Bollettino_Salesiano_197607


Bollettino_Salesiano_197607



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BIllETTIN I SALESIAN I RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
AN N O 1 OO N . 7 • 1• A P R IL E 19 7 6
Spediz. In abb. post. - Gruppo 2" (70) - 1• quindicina

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BOLLETTINO SALESIANO
Rivista della Famiglia Salesiana
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Esce in 34 edizioni nazi onal i
e in 14 lingue
con 960.000 copie mensili
Quindicinale d "lnformez. e cultura religiosa
ANNO 100 · NUMERO 7
1° Aprile 1976
Direttore
OON ENZO BIANCO
Collaboratori
Sr Giuliana Accornero Pietro Ambrosio ·
Teresio Bosco - Cerio De Ambrogio• Sr Maria
El la Ferrante Jesùs Méllda
Fotografia
Antonio Gottardt
Archivio: Guido Cantoni
Direzione e Amministrazione
Via della Pisana, 1111 - C .P. 9092
00100 Roma-Aurelio
lei. (06) 64.70,24 1
C.C.P, 1/5115 Intestato a:
DlrezJone Generale Opere D. Bosco - Roma
Composizione e impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa
Officine Grafiche SEI Torino
Responsabile
Don Teresio Bosco
Autorlzzazlona del
Tribunale di Torino n. 403 del 16.2. 1949
Per ricevere il Bollettino Salesiano
(l'invio è gratuito a Cooperatori,
Benefattori e Amici dell'Opera di
Don Bosco)
rivolgersi alla Direzione (Roma)
oppure:
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino Tel. (011) 48.29.24
Per il cambio d'indirizzo
comunicare anche l'indirizzo prece-
dente
LA
COPERTINA
Foto di
Teresio Chiesa
Il ritorno della Pasqua ricorda l'incontro - non dol-
ciastro ma drammatico - di Crislo con gli uomini
11e//'Eucaristin. Un incontro divenuto centrale n ella
vita e nella pedagogia di Don Bosco. E incontro da
riatlualizzare con i giovani d'oggi nelle comunila edu-
cative della Famiglia Salesiana.
A <<·
ll'inizio e' è tm grido di di-
sperazione. Si innalza verso
l'alto. Il grido del popolo ebreo pri-
gioniero in Egitto, terra srraniera. Il
grido di Cristo davanti all'impresa di
affrontare la morte per noi. Il grido
di tutti, i prigionieri dell'egoismo e
della paura della morte, lontano da
Dio. Il grido dei prigionieri tra i fili
spinati.
i< Ho visto la so/ferenza del mio po-
polo, e sono sceso per liberarlo: è il
grido di Dio per la sua gente... Son
passati due giorni, e spunta l'alba del
terzo quando la morte viene sconfitta,
e Cristo passa dalla morte alla vita.
Tempo di Pasqua: cadono le carene
della morte.
« Da quel giorno son molte le cate-
ne cadute, catene di odio e di violen-
za, di solirudine e di morre... Ora siam
liberi da.I peccato e dalla morte. E'
Pasqua per noi...
« E' cosl cbe è tempo di festa per gli
uomini liberi, la famiglia di Dio. Tem-
po di ritrovarci e ricordare le imprese
di Dio e di Gesù. Tempo di ringra·
ziare... di cantare... di srare seduti in-
sieme, noi tutti e Dio, seduti alla men-
sa del pane di vita... ».
Con queste forti parole un libro fre-
sco di stampa (« Ragazzi in preghiera »,
della LDC) presenta ai ragazzi l'incon-
tro eucaristico con il Signore. Testo
pieno di poesia, ma anche di teologia.
Testo che - a ben guardare - non
si scosta molto da quello classico di
san Tommaso d'Aquino: << Mistero
della Cena! Cristo diventa nutrimen-
to, è ricordata la sua passione, )'ani-
ma si colma di grazia, e ci viene dato
un pegno di salvezza futura» .
E' la vicenda umana dell'Uorno•Dio
fatto pane per la farne degli uomini.
Un fatto centrale, che coinvolge rurti,
perché Pasqua è una svolta per tutti.
E coinvolge in modo speciale chi in-
tende vivere nella scia di Don Bosco...
Tra i ricci un piccolo nastro
Sappiamo la centralità dell'Eucari-
s tia nella vita di Don Bosco. Tutto
cominciò con mamma Margherita, che
di domenica prendeva i suoi tre figlio-
li, li vestiva meglio che poteva, li pet-
tinava a riccio, e metteva tra i ricci
perfino un piccolo nastro. « Sapete
perché faccio cosl? - poi chiedeva
loro. - Perché è. domenica! Bisogna
che anche all'esterno si mostri la gioia
che ogni cristiano deve provare in que-
sto giorno. Io vorrei che il vestito bel-
lo vi ricordasse la bellezza dell'anima.
Gesù sarà contento di vedervi inginoc-
chiati cosl davanti al tabernacolo, e vi
benedirà )>.
E mamma Margherita preparò il suo
Giovannino alla prima comunione a
dieci anni, mentre di solito allora i
bambini la ricevevano sui dodici o tre-
dici. Quel mattino non lo lasciò par-
lare con nessuno prima del rito, e lei
stessa fece la comunione con lui. Poi,
tornati a casa, non volle che si occu-
passe in faccende materiali, ma lo in-
trattenne in letture e in prf'ghiera. Con-
seguenza di questa educazione (u cbe
Giovannino non potè più fare a meno
d ell ' Euca rist in.
IN QUESTO NUMERO
La Famiglia Salesiana
10 Il minuscolo concilio dei Vescovi
12 Quando le suore • riposano•
21 Più lettori per Bollettino Salesiano
29 Editori a convegno
Nella Chiesa
2 Fatto pane per la nostra fame
Nel mondo dei giovani
11 Pasolini, Don Bosco, i giovani
15 Insegnategli la purezza
30 Riccardo e Silvana
Nell'azione
22 Argentina. La prima parrocchia fu
per gli emigrati
30 Intermediario dei rapiti
In fraterrn/a cristiana
6 Brasile. Dove i bianchi vanno a scuo•
la dagli indios
28 Colombia. Le suore malate di lebbra
23 Guatemala. I salesiani nel terremoto
9 Italia. Concorso sulle missioni
20 E ora che abbiamo visto...
28 // mitra trasformato In pennello
li nostro villaggio
29 Puf non risponde più per le rime
Scuola intitolata a D'Acquisto
28 Stati Uniti. Come fu che
Tom Connor non presentò le dimis-
sioni
30 Uruguay. La famiglia salesiana
S Vietnam. Nuovo tipo di vita
Protagonisti
16 Budda: una scala a Cristo?
(Intervista a mons. Carretto
nel 25~ di episcopato)
Missioni Salesiane 1875-1975
24 Dalla parte dei Mixes
Rubriche
29 e 31 Libri
32 Ril,graziano i nostri santi
34 Preghiamo per i nostri morti
35 Crociata missionaria

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ne, non si badi più all'età, e venga il
Sovtano celeste a regnare in quell'ani-
ma benedetta ». Mezzo secolo più tar-
di Pio X, il « Papa che aprl i taberna•
coli ai giovanissimi », esclamerà: « Ci
saranno dei sanù tra i fanciulli! ». La
consuetudine educativa di Don Bosco
era già lì a confermarlo in pieno.
PER LA DOSTRA FAfflE
E divenuto sacerdote, sappiamo
quanto significò per lui il sacrificio
eucaristico. I biografi raccontano fatti
straordinari accaduti durante le sue
messe, ma insistono non meno nel dire
che di consueto egli evitava ogni singo-
larità che potesse dare neD'occhio, che
era sempre esatto nelle cerimonie, e
non impiegava mai più di mezz'ora
nella celebrazione. Eppure - aggiun-
gono - la gen'te correva a vederlo,
perché suscitava « un soavissimo sen-
timento di fede», e « l'impressione
ricevuta non si cancellava più».
Hanno pure serino che la vita di
Don Bosco dipendeva dall'Eucaristia
più di quanto la vita di un bimbo di-
penda dalla sua mamma; che la sua
persona era diventata « un involucro
del Redentore»; che egli a piena ra-
gione poteva presentarsi e dire come
san Paolo: « Sembra che viva io, ma
non sono più io che vivo: chi vive in
me è Cristo».
La co1onna su cui poggia
un polo del mondo
Don Bosco fu figlio del suo tempo:
le sue idee sull'Eucaristia non si sco-
stavano da quanto insegnato nei semi-
nari dell'800. Sarebbe sbagliato cer-
care in lui per esempio la ricchezza
della nuova teologia eucaristica sorta
dal Concilio. Ma il suo amore all'Eu-
caristia, quella « sapienza del cuore »
che scavalca i sillogismi, gli suggerì in-
tuizioni cosl valide in campo educa-
tivo da collocarlo ben oltre la cultura
teologica del suo tempo, e da farne
un modello non ancora superato.
Egli parlava dell'Eucaristia, soprat-
tutto ai ragazzi, con stile semplicissi-
mo. L'immagine sua più spontanea era
della colonna: « La frequente confes-
sione, la frequènte comunione e la san-
ta messa quotidiana, sono le colonne
che sorreggono un istituto educativo».
Non è casuale che l'incontro col suo
primo ragazzo (quel Bartolomeo Ga-
relli con cui 1'8 dicembre 1841 diede
inizio alla sua attività fra i giovani
torinesi) sia avvenuto al momento del-
la messa. Del resro quando Don Bosco
ebbe in Valdocco il primo fazzoletto
di terra tutto suo, la « casa Pinardi »,
ne fece subito una piccola chiesa per
i suoi ragazzi.
Don Bosco fu impenitente costrut•
tore di chiese, proprio per offrire ai
ragazzi l'ambiente dell'incontro con il
Signore. E un incontro con i fiocchi.
Voleva che ogni messa fosse celebrata
nel fasto e nella gioia della Pasqua. I
ragazzi non vi stavano impalati ma agi-
vano. Entravano numerosi nel presbi-
terio, indossavano gli abiti del piccolo
clero, cantavano, si muovevano tra lu-
ci e fiori. La liturgia era qualcosa di
solenne, da essere vissuta con dignità
ma anche con gioia. Don Bosco voleva
che i ragazzi fossero protagonisti.
E li volle giovanissimi al banchetto
eucaristico. In questa senso leggeva le
parole di Gesù: « Lasciate che i fan-
ciulli vengano a me, e non impedi-
telo ». P concretamente scrisse: « Si
tenga lontana come la peste l'opinione
di taluno che vorrebbe differire la pri-
ma comunione a un'età troppo inoltra-
ta, quando per lo più il demonio ha
preso possesso del cuore di un giova-
netta... Se sa distinguere tra pane e
pane, e palesa una sufficiente isrruzio-
Sacramentaliter
Don Bosco fu un promotore con-
vinto della comunione frequente. La
Chiesa piemontese propendeva allora
per la cautela nella frequenza eucari-
stica, e Don Bosco stesso scriverà nel-
le « Memorie dell'Oratorio»: « Era
cosa assai rara trovare, chi incoraggias-
se alla frequenza dei sacramenti ». Ma
egli battè la strada opposta. Il « Rego-
lamento dell'Oratorio», continuamen-
te aggiornato da Don Bosco, nelle pri-
me edizioni incoraggiava alla comunio-
ne mensile, poi a quella settimanale,
poi a una frequenza ancora maggiore.
Cosl il piccolo Domenico Savio, sotto
la guida del suo maestro, passò gra-
datamente dalla comunione mensile a
quella quotidiana. E si immergeva tan-
to nel ringraziamento che dimenticava
la colazione, la ricreazione e, se non
era chiamato, perfino la scuola... Ma
la sua condotta diventò « per ogni lato
irreprensibile».
Don Bosco motivava la comunione
frequente con le stesse parole del
Signore: « Venite a me tutti! ». E'
Gesù stesso che chiama, che invita a
cibarsi del suo corpo, dato per la sal-
vezza degli uomini. L'Eucaristia, nel-
la spiegazione che Don Bosco dà ai
suoi ragazzi, appare come segno del-
l'amore di Cristo e come cibo. « Per-
ché Gesù Cristo ha istituito questo
sacramento?», si domanda. E rispon-
de: « Per dare un segno del grande
amore che portava agli uomini, e per
dare un cibo adatto alle anime nostre».
Egli accoglie in pieno la dottrina di
sant'Alfonso sull'Eucaristia come <( Pa-
ne di vita». E' il cibo dei forti, o me-
glio dei deboli che nutrendosi inten-
dono diventare forti. Così l'Eucaristia,
questa colonna, ha benefico effetto
sul mondo intero: « Che grande verità
io vi dico in questo momento! La fre-
quente comunione è la grande colonna
che riene su il mondo morale e ma-
teriale, perchè non cada in rovina! ».
Perciò: « Se volere sapere il mio
desiderio, eccovelo: comunicatevi ogni
giorno. Spiritualmente? Il Concilio di
Trento dice: "sacramentalicer". Dun-
que? Dunque fate così».
Nel tempo stesso Don Bosco inco-
raggiava anche la comunione spiritua-
le, e la « visita a Gesù sacramentato».
« E' impossibile - sosteneva - che 3

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un giovanetto che di proptia iniziativa
passa alcuni minuti davanti al taber-
nacolo, conduca poi una vita cattiva >>.
Che cosa farebbe Don Bosco oggi
Il progetto di Don Bosco è passato
ora alla Famiglia Salesiana. I giovani
sono più numerosi e inquietanti che
mai. Più audaci e più fragili. Più auto-
nomi e più esposti. Pìù coerenti e più
sbandati. Più adulati e più tentati. Han-
no nmo e sono insoddisfatti. Sono una
casta, un cero sociale, una massa di
manovra in mano ai mestatori, un mer-
cato volubile ma colossale in balìa del-
le agenzie pubblicitarie. I figli di Don
Bosco devono menersi dalla loro parte,
per portarli a Chi veramente può spez-
zare i loro ceppi e saziare la loro fame.
Mille esperienze recenti dicono che
questi ragazzi sono aperri all'incontro
con Cristo, alla preghiera, al sacrificio,
oggi non meno di ieri. Certo hanno il
loro stile nel parlare con Dio e di Dio,
e con questo stile bisogna fare i conti.
Con le loro canzoni e i loro strumenti
musicali. Pregano il giornale, i fatti
della cronaca, i drammi del terzo mon-
do, i problemi del loro quartiere, le
angosce dei compagni drogati. Se non
si sa precederli su queste strade, sarà
bene almeno seguirli.
Qualcuno ha notato che l'espressio-
ne « Visita a Gesù sacramentato» non
piace ai giovani, e ha proposto termini
come «dialogo» o altri; cambino pure
le etichette purché rimanga la sostan-
za, come del resto rimane sostanzial-
menre vero anche oggi che ragazzi
capaci di inginocchiarsi per libera scel-
ta dinanz.i al Crisco, e di parlare in
sincerità con lui, non possono poi con-
durre una vita cattiva.
Seduti insieme, noi tutti e Dio
La proposta eucaristica ai giovani
passa attraverso la testimonianza degli
adulti. Mamma Margherita fa la comu-
nione con Giovannino, e per questo è
credibile. Cosl i genitori che vanno alla
messa insieme con i figli, cosl gli edu-
catori che partecipano rurti alle cele-
brazioni comunitarie dei loro giovani,
cosl gli animatori dei gruppi.
Ma << dare il buon esempio>> è solo
la facciata esteriore di una realtà più
profonda e più ricca. Una « comunità
di fede » non è solo una realtà umana
ma anche divina, un fatto sopranna-
turale, un segno visibile della miste-
riosa presenza di Dio io mezzo agli
uomini. Per questo al centro della co-
munità di fede è l'Eucaristia. Essa è
«comunione», cioè unione vitale dei
fedeli con Cristo e fra loro. Perciò è
« sociale», è il fondamento indispen-
4 sabile per creare la comunità.
Don Bosco voleva che i suoi ragazzi
fossero protagonisti attivi della liturgia.
Foto nella pagina precedente: celebra-
zione domestica dell'eucaristia, per un
gruppo giovanile (foto Vincent Hervé).
La riforma liturgica ha rinnovato
l'aspetto comunitario delle celebrazio-
ni. Certe « liturgie della parola» ove
dopo l'ascolto ci si apre al commento
fraterno, durano (specie tra i giovani)
un'ora e anche più. Ma anche le li-
turgie «ordinarie» hanno saputo crea-
re ormai un clima nuovo nelle comu-
11ità vive, hanno suscitato la gioia e il
gusto della preghiera io comune. Sem-
bra impensabile un ritorno all'isolazio-
nismo delle « folle soli tarie» di fedeli,
intenti durante la messa chi a leggere
un libriccino, chi a recitare il rosa-
1·io, chi a fare per suo conto la « via
crucis» o ad accendere candeline a
sant'Antonio, in attesa del momento
della comunione. Sembra più verosi-
mile oggi quello « star seduti insieme,
noi rutti e Dio, alla mensa del Pane
di vita » di cui scriveva i l citato libro
« Ragazzi in preghiera ».
La grande chiesa è spesso un am-
biente così poco intimo, che di solito
nessuno si toglie il cappotto. Ma se
si giunge a « fare comunione » tra
uomini e con Dio, allora la comunità
si apre al sociale nel senso più pieno.
Non è solo più un guardarsi in faccia,
uno stringere delle mani, uno scambia-
re abbracci di pace: è anche tutto ciò
che tali gesti significano. Perché il
«vicino» non è solo lui, un uomo
qual~~que, ma rappresenta runi gli
UOlnlDJ.
Per riconciliarci fra noi occorre pri-
ma aver litigato; e d'improvviso ci si
accorge che è avvenuro davvero: si
scoprono le ingiustizie commesse, le
antipatie, i pi:egiudizi, gli egoismi, i
peccati sociali (il benessere dell'Occi-
dente - si sa - è pagato in gran par-
te dalla fame del Terzo Mondo). E si
scopre che la vera riconciliazione non
è solo psicologica, sentimentale, ma
passa a ttraverso la rrunecia, la pesan-
tezza delle cose.
Un popolo itinerante e affamato
Una tendenza fin troppo diffusa e
difesa vorrebbe che il clima etereo ru
cena liturgia rimanesse sempre immu-
ne da questo « realismo esagera ro ».
Ma non può essere così. Cristo isdtul
l'Eucaristia - e gli evangelisti l'han-
no sottolineato energicamente
« nella notte in cui fu tradì to ». Non
sdolcinature, ma dramma.
E la commozione e le lacrime di
Don Bosco all'alcare - sembra più
giusto immaginare - non nascevano
da sentimentalismi ma da consapevo-
lezze, di fronte a Dio, misericordiose
e drammatiche insieme: le forze del
male, la gioventà abbandonata a se
stessa, i popoli all'oscuro del Vangelo,
i suoi missionari, le defezioni, gli eroi-
smi oscuri... E come ad avvolgere tut-
to, la pietosa provvidenziale bontà di
Dio. Come non commuoversi, in quel-
lo sconcertante « a tu per tu >> che è
la messa?
Anche la proposta eucaristica offer-
ta da Don Bosco ai suoi giovani non
era un'evasione: era situata sul piano
della lotta, del superamento, della vit-
toria sul male, della generosità fino
all'oblatività. In questa tensione del-
lo spirito all'Oratorio si formavano le
vocazioni, i missionari, i santi.
C'è ora un gesto nella nuova litur-
gia, che da principio (e ,ancora oggi in
qualcuno) ha incontrato resistenze: la
comunione ricevuta in piedi, e proces•
sionalmente. Eppure è il segno ester-
no di una realtà che si compie nelle
comunità di fede. Con quell'avanzare
compatti ci si accorge che non si for-
ma un agglomerato casuale cli individui
sparsi, ma un <<popolo» cosciente di
non avere dimora stabile, e che perciò
cammina unito verso La salvezza. Un
popolo itinerante e affamato dl eter-
no, che per poter andare verso la casa
del Padre ba bisogno di irrobustirsi
spezzando e condividendo il Pane del-
la vita.
Per tutte queste cose, per i giovani
e gli adulti, per i consacrati e gli spo-
si, per i forti e i deboli, per i giusti
e i peccatori, per tutta la fame e sete
di amore e di giustizia che tormenta
il mondo, questa Pasqua ci ricorda che
Cristo si è farro pane.

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nare, magari con un carico sulle spai•
le per provvedere al fabbisogno della
comunità.
Io due parrocchie vicine a Dalat,
Thanh Bình e Lién Khuong, i salesia-
ni « possono essere autosufficienti per
vivere. La stagione deUa raccolta, ap-
pena passata, è staLa discreta. E le atti•
vità apostoliche danno buoni risulta-
ti». Ancbe qui ci sono chierici stu-
denti, che naturalmente « sono mollo
stanchi, perché bisogna che lavorino e
studino».
Ma non ostante tutto, si costruisce
ancora... « L'ultima parrocchia tutta
nuova si trova a Gia Mo, dove è sta-
La costruita una piccola casa (baracca).
E La geme aiuta a costruire la chiesa,
semplice, di legno >>.
Sperare, non ostante tutto
Una lellera gillnla da Saigon informa sulla situazione
dei 130 salesiani residenti in Vietnam, confermando
i timori ma anche alimentando la speranza.
T utti i salesiani si sforzano molto
<<
di adattarsi al nuovo ùpo di
vita. Certamente c'è tanta stanchezza,
ma con la grazia di Dio speriamo di
superarla ». Questo è il giudizio sin-
tetico formulato dal superiore salesia-
no per il Vietnam, in una lettera per-
venuta da Saigon il 6 gennaio scorso.
Del « nuovo tipo di vita » che si
conduce oggi in Vietnam parlano am-
piamente i giornali di questi tempi;
quanto alla « moira stanchezza», ri-
sulra dovura al fatto che i salesiani
oltre agli impegni della vita religiosa
e degli studi (sono in maggioranza
ancora in formazione), devono anche
dedicare molto tempo al lavoro, neces-
sario per ricavare dalla terra di che
mangiare.
La lettera, giunta per via ordinaria
( in certi periodi <( la posta si può dire
normale » ), contiene altre informazioni
sui 130 salesiani del Vietnam (« stan-
no tutti bene»), e sulle loro opere.
La zona di Saigon
Della zona cli Saigon, dove si trova
la metà dei salesiani, sono nominate
sei opere. La « Scuola Tecnica Don
Bosco», che era un tempo ritenuta la
più bella opera della Congregazione
nel paese, « è già amministrata e di-
retta dallo stato. Il 24 dicembre abbia-
mo firmato un documento di imprc·
stiro della scuola, e nessuno dei confra-
telli lavora più Il ».
Il « Foyer Don Bosco», un orfano•
trofio, « attualmente è in piena alti-
virà, con 121 allievi. Ma in un prossi-
mo futuro lo stato ne prenderà pure
la direzione». Non molto lontano dal-
la <( Casa della delegazione» « stia•
mo preparando il terreno, per lavorar·
io in futuro e ricavarne i mezzi di sus•
sistenza ».
Nella casa di formazione di T hu
Due ,, ci sono settanta aspiranti ». Non
ragazzini, ma giovani dai 15-16 anni
in su, che nonostante mtto aspirano
alla vita salesiana. « Mezza giornata
vanno a studiare in una scuola pub-
blica, l'altra mezza giornata lavorano
i campi. Lo spirito è molto buono ».
A Tam Hai, noviziato, « ci sono
dodici novizi che continuano egregia-
mente le loro attività so~to la guida
di don Majcen ».
L'ultima opera nella zona di Saigon,
la parrocchia di Ba Thòn a una tren-
tina di chilometri dalla capitale, « va
molto bene ».
Le altre o pere
A 70 chilometri da Saigon, sulla
strada per Dalat, c'è la parrocchia di
Doc Mo, con un gruppo di chierici
liceali: <( Si è appena completata la CO·
struzione dell'abitazione, e iniziato lo
studio. Lavoro e studio vanno bene, lo
spirito è buono, ma non manca la stan-
chezza fisica ».
A Dalat, nello studentato teologico,
« la vira è più dura >>. Dovrebbero tro-
varvisi 42 chierici con due sacerdoti.
« I confratelli, oltre a tre ore di scuo-
la al giorno, vanno a 1-avorare su un
terreno vicino alle cascate Dalata ».
Ciò significa di sicuro un'ora di strada
a piedi per andare, e un'altra per ror-
Il quadro tracciato dalla lettera è a
tinte forti. I missionari europei caccia-
ti mesi fa dal Vietnam trovano per ora
sorprendente la « tenuta » dei loro fra-
telli vietnamiti. Nel 1975 i salesiani
nel paese erano 141. Dopo una dozzi-
na di espulsioni erano scesi a 130, rut-
ti ormai vietnamiti (salvo due o tre).
Ora si sa di 11 giovani salesiani che
hanno «lasciato» la congregazione,
ma nel tempo stesso si sa di dodici
novizi ben inten7Jonati di prenderne il
posto. E un salesiano laureato in inge•
gneria, uscito tre anni fa dalle file sale-
siane, ora ha chiesto di rientrare e ha
rinnovato i suoi voti.
La vita in un << Vietnam del sud »
in affannosa ricerca di un nuovo e in-
ceno equilibrio, è difficile per tutti,
ma assai più per religiosi che oltre alle
urgenze impellenti della pura soprav-
vivenza biologica sono impegnati in una
seria osservanza religiosa. Per quel che
è dato sapere dalle fontì più diverse.
c'è per tutti la necessità di esercitare
un qualche mestiere, di trovare un
appezzamento da coltivare a riso o pa-
rate dolci, di allevare un po' di bestia-
me (un pollaio, qualche maiale, costi-
tuiscono oggi una ricchezza inestima-
b i l e... ).
Ma che sarà domani? Forse alcuni,
forse molti di questi salesiani non sa-
pranno resistere. In altre famiglie reli-
giose si sono già verificati sgretola-
menti dolorosi. Ma per ora << lo spi-
rito dei confratelli è estremamente
buono», assicura la lettera giunta da
Saigon.
E dunque come non sperare, non
ostanre tutto? Anche perché oggi più
che mai in Vietnam risultano necessa-
rie due qualità che don Bosco esigeva
da tutti i suoi figli: <( Lavoro e tem-
peranza - aveva detto, e è diventalo
il motto salesiano - fanno fiorire
la congregazione».
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Sào Gabriel, 1975. Il Vescovo e Il Sindaco parlano a un gruppo di indios a cui la giovane Chiesa del Rio Negro affiderà
l'evangeLlnazione delle loro comunità.
DOVE I BIANCHI VANNO
Il Rio Negro, la Prelatura del Brasile affidata ai Sale-
siani nel 1914, sotto la spinta missionaria è in piena
trasformazione. Trenta tribù di indios si organizzano
in comunità di base che imitano le comunità cristiane
dei primi tempi.
Fin laggiù in fondo al Brasile è arri-
vato un lungo nastro d'asfalto:
una strada chiamata Perimeual perché
ha il compito di correre lungo i con-
fini del paese. Aveva cominciato a sro-
tolarsi da Amapà sull'Atlantico, era
scivolata lungo le tte Gualane, poi
lungo il Venezuda, e infine acc·anto
aUa Colombia. Una corsa di oltre
2 mila Km (e la strada non si ferma
B: scendetà verso sud, in cerca di un
alcro nastro di asfalto, ancor più lun-
go, che ha arrraversato l'Amazzonia).
Dove la Perimetral arriva, le cose
cambiano. Giunta a Sao Gabriel, il
centro della Prelatura del Rio Negro,
ecco cosa è successo. Il piccolo cen-
tro contava prima 600 abitanti, per lo
più indios, e ora si sono aggiunti a
loro 5 mila bianchi. « Civilizados », co-
6 me li chiamano. Sono arrivati con la
strada. Dal 1975 Sao Gabriel è un'al-
tra cosa.
Bianchi e indios si sono trovati gli
uni di fronte agli altri: << In princi-
pio io avevo qualohe timore - dice
il vescovo mons. Michele Alagna appre-
standosi a narrare la vicenda sorpren-
dente - . All'inizio non è che le cose
andassero proprio bene. I bianchi di-
sprezzavano gli indigeni, e li tratta-
vano come esseri inferiori. Ma dovet•
Lero presto ricredersi. Il giorno in cui
si riaprirono le scuole, 'le mamme bian-
che portarono i loro bambini. E che
cosa rrovarono? Molti insegnanti in-
dios. Quegli indios disprezzati, erano
più istruiti dei bianchi, e bisognò ri-
spettarli. Non solo più islruiti, ma più
garbati, più delicati, più maturi... So-
no bastati tre mesi, e i rapporti fra
civilizzati e indigeni sono migliorati
radicalmente ».
Che i figli dei civilizzati vengano
mandati a scuola dai cosiddetti sel-
vaggi non è l'unica meraviglia della
missione del Rio Negro. La novità,
la svolta decisiva, è costituita dalle 350
comunità di base già costituite fra gli
indios dai missionari, e in continua
espansione.
Le 350 comunità di base
Un documento della Prelatura dice
che cosa sono queste comunità di base
realizzate nel Rio Negro: « Un insie-
me di persone che vivono in una stes-
sa area, possiedono un senso di iden-
tità del gruppo, e condividono una
cultura comune». Esistono nel Rio
Negro 30 tribù diverse, ma l'« insie-
me di pe~sone » chiamate a formare
una comunità di base appartiene a
un'unica tribù. Sono rutti Tucanos, o
tutti Pariani, o Banivas, o Macus...
O meglio, gli uomini appartengono al-
la stessa tribù; quanto alle donne, esse
per un'atavica legge matrimoniale so-
no scelte obbligatoriamente da tribù
diverse; ma ciò non attenua affatto
l'omogeneità del gruppo.

1.7 Page 7

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Le comunità di base raggruppano
da 50 a 90 persone ciascuna; hanno i
propri capi, ma non vivono isolate:
fanno riferimento a1 missionario re-
sponsabile della parrocchia in cui si
trovano ( il Rio Negro attualmente
comprende 8 parrocchie e 3 centri mis-
sionari). Questi salesiani a loro volta
fanno riferimento a un organismo cen-
trale che ha nel vescovo iJ coordina-
tore generale. Con lui collaborano vari
altri coordinatori, che si preoccupano
della pastorale, dei problemi sociali,
dell'amministrazione, dell'educazione
e della salute (gli ultimi due settori
sono affidati alle FMA).
Il numero di 350 comunità di base
è provvisorio: dieci anni fa non ne
esisteva neppure una; oggi esse raccol-
gono la m.iggior parte degli indiQs ( tra
i 20 e i 25 mila); ma il programma
è di raggiungerli tutti e al più presto.
Si comincia così. Il missionario riu-
nisce gli indios di un piccolo cenrro,
e parla loro con la consuera cordialità:
parla dei bambini, della necessità di
istruirli e prepararli. Parla della chie-
sa: non c'è ancora un posto dove ospi-
tare il Signore, che si accontenta an-
che di una piccola cap.inna come le
loro. Gli indios sono più che persua-
DATE E DATI SUL RIO NEGRO
La Regione. Il Rio Negro è situato nell'estremo Nord-Ovest del Brasile,
al confine con Venezuela e Colombia. Attraversato dall'equatore, è coperto
di fitta foresta tropicale e solcato da grandi fiumi navigabili. li maggiore
di essi dà il nome alla regione.
Superficie. li Rio Negro è vasto quasi come l'Italia: 286.866 Kmq.
Abitanti. Sono appe na 40 mila: se fossero diffusi uniformemente nella
regione, se ne troverebbe uno ogni 7 Kmq. Essi invece sono concentrati
lungo i fiumi, l'unica via di comunicazione fino a non molti anni fa.
La Prelatura. E' una delle 14 diocesi dell'Amazzonia Brasiliana. Affidata
ai Salesiani nel 1914 come Prefettura Apostolica , è stata e levata a Prelatura
Nullius nel 1925. Vi lavorano 22 sacerdoti sa1esiani, 14 Coadiutori e 44 Figlie
di Maria Ausiliatrice (giunte nel 1923).
La popolazione. E' composta di indios, civilizzati e una minoranza
di meticci chiamati Caboclos. La sua distribuzione nei tre municipi della regio•
ne risulta irregolare:
a Barcelos gli indi sono il 20% e I civilizzati 1'80%;
a Santa lsabel indi e civilizzati si aggirano attorno al 50%;
a Sào Gabriel gli indi sono 1'80%.
Il Vescovo. Mons. Michele Alagna è il terzo vescovo residenzJale del
Rio Negro (dopo mons. Lorenzo Giordano e mons. Pietro. Massa). Nato a Mar-
sala (Trapani) nel 1913, a vent'anni si recava missionario a Corumbà (Mato
Grosso). Ordinato sacerdote nel 1942 a Sào Paulo, tornava a Corurnbà dove
dimostrò grande capacità organizzativa nelle più svariate attività. Nel 1967
è stato consacrato Vescovo e chiamato a reggere la Prelatura del Alo Negro.
ASCUOLA DAD I INDIDS
si, e si decide di costruire la scuola,
la cappella. Se ci sono 25 alunnj, i mis-
sionari assegnano un insegnante. Con
la cappellina occorre un catecbisra. Ma
allora bisogna organizzare mtro bene,
e ci vogliono i responsabili. In genere
dopo un anno di questa collaborazione
si scelgono i capi stabili, mediante
democratiche elezioni. Così nasce la
comunità.
Non è questione soltanto di mura
La comunità completa e bene orga-
nizzata ha un « capitao » responsabile
delle attività materiali, un vice-capd
che lo coadiuva, un amministratore, un
catechista che ogni domenica raduna
tutti per la funzione, l'insegnante, ed
eventuali altri animatori.
Gli indios prendono le cose molto
sul serio. C'è da costruire, da compe-
rare i sillabari e l'attrezzatura scola-
stica, da pensare ai poveri, ai malati ...
Occorrono i fondi. Allora si decide di
coltivare tutti insieme alcuni campi (in
genere a mandioca, e ll il terreno non
manca); sj lavora << per la comunità »
un giorno o due al mese, tutti insie-
me. Quando le necessità primarie so-
no in tal modo soddisfatte, si pensa
anche a costruire il campo sportivo, a
comperare gli strumenti per l'orche-
strina... Chiaro che non è più questio-
ne di tirar su solranto delle mura: ciò
che si costruisce è il gruppo e la sua
solidarietà umana e cristiana.
Oltre al lavoro in comune, gli inclios
imparano a scambiare le idee tra loro,
accettare le decisioni comuni una vol-
ta discusse e approvate, non interfe-
rire nei compiti altrui, compiere la re-
visione di ciò che si è realizzato. Im-
parano ad acce.,tJare gli altri come so-
no, a pensare in termini di bene
comune. Anche i missionari hanno da
imparare, se non vogliono sciupare
tutto: devono saper sug~erire senza
essere invadenti, in modo che nitto
sorga non come imposto ma da deci-
sioni della comunità; devono aver pa-
zienza e attendere che le comunità ma-
turino a poco a poco.
Nei centri di Jauareté, Parl, Ta-
raqua, Sao Gabriel gli indios sono già
tutti raccolti in comunità di base. A
Santa !sabei si è già molto avanti in
questo lavoro. Si sta incominciando
a Barcelos. E si arriverà presto a tutti
gli altri centri. Dove si realizzano ve-
re comunità di base, nasce uno spirito
cli famiglia .fondato sulla solidarietà ge-
nuina. E si rinnovano gli incami deUe
primitive comunità cristiane.
La « magna c harta »:
un ciclos tilato
Il rapido riassetto ecclesiale e socia•
le del Rio Negro trova spiegazione cer-
tamente nei 50 e più anni di intenso
lavoro missionario svolto in preceden-
za dai Figli di Don Bosco, come pure
nell'impegno senza riserve degli attua-
li 36 salesiani e 44 Figlie di Maria
Ausiliatrice. Ma non meno nella vasta
capacità organizzativa di mons. Alagna.
Semplice, schivo, quasi timoroso di
essere di peso agli allri, ha dirnostTato
con i risultati conseguiti di essere l'uo-
mo giusto al posto giusto.
Arrivò nella seconda metà del 1967,
e durante le vacanze cominciò a riu-
nire i suoi missionari. Poi prese l'abi-
tudine di raggiungerli con le sue cir-
colari, per proporre delle linee d'azio-
ne comuni, per dare una certa unità
al lavoro pastorale. Da allora ogni an-
no li raduna per fare il punto sulla si-
tuazione e programmare il futuro. Nel 7

1.8 Page 8

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maggio 1968 aveva già vLsHato tutti 1 cirà per la cittadina di Sao Gabriel,
centri della Prelatura, e constatata poi per Jauareté (piccoli impianti elet-
l'amara povertà e le tantissime neces- trici erano già in funzione nelle mis-
sità della gente. Quel mese stesso scri- sioni, ma ora il servizio si estende
veva al ministro dell'interno ricordan- finalmente alla popolazione).
dogli che « i vari centri della Prela-
Ogni anno c'è qualcosa di nuovo:
tura sono le uniche affermazioni di una scuola, un ospedale , una coopera-
"brasilianità" esistenti in questa im- tiva, un' associazione. Nel 1974 il Papa
mensa foresta », e sollecitando il suo invita le chiese locali a celebrare l'An-
interessamento. L'anno dopo, il mini- no Santo, e la Prelatura del Rio Ne-
stro gli regalava una lunghezza d'onda gro lo prende molto sul serio. Mons.
e gli apparecchi per collegare fra loro Alagna passa personalmente in cia-
via radio tutti i centri della missione. scun centro, chiamando a raccolta i fe-
A fine anno i suoi missionari ave- deli. Tutti quelli che possono raggiun•
vano raccolto i dati essenziali sul Rio gono il centro più vicino: arrivano a
Negro e potevano preparare le statisti- piedi, e soprattutto in barca . C'è chi
che riassuntive riguardanti le scuole, fa anche tre giorni di viaggio per do-
gli ospedali, agricoltura e allevamento, mandare perdono e accostarsi al ban-
ecc. Vescovo e missionari insieme ela- chetto eucaristico: è davvero tempo di
borano allora una specie di « magna riconciliazione con Dio e con i fratelli.
charta » della Chiesa nel Rio Negro. Nel 197,.5, la scrada Perimetral pona
Non si pensi a uno splendido volume a mons. Alagna un nuovo gregge di
rilegato in oro: sono poche pagine di fedeli e tanti nuov,i problemi: i civi-
ciclostilato molto approssimativo. Ma lizados...
le idee sono nitide, e confortate dal-
l'impegno deciso di coloro che devono
tradurle in realtà.
Si concorda che i sacerdoti lasceran-
no alle suore la direzione di tutte le
scuole, per dedicarsi meglio al mini-
stero. Si decidono anche le comunità
di base: questa rivoluzione nella vita
del Rio Negro è contenuta in tre o
quattro righe appena. Ma subito alcu-
ni missionari si recano a Manaus e
Belem per impa rare la dinamica di
gruppo e tutto ciò che serve per ani-
mare le comunità.
Ogni anno, qualcosa di nuovo
Nel 1969 mons. Alagna avvia la
scuola di dattilografia, che da allora
sforna ogni anno qualche decina di di-
plomati con una professione sicura.
Nel 1971 ottiene dal governo l'elertri-
Gli indios diventano maestri
« L'apostolato migliore è quello che
poggia sull'educazione», sostiene mon-
signor Alagna. Per questo ha dato tan-
ta importanza al.le scuole. E le scuole
gli hanno dato ragione: le comunità
di base meglio riuscile, p sviluppa-
te, e più in grado di affrontare l'onda-
ta dei bianchi in arrivo, sono quellè
che fanno perno sulla scuola.
Le scuole della Prelatura oggi sono
80, gli insegnanti laici 179, gli alun-
ni 4..350. 11 governo paga gli stipendi
agli insegnanti; ha anche donato venti
« voadeiras »: canoe d'alluminio spin-
te da un motore, veri scuolabus acqua-
tici, che raccolgono lungo i fiumi gli
alunni per portarli a scuola e riportarli
a casa. Ma per rutto il resto - edi-
fici, attrezzature, ecc. - devono prov-
vedere i missionari e le loro comunità
di base.
Processione dell'Anno Santo a S:io
Gabriel. La Chiesa del Rio Negro ha
preso m o lto sul serio il Giubileo, e ,ne
ha fatto il tempo della riconciliaz.ione
co.n Dio e con i fratelli.
Non soltanco mons. Alagna pone
la sua fiducia nella scuola, alrreuanto
fanno i ragazzi. Studiano moira volen-
tieri. Alcuni per recarsi a scuola devo-
no fare due o tre ore cli canoa al gior-
no. Sono rimasni famosi due ragazzi
che hanno lasciato Jauareté e in canoa
hanno percorso 500 Km. per raggiun-
gere un centro dove poter frequentare
Ja quinta elementare. I giovani con me-
no di vent'anni oggi sanno quasi tutti
leggere. Grazie alla scuola trovano fa.
cilmeare un posto di lavoro. Possono
arruolarsi, diventan o elettori. Come
dire, non p esseni inferiori ma citta-
dini a pieno diritto.
E i maestri, anche pagati, non si in-
ventano. Farli venire di fuori? Ma chi Ospedali e cooperative
ha voglia di finire nel Rio Negro?
Mons. A lagna aveva trovato a Sao Ga-
I missionari del Rio Negro hanno
b riel la scuola ginnasiale, massimo anche realizzato cinque ospedali e due
« centro culturale» dellà P.relatura. ambulatori, tutti affidati alle FMA.
Aperta nel 1967, essa aveva licenziato Ogni ospedale ha il suo medico fisso
i suoi primi 14 allievi nel 1971. Per- e sessanta posti-let to.
ché non rrasformare questi allievi in
Gli indigeni soprattutto ne hanno
maestri? Nel 1973-74 mons. Alagna bisogno : diversi loro gruppi sono <li
organizza corsi intensivi di p reparazio• salute cagionevole. Una suora-medico
ne per 50 maestri. Al termine essi af- di Parl, notando la fragil ità fisica de-
frontano il concorso statale, e conse- gli indigeni della sua zona, ha realiz-
guono il diploma: potranno insegnare zato quasi 500 prove di << Tube rcolina
in tutte le scuole elementari del Bra- PPD RT 2.3 »; risu ltato: 87 reazioni
sile. Tra essi sono 17 indios. U fatto positive e 189 con effetto debolmen-
è inaudito, i giornali ne parlano come te positivo. Ha dovuto affretcarsi a cer-
Sfilano g li s tudenti del collegio sale-
siano d i Sào Gabrlel. « L'apostolato
miglio re si fonda sull'educazio ne », so-
stie ne Il mons. Alagana, e potenzia al
8 massimo le scuole.
di un avvenimento. Negli anni succes-
sivi, altri si cimentano e vincono il con-
corso. Cosl, gli indios dive.arano mae-
stri dei figli dei bianchi...
care i rimedi.
I missionari hanno realizzato tra gli
indios anche delle cooperative agrico-
le. Prima non esistevano strade, non

1.9 Page 9

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c'erano mercati. Inutile quindi coltiva-
re, perfino il denaro non si sapeva a
che cosa servisse. Ora le strade ci so-
no, si può trasportare, si può vendere.
L'indio, abi tuato un tempo a ricevere
gratis, viene ora educato a lavorare, a
mettere insieme il raccol to, a dividere
con gli_ altri il ricavato. Gli indigeni
del Rio Negro lavorano volentieri: van-
no a caccia e pesca, coltivano i campi
di mand.ioca, raccolgono la frutta, alle-
vano animali domestici. La cooperativa
di Parl si è perfino acquistata una
« lancia » con cui trasporta sul fiume
i propri prodotti.
Liturgia e allegria
Soprattutto la pasrorale assorbe i
missionari. Essi non impongono H bat-
tesimo, né lo sollecitano. Al contra-
rio, sono gli indios a richiederlo con
insistenza per i loro figli; e i missio-
nari all'occasione pretendono dai geni-
tori un approfondimento della loro fe-
de e un'assunziione più responsabile di
impegni cristiani.
La liturgia soprattutto festiva trova
gli indios molto ben disposti. Il sacer-
dote riesce a passare nelle singole co-
munità solo una volta al mese, ma il
culto domenicale viene realizzato rego-
larmente: dai catechisti ( tutti gli anni
i numerosi catechisti indigeni si riuni-
scono per un breve corso di aggiorna-
mento). Cinque comunità hanno g,ià il
ministro dell'Eucaristia, che vive nel-
la comunità stessa: il sacerdote nella
sua visita mensile lascia l'Eucaristia nel
tabernacolo della cappella, e il ministro
durante le iunzioni domenicalì distri-
buisce ai fedeli la comunione. Da tre
anni, ogni anno, in quasi tutte le comu-
ni tà si predicano gl i esercizi spirituali.
Un gruppo itinerante, costituito da un
sacerdote, una suora e un laico, rea-
lizza questo compito, che lascia nelle
comunità più fede, più maturità e più
impegno.
E con la G razia di Dio non può
mancare l'allegria. D iverse comunità
hanno già le loro squadre sportive, il
gruppo teatrale, il complessino con bat-
teria, chitarra, sassofono per allietare
le funzioni sia religiose che ricreative.
Una massa da trasformare
in comunità
Le difficoltà ce-rro non mancano. An-
cora oggi, mettersi in viaggio per i fiu-
mi del Rio Negro costituisce un rischio.
Si sale sopra una voadeira, si dice
staremo via rre giorni, si sa quando si
parte ma non si sa qua ndo si arriva.
Un temporale, u n guasto al motore, o
qualcosa di peggio? A chi è rimasto a
casa non rimane che pTegare e sperare...
E ai tanti problemi u n altro si ag-
giunge: l'arrivo dei civiHzados. Di
5.000 giunti a Sao Gabriel , 3.000 so-
no ragazzi e giovani. Mol tissimi senza
prima comunione e senza isrruzione di
alcun genere. Per loro s i sono appron-
tati corsi serali in gran fretta. Ma alla
fine del '76 si prevede che Sao Ga•
briei conterà 10 mila abitanti. Arriva-
no dagli stati poveri del Nordeste e
del Sud, e cercano benessere. Il Rio
Negro è ricco e può dar da mangiare
a tanti. Ma tutta quella gente va inco-
lonnata e o rganizzata. E' una massa,
bisogna trasformarla i_n comunità
umana.
Occorrono missionari. Durante I'An-
no Santo, mons. Alagna ha potuto
ordinare il primo sacerdote nativo del
Rio Negro: il salesiano padre Edimar
Da Silva, figlio del notaio di Santa
!sabei. Quel giorno è stata una festa
indescrivibile, incominciata con i fuo-
chi d'anificio fi n dal mattino presto.
Mons. Alagna spera che una stazio-
ne radio lo aiuterà molto nel mante-
nere i contatti con tutti. Il governo
ba già assicurata una banda d'onda
su cui trasmettere, ma il vescovo deve
cercarsi tutti gl i impianti (costosissi-
mi) e il personale specializzato.
Occorrono insegnanti. G li indios
crescono s.otto ru tti gli aspetti, e sono
in grado di far scuola anche ai bian-
chi_ Sono pochi gli insegnami, e de-
vono crescere sempre più. Ma il pri-
mo ad aver fiducia nel futuro è mons.
Alagna.
L'armo scorso, in una riu nione il re-
sponsabile del terrirorio confinante
<1 Roraima » gli ha domandato se po•
teva mandargli qualcuno dei suoi inse-
gnanti i ndigeni per le tribù delle sue
parti. « Adesso no - ha risposta
mons. Alagna - . Ma fra pochi anni
stia sicuro che glieli manderò ».
ENZO 81AKCO
CONCORSO A PREMI SULLE MISSIONI
PER GLI ALUNNI DELLE SCUOLE STATALI
Con la • segnalazione ai Provveditorati agli Studi fatta dal Ministero della
Pubblica Istruzione nel febbraio scorso, è ent rato nella sua fase ufficiale l'inte-
ressante Conco rs o bandito dal!'• Associazione Coo peratori Salesiani d'Italia •
per sensibilizzare I ragazzi . delle Sc uole Elementari (secondo ciclo) e Medie
Inferiori, alle Missioni.
I Cooperatori lnse9nanti sono ora al lavoro per incoraggiare e animare
la partecipazione al Concorso. in modo c he il maggior numero di.alunni pos-
sibile prenda contatto con l'affascinante mondo de lle Miss ioni e ne studi
i problemi.
Essi, attraverso queste pagine, lanciano un appello e domandano a tutti
I lettori del Bollettino Sales iano che operano nel mo ndo della Scuola Sta-
tale, sia come insegnanti che nei ruoli direttivi. di affiancarsi a loro ed esten-
dere cos ì a tanti altri alunni la partecipazione al Concorso. la cui scade nza
è stata fissata al 30 giugno 1976.
Nel numero di febbraio scorso il Bollettino diede al riguardo le principali
informazioni. li Bando •. con t utte le necessarie Indicazio ni, può essere riti-
rato presso i Centri Coope ratori. o richiesto al segue nte indirizzo:
Ufficio Nazionale Cooperatori
Viale dei Salesiani, 9 . 00175 ROMA lei. (06) 74.80.433
9

1.10 Page 10

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A Roma, nel gennaio scorso: un « Incontro dei Vescovi
missionari salesiani» per ricordare il centenario delle
missioni di Don Bosco, per cogliere le nuove prospet-
tive e superare le nuove difficolta che il mondo mo-
derno of/re alla diffusione del Vangelo.
e<<
onosciamo, venerabili Fratelli,
]e ansie e i gravi problemi che
il vostro zelo deve affromare in un
posta dal Rettor Maggiore stesso, e ha
avuto luogo sotto Ja regla del Consi-
gliere per le Missioni don Tohill, pres-
momento che segna un'era nuova, una so la Casa Generalizia di Roma, tra
svolta decisiva nel campo delJ'atrività il 12 e il 24 gennaio. Un « minuscolo
missionaria. Nuove prospettive, ma an- concilio missionario», in cui i Vescovi
che nuove difficoltà, si aprono oggi ai hanno ascoltato, parlato, discusso, pre-
magnanimi ardimenti dei pionieri del gato e deciso insieme. Sette Vescovi
Vangelo. Turro ciò significa che l'apo- dalJ'India, quattro del Brasile, due del
stolato missionario dev'essere oggi con- Paraguay, uno rispettivamente da Cile,
cepito con vedute più larghe e mo_der- Ecuador, Etiopia, Messico, Thailandia,
ne. Un rinnovamento s'impone... >>.
Venezuela e Zaire. E con loro sei
I « venerabili fratelli >i -sono i ven- Ispettori salesiani nelle cui Ispenorie
ti Vescovi missionari salesiani, e chi li si trovano le missioni.
saluta e li esorta così è il Papa, nel-
l'udienza del 21 gennaio scorso.
Scolari diligenti
Un rinnovamento, dice il Papa, s'im-
pone, ma « rulto ciò non avviene sen- Anzitutto i Vescovi hanno ascoltato,
za rischio. Occorre perramo un'oculata pe.r il doveroso aggiornamento: si sono
vigilanza da pane vostra... ». E i Ve- fani scolari. Il « piano di studio ►> era
scovi missionari si sono riuniti proprio massiccio (don Altarejos, l'esperto in
per questo, perché sentono cli essere missiologia del Dicastero missionario
entrati in un'era nuova, che richiede salesiano, aveva scomodato per le le-
vedute più moderne e un rinnovamen-
to doveroso, ma nello stesso tempo
rischioso.
L'iniziativa, l'« Incontro dei Vesco-
10 vi missionari sa.lesiani », era stata pro-
zioni i nomi più grossi delle università
Gregoriana, Salesiana e Urbaniana, il
meglio che potesse offrire il centro
della cristianità). Ci furono conferenze
per un aggiornamento dottrinale sulla
missiologia, sugli aspetti giuridici del-
le missioni, sulla pastorale e spiritua-
lità missionaria. Conferenze comple-
mentari sull'etnologia, sulJe religioni
non cristiane, sull'ecumenismo. I Ve-
scovi si mostrarono scolari molto dili-
genti e desiderosi di imparare. (E di-
re che tanta gente invece è convinta
di sapere già tutto...).
Alle lezioni facevano seguito riunio-
ni di gruppo, esposizione di esperien-
ze, comunicazioni di vario genere. Set-
te ore. al giorno. « Più faticoso che fa.
re sene leghe a cavallo nella foresta »,
lamentava un monsignore abituato più
alla sella del cavallo che al sedile del
banco. Ma in realtà, quando .i Vescovi
affrontarono l'ultimo punto in pro-
gramma, finirono per aggiungere ore
di << straordinario » rubare al riposo.
L'ultimo punto prevedeva conversazio-
ni su « gli aspetti specifici salesiani
della missione», come dire scendere
al pratico, ai problemi concreti. Pe,
esempio i problemi del personale sale-
siano: se ci fossero più missionari, e
come prepararli, e come animarli. La
corresponsabilità di Vescovi e Ispet-
tori che agiscono sulJe stesse aree. Il
ruolo sempre più rilevante delle Figlie
di Maria Ausiliatrice. Come sollecita-
re un più valido aiuto dai laici impe-
gnati in missione. Come suscitare voca-
zioni locali in modo che le giovani
Chiese diventino al più presto capaci
di badare da sole a se stesse...

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Vescovi, ma figli di Don Bosco
E' la prima volta che i Vescovi mis•
sionari salesiani delle varie parti del
mondo si riuniscono appositamente.
Forse la prima volta in assoluto: non
risulta che altre congregazioni abbiano
chiamato i loro Vescovi a «concilio».
E loro notavano anche presso la Santa
Sede, con apprezzamento. Hanno det•
to: « La Congregazione non abbando-
nai i suoi Vescovi». Perché a volte i
religiosi diventati vescovi possono
sembrare come strappati per sempre
alla loro Congregazione, per essere tra-
piantati lontano.
In realtà i Vescovi salesiani conve-
nuti a Roma sono « pasrnri » di ter-
ritori di missione affidati dalla Santa
Sede alla Congregazione di Don Bo•
sco, e quindi ancora legati all'opera
salesiana. Ma la Congregazione non
prende quei territori « per sé» quasi
una conquista. Al contrario assume so-
lo dei doveri, cioè la responsabilità di
farvi crescere una Chiesa nuova con
un suo clero diocesano, e di renderla
al più presto autonoma. E' un generare
al mondo - quello della fede - dei
figli perché crescano in fretta e vada•
no poi a vivere per conto loro.
La Congregazione si addossa pertan-
to di fronte alla Santa Se<le il dovere
cli non lasciar mancare il personale in
quei territori, e quello di provvedere
a un minimo di mezzi economici. In
più si rassegna fin dall'inizio - ma
con Ja gioia dei genitori fortunati - a
dare figli e opere perché diventino
presto Chiese mature e si stacchino
da lei... Il gesto del Rettor Maggiore,
che ha inviato i vescovi missionari, ha
detto semplicemente che la Congrega•
zione non si ferma ai mezzi economici
ma guarda soprattutto alle persone.
Persone del resto che si sentono le-
gate a Don Bosco con doppio filo di
ferro. « Vescovo sl, ma sempre figlio
di Don Bosco», ha <letto uno di loro.
E mons. D'Rosario nel saluto finale
al Rettor Maggiore ha voJu to dire con
una « battuta » il senso di smarriJnen-
to che proverebbero loro, Vescovi sa-
lesiani, se tagliati fuori dalla loro fami•
glia religiosa. Ha raccontato di quel
bambino indiano tanto piccolo e sem-
pre attaccato al « sari >> della mamma,
che un brutto giorno si smarrisce. E
va in giro sconsolato domandando a
tutti: << Avete visto da quale-be parte
la mia mamma senza di me? ».
I Vescovi missionari ora sono tor-
nati alle loro difficili missioni. Dopo
quell'incontro indimenticabile con il
Papa. Dopo tanti scambi di idee, infor-
mazioni e impressioni. E con tanti pro-
getti. Come capita sempre dopo ogni
« concilio 1>, anche minuscolo.
JESUS MÉLIDA
D0na0sc0
N on voglio infierire sul povero
Pasolini. Lo hanno fatto anche
troppo sul suo corpo, mentre sulla sua
memoda e suJla sua opera è stato alza-
to un tale polverone che sarà difficile
per qualche tempo capire in quale sta•
to si trovino.
Personalità contraddittoria, protago•
nisra e testimone della nostra epoca
egoista e y.iolenta, Pasolini è stato tra-
dito e ha tradito più volte.
Tradito dalla poesia, che era vera
e genuina soprattutto quando egli era
povero, ma che non giunse mai al gran•
de pubblico.
Tradito dai suoi romanzi, specie dai
più famosi, che furono più noti per
lo scandalo del linguaggio e delle situa-
zioni di quanto non fossero letti e ca-
piti. Romanzi e cinema lo fecero ricco,
e fu tradito dal denaro.
Come saggista, scrisse ferocemente
conrro le convenzioni, contro la società
consumistica, contro la violenza che
pervade turto, e di tale violenza è sta-
to vittima.
Ma egli ha anche tradito. Ha tra-
dito quei giovani di borgata, che aveva
esaltato come tipi di un'umanità più
vitale, affiBcinandoli proprio con quei
miti falsi che condannava: la potenza
del denaro, l'auto di lusso, il nome
prestigioso. E li ha strumentalizzati al
proprio vizio.
Ha tradito la sua polemica contro
la violenza usando violenza, fisica e
morale, e della peggiore specie: con-
tro ragazzi ancora adolescenti. La nuo•
va spietata violenza, che egli negli ulti-
mi tempi leggeva negli occhi della gio-
ventù, era il frutto anche della sua
opera, sempre tesa allo scandalo, alla
rottura di ogni norma, al r.ifi.uto di
ogni codice, all'esaltazione del sesso.
Non possiamo fare a meno di pen-
sare, per contrasto, a Don Bosco, an-
ch'egli scrittore e polemista, contesta-
tore di molti aspem del suo tempo, e
amico dei poveri. Ma quanto diverso
il suo modo di « fare cultura»! Chia•
rezza di stile, vero linguaggio popola-
te, intuizione della potenza della comu•
nicazione sociale. Ma soprattutto, chia-
rezza di vita, e nessuna separazione
fra ciò che si scrive e ciò che si è. Non
velleità di difendere la causa dei po-
veri accumulando denaro, ma opere
concrete, servizi sociali, e realizzati
senza avere un soldo in tasca.
E soprattutto, non l'equivoco este·
rizzante malsano « amore per la gio-
ventù » di un uomo solo, e forse di-
speraLO, ma l'amore costruttivo di chi
apre oratori e scuole, propone con auto-
rità contratti di apprendistato, elabo·
ra metodi pedagogici nuow, e rispetta
il giovane interamente e sempre, per•
mettendogli di essere se stesso.
Si dirà: «Ma don Bosco era un
santo»! E poiché Pasolini, per voce
cli gregge di intellettuali, è staro il
per 11 glorificato quasi come un santo
della cultura maricisra e laica, possia-
mo concludere che ogni cultura ha il
santo che si merita.
Exallievo DOMENICO VOLPI
(Riduzione da « Voci Fraterne») 11

2.2 Page 12

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OUANDO
LE SUORE
<RIPOSANO> ·
Intorno al mappamondo. Inaugurato
In occasione del viaggio del Papa alle
Filippine, esso è poi servito per visua-
lizzare tanll allrl viaggi, ogni volta
trafitto da tante punture di spilli.
{( Daquando ci è stata comunicata
l'apertura del nuovo oratorio
di periferia, i miei "impegni" sono
aumentati... E quante ohre necessità
devo avere presenti! Devo "aiutare"
le mamme o prepararsi seri11mentc p1.:r
fare le mamme, pregare perché durino
i frutti dell'Anno Santo, per gli uomi•
ni che sono al governo, per tanta gen-
te senza casa e senza pane... ».
L'elenco ha ruua l'aria Ji voler con-
tinuare.
E continua, infatti. Ma non lo se-
guo più nei dettagli: ne intravedo le
dimensioni, come di onde concentri-
che che ~i vanno dilatando. In quel
paio di occhi - occhi di bimba frn
trine di rughe - è concentrato 1uc111
l'intensità dinamica di rui le membra
sono state defraudate dagli unni: anni
di cortile e di portineria. di scuola e
di ca t<.'Chc:si. Riandando a ritroso negli
anni, quame immagini si sovrappon-
gono sul video della memoria di suor
Luigina. Vi sfilano le generazioni di
allieve che riempivano di chiasso e di
musica il collegio. Le mamme sempre
trepide, che lei tranquillizzava con pa-
role semplici ma capaci di infondere
serenità.
Suor Luigina
Ottantatrè anni: da otto, ogni anno
12 è orn un susseguirsi di giornate lulle
Ogni stagione ha i suoi doni: anche la vecchiaia. Per
le suore wz:.ialle sono doni di raccoylimenlo in Dio,
di preghiera, di off erla per il mondo intero. Quaranta
« case di riposo » accolgono le Figlie di Maria Ausilia-
trice che dopo una vila d'intenso lavoro .<ii preparano
all'incontro con quel Cristo a cui w1 giorno lontano
si erano donale per sempre.
uguali, suUa scena fissa della sua ca-
meretta che si spalanca sul giardino.
Sotto, a poca distanza in linea d'aria,
corre il raccordo aucostradale che va
verso il mare. Vi sfrecciano le auto,
con il loro bagaglio di umanità varia:
pure per questo gente suor Luigina ha
un pensiero, tanti pensieri. Anche se,
viste di lassù, quelle auto non sembra•
no che modellini di plastica per k
autopiste dei bambini.
Le giornnte « tutte uguali », però,
le vediamo solo noi. Noi, che ci sen-
tiamo sani e ci crediamo sicuri, che
non sappiamo vivere senza agitarci e
correre a vedere ed esplorare. Per quel-
la suora invece - come per le altre
suore « a riposo con lei - il non
poter più muovere le gambe non co-
stituisce, in fondo, una vera e propria
invalidità. Chi può incatenare lo spi
rito?
« Signore, ti offro questa immobi-
lità: solleva la stanchezza di runi i
missionari». Si può « agire » nel Re•
gno e per il Regno, anche solo con il
cuore che si dona.
Intorno al mappamondo
Eccole riunite intorno al mappa-
mondo, le suore anziane o malare del-
la casa di riposo fra i colli e il lago.
Stanno delineando l'itinerario delle
Madri in visiLa alle Ispettorie del-
l'America.
Ormai comincia a essere sciupato
quel povero mappamondo, trafitto da
t,mre punture di spilli: ogni rappa
una bandierina. Inaugurato in occasio-
ne del viaggio del Papa alle Filippine,
è servito poi a visualizzare i viaggi
del Rettor Maggiore e quelli della Ma-
dre Generale. Lo si dovrà sostituire,

2.3 Page 13

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per poter tenere sempre ben localizza-
ta la preghiera, nell'offerta quotidiana
della serena adesione alla volontà
<li Dio.
Oggi rune sono a Caracas con i loro
rosari, con le visite a Gesù in chiesa;
poi saranno a Santiago, a Belo Hori-
zonte, a Hong Kong... Chi potrà cono-
scere la confortante e valida compa-
gnia che queste missionarie silenziose:
offrono ai superiori nei loro viaggi?
« Non riesco più a seguire tutti »,
dice con un certo affanno apostolico
una suora anziana un po' curva e tre-
mante, ma eretta nello spirito. Enume-
ra sulle dita i suoi impegni apostolici
guardandosi attorno: sembra una non-
nina alJe prese con una turba di fru-
goli giocherelloni. Ma quel suo sguar-
do circolare è un gesto del cuore, che
« vede » i desrinarari della sua missio-
ne. Spiega infatti che deve pregare per
la guerra in Libano, per i disoccupati
delle grandi aziende in crisi, perché
il Signore tocchi il cuore dei terroristi,
per le intenzioni del Papa, del Rettor
Maggiore, della Madre... E poi le è
stata espressamente affidata una cate-
chesi parrocchiale, e in u ltimo si è ag-
giunta anche la nuova fondazione di
Teheran!
Quanto da fare! Ma quanta gioia
nel cuore, che sente di appartenere a
tutti, perché in Dio sa di poter ope-
rare per il mondo intero. Vien da pen-
sare a que11'incisiva affermazione di
Mauriac: « L'universo della Grazia è
un universo senza solitudini, perché
invisibili scambi creano, nella preghie-
ra, vincoli eremi fra gli uomini >>.
La bacheca nel soggiorno
Nel piccolo soggiorno di una di
queste case di riposo l'interesse apo-
stolico è orientato per mezzo di una
bacheca che sta a indicare l'ampiezza
della dedizione instancabile di quelle
care suore anzione. Vi si espongono
talvolta lettere di parenti, di exallieve,
di conoscenti, che chiedono aiuto di
preghiere per le più svariate necessità;
il più delle vo1te sono ritagli di gior-
nale o di riviste. Una specie di ufficio
informazioni sulla vita della Chiesa e
del mondo: il Sinodo, un'Esortazione
apostolica, scopette e invenzioni, con-
gressi, calamità pubbliche...
CASE DI RIPOSO, OASI BENEDETTE
Quante sono. Una quarantina, su 1.438 case che le Figlie di Maria Ausi-
liatrice hanno nel mondo. Costituiscono un aspetto inatteso, in un pano-
rama di intensa attività segnata dall'immancabile presenza giovanile.
Dove sono. Queste oasi benedette e provvidenziali sono disseminate
in zone tranquille tra il verde, oppure accanto a complessi scolastici o cen-
tri giovanili. Sorgono a Nizza. Las Piedras, Contra di Missaglia. Villa Salus
(Torino). Aglié, Serravalle, Lorena. Alta Gracia. Pu9bla, Orta. Roppolo. Cata-
nia Barriera, Yercaud, St. Cyr. Kortrjik, Lagugnano, Rosà...
Chi le abita. VI sono ospitate le Figlie di Maria Ausiliatrice consumate
dal lavoro. o precocemente sottratte dalla malattia all'az.ione pastorale diret-
ta: sottratte ma non allontanate. separate ma non divise.
Come si vive. Non è sempre facile, all'inizio, adattarsi all'idea del
• riposo •, per chi non si è mai risparmiata in tante fatiche: nello spirito
c'è ancora tutta una tensione a donarsi, a tare, a superarsi... Poi, di luce in
luce. lo spirito giunge a sempre maggiore chiarezza: • Chi fa la volontà del
Padre mio, questi è per me fratello e sorella e madre... lo ho scelto voi
perché portiate frutto: chi rimane in me, porta molto frutto... •.
Un lavoro diverso. Il loro riposo, nello stile evangelico e salesiano, è
soltanto un lavoro diverso •: un lavoro che si è più interiorizzato, e si è
fatto preghiera e offerta sulla dimensione della Chiesa e del mondo. La gene-
rosa adesione di queste suore alla volontà di Dio porta loro in èuore tanta
grazia e gioia, da riversare su tutto l'Istituto delle FMA e sulla Chiesa.
Una missione speciale. Nel periodo di più intenso lavoro in preparazione
al recente Capitolo Generale, la Madre Generale ha rivolto a tutte le care
sorelle malate e anziane un particolare Invito. Ha scritto loro: • Voi care
sorelle, che siete tanto purificate dal dolore, avete gli occhi più chiari per
vedere e aiutarci a vedere, nella luce vera, i valori perenni dell'Istituto che Dio
vuole siano conservati, e insieme le vie nuove che Egli vuole siano aperte
per il bene della Chiesa. I vostri "si" che offrirete generosamente al
Signore, saranno da Lui trasformati In tanti raggi di verità per il Capitolo.
Sarete cosi anche voi "suore capitolari". Invisibili ma operose, voi porterete
fuoco di Spirito Santo nei lavori di gruppo e nelle assemblee •.
Da ogni parte pervennero risposte commoventi, che rivelavano la viva-
cità spirituale di queste • care sorelle •, pronte a offrire a piene mani i loro
doni spirituali.
Con questo mezzo le aspirazioni e
le vicende dei fratelli (conosciuti o no
non importa) e gli avvenimenti reli-
giosi, politici e sociali di ogni popolo,
entrano nelle intenzioni delle preghie-
re e delle offerte quotidiane di turta
la piccola comunità. Accade allora che
durante il rosario - e quanti, prima
di sera! - vengano ricordati i.I chie-
rico che riceve gli Ordini sacri e l'ope-
raio che cerca lavoro, i viaggiatori del
treno deragliato, il carabiniere ferito
dai banditi e l'alpinista disperso nella
tormenta. Tutto, dalla bacheca, passa
per il cuore nella loro vita e diventa
preghiera.
Una suora non molto avanti negli
anni, paralizzata in seguito a un inci-
dente, ogni manina è amorevolmente
sistemata in una poltroncina a rotelle.
Ha risolto di sbrigare così la sua atti-
vità apostolica: si fa portare in cappel-
la vicino al Tabernacolo, e poi... Lo
sanno lei e Gesù solcanto, cucco il la-
voro che compiono insieme nelle di-
verse parti del mondo. A chi la inter-
roga, risponde semplicemen1e: « Ripe•
to ogni giorno il mio incondiziona-
to, e chiedo sopratturto al Signore di
moltiplicare le vocazioni sacerdotali e
religiose».
Se è vero, come è stato detto, che
« il sublime è il profondo del quoti-
diano», qui siamo alle soglie del su-
blime.
Il Papa, i vescovi, i sacerdoti sono
sempre ai primi posti nelle intenzioni.
Suor Lucia - quanti pàssi e quante
corse aveva fatto! - un giorno si ve-
de amputare la gamba destra. Si spera
di arrestare il male. Ma a breve distan-
za di tempo deve lasciare anche la si-
nistra sul tavolo operatorio. Dimessa
dall'ospedale, riprende la sua vita apo-
stolica: una vita rinnovata e arricchita
da un'offerta serena e forte. Suor Lu-
cia sa che ci sono sacerdoti oppressi
da talltc difficoltà: il suo contributo
può essere efficace per il loro mini-
stero. E si assume la maternità spiri-
tuale di tutte le anime che, da questo
momento, avranno bisogno di lei. Sen-
te che la Prowidenza glie le ha affi-
date, in adozione speciale, da quando
le ha chiesto di non fare più un passo
per incontrarle.
Originali promemoria
« Oh, se potessi fare di questa gior•
nata rutta una catena di atti dj amore
a Dio! ». « Perché, suor Caterina? »
« Vorrei legare a Lui tutto il mondo:
specialmente quei poveretti che non lo
conoscono e non lo amano ».
Suor Caterina vive in una piccola
casa di riposo annessa a uno studen-
tato. Vi spira un'atmosfera particolar- 13

2.4 Page 14

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mente giovanile. La veranda piena di
sole in cui si riunisce la comunità, era
stata un tempo la sede delle animate
ricreazioni delle giovani suore studen•
ti. Queste abitano ora all'altra estre-
mità della casa, ma conservano l'abi-
tudine di passare spesso da questa ve-
randa per salutare le loro amiche, con-
fidenti, consigliere e... protettrici, so-
pratcmto nell'imminenza delle sessioni
d'esame. Nel giorno dell'esame poi,
qualcuna di quelle « care vecchiette »
uova un originale promemoria: un
fiocco, una coccardina o un semplice
fiore di plastica, con un saluto e il LÌ·
rolo della prova. E' il SOS che in-
fonde fiducia nelle candidate, e im-
pegna le loro «custodi» a un'assmen-
za intensificata. Che sarà compensata,
la domenica segueme, da un lieto po-
meriggio musico-drammatico, che le
studenti sanno sempre improvvisare
attingendo al repertorio più svariato...
Cosl le giovani dicono grazie alle
veterane, che hanno costruito con gene-
rosità e sacrificio il ricco patrimonio
dell'Istituto; e le anziane guardano con
grato compiacimento alle nuove gene-
razioni che con slancio giovanile con-
tinuano la loro opera.
Una specie di banco dl credito
Non è solo la preghiera che occupa
le suore delle case di riposo. Tuctc
quelle che possono si adoperano in arri
vità diverse. Quanta gioiosa premura
in quello sferruzzare variopinto, in
quel comporre con gusto e fantasia
ritagli e scampoli per confezionare in-
du menti per le missioni, berrettini e
sciarpe per i bimbi poveri del rione.
E c'è chi può ancora prestarsi in aiuto
per qualche assistenza aJ vicino orato-
rio; chi non rinuncia, anche a costo
di sacrificio, a trovarsi in portineria
per salutare le exallieve che vengono
per gli incontri.
Alcune suore continuano il loro apq-
stolato attraverso la corrispondenza
con quelle stesse assistite che, un gior-
no forse ribelli o insofferenti, oggi at-
tendono da loro una parola di confor-
to o chiedono un consiglio prima di
qualche decisione importante.
La « casa di riposo » è una specie
di banco di credito per le varie case
dell'Ispeuoria, e la partecipazione spi-
rituale di quelle suore è come una fir.
ma di garanzia per ogni nuova inizia
tiva pasrorale. Le suore che lavorano
fra la gioventù sanno di poter ricevere
aiuto nelle varie difficoltà. E si crea
un clima di affetruosa reciprocità: !'in•
teressamento porta a più alta quota il
fervore delle anziane e malate, che
sanno di avere ancora parte viva nel-
l'incremenio apostolico dell'Istiruto.
14 Giungono perfino, quasi per implicito
La bacheca nel soggiorno raccoglie elenchi di iniziative da sos tenere con la
preghiera.
regolare comrano », elenchi di alun-
ne di scuola, di gruppi di catechesi, di
iscritte ai cemri giovanili. E subito
vengono suddivise le «opere», sorteg-
giati gli elenchi, e le suore assumono
un impegnativo madrinato: la mia
squadra, la mia classe, il mio oratorio...
Le ore dl festa
Non mancano, fra le mura della ca-
sa di riposo, le ore liere e distensive
della ricreazione quotidiana: nel eh•
ma di familìarc semplicità si condivi•
dono gioie e speranze, con l'interesse
sempre protebo alle speranze e alla sto•
ria di tutti gli uomini, semiti vera•
mente come fratelli nell'universale ten-
sione alla Gioia.
Se poi c'è una Superiora in visita,
anche solo per una breve sosta, si vede
risplendere sui volti una létizia quasi
fanciulla, che fa scordare gli acciacchi
e i malanni. Si preparano piccoli doni,
indusrriose sorprese, si allestiscono per-
fino recite « a soggetto » per offrire al-
le visitatrici una cronaca illustrata al
vivo degli avvenimenti più interessanti
della vita di casa. E non di rado, in
si queste feste di famiglia, rievocano
i tempi che furono.
Ci sono ore, in queste case benedet-
te, che sono ancor più aurenticamente
ore di festa: sono quelle che segnano
il passaggio all'Eternità. Lo testimonia•
no le cronache delle case, che riserba-
no le pagine più commoventi proprio
alle circostanze dei sereni trapassi di
tante sorelle. Queste pagine non han-
no l'evanescenza della poesia, non tra-
ducono l'emotività momentanea dello
spettatore estraneo od occasionale;
riassumono l'esperienza esistenziale di
vite che, trascorse in solidarietà fra-
terna e in comunione quotidiana, uo-
vano nella « Luce vera » il loro epi-
logo più narurale.
Ognuna ha il suo stile
Ognuna ha il suo stile: c'è chi chie-
de di avere auorno le consorelle e le
prega di intonare un canto alli Ma-
donna. il canto d'entrata nel Tempio,
come gli antichi pellegrini d'Israele
nell'atto di varcare una soglia attesa e
sognata durante le fatiche di un lungo
cammino.
Qualche volta si ~tabilisce una disin-
volta atmosfera di partenza, con i pre-
parativi del caso: con i sereni com-
miati, si affidano alla « viaggiatrice »
le raccomandazioni per la 1\\iladonna,
per Don Bosco, per madre Mazzarello.
La si incarica di particolari commis-
sioni per quando giungerà nella Geru-
salemme celeste, e se ne attendono con
fjduciosa speranza gli effetti.
« Perché piangi? -, dice una suora
molto grave al fratello sacerdote che
amministra il sacramento degli infer-
mi - . lo vado io Paradiso! ».
Una moribonda, che fatica ormai ad
articolare parola, riesce a raccogliere
tutte le sue forze per confidare a chi
l'assiste: « Pensa alla mia g101a: tra
poco sarò immersa nella santissima
Trinità! ».
· Un'altra dice semplicemente: « So-
no serena. Ho lavorato per il Signore,
e ho voluto bene a tutti! ».
Ognuna col suo stile.
Ma in comune hanno una certezza:
quando una vita si è donata runa a
Dio, giunta al tramonto t rova Dio che
si dona tutro a lei.
GlUUANA ACCORNERO, FMA

2.5 Page 15

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EDUCHIAMO COME DON BOSCO
Don Bosco nel 1885 Ieee un so-
gno stupendamente bello: Ml pa-
reva - raccontò - di trovarmi davan-
ta a un Immenso. incantevole declivio;
verdeggiava In dolce pendio: sembrava
un paradiso terrestre, lllumlnato da una
luce pfu abbagliante del sole. L'erba
pettinatissima era punteggiata di fiori.
In mezzo vf si stendeva un tappetto di
un candore così niveo da accecare.
Sugli orli del tappeto si leggeva, a ca-
ratteri d'oro, la seguente scritta:
" Beati I puri che camminano secondo
la Legge del Signore. Dfo non priverà
di beni quanti camminano nell'innocen-
za. ,Yon resteranno confusi in tempi
critici e si sazierarmo durante i giorni
di carestia. Il Signore conosce I giorni
degli Immacolati e la loro eredità per-
durerà In eterno"•.
Poi, vidi due stupende fanciulle
dodicenni sedute sul margine del tap-
peto dove Il declivio faceva scafino.
Il loro contegno era dignitoso; irradia•
vano dagli occhi una gioia di felicità
celestiale. Sulle loro labbra sfavillava
un dolce sorrfso. Una veste bianca
scendeva fino al foro piedi e una cin-
tura rossa fiammeggiante con bordi
d'oro allacciava I fianchi. Portavano al
collo come monile IVI nastro di corolle
di gigli. di viole, di rose. Come brac-
cialetti avevano ai polsi un mazzo di
margheritine. Ma la bellezza e Il ful-
gore di quel fiori non erano confron-
tabili con le gemme plu preziose. Una
capigliatura gli scendeva lungo le spal-
le. Cominciarono un colloqulo con uno
squillo incantevole di voce.
Una di loro disse: Che cos'è l'in•
nocenza? E' lo stato felice della Gra-
zia santificante conservata per mezzo
della costante ed esatta osservanza
della Legge di Dio •· E l'altra fanciulla
ribatteva: La purezza è fonte e ori•
gine di ogni scienza e di tutte le virtù
INSEGNATEGLI
LA PUREZZA
La prima riprese Il duetto dopo un atti•
mo di silenzio e disse: Oh. se i gio,
vani conoscessero quale prezioso te-
soro è /'Innocenza! Ma purtroppo non
riflettono e non pensano quale danno
si lnlliggono quando la macchiano.
L'Innocenza è come uno squisitissimo
liquore •. E la seconda fanciulla aggiun-
se: D'accordo, ma è racchiuso den•
tro un flacone di fragilissimo cristallo;
se non è portato con grande cautela
feci/mente s'lnfra.nge come Il vetro sof-
fiato•. E la prima ancora: L'Innocen-
za è una gemma preziosissima •· La se,
conda commentò: Ma chi non ne co-
nosce Il valore, la perde con facilità:
e la baratta con qualsiasi oggetto vile
e banale•·
ti •sogno• di Don Bosco s'intona
perfettamente alla Dichiarazione su/-
l'Etica Sessuale del gennaio u.s. che
Il Santo Padre tanto raccomanda di
leggere. di meditare e di studiare.
* **
Ecco allora alcune indicazioni prati-
che, estratte dalla • Dichiarazione ,
pontificia.
Occorre instillare nei giovani Il
concetto che. per conservare la purez,
za cl sono i mezzi sempre raccoman-
dati dalla Chiesa per vivere una vita
casta: la disciplina del sensi, dello spi-
rito, la vigilanza e la prudenza nell'evi-
tare le occasioni di peccato, la custo-
dia del pudore, la moderazione nei di-
vertimenti, le sane occupazioni; il fre-
quente ricorso alla preghiera e ai sa-
cramenti della Confessione e dell'Euca-
ristia •·
Occorre " che I giovani, soprat-
tutto, si preoccupino · di sviluppare la
loro pietà verso l'Immacolata Madre di
Dio •· La Vergine Madre di Dio è la
prima nell'amore a Cristo. La preghiera
si fa poesia, si fa canto, si fa gioia,
si fa sicurezza quando si parla di Lei
o quando ci si rivolge a Lei.
Occorre che • i giovani si propon-
gano come esempio da Imitare la vita
dei santi e degli altri fe.deli, special-
mente degli adolescenti che si sono
distinti nella pratica della castità
Occorre In particolare che tutti
abbiano un'alta idea della virtù della
castità, della sua bellezza, del suo ri-
fulgente splendore. Essa onora l'essere
umano, lo rende capace di un amore
vero. disinteressato, generoso e rispet-
toso degli altri .
Carlo De Ambrogio
15

2.6 Page 16

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INTERVISTA
A MONS. PIETRO CARRETTO
NEL 25u DI EPISCOPATO
BU DA
oooorn
~~ill[lill
AC STO,
Singolare conceiione di uno scultore Indiano degli anni '60: tra Budda e
Gandhi, la figura di Cristo Redentore.
Ricordi di un'infan:::.Ùt felice, di un ·aclolescen:::.a ira-
punla di ideali, di un aposlolalo di/f icile ma ollimisla
e perciò f orlurwlo. E di una tego la sul capo, chiamala
episcopato. Mo mons. Pietro Carrello più che di ricordi
uive d el presente, d ello calda realtà lhailanclese. E di
una conui11:io11e : che Budda, eia ostacolo che era con -
siderato fino " non mollo tempo fa, può fa rsi scala per
condurre il popolo T/z"i" Cristo.
Domanda. Mons. Carrello, come
è diventato Salesiano?
Mons. Carretto. Io provengo dal-
l'oratorio di Torino-Crocetta. Un chie-
rico americano che vi studiava la teo-
logia suscitò m me, tredicenne, 11 de-
siderio delle missioni. Anche mio fra
tel10 Carlo (,l 11010 « /rotei Carlo» de,
Piccoli /ratett, di Gesù, ndr) qualche
anno più tardi frequentò l'oratorio;
quanto alle mie tre sorelle, per loro
c'era l'oratorio delle FMA in Borgo
San Paolo... Eravamo una famiglia di
oratoriani.
In quell'ambiente è maturata la mi.1
vocazione.
Pensaci bene, Pierino
Domanda. Di Don Bosco ba,1110
16 uri/lo che « in pr111c1pio ert1 ltJ 111,1111•
ma», cioè mamma Margherita. E' sta-
lo così anche per lei?
Mons. Carretto. Sì, la mia mnm•
ma ha avuco su di me una presa deter-
minante. Papà era piuuosto riservato,
silenzioso, chiuso in se stesso, come
erano tanti padri nel ,1ecchjo Piemon-
te. Quando gli dissi: « Voglio farmi
salesiano», rispose: << Pensaci bene,
Pierino, poi fai come vuoi ». Ln mom-
ma invece mi instillò il bisogno della
preghiera, l'.1ffetto alla Madonna, l:i
generosità verso le missioni, l'.1morc
all'altare. A cinque anni servivo la
messa. e voleva che lo facessi bene. La
mia \\•ocazione è naia anche dal cuore
della mia mamma.
Domanda. Dopo di lei due sorelle,
EmerenzitJna e Dolndta, hanno abbrac-
c,1110 la v110 rt'ltgiosa dive11/011do F,-
g!,e d1 Aforia 111mli11trice. E s1t1 pure
a 44 anni suonati, anche Carlo è en-
trato in 11011iziato abbraccia11do (o sta-
to religioso. Perché m qualche /am1-
g/ia a volte s, ha di queste « esplos10-
11i di voca:ziom »?
Mons. Carretto. Certo il clima fa.
miliare, la preghiern. Quanti rosari ab-
biamo recitato insieme durante la guer-
ra! Papà ero sotto le armi, la mamma
ci diceva: « Dobbiamo salvare papà
con il nostro rosario ». Questa devo-
zione mcssaci nel cuore fin da bambi-
ni ha voluto dire molto. E poi. l'ora-
torio: si viveva così bene l'ideale del-
l'apostolato, Ricordo poi quand'ero
nell'Aspirantato di Ivrea, e mia sorella
Emerenziana veniva a rrovarm i: com•
ploctavamo insieme sulla possibilità
che anche lei diventasse Figlia di Don
Bosco... Come appunto avvenne.
Perché l'esplosione di vocazioni?
Dobbiamo lasciare la vera risposta alla
Provvidenza, la sola a sapere come
vanno davvero queste cose.
Domanda. Ha accennato alla casa
di /ormaz.io11e di Tvrea. Che cost1 ricor-
da di quegli a1111i?
Mons. Carretto. E' stata una co-
sa favolosa (ci sono rimasto dal 1925
al '28). Si viveva in pieno clima mis-
sionario: una tensione dello spirito che
si traduceva nell'essere sempre pronti
a qualsiasi cosa ci fosse richiesta. Tut•
to ci pareva fadle.
Nel mio corso eravamo in 52; quan-
do giunse il momento di partire, a die-
ci di noi i genitori non dettero il per•
messo, e fecero il noviziato in I tolia.
Ma partimmo in 42. I superiori ci ave•
vano destinati per i vari paesi, for.
mando gruppetti omogenei e tenuti in•
sicme da profonda amicizia. In 16 par-
timmo per 111 Thailandia. Ricordo
quando ricevemmo il Crocifisso a To-

2.7 Page 17

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rino neJ la Basilica di Maria Ausilia-
trice. La gente sgranava gli occhi su
di noi: << Guar da come sono giovani
questi chierici! ». Avevo 16 anni.
Ivrea è stata per me qualcosa di fa.
voloso.
Una tegola, una seconda tegola
Domanda. E cosa ha provato di-
ventando Vescovo?
Mons. Carretto. La mia nomina
a Vescovo fu veramente impensata.
Ordinato sacerdote nel 1939, ero stato
6 anni a Bang Kok durante il dif.fi-
cile periodo della guerra, nella Pro-
cura missionaria. Poi mi fecero diret-
tore a Ban Pong: una scuola e tanti
ragazzi. Mi ero buttato a capofitto :
con •i confratelli formavamo « nn cuor
solo e un'anima sola ». I ragazzi aumen-
ravano di numero, la scuola dava buo-
ni risultati, ero felice. E improvvisa-
mente mi cade sulla testa una tegola:
mi fanno Ispetcore.
L'Ispettoria era ancora abbastanza
piccola, perciò aprii una scuola a Bang
Kok e potei fare anche da Direttore
di quella comunità. Era una scuola tec-
nica, e d iventerà presco l'opera più bel-
la dei Salesiani in Thailandia. Ma men-
tre cominciavo a capire qualcosa del
mestiere di Ispet tore, mi capitò sul
capo la seconda tegola: la nomina a
Vescovo.
Avevo appena 38 anni, mi sentivo
impari alla responsabilità. Non posso
raccontare molco, sono tenuto al se-
greto, ma ditò solo che il Rertor Mag-
giore d'allora, don Ricaldone, cagliò
corto ai miei pianti con un netto << Ac-
cetta, e sta' zitto»...
Camminare nell'acqua
Domanda. Un Vescovo missionario
è diuerso dagli altri Vescovi?
Mons. Carretto. Se essere Vesco-
vo vuol dire servire, siamo nel pieno
significato della parola. Perché in mis-
sione il Vescovo dev'essere pronto a
fare di tutto. Sono Vescovo da 25 an-
ni, e non ho mai avuto un segretario.
Sono io il cameriere di me stesso, e
forse per questo nella mia stanza va
sempre rurro bene.
Ho scoperto che, specie quando si
va in visira pastorale, il modo miglio-
re per far andare bene le cose è asse-
condare fino all'ultimo il desiderio dei
parroci, dei confratelli, dei fedeli. Na-
turalmente ciò esige un po' d i genero-
sità, ma se ci si preoccupa di capire
che cosa vogliono gli altri, e si cerca
di accontentarli, si ha la gioia grande
di vedere che tutto procede bene.
Domanda. D'accordo, eccellenza.
Ma ci è giunta una foto in cui lei ap-
pare seduto sopra una scale/la, scalzo
e in attesa che il rote la asciughi. Non
c'è proprio differenza tra un Vescovo
missionario e gli altri?
Mons. Carretto. Sl, ricordo quel-
la foto... L'anno scorso più di
3.000 Kmq della mia diocesi erano
stati allagati da un'inonda1jone senza
precedenti. Migliaia di case distrurte,
rutto il raccolto perduro. Ero anda to
a visitare i villni::gi rcr confortare quel-
Mons. P ie tro Car n,110.
la povera gente a vedere che cosa si
poteva fare. Avevo dovuto camminare
nell'acqua... e hanno scattato quella fo.
10 a tradimento! Ma niente di srraordi-
nario, per carità. Io non so come SO·
no gli altri Vescovi. So solo che noi
in Thailandia dobbiamo essere <( tuno
a cutci ».
Domanda. Un vescovo è sempre
in mezzo a tanta gente; 11111 nello stes•
so tempo - con tutte le responsabi-
lità che gravano s11 di lui - 11011 si
sente solo?
Mons. Carretto . Per niente. E mi
spiego. Io sono del principio di far
sape.re a tutti quello che si fa . Qllello
che c'è in casa. Quanto si spende.
Quanto rimane. Quando ci si riuni-
sce, tutti possono esporre e proporre
liberamente idee e progeiti. E deci-
diamo di comune accordo. Se la corta
è grande, le fette saranno grandi. Se
la torta è piccola ci si accontenterà cl i
una fetta piccola. Ogni anno a dicem-
bre faccio i conti e li rendo di pubbli-
ca conoscenza. Questa politica delle
« carte in tavola » aiuta a superare
ogni isolamento.
Altro esempio: io mi sento ancora
giovane e viaggio molto. Faccio il gi-
ro della diocesi tre o quattro volte
all'anno, e vado a trovare tulli . I fre-
quenti contatti creano una buona in-
tesa. Io non ho segreti per i miei con-
fratelli. E non mi pare che qualcunc
di essi abbia grossi segreti per me.
No davvero, non mi sento mai solo.
Farsi come loro
Domanda. Che cosa prova lei per
Thailandesi?
Mons. Carretto. Don Ricaldone
diceva a noi futuri missionari: « Fa-
tevi come loro 1>. Era un programma,
su cui don Cimarti ci fece un piccolo
canto: « Siamo o non siam? Rispon-
diam: Siam». Un simpatico gioco di
parole: allora Thailandia si chiamava
Siam (pronuncia Sciàm), nome poi ab-
bandonato perché non piaceva (signi-
ficava « abbronzato » ). E' più bello
Thailandia, cioè « terra dei liberi».
!vin la sostanza per noi rimane: « Sia-
mo Siam », dobbiamo esserlo. Io mi
$ento immedesimato.
Questo « farsi come loro » passa in
pratica attraverso a cose concrete.
Anzitutto la lingua. Io La possiedo me-
glio di molti Thailandesi, e a volte mi
diverto a far notare piccoli errori.
Avere una buona conoscenza della
,toria e geografia del paese. Conosco
bene uomi.ni e cose, al punco che mol-
ti si stupiscono. Quando mi rrovo con
al!torirà civili o religiose, mi mostro
aggiornato, pongo sempre domande ri-
guardanti la loro vita pubblica. Essi
possono anche provare nessun interes-
se per il mio cristianesimo, ma devo-
no ammettere che io mi interesso in
pieno delle cose loro.
Quando viaggio indosso sempr~
l'abito del missionario, ben riconosct-
bile. Succede per esempio in creno che
mi vedono stranicro e mi guardano
con sospetto. Allora sono il primo a
rompere il ghiaccio con una domanda
qualsiasi, la richiesta di un'informazio•
ne. << Parla proprio come noi! », si di-
cono subito meravigliati, e il ghiaccio
è rotto. Non mi sono mai trovato in
difficoltà o a disagio.
Posso dire di aver tentato di farmi
uno di loro, e di esserci riuscito.
Domanda. Che r:osa significa
Budda per un thailandese?
Mons. Carretto. Purtroppo la cre-
denza popolare nel Budda è una cre-
denza divina. Non possiamo negarlo.
Quando lavoravo in mezzo ai ragazzi,
a volte ne chiamavo qualcuno: << Ti
ho visto pregare prima di dormire.
Che cosa hai derto? » « Ho pensato
al Budda ». « Bravo, hai fatto bene.
Ma di' un po', Budda è morto?»
« 2500 anni fa >>. « E quando hai pre-
gato, ti ha sentito? ».
Molti cadono dalle nuvole, non si
erano mai posta una domanda del ge-
nere. Ho avuto anche di queste rispo-
ste: « Non mi ha udito; ma il suo 17

2.8 Page 18

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ricordo, come quello di mamma, mi
aiuta ». Altri invece dicono chiaro:
« Sl, mi ha udito».
La maggioranza del popolo attribui-
sce a Budda delle qualità e dei poteri
che sono divini.
Budda non era ateo
Domanda. I missionari come par-
lano di Budda?
Mons. Carretto. Il nostro compiro
~ di demitizzare. Ai mici ragazzi che
dicevano: « Sl mi ha sentito », io ag-
giungevo: « Tu sai che 2500 anni fa,
sette giorni dopo la morte, lo hanno
bruciato e hanno sparso le sue ceneri
in runo il mondo buddista. Come può
sentirti? ».
Nel medesimo rempo però esprimo
un giudizio molto positivo su Budda
uomo: « E' srato un grandissimo
uomo, un vero educatore del popolo,
a cui ha dato principi morali di fon-
damentale importanza. Ma - conclu-
do - era soltanto un uomo ». Di qui
mi divenra possibile fare il passo fino
a Dio.
Ln religione buddista è basata su tre
prindpi, le « tre gemme», che sono
il Budda, la legge, la comunità dei
bonzi. Di solito i buddisri non stanno
Il a chiedersi '. queste tre gemme so-
no turre di importanza uguale? Ma
pensandoci devono convenire che la
comunità dei bonzi è meno importante
di Budda. Allora io chiedo: « E tra il
Budda e la legge, chi è superiore? »
Così li porto a notare che Budda non
ha inventato la legge, ma solo l'ha sco-
perta: essa preesisteva a Budda. A
questo punto incroduco un nuovo con-
cetto: quello del « dacore della leg-
ge », cioè Dio, al quale vanno giusm-
menre auribuite quelle qualità e pre-
rogative divine che di solito tanti bud-
disti atrcibuiscono all'uomo Budda...
E concludo: « Noi cristiani possiamo
essere buddisti Non c'è difficolrà Ma
voi buddisti, per essere cristiani dove-
te accogliere un'idea nuova: quella
di Dio».
l n taJ modo spiano la strada al cri-
stianesimo.
Domanda. Budda è 1111 ostacolo al-
f'auo11e missionaria?
Mons. Carretto. Fino a ieri lo ab-
biamo considerato un grosso ostacolo.
Orn preferiamo considerarlo una sca-
la per giungere a Dio.
Facciamo molto affidamento sulle
dichiarazioni del Mahatma Gandhi,
che era indiano e buddisca. li Mahat-
ma ha provato nei suoi scritri che
Budda non era ateo. Era un credente
in Dio, ma si ribellava all'idea piutto-
sto materialistica che circolava allora
18 nel mondo hindù. Un Dio dalle forme
umane: dalla sua testa aveva avuto ori-
gine la casta dei bramini, dal petto i
guerrieri, dalla pancia gli artigiani, dal-
le gambe i contadini. E poi c'era l'enor-
me massa dei paria - i senza casta,
70 milioni - che non si sapeva di
dove venissero fuori. Gandhi sostiene
che Budda si è ribellato a questa visio-
ne materialistica di Dio, che al conrra-
rio ne aveva auna concezione trascen-
dente. Era agnostico: non nel senso
di chi dice « Dio non mi interessa »,
ma nel senso filosofico di chi dice
« Dio è al di sopra delle capacità cono-
scitive umane ».
Ora su quest'idea noi cristiani pos-
siamo far leva per una proposta del
Cristo. Colui che né il Budda né altro
uomo pareva conoscere, Cristo è vc-
nuco a rivelarcelo. Ci ha detto che è
un essere spirituale, che crea gli uomi-
ni non secondo caste ingiuste ma tuui
uguali (e questo è anche il pensiero
di Budda), un essere che è padre e
vuole la felicità eterna dei suoi figli.
Anche la morale di Budda può es-
sere « scala » per salire a Cristo. Bud-
da ha daro ai suoi seguaci 5 precetti:
non uccidere, non adulterare, non ru-
bare, noA dire falsa tcstimonianzu, non
bere sostanze alcooliche. Oro i primi
quauro precetti si trovano ~ri pari
nel Decalogo, e il quinto - anche se
non in forma cosl drastica - rientra
nella virtù della temperanza. Quindi,
sul piano morale c'è già accordo di so-
stanza tra il buddismo e il cristiane-
simo.
Anche Budda cambiò religione
Domanda. I Buddisti sembrano fe-
lici nella foro religione Che bisogno
c'è dt portare loro 1/ cristiane.simo?
Mons. Carretto. Facile a dirsi, fe.
lici. Come si può essere felici senza
Dio? Prendiamo il problema fonda-
mentale dell'aldilà. Il buddismo ha ri-
sposto con la dottrina della trasmigra-
zione: c'è un «giudizio» in base al
quale l'anima che è uscita dal corpo
subirà in un'altra vita l'effeuo del suo
precedente comportamento, buono o
cauivo. Buddisti in buona fede pos-
sono sentirsi tranquillizzati da questa
risposta, sul cui orizzonte non appare
il volto di Dio. Ma intanto il proble-
ma in loro rimane, quell'insoddisfa-
ziom: profonda che faceva esclamare a
sant'Agostino: « Ci hai creati per te,
Signore, e il nostro cuore è inquieto
finchè non riposa in re».
Domanda. La conversione d, 1111
buddista thailandese alla fede cristta-
110, 11011 gli crea molte difficoltlJ nella
sua vita privata, familiare e sociale?
No11 crea quasi una ma emarginazione
dalia società in cr11 /1110 allora era vis-
suto?
Bauaglla con elefanti, Istoriata sul por-
tale dl un tempio. Per la Thailandia
- elefanti o carri armati, le cose non
cambiano - sellecent.o anni di storia
sono stati settecento an.nl dJ guerra.
Come per gli Occidentali e I 2500 anni
detta toro storia.
Mons. Carretto. Sl e oo. Alcune
conversioni non comportano conse-
guenze di questo genere, altre - per-
ché negarlo? - sl. Tn Thailandia, pec
dire « chiesa buddista » dicono « chie-
sa thai ». Il buddismo è cosl incarnato
nella cultura, che thailandese e bud-
dista sono divenuti sinonimi. Ciò
spiega perché a volte la conversione
divento un « taglio ». Ricordo uno
principessa da me battezzata e cresi-
mata, che fu « completamente tagliata
fuori » dalla sua famiglia. Ma ormai
queste vicende non sono più una re-
gola, stanno anzi diventando eccezio-
ne. Oggi si sta diffondendo un forte
senso di tolleranza verso quelli che si
convertono. Si sta facendo strada
l'idea che la religione è problema di
coscienza, serenamente privato. e che
bisogna rispettare le scelte altrui. So-
prauuno nelle città, le crisi ormai so-
no rare.
Ed è anche facile far accettare ai
buddisti l'idea della conversione. lo
dico loro: « Chi è statO il primo a cam-
biare religione? Budda stesso! (Budd.1
era nato induista). E perché ha cam-
biato? Perché la sua rei igione non lo
soddisfaceva. Ora, perché vorreste im-
pedire o un buddista la ricerca di uno
nuova religione, se la prccedence non
la soddisfa? ».
Non accusate il maestro
Domanda. Lei si è presentato i11
Thada11d1a come un occidentale ve1111-
lo a m segnare u11 modo flll(}VO d, pen,
sare e di vivere. Ma 1111 thailandest
colto potrebbe ricordarle che il bil1111-
cio del mondo occidentale è quanto
mai fallimentare; che nei duemila a11111
di cr1s1tanes1mo si sono comba!lute
5.000 guerre, si è praticata la schia-

2.9 Page 19

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Lo storico incontro del 5 giugno 1972: Paolo VI riceve il Patriarca generale del
buddismo thailandese (a destra), accompagnato da mons. Carrello. Motivo della
visita: Da alcuni anni - ha confidato il Patriarca al Vescovo salesiano - seguo
la sua attività spirituale, e non ho maJ visto un uomo cosl vota to a un unico
ideale. Io come buddista voglio la pace; perciò voglio dire aJ Papa: " lo ti ammiro,
tu sei l'unica autorità spirituale al mondo che possa ottenere la pace"».
vitù e il colonialismo, si sono ù111e11-
tati il materialismo ateo e i campr di
concentramento, si è prodotta e utiliz-
zata la bomba atomica...
Mons. Carretto. Direi a quel thai-
landese colto: « Quello che tu rin-
facci a me, io lo posso rinfacciare a
te». La storia thailandese, comincjata
praticamente nel 1200 con l'arrivo del
popolo Thai nella regione attuale, è
stara per 700 anni UD susseguirsi di
guerre continue. Il popolo Thai, tra-
smigrando sotto la spinta di Gengis
Khan, cominciò con l'occupare terre
non sue. E le occupò con una guerra.
Poi fu in guerra con Laos, Cambogia,
Birmania, Vietnam. Nel 1767 la Thai-
landia fu completamente distrutta dai
Birmani. I Birmani erano buddisti, i
thailandesi anche; fu guerra tra fracel-
ti. Morale: non è questione di reli-
gione, ma di pratica. Ci sono thailan-
desi buoni e thailandesi cattivi, come
ci sono cristiani buoni e purtroppo cri-
stiani cattivi.
Obiezioni del genere conrro l'Occi-
dente ne ho semite più volte, e in que-
sti casi dico: « Se una persona si com•
porta male, voi non accusate il suo
maestro, ma accusate lui. li maestro
con ·ogni probabilità gli ha insegnato
bene, e non ha colpa se l'allievo poi
razzola male ». E di solùo ci si accorda
nell'identificare un nemico comune,
l'egoismo, l'ingordigia, che spinge tan-
ti uomini a mettere da pane gli inse-
gnamenti ricevuti, sia quelli di Budda
che quelli di Cristo.
Domanda. Fra i Thailandesi che
ha conosciuto, chi l'ha impressionato
di più?
Mons. Carretto. Il patriarca gene-
rale del buddismo thailandese, il ven.
Somdey Phra Vannarat: mi è rimasto
nel cuore. Un venerando monaco
entrato in monastero fin da ragazzo,
un asceta nobilissimo che ha condotto
vita esemplare sotto tutti i punti di
vista.
La prima volta che l'incontrai, nel
1972, mi disse: « Lei deve ottenermi
un favore. Io vorrei vedere il Papa.
E sa perché voglio vederlo? Perché gli
voglio bene«. Domandai: « Perché
mai vuole bene al Papa? » Rispose:
« Da alcuni anni seguo la sua attività
spirituale, e non ho mai visto un uomo
cosl votato a un unico ideale. Io come
buddista voglio la pace; perciò voglio
dire al Papa: " Io ti ammiro, tu sei
l'unica autorità spirituale al mondo
che possa ottenere la pace"».
Come presidente della « Commissio-
ne nazionale per i conratti con Je di•
verse religioni » ottenni l'udienza, e
il 5 giugno 1972 ebbi la gioia di pre-
sentarlo a Paolo VI insieme con la de-
legazione ufficiale buddista che lo ac-
compagnava. E' mono un anno e mez-
zo dopo.
Ma quest'uomo semplice, retto, one-
sto, desideroso della pace, rimane per
me la più bella figura di thailandese
che abbia conosciuto.
Manca lo spirito della Croce
Domanda. Mo11s. C(lrrr:Uo, i gio-
vani d'Italia e dell'Europa 11011 parto-
no più per le missioni con l'entusia-
smo dei suoi tempi. Che impressione
le /a questo nostro mondo occidenta-
le, che lei ha lasciato ormai da quasi
mezzo secolo?
Mons. Carretto. Mi pare manchi
lo spirito della Croce. Noi vivevamo
con lo spirito della Croce. Per noi fa.
re un sacrificio, una rinuncia a qual-
cosa, era quasi un desiderio, era il mo-
do più chiaro di dire al Signore: << Mi
pare che ti voglio bene in questo mo•
mento•>.
Questa società che soltanto sen-
za chiedere mai niente, mi sembra la
piaga dell'umanità d'oggi. Il giovane
non diventa mai capace di dare, ma
rimane chiuso nel suo egoismo; non
si rovescia e non si apre agli altri nel
desiderio di servire. « A che cosa pos-
so rinunciare io per fare del bene agli
alrri? » Questa è la molla che deve
spingere la gioventù. Se non educhia-
mo i giovani all'amore alla Croce, non
riusciremo mai a far amare Cristo che
sta sulla Croce.
Abbiamo fatto buoni passi avanti
Domanda. Da 47 anni lei vive in
Thailandia: è soddisfatto di ciò che è
riuscito a realizzare?
Mons. Carretto. Globalmente sl.
Come il contadino che ha messo insie-
me UD buon raccolco, ma si rende con-
to che se non avesse commesso qual-
che errore avrebbe potuto ottenere
di più. Ceno, ho motivi di domandare
perdono al Signore. Ma mi pare che
in Thailandia abbiamo fatto dei buoni
passi avanti.
In neanche 50 anni di attività sale-
siana, siamo riusciti a consegnare alla
Chiesa thailandese una diocesi nuova,
costruita si può dire dal nulla, e
ora compleramenre aucoctona: quella
Rajabu ri.
Il giorno della mia consacrazione
episcopale, in Thailandia c'erano appe-
na 4 Vescovi di cui uno solo autocto-
no. Ora abbramo deciso di nazionaliz-
zare completamente la gerarchia. L'ab-
biamo dt!eiso non per timore di arreg-
giamenri xenofobi (il popolo thailan-
dese, vissuto sempre libero, è immune
da tali paure, anzi è animato verso gli
stranieri da uno squisito senso di ospi-
talità). Lo abbiamo deciso, perché lo
si può fare. Forse io sarò l'ultimo Ve-
scovo non thailandese a lasciare la se-
de vescovile. Non che ci tenga a rima-
nere il più a lungo possibile: aspetto
solo che nella mia giovanissima diocesi
di Surat Thani qualche mio confra-
tello thai sia preparato, per cedergli
il posto.
Si capisce, continuerò a lavorare co-
me missionario. Le mie ossa, se il
Signore vorrà, desidero lasciarle in
Thailandia.
E guardo a questo « mio » paese
con tanta fiducia. Credo che esso gio-
cherà un ruolo importante per la paci-
ficazione dell'Estremo Oriente. Guar-
do alla Thailandia come a nazione bud-
dista che è in preparazione al cristia-
nesimo.
e. b 19

2.10 Page 20

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'
·:,- .,
,
t7' , ..
.
'
1
1 ...
Cherrapunjee, il luogo più piovoso del mondo, ha riservalo una delle sue rare giornate serene per l'incontro dei « visi-
tatori dall'Ilalia » con la comunila cristiana locale.
T ornato dall'India, mi sento mi-
(<
gliore in rutti i sensi. Ringra-
zio Dio, Don Bosco e l'Ausiliatrice. E
cercherò di fare tesoro di quanco mi
sono spiritualmente arricchito, per i
fratelli indiani che ho incontrato. In-
tanto mi impegno alla costruzione di
un pozzo per irrigare nel lebbrosario
di Madras... >). Poche righe dalla let-
tera di F.F. (Moncalvo, Asti), che
esprimono più di un lungo discorso
tutto il significat0 dell'esperienza vis-
suta nella « Visirn alle missioni del-
l'India ». Una visita organizzata dai
Coopennori, e che ha avuto luogo dal
16 novembre al 3 dicembre 1975 (il
BS ne aveva dato l'annuncio nel fasci-
colo de llo scorso settembre).
Alla visita, compiuta anche per com-
memorare il Centenario delle mission i
salesiane, hanno preso parre 37 tra gio-
vani e anziani, Cooperawri e simpa-
tizzami; c'erano quattro coppie di spo-
si, un vescovo e cinque sacerdoti. Mol-
ti partecipami erano già prima impe-
gnati in qualche forma di apostolato
missionario; ma non mancava qualcu-
no indifferente (almeno all'inizio) ver-
so le missioni e simili problemi...
Altra cosa è veaere
con i propri occhi
L'iniziativa era stata presentata non
come un viaggio turistico, ma come
un momento di aurencicirà crisna,,a,
come una testimonianza da offrire e
un'occasione per imparare. La prepa-
razione remota al viaggio era stata com-
20 piurn amaverso la letrura di libri di
J,u « risi/a alle missioni cll0 ll'/ndia » compiuta da Coope-
rnlori e simpali:::anli nel novembre scorso, non è sfata
un viaggio lurislico ma la scoperta di un mondo di f m -
lelli con cui uiuere d'ora innan::i in solidarietà cristiana.
facile accesso sull'India, del decreto
conciliare Ad Gentes, di ciclostilati in-
viati appositamente dall'Ufficio Coo-
peratori.
Le tappe più significative th:I viag-
gio furono Benares, Calcutta, Krishna-
gar, Shillong e Madras. Bena res, la
città dell'induismo, fu occasione per
riflettere sui contenuti di quesra filo-
sofia e religione indiana. A Calcutta
il gruppo incontrò le varie comunità
salesiane operanti nella città, e l'opera
meravigliosa di madre Teresa. Partico-
lare interesse ha destato nell'Assam
il costituirsi di tante comunità cristia-
ne in piena espansione. Pure indimen-
ticabile è risulrata a Madras la visita
all'opera fondata da Padre Mantovani ,
e l'incontro con i Cooper~rori salesia-
ni della città...
Durante il viaggio i partecipanti si
sono riuniti più volte n discutere tra
loro sull'esperienza che stavano viven-
do. Due o tre volte hanno anche d ia-
logaco con gruppi ristretti appanenen-
ri a religioni e credenze diverse: era-
no interessanti esperienze di ecumeni-
smo. Non meno suggestiva risu ltavu
alla domenica la semplice partecipa-
zione alla messa delle varie comunità
~ristiane.
L'esperienza è stata positiva anche
per l'altra «sponda», Ha scritto in
merito il missionario don Giuseppe
Dal Broi di Bandel ((alcuna): << Il vi-
vo interessamento dei buoni Coopera-
tori ai nosrri problemi, alle nostre spe-
ranze e alle nostre ansie, ci è staro di
stimolo a lavorare con sempre mag-
gior energia per il bene spiri tuale e
materiale di questa terra. L'affiatamen-
to cordiale tra europei e nativi, quelle
riunioni familiari canco suggestive,
quelle partecipazioni in comune alle
[unzioni liturgiche, non saranno facil-
mente dimenticate. Giuseppe ( il fale-
gname nella cui casa a Mawlai si ren-
ne una rillnione con oltre cenco fedeli
e i Cooperatori) mi espresse runa la
sua gioia perché gli avevamo portato
in casa quei benemeriti visitawri. Al-
tra gente, che aveva appena visto
passare i Cooperatori, mi chiedeva stu-
pica: "Sono proprio venuti da così
lontan() per visitarci?"».
T missionari sono rimasti senz'altro
sodd isfatti. E' stato un motivo di in-
coraggiamento per loro, che a volte si
sentono isolati e climenticati. « Vi assi-
curo che siamo stati felici di avervi
avuti con noi. Fa sempre bene avere
visi te de l genere, che infondono un
nuovo coraggio »: così don Rosario
Stroscio, Vicario generale della dioce-
si di Krishnagar. E un bravo Coadiu-
tore su lesiano del Meghalaya: « Ln lo-
ro visita ha porcaco qui un'ondata di
gran bene. Me ne servirò come ~punto

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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per far comprendere quanto sia bella
la religione cattolica che sa suscitare
canta cordialità e affetto » ( Ernesto
Ferraris).
Per conto loro i visitatori si sono
subito accorti che una cosa è cono-
scere le missioni attraverso le confe-
renze dei missionari o le descrizioni
delle riviste, e ben altra cosa è vedere
con i propri occhi, avvicinare quella
gente, stare a tu per tu, e attraverso
un dialogo diretto - con il missiona-
rio che fa da interprete - entrare in
comunione con loro. sei a faccia a
faccia con i problemi, vedi il mondo
loro così com'è. Si può imervistare il
missionario, toccare con mano le sue
rea!izz.izioni , misurare il suo sacrificio,
a volte il suo eroismo. Se poi si ha
possibilirà di pregare e di celebrare
l'Eucarisria con una comunità missio-
naria dalla fede viva e genuina, allora
ci si sente ricaricato e diverso. Con-
fronti la tua vita borghese con la po-
vertà di certe zone, e senti per forza
il bisogno di cambiare radicalmente
la rua vita, di dividere il pane con il
fratello povero.
Il gruppo « Noi per loro »
Questo viaggio non è il primo com-
piuto dai Cooperatori ma il quarto.
Sono 121 le persone che in tal modo
hanno visitato le missioni. L'idea era
nata quasi per caso. Si sa, sono molri
quelli cbe amano viaggiare per cono-
scere il mondo. Ma c'è un «mondo»
che le agenzie di viaggio non fanno e
non faranno mai visitare: quello delle
m1s~1oni. Perché no□ colmare questa
lacuna? E così da alcuni anni, per ini-
1.iativa dei Cooperatori d'Italia, questi
viaggi sono srati organizzati.
Da simili visite nasce tut ta una rete
ui rapporti epistolari, di incontri in
patria con i missionari che tornano, di
aiuLi economici per modesti e grandi
interventi da compiere a livello perso-
nnle o di gruppo.
In concreto i partecipanti alle visite
,i sono costituiti in un grnppo deno-
minato « Noi per loro » , e allargando
l'iniziativa ad altrì amici e familiari,
hanno potuto g raccogliere 51 milio-
ni 826.000 lire. Le hanno utilizzate
per casetre e aule scolastiche a Rana-
bondo ( Bengala Occidentale), abitazio-
ni a Madras, casette ai lebbrosi di
Nongpoh. sussidi ai catechisti di
Liluah e Kohima. ai seminaristi di
Shillong... Per parte loro i panecipan•
ri alla visita del novembre scorso ave-
vano raccolto e poi donato direttamen-
te oltre sette milioni di l ire; in più
hanno « adottato » diversi bambini
delle opere di madse Teresa, impe-
gnandosi a sostenere le spese della lo-
ro educazione.
A. dicembre in Patagonia
Da questi viaggi prende sempre av-
vio qualche microrealizzazione a cru:at-
tere sociale, e fra i partecipanti più
giovani matura qualche vocazione di
laico missionario.
Le esperienze fatte sono un invito
a continuare. « Memorabile, fantastica
e mastodontica - scrive L. B. da Li-
vorno - è l'opera delle missioni in
India: ha lasciato in me tin senso pro-
fondo di gioia L'essere cristiano cacto
lico. Sono opere che tutti dovrebbero
conoscere». << Vorrei dirlo a canti altri,
giovani e non giovani: andare pure
voi, fare sacrifici e mettete da parte il
denaro per affrontare Je spese come
ho fatto io... Andate a vedere! Torne-
rete cambiati» (S. B. di Roma). « Ora
che i ricordi del viaggio mi si presen-
tano con più ordine alla memoria, risu-
scitando sempre la commossa ammira-
zione per l'Opera missiqnaria, sarò
grato se vorreste farmi avere il "piano
di aiuto" di cui si parlò durante il
viaggio... » (A. T. di Torino).
E dopo questo quarto, un quinto
viaggio è in programma: la « Visita
alle missioni della Patagonia », ai luo-
ghi cioè che videro la prima arrività
missionaria salesiana. Si svolgerà tra
il 20 dicembre 1976 e il 5 gen-
naio 1977, e ripercorrerà con voluta
fedel le tappe dei primi missionari
di Don Bosco ( la Segreteria generale
dei Cooperatori, in Roma, è già in gra-
do di fornire le prime informazioni al
riguardo).
DIFFUSIONE
I Cooperatori Salesiani hanno preso
un'utile iniziativa. che anche altri nella
Famiglia df Don Bosco potranno fare
propria: procurare
PIU' LETTORI
AL BOLLETTINO
L'iniziativa è motivata da due circo-
stanze stimolanti:
- il centenario delle Missioni Sale•
siane. sulle quali il BS con i suoi ser-
vizi si fa attento informatore;
- e l'imminente centenario del BS
stesso [il primo numero uscì nel set-
tembre 1877).
Ecco la loro idea. Abbiamo pen-
sato - scrivono I Cooperatori - di
ded icare i mesi di aprile e maggio di
quest'anno a diffondere il BS fra i no-
stri amici, familiari e conoscenti a cui
ancora non giunge, con un'azione in·
tensa. capillare e intel ligente •.
Perché lo fanno? Perché il BS • ci
sembra un mezzo particolarmente
adatto a tener viva l'attenzione sui pro-
blemi de ll 'educazione della gioventù
e dell'evangelizzazione missionaria, e
quindi adatto a stimolare i laici a lm·
pegnarsi in questi campi ...
Come lo /anno? Queste le loro indi-
cazioni pratiche:
1. Individuare tra i conoscenti e i fa-
miliari quanti possono ricevere bene-
ficio dalla lettura del BS (specialmente
giovani sposi, animatori e dirigenti di
gruppi, Insegnanti, lavoratori), uscendo
anche fuori della cerchia normale di
quelli che sono già del • nostro am-
biente.
2. Parlare loro del BS, possibilmente
darne una copia In lettura, e offrire
loro di farlo giungere rego larmente per
posta.
3. Fare l'elenco - completo di indi-
rizzo, e scritto a macchina o stampa-
tello - e inviarlo a : Bollettino Sale-
siano - Via Maria Ausiliatrice, 32 •
10100 Torino •.
Perché /'iniziativa risulti efficace
- precisano I Cooperatori - • occorre
assicurarsi che la persona messa in
elenco non riceva già il BS, sappia che
lo riceverà, e abbia detto esplicita·
mente che lo gradisce. E' bene preci-
sare inoltre che non si richiede una
quota di abbonamento, ma che tutti
sono Invitati a sostenere le spese
- come diceva Don Bosco - • con
quella offerta che detterà la ca rità del
loro cuore•.
TUTTI I LETTORI
del BS possono associarsi all'iniziativa
dei Cooperatori. Inviando indirizzi di
amici e conoscenti che gradiscono ri-
cevere la Rlvista della Famiglia Sale-
siana •.
21

3.2 Page 22

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La prima parrocchia affidata ( nel
1877) ai salesiani fu qucll:i di
« San Juon Evangelista», nel rione
La Boco olla periferia di Buenos Aires.
La Boca era un sobborgo m:ilfomato,
abi131o per lo più da poveri emigrati
irnliani, e reso infausto dalla presenza
di alcuni facinorosi che l'avevano tra-
sformato - come scrissero allora -
in « covo dt assassini e nido di anar-
chici». All'origine di questa prima
parrocchia affidata ai salesiani stanno
due nomi: quelli di don Giovanni
Cagliero e don Francesco Bodrato, ca-
pi rispettivamente deJJa prima e secon-
da spedizione missionaria salesiana.
Ma ecco come andarono i faui
I primi dieci Salesiani giunti con
don Cagliero in Argentina nel 1875
su invito dell'Arcivescovo di Buenos
Aires mons. Aneiros, appena comin-
ciarono o orientarsi nel nuovo mondo
rimasero fortemente impressionali dal
miserando spettacolo che offriva ai lo-
ro occhi il rione La Boca. ln quel
« re(ugium peccatorum ,. (come tra l'al-
tro fu definito) aveva trovato nascon-
diglio una minoranza di veri teppisti,
trn cui pericolosi « .rivoluzionari perse-
guirnti nella loro patria». Alcuni mesi
prima dell'arrivo dei Salesiani a Bue-
nos Aires, esattamente iJ 28.2.1875,
un gruppo di questi sediziosi con altri
provenienti da altre pani della città
di era reso famoso per un paio di ribal-
derie: il saccheggio del palazzo arcive-
scovile e l'incendio del collegio « Sal-
vador» tenuto dai padri Gesuiti.
Don Cagliero volle vedere che cosa
fosse veramente questo pauroso quar-
tiere. Un giorno si riempl le rasche di
medagliette di Maria Ausiliatrice, e da
solo, a piedi, vi si recò. Attraversati
i prati che separavano la ciuà dal rio-
LA PRIMA
FU PER GLI
EMIGRATI
oe, vide subilo nelle strade, fra le po-
vere casupole di legno, una grande
quantità di rugatzacci che scorrazzava-
no allo srnt0 brado. E nello scorgere
un prete, non parve loro vero cli poie1
fare un po' di baldoria a sue spese. Ma
giunti vicini, rimasero stupiti nel ve-
derlo sorridente e sentirlo parlare in
dialeuo: nel loro dialeno. Don Ca-
gJiero approfittando deUa sorpresa
crasse di rnsca una manciata di med.1-
glieue e le scagliò più lontano che
potè. I ragazzi, forse ritenendole mo-
nete, vi si gctrnrono sopra e gli lascia-
rono libero il passaggio. Affrettando il
passo egli si avventurò per le strade
e fece il giro del porto, cercando di
rendersi como di ogni cosa. E quando
inconuava un gruppo di ragazzi, I.in-
ciava altre medagliette...
L'indomani don Cagliero andò J
raccontare ogni cosa all'Arcivescovo.
« Lei ha commesso una grossa impru
denza - scntcm:iò mons. Aneiros -.
Io non ci sono mai andato a La Boca,
e non permetto a nessuno dei miei sa-
cerdoti di nndnre da quelle parti. E' un
esporsi a gravi pericoli ».
I.I
.'
,,·,.~
f.,,,
~\\
Dagli archivi l'immagine sbiadita dj u.na processJone - rlsalenle ai primi del
secolo - nella prima parrocchia salesiana di La Boca. Nello loto accanto al tllolo
22 la c hiesa parrocchiale.
"' Eppure io avrei l'intenzione di ror·
nare. Sa che ho seminato? Adesso bi-
sogna che vada a raccogliere... ».
Due o tre giorni più tardi don Ca,
gliero era là. E c'erano anche i ragazzi:
·« Il prete delle medagliette! », grida-
rono in dialeuo, e gli corsero incon-
tro. La prima volra, essi avevano ra-
mellato le med.iglie11e fino all'ultima,
poi erano corsi a casa per mostrarle
alle mamme e alle nonne, e ora le PQr•
111vano appese al collo. Ma ne voleva-
no altre da portare a casa. Don Ca-
gliero ascoltava, distribuiva i suoi pic-
coli tesori, raccontava qualche barzel-
lella. Uomini e donne uscivano sul-
l'uscio a vedere il misterioso prete del-
le medagliene... Don Cagliero intanto
descriveva ai ragazzi stupefatti un gran-
de conile pieno di giochi, canti e mu-
i.ic.1, che avrebbe costruito proprio Il a
L.1 8oca... Fu un piccolo trionfo.
L'indomani tornò a fare il suo ren-
diconto all'Arcivescovo. « Poiché lei è
così osrinaro nel voler andare a La Bo-
ca - concluse mons. Aneiros - , io le
darò quella parrocchia! ».
E giela diede davvero. Primo parro-
co salesiano fu don Francesco Bodrato,
che ne prese possesso il 20.5.1877.
Con i suoi confratelli subito cosrrul
una piccola scuola in cui raccogliere i
ragazzi della srrada. Lnvorò con tanto
impegno, che in breve tempo la zona
(u risanata sotto tutti i pumi di vista.
Quanto ai pericolosi teppisti, essi « aiu-
larono » il lavoro di bonifica con un
metodo run'altro che infrequente tra
la malavita. molta si fecero fuori tra
d1 loro...
Quella prima parrocchia aveva gi~
,tlcune caraneristiche che saranno po1
comuni a rance altre parrocchie da al-
lora affidate ai figli di Don Bosco:
wna di periferia, geme del popolo,
minoranza ostile e pericolosa, inizio
difficile, poi lenta ma costante « ere•
scira » - insieme con l'opera salesia
n11 - della popolazione e di rurto il
rione. « Pueblo con cura progresa »,
dice a ragio.ne la saggezza popolare
dell'America Latina: paese con sacer-
dote progredisce.

3.3 Page 23

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Scene e volli de l dolore, l'Indo mani della tragedia. Le anti-
che chiese della capitale (foto in alto ) no n hanno re tto
all'urto del s isma. E l'angoscia dei sopravvissu ti: un mJ.
Uone di senza tetto.
G li ottanta sale'Siani e le settanta
. Figlie di Maria Ausiliatrice che
lavorano nel Guatemala sono usciti in-
columi dal terribile cataclisma che il
4 febbraio scorso ha seminato distru-
zione e morte nel piccolo staro del Cen-
tro America. E anche se le loro opere
non ne sono uscite del rutto indenni,
essi appena passato il primo sgomento
si sono dedicati con tutte le loro forze
a soccorrere la popolazione più colpita.
Come è noto il sisma - che ha
raggiunto il grado 6.45 della scala
Richter - si è verificato nel cuore
della notte, provocando nel crollo de-
gli edifici 23.000 morti e un milio ne
di senzatetto su sei milioni di abitan-
ti. All'appello delle autorità civili e del
card. Casariego la risposta dei figli di
Don Bosco è stata pronta. L'ampio col-
legio <~ Don Bosco » della capitale è
diventato centro di raccolta e distribu-
zione degli 11iuti che giungevano dal-
l'estero, e i chierici del liceo e della
teologia si sono prodigati nel lavoro
di smistamento cli viveri, indumenti e
medicinali d 'ogni genere. Anche i no-
vizi sono subito accorsi nei quartieri
di periferia, dove erano soliti recarsi
nei giorni festivi a fare l'oratorio, per
recare conforto e dare una mano.
L e opere dei Salesiani e d elle FM A sono rimast e t ulle
pia o m eno lesion ate, m a le person e sono uscile inco-
lu mi dal cataclism a ch e in febbraio ha d evastalo il
Guatem ala. E hanno potut o prodigarsi in. soccorso alle
popolazioni più colpil e e bisognose di aiu lo.
A rendere drammatica la situazione
era stato il perdµrare del terremoto,
le cui scosse - da cinque a seicento
di forza considerevole, senza contare
le minori - hanno tenuto in ango-
scia la gente per più giorni e impedito
di dormire la notte.
Ora che il panico si è ·placato, si
pensa a ricostruire. Delle sei case sale-
siane e otto delle FMA (di cui rispet-
tivamente due e tre nelle missioni fra
gli indi Kekchl) solo alcune hanno su-
blto gravi ruinni. Non quelle delle mis-
sioni, ma quelle della capitale; la'par-
te più antica dello Studentato Teolo-
gico, le grandi vetrate artistiche del
Tempio al Sacro Cuore, e soprattutto
il vecchio edificio che accoglieva il
Centro sociale. Qucst'ulrimo dovrà di
sicuro essere abbauuto.
Accenarc la sicurezza degli stabili
è la premessa per l'attività successiva,
e al più presto sono stati chiamati i
tecnici. Ora si pensa sopranutco a riat-
tivare il Centro sociale, e ad aprire le
porte delle scuole ai ragazzi più biso-
gnosi. In questa campagna di aiuti
d'emergenza vengono mobilitati sia i
salesiani che i loro giovani. Anche da
altre Ispettorie vengono offerti contri-
buti in varie forme.
Il Guatemala è abituato da sempre
ai cataclismi. Se non sono i suoi 28
vulcàni (che in memorabili etuzioni di-
strussero la capitale una prima volra
nel 1541 e poi ancora nel 1776), arri-
va ogni tanto il terremoto. L'ultimo
nel 1947, ma fu veramente terribile
quello del 1917. Mentre la mente uma-
na rimane sbigottita di fronte al mi•
stero di questi fenomeni terrificanti,
il cuore invece si apre alla generosità.
E per i figli di Don Bosco è un'occa-
sione in più per « fare famiglia ». 23

3.4 Page 24

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MISSIONI SALESIANE
1J75©
DALlA
PARTE
DEI
MIXES
Le due spine dorsali del Messico,
la Sierra Madre Orientale e la
Sierra Madre Occidenrale, scendendo
parallele verso Sud rinchiudono nella
loro conca la capitale della nazione,
Gittà del Messico. Poi, continuando a
scendere, si stringono e si annodano
saldamente fra loro, in un groviglio di
montagne vertiginose e di vulcani dai
nomi concorri, che riesce a noi quasi
impossibile pronunciare. Procedendo
ancora verso sud, il groviglio lenta-
mente si scioglie e i rilievi si disten-
dono in cerca della pianura: non senza
innalzare ancora, di tanto in tanto,
qualche robusta impennata rocciosa
verso il cielo. Una di queste impennate
sfiora i quattromila metri d'altezza e
si chiama monte Zempoaltéptl, che
vuol dire « Luogo delle Venti Divi-
24 nirà ». In cerca di queste divinità
L'ombra d ell'antica poten za I bambini correuann n
nascondersi - Una parrocchia di fed eli infedeli - Non
si conosce l'asf nlto - Snlla schiena il fago llo d ell' u lti-
m o nato - R ivalità che separano più dei crepacci -
Alcool e comunismo - Aspergo no i campi con il san-
gue - Formare le guide del po po lo.
arroccate sul monte, si mossero neJla
notte dei tempi i Mi.xes.
L'ombra dell'antica potenza
Forse venivano dal Perù. Si apriro-
no la strada nel sangue, travolgendo
aJrri popoli e stabilendo in quella lo-
ro « terra promessa » uno dei più te-
naci domini del messico pre-colombia-
no. Nel corso dei secoli successivi non
si lasciarono piegare dagli Aztechi,
né dai Conquistadores spagnoli, che si
limitarono a tenerJj a bada piazzando
fortezze strategiche lungo i loro con-
fini.
Accettarono pacificamente soltantO
i pacifici missionari Domenicani venu•
ti dalla Spagna, che fecero era loro un
buon lavoro di evangelizzazione. Ma i
Domenicani spagnoli furono cacciati
200 anni fa, dalla guerra cli indipen-

3.5 Page 25

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<lenza. E i Mixes si rirrovarono soli,
spauriti, rinranari nella foresta.
Oggi dell'amica porenza di questo
popolo non è rimasta che l'ombra. La
decadenza del loro dominio fu lenLa
ma inesorabile. I quasi cemomiJa di-
scendenri del fiero popolo Mixe, arroc-
caii sulle montagne dello staro di
Oaxaca, hanno vissuco ormai per trop-
po tempo ragliati fuori dal mondo, e
si trovano inesorabilmente precipiLati
neli 'arretratezza.
Nel 1962 la Santa Sede compiva uno
ripartizione più razionale delle dioce-
si messicane. 11 Vescovo di Tehuan-
tepec mons. Palacios, a cui toccò tra
l'altro la cura del popolo Mixe, contò
con tristezza i sacerdoLi del suo terri-
torio: erano soltanto quattro. Con essi
doveva badare ai centomila Mixes
sparsi in diciouo paesi e I0.3 vil laggi.
Come fare? Gli vennero in mente
i Salesiani, e li. invitò a visiu1re il ter-
ritorio. Accompagnò personalmente
l'lspeuore salesiano don Gonzalez, e
il Direuore don Sanc:hez, in una visita
completa alla regione. Disse che inten-
deva affidar loro quel vas to terri rorio,
come «missione». I figli di Don Bo-
sco videro, e non si sentiiono il corag-
gio cli abbandonare i Mixes. Al resto
pensò il Delegato Apostolico, che non
lasciò scampo a ripensamenti e penti-
menti.
I bambini
correvano a nascondersi
24 agosto 1962. Per l'intera giornata
i primi missionari salesiani dovettero
cavalcare, in continua salita, tra monti
scoscesi, profondi burroni, selve im-
mense. In quelle zone vergini vivevano
indisturbati serpenti. tigrilios, puma,
che mettono in continuo pericolo uomi-
ni e animali domestici. Durante il viag-
gio lungo e fa~icoso , quei primi mis-
sionari ebbero modo di sperimentare
IUtte le inclemenze del tempo, prima
di arrivare a Santa Maria Tlahuirol-
tepec.
11 P'aese si trova proprio alle falde
del massiccio Zempoaltepelt, punto di
convergenza di tulle le Cordigliere che
percorrono il Messico. Lì, dove era
l'antichissima chiesa parrocchiale, fis-
sarono la prima residenza missionaria.
Qualche giorno più rardi cominciaro-
no a visitare i 18 paesi e i 10.3 viUag-
gi, ma al primo impatto la gente -
,pecie i bambini - correva a nascon-
dersi. Erano gruppi sparsi, in lotta fra
loro. E la presenza di estranei li impau-
riva ancor più.
Il clima si rivelav~ umido e freddo
e nebbioso. Molte capanne, abitazione
della gente più povera, erano nascoste
rra i boschi, spesso impenetrabili. Lo
sguardo della gente era triste e diffi-
dente. La loro esistenza doveva essere
una lorta continua e accanita per so-
pravvivere.
Una parrocchia di fedeli infedeli
Dùn Sanchez con alcuni salesiani
iniziò a lavorare a Santa Maria T lahui-
toltepec. (< Cominciammo con i ragaz-
zi, sull'esempio di Don Bosco - rac-
conta oggi - , ed essi ancora una vol-
ta ci aprirono la strada per raggiun-
gere i genitori e gli adulti. La nosrra
prima preoccupazione fu di catechiz-
zare, amminisrrare sacramenti. regofa-
rizzare i matrimoni. L'anno seguente
ci fu affidata una seconda parrocchia.
ad Ayutla, che si rivelò subito un cam-
po più difficile da dissodare '. era com-
posta, secondo l'espressione del parro-
co che ci consegnava il suo gregge, di
"fedeli infedeli", cioè di Mixes qua-
si tutti battezzati ma molro lo ntani
dalla pratica religiosa.
"Nel frattempo erano giunre le Fi-
1970. Don Sanchez e diventato vescovo, e la genie in festa lo act:oglie con la banda.
glie di Maria Ausiliatrice, che ci fu-
rono e ci sono tuttora cli validissimo
e insosLilllibile aiuto. Si potè prende-
re la responsabilità di altre parrocchie,
(inchè nel dicembre del '64 la Santa
Sede staccò il territorio dei Mi.xes dal-
la diocesi di Tehuantepec, e lo costitul
in "Prelatura" affidandola ai Sale-
siani».
Il primo vescovo deUa nuova Prela-
tura fu lui, mons. Braulio Sanchez.
Ora tra i Mixes lavorano 17 sale-
siani, 16 FMA, 15 suore di altre con-
gregazioni e 5 Cooperatrici in servi-
iio volontario. Tutti solidali, in 8 cen-
tri parrocchiali, per fronteggiare i nu-
merosi nemici dei Mixes: l'isolamen-
to, la miseria, le malattie, l'ignoranza,
lo sfruttamento, le rivalità, l'alcooli-
smo, la superstizione...
Non si conosce l'asfalto
La causa pr ima dell'isola111cnro dei
Mixes è la mancanza di strade. Lassù
non si conosce l'asfal to. Gli indigeni
camminano per sentieri stretti, sinuo-
si, rapidi, che si inerpicano dai .300
ai 3..300 metri di alte7.za. Le ferrovie
passano molro lontano... L'unica stra-
da in terra battuta, costruita dal go-
verno, nel L964 allacciava Oaxaca con
Ayut!a, ora raggiunge al rri due ccnrri
di qualche importanza. Di più, per
ora, non c'è e non si può fare.
La povertà abita in rurre le case,
come un membro di famiglia. Le case
sono quasi rune in fango cotto; le mi-
gliori in piena e rronchi d'albem. Al-
l'interno c'è un'unica stanza, senza fi-
nestre, buia, spesso maleodorante, de-
stinata a rutti gli usi: cucina, sala da
pranzo, camera da letta, soggiorno e
perfino granaio. I Mixes siedono su
::eppi d'albero squadrati e ripuliti, e
dormono su sruoie di paglia intreccia-
ta. Non c'è un tavolo per il pranzo.
Ci sono ancora gruppi che per nutrirsi
siedono per cena in circolo e attin-
gono a un unico piarto comune.
La base della loro alimentazione è
costitu ita dal granoturco, che coltiva-
no. con sistemi primitivi da cent.i.na.ia
e centinaia di anni. Ma il prodotto non
è mai sufficiente per arrivare al rac-
colro dell'anno successivo, e occorre
sfamarsi con le radici dei boschi. Man-
giano soprattutto la tortilla, focaccia
di polenta cotLa e lasciata indurire.
Indossano vestiti rattoppati fino ai li-
miti della tenuta. (I missionari hannc
racimolaro e distribuito migl iaia di
capi di vestiario, nuovo e usato, scar·
pe, giocattoli per i bambini).
La scarsa alimentazione e l'igiene
approssimativa causano frequenti ma-
lattie. Un bambino su due muore nel
primo anno di vita, e anche durante
l'infanzia la percentuale d i mortalità 25

3.6 Page 26

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è altissima. In un paese che conta un
centinaio di famiglie, la scaclarrina in
una sola apparizione ha falciato 150
bambini. Sono frequenti l'infezione in-
resrinale, la dissenteria, l'anemia, la
tubercolosi. In tutta la zona c'è un me-
dico solo. Salesiani e suore hanno aper-
to i primi quattro dispensari, presta-
no cure, e a chi non può pagare distri-
buiscono medicine gratuitamente.
La mancanza di istruzione è impres-
sionante. Il 95% della popolazione è
analfabeta. Parla una lingua primitiva,
difficile, senza scrittura. Questa lingua
Mixe si fraziona poi in dial,etti molto
differenti fra loro, al punto che gli abi-
tanti di paesi vicini stentano a com-
prendersi. Appena un Mixe su cinque
sa parlare lo spagnolo. I pochi che fre-
quentano le scuole primarie preferisco-
no andare poi nelle grandi città. Sono
i migliori, e se ne vanno.
I nomi delle mon-
tagne fra i Mixes,
se terminano con la
desinenza -tepec, in-
dicauo che sono abi-
tati dall'uomo; se
terminano in -tepell
allora so.no abitati
solo dagli... spiriti.
Ma ora sulle alture
dei Mixes comincia
a prendere posto
anche la croce di
Cristo.
I campi esigono
le fragili braccia dei bambinJ
Il governo da anni cerca di raddriz-
zare la situazione. Ha già creato una
piccola scuola secondaria. Le scuole
elementari che ha aperto, però, sono
poco frequentate, perché distanti dai
numerosissimi piccoli centri abitati, e
perché i lavori nei campi esigono il
contributo anche delle fragili braccia
infantili. E non sempre gli insegnanti
sono nella possibilità di svolgere bene
il loro compito: in un grosso centro
una maestra deve badare a duecento
allievi. Gli scolari poi sono guardati
con sospetto dagli altri, perché sono
i privilegiati a cui è concesso il « lusso
di perdere tempo nella scuola ».
I Salesiani e le Figlie di Maria Ausi-
liatrice hanno aperto tre scuole, ma
sono gocce nel mare. « La nostra opera
più imporrante - dice il vescovo -
è l' "Istituto per il miglioramento del-
le comunità indigene": in esso stiamo
formando adulti, giovani e ragazzi, per
la promozione umana della regione. Vi
manteniamo 40 interni. Con questa
nostra scuola "intensiva" non voglia-
mo assolutamente annullare la cuJtu-
ra originaria dei Mixes. Essa, pur nel
suo decadimento, esalta valori umani
autentici, che la nostra cultura tecni-
ciz-.lata purtroppo sta perdendo. Noi
riteniamo valida questa cultura nativa,
e ci preoccupiamo perché gli indios
non solo conservino l'uso della loro
lingua, ma imparino anche a scri-
verla».
Sulla schiena il fagotto
dell'ultimo nato
Le donne Mixe, tenute in condizio-
ne di inferiorirà, si addossano le faci-
26 che più pesanti in casa e nei campi.
Sgobbano dal mattino alla sera, portan•
dosi sulla schiena iJ fagotto vivo del-
l'ultimo nato. Le Figlie di Maria Ausi-
liatrice hanno già aperto due asili per
questi bambini.
La rerra coltivata dai Mixes è in•
grata, irta di pendii scoscesi, e palu-
dosa Jà dove diventa piana. Per ren-
dere pìù ricco il raccolto, incendiano
una parte di foresta e sul terreno libe-
rato seminano il mais. Ma, distrutto
così il bosco, i fianchi delle montagne
non reggono all'erosione delle piogge,
e spesso le frane ingoiano il raccolto.
In qualche valle più fertile cresce il
caffé, ma non sempre sono i Mixes a
godere del raccolto. Bisognosi di tutto,
portano i loro prodotti d~i campi lon-
tani fin sulla strada, dove di tanto in
tamo passano commercianti disonesti
che acquistano a prezzi irrisori, o pra-
ùcano scambi che sono .rapine: un chi-
lo di caffé, per un pezzo di sapone.
Quando risiedevano ancora tra i
Mixcs i primi missionari Domenicani,
essi svilupparono anche una vera assi-
stenza sociale. Con la loro espulsione,
i Mixes si sono rrovari abbandonati a
se stessi. I quattro sacerdoti che lavo-
ravano prima dell'arri,ro dei Salesiani,
si prodigavano al massimo: si arram-
picavano per i ripidi sentieri della zo-
na cercando di raggiungere il maggior
numero di indigeni possibile, ma non
potevano arrivare n Lutti. Dovevano
limitarsi a battezzare in massa adulti
e bambini.
Rivalità che separano
più dei crepacci
Ora i Salesiani hanno riattivato l'as-
sistenza sociale. Hanno aperto un.a
« Cooperativa di distribuzione e con-
sumo » che rende possibili gli scambi
in condizioni giuste. Le suore hanno
aperto due scuole di cucico frequen-
tate da duecento donne. Nei « Centri
sociali >> i Salesiani cercano di incana-
lare le forze esuberanti dei giovani e
degli adulti.
Purtroppo tra i Nlixes esistono riva-
lità profonde, a volte secolari, che se-
parano i paesi rnolro più che i crepacci
dei burroni. Ancor oggi si accendono
battaglie e scontri mortali, si tendono
agguati. C'è un paese in cui gli abitan-
ti non osano più coltivare una buona
parte dei loro campi perché nel recar-
visi debbono passare in rerritorio « ne-
mico», e quindi rischiano la vita. An-
che per andare al mercato dovrebbero
passare per il paese ostile, e allora at-
tendono che arrivi in paese il commer-
ciante (il quale, in compenso della fa-
tica supplementare, impone prezzi an-

3.7 Page 27

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cor più da mozzino). G li abitanti di
un altro paese un giorno hanno avvi-
sato bruscamente il missionario: se
continuerà a visitare il paese vicino,
loro nem ico, gli chiuderanno le porte
in faccia. E' un lavoro urgente e dram-
matico persuadere i Mixes che tutto
q uesto li porta alla rovina, li disgrega
fino a farne non più un popolo ma una
massa da sfruttare.
Alcool e comunismo
Come tama povera gente di questo
mondo, per sopportare una vira insop-
portabile i Mixes si storcliscono con
l'alcool. L'acquavite del luogo viene
chiamata Mezcal. Ogni circostanza, al-
legra o tris te, è un'occasione buona
per berci su. Bevono perché fa caldo
o perché fa freddo, perché è giorno di
festa e perché è giorno di lavoro. Non
considerano un vizio l'ubriachezza, ma
un bisogno, un'abitudine che rende
più leggera la vita. L'alcool, com'è
normale, provoca risse e coltellate, a
lungo andare riduce gli adulri in esseri
svuotati di vigore, e incide pure disa•
strosamente sulla salute dei bambini.
Ma mol ti Mixes non possono più farne
a meno.
Simili gravi condizioni di sottosvilup-
po sono un ambiente ideale per una
diffusione esplosiva di comunismo. E
infaui questa domina che fa leva sul-
l'odio degli sfrunari contro gli sfrut-
tatori sra mettendo salde radici nei
punti chiave, come nella scuola. Molti
insegnanti inviati dal governo sono
marxisti, e non ne fanno mistero. So-
no atei e puniscono gli allievi che van-
no in thiesa. I genitori o sono Lrop-
po timorosi per reagire, o approvano
l'opera degli insegnami. Un missiona-
rio, entraro in un grosso paese per
predicarvi la « missione » trovò sui
muri manifesti e cartelloni con scritte
contro la Chiesa (autori erano alcuni
giovanolli del paese, reduci da un
« istituto di formazione marxista >>).
Aspergono i campi con il sangue
Un cristianesimo autentico vissuro
a rulli i live11i - religioso, morale,
sociale, economico - è l'unica strada
che possa resriruire rapidamente ai
Mixes i valori umani a cui hanno di-
ritto, senza correre pericolose avven-
ture. Purtroppo il loro ,atruale cristia-
nesimo, dopo se-coli di decadenza, si è
involuto verso forme di supersLizione.
I Mixes pregano davanti alle pie-
tre, nelle grone, sono sfruttati da stre-
goni senza scrupoli. Prima di seminare
aspergono i campi col sangue di pulci-
ni. SacriEicano tacchini e galline sulle
cime dei momi, nei cimiteri e, di na-
scosto dal missionario, nelle stesse
chiese. Pregano e si confessano a voce
alta davanti alle statue dei santi. Al-
le statue portano anche offerte: uova,
pannocthie di granoturco.
Parte integrante della loro religio-
sità, che è senza dubbio sincera e in-
tensa, è la musica. A ogni solennità o
funzione particolare non manca la ban-
da, che suona a tutte le ore del gior-
no e della none. I Mixes hanno una
naturale predisposizione per la musi-
ca e il canro, che gustano moltissimo.
Tutro il Messico salesiano è impe-
gnaro neU'aiurare i missionari che tra
questo popolo lavorano in una vera
zona di frontiera. « Ringraziando il
Signore - ha affermato il vescovo
mons. Sanchez - il lavoro che si è
svolto finora è stato notevole. Nel
campo religioso si è dato impulso al-
l'insegnamento catechistico, con l'aiuto
di buoni interpreti e di moderni sus-
sidi. E' stata curata e incoraggiata la
partecipazione del popolo ai sacramen-
ti, specialmente alla messa. Abbiamo
già organizzaro parecchie « missioni»
nei paesi abbandonati, con la collabo-
razione di studenti di teologia, che
destinano a questo scopo pastorale il
periodo delle vacanze. Ogni anno si
tengono corsi di specializzazione per
catechisti e catechiste parrocchiali.
Questi « catechisti » si rivelano sem-
pre più necessari: nei villaggi dove
manci1 il sacerdote, essi alla domenica
radunano i fedeli per la celebrazione
della Parola. con lerrure bibliche, can-
ri, omelie.
« In campo sociale siamo molto atti-
vi per venire incontro alle necessità
più urgenti dei Mixes. La nostra atti-
vità va da i dispensari medici alla
"Cooperativa di distribuz,ione e scam-
bi", dalle associazioni sporrive alla co-
struzione di strade e ai "corsi di eco-
nomia domestica" per le donne».
Tlahuilollepec, J• gennaio 1975. Cambio delle autorità c ivili del villaggio. Ogni c it-
tadino può essere eletto aUe varie cariche. Cerimonie come questa avvengono
o_gni anno in tutti i villaggi: a poco a poco i Ml.xes si aprono alla vita sociale.
Formare le guide
di questo popolo
« Ma il progetto su cui più faccia-
mo affidamento è l' "Istituto per il mi-
glioramento delle comunità indigene».
Vogliamo che diventi una fucina di
lcaders. di promotori sociali. 1 giova-
ni vengono scelti tra i migliori dei
villaggi, e ricevono tre a.noi cli scuola.
Ci sforziamo di dare loro anche un'in-
tensa formazione cristiana, oltreché rec-
nic:i, e la nostra segreta speranza è the
tra loro possa sorgere qualche vocazio-
ne religiosa e sacerdotale. Saranno la
guida di questo popolo ,,.
Centomila M ixes, partiri cl.il !onta•
no Perù in cerca delle venri clivinirà
del monte Zempoaltépeù, hanno smar-
riro nella notte dei tempi l'antica fie-
rezza. Sapranno i giovani della loro
ulrima generazione guidarli verso una
,, nuova frontiera,, di dignità e di pro-
gresso? Con loro, dalla loro parre,
stanno i missionari di Don Bosco.
TERESIO Bosco 27

3.8 Page 28

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NELMDNDO
SALESIANO
IL MITRA SI E'
TRASFORMATO IN PENNELLO
Luciano Lutring. soprannominato li
solista del mitra • e attualmente in car-
cere per scontare una condanna. nel
gennaio scorso ha esposto presso la
Galleria d'arte Tasso di Bergamo alcu-
ni quadri composti in cella. con I'inten-
zione di devolvere una parte del rica-
vato dalle vendite a favore dei bam-
bini di una missione salesiana.
Lutrlng, che non ha potuto essere
presente alla • vernice • della sua per-
sonale. è stato present ato da un altro
personaggio divenuto famoso in car-
cere. il poeta e ora libraio A lfredo
Bonazzi, da tempo tornato in libertà.
Bonazzi ha accomunato le due sofferte
esperienze di espiazione, e ha aggiun·
to: • Lutring non è più l'uomo di peri-
feria abituato a spostarsi con un mitra
nella custodia di violino. Lutring die-
tro le sbarre ha saputo reagire con una
forza d'animo e un coraggio che hanno
cancellato la disperazione. E il mitra
si e trasformato in pennello •. I suoi
quadri risultano dipinti con • pennel-
late a tinte forti. cariche di rabb ia, ma
anche di profonda dolcezza •.
La decisione di aiutare una missione
salesiana è stata presa da Lutring
dopo una conversazione con il salesia-
no laico Dante Dossi , che è assistente
volontario nelle carceri italiane. Alla
vernice erano presenti oltre a Dossi
anche l'Ispettore salesiano don Angelo
Viganò e l i Vescovo di Bergamo. i bam-
bini che ricaveranno vantaggio dal-
l'iniziativa sono quelli della parroc-
chia povera di Maliapota [India), retta
da padre Giulio Matteucci.
COME FU CHE TOM CONNOR
NON PRESENTO' LE DIMISSIONI
IL " NOSTRO » VILLAGGIO
Era rimasto senza parole per lo stu-
pore. Chiamato al campo di rugby sul
quale durante quindici e più anni aveva
istruito e allenato tanti ragazzi, s'era
accorto d'improvviso che si stava sco-
prendo solennemente una placca di de-
dicazione. e che la dedica del campo
riguardava lui in persona.
Sulla placca era scritto proprio cosl :
Campo sportivo Thomas Connor •·
E sotto. più in piccolo, la motivazione:
In pegno di sincero apprezzamento
e imperitura gratitudine a un uomo che
ha consacrato tanti anni a preparare
i giovani nello sport, nella sportività
e nella formazione del carattere ».
Dopo la cerimonia e passato lo stu-
pore, Tom fu udito mormorare: Ave-
vo appena finito di scrivere la mia let-
tera di dimissioni. ma ora penso che
dovrò stracciarla e continuare il mio
lavoro per almeno altri quindici anni •.
Certo è che ì salesiani della scuola
di Tampa [Florida, Stati Uniti) la sua
lettera di dimissioni non l'hanno anco-
ra ricevuta.
A Ivrea lo chiamano • il nostro villaggio •. Il suo nome, conosciuto in verita SUORE MALATE DI LEBBRA
solo da poca gente dalle parti di Shlllong (Meghalaya, India), è' Shampung.
Fino a qualche tempo fa i missionari non vi potevano entrare: i • sacrifica-
tori • della relfgione animista non li volevano. Ma nel villaggio non c'erano
scuole, né luce. acqua potabile, avvenire. E le malattie infierivano. Cosi
un giorno il consiglio del villaggio • chiamò il missionari o (don Ugo Turco,
che lavora vicino a Raliang). e l'intesa fu presto raggiunta. Anche con Il
sacrificatore [egli sorprese il missionario in mezio ai ragazzi. rimase un atti-
mo assorto, poi disse: ~ So che vieni per Il loro bene. Tra me e te si cerchi
sempre l'amicizia! •l.
Ora nel villaggio c'è una capanna con la scuola, e don Ugo sta costruendo
li dispensario per curare i malati. Occorreva la somma di un milione e mezzo.
ma gli Exallievl del • Cagliero • di Ivrea si sono impegnati a raccoglierla. I ra-
gazzi del collegio si sono uniti a loro, e la somma è venuta fuori.
La foto presenta don Ugo con i ragazzi di un al tro vlllaggio già evoluto: ma
presto giungeranno anche le foto con il nuovo dispensario del villaggio di
Shampung, che a Ivrea exallievi e ragazzi ch,amano • nostro ·
L'Istituto • Figlie dei Sacri Cuori
fondato nel lazzaretto di Agua de Dios
in Colombia dal salesiano don Luigi
Variara, è l'unica congregazione rel i-
giosa al mondo che accolga come suo-
re anche le malate di lebbra.
La superiora, madre Rosa lnés Bal-
di6n Rinc6n. in una sosta a Roma ha
spiegato questa particolarità del suo
Istituto,
In questo momento abbiamo suore
colpite dalla lebbra, che sono venute
nella nostra Congregazione da altri isti-
tuti proprio per motivo della salute.
Per esempio la direttrice della casa di
Betania, che è la nostra "casa madre"
28 L - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - ~ ad Agua de Dios. Non poteva conti-

3.9 Page 29

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EDITORI A CONVEGNO
Gli editori salesiani d'Europa e Sta-
ti Uniti si sono incontrati nel gen-
naio scorso a Roma, per interrogarsi
sulla loro missione nella Chiesa.
Hanno riconosciuto in linea di prin-
cipio che l'editoria salesiana è a
servizio della missione giovanile e
popolare. E hanno studiato In con-
creto le forme più idonee di colla-
borazione su piano nazionale e in-
ternazionale. Particolare attenzione
hanno dedicato alle lìbrerie. e al
sempre più rilevante settore degli
audiovisivi (filmine, dischi, fono e
video-cassette, fi lmsJ .
Nel corso dell'incontro non si poté
non ricordare Don Bosco che apri
la sua prima libreria già nel 1864,
e che scrisse del libro: « lo non
esito a chiamare divino questo mez-
zo, poichè Dio stesso se ne giovò
a rigenerazione dell'uomo•. E s1
ricordo pure il rimprovero tagliente
rivo lto non molto tempo fa da un
•compagno ai cristiani· Voi dite
che sono le idee che governano il
mondo, e poi non le diffondete. Voi
diffondete latte In polvere ai poveri,
noi invece idee • ...
(Nella foto il dott. Pivano. direttore
generale della SEI di Torino)
nuare a far vita di comunità per causa
del suo male contagioso, e è venuta
da noi. Ha fatto il noviziato per' adat-
tarsi alla nuova vita. e oggi vive felice
del suo apostolato di dolore e di carità
verso gli altri.
Sono 45 le suore del nostro Istituto
colpite dalla lebbra. Per un primo pe-
riodo, quando vengono, provano se il
"carisma vittimale" delle "Figlie dei
Sacri Cuori" fa per loro (in caso con-
trario, possono rimanere ugualmente
con noi. ma come laiche non consa-
crate). Se sono accettate, realizzano
il loro ideale religioso come le altre
suore non malate, vivendo in comu-
nità e facendo apostolato. Le teniamo
nelle sei opere che abbiamo in Agua
de Oios, dove lavorano visitando le fa.
mlglie e aiutando In parrocchia, secon-
do le loro possibilita •. (ANSJ
« PUF " NON RISPONDE PIU
PER LE RIME
Il 5 dicembre scorso è scomparso
il dott. Ugo Piazza. il popolare poeta
che tanti hanno conosciuto attraverso
le sue rime firmate • Puf • e apparse
per uno spazio di cinquant'anni sul-
l'Osservatore della Domenica.
Era exallievo dell'oratorio di Faenza,
e conservò per tutta la vit a la gioia
caratteristica di Don Bosco. Nato il
1906, durante gli studi universitari di
medicina a Roma fu entusiasta ade-
rente alla Fuci e trovò nell'allora mons.
Montinl l'invidiabile guida spirituale.
Ancora studente pubblicò il volume
L'uomo in rima "· in cui l'intera ana-
tomia umana era illustrata in versi (e
vari altri libri fortunati scriverà In se-
guito).
Si laureò con specializzazione in der-
matologia, ed esercitò la professione
anche presso la direzione dei servizi
sanitari della Città del Vaticano. Spo-
sato. ebbe sei figli. Fu giornalista, e
direttore dell'Osservat ore della Dome-
nica fino al 1946. E fu simpatico poeta:
con una vena d'umorismo garbato, che
portava bonariamente a sorridere di
sé prima che degli altri. Quando
Paolo VI partiva per i suol viaggi , egli
c01·reva ali 'aeroporto e ne l salutare il
suo antico maestro di spirito gli con-
segnava un piccolo rotolo di perga-
mena, legata con un nastro di seta:
era una poesia sul viaggio stesso, che
il Papa avrebbe letto per suo sollìevo
durante il volo.
SCUOLA MEDIA INTITOLATA
A SALVO D'ACQUISTO
A Parma la Scuola Media statàle di
via Raimondl 8 è stata intitolata al-
l'exallievo salesiano Salvo D'Acquisto,
medaglia d'oro al valore militare.
La decisione è stata presa dal col-
legio dei docenti nella riunione del 21
gennaio 1976. Quattro proposte di inti-
tolazione erano state avanzate. riguar-
danti i nomi di Salvador Allende, Gior-
dano Cavestro. don Lorenzo Milani e
appunto l'exallievo Salvo. proponenti
illustrarono nella riunione il curriculum
vitae del proprio candidato, sottoI1-
neando i motivi della loro proposta:
poi si passò a votare per appello nomi-
nale. Salvo D'Acquisto ha vinto a ina-
ni basse •, ottenendo 30 voti su 44.
A proporre la candidatura dell 'exal-
lievo salesiano, e a i llustrarlo in modo
efficace ai docenti , è stato il Preside
della scuola prof. Sergio Zanardi, an-
ch'egli exalllevo salesiano. Egli nel co•
municare alla nostra redazione la noti-
zia ha precisato di aver attinto l'idea
della proposta d 'intitolare la scuola
proprio dal Bollettino Salesiano, che
nel giugno scorso aveva dedicato a
Salvo D'Acquisto un lungo articolo.
~LIBRI
« IDEE » E « M ODELLI »
Due collane per i Cooperatori
Conoscere, promuovere, animare e
corresponsabilizzare i Cooperatori Sa-
lesiani : è questo l'invito rivolto dal
Rettor Maggiore alla Famiglia Salesia-
na per il 1976, anno che ricorda Il cen-
tenario della nascita dei Cooperatori
.::ome associazione organizzata. Ed ecco
uscire due collane di opuscoli tasca-
bi li, come sussidi pratici per raggiun-
gere tutte quelle finalit à. Opuscoli agili
(sulle 30 pagine). e di facile uso.
La Collana Idee - di cui sono usciti
I primi opuscoli - raccoglie tra l'altro
documenti presentati alla Settimana
di studio sulla formazione del Coope•
ratore • svoltasi a Roma nel novem•
bre 1974. Ecco i primi titoli già usciti
1. Commento alla Strenna 1976. Te-
sti di don Luigi Ricceri e don Giovanni
Raineri.
2. La Famiglia Salesiana, di don Gio-
vanni Raineri. Presentazione di questa
• realtà " a cui Don Bosco diede vita,
e che il Capitolo Generale salesiano
del 1971 ha riscoperto e rilanciato.
3. Dimensione secolare dello spirito
salesiano, di Mario Midali. Vengono
delineate le caratteristiche dello stile
di vita, preghiera e lavoro del Coope-
ratore.
4. La vita spirituale del Cooperatore
oggi, di Joseph Aubry. Il Cooperat ore
è animato nella sua azione dallo Spi-
rito Santo, che gli concede i doni par·
ticolarl occorrenti per operare come
Cooperatore nel mondo.
5. Paolo VI ci aiuta a riflettere sul
tema del Congresso. Il Congresso di
cui si parla è quello del Centenario
dei Cooperatori. che si svolgerà nel
novembre 1976 a Roma (tema: Impe-
gno del Coadiutore nella famig lia. nel-
la chiesa, nella società •J. L'opuscolo
è una lettura , in chiave congressuale
dell'esortazione apostolica • Evangelii
Nuntiandi
L'altra serie di opuscoli, la Collana
Modelli, porta la testimonianza vissuta
di alcuni Cooperat ori. Essi apparten-
gono alle più diverse categorie sociali,
quasi a dimostare che qualunque bat-
tezzato chiamato da Cristo a operare
con lo spirito di Don Bosco può rea-
lizzarsi in modo compiuto nella Fami-
glia Salesiana.
Sono previsti, per cominciare, I pro•
fili di un professore universitario
(Giuseppe Toniolo) e di una donna di
servizio (Maria Casella) , di un gio-
vane operaio sindacalista (Bartolomé
Marquez) e di un maturo sacerdote
diocesano (don Antonio Bianco), di
una nobildonna (Dorotea de Chopi-
tea) e di un'inferma ( Alexandrina
Da Costa).
Questi opuscoli in edizione extra-
commerciala vanno richiesti presso i
Delegati dei Cooperatori salesiani.
29

3.10 Page 30

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NELMDNDO
RICCARDO E SILVANA
In gennaio sedici Giovani Coopera•
tori si sono riuniti a Castelgandolfo
per studiare un progetto di partecipa-
zione all'attività missionaria salesiane.
Hanno ascoltato la testimonianza viva
di Riccardo e Silvana, giovani sposi
inviati qualche anno fa da • Terra
Nuova a lavorare in Bolivia.
Riccardo. Ho capito che ero chia-
mato da laico nelle missioni a 25 anni.
In gruppo abbiamo tatto il Progetto
Bolivia•, con l'aiuto dell'Ispettore e
direttore salesiano. Si trattava di • Im-
piantare la Chiesa •· Ma il prete dove-
va fare solo la parte spirituale.
Il Missionario laico è sempre un mis-
sionario. Ho cominciato con l'esempio
della fedeltà (un matrimonio regolare
è una grossa eccezione, da quelle par-
ti...) . Vedendo me e mia moglie sem-
pre lpsleme, hanno cominciato a cre-
dere che certe loro situazioni parados-
sali si potevano sanare.
SIivana. La scuola sembrava per ric-
chi, ma tutti i sacerdoti erano Impe-
gnati in opere assistenzlall all'intorno.
SALESIANO
Per alleggerire uno di essi mi sono but-
tata nel • Club delle mamme •. Ho Im-
piegato tre mesi per capire la loro men-
talità. Ad esempio non sanno ammini-
strare: spendono in un giorno quello
che basterebbe per quindici. Ml sono
proposta di educarle al risparmio, inve-
ce di chiedere In prestito alla Coope•
rativa: è più dignitoso.
Ho cominciato con riunire ottanta
donne ogni lunedl, poi tre volte alla
settimana, e ora ogni giorno. Vengono.
Cucito, maglieria, eccetera. Ho dovuto
Imparare lo per Insegnare. E sto con
loro a tempo pieno.
Ancora Riccardo. Bisogna mettersi
al loro llvello, ascoltare molto. sper-
sonallzzarsl. Ricordo l'esempio di pa•
dre Bolla tra gli Shuar (sono stato an•
che cinque anni In Ecuador): veste
come loro di stracci. va scalzo. cele-
bra la messe con l'abito dello strego-
ne. E' uno di loro, con in più Cristo.
Bisogna trasferirsi per non meno di
due anni. Dimenticare che si è italiani
o altro. Vivere con loro da poveri e sof-
frire le loro pene. E ti daranno molto:
rassegnazione, spensieratezza, allegria.
CHE NE DIRESTE
SE RIFACCIAMO LA FOTO?
INTERMEDIARIO DEI RAPITI
Riprendendo Informazioni giunte dal-
l'Argentina, il quotidiano milanese
Il Giornale• del 29.1.1976 riferisce
di una triste usanza introdotta in quel
paese che vanta un malinconico pri-
mato nei sequestri di persona: inser•
zioni a pagamento, pubblicate sui gior-
nali sotto forma di • ex voto •, sono
da qualche tempo utilizzate anche dal-
le fam iglie dei sequestrati per comu-
nicare con i rapitori. E non poche di
queste inserzioni riguardano il servo
di Dio Zeffirino Namuncurà. il figlio
del cacico che si santificò alla scuola
del missionari di Don Bosco.
• Il nome di Zefflrlno Namuncurà
- si legge nell"articolo dal titolo • il
santo intermediario dei rapiti • - com-
pare spesso negli annunci a pagamen-
to dei maggiori giornali di Buenos
Aires, Insieme allo Spirito Santo e a
Nostro Signore del miracoli •. A ripro-
va viene presentata una di queste pub-
blicita economiche.
Ceferino Namuncura
EN AGRADECJ M1ElJ\\ 0
S11.RI
Simili insenioni di solito sono pub-
blicate da qualche fedele in ringrazia-
mento C• en agradecimiento •l per
qualche grazia o favore ottenuto: ma
in non pochi oasi - precisa • Il Gior-
nale • - • esse hanno un retroscena
tenebroso. Attraverso il linguaggio de-
gli annunci. le famiglie del molti seque-
strati tengono i rapporti con i seque-
stratori, siano essi fanatici della poli-
tica o delinquenti comuni. Per telefono
I criminali danno istruzioni ai congiunti
del rapiti... ma la risposta in codice è
attesa, di norma. attraverso i giornali
e nelle forma che si è vista •.
L'articolo aggiunge melinconicamen-
te: « Il povero Zeffirino Namuncurà.
che voleva l'amore tra gli uomini, ser-
ve così da postuma copertura alle
abbiette manovre dei rapitori •·
IN FRATERNITA ':Rr'iTIANA
I fedeli della parrocchia salesiana d,
San Vicente (Còrdoba, Argentina) han-
La vecchia foto portava la dicitura • Istituto Salesiano - Macerata •. e una
data: 19 maggio 1929. L'exallievo Brenno Bruscantlnl - colonnello della fi-
nanza e fratello del ben noto cantante lirico Sesto - durante li convegno
exalllévl del 1974 guardò a lungo quel volti di bambini, e poi propose quasi
per scherzo: • Che ne direste se ritroviamo tutti. cl Incontriamo, e ri facciamo
la foto? Risposero: • E' 'na parolai •, ma l'exalllevo Brenno ormai aveva
deciso. Con tenacia senza pari si mise a decifrare i volti, a scrivere., telefo-
nare, scomodare i comuni. le anagrafi. I carabinieri. E riusci a trovare I attuale
indirizzo di 140 compagni di studio. Al successivo convegno del 1975, gli exal-
lievl di quei tempi lontani erano presenti in 104, molti accompagnati da mo-
glie. figli e nipoti. E a 46 anni di distanza, tutti insieme hanno rifatto il gruppo
fotografico.
(Nel riquadro In alto è riportata la foto del 1929).
no vissuto una singolare esperienza di
traternìtà: una domenica di vancanza
tutti insieme in campagna,
Avvisati per tempo, e combinato a
puntino il programma, nella domenica
stabilita si sono recati in più di 170
persone (chi in auto e chi con mezzi
pubblici) al luogo fissato: una zona
verde vicino al fiume Cosquin, con 1an-
to sole e l'acqua fresca. Sul mezzogior-
no la messa con partecipazione più
sentita del solito. poi pranzo sull'erba.
Quindi la partita (naturalmente sposati
contro celibi: 1Oa 3). Poi musica e gio-
30
chi fino a sera.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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LIBAI
CARNEVALE A LA KAFUBU
I giochi sono gli stessi in tutto il mondo, ma qui nello Zaire acquistano una
nota di... colore. E' li -carnevale organizzato a La Kafubu dalle Figlie di Maria
Ausiliatrice, che vi hanno un arrfpio complesso con scuole, oratorio, dispen-
sario medico, orfanotrofio e noviziato.
Conclusione: I parrocchiani di San
Vicente si sono convinti che è bello
stare insieme così, ma che una gior-
nata non basta. E hanno combinato di
ritrovarsi In campeggio estivo, per pas-
sare un po' di ferie in schietta frater-
nità cristiana.
PECCATO CHE SIA UN PRETE
Racconta Rodolfo Arata, sull'Osser-
vatore Romano del 16.2.1976, di un suo
lontano Incontro con un giovane dal
• profilo quasi stecchito che un gior-
no a Torino nei locali della Tipografia
Palatina lo pregò di aiutarlo a correg-
gere delle bozze. Accondiscese: si trat-
tava di uno studio su Kant. Il giovane,
mentre leggeva, di tanto In tanto usci-
va in giudizi taglienti ma appropriati
sul testo, che dimostravano una pre-
parazione smisurata per uno studen-
tello. E Arata gli chiese chi fosse.
•Piero Gobetti •. rispose il quasi ra-
gazzo: era lo scrittore e uomo politico
già famoso allora, che morirà esule
nel 1926 a soli 25 anni dopo aver fon-
dato un paio di giornali e scritto di-
versi libri divenuti famosi.
Meravigliato dell'incontro. Arata si
fece a sua volta aiutare da Gobettl a
correggere le proprie bozze, che ri-
guardavano un suo breve saggio sulla
• Storia d'Italia scritta da Don Bo-
sco. Ancora Gobetti commentava, di-
mostrando questa volta la sua mera-
viglia su quanto leggeva di Don Bo-
sco, e concluse con questo giudizio
che - conoscendo le idee del giovane
Intellettuale - non stupirà troppo:
Un autentico fenomeno. Peccato che
sia un prete •.
UN GRAZIE AL BOLLffilNO
Desidero rendere un pubblico grazie
al • Bollettino Salesiano •, che ricevo
puntualmente da qualche anno.
Quando ancora frequentavo l'Univer-
sità a Roma, una mattina durante l'at-
tesa del treno che avrebbe dovuto con-
durmi nella mia città, sostai per un
po' in raccoglimento nella Chiesa sale-
siana del Sacro Cuore. Nell'andarme-
ne, un'anziana signora mi offrl un opu-
scolo relìgloso e segnò il mio indirizzo
su di un libretto. DI a qualche giorno
ricevetti il primo Bollettino Salesiano.
Nei primi tempi non vi prestai molta
attenzione, ma un giorno in· cui mi sen-
tivo molto depressa e triste (ciò che
mi succedeva spesso), provai a leg-
gerlo e ne trassi un gran sollievo. Da
allora è diventato il mio conforto e la
mia guida.
Ml sono rivolta anch'Io ai vostri San-
ti e in particolar modo a Maria Ausi-
liatrice, ricevendone tanti benefici spi-
rituali e materiali. Senza l'aiuto del
vostro Bollettino sarei sprofondata
sempre più in quel vortice di ango-
scia che mi attanagliava senza respiro
Desidererei che pubblicaste questa
mia, perchè possa essere di incorag-
giamento a tutti coloro che sof-
frono.
Nadia
LIBRI NEL CUORE DEI PROBLEMI
La Casa Editrice SEI di Torino, nel
• documento che raccoglle le sue li-
nee direttive, si era impegnata verso
i lettori a promuovere il senso del-
la responsabllita personale nei riguar-
di della comunità civile entro la qua-
le vive e opera •. Ecco alcuni suoi li-
bri recenti - situati nel cuore dei
problemi d'oggi - che tengono piena•
mente fede a questo impegnativo pro-
gramma.
Ennio Carette, La caduta di Saigon.
SEI 1975, pagg. 218, Lire 3.500.
La lunga agonia di Phnom Penh e di
Saigon. Luoghi, protagonisti ed episo-
di di una guerra crudele, nel lucido
racconto di un corrispondente che ha
visto. Un libro che rende omaggio alla
maggioranza neutralista e civile dei
Vietnam: quella uscita veramente scon-
fitta dalla guerra dei trent'anni.
Guido Quaranta, Onorevoli colleghi.
SEI 1975. Pagg. 154, Lire 3.000.
I personaggi. i riti, i segreti del par-
lamento italiano, nel racconto di un
giornalista parlamentare che ha tra-
scorso più ore della sua vita nelle
due Camere che fuori. La polemica
dell'autore giunge a ricordare ai letto-
ri che i parlamentari in fondo li abbia-
mo eletti noi, e sono come noi Il ab-
biamo voluti.
Roberto Margotta, Ascesa e declino
delle sette sorelle. SEI 1975. Pagg.
240, lire 3.500.
La storia mondiale dei petrolio, con
tutti i retroscena e gli intrighi che
hanno accompagnato l'ascesa e il de-
clino delle sette più importanti SO·
cietà del settore. E la storia del pe-
so preponderante che l'oro nero ha
avuto e continua ad avere sulla sorte
dei popoli, quello italiano incluso.
Gian Luigi Rondi. 7 domande a 49 re-
gisti. SEI 1975. Pagg. 300, Lire 4.000
La parola al regista; il film visto
attraverso gli occhi del suo artefice:
un modo forse più autentico di fare
critica. in un volume che raccoglie ie
interviste di uno dei più validi crit ici
cinematografici d'oggi.
Elisa Calzavara, Enrico Celli. Audiovi•
sivo: attualità e mitologia. SEI 1975.
Pagg. 270, Lire 3.500.
Il volume studia l'educazione di fronte
ai nuovi linguaggi. Si compone di tre
sezioni. Nella prima inquadra il pro-
blema degli audiovisivi; nella seconda
presenta un panorama storico dei di-
versi sistemi per analizzare il conte-
nuto del messaggio audiovisivo, in uso
negli Stati Uniti e In Europa: nella
terza parte affronta questa analisi in
modo specifico, facendo ricorso alle
acquisizioni recenti delle scienze del-
1'uomo.
31

4.2 Page 32

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ERA RITENUTO INGUARIBILE
Il piccolo Raffae•
le di appena due
mesi era stato rico•
verato all'Ospedale
Infantile di Napoli
in cosi gravi condi-
z.ioni che i profes•
sori lo giudicarono
inguaribile e consi•
gliarono di riportar•
lo a casa. lo pensavo all'atroce dolore
della sua mamma. e mi rivolsi con fe-
de alla Madonna Ausiliatrice perché le
risparmiasse quello strazio, e ridonas·
se la salute al piccino. Solo essa po-
teva ottenere quello che la scienza
medica non riusciva a fare. La Vergine
ha esaudito le nostre preghiere, e il
piccolo è andato progressivamente mi-
giorando fino ad acquistare perfetta
salute. Come cooperatrice salesiana
ho voluto segnalare questo tatto per
riconoscenza all'Ausiliatrice.
Portici (Napoli)
FILOMENA FELPO APREA
L'ASSISTENZA DALL'ALTO
Lo scorso agosto mio marito fu In•
vestito da una macchina che procede•
va a forte velocità. Fu ricoverato al•
l'ospedale di Pavia in gravissime con•
dizioni. Eravamo tutti angosciati. Con
fede pregammo Maria Ausiliatrice e
Bosco, e toccammo con mano la loro
assistenza. Poco per volta mio marito
migliorò, e ora. con nostra grande gioia,
sta riprendendosi bene. Vogliamo
esprimere la nostra più viva ricono-
scenza.
Pavia
LUISA BOLDR IGHI e FAMIGLIA
GRAZIE, MARIA AUSILIATRICE!
Mio figlio Giuseppe, di 18 anni, la·
vorava presso Il Cotonificio di Gorizia.
Chiudendo il rubinetto degli acidi, fu
colpito a un occhio da uno spruzzo di
soda caustica. Non ci vide più per di-
versi giorni. I medici restarono per-
plessi sul da fars i, perché l'acido ave-
va colpito la pupilla dell'occhio.
Incominciai una novena a Maria
Ausiliatrice e feci celebrare tre Messe
in suo onore nella chiesa dell'Istituto
Salesiano San Luigi.
Dopo 9 giorni, mio figlio tornò a ca-
sa guarito. lo non so come spiegarmi
la guarigione repentina. Grazie, Maria
Ausiliatrice!
Gorizia
OLGA DI LENAROO ved. COLUSS I
Virginia Prandi (Alba, Cuneo) espri-
me la sua riconoscenza a Maria Ausi-
liatrice e al Santi Salesiani per favori
speciali ottenuti, specie a vantaggio
del figlio camionista.
Antonia Lisciotto (Bolzano) ringrazia
Maria SS. e Don Bosco perché la fig lia
gravemente ferita in un Incidente stra-
dale e ricoverata all 'ospedale In condi-
zioni disperate, ha potuto riprendersi
32 presto e bene.
Teresa Occhetto e figli (S. Giaco-
mo. Cuneo) ringraziano Maria Ausilia-
trice per aver salvato li loro carissime
papà ridotto in pericolo di vita per una
grave caduta.
Gina Bisone e famiglia (Torino) rin-
graziano con devota riconoscenza
Maria Ausiliatrice, Don Bosco e il bea-
to Michele Rua per la protezione
avuta.
Una FMA missionaria in Mozambico
insieme con la sua Comunità ha affi-
dato alla Madonna la soluzione di una
grave difficoltà, ed è stata esaudita.
Di cuore ringrazia per questa e per
tante altre grazie ricevute durante la
vita.
Piera Gaia (Torino) si è rivol ta con
fiducia a Maria Ausiliatrice ed è stata
preservata da un male molto temuto.
Maria Rosa Grimaudo (Alcamo, Tra-
pani) ringrazia la Madonna e san Do•
menico Savio perché il papà ha final-
mente trovato lavoro, e una signora
sua amica, nonostante una gravidanza
tanto disturbata, ha avuto due bellissi-
mi gemel li.
IL MALE NON SI TROVO' PIU'
Colpi ta da un brut-
to malessere, mi
raccomandai con fe-
de a San Giovanni
Bosco e a Don Fi•
lippo Rinaldi. Una
notte, s e n te nd o
atroci dolori, appli-
cai fiduciosa una
reliquia di San Gio-
vanni Bosco sul luogo del male. L'in-
domani fui ricoverata d'urgenza In cli,
nica. Il medico che doveva operarmi,
fatti tutti gli accertamenti, mi disse:
Non trovo più alcun male! Andate a
ringraziare il Santo che avete prega-
to[ •. Lo facciamo di tutto cuore anche
rendendo pubblica questa grazia.
Altofonte (Palermo) MARIA 11(\\ARFIA BRUNO
Mario Oboros/er (Fontane, Cuneo) è
riconoscente a Don Bosco perché Il
figlio camionista ha potuto riprendere
il lavoro dopo tre mesi di ospedale in
seguito a un grave incidente stradale.
Giuseppina Dellantonio (Predazzo,
Trento): Il mio nipotino di cinque
anni è stato investito da una macchina
e ridotto in gravi condizioni. Ho pre-
gato molto la Madonna, san Giovanni
Bosco e san Domenico Savio, il pro-
tettore dei bimbi, e mi hanno esaudita:
il p iccolo ora è completamente gua-
rito •.
LA MAMMA ERA PAGANA
Mio marito e lo
rimanemmo profon-
damente amareggia-
li quando il dotto-
re ci disse che ri-
schiavo di abortire
Ero al sesto mese,
e desideravo tan-
to un figlio, che ml
sentii presa dalla
disperazione. Mio marito allora si recò
dalle Figlie di Maria Ausiliatrice e una
di esse gli consegnò un abitino di San
Domenico Savio perché lo lo portassi.
Dopo l'esame dell 'ostetrica mi sentii
dire che la nascita premat ura sarebbe
avvenuta in serata. E fu cosi: ml
nacque una bambina, ma legata alla
vita da un fllo cosi fragile che fu su-
bito battezzata e deposta nel l'incuba-
trice. Un pediatra nostro amico non ci
nascose le sue preoccupazioni: la pic-
cola sarebbe vissuta non più di tre
giorni, e comunque non sarebbe stata
una creatura normale. E invece, dopo
cinque mesi di ospedale, di cui tre In
incubatrice. abbiamo potuto portarci a
casa la nostra flglìoletta. Sono già tra-
scorsi più di due anni, e tutto lascia
pensare che sarà perfettamente nor-
male.
La Lomma (Za ire)
L S POSADAS
P.S. - La paziente era pagana. col
permesso del marito, il Sacerdote la
battezzò in sala operatoria, pregando
il Signore che le ridonasse la salute
e la gioia di una creatura. Dopo l'even-
to, la signora fu messa al corrente del
fatto. Ne fu content1ssima, e chiese
di essere istruita nella fede. Fece la
sua prima Comunione, volle Il sacra-
mento del matrimonio, e chiamò la sua
bimba Marie Dominique, a ricordo e
riconoscenza della grazia ricevuta.
Le FMA dell'Ospedale di Lubumbashi (Zaire)
« SEI IN CURA
DA SAN DOMENICO SAVIO,.
Mia figlia, madre di tre piccole crea•
ture, a causa del lavoro, della respon-
sabilità e delle preoccupazioni, fu pre-
sa da esaurimento nervoso che in ospe-
dale fu definito • grave •. In quei giorni
io ero lontano. Le scrissi subito: Sta'
traquilla e confida in Dio e nella
Madonna. Pensa che sei in cura da
San Domenico Savio, di cui porti l'abi-
tino•. Infatti, riebbe presto, e ora
le sue condizioni sono discrete. Siamo
certi che Domenico Savio le otterrà la
guarigione completa.
Rho (Milano]
LU IGI VIANELLO
IL NOSTRO DOLORE
EBBE LUCE DI SPERANZA
Il nostro piccolo Stefano di cinque
mesi cadde dal passeggino riportando

4.3 Page 33

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frattura cranica. Portato d'urgenza al-
1'ospedale, I medici riservarono la pro-
gnosi. Trascorsero dieci lunghi giorni.
in cui il nostro dolore ebbe luce di
speranza solo nella fiducia che
San Domenico Savio, invocato con le-
de da tutta la famiglia e dalle FMA,
avrebbe ottenuto da Dio la salvezza
del nostro unico tesoro. E non fummo
delusi. Dopo quei dieci giorni di ango-
scia, in cui temevamo di perderlo o di
averlo minorato per tutta la vita, Ste-
fano cominciò a migliorare. Dopo 15
giorni poté già uscire dall'ospedale,
anche se non ancora del tutto ristabi-
lito. Ma dopo un anno la radiografia
confermò che ormai la ferita era del
tutto rimarginata: la vivacità e l'intel-
ligenza del bambino dimostravano che
la guarigione era perfetta.
Cumiana (Torino)
DANIELA e FRANCO MACARIO
ALTRE MAMME RICONOSCENTI
Sono un'exallieva delle FMA. sposa-
ta da 14 anni e senza figli. Un giorno
la nostra Direttrice mi diede un'imma-
gine di San Domenico Savio, racco-
mandandomi di pregarlo con fede. Un
bel giorno ml accorsi di essere in atte-
sa: e ora sono mamma di un bel bam-
bino che abbiamo messo sotto la sua
protezione.
Clmetta (Treviso)
MARIA e DAVIDE FANTUZ RINO
Ormai non speravo più, e anche il
desiderio di avere una creaturina tut-
ta mia andava scemando. Ma in un
incontro di exallieve delle FMA, la
Direttrice mi diede l'abitino di San Do-
menico Savio, e m'incoraggiò a pre-
garlo con fiducia e Insistenza. Ho avu-
to momenti di trepidazione, ma ora la
piccola Elena forma la gioia del nostro
focolare.
Lazzo Atestlno (Padova)
CLARA GRANELLA
Ho sofferto moltissimo nei mesi pre•
cedenti la maternità. Anche i miei ca-
ri vivevano in ansia, ritenendo impos-
sibile un esito felice. Consigliata da
una mia zia suora, ho pregato incessan-
temente San Domenico Savio, e con
gioia e meraviglia di tutti nacque Ste-
fano, senza intervento chirurgico. Ora
sfamo tutti feli ci.
S. Maria a Colle (Lucca)
EMILIA LAZZARINI e FAMIGLIA
Maria Del/aro/e (Trino vercellese]
ringrazia san Domenico Savio e il beato
Michele Rua per la guarigione del nipo-
tino Michele da grave peritonite.
Santina Borio (Pinerolo, Torino) :
Adempio il mio voto con offerta in
ringraziamento di grazia ricevuta per
Intercessione di san Domenico Savio .
11 PEPE LUIS E' FIGLIO TUO »
Il 28 ottobre 1974
l'autobus che tra-
sportava gli alunni
al la scuola salesia-
na Renaclmlento •
si scontrò con il
treno che entrava In
Ciudad de México.
l i bilancio fu tra-
gico: due morti e
parecchi fe riti. Di essi il più grave era
José Luis: trauma cranico, ~ratture mul-
tiple e gravi , compressione addomina-
le e toracica, contusioni ed escoriazio-
ni varie. I medici assicurarono che non
avrebbe passato la notte. Ma la nonna
del ragazzo alcuni giorni prima aveva
ricevuto un'immagine del beato Don
Rua, e allora si rivolse a lui con que-
ste parole: • Don Rua. Pepe Luis è fi-
glio tuo, perché sono sei anni che stu-
dia dai salesiani. Se è volontà di Dio,
intercedi per lui perché si salvi . Men-
tre il ragazzo dibatteva tra la vita
e la morte, medici e infermieri fecero
l'impossibile per salvarlo. Furono sei
mesi di cure, di interventi, di lotta sen-
za tregua contro la morte. Lentamente.
ma sicuramente il ragazzo si riprese.
Il 2 di aprile poteva tornare al Colle-
gio per riprendere gli studi, camminan-
do con assoluta normalità. Merito dei
bravissimi medici, e grazia del beato
Don Rua invocato con tanta fede.
Ciudad de Mex ico
AGUSTINA PEREZ
VIVERE ANCORA,
PER FARE DEL BENE
Un'improvvisa forma di flebite alla
gamba destra rese necessario il mio
ricovero in ospedale. Avevo febbre alta
e non mi reggevo in piedi. Ma mi so-
steneva la fiducia nel novello beato
Don Michele Rua. Infatti, dopo un me-
se e mezzo di cure, la suora infer-
miera sfasciando la gamba per medi-
carla, la trovò sorprendentemente
bianca e sgonfia. Un miracolo!
esclamò. Accorsero I medici, la Supe-
riora, e constatarono il fatto. Pochi
giorni dopo fui dimessa dal l'ospedale.
Dovetti continuare le cure per molti
mesi, ma finalmente ho potuto ripren-
dere a camminare, sia pure con l'aiuto
di bastoni. Il Signore mi conceda di
vivere ancora per far del be.ne, come
mi hanno insegnato le Figlie di M.A.
nella mia giovinezza.
Vlllarbasse (Tonno] Exal lieva EMMA COLffiO
Maddalena Feo (Valle Lom., Pavia)
• Ho pregato con fede Don Rua che
ml proteggesse in un'occasione per me
estremamente difficile e importante, e
sono stata esaudita. Grazie, Don Rua! ».
Sergio Marchisio (San Mauro Tori-
nese) si è raccomandato al beato
Don Rua per ottenere la guarigione
che stentava a venire dopo una deli-
cata operazione chirurgica, e ne fu pie-
namente esaudito.
Una Suora mìssiariaria del Kenia rin-
grazia il beato Don Rua per averle otte-
nuto una segnalata grazia, tanto desi•
derata.
PENSACI TU !
Una sera mia so-
re lla suora fu col-
pita da emorragia
nasale, che nessun
rimedio valse a fer-
mare. Cercai il me-
dico, non c'era: un
infermiere, nemme-
no. Che fare? Cor-
si a prendere una
immagine con reliquia di Don Andrea
Beltrami e lo pregai con fiducia: ~ Pen-
saci tu! •. Con nostra gioia e sorpresa
il sangue cessò di colpo. Con ri cono-
scenza,
Mlgnanego (Genova) AMABILE BOCCAROO
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Agli Ermdmda - Ama.dei Rina - .'\\nmana Ermi-
nia - Arri"hini 'l'omasina - Aui1tello SahauJrc -
Ruccon Noèmi - .Bnlus \\·ìuorin - Dazzn Giusep-
pina - Bcchaz Angela - Berer:1 Ale$"S:andrm3 -
Bianehi :Vlnrtino Paolinn - Bluné Adelma - Bosa
Anna - Bosco Criiniuna Bracco .i\\larin - Br uco-
Ieri 1\\nton-io - Durgay T'eresq - Buslacchi J\\.1a-
na - Caccinhmza L.uigia .. Carosso Ottavia - Ca-
Stelhno Marghcrlt3 - Castronovo J\\-1ar1a - Cel-
lone Cn..oln - Ccrt!.d2- L.,uigi e Laura - Ch.icchi-
rillo R(>sett:1 - Chìrio Famiglln - Clerici Gild~l
- Colletti An~el:a - Costanzo Nunzia - Cuuz Sre~
foniu - Dcll'Osbel Giord.ano - Ein.\\udi Giovanna
- F~bris Sorelle - Fcrraro qosè - J':'ìmiani M.Uriu
- Fortunato Ersilio - Genovese Gio\\·anni - Grnc-
cardi Pietro - Golinclli Maddalena - Gonella
f\\1:u'iu - Greco Immacolata - Groppo 1\\-brin -
GungliJt.a \\'incenzo - Lcom:mi Raimondo - fA -
eatdH Virginia - ~1acagno Annn v. Gcniudo -
Macsano Antonia - M~,ffcì C<:lesuna - Marengo
Linu • M,is,aro Teresa • Miglio!, Angelo Mi-
1<,ni Qd.,LLe !\\hlli~r, Sal\\"in, Mom<> Luigi
- ~!Ott-.cuco Gianna -- .l\\'uresc ll:1rl.,nrn - ;\\ocotra
Prof. Lia - 01.l\\"ori Emitiu - Otton11..~llo L. ..\\11n1l
. Pucciorini l\\lnri:t - Pace Cnrl.1 • P,,lmo Caro-
lina ... Parodi Lidia - Ptirodi Rma - Pdoncro
Salvatrice - Pizzo M .•'-\\ntonicttu - Polura Dotl.
Leotloldo - Polcui Oiuseppinu l\\.1il:mi • Porct:1-
lona /\\ngiolctt:i: - Puleo Gioart'hino - Ru..nuschio
Leone - Ratro C iulia - Rè,·clli .\\nna - Ricci
Paolu - Rmaldi Belliuo .\\n~d• . Hi,.1lta S,h-ia
- H.oggt'ro Lui"inn - Rosclli Palmu - Sulitdino
Melin~ - St::tnchi Nlaria - ·rirocchi 1\\lbm:t - To-
ndlo An~-c.linu - Tosi Esti:r - Tromellim Frnn-
n1ca - Tunineui t\\1udd-ulcrui - L! rbat\\Ì Nt:rina
... V;1lcns1se ' l"'ina Cavotlièr~ - V~1lern Vittorina
\\. Cardani - Vall..unno Maria - Vallnrsil Domt'!-
nico - Varetro Giovanni - Vcru Carh, - \\'ibt•rti
.;\\1a.ria - Virzi i\\llarin Citt,1thno ... Vu11lt:rmm l.t:on-
tina - Z-:tbò Mnri:. ìn Torti - Z:ipo Ach,llc - 1/.,m-
dron Marco
33

4.4 Page 34

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PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Sac. Luigi Algeri t • Darfo (Brescia) a 84 anni
L'ideale missionario lo pOrtò all'n.spirantato di
Ivrea, e poi in Cile dove fe.ce il noviziato. Ordi-
nato sacerdote, fu oss-egnaco all'incipiente m_is.
sione del Rìo Negro d'Amaz:onia: poi passò in
Colombia e in Venezuela, sempre C()rl l'entusfa.
smo di un pioniere. Di .flnlucc fisica eccez.ionale
fino a 80 anni> dovette poi tornare in patria per
una Conn:i di parnlisi progressiva. Possò gli ut.
timi anni nella C.1sa del Fanciullo• a Oarfo,
sempre nllominto da ragazzi e dn popolani. atti-
rati dal suo carattere gioviale e dallu semphcir.A
fanciullesca con cui rnccoruav:1_ le eccezionali av-
venture dei suoi SO anni di missione. La sua
umiltà gli faceva ntrr1buire sempre aJ ahri le
mjgtiori imprese missionarie, comprese le sue.
Sac. Edoardo Pavaneltl t a Montevideo (Uru-
Jt:Ully) a 59 anni
Fu direttore di liceì e di seminari, parroco e
jspettore. Si oflennò oome strittore. conferenziere
ricercato. e come. guida spintuale specinlmente
di giovani sacerdoti. Fu con.sultore di varie Con-
grègazioni religiose per l'aggiornamento postcon-
ciliare. A Montevideo fondò l'Istituto di Lettere,
Filosofia e Scienze. I s.uoi libri, di ar,:omento
prevalentemente pedagogico, ebbero l:1rga diffu-
sione in America e In Europa. Mente lucida
e colla, sacerdote: esc:rnplare, accettò la morte
prematura come un atto di amore verso il Padre.
Sac. Libero Biondj t o Betlemme (laroele} a
92 anni
Aveva assimilato lo spirito di Don Bosco a Val-
docco. dai salesiani ddlln prima OTa, in partico-
lare da .Don Rua. Nel 191 I parti per il Medio
Oriente, e "'i rimase fino alla morlc... Durmle
la seconda guerra mondiale- dovette sostituire
Jlispettore: nelln curn dei salesiani e delle opere:
con fede e tenacia seppe mantenere: viva l'atti-
vi.ti delle \\'arie case, e farla rifiorire dopo il con-
flitto. Si di.stinse per un.a fedeltà 11ustera ed esi-
gente alla Regola e alle Tradizioni "'11..iane. Tra-
scorreva. lu-nghc ore in adorazione davanti all'Eu-
caristia, e ogni giorno visìtnvo lo Grotta della
Nativ1té del Signor-t:. L'is-pc:1tori.\\ lo ricordu come-
una figur~ di primo piano.
Sac. Francesco Carpené t a P9rdenone a 88 nnni
E' una flgurn che si ag.crhmge alla sc.hiern de.1
nostri. patriarchi: fu tra i primi salesiani mis-
sionari in Inpi.a, a TanJore. Quando In salute
lo costrinse a torn:ln~ in Patria, avvio e anin1ò
diverse Opere salcsjane de.I Veneto. Era uno spi-
rito sempre giovane, che s.apeva c.1mminare con
Don Bosco e Ìn$iC:me comprendere e salutare
con simpatia i tempi nuovi. Cercò con entusia-
smo il volto di Dio ira te altez.ie nlpinc, e scrutò
con amon! il volto di Cristo nella Santa Sindone,
di cui fu nppassionato studioso e divulgatore.
Sac. Mario Dal Pos t • Cochabnmba (Rolh·io)
a 53 anni
Partl giovnnissimo daJl'aspinmtato di Penanfl'0 per
il Sud AmeriC11, e si dedicò totolmente all'edu-
cu1.ionc della giovtntù con perseverante nmore e
paziente comprensione. La serenità inalterabile
nell'esigere IP disciplina e l'amore alla musicn
creavano quel clima in cui tutta la comunità sa-
Jesiana poteva svolgere la sua open cdueintva.
Presenti la mane immo.tura, e la accettò con g·e-
nero,iti, offrendo la su.a vitn o.I Signore pe:r le
m-ani della Vergine, veno cui nutriva un amore
di fanciullo.
Sac. Giuseppe Mancardi t a S:unpìerd:treoa a
61 anni
Ln rnortè lo colst impr0v\\'ÌS11mcntc per la strnda,
mentre stava domandrmdo n un vii;Jile indicazioni
per raggiungere il Co11sol•tO del Cile. Volc<o
rinnovare. il passaporto per tornare in quella che
era dl\\•entata In suu secondR patria. I11futti, vi
uvev:, l:.\\voru10 per più di 40 nnni con cuore. di
Sace-rdotc grnnde e generoso. Nello scuola ornata
e vissuta cm stato fecondo educatore di giovoni
con fre5co spirito salm.iano, fino all'ultimo giorno.
Sac. Armando Alessandrini t n Roma o 69 anni
Lavorò in divt:rse case dull1 fspcnori...l Romana
con zelo e impegno apostolico. Sia nella scuola
come nll'orntorio o tro gli cxo!Hevi s1 preoccuptwn
dtiJla fonn.12.jone cri.$tiaru:1 de.i g:iovn.ni, dimostrando
doti umane e spirito salesinno che suscitavano
simpo.na e confideni:1. La sun v1tt1 si conduse
nt:lln sofferenza della purillcn.zio-ne presso il tem-
pio di Don Bosco a Romu.
Sac. Giovanni Soddu t a Lanusei (1\\"uoro) a
78 anni
Si eru gih laureato in ingegnc.ri:1 al Polirccnico
di Torino, quando decise di farsi salesiano. Si
dedicò con impegno aJl'insegn~~menLO e ;Il mini-
stero sacèrdoralc. I 1rnui s.aHt:mi dcli;, ~ua vita
fu.cono 1:1 seinplicità, In pove-rtù autentica e I' ub-
bidienza lnc.ondi:z:1onat.a, l s.uoi uhnni onn. fu-
rono purificali da una malauia che sepp4! accet..
tare c6n edificante se.rènitò. e abbandono in Dio.
COOPERATORI DEFUNTI
Mons. Giuseppe. Palazzuoll t o Colle di V"I
D'Elsa (Si,;nn) a 90 anni
Arcidiacono della Cattedrale d1 Colle do Val d'Els•
e Pre.la,to Domestico di Swa S.antìtà. fu lrll co-
loro che appresero ad amure i sales-lani e ~d uu-
spic-ame la presenza :,i Colle: di \\ "al d'EJsn iin
dai tempi di mor,11.. l\\tlascru. vesCO\\'O di Colle cd
cxa.llicvo. Pntt'òcinò con mons. Ntccoli lo fonda-
zrnne dell'opera salesuma nella sua città, co;o-
nando la propria vitn nt'll'tmno vcnrieinqut~S•nto
di essa. Fu uno dei primi cooperatori dcll'L"niO'le
nppena questa venne fondnrn :a Collei e non m:11,-
r~wa mai di ricor-dnn: ndl3 !-lua c:arftà le op~re
~aJesiane.
Zaverio Donna t • Poot Canovc$e (Torino) "
66 anni
Li, fede intensamente vissui.a lo rese apo~tolo di~
namico e mohtplitt. Aderì con 1.:ntusiasmo :1t.
l'Az.ionc C'lttolica, sempre in prima 1inen. Parte•
cipò nll'aziont soclult e polit1C.:.\\ con lu fcrm,1
convìniionc C'hc 11 cristiano non ha bisogno di
mutu1.1re dn altre ideologiè In solwdone dei pro-
blemi sociuli. Il cump0 più congenml~ a lui era
lu stampa. ne.Ila cer-tezzo clit! i c-nnolici hanno
bis.ogno di un buon ,:rion1alc primo nncoro di
un edificio sacro. La popolnz1onc gli dimostrò
la sua fiducia eleggendolo o capo de.ll'Ammini-
strazione Comunale, ed egH si spese fino nll'ul-
timo per iJ b..:nc dti concittadini che ama, o come
fFraamteilglHi..uF, udiencruuisiarusrnzedlianDteoncoBopoescraotoered, eslloaprs:-uua-
tutto con il dono dcl figlio Giovanni.
Sac. Archimede Chiapponì t Lo Spezia a
91 anni
Trnscorse la primo parte dello sua vita dedicnn•
dosi con impegno al lavoro e 3Jla fa.miglia. Fu
corrispondente de li Popolo ~. accenondo tUUè
le conseRuenze di una fedtlu\\ as~oluta al par•
tito cattolico. Fu tru i fondatori del gruppo spez-
zino degh cxallievi salesiani (aveva studiato al
• Don Bosco , di Alassio). Rima.sto vedovo, diede
una svolta alla sua vita consacrnndo~i a Dio e
alle anime nel sace.rdoziQ. Fu parroco per- Quasi
dieci annii e i,-1siemc Assistente della Sezione
dìocesana del Centro Nazionnle Anigfanoto, in
un'attività instancnbile, nonosw,nte l'età avanzata.
-Lascia un cs~mpio di courenza cri$tia.nn e di ge-
nerosa a d~ione, nlla volont9. divina.
Nazzarena Maria Slomp ved. De Bortoll t a
Tremo a 85 anni
Dio In ,·olle provnrc ,ogliendole iJ marito e due
figli in nncor giovane età. Ed es$8 risposè do-
n:mdo J;renerosamente il primogenito, Carlo, alla
fmnigli11 di Don Bosco. ~elta $ Un corrispondenz--.1
con lui cominc-ia-.·u sempre cmi: ~ Curo figlio di
S. Giovanni Bosco... •• e chiudeva con te parole:
Sta' ,empce col Si11nore lddin e con I• Ma-
donnn •· Anima ~empli('!e, umile e discreta, illu-
mÌI\\Ò l11 s.ua esistenza con la fede e ls rese fe
tonda con l'amore verso tutti.
Guido Oorigoni t " Civezzano (Trento) • 89 anni
Si imptgnò nella vlta politica con l'afferrna.2.ione
dei \\·alori c ristiuni, e coltivò con particolare amore
la mu~1<:.1. rer molti anni si dedicò 11Jl3 musica
sncna come or_ganisto del locale coro parrocchiale:,
e nnche nlla musica ricrearivn. Apprezzò viva-
mente Don Bosoo e la suo opera, che seguiva
con costante. interesse, e a cui ebbe la gioia di
donare il figlio Don Giulio.
Amabile Roccaro ved. De Franccschi t a Tre-
baseleghe (Padova) a 75 anni
Crebbe in unn fam.igliu in cuì Dio occupava il
pnmo posto, e fu preparata all3 v1t.a con spirllo
sulesiano d:a.tlu vocazione dei fratelli Luigi e Brun.o.
che du molli anr'li luvora.no nell'Amerirn Latina.
010 le concesse ben quindici fijtlÌ, tutti viventi:
di essi, due sono s11lesiani: don Tnrciàio che 1.t-
vora in Egiuo, e don Orazio, che lavora in Tur-
chio; e uno è deoniano1 padre Piero che lovoc-a
in Cambogia trn i lebbrosi. La preghiera fu il
$UO costDntC aiuto specie nelle prove piU dure.
e nescli ultimi anni diventò qunsi conunua, fino
a ctcmnrsi nella visione. di Dio.
Guido Triacca t ad Az2nte (Vorese) n 79 anni
Tra.scorse la vita da trisriano escrnpl.ar~. intes-
s~ndob d1 bontà giov"llllc e tipicamentt a)legra,
di semplicità traspare.nté1 di molto 1avoro. · e di
sodn pietù, ~enza fronzoli. La &mc:iullczza e Ja
giovmczzn passate nella povertà di una famiglia
numerosa lo educurono al gusto delle cose e delle
risorse: conquistate con fatico e sacrificio., come
dono d1 Dio. Amò Don Bosco e fu contento di
donare alla Congrc1r-12ione Snlcsiana un suo figlio.
Anche nell'ultima malnttia, sofferta con profondo
-atteJ:tgfamento cristiano. jnvocava ripetutnmentc
Marin Ausilintrice. Spirò mentre Caceva un am-
pio segno dì Croce, coronando cosi nel seJrno
dell-11 Redenzione unn vita cristinnnmcntc ìnvi-
diabile.
Giacomo Alladio t • Falicctto (Cuneo) a 87 •nni
Era un uomo mitt e pio, fatto di bontù. Dedicò
la vita a.Ho famiglia e a diffondere iJ bene sopnH-
turto con l'esempio. Per molti anni fu ammini-
stratore. dell'Asilo in cui i;volgono la loro opera
le FMA. Negli ultin1i mesi il suo unico dLSpia-
cere era di non poter più frcqutot3re la Parroc•
eh.in come aveva sempre fatto.
I
I
Per quanti ci hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, riconosciuta giuridica-
monte coo D. P. dal 2-9-1971· n. 959 e L.ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con seda in TORINO, avente personalità giuridica par Decreto
13-1-1924 n. 22, posson9 legalmente ricevere Legaci ed Eradicà. Formule legalmente valida sono:
se trattasi d'un legato: «... lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma (oppure all"lstituco Salesiano per le missioni con seda
in Torino) a titolo di legato la somma di lire .••..••.. (oppure) !"immobile sito in ••.•. ».
se trattasi. invece. di nominare erede di 9gni sostanza J°uno o !"altro dei due Enti su indicati:
e ... annullo ogni mia precedente disposiziono testamentaria. Nomino mio erodo universale la Direziona Generale Opere Don Bosco con sede In Roma
(1>ppure !"Istituto Salesiano per lo Missioni con sede In Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo».
34 (luogo II data)
(firma per disteso)

4.5 Page 35

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cura di un sacerdote ex allievo s:ici-
lia.no, fo Ju[fragio dtlla sorella dt/11111<1,
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Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, ptr grazia riteuu.la 1
invocando ancora protèzione e graz,e.,
o èurn di T~ld, Prof. Clelia, Mon-
do,; nreo (CN), L. 150.000.
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il Santo Pàdre, n cura di N.I'\\.,
L. 125.000.
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a curo di N.N., L. 125.000.
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.nel loro primo centenario, a curn
di N.N., L . 125.000.
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gra:::iamtnto t bn:ocan.do ancora rn-
l~rc,srione. di grazie., a cura di Momo
Valentina e Vittorio, L. 100.000.
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ria, in mtmoria t s1iffragio d,' Ermtm-
no, o curo di Mamo Vnlentina e
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Salesiani, in ri'ngra.ziamcmto a Di()
t diitdtruio o.ssist,n;::a t proltr:iont.,
o curo di N.N., 'rorino, L. 100.000.
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B.G•• a favore dellt missioni'. salesiane,
n curo di Mela Don Pietro, Imperia,
L. 100.000.
Borsa: S. Cuore di GcsU, Maria
Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco,
in suffragitJ di Piccine.lii Bat.tistina. ~
di Pulc1'lmo Pa,q,,a/e, n cura di Pul-
crano Anna, Roma, L. 100.000.
Borsa: Cristo Redentore, nel et:n•
ttnorù> delle miuioni saluimrt, a cura
della Parrocchia salesiana di Arbo-
reo (C1\\), L. I00.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Boscot a cura di N ..N., L.
100.000.
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di Boglione Francesco, Torino, L.
63.000.
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sina, L. 60.000.
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vanni Bosco, i,: memorù, dt.lla de-
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miglia l,anaro, Schio (VI), L. 60.000.
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rare g,alril!, a curtt di Viberli-Cerri,
S. Maria, La Morra (CN), K. 55.000.
Bocsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, pr.r grazi.e rzccrvuu,
a cura di lbba Comm. Michele, Neo-
neli (CA), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, i11 n,f-
fragio di Rl!!Jael, e Franuscu Zappi(,
e ù·voc.ando prQu-:;r'ont, a curo di Znp-
pÌll Maria Grazia, Bologno, L. 50.000.
Borsa: Per il centenario delle mis-
sioni salesiane. a cura dei Coope-
ratori Salesi3ni d.t Borgomanero (N0)1
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatr ice. a cura
di Crevacore Rennto, Veruno (NO),
L. 50.000.
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di Forznni Vècchì C,11trina, Borgo-
manero (NO), L. 50.000.
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dei doni natalizi. u cura di l\\'.N.,
L. 50.000.
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br'-ont. Ciuseppt.., a cura del figli, L.
50.000.
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fa,cia cresurt rano t. buauo il mio
tn'potino Antonio Branciforti, a cura
di Randatzo Platania Pina, Cat:mia,
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ca11do antora proteziont sulla mia Ja-
mìglio, a curn di Mignonc Ra.vera
Oiovanna, Sìlvano d'Orba (AL), L.
50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. GiO•
vannl Bosco, in rin,:ra:iamento e m
crociata
ELENCO DI BORSE MISSIONARI E PERVENUTE ALLA DIREZIONE
DEL BOLLETTINO SALESIANO
suffragio dti miei gtnitorì, a curlil di
Basolu Giovannina, Bolotano (N U),
L. 50.000.
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Salesiani, plfr gra.z.ì11 rir.tv11tt. e in-
voca,1do mu:ora protezfont. sulla fa-
miglia, n cura di N.N. Serradif.uko
(CL), L. 50.000.
Borsa: Mada Ausiliatrice, cliitdt11-
do graait portico/ari, n cura dj N.N.,
Co.ciglione Ossola (NO), L. 50.000.
Bot'sa: In mt.moria dt.l 1V/Usio1iario
Salesiollo Padr~ Fra,1e.esco Rnmagmno,
a cura dell• Famiglia Romagnino
Pign0-00, Caglinrl, L. 50.000.
Borsa: In memoria ~ ,uffrogio di
min padn., a cura di Vanocçi Lina,
Lugano (Svizzera}, L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco e Santi
M.lssionari Salesiani, in occasione
dtl centtmario dtllt missioni salesiane,
a cura di Furnari Don, Antonino,
Augusta (SR), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico Savio,
invocando protezioni! p,r la Jami'glia
t la salv.t:..::a de.ltam'ma dei /ammari,
o cura di N.N., L. 50.000.
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Salesiani, per otte,wre tmn grazfo par-
ticola,;, cura di G.P.. L, 50.000.
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va_nni Bosco, pe.r ott,mcre protezione
sulla Diua SA PS, n curn dei Co,·.
Gallici e Soci, Torino, L. 50.000.
Borsa: S. Domenico Savio e Beato
Michele Rua, per attent..rt salute e
prosJurirà p~r la propria fowiçlin,
u cura del C:w. Gnllici Gino, To-
rino, L. 50.000.
Borsa: Don Aug-usto Rossi, a cura
di Roto Oon Luigi, Roma, l,. 50.000.
Borsa: ZefirJno Namuncuri1 per-
chd tomp/eti la grazia, n curn di Sr.
M:trio Combn F.M.A., 1.. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per grtJ~ia ritevuta,
a cura del Do,L. Carmr.ti Lorenzo,
L. 50.000.
Borsa: Santi Salesiani, per otté11•rt
prouziout. su/1<1 propria fomigUa, a
curo dei Coniugi Carntti, L. 50.000.
Borsa: Laura Vicuna, invocando sa-
lute e pace su.lle nostre erue, a cura
de.i Coniue-i Caglied Angioletta e Al-
berto, L. 50,000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Do-
menico Savio, p~r grozie ricevute t
pu i1ivcx:arne ancora srllla Jmm'glia,
a cura di N.N., Santena (TO), L.
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Clerico Giuseppe, Torino, L. 50,000.
Borsa: S. Gio·vanni Bosco, brvO•
candom:. prot~ione, n curo. di N.N.,
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vanni Bosco. n cur.1 di Maro Giu-
seppina, Tronzano (VC), L. 50.000.
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ria e sttf/ragio, a cura della Fumi....
glia Mcnarini, Piossasco ('l'O), L.
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vanni Bosco, a c-ura di N.N., L.
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Ausiliatrice e Don Bosco, a cura
di Oiuchmo Luigi, Torino, L. 50.000.
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gogno-Olivieri, a cur-.1 di Borgo-
gno Pierino, Torino, L. 50.000.
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vanni Bosco, Santi Salesiani, pro-
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fragio del/''" al/ltt10 Jng. Bergog/1'0
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ceo Valsalice, Torino, L. 50.000.
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fragio d,11'er allievo Jng. B,rgoglio
Luciano, a cura del Direttore del
Liceo Vnlsalicc, Torino, L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, in suf-
fragio dell',r allievo Jng. B;,gog/io
Luciano, a cura del Direttore del
Liceo Valsalice, Torino, L. 50.000.
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la saluu a mia figlia, a cura di un3
Cooperatrice Ticinese, L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, ottieni'
la 1-aluM a mia figlia, 3. cura di una
Cooperatrice Ticinese, L. 50.000.
Borsa: Maria Immacolata, ottieni
la salute. a mia figlio, a cura di una
Cooperatric.e 1 1icinese, L. S0.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, 011inii
la salute. a mio figlia, a cura di untt
Cooperatrice Ticinese, L. 50.000.
Borsa: Spirito Santo, ottit11i la sa-
lute. n mia fig/,'a, a cum di una Coo-
peratrice Ticinese, L. 50.000.
Borsa: S. Cuore di Gesù, confido
i11 Vai, per la salule di mia figlia,
a cura di una CooperstrlCe Ticinese,
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per oue.ne.ra protezione
mlw famiglia, a cura di Dompé Mar-
gherita, Trinità {CN), L. 50.000.
Borsa: Coad. Mantarro Santi, mis•
sionario in India, a cura. di An-
gello Antonino, Ctltanissctta, L.
50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento per
be.1Utfit-i ricevuti, a cura di Meschiari
Gio\\'anru a Ines, Modena, L. 50.000.
Borsa: Bealo Michele Rua, in suf-
fragio d~lla moglie ,i dti 11(>1mi paur11i
e materni, a cura di Gaetll Prof. Al-
fredo, Lanciano (Cli), L. 50.000.
Borsa: Beato Michele Rua, in su/-
/tagi.o della moglie e dei ·normi patn1ti
t! materni, a cura di Gotta Prof. Al-
frwo, Lanciano (CH), L. 50.000.
Borsa: S. Domenlco Savio, prottg-
gic:i-, a cura dl Avulle PeLronilln, Fnule
(CN), L. 50.000.
Borsa: Don Bosco e Don Rua, in-
voeando la loro prote.zi'.oni, a cura
della Famiglia Gabrielli, Torino, L.
50,000.
Borsa: Don Bosco e• Don Rua, in-
vocmulo la loro protezione. a cura
della Famiglia Gobrielli, Torino, L.
50.000.
Borsa: Per il centenario delle mis-
sioni salesiane, a curo dei Coope-
ratori Salesiani del Cairo (Egino),
L . 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, i11 rnffrogio dti d_efunti e
prQtezione dei t;ivi, a cura di Asvad
l·Ienriette, Cairo (Egitto), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesia.ni, a n;jfragio dei d,funti dtlla
famiglia, a cunt di Lucci Maria Cuic•
chi, Chiara,•alle (AN), L. 50.000.
Borsa: Maria Auslllatl'ice e Santi
Salesiani, a s,;ffragio d,/ d,f1111ti dt/1~
famiglia, a cura di Lucci l\\1aria Cuic-
ohi, Chiaravalle (AN), 1.. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Beato
D. Rua, in adempìme11to d;' -J;rtnhesld,
a cura di Comollo Giuseppina. Ver-
oclli, L. 50.000.
Borsa: Maria Auslllalrice, Don Bo-
sco Papa Giovanni, chiedtnda gra-
~ie e benedir:iom, a cura di Rin.nidi
Maria, Cocquio (VA), L . 50.000.
Borsa: Simone Srugl, • cura di
Bottaro Rita, Milano, L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Don Rua, a prott!zio11e dei miei
cori, a cu.r:i di Peloso Argenite, Sona
(VR), L. 50.000.
Borsa: Angioletta Ferrario, a curu
del figlio Don Paolo. L. 50.000.

4.6 Page 36

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