Bollettino_Salesiano_194704


Bollettino_Salesiano_194704



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BOLLETTINO ANNO LXXI
NUMERO 4
SALESIANO
PERIODICO QUINDICINALE DELLE OPERE E MISSIONI DI S. GIO. BOSCO
PER I REVERENDISSIMI DIRETTORI DIOCESANI E DECURIONI
Dlre.:lone Generale - Torino (109) • Via Cottolengo, 33 - Telefono 33.117
IS FEBBRAIO 1947
Organizzazione • Note e Corrispondenza: Acqui,
Udine, San Donà di Piave, finalmarlna.
Un vero amico del lavoratori.
Organizzazione.
Nel pubblicare il <1 Regolamento» della Pia
Unione dei Cooperatori Salesiani, Don Bosco
premise una breve prefazione per spiegare che
il libretto «non contiene regole per Oratori
festivi e per Case di educazione» sibbene «un
vincolo con cui i cattolici, che lo desiderano,
possono associarsi ai Salesi.ani e lavorare co11
norme comuni e stabili, ajjinchè stabili ed in-
variabili se ne conservino lo scopo e La pratica
tradizionale~- La prefazione porta la data del
12 luglio 1876. Evidentemente, il Santo era
preoccupato di coordinare la cooperazione dei
soci in una forma organica. che ne garantisse
la continuità e ne moltiplicasse l'efficacia. Per-
chè ogni attività umana, che richiede collabo-
razione, ha il segreto del suo successo nell'or-
ganizzazione. Lo vediamo oggi più che mai,
mentre la congiura delle potenze deBe tenebre
scatena all'improvviso ondate di diffamazione,
di terrorismo, di corruzione e di empietà che
raggiungono vertigini capillari. Il Santo, cre-
sciuto sotto le prime raffiche dell'anticlerica-
lismo nazionale che lo fece bersaglio dei suoi
strali virulenti anche quando Don Bosco ren-
deva alla patria i migliori servigi (basta leg-
gere il volume X delle Memorie }3iografiche,
capo V), dedicò il primo paragrafo a questa
tesi: È necessario che i cristiani si uniscano nel
bene operare. E la svolse con brevi ma decise
parole che giova ricordare:
In og,1i tempo si giudicò necessaria L'unione
tra i buoni per giovarsi vicendevolmente nel fare
il bene e tener lontano il male. Così facevano i
Cristiani della Chiesa primitiva, i quali alla vista
dei pericoli, che ogni giorno loro sovrastavano,
senza punto sgomentan·i, uniti in u,1 cuor solo
ed un'anima sola, animavansi l'un l'altro a stare
saldi nella fede e pronti a superare gli incessanti
assalti da cui erano 111i11acciati. Tale pure è
l'avùiso datoci dal Signore quando disse: Le
forze deboli, quando sono unite, diventano forti,
e se una cordicella presa da sola facilmente si
rompe, è assai difficile rompey,ze tre unite: Vis
unita fortior, funiculus triplex difficile rum-
pitur. Così sogliono eziandio fare gli uomini
nei loro affari temporali. Dovranno forse i fi-
glùwli della luce essere meno pmdenti, che i fi-
gliuoli delle tenebre? No, certamente. Noi cri-
stiani dobbiamo unirci in questi difficili tempi,
per promuovere lo spirito dì preghiera, di carità
con tutti i mezzi che la religione somministra e
così rimuovere o almeno mitigare quei mali, che
mettono a repentaglio il buon costume della cre-
scente gioventù, nelle cui mani stanno i destini
della civile società.
Sottolineiamo lo scopo: promuovere lo spi-

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rito di preghiera e di carità con tutti i mezzi
che la rdigione somministra. È qui tULta la
missione della Pia Unione dei Cooperatori e
delle Cooperatrici Saksianc. Chiaro il fine;
precisi i mezzi. Ne tratteremo ampiamente
nei numeri seguenti. Ora vorremmo ricordare
ai rev.mi Direttori Diocesani e Decurioni che
l'attuazione pratica dipende tutta dal loro zelo.
Ma lo zelo che procede senza criteri di orga-
nizzazione va a rischio di sperpera.re molte
risorse provvidenziali senza trame tutti i frutti
che potrebbero dare. Vorremmo quindi pre-
garli a curare l'organizzazione dei singoli cen-
tri di azione s:ilcsiana cd il loro funzionamento.
Chi non avesse l'elenco dei CooperalOri e
delle Coopt•ratrici, abbia ln bontà di richie-
derlo alla nostra Direzione Generale. Perso-
nalmente poi, o per mrzzo di zelatori e zda-
trici, si faccia premura di rivederlo e di ag-
giornarlo. Si studi infine di stimolare oppor-
tunamente gli iscritti a compiere la missione
loro affidata. Per questo gioverà radunare con
una certa frequenza Cooperatori e Coopera-
trici, e prospettar loro le forme più adatte e
le iniziative più urgenti e più sicure. Il Rego-
lamento fissa solo due volte all'anno le con-
ferenze salesiane, per non essere di peso a
nessuno. Son però già numerosi i Direttori
Diocesani e i Decurioni che riescono a convo-
care i più pii anche una volta al mese ed a
svolgere un buon programma cli formazione
spirituale con le divozioni del Venerdl del
mese o del 24, e con l'Esercizio della buona
morte. Cosl realizzano l'ideale del Santo, il
quale nel fondare la Pia Unione non ha avuto
soltanto di mira di avere aiuti per l'Opera sale-
siana; ma soprattutto di formare cattolici di
azione: praticanti ed attivi. Certo, oggi la
cura d'anime impone tal mole di lavoro, con
le associazioni specializzate che devono fio-
rire in ogni parrocchia, che non resta molto
tempo da dedicare ad altre particolari. l\\Ia i
Cooperatori e le Cooperatrici fan pur parte
del gregge affidato ai solerti Pastori. E, colti-
vandoli come voleva Don Bosco, se ne pos-
sono fare nOll solo dei cristiani ferventi ed
esemplari, ma anche preziosi collaboratori delle
svariate attività della vita parrocchiale e del-
l'azione cattolica. La cura ddla Pia Unione
non è quindi una distrazione dall'assillo del
ministero pastorale, ma una risorsa delle più
efficaci per l'incremento della vita cristiana
nelle parrocchie e nelle diocesi. L'espricnza
di quasi un secolo sta a dimostrare quanto
abbiano giovato i nostri Cooperatori e le no-
stre Cooperatrici, formati secondo lo spirito
di Don Bosco, a «rimuovere o almeno a miti-
gare quei mali che mettono a repentaglio il buo11
costume della cresce11te gioventti, nelle cui mani
sta11110 i desti11i ddla civile società».
Ycscovi e Parroci ce ne hanno dato testi-
moni:mzc lusinghiere. Ed i Sommi Pontefici
han lar~hcggiato in benedizioni, grazie e fa-
vori spirituali, proprio in vista di questa con-
solante esperienza.
Noi auguriamo di gran cuore a tutti i no-
stri Direttori Diocesani e Decurioni lo stesso
conforto, mentre raccomandiamo loro la cura
di questi nostri cari Cooperatori e Coopera-
trici, su cui contiamo, più che per gli aiuti
materiali, per la diffusione dello spirito di pre-
ghiera e di carità, che equivale al vero fervore
de!Ja vita cristiana.
(Continua).
Note e Corrispondenza
ACQUJ - Azione salesiana.
Con la nomina del nuovo Direttore Dioce-
sano nella persona del rev.mo Can. Galliano,
la Pia Unione dei Cooperatori e delle Coope-
ratrici salesiane ha intensificato il suo fervore
di apostolato. La Direttrice delle Figlie di
Maria Ausiliatrice dcli'Istituto S:rnto Spirito
ne ha aggiornato l'elenco, ed, alla prima riu-
nione, lo stesso ecc.mo Vescovo Mons. Del-
l'Omo si è degnato di distribuire i nuovi di-
plomi incoraggiando la ripresa dcli'azione sa-
lesiana adeguata ai bisogni del momento at-
tuale. Il nostro D. Ettore Carnevale p ortò
il diploma cli nomina al nuovo Direttore Dio-
cesano ed intrattenne gli intervenuti sullo
sviluppo dell'Opera di Don Bosco.
Il rev.mo Can. GaIJiano adunò poi i Coo-
peratori e le Cooperatrici nell'accogliente sala
dell'Istituto Santo Spirito, il 29 gennaio, per
la conferenza annuale e, ricordando lo zelo
di Don Bosco, illustrò il programma della
Pia Unione, proponendo per la primavera un
pellegrinaggio alla basilica di Maria Ausilia-
trice. La proposta venne accolta con grande
entusiasmo. F ecero gli onori di casa le Figlie
di Maria Ausiliatrice che reggono l'Istituto.
UDINE - Don Bosco nel Friuli.
Il nostro Don S isto Carnelutti ha compiuto
un altro giro nel Friuli ad illustrare con pro-
iezioni luminose la figura e l'opera di S. Gio-
vanni Bosco. Cominciò ad Udine nel cortile
del Rifugio Bearzi li che accoglie un centi-
naio di orfandli, assistiti dall'affettuosa sim-
patia di tutta la cittadinanza. Poi si recò a
Forni Avoltri, a Rigolato, a Urbignano, a Ri-
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vignano. Chiuse il ciclo ad Udine, alla Scuola
di Cultura Cattolica. Ci è giunta relazione det-
tagliata soltanto di Forni Avoltri, di cui diamo
cenno ben volentieri.
«Durante il soggiorno degli orfanelli del
" Bearzi " in montagna nel ridente paese di
Forni Avoltri si fece una bella festa in onore
di Don Bosco. L'organizzò lo zelantissimo par-
roco D . Gottardis; ed il nostro Don Sisto
Camelutti, colle sue belle proiezioni luminose,
tenne sospeso il numeroso pubblico per tre
sere coronando poi la celebrazione, alla dome-
nica, con un brillante panegirico.
»P rima della Messa solenne, furono be-
nedette due artistiche statuette: una di Don
Bosco, l'altra di S. Teresina, che in un tri-
pudio di anime festanti, vennero poi portate
in trionfo per le vie del paese.
Il parroco, molto soddisfatto dell'ottima riu-
scita, volle offrire un pranzo a tutti i " Bear-
zini ". E tutto il popolo concorse a renderlo
più lauto >>.
SAN DONÀ D I PIAVE- L a prima pietra.
A quasi un anno di distanza ci è giunta
la relazione della posa della prima pietra del-
!'erigenda Parrocchiale, dedicata a Maria SS.
Ausiliatrice e a S. Giovanni Bosco, in frazione
Fossà. Compi il sacro rito, il 12 marzo 1946,
S. Ecc. rev.ma Mons. Giuseppe Zaffonato,
Vescovo di Vittorio Veneto, assistito dallo
zelantissimo Parroco, Don Pietro Zaros, e
da Don Silvio Barbisan, Decurione dei Coo-
perntori Salesiani. Alla fine l'illustre Presule
spiegò il significato della cerimonia e fece l'au-
gurio che il nuovo magnifico tempio, su dise-
gno d i L. Candiani, giunga quanto prima al
suo compimento.
Erano presenti il dott. D . Renato Ziggiotti
del Capitolo Superiore, Mons. Luigi Saretta,
Arciprete di San Donà ed il Direttore del lo-
cale Oratorio Salesiano.
Il buon popolo di Fossà ama tanto Don Bosco
ed ba voluto esposto nella cappella provvisoria,
che da qualche anno funziona da Parrocchiale,
l'effigie del santo Patrono in mezzo ai bimbi.
FINALMARI NA - Conferenza salesiana.
In occasione dell'annuale festa di S. Gio-
vanni Bosco, che il Can. Valentino Cagno,
ex allievo, continua a curare con tanto zelo,
quest'anno si è tenuta anche la conferenza
salesiana ai Cooperatori cd alle Cooperatrici.
Nonostante l'inclemenza eccezionale del tempo,
intervennero abbastanza numerosi. Imparti la
Benedizione eucaristica il rev.mo Arciprete
Mons. Basso.
UN VERO AMICO DEI LAVORATORI
In quest'aspro dopoguerra in cui la questione
operaia è in primo piano, non sarà superfluo
ricordare le benemerenze di Don Bosco nel
campo del lavoro.
Ecco alcuni appunti che potranno servire
ai rev.di Direttori D iocesani e Decurioni.
11 « Santo del lavoro».
Don Bosco è stato definito anche il << Santo
del lavoro >>-
Pio XI, che lo conobbe personalmente e
l'osservò da vicino in << una vita di lavoro colos-
sale che dava l'impressione della oppressione ))
(pur essendo ormai sul declino, r883) non esitò
a conferirgli la palma del martirio nel campo
del lavoro, cd a proporlo più volte come grande
lavoratore, come amico dei laYoratori, come
apostolo del lavoro.
Parlando, nel 1929, a duecento bancari della
Banca Nazionale di Credito, egli disse: «Don
Bosco fu un grande lavoratore, di un lavoro
immensamente benefico e ben concepito; che
per lui fu sorgente di premio, di grandi
meriti, non solo dinanzi a Dio, ma dinanzi
agli uomini>>.
Ed il 13 aprile dell'anno seguente, dcevendo
degli operai pugliesi provenienti dal nord-Ame-
rica sotto la guida di S. E. Mons. Coppo,
consegnò loro una medaglia di Don Bosco
con queste parole: << Questa medaglia reca l'ef-
figie di Don Bosco che è stato non solo un
grande educatore cristiano, ma anche un glo-
rioso figlio della Patria sua ed un vero amico
dei lavoratori di tutto il mondo. Siamo dun-
que ben lieti, mentre benediciamo alle vostre
fatiche ed ai vostri lavori, di darvi un tale ri-
cordo, nella ferma speranza che la figura di
Don Bosco ricorderà a voi sempre il dovere
di santificare il lavoro e tutta la vita >>,
In verità, Don Bosco fu suscitato da Dio
nel secolo del lavoro e dei lavoratori per sal-
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vamc la dignità e la grandezza, per organiz-
zare e sublimare il lavoro alla sua più alta
funzione pedagogica e sociale.
È storia di ieri. Mentre appassionati socio-
logi affrontavano il problema con competenza
illuminata ed accreditata da alto senso di re-
sponsabilità, ideologi dilettanti e mestatori an-
davano esasperando la questione operaia che
ormai assurgeva a questione sociale. Formule
paradossali, anzichè favorire l'intesa, sconcer-
tavano i rapporti ed accrescevano l'attrito tra
capitale e lavoro accelerandone la fase cruciale.
Interessati per l'una o per l'altra parte, an-
che i meglio intenzionati non avvertivano che
la questione sociale era sostanzialmente una
questione morale. I Governi, per lo più, il-
ludendosi di trar vantaggio dalla lotta, lungi
dal prevenirla, intervenivano quasi solo a sof-
focarne il parossismo nei turbamenti dell'or-
dine pubblico. Pochi comprendevano che la
necessaria e,•oluzione avrebbe potuto evitar\\!
di esplodere in rivoluzioni, solo in un sistema
di giusta conciliazione che importava la di-
screzione dell'onestà nei capitalisti ed una ade-
guata educazione nella classe operaia: sopra-
tutto, poi, la coscienza comune dell'armonico
concorso al benessere sociale sulle basi della
legge naturale e divina.
La preoccupazione dell'unità nazionale ri-
tardò in Italia l'ora della crisi. Ma il problema
urgeva anche da noi fin dagli albori del se-
colo passato, e gli eventi internazionali non
fecero che precipitarne la maturazione.
L'esperienza di civiltà che non può vantare
nessun altro popolo e la dote di criterio pra-
tico, di senso della misura, d'intuizione del-
l'onesto, di spirito cristiano, di cui Dio l'ha
privilegiata da quella Roma «onde Cristo è
Romano ~. han consentito alla Patria nostra di
avviarsi ad una delle soluzioni più razionali
di cui attendiamo gli sviluppi.
Epperò, nel secolare processo di maturazione
è evidente ed imponente il contributo recato
da Don Bosco colle sue Scuole Professionali.
Anche perchè egli non fu un teorico, nè
un idealista; ma un organizzatorc eminente-
mente pratico, temprato alla più rude scuola
della vita.
Bambino, fanciullo, giovanotto, Don Bosco
condi il suo pane coi suoi sudori, in un pro-
gresso di la,•ori proporzionati allo sviluppo
dell'età, ma imposti ed assunti colla energia
dei contadini piemontesi di antico stampo.
Si adusò alle fatiche dei campi, sul proprio,
come figlio di famiglia; sgobbò come garzone,
servitore di campagna, in casa d'altri. A quin-
dici anni suonati, riusci a frequentare le pub-
bliche scuole ottenendo l'ammissione all'ul-
tima classe elementare, preparatoria ai gin-
nasio, nel comune di Castelnuovo d'Asti, oggi
Castelnuovo Don Bosco. E, mentre faceva
fruttare le lezioni private avute dal cappel-
lano della sua borgata, occupava tutti i ri-
tagli di tempo nella bottega di un sarto, nel-
l'officina di un fabbro, addestrandosi all'uno
ed all'altro mestiere, e rallegrando la fatica
con esercizi di armonia sull'organo della par-
rocchia e sulle corde di un violino in casa
dello stesso sarto che era anche organista e
si intendeva di strumenti musicali.
Fece poi il ginnasio, in quattro anni, nella
città di Chieri. Ma, il primo e secondo anno,
dovette guadagnarsi pane, tasse e testi scola-
stici facendo il servitore in casa di una certa
Lucia l\\Iatta; il terzo anno, adattandosi come
garzone di caffè, al « Caffè Pianta~; l'ultimo
anno, come stalliere presso un tal Cumino,
in piazza San Bernardino. Nei ritagli di tempo,
stretta amicizia con un falegname ed un cal-
zolaio, apprese anche un po' di questi me-
stieri. Tra i resti dei mobili della sua casa
natia, si conservano tuttora una madia di le-
gno ed una tavola fatte da lui.
Il biografo che ci documento queste sue ap-
plicazioni professionali, ad un certo punto si
arresta e si chiede chi ma.i gli avesse messo in
animo, mentre aspirava al sacerdozio, In ten-
denza all'apprendimento di arti e mestieri cosl
alieni, all'apparenza, dalla vocazione sacerdo-
tale. Noi, oggi, abbiam pronta la risposta:
- Quel Dio che suscita i figli dei campi al
fastigio del trono, al governo ed alla guida
dei popoli: quel Dio che nell'ora opportuna
avrebbe esaltato alla Cattedra di Pietro il
genio legislatore del Papa della Rerum nooa-
rum, Leone XIII, e del Papa della Quadrage-
simo anno, Pio XI: colla sua indefettibile di-
vina provvidenza volgeva per istinto alla ne-
cessaria competenza il genio del futuro apo-
stolo dell'educazione giovanile, per farne, nel
secolo del lavoro e dei lavoratori - tra le
opposte aberrazioni dell'idolatria e dello schia-
vismo del lavoro - il t Santo del lavoro ••
il maestro, il padre dei lavoratori.
Cosl predisposto ed attrezzato, Don Bosco
giunse ai vent'anni con una tempra eccezio-
nale alla fatica, coll'esperienza personale del-
l'efficacia pedagogica della pal.::stra del la-
voro, col giusto concetto del valore formativo
e redditizio del lavoro, e con un amore al
lavoro che fu una delle sue più nobili passioni.
Chierico, non ritenne di doversi dispensare
dai lavori manuali, nè credette mai di avvi-
lire la talare che indossava. E la vigilia della
sua Ordinazione sacerdotale, tra gli altri pro-
positi fissò sulla carta anche questo: Il lavoro

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è un'arma pote11te contro i nemici dell' a11ima.
Perciò non darò al corpo più di cinque ore di
riposo per notte. Lungo il giorno, specialmente
dopo il pranzo, non prenderò alcun riposo. Farò
eccezione in caso di malt1'1.tia.
A questo proposito fu fedele per tutta la
vita; anzi, per molti anni, continuò a vegliare
al lavoro un'intera notte per settimana. E
quando gli strapazzi di una vita sì operosa
muovevano a compassione salesiani, coope-
ratori ed allievi, che lo scongiuravano a rispar-
miarsi ed a riposare, dava sempre la stessa
risposta: Ci riposeremo ùi Paradiso.
Don Bosco sofferse assai nel corso della sua
vità; ma mori di una sola malattia: di sfini-
mento per l'eccesso di lavoro. Ne1 1884, quat-
tro anni prima di morire, mentre si trovava a
Marsiglia a questuare per le sue opere, il di-
rettore della Casa salesiana, Don Albera, che
fu poi il suo secondo successore, allarmato per
le sue condizioni di salute, pregò una celebrità
di fama internazionale, il dottor Combal, del-
l'{lniversità di Montpellier, di fargli una vi-
sita. Il dottore viaggiò tutta la notte del 25
marzo per rispondere colla massima solleci-
tudine; lo esaminò accuratamente per un'ora,
e poi concluse: (< Voi avete consumato la vita
nel troppo lavoro. Siete un abito logoro, per-
chè fu sempre indossato, i giorni di festa e
i giomi feriali; non mi pare che i guasti si
possano riparare. Tuttavia per conservare que-
st'abito ancora un po' cli tempo, l'unico mezzo
sarebbe di riporlo in guardaroba: voglio dire
che la principal medicina per voi sarebbe il
riposo assoluto ».
«Ed è l'unico rimedio - rispose il Santo -
al quale non posso assoggettarmi. Come è
possibile riposare, quando c'è tanto lavoro?~
(Memorie Biografiche, voi. XVII, P· 57).
Era troppo viva in lui la coscienza del do-
vere del lavoro; ne sentiva tutta l'importanza
morale e sociale; ne provava la gioia; ne va-
lutava la potenza non solo di produzione, ma
di educazione, di elevazione e di santifica-
zione.
«Quello che io fo lo debbo fare per dovere:
- rispose un giorno a persona autorevole che
voleva imporgli un giusto riposo - sono
prete, e, quand'anche io dessi la vita, non
farei che il mio puro dovere» (Memorie Bio-
grafiche, voi. VI, p. 847).
A Don Barberis che gli augurava una lunga
vita: << Eh, penso bene che se il Signore mi
concedesse di toccare gli 80 ovvero gli 85
anni, delle cose se ne vedrebbero I Lavoro
quanto posso, in fretta, perchè vedo che il
tempo stringe, e, per molti anni che si viva,
non si può mai fare la metà di quello che si
dovrebbe. Quando la campana col suo dan
dan mi darà il segnale di partire, partiremo.
Chi resterà a questo mondo compirà ciò che
io avrò lasciato di compiere. Ma, finchè non
oda il mio dan dan, io non mi arresto» (Me-
morie Biografiche, voi. XII, p. 39).
La sua grande massima era questa: <• Ciò
che si può far oggi non dobbiamo differirlo
a domani. Bisogna operare come se non si
dovesse mai morire, e vivere come se si do-
vesse morire ogni giorno>).
Naturalmente, egli, cristiano e sacerdote,
stimava anche il valore soprannaturale del la-
voro e la sua funzione nel programma della
Redenzione: (( Oh, fortunato - diceva nel
1862 ad un gruppo di chierici - fortunato
quel chierico che abbia gustato quanto sia
dolce lavorare per la salute delle anime•> (Me-
morie Biografiche, voi. IV, p. 146).
<< Il nostro riposo - conchiuse un giorno
estasiandosi - il nostro riposo sarà in Para-
diso. Oh, Paradiso, Paradiso I Chj pensa a te
in questo mondo non patisce stanchezza...
L'uomo è veramente infelice in questo mondo.
L'unica cosa che lo potrebbe consolare sa-
rebbe il poter \\,ivere senza mangiare, senza dor-
mire, per occuparsi unicamente per il Paradiso»
(Memorie Biografiche, voi. IV, p. 525).
(Continua).
L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MIS-
SIONI con sede in TORINO, eretto in Ente
Morale con Decreto 13 gennaio 1924. numero 22,
può legalmente ricevere Legati ed Eredità. Ad
evitare possibili contestazioni si consigliano le se-
guenti formule:
Se trattasi di un Legato.
... lascio ali'Istituto Salesiano per le Missioni
con sede in Torino a titolo di legato la somma di
Lire... (oppure) l'immobile sito in... , .
Se trattasi, invece, di nominare erede d1 ogni
sostanza l'lstituto. la formula potrebbe esser questa:
« •.• Annullo ogni m ia precedente disposizione
tertamentaria.
Nomino mio erede universale l'Istituto Salesiano
pe, /,e Missioni con sede in Torino, lasciando ad
esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo•·
(Luogo e data).
(Firma pe, esteso).
Pubblicazione autorizzata P . 80 A. P. B.
Con approvfl.Zionc Ecclesiastica.
Off. Graf. della Socie1à Editr. lnternazion•le. Direttore responsabile: D. GUIDO FAVlNI. via Cottolen110, 32 • Torino (109).