Bollettino_Salesiano_197601


Bollettino_Salesiano_197601



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BIllETTIN I SALESIAN I RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO 100 - N , 1 - GENNAI O 1976
SpedJZ on abb posi Gruppo 2" (70) 1• q uindicina
BIBLIOFILO CATTOLICO
Il li(llJ,[fl\\\\O~\\Ll~ll\\O ms1 \\l.f.
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« Blbliofllo Cattolico o
Bollettino Saleaiano
menauel• anno 1 n. 1
..
BOllITTINO SALESIANO
ALCUNE DELLE 32 EDIZIONI
IN 14 LINGUE DELL'ATTUALE BOLLETTINO SALESIANO

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Hl' 11NO S cs1 NO
Rivista de lla Famiglia Sales iana
tondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Oulndlclnale d'lnformaz. o cultura religiosa
ANNO 100 NUMERO 1
1• Gennaio 1&76
Direttore
DON ENZO BIANCO
Responubll•
Don Teresio Bosco
Direzione e Amminis trazione
Via della Pisana, 1111 - C.P. 9092
00100 Roma-Aurelio
Tel. (06) 64.70 241
Per rtc:e..,. Il Bollettino Salulano
(Invio gratuito a Cooperatori, Benefattori
e Amici del! 'Opera di Don Bosco)
rivolgerai alla Direziono (Roma) oppure:
Via Maria Auslllatrlce, 32 10100 Torino
Tel. (011) 48.29.24
Per Il cambio d'indirizzo
comunicare anche l'lndlrluo vecc hio
C.C.P. t/5115 Intestato a:
Direzione Generale Opere D. Bosco • Roma
Compositi- e impaginulone
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl • Roma
Stampa
Officine Grafiche SEI - Torino
Autorlneilone del
Tribunale di Torino n . 403 del 16 2 .1949
SOMMARIO
l etter del Retto t.,. qlore
2. 1976, anno del Cooperatore
Ed,t, òle
6. Il Bollettino Salesiano
• incompiuta • di Don Bosco
An1coh
10. Il religioso laico
che Don Bosco volle
13. Schweltzer numero due
16. La Bibbia diventa cammino
di unità
18. Come cent'anni fa: • Andate !•
21. Nel cortljos d'Andalusia
24. Missioni Salesiane - 10
Sotto Il sole rovente del Chaco
lllc rr cmdo sal~sl.>r o
28. Settimanale in carta
da formaggio
Questo pranzo nuziale
non s'ha da fare
Nuovo vescovo salesiano in Perù
A New York,
cattedrale di san Patrizio
29. I salesiani nella tormenta
di Timor
Requiem per gli Indi Onas
30. Ricorrenze dell'anno 1976
Mense popolari
per I ragazzi cileni
31. Per fare amicizia col libro
Ristampato tutto Don Bosco
Rub 1 ,3
8. Pubblicazioni salesiane
9. Educhiamo come Don Bosco
32. Grazie per intercessione di M.
Ausiliatrice e del nostri santi
34. Preghiamo per I nostri defunti
35. Crociata missionaria
« Con oscere, promuouere, animare, corresponsabilizza-
re i Cooperatori »: è questa la Strenna (il m essag-
gio spirituale) per il 1976 ch e il Rellor Maggiore - pro-
segu endo la tradizion e secolare iniziala da Don Bosco -
indirizza alla Fam iglia Salesian a. Ecco l'annuale lettera
di Don Ricceri, che com e di con suelo in f orma su sva-
riali argomenti d'interesse salesiano.
Carissimi,
iniziando questa mia lettera,
che per lunga lradi.zione il Ret-
tor Maggiore indirizza ogni anno
ai Cooperatori Salesiani e a quan-
ti sono legati alla nostra fami-
glia, il mio primo pensiero è
quelJo del ringraziamento perso-
nale ai tanti che nel settembre
scorso hanno voluto partecipare
nei modi più vari - specialmen-
te con la preghiera - alla cele-
brazione del mio giubileo d'oro
sacerdotale. Nell'impossibilità di
far pervenire ai singoli l'espres-
sione del mio animo grato, desi-
dero qui far sentire a ciascuno
la profonda riconoscenza per que-
ste manifestazioni spiccatamente
salesiane di altaccarnento affet-
tuoso - più che alla mia mode-
sta persona - a Don Bosco che
io umilissimamente rappresento.
Da parte mia ho cercato di ri-
cambiare tutte queste espressio-
ni di affettuosi sen timenti con
la preghiera, specie nel Sacrifi-
cio Eucaristico, per ciascuno di
voi, per le vostre intenzioni, per
quanto vi è caro e cristianamen-
te desiderabile. E continuerò a
farlo in avvenire, come debito di
riconoscenza per l'efficace bene-
valenza che in mille modi, senza
stancarvi, esprimete verso Don
Bosco e la sua Opera.
Il Centenario delle Missioni
Scrivo sotto l'impressione del-
le celebrazioni inaugurali del Cen-
tenario delle Missioni Salesiane
tenutesi nel novembre scorso. A
Torino, da dove nel. lontano 11
novembre 1875 Don Bosco, sot-
to lo sguardo di Maria Ausilia-
trice, dava il saluto e l'abbrac-
cio ai primi dieci Salesiani che
iniziavano la grande avventura
della Congregazione, abbiamo avu-
to tre giorni di intense e frut-
tuose celebrazioni.
L 'll novembre nella Basilica
di Maria Ausiliatrice (ma anche
in tutto il mondo salesiano) c'è
stata una giornata tutta dedica-
ta alla preghiera e alla riflessione.
Preghiera di ringraziamento per
il bene che come un fiume be-
nefico si è diffuso in tutti i Con-
tinenti attraverso l'azione gene-
rosa e sacrificata di migliaia di
missionari e missionarie, a cui
va il nostro riconoscente ricor-
do di suffragio. Preghiera pure
per animare e dare rinnovato vi-
gore a coloro che operano ora

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nel campo della missione, e a
quanti collaborano nei modi più
svariati con chi è in prima li-
nea. Preghiera infine perché il
Signore, Sovrano dei cuori. fac-
cia fiorire - attraverso la testi-
monianza di chi dedica la vita
alle missioni - molte vocazioni
autenticamente mjssionarie tra i
giovani d'oggi, capaci e aperti
anch'essi alla donazione genero-
sa e radicale a Dio e al pros-
simo.
E' stata pure giornata di ri-
flessione che, partendo dal pas-
sato e guardando agli orienta-
menti e indirizri della Chiesa
oggi, ba puntato l'attenzjone sul
futuro, in modo da rendere sem-
pre più adeguata ai tempi e ai
luoghi l'azione missionaria (va-
lida e necessaria oggi non me!
no di ieri).
Il 13 novembre poi è stato de-
dicato alla solenne commemora-
zione dello storico evento. Nel
teatro della Casa madre di Val-
docco, dinanzi alle massime au-
torità di Torino e a una grande
folla di Cooperatori, Exallievi,
membri e amici della Famiglia
Salesiana, in un clima di fervi-
do entusiasmo ha parlato il card.
Sergio Pignedoli. Dopo aver rin-
novato i momenti emozionanti di
« quel giorno », per tanti aspetti
eccezionale, ha presentato una pa-
noramica delle Missioni di Don
Bosco, sviluppatesi in maniera
che si direbbe prodigiosa, sino
all'attuale presenza salesiana in
decine di Paesi dei vari continen-
ti, con le attività pastorali più
diverse e coraggiose.
Rivissuto quell'll novembre
La domenica 16 infine, duran-
te la Concelebrazione eucaristi-
ca presieduta dal card. Rossi
(Prefetto della Sacra Congrega-
zione per l'Evangelizzazione dei
Popoli), e con la partecipazione
di veterani delle nostre missioni,
si è rinnovata la cerimonia del
saluto ai numerosi missionari e
missionarie partenti. Non faccio
la cronaca; mi limito a dire che
la presenza del Rappresentante
del Papa, dei vecchi missionari,
e di una grande folla di fedeli
(particolarmente giovani), ha fat-
to rivivere, in certo modo, le ore
dell'll novembre 1875, quando
Don Bosco nella Basilica di Ma-
ria Ausiliatrice affollata, tra la
commozione generale dava il suo
paterno saluto ai partenti.
Con la solenne Messa del 16
novembre si sono chiuse a Val-
docco le manifestazioni inaugu-
rali del Centenario, ma esse si
stanno moltiplicando in tutto il
mondo salesiano. Ciò che impor-
ta però sarà sempre la preoccu-
pazione che tutto miri e riesca
ad animare nella nostra famiglia
quel fervore missionario che ca-
ratterizzava il mondo, specialmen-
te giovanile, che si muoveva cen-
t'anni fa attorno a Don Bosco.
Così la celebrazione del no-
stro Centenario non sarà una
meteora che passa, sia pure splen-
didamente; sarà invece una piog-
gia benefica, che ravviva e fe-
conda.
Le vocazioni: aiutateci
A proposito di animazione mis-
sionaria, mi sembra opportuno ri-
chiamare la vostra attenzione su
un problema e una situazione
che interessa e preoccupa non so-
lo noi, ma la Chiesa tutta. Voglio
dire la situazione delle vocazioni.
E' risaputo che da alcuni anni
si constata una diminuzione nel-
le vocazioni sia sacerdotali che
religiose. Anche noi, Salesiani e
Figlie di Maria Ausiliatrice, ri-
sentiamo di tale situazione. A di-
re il vero in certe zone abbiamo
una vera fioritura di vocazioni,
come in India, nelle Filippine, e
ultimamente anche in certi Pae-
si dell'America Latina; ma in al-
tri Paesi, specialmente in Europa
e nella stessa Italia, non è così.
Le vocazioni si sono rarefatte
e - spesso - notevolmente. Ci
sono qua e segni di confortan-
te ripresa, ma siamo ancora lon-
tani da quello che dovrebbe esse-
re un discreto assestamento.
Evidentemente non stiamo con
le mani in mano, e ci si impegna
nei modi più opportuni per otte-
nere dal Signore - il quale, in
definitiva, è la prima e vera sor-
gente delle vocazioni - che ci
venga incontro con vocazioni spi-
ritualmente e apostolicamente
qualificate.
Vorrei interessare tutti voi, ca-
rissimi, che vi sentite legati alla
nostra famiglia, ad aiutarci in
questo-vitale problema. Anzitut-
to, dateci l'ausilio efficace della
vostra preghiera a Colui che è
l'ispiratore dei cuori e il Padro-
ne della messe. Se poi la preghie-
ra è arricchita dall'offerta della
sofferenza, sarà plÙ preziosa ed
efficace agli occhi del Signore.
E dateci pure, quando vi si of-
fra l'occasione, una mano.
Conosco non poche brave per-
sone che indirizzano ai nostri Isti-
tuti giovani di ambo i sessi, giu-
dicati atti e disponibili a una vo-
cazione religiosa. E' un'azione
santissima fra le sante. Pensate
che cosa significhi una vocazio-
ne, sacerdotale o religiosa, riusci-
ta. Quale partecipazione al bene
essa in tanti anni realizza. Per-
ciò, incontrando giovani di buo-
na volontà e dotati per una vo-
cazione, consigliateli, indirizzate-
li agli Ispettori Salesiani, alle
Ispettrici delle Figlie di Maria Au-
siliatrice viciniori. Essi si interes-
seranno perché, se c'è un germe
di vocazione, trovi terreno adatto
a svilupparsi.
3

1.4 Page 4

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"Eurobosco ": gll exalllevi a Lovanio hanno dJscusso il loro contributo all'uni-
euro1>ea. Due Istantanee del Convegno: a sJnlstr;a il relntore Vanlstcndael;
a destra li card. Suenens durante l'omelia nel rito di chiusura.
« gesto» pitt carnlterizwntc del
Centenario delle nostre missioni,
ed è un gesto di riconosccma ai
nostri padri che hanno lavorato
durante un secolo neUc missio-
ni. Un gesto di speranza e di fi-
ducia per coloro che oggi nnco-
ra. nei vari continenti, lavorano
e '>Offrono nel nome di Don Bo-
sco per la diflusione del Regno
di Dio. Tra questi « inviati », a l-
cuni sono andali in Etiopia, pre-
cisamente a Adigrat: inizieremo
in quel grande e pro,·ato paese
una modesta scuola tecnica per
i ragazzi del posto, tanto poveri
e bisognosi di apprendere un me-
sticre che consenta loro di in-
serirsi nella socìeià da buoni cri-
si iani. Il Signore ,·oglia benedire
quest'opera, la prima dei Salesia-
ni in Etiopia.
Le FigUe di Maria Ausiliatrice
Il Signore ispiri e dia coraggio
e spirito d'iniziativa a quanti
hanno queste possibilità.
L'attività salesiana nel 1975
Il 1975 non ha visto sorgere
tante opere nuove nel senso tra-
dizionak, ma non per questo è
stato un anno m-.:no atti\\'O e fe-
condo. Ricordiamo anzitullo alcu-
ne inil.iative e avvenimenti di in-
teresse generale per la nostro fa.
miglia.
I Salesiani hanno tenuto tre
Incontri degli hpctlori dei \\'ari
continenti con il Rettor Maggio-
re e membri del suo Consiglio,
allo scopo di fare un bilancio
realistico e costrutti\\'O dd lavo-
ro realizzato nell'ultimo triennio,
dopo il Capitolo Generale Spe-
ciale.
Inoltre, si è svolto a Roma,
preparato da Convegni ispelloria-
li e regionali, il Convegno Mon-
diale sui Salesiani Coadiutori, i
nostri bravissimi laici che sono
una componente essenziale dt:lla
Congregazione. Sono stati appro-
fonditi gli aspetti più .importan-
ti dell'identità del Salesiano Coa-
dilltore, e si è messo l'accento sul
problema delle vocazioni.
I Cooperatori si sono preoccu-
pati della propria formazione, e
hanno affrontato i relati\\'i pro-
blemi in una " seuimana di stu-
dio " a cui hanno partecipato
Cooperatori di varie nazioni. Gli
Exallicvi hanno celebrato a Lo-
4 vanio il Congresso Europeo su
un tema assai attuale: « Gli Ex-
allievi di Don Bosco clinanz1 al-
l'unità europea». Tutti argomenti
su cui il Bollettino Salesiano si è
sofformato con attenzione.
E ci sono ancora decine di ini-
ziative pasturali, sociali, missio-
narie, segnalate da tante parti e
un po' in tutti i continenti: sono
quelk che potremmo oggi defi-
nire " le nuo\\'c opere »; dato ì1
loro numero, è impossibile elen-
carle. Accenno solo a qualcuna
per Ja sua originalità, o perché
destina La a fmore della gioven-
più po,·era (ma, ripeto, l'elen-
co completo sarebbe assai lungo).
L'opera dei" Vigilantes Mirins »
in va1·ie c ittà del Brasile, per l'in-
s..:rimcnto di ragazzi delle " fave-
las • nel mondo del lavoro con
senso di cristiana dignità.
I " centri giovanili» creati dai
nostri chierici 111.!i villaggi vicino
a Sonada in India. Ancora in fn-
dia, la costnmune del « Villau-
gio della luce per gente pove-
rissima, a opera dei nostri chie-
rici studenti di teologia di Ban-
galorc.
La presenza salesiana in "Ra-
dio Mcnsaje " nella Bolivia, per
un'azione di e,·angelizzazione e
catechesi dei " campcsinos ». E si
poi rebbe continuare, ma dobbia-
mo fermarci.
Certamente l'iniziali\\·a più ric-
ca di significato e di particolare
efficacia è l'invio di oltre settan-
ta Salesiani e di quaranta Figlie
di Maria Ausiliatrice nellt: Mis-
sioni e nel tcrLO mondo. E' il
Durante l'anno trascorso le
FMA hanno dato vita a nuove
opere, e ne hanno modificate al-
tre per renderle più rispondenti
alle richieste dei tempi. Ecco
qualche esempio significati,o.
In Italia, hanno aperto a Roma
la casa « Sacro Cuore » con di-
versi.: attività a vantaggio di una
popolazione in continuo aumento.
In Francia, stimolate dalle ne-
cessità locali, hanno dato \\'Ìta a
tre nuo,·i centri, rispettivamente
a Lanvallav, ., Le Biot e a Pari-
gi-Passage ·c111 Mo111e11eg1·0.
Anche in America hanno aper-
to svariate opere rispondenti alle
particolari esigenze dei luoghi:
In Brasile una « casa per cate-
chismi » a Mo11gaguà (Siio Pau-
lo), e una scuola di qunlifica pro-
fci.sionale a Reci/e;
In Colombia quattro nuove ope-
ri!, tra cui un centro di collabo-
razione alla pastorale diocesana
in Girardot, e un centro di or.icn-
lamcnto catechistico del Vicaria-
to ad ·1ra11ca;
In Boli\\'ia un internato con
scuole e oraIorio a Sucre;
In Venczuda un cenIro con
svariate attività apostoliche a
Va/era.
In campo missionario, acco-
gliendo il pressante in\\'ilo della
Sacra Congregazione per le Chie-
se Orientali, le FMA hanno aper-
to la loro prima fondazione nel-
l'l ran: hanno accettato a Tehe-
rm1 la dirl!zione della Scuola
« Sohcil » frequentata da centi-
naia di alunne, con tutti i corsi
dalla scuola materna al liceo.
a.

1.5 Page 5

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L'assunzione della grande opera
risponde - secondo le parole del
card. Philippe, Prefetto della sud-
detta Congregazione - al vivo
desiderio del Papa, a cui sta tan-
to a cuore la presenza della Chie-
sa Cattolica nel campo educativo
di queJla nazione.
L'avvenimento più importante
per il loro Istituto nel 1975 però
è stato la celebrazione del 16°
Capitolo Generale, che ha tratta-
to il tema: « La formazione della
FMA, per una graduale conqui-
sta della sua identità di persona
consacrata-apostola, operante fra
le giovani con lo spirito di Don
Bosco e di Madre Mazzarello, nel-
la società e nella Chiesa di oggi ».
E' stata fatta anche un'attenta
revisione delle Costitt12ioni, rin-
sioni »: l'intento è di dare un
nuovo impulso all'apostolato mis-
sionario e ravvivare così in tutto
l"Istituto l'ideale e il fattivo im-
pegno per le missioni. Un buon
gruppo di Suore, che risponden-
do all'invito della Madre aveva-
no presentato domanda per le
missioni, sono state riunite a Ro-
ma e hanno completato la loro
specifica formazione (anche con
la frequenza di un corso di Mis-
siologia all'Università Urbaniana),
prima di partire per il campo
loro assegnato.
La S trenna per il 1976
Vi presento ora la nuova Stren-
na, che ha come argomento i
Cooperatori Salesiani.
STRENN A DEL RETTOR MAGGIORE PER L'ANNO 1976
Nel 1976 la nostra FAMIGLIA ricorderà il CENTENARI O
della nascita dell'ASSOCIAZI ONE DE I COOPE RATORI SA-
LESIANI , di cui Don Bosco pubblicava in quell'anno il
REGOLAMENTO.
Mentre ringraziamo il Signore per l'e[(jcace collaborazio-
ne che in tanti modi .i COOPERATORI prestano da un se-
colo alla nostra Missione, invito i Salesiani, le Fi.glie di Ma-
ria Ausiliatrice, gli Ex.allievi e gli altri gruppi della Fami-
glia Salesiana a rinnovare l'impegno di:
CONOSCERE
PROMUOVERE
ANIMARE
COR.RESPONSABILIZZARE
i COOPE RATORI SALESIANI , intuizione originale di Don
Bosco, p er chiamare i SECOLARI a un impegno ap ostolico
nella Chiesa.
novate a esperimento nel prece-
dente Capitolo del 1969.
Ora le Ispettrici stanno tra-
smettendo alle loro comunità,
con adunanze aj diversi. livelli, i
« contenuti » nuovi del Capitolo
e le Deliberazioni che vi si sono
prese (mentre sono in corso di
stampa gli Atti e il testo delle
Costituzioni rinnovate, tradotti
nelle principali lingue).
I programmi di lavoro per il fu-
turo si rivolgono al già comin-
ciato « Anno Centenario delle Mis-
La Strenna, come vedete, in-
teressa direttamente i Cooperato-
ri, e quindi i. molti della nostra
famiglia che hanno con essi rap-
porti di apostolato, cli assisten-
za, di appartenenza. Aumentare il
numero dei Cooperatori è certo
un arricchimento dell'Associazio-
ne e della missione che la Prov-
videnza le ha affidato. Ma è mol-
to più importante rendere i Coo-
peratori sempre più coscienti di
quella che, come oggi si dice, è
la loro identità: che cosa Don
Bosco ha voluto che essi fosse-
ro, che cosa la Chiesa oggi vuo-
le che essi siano, che cosa si
chiede loro, a quali impegni so-
no invitati.
l i Congresso Mondiale che si
celebrerà nel prossimo novembre
vuole appunto rispondere a que-
ste esigenze di coscientizzazio-
ne. Sarà quindi assai utile che
nelle singole Ispettorie, in pre-
parazione aJ Congresso e seguen-
do le direttive del Centro -
mentre si cercherà di allargare
il numero dei Cooperatori - si
raccia insieme quest'opera di ap-
profondimento e di chiarificazio-
ne sulla missione e sullo spirito
del Cooperatore: un Cooperato-
re visto secondo il pensiero del
Fondatore san Giovanni Bosco, e
secondo la « mente della Chiesa»
che attraverso il Concilio ha da-
to anche aUe associazioni laicali
un senso di vivace rinnovamen-
to. li nuovo Regolamento, che
in questi anni si sta sperimen-
tando, risponde appunto a que-
ste esigenze, e sarà oggetto di
approfondito esame nel prossimo
Congresso.
Preghiamo perché la prepara-
zione e lo sviluppo del Congres-
so servano realmente a dare l'au-
spicato rinnovato impulso all'As-
sociazione, a cui Don Bosco de-
dicò instancabilmente molti dei
suoi anni maturi, e che rispose
con amoroso fervore cli opere alle
cure del Padre.
Ma è tempo di concludere. A
tutti rinnovo, a nome e col cuo-
re di Don Bosco, il grazie senti-
to e cordialissimo per la vostra
collaborazione - espressa e rea-
lizzata in miUe sfumature - che
ci accompagna anche in questi
non sempre felici momenti.
Assicuro a tutti quanti in qual-
siasi misura ci offrono i segni
del loro apprezzamento e della
benevolenza per la nostra opera,
la preghiera riconoscente dei Sa-
lesiani, delle FMA, e deOe migliaia
di giovani che vivono all'ombra
dell'Ausiliatrice. E' il grazie che
possiamo e vogliamo dirvi, cd è
certamente il grazie più gradito
alle migliaia dei nostri Coopera-
tori, Amici e Benefattori. La Ver-
gine Ausiliatrice, la celeste guida,
maestra e promotrice dell'opera
di Don Bosco, renda fecondo di
benedizioni il nostro grazie.
5

1.6 Page 6

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I
• Incompiuta» richiama alla
mente un capolavoro rimasto in-
terrotto per la morte dell'arti-
sta. Così è del Bollettino Salesia-
no: il disegno di Don Bosco a
suo riguardo era originale, ardi-
to, d'avanguardia.
Don Bosco, qualcuno ha scrit-
to, « pensava iri grande ». Se da
giovane prete aveva corso il ri-
schio di finire in manicomio per
le idee manifestate per esempio
sull'Oratorio o sulla sua futura
Congregazione, lo stesso rischio
di sicuro avrebbe corso se aves-
se esposto per intero anche la sua
concezione e i suoi proposi ti ri-
guardo al BS. Quel poco di pro-
getto che è possibile ricostruire
oggi attra\\'erso le sue parole e i
gesti compiuti ncll'ullimo decen-
nio della sua vita, lo prO\\·ano in
pieno.
Un'importanza smisurata
Don Bosco lanciò il BS nel set-
tembre 1877, ne preparò in per-
sona i primi numeri, e quando
non potè più seguirlo, non lo af-
fidò al primo venuto ma, pri-
vando i suoi collegi di un vali-
dissimo direttore, lo mise in ma-
no a don Giovanni Bonetti, che
diventerà presto uno dèi superio-
ri maggiori della Congregazione.
Don Bosco aveva destinato il
BS ai Salesiani », fo1se inten-
dendo ancora promiscuamente
con questa parola, nel 1877, sia i
suoi religiosi con voti, sia i Coo-
peratori. Ed ecco, a proposito di
progetti, un suo brano, formula-
to nel genere Jet terario che para-
dossalmente si potrebbe defini-
re « da manicomio»: « Io spero
che se corrispondiamo al ,·olcrc
di Dio, non passeranno molli an-
ru che le città e le popolazioni
jntere non si distingueranno dai
Salesiani che per le abitazioni. Se
ora sono cento Cooperatori, il lo-
ro numero ascenderà a migliaia
e migliaia; se ora siamo mille,
allora saremo miJioni, procuran-
6 do di accettare e iscrivere quel-
Il « giornale della Congrega::.ione >>, come lo chiamava
Don Bosco, sia toccando il traguardo del secolo (questo
fascicolo reca infalli l'indica:ione « Anno cento, m1-
mero ZLno »). li progetto di Don Bosco ern suggestivo:
ovunque nel mondo si formasse la Famiglia Snlesia-
nn, uolle sostenerla con un lfolleilino Salesiano. Egli
fondò i primi quattro; ogui se ne contano già 32...
li che sono più adatti. Spero che
questo sarà il volere del Si-
gnorè ».
A dilatare così smisuratamente
l'importanza dei Cooperatori non
era certo estraneo nel pensiero
di Don Bosco - anzi era causa
prima - il futuro BS, da lui
definito « il fedele compagno,
l'assiduo conferenziere, l'aposto-
lo instancabile dei Cooperatori »,
l'anima della nostra pia Unio-
ne ». Per Don Bosco il BS era
dunque « scritto per noi ( i Sa-
lesiani) e i Cooperatori ": « come
un legame fra i Cooperatori e i
confratelli salesiani », « come il
giornale della Congrega7ionc ».
L'importanza che Don Bosco
dava al BS appare enorme: lo
chiarna,·a • sostegno principale
dell'Opera Salesiana e di tutto
quanto riguarda noi»; legava al
BS il futuro della sua Congre-
gazione: essa « prospererà se pro-
cw·erèmo di sostenere ed esten-
dere il Bollettino •· Un BS che
• sarà il sostegno principale di
tutte k nostre opere: se esso ca-
desse, anche queste cadrebbero».
Addirittura: « Se i governi non
ci metteranno incaglio, il Bollet-
tino diventerà una potenza "!
Un'unione di benefattori
dell'umanità
Quanto ai risultati concreti che
Don Bosco si attendeva (natural-
mente ambiz.iosi), al gradino più
basso egli poneva la semplice in-
formazione salesiana : Fine del
Bollettino è di rar conoscere le
cose nostre il più che si può, e
di farle conoscere nel vero sen-
so ». Con~egucnz.a: << Dobbiamo
dunque diffonderlo, come un pe-
riodico pubblico ».
Ma si capisce, c'è ben altro:
« JI BoJlcttino non deve essere
considerato solamente un perio-
dico per diffondere la verità e
le notizie »; e nel numero uno
(settembre 1877) scrive parole il-
luminanti sul suo intento globa-
le: « Qui non si stabilisce una
confraternita, non un'associazio-
ne religiosa, le tteraria o scienti-
fica, e nemmeno un giornale; ma
una semplice unione di benefat-
tori dell'umanità, pronti a dedi-
care non promesse ma falli, sol-
lcci tudini, disturbi e sacrifici, per
giovare al nostro simile». La sua
preoccupazione è dunque stretta-
mente socio-religiosa, e dinami-
ca. Niente de,·ozionalismo, nien-
te letteratura, ma « giornalismo
di azione»: Don Bosco col BS
mira a incanalare e organizzare
le forze dei buoni, in vista del
suo progetto apostolico a favo-
re della gioventù.
E' in questo senso che egli ve-
de nel BS « una potenza»; infat-
ti subilo precisa: una potenza
«non già per se stesso, ma per
le persone che riunirà •· Egli ha
compreso lo stretto legame che
può correre tra il conoscere la
notizia e l'agire; il suo periodi-
co sarà perciò un mezzo « per
comunicare la conoscenza delle
nostre opere, e stringere i buo-
ni cristiani con uno spirito e un
fine solo».
Come avviene tutto questo? Ri-
sponde: « Attirando l'affetto del-
le persone alla nostra istituzio-
ne ». Dall'affetto verso l'opera sa-

1.7 Page 7

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'
gua italiana; ma non si formò lì.
Due anni dopo lanciava l'edizio-
ne in lingua francese, nel 1880
quella in spagnolo nell'Argenti-
na. Quest'ultimo passo era allora
troppo ardito: il BS non trovò
modo di affermarsi, e dopo un
anno cessò le pubblicazioni; ma
tre o quattro anni più tardi ri-
cominciò a uscire, bella consue-
tudine che... conserva ancora og-
gi. Nel 1886 era la volta dell'edi-
zione di Spagna. Insomma, quat-
tro edizioni, geograficamente col-
locate da Don Bosco là dove la
Famiglia Salesiana stava pren-
dendo consistenza.
Una catena mondiale di riviste
lcsiana, l'aiuto economico per co-
loro che ne saranno beneficati:
il BS « servirà per ottenere soc-
corsi ». Don Bosco se lo propose
in concreto: « L'opera salesiana
prospererà materialmente, se pro-
cureremo di sostenere e di esten-
dere il Bollettino ,,. E sappiamo
di quale prosperità materiale par-
la: oratori per i ragazzi della
strada, laboratori per gli appren-
disti, internati per orfani e ra-
gazzi da ricuperare, missioni per
i « selvaggi ».
E al di là dell'aiuto econo-
mico - e anche più importan-
te - la collaborazione. Certo, i
Cooperatori salesiani nel pensie-
ro di Don Bosco sono dei bene-
fattori, ma sono chiamati a esse-
re molto di più: « Se conoscono
bene il loro scopo, non solo ci
aiutano, ma compiono largamen-
te le opere che sono proprie dei
Salesiani ».
Formare una
« unione
di benefattori
dell'umanità»:
ecco, secondo Don
Bosco, lo scopo
del B olleUlno
Salesiano (nella
foto i primissimi
numeri del 1877).
In quest'ampia prospettiva, un
canone di abbonamento per il
suo « giornale » acquista impor-
tanza molto secondaria. Nei pri-
mi tempi è fissato (lire tre an-
ime), viene indicato sulla pub-
blicazione, viene riscosso da chi
lo versa, ma non viene richie-
sto. « Non importa - precisa
Don Bosco al riguardo - riceve-
re cento lire di più o di meno,
ma conseguire la gloria di Dio ».
Con più precisione un giorno
espose il suo pensiero a don Bar-
bcris: « Si tenga per principio
che il vantaggio da esso (BS) ar-
recato non istà nelle tre lire di
annualità; quindi non si richie-
dano. Un benefattore che dia
un'elemosina, basterà talora a pa-
gare per tutti »; perciò « si cer-
chi di divulgarlo in tutti i modi, e
gratuitamente ».
Don Bosco incarnò queste idee,
a partire dal 1877, nel BS in lin-
Questa realtà corposa, messa in
moto da Don Bosco, merita qual-
che considerazione alla luce del-
le moderne conoscenze sulla co-
municazione sociale.
Colpisce anzitutto l'intenzione,
non espressa a parole ma evi-
dente nei fatti, di realizzare con
vari BS sparsi nel globo una
« catena mondiale » di riviste,
sullo stile e - vale la pena no-
tarlo - molto tempo prima, di
quel fortunato fenomeno giorna-
listico che va sotto il nome di
Reader's Digest. Il BS, come è
stato pensato da Don Bosco, ri-
sulta oggi classificabile tra le at-
tività di « relazioni umane» e di
<< relazioni pubbliche » delle gran-
di organizzazioni moderne: come
un « house organ ,, della Congre-
gazione e della Famiglia Salesia-
na. Insomma - come direbbero
i pubblicitari oggi - una rivista
mirante a migliorare nell'opinio-
ne pubblica l'« immagine» del-
l'organizzazione che la diffonde.
Il Bollettino Salesiano ha dun-
que lo scopo di rendere popola-
re il progetto apostolico di 'Don
Bosco, ne persegue la notorietà
diffondendosi su scala mondiale
(attualmente i BS sono 32, in 14
lingue), e conquista simpatia de-
sc1ivendo l'attività salesiana a fa.
vore della gioventù.
7

1.8 Page 8

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PUBBLICAZIONI
SALESIANE
Don Giovanni
Bonetll, primo
direttore del BS.
Don Bosco curò
personaJmente
l primi numeri
del giornale deUa
Congregazione »;
in seguito,
privando i suoi
coUegi di un
validissimo
direttore, lo affidò
a don Bonetli,
che diventerà
poi e direttore
spirituale» della
Congregazione
SaJesiana
Da questa azione consegue sti-
ma, considerazione, apprezzamen-
to, atteggiamento cordiale verso
Don Bosco e il suo progetto. La
popolarità cosl conseguita mette
in movimento una dinamica par-
ticolarmente efficace. Fa sorgere
nei suoi lettori il desiderio di
sempre più conoscere, approfon-
dire, assimilare il mondo salesia-
no; si ha così uno spontaneo
passaggio dall'informazione alla
formazione, cioè aU'assiniilazione
dei valori.
Parallelamente matura il desi-
derio di appartenenza. Forse dap-
prima si dà solo un appoggio
esterno (l'offerta economica por-
tata dal benefattore); poi si pas-
sa a una vera collaborazione (agi-
re insieme per scopi comuni);
poi magari si scopre in sé una
vocazione, maturata gradualmen-
te, da realizzare secondo il pro-
prio stato: vocazione a Coopera-
tore, a Salesiano, a Figlia di Ma-
ria Ausiliatrice, a Volontaria di
8 Don Bosco, ecc.
Le scienze moderne della co-
municazione danno ragione al pro-
getto di Don Bosco; quando un
BS sia ben realizzato, davvero
può conseguire gli scopi indicati
e desiderati dal fondatore. E di-
fatti se si volesse elencare le vo-
cazioni suscitate dal BS, le ope-
re ispirate, la generosità provo-
cata in favore della gioventù po-
vera - ieri e oggi -, non si fi.
nirebbe più.
E allora? Scoprire che le scel-
te operate da Don Bosco nel se-
colo scorso sono in sintonia con
le moderne scienze della comu-
nicazione sociale, può tornare di
comune conforto. Ma intanto il
coraggioso progetto di Don Bo-
sco, « incompiuto» allora, era e
rimane da compiere nel tempo.
Sarà, questo centenario del BS,
occasione per una riflessione co-
mune e per nuove iniziative ca-
paci di dare compimento all'« In-
compiuta » di Don Bosco?
ENZO BIANCO
Autori vari, Il Cooperatore nella
società contemporanea. Coli. Col-
loqui sulla vita salesiana •. LDC
1975. Pag. 406, Lire 4.500.
Opera basilare per la comprensio-
ne storica. sociologica, teologica,
spirituale e salesiana di questa com-
ponente fondamentale della Fami-
glia di Don Bosco: I Cooperatori
salesiani.
E' un libro che torna a tutto merito
di quel gruppo dì studiosi, nato nel
1968 e risultato via via più consa-
pevole e stimolante, che si è po-
sto sotto il nome di Colloqui sul-
la vita salesiana •. Questo gruppo.
In parte cangiante di volta In vol-
ta, conta esperti provenienti da na-
zioni diverse e con competenze an-
ch'esse diverse. Ogni anno esso si
assegna un tema • salesiano •, pre-
para sull'argomento relazioni, comu-
nicazioni e testimonianze, poi si ra-
duna per alcuni giorni al fine di
mettere Insieme i risultati delle
varie ricerche, e di discuterli. Il
cumulo del materiale così raccolto,
confluisce ogni anno in un denso
volume.
Il sesto Colloquio •, da cui pro-
viene l'opera citata, si è tenuto a
Friburgo (Svizzera Il 26-29.8.1974.
I partecipanti - particolarmente
numerosi (48) - comprendevano
Salesiani, Figlie di Maria Ausilia-
trice, Volontarie di Don Bosco, e
naturalmente i Cooperatori.
Il tema era stato suggerito dal-
1'approssimarsl del centenario di
fondazione dei Cooperatori (1876);
ma non meno era sollecitato dal-
l'urgenza di fornire a questa ori-
ginale creazione di Don Bosco un
insieme inter-disciplinare di studi
scientifici (dì valore sia pure sol-
tanto ufficioso) a cui fare riferi-
mento nell'organizzazione e nel-
l'azione.
Leo Scheffczyk, Il Dio che verrà.
SEI 1975. Pag. 168, L. 3.000.
Come si può essere oggi veri cri-
stiani e veri uomini della seconda
metà del secolo ventesimo? Nel-
l'attuale clima di diffuso ateismo la
realtà di Dio è diventata problema
e dilemma. L'autore. docente di teo-
logia, affronta in questo saggio gli
aspetti più dibattuti su Dio e il
nuovo modo di parlare di Lui. Il
suo discorso, in dialogo incessan-
te con le principali correnti del
pensiero contemporaneo, giunge a
tracciare un quadro severo. alto e
critico, dei caratteri che oggi fa fe-
de in Dio deve possedere per esse-
re autentica.

1.9 Page 9

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Nell'estate del 1885 Don Bosco si
trovava nella casa salesiana di Mar-
siglia a raccog//ere offerte per la co-
struzione del Tempio del Sacro Cuore
a Roma.
Una notte, li direttore del collegio
don Cerrutl stava per andare a letto
quando fu colpito da un grido. Cre-
deva che quel grido provenisse da un
prete forestiero, ospite in casa, P!Ut·
tosto malaticcio. Come un urlo, nec-
co il grido più forte di prima. E subi-
to dopo, un terzo grido. Si rese con-
to che partiva dalla camera di Don Bo-
sco divisa dalla sua da una sottile
par~te con /'uscio di comunicazione.
Impensierito, Don Cerrutl si veste, va
all"uscio, apre e trova Don Bosco se-
duto sul letto e desto. Gli domanda
inquieto: Don Bosco, sta male?•.
No, no - risponde tranquillamente
Don Bosco, e gli fa un piccolo cenno
con la mano. - Sta' quieto: va' a dor-
mire•.
Al mattino, appena sveglio, don Cer-
ruti si reca di nuovo da Don Bosco.
Lo trova seduto sul sofà In uno stato
di estrema prostrazione. Don Bosco,
è stato lei a gridare questa notte?
lo interroga don Cerrutl. Si, sono
stato io •. gli risponde Don Bosco an-
cora tutto sofferente. Ma che cosa
è avvenuto?•· Don Bosco esitava a
rivelargli Il segreto. A un certo mo-
mento accondiscende e gli racconta:
Ho visto il demonio entrare in que-
sta casa. Girava in un dormitorio e pas-
sava da un letto all'altro, mugugnando
ogni poco; "Questo ragazzo è mio". lo
protestai. A un tratto balzò addosso
a uno di quel ragazzi per portarselo
via. Mi posi a gridare. Si avventò con-
tro di me come per strangolarmi •.
Qui Don Bosco lasciò gronlfare due la-
crime sul volto, poi mormorò a bassa
voce: Caro don Cerrutl, aiutami. Bi-
sogna salvare questi poveri giovani.
Facciamo un giorno di ritiro, un eserci-
zio di Buona Morte •·
Quella sera. Il direttore della casa
don Cerruti, annunciò un giorno di ri-
tiro straordinario e aggiunse che Don
Bosco si sarebbe messo a disposizio-
ne per le confessioni: confessò dìfa!•
ti nella sua camera seduto sul sofa,
perché le forze non gli permettevano
di reggersi sulla sedia. Alla fine, do-
po il grande bucato spirituale, Do_n
Bosco disse scherzando: Il demonro
mi ha fatto perdere una notte, ma si
è ricevuto una grossa legnata •.
C'è sempre rischio che il pecca-
to e il demonio prendano possesso
delle anime giovanili. Come accorger-
si quando spiritualmente le cose non
ingranano? Forse le risposte alle se-
guenti domande potranno avviare qual-
che indicazione. Eccole:
1) Ragazzi, vi riesce difficile andare
d'accordo con gli altri? E gli altri sten-
tano ad andare d'accordo con voi?
2) Siete Incapaci di non pensare al
vuoto e all'insoddisfazione interiore che
vi rode?
3 Siete sospettosi degli altri e non
vi fidate dei vostri amici?
4) Si è spenta In voi la gioia o la
serenità?
Se rispondete si • alla maggior
parte di queste domande è segno che
dovete fare qualcosa in merito. Ecco
allora qualche consiglio.
Parlatene. Quando l'anima non è
pulita, quando qualcosa vi preoccupa
e vi fa soffrire. confidatevi con una
persona di buon senso; aprite l'ani-
ma soprattutto al confessore: vi ser-
ve ad attenuare l'ansia, a vedere In
una luce più chiara quello che vi im-
pensierisce. Vi darà uno slancio spi-
rituale.
Fate qualcosa per gli altri. Se vi
accorgete che vi state rinchiudendo
inesorabilmente in voi stessi, Isolando-
vi, provate a fare qualcos_a per 9!1 al-
tri. Chi fa la carita - dice Gesu - .
viene alla luce •· La carità vi darà la
consolante sensazione di entrare in una
zona luminosa. vi strapperà dal pecca-
to che isola, vi proietterà in Dio.
Il bisogno di tranquillità di s~irito
e di bonifica o igiene mentale è d1 tut-
ti ma specialmente dei giovani. Don
B~sco lo sapeva ed era cosi che por-
tava i suol giovani alla gioia.
Carlo De Ambrogio 9

1.10 Page 10

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Un convegno mondiale nel sellembre scorso ha ridi-
scusso e rilancialo nella Famiglia Salesiana la f igurn
d el Coadiutore. L a recente crisi generale n e aveva of-
f uscato i lineamenti; si è dovuto così riscoprire il JJl' ll·
siero di Don Bosco, e con/ronfarlo con la realtà dei
tempi nuovi.
Il
All'udienza pontificia in P iaz-
za San Pietro, il mercoledì 3 set-
tembre 1975, i Delegati del Con-
vegno mondiale sul Coadiutore
erano tutli presenti e attenti, si-
curi che Paolo VI Li avrebbe no-
minati e paternamente incorag-
giati. E se ne tornarono ferma-
mente convinti che il loro Con-
vegno sull'identità del Coadiutore
era davvero indispensabile per
tutti, dal momento che perfino
il Papa - per un lapsus che cer-
to non... compromette l'infallibi-
lità - li aveva confusi con i Coo-
peratori salesiani, e come tali li
aveva chiamati e salutati...
Necessità dunque di riscopri-
re - a vantaggio di tutti - l'iden-
tità e la missione del Salesiano
Coadiutore. Necessità di mettere
in chiara luce il pens iero di Don
Bosco a suo riguardo, di studia-
re la sua storia più che cente-
naria, di analizzare la sua crisi
attuale nel contesto della crisi ge-
nerale, di evidenziare la sua in-
tatta modernità e riproponibilità
vocazionale.
Sono infatti più di 3.400 i Sa-
lesiani Coadiutori oggi, sparsi sui
cinque continenti nelle 1.500 ope-
re di Don Bosco: una presenza
considerevole, in quella piccola
parte di Chiesa che è la Congre-
gazione. E sono stati pensati con
la consueta originai ità, e forte-
menti voluti, da Don Bosco stesso.
Come Don Bosco li volle
Il santo dei giovani, tutto assor-
bito dal suo progelto apostolico,
aveva dato vita a una società di
religiosi « in maniche di cami-
cia ,. : sia - se si vuole - in sen-
so metaforico (i suoi sacerdoti),
ma anche in senso pienamente
reale: i suoi Coadiuton, appunto.
Nel suo tormento e nelJa sua
gioia di arrivare a « salvare» il
maggior numero di giovani, sen-
za Umili geografici o sociali, Don
Bosco fece appello a tutte le for-
ze reclutabili: sacerdoti, chierici,
« cooperatori » esterni, benefat-
tori, amici. E - perché no? -
10 religiosi laici. Anch'essi, perché
nessuno doveva rimanere estra-
neo all'impresa formidabile di tra-
sformare i giovani in « onesti cit-
tadini e buoni cristiani ».
Egli sape"a che il mondo gio-
vanile di allora non puteva \\"Cni-
re agganciato di primo acchito
con i mezzi spirituali e sopran-
naturali. Occorreva prima acco-
starti con modi e strumenti terra
terra: istruzione, pane, assisten-
za, giochi, sport, spettacoli, be-
nc,olenza, cuore. E per tullo que-
sto, in mille circostanze risulta-
va più pratico l'abito borghese
che la talare, l'organizzare im-
prese « umanis tiche» che ammini-
strare i sacramenti. Perciò Don
Bosco disse a un gruppo di Coa-
diutori nel 1883 ciò che sentiva
da st:mpre: Vi sono delJc cose
che i preti e i chierici non pos-
sono fare, e le farete voi ».
Ma l'immagine del religioso lai-
co ricorrente ai suoi tempi non
gli piace\\'a affatto. Il tradiliona-
lc (e tonacato) « frate con\\'crso »,
che si poneva a servizio totale di
sacerdoti pensati essi soli come
membri « pleno iure » dell'ordi-
ne religioso, non entrava nei suoi
schemi. Egli voleva i suoi religio-
s i laici in maniche di camicia
per un compito differenziato, ma
voleva tutti - sacerdoti e laici
salesiani - ugualmente rigli suoi
e fratelli fra loro. Voleva Lutti
ugualmente apostoli, perché la
« missione » non era - e lo con-
fenncrà senza tergi\\'ersazioni il
Concilio Vaticano II - riser\\"a-
ta ai soli sacerdoti, ma affidata
in solido anche ai laici.
In una conferenza dèl 1876 Don
Bosco definì tutti i suoi egual-
mente « operai della vigna ». • No-
tate bene - egli precisò - che
per operai qui non s'intendono
solo, come qualcuno può crede-
re, i sacerdoti, predicatori e con-
fessori »; infalli " il sacerdote ha
necessità di essere coadiuvato, e
io credo di non essere in errore
se asserisco c he quanti s ie te
qui - e preti e studenti, e arti-
giani, e coadiutori - tutti, tut-
ti, potete essere veri operai evan-
gelici e fare del bene nella vigna
del Signore ».
RfllGIOSO
lAICO
CHf
DON BOSCO
YOllf
In quella circostanza ribadì an-
che l'uguaglianza e la fraternità:
« Tra i soci della Congregazione
non vi è distinzione alcuna; so-
no trattati tutti allo stesso mo-
do...; noi ci consideriamo tutti
come fratcUi •.
Non già che questa sua idea
fosse pacificamente accettata aa
ognuno. Durante il tcr.w Capito•
lo generale della Congregazione,
svoltosi l'anno 1883, qualche sa-
cerdote ancora influenzato dalla
mentalità dell'epoca propose che
si facesse dei Coadjutori una clas-
se nettamente a parte e inferio-
re; ma Don Bosco reagì visibil-
mente commosso, e perentorio:
« No, no, no! I Coadiutori sono
come tutti gli altri! ». Non ser-
vi quindi li volle Don Bosco, ma
e padroni •: la parola padro-
ni », applicata ai Coadiutori nel-
le case salesiane, è proprio sua.
Quando il Vaticano II presen-
tò i laici pienamente correspon-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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SCHEDA DEL CONVEGNO
Le tappe
1971: il Capltolo Generale Speciale salesiano decide che Il Convegno
abbia luogo
1973: Il Rettor Maggiore indlce il Convegno e ne fissa le modalità.
1974, gennaio-aprile: si svolgono i Convegni a Hvello ispettorlale.
1974, luglio-settembre: Convegni a livello inter-ispettoriale.
1975: settembre: si svolge il Convegno rnondiale, nel • Salesianum • di
Roma, presso la Direzione Generale.
partecipanti
Nove membri del Comitato Centrale organizzatore, e 128 Delegati
(complessivamente 137, di cui 98 coadiutori e 39 sacerdoti) appartenenti
a 38 nazioni diverse.
Presiede il Rettor Maggiore; sono presenti i membri del Consiglio
Superiore.
Regolatore è il coadiutore Renato Romaldl.
lavori
Nelle sette giornate del Convegno si sono tenute relazioni di esperti,
seguite dalle discussioni per gruppi (con 11 gruppi linguistici), e dagll
incontri assembleari.
I temi delle relazioni riguardavano l'identità del Salesiano Coadiutore
(aspetti storici, teologici, giuridici); le prospettive apostoliche e forma-
zione del Coadiutore, la sua • proposta vocazionale •.
Sono in preparazione gli Atti del Convegno.
sabili nell'apostolato della Chie-
sa, il Salesiano Coadiutore nella
mente di Don Bosco era già pron-
to e spiritualmente allineato al
Concilio.
Ma nella realtà?
Nella recente crisi
Polvere di cento e più anni di
storia. Dimenticanze e involuzio-
ni. Ed ecco arrivare, nella recen-
te crisi generale, anche la crisi
ciel Coadiutore: il numero di que-
sti salesiani, che aveva toccato
il tetto di 4.497 nel 1966, otto an-
ni dopo era sceso a 3.449. Non
stupisce che il Rettor Maggiore
a un certo punto esclami: « Il
Coadiutore, questo sconosciuto ».
Di qui la ricerca di cause ed er-
rori, il desiderio di ritorno a Don
Bosco.
La prima occasione di ritorno
è stata il. Capitolo Generale del
197 l - voluto « speciale » dalla
S:lnta Sede -, che ha conden-
~ato i risultati del dibattito nel-
1.'arlicolo 37 delle Costituzioni
rinnovate. Esso dice che è il Sa-
lesiano Coadiutore: « Un cristia-
no che... risponde a una vocazio-
ne divina originale: vivere la con-
sacrazione religiosa laicale a l ser-
vizio della missione salesiana ».
E dice l'ambito del suo servizio·
« Partecipa a tutti i compiti edu-
cativi e pastorali salesiani non
legati al ministero sacerdotale.
In molti settori ha un ruolo in-
tegrante e insostituibile: il fatto
di essere religioso laico gli per-
mette un tipo di presenza e di
azione particolare ».
Il Coadiutore in passato era ri-
masto giuridicamente escluso da-
gli organismi direttivi, sia delle
comunità che delle Ispettorie e
della Congregazione; il Capitolo
del 1971 ha invece legiferato che
« i confrateJLi Coadiutori possono
essere immessi nei vari Consigli,
ai vari livelli». Il Coadiutore può
ora portare « ufficialmente » da-
van li alla Congregazione le sue
esperienze. In una parola : può
valorizzare in pieno il suo cari-
sma laicale. Tutte cose che di[atto
hanno trovato subito larga appli-
cazione nelle comunità salesiane.
Altri due meriti vanno ascritti
al Capitolo del 1971: esso ha sti-
molato tutti i Coadiutori « a fare
esperienze più importanti di quel-
le tentate finora», e ha lanciato
l'idea del Convegno mondiale.
Anche questo si è trac.fotto abba-
stanza facilmente in realtà.
11

2.2 Page 12

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Con Don Rlcceri a visitare la mostra,
CoadiuLorl dl ogni colore.
11 Convegno mondiale ha costi•
tuilo L'ulteriore passo avanti nel•
la riscoperta cli qud religioso
laico che Don Bosco ,·olle ele•
mento insostiluibilc del suo pro-
getto apostolico. Il Rettor Mag-
giore, indiccndo nel 1973 il Con•
vegno, gli asscgna\\'a una triplice
finalità: proseguire nel " ripen•
samcnto profondo della figura
del Coadiutore, alla luce di Don
Busco, nel quadro della teologia
rinno\\'aLa dal Concilio, e nel con-
testo socio-culturale moderno;
formulare praLiche applica,,ioni
per una riproposta vera, più at-
tuale ed efficiente di questa figu-
ra apostolica ideata da Don Bo-
sco; sensibilizzare la Congrega-
zione e la Famiglia Salesiana cir-
ca la realtà e l'azione del Coa-
diutore ».
Si awcrlì subito che il Conve-
gno, anche se ,·erte\\'a « sui » Coa-
diutori, non era e non doveva es-
sere un affare privato " dei » Coa-
diutori: il loro è infatti un pro-
blema di tutta la Congregazione.
E si comprese anche - data la
stretta unità che caratterizza la
comunità apostolica voluta da
Don Bosco - come non fosse
possibile «ripulire» l'identità del
Coadiutore se contemporanea-
mente non si fosse ridefinita la
figura del Sacerdote salesiano.
In scheda a parte sono indica-
te le tappe, i partecipanti e lo
svolgimento del Convegno. Resta
da dire la competenza delle rela-
zioni, la partecipazione appas-
sionata dei 137 Delegati, il con•
tributo effettivo e affettivo del
Rettor Maggiore. E le conclusio-
ni del lungo diballilo.
Nel denso testo delle mozio-
ni finali è possibile individuare
tre orclini di proposte. Alcune
proposte sono risultate di tale
12 cdtlcnza che non a,cvano biso-
gno di altro per passare alla pra-
lica: continuare nello studio del
pensiero di Don Bosco; ravviva-
re nelle comunità salesiane il
dialogo fra sacerdoti e laici in
un più consapevole clima di fa.
miglia; assicurare al Coadiutore
una formazione integrale più pro-
fonda in vista della sua missione;
rilanciare la proposta vocazionale
del Coadiutore.
Altre proposte - come una
presenza più significativa del Coa-
diutore nei Capitoli generali -
devono essere riesaminate dagli
organi competenti.
Infine altre proposte riguar-
danti la struttura stessa della
Congregazione o la piena parità
giuddica di tutti i salesiani -
che comporterebbero una rottu-
ra con il modo di vita tenuto
da!Je origini della Congregazione
fino adesso - do, ranno essere
ulteriormente approfondite. « Ab-
biamo ancora bisogno di tempo,
di studio, di serenità e di preghie-
ra•, ha precisato il Rettor Mag-
giore.
Conta il dopo-convegno
Nel complesso i partecipanti al
Convegno si sono detti molto
soddisfatti del lavoro svolto. E'
stato un altro passo avanti (che
troverà di sicuro ulteriore svi-
luppo nel prossimo Capitolo del
1977), nel riscoprire « la poten-
ziale capacità apostolica » del
Coadiutore, e nel « rilanciare
questo apostolo nuovo verso il
mondo nuovo ».
Perchè l'attualità di questo
laico-apostolo-consacrato è appar•
sa a L_ulli evidente. In quest'era
della tecnica, attraversata dalla
incertezza del futuro, dall'ango-
scia di incombenti distruzioni,
dal terrore dell'olocausto atomi-
co, il Salesiano Coadiutore può
portare con la fermezza della sua
fede la risposta più rassicurante
alle attese dell'uomo moderno:
nel mondo del lavoro, nei labora-
tori, nell'insegnamento, nelle mil-
le situazioni della pastorale gio-
vanile.
Ma d'altro canto si è scoperto
che tantissimo rimane da attua-
re, che il « collaudo del Coacliu-
tore nuovo » è ancora da fare, e
che dovrà avvenire sulle strade
di oggi. Insomma, per usare le
parole del card. Poletti che ha
presieduto la concelebrazione con-
clusiva dell'incontro, « quel che
conta è il dopo-convegno ».
Domanda. Vuole ricordare, dot-
tor Maggi, le tappe della sua av-
ventura africana?
Dottor Maggi. Fino al 1948 non
avevo mai pensato seriamente di
recarmi in Africa. Ma quand'ero
studente di prima ginnasio nel
collegio di Maroggia, ricordo che
in una lezione cli geografia ci ave-
vano descritto il fantastico mon•
Le Kilimangiaro, alto quasi seimi•
la metri, che sorge presso il la-
go Vittoria nel cuore dell'Africa:
ero rimasto suggestionato dalla
descrizione, e mi dicevo che un
giorno sarei andato a vederlo.
Fantasie da ragazzi, che però
nel 1948 mi tornarono in mente:
avevo letto su un Bollettino dei
Medici l'appello: « Ospedale sul
lago Vittoria cerca chirurgo », e
subilo mi dissi che era ... la volta
buona.
Dovevo prima farmi una cullu•
ra sulle malattie tropicali. L'uni·
versità mi avrebbe richiesto al-
meno un paio d'anni. Tempo pri•
ma avevo conosciuto una giova-
ne dottoressa di Ginevra, José-
phine De Barge, protestante, che
da un decennio si era trasferita
nel sud del Camerun a fondarvi
un ospedale. Mi recai da lei a
Omwan, e feci due mesi di pra-
tica; poi mi trasferii sul lago Vit•
toria, a lavorare nell'ospedale
missionario che aveva lanciato
l'appello. Quasi due anni vi rima-
si, poi incontrando ostacoli di va-
i;-ia natura preferii tornare in Ca-
merun.
Mi misi a disposizione del ve-
scovo di Duala, sempre nel sud
del paese. Lui mj portò in piena
foresta, e mi disse: « Ecco, fac-
cia un ospedale qui ». « Alme•
no - replicai - faccia tagliare
le piante, poi vedremo se il po-
sto è adatto ». Lo era. Il terreno

2.3 Page 13

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numenooue
Il chirurgo svizzero Giuseppe Maggi, exallievo salesia-
no del Canion Ticino, in 27 unni di permanenza nel
continente nero ha costruito cinque ospedali. Perciò
l'hanno definito « un secondo dottor Schweitzer ». Tor-
nato ora in Europa a raccogliere fondi per realizzare il
suo sesto ( e « per ora ultimo >>) ospedale, ha raccontato
in quest'intervista la sua singolare avventura.
apparteneva alla missione « Saint-
André », e mettemo questo no-
me anche all'ospedale.
La costruzione fu tutt'altro che
semplice. Ci deltero una mano
anche i lebbrosi del poslo (lavo-
rarono con grande impegno, qua-
si per dimostrare che non ostan-
te tutto sono gente valida), e si
costruirono vicino il loro leb-
brosario. L'ospedale, finito, acco-
glieva 170 letti, e vennero chia-
mate a lavorare le « Suore Ripa-
ratrici del Cuore di Gesù ».
Quando mi parve che la mia
presenza al «Saint-André» non
fosse più necessaria, preferii tor-
nare all'ospedale di Omwan, di-
retto dalla De Barge. Que ll'ospe-
dale contava ben duecento letti,
ma gli edifici erano precari, ca-
panne costruite in terra. La po-
polazione da quelle parti è in gra-
do di pagare le prestazioni ospe-
daliere, e così potemmo mettere
insieme i fondi per rifare com-
pletamente l 'ospedale, con muri
in cemento. Intanto la signorina
De Barge da protestante si era
fatta cattolica, e un bel giorno
se ne partì per il noviziato: si
fece suora. Continuai da solo.
A Giobbe il letame,
a me la cenere
Sotto Natale del 1956 mi pre-
si alcuni giorni di libertà, e mi
spinsi a caccia nel nord del Ca-
merun. Capitai in una zona mon-
tagnosa, con popolazione estre-
mamente povera. Fermai l'auto
in un piccolo centro, e la gen-
te - tutta nuda, ancora - inve-
ce di venirmi incontro scappò co-
me uno sciame cli mosche. Ma
ebbi tempo di notare sulle loro
gambe e per tutto il corpo tante
piaghe cli ogni genere. Mi dissi:
« L'uomo bianco dev'essere stato
molto cattivo con questi poveret-
ti, se a vederne uno scappano in
questo modo ». E mi sentii umi-
liato. Ma sentii pure il desiderio
.ii far vedere ]oro che non sia-
mo proprio tutti dei malvagi.
Tornato a Omwan, in due an-
ni misi insieme il minimo indi-
spensabile per aprire il nuovo
ospedale. Caricai tutto su due ca-
mion e partii.
Ricordo, era il 10 gennaio 1957
quando giunsi a Tokombéré. Tro-
vai due edifici a forma circolare
e con tetto di paglia, costruìti
tempo prima da una compagnia
francese che coltivava il cotone,
ma al momento abbandonati e ca-
denti. Comprai case e terreno e
cominciai a curare i malati.
Costruire era un'impresa diffi-
cile: avevo pochissimo denaro
(qualcosa come trecentomila li-
re cli oggi); ma la Provvidenza
mi giocò·il suo tiro birbone.
Un giorno ero andato con la
camionetta a fare un pieno di
sabbia; tcrminatu il carico, ten-
tai di partire. Le ruote erano in-
sabbiate. Stavo prendendo il cric,
quando arrivarono di corsa gri-
dando: « L'ospedale brucia! ». An-
ch'io corsi a vedere, e pote i solo
constatare il disastro. Riuscii a
salvare un paio di occhiali, un
paio di calzoncini e una camicia.
Tutto il resto, compresi i soldi,
era andato in fumo.
Pensai a Giobbe a cui era ri-
masto solo più il letame: io in-
vece avevo cenere. Avrei dovuto
piangere, e invece mi misi a
ridere.
Qualche tempo prima un sacer-
dote nero, parroco di Duala, mi
aveva raggiunto a Tokombéré con
tre suore, per vivere con me. Vo-
leva fondare una missione accan-
to all'ospedale. Visto il disastro,
questo sacerdote che aveva co-
noscenze in Europa scrisse ai suoi
amici raccontando tutto, e fu co-
che si mossero molti, e avem-
mo il denaro occorrente per co-
struire un ospedale grnnde e
solido.
Tanti neri venivano a farsi cu-
rare; nei giorni di mercato ne
avevo fino a seicento da visita-
re. Ma era gente che doveva ve-
nire a piedi, malata, da lontano,
e mi arrivava a voi Le in condi-
zioni disastrose. Così decisi di
spingermi più a nord, e aprire un
nuovo ospedale.
Sempre più a nord
Una signorina che avevo cono-
sciuto in Europa nel '63, medico,
volle venire a « provare ». La la-
sciai a Tokombéré, e mi trasferii
a Petté, settanta chilometri più a
nord, dove costruii il quarto ospe-
dale. Quella signorina tornò in
Europa, e il suo ospedale passò 13

2.4 Page 14

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a una congregazione di suore.
Poi quella signorina mi disse che
voleva tornare definitivamente, e
le lasciai l'ospedale di Pe tté.
Quanto a me, mi ero trovato
un altro posto ideale dove co-
struire il quinto ospedale: Zinah,
ancora pjù a nord. Qw la regio-
ne è completamente piana, e lon-
tana dai centri abitati (il più vi-
cino è a 120 chilometri). Vi scor-
rono grossi fiumi che regolar-
mente straripano e sommergono
vastissime aree con due metri
d'acqua. Si viaggia solo in bat-
tello. Poi le acque si ritirano e
rimangono a lungo i pantani, che
rendono impossibile viaggiare sia
a cavallo che m auto. Servono so-
lo i piedi (e che fatica). Poi
vengono sette mesi di siccità, du-
rante i quali è inutile seminare
e piantare: il sole brucia tutto,
anche se irrigate sei volte al gior-
no. Immaginare La vita della gen-
te. E che cosa significa recarsi
all'ospedale. O per me, recarmi
a visitare i malati. Quando è tut-
to secco, parto con la Land Ro-
ver rassegnato ai sussulti del ter-
reno (senza strade), con 45° fuo-
ri e 60" nella cabina. Questo è
Zinah.
Nel 1971 si diffuse nel nord
una spietata epidemia di colera;
il medico francese che lavorava
a Fort-Foureau venne a chiedere
aiuto: « Ho perso ottocento ma-
lati solo perché non potevo cu-
rarli » (il colera vuole cure atten-
te e assidue). Andai su a cerca-
re un posto adatto per un nuo-
vo ospedale, e lo trovai. Allora
chiesi l'autorizzazione al gover-
no, e non ebbi risposta. Qualche
mese fa torno su, e il Prefetto
mi affronta: « Quando fa l'ospe-
dale?». « Quale ospedale?», do-
mando io. « Ma ·noi lo abbiamo
già messo nel piano quinquenna-
le». « E mi date il denaro?».
« A questo ci pensi lei».
Ecco perché sono tornato in
Europa: per cercare il denaro per
il mio sesto ospedale. Sorgerà
nell'estremo nord del Camerun,
vicino al lago Ciad, su un cro-
cicchio di strade frequentate, a c-
cessibile alle popolazioni non so-
lo del Camerun ma anche del
Ciad e della Nigeria. Occorre fa.
re un ospedale grosso perché la
gente da curare è molta. E occor-
rono molti soldi perché i costi
sono saliti alle stelle (e la crisi
del petrolio ha fatto crescere per-
fino il prezzo del lane di capra
14 del Camerun).
CHI E' E DOVE LAVORA IL DOTTOR MAGGI
---
Il dottor Giuseppe Maggi è nato a Caneggio (Canton Ticino) nel
1910. Ha studiato per nove anni nel collegio salesiano di Maroggia (Sviz-
zera), poi ha frequentato medicina a Parigi e si è laureato a Losanna
nel 1935. Ha esercitato per tre anni all'ospedale di Chaux-de-Fonds, poi
fino al 1947 in un suo studio privato nel Cantone di Neuchatel. Trasferi-
tosi quindi a Losanna. poco dopo partrva per l'Africa.
Il Camerun, dove soprattutto ha svolto la sua attività, è paese dif-
ficile per la Chiesa. Grande una volta e mezza l'Italia. ha appena 7
milioni di abitanti (in maggioranza animisti). I cattolici sono quasi un
milione e mezzo, I mussulmani solo 700.000 ma detengono in pratica Il
potere. E osteggiano la penetrazione cristiana.
In questa situazione, solo personaggi fuori schema come Il dottor
Maggi riescono a sfondare •. Questo singolare exall!evo salesiano si
distingue per il coraggio che non si ferma davanti agli ostacoli, per
generosità evangelica nascosta sotto una scorza burbera, per l'insoffe.
renza delle mezze mi$ure. ln più, ha di Don Bosco il senso dell'umore,
che lo porta a sorridere bonariamente degli altri dopo aver sorriso anzi-
tutto di sé.
La Provvidenza
mi prende a pedate
sultati non li so ottenere, con-
tinuo a costrwre ospedali...
Domanda. Africa, ospedali... vie-
ne subito in men/e la figura del
dottor Albert Schweitzer. Che
gliene pare di questo confronto?
Infatti lei è stato definito da
qualcuno « un secondo dottor
Schweitzer ».
Dottor Maggi. Mi pa_re un'enor-
mità. li dottor Schweitzer era do-
tato di tante qualjtà che io nep-
pure mi sogno. Ho aperto cin-
que ospedali e lui uno solo, ma
lui era anche e prima di tutto
missionario, era « pastore » pri-
ma di essere medico. E ha crea-
to anzitutto un'autentica comuni-
tà cristiana, con annesso un ospe-
dale. Io non ho mai visto la sua
opera a Lambaréné, ma ho co-
nosciuto un prete nero che è
stato laggiù, e mi diceva: « E'
il solo posto al mondo dove si
respira la pace ». Questo sì è un
risultato. Siccome io questi ri-
Domanda. Come finanzia, dot-
tor Maggi, i suoi ospedali?
Dottor Maggi. Come posso. Al
primo ospedale aveva provvedu-
to il vescovo. Il secondo si è au-
tofinanziato. De l terzo ho già det-
to: tutli i miei soldi erano anda-
ti in fumo, ma poi arrivarono
aiuti dall'Europa. Per i successi-
vi sono stato soccorso molto da
un'associazione umanitaria crea-
ta a Lugano da amjci: essi ave-
vano condotto giù in Camerun
perfino la televisione. Ora sono
di nuovo alle prese con la Prov-
videnza che - lo sento - ma-
gari prima mi prende a pedate,
ma poi mi aiuta. Anzi, sono le
sue pedate che... .mi fanno anda-
re avanti.
Domanda. I suoi collaboratori,
dottor Maggi: c'è un po' di tut-

2.5 Page 15

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to, gente d'Africa (per/ino i leb-
brosi), gente che viene dall'Eu-
ropa ...
Dottor Maggi. Dunque, il pri-
mo e il terzo ospedale sono ora
in mano di suore europee. Nel
secondo c'è personale indigeno.
Nel quarto c'è, come ho detto, la
giovane dottoressa svizzera. Ora
ho trovato anche a chi affidare
il quinto ospedale: un m edico d i
Genova che al momento lavora
presso un'impresa milanese che
costruisce strade nel Camerun.
Mi ha scritto: « Appena finisco
qui, voglio venire con lei e mo-
rire con lei ». Sarà il benvenuto.
Domanda. Che rapporto c'è fra
gli ospedali che Lei apre, e le mis-
sioni?
Dottor Maggi. I pri.mj due ospe-
dali sono sorti su terreni delle
missioni. Per il terzo è accaduto
il contrario : l'ospedale ha aper-
to la strada alla m issione. Nei
successivi c'è difficoJtà per l'at-
tività missionaria. A Zinah c'è
un sacerdote spagnolo che fa di
tutto, anche il meccanico, e alla
domenica dice la messa per me.
Le autorità civili sono preoc-
cupate: « Lei viene avanti con la
Croce Rossa, ma poi dietro di lei
viene l'altra Croce... ». Che cosa
posso rispondere?
Infarinato dai salesiani
Domanda. Dica anche qualcosa
di sé: come passa le sue giot-
nate?
Dottor Maggi. Al mattino mi
alzo alle cinque e mezzo, do da
mangiare alle mie bestiole (gat-
In ciascuno del suol ospedali il dot-
tor Maggi costruJsce una cappellina.
to, cane, un piccolo cinghiale),
poi verso le sette comincio le
visite ai malati dell'ospedale. Poi
Le consultazioni. Poi devo prepa-
rarmi il pranzo. Nel pomeriggio
a volte faccio visita a malati in
giro, più tardi qualche operazio-
ne. Devo anche trovare il tem-
po per tante piccole cose da ag-
giustare: l'auto, un tubo che
perde, un filo della luce... A vol-
te vado a caccia : basta fare qual-
trò passi, e ci sono animali in
quantità, che finjscono poi in
cucina.
Così in un niente arriva la not-
te. Ci si a lza i l lunedì mattina, e
subito è sabato sera.
Domanda. Lei costruisce su ter-
reno non suo, e usa i soldi che
guadagna per tirare su gli edifi-
ci. Alla fine va a ricominciare
altrave lasciando tutto agli altri
e tenendo niente per sé. Questo
modo di fare non sarà giudica,
to alme110 .slrnno, da parte del
comune « uomo della si rada »?
Dottor Maggi. Ma laggiù non
ci sono strade...
In fondo, la vita che cos'è? Un
dono. Quando c'è da respirare,
da mangiare, da vestirsi, iJ res to
non conta. Basta non essere col-
lezionisti, né di denaro né di al-
tro, e si è sereni. Laggiù quando
uno è povero e muore, muore
contento. Non ha niente, si ad-
dormenta e basta. Il ricco inve-
ce deve far venire i parenti : a
te lascio questo, tu pretendi que l-
l'altro: sta male prima di mo-
rire. Io ho detto: quando muoio
buttatemi lì, e poi una iena o uno
sciacallo o un avvoltoio mi man-
gerà.
Nella mia vita tutto si è fatto
da solo. Sono andato in Africa
per caso, in Camerun per caso.
Mai niente di programmato, tut-
to come i funghi. Mi basta sape-
re che c'è Qualcun\\:, lassù, e che
ogni tanto guarda in giù.
Domanda. Lei ha rinu11ciato a
farsi una sua famiglia; non si
sente isolato, non soffte di solì-
rudine?
Dottor Maggi. Non si è mai so-
li. Prima di tutto, un medico dor-
me con i suoi malati. Mangia an-
che con loro, perché li ha sem-
pre in mente. E poi, dicevo, c'è
Lui , lassù, che sa fare il suo me-
stiere: sa rendersi pre~r ••e in
tanti modi, e mi aiuta ~ supera-
re i momenti di rr)' · ,conia.
Proprio solo, non m i sento mai.
Domanda. Nove anni di studio
presso la casa salesiana di Ma-
roggia, che cos'hanno significa-
lo pu Lei?
Dottor Maggi. Quelli che mi co-
noscono a volte mi dicono: « Tu
sei proprio infarinato dai sale-
siani ,,. Ci dev'essere qualcosa di
vero, perché me lo dicono in tan-
ti. Ma cosa sia, io non lo so.
Capire e educare
Domanda. Qual è la sua espe-
rienza di europeo andato a vive-
te un rapporto di solidarietà con
la gente nera dell'Africa?
Dottor Maggi. Io sento che
quella gente, che vogliamo CJVl·
lizzare, è più civi le di noi. La
prima cosa, è non far loro del
male. Quindi anzitutto andare
d'accordo, cercare di capirli e
farsi capire. Quanto a religiosità,
sono più religiosi di noi europei.
Si vuole portare loro Cristo: be-
ne. Però non lo si imponga.
Laggiù ho constatato che l'istru-
zione è il peggior male dell'uma-
nità. Quando la gente nera im-
para a leggere il giornale, perde
la testa. Ci si deve preoccupare
invece di educare. Quando saran-
no educati, solo aJLora li si po-
trà istruire. I nostri vecchi era-
no educati, non istruiti. Noi in-
vece oggi siamo poco educati e
molto istruiti. Per questo com -
mettiamo tante bestialità. Io liti-
go con i missionari che arriva-
no in Africa per istruire. Il ne-
gro che ha imparato a leggere il
giornale ma ha il padre a nalfa-
beta, dice: « E' un asino, non sa
neppure che esiste l 'Europa ». E
intanto lui abbandona tutte le tra-
dizioni della sua gente, che era-
no profondamente morali. Poi
succedono i disastri.
Domanda. Allora, dottor Mag-
gi, che imprnssione le ha fat lo il
Kili111angiarn?
Dottor Maggi. Ah, già. Dunque
L'ospedale per cui ero andato in
Africa si trovava da un capo del
lago Vittoria, un lago lungo tre-
cento chilometri. Il Krnmangia-
ro si trova proprio dalla parte
opposta, ma esattamente seicen-
to chilometri più in là. Non l'ho
ancora visto, il Kilimangiaro.
e. b. 15

2.6 Page 16

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Ogni anno la « Settimana d1
preghiera per l'unità dei cristia-
ni» ( 18-25 gennaio) r ichiama ai
credenti in Cristo una situazione
di Chiesa che non è per nulla con-
forme al Vangelo: la loro divi-
sione. Siamo costretti a ricono-
scerlo con amarezza : noi cristia-
ni non siamo unili, non viviamo
in comunione, e impediamo così
che si realizzi la preghiera di
Cristo : « Padre, siano una sola
cosa» (Giov. 17, 21). La situazio-
ne in cui viviamo è quindi peren-
nemente una situazione di pec-
cato. Perchè è il peccato che cau-
sa la divisione. E noi dobbiamo
liberarcene.
la bibbia diventa
La divisione fra le « con/essioni » cristiane è LLna do-
lorosa situazione di peccato. Ma ecco il fallo nuovo: la
Bibbia, fino a ieri motivo di disuni_one, <!ra_di~ent<:,
« un cammino di unita ». Come? Gh studwsi pm di-
versi preparano insieme traduzioni P?polrlI'i inter-_con-
fessionali del lesto sacro; le comumta det credenti po-
tranno cosi leggere e pregar e le st esse parole, fare
esperienza di p ensier! ~ sentime1~ti comuni, cedere alla
persuasione dello Sptrtlo che unisce.
133 progetti di traduzione
· La situazione non è però senza
speranza. I cristiani cerlo sono di-
visi, ma non c'è mai s tato, nella
recente storia cristiana, un desi-
derio di comunione e di unità
come lo si avverte oggi. Ancora
ne l 1950 Paul Evdokimov poteva
dire senza paura di essere con-
traddetto: « La Bibbia chiusa ci
unisce; ma appena apriamo le
sue pagine, la Bibbia aperta ci
disunisce>>. Oggi questa trase non
è più totalmente vera. Oggi al con-
trario possiamo dire con Congar,
senza timore di essere smentili:
« Una grazia meravigliosa è stata
fatta al nostro tempo: la Bibb ia
ridiventa un cammino di unità ».
Congar ba pronunciato queste
parole alla Sorbona il 16 gennaio
1967, quando fu presentata la
traduzione ecumenica della Let-
tera ai Romani. E da allora, se
n'è fatto del cammino.
Nel 1968 l'Alleanza Biblica
Universale e il Segretariato per
l'Unione dei cristiani hanno pub-
blicato un importante documen-
to comune, le « Direttive sulla
cooperazione inter-confessionale
nella traduzione della Bibbia ».
Poi c'è stato tutto un rifiorire di
iniziative nel mondo cristiano; e
oggi (come ha scritto l'Osservato-
re Romano il 7 luglio 1975) « è in
atto una collaborazione cattolica
ufficiale a 133 progetti di tradu-
zione della Bibbia in diverse par-
ti del mondo ». Gli studiosi già
da diversi anni leggono un testo
in lingua originale, stabilito tra
loro di comune accordo, sulla ba-
se dei migliori codic.i. Ma si vuole
offrire a tutti la Bibbia in un te-
sto che sia comune anche nelle
lingue vive di ogni giorno. E lo
16 si farà.
Un nuovo cammino verso l'uni-
tà dei cristiani si è così aperto, e
il lavoro comune sulla Parola di
Dio ne scandisce il passo. Le cri-
stianità si stanno un poco libe-
rando del loro peccato della di-
sunione, e hanno la certezza di
lavorare « secondo lo Spirito ».
In Italia un lavoro di traduzio-
ne inter-confessionale del Nuovo
Testamento è in atto dal 1973.
La presidenza della Conferenza
Episcopale Italiana ne è a l cor-
rente, e ha dato il suo benestare
all'iniziativa. A tre anni di distan-
za il lavoro si avvia a lle sue ulti-
me battute. Sono già stati pub-
blicati, sia pure in stesura non
ancora definitiva, la « Lettera di
Giacomo>> e il « Vangelo secondo
Marco»; entro il 1976 gli a ddetti
pensano di poter offrire al pub-
blico italiano tutto il Nuovo Te•
stamento.
Il progetto ha una fisionomia
particolare non soltanto perchè
si tratta di una traduzione inte1·-
confessionale, ma pcrchè perse-
gue delle finalità precise. A dif-
ferenza delle varie traduzioni
oggi in commercio (molte delle
quali sono ottime, ma destinate· a
persone di una certa çultura), la
nuova traduzione vuole mante-
nere una duplice fedeltà: al te-
sto originale, e al popolo di Dio.
Sarà perciò popolare, cercando di
tradurre la Parola di Dio in modo
nuovo, secondo i criteri della Lin -
guistica moderna, in un parlare
vivo e fresco come appariva il
lesto onginale ai primi cristiani.
L'esempio del Papa
Il Segretariato per l'Unione dei
Cristiani ne l 1975 ha emanato un
decreto riguardante « La collabo·
razione ecumenica sul piano re-
gionale, nazionale e locale ». In
esso, parlando del lavoro biblico
in comune, ha ricordato l'immen-
so sforzo che i fratelli protestanti
compiono nella diffusione della
Bibbia. E' il loro vero apostolat o:
oggi diremmo il loro carisma.
Sono organizzati in 56 Società
Bibliche Nazionali (quella italia-
na ha sede in Roma, via dell'Umil-
33), riunite nell'AJleanza Bibli-
ca Universale (ABU), e hann0 co-
me scopo la distribuzione della
Bibbia, la promozione di Settima-
ne bibliche, esposizioni, conferen-
ze, ecc. E non rifiutano la colla-
borazione con i cattolici.
Un « gruppo di lavoro » per la traduzione

2.7 Page 17

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cammino di unità Leumann-Torino) insieme con
l'Alleanza Biblica Universale
(ABU-Roma). A loro fa capo il
Comitato di Edizione, sia per
l'organizzazjone del lavoro che
per l'impegno finanziario e di dif-
Avendo un testo comune, è lo•
gico che anche Ja dbtribuzione
venga (atta in comune. Il De-
creto del Segretariato riconosce
l'importanza che la collaborazione
inter-confessionale alla traduzione
e alla distribuzione ha « sull'atti-
vità missionaria, sulla catechesi e
sull'educazione religiosa a tutti i
livelli ».
E' qui che si apre un campo
per tutti, quindi anche per la
Famiglia Salesiana. Questa tradu-
zione dev'essere diffusa, de\\'e en-
trare in ogni famiglia cristiana e
non cristiana. L'esempio non
manca: viene dal Papa, che nelle
udient:e private durante l'Anno
Santo ha fatto distribuire la tra-
duzione inter-confessionale del
Nuovo Testamento, e ha permes-
so che nell'atrio della Basilica di
San Pietro si distribuissero pa-
gelline con alcuni brani della let-
tera di Giacomo. E' stato entu-
siasmante ,·edere cattolici e pro-
testanti distribuire insieme la Pa-
rola di Dio nel principale tempio
della cristianità.
L'esempio del Papa ci incorag-
gia a diffondere ovunque - an-
che insieme con i protestanti -
la Parola di Dio: per ora sono
pronti, preparati con loro, sol-
tanto la « Letlcra di Giacomo»
e iJ « Vangelo secondo Marco»;
ma tra bre,•c sarà pronto tulio
il Nuovo Testamento (i due fa-
scicoli già in commercio recano
la sigla LDC/ABU).
La presenza s alesiana
« LDC »: queste tre lettere rive-
lano subito la presen1..a ufficiale
salesiana: una presenza - in un
lavoro così immenso - senza dub-
bio modesta, ma reale e fattiva.
La « Federazione cattolica mon-
diale per l'apostolato biblico »,
fondata per aiutare e coordinare
la cooperazione cattolica con le
Società Bibliche, ha come segre-
tario il sacerdote salesiano olan-
dese John A. Van der Valk. E per
quanto riguarda la traduzione in-
ter-confessionale italiana, fa parte
del gruppo di la\\'oro il sacerdote
salesiano Mario Galizzi dd Centro
Catechistico Salesiano di Leu-
mann (Torino). L'iniziativa edito-
riale poi è mandata a\\'anti dalla
Libreria Dottrina Cristiana (LDC
fusione.
Dato lo scopo chiaramente apo-
stolico, si mira a non far pesare
sul prezzo del volume le ingenti
spese di quauro anni di Lavoro
per la trndu1ione. Anche sotto il
punto di vista economico si traua
perciò di sollecitare l'apporto di
tutti. Da parte protestante i fondi
necessari sono già stati raccolti;
da parte cattolica finora c'è stata
poca corrispondenza (quanti sono
sensibili alla difl usionc della Pa-
rola di Dio, sappiano che è pos-
sibile partecipare alle spese di
traduzione, stampa, diffusione).
Pregare lo s tesso testo
Testo comune, diffusione in co-
mune, lettura di uno stesso· testo,
o meglio: impegno per pregare
lo stesso testo. Sono passi irrc-
versibi li verso l'unità dei cristia-
ni; ma non sono ancora tutto
quello che Gesù vuole. Non siamo
ancora al punto di formare « una
cosa sola».
1 traduttori riconoscono con
umiltà che un testo comune non
significa ancora comunione. Tan-
te volte es1,i si accorgono che
usano le stesse parole, ma che
Inter-confessionale della Bibbia (primo a slnlstra, il salesiano don Mario Calhzl).
esse talvolta non significano iden-
tità di comprensione del testo
serilluristico. La traduLione, la
precomprensione personale, -l'am-
biente in cui ciascuno viYe, co-
stituiscono un pesante condizio-
namento.
Dovremo per questo disanimar-
ci? No!, ma prendere atto con
umiltà di ciò che ci unisce e di
•ciò che ancora ci divide, e impe-
gnarci anche come Famiglia Sale-
siana a quel lavoro ecumenico che
sempre più si svilupperà nelle
singole chiese locali, secondo le
direttive dei Vescovi.
Preoccupazione primaria tutta-
via rimane sempre la diffusione
di un testo comune. Infatti, solo
quando avremo molte volte letto
e pregato le stesse parole, riu-
'-Ciremo anche a fare l'csperien-
Zd di comuni pensieri e sentimen-
ti, e ad avvertire la forza dello
Spirito che ci unisce. Il traguardo
è sempre la Parola di Cristo:
« Padre, siano una sola cosa ».
17

2.8 Page 18

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Una coincidenza significativa. Valdocco il 16 novembre ha rivissuto la giornata storica
Mons. Castillo sabato 15 novem-
bre presiedeva nella Basilica di
~el _prim? ad_dio °:i mi~sionari partenti. Una giornata
Maria Ausiliatrice il funerale com- 1ndLmenfLcnblle, nempLla dalla presenza dei superiori
movente di due anziani e bene- sa?esi~1i,_ dei mis~i?nar~ giov<:ni e veterani, e dal for-
meriti missionari, che il Signore
aveva chiamato a sé proprio il
mLcolw wcontembLle dt tanti appartenenti alla Fami-
giorno prima: don Vincenzo Ri- glia di Don Bosco.
caldone e don Eusebio De Ange-
lis. Quest'ultimo aveva lavorato
nell'Ecuador fino al 1939, fino a
lasciarci la salute. Don Ricaldo-
ne aveva preso parte alla spedi-
zione che nel 1924 si era recata
in Cina, col futuro vescovo (e fu.
turo martire) Luigi Versiglia; il
- Rettor Maggiore ora lo aveva in·
vitato a Valdocco per le feste del
centenario; ma lui, discreto come
di quella mattina piena di neb-
bia, ma sentivano la presenza cal-
da e confortante di Don Bosco.
L'indomani, avrebbero ricevuto il
crocefisso.
.E così, per due missionari che
il Signore aveva chiamato al pre-
mio, altri 36 erano pronti a
prenderne il posto...
la cerchia familiare, don Ricceri
ringrazia l'Ausiliatrice.
« Se Don Bosco fosse qui do-
mani - va dicendo don Ricce-
ri -, sarebbe felice di vedere
accanto a sé il Papa nella perso-
na del card. Rossi; di vedere tut-
ti i vescovi del mondo qui rap-
presentati da questi carissimi no-
4
sempre, si era accontentato di
stri vescovi; di vedere tutti i sa- r
vivere in pieno solo la prima gior- Osare opere grandi
lesiani del mondo nella persona
nata, l'll novembre, quella della
di questi venerandi missionari.
preghiera...
Pure il sabato 15, vigilia della Allora furono dieci, oggi sono
Nella stessa ora dei mesti fu. festa giubilare, il Rettor Maggio- cento!
nerali a Valdocco, al Colle Don re diede la « buona notte »: cor- « Ritorniamo allo spirito del
Bosco celebravano l'Eucaristia 36 diale, semplice, diretta. La scena 1875: grande donazione, grande
giovani missionari salesiani arri- pare stralciata dalle pagine an- entusiasmo, grande fiducia, amo-
vati il giorno prima da Roma (do- tiche di don Lemoyne: nella pe· re al Papa, amore a Don Bosco.
ve avevano preso parte, nella Ca- nombra della Basilica le parole Noi salesiani del secondo secolo,
sa Generalizia, al Loro corso di di don Ri.cceri risuonavano nel non vogliamo essere da meno. Il
preparazione). Erano stretti e pi- silenzio teso dei duecento sale- Papa ci augura e ci raccomanda,
giati nella poverissima stanzetta siani presenti: missionari anzia- nella sua ultima lettera, di osa-
abitata un tempo da Giovannino ni e giovani, qualche vescovo sa· re: "Osare opere grandi per le
e mamma Margherita; condivi- lesiano, il personale di Valdocco. missioni-''! E' del resto la nostra
18 devano l'umido freddo autunnale Come Don Bosco cent'anni fa, nel- stessa parola d'ordine lasciataci

2.9 Page 19

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I MOMENTI INDIMENTICABILI DI VALDOCCO
Martedi 11 novembre Giornata di preghiera
Nel giorno della ricorrenza centenaria della prima spedizione, voluto
dal Rettor Maggiore giorno di preghiera, la Famiglia Salesiana si
stringe attorno alraltar maggiore della Basilica.
Ore 7. messa per le Figlie di Maria Ausiliatrice (presieduta da don
Bernardo Tohill del Consiglio Superiore): lungo tutta la mattinata,
messe per le allieve.
Ore 19,15. messa per Salesiani, FMA e Volontarie di Don Bosco (pre-
siede mons. Maritano, vescovo ausiliare di Torino)
Ore 21: messa per I Cooperatori e gli Exalllevi (presiede don Giovanni
Rainerl, del Consiglio Superiore).
Giovedi 13 novembre Commemorazione ufficiale
da Don Bosco: "Non possiamo
fermarci ..."
Con gli occhi sgranali su don
Ricceri, il venerando mons. Fcr•
rando seduto nel primo banco co-
me un ragazzino dell'Oratorio di.:!
1875, continua estasiato a guar-
dare...
La commemorazione ha luogo alle ore 18 nel salone-teatro di Valdocco,
presenti don Ricceri. madre Canta. rappresentanti della Famiglia
Salesiana, autorità religiose e civili. Compreso li sindaco comunista
Diego Novelli
Don Rlccerl ricorda: • A Torino, tutte le autorità hanno sempre voluto
bene al salesiani. anche chi sapeva poco di acqua bened1ma •.
Commosso discorso commemorativo di mons. Sergio Plgnedoli, presi-
dente del • Segretariato per I non credenti •·
Applaudito concerto polifonico del coro dell"Accademia Stefano Tem-
pia. diretto dal salesiano don Virgilio Bellone
Sotto le luci della televisione
Sabato 15 novembre Funerali di due anziani missionari
Le dieci del giorno J6, dome-
nica matlina. Manca un'ora al-
l'inizio della celebrazione in cui
saranno distribuiti i crocefissi.
- L'organizzazione, programmata in-
telligentemente e realizzata con
Come non rilevare la significallva circostanza, proprio nel giorni di
celebrazione delle missioni salesiane? Mons. Rosalio Castillo ha
presieduto al mesto rito.
Buona notte del Rettor Maggiore, sul centenario: Dal sogno alla
realtà. Noi slamo stati strumenti nelle mani della Madonna, per
realizzare Il miracolo •.
non poco sacrificio dai salesiani
di Valdocco, riporta i suoi frut-
ti: con serietà pari a quella di
una celebrazione pontificia in Va-
ticano, si esigono agli ingressi i
biglietti rossi d'entrata.
Lo spettacolo nella Basilica· è
insolito: alla sobria eleganza di
luci e fiori (che spiccano col co-
lore acceso dei gladioli sullo sfon-
Domenica 16 novembre Consegna dei crocefissi
Ore 11, concelebrazione nella Basilica. teletrasmessa in diretta.
Presiede Il card. Agnelo Rossi, prefetto della Sacra Congregazione
per l'evangelizzazione del popoli •· Sono presenti otto vescovi mis-
sionari. Concelebrano pure li Rettor Maggiore, i sacerdoti mbsio-
nari della nuova spedizione, molti anziani missionari con la lunga
barba.
Presenziano le Figlie di Maria Ausiliatrice con madre Canta, diversi
Coadiutori missionari anziani, e tipici rappresentanti del popoli evan-
gelizzati.
do dei marmi), si oppongono in
Il card. Rossi Impone Il crocefisso a 36 Salesiani e 17 Figlie d1 Maria
stridente contrasto le impalcatu-
Ausiliatrice, rappresentanti degli oltre cento missionari che com-
re metalliche delle quattro tele-
plessivamente partono per le missioni durante Il 1975.
camere.
Ore 13. agape fraterna. Ore 15, gruppo fotografico.
Alle 10,45 i concelebraoti pren-
Ore 18,30, commemorazione del 50" di sacerdozio del Rettor Maggiore.
1-------------------------------19 dono -posto in presbiterio: otto
vescov1 salesiani, il Rettor Ma~-
Concelebrano con don Rtccerl due vescovi e 150 sacerdoti salesiani.

2.10 Page 20

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Momenti di Valdocco: la gioia del Re1 lor Maggiore fra i missionari velerani; i cardinali Agnelo Rossi e Sergio Pjgnedo-
li portano la voce della Chiesa alla FamjgJia Salesiana.
giore con vari membri del suo
Consiglio, i missionari anziani
(testimoni della continuità), e i
missionari in erba. Nella navata
centrale, ai primi banchi madre
Canta con il suo Consiglio, i mis-
sionari laici e le missionarie, au-
torità e amici... E salesiani, fe-
deli, amici, giovani occupano tut-
ti gli spazi liberi. E altri, rimasti
fuori, verranno sistemati davanti
a televisori opportunamente ap-
prontati in locali di fortuna...
Prima della messa il maestro
Lamberto dà gli ultimi ritocchi
ai canti, con una prova generale
alla quale prendono parte docil-
mente i vescovi, le aulorità, le
« scholae », i fedeli. Alle undici
precise, sotto le luci incrociate
della televisione, entra il card.
Agnelo Rossi.
E l'Eucaristia comincia.
Un sudamericano
che dice « Presente! »
Un libretto a stampa, con lo
svolgimento completo della litur-
gia, contribuisce alla piena par-
tecipazione al rito. Nell'omelia il
cardinale tra l'altro motiva la sua
partecipazione: « E' un sudame-
ricano che dice "Presente!" oggi
a questa cerimonia comn1emora-
tiva delle missioni salesiane in
Sudamerica. E ' un brasiliano che
dalla sua città natale di Campi-
nas fino alla metropoli Sao Paulo
conosce da vicino l'efficacia del-
l'apostolato missionario salesiano.
E' un figlio di emigranti che
ringrazia i salesiani. E' soprat-
tutto il Prefetto della Congrega-
zione per l'Evangelizzazione che
vi parla in questo momento, sof-
fermandosi col ricordo ai lontani
e difficili territori di missione che
ha potuto visitare: Filippine, Ko
rea, Giappone, Hong Kong... ».
20 Viene il momento da tutti
aspettato: la consegna dei croce-
fissi. Si ripete quella sera lonta-
na dell'll novembre 1875, quan-
do le carrozze attendevano sulla
piazza antistante, e l'allegria era
grande e la commozione faceva
nodo alla gola. Allora era Don
Bosco a dare l'abbraccio, ora è
don Ricceri con madre Canla. Al-
lora, a riceverlo, erano don Ca-
gliero, don Fagnano, nomi illu-
stri; ora i nomi sono al momento
sconosciuti, ma già noti al Si-
gnore...
All'oJJertorio la parentesi fes to-
sa del folclore, dei simboli, dei
doni. Gli abiti esotici di due in-
di nativi richiamano i presenti
alla realtà: essi avanzano lungo
la navata portando oggetti di fal•
tura artigianale e frutti delle lo-
ro terre, poesia e fantasia, il gra-
zie sincero al Datore di ogni bene.
Nel cortile dei ricordi
Alla fine del rito, mentre la te-
levisione compie un'ultima « zu-
mala» su Maria Ausiliatrice sor-
ridente dal grande quadro, tutti
si riversano in cortile, nel « cor-
tile dei ricordi », sotto le finestre
delle camerette di Don Bosco,
come se ci si aspettasse di ve-
derlo apparire da un momento
ali 'altro, sul balcone incornicia-
to dalla vite. Abbracci, auguri,
voci che s'intrecciano nell'allegria
traboccante.
Il card. Rossi scende sotto la
Basilica per inaugurare l'Esposi-
zione Missionaria: << Non è sol-
tanto entusiasmante - dice do-
po averla visitata -, ma è pure
stimolante per le vocazioni mfa-
sionarie. Penso che qualcuno di
questi giovani e ragazzi, che ve-
dono l'esposizione, se ne entusia-
smerà: essa non indica soltanto
il passato, ma è una spinta per
l'avvenire».
Poi l'agape fraterna, con canti
e ringraziamenti. I nuovi missio-
nari a gruppi nazionali - 11 spa-
gnoli, 10 polacchi e IO italiani -
dicono il loro entusiasmo e buon
gusto nei canti folcloristici. Il
Rt>Ltor Maggiore decora con la
medaglia d 'oro del Centenario i
quattro missionaii più anziani
presenti.
Poi la foto ricordo in cortile.
Mancano, rispetto alla foto sto-
rica della prima spedizione, la
spada e la divisa pluridecorata
del Console argentino Gazzolo;
manca Don Bosco con le Costitu-
zioni offerte al capo spedizione.
Ma in compenso ora missionari
e missionarie, giovani e veterani,
formano un gruppo imponente,
sono più di cento intorno al mo-
numento di Don Bosco.
L'ora zero del secondo secolo
Più tardi, ancora una comme-
morazione: i salesiani di Tor.ino
vogliono ricordare il 50° di sa-
cerdozio del Rettor Maggiore. In
140 concelebrano con lui. L'Ispet-
tore della Subalpina don Antonio
Marrone delinea nell'omelia le
« caratteristiche salesiane » di don
Ricceri: « L'amore e il servizio
degli altri, una prodigiosa resi-
stenza al lavoro, un'innata capa-
cità di governo fatta di precisio-
ne nel pensiero, concisione nello
stile, decisione nell'azione, fidu-
cia nelle persone, capacità di co-
municare da vero capo ».
All'orologio della Provvidenza
così è suonata a Valdocco l'ora
zero del secondo secolo per le
missioni salesiane. Comincia una
nuova fase, ricca di promesse,
fatta di speranza e generosità,
di audacia e creatività, e di fe.
deltà a Don Bosco e alla Chiesa.
JESUS MÉLlDA

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Presso il camino d'un « cor-
tijo » (la tenuta o fattoria della
terra andalusa) sperduto tra le
montagne della Cordigliera, una
ragazza sordomuta cli 23 anni sta
ricamando. Ha i sandali bagnati
perchè è appena tornata dal bur-
rone dove, nel fondo, scorre un
ruscello : scende ogni giorno a
fare il bucato. All'esterno si odo-
no le galline, le capre e qualche
bimbo che piange.
I « campesinos sono preoccu-
pati: scrutano a lungo l'orizzon-
te con la speranza di scoprire una
qualche nuvola, che arrivi gon-
fia della tanto desiderata acqua.
li sole a dicembre continua a
brillare come se fosse primavera,
e la siccità minaccia la perdita
totale del raccolto (un anno di
lavoro). E' la dura condizione di
uomini semplici, che si rivolgono
persino a Dio, a loro modo, per
chiedere un aiuto.
E proprio qui, in queste terre,
tra i campesinos, viene a vive1·e
durante l'estate un'équipc di Fi-
glie di Maria Ausiliatrice. Che
fanno le suore nelle zone dei
« cortijos »? Ci sono iniziative che
a volte sorgono senza che si sap-
pia come, ma con il sigillo di
Dio: portano in sé clifficoltà, in-
comodità, incomprensioni, ma
sono come il piccolo seme del
Vangelo che poi diventa albero
frondoso.
Ogni estate in Spagna alcune FMA, con exallieue delle
loro scuole, si auuenturrmo nelle tenute agricole spar-
se tra le montagne del/'Andalusia: vanno a condiui-
dere la pouerlu dei campesinos, ad niulare e consi-
gliare_ le donne di casa, a preparare i bambini agli
esamL.
alla triste realtà: nelle capanne
quei fratellì vivono in condizioni
precarie, valutati solo sulla base
del loro rendimento nel lavoro, e
sfruttati. Dunque non c'è bisogno
di attraversare i mari, né di af-
frontare le impenetrabili selve,
per portare ai poveri l'evangeliz-
zazione e la promozione umana:
Dio apre immensi orizzonti anche
nel proprio paese.
Intanto l'Arcivescovo di Gra-
nada mons. Emilio Benavent,
conosciuta l'attività realizzata
nella zona di Càdiz, chiede alle
religiose di attuarla anche nena
sua cliocesi, che ba vaste zone in
via di sviluppo: i suoi parroci
proprio non ce la fanno ad arri-
vare a tutti i paesini sperduti tra
le montagne, distanti gli uni da-
gli altri, e con scarse vie di comu-
nicazione.
Estate 1972. Durante il mese di
agosto, otto Figlie di Maria Aus i-
liatrice e due Domenicane, divise
I vescovi hanno chiesto aiuto
1970. Il vescovo di Càdiz, mon-
signor Afioveros, chiede aiuto agli
Istituti religiosi: vorrebbe che al-
cune religiose fossero presenti
nelle zone più abbandonate della
sua diocesi, precisamente nei
« cortijos ».
L'incontro con i poveri mette
d'improvviso le suore di fronte
Al pomeriggio le giovani frequentano le scuole di taglio, cucito, lavori manuali... 21

3.2 Page 22

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Era un castello, ora è un mulino per il magro grano che produce la terra ingra-
ta. Siccità, povertà, isolamento: un buon campo per le Figlie di Maria Ausiliatrice.
in quattro gruppi, partono per i
« cortijos » cli Montefrio e Fuente
de Cesna. Ogni gruppo si prepara,
in una casa disabitata, una mini-
residenza estiva. Poche cose ba-
stano. L'ambiente è molto povero,
ma il posto migliore è riservato
al piccolo tabernacolo che ogni
gruppo porta con sé. Gesù Euca-
ristia sarà il grande confidente
durante le lunghe giornate. La
Madonna sarà la Madre che at-
tende il loro ritorno, e dà corag-
gio nelle difficoltà.
Le suore « sanno tutto »
Poco dopo l'arrivo, si presen-
tano alle Figlie cli Don Bosco pa-
recchie donne con qualche piccolo
dono: chi un paio di uova, chi
qualche pomodoro, chi patate,
chi una bottiglia d'olio. Il ritor-
nello è lo stesso: « Hermanitas,
per la cena! » (capiterà sovente
anche in seguito, e in qualche oc-
casione i doni avranno una sfu-
matura provvidenziale).
La prima notte, nelle incertez-
ze di un luogo sconosciuto, fa so-
gnare tante cose! Ma poi i primi
raggi del sole irrompono clietro
le montagne, e inondano di gioia
la campagna. Le prime donne
vanno con l'asinello verso la fon-
tana ad attingere acqua; qual-
cuna vi rimane a lavare, altre tor-
nano appena abbeverati gli ani-
mali.
La vita nei « corlijos » comin-
cia molto presto: bisogna profit-
tare della luce del sole. Anche le
suore cominciano prestissimo,
con la preghiera. Poi vanno an-
22 ch'csse alla fontana. Cammin fa-
cendo danno e restituiscono il
saluto ai campesinos.
I primi giorni sono di profonda
« convivenza»: le suore vanno
con semplicità verso questi pove-
ri « campesinos », e il far visita,
l'accettare qualche cosa offerta
con spontaneità, produce subito
una schietta amicizia.
La suora è ben accolta: è consi-
derata una persona superiore, che
sa tutto e conosce tutto (perciò
è necessario che possieda davve-
ro molte nozioni, per poter risol-
vere i piccoli e i grandi problemi
che in continuità le sottopon-
gono).
Dopo alcuni giorni di attenta
osservazione si è in grado di co-
noscere un po' la loro psicologia,
i loro desideri, il loro genere di
vita. Hanno una religione « natu-
rale » avvolta di superstizione.
L'andaluso del popolo è - o è
stato, per diverse influenze, so-
prattutto arabe - enormemente
superstizioso. Nel gioco degli ele-
menti più o meno favorevoli me-
scola pure la religione, e condisce
il tutto con un grande fanatismo.
Il livello culturale è abbastanza
basso, ma l'interesse degli adulti
è che i loro figli << imparino ». Ne-
gli anni scorsi il problema era
grave : in queste zone rurali iso-
late non si trovavano maestri per
l'alfabetizzazione. Lo Stato è ve-
nuto incontro con gli strumenti
di comunicazione sociale, e con
la creazione di tante scuole-foco-
lare dove, in regime d'internato, i
ragazzi e le ragazze hanno possi-
bilità di seguire gli otto anni sco-
lastici della scuola normale. Ma
bisogna fare opera cli mentaJjz.
zazione per ottenere che i genito-
ri lascino andare a scuola i loro
figli.
Molti abbandonano la terra.
Mons. Afioveros così motiva
l'esodo: « Rimanere nei campi si
considera, nelle stesse zone rura-
li, come mancanza di coraggio,
segno di sottosviluppo, disinteres-
se per l'avvenire proprio e della
famiglia. L'alloggio qui è deficien-
te. L'alimentazione non variata,
scarsa, primitiva. Si vorrebbe
l'acqua a domicilio, la luce elet-
trica, ecc. A volte manca del tut-
to l'assistenza medica, o è diffi.
cile da ottenere. Gli spostamenti
in certe epoche dell'anno sono
veramente impossibili; il salario
e il livello economico insufficien-
ti. In queste condizioni, molto
tristi per noi che conosciamo la
campagna e la visitiamo soven-
te, chi non penserebbe di la-
sciarla?».
Nei contatti con le famiglie si
scopre un'altra carenza: mancano
le più elementari nozioni di igie-
ne e medicina. I compiti di mecli-
co sono assunti in forma ampia
e sovente pericolosa dai famige-
rati « curanderos ». Le suore so-
no state testimoni di qualche
caso di presunto « malocchio »,
come quello dì una piccola affi-
data a un curandero, che più tar-
di - assistita dal medico del pae-
se più vicino - risultò affetta da
una semplice faringite (la bam-
bina era orfana, i suoi genitori
si erano suicidati dopo pochi gior-
ni della sua nascita). Anche l'iso-
lamento e la mancanza di comu-
nicazioni generano tante defor-
mazioni psicologiche...
Acquisita questa visione d 'in-
sieme, alle suore è stato possibi-
le elaborare un piano d'azione ri-
spondente alle esigenze di questi
fratelli tanto provati dalla vita.
Il piano d'azione
Allora, cosa si può fare, nella
zona rurale? Le suore si rendo-
no conto subito : ciò che conta
non sarà tanto quello che si fa,
ma quello che si « vjve ». Non si
possono portare programmi pre-
stabiliti, strutture di vita « pre-
fabbricate». Occorre anzitutto un
grande entusiasmo e un'inquietu-
dine veramente missionaria.
Poi il programma d'azione, com-
prendente una gamma variatissi-
ma di injziative da applicare se-
condo le persone e i luoghi, che
in sintesi elenca queste voci:

3.3 Page 23

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dere con pm slancio il giorno
dopo. E' la _s~ra il momento più
forte e pos1t1vo per la vita del
gruppo.
Due exallieve, i bambini del doposcuola, e li lorn compagno più negligente: Il
ciuchino.
catechesi a tutti i livelli,
preparazione specifica alla pri-
ma Comunione,
promozione culturale, a comin-
ciare dall'alfabetizzazione
principi elementari d'igiene e
medicina,
c_on~venza con la gente e par-
tec1paz~one al_ lavoro campestre,
soluz10ne aL problemi sociali :
invalidità, vecchiaia, assicurazio-
ni per il lavoro,
portare tanta allegria, dando
alla loro vita un senso più uma-
no, più cristiano, più ottimista
abolire con la meccanizzazioné
i sistemi primitivi di lavoro,
interessare di più gli organismi
statali per l'insegnamento e 11
lavoro.
Una ornata di lavoro
L'attività apostolica si estende
a tutti: bambini, ragazzi, giovani,
adulti. E tutti partecipano con
gusto: hanno bisogno di sentir
parlare di Dio. Alcuni percorrono
chilometri e chilometri, cammi-
nano ore e ore per assistere ai
raduni. (Alla fine della permanen-
za delle suore, nell'ultima celebra-
zione eucaristica, un gruppo si
accosta alla prima Comunione:
non sono soltanto bambini di set-
te o otto anni, ma pure giovani
di 16, 20 anni).
S'incontra qualche difficoltà do-
vuta alla stagione: si è nei mesi
di l~glio e agosto, tempo di rac-
colti, quando gli uomini sono
totalmente assorbiti dal lavoro.
Diventa difficile organin.are ra-
duni per loro. L'azione apostolica
delle équipes si rivolge di prefe-
rcnza ai bambini, ai giovani, alle
donne.
Il mattino lo si passa con i
bambini,_ i _più disponibili in quel-
le <_>re: S~ fanno gruppi per classi,
e li s1 aiuta nelle materie scola-
stiche perchè possano superare
gli esami di settembre, ne!Je loro
scuole-focolare. Ai giochi si alter-
nano i canti per la Celebrazione
eucaristica.
Alle quattro del pomeriggio è
la volta delle giovani e delle don-
ne, che frequentano le scuole di
taglio, cucito, lavori manuali. Un
po' d'istruzione religiosa, e d'alfa-
betizzazione.
Alle sei i bambini vengono per
la catechesi, che è l'obiettivo
principale di questo apostolato.
Alla fine si provano di nuovo i
canti, con la partecipazione dei
giovani. Segue la recita del rosa-
ri<_> con brevi spiegazioni per ogni
nustero.
Subito dopo cominciano i ra-
duni per i giovani. Intervengono
pure alcune exallieve (nell'ultima
estate in numero di sei hanno la-
vorato insieme alle suore in tre
équipes). La loro partecipazione
risulta b~n accolta dalla gente, e
molLo efficace.
Ver~o sera ancora un raduno,
per gli sposi: gli uomini non sem-
pre possono essere presenti, ma
mtervengono con regolarità alme-
no le donne.
La giornata è stata piena come
un uovo, ma l'équipe trova anco-
ra tempo, dopo cena, di radunar-
si per la revisione della giornata.
Le exallieve scelgono questo mo-
mento per un'intensa meditazione
che le carichi di Dio per ripren-
Una domanda del Papa
Nella « missione rurale» si va
disposte a tulio, e a fare di tut-
to (più volte si è aiutato anche
nel lavoro sull'aia, per sventare
la minaccia di un incombente
t~mporale). Suore e giovani spe-
rimentano una segreta felicità, an-
che s<: hanno rinunciato al ripo•
so estivo e trovato tante difficol-
tà, incomodità, sacrifici, e tanta
stanchezza. Con la partenza dei
gruppi, nella gente rimane la spe-
ran~a ~iva del loro ritorno (i po-
ven chiedono poco e si acconten-
tano di poco). E il ritornare l'esta-
te successiva nelle stesse zone fa
sì che i semi gettati l'anno pre-
cedente producano il cento per
uno.
Quest'anno l'Arcivescovo ha for-
mato un'équipe diocesana di quat-
tro religiose di diverse Congre-
gazioni (una è Figlia di Maria
Ausiliatrice), che si dedichi tut-
to l'anno alle zone più abbando-
nate e bisognose. Cos'ì l'azione
pastorale dell'estate si protrae e
si consolida.
La convivenza serve a questa
povera gente per rompere la mo-
notonia del suo vivere, per incon-
trarsi, aprirsi a puovi orizzonti e
agli altri, per mettersi in contat-
to con Dio.
Anche se la permanenza è bre-
ve, il lavoro merita di essere con-
tinuato: in questi luoghi la Paro-
la di Dio non giungerebbe in al-
tra forma. Il Signore ha aperto
questa via, e 25 Figlie di Maria
Ausiliatrice l'hanno già percorsa.
raggiungendo le zone più abban-
donate e difficili.
Il Papa il 15 luglio 1972, in oc-
casione del centenario delJ'Istitu-
to, poneva alle Figlie di Maria Au-
siliatrice questo interrogativo:
(< Saprà la vostra Congregazione
rispondere alle attese della Chie-
sa nella tormentata ora che vol-
ge? ». La Madre Generale delle
FMA in una lettera marzo 1973 in-
vitava « ciascuna Figlia di Maria
Ausiliatrice a rispondere nel pro-
prio cuore, silenziosamente: ~ Fa-
rò quello che posso»
Le suore in missione nei cor-
tijos dell'Andalusia Io stanno fa.
ù:!ndo davvero, e il Papa può esse-
re contento di loro.
UFFICTO STAMPA FMA 23

3.4 Page 24

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MISSIONI SALESIANE
1H75~
Una gabbia con la scritta « indio Moro» - li prim o ar-
riva in battello a vapore - I civili si credono in diriito
di commettere assassinii - La più terribile guerra del-
l'America Latina - Primo incontro con gli indi T obns -
La maledizione degli indi si chiama quebraclw - Una
dura lettera del Papa.
Nel 1956, per la prima volta,
alcuni cacciatori bianchi cattw·a-
rono un indio « Moro ». Ecco il
racconto fatto da uno di essi a
Maurizio Leigheb.
« Si andava nel Chaco, io e due
altri, a caccia di animali da pel-
liccia, di volpi, di ocelot, e anche
di giaguari. Si procedeva lenta-
mente, per giorni e giorni; ogni
tanto ci si fermava per riposare,
per accendere il fuoco e pernot-
tare. Si cacciava con il fucile:
spesso si dava fuoco alla selva
per far fuggire la selvaggina e
poi aspettarla nei posti adatti.
Cosl, mentre seguivamo le orme
di un tapiro, a un certo punto il
mio cavaUo s'impennò scartando
un cespuglio. Sentii scricchiolare
dei rami secchi e vidi fuggire due
ombre che sembravano animali.
Stavo per sparare, quando mi ac-
corsi che erano due piccoli in-
dios. Uno si gettò in una mac-
chia di spini e scomparve, l'altro
si rifugiò tra le_ alte erbe. Cir-
condammo la zona, avanzando ùa
diverse direzioni, e spingemmo i
cavalli nell'erba, facendo roteare
il lazo sulla spalla. L'indio acquat-
tato nel folto saltò fuori come un
proiettile, ma m1 m io amico fu
pronto e, zac, gli strinse le gam-
be con la corda, facendolo cade-
re a terra.
« Il bambino strillava, morde-
va, dava calci e graffiava come
una belva inferocita. Riuscimmo
a legarlo ben stretto con la cor-
da, ma egli si dimenava ancora
e si rotolava per terra, finché
perse il fiato; e allora cominciò a
gemere come se fosse stato feri-
24 to, perdendo bava dalla bocca. Il
suo corpo era magro, pieno di
scorticature e di tagli, gli occhi
erano iniettati di sangue, una tos-
se convulsa scuoteva il suo pic-
colo ventre gonfio. Il volto era
sporco di fango e tinto di rosso;
i capelli neri, lunghi e scarmiglìa-
ti, gli scendevano sugli occhi.
Sembrava si fosse calmato e ci
guardava atterrito, in silenzio: le
lacrime gli rigavano le gote, ma
non si lamentava, non singhioz-
zava. Appena cercammo di avvi-
cinarci, però, scattò come un ret-
tile e r icominciò a strillare.
Una gabbia con la scritta:
« I o dio Mo ro »
« E' un indio selvaggio, chissà
di che tribù. Potrebbe essere un
Moro », pensavamo. I miei ami-
ci dicevano che era pericoloso
restare in quel luogO'! I genitori
del bambino potevano essere nel-
la zona: forse erano stati avver-
titi dall'altro indio che era fug-
gito, e di lì a poco sarebbero ve-
nuti a cercarci o ci avrebbero te-
so un agguato in mezzd a lla fore-
sta. Dicevamo che era meglio
allontanarsi al più presto e sta-
re bene in guardia, coi fucili spia-
nati. Cercavamo di parlare con
il bambino, dicendogli di star fer-
mo, altrimenti era peggio per lui;
ma l'indio non capiva una sola
parola di spagnolo e continuava
a smaniare e ad agitarsi, urlando
come un forsennato. Allora gli le-
gammo una pelle bagnata in mo-
do c he gli tap pa sse la bocca e
così non potesse più gridare, ri-
chiamando l'attenzione di altri
indios.
« La caccia per quel giorn? era
finita. Tornammo sui nostn pas-
si, cercando di accelerare l'anda-
tura. Quando giungemmo a l pri-
mo villaggio, ci vennero incontro
dei contadini e dei boscaioli, in-
sieme ad alcuni indiani che lavo-
ravano nelle piantagioni di que-
bracho. Appena videro il bambi-
no esclamarono: "E' un Moro !".
"Ma ne siete sicuri?", chiedem-
mo noi. "Sì, seflor - dicevano-;
fate attenzione, perché è come
una belva. Non slegatelo, seflor".
« Poi il bambino fu portato ad
Asunciòn. L'hanno scritto anche
i giornali. L'hanno messo dentro
una gabbia. Era molto pericolo-
so e come indemoniato. Non si
poteva avvicinare. Davanti il car-
tello con la scritta "Indio Moro".
Veniva molta gente a vederlo, an-
che da fuori città. C'era una gran
coda di gente davanti alla gab-
bia, e tutti parlavano tra loro e
dicevano: "L'hanno preso nel
monte (nella foresta). E' un Mo-
ro. Guarda che occhi, che capel-
Jj, Non è mica un bambino, è
una bestia". E io dicevo: "Sono
io che l'ho preso, nel Chaco, con
i miei compagni, mentre andavo
a caccia. Col lazo l'ho preso, sei
giorni di cammino da Fortin Mi-
nas, poco più, poco meno".
« Andò a finire che il bambino
non mangiava più niente. Stava
molto male e sembrava che mo-
risse. Sono venuti diversi dotto-
ri e hanno detto che era grave.
Ma poco alla volta si è ripreso.
E un rnjssionario salesiano l'ha
chiesto per sè. Voleva mantener-
lo lui, e farlo studiare» (M.L.
Caccia all'uomo, pag. 24-25).

3.5 Page 25

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Sei anni dopo, nell'agosto del
l 962, i missionari salesiani gui-
dati da quel ragazzo, ormai di-
ciottenne e battezzato con il no-
me di Josè, riuscirono ad avvi-
cinare per la prima volla nella
storia i feroci indi « Moros » del
Chaco Paraguayo. La notizia rim-
balzò dalla radio ai giornali alla
televisione.
Sembrava l'inizio di un'enlusia-
smante avventura. Era invece la
conclusione felice di un silenzio-
so lavoro cominciato dai Salesia-
ni in Paraguay 70 anni prima.
Il primo arriva
in battello a vapore
Quando l'aereo buca le nubi per
scendere su Puerto Casado, il
viaggiatore vede alla sua sinistra,
scolorita fino a confondersi con
il cielo, la sconfinata distesa del
Chaco: palmeti, macchie oscure
di foreste, un'intricata ragnatela
di corsi d'acqua che compaiono a
tratti nella vegetazione, grandi la-
gune giallastre, steppe sabbiose a
perdita d'occhio, e la linea dirit-
ta della ferrovia Trans-Chaco per-
pendicolare all'orizzonte, che si
staglia in mezzo al verde: come
un filo bianco leso su uno scon-
finato campo di golf. In lonta-
nanza non si scorgono villaggi,
ma qualche raro pennacchio di
fumo che tradisce la presenza de-
gli uomini persi nell'immensità.
Il primo salesiano che arrivò
fin qui, risalendo il fiume Para-
guay su un pigro battello a va-
pore, fu don Angelo Savio. Era
il 1892. Aveva 57 anni. Trenta li
aveva spesi nelle missioni della
Patagonia, tra gli Araucani. Si era
spinto a sud fino a sfiorare la
Terra del Fuoco, a cavallo, in cer-
ca di indios da difendere contro
la barbarie dei « civilizzati ». Ora,
sulle rive del Paraguay, vide al-
tre torme di indios, anch'essi sot-
to la spietata « tutela » dei bian-
clti. Scrjsse in una lettera da
Bahia Negra: « Migliaia di indi-
geni selvaggi si trovano alle spon-
de dei fiumi. E quanti saranno
a 100, a 200, a 300 miglia nell'in-
terno?... Peccato non essere ve-
nuto prima quaggiù! ».
« I civili si credono in diritto
di commettere assassinii »
Fin dal 1878 il papa Leone XIII
aveva supplicato Doo Bosco per-
ché mandasse in Paraguay i suoi
missionari. Ma Don Bosco non
c'era riuscito. Mons. Lasagna, il
secondo vescovo saJ.esiano, che
aveva aperto le prime opere sa-
lesiane in Uruguay, risalì lui stes-
so il fiume Paraguay nel 1894, e
vide le condizioni degli indios.
Scrisse immediatamente una let-
tera accorata a don Rua: il Pa-
raguay aveva assoluto bisogno di
salesiani che educassero la gio-
ventù, e che prendessero cw·a di
« quelle razze sventurate, contro
le quali i civili si credono in di-
ritto di poter commettere assas-
sinii e infamie, col dire che quel-
li non sono uomini» (lettera del
31 luglio 1894).
Don Rua accettò subito la ri-
chiesta. Quattro salesiani aniva-
rono ad Asunciòn il 14 luglio
1896: due sacerdoti, un laico coa-
diutore, un chierico. Il Paraguay
stava tentando di uscire, in que-
gli anni, dalla più disastrosa guer-
ra della sua breve storia.
Nel 1537 un gruppo di coloni
spagnoli aveva risalito il fiume e
fondato Asunciòn. Non ebbero dif-
ficoltà ad assoggettare i duecen-
tomila indiani di quella regione,
che vivevano di pesca, caccia e
un po' di agricoltura. Di razza
guaranì, gli indios non erano osti-
li verso i bianchi; anzi, fecero le-
ga con loro contro le bellicose
tribù del Chaco, il territorio sul-
la destra del fiume Paraguay. Uo-
mini. spagnoli si unirono a don-
ne guaranì, e ne nacque una po-
polazione in gran parte nuova,
dalla quale discendono i para-
guayani di oggi. Si può dire che
il Paraguay è il solo stato dove
la popolazione indigena (guara-
nì) abbia « assorbito» i coloni
spagnoli.
La più tenibile guerra
dell'America Latina
Per due secoli, Asunciòn rima-
se uno dei principali centri del
dominio spagnolo nel bacino del
Rio de la Plala. « Il miglior dono
della Spagna al Paraguay - sc1i-
ve Hibcrt Herring - furono i
missionari Gesuiti, che arrivaro-
no ad Asunciòn nel 1588. I Ge-
suiti si schierarono immediata-
mente in difesa delle tribù india-
ne dell'interno, che correvano il
rischio di venire usate come schia-
vi dagli spagnoli e dalla prima
generazione di meticci. Raccolse-
ro circa centomila indios « in re-
ducciones o villaggi missionari, e
insegnarono loro metodi miglio- 25

3.6 Page 26

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Due giovani ind i Mo r os.
ri di coltivazione e di allevamen-
to... La loro espulsione dal Para-
guay - e da tutto il territorio
spagnolo nel 1767 - rappresentò
una grave perdila,>.
Nel I81 1 il Paraguay dichiarò
la propria indipendenza, senza
scosse né rivoluzioni. Negli anni
seguenti fu governato rigidamen-
te da tre dittatori, l'ultimo dci
quali, Francisco Solano Lopcz
(1862-1870) gettò il paese in una
guerra disastrosa che pesa anco1·
oggi (a distanza di cent'anni!)
sulla nazione. Argentina, Brasile
e Uruguay si coalizzarono contro
il Paraguay e scesero in guerra.
« Gli eserciti dei tre alleali era-
no dicci volte superiori di nume-
r o all'esercito del Paraguay. Lo-
pez reclutò uomini di ogni età:
ragazzj di dodici anni combatte-
rono al fianco dei loro nonni. La
guerra fu combattuta nella ma-
niera più selvaggia e sanguinosa
che l'America Latina rjcordi, e
per il Paraguay significò pratica-
mente l'annientamento. Un calco-
lo prudente induce a pensare che
la popolazione venne ridotta, dai
circa 525.000 abitanti del 1863,
ai 221.000 del 1871, con soli 28.000
uomini tra i sopravvissuti... La
susseguente pace fu la pace di
un cimjtero spazzato dal vento:
donne vedove, bambini orfani, uo-
m ini vecchi e muti lati » (H. Her-
r ing, « St oria dell'America Lati-
na», pag. 1153).
Primo incontro con gli indi Tobas
In Asunciòn fu assegnato ai Sa-
lesiani un edificio che era stato
26 proprietà dei Gesuiti, e in segui-
to residenza del primo dittatore,
Rodriguez de Francia. La prima
domenica di ottobre inauguraro-
no l'oratorio festivo, e poche set-
timane dopo iniziarono la scuo-
la ospitando 30 orfani che veni-
vano per imparare un mestiere.
Don Tun-iccia, che comandava
questo primo cd esiguo manipo-
lo, apprnfittò di qualche giorno
libero per fare un'esplorazione
fuori città nella direzione del Cha-
co. A non molta dis tanza, oltre la
linea di fortini presidiati dai mi-
li ta1·i che avevano il compito ili
« difendere i civili dalle scorre-
r ie degli indios », abitaYano mol-
te tribù di indi Tobas, forse quat-
tromila indiyjdui. Per guida e in-
terprete, La spedizione salesiana
( tre religiosi , tre laici e un mili-
tare) ingaggiò uno strano indivi-
duo: nato e battezzato in città,
e capitato poi casualmente fra i
Tobas, ne era divenuto cacico. Poi
U n cacico de ì Mo ros, con la selvaggina
cacciala. Alle sue spalle la casa in la-
miera ( m1 tem po era di sterpi; ma
quando sarà a misura d'uo mo?).
si era stancato di quel la vita se-
mi-nomade e poverissima, ed era
tornato in città. Abitava in una
baracca Lungo il Paraguay, e ve-
niva chiamato come interprete
dai Tobas che scendevano ad
Asunciòn per i loro scambi com-
merciali.
Fu un viagg.io triste, raccontò
poi don Turriccia. Passarono a
cavallo tra gente ridotta alla mi-
seria nera, che li gua r dava con
silenziosa e fiera ostilità. Riusci-
rono a rompere il cerchio di dif-
fidenza con i ragazzini: regalaro-
no medaglie della Madonna, e
promisero che sarebbero tornati
per vivere in mezzo a loro.
Non ostante la buona volontà,
l'attività salesiana a favore degli
indi consistette ancora per molti
anni in spedizioni isolate, a ca-
vallo o in battello lungo il P a-
raguay.
Chaco vuol dire palude
Nel dicembre 1879 due salesia- ,
ni si spinsero sul fiume fino a
Fucrtc Olimpo e Bahia Negra,
quasi all'estremo nord, sul confi-
ne brasiliano. Vi erano fortilizi
armati e presidiati massicciamen-
te. I soldati però, per l'immen-
~a distanza che l i separava da
Asunciòn, li consideravano come
luoghi cli esilio, e finivano per far
pesare la loro irritazione sugli
indi Chamacocos che abitavano la
zona. I due salesiani rimasero
lassù 54 giorni. Batte zzarono bam-
bini, predicarono, ricordarono ai
s oldati la loro condizione di uo-
mini e di cristiani.
Appariva sempre più chiaro che
la vita del Paraguay, e di chiun-
que voleva vivere e agire nel pae-
~e, era condizionata dalla geogra-
fia della zona. li fiume Paraguay,
questo vastissimo corso d'acqua
che nasce a soli 305 metri sul
livello del mare e poi percorre
2.500 chilometri, era e è la spin-
ta dorsale della nazione. Comple-
tamente navigabile, e perciò per-
corso da innumerevoli battelli, il
fiume divide la nazione in due
parti nettamente distinte: la re-
gione orientale, e il Chaco.
La prima, veduta dall'aereo, si
pre~enta come un'immensa fore-
sta : il clima caldo-umido favori-
sce lo sviluppo di una vegetazio-
ne rigogliosa. La foresta è inter-
rotta da vaste e fertili praterie
di erba alta e da boschetti di aran-
ci selvatici. E' un insieme di co-
lori forti e vivaci ( i pappagalli
variopinti e le farfalle iridescen-
ti), che ha per sfondo il rosso vi-
vo del terreno. In questa regio-
ne vive la stragrande maggioran-
za della p opolazione paraguayana.
L'altra parte è chiamata « Ch a-
co Boreal » o « Gran Chaco », e
è una delle regioni p desola-
te del mondo. E' una sterminata
e torrida pianura, leggermente
inclinata verso sud-est, che occu-
pa quasi i due terzi della super-
ficie nazionale, ma ha un abitan-
te ogni tre o q uatt ro chilometri
quadrati.

3.7 Page 27

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La maledizione degli indios
si chiama quebracho
Tratti di giungla costellati da
lagune e corsi d'acqua si alterna-
no a foreste dove si trova il pre-
zioso « quebracho ». La palma dal
fusto esile s'innalza isolata o a
gruppi nella sterminata pianura.
Lunghi periodi di spaventosa sic-
cità prosciugano gli stagni, spac-
cano la terra, anneriscono le pal-
me come scheletri carbonizzati.
Poi vengono disastrose inondazio-
ni che trasformano iI Chaco in
un immenso acquitrino (Chaco
vuol dire palude).
Alle maledizioni della siccità e
dell'inondazione si aggiungono
quelle delle bestie (serpente boa
constrictor, serpente a sonagli,
moltissime serpi velenose, giagua-
ro, coccodrilli), degli insetti che
tormentano fino alla pazzia ani-
mali e viaggiatori, dei corsi di
acqua e delle sorgenti che sono in
gran parte di acqua salata.
La maledizione degli indios si
chiama « quebracho >>. Questo le-
gno è prezioso e durissimo ( il
nome significa « che rompe le
asce»), ricercato perché contiene
un'alta concentrazione di tanrti-
no, impiegato nella concia dei
pellami. Man mano che i « civiliz-
zati sono avanzati alla ricerca del
« quebracho », gli indi sono stati
spinti sempre più verso l'interno,
in zone desolate inospitali. Chi
rimane riesce a vivere se si met-
te al servizio della fabbrica di
tannino.
« Qui a Puerto Casado - scri-
ve Maurizio Leigheb - tutto è
della fabbrica, cioè della società
argentina per azioni che possie-
de un terzo dell'intero Chaco, si-
no a Mariscal Estigarribia e al
confine con la Bolivia: 160 km.
in profondità, 4 milioni di etta-
ri. La società è proprietaria di
tutto ciò che si trova sui suoi
terreni : della ferrovia, delle estan-
cias, dei contadini, degli alleva-
tori, degli indios e delle abita-
zioni. da vivere a 15 mila per-
sone. Nella fabbrica lavorano 400
operai: estraggono il tannino dal-
la segatura del legno « quebra-
cho ». Lo sfruttamento dei boschi
prosegue sistematicamente. Ades-
so gli indios che lavorano sono
pagati, mentre una volta si dava
ioro soltanto un pugno di grano
e una razione di alcool. Moriva•
no come mosche e ne muoiono
ancora troppi per alcoolismo...
L'indio in fabbrica svolge il lavo-
ro più duro. Trasporta i sacchi
che contengono tannino per sca-
ricarli sulle navi. Tutti i giorni,
col sole e con la pioggia. Un sac-
co di tannino concentrato è du-
ro e pesante come una pietra, è
un sasso nero di oltre 50 chili
che ti devi mettere sulla schie-
na, cento volte al giorno, stan-
do bene attento a non lasciarlo
cadere, altrimenti va in mille pez-
zi. Un indio che fa questo me-
stiere non arriva ai 40 anni ».
Al centro del Chaco vivevano
e vivono tribù in feroce libertà.
Ma per sopravvivere in questo in-
ferno naturale hanno dovuto ade-
guarsi: diventare più feroci degli
animali e della natura.
Una dura lettera del Papa
Nel 1905 i Salesiani aprono una
scuola di arti e mestieri in Con-
Una fabbrka di tannino, ricavato dall'albero « quebracho ». Per le popolazioni
indie quasi non c'è altra posslbilltà che sottoporsi alla dura Legge della fabbrica:
La maledizione degli indios sl chiama quebracho ~. dicono da queste parti.
E di\\'entano figli di Dio. La piccola
india, battezzata da una Figlla di Ma-
ria Ausiliatrice, porterà il bel nome
di Maria Regina.
cepciòn, sulla riva sinistra del Pa-
raguay. Sperano possa servire di
centro alle Missioni del Chaco,
specialmente fra gli indi Lenguas
che vivono sull'altra sponda.
Ma ancora per anni, il lavoro
missionario deve limitarsi a pe-
riodiche escursioni compiute a
cavai.lo, con tanto sacrificio e buo-
na volontà, ma con scarsi frutti.
1912. Il Papa Pio X invia ai
vescovi dell'America Latina una
Enciclica, « Lacrimabili statu In-
dorum ». E' un grido di dolore
sullo stato miserabile delle popo-
lazioni indigene di questo conti-
nente. Il Papa denuncia torture e
uccisioni di selvaggi, incetta e
mercato di donne e fanciulli, sac-
cheggi di villaggi da parte dei
bianchi. « Per qualche tempo non
abbiamo voluto prestare fede a
simili atrocità - dice il Papa -,
ma vaste e precise testimonian-
ze ci hanno tolto ogni dubbio sul-
la concretezza dei delitti ». Il Pa•
pa esortava i vescovi a fondare,
in ogni zona di indigeni, delle
Missioni in cui essi potessero tro-
vare rifugio e protezione.
L'enciclica fu un'energica sfer-
zata per tutta l'America Latina.
Mons. Bogarin, vescovo di Asun-
ciòn, tornò alla carica presso i
Salesiani perché accettassero la
missione del Chaco, dove si cal-
colava vivessero in quegli anni
cinquantamila indigeni, dai semi-
civilizzati che popolavano la spon-
da destra del Paraguay, alle tri-
bù selvagge dell'interno.
I Salesiani clissero di sì, e pre-
pararono la spedizione.
TERESIO Bosco 27

3.8 Page 28

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NELMDNDO
SALESIANO
SETTIM ANALE
IN CARTA DA FORMAGGIO
Una delusione tipografica, un orro-
re dell'editoria moderna. Sbiadito co-
me se esposto per anni all'usura del
tempo e delle mosche (ma è proprio
ia carta che è da quattro soldi}. Ti-
rato al ciclostile: due fogli formato
protocollo piegati per metà (totale ot-
to paginette). li tit olo la Vlrgen de
Don Bosco • graffiato a mano sulla
matrice, e accanto al titolo la silhouet-
te di Maria col Bambino che nelle ul-
time copie quasi non si vede più.
E' il settimanale del la parrocchia
• Maria Auxllladora all'Avana, Cuba,
edito (si fa per dire} dal parroco sa-
lesiano padre Higinlo Paoli al meglio
delle sue possibllità, e distribuito fin-
ché ci sono copie (la tiratura in teo-
ria raggiunge I 1.500 esemplari, ma a
volte le matrici si spiegazzano e si
spappolano prima) .
Padre Hlginio è li primo a sorride-
re della sua impresa editoriale, spe-
cie del suo ciclostile: un Gestetner
In età penslonablle, che dopo quaran-
t'anni di onorato servizio - legato
con filo di ferro perché non si sfa-
sci e riparato con pezzi di ricambio
fabbricati in legno - evidentemente
funziona come può. le matrici d'ori-
gine cinese, acquistate in modo ro-
cambolesco, sono fuori misura e bi-
sogna tagliarle per mezzo. L'inchiostro
che padre Hlglnio riesce a procurar-
si non è quello per 11 ciclostile, ma
denso inchiostro tipografico che egli
allunga con benzina. Neppure la car-
ta è quella adatta, e nello stampare
bisogna Intercalare ognl foglio a mano.
Le notizie? Molte sono ricavate dal-
l'Osservatore Romano settimanale (una
copia arriva al vescovo, e padre Hi-
ginio riesce a farsela prestare per po-
che ore) . Ma I testi, prima della
stampa, sono letti, discussi e modifi-
cati da un gruppo di giovani della
parrocchia (essi discutono col parroco
anche l'omelia domenicale. si capisce,
prima che venga fatta). Poi, un'ex do-
cente universitaria riduce gli articoli
all'osso, lesinando sulle singole paro-
le, in modo che ci stiano nelle otto
striminzite paginette.
E quando esce. la Virgen de Don
Bosco va a ruba. Viene distribuita la
domenica ai fedeli che intervengono
alla messa, ma anche ai vescovi di
Cuba, alle case salesiane. E c'è gen-
te che fa della strada per ritirare la
sua copia.
Perché, non ostante tutto, questa
delusione tipografica in carta da for-
28 maggio, questo orrore e onta dell'edi-
toria moderna, e un autentico e signifi-
cativo fatto giornalistico. Con qualco-
sa di insegnare, forse, a quelli che
stampano solo a colori e su carta pa-
tinata.
QUESTO PRANZO NUZIALE
NON S'HA DA FARf
Miriam Ronchi, exallieva di Milano,
si è sposata già da qualche tempo,
ma il pranzo di nozze non l'ha ancora
fatto. E non lo farà. Così hanno de-
ciso, lei e il suo sposo Michele Ca-
pelli, cogliendo di sorpresa i loro pa-
renti e amici.
Ma non hanno rinunciato a disporre
dell'equivalente in denaro: l 'hanno pre-
so, e l'hanno inviato a un missiona-
rio in Africa. Poi, si sono spiegati.
Il nostro gesto non è il frutto di
una novità o di una stravaganza -
hanno scritto al mancati Invitati al
banchetto - , ma di una coerente scel-
ta cristiana che ciascuno di noi due
ha fatto.
• Ora vogliamo continuare Insieme
su questa strada, mettendo al centro
della nostra vita comune Il Cristo e
la sua Parola. Perché anche per noi.
amare è dare non qualcosa ma tutto.
• Per questo, rifiutando una società
che nega i valorì della tamlglla per
esaltare l'egoismo, cl proponiamo un
continuo tendere agli altri. la nostra
casa sarà sempre aperta a tutti quelli
che vorranno Incontrarsi con noi, per
crescere insieme... .
(Da .- Unione ., ottobre 1975)
NUOVO VESCOVO SALESIANO
IN PERU'
la Santa Sede ha chiamato all'epi-
scopato il salesiano peruviano don Emi-
lio Vallebuona, di 45 anni. Egli è sta-
to promosso alla Chiesa titolare vesco-
vile di Numana, e deputato Ausiliare
dell'Arcivescovo di Plura (Perù) . la
notizia è apparsa su • L'Osservatore Ro-
mano • del 5-11-1975.
Mons. Vallebuona è nato a lima il
27-1 -1930. A quattordici anni entrava
nel collegio salesiano di Magdalena
del Mar; due anni più tardi era accol-
to nell'annesso noviziato. Sacerdote nel
1956, dal '63 al '69 fu direttore a Puno,
sull'altopiano andino in riva al lago Ti-
ticaca, dove potenziò l'importante isti•
tuto agricolo e tecnico-Industriale sale-
A NEW YORK, CATTEDRALE DI SAN PATRIZIO
Alla Cattedrale di San Patrizio in
New York Il giorno 19 ottobre 1975,
• Giornata missionaria , sarà a lungo
ricordato come • Giornata salesiana •·
I figli di Don Bosco vi hanno infatti
celebrato col rilievo che si merita
l'Inizio dell'anno centenario delle loro
Missioni.
Il card. Terence Cooke ha presie-
duto la concelebrazione, a cui hanno
preso parte due arcivescòvi, sei ve-
scovi e 85 sacerdoti. Prestavano ser-
vizio all'altare i diaconi e chierici sa-
lesiani delle case di formazione. Un
coro di ottanta Figlie di Maria Ausi-
litrlce ha riempito con le sue calde
voci le arcate dello stupendo templo
a struttura gotica, e al loro canto si
è unita un'assemblea di tremila fede-
li, rappresentanti delle svariate comu-
nità e gruppi legati a Don Bosco.
Quella giornata tutta • salesiana
ha dato l 'avvio alle numerose attività
che vedranno impegnata la Famiglia
di Don Bosco degli Stati Uniti in una
commemorazione non solo spirituale
ma anche fattiva del centenario della
Prima Spedizione.
Dopo il rito, il card. Cooke s'intrattie-
ne con una piccola allieva delle FMA.

3.9 Page 29

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siano frequentat o dal giovani Indigeni.
Negli anni seguenti è stato il superio-
re dei salesiani del Perù.
L'arcidiocesi dl Piura, In cui è ora
chiamato a lavorare, si trova a nord-
ovest del paese, in prossimità del Pa-
cifico e del confine con l'Ecuador. li
capoluogo è tra le città più antiche
dell'America Latina (fu fondato da Pi-
zarro nel 1532); oggi è un importante
centro agricolo-commerciale (cotone),
e conta due opere salesiane.
Mons. Vallebuona è il 111° vescovo
scelto dalla Santa Sede tra le file sale-
siane (59 sono i vescovi viventi). E'
pure il quinto vescovo salesiano no-
minato nel 1975: la cifra costituisce in
un certo senso un primato (mai tanti
nominati finora in un solo anno) . E
poiché nella quasi totalità operano in
territori di missione o di terzo mon-
do. queste scelte del Papa bene si
iscrivono nella cornice dell'anno cen-
tenario delle Missioni di Don Bosco.
I SALESIANI NELLA TORMENTA DI
TIMOR
Che ne è delle tre opere salesiane
nell'isola di Timor? Lo scorso agosto,
e poi anche in seguito, sanguinosi av-
venimenti hanno turbato profondamen-
te la vita del territorio portoghese dal-
l'incerto avvenire. Due lettere scritte
nell'ottobre scorso da padre Manuel
Magalhaes, superiore salesiano nell'iso-
la, consentono di tentare un bi lancio
approssimativo.
Approssimativo perché - come si
apprende - le notizie sulla situazio-
ne interna risu ltano • molto confuse
agli stessi abitanti dell'isola, e nep-
pure l'ascolto delle radio straniere re-
ca loro molti chiarimenti. Di qui una
diffusa e spiegabile " preoccupazione
per il futuro •·
Le regioni dove si trovano le no-
stre opere - informa padre Magal-
hiies - non hanno subito danni nè
materiali nè alle persone. ma in altre
regioni questi danni sono stati ingen-
ti •. Dice sulla situazione generale:
Mancano gli articoli di prima neces-
sità [da due mesi non giungono più
navi con rifornimenti). la circolazione
dei denaro è scarsa, l'unica banca al
momento à chiusa •. E sulle missioni
cattoliche: Quasi tutte le suore so-
no state trasferite in Australia, e an-
che una quindicina di sacerdoti han-
no lasciato l'Isola •.
Quanto ai salesiani che lavorano nel-
l'Interno fra popolazioni quasi primi-
tive, del 17 missionari impegnati a Fui-
loro, Fatumaca e Baucau, cinque han-
no abbandonato iI territorio (quattro
coadiutori e un chierico). • Il perso-
nale rimasto è ora assai scarso per
far fronte alle necessità •.
Padre Magalhiies riferisce poi sulle
singole opere. A Fuiloro (missione,
ospedale, scuola per interni ed ester-
ni. associazioni varie) sono rimasti so-
lo tre salesiani - il direttore e due
coadiutori - • piuttosto avanti negli
anni e piuttosto stanchi. Avevano una
Quattro sorelle, quattro figli per il Signore. Ecco nella foto le sorelle Sandri
di Trento. con l quattro figli che hanno donato al Signore (al centro, l'arci-
vescovo di Trento mons. Gottardi) . Da sinistra: la signora San1ina con il fi-
gllo don Eugenio (missionario salesiano nello Zaire); don Mario (salesia-
no alla Casa . Generalizia di Roma) con la mamma signora Blandina; la si-
gnora Romualda con il figlio don Umberto (della diocesi di Trento); la si•
gnora Emma, con la figlia suor Luigia (della Piccola Casa della Divina Prov-
videnza • a Torino).
motocicletta e un trattore, e li hanno
messi a disposizione delle autorità
civili •.
A Fatumaca (collegio con scuole ele-
mentari, agricole e professionali per
interni ed esterni) si sono aperte le
scuole, ritenute molto importanti, nel
momento attuale, per Il paese •. Nel-
l'opera salesiana hanno trovato rifugio
per qualche tempo i 35 seminaristi del-
la diocesi. il cui seminario è stato oc-
cupato da famiglie di profughi, e non
sanno se e come potranno tornare ai
loro studi.
A Baucau (missione, parrocchia, scuo-
le, associazioni varie) i salesiani so-
no ridotti a tre, e Inoltre devono oc-
cuparsi • per invito del vescovo • an-
che della vicina missione di Mana-
tuto, abbandonata nel settembre scor-
so dai religiosi di un'altra congrega-
zione, che si sono rifugiati in Austra-
lia. • Provvisoriamente•. dice i l vesco-
vo. La chiesa salesiana In costruzio-
ne è quasi ultimata, ma Qra non si
sa come fare, anche perché tra l'altro
• i costi aumentano a vista d'occhio "·
Confidiamo nel Signore e In Ma-
ria Ausiliatrice •. conclude il superio-
re salesiano dell'isola di Timor,
REQUIEM PER GLI INDI ONAS
Nella Terra del Fuoco e Patagonia
Meridionale vivevano un tempo quat-
tro gruppi umani: Onas. Tehuelches,
Vaganes, Alakalufes. Oggi I Tehuelches
sono spariti del tutto. Gli Yaganes
non hanno lasciato che delle tracce
in alcuni meticci. Degli Alakalufes ri-
mangono esattamente 25 discendenti
superstiti. I primi giorni di gennaio
1975 è morta Angela Lois, l'ultima
Ona.
Gli etnologi fanno parecchie ipotesi
sull'origine del gruppo Ona. E' proba-
bile che esso sia venuto dall'Asia,
attraverso lo Stretto di Bering, come
altri aborigeni americani, e abbia va-
gato per millenni attraverso il conti-
nente, spinto da altri popoli. fino a
stabilirsi sulle lande desolate che si
affacciano ai mari antartici. Fu Il che
trovò finalmente la possibilità di una
esistenza tranquilla.
L'organismo del suoi membri si an-
dò adattando all'impossibile clima di
quelle latitudini. Avevano una statura
gigantesca - quasi due metri -. vi-
vevano in abitazioni rudimentali. e si
vestivano di pelli. Per difendersi dal
morso di un freddo quasi polare, ac-
cendevano quei falò che Ispirarono a
Hernando de Magallanes lo strano no-
me di Terra del Fuoco.
Gli esperti, dal punto di vista del-
lo sviluppo tecnico, li collocano nel
Paleolitico Superiore, e cl dicono che
l'estremo isolamento mantenne quasi
statica la loro situazione culturale. Tut-
tavia essi scorrazzarono liberi e fieri
per un numero indefinito di secolì. at-
traverso le pianure fueghine e pata-
goniche. Poi di colpo, con l'arrivo del-
la • civiltà •, suonò per loro la cam-
pana a morto,
Il bianco li vide come dei semplici
residui di epoche remote, oggetto di
ribrezzo o di curiosità (alcuni Onas
furono portati a Parigi da Dupont, per
essere mostrati come esemplari di an-
tropofagi alla folla, e uno di loro fu
esibito in una gabbia all'esposizione di
Parigi del 1800).
Senza saperlo, essi si trovarono a 29

3.10 Page 30

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vivere entro i confini di uno stato mo-
derno, e le loro terre vennero coinvol-
te in vasti programmi di sviluppo. In-
calzati dagli • hacenderos e dall 'eser-
cito, decimati dai cacciatori di indios
e dalle nuove malattie, essi videro ri-
oursi vertiginosamente ogni possibili-
tà di scampo. La mflrte di Angela Lois
aggiunge un nuovo titolo alla lunga li-
sta dei popoli che in questo secolo
ventesimo sono stati cancellati dalla
faccia del pianeta, per la banale cir-
costanza di essere venuti a contatto
con il « mondo civile • .
Oggi su quelle terre non brillano più
l fuochi dei falò. Al loro posto si in·
nalzano le torri dei pozzi di petrolio,
simbolo vistoso e triste della civiltà
che Il ha distrutti.
Il prezzo umano di certe conquiste
è ormai allo scoperto.
(Relazione del missionario Juan Bot-
tasso, da • Dimensioni nuove •l .
RICORRENZE SALESIANE
DELL'ANNO 1976
Durante l'anno 1976 cadono alcune
ricorrenze della Famiglia Salesiana.
che è bello ricordare (e tornerà poi
utile a tempo e luogo commemorare) .
Gennaio
29-1-1951 Primo incontro positivo con
gli indi Chavantes.
Febbraio
8-2-1926 Arrivo dei primi salesiani in
Giappone.
28-2-1926 . Morte del card. Giovanni
Cagl i e r o .
25-11-1951 - Morte del Rettor Mag,glo-
re don Pietro Ricaldone.
Dicembre
26-12-1876 • Arrivo del Salesiani in
Uruguay.
27-12-1951 • Consacrazione di mons.
Oreste Marengo, vescovo missiona-
rio, attualmente amministratore apo-
stolico di Tura (India).
MENSE POPOLARI
PER I RAGAZZI CILENI
• Per far fronte alla critica situazio-
ne economica che Il nostro paese sta
attraversando, in tutte le nostre par-
rocchie ci prendiamo cura di migliaia
di ragazzi e adolescenti, soccorren-
doli attraverso apposite • mense po-
polari •. I più colpiti dalla crisi, sono
soprattutto i ragazzi appartenenti a
famiglie di scarse risorse economiche,
abitanti nelle periferie delle città: do-
ve appunto sorgono anche le parroc-
chie salesiane •. Così si esprime il
superiore dei salesiani cileni don Ser-
gio Cuevas Leòn, in una corrisponden-
za da Santiago del 25-10-1975.
E prosegue: Le zone nella perife•
ria di Santiago in cui operiamo sono
Macul (tre salesiani seguono cinque
''mense popolari"), San Ramòn (due
mense), e La Cisterna (altre due men-
se); fuori della capitale, sono aperte
mense a Talea, Linares, Concepciòn
(due). Ogni mensa raggiunge da 100
a 400 ragazzi poveri molto denutriti,
figli di genitori rimasti senza lavoro
a seguito dell'attuale crisi. E noi cer-
chiamo di affrontare la difficile situa-
zione meglio che possiamo.
• Per le prossime vacanze scolasti-
che - prosegue don Cuevas - ab-
biamo in programma numerose colo-
nie per bambini e ragazzi poveri. Qui
a Santiago prenderemo cura di 5.000
ragazzi. Stiamo organizzando "colonie
cittadine" In cui I ragazzi da gennaio
1976 verranno a vivere con noi du-
rante la giornata. trovando giochi, tre
pasti al giorno, istruzione e evange-
lizzazione. Altre colonie verranno aper•
te a lqulque, La Serena, Valparalso,
Catemu, Talea. Llnares, Concepciòn,
come pure nelle opere dell'estremo
sud, a Magallanes e in Terra del
Fuoco.
Buona parte dei Salesiani e Figlie
di Maria Ausiliatrice del Cile sono
Impegnati a tempo pieno in quest'at-
tività assistenziale e di annuncio evan-
gelico. Alla fine del '75 credo raggiun-
geremo i 15.000 ragazzi assistiti, e mi
pare che sarà il modo più bello di
celebrare il centenario delle Missioni
Salesiane. Tutto il nostro personale
in formazione, postulanti, novizi, teo-
logi, lavoreranno in quest'impresa. Ci
sentiremo cosi sempre più Impegnati
a fianco dei poveri, e di quelli a cui
altrimenti non giungerebbe la parola
del Signore.
E' stupendo constatare come la
provvidenza non cl ha abbandonati fi•
nora: al contrarlo, si fanno avanti
sempre nuovi benefattori e amici, che
cl aiutano con denaro. alimenti e mez-
zi per dare da mangiare a tanti ra-
gazzj in necessità.
• Tutta questa gente povera si ren-
de conto oggi più che mai che cosa
Aprile
12-4-1951 . Consacrazione di mons. Pie-
tro Carretto, vescovo di Surat Thanl
(Thailandia).
Maggio
28-5-1926 • Erezione dell'lspettoria Cen-
trale.
Giugno
24-6-1951 - Canonizzazione di santa Ma-
ria Domenica Mazzarello.
Luglio
12-7-1876 . • Regolamento dei Coope-
ratori Salesiani •, scritto da Don
Bosco.
Ottobre
27-10-1951 - Fondazione a Campo Gran-
de (Brasile) del • Museu Dom Bo-
sco•, fondamentale per la conoscen-
za degli indi Bororos.
Novembre
14-11-1876 • Seconda Spedizione mis-
30 sionaria di Don Bosco.
Da 50 anni i Salesiani al Cairo, E la loro opera rinasce ora a nuova vita,
con un Istituto Tecnico Industriale per la gioventù egiziana. inaugurato nel
1975. L'istituto sorge sulla vecchia area, ma in edifici nuovi e con attrezza-
ture moderne-. All'inaugurazione erano presenti personalità di enti, governi
e religioni diverse. come testimonia la foto.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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sia la Chiesa per loro; a volte la
sua carità è l'unica risorsa per tirare
avanti, dopo tutte le prove che sono
piombate loro addosso in questi ulti-
mi anni •-
PER FARE AMICIZIA COL LIBRO
La soluzione c'è, e l'hanno messa
in atto I giovani organizzati dal sale-
siani di Sant'Agata di Militello (Messi-
na) . Una soluzione chiamata • Libro-
forum "• ma Inserita da questi giova-
ni In una più vasta attività a scopo
culturale d'impegno cristiano.
Ogni mese il teatro salesiano (at-
trezzato di recente con Invitanti pol-
troncine) si apre a un pubblico so-
prattutto di giovani. già affezionato al
libro o in cerca di un approccio più
serio. E viene affrontato un • best-sel-
ler •. Una persona di cultura ne fa
un'ampia presentazione. che un buon
dicitore colorisce con la lettura inter-
calata di brani significativi. Poi, dibat-
tito.
I testi, tolti dalla recente lettera-
tura, vengono scelti In base ai conte-
nuti. che devono risultare capaci di
• agitare - come spiegano gli orga-
nizzatori - una problematica umana
di valore universale •. Tra le opere
già discusse figura • li gabbiano Jo-
nathan Livingston • di Richard Bach. e
• Lettera a un bambino mal nato di
Oriana Fallaci.
Nel frattempo I salesiani hanno aper•
to al pubblico la biblioteca del loro
Istituto, colmando cosi una piuttosto
grave lacuna (il grosso centro messi-
nese, pur contando una popolazione
scolastica aggirantesi sul tremila stu-
denti. non possedeva una biblioteca
pubblica).
Con questo accostamento • pedago-
gicamente guidato • al libro, l'opera
salesiana di Sant'Agata di Militello ac-
cresce opportunamente la sua presen-
za attiva nella chiesa locale.
PADRE ENTRAIGAS
OSPITE D 'ONORE
Dall'aprile scorso la Biblioteca Mu-
nicipale di Puerto San Jullàn (Santa
Cruz, Argentina) porta il nome di un
salesiano, il padre Raùl A. Entraigas.
La dedica è stata decisa. dalle auto-
rità cittadine, che In quell'occasione
hanno pure inaugurato una placca di
bronzo, al suo nome, nell'edificio del-
la moderna biblioteca.
il fatto è tanto più significativo, In
quanto non si è voluto onorare - co-
me al solito - la veneranda memo-
ria di un • grande • scomparso, ma
rendere un sincero e cordiale omag-
gio a una persona ben viva, e ancora
tutta dedita al suo lavoro di studioso
della storia patagonica e della storia
delle missioni salesiane_
Padre Entraigas era presente alla
manifestazione in suo onore, e ha gra-
dito la pergamena con cui la Bibliote-
ca lo ha dichiarato • Ospite di ono-
re•.
RISTAMPATO
TUTTO
DON BOSCO
Un'Illustrazione da • Storia
Ecclesiastica, ad uso
delle scuole, utile per ogni
ceto di persone ..
compilata dal sacerdote B.G. "
(Bosco Giovanni). Anno
di pubblicazione: 1845.
Il • Centro Studi Don Bosco • del-
1'Università Ponti-ficia Salesiana an-
nuncia in questi giorni un'impre-
sa editoriale di notevole importan-
za per la Famiglia Salesiana e per
la cultura: la • ristampa anastati-
ca • di tutti gli scritti pubblicati
da Don Bosco.
Sono previste tre serie di volu-
mi, precedute dall'opera intro-
duttiva • Gli scritti a stampa di
san Giovanni Bosco a cura di Pie-
tro Stella (che con Raffaele Fari-
na dirige il • Centro Studi • J. La
prima serie, la più vasta, compren-
de • Libri e opuscoli , In tutto 37
volumi sulle 400-700 pagine cia-
scuno. La seconda serie, • Circo-
lari, programmi, appell i, ecc.•, e
la terza, • Articoli del Bollettino
Salesiano •, comprenderanno proba-
bilmente altri quattro volumi. Di
tutte le opere viene riprodotta la
prima edizione; di alcune, quando
l'importanza lo richiede, anche le
edizioni successive.
Il • Centro Studi ha in program-
ma, negli anni seguenti, anche la
stampa delle Opere inedite • di
Don Bosco (epistolario, manoscrit-
ti vari) .
Intanto la ristampa delle • Opere
edite • non giunge improwisa, ma
risulta il frutto di vent'anni di la-
voro. Non è stato facile stabilire
la paternità dei testi anonimi: si
è reso necessario ricercare pazien-
temente gli scritti di Don Bosco
sparsi In altri autori, in giornali
e riviste di vario genere; una ve-
ra Impresa è stata il reperire le
prime edizioni (divenute oltremo-
do rare) . Ma ora è possibile pre-
sentare alla Famiglia Salesiana e
agli studiosi di tutto il mondo una
vastissima (e invidiabile) documen-
tazione sul pensiero e sull 'opera
di Don Bosco. Si realizza in tal
modo il sogno di studiosi. ricer-
catori e ammiratori del grande san-
to amico dei giovani.
La mole dell'opera (oltre trenta
volumi) ora In allestimento non
stupisce certo chi conosce Don Bo-
sco. La sua Ingente produzione li-
braria - per non parlare di quel-
la globalmente uscita dalle sue ti-
pografie: anche un milione di vo-
lumi all'anno, e ciò nel secolo scor-
so - è solo un aspetto del suo
inesauribile dinamismo. E fa riferi-
mento diretto, dalla prima all'ulti-
ma pagina, al suo progetto aposto-
lico: la • salvezza dei giovani •·
Altri • niente lasciano di Intentato
a danno dell'incauta gioventù, e
come lupi affamati si aggirano a
far scempio degli agnelli di Cri-
sto - si spiegò un giorno a Roma
in una conferenza - . Tutto metto-
no in opera per sovvertire le te-
nere anime... Ora a spettacolo co-
sì straziante ce ne staremo noi in•
differenti e freddi? Non sia mai...
Tocca a noi opporre armi ad ar-
mi... ai libri cattivi opporre i libri
buoni •.
Queste parole di Don Bosco so-
no come la chiave di lettura di tut-
ta la sua produzione. che è così op-
portunamente riprodotta in stampa
anastatica. I primi tre volumi delle
Opere edite di Don Bosco sa-
ranno pronti a fine febbraio 1976,
e l'intera pubblicazione sarà ulti-
mata entro li 1977. Ciascun volu-
me è in vendita al prezzo di li-
re 8.000 (dietro prenotazione, a lire
6.800) . Perciò i 37 volumi della
prima serie costeranno 296.000 li-
re, ma 11loro costo scende a 251 .600
dietro prenotazione (e a 237.000
con pagamento anticipato).
Per informazioni: Libreria Ateneo
Salesiano, Piazza dell'Ateneo Sale-
siano, 00139 Roma; tel. (06) 884.641.
31

4.2 Page 32

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GRAZIE PER QUESTI CINQUANT'ANNI!
Il 27 aprile 1975, con raccoglimento e semplicità, ab-
biamo celebrato le nostre Nozze d'Oro. Sentiamo il biso-
gno di comunicare a tutta la Famiglia Salesiana la no-
stra gratitudine per la Vergine Ausiliatrice , Don Bosco e
Don Rua, con profonda particolare riconoscenza per le
innumerevoli grazie concesse in questi SO anni, partico-
larmente in due circostanze gravissime di malattia e in
tante altre occasioni, apportatrici di serenità e di gioia.
La più grande è quella di aver chiamato il nostro Enzo
nella Famiglia di Don Bosco e al sacerdozio. Ora ne sta
celebrando il giubileo d'argento. Invitiamo tutti a pregare
con noi perché insieme possiamo ancora diffondere tanto
bene e realizzare la gioia Intramontabile!
Monterotondo
ANITA FRANCESCHETTI E LORENZO FAANCIOLINI
UNA MAMMA E QUATTRO FIGLIOLI
In seguito a un incendio provocato dallo scoppio di
una bombola a gas, la nostra cara mamma riportò gra-
vissime ustioni. Fu ricoverata all'ospedale in condizioni
allarmanti e con poche speranze di guarigione. Ma in
famiglia si pregava Intensamente e con fiducia la Vergine
SS. Ausiliatrice. Finalmente, dopo quattro mesi di ansie
e di preoccupazioni, la nostra mamma poté lasciare l'ospe-
dale e tornare in famiglia, con la gioia immensa di tutti
noi. Grazie, Ausiliatrice nost ra, continuaci la tua mater-
na assistenza!
S. Teodoro (Mess ina) ANTON IO, LUCI A . ELEONORA E LINA FAMIAN I
LA MIA VITA PER I FRATELLI
Ero partita da Recife con due compagne diretta a Sao
Paulo, dove avrei cominciato Il Noviziato tra le Figlie di
Maria Ausiliatrice. Mancavano dieci minuti alla mezza-
notte quando successe il disastro: il nostro pullman si
scontrò fronta lment e con una pesante autocisterna ca-
rica di oenzina. Le conseguenze furono tragiche: alcuni
passeggeri morirono sul colpo, altri rimasero gravemen-
te feriti; tra questi, anch'io e le mie compagne. Soltanto
due ore dopo passò un altro pullman, che raccolse i
feriti e Il portò al più vicino posto di soccorso. lo potei
cavarmela in otto giorni, dopo i quali ripresi il viaggio
per Sao Paulo e potei cominciare il noviziato. Oggi sono
Figlia di Maria Ausiliatrice, e ho deciso di consacrare
la mia vita a sol levare le sofferenze fisiche e morali
dei miei frate lli, per ringraziare la Madonna d'avermi
salvata la vita.
Recife (Brasile)
Sr. RENV L. BARBOSA FMA
SENTIVO SCIOGLIERSI IN ME
QUELLO STATO ANSIOSO
Da quattro annf soffrivo di un grave esaurimento
nervoso di tipo depressivo. Ma anche nei momenti più
difffcili non ho mai perduto la confidenza in Maria Ausi-
liatrice e in san Giovanni Bosco, che avevo imparato
a conoscere e ad amare fin dal 1911-14, quando ero
stato allievo nel collegio salesiano di Randazzo (Cata-
nia). Ero sicuro che mi avrebbero aiutato. Proprio il 24
maggio, dopo essere stato a onorare la M adonna con la
32 Messa e la Comunione. presi a leggere li Bollettino Sa-
lesiano, come faccio ogni mese. Ma la novità fu che
di mano In mano che scorrevo le pagine, sentivo sclo-
gliersi in me quello s t ato ansioso che da tanti anni mi
opprimeva. Alla fine mi sentii totalmente libero, e in
grado di riprendere la mia vita normale. Desidero espri-
mere la mia riconoscenza ai Santi della nostra famiglia.
che mi hanno accompagnato per tutta la mia ormai lun-
ga vita.
Reggio Ca labria
GIROLAMO GUARNA, Ten. Col. In congedo
Rina Bore/la Rabbollni {Villa Cortese, Milano) ringrazia
Maria Ausiliatrice perché il figlio. investito da una mac-
china e ridotto In gravi condizioni, dopo sette mesi è
risultato perfettamente guarito.
Lllina Popolano è grata a Maria SS. e a San Giovanni
Bosco per il genero, che ha potu to mantenere il suo
posto di lavoro, mentre rischiava di perderlo per motivi
ingiusti.
Virginia Laguzzi In Fossati (Frugarolo, Alessandria) ha
affidato il marito, ricoverato in clinica per un intervento
operatorio, all'intercessione di san Giovanni Bosco. Le
ferventi preghiere sue e di persone care sono state esau-
dite.
AVEVA MESSO LE ALI...
Da tempo sono devotissima di san Domenico Savio,
sotto la cui protezione ho messo i miei cinque bambini
e tutta la mia famiglia. L'anno scorso mi ha salvato il
secondo, Agostino, da nefrite acuta, per cui era stato
ricoverato all'ospedale già in stato di coma. Quest'anno
sono stata ricoverata all'ospedale per nodulo mamma-
rio. Era necessario un intervento chirurgico. Praticata
l'anestesia parziale, il chirurgo col bisturi In mano era
pronto a tagliare, quando... il nodulo non si trovò più.
• Aveva messo le ali •, disse il medico. Tornai mezza
stordita In camera mia, mentre gli altri degenti gridavano
al miracolo. lo ho sentito li dovere di recarmi a Torino a
ringraziare il piccolo grande Santo delle culle e delle
mamme.
Cetraro (Cosenial
VITTOR IA GRAMIGNA
IL PEDIATRA RESTO' MERAVIGLIATO
Sono devota di san Domenico Savio, e trovandomi in
attesa l'ho sempre pregato perché tutto andasse bene.
Il parto fu difficile, e il maschietto nacque con la ma-
nina schiacciata contro l'orecchio, per cui la testa pre-
sentava come un incavo.
Con mamma e sorella ci affidammo di nuovo al San-
to, facendo una novena perché il bambino diventasse
normale. Pregammo pure la Vergine di Lourdes. Pian
piano il piccolo cominciò a muovere il braccio e la ma-
nina. e nel giro di due mesi è diventato normale. An-
che l"incavo della testa è quasi scomparso. 11 pediatra
che segue il mio piccolo è rimasto meravigliato di un
simile miglioramento. Ringrazio insieme con mio marito
la Madonna e Domenico Savio, sotto la cui protezione ho
messo il piccolo Matteo Domenico e la bambina più gran-
de, Patrizia.
Tuenno (Trento)
PIA E GEROLAMO VAlfNTI NI
--- ------------

4.3 Page 33

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ANCHE UNA MAMMA MUSULMANA
Se sono una mamma felice lo devo a san Domenico
Savio. Avviata più volte alla maternità, giunta a un certo
punto il mio sogno svaniva, e Il pianto e l'angoscia ren-
devano triste la mia vita di sposa. Mi recai all'ospedale
italiano di Damasco e ivi conobbi le Figlie di Maria Ausi-
liatrice. Esse mi parlarono di Domenico Savio, mi die-
dero un suo abitino, e mi dissero di pregare con tede.
Da quel giorno mi rivo lsi spesso al caro santino dicen-
do: • Ascolta anche una mamma musulmana e interce-
di presso Allah anche per me! •. Con gioia vidi pas-
sare quei mesi che altre volte avevano interrotto la
nuova vita che portavo ln me, e infine nacque un bel
bambino a rendere tanto felice la nostra famiglia. Rico-
noscentissima. chiedo che venga pubblicata la grazia per-
ché ci si convinca che I Santi non fanno distinzione di
persone!
Damasco
UNA MAMMA MUSULMANA
I MEDICI NON TROVANO LA SPIEGAZIONE
Mio tiglio dl 38 anni, mentre attraversava la strada
sulle strisce pedonali, fu urtato violentemente e scara-
ventato a terra da un motoveicolo che si dava alla fuga.
Rimase per oltre mezz'ora sul selciato privo di conoscen-
za, perdendo abbondantemente sangue dall'orecchio, fin-
ché un'ambulanza lo trasportò al Policlinico Umberto I.
li suo stato fu giudicato gravissimo per rotture mul-
tiple al cranio. otorragia destra e contusioni generaliz-
zate. La prognosi rimase rise rvata per lunghissimo tem-
po, mentre lo stato generale andava peggiorando di ora
in ora. Fu allora che, disperato, implorai l 'aiuto del Cielo
e con un altro mio tiglio, sacerdote salesiano, iniziai una
novena a san Domenico Savio. Il settimo giorno, Il degente
cominciò a dare qualche segno di percezione, e il nono
giorno a riconoscere le persone che gli stavano attor-
no, con grande meraviglia dei sanitari. Ora è del tutto
ristabil ito, e ha potuto riprendere il suo lavoro.
I medici sono del parere che non si può spiegare
il miglioramento avvenuto In modo così improvviso. lo
sono convinto che lo si spiega per la bontà di Dio e
per l'intercessione dell'umile quanto potente san Do-
menico Savio.
Roma
UN COOPEflATORE SALESIANO (lettera flrmata)
OGNI SERA PREGANO CON FIDUCIA
Per vari motivi di ordine fisico e morale era proba-
bile che non riuscissi a portare avanti la gravidanza, o
che la creatura non nascesse bene. Cosi mi assicura-
va la professoressa dell"Ospedale. Immaginatevi i l mio
stato d'animo e quello dei miei familiari! Poi un giorno
una mia conoscente mi donò l'abitino di san Domenico
Savio con il libretto delle preghiere delle mamme In at-
tesa. Da allora portai sempre l 'abitino, sul cuore e so•
prattutto nel cuore, e ogni sera recitavo con fiducia la pre-
ghiera. Arrivò il gran giorno. I familiari, con molto timo•
re, ma anche con tanta, tanta fede, mi condussero al-
l'ospedale. Quasi quasi l'infermiera non voleva neanche
portarmi al reparto maternità, perché non accusavo che
dolori molto lievi. Ebbene, non era passata mezz'ora dal
mio ingresso che, senza alcun dolore, senza l'intervento
del medico, ma solo dì un'ostetrica e di un'infermiera,
diedi alla luce un magnifico e urlante maschietto di tre
chili e mezw, sano e meravigliosamente bello! L'ostetrica
rimase stupefatta: • Non capisco come sia potuto acca-
dere: il primo, nelle sue condizioni fisiche ... Mah! . Per
me invece la spiegazione è chiara: l'intercessione del
carissimo Domenico Savio! Grazie!
Livorno
SONIA FIGINI
Fiammetta d'Amico Bessi (Firenze) ringrazia S. D. Savio
per la guarigione del suo piccolo, affetto da asma bron-
chiale.
Mario e Maria Pia Vaccari (Mantova) ringraziano
S. D. Savio per la felice nascita della loro primogenita,
dopo varie maternità interrotte.
I Coniugi Ferrero (Torino) scrivono: La piccola Lau-
ra-Domenica sorride ringraziando d'esser venuta al mon-
do per intercessione di S. D. Savio ».
Perovani Renzo (Lecco S. Giovanni, Como) scrive:
Ringraziamo S. D. Savio per la felice nascita della pic-
cola Liviana, e mettiamo lei e famiglia sotto la sua pro-
tezi one.
Maria Vacca (Oglianico, Torino] esprime tutta la sua
riconoscenza a Maria Ausiliatrice, Don Bosco e san D.
Savio per la protezione concessa in diverse circostanze,
e specialmente in un intervento chirurgico subito dal
figlio.
UNA MACCHIA SOSPETTA
Da qualche tempo un mio fratello andava soggetto a
disturbi strani e impressionanti. Gli esami radiologici
misero in evidenza una macchia al polmone, per cui i
medici sospettarono un tumore polmonare e gli consi-
gliarono l'intervento chirurgico. Allora mi rivolsi con fi-
ducia al Beato Don Rua, e invitai i miei familiari a
pregare con fede per scongiurare la difficile operazione.
Poco tempo dopo si pensò di consultare radiografie fatte
in anni precedenti; si costatò con sorpresa che la mac-
chia era già presente, e risaliva agli anni giovanili. Non
si parlò più di intervento, e si cominciarono altre cure,
che stanno ottenendo buoni risultati. Siamo convinti che
Don Rua completerà la grazia tanto desiderata.
TorinQ
Sr. AGAPITA CRISTINI FMA
Teresa de Jestis Gonzalez L6pez (Monterrey, Messico]
ringrazia il beato Michele Rua perché ha potuto diven-
tare madre di una belllsslma bambina, dopo che i me-
dici specialisti le avevano assicurato che sarebbe stato
impossibìle.
Vincenzina Cristini (Torino) è rivolta con tanto
fervore a Don Rua per la figlia che doveva subire una
difficile operazione, e ora ringrazia per li miglioramento
ottenuto.
Lucia Travaglianti (Messina] si è rivolta a Laura Vicuiia
In occasione dì una difficile gravidanza, e ora ha la gioia
di una bella bimba a cui ha messo nome Laura.
Maria Amodeo (Torino) ringrazia Laura Vicuiia per
aver ottenuto una grazia tanto necessaria a suo f iglio. 33

4.4 Page 34

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SALESIANI DEFUNTI
Sac. Fedele Gioffredi t a Lanzo torintse a
61 :mnL
Fu insegnante ed èd ucatore Appassionato: seguiva
i suoi rngnz:z.i non soltanto nel pc.ciodo scol('Stieò,
ma più LSncora nc~li nnni della loro maturazione
alla vir:1. Nel gennaio del 1966 un infarto lo co-
strinse a ridurre la sua attività, mo egli non ri-
num:iò :, pac;.sare in me2zo ni giovani le ricrea-
zioni. La morte lo colse :.U'improvviso, oll'alba
dell'ultlmo g1omo di scuola, suscitando largo rìm-
pìanro in lutti.
Sac. Fiorentino Valle t a Fossano (Cuneo) a
71 anni.
Esperto insegnante e soggjo educa~Qre, non si
dedicò .solta11to egli allievi, ma anche agli. eJCal-
lìevi, e soprattutto oi cooperutori, che ammira-
vano H suo r.elo, la sun att1vitll instancabile e la
sua fedeltà allo spirito di Don Bosco. 11 27 ago-
sto uveva tenuto tre conferènZt ai coopc.nuori in
tre località diverse, quando aJ ritorno si acco-
sciò àcçaoto alla sua motoretta. colpico da un
violento atracco di diabete.
Sac. Alessandro Verde t S. Aniimo (Napoli)
a 69 nnnì.
Era un uomo di cuore:. semplice ed espansivo.
con un umorismo tutto suo e un coratterìstico
timbro di voce che lo rendevano simpatico a tutti.
Seppe nm.tre i giovani come li umnva Oon Bo-
sco, mostrandosi anzituno e sempre sacerdote,
seminando ottimismo, inCorngjifiamento e sa1:gi
consigli. Lo distingueva un partioolare amore per
le missioni, cht: seppe. diffonde.re in tutti g-li am-
bienti nei qutili s,·olse ln sua attività.
Sac. Aldo Talin t a {)dine a 59 anni.
Buono e cordiale, spese la sua vita nella $CUofa,
con assidua disponibilm\\ al lo,·oro e o..! sacrificio.
Sope,•a diffondere la .sua spontanea serenità negli
ambienti e t.ra le persone, per cui Lutti lo c.mn-
v.:100. Questa serenità non gli venne meno nep...
pure nel penoso e oscUio ca]va.rio dei suoi ul-
timi anni di ,1im.
Coad. Vitaliano Grinta t a Lanuvio (Roma)
a 91 anni.
Avevs olu·cpassato i 40 quando da maggiordomo
dei Principi Barberini passò ol servizio di Cristo
ne.Ha Congrttgaz.1one Salesiana. Per tnnti unni fu
infermiere compctent~, gcncto$0, delicato, meri•
cando la piena fiduci11 dei medici e degli omm:l-
lari. Di indole sOè:ievole e cordfale, amava lo
scherzo arguto e garbato, col q_uale sapeva tener
allegri gli animi. Nel suo testamento spirituaJc
sinteùzzò la sua lunga vitB c:osl: Z\\.1.i stringo
fiducioso al Sacro Cuore di G~sù, che mi ha
voluto solo come sono •· Koi possiamo precisa.re:
un salesi.J.no semplice, buono, autentico.
COOPERATORI DEFUNTI
Pietro Valente t a Masciago Primo (Vn,cse)
a 77 anni.
L'amore :t Maria Ausiliatrice e a Don Bosco
lo rese un uomo retto, urn3nfC del dovere, po.dr.:
buono e superiore comprl!nsivo. AS$iduo srudio-
so dello Dibbia, fu dj volido aiuto ai parroci della
sua zonn monrllna per la lirurgia della Parola
di Oio1 che speS$O era invitnto n comn1cntarc
ptr Ja sua competenza, IA ~un e,po§iLiva chiara
e riccn di buon s.ensQ pratico. Per ru_gg1ungere
anche le cappelle più sperdute suJle n.ltu.re non
r-ispnrmiò disagi e fatiche. dando chinrn testimo--
ni11nz1.1 di ex:illievo e cooperatore pieno di zelo
per le anime.
Ada PorJido t a Snntcrnmo in Colle (Bari) a
43 anni.
Spenta troppo presto da un male inesornbile, ia...
sein in tutti il ricordo cli sposa e mamma. esem•
plarè, di insegnante seria e .9timata1 di una vita
semplice e buomi, quale autentica cooperatrice
di Don Bosco.
Giuseppe rag. Tamburini t a Bologna a 84- •nni.
Figura esemplare di ex:0:llievo e d1 cooperatore,
:1limcntav:l ogni giorno In SU3 fede oBn mensa
euc.1riscica. L:wor0 con passione nell'Unione Ex--
allìe\\'Ì di Comacchio, di cui fu anche presidente
e segretario i oell' Azione Cattolica, con la carica
di Presidente dioces::mo degli Uomoni Cattolici;
nell'insegnamento del catechismo ai bambini. e
nell'assistenza ai poveri, c-ome rnembro delfa San
Vincenzo. lnsomm::i, una vita di costante e im-
pegnata testin,onian.za cris:tiana.
Delfina Fera t a Roma.
Per circa trtnt'anni, fino alle più tarda età., svolse
la sua attività d.i cooperatrice nella parrocchia di
Maria Ausilì:strice in Romn, aninumdo anche. al-
tre Asso.:.iazioni parrocchiali.
Giacomo sac. Turra t • Gallio (Vicenza) a
87 anni.
Come parroco, spese rune le sue energie per i
giovani, i poveri e i so(forèntì. Alcuni sacerdoti
devono a lui la loro vocm;ione. e tra questi ìl
frate.Ilo don Ernesto, saleshm_o. In eta avanzata,
fu confessore stimato e ricercato da tutta. la zona.
Vole·va \\!Cramence bene a Don Bosco e ai SaJe-
sio.ni; per quanto pot<:va, ne aiuta\\'a le opt.re e
le missioni. Era felice quando poteva far visita
a qualche casn salesiana.
MaTisa Venturini t a Roma a 59 nnni.
Anima ecce.z1onuJc,: vivtva di preghiera e di n.b-
bnndono i11 Dio. Consacrò la sua esjsrenza al...
l13postolato della scuola, in cui profondeva la
suo competenzn e il suo amore. Conobbe giova-
nissima l'opera salesiana, e la sostenne sempre
col suo aiuto e con l'esempio di vera coopera•
trice secondo lo spirito di Don Bòsco.
Maria Picconatto t a Torino a 91 anni.
Orruorinna fedelissima, ebbe fa. fortuna di tssc,re
formato comè Figlia di Maria da Don Filippo
RinaJdi. Vivendo nello spirito di piet• e di ca-
rit.\\ 3tlinto ull'Or;uorio, conservò fino al.la fine
della sua lunga vita spirito gio·vanile, amore e
nttacca.rnento olio. Famia:lia Salesiana.
Antonio Mascaro t n Angoli (Catan,:aro) a 92 anni,
Cooperntorc dal 1932, educò la sua numerosa fa-
miglia a profondi s.tnti-me.nti religiosi e patriot-
tici: tre dei suoi figli caddero sui oampi di bat-
taglio.. Fu devotissimo di Maria Ausiliatrice e
Don Bosco, che invocò fino rul'ulrimo r1!$piro.
Sac. Agostino Sennhauser t a San Gallo (Sviz-
zera) a 87 anni.
Fu uft'czionato cooperatore e grande benefattore
delle missioni salesiane.
Sac. Vincenzo Batù Alessi t a Ma1,zarino (Cal-
tnnisscttn) a 72 anni.
...
Amò Don Bosco fin dn piccolo. Diventato sa-
cerdote, fu assiduo e gene.rosQ coopcn1torc sa.
lesiano. Per suo suggerimento Je soreJle Nicasrro
offersero i loro beni all'opera salesiana dello città
n vantaggio ddla gio,·cntia. J\\1ori in seguito a
una caduta riportata n.el compimento del suo do•
,·ere sRcerdocale.
Franca Stoppino t a Monasco (Alessandria) a
76 anni.
Educata nell'Istituto delle Figlie di M.A. in Ni"~•
Monferrato, ebbe il raro prh·ilegio di ricevere
la primn. Comunione da11e mani di Don Ruo.
Visse di unu fede ,~iva e solida e dì amore alla
Mndonna, che la chiamò a sé in giorno di sa-
bato all'An~elus del m=ogiomo.
Adele Caffa ved. Giacchlno
Amò tanto Don Bosco e la sua opera, special-
mente le missioni, che aiutò confezionando para-
menti e obiti.. Sempre pronta n ogni opera di
bene, soprattutto in mezzo oi poveri.
Pio Bertal(nolli t T'siQ (Trento) a 77 anni.
Una lu.nga vita di sacrifici, di dedizione alln fa-
miglia, di fede e di apostolato crisliano. Fu as-
siduo cooperatore in una parrocchia di radicar.a
tra.dizfone s:1lcsiano1 che con l'aiuto delle Figlie
di !\\-1.A. si dedica in modo particolare alla gio-
ventù. l-ta. regalato n Oon Bosco il figlio Don Fer-
ruccio, tittualmente in Auscrnlia~ accettandone
l'ultimo dl$tacco pochi giorni prima dJ morire.
Anuro cav. Lampiano t a Torino.
llluminnto dnlla fede e sostenuto dalla spersru;a
cristiana, c.ondu.sse urui vi1a proba, laborioso. tutta
spesa pCr la fomiglin e per il primo Oratorio di
Don Bosco, come c,rnllie\\'O serinmentc impt1gnsno
in ogni iniziathrn di bene.
Giovanni Risso t a Fnlicetto (Cuneo) a 62 anni.
Uomo di grande bontà. Chi gl.i e vissuto vicino
non l'ha tnui sentito proferire una parola di ri-
sentimento o meno cortese verso aJcuno. E' ri-
cordato da tutti coloro che hanno rice,·uto i doni
della suo bontà, in particolare dalle Figlie di
M.A. dell'Osp,-dalt.
Francesco Bal delli t a Rom, a 90 anni.
Don Bosco fu per lui padre e maestro fin dalla
più tenero età. Di pietà solida e profonda (era
3.$s:iduo trn l'altro agli Esercizi Spirituali) affidò
1a suo. famiglia o. Maria Ausiliatrice. Lascia un
vivo rimpiDnto anche Lra "li exallie·d del ·restac-
cio, d.ei quali fu umile e nssiduo animatore.
Venera Caltabiano ved. Plstorlo t a Mascali
(Catania) a 84 anni. .
.
.•
Donna umile ma ricca di fede, d1 bontà SQUlStta
e dl gronde pietà., portava la pace, il sorriso e
la gioia ovunque passava.
Maria Rocco t a Napoli a 77 anni.
Semplice e generosa, piena di sano ott1m1smo
e dì gioia, diffuse luce e conforto soprattutto
nella scuola nell~ quale praticava il metodo edu-
cativo di Oon Bosco. Assidua ai ritiri mensili
e agli Esercizi Spirinrn.li, raggiunse 10: piena.mn•
turità spirituale, che rifulse sopratrurco neglt ul..
timi mesi della sua esistenza terrena, quando seppe
accettare ln silenziosa offerta l'angoscia della s:of•
fcrenz:a fisic-a.
Carmela Cocciollto t a Napoli a 86 onni.
Fervente cooperatrice, condusse una vira di si-
lenzio e di preghiera, :\\Ssorhita dagli impegni
delln famiglia e dalle attività della parrocchia sa-
lesiana al Vomero. Una di quelle onime che co-
struiscono senza far rumore. fedele alu Chiesa
e allo spirito di Don Bosco.
Maria Blandino ved. Franchlno t n Coseletre
(T'orino) a 72 anni.
Eugenia Girodo t n Caselene (Torino) a 88 anni.
Adelaide Allisonet • Caseleue (Torlno) • 83 anni.
=O=
Per quanti ci hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA. riconosciuta giuridica•
mente con D. P. oel 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto
13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere Legotl ed Eredità. Formule legalmente valide sono:
se trattasi d"un legato: e •.• lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sode in Roma (Qppure all'Istituto Salesiano per le missioni con sode
in Torino) a titolo di legato la somma di lire ........ . (oppure) l'immobile sito in ..... ».
se trattasi, Invece. dl nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro dei due Enti su indicati:
«... annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma
(oppure l'Istituto Salesiano per la Missioni con sede In Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo».
34 (luogo e data)
(firma per disteso)

4.5 Page 35

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Borsa: Don Marco Veggl, n curn
di N.N., L. 200.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in ringra::iamt.mlo, a
cura dei fratelli Aldo, t\\-taria e Gio-
vanni, Cumpodolcino (SO), L. 150.000
Borsa: Sacro Cuore dì Gesù, Ma-
ria SS. Auslllatrlce e Santi Sale-
siani, in ringrazìammto ~ inTJocando
ancora prote::ione, n curn dl Gnme-
ris Anna, Sommariva Perno (CN),
L. 100.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, pt.r grat:ia riuuuta e invo-
ca11do anc.ara prot~zione su tutta la
famiglia, a c.ura dl Nousssn Sofia,
Cbatillon (AO), L. 100.000.
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ntdlt11'o Ctu11ulo, Pufvirenti Francesco
~ si"g. Pulr;irtmì Michelang~lo, n curo.
cli Pu)virenti Maria., Catania .Batt:iati,
L. 100.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco. a cura di M:angini
Pccchiol.i Lucia, Genova Sampierd.11-
rena, L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, n suffragio dei propri d~Junli,
a cura di Cabella Candida, Manes-
seno (GE), L. 100.000.
Borsa: Mar ia Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico Savio,
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pt.r tutra la famiglia, a cur-a di Bo-
raie Giovanni, Saluzzo (CN), L.
100.000.
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Bosco, in suffragio d~i miei Cari de-
/unti, a curn di N.N., L. 80.000.
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ria Ausiliatrice e S. Giovanni Bo•
sco. aù,taremi, a cura di Zonato Lui-
gia, Monteforte d'Alpone (VR), L.
70.000.
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di Maggioni Carlo e Famiglia, Be-
sana Brionza (Ml), L. 60.000.
Borsa: San Domenico Savio, Bealo
Don Rua, aiutai.e Silrdo, a cun di
N.N., L. 60.000.
Borsa: In ,ujjragio dti e,nitori de-
funti e in onord di Don Rina/di per
grazia riavuta, a cura di ;\\n$3..(di
Maria, Boves (CN), L. 60.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
SalesJan.i, in suffragio di Milanl!St!
A~usta, a curn del nipote Milanese
Giovanni, Minerbe (VR), L . 50.000.
Borsa: In suffragi,, d• l de/11nto Va-
lerio Pit 'tro, a cura di Leccnrdi An-
gela, Milano, L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in mf-
/ragio dei miti Cari dtfunt1'. 11 cura
di Mario Savelli f'eyles, Alba (CN),
L. 50.000.
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vanni Bosco: prolitggeie la mia fa-
miglia, a cura di Carobbio Cnmilla,
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vanni Bosco, t'n memoria della 1\\. fam-
ma. a eura dei figli Leo, Marialnura
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vanni Bosco e S. Domenico Savio,
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poti, a cur:1. dei coniugi •·ra.ddei, Pro-
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vanni· Bosco, chitdendo aiuto e p·ro-
u.ziont, particolarmtlltt ptr I.a J\\,lam-
ma, cura di S.G., L. 50.000.
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Gruppo 'I"uristico Gio\\•,mile « COO-
PEX dì Macerata, L. 50.000.
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gi.ci, a curn di Picrranera, Isa e Ann:1,
Silvano d' Orba (AL), L. 50.000.
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vanni Bosco, in suffragio di lutti i
mit.i defunti t inuocando aiut.Q pt.r lt
mie ntufsità, a cura dj Ma.iz2a Ro-
sina, Monopoli (BA), L. S0.000.
Bo rsa: S. Francesco d'Assisi e S.
Caterina da Siena, Patroni d' Jta-
crociata
ELENCO DI BORSE M ISSIONARIE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
DEL BOLLETTINO SALESIANO
Ha, r'n n'11graziamtnto e chiedendo pro-
ttzion~, a cura dti Proti.i Calv·agno
Vito e Maria, Savona, L. 50.000.
Borsa: A tutti i Santi Salesiani'1
a cura. dei Sigg.i F<:rraris Ros-alda
e Vergano Ezio, Quinto Vercellese,
L. 50.000.
Borsa: Per la guarigione. di nonno
Loren:ro d Ptr la nascita di Federico,
a curu della Famiglin Schiassi, Bo-
logna, L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e B.D. Rua: vi affido
i miti occhi 111alati, a cura di T.R.M.,
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bo~co e S. Domenico Savio
in ringra~ iamQ?to per gra:ia ricevuta
e invocando anc(JTO aiuto e- prote-::io11e,
Pietro e Arosio Maria, Lissone (Ml),
L. 50.000.
Boi-sa: In suffragio di Correra Efolra,
• cura del Erorello Dott, Tommaso,
Campobasso, L. 50.000.
Borsa: A Mons. Cimatti, con immu-
tata rùonoscenza, a cura di Pe..-raro
Rag. Oreste, Torino, L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e S. Dome,nico Savio,
ringraziando per guarigione. ottenuta
e pe.r altre grazie e ancoro i1nJ()ca11do
protezione., a cura di Donata Angelo,
Accetruni (MT), L. 50.000.
Borsa: Jn ammirazione ed aiuto per
il be11l che /anno i missionari 1alt sitmi,
a cura di Deville Margherirn, Moeot\\
(TN), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
n cura della Famiglia Concin, .\\1e220•
lombardo (TN), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
van ni Bosco, in ri,,grtJ.::i11me11to pu
l'aiuto doto alla figlia Thora e i11vo-
candp ancora pr()lt.ZÌQnt , a cura di
lngeborg Zurbrugg, Dielefeld (Ger-
mania), L. S0.000.
Borsa: Gesù Sacramentato, Maria
Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco,
int1ocando aiuto per la saluu de.Ua
sau/la Antonùitta, a cura di Gior-
netti Anita, Romo, L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, in ric.o-
nostmza l!d invocando ancora prote-
:.:io11e, a curi3 di Battaglia Luigi, Mi-
lano, L. 50.000.
Borsa: Maria Auslllalrìce e S. Gio-
vanni Bosco. invoumdJJ protezione. e
aiuto, n cura di Marcassa. Letizi::i,
ArQuat,i Scrivia (AL), L . 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, invo-
cando snnpre prote~io11e, a cura di
N.N., L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in ringrazimnt11to e t'n-
vocando ancora prouzio,ie, ~\\ cura di
Colonnello Brìell Anno, Milano, L.
50.000.
Borsa: S. Gl.ovan n1 Bosco, in rln-
graziame:nlo t per i'ntJ()(nre prottzitmt.
t btttediziomr sui miei cari, a cura di
Canavese Giuseppina, Mond9vi (CN).
L. 50.000,
Bor.sa: Maria Ausiliatrice, bt ri'n..
gra.tiamtnto per i quarant'anni di ma-
trimonio, a cura dei coniugi Perego
vanni Bosco, im:uca11dQ prott ::.t'Qne
per la mia fanziglia, a cur1;1 di A.L.,
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Do•
menico Savio, ringraziando ttl intJO•
ca.,1do a,1cQra protezione, a cura di
Te.stoni Leda Ved. SarnC!e:noJ Napoli,
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausillat.rice e S. Gio•
van.nJ Bosco, i1ivoumdo prott ziontt
ptr lt. fami'glie De Giovu.mlini.}ièrrini,
a curn di De Giovannini Cav. Anto-
nio, Bro (CN), L, 50.000.
Borsa: ln memoria dd J~fu1uo Don
Fiorentino Valle, Saltriano, a cura
della Presidenza Ex Allie,,i di Fos-
sano (CN), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, invocando pr(Jtezìom. e con-
Jortu, a curo delle sorella Usseglio
Clementina e Alberrina, L. 50.000.
Borsa: Madre Mazxarello, in 11U:-
moria di Giov anni Strwella. n cura
delle Ex Allieve l s tituto Immacolata,
Novara, L. 50.000.
Borsa: Divina Provvidenza, a. cura
di Boglionc Fmnc"5co, TO, L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura
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gra:.,'amento t: in suffragio dtllt Anime
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