

1.8 Page 8

▲back to top


_ PASTORALE GIOVANILE_ _ _ _ _ _ __ _ __ _ _ _ __
8 · 1 MARZO 1986
L emarginazione
QUANDO L'EDUCAZIONE
VA IN TILT CHE FARE?
Una serie di iniziative del
dicastero per la pastorale
giovanile ripropongono
l'impegno salesiano per
combattere l'emarginazione
giovanile. Qual è la presenza
salesiana italiana in questo
settore?
Anche se nel 1985 i
morti per droga sono diminuiti, il
triste fenomeno resta per la condi-
zione giovanile italiana preoccu-
pante.
Si fanno allora sempre più insi-
stenti da parte dell'opinione pubbli-.
ca le domande e gli appelli perché
educatori ed istituzioni facciano
qualcosa.
Va subito osservato che il feno-
meno droga per quanto macrosco-
pico e grave è soltanto un aspetto
del più ampio problema della de-
vianza giovanile.
Ed è appunto per guardare con
più chiarezza all'interno di esso che
il consigliere generale per la pasto-
rale giovanile don Juan Vecchi ba
organizzato - avvalendosi della
collaborazione specialistica del so-
ciologo don Giancarlo Milanesi e
della Facoltà di Scienze dell'Educa-
zione di Roma - tre incontri mi-
ranti per il momento a qualificare
pedagogicamente le iniziative del
settore ed a farle conoscere.
Il primo incontro - che ha inte-
ressato l'area europea - si è svolto
in Germania dal 7 al 12 febbraio
1986 presso J'Aktionzentrum dei
Salesiani di Benediktbeuern; esso,
per l'Italia, è stato preceduto da
una analoga iniziativa che ha visto
riuniti a Loreto lo scorso autunno
per iniziativa della Conferenza degli
ispettori italiani (CISI) molti sale-
siani operatori nel settore. Il secon-
do incontro internazionale, per l'A-
merica Latina, verrà organizzato
sul prossimo mese d'aprile in Brasi-
le mentre ne è previsto un terzo in
India a Calcutta nel mese di agosto
per l'area asiatica. A questi due
prossimi incontri verranno presen-
tate anche alcune esperienze delle
Figlie di Maria Ausiliatrice.

1.9 Page 9

▲back to top


- - - - - - - - - - -# -
U impegno arduo
L'approccio educativo all'intero
problema è complesso e per più mo-
tivi che interessano il giovane, il fe-
nomeno, la stessa istituzione educa-
tiva salesiana.
Da un punto di vista prettamente
numerico c'è da dire che le presenze
salesiane nel mondo specificamente
impegnate nel settore sono un
centinaio.
Non sono moltissime ma nemme-
no poche se si pensa alla vastità del-
la condizione giovanile, allo stesso
impegno dei salesiani che occupa
l'intera area dell'educabilità, ai de-
stinatari di tale specifica azione
educativa: ragazzi difficili e disa-
dattati, carcerati ed ex carcerati, al-
coolizzati, tossicodipendenti, emi-
grati.
In Italia le principali presenze so-
no una dozzina senza contare le ini-
ziative singole o affidate a singoli
salesiani che operano in istituzioni
pubbliche come Je carceri.
Di qualcuna - Foggia e Roma -
ne abbiamo parlato mentre di altre,
sia pure succintamente ne parliamo
in questo e nel prossimo fascicolo
del Bollettino Salesiano con l'inten-
zione di tornarci sopra con una più
ampia documentazione sulle singole
esperienze.
educative piene ma con grosse diffi-
coltà economiche; la seconda fu
quella dei giovani di buona indole e
con disponibilità vocazionali e la
terza quella del cosiddetto
«recupero».
Gli Anni Settanta hanno portato
alla ribalta «nuove povertà» dove
l'emarginazione giovanile acquista
significato e misura diversi dal pas-
sato in termini numerici e qualita-
tivi.
Esiste una forma di emarginazio-
ne giovanile legata all'area mondia-
le dello sviluppo e del benessere:
l'Europa, con l'Italia, è tra queste e
qui l'impegno salesiano è concen-
trato contro la tossicodipendenza.
C'è poi una forma di emarginazione
giovanile all'interno di grandi aree
sociali esse stesse emarginate; è que-
sto il caso dell'America Laùna e
dell'Asia e dell'Africa: qui l'impe-
gno dei Figli di Don Bosco in sinto-
nia anche con le scelte degli episco-
pati nazionali è numericamente più
forte e si estende a giovani ed
adulti.
Ovviamente le difficoltà pedago-
MARZO 1986 9
gico-educative mutano con tl muta-
re delle situazioni e delle persone.
Si pensi ad esempio ai giovani
drogati e all'impegno dei salesiani
per il loro recupero.
Guardando alle relazioni perve-
nute al dicastero per la pastorale
giovanile - osserva ancora don
Vecchi - si vede un riferimento co-
stante al metodo salesiano.
Ciò si evidenzia in maniera parti-
colare nell'esigenza metodologica
dell'educatore di inserire il tossico-
dipendente io un ambiente di soste-
gno oppure ne!Ja necessità che il
giovane si senta personalmente ed
individualmente accettato e valoriz-
zato oppure ancora nel fatto che bi-
sogna scommettere sulle risorse po-
sitive del giovane per poter avviare
una liberazione.
L ~mpegno di tutti
All'interno di questo paziente
sforzo educativo c'è spazio per la
collaborazione anche delle agenzie
Presenze in crescita
Si tratta di presenze chiamate in
molte ispettorie «nuove presenze»
salesiane per distinguerle da quelle
tradizionali impegnate nel campo
della prevenzione ed interessanti o
la fascia della preadolescenza o
quella dei giovani inseriti nelle
agenzie educative tradizionali. Sono
presenze in lenta e progressiva cre-
scita cosi come purtroppo si allarga
a macchia d'olio il fenomeno
emarginazione.
Del rèsto - osserva il titolare del
dicastero centrale per la pastorale
giovanile - chi studia l'azione di
don Bosco si accorge che il Santo
concentrò le forze educative dispo-
nibili in tre direzioni. La prima fu
quella della promozione umana e
cristiana dei giovani con risorse

1.10 Page 10

▲back to top


10 · l MARZO 1986
educative tradizionali ai salesiani
come l'oratorio, la scuola, la
parrocchia.
Tutto ciò comporta un cambio di
mentalità: è necessario che il pro-
blema droga esca definitivamente
dal ghetto della denuncia perbeni-
stica o dell'indifferenza.
«Non si può fare recupero giova-
nile - sostiene don Vecchi - senza
una coscientizzazione territoriale al
problema e quindi senza un impe-
gno politico che porti al coinvolgi-
mento della comunità ecclesiale; de-
gli enti pubblici locali, delle agenzie
educative e delle organizzaz_ioni che
le esprimono».
Un particolare aiuto può venire
per i Salesiani dalla loro Università
e dalla stessa editoria.
Ci sono poi scuole e centri giova-
nili che collaborano con varie co-
munità terapeutiche mentre altre
iniziative possono essere espresse
dalle parrocchie e dagli oratori-
centri giovanili.
In conclusione si può dire che il
problema dei giovani emarginati
non può essere delegato ad alcuni
coraggiosi educatori che senza l'ap-
porto di tutti presto o tardi finireb-
bero per arrendersi.
Un problema dunque a partire
dal quale - cosi come del resto ha
anche indicato la Conferenza Epi-
scopale Italiana in un suo documen-
to - riprogettare l'intero impegno
educativo-pastorale della comunità
senza avventurismi e nel rispetto di
tutte le esigenze educative.
Giuseppe Costa
ARESE
In famiglia
prima di un
inserimento
Collegata alla casa salesiana di Arese,
beo nota per il servizio che rende a gio-
vani in difficoltà fin dal 1955 (prima di
allora era casa di rieducazione del carce-
re minorile «Cesare Beccaria» di Mila-
no), la Comunità «La Villetta» ha pre-
so il via nel 1982 dapprima con la pre-
senza cli un educatore salesiano, poi del
salesiano con una coppia, oggi con una
coppia con quattro bambini che lavora
in collaborazione con il Centro per ga-
rantire la continuità educativa.
L'esperienza intende favorire l'inseri-
mento nel mondo del lavoro cli giovani
lavoratori, che vengono seguiti durante
le prime esperienze, cli educarli a una
convivenza di tipo familiare, rendendoli
responsabili dell'andamento del gruppo
e dei singoli nel gruppo, cli continuare la
formazione umana e religiosa in linea
con il Centro.
I giovani ospiti, infatti, provengono
dalla Comunità del Centro dove hanno
vissuto un periodo dì formazione e, non
avendo la possibilità di rientro in fami-
glia, chiedono liberamente di fare l'e-
sperienza in comunità. Attualmente 8
sono i giovani ospitati nella comunità,
mentre altri 3 vivono in appartamento e
9 stanno vivendo in altre realtà (servizio
militare, pensionato, carcere).
Alcune iniziative concrete hanno ac-
compagnato i primi passi della comuni-
tà: sensibilizzazione ai problemi dei gio-
vani in difficoltà attraverso incontri e
soprattutto l'attività dei « Barabba's
clowns», gruppo teatrale che ha ormai
raggiunto oltre l 50.000 persone; attività
per i poveri (campi di lavoro) in colJa-
borazione con movimenti giovanili; af-
fitto di appartamentini per chi é in mag-
giori difficoltà e ha bisogno di speri-
mentare se stesso in modo autonomo.
Pur se la responsabilità totale è passa-
ta alla coppia di sposi, un salesiano è
presente a tempo parziale per la consu-
lenza psicodiagnostica. A livello di vo-
lontariato qualche altra coppia si presta
per alcune iniziative specifiche.
CONEGLIANO
Vivere i valori
in un chiaro
pluralismo di
scelte e di fede
Impegnata direttamente nel campo
della tossicodipendenza giovanile e
orientata al reinserimento dei giovani
tossicodipendenti attraverso una serie cli
strumenti capaci di indirizzarli verso
una sempre più lucida liberazione di
fino a giungere, per dinamiche interne
loro proprie, ad un sufficiente grado cli
autonomia personale e sociale, l'Asso-
ciazione Comunità Giovanile di Cone-

2 Pages 11-20

▲back to top


2.1 Page 11

▲back to top


- - - - - - - - - - -~ -
gliano, in provìncia di Treviso, si appre•
sta a festeggiare il decennale di fonda•
zione. Era infatti il 2 giugno 1976 quan•
do due salesiani, don Antonio Praie il
sig. Giuseppe Bincoletto, accolsero i
primi cinque giovani provenienti dalla
vasta area dell'emarginazione circostan•
te. Da allora un buon centinaio hanno
seguito il lungo e articolato cammino te•
rapeutico, riacquistando fiducia in sé e
acquistando una nuova capacità di va-
lutazione e dj scelta, in vista di una vita
personale autonoma e di normale rela-
zione.
«L'obiettivo dei nostri metodi educa-
tivi - riferiscono i tre attuali responsa•
bili dell'iniziativa - è quello di rico•
struire negli ospiti della Comunità il
senso della realtà, la capacità di sceglie•
re e di autogestirsi, in un clima di dialo•
go e di confronto personale continuo,
secondo due linee operative fondamen-
tali: di "protezione", che tenga conto
della carenza di volontà e degli scom•
pensi presenti nella personalità degli
ospiti; di azione propositiva e stimolan•
te sui valori della vita» .
Il programma terapeutico, per la cuj
realizzazione collaborano anche alcuni
volontari e degli obiettori di coscienza,
si articola in quattro fasi:
I O accoglienza: viene fatta su richiesta
dell'interessato o di persone o strutture
che lo seguono, con un numero congruo
di colloqui allo scopo di valutare se il ri•
chiedente è sufficientemente motivato;
2° ingresso in comunità: sono previste
restrizioni su telefono, corrispondenza,
visite, denaro, medicinali, possibilità di
movimento;
3° socialjzzazione: si lasciano progressi-
vamente maggiori spazi di autonomia
personale, entro limiti precisi e con si•
stematica possibilità di verifiche;
4° reinserimento: in famjglia o in una
situazione indipendente, fermo restan-
1 MARZO 1986 · 11
do l' impegno di mantenere per un ceno
periodo il collegamento con la
comunità.
«Siamo consapevoli - proseguono i
tre responsabili - dei nostri limiti; ep-
pure vogliamo sperimentare nella co•
munità modi veri di vivere i valori della
solidarietà, dell'amicizia, della nonvio-
lenza, del lavoro, nel più chiaro plurali-
smo di scelte e di fede. Siamo infatti
convinti che il disagio giovanile sia il
sintomo chiaro del malessere profondo
e drammatico del nostro attuale tipo di
società e che la nostra comunità rappre•
senta soltanro uno dei modi di possibile
risposta. n nostro servizio allora sarà
tanto più completo quamo più persona•
lizzato: presuppone cioè e richiede co-
stantemente la collaborazione dell'inte-
ressato, che rimane unico protagonista
del recupero della propria identità, pur
nell'essenziale collaborazione con la
Comunità».
LIVORNO
Pronta
accoglienza sì
ma senza alibi
per il pubblico
fl Centro ltaliano di Solidarietà è na•
to nell'ottobre del 1977 a Livorno, sotto
forma dj associazione di volontariato e
come partecipazione popolare alla lotta
contro l'emarginazione giovanile per le
tossicodipendenze, il Centro è coordi-
nato dal salesiano don Luigi Zoppi. 1
suoi intenti sono di promozione e di sti-
molazione del servi.zio pubblico e dj in•
tervento diretto nel settore della preven-
zione, soprattutto negli ambienti giova•
ruli e scolastici e nel settore della riabilì-
taz.ione sociale con la realizzazione ili
alcune comunità giovanili e ili alcuni
servizi di assistenza aUe famiglie dei
giovani.
La prima comunità di «pronta acco-
glienza» ebbe dimensioni familiari, an-
corata a due operatori che vivevano in
comunità e offrivano aiuto tempestivo a
situazioni ili emergenza (fughe da casa,
post-carcere, abbandono).
Nel 1980 essa divenne una «comunità
diurna» (dalle 8 alle 18) per un servizio
quasi esclusivo ai tossicodipendenti, of•
frendo loro un ambiente sereno di lavo-
ro, amicizia e riflessione sul loro stato,
al fine di avviarli a decisioni radicali.
Era e resta una <<finestra sulla piazza».
Nel 1981 nacque una «comunità resi-
denziale» con l'intento di offrire uno
strumento di maggiore impegno e vera•
mente efficace per il superamento della
tossicodipendenza da parte di chiunque
lo avesse liberamentescelto. Rappresen-
un salto di qualità sulla strada della
propria riabilitazione personale e socia-
le dalla tossicodipendenza, uno stru-
mento tra i più validi. Distaccata dal-
l'ambiente di origine, essa ancora oggi
offre un programma psicopedagogico
da attuare, in condizioni ambientali
molto favorevoli per lo sviluppo delle
proprie capacità latenti. La durata com•
plessiva della permanenza è prevista in
dodici mesi. Attualmente la comunità
residenziale ha due sedi (Valle Benedet•
ta e Parrana S. Martino).
Nell'ottobre del 1982 ha preso vita la
comunità del <<reinserimento» per chi
ha terminato il programma della «resi•
denziale» e sta per lasciare definitiva•
mente il centro. La permanenza qui è
prevista in 6 mesi.
Don Zoppi è coadiuvato nel suo lavo•
ro da un gruppo di amici e di simpatiz-
zanti e da una ventina di operaLOri di
comunità. Non mancano le ilifficoltà,
soprattutto se si pensa alle strutture che
sono del tutto insuflicienti per far fron-
te alle richieste. Tuttavia è radicata la
convinzione di una presenza sulla
«piazza», di un'assistenza alle famiglie,
della promozione e stimolazione del ser-
vi.zio pubblico, di un'azione di preven•
zione soprattutto negli ambienti giova-
nili e scolastici, della sensibilizzazione
gruppi parrocchiali.
Un incremento all'opera di riabilita-
zione e di reinserimento sarebbe favori-
to da nuove strutture agricole, dal sup-
porto di ditte per la vendita dei prodotti
e da opportuni sostegni economici per
la ristrutturazione e l'adeguamento de-
gli ambienti. Attualmente sono 45 i gio-
vani impegnati nel programma.

2.2 Page 12

▲back to top


12 · 7 MARZO 1986
VERONA
Obiettivo
autosufficienza
Diversi sono gli strumenti con i quali
opera la «Comunità dei Giovani» per
favorire la maturazione e la responsabi-
lizzazione dei tossicodipendenti, per-
mettendo loro di essere autosufficienti
nelle scelte della propria vita e in grado
di affrontare positivamente gli impegni
esistenziali.
Unprimo momento è vissuto presso il
centro di accoglienza: attraverso uno o
due incontri si raccoglie la richiesta e
con essa i dati essenziali, riguardanti la
composizione del nucleo familiare, la si-
tuazione scolastica, lavorativa e giudi-
ziaria, il consumo di sostanze psicotro-
pe o alcool. Segue quindi il servizio di
prima accoglienza durante la quale si
tende a conoscere la personalità del gio-
vane e l'ambiente di provenienza, come
pure a rompere quei meccanismi che si
palesano in una serie di abitudini e di
modi di vita acquisiti nel corso della tos-
sicodipendenza. Di solito i colloqui du-
rano un periodo di due mesi, prima di
effettuare gli inserimenti nelle varie
realtà.
Dopo la decisione di entrare in una
comunità alloggio, il giovane è invitato
a visitare per una giornata la realtà che
è stata ritenuta più adatta alla sua situa-
zione, in modo da potersi presentare
agli operatori (i quali esprimeranno poi
le loro impressioni) e compiere un'ulti-
ma verifica sulla decisione di comincia-
re il programma previsto. Sciolta ogni
riserva inizia il cammino all'interno del-
la comunità alloggio che, formata da
non più di 6/8 persone, è collocata in
normali appartamenti ed è pienamente
inserita nel territorio: qui un ruolo im-
portante è svolto dagli operatori, chia-
mati a instaurare, attraverso il dialogo e
gli interventi educativi, un rapporto di
reciproca stima, chiarezza e fiducia. Sa-
ranno gli incontri di programmazione e
di verifica con supporto psicologico
esterno a indicare i vari passi compiuti
dai giovani. Tutti, oltre a partecipare al-
la conduzione della casa, devono svol-
gere un'attività lavorativa.
L'obbligatorietà del lavoro si inseri-
sce in una ben precisa metodologia ria-
bilitativa: proporre uno strumento per
iniziare un modo nuovo di rapportarsi a
se stessi e agli altri senza la mediazione
di sostanze; confrontarsi con la realtà,
misurando le proprie possibilità e la
propria capacità di gestione e di autono-
mia; usare il lavoro per assumersi obbli-
ghi, mansioni, responsabilità; accostar-
si gradatamente alle caratteristiche di
quel lavoro che, trascorso il periodo di
permanenza in comunità, dovrà servire
per essere economicamente indipenden-
ti. Non si tratta quindi di abilitare a una
professione specifica, ma di far acquisi-
re una mentalità lavorativa.
Per i giovani con gravi problemi di
tossicodipendenza è offerta una comu-
nità terapeutica, il cui programma si ar-
ticola in due fasi di 10 e 6 mesi rispetti-
vamente: la prima si svolge in una strut-
tura residenziale nel comune di Mezza-
ne di Sotto (Verona) e la seconda in àm-
bìti cittadini.
La «Comunità dei giovanh> è costi-
tuita da un centro di coordinamento,
due comunità alloggio, una comunità
terapeutica, due luoghi di accoglienza
per convegni e per volontari, un gruppo
servizi e una cooperativa. Dalla comu-
nità femminile dipende anche un labo-
ratorio artigianale.
Attualmente nella «Comunità dei
giovani» operano due salesiani e altre
25 persone, tra cui due religiose.
PALERMO
Con Don Bosco
nel cuore
del vecchio
centro storico
Dopo che il terribile terremoto del 15
gennaio 1968 ebbe gravemente lesionato
l'Istituto professionale «S. Filippo Ne-
ri» di Palermo, con iJ conseguente spo-
stamento in altri locali per il normale
svolgimento delle lezioni, i salesiani del-
la Sicilia restarono a lungo perplessi cir-
ca l'opportunità di abbandonare quel
posto. Data infatti l'ubicazione nel
quartiere «S. Chiara», senz'altro il più
povero deJ centro storico del capoluogo
siciliano, il centro costituiva un punto
di riferimento per la gioventù povera e
rappresentava l'unica presenza popola-
re· e sociale. Le insistenze della Chiesa
locale e la pressione della popolazione
orientarono verso la permanenza di al-
cuni confratelli incaricati di accogliere i
poveri tra i più poveri, offrendo loro la
possibilità di recupero e nello stesso
tempo dando a giovani volontari un
luogo concreto per tradurre nei fatti l'i-
deale di servizio verso il prossimo.
Attualmente don Antonino Scucces e
don Gioacchino Curto, impegnati ad
approfondire la cultura dell'emargina-
zione giovanile, studiandone le cause e
l'influsso sul tessuto sociale, accolgono
9 giovani che, carichi di povertà, spesso
senza famiglia, demotivati, ma disponi-
bili a stare in comunità accettandone le
regole, hanno voglia di ritrovarsi e di ri-
nascere daccapo.
La metodologia adottata è semplice e
corrisponde in pieno al carisma di Don
Bosco: conoscere la persona, afferrarne
le pieghe più nascoste, aiutarla nella ri-
cerca di un'occupazione che favorisca la
fiducia in se stessa, dialogare in clima di
rispetto e di apertura, dare responsabi-
lità.
Non mancano le difficoltà, legate so-
prattutto alla vastità dell'edificio che,
mentre prima ospitava ciréa 200 allievi
della scuola professionale, ora è in mas-
sima parte vuota. Tuttavia sono in cor-
so lavori di restauro e di riadattamento,
in vista anche dell'accoglienza di uni-
versitari bisognosi, o di gente di colore.
a cura di
Eugenio Fizzotti

2.3 Page 13

▲back to top


_ VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _~ _
Visita del Papa in India
1 MARZO 1986 13
NELLA CITTÀ
DEI FIORI
Il recente viaggio
pastorale in India di
Giovanni Paolo Il
(1-10 febbraio 1986) ha
avuto una tappa
molto significativa per
i salesiani· Schillong.
Ecco le impressioni di
un nostro
collaboratore che ha
seguito il viaggio.
Tre ore con il Papa a
Shillong, in una fresca mattina di
febbraio, per ripercorrere una pagi-
na di storia salesiana. La «città dei
fiori» sui contrafforti dell'Hima-
laya è stata inclusa all'ultimo mo-
mento nell'itinerario del viaggio di
Giovanni Paolo II in India. Venti-
mila chilometri, compresi i voli di
andata e ritorno, in dieci giorni.
Le autorità di Nuova Delhi ban-
no accolto, senza alcuna difficoltà,
il desiderio del Papa di incontrare
anche le popolazioni del Nord-Est,
una zona di alto interesse strategico
ai confini con il Buthan, il Tibet, la
Cina, la Birmania e il Bangla Desh.
Una regione solitamente preclusa ai
capi di stato stranieri, anche a causa
delle forti tendenze centrifughe che
alimentano una tensione con il go-
verno centrale.
Si parte all'alba dall'aeroporto di
Calcutta Dum Dum. Strano nome
per un aeroporto che deriva, mi di-
cono, dalle caserme Dum Dum, do-
ve si fabbricavano le famose pallot-

2.4 Page 14

▲back to top


14 · 1 MARZO 1986
tole esplosive vietate dopo la guerra
dei boeri.
Un'ora e mezzo di volo ed ecco
Gauhati, 1a capitale dello stato del-
1'Assam. Solo uno scalo tecnico sul-
la via che porta il Papa a Shillong.
Giovanni Paolo II scende dall'ae-
reo presidenziale, che più tardi lo ri-
porterà a Calcutta, e sale su un eli-
cottero dell'aeronautica indiana che
lo condurrà sino alla base militare
di Shillong.
Shillong, finalmente. Già capitale
dell'Assam, la città è dal 1972 capi-
tale dello scisso stato di Meghalaya.
U Papa percorre in auto la decina di
chilometri che separano la base mi-
litare da Sbillong. Lo scenario è me-
raviglioso. Capisco il perché della
bella e poetica definizione di queste
montagne: «la dimora delle
nuvole».
Nell'itinerario papale, Shillong
rappresenta tutto il Nord-Est del-
l'India, un territorio di 255mila chi-
lometri quadrati da una parte e dal-
l'altra del Brahmaputra, con trenta
milioni di abitanti distribuiti in sette
tra stati e territori, chiamati «le set-
te sorelle)) per il forte senso di unità
e di solidarietà che lega tra loro que-
_ste popolazioni montanare.
Siamo nella «Scozia dell'Orien-
te», a più di millecinquecento metri
d'altezza. Qui i colonizzatori inglesi
cercavano scampo aU'afa umida ed
opprimente della costa e di Delhi.
L'arcidiocesi di Shillong-Gauhati
è la chiesa-madre di altre sette dio-
cesi suffraganee che si dividono
questa appendice nordorientale del
subcontinente indiano incuneato tra
terre straniere. Quando fu eretta al-
la fine del secolo scorso, si chiama-
va Prefettura Apostolica dell'As-
sam.
La Santa Sede l'affidò ai padri
Salvatoriani tedeschi, che rimasero
in questa zona fino al 1914, allo
scoppio della prima guerra mondia-
le, quando furono rimpatriati a
causa della loro nazionalità. Dopo
sette anni, in cui il vasto territorio
rimase praticamente senza sacerdo-
ti, nel 1921 la Santa Sede J'offerse ai
Salesiani.
I Salesiani erano già in India fin
dal 1906 e si erano installati a Tan-
jore e Meliapor. Ma per l'Assam si
fece una spedizione speciale da To-
rino. Partirono in dieci, sotto la
guida di don Luigi Mathias, il futu-
ro arcivescovo di Madras. Giunsero
a Calcutta il 9 gennaio 1922. Tre
giorni dopo erano a Shillong. Sotto
la guida di mons. Mathias, e poi di
mons. Ferrando, l'opera di evange-
lizzazione subì un forte impulso. E
nel 1934 ShiUong era già una dio-
cesi.
«Noi cattolici siamo un'isola in
mezzo ad un oceano di pagani»,
scriveva mons. Ferrando nel 1958.
«Appena centoventimila (i prote-
stanti sono forse 250mila), sperduti
tra milioni di indù. Eppure 25 anni
fa, quando giunsero i primi salesia-
ni, i cattolici erano appena cinque-
mila. Del cammino se n'è fatto, ma
solo fra le tribù dei monti. li blocco
dell'induismo è ancora intatto, sen-
za incrinature».
La Chiesa di Shillong cresce pur
tra le difficoltà e nel 1969 Paolo VI
l'eleva ad arcidiocesi. «Questo è un
grande giorno per l' Assam e per
l'intera Chiesa in India», può affer-
mare il 5 ottobre l'arcivescovo di
Calcutta, Picachy, durante la ceri-
monia di intronizzazione del primo
arcivescovo di Shillong-Gauhati,
monsignor Hubert D'Rosario, sale-
siano indiano. « Una nuova provin-
Bambini e guerrieri
della tribù Koniak
Nagas

2.5 Page 15

▲back to top


- - - - - - - - - -s/1-
eia ecclesiastica è sorta. Questo si-
gnifica che la Chiesa è divenuta
adulta in questa parte del paese».
Sedici anni dopo è il Papa stesso
a tributare il più significativo dei ri-
conoscimenti all'opera dei• missio-
nari salesiani per la costruzione del-
la Chiesa locale superando gli osta-
coli delle numerose lingue, della po-
vertà, delle malattie.
« I Salesiani di Don Bosco contri-
buiscono in modo determinante alla
crescita della Chiesa in questa zo-
na», dice durante l'omelia della
Messa celebrata, la mattina di mar-
tedi 4 febbraio, sul campo di golf di
Shillong, davanti a duecentomila
persone venute da tutte le otto dio-
cesi del Nord-Esl.
Davanti all'arcivescovo di Gau-
hati-Shillong, D'Rosario, ed a tutti
i vescovi della regione nord-
settentrionale, Giovanni Paolo Il
ricorda con particolare ammirazio-
ne il nome di un missionario sa1esia-
no, don Costantino Vendrame, l'a-
postolo del popolo Khasi, che abita
sulle colline che circondano Shil-
long con la sua imponente catte-
drale e, sul piazzale, il monumento
ad un prete fra due giovani, «Don
Bosco padre e maestro», come si
legge nella scritta alla base del docu-
mento.
È un gran giorno per Sh:illong. Le
famiglie cattoliche di tutto il Nord-
Est sono state invitate a contribuire
alle spese per la visita papale donan-
do ciascuna 25 rupie, poco più di
tremila lire. Alle singole istituzioni
ne sono state chieste mille. È, forse,
la tappa più ricca di colori del viag-
gio papale. Poiché la maggior parte
dei cristiani della regione apparten-
gono a gruppi tribali, l'intera Messa
ha un tono tribale sia nei coloriti
abiti portati dai cento sacerdoti che
concelebrano col Papa, sia nei di-
versi interventi di cui si arricchisce
la liturgia.
Canti e danze all'inizio della cele-
brazione eucaristica, al momento
della Comunione, alla fine della
Messa. La preghiera dei fedeli ri-
I MARZO 1986 15
suona nelle differenti lingue delle
otto diocesi del Nord-Est. Anche i
doni sono simbolici delle diverse re-
gioni. Il tema dell'omelia di Gio-
vanni Paolo li è unificante: «li
Vangelo al servizio di tutti i popoli e
di tutte le culture» .
«Quando i primi missionari giun-
sero in questa regione», ricorda il
Papa, «incontrarono una grande
varietà di popoli e di culture che
erano loro del tutto sconosciuti. E
tuttavia inculcarono con zelo iJ mes-
saggio del Vangelo in ciascun am-
biente culturale. Oggi questa pro-
clamazione continua, e 1a si vive in
ciascun angolo di questa regione, in
armonioso dialogo con le tradizioni
locali».
E ancora: «11 Vangelo che viene
predicato è venuto in queste zone
non per dominare, ma per essere al
servizio di ciascun popolo. Il Van-
gelo è venuto per essere incarnato
nelle vostre culture senza far loro
violenza. In questo processo la tra-
dizione cristiana si arricchisce e vie-
ne a sua volta arricchita da questo
contatto con molteplici valori che
sono conservati nel cuore delle genti
di queste colline e pianure».
li Papa parla di dignità umana, di
rispetto dei diritti di queste popola-
zioni, di pace, di progresso, dei loro
problemi più acuti: analfabetismo,
povertà rurale, rapida urbanizza-
zione, tensioni tra la consapevolez-
za della propria identità culturale e
le molteplici forze disumanizzanti
all'opera nella società.
Infine, una consegna per il futu-
ro. «Il compito che vi attende», di-
ce Giovanni Paolo 11 alla gente del-
le colline e delle pianure nordorien-
tali dell'India, «è ancora immenso.
Coloro che hanno abbracciato il
messaggio salvifico del Vangelo
hanno il compito speciale di lavora-
re per l'inculturazione del messag-
gio cristiano in queste zone. In inti-
ma comunione con la Chiesa uni-
versale fate che Je vostre chiese loca-
li prendano su di sé, in un meravi-
glioso scambio, i valori perenni
contenuti nella saggezza, nei costu-
mi e nelle tradizioni dei vostri popo-
li di modo che la vita cristiana sia
commisurata al genio e all'indole di
ciascuna cultura».
Silvano Stracca

2.6 Page 16

▲back to top


_ REPORTAGE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
16 · 1 MARZO 1986
Kenia/Korr
TRENTA ACRI
D'AMORE
AKORR
Da Nairobi a Korr. I Rendille
e le loro abitudini. Il deserto
e l'impegno dei salesiani.
Quale futuro?
Appena il tempo di ve-
rificare che Nairobi è veramente
quella moderna ed attraente città-
capitale descritta da uno dei tanti
Baedeker d'oggi- ma qui, credete-
mi, le guide servono a ben poco -
ed eccomi subito a bordo di una po-
tente Toyota con destinazione Korr.
«Ti presento Anthony Corvalho
- mi dice il delegato don D'Souza
poco prima di salire in macchina - ,
è un nostro collaboratore e t'ac-
compagnerà lungo il viaggio».
Una rapida ma sicura occhiata al
motore ed eccoci in marcia.
Saprò subito che avremmo fatto
almeno otto ore di strada e che An-
thony Corvalho, da quel momento
Tony - età compresa fra i quaran-

2.7 Page 17

▲back to top


- - - - - - - - - -~ -
I MARZO J.966 • 17
ta/quarantacinque anni, un fisico
da corazziere ma abbondantemente
appesantito - oltre che un valente
autista è di Zanzibar, ricerca e com-
mercia pietre e minerali preziosi, è
stato nella polizia ed è ... devotissi-
mo di Don Bosco, conosciuto prima
dell'arrivo dei Salesiani in Kenya.
«Sai - mi confida - io porto
sempre i fiori a san Giovanni Bo-
sco. Qualche volta li diminuisco nel
numero perché ritarda nell'accon-
tentarmi. Ma non posso fare a me-
no di pensare sempre a lui, che, del
resto, presto o tardi, mi ha sempre
accontentato».
"Ve:.so il deserto
Per andare a Korr da Nairobi -
a parte la possibilità offerta dalle
agenzie turistiche di noleggiare in
questa città un piccolo aereo - si
percorrono almeno seicento cbilo-
meui di strada: per buona parte si
traua di strada asfaltata ma per al-
meno un'altra buona metà si tratta
di una pista carovaniera in terra,
ora battuta ora no, d'origine vulca-
nica.
Percorrere quel tragitto è tuttavia
compiere un formidabile viaggio-
safari all'interno di una serie di par-
chi naturali fra loro collegati.
Lasciata Nairobi ed altraversato
il fiume Tana ecco, l'uno dietro l'al-
tro, i parchi Shaba, Isiolo, Sambu-
ru, Marsabit. Essi svelano una sor-
presa dietro l'altra mentre le acacie
guardano immobili e decine d'uc-
celli sulla strada proprio quando te-
mi d'averne fatto una carneficina,
con la macchina in velocità, esplo-
dono miracolosamente in volo.
«Qui - ha scritto ben a ragione
John Gunther - su un'area di on
centinaio di chilometri quadrati, vi-
vono da dieci a quattordicimila ani-
mali selvatici di circa quaranta spe-
cie diverse, mentre negli alberi si an-
nida una sorprendente profusione
di uccelli.
Fu che cominciai a farmi un'i-
dea della terra africana, con le sue
acacie d'una mezza dozzina di gene-
ri differenti ma quasi sempre livella-
te alla sommità come se fossero sta-
te premute per farne uno spinoso
materasso. E al disopra di tutto è il
fondo e brillante cielo delKenya, ri-
bollente di enormi nuvole rosa, lat-
tee e color lavagna, incandescenti
come se avessero dentro fuochi».
f n mezzo ai Rendi/le
A Nanyuki, lungo la linea dell'E-
quatore è d'obbligo una sosta men-
tre al bivio per Wamba dove la Dio-
cesi ha organizzato un -moderno
ospedale per poter superare un po-
sto di blocco militare Tony mi con-
trabbanda per un medico chiamalo
urgentemente.
«Qui - mispiega - la sera è pe-
ricoloso viaggiare perché si rischia
di essere aggrediti da banditi e fuo-
rilegge». Riprendfamo il cammino
mentre la sera scende a precipizio ed
il paesaggio s'è fatto sempre più
brullo.
Ecco finalmente Korr, nella dio-
cesi di Marsabit al confine con l'al-
tipiano etiopico. AJ nostro arrivo
viene acceso il gruppo elettrogeno
mentre i cani abbaiano quasi dispe-
rati. Veniamo accolti come meglio
non si può da quelle parti e dopo
una cena a base di riso si va a letto.
A Korr ho passato tre notti ma
nonostante le attenzioni di tutti non
sono riuscito a chiudere occhio. Qui
infatti - a parte la paura di trovarsi
punto da una delle tante zanzare
portatrici di malaria in barba ad
ogni zanzariera e alla buona dose di
ddt per l'aria, le notti sono preda
del vento e degli animali: latrati d'a-
nimali vari e sibili di vento cantano
le pur stellate notti di Korr.
Ma all'alba tutto si fa più chiaro
e perfino la recita dei salmi di mat-
tutino e lodi acquista un sapore spe-
ciale, quello del deserto, dove il si-
lenzio e il chiarore diventano voci di
Dio. Il rumore tintinnante di man-
drie di cammelli che partono per i
rari pascoli della zona dopo essersi
abbeverati ad uno dei pozzi scavati
dal missionario richiamano subito
alla memoria gli abitanti di Korr, i
Rendille. «Ma questo Korr - do-
mandò - dov'è?».
«Eccolo! »
Mi viene così indicata un'ammuc-
chiata di capanne fatte di arbusti,
stracci e pelli di animali. Qui vivono
almeno sette dei dodicimila Rendil-
le, la più chiusa al progresso delle
tribù Keniote.
Alcune loro tradizioni - fra le
quali l'infanticidio e la circoncisio-
ne resistono ad ogni attacco e legge.
È una tribù nomade che pascola,
mangia e commercia cammelli. Se
una ragazza viene chiesta in sposa
bisogna dare otto cammelli, se un
ragazzo viene circonciso quel gior-
no spera nel regalo di un cammello.
I Rendille rappresentano una tribù
nomade per eccellenza e vive sparsa
su un'area cbe va dalla regione
Samburu e dal lago Turkana fino a
Marsabit: un territorio di circa 13
mila chilometri quadrati, buona
parte dei quali si trovano oltre i mil-

2.8 Page 18

▲back to top


18 · I MARZO 1986
le e cinquecento metri sul livello del
mare e con pochissima piovosità
annuale.
L'attività
dei salesiani
Dal 1981 la Diocesi di Marsabit
- guidata allora dal vescovo italia-
no monsignor Carlo Cavallera ba
affidato il ... deserto di Kaisut ed i
suoi abitanti alla cura pastorale dei
Figli di Don Bosco. Cosi don Geor-
ge Padinjaraparambil e don Putbu-
mana Mathew sono giunti a Korr
dove hanno trovato una grande ca-
panna adibita a chiesa e due barac-
che.
La Diocesi di Marsabit ha sedici
parrocchie ed il suo territorio si
estende per una zona lunga 550 chi-
lometri e larga 250. Vi abitano qua-
si duecentomila abitanti dei quali
appena quindicimila sono cattolici.
L'evangelizzazione dei Rendille
fu iniziata una ventina d'anni fa da
un certo padre Redento Tignonsini,
che dopo anni di durissimo e meri-
torio lavoro si è dovuto arrendere.
Ed i Salesiani?
Distribuzione
di latte a Korr
Dal 1983 intanto si sono aggiunte
ad essi un gruppo di suore Nirmala
Dasikal (Suore di Maria Immacola-
ta) piovenienti dall'India - come i
due Salesiani - ed in particolare
dal Kerala. Queste suore - vestono
un tipico sahari indiano color rosso
come la rossa terra del deserto cir-
costante che calpestano a piedi scal-
zi - banno impresso al dispensario
Lavori in paglia
un ritmo ordinato ed attento. Gra-
zie al loro lavoro centinaie di mam-
me sono assistite in programmi di
nutrizione per esse stesse ed i loro
bambini. È una presenza umana-
mente eccezionale.
Sono stati attivati due pozzi d'ac-
qua grazie all'intervento della Mise-
reor tedesca mentre è stata incre-
mentata una scuola elementare per
più di trecento bambini. Al Dispen-
sario poi non si somministrano sol-
tanto medicine ma si fa anche pron-
to soccorso.
Ho potuto assistere all'arrivo di
due ragazzi: uno era stato morso da
un cane affetto da rabbia ed è stato
portato all'ospedale di Marsabit in
mancanza di siero e l'altro era stato
morso da uno dei tanti serpenti del
deserto; gli è stata data una effica-
cissima - parola di don George -
pomata belga chiamata «Black
Stone».
Ma al ruspensario arrivano anche
moribondi ed allora la presenza af-
fettuosa ed attenta della suora di-
venta più che preziosa, provviden-
ziale. La vita della missione inco-
mincia con la distribuzione del cibo.
Proprio così. Se non fosse per gli
abbondanti aiuti in cibo inviati dai
cattolici americani a Korr vivrebbe-

2.9 Page 19

▲back to top


-------#-
ro ancora di caccia. Ma fino a
quando?
Per le donne della tribù costrette
all'inerzia per le lunghe assenze de-
gli uomini è stata organizzata una
cooperativa di Lavoro: producono
piccoli lavori artigianali in paglia
che don George si preoccupa poi si-
stemare a Nairobi magari presso
qualche condiscente e generoso
mercante indiano.
«Non è stato facile - mi confida
don George - mettere su questa at-
tività. Qui infatti la donna è abitua-
ta a fare soltanto figli ed a cucinare
quando gli uomini rientrano. La ca-
sa del resto .non esige lavoro
alcuno».
«È poi importante - prosegue
don George - che non si faccia
l'errore di dar loro tutto gratuita-
mente».
Il Governo e la Diocesi di Marsa-
bit hanno concesso alla missione ol-
tre trenta acri di terreno (ndr: un
acro è 4.026 mq) sui quali si va svi-
luppando l'intero complesso. Con
cura amorosa e paz.iente sono stati
piantati alberi e fiori. «Questo -
mi dice don George - è un tama-
rindo e l'ho fatto venire dall'lndia.
Spero proprio che resista».
A Korr è sorta anche una nuova
chiesa in cemento a forma circolare
Una sosta sopra ... !"Equatore
di un gruppo di Salesiani
guidati dal delegato don Tony
O'Souza
proprio come La capanna Rendille.
Alla sua costruzione - qui occorre
portare oltre ai materiali anche la
manodopera - hanno contribuito
un gruppo di ragazzi della Lombar-
dia appartenenti all'organizzazione
«Africa Oggi». Sono andati Laggiù
- provenienti da Covenago, Agra-
te Brianza, Cadonio Monzese e Mi-
lano - autofinanziandosi per con-
dividere la stessa esperienza del mis-
sionario e si sono fermati un mese.
«Sa - dice Piera, una giovane
impiegata "veterana" dell'Africa
IMARt0r986· 19
I
La cappella - capanna di Korr
verrà presto sost.ltuita da una
chiesa in muratura
cerchiamo di offrire la nostra
amicizia e solidarietà a questi sacer-
doti che lavorano nelle zone più
sperdute del mondo».
Alla fine dopo aver faticato e da-
to al missionario i risparmi di un
anno, questi «ragazzi dell'85» han-
no concluso: si riceve molto di più
di quel che si può dare.
Don George da due anni ha anche
aperto quella che chiama una «sub-
stazione» missionaria. Si trova più
a valle, a Ngrunit, un posto oasi do-
ve convergono molte carovane e do-
ve va sorgendo un agglomerato. Si è
incominciato con la scuola.
Il paesaggio di Korr è certamente
suggestivo ma di una bellezza quasi
orrida eppure salesiani e suore Nir-
mala Dasikal sono veramente con-
tenti di starci.
«Don George - ho chiesto con
insistenza - ma è veramente con-
tento di stare a Korr? »
« Yes! » è stata la risposta.
Il «sh> di don George è senza veli
proprio come la povertà che lo
circonda.
«A Korr - riprende il quaranta-
seienne missionario keralese dell'I-
spettoria di Dimapur, quasi per
paura che me ne scordassi - la vita
è difficile. Siamo tra i poveri più
poveri».
Giuseppe Costa

2.10 Page 20

▲back to top


MARCELLO PALUMBO
(a cura di)
Europa Padri e Figli, Editrice
Europea, Roma, 1985, pp. 270,
L. 20.000.
La storia dell'europeismo in
Italia meritava una biografia,
scritta dai protagonisti o dai te-
stimoni diretti, i figli, i consiglie-
ri, gli eredi spirituali degli stessi
leaders che hanno suscitato
quello straordinario fenomeno
dell'adesione generalizzata al
processo di unità europea in un
Paese caratterizzato da un esa-
sperato pluralismo e dalla ten-
denza al frazionamento politico-
ideotoglco. Che senso ha que-
sta costante affermazione di
spirito europeo in Italia? - ci si
è spesso domandato - . Si trat-
ta solo della punta di un iceberg
o, al contrario, di un attodi felice
Intuizione popolare delle oppor-
tunità offerte dal momento stori-
co? L'Europa, Padre e Figli• ri-
sponde all'Interrogativo attra-
verso una ricerca che va alle ra-
dici dell'europeismo italiano.
Venti autori, tracui due protago-
nisti in servizio, Andreotti e Spi-
nelli, insieme ad altri esponenti
del mondo politico, delle scien-
ze umanistiche e del giornali-
smo, esam inano il pensiero e
l'opera dei sette personaggi più
significativi tra gli statisti e gli
uomini politici italiani di questo
secolo, I quali hanno lavorato in-
tensamente per l'obiettivo del-
l'unione europea, e in tale con-
testo hanno collocato il vitale in-
teresse dell'Italia. L'indagine
comincia con Filippo Turati che,
all'Indomani del disastro di
Adua, auspicava l'awento degli
Stati Uniti d'Europa. Prosegue
con Alcide De Gasperi di cui vie-
ne rievocata la complessa espe-
rienza nella vita politica del Con-
tinente, Iniziata sui banchi del
Parlamento austriaco, e culmi-
nata nei primi atti di edificazione
della Comunità europea del car-
bone e dell'acciaio. Evidenzia Il
ruolo svolto da Carlo Sforza in
quel grande moto di rinnova-
mento della diplomazia europea
che l'ha awiata a ruotare dalla
tradizionale politica dell'equil~
brio ad una moderna concezio-
ne di sovranazionalità. Ripropo-
ne i temi attualissimi raccolti ne-
gli studi e negli appelli federali-
sti di Luigi Einaudi. Ripercorre
gli anni fecondi di Gaetano Mar-
tino, dal rilancio europeo di
Messina alla firma dei Trattati di
Roma, ed oltre. Riscopre il sen-
so profondo della severa lezione
di coerenza europeistica di Ugo
La Malia. Conclude la rassegna
il personaggio che da oltre qua-
rant'anni è Il leader riconosciuto
e l'ispiratore delle battaglie le•
deraliste in Italia e in Europa: Al•
tiero Spinelli, che offre in queste
pagine uno spaccato della situa•
zione europea corredato da un
perentorio invito a varare l'unio-
ne politica dei Paesi della CEE.
L'alternativa sarebbe la «fine
storica• dell'Europa.
CARLO COLLODI
Le avventure di Pinocchio, JI.
lustrazioni di Luciano Proverbio
- SEI, Torino, 1985, pp. 208,
L. 16.000.
Chi non conosce le awenture
di Pinocchio scritte da quella
magica penna che amaya stare
tra le mani del Collodi? E signifi•
cativo e dà motivo ad una seria
riflessione, che dopo la Bibbia
questo libro sia il più noto e Il più
diffuso nel mondo: come se per
leggere le parole ispirate da una
mano divina occorresse prima
passare attraverso il vaglio della
fanciullezza. La fantasia dei
bambini è pronta ad accagliare
con semplicltà le verità più pro-
fonde. Ma è anche vero che
quella mente si serve di due oc-
chi voraci, protesi a mangiare
tutto ciò che si estende nel cam-
po del visibile e dell'invisibile,
pronti ad immaginare l'inimma-
ginabile e a viaggiare attraverso
mondi davanti al quali anche la
mitica figura dell'Odissea non
può che arrestarsi.
Cantando
la speranza
Quale futuro per la terra? Per i ragazzi di Arese sarà
un futuro di amore se li presente si tinge di speranza
e se Il passato viene coperto dal perdono. Un messag-
gio semplice nei contenuti che ripercorre in musica le
tappe fondamentali della vita di Gesù, mostrando par-
ticolare attenzione per Maria, Madre della speran-
za». È un canto originale, quello che si può ascoltare
sulla cassetta edita dalla LDC (n. 64044), ideato da
Angelo Lagorio con l' ausilio orchestrale di Cesare Re-
guzzonl; un canto vivace, impostato coralmente sul
modello di •Up with people»: ma alcune inflessioni so-
nore ci riconducono, In una sorta di flash back musi-
cale, agli anni '60, in questa nostra recente belle épo-
que che oggi rivive anche ln,qualche cantautore, co-
me Sergio Caputo.
Ma non è certo la moda del revival che interessa I
ragazzi di Arese: la ripresa di alcuni moduli del passa-
to, voluta o no, appare significativa proprio sul piano
temporale. Quegli anni infatti rappresentano per l'Ita-
lia un momento di grande speranza, In cui accanto al-
la congiuntura economica favorevole si affianca un
generale risveglio nella cultura e nelle varie attività
umane. Cosi, questo richiamo al passato, in realtà,
vuote essere, oggi, la nuova speranza del presente,
come accade in Sergio Caputo, anche se a un livello
assai diverso: in lui c'è una gioia tutta umana, al limite
dell'evasivo, se non proprio consolatoria, appena cor-
retta dall'autoironia; nei ragazzi di Arese la speranza
si fonda sull'avvenimento che vince la morte, sulla no-
tizia che non vuole consolare ma liberare. Allora la
musica acquista anche una funzione •diastaltica»:
muove, cioè, all'azione, ripudiando ogni possibile ri-
piegamento interiore. E oggi, di cosa abbiamo più bi-
sogno se non di una speranza che muti nel fatto vivo
e concreto dell'azione?
E Luciano Proverbio, pittore,
incisore, ceramista e scrittore,
nell'illustrare le magie di questa
favola universale, parte proprio
...,_-======::=::~
lr«1-.t11tw'l"di
'9
~
'
dalle sue fantasie fanciullesche,
dal ricordo di quelle prime fervi-
de sensazioni che vivono anco-
ra intatte nel suo animo. Cosi,
per comunicare con Il mondo fit-
to di misteri dei bambini, si fa
anch'egli piccolo, riguardando
come per la prima volta le storie
del fanciullino di legno, mac-
chiando la pagina di colori magi-
ci, di tocchi fiabeschi ricchi di
echi e suggestioni: sono pennel-
late di luce policromatica che Il
più delle volte si rifrange da una
fonte unica, una lanterna, il so-
le, un caminetto, una candela,
una coppa preziosa, tutti oggetti
che divengono depositari di un
mistero e di una magia, la cui
verità, celata agli occhi dei gran-
di, solo Il bambino può mirare.

3 Pages 21-30

▲back to top


3.1 Page 21

▲back to top


- - - - - - - - - -5'1-
I MARZO 1986 21
ANDRÉ FROSSARD
Il vangelo secondo Ravenna,
Collana «Capolavori della fede»,
SEI, Torino, 1985, pp. 120,
L. 37.000.
«Chiuso in una rozza e povera
scorza di mattoni, il Vangelo è
qui, preso alla fonte, splendente
di luce interiore: la mano rossa
e rugosa della città si apre su
manciate di zaffiri•. André Fros-
sard, ormai noto narratore, bio-
grafo e giornallsta del «Figaro•,
sfoglia come un libro le timide
bellezze di Ravenna, i suoi mo-
numenti, I suoi mosaici. le sue
chiese, nella cui arte è incisa
l'armonia. e la gioia di una buo-
na novella ancora incontamina-
ta dai lugubri eccessi medievali.
Il Vangelo si fa colore e poe-
sia sfumando nel toni artistici di
un Impero crepuscolare, tra il V
e il VI secolo, che ancora vive,
tra lo scrosciare delle armi bar-
bariche, quell'intima unione tra
le cose del cielo e della terra in
cui è tutto l'incanto del mistero
cristiano.
il Vangelo si fa contemplazio-
ne e dona all'arte del mosaico
quella profondità nello spirito
che manca alla tecnica pittorica:
la piattezza delle figure è riscat- guardando a questa sinossi del-
tata dalla vivacità armoniosa dei l'arte può dire: «Se Il vostro de-
colori, uniti in un solo coro a tor- stino eterno vi interessa, andate
mare la voce del Dio-uomo. È la a Ravenna: esso sta scritto sui
visione cristocentrica, compren- suoi muri•.
siva del divino e dell'umano,
della croce e della resurrezione,
che traspare con chiarezza in
questo limpido specchio dell'ar-
te ravennate.
L'uomo rincorre col pensiero
e con le opere il suo futuro, ne
intravede i segni nel tempo che
trascorre, si affanna in mille ma-
niere a cercare i destini ultimi
dell'umanità e del mondo, che
pure passeranno. E Frossard
La comparsa di un nuovo giornale «religioso morate e
politico• a metà Ottocento, sotto la direzione del giovane
prete torinese Giovanni Bosco, non mancò di suscitare
sorpresa. La testata de L'Amico della Gioventù veniva a
inserirsi In pieno 1848, anno passionale per aspirazioni li-
bertarie e prodromi di guerre. Inserirsi nel contesto socio-
culturale del tempo con un foglio trisettimanale (il marte-
dl, giovedl e sabato) che ambiva a diventare quotidiano,
e dichiarare tra l'altro un programma «politico», compor-
tava coraggio. Il coraggio appunto di don Bosco, 33 anni,
prete (periferico) da sette.
Ma l'opinione pubblica cattolica non si spinse oltre una
generica simpatia con qualche punta di generosa solida-
rietà. Più sensibile l'opinione opposta, che fu colta da
trauma e reagi biliosa •declassando• il nome del titolare
da forte «bosco• a debole «pioppo»: «Un nuovo Prete-
Pioppo esce a spropositare di civlltà e di religione; il buon
prete è cosi compiacente che I suoi discepoli gligrattano
la parrucca e si baloccano con i suoi ciondoli senza che
egli se ne tenga offeso...•. Così il Fischietto, giornale at-
taccabrighe, in un commento del 28 dicembre.
Don Bosco non si tenne offeso nemmeno dalla bolsa e
contorta ironia del Fischietto, e continuò la sua strada.
L'Amico della Gioventù ci è pervenuto in un esemplare
unico (per ora) che amorevoli mani hanno rintracciato di
recente tra le polveri di una piccola biblioteca provinciale.
Reca la data del 21 ottobre 1848, anno uno, numero uno.
L'editoriale programmatico afferma una identità cristiana
e culturale, popolare e giovanile, dischiudendo ideali di
religione e patria proprii del buon cristiano e dell'onesto
cittadino. Ma don Bosco verbalizza anche i lavori della
Camera dei deputati, presieduti in quei giorni da Gioberti
e animati dall'«awocato Brofferio~. dal «deputato Ca-
vour•, e da altri simili nomi. Nessun commento politico,
solo sottolineature di «plausi• che lo scaltro giornalista
evidenzia al fine di fare opinione...
Le Memorie Biografiche (MB) registrano che don Bo-
sco •si recava di persona ad assistere aì dibattiti parla-
mentari, volendo dire ai suoi giovani tutta la verità anche
sul fatti contemporanei» (MB 3,303 s). Dunque •giornali-
sta accreditalo•. E anche qualcosa di più, perché «quan-
tunque avesse collaboratori pensava a tutto e ordinava
ogni cosa correggendo di sua mano le bozze di stampa»
{MB 3,481). Il che non gli risparmiò né costi né crisi. Per
sostenere li giornale aveva emesso •azìoni» che i suoi pri-
mi cooperatori acquistarono. Non bastò. 112 maggio 1849
il giornale chiuse al suo 61 ° numero e andò dignitosa-
mente a fondersi - in duplice testata - con L'Istruttore
del Popolo. Don Bosco continuò a esserne un vigile ani-
matore e redattore.
Ma chiudendo l'esperienza lamentò che •i cattolici non
fossero ancora convinti della necessità permanente di
buoni giornali•; si rammaricò che •le notizie politiche e i
bollettini di guerra a cui nessuna famiglia era estranea
fossero attinti solo da stampa di parte»; si crucciò per
•l'impossibile coesistenza della sua primaria missione di
educatore con quella di giornalista cattolico» impegnato
nella professione a pieno rischio e •pronto ad andare in
tribunale o in carcere»...; infine si diede da fare perché
nei locali pubblici e addirittura nei caffè cittadini {dove
egli stesso entrava e chiedeva) fossero sempre reperibili
i migliori giornali {MB 3,483 s).
Era pubblicista nell'anima, aveva il giornalismo nel
sangue.
Marco Bongioannl
a• I
1/AUICO DELLA GIO\\IEì\\TÙ
f.lOIL"'t\\l.E Wtl.1GIOS0, '.'IIOIULe, t J'()Ll11CO
r-- ,_,,.. __ _
::!"1~:.::::::':...~' ...::-..

3.2 Page 22

▲back to top


_ VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
22 · l MARZO 1986
La stampa cattolica in Italia
••• MA I GIORNALI
CATTOLICI
SONO GIORNALI?
Viaggio in una «galassia»
che pur esiste. Grande
diffusione e qualità
giornalistica. Una serie di
iniziative e la necessità di
un impegno professionale
e cristiano.
Sarà il caso di dare ini-
zio per tempo a un dibattito sul te-
ma di fondo che viene proposto da
Giovanni Paolo II per la XX Gior-
nata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali 1986 in relazione alla «for-
mazione cristiana dell'opinione
pubblica». Per tempo, ripetiamo,
se non ci si vuole limitare a un ritua-
le che, una volta trascorsa l'occasio-
ne, venga classificato fra gli atti do-
vuti, fatti e archiviati. Perché la for-
mazione cristiana dell'opinione
pubblica esige una valutazione glo-
bale del fenomeno mass-media, sia
in collegamento con la «teologia»
della comunicazione sociale, cosi
come si è espressa nel corso degli ul-
timi venti anni, sia in rapporto alla
comunità entro la quale operano i
suoi strumenti.
Ciò comporta in primo luogo una
serie di domande. Se è vero, come
emerge da analisi anche approssi-
mative, che la stampa cattolica ita-
liana è frammentata in 2000 testate,
secondo i detrattori, o in almeno
3500, a detta degli ottimisti - dai
quotidiani ai settimanali megadiffu-
si, dai prestigiosi mensili ai numero-
sissimi fogli diocesani, dalle pubbli-
cazioni femminili a quelle per ra-

3.3 Page 23

▲back to top


-----------#-
I MARZO 1986 • 23
gazzi, dagli organi dei santuari ai
bollettini parrocchiali - sulle
10.000 complessive, perché non se
ne trova registrazione nelle indagini
e statistiche, ufficiali o ufficiose, a
cominciare dall'ISTAT, che le igno-
ra? Sono fogli che, all'apparenza,
non esistono da nessuna parte, tran-
ne che dove stanno veramente,
fra le mani e sotto gli occhi della
gente.
La galassia della stampa cattoli-
ca, come è stata definita, dovrebbe
toccare 35-40 milioni di lettori: è ve-
ro, non è vero, si tratta di speranze,
di timori, ci si batte con un fanta-
sma o ci si confronta con una real-
tà? Le risposte non ce le dà l'An-
nuario della Stampa o quello catto-
lico, la Guida Monaci o l'elenco te-
lefonico. Forse ce le forniscono se-
gni indiretti. L'attenzione, per
esempio, che i fogli laici rivolgono
ormai all'argomento, un più accen-
tuato senso di rispetto quando io af-
frontano, addirittura il disagio di
fronte a un fenomeno considerato
marziano, e che sfugge a categorie
di giudizio consolidate: non c'è
niente di più clericale del pregiudi-
zio laicista. Proprio per questo, te-
sti, pur ritenuti oggi fondamentali e
quasi liturgici, di storia del giornali-
smo e saggi collettivi, compilati con
il contributo di santoni della mate-
ria, un giorno o l'altro andranno se-
riamente riscritti o aggiornati.
Galassia, quindi: una stampa
sommersa, popolare, di serie B, de-
vozionale, omiletica. Le definizioni
tentate sono molte, ma nessuna pa-
re del tutto attendibile; gli stessi so-
ciologbi e indagatori di parte catto-
lica restano estremamente prudenti,
rifuggono da leggi generali e prefe-
riscono attenersi ai fatti. Ciò non
impedisce agli interessati di avanza-
re interrogativi e di proporre piste
di lavoro, che in seguito rimbalzano
a provocare l'interesse di altri setto-
ri sino ad allgra indifferenti se non
attestati su un arrogante sarcasmo.
Si moltiplicano quindi gli incontri
e le occasioni di dibattito. Sino a
pochi anni fa si trattava di confron-
ti a circuito chiuso, durante i quali
le querule proteste per i silenzi altrui
e l'indifferenza dell'opinione pub-
blica (forse appena il dispetto di
non essere citati dalla stampa cosid-
detta laica) non riuscivano comun-
que a nascondere alcuni fatti impor-
tanti. Per esempio l'ammoderna-
mento tecnologico. Pochi ricordano
che proprio il quotidiano cattolico
«Avvenire» fu il primo, sotto la di-
rezione di Angelo Narducci, a inau-
gurare la teletrasmissione dal Nord
al Sud, da Milano a Pompei, dove
veniva stampata l'edizione del Cen-
tro Sud. Quando «La Stampa>> fece
lo stesso, alcuni anni dopo (e in se-
guito altri quotidiani), i muri d'Ita-
lia ne furono ampiamente informati
e per anni, come una bandiera di
modernità, figurò la scritta «edizio-
ne teletrasmessa» sulle copie stam-
pate a Roma.
Bisognerà parlare, inoltre, anche
se a semplice titolo di esempio, di
quanto, con spirito anticipatore, è
stato fatto ad Alba, nello stabili-
mento di «Famiglia Cristiana», a
Padova con il «Messaggero di San-
t'Antonio», a Roma e Torino con il
«Bollettino Salesiano», a Verona
con «Nigrizia» e presso i 125 setti-
manali diocesani. Questi ultimi, a
loro volta, diventano veri e propri
testimoni di una pubblicistica del
territorio, di una adesione ai pro-
blemi della gente; al punto da far
nascere il sospetto che il successo di
quella presenza abbia sollecitato la
fioritura di quotidiani locali (ormai
27, in costante espansione da dieci
anni a questa parte e che impiegano
oltre un decimo dei giornalisti pro-
fessionisti italiani).
La parola avanguardia può anche
non piacere, ma di questo appunto
si tratta; e in modo tale da compen-
sare, come livello generale di lettu-
ra, la scarsa diffusione dei pur po-
chi quotidiani cattolici, altro pro-
blema attorno al quale ci si arrabat-
ta da sempre (ma si tratta di una
questione a livello per lo meno eu-
ropeo). E proprio l'aggiornamento
tecnico, tecnologico e professionale
sta facendo compiere un salto quali-
tativo alle forme entro le quali ri-
proporre i contenuti di una presen-
za del cristiano nel mondo cosi co-
m'è attualmente, il suo impegno
nell'esprimerli con il linguaggio del-
l'oggi - linguaggio che è anch'esso
un «segno dei tempi».
Quindi i congressi e convegni,
agli incontri e seminari partecipano
sempre più numerosi e volenterosi
giornalisti e scrittori che sino a ieri
storcevano la bocca quando al so-
stantivo stampa si aggiungeva l'ag-
gettivo cattolica. Anche perché si
tratta di occasioni che sollecitano
ormai l'interesse di cerchie sempre
più vaste di esperti e studiosi, di de-
modossologhi e politici.
Se vogliamo compilare un bilan-
cio di quanto si è fatto nel 1985,
possiamo registrare - oltre il con-
sueto incontro ad Ariccia organiz-
zato dai Paolini, appuntamento an-
nuale che per una settimana appro-
fondisce le tematiche dei mass-
media - almeno due convegni prin-
cipali: dei settimanali cattolici dio-
cesani tenutosi a Firenze e quello
svoltosi a Padova, in margine alle ce-
lebrazioni del « numero mille>> del
«Messaggero di Sant'Antonio».
Con contorno di manifestazioni,
come il seminario «A vent'anni dal
Concilio. L'informazione religiosa
fra liberazione e restaurazione»,
aperto scambio di tematiche fra cat-
tolici e laici; lo spazio dedicato -
attraverso una relazione di France-
sco Malgeri - al giornalismo catto-
lico durante il convegno degli storici
a Brescia; e con le tematiche svolte
al Congresso dell'Unione della
Stampa cattolica italiana. Né sarà
inutile, in questo ambito, riferirsi
anche allo svolgimento della riunio-
ne plenaria della Pontificia Com-
missione delle Comunicazioni So-
ciali e al Consiglio dell'Unione In-
ternazionale della Stampa Cattoli-
ca, tenutosi quest'anno a Roma.
Di per sé un attivismo convegni-
stico e incontristico può anche de-
nunciare una mancanza di idee e
iniziative su altri versanti. Ma le due

3.4 Page 24

▲back to top


24 · 1 MARZO 1986
occasioni di Firenze e di Padova co-
stituiscono test un po' più impor-
tanti, come dimostra l'eco che se
n'è avuto sulla stampa. Forse per la
sorpresa emersa dall'indagine fatta
compiere dal1a FISC: il ritratto del
lettore del settimanale diocesano si
presenta con caratteristiche legger-
mente diverse da quelle normalmen-
te attribuitegli da pregiudizi più o
meno radicati. Provvisto per due
terzi di un livello di istruzione supe-
riore, consumatore di due libri al
mese, di un quotidiano e di un setti-
manale, è interessato alla vita civile
e politica, sostanzialmente assertore
di un sistema democratico, vive per
lo più in città (ma con questa defini-
zione si intende anche l'agglomera-
to di provincia fra i 50 e i 100 mila
abitanti); chiede maggiori informa-
zioni sulla pace, lo sviluppo dei po-
poli del Terzo Mondo, i problemi
della fame, l'attività del territorio
ed esprime una domanda di signifi-
cato all'esistenza che si trova rispec-
chiata anche sul settimanale dioce-
sano, che acquista e legge. I] tono
del convegno, delle relazioni e degli
interventi non è stato trionfalistico,
ma non ha potuto non tenere conto,
con soddisfazione, delle indicazioni
espresse da una realtà specifica: 125
fogli settimanali, una diffusione
globale di un milione e tre-quattro-
centomila copie, con una crescita
costante d'anno in anno e un'area
di lettori certamente superiore ai
quattro milioni.
Ma in quale misura «fanno» opi-
nione, come riescono ad articolare
le loro proposte all'interno della co-
munità nazionale che pare sorda,
almeno se si guarda a certi esiti -
divorzio e aborto - di un non lon-
tano passato? L'interrogativo lo ha
sviluppato il convegno di Padova,
che aveva come titolo «Stampa cat-
·tolica, stampa d'opinione?». Le
conclusioni non hanno peccato di
ottimismo, anche se uno dei relato-
ri, Angelo Bertani direttore di «Se-
gno Sette», dopo un'analisi abba-
stanza articolata e severa ha creduto
di poter affermare che la stampa
cattolica è in procinto di essere in
grado di fare opinione; e un altro
intervenuto, Gianpaolo Romanato,
ha sostenuto che «oggi sta nascendo
un giornalismo cattolico di propo-
sta, di affermazione, capace di
esprimere una presenza consapevo-
le, senza complessi e senza timori,
sui grandi temi del nostro tempo».
In preparazione del convegno, il
«Messaggero» aveva commissiona-
to quattro sondaggi fra i suoi letto-
ri, raggiungendo alcune sorpren-
denti conclusioni di «laicità» che da
un lato spazzano via resi.dui di luo-
ghi comuni, dall'altro non possono
non indurre a serie riflessioni ap-
punto su quella necessità della for-
mazione cristiana dell'opinione
pubblica indicata da Giovanni Pao-
lo II come tema della Giornata delle
Comunicazioni Sociali. Che soltan-
to il cinque per cento degli interro-
gati legga abitualmente la Bibbia e il
diciannove mai è un dato che fa
pensare, anche se il «qualche volta»
del cinquantuno dimostra che c'è
terreno da arare. Che il novantacin-
que per cento sia ancorato a una fe.
de senza esitazioni può apparire ras-
sicurante, tanto più se la solidarietà
verso i poveri (quarantotto per cen-
to) e verso i malati (quarantatre per
cento) costituisce un elemento non
marginale del vivere il proprio cri-
stianesimo.
Anche il lettore oel «Messagge-
ro», come nel ritratto emerso dal-
l'indagine dei settimanali diocesani,
è socialmente evoluto, vivè soprat-
tutto nel Nord, sente fortemente i
problemi comunitari. Un indice
analogo esce da un'inchiesta fatta
condurre da «Famiglia Cristiana»,
che con il suo milione e mezzo, e
più, di copie si trova, anche a livello
europeo, nel plotone di testa. Il let-
tore abituale ha un buon tenore di
vita, è intellettualmente aggiornato
e consuma strumenti «culturali»
cinque volte di più dell'italiano me-
dio. Inutile aggiungere che la stra-
grande maggioranza dei tre «spac-
cati» interpellati nelle indagini sente
i risultati e le applicazioni del Con-
cilio come facenti parte di una vita
spirituale intensa e in crescita.
È necessario perciò rivolgersi a
questa (minoranza?) trainante di
cattolici per attuare il compito e
raggiungere il risultato della forma-
zione cristiana dell'opinione pubbli-
ca. E non appare esagerato affer-
mare che in una prospettiva del ge-
nere si stia muovendo, con poche
eccezioni, la stampa cattolica. An-
che la settimana di studi organizza-
ta dal «Bollettino Salesiano» con la
partecipazione dei direttori delle
edizioni in varie lingue del periodico
rientra in questa finalizzazione,
educativa e pastorale al tempo stes-
so. In un messaggio indirizzato al-
l'Unione Internazionale della Stam-
pa Cattolica il Papa aveva detto che
«come quella di Sant'lgnazio, le vi-
te possono essere cambiate dalla pa-
rola scritta». È certamente un com-
pito difficile, ma va svolto affinché
la Verità sia «gridata dai tetti».
Angelo Paoluzi

3.5 Page 25

▲back to top


# _ _ VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Incontro Direttori BS
1 MARZO 1986 25
IBS NEL MONDO
UNA ccCATENA,, EDITORIALE
PER MILIONI DI LETTORI
I direttori delle 39 edizioni sono
intervenuti al Seminario internazionale che
ha visto la partecipazione di qualificati
esperti dei mass-media, giornalisti, tecnici.
Il gruppo dei partecipanti al
seminario incontra a Roma Il
direttore dell'ANSA Sergio
Lepri
Roma. Eccoli Il, sparsi
sul lungo tavolo, i Bollettini Salesia-
ni che si pubblicano nel mondo. So-
no veramente tanti. Visti tutti insie-
me, con le copertine multicolori, la
varietà dei caratteri di stampa, i di-
versi formati, danno la dimensione
quasi fisica cli una presenza che si
dilata da un capo all'altro delJa Ter-
ra. Una presenza viva, concreta,
corposa, perché dietro quelle riviste
c'è la realtà pulsante della grande
famiglia salesiana.
Nella sala accanto, i direttori del-
le varie edizioni del Bollettino Sale-
siano ascoltano, intervengono, di-
scutono. Sono venuti a Roma, nella
casa generalizia cli via della Pisana,
per partecipare al Seminario inter-
nazionale di cui si è fatto promotore
il Dicastero per le Comunicazioni
Sociali affidando la realizzazione
all'edizione italiana, nella persona
del suo direttore. Tredici giorni di
lavoro, mattina e pomeriggio, dal
10 gennaio, quando don Sergio
Cuevas, consigliere generale per la
Famiglia salesiana e per le comuni-
cazioni sociali ha dato avvio al Se-
minario, al 21 gennaio, quando il
Rettor Maggiore don Egidio Viganò
ba pronunciato il discorso cli chiu-
sura. Tredici giorni che hanno visto
sfilare, ciascuno con Ja sua relazio-
ne, qualificati esperti dei mass-
media, giornalisti noti al grande
pubblico, personalità del mondo ec-
clesiale, tecnici di riconosciuto valo-
re. Una testimonianza significativa
della considerazione che il BolJetti-
no Salesiano è riuscito ad ottenere
presso gli operatori del settore.

3.6 Page 26

▲back to top


26 · I MARZO 1986
Programma di sviluppo
Quale lo scopo del seminario?
Far crescere i Bollettini salesiani,
valorizzarne la dimensione interna-
zionale, coordinarne le strutture,
accentuare la consapevolezza del
servizio che essi sono chiamati a
svolgere nel quadro della vocazione
salesiana. I direttori sono giunti alla
conclusione che lo spazio per realiz-
zare un solido programma di svilup-
po c'è, e che bisogna quindi darsi da
fare per occuparlo in modo adegua-
to. I veri protagonisti del Seminario
sono stati loro, i direttori dei BS.
Essi rappresentano un fenomeno
editoriale quasi senza eguali nel
mondo: trentanove edizioni in 19
Hngue, cliffuse in 70 Paesi, dieci mi-
lioni di copie l'anno, quaranta mi-
lioni cli lettori. Una straorclinaria
capacità di penetrazione. Ne hanno
veramente fatta tanta di strada,
quelle quattro smilze paginette fitte
di caratteri tipografici, che don Bo-
sco stampò e fece uscire nell'agosto
del 1877, sotto la testata «Bibliofilo
cattolico - Bollettino salesiano men-
suale», in seguito semplificata in
«Bollettino Salesiano».
Bisogna dire che ad avviare spedi-
tamente la pubblicazione sulla stra-
da di un costante sviluppo fu lo
stesso don Bosco. Già al secondo
numero le pagine erano salite a ot-
to, nel 1882 erano diventate venti, e
32 all'inizio del secolo. Nel 1883 la
tiratura aveva raggiunto le quaran-
tamila copie, traguardo eccezionale
per quell'epoca, e già erano apparse
le prime edizioni internazionali, in
francese nel 1879, e in spagnolo, per
l'Argentina, nel 1881. Oggi il Bol-
lettino salesiano si pubblica, come
si è detto, in 19 lingue, ed esce in In-
dia come in Uruguay, in Irlanda co-
me in Francia, in Messico come in
Polonia, in AustraUa come in Brasi-
le, a Hong Kong come in Thailan-
dia ecc. e contribuisce a dare l'im-
magine internazionale della Con-
gregazione salesiana. C'è solo un'a-
rea, un'area continentale, che resta
ancora all'esterno del raggio diffu-
sionale del Bollettino: l'Africa. L'e-
sclusione si giustifica con l'ancora
troppo recente impegno assunto dai
salesiani con l'adozione del «pro-
Incontro all'Università
Salesiana con il
Rettore della stessa e
il visitatore dell'Opera
PAS.
Al centro don Sergio
Cuevas
getto Africa», che ha finora con-
sentito solo di fissare le prime basi
della missione in quel Continente.
Inoltre, l'estrema povertà dell' Afri-
ca, povertà spesso condivisa dagli
stessi missionari salesiani, rende
certamente non facile avviare im-
prese autonome di stampa. Ma è
proprio questa assenza che sollecita
un sempre maggiore impegno di tut-
ti a sostenere con ogni mezzo il
«progetto Africa».
Sono stati gli stessi direttori a de-
lineare il panorama dei Bollettini
salesiani, a marcarne i successi e a
definirne le difficoltà e i problemi.
Il quadro è variegato, non solo sot-
to i profili della diffusione, del for-
mato, della veste grafica, ma anche
per la molteplicità delle iniziative,
delle preferenze accordate a questo
o a quel contenuto, dei tagli reda-
zionali. Non potremo tracciarne che
un semplice schizzo, pochi segmenti
colti qua e là, un'idea solo appros-
simativa.
L'olandese don Saris si è detto
orgoglioso del suo Bollettino, che si
presenta - ha affermato - come
uno fra i migliori rotocalchi pubbli-
cati nel suo Paese, nell'intento cli ri-
volgersi a un pubblico sempre più
vasto al quale far pervenire una cor-
retta informazione religiosa. Don
Fitzgerald, battagUero irlandese di
Dublino, persegue lo stesso scopo
tentando anche la via della vendita
nelle edicole, convinto che il taglio
giornalistico del suo Bollettino gli
apra una strada fra le molte altre
pubblicazioni. Giustamente fiero
delle undicimila copie del suo Bol-
lettino in un Paese che conta solo
quattromilioni di abitanti, è don
Hector Lecuona, uruguayano, men-
tre don Giuseppe Santisukniran, di

3.7 Page 27

▲back to top


- - - - - - - - - - -~ -
Un gruppo del
partecipanti al
seminario
Dibattito
sull'Informazione
religiosa
Bangkok (Thailandia} sottolinea
l'interesse suscitato dal suo Bolletti-
no affermando che a richiederlo so-
no anche molti buddisti (oltre, ag-
giunge ammiccando, la direzione di
polizia, che ne pretende cinque co-
pie per scoprire eventuali critiche al
governo...). Anche il Bollettino po-
lacco passa al vaglio della censura
di Stato, dice don Roman Szpakow-
scki, ma è atteso con impazienza in
un Paese dove la stampa cattolica
non è numerosa, e la gente è avida
di leggere la rivista salesiana.
Nella sua edizione bilingue - in-
glese e maltese - il BS di Malta, di
cui è direttore don Joseph Man-
gion, assolve a un compito di infor-
mazione religiosa che è molto ap-
prezzata nell'isola. ln fase di grande
sviluppo il Bollettino spagnolo, che
dalle settantunmila copie attuali si
propone - ha annunciato don Ra-
fael Alfaro - di arrivare alle cento-
mila copie. Don Mecislao Burba ha
rifatto la quasi romanzesca storia
del BS di Lituania, nato nel 1927
ma sospeso nel 1940, all'inizio della
guerra, e ricomparso nel 1950 non
più in Lituania, ma a Roma, da do-
ve raggiunge i lituani sparsi nel
mondo e anche, sia pure con mezzi
di fortuna, i molti cattolici che vivo-
no nella loro patria annessa all'U-
nione Sovietica. li missionario Gia-
como Comino, un italiano che vive
da vent'anni nella Corea del Sud,
ha mostrato ai partecipanti al Semi-
nario il suo Bollettino che laggiù si
chiama « L'amico salesiano», av-
vertendo quanti volessero cimentar-
si con gli ideogrammi (cioè i caratte-
ri di cui si serve la stampa sudcorea-
na, come quella cinese e giappone-
se} che la prima pagina è... l'ultima.
Il record della tiratura appartiene
I MARZO 1986 27
alla rivista salesiana che si stampa
negli Stati Uniti: tre milioni di co-
pie. Don Cappelletti, che ne è il di-
rettore, ha tuttavia precisato che
non si tratta di un Bollettino tradi-
zionale, bensì di una pubblicazione
che si occupa soprattutto delle mis-
sioni salesiane, e che fornisce al suo
esercito di lenori le notizie relative a
questo particolare settore, solleci-
tando al tempo stesso il sostegno al-
le opere intraprese.
Sono soltanto - lo ripetiamo -
alcuni dei molteplici aspetti emersi
nel corso del Seminario. ~Ma non
esistono problemi?, si è chiesto don
Richard Feuerlein, da sette anni di-
rettore del Bollettino della Germa-
nia federale (sessantamila copie). È
stato lui stesso a dare la risposta:
«Certo che esistono>>, ed ha aggiun-
to allegramente: «Ma una vita sen-
za problemi non è una vita salesia-
na! ... ». Ci sono dunque problemi
di personale professionalmente pre-
parato, di sedi redazionali inade-
guate, di spedizione, di penetrazio-
ne negli stessi ambienti salesiani, di
sensibilizzazione alla lettura. E an-
che problemi economici, perché la
maggior parte dei Bollettini conser-
va la tradizionale caratteristica di
arrivare come «dono» a&li amici
delle Opere di Don Bosco. E pertan-
to da essi che, pur senza obblighi di
sona, i Bollettini si aspettano il so-
stegno economico sotto diverse for-
me, per continuare a svolgere il loro
servizio.
Panorama quanto mai variegato,
dunque, ma con un'unica filo con-
duttore: la diffusione dello spirito e
dell'azione salesiani, con speciale
attenzione alla dimensione missio-
naria ed educativa, all'impegno for-
mativo e vocazionale. Per cogliere
questa realtà, basta sfogliarli i Bol-
lettini salesiani, scorrerne gli artico-
li che sollecitano l'attenzione al
mondo dei poveri e degli emarginati
verso cui si muove lo slancio missio-
nario salesiano, che scavano nella
realtà del mondo giovanile della no-
stra epoca per indicare ai giovani i
valori che è necessario coltivare.
Il Seminario si è avvalso, come
abbiamo accennato, dell'apporto di
esperti e di operatori dei mezzi di in-
formazione. li programma delle re-
lazioni era denso, ha offerto una
grande varietà di tematiche, nel suo

3.8 Page 28

▲back to top


28 · 1 MARZO 1986
complesso ha dato ai direttori la
possibilità di approfondire sotto
molteplici angolazioni la conoscen-
za del settore in cui si trovano ad
operare. Impossibile anche solo
riassumere la massa di informazioni
che i vari relatori, via via presentati
da don Costa, hanno fornito. Ci li-
miteremo anche qui a rapidi cenni,
al solo scopo di dare un'idea del-
l'articolato tessuto di base del Semi-
nario e delle significative presenze
che ha registrato.
Due dirigenti della RAI, il dott.
Cascino e il dott. Donato, hanno
condotto i partecipanti al seminario
attraverso i complessi meccanismi
dell'informazione-partecipazione e
del linguaggio giornalistico in rap-
porto alla comunicazione popolare.
Quest'ultimo tema è stato comple-
tato dall'intervento del prof. Mau-
rizio Dardano, docente di lingua al-
l'Università statale di Roma, sul lin-
Tante copertine una sola
testata: il Bollettino Salesiano
guaggio dei periodici. Sullo stato
dell'informazione religiosa si sono
confrontati tra loro e con i direttori
dei Bollettini, quattro giornalisti,
Luigi Accattali del «Corriere della
sera», Reifert Gerhard dell'agenzia
CIC-KNA di Bonn, Joseph Van-
drisse del quotidiano fràncese «Le
Figaro», e Angelo Montonati, del
mensile «Jesus». I caratteri e le fi-
nalità dell'informazione missiona-
ria sono stati analizzati da padre
Piero Gheddo, direttore della rivi-
sta «Mondo e Missione». Più cliret-
tamente attinenti al Bollettino, gli
interventi di Sergio Centofanti su
«cultura, impegno sociale e politico
nei BS», e di Angelo Paoluzi, gior-
nalista dell'«Osservatore romano»,
che ha esposto interessanti conside-
razioni ricavate da una attenta let-
tura delle varie edizioni dei Balletti-
ni di tutto il mondo.
In una dimensione ecclesiale,
mons. Pierfranco Pastore, segreta-
rio della Pontificia commissione per
le comunicazioni sociali, ha illustra-
to organizzazione e scopi della stes-
sa Commissione, mentre don Fran-
cesco Meotto, delegato centrale del-
la Congregazione per le comunica-
zioni sociali ha parlato dell'infor-
mazione su e tra i salesiani. A sua
volta, il clirettore dell'agenzia gior-
nalistica ANSA, Sergio Lepri, ha il-
lustrato l'utilizzazione giornalistica
di un'agenzia di informazioni. Sul-
l'informazione e i giovani ha svolto
una relazione don Giancarlo Mila-
nesi, dell'Università salesiana, men-
tre il tema «Devozione popolare e
stampa» è stato svolto dal padre
passionista Tito Zecca. Il prof. don
Pietro Stella, docente di storia al-
1'Università di Roma, ha fornito gli
«elementi di una memoria storica
salesiana». I settori più strettamen-
te legati agli aspetti tecnici sono sta-
ti affidati al prof. Mario Molinari e
al grafico prof. Maurizio Turazzi.
Sull'organizzazione e la diffusione
della stampa ha riferito il dott.
Giancarlo Turrini, direttore com-
merciale del quotidiano «La Re-
pubblica». All'ormai non lontano
1988, anno centenario della morte
di Don Bosco, è stata dedicata la re-
lazione di don Gaetano Scrivo, Vi-
cario generale della Congregazione
salesiana.
Giornate dense, dunque, che i di-
rettori hanno vissuto con intensa
partecipazione, consapevoli di po-
terne trarre benefici da spendere per
la crescita costante dei Bollettini. Il
Seminario internazionale - la cui
ineccepibile organizzazione è stata
da tutti largamente apprezzata -
ha fornito ai partecipanti la confer-
ma delle grandi potenzialità che una
così imponente catena di pubblica-
zioni possiede. Don Bosco l'aveva
capito fin dal secolo scorso quando
aveva detto: «La società salesiana
prospererà se procureremo di soste-
nere ed estendere il Bollettino Sale-
siano». E ancora: «Se i governi non
ci metteranno inciampo, il Bolletti-
no salesiano diventerà una potenza:
non già per se stesso, ma per le per-
sone che riunirà».
Gaetano Nanetti

3.9 Page 29

▲back to top


_PROTAGONIST•- - - - - - - - - - - - - -s B
Mario Caffaro R6re
1 MARZO 1986 · 29
IL PITTORE
DEI SANTI
SALESIANI
Incontro con Mario
Cdffaro R6re: ha dipinto
innumerevoli volte i santi
cari alla devozione
salesiana. Silenzio,
raccoglimento e misura
nelle sue opere.
_ _ ___. La produzione figurati-
va a soggetto salesiano non ha gran-
dissime firme. Non può vantare per
intenderci - così come Francesca-
ni, Domenicani, Benedettini - un
Giotto o un RaffaeUo tanto per fare
riferimento a due grancli del passato
né un Annigoni o un Guttuso per
guardare al presente.
Una committenza poco attenta
oppure mancanza di generosi mece-
nati? Forse un po' dell'uno ed un
po' dell'altro. Chissà che l'anno
centenario della morte di Don Bo-
sco non ci regali una qualche bella
sorpresa in tal senso!
Ed intanto siamo andati a cono-
scere il pittore Mario Caffaro R6re
cui spetta certamente il merito d'a-
vere espresso al meglio, fra i tanti,
volti ed immagini care al culto e alla
tradizione salesiana.
Andarlo a trovare nel suo studio
di Via Mancini 14, al Monte dei
Cappuccini cli Torino è stato come
l'entrare in famiglia o meglio ritro-
varsi fra le memorie più care.
Il Cristo Risorto, Maria Ausilia-
trice, don Bosco, Domenica Mazza-
rello, Domenico Savio ed altri anco-
ra rappresentano infatti da più di

3.10 Page 30

▲back to top


30 · I MARZO 1986
Autoritratto di Caffaro R6re
cinquant'anni l'oggetto pittorico
del maestro Caffaro R6re tanto che
questi ha finito con il segnare visi-
vamente la stessa devozione e spiri-
tualità salesiana.
Recentemente un suo quadro ha
arricchito l'altare di san Domenico
Savio nella Basilica di Maria Ausi-
liatrice di Torino.
L'Allievo di Don Bosco vi appare
circondato dai suoi coetanei di oggi.
U pittore è nato il 26 febbraio del
1910 ed ha studiato all'Accademia
Albertina di Torino. La sua è arte
squisitamente religiosa e spirituale
anche quando non dipinge santi. In
lui nature morte e paesaggi si spiri-
tualizzano.
«Davanti ai temi che deve dipin-
gere - ba scritto di lui Nino Bada-
no - Mario Caffaro R6re si dispo-
ne idealmente come nel sogno, in
atteggiamento di assorta ammira-
zione e di attesa. Dicono gli scrittori
ascetici che il dono più alto che Dio
può fare all'uomo è il raccoglimen-
to: Caffaro è il pittore del raccogli-
mento. Si sente questo raccoglimen-
to nelle stazioni della Via Crucis,
che magari non sono quelle tradi-
Un Domenico Savio
zionali, ma altre pensate e proposte
dalla sua immaginazione; si sente
nella grazia luminosa delle sue Ma-
donne, nelle delicate e preziose esta-
si delle Annunciazioni, nell'incanto
sapiente delle variazioni sulla Sacra
Famiglia. Ogni volta si sente che il
lavoro è cominciato con la quiete e
con un amoroso e fervido abbando-
no. L'invenzione è una risposta, è il
segreto sussurro che segue a una do-
manda; l'esito e il futuro di un in-
contro con l'inesprimibile.
Pittore del silenzio, è Mario Caf-
faro R6re, che interpreta ed esprime
le maturazioni interiori dello spiri-
to. Per questo non ha cercato, anzi
ha sempre respinto i successi mon-
dani. Ritrattista eccelso, che può
reggere il confronto con i grandi del
passato, avrebbe potuto acquistare
fama e fortuna anche solo con i ri-
tratti. Non ha seguito correnti o
mode; non ha imitato maestri veri o
presunti. Se la critica fosse meno
superficiale e distratta, meno legata
ai capricci dei mercanti, avrebbe
dovuto accorgersi, ben altrimenti di
quanto ha fatto, delJ'opera di que-
sto pittore che è tra i più grandi del
nostro tempo. Tuttavia occorre dire
che è stato lui a non volere i successi
che avrebbe potuto avere. Non li ha
voluti».
In questa intervista è lo stesso
Pittore a raccontarci la sua storia.
U incontro
Come ha incominciato a dipinge-
re « volti» salesiani?
«Tutto è incominciato negli Anni
Trenta quando ero ancora studente
ali'Accademia. ho conosciuto
come insegnante il salesiano don
Alberto Caviglia.
Le sue lezioni erano molto dotte.
Nacque una profonda amicizia che
mi spinse a regalargli un dipinto su
don Bosco che ora si trova presso la
Direzione generale dei Salesiani. A
quel quadro sono molto affezionato
e non certo soltanto perché da quel
momento ho avuto un'infinità di
incarichi.
In occasione della beatificazione
di Domenico Savio don Caviglia de-
cise di riportare a fedeltà storica

4 Pages 31-40

▲back to top


4.1 Page 31

▲back to top


-----------~
l'effige del ragazzo e mi incaricò di
eseguire un ritratto dando i caratteri
del gusto pittorico del tempo in cui
visse. Così in base ai documenti e al
disegnino fatto fare da san Giovan-
ni Bosco e comparso nella prima
edizione della devota biografia
(ndr. il Pittore si riferisce alla bio-
grafia di Domenico Savio scritta
dallo stesso don Bosco) e ancor più
ai particolari fisionomici descritti
allo stesso don Caviglia da chi gH
era stato compagno e lo ricordava
con estrema precisione, riuscii a
comporre quel volto giudicato so-
migliantissimo dai più anziani testi-
moni e ormai noto a tutti i suoi de-
voti in ogni parte del mondo. In se-
guito, per il grande tempio di san
Giovanni Bosco in Roma dipinsi la
grande pala d'altare del Santo ra-
gazzo ritratto con intorno dodici
episodi significativi della sua vita.
Mi giunsero poi da ogni parte ordi-
nazioni di immagini di Domenico
Savio».
Ma in concreto, si ispirò a qual-
cuno?
«L'immagine fatta dipingere da
don Bosco era di un certo Tomatis
che aveva studiato anch'egli all'Ac-
cademia Albertina - mi ispirò non
tanto dal punto di vista iconografi-
co quanto di quello del costume ed
in particolare l'acconciatura dei ca-
pelli e l'insieme. Don Caviglia poi
volle inviarmi un suo allievo - ora
sacerdote salesiano - come model-
lo. Da questa copia dal vero ho at-
tinto molto ma sempre con la preoc-
cupazione di dipingerlo così come
avrebbero potuto dipingerlo pittori
della sua epoca».
Ritratto di fanciulla
1 MARZO 1986 · 31
Annunciazione, 1966 (Cappella
Figlie della Carità a Montanaro,
Torino)
Q,ando il cliente si
lamenta
Le è mai capitato di imbattersi in
clienti non soddisfatti?
«Più che il fatto fisionomico a vol-
te al cliente non piace l'intestazione
della scena. Ricordo un episodio .
Anni fa per il duomo di Chieri
preparai un grande quadro con i
santi piemontesi: Cottolengo, Ca-
Fasso, Don Bosco, Domenico Sa-
vio. Immaginai il Cottolengo con
un ammalato sulla spalla, Don Bo-
sco preceduto meglio «condotto»
da Domenico Savio e il Cafasso cir-
condato da chierici. Al di sopra di-
pinsi un volo di angeli.
11 soggetto piacque ai più meno
che all'arcivescovo del tempo il qua-
le mi disse: ma come faccio a prega-
re con quei tre - gli angeli - che
mi sembra venghino addosso.

4.2 Page 32

▲back to top


32 · I MARZO 1986
Ultima Cena (Colle La
Salle, Roma)
La cupola di Malta
Quale lavoro le ha dato maggiore
soddisfazione?
È un po' difficile dare una rispo-
sta. Tuttavia ripensando alla mia
lunga attività penso con soddisfa-
zione ai lavori fatti nella cattedrale
di Malta. Pur avendo collocato la
mia pittura in una chiesa del '600,
l'ho fatto ritengo con molta dignità
e rispetto.
La riforma liturgica
Ritiene che la rijorma liturgica
voluta dal Concilio abbia favorito
l'arte?
Per intanto penso che il riadatta-
mento di tante chiese ha dato tanto
lavoro. Io stesso ad esempio fui in-
caricato di sistemare e non soltanto
figurativamente l'intera chiesa di
santa Teresa a Chieri. Si capisce che
da un punto di vista artistico pro-
priamente detto qualche problema è
nato ed ha richiesto un cambiamen-
to di mentalità.
Si pensi al concetto simmetrico di
molte chiese classiche del passato.
/i Cristo Risorto
Perché predilige il Cristo in atteg-
giamento da risorto? ·
Vede questo quadro? - e così di-
cendo indica una grande pala d'al-
tare destinata ad una chiesa salesia-
na di Napoli -. È nato in questo
modo. Mi hanno scritto da Napoli
chiedendomi un Sacro Cuore da ap-
porre a lato in una chiesa comple-
tamente spoglia. Dal momento che
dipingere un Sacro Cuore è quasi
sempre problematico suggerii piut-
tosto un Cristo da mettere al centro
dell'abside. La proposta piacque. È
venuta fuori così l 'idea di fare un
grande Cristo Risorto che simmetri-
camente ricorda la croce. In più il
parroco mi aveva raccomandato di
non fare un soggetto troppo soffe-
rente dal momento che di guai e sof-
ferenze i suoi parrocchiani ne ave-
vano tanti. Ecco quindi questo Cri-
sto che figurativamente esprime l'u-
nità del mistero pasquale: passione,
morte e risurrezione.
Finisce così la conversazione con
Caffaro R6re un pittore che al pen-
siero di don Caviglia e della fiducia
che i Salesiani hanno avuto in lui si
commuove. Nel suo studio non ci
sono né i chiaroscuri dei tormentati
pittori del Seicento né le sinuose e
mistiche tensioni del Barocco. C'è
tanta serenità ed equilibrio.
Certamente chi farà una storia
della spiritualità dei Figli di Don
Bosco dovrà, una volta o l'altra,
guardare a questi volti che esprimo-
no di volta io volta giovinezza, fem-
minilità, virilità, tensione verso l'al-
to e radicamento verso il basso.
Giuseppe Costa

4.3 Page 33

▲back to top


_ STORIA SALESIANA- - - - -- -- - - - - -# -
Mons. Giuseppe Fagnano
I MARZO 1986 33
UN GARIBALDINO
A PUNTA ARENAS
A un secolo dalle imprese
apostoliche di monsignor
Giuseppe Fagnano, il « capitano
buono» degli indi Selknam.
Un plotone di esecuzio-
ne era pronto a fare fuoco con ven-
ticinque fucili contro l'ardimentoso
ma inerme ex-garibaldino che suJ
mezzodl del 25 novembre 1886 si
era improvvisamente «ribellato» al
suo impulsivo colonnello. Il poten-
ziale condannato a morte non aveva
considerato il rischio, o aveva ante-
posto il coraggio. Dalla sua precaria
posizione continuava ad apostrofa-
re l'ufficiale minacciandogli contro
l'ira di Dio. Ira ben precisa e profe-
tica, perché a preferirla era niente-
meno che il cappellano della com-
pagnia militare stessa: un «subalter-
no» sì, ma anche un vindice di sa-
crosanti diritti. Per comprendere i
quali sarà bene affrontare dagli ini-
zi e dettagliatamente tutta l'avven-
tura.
Bisogna risalire al Piemonte del
J859 per acciuffarne il bandolo. Nel
tessere l'unità d'Italia il regno sardo
era uscito fatalmente sconfitto dagli
austòaci a Novara. Ora, dopo un
decennio, stava per riprendere la
guerra, seconda per l'indipendenza
nazionale. Garibaldi reclutava vo-
lontari in una legione sua propria,
la stessa che l'anno dopo avrebbe
intrapreso in Sicilia l'epopea dei
«Mille». In quei giorni si arruolava-
no persino gli adolescenti; e fu pro-
prio un quindicenne studente del se-
minario diocesano di Asti, a quel
tempo momentaneamente chiuso,
che pensò allora di andarsene a bus-
sare tra i garibaldini. Venne subito
accolto. Carattere ardente, aveva
già combinato memorabili avventu-
re in seminario. Si diede ora da fare
per riesprimere la propria personali-
nella legione. Militava nel ruolo
di infermiere ma in proprio volle
aggiungere quanto più poté del suo
La missione della
Candelarla a Rio Grande
come si presenta
rlcoatrulta oggi dopo un
Incendio e reataurl
successivi. (Foto Museo
della Montagna, Torino)

4.4 Page 34

▲back to top


34 I MARZO 1988
~V~
& J~
lil[( <l~~o
VUOI
RICEVERE
Il BOLLETTINO
SALESIANO!
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
ideale religioso. Tanto bastò per
mandare in bestia qualche commili-
tone anticlericale. Di li a poco il ge-
nerale lo convocò.
- Abatino - gli disse - tu sei
un valoroso e io ti ringrazio per il
tanto che hai fatto; sei per giunta
coraggioso e io ammiro i tuoi ideali
e la tua coerenza. Ma - concluse
Garibaldi - qui non spira aria per
te, vattene dunque nell'esercito
regio.
11 ragazzo obbedì un po' deluso.
Nel regio esercito si comportò come
prima. Ne ricavò le identiche con-
clusioni di prima: qui non spira aria
buona per te, abatino vattene altro-
ve. Si congedò dagli eserciti e andò
a esercitare in ospedale come libero
infermiere. Curò i malati anima e
corpo finché venne ristabilita la pa-
ce. Questa gli placò finalmente le
inquietudini, ma non l'ardore. Il
giovanotto puntò su Torino e andò
a bussare all'Oratorio di don Bo-
sco. Era l'anno 1863.
- Io mi chiamo Giuseppe Fagna-
no - disse - e ho studiato nel se-
minario di Asti. Vorrei continuare
gli studi con lei ...
Don Bosco lo accolse. In breve
tempo (non subito: il giovane era
diffidente) si allacciò tra i due un
vincolo mai più disciolto. Quindici
anni dopo parti, giovane prete, per
le missioni d'America con don Gio-
vanni Cagliero. Dalle fondazioni
del Plata e del Paranà si spinse man
mano verso il sud patagonico. Nel
1880 don Bosco gli affidò le missio-
ni di Patagones e della Pampa. Egli
vi operò esplosivo per un quinquen-
nio, fondando parrocchie e oratori,
istituzioni e scuole, stazioni missio-
narie e centri di assistenza, ambula-
tori e ospedali, osservatori meteoro-
logici e chiese, tante chiese per tutta
la Pampa fino al Neuquen, al lago
Nahuel Huapì tra le Ande. Era an-
cora I'« abatino» di Garibaldi che
accorreva sotto il tiro nemico a leni-
re ferite e a portare salvezza; non
più con la croce rossa sul braccio,
ma con la croce di Cristo nell'a-
nima.
Nel 1885 il Papa lo nominò Pre-
fetto Apostolico delle regioni au-
strali, della Terra del Fuoco e delle
Isole Malvine. Egli non badò più
che tanto al titolo di «monsignore»,
alle insegne, alla carica. L'amore e
l'ardore continuarono a riempire i
suoi giorni con una sola preoccupa-
zione in più: raggiungere il profon-
do Sud magellanko dove già stava-
no filtrando avventurieri e cacciato-
ri di indios, e dove stavano per spin-
gersi anche i conquistatori milita-
ri ... Bisognava prevenire i militari,
prima delle armi bisognava sbarcare
la pace, amore e vangelo. Questa
impresa gli falll perché i soldati fu-
rono più svelti di lui.
Dopo la «conquista del desierto»
che nel 1879 aveva condotto le trup-
pe di Buenos Aires fino alle sponde
del Rio Negro, spedizioni seconda-
rie avevano esteso la campagna in
direzione delle Ande e lungo le
sponde atlantiche. Restavano da
sottomettere gli indios magelJanici,
i fueghini poc'anzi ereditati da Fa-
gnano. Il 31 ottobre I 886 salpava
da Buenos Aires una spedizione al
comando del colonnello Ramon Li-
sta. Poiché non era riuscito ad an-
dare prima, Fagnano non intese
nemmeno andare dopo: andò insie-
me. Per fare ciò dovette adattarsi a
diventare il «cappellano militare»
del drappello. Il 21 novembre la na-
ve Vii/arino sbarcava il contingente,
cappellano incluso, presso Capo
Domingo nella Baia di San Seba-
stiano. Per la prima volta mons. Fa-
gnano calcava la «sua» Terra del
Fuoco.
Quattro giorni dopo, l'avanguar-
dia di Lista avvistò una quarantina
dì indi Selknam. A quel tempo il
pregiudizio che si trattasse di «sel-
vaggi», di «antropofagi», di esseri
«inferiori» e pressoché « animale-
schi» si era fortemente radicato nel-
1'animo dei bianchi così malnutriti
di «illuminismo» . Poiché gli indi
non intendevano consegnarsi, «per
la sicurezza della spedizione - an-
notò Lista nel rapporto - coman-
dai ai soldati di sparare». Il crepitio
dei fucili richiamò il cappellano e il
medico dall'accampamento. Accor-
sero. Davanti a una straziante scena
di cadaveri, di donne e bambini fe-
riti che urlavano abbracciati ai loro
morti, Fagnano dimenticò se stesso.
Come un profeta biblico si levò
contro l'ufficiale, in difesa delle in-
nocenti vittime. «Noi tememmo per
fa sua vita - attestò poi iJ tenente
Federico Spurr che stava li sul posto
- perché col suo plotone schierato

4.5 Page 35

▲back to top


-----------sB-
il comandante non controllava più
se stesso: fremeva di collera, terreo
e minaccioso contro l'uomo di Dio
che in mezzo al deserto puntava il
dito contro di lui. Un minimo cenno
gli sarebbe bastato...».
Quel cenno non fu dato, per for-
tuna. Fagnano era destinato a di-
ventare per gli indi fueghini il «ca-
pitano buono», sempre eretto in di-
fesa dei loro conculcati diritti.
A distanza di cento anni da
quell'«avventura» sono venuto ari-
trovarmi sul luogo e credo di avere
rivissuto - cancellando il diafram-
ma del tempo - la commozione
dell'evento, il suo significato uma-
no e cristiano, il messaggio non mi-
nimizzabile che ne risultò consegna-
to alla Storia. Vedo la grande Baia
di San Sebastiàn e la nave Vii/arino
dietro le brume del secolo. Vedo
Capo Domingo che si erge nerastro
a fare da sentinella alla libertà felice
degli indios, e gli stessi indios che al
riparo di archi e frecce difendono a
buon diritto la loro libertà. Più a
Sud, tra arbusti di calafates, e mota
negra, vedo scorrere il Rio Grande
sulle cui sponde Fagnano insedierà
una missione, concentrerà in un ul-
timo tentativo di salvataggio gli indi
Selknam (Onas e Haush), e fonderà
una città nuova. Intanto ecco li Fa-
gnano stesso che, risparmiato dal
piombo, medica feriti, consola af-
flitti, seppellisce morti, sfama boc-
che affamate...
Mi accompagno a lui mentre
marcia verso Sud, precedendo sta-
volta i soldati di Lista. Egli ricono-
sce le buone ragioni di don Bosco,
al quale non riferirà mai la tragedia
vissuta. Per molto meno (la forzata
cattura di un indio a fare da guida)
don Bosco gli ha scritto: «/ miei
missionari devono andare soli senza
mischiarsi ai soldati, o se no sarà
vana la loro missione! Meglio sa-
rebbe non andare, che andare in
quella maniera». Ma le circostanze
hanno imposto quella maniera, pri-
ma a Costamagna nella Pampa, poi
a Fagnano nell'Isola.
Fagnano famigliarizza con gli in-
di e con la sua bontà li conquista:
Onas della grande pianura, Haush
delle valli profonde, si stringono a
lui e lo accompagnano nell'esplora-
zione. Dapprima per via d'interpre-
te, poi per comunicazione diretta,
La cattedrale di Punta Arenas
eretta sulla principale piazza
della città australe da mons.
Fagnano, su disegno salesiano
d. Giovanni Bernabé.
(Foto Museo della Montagna,
Torino)
egli riesce a istruirli negli essenziali
principi cristiani. Non è djfficile: in
gran segreto e senza forme di culto
essi già credono in un Dio unico,
creatore e signore del cielo e della
terra, amorevole padre degli uomi-
ni, se dunque lo Spirito è già disceso
in qualche modo in loro, che cosa
impedisce che siano battezzati? Fa-
gnano ne battezza un buon numero
al termine di quella prima escursio-
ne missionaria. Il 3 gennaio 1887,
con una messa solenne nella fore-
sta, presenti i soldati, gli equipaggi
e gli ufficiali, viene celebrata l' Epi-
fania degli indios fueghini. La luce,
la croce del sud, illumina le ultime
genti ai limiti del mondo. Alfine, le
armi del colonnello Lista subiscono
la loro meritata sconfitta.
A «missione compiuta» monsi-
gnor Fagnano rientra a Patagones,
raggiunge a Santiago del Cile mons.
I MARZO 1986 · 35
Cagliero seriamente contuso dopo
una caduta nei burroni andini, e na-
viga verso Punta Arenas. ll mare
selvaggio gli impedisce lo sbarco.
Benedice la «sua» città (24 maggio
1887) e procede navigando verso
Montevideo. Meno di sei mesi dopo
l'Epifania dei suoi indios eccolo
nuovamente a Punta Arenas, capi-
tale della sua giurisdizione e centro
operativo della sua missione. Tenu-
to conto delle distanze e deJla durez-
za del viaggiare a quei tempi, il peri-
plo semestrale dell'apostolo fueghl-
no porta i segni dell'eroico.
La macchina del tempo mi ripor-
ta ora nella cittadina dell'epoca. I
luminosi edifici moderni non esisto-
no affatto, né si vedono nel «centro
storico» le eleganti ville liberty dei
vecchi colonizzatori della terra.
Nessuno sogna ancora il bel teatro
« Colòn» alla cui inaugurazione
mancano dieci anni. IJ tracciato ur-
banistico, per saggia disposizione,
sta sulle carte ma le poche catapec-
chie esistenti sono tutte di legno,
con tetti (nel migliore dei casi) di
zinco. Di passaggio ne.ila «cittadi-
na», tra otto anni, l'esploratore

4.6 Page 36

▲back to top


36 1 MARZO 1986
svedese Otto Nordenskòld vi trove-
« un record mondiale di taverne
dove la gente del mare, i pecorai, i
cercatori d'oro e un gran numero di
avventurieri vanno a sorbirsi la
''copita '' e a scialacquare i risparmi
fatti in lunghi mesi di lavoro e fati-
che». Un censimento della borgata
(1890) darà 1800 abitanti in 180 ca-
se. con non meno di 65 bettole, una
ogni 25 abitanti.
Questa è la embrionale «diocesi»
di monsignore. Ma in essa, al di Là
dello Stretto magellanico, vi sono
già indios battezzati, migliori di
tanti «cristiani» avventurieri. Per la
crescita di quelli e per la redenzione
di questi, monsignor Fagnano è là.
Vi approda il 21 giugno 1887 con la
«solenne corte pontificale» di un
sacerdote, un chierico, un salesiano
laico. Un piccolo bagaglio a mano è
tutto per ciascuno. L'accoglienza
ostile da parte del governatore
Francisco Sampaio, che prova un
evidente fastidio per quella intro-
missione ecclesiastica, e la scortese
accoglienza da parte del cappellano
svizzero della colonia, rev. Carlos
Maringer, che nel Prefetto Aposto-
I Aspetto del •bosque
patagonico• nella Terra del
Fuoco. (Foto Museo della
Montagna, Torino)
Hco vede un «temibile» concorren-
te, compiono il quadro dei «festeg-
giamenti». U giornale locale rincara
la dose. «Due pezzenti preti ilaliani
- scrive - vengono ad arricchirsi
alle nostre spalle: sono gesuiti ca-
muffati, intransigenti tiranni delle
coscienze, aborriti dal popolo che al
supremo governo chiede istante-
mente di allontanarli non solo dal
territorio mage/lanico ma da tutta
la repubblica». Di quei giorni, solo
la neve, soffice e candida·, scende ad
avvolgere di gentilezza l'arrivo del-
l'apostolo evangelico. L'inverno
antartico ha più calore di certi cuori
che si dicono umani.
Fagnano se ne va con i tre del se-
guito ad alloggiare nella «sede
provvisoria» della Prefettura Apo-
stolica: una equivoca fatiscente ta-
verna, la migliore che Punta Arenas
per il momento possa offrire. Per la
Patagonia meridionale e per la Ter-
ra del Fuoco incomincia di là la
«moltiplicazione dei pani» che nu-
triranno corpi e spiriti. Nel volgere
di pochi lustri, Punta Arenas e tutto
il territorio magellanico cambieran-
no volto, soprattutto per l'intra-
prendenza di monsignore che non si
fOntenta di annunciare il Cielo, ma
sconvolge la Terra. l.rnpianta una
fornace, produce mattoni, avvia
l'urbanistica nuova. Devia il corso
di un fiume, estende planimetrie,
disegna lottizzazioni di terreni. Pro-
pugna esplorazioni, rilievi oroidro-
grafici, ricerche scientifiche, anche
impiantando osservatori meteorolo-
gici che collega ad altri in America e
in Europa. Fonda città. Tiene a ba-
da avventurieri ed estancieros (non
gliela perdoneranno!) e difende co-
me già agli inizi i diritti umani degli
indios. Pungola le coscienze al ri-
morso e alla responsabilità, induce
ogni cristiano al dovere, polemizza
dove occorre, ma in ogni caso ama e
convince ad amare...
Questo però è un altro «momen-
to» del suo vissuto: esigerebbe tutto
un discorso a parte. È la sua era «di
gloria>> nata dal sacrificio; e sempre
di sacrificio nutrita.
Marco Bongioanni

4.7 Page 37

▲back to top


,,.-----~,-.~- ';'-r
----- -
--
1:·· .,- . .
... .
'
;J ~-. - '_ \\."~
-. .
6
I NOSTRI
SANTI
~-. --
-~- I ,t +
.-.-..
.-
·. .
..
1 MARZO 1986 37
- - - -- - ,.... .,. ----=--·
'
~
PASSARONO POCHE ORE
È NATA
U na delle scoperte più bel-
le della mia vita, è stata
quella di San Domenico Savio,
questo grazie a mia moglie per
causa di nostro figlio Giovanni
di 18 mesi. 1114 maggio 1985, Il
piccolo Giovanni fu ricoverato
all'ospedale per ordine del pe-
diatra curante, Il quale gli aveva
diagnosticato una gastroenteri-
te acuta. Purtroppo le sue con-
dizioni andarono sempre peg-
Mia madre molto devota a Maria
Ausiliatrice e a Don Bosco non
cessava mai di invocarli promet-
tendo la pubblicazione della
grazia. Ed ora eccoci qua a rin-
graziare tutti perché I dolori so-
no cessati.
Lettera firmata
LA DOLCE VALENTINA
S dicamente., avrei reso pubblico
ringraziamento del grande aiuto
ono una cooperatrice e
vorrei ringraziare Domeni-
ricevuto.
co Savio per aver aiutato una
Posso fermamente testimo- mia cara amica, anch'essa coo-
niare che, dal momento della peratrice, per la felice soluzione
mia invocazione, le cose hanno di una gravidanza, succeduta al
subito un radicale mutamento, dramma di un aborto. Oggi, pos-
con avvenimenti imprevisti che siamo stringere tra le braccia un
non si sarebbero verificati in tenero e caldo batuffolo rosa: la
quel tempo senza intervento dolce Valentina..
giorando, e la mattina del giorno
16 Gianni ebbe una invaginazio-
ne all'intestino, a causa del forte
ANCORA UN ESAME
soprannaturale.
Clara Busé - Acireale (Catania)
Rinnovando la mia continua
devozione a Maria SS. Ausilia-
N rovescio con conseguente bloc-
co renale e azotemia altissima
per cui rischiava l'intervento.
t rice e,a San Giovanni Bosco,
el maggio scorso mia fi• continuerò con perseveranza Il
glia pur impegnandosi mio impegno di preghiera e di-
Gianni era assistito dalla non-
na materna, poiché mia moglie
molto si trovava in difficoltà nel-
lo studio ed era molto demora-
vulgazione.
Ringraziando
anticipatamen-
TRA LA VITA E LA MORTE
era prossima a partorire, e non lizzata. Ho invocato la protezio- te la Vostra cortese attenzione
appena fui informato della grave
situazione, stavo per partire per
l'ospedale quando mia moglie
ml diede l'abitino di San Dome-
nico Savio dicendomi di metter-
lo al collo del bambino.
Quando sono arrivato Il, Gian-
ni era in condizioni gravissime,
ne della Serva di Dio Suor Euse-
bia e sono stata esaudita. Paola
è stata promossa. Prego sem-
pre Suor Eusebia perché conti-
nui a proteggerla.
Tronconi Anna Maria - Pavia
D per questa mia lettera, formulo
sinceri complimenti per le valide
esidero se è possibile
rendere nota una grazia
pubblicazioni prodotte, auguro concessami dal caro Santino
sempre proficui risultati alla Vo- Domenico Savio. Ho 78 anni ed
stra insostituibile presenza; sa- essendo tanto malata sono co-
rei infinitamente grato se fosse stretta all'immobilità: un giorno,
possibile omettere Il mio nome e all'improwiso, mi colpl un'oc-
ìndirìzzo.
clusione all'addome che ml ri-
gli misi l'abitino al collo e inco-
minciammo a pregare Intensa-
mente. Passarono poche ore e
Lettera firmata
Novl Ligure (AL)
dusse in fin di vita. Per vari gior-
ni lottai tra la vita e la morte, ma
la fede e le preghiere a S. Do-
la situazione del bambino mi-
gliorò rapidamente, a meraviglia
dei medici che lo dispensarono
dall'intervento.
Dopo quattro giorni mia mo-
glie diede alla luce un bambino
che per devozione al piccolo
santo lo abbiamo chiamato
Savio.
Ora, a distanza di quattro me-
si, Gianni è ritornato sano come
prima e felice di vivere con noi,
che devoti al piccolo Santo lo
preghiamo sempre affinché aiu-
ti I nostri bambini a crescere sa-
NON RIUSCIVO
A TROVARE UNA
SOLUZIONE
e on la presente, desidero
assolvere l'Impegno pre-
so nel mese di luglio del 1984,
quando, trovandomi in una si-
tuazione economica veramente
critica, non riuscendo a trovare
una soluzione rapida e determi-
nante, ml sono rivolto con devo-
zione e fiducia a Maria SS. Ausi-
liatrice e a San Giovanni Bosco,
menico Savio mi hanno condot-
to a stare meglio e pare che il
- - - - - - - - - - - • pericolo sia passato. Per questo
HO TROVATO LAVORO ringrazio il giovane Santo e de-
sidero tanto che ancora mi aiuti.
S ono un ex allievo salesia-
no del collegio S. Carlo di
Borgo S. Martino e vorrei ringra-
ziare Maria Ausiliatrice e tutti i
Santi Salesiani che mi hanno
sempre aiutato, soprattutto
quando si è trattato di cercare
lavoro: se l'ho trovato, lo devo
anche a loro.
Maria Russo Petina
Terranova (SA)
UN TRAPIANTO RENALE
ni e vivere nel suo insegna-
mento.
Salvatore Roccasalvo
Pozza/lo (Ragusa)
FORTI DOLORI AL PIEDE
e irca sei mesi fa mia ma-
dre accusò forti dolori a
un piede. Chiamato il dottore
disse che si trattava di disturbi
circolatori e che era una cosa
abbastanza grave. Anche dopo
tante cure il dolore non passò.
chiedendo aiuto e soprattutto
protezione sul mio lavoro, senza
ambire a vincite improvvise e
fortune particolari, ma fidando
soltanto nella buona soluzione
dei risultati della mia attività,
con il recupero di quanto avevo
impegnato che per negligenza
altrui e indifferenza, sembrava
totaJmente perduto.
In tale momento, promisi che
avrei rinvigorito la mia devozio-
ne con la recita quotidiana del
S. Rosario, avrei fatto visita di
preghiera e ringraziamento alla
Basilica di Maria SS. Ausiliatri-
ce in Torino, e tramite il vostro
Bollettino, che riceviamo pario-
S Aldo Ghiotti Borgo Rave/ (TO)
ono un'ex allieva delle
Suore di Maria Ausiliatrice
e sento Il dovere di ringraziare
la madre di Gesù, Don Bosco e
tutti i Santi Salesiani per aver
GIORNI DI ANSIA
E DI TIMORE
aiutato mio marito durante e do•
po un trapianto renale. Infatti il
delicatissimo intervento chirur-
gico era andato molto bene ma
L a nostra famiglia ringrazia dopo qualche mese una grave
San Domenico Sa• febbre rischiava di danneggiare
vio, grazie alla cui Intercessio- il rene. Allora ho pregato fidu-
ne, dopo aver passato giornate ciosamente Maria Ausiliatrice e
di ansia e timore, ha potuto assi- tutto si è risolto per il meglio. Vi
stere alla felice nascita di prego di non pubblicare il nome
Marco.
e la località.
Famiglia Salva Rosa - Venezia
Lettera firmata
ì

4.8 Page 38

▲back to top


38 1 MARZO 1986
I NOSTRI
MORTI
GIOVANDO sac. LORENZO, sale•
siano t Trino (VC) a 83 anni
Era nato a Castelrosso (TO) il
25/1/1902.
Terminati gli studi ginnasiali, fece
il noviziato a Fogllzzo e Il Liceo Clas.
sico a Torlno-Valsalice. Dopo un an-
no di 11lta militare, destlnato alla casa
di Vercelli, frequentò il seminario dio•
cesano per il corso teologico, che
concluse con !'ordinazione sacerdo-
tale il 6 luglio 1929.
Fu per 22 anni apprezzato Inse-
gnante e fu pure maestro del novizi e
direttore.
Sentiva profondamente Il dovere
dell'assistenza e fino a pochi mesi
prima della morte, nonostante l'età
avanzata, trascorreva il periodo della
ricreazione In mezzo ai giovani, gio-
cando con loro o passeggiando.
Coloro che gli hanno vissuto ac-
canto in questi suoi ultimi anni di vita
trascorsi nella casa di Trino possono
testimoniare di non averlo mai senti•
to dire parole contrarie alla carità: sa-
peva tacere.
Confratello esemplare, era sempre
presente ai vari atti comunitari. Al-
l'occasione era animatore di una
conversazione amena. interessante
e utile.
Della confessione ha fatto, In que-
sto ambiente, l'occupazione sua
quotidiana principale e come confes-
sore era richiesto perché chiaro, so-
brio, prudente, lungimirante e sag-
gio.
Uomo di cultura e forbito scrittore,
aveva innati Il gusto del bellol l'esl-
genza del bene e la ricerca de vero.
O'ANOOLA GIOVANNI, cooperato-
re t Volturino (FG) a 88 anni
Uomo di tede robusta, trascorse la
sua lunga vita nella cura amorosa
della famiglia, nel servizio disinteres-
sato alla Chiesa, nella dedizione al
lavoro e alle opere di bene.
Cooperatore salesiano, lettore as-
siduo del Bollettino, ebbe Il dono di
scoprire e coltivare molte vocazioni
sacerdotali e religiose; le sostenne
con la testimonianza personale di un
cristianesimo convinto che aveva
nella preghiera e nell'Incontro quoti·
diano con l'Eucarestia Il segreto del-
la sua vitalità e della sua Incidenza
formativa
Consapevole di appressarsi ormai
alla fine dei suoi giorni, vl si preparò
con serena fortezza d'animo, ricon-
giungendosi alla sua diletta consorte
a sette mesi dalla sua dipartita.
Lo ha debitamente commemorato
Il Vescovo di Lucera Mons. Angelo
Crisclto che volle presiedere la so-
lenne Concelebrazione nella Chiesa
Madre del paese.
Accanto al figlio salesiano dor
Gaetano c'erano numerosi altri Sa-
cerdoti religiosi e del Clero secolare
e moltissima gente a rendere omag-
gio ad un uomo che resta per tutti un
esempio di rettitudine morale, di la-
boriosità, di attaccamento alla Chie•
sa e al perenni valori cristiani.
MUSATI slg. PAOLO, exalllevo
Fermo a 54 anni
Exalllevo di Macerata e dell'Aqui-
la, •un laico cristiano che si è distinto
nella Comunità parrocchiale ed è en-
trato in tanti cuori•: è stato questo Il
giudizio del suo parroco In occasione
del funerali.
Ricco di vita interiore, imparata dal
suol genitori e alla scuola di don Bo-
sco, aveva un forte amore verso I gio-
vani, lavorando nell'Azione Cattoli-
ca, nell'Oratorio san Carlo e nel
gruppi della parrocchia.
Parlava sempre con Il sorriso sulle
labbra e aveva per tutti una parola di
incoraggiamento o di conforto; era il
tipico esempio della bontà. Chi l'ha
conosciuto ne ha apprezzato le pro-
fonde virtù umane, la correttezza
morale. Educava i giovani secondo
lo spirito del suo grande santo don
Bosco, cioè con amorevolezza, be-
nevolenza e con molta paz.ienza. Mai
dimenticò gli anni trascorsi con i Sa-
lesiani per i quali ha conservato sem-
pre tanto affetto.
Aveva un filiale attaccamento a
don Bosco e una grande devozione a
Maria Ausiliatrice.
Provato dalla malattia, è rimasto
fedele al Signore che l'ha preparato
al suo Incontro purificandolo attra-
verso la sofferenza.
La sua prematura scomparsa la-
Cuore• In Roma. Tra i giovani profu-
se le sue alte qualità di uomo maturo
e di esperto educatore. Attratto dallo
spirito di Don Bosco e dal suo meto-
do educativo, volle entrare nel 1981
scia nel più profondo dolore la mam• nella fam iglia Salesiana come
ma, la moglie, i figli, I fratelll, I parenti cooperatore.
e I Salesiani che gli sono stati amici.
CAROSELLI slg.na ENZA, coope-
ratrlce t S. Severo a 89 anni
Fu Instancabile cooperatrice ed in-
s. crollabile baluardo dell'opera sale-
siana ira i cittadini di Severo. La
sua vita tu interamente dedicata al
benessere spirituale del tanti giovani
che ella sull'esempio di Don Bosco
seguiva con attenzione.
lSOPI slg.ra MARIA, cooperatrice t
Colleferro a 83 anni
LEONI slg.ra CAROLINA vedove
PIZZOLI, cooperatrice t a 84 anni
•Maria Ausiliatrice ml conceda
una buona morte•: questa la consue-
ta preghiera della buona Una quan-
do si rivolgeva alla Madre di Dio. Evi-
dente la risposta di Maria SS.ma: tor-
nata dalla SS. Comunione s'inginoc-
chia e muore stringendosi al cuore
Gesù Sacramentato. Ora, buona Ca-
rolina, dal Cielo prega per •i tuoi
amori• come scherzosamente after-
mavi, ossia Il centro Cooperatori, la
Famiglia Salesiana e i tuoi familiari.
Cooperatrice salesiana da antlc&
data, la signora Maria negli ultimi an• LlO suor CECILIA, figlia di Maria
ni a causa della malattia non poté più Ausiliatrice t Palermo
uscire a questo le rincresceva dal
momento che non poté più frequen-
tare, come sua abitudine, giornal-
mente la Messa.
Carica di meriti e di sofferenze è
morta Invocando la Madonna.
Svolse la sua missione apostolìca
tra I bimbi della scuola materna, con
I cooperatori e le volontarie di Don
Bosco stimolandoli a cercare la san-
tità cristiana e Impegnandosi nella
missione salesiana secondo lo spiri-
to della famiglia. In ogni occasione
SCARAFILE slg.ra MARGHERITA,
cooperatrice t Clsternino (BA) a 84
anni
aveva sempre per tutti una parola di
conforto e di fede. Un'embolia la col-
pi gravemente e dopo varie settima-
ne, assistita amorevolmente dalle
Ha Vissuto tutta l'esistenza dedita, sue consorelle, nelle prime ore del 9
minuto per minuto, alla famiglia nella febbraio spirò. La salma riposa ora
quale ha infuso le sue elette virtù cri• nel cimitero dei Rotoli nella cappella
silane.
delle Figlie di Maria Auslllatrice.
È stata partioolarmente devota di
Maria Ausiliatrice che ha invocato
n sempre soprattutto a favore del figli. FINAZZI sac. can. FRANCESCO,
cooperatore t Moncalvo (A a 83
anni
COROANO lng. VITTORIO, coope•
ratore t Roma a 69 anni
Luminosa figura sacerdotale di un
uomo dal cuore immenso, fu parroco
Ha vissuto un'esistenza di studio, a Zanco, Moncalvo e Sant'Aurelio di
svolgendo mansioni di grande re- Gabiano. Zelante nel bene era un
sponsabilità presso Aziende di alto Il· profondo conoscitore delle anime
vello. Fu sposo e padre esemplare, che incontrava e che riusciva a leg-
attento alla buona educazione del tl- gere dentro grazie a una sua grande
gll al qÙali ha lasciato in eredità una dote: la dlscretio splrltuum. È stato
testimonianza eccezionale di onestà, un sacerdote nel vero senso della
fedeltà al dovere, vita cristiana a tut- parola e un vero cooperatore, la cui
ta prova. Negli ultimi dodici anni di vl• morte è per lutU un vuoto immenso.
ta fu assunto all'Insegnamento pres- Arrivederci caro Prevosto, arriveder-
so Il liceo-ginnasio Salesiano •S. ci lassù.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE·
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Ereditfl.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: • ... lascio alla Direzione Generale Ope-
re Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per
/e missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'immobile sito in... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente per l'esercizio del culto, per la formazione del Clero e
dei Religiosi, per scopi missionari e per l'educazione cristiana
- se sl tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro dei due Enti su indicati:
• ...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure /'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
In Torino) lasciando ad esso quanto ml appartlena a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e dei Religiosi, per scopi misslona•
rl e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
ì

4.9 Page 39

▲back to top


SOLIDARIETÀ
bone di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Dl,.zJon•
Opere Don Bosco
I MARZO 1986 39
Borsa: Maria Au1lllatrlce, In Tecon•
fido, a cura di N.•N., L. 1.000.000
Borsa: Maria Au1lllatrfce • Santi
Saleslanl, a cura di Bruno Rosaria,
Catania
Borsa: Maria Auallllltrlce e S. Gio-
dvaenfunnitiBeoIneveooc, aInndsoupffrroatgeJzOiondeeei gmr1a11/
zie. a cura di M Oerobertis, BA,
L 1.000000
Borsa: Maria Au1lllatrfce e Don Bo•
eco In ringraziamento per te/Ice na-
sci~ di Giacomino, a cura dì Ma•
scheronl Marisa, Mariano comense,
L. 1.000.000
RBoedrsaae:!//Inem1enmnonrigarda8zIiaSmaecntAontdoenlilao
sua protezione, a cura di P. M. C.,
L 1.000000
Borsa: Mari■ Auslllatrfce, Don Bo-
eeo e Domenico Savio, per grazie
ricevute e lmplorandO altre graz,s,
cura di M. A., L 200.000
Borea: Maria Aualllatrlce e S. Gio-
vanni Boeeo. In ringraziamento e
Implorando protezione, a cura di Al·
!redo Zambonl, L 200.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, /nvocan·
do costame protezione, a cura
Chiari Ida, Torino, L 200.000
Borea: Maria Aullllatrfce e Don Bo-
Borsa: Maria Au1lllatrlce. Don Bo-
sco, In nngrar1ami,nto, a cura di Par-
lani Giofgina, Bologna
sco e Domenico Savio, per Il batte-
simo della
N.N.• ve
mia
nipotina.
a
cura
di
Borsa: S. Giovanni Boeeo S. Do-
menico Savio, per protezione sul n/.
Bor1■ : S. Domenico Savio, Invoco
poti Andrea e Martino, a cura Ma-
roso Pia, Vicenza
pece e serenità per la famlglla, a cu-
ra di V. M. S. S.
Borsa: Don Bo1co, a cura di Monta-
Borsa: Maria Au1lllatrlce S. Gio-
vanni Bosco. per ringraziamento e
continua protevone, a cura di Copes
Erminio, Torino
legni Severino, Savigllano S/P., MO
Borsa: M■rla Au1matr1ce Santi
Salealanl, S600ndo lntenz,onl, a cu•
ra di M G., Vlgone
Boraa:
Saleel■
Mari■ Au1lllatrtce e Santi
nl, In memona e suffragio d/
Luigina, a cura delle sorelle,
L. 500.000
Borea: Don Flllppo Rlnaldl, a sulfra•
gio di Mamma De Bernsrdl, nel
anno di sua cf,partita. a cura delle so-
relle, L. 500.000
Borsa: Marta Au1lllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, In suffragio
del mar,to II per protBZJO()fl della fl.
g/la, a cura di N .N .• Sava, L. 500.000
Borsa: Maria Au1lllatrlce e Don Bo-
sco, Invocando proraz/ona per le no-
stre famlglle, a cura di N.N., Valle
Mosso, L. 400 000
Bor1■ : Maria Au1lllatrlce, ringra-
ziando
ne per
i
ancora Invocando protezio-
. nostre fam/gli.J. a cura di
N.N., L 400 000
Borsa: $. Domenico Savio, a nome
di Raffaella e Roberto Canal,
L 300.000
Borea: Don Bo1co, a cura di lppolltl
Marin a, Palombara Sabina,
L 300.000
Borea: Maria Au1lllatrlce Don Bo-
sco, ~ /e p,ccole B. K. A. cr..
scano cmuanamente, a cura dl ZJo
G., L.300.000
Bor■a : Maria Aualll■trlce e S . Gio-
vanni Boeeo, prolegget9CI, a cura di
N.N., Rossiglione, GE, L. 250.000
Borsa: Perla mie Laura, perché ìl Si-
gnora /'accolQa nel suo Regno, a cu-
ra dl N.N.. L. 200 000
Borsa: S. Domenico Savio. protefl-
gi il mio Raffa.i. e tuttii miei nipoti, a
cura di N N., L. 200.000
Bor1■ : In tMmoria e suffragio di
Margara Prof. Piero, a cura della mo-
glle, Torino, L, 200.000
Borsa: S. Giovanni Boeeo, In suffr■•
gio di RenogliO Roberto, ex allievo
sales/ano. a cura della flglla Giovan-
na, L. 200.000
Borea: Maria Auslllatrlce • S. Do•
manico Savio, a cura di N.N.•
L 200000
Bora: Maria Ausiliatrice, a cura
della Associazione M. Auslllatrice di
Bisceghe, BA. L 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, In suffragio dei genitori e de/ Ira-
te/lo, a cura di Rizzo Rosina. PD,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, In memo-
ria di zia Rina, a cura di Ungari Italo,
Rozzano, Ml, L . 200.000
Borsa: /n suffragio di Ca/1/nl Ernesto
e Ca/Imi Orsola, a cura di Caltinl T•
rasa, Arconate, Ml, L 150.000
Bor■a : Maria Auslllatrlce e S. Gio-
v anni Boeeo, invocando protezione
e in suffrsg,o del nostri defunti, a cu-
ra di A. L. V., L. 150.000
Borsa: S. Domenico Savlo, pergra-
na ricevuta e invocando ancora pro-
tezione, a cura di Majucelli Maura,
L 150.000
Borsa: Mari• Ausiliatrice • Santi
Salealanl, In memoria e suffragio di
Adele, a cura di Marius, L. 150.000
Bora: Mons. Veraiglla e Don Car■•
vario, /mp/oranclo Il loro aiuto, a cura
di D'Ambros Florinda, Roncade, TV,
L 150000
Borse Missionarie
da L. 100.000
Bora: Merla Ausillatrlce • San•
l ' Anna, per Il battesimo di Maria, a
cura di N.N.• ve
e. c. Borea: Maria Aualfllltrlce Santi
Salesiani, per rlngrsz/Bmento e pro-
rezlone, a cura di F. T. P. A.. Asti
Borsa: A suffragio e per rlconoscBn•
za a Don Eusebio Vismara, a cura di
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, In suffragio
di Mamma Giuseppina e chiedendo
protezione, a cura di T. F
Bor1■ : Maria Au1lllatrlce, Don Bo-
sco e Don Rinaldl, In memoria a sul-
fragio del Cav. Llllltlerl Ferruccio, a
cura della Famiglia
Borsa: Maria Au1lllatrtce S. Gio-
vanni Bosco, per grszla ricevuta, a
cura di Alìfredi Edoardo, Collegno
TO
Borsa: Merla Au1lliatrlce e S. Gio-
vanni Boaco, per rmgrazisre e otte-
nere protezioM p111 la famlglìa , a cu-
ra di M Teresa, Tonno
Borsa: Don Boeeo, In 1uffraglo del
marito Carlo, a cura della moghe
Elena
Borsa: Marta Au1lllatrlce, per gra•
zia ricevuta e Invocando ancora pro-
tezione, a cura di A. B., Torino
Borsa: Maria Aualllatrlce Intercedi
per noi. a suffragio del nostri cari
Msrro e Dante, a cura di PII Rebola
Bora: Maria Aualllatrlce e S. Glo-
venni Boeeo, per gru/a rlcellUIB, a
cura d1 A11fredi E
Borea: Maria Au1lllatrlce, a cura di
Tommasini Santa, Feltra SL
---
Borea: Maria Aualllatrlce • S. Do-
menico Savio, per grazfe ricevute e
Invocando protezione, a cura di Sac-
cardi Maria, Lecco CO
Bori■ : S. Giovanni Bosco, S. Oo-
meoico Savio anime del purgato-
rio, a cura di Ronco Domenica,
Tonno
Bora: Maria Ausiliatrice, In ringra-
ziamento, a cura di Rolla SIivana, TO
Borea: Maria Au1lll■trlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, r,ngrazisndo
e chiedendo ancora protezione. a CU·
ra di Quagliane Rosaria, Termini
lmerese
Borsa: Maria Au1ll1atrlce, In suffra•
gio del defunl della fsm/gl/a, a cura
di Noli Adele, Casatenovo CO
Borsa: Maria Au1lllatrlce Don Bo-
aço, a cura di Mollnarl Albertina, Val•
lecrosla IM
Borsa: Marta Au1lllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per ringrazia•
re e impetrare ancora graz111, a cura
di Rastuccia Pina, Montepaone CZ
s. Borsa: Cuore di Gesù, M■rla Au-
slllatrfce, Santi Salellanl, per nn•
grazlamento e protezione, a cura di
C. F.
Borsa: S . Giovanni Bosco• Sr. Eu-
sebia Palomlno, per grazia r/cevUta,
a cura di A. G., l'orino
Borsa: Marta Au1lllatrlce. imocan-
do protazioM (1f8ZHf per la tsm/.
glia, a cura di Roberto e Grazia
Borsa: /n suffragio del defunti delle
famlgfie Rina/di e M inati, a cura di El•
sa Rinaldl
Bora: Merla Au1lllatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, per prote-
zione sul nipoti, a cura Oddone
Rosina. Finale Ligure, SV
Borea: S. Domenico Savio, per nn-
grszlamento e Invocandoproiezione,
a cura dì G P.
Bora: Don Boaco, a cura di Lugllé
Ausonio, Cuglierl, OR

4.10 Page 40

▲back to top


Spediz. in abbon. postale • Gruppo 2° (70) • 1 • q uindicina
.pi'
t~►
~ . ~Ì~oi~I
\\
La figlia del
noto statista
racconta la sua
awenturosa
infanzia
Illustrazioni di A. Gattia
Collana L'Altra Infanzia
L. 7.500
Il diario di
bordo del
viaggio alla
scoperta del
Nuovo Mondo
in edizione per
ragazzi curata
dal più grande
studioso di
Colombo.
a cura di P. E. Taviani
Collana Reporter
L. 10.800
~11■1