PROTAGONISTI DEL CENTENARIO DELLE MISSIONI
UN GRANDE MISSIONARIO
SCONOSCIUTO:
GIUSEPPE FAGNANO
• Quando si scriverà la storia
delle Missioni Salesiane io cre-
do che Fagnano brillerà come
una delle grandi figure missio-
narie di tutti i tempi. Don Bosco
trasformò in « garibaldino di
Dio » quest'impetuoso garibaldi-
no di...Garibaldi. Aveva per lui
tanta stima che lo raccomandò al
Papa con queste parole: « Mi pa-
re che Fagnano sia il più dotato...
Non sa cosa sia la fatica o la pau-
ra nelle cose difficili... ». Ecco
definita da Don Bosco la prima
metà dello « stile salesiano »
« •.. non sa che cos'è la fatica e
non sa che cos'è la paura! ». L'al-
tra metà il Fagnano ce l'aveva:
era sacerdote tutto d'un pezzo.
Era Uomo di Dio, uomo dell'Amo-
re; dell'Amore fatto non di paro-
le, ma di sacrifici. Era padre
preoccupatissimo dei più biso-
gnosi: gli abbandonati, i perse-
guitati, gli affamati, i poveri ra-
gazzi, le donne sfruttate, gli in-
dios inermi e indifesi. Affronta-
va, è vero, le situazioni a modo
suo, « aUa garibaldina »; ma die-
tro a .quel suo stile c'erano sem-
pre tre cose: una grande Fede;
una visione intelligentissima del-
le cose; un cuore pieno di tene-
rezza cristiana e di lealtà.
Possiamo affermare ch e Fa-
gnano fu il grande interprete del-
lo stile missionario salesiano. Gli
episodi « garibaldini» abbonda-
no nella sua vita. 'Pinot', mar-
mocchio ,di dieci anni, prende il
fucile per difendere la vigna pa-
terna durante la notte. E quando
il solito...cliente fa capolino, Pinot
non ha paura e dice al ladro:
« Che fai nella mia vigna? Vatte-
ne o sparo! ». E siccome l'altro
non vuol andarsene, lui spara. E'
vero che spara in aria perché è
giudizioso, ma fa capire che cer-
te cose lui non le sopporta. Pro-
prio come succederà quarant'an-
ni dopo laggiù neUa Patagonia,
dove i cecchini dei grandi 'estan-
cieros', pagati a suon di sterline,
si dedicavano allo sterminio dei
Tehuelcbes e degli Onas, e arri-
vavano nelle estancias pP-r sc~ri-
care ogni volta dieci, dodici, quin-
dici chiomate teste di indios.
Fagnano li obbligherà a farla fini-
ta utilizzando non solo parole,
ma anche una· grossa pistola.
Oppure quando interverrà con
l'ardimento di un antico profeta,
per minacciare alcune autorità
che pretendevano destinar le don-
ne e le bambine indie dell'Isola
Dawson a certe turpissime atti-
vità.
• Fagnano rivela la sua tempra
ancor prima di partire per le
missioni. L'iniziale banco di pro-
va è il collegio di Lanzo: ancor
chierico innalza, sulle macerie
d'una stamberga, quel grande
Istituto. Più tardi, laggiù a San
Nicolàs sul Paranà, trova un'al-
tra stamberga; e poi c'è l'immen-
so fiume che straripa, c'è tanta
miseria, c'è cattiveria in tanti
cuori e ci sono tante difficoltà.
Lui tutto vede e a tutto provve-
de. E quell'Opera Salesiana è
ancor oggi un vivaio rigoglioso.
Eccolo già nelle steppe. A Pata-
gones costruisce la chiesa, il tea-
tro, l'ospedale e due collegi. Fa
come Don Bosco: costruisce sem-
pre. Poi su su, lungo . le sponde
di quei grossi fiumi, arriva fino
alle Ande, proprio là dove il tan-
to decantato « altruismo » di certi
famosi « pionieri » sì esprimeva
attraverso le stragi premeditate
di poveri indios. Ma quei stermi-
natori trovarono pane per i loro
denti. E per i poveri iodios Fa-
gnano fece sorgere diecine di bel-
le stazioni missionarie trasforma-
te oggi in veri e grossi borghi.
L'epopea di Fagnano culmina
nel Sud. Dio scelse questo pie-
montese dal cuore immenso per-
ché vegliasse l'agonia di quelle
povere tribù condannate all'estin-
z10ne dalla crudeltà dei bianchi.
In quel gelido Sud battuto dai
venti polari Fagnano rivelò la sua
fibra. Nelle lande sterminate va-
gavano gli Indi Patagones e Fue-
ghioi: i Tehuelches al di qua del-
lo Stre tto; gli Onas nell'Isola
Grande; gli Alacaluffi nel labirinto
dei Eiordi. C'erano anche i bianchi,
pochi e non tutti buoni: i cerca-
tori d'oro, i cacciatori di foche,
i balenieri, gli...ergastolani, e an-
che i padroni delle estancias coi
loro pecorai e i loro 'cecchini'.
Fagnano organizzò due grandi
« riduzioni »: una nell'Isola Daw-
son, terra cilena; un'altra pres-
so la foce del Rio Grande, in ter-
ritorio argentino. Quelle due « ri-
duzioni » sono frutto d'un genio
straordinario. Là, infatti, tutto è
previsto. Ci sono le case, i ma-
gazzini, la chiesa, l'ospedale, i con-
vitti, le scuole. Funzionano il por-
to, il trenino, la segheria, i labo-
ratori, la fabbrica di conserve, la
stamperia. Fanno scalo regolare
la nave traghetto (il piroscafo
« Torino ») e la nave d'appoggio
(la goletta « Maria Ausiliatrice»).
Gli indi lavorano e riscuotono il
salario; si vestono, mangiano e
dormono decentemente. Gli in-
dietti studiano (e come!), cantano
e giocano e imparano lo spagnolo
e perfino l'ita·liano e il latino. E'
il miracolo « alla Fagnano ».
• Tutto questo succedeva in quel-
le gelide steppe che il famoso
Darwin, da bordo di una nave di
lusso, aveva definito « Terre Ma-
ledette», aHermando che quei po-
veri Alacalufes erano l'anello, da
tanti anni çercato, « tra l'uomo e
la scimmia »...
Per Fagnano e i suoi Missionari
la Patagonia e la Terra del Fuoco
erano, invece, la « Tena di Dio ».
Erano anche lé terre dei « So-
gni » di Don Bosco, che ne aveva
profetizzato la prosperità. Oggi
quella prosperità è un fatto con-
creto. Punta Arcnas, Rio Galle-
gos, Porvenir, Rio Grande sono
città belle e industriose. Certa-
mente questo miracolo non si de-
ve alle maledizioni dello scien-
ziato Darwin, ma al cuore e al
cervello del sacerc;lote Fagnano.
C'è a Punta Arenas un meravi-
glioso Museo Regionale Salesiano
che conserva i documenti di tan-
ta grandezza. E Fagnano riposa
laggiù, a Punta Arenas, sotto un
altare.
Don Ettore Fracassi
Missionario Salesiano 3
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