vamc la dignità e la grandezza, per organiz-
zare e sublimare il lavoro alla sua più alta
funzione pedagogica e sociale.
È storia di ieri. Mentre appassionati socio-
logi affrontavano il problema con competenza
illuminata ed accreditata da alto senso di re-
sponsabilità, ideologi dilettanti e mestatori an-
davano esasperando la questione operaia che
ormai assurgeva a questione sociale. Formule
paradossali, anzichè favorire l'intesa, sconcer-
tavano i rapporti ed accrescevano l'attrito tra
capitale e lavoro accelerandone la fase cruciale.
Interessati per l'una o per l'altra parte, an-
che i meglio intenzionati non avvertivano che
la questione sociale era sostanzialmente una
questione morale. I Governi, per lo più, il-
ludendosi di trar vantaggio dalla lotta, lungi
dal prevenirla, intervenivano quasi solo a sof-
focarne il parossismo nei turbamenti dell'or-
dine pubblico. Pochi comprendevano che la
necessaria e,•oluzione avrebbe potuto evitar\\!
di esplodere in rivoluzioni, solo in un sistema
di giusta conciliazione che importava la di-
screzione dell'onestà nei capitalisti ed una ade-
guata educazione nella classe operaia: sopra-
tutto, poi, la coscienza comune dell'armonico
concorso al benessere sociale sulle basi della
legge naturale e divina.
La preoccupazione dell'unità nazionale ri-
tardò in Italia l'ora della crisi. Ma il problema
urgeva anche da noi fin dagli albori del se-
colo passato, e gli eventi internazionali non
fecero che precipitarne la maturazione.
L'esperienza di civiltà che non può vantare
nessun altro popolo e la dote di criterio pra-
tico, di senso della misura, d'intuizione del-
l'onesto, di spirito cristiano, di cui Dio l'ha
privilegiata da quella Roma «onde Cristo è
Romano ~. han consentito alla Patria nostra di
avviarsi ad una delle soluzioni più razionali
di cui attendiamo gli sviluppi.
Epperò, nel secolare processo di maturazione
è evidente ed imponente il contributo recato
da Don Bosco colle sue Scuole Professionali.
Anche perchè egli non fu un teorico, nè
un idealista; ma un organizzatorc eminente-
mente pratico, temprato alla più rude scuola
della vita.
Bambino, fanciullo, giovanotto, Don Bosco
condi il suo pane coi suoi sudori, in un pro-
gresso di la,•ori proporzionati allo sviluppo
dell'età, ma imposti ed assunti colla energia
dei contadini piemontesi di antico stampo.
Si adusò alle fatiche dei campi, sul proprio,
come figlio di famiglia; sgobbò come garzone,
servitore di campagna, in casa d'altri. A quin-
dici anni suonati, riusci a frequentare le pub-
bliche scuole ottenendo l'ammissione all'ul-
tima classe elementare, preparatoria ai gin-
nasio, nel comune di Castelnuovo d'Asti, oggi
Castelnuovo Don Bosco. E, mentre faceva
fruttare le lezioni private avute dal cappel-
lano della sua borgata, occupava tutti i ri-
tagli di tempo nella bottega di un sarto, nel-
l'officina di un fabbro, addestrandosi all'uno
ed all'altro mestiere, e rallegrando la fatica
con esercizi di armonia sull'organo della par-
rocchia e sulle corde di un violino in casa
dello stesso sarto che era anche organista e
si intendeva di strumenti musicali.
Fece poi il ginnasio, in quattro anni, nella
città di Chieri. Ma, il primo e secondo anno,
dovette guadagnarsi pane, tasse e testi scola-
stici facendo il servitore in casa di una certa
Lucia l\\Iatta; il terzo anno, adattandosi come
garzone di caffè, al « Caffè Pianta~; l'ultimo
anno, come stalliere presso un tal Cumino,
in piazza San Bernardino. Nei ritagli di tempo,
stretta amicizia con un falegname ed un cal-
zolaio, apprese anche un po' di questi me-
stieri. Tra i resti dei mobili della sua casa
natia, si conservano tuttora una madia di le-
gno ed una tavola fatte da lui.
Il biografo che ci documento queste sue ap-
plicazioni professionali, ad un certo punto si
arresta e si chiede chi ma.i gli avesse messo in
animo, mentre aspirava al sacerdozio, In ten-
denza all'apprendimento di arti e mestieri cosl
alieni, all'apparenza, dalla vocazione sacerdo-
tale. Noi, oggi, abbiam pronta la risposta:
- Quel Dio che suscita i figli dei campi al
fastigio del trono, al governo ed alla guida
dei popoli: quel Dio che nell'ora opportuna
avrebbe esaltato alla Cattedra di Pietro il
genio legislatore del Papa della Rerum nooa-
rum, Leone XIII, e del Papa della Quadrage-
simo anno, Pio XI: colla sua indefettibile di-
vina provvidenza volgeva per istinto alla ne-
cessaria competenza il genio del futuro apo-
stolo dell'educazione giovanile, per farne, nel
secolo del lavoro e dei lavoratori - tra le
opposte aberrazioni dell'idolatria e dello schia-
vismo del lavoro - il t Santo del lavoro ••
il maestro, il padre dei lavoratori.
Cosl predisposto ed attrezzato, Don Bosco
giunse ai vent'anni con una tempra eccezio-
nale alla fatica, coll'esperienza personale del-
l'efficacia pedagogica della pal.::stra del la-
voro, col giusto concetto del valore formativo
e redditizio del lavoro, e con un amore al
lavoro che fu una delle sue più nobili passioni.
Chierico, non ritenne di doversi dispensare
dai lavori manuali, nè credette mai di avvi-
lire la talare che indossava. E la vigilia della
sua Ordinazione sacerdotale, tra gli altri pro-
positi fissò sulla carta anche questo: Il lavoro