Bollettino_Salesiano_198509


Bollettino_Salesiano_198509



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- - - - - - - - - - - - - -- - - - - - - - - ·
3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò ci parla
5 BREVISSIME
9 INCHIESTA BS
I giovani chiedono una scuola al passo con i
tempi. Quali sono i problemi della scuola in Italia?
Eccone alcuni. Quali prospettive? Un rinnovato
impegno per tutti.
15 VITA ECCLESIALE
Quando il Papa scrive. La lettera che Giovanni
Paolo Il ha scritto ai giovani va oltre lo stesso valo-
re del documento e rilancia ìl protagonismo giova-
nile nella Chiesa e nella Società.
19 VITA SALESIANA
A Puri c'è chi per studiare vende ancora una
capra. Le realizzazioni salesiane in India sono
tante. Questa volta Antonio Alessl ne presenta
una che vede impegnati un gruppo di laici della
Famiglia Salesiana.
In copertina:
Giovani a Roma
(Foto Franco Marzi)
(Servizio a pag. 15)
1 MAGGIO 1985
ANNO 109
NUMERO 9
23 PROTAGONISTI
Tutti insieme si può fare qualcosa di buono. Ab-
biamo intervistato Maria Fida Moro. È certamente
una donna che sa il fatto suo.
27 COMUNICAZIONI SOCIALI
Vecchia Radio, promettimi di non tacere. È il
primo di due articoli preparati da Pier Dante Gior-
dano che fa il punto sul fenomeno radio.
32 VITA ECCLESIALE
Laici in prima linea. La chiesa diventa sempre
più popolo di Dio. Nel 1987 verrà tenuto un Sinodo
episcopale dedicato interamente al laicato. Ce ne
parla Silvano Stracca.
34 STORIA SALESIANA
Don Bosco a Tor De' Specchi. Don Bosco an-
dando a Roma fu solito frequentare il Monastero
delle Oblate di Maria a Tor de' Specchi. Angelo
Montonati fa rivivere quelle visite.
RUBRICHE
Scriveteci. 4 - Pigy di Del Vaglio, 6 - La lettera di
Nino Barraco, 8 - Libri e altro, 30-31 - I nostri san
ti, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 • Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero Marco
Bongioanni - Eugenio Fizzotti - Gaetano Na-
netti Angelo Paoluzl Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, Impaginazione e stam-
pa: Officine Grafiche SEI · Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.
._ Il_ 15 del mese per I Cooperatori Sale-
siani .
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famigl/a
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldini)
Via Marsala 42 00185 Roma - Tel. (06)
49.50. 185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 41 edizioni naziona-
li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) in: Antille (a Santo Domin-
go) Argentine Australia Austria - Bel-
gio (in fiammingo) Bolivia - Brasile - ca-
neda - Centro America (a San Salvador)
CIie es Cinese (a Hong Kong) Colombia
Ecuador Filippine Francia Germania
Giappone Gran Bretagna - India \\in in-
glese, malayalam, tamil e telugli) lr anda
Italia - Jugoslavia (in croato e in sloveno)
Korea del Sud • BS Lituano (edito a Ro-
ma) • Malta Messico Olanda - Paraguay
- Perù Polonia - Portogallo Spagna
Stati Uniti - Sudafrica - Thailandia • Uru-
guay Venezuela • Zaire
DIFFUSIONE
Il es è dono-omaggio di Don Bosco ai
componenti la Famiglia Salesiana, agli amici
e sostenitori delle sue Opere.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

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- - - - - - - - - --5'1-
Don Viganò ci parla
IL DIALOGO
«Beati i miti»! (Mt 5,5).
A tutti piace vincere. Se guardi un film, senti
di parteggiare per il Sandokàn d'occasione; se tifi
per il calcio, ti esalti solo per le reti deUa tua
squadra; se si tratta di.muscoli, preferisci quelli
più tondeggianti e duri. La vittoria è un traguar-
do che seduce con tanto fascino da giustificare
facilmente qualunque mezzo che aiuti a raggiun-
gerla.
Così la forza, il denaro, il potere, l'aggressivi-
tà, oppure l'astuzia e l'inganno diventano gli
strumenti privilegiati di un facile complesso di
superiorità o dell'impetuosità della collera. Chi
invece non è violento, ma è longanime, umile e
paziente; chi non indulge all'ira, chi cerca il
trionfo della ragione e della concordia, viene
qualificato sovente come un debole e un timido,
relegato di fatto ad una considerazione di infe-
riorità. Gesù, però, non la pensa così e nelle Bea-
titudini si congratula con i mansueti, con quelli
che non sono violenti, perché «erediteranno la
terra»!
Egli stesso fu «mite e umile di cuore» (Mt 11,
29), «non gridò», «non spezzò la canna incrina-
ta, spense il lucignolo fumigante» (Mt 12,
19-20); con gli altri fu paziente («l'amore tutto
sopporta», 1 Cor 13, 7), affabile («manifestò
bontà e amorevolezza», Tit 3, 4), costante («amò
sino alla fine», Gv 13, 1), e così fece «trionfare la
giustizia» (Mt 12, 20).
La mansuetudine di Gesù non è paura o viltà,
ma la scelta più difficile e più audace di tutte:
q uella che cerca la vittoria con il coraggio
dell'amore.
Il metodo preferito dalla mansuetudine per su-
perare i conflitti è quello del «dialogo». Esso
non è espressione di codardia di chi vuol camuf-
fare la sua fuga, ma un concreto impegno di non-
violenza-attiva che esige personalità, chiarezza di
convinzioni, correttezza di tratto, pedagogia
d'approccio, pazienza, umiltà, speranza in Dio e
fiducia negli altri.
« Il dialogo - ha scritto Paolo V] - non è or-
goglioso, non è pungente, non è offensivo. La
sua autorità è intrinseca per la verità che espone,
per la carità che diffonde, per l'esempio che pro-
pone; non è comando, non è imposizione. È pa-.,
cifico; evita i modi violenti; è paziente; è genero.f
so... Nel dialogo si realizza l'unione della verità
con la carità, dell'intelligenza con l'amore. li cli-
ma del dialogo è l'amicizia. Anzi il servizio» (En-
ciclica «Ecclesiam suam», 1964).
Il violento è mosso dalla prepotenza dell'ag-
gressività, il mite dal coraggio dell'amore; il vio-
lento s'impone con la forza, il mite vince con la
bontà.
Oggi, in una Chiesa rinnovata che «si fa paro-
la, si fa messaggio, si fa colloquio» (Paolo VI),
r isulta indispensabile crescere in una spiritualità
che abiliti al dialogo.
A tale scopo bisognerà far maturare nei giova-
ni due aspetti complementari:
- una coscienza virile dei valori della non-vio-
lenza;
- una testimonianza perseverante della bontà
e ragionevolezza.
don Egidio Viganò

1.4 Page 4

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Volontarie offre si
Siamo due studentesse universitarie
in crisi, il problema principale è che
non siamo riuscite a trovare lavoro e,
continuiamo per questo i nostri studi
universitari, che naturalmente vanno
molto a rilento.
Ogni giorno che passa ci rendiamo
conto della nostra inutilità, e le do-
mande più frequenti che ci poniamo:
«Sono stata utile a qualcuno? Che co-
sa faccio per dimostrare la mia
esistenza?... »
Questo cl porta ad una logica conside-
razione: «se non fossimo nate sareb-
be stato tutto uguale, eccetto la gioia
che abbiamo dato ai nostri genitori
che ci desiderano tanto».
Per questo ci interesserebbe dedicar-
ci ad un'opera di volontariato presso
un orfanotrofio o brefotrofio, questo
perché amiamo particolarmente i
bambini.
Vorremmo sapere che cosa bisogna
fare per essere assistenti sociali , e se
con un diploma in mano si ha qualche
facilitazione per ottenerlo; ci piacereb-
be lavorare all'estero come insegnanfi
o assistenti, questo perché abbiamo
conosciuto una ragazza che è andata
ad insegnare In Perù, in una comunità
di Italiani che si trovavano lì per
lavoro.
Lei/era /,rmata
Carissimo BS, sono una ragazza nata
nel marzo del 1966: nella mia vita ho
subito moltissime delusioni e forse al-
trettante ne ho causate. Mi è successo
nel mese di giugno dl prendere co-
scienza della mia situazione ed im-
provvisamente mi è nato il desiderio di
aiutare, per ciò che mi è possibile, le
persone che necessitano. Sono quali-
ficata segretaria di azienda e vorrei
sapere se necessita qualche prepara-
zione particolare per poter partire co-
me volontaria a donare aiuto. Vi sarei
molto grata se mi deste informazioni
in merito ed anche qualche nome di
istituzione alla quale potermi rivolge-
re. Non ho preferenza nella scelta del-
la zona.
Lettera firmata, Omegna
La scelta del volontariato è sempre
una scelta di serieta ed impegno ed
esige oltre che una preparazione an-
che un esame attento delle motivazio-
ni che la provocano. In ogni caso essa
è una spinta al bene che va sostenuta
e vagliata. Per le informazioni richie-
ste potete rivolgervi alle organizzazio-
ni Caritas delle vostre Diocesi o alla
Sede ispettoriale salesiana più vicina
a voi. (N.d.r.: le città sedi di lspettoria
salesiana sono: Ancona, Cagliari, Ca-
tania, Genova, Milano, Mogliano Ve-
neto, Napoli, Novara, Roma, Torino,
Verona).
Due suore missionarie
rispondono
Nel mese di febbraio abbiamo pubbli-
cato la lettera di una ragazza deside-
rosa di corrispondere con suore mis-
sionarie. Siamo lieti di comunicare
che l'appello è stato immediatamente
accolto. Sono infatti giunte in redazio-
ne due lettere provenienti dallo Zaire e
dal Kenia. Nella prima suor Miller Gio-
vanna si dice pronta a corrispondere
da Lubumbashi (indirizzo: Fllles de
Marie Auxiliatrice, Lycée Kwesu - B.P.
793 Lubumbashi (Zaire): nella secon-
da da Siakago in Kenia scrive suor Ro-
sa Farina. Ma ecco quanto scrive que-
st'ultima: «Carissima, sono una suora
missionaria in Africa e precisamente
in Kenya. Oggi è arrivato alla nostra
missione Il Bollettino Salesiano e dan-
do una prima occhiata alle sue pagine
ho letto anche l'invito a " corrisponde-
re'' con te. È bello e lo faccio volentieri
perché voglio bene ai giovani e colgo
ogni occasione per conversare con lo-
ro. È un modo perché anch'io rinnovi
la mia giovinezza di spirito con chi è
anche giovane di anni. Ecco il mio in-
dirizzo: Sr. Rosa Farina • Catholic Mis-
sion - P.O. SIAKAGO - EMBU -
KENYA».
Datemi un Santo da pregare
Per favore datemi un Santo da prega-
re. Ho tanto bisogno di aiuto. Il mio
problema è la casa. Poi ne ho un altro
ancora più grande: ho un fratello che
ha trent'anni e non lavora ancora; non
sappiamo più a chi rivolgerci. Non vi
mando soldi per adesso perché pro-
prio non ne ho ma fate lo stesso una
preghiera per me. Mandatemi una fi.
gura da pregare, aiutatemi.
Lertera ~rmata Ca,azzo (Caserta)
Quando abbiamo avviato la rubrica
«scriveteci» pensavamo che in reda-
zione potevano giungere lettere dalle
risposte impossibili. Non certo per
mancanza di idee ma perché in verità
ci sono problemi più grandi di noi ai
quali una risposta puo essere data sol-
tanto dalla solidarie/a di tutti e da Dio.
Noi non siamo deputati a dire se la
barca Italia vada o no ma è certo che
per milioni di giovani non c'è lavoro e
non ci sono case. È un problema - si
dice - di tutti i Paesi più industrializ-
zati del mondo. Magra consolazione
dal momento che il dramma è in casa
nostra. Ed allora dobbiamo rassegnar-
ci ad una società tecnologicamente
avanzatissima che ignora sacche di
sottosviluppo nella vana speranza che
un domani, chissa, potranno fare il
salto? Oppure, dopo i drogati e le loro
siringhe, scotomizzeremo anche i di-
soccupati ed i loro drammi? Gentile si-
gnorina del Sud - ma questa lettera
poteva giungere anche dal Nord - mi
consenta di dirle che questa volta non
ho una figurina da inviarle perché lei
possa almeno pregare. Il nostro credo
non ha figurine perché s'innesta nella
vita più profonda dell'uomo; non ho
nemmeno un lavoro da dare a suo fra-
tello o una casa per lei. Posso certa-
mente darle la solidarietà della mia
povera preghiera unitamente all'ap-
pello per una società più giusta dove il
reddito non sia come i polli delle famo-
se statistiche. Una societa «riconcilia-
ta» al suo interno - l'abbiamo sentito
al Convegno ecclesiale di Loreto -
vuol dite per i cristiani che operano
nel sociale risolvere anche problemi
come i suoi; si guardi attorno nell'am-
bito del territorio: non c'è nessuno di-
sposto a darle una mano?
«FOTO FELICE BENUZZI»
(UNA SVISTA)
Nel BS n. 3 del febbraio scorso slamo
incorsi in una involontaria svista. Le foto di
pag. 31 e 32 non recano la citazione
dell'autore e proprietario, doti. Felice
Benuzzì. Ce ne scusiamo con lui, che in
amicizia e ammirazione ha pure visitato I
territori patagonici di De Agostini e di Don
Bosco parlandone in conferenze e
scrivendone ancora di recente (Nel cuore
delle Ande patagoniche ecc., ediz. 1st.
Geogr. Militare). Delle benemerenze del
dott. Benuzzi abbiamo peraltro parlato
ripetutamente in BS dic. 1983 pag. 4 e In
BS genn. 1984 pagg. 32-35.

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- - - - -- -- - -5'11__
1 MAGGIO 1985 · 5
ITALIA
Una mamma centenaria
I n genere il nosLro
periodico commemora
centenari di fondazione,
l,ICJ
poche volte ccmenari di
persone. F ceno tu1tavia che
è la prima volra che il BS ~i
Lrova a thLeggiare co11
quattro sacerdoti salesiani
suoi figli (Costantino,
Pasqualino, Giovanni e
Cesare) una mamma in
occasione del centesimo
compleanno. La signora
laniro Michela ved.
Carnevale è infatti nata a
Capracotta (Isernia) i1 12
aprile 1885. A Lei, che vive
con il figlio Giovanni presso
1·1stituto Salesiano di
Macerata, vadano i nosrri
I Nella foto:
La signora laniro con i
quattro figli salesiani
migliori auguri.
COSTARICA
Si incontrano i responsabili
ESCOGE
giovani. li T GS veneto non è
nuovo a q ueste
manifestazioni dal mom ento
che ne organizza anche a
G orizia ed a P adova e da
parecch i anni. F ra le attività
dell'Associazione turisùca
giovanile salesiana sono da
ricordare i soggiorni estivi
all'Estero. Chiunque fosse
interessato p uò rivolger si
direttam ente a don Dino
Berti, CentTO Regionale
TGS, Via Asolo 4,
P ADOVA.
MESS ICO
Campo Bosc:o '85 a
Coacalco
O hre duecenLo giovani
hanno partecipato a
Coacalco in Messico
all'ormai tradizionale
iniziativa denominata
Campo Bosco . Provenienti
da quasi tutte le regioni
messicane i duecento gio\\ ani
si sono ritrovaii attorno alla
«CasiLa de Don Bosco» di
Coacalco per conoscere ed
imi tare sempre piu il «pad re
c maestro>) della gioventu.
Giochi, canti, allegria
conLagio\\a. gruppi di , 1udio
ed assemb lee hanno
caratterizzato queste giornate
organizzate da do11 Javier
Altamirano e da don
O\\valdo Gorzegno in
occasione dell'Anno
internazionale della
Gioventu.
INelle foto:
Immagini del Campo
Bosco e in particolare...
imitazione di Giovannino
Bosco saltimbanco
~ cabPooosco
D a l 14 al 17 febb raio
1985 si sono riuniti a
Cartago in
Costarica o ltre cinquanta
rappresentami dei
quattromila giovani aderen ù
al movimento ESCOGE in
Centro America.
All'incontro ha partecipato
anche don Ennio Leonardi
considerato il fondatore e
l'ideatore dei programmi
EJ E (Encuentro Juveniles e n
el Espiritu} e ESCOGE
(= ~cegliere). Questi
programmi sono considera1i
1111 ortimo metodo d i
animazione i.:ristiana e di
maturazione soprattullo a
livello giovanile.
ITALIA
11 Edizione di <<Su e Zo
per i Ponti»
A Imeno tredicimila
marciatori hanno
preso parte
all'undicesim a edizione di
«su e zo per i P onti>) marcia
non competitiva organizzata
a Venezia il 10 marzo 1985
dal TGS veneto a nimato d al
salesiano don Berti. La
manifestazio ne ba visto in
serena a llegria e
competizione migliaia d i
Una lettera «cimelio»
N el giorno della festa
di San G. Bosco.
3 1 gennaio 1936
(e sono pressoché 50 anni),
il nome di Pier Giorgio
Frassati, «il giovane
semplice e buono», che
ascese vette di montagne e d i
santità, contrassegnava «uno
dei picchi più importanti»
della Cordigliera Patagonica
australe, e precisamente nel
cuore del «Hielo
Contincmal )) (o «Calolla
P olare>>) cilena.
A con ferire quel nome era
stato il giorno a van ti padre
Alberto M. De Agostini.
missio nario e scienziato
salesiano. Egli s tesso lo
annunciava al confratello e
amico don Antonio Cojazzi
professore nel liceo torinese

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6 · 1 MAGGIO 1985
di Valsalice. La lettera è
riemersa dagli archivi in
occasione della recente
mostra curata a Torino dal
Museo Naz. della Monragna,
che del De Agostini ba
voluto rievocare le imprese.
Contrariamente a quanto
creduto da taluno, questo
manoscritto non è quello dj
De Agostini. Si trana invece
di una copia Lrascritta da
don Cojazzi - chiaramente
individuabile dalla grafia e
dalla « firma» in prima linea
- per essere consegnata allo
scrittore Nino Salvaneschi
che intendeva valersene per
le sue Contemplazioni del
ma/lino e della sera. Il nome
di Pier Giorgio Frassati
veniva così a trovarsi non
Nella foto:
La lettera di
don De Agostini
solo su una vetta australe.
ma altresì al crocevia di
significativi epigoni della
cultura italiana anni Trenta.
Rimarchevole l'occasione
della data, il «dies natalis»
di don Bosco. Rimarchevole
altresì la sollecitudine per
Pier Giorgio da parte di due
salesiani: don De Agostini
conterraneo e don Cojazzi
maestro del giovane Frassati,
oltre che animat0re di
Azione Cattolica. Dopo 50
anni il « riLOrno» di questo
manoscritto suona augurale:
possa Pier Giorgio da
supreme vette ìllumfoare -
per riconoscimento ufficiale
della Chiesa - tulla la
gioventù del mondo (111.b.].
Là dove nacque San
Domenico Savio
N on tulli sanno che
San Domenico Savio
è nato a San
Giovanni di Riva, un
minuscolo borgo presso
Chieri. I ricordi della s~ll
in fanzia e specialmente quelli
degli ultimi giorni della sua
vita sono tutti legati al
piccolo paese di Mondonio,
dove la famiglia si trasferì,
quando Domenico era
ancora in giovanissima età.
A San Giovarutl di Riva si
conserva ancora la modesta
casa in cui egli ebbe i natali.
Ad essa si appoggia un
grande cascinale ormai in
stato di totale abbandono,
circondato da un ampio
cortile. Una lapide situala
sopra la porta di ingresso
dell'abitazione ricorda ai
visitatori le origini del
«piccolo grande santo». Ma
nulla più ... P resto il tempo
avrebbe cancellato ogni
traccia, se non si fosse
finalmente d~tato l'interesse
dei Salesiani e degli
Ex Allievi del luogo, che han
deciso di non lasciar
disperdere un ricordo storico
di così grande importanza,
anzi di valorizzarlo al
massimo a vantaggio dei
giovani, dei quali San
Domenico Savio resta
sempre un affascinante
modello.
Di qui l'idea di creare in
questi ambienti un centro di
spiritualità, anrezzato per
ospitare gruppi di 40/ 50
giovani, che intendano
riunirsi di tanto in tanto per
incontri di studio, o di
preghiera. Domenico Savio
parlerebbe così ancora ai
giovani, anche attraverso i
luoghi santificati dalla sua
presenza.
Questa l'idea. Ma chi
avrebbe lrovato i mezzi per
realizzarla? Gli Ex Allievi,
han derto i Salesiani: coloro
che hanno vissuto in qualche
maniera l'esperienza di San
Domenico Savio e meglio
INella foto:
SI carica a Faenza
materiale di costruzione
per la casa natale di San
Domenico Savio
.,,Ml PIIIWONO
I FIOR.I

1.7 Page 7

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- - - -- - - - --5'1
possono comprendere i
vantaggi che ne verrebbero
per i giovani e i loro figli.
Ecco, allora, che tecnici e
professionisti già alunni delle
opere salesiane hanno messo
subito a disposizione in
maniera disinteressata la loro
opera per stendere studi e
progetti, per rimuovere
materiale inutilizzabile, per
tracciare fondamenta... Ecco
che dei benefattori hanno
cominciato a far affluire le
loro offerte.
Una notizia che è di questi
giorni: da Faenza (una cirtà
tra le più «salesiane»
d'Italia) l'e~ allievo Pio
Raffoni, che dirige l'azienda
IMPCA (industria manufatti
prefabbricati in e.a.), ha
farro dono di un centinaio di
travi in cemento armaLO e di
circa duemila tavelloni in
cotto per la costruzione del
solaio. Un dono che ha
voluto essere l'espressione
della sua più viva
riconoscenza per quanto
ricevette dai figli di don
Bosco negli anni della sua
educazione.
SPAGNA
Antonio Garcia Vera
nominato regolatore del
Congresso Cooperatori
I I Congresso
Mondiale dei
Cooperatori salesiani -
si terrà a Roma nell'ottobre
l985 - avrà come
regolatore lo spagnolo
Antonio Garcia Vera. La
scelta di un cooperatore
,e spagnolo da un lato
premia un uomo da anni
impegnato nel!' Associazione
dall'altro lato evidenzia lo
sviluppo della presenza
salesiana in Spagna
Il piccolo giornalaio è
diventato prete
F ra i 47 diaconi
ordinati sacerdoti da
Giovanni Paolo 11 a
Lima in Perù il 3 febbraio
1985 c'è stato anche Jorge
Luis Siesquen Flores, un
salesiano di Ferrenafe,
Nella foto:
Don Luis il giorno della
sua ordinazione
per giorno la loro bauaglia
per la pace. Con loro ci sono
migliaia di giovani che ne
condividono l'impegno
cittadina a 800 chilometri di educativo. E così un gruppo
distanza dalla capitale.
di essi si reca frequentemente
Figlio di giornalai e
al villaggio di Ayagualo per
giornalaio egli stesso, don animare un oratorio e far
Luis conobbe i salesiani nel sorridere quei ragazzi. Ad
breve quinquennio
Ayagualo si trovano anche le
( 1966-1971) che questi
Figlie del Divin Salvatore.
risiedettero nel suo paese. L'iniziativa - ci assicura il
I cinque anni furono
delegato della pastorale
sufficienti a far innamorare giovanile don Cafarelli - ha
di don Bosco un'intera
soprattutto il valore
cinadina che si è stretta
pedagogico di sensibilizzare
festante attorno al giovane alle necessità dei più pon:ri.
sacerdote. Per i Salesiani del
Perù poi, tanto scarsa di
vocazioni, l'ordinazione
sacerdotale di don Luis è
BRASILE/
MATO GROSSO
stata considerata una vera e
propria grazia di Dio.
Ricordato iJ martirio di don
Fuchs e don Sacilotti
EL SALVADOR -
Tra i bambini di Ayagualo
L a chiusura dell'Anno
Samo della
Redenzione ba visto a
I salesiani di El Salvador,
Paese-chiave di quel
crocevia internazionale
rappresentato dal Centro
America. combauono giorno
Barra do Garcas nel Mam
Grosso in Brasile,
l'inaugurazione di un
grandioso monumento al
Redentore copia di quello
eretto sul Corcovado a Rio
de Janeiro.
La statua misura 12 metri di
altezza e pesa 30 tonnellate.
li monumento oltre che
ricordo dell'Anno santo ha
voluto anche perpetuare la
memoria del martirio di don
Fuchs e don Sacilotti
avvenuto il I O novembre
1934. Ai piedi della statua
sono state scolpite queste
parole (in traduzione): « In
occasione della chiusura
Nella foto:
dell'Anno Santo della
Ayagualo, giochi di Natale Redenzione, la Diocesi di
1 MAGGIO 1985 7
Barra do Garcas, apre le
porte a Cristo Redentore
che, da questa collina, in un
abbraccio di pace e di
perdono, benedice il Mato
Grosso e Goias, all'incrocio
dei due storici fiumi, Garcas
e Araguaia, vie sanguinose
percorse dai missionari che
evangelizzarono queste
immense plaghe sognate da
don Bosco e consacrate
cinquant'anni fa dal martirio
degli eroici missionari don
Fucbs e don Sacilotti>).
Nella foto:
Il monumento
al Redentore
di Barra do Garcas
GIAPPONE -----
Don Tassinari racconta...
L a cronaca missionaria
è sempre ricca di
semplicità e poesia.
Essa è sempre gradita specie
quando viene da Paesi
affascinanti come il
Giappone.
Ecco quanto ci ha scritto,
fra l'altro, don Tassinari:
Una domenica mattina
dell'ottobre scorso andavo a
Kitsuki per la Messa. In
macchina c'erano anche due
bimbette, quarta e seconda
elementare, exallieve
dell'asilo-nido che dirigono a
Beppu le Ancelle <<Madre
della Misericordia». Molto
affezionate alla loro antica
maestra, avevano chiesto di
andare insieme con lei a
Kitsuki. Quella domenica
c'era anche il «bazar».
Durante il viaggio, tra

1.8 Page 8

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8 · 7 MAGG,'O 1985
l'alrro, parlai del nuovo
Vescovo Salesiano di Diphu,
Mons. Kochuparambil.
Intervistato dal Bollettino
Salesiano (marzo 1984),
aveva detto che «la sua
nuova diocesi nel nord-est
dell'India era poverissima,
con tanti villaggi senza
scuola... e per meuere in
piedi una scuoletta bastava
un milione e mezzo di
lire... ». Aggiunsi che noi
avevamo deciso di aiutarlo.
Le bimbe ascoltavano zitte
zitte. Non fecero alcun
commento. Ma tornate a
casa decisero di fare qualche
cosa: « bisognava aiutare
quel povero Vescovo a tirare
su una scuoletta>l.
Sacrificarono i loro risparmi,
si industriarono a raccogliere
offerte, contagiarono con il
loro entusiasmo una decina
di piccoli amici e amichette,
e dopo poco più di due mesi
Nella foto:
don Tassinari e i suoi... gioielli!
l'offerta era pronta: 72 mila
e 779 yen, pari a oltre mezzo
milione di lire!
Dopo Natale vennero in
gruppo con la loro maestra a
portare la somma raccolta, e
nel consegnarmela, la bimba
più grande, quella di quarta
elementare che aveva
suscitato l'iniziativa, disse
con semplicità: <<per i
bambini Indiani che non
hanno la scuola».
Si chiama «Kaori», un nome
che significa «profumo». A
Natale la maestra spiega:
« Gesù è nato per noi, poi è
mono sulla croce per aprirci
il paradiso». «Ma, allora -
interrompe Kaori - invece
di dire "omedeto" (auguri),
dovremmo dire "arigato"
(grazie)!». È una paganetta e
ha 10 anni!
Ora il gruppo è deciso a
continuare la raccolta «per i
bambini Africani che
soffrono la farne».
a lettera di N ino Barraco
cc P R I M A R I O »
È IL MALATO
Carissimo,
rra i luoghi della solitudine dell'uomo, la sofferenza più
acerba, più profonda è la malattia.
La malattia è la vera condizione di povertà. Povertà di
distacco, povertà di sicurezza, povenà di dipendenza.
P overtà di distacco. È facile capire. Si può essere ricchi,
benestanti, con la villa al mare, l'aucomobile, il conto in
banca. Arrivati. Ed ora è, invece, mrto assenre, conta po-
co. C'è solo la malattia.
Povertà di sicurezza. Si era sicuri di sé, del proprio futu-
ro, della propria vita. Ed eccoci come naufraghi, come di-
spersi, nell'insicurezza, nella paura dell'oggi, del domani.
Povertà di dipendenza. Che vuol dire? Vuol dire che de-
cidevo da me, ero io il padrone di me stesso. Ora sono tut-
to nelle mani del medico, degli infermieri, dei parenti, di
chi mi aiuta in cose per le quali mi sento diminuito, umilia-
to, quasi per sempre.
Si parla tanLo oggi di strutture e di riforme. Ma la più
grande riforma è umanizzare il rapporto, umanizzare l'as•
sistenza dell'ammalato, di quest'uomo davvero povero,
dentro i nostri ospedali.
U che significa guardare al suo valore come uomo e co-
me malato, ai suoi bisogni: insicuro, indifeso, disinforma-
to, facile preda della tristezza, dell'ansia, della paura.
Significa essere operatori di umanità, gestori di speran-
za, costruttori di comunione. Certamente, occorrono, sì,
sono necessarie le strutture, ma esse non bastano. Non ba-
stano le srrunure ulrramoderne, i corridoi lucenci, i televi-
sori in tune le camere, le cucine tipo albergo di lusso.
Occorre il medico, l'infermiere, turco il personale che
sappia amare. È arroce ed inumano riempire il malato di
tubi, di cateteri e di aghi, e lasciarlo poi solo con se stesso.
Le esigenze del malato, prima di essere esigenze della
sua malattia somatica, sono esigenze umane, psicologiche.
Analisi, cartelli, radiografie, medicine. Tavoli e cassetti
pieni. Quando finirà? Che sarà? È il delirio, talvolta. E,
poi, il ricovero che sradica dalla famiglia, dal territorio,
dal futuro.
Ecco, occorre operare un cambiamento di mentalità, di
conversione, di amore. «Primario)) dentro gli ospedali
non è il medico, il parasanirario, la sLruLtura. Primario è il
malaco, colui che soffre, l'uomo, uno fra miliardi di uomi-
ni, che non vive se non sa di essere amato.
Una proposta di immaginazione, di fantasia, di novità,
per stabilire negli ospedali, nelle corsie, in ogni pronto
soccorso del dolore, un rapporto nuovo. Il rapporto con
l'uomo più povero della terra, che nel nostro amore - ter-
ribile responsabilità - dovrà ricondliarsi con la prova
dell'amore di Dio sulla terra.

1.9 Page 9

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5'1- _ INCHIESTA B$,_ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _
1985 Anno dei giovani
I MAGGIO 1985 9
IGIOVANI CHIEDONO
UNA SCUOLA
11 La scuola è il luogo
dove si forma la coscienza dei citta-
dini di domani»; « La scuola deve
essere aderente ai tempi»; <<La
scuola è chiamata a svolgere una
missione>>; « La scuola ha un com-
pito delicato e vitale». Sono queste
- ed altre ancora - le frasi comu-
nemente usate quando si parla della
scuola. E non c'è dubbio: esprimo-
no tutte delle sacrosante verità, e
tutte sono pienamente da condivi-
dere. Ma i giovani, trovano corri-
spondenza fra queste frasi ad effet-
to e la realtà con cui si trovano quo-
tidianamente a contallo? Sentiamo-
li, allora, questi giovani, ascoltia-
moli parlare della loro scuola.
«La maggioranza degli is1 ituti
della nostra città - dicono a Paler-
mo - è in condizioni disastrose, le
aule sono malandate e insufficienti.
Siamo stati costretti a scendere in
piazza per protestare contro il per-
manere di questa intollerabile situa-
zione». «Doppi e anche tripli turni
sembrano ormai il corollario della
nostra vita di studenti», si lamenta-
no a Roma. «Non abbiamo labora-
tori, biblioteche, palestre, strumenti
di lavoro - dicono a Milano-. In
AL PASSO
CON I TEMPI
La risposta dell'istituzione
scolastica tarda però a venire.
Le garanzie della libertà
di insegnamento.
!:Università, la «grande malata».
queste condizioni, la didattica resta
una parola priva di senso». «Ogni
anno - incalzano altri giovani -
assistiamo al solito balletto di inse-
gnanti. Diversi corsi vedono succe-
dersi in modo caotko una serie info-
terroua di supplenti, che propongo-
no altrettanti metodi didattici, spes-
so in contrasto tra loro» . Al liceo
scientifico « Russe!» di Milano, i
giovani sono giunti a un tal grado di
esasperazione da spingerli a rivol-
gersi direttamente a1 ministro della
Pubblica Istruzione perché provve-
desse ad assegnargli professori fissi.
E si sono addirittura chiesti: «Inve-
ce di continuare a parlare di riforma
della scuola secondaria superiore,
non conviene fare uno sforzo per
garantire il funzionamento della
scuola esistente?».
La musica non è meno assordante
se, al posto degli studenti, a suonar-
la sono gli esperti, coloro che stu-
diano da vicino la scuola seguendo-
ne Le tormentate vicende. Fra le ma-
lattie di cui soffre L'istituzione, tan-
te e di tale gravità da far dire che La
scuola è oggi nel caos, c'è quella che
riguarda da vicino gli insegnanti,
molti dei quali, a parere degli esper-
ti, vivono poco e male la vita della
cultura, cosicché la loro preparazio-
ne intellettuale staziona pigramente

1.10 Page 10

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10 · J MAGGIO 1985
a livelli che non si possono dire ec-
celsi. Non sono pochi - sempre se-
condo gli esperti - gli insegnanti
che farebbero bene a tornare a
scuola per aggiornarsi e mettersi in
condizione di rispondere alle esigen-
ze di studenti che sono cambiati e di
una società che ha subito, a sua vol-
ta, una profonda trasformazione.
R isposte ideali
In realtà, ci vuole poco a vedere
che gli studenti sono oggi diversi da
quelli che frequentavano le scuole
I5-20 anni fa. «È importante, addi-
rittura essenziale - dice un giovane
- farsi una buona cultura per af-
frontare la vita. Perciò non voglio
perdere tempo)). E un altro: « Dal-
l'insegnante voglio una prestazione
professionale, che sia la migliore e
la più completa possibile». E un al-
tro ancora: «Lo studio è fondamen-
tale, un diploma è indispensabile
per farsi largo nella vita». Questo è
il nuovo linguaggio dei giovani stu-
denti. ln Francia è data per scontata
la totale scomparsa dello studente
tipo «sessantottino», e tutti sono
d'accordo nel registrare il ritorno a
vele spiegate della meritocrazia e
delJ'impegno dei giovani nello stu-
dio. U motto di molte scuole france-
si è, oggi, questo: «Qui si sgobba».
Dopo la stagione dell'ideologizza-
zione e della politicizzazione, sem-
bra essersi imposto nella scuola un
«nuovo corso», che privilegia il co-
gnitivismo e il nozionismo. Eppure
la scuola è ben altra cosa. Essa co-
stituisce un momento importante
nell'esperienza giovanile, ed è chia-
mata a svolgere un ruolo essenziale
nella formazione dell'uomo. Non è
solo momento cognitivo. I giovani
hanno bisogno di maturare la loro
personalità, e ciò comporta necessa-
riamente risposte di grande signifi-
cato ideale. L'educazione morale
deve trovare nella scuola una sua
specifica collocazione. Afferma
uno studente: «Per me, cambiare la
scuola significa capire perché vado
a scuola e perché studio. Voglio cre-
scere nella scuola, diventare più ma-
turo, e non limitarmi a trascorrere
le mie mattinate annoiandomi, in
attesa di arrivare ad avere un pezzo
di carta. Voglio uscire dalla scuola
per fare ciò che mi interessa vera-
mente nella vita. La scuola deve es-
sere in grado di mettermi nella con-
dizione di acquisire la capacità di
esprimere un giudizio sulle cose che
accadono dentro e fuori della scuo-
la». È un orientamento, questo, in
consonanza con ciò che pensa la
maggioranza delle famiglie, le quali
sono convinte che la scuola sia stru-
mento indispensabile per la forma-
zione della persona. Certo, c'è, e
viene giustamente considerata, la
componente dello sbocco professio-
nale, ma è, appunto, una compo-
nente di un quadro più ampio. Solo
una minoranza tra le famiglie, con-
sidera prevalente l'aspetto della
scuola legato alla futura occupazio-
ne dei figU. Se la famiglia, in una
società democratica, resta il luogo
ideale dell'educazione, è altrettanto
vero che la sua funzione .e il suo pri-
mato nel processo formativo dei
giovani trova nella scuola il natura-
le supporto, a patto che si tratti di
una scuola che non si limiti ad im-
partire solo nozioni tecniche, ma si
impegni in un lavoro di formazione
dell'uomo nella sua integrità di per-
sona umana.
Purtroppo, questa condizione re-
sta attualmente tutta da dimostrare.
Ciò nonostante, è fuori di dubbio
che le famiglie, oggi, preferiscono
mandare a scuola i propri figli più a
lungo possibile. Le note tendenze
demografiche, con il calo verticale
delle nascite, hanno fatto diminuire
il numero dei bambini nelle scuole
materne, nelle elementari e nella
media dell'obbligo, ma un processo
inverso si è registrato nella seconda-
ria superiore e nell'Università. Se-
condo i risultati di una indagine
condotta dal CENSIS, gli studenti
iscritti alla media superiore sono
aumentati, negli ultimi due anni,
passando dal 71,2 per cento al 79,7
per cento. Il fenomeno è riscontra-
bile in tutti i paesi industrializzati. Il
tasso di scolarizzazione è più che
raddoppiato, fra il 1960 e il 1975, in
tutti i paesi dell'OCSE, e talvolta è
triplicato. La punta massima è stata
toccata dal Giappone, dove si è re-
gistrato un aumento dal 52 al 90 per
cento.
La , «corsa» verso il prolunga-
mento degli anni di studio, trae ori-
gine anche da un altro fattore: chi è
in possesso della sola licenza delle
medie inferiori, incontra maggiori
difficoltà a trovare un lavoro. Inol-
tre è destinato a svolgere per rntta la
vita, salvo casi eccezionali, un lavo-
ro modesw. Ne consegue che appa-
re più pagante, oggi rispetto al pas-
sato, il maggior livello culturale
raggiunto con la licenza della media
superiore, magari con indirizzo spe-
cialistico. Fra i giovani in cerca di
occupazione, la maggior parte è co-
stituita da coloro che possiedono
solo la licenza media dell'obbligo
(865 mila unità su un milione e 730
mila, pari al 49 per cento). E i gio-
vani con licenza media inferiore in
cerca di lavoro, aumentano di 100
mila unità ogni anno. Le difficoltà
di inserimento nel mondo del lavoro
esistono per tutti i giovani, ma sono
di diversa gradazione a seconda del
titolo di studio di cui sono in pos-
sesso. Ln ogni caso, è statisticamen-
te accertato che tali difficoltà si ri-
ducono man mano che aumenta il
livello degli studi fatti. Naturalmen-
te i più penalizzati sono i giovani a
basso livello di qualificazione.
Come tutti i fenomeni, anche
quello del vertiginoso aumento delle
presenze nelle scuole superiori, è de-
stinato a durare poco, il tempo ne-
cessario perché le nuove generazio-
ni, via via sempre più assottigliate,
raggiungano quel livello di studi.
Stando alle previsioni formulate
dall'OCSE, la popolazione scolasti-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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, - - - - - - - - - - - - - - -s/J-
ca italiana subirà, nell'anno
1990-91, una fone contrazione, va-
lutata intorno ai due milioni e 300
mila unità. A sopportare la riduzio-
ne maggiore saranno la scuola ma-
terna e la scuola elementare, ma sa-
rà rimarchevole anche il calo nella
scuola media, che vedrà una dimi-
nuzione di alunni calcolata in circa
647 mila unità rispetto all'anno
1980-81. Nella scuota secondaria
superiore gli studenti scenderanno
dai due rnìJioni e 415 rniJa unità
dall'81-82 a due milioni e 160 mila.
Non va dimenticato, tuuavia, che
l'Italia si appresta ad aumentare di
due anni la scuola dell'obbligo, nel
quadro della riforma della seconda-
ria superiore. 11 provvedimento por-
terà l'Italia ad adeguarsi alle condi-
zioni della maggior parte dei Paesi
europei. Nel caldeggiare l'inno, a-
zione, il ministro della P.f., Franca
Falcucci, ha detto che essa è ri\\olta
ad elevare il livello culturale dei cit-
tadini, e ad offrire ai giovani una
maggiore prepara.Lione culturale.
Per il segretario della CISL-scuole,
Alessandrini, « la complessità della
vita sociale e politica, e le trasfor-
mai.ioni che ne conseguono, richie-
dono l'innalzamento delle cono-
scenze di tutti i giovani».
Troppi abbandoni
Anche le cifre attuali. tuuavia,
non debbono trarre in inganno. È
vero che gli studenti della scuola
dell'obbligo e della media superiore
sono molti di più che nel passato,
ma gli abbandoni dopo i primi anni
aprono prospeuive inquietanti. In
Italia i ritiri sono mediamente dell'8
per mille, e le percentuali più alte si
riscontrano nella seconda media.
Solo a Milano, 500 ragazzi delle me-
die abbandonano ogni anno sen1a
aver ottenuto la licenza dell'obbli-
go. Purtroppo, a questi ragazzi e al-
le loro famiglie, la scuola non chie-
de il perché del ritiro dagli studi e
neppure si inrerroga per sapere dove
è andato a finire il giovane che ha
abbandonato anzitempo. Da un'in-
dagine condotta a Milano, ri:.ulta
che il 90 per cento di coloro che si
ritirano, ha alle spalle almeno una
ripetizione di classe, e, in genere, vi-
ve una condizione familiare di disa-
gio. Più in generale, l'abbandono
sembra dovuto a ragioni le più di-
verse. Ci si ritira per malcontento
verso la scuola, per noia suscitata
dalle auività scolastiche, per deside-
rio di introdursi nella vita attiva,
per disgusto o mancanza di auratti-
va della scuola. Né, coloro che ab-
bandonano, mostrano in seguito se-
gni di « pentimenlo», perché - a
sentir loro - « la scuola non li aiuta
a sviluppare il proprio talento per-
~onale )).
Dai dati dell'inchiesta del CEN-
SlS, su 100 studenti della prima me-
dia, 95 si iscriveranno alla seconda
classe, ma solo 87 prenderanno la li-
cenza. Di essi, 69 si iscriveranno alle
secondarie superiori, ma solo 36 ar-
riveranno fino alla maturità. Solo 7
o 8 proseguiranno gli studi fino alla
laurea. Poichè per un giovane la
scelta obbligata si restringe a soli
due sbocchi, il lavoro o lo studio
(l'alternativa di rimanere inattivi
non è praticabile da molti, anche
per il suo carattere frustrante), il
quadro fornito daJrindagine del
CENSIS ci avverte che, nel com-
plesso, l'inserimento dei giovani nel
mercato del lavoro avviene precoce-
mente e sotto il ~cgno del basso li-
vello di qualificazione. Non è ceno
una novità che i programmi di stu-
dio sono spesso in contrasto con i
programmi di lavoro che i giovani
I t.t4GGKJ 1985 1 1
desiderano realizzare a scuola ulti-
mata. Eppure questo scollamento
fra scuola e mondo del lavoro, spes-
so coglie di sorpresa i giovani pro-
prio al termine degli studi, quando
debbono confrontarsi con la reallà
della vita auiva. I giovani, interro-
gati durante il corso di studi sulla
corrispondenza del corso che fre-
quentano ai loro desideri, rispondo-
no, nella grande maggioranza, posi-
tivamente, si dicono soddisfatti,
specie se frequcmano un corso di
formazione professionale. Ma al
momento dell'impatto con la realtà
dell'occupazione, la delusione è
spesso cocente. I giovani allora so-
no costreai a riconoscere che la
scuola non ha risposto alle loro
aspettative. L'epoca in cui viviamo
si segnala per i rapidi mutamenti in
campo economico, politico, sociale,
i cui effetti sono il rimodellarsi con-
tinuo, incessante del mercato del la-
voro, con mestieri che perdono la
loro utilità e vengono rimpiazzati
da altri, del tuuo nuovi, che impon-
gono più elevati livelli di istru2ione
e di perfezionamento.
U giudizio severo
Riesce la scuola a tenere 1 r11mi
della socie1à che cambia? 11 presi-
dente dell'IRl, Romano Prodi,
I SALESIANI
PER LA SCUOLA
L'impegno salesiano_per la scuola è vario. Esso risale ai primordi
della Congregazione quando lo stesso san Giovanni Bosco scrive-
va libri sul sistema metrico decimale e invitava i suol salesiani a ti-
tolarsi nelle università statali. La Famiglia Salesiana è oggi presen-
te nei settori dell'editoria scolastica, della sperimentazione e ricer-
ca didattica, nell'insegnamento. Ogni tre opere salesiane presenti
nel territorio, più di una é di tipo scolastico. Le scuole vanno dalle
elementari alle superiori. Salesiani sono presenti nelle massime or-
ganizzazioni scolastiche nazionali cosi come nei Consigli d'Istituto
a livello di singole scuole. In questa loro azione i figli di san Giovan-
ni Bosco si sterzano di «armonizzare professionalità e consacrazio-
ne, attività culturale della scuola e pastorale, rispettando il plurali-
smo delle cose, ma aprendo alla chiarezza dell'Assoluto e del Van-
gelo di Cristo (don Viganò).

2.2 Page 12

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12 · ! MAGGIO 1985
esprime al riguardo un g iudizio se-
vero. « La scuola - dice - arriva
impreparata ai rapidi cambiamenti
della società. Questa enorme rivolu-
zione tecnologica può essere soste-
nuta e gestita solo da persone che
abbiano uno specifico bagaglio di
apprendimento, un bagaglio di co-
noscenze che non può essere appre-
so, salvo rare eccezioni, in modo
sperimentale o per approssimazioni
successive sul luogo del lavoro. Le
nostre strutture scolastiche sono as-
solutamente inadatte ad affromare
la trasformaz_ione professionale e
sociale che incombe sul nostro avve-
nire». Se questo è il quadro, ciò che
occorre è un rapido cambiamento di
mentalità. Una scuola che non vo-
glia - e dovrebbe non volerlo a tut-
ù i costi - estraniarsi dalla realtà
esterna, deve puntare decisamenle
alla specializzazione in rapporto al-
le richieste del mercato del lavoro,
preparando giovani disposti ad ag-
giornarsi, a cambiare lavoro rapida-
mente, ad adattarsi con facilità alle
situazioni nuove che via via :ii pre-
sentano. Non ci si può illudere di
ottenere questo risultato semplice-
mente introducendo nella scuola il
computer , 1anto più che fino ad og-
gi la telematica è entrata nelle aule
scolastiche per l'isolata iniziativa di
qualche istituto, e non per effello
della realizzazione di un piano orga-
nico. Certamente, il computer può
essere visto come uno strumento di-
dattico di base, può costituire un
utile supporlo all'insegnamento.
Gli insegnanti possono u1ili21.arlo
per sviluppare nuove meLOdologie,
gli studenti possono sviluppare con
il computer la propria capacità di
apprendimento. Ma è bene guardar-
si dalle infatuazioni. Qualcuno è ar-
rivato a dire: via il libro, avanti il
computer. E subiLO l'indus1ria si è
adeguata. Una grande casa editrice
ha messo in vendita programmi di-
dattici su computer per la matema-
tica e la fisica. Ma i più sono con-
vi111i che per il libro non è ancora
venuta l'ultima ora. li computer
può, al massimo, eliminare i 1e~ti di
determinate materie e limi latamente
ai primi rudimenti del sapere, ma
non quelli destinati all'approfondi-
mento. Jnoltre, avvene il prof. Ce-
sare Musalli, « bisogna stare attenti,
procedere con giudizio, perché c'è il
ri~chio di creare nei giovani ~Lati
aUenanti e penurbanli di brutta
fantascienza >1.
Prima di mettere il computer sui
banchi di scuola, ltarà bene far co-
no~cere ai giovani la sua srruttura
interna, le sue capacità operative.
Jnsomma, si 1ratta di evi1are che il
giovane a~ltuma nei confronti del
computer un atLeggiamen10 acrili-
co. Nella nostra società, la macchi-
na occupa ormai spazi considerevo-
li. C'è il pericolo che si arrivi ad
educare i giovani a non fare più
niente da sé, ma di fare affidamento
solo sulla macchina. Ecco perch~ è
staio detto che prima ancora di in-
trodurre !"informatica nelle scuole è
bene provvedere a «ed ucare gli edu-
catori». Tuttavia. le reazioni dei
giovani all"introduzione del compu-
ter sono state in genere positive. an-
che perché ,embra che i ragaai si
fami liariz2ino con il linguaggio del
computer in 1empi più brevi rispetto
agli adulti.
La scuola, dunque, dovrebbe
cambiare. Non è ,olo il prof. Prodi
a dirlo. Lo sostengono, ad esempio,
con riferimento ~opratt uuo alla se-
condaria superiore, tut 1e le forze
polilichc, cui compete di attuare la
riforma. Il guaio è che ne ~tanno
parlando da ormai ven1'anni. e an-
cora oggi. quando il progeuo di leg-
ge è approdato in Senato. k mano-
vre e le con1romanovre, i pattcggia-
me111i e i compromessi rischiano -
a giudi2io degli esperti - di far na-
scere una riforma già vecchia. Ci si
aspettava che un impulso decisivo al
rinnovamemo della scuola venisse
dagli organi rnllegiali. L'imrodu-
zione della «democrazia nella scuo-
la», fruuo della contestazione gio-
vanile degli anni Sessanta e Seuan-
ta. si prefiggeva lo scopo di incide-
re. art raverso la partecipazione, sui
programmi e i contenu1i della didat-
tica, nonché sull'organizzazione
scolastica. Era una prospeuiva l'on-
data, se solo si ha presente la capa-
cità di pressione che può essere eser-
citala dalla massa di persone che
ruota imorno alla scuola. Studenti,
insegnanti, personale non docente,
genitori costituiscono infani il 41
per cento della popolazione itaUa-
na. Le aspetta1ive sono tuttavia an-
date deluse, la riducia negli organi
collegiali è venuta meno in larghi
strati del mondo della scuola.
Democrazia scolastica
Nelle scuole oggi si vota molto,
per i consigli di classe e di interclas-
se, di circolo, di istituto, di distret-
to, di provincia. La rappresentanza
non manca. la panecipazione 1rova
canali entro cui esprimersi, e ciò no-
nostante si constata il mancato fun-
zionamento degli organi collegiali.
Cosicché già si invoca da più parti
la loro riforma. L'ufficio per la pa-
storale scolastica della Conferenza
episcopale italiana, pur riconoscen-
do che la democrazia scolastica è
ancora giovane - sono trascorsi
appena dieci anni dai famosi decreti
delegati - non ha mancato di indi-
viduare alcuni difetti: la struttura
pletorica cli taluni organi, la man-
canza di chjarezza nelle loro rinali-
tà, la carenza di potere effettivo, la
politicizzazione a cui spesso sono
sottoposti, la sovrapposizione degli
ambiti di competenza, e altri ancora
di cui l'opinione pubblica ha avuto
modo di prendere atto nel corso di
questi anni. Di qui la richiesta di
procedere, suIla scorla dell'espe-
rienza fatta, a una riforma legislati-
va degli organi collegiali. Molto cri-
tici sono anche gli studenti, i quali
considerano gli organi collegiali in-
capaci di soddisfare le loro esigen-

2.3 Page 13

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- - - - - - - - - - -s/1-
ze. Ritengono, inoltre, di essere
rappresentati in misura insufficien-
te rispetto all'importanza che gli
studenti hanno nella scuola, e giudi-
cano gli organi collegiali inceppati
dai meccanismi della burocrazia,
che ne ostacola la funzionalità e ne
limita l'influenza nella vita scolasti-
ca. Nonostante tutto, i giovani par-
tecipano alle elezìoni, e in misura
più consistente degli stessi genitori.
Questi ultimi sembrano colpiti da
una grave crisi di disaffezione nei
confronti degli organismi collegiati.
Nelle ultime votazioni sì è recato al-
le urne il 77,3 per cento degli stu-
denti e solo il 33, I dei genitori.
Hanno votato in massa - 83 per
cento - insegnanti e personale non
docente. Sono risultati che hanno
fatto dire al segretario C ISL-scuola,
Alessandrini, che «la crisi degli or-
gani collegiali non è dovuta a una
crisi di partecipazione, ma ai limiti
istituzionali. Le forze politiche -
ha aggiunto - commetterebbero un
grave errore a deludere ulteriormen-
te la domanda del Paese di una
scuola capace di svolgere un ruolo
attivo nei grandi processi della sua
trasforma7Jone attraverso una reale
partecipazione democratica».
In realtà, bisogna riconoscere che
l'esperienza non è stata dappertutto
fallimentare o negativa. Ci sono an-
che aspetti positivi. Si è avviato, ad
esempio, un costume di vita parteci-
pativa all'interno della scuola, mol-
ti genitori hanno riacquistato la
consapevolezza del loro diritto-
dovere educativo, si è avviato un
dialogo più intenso fra scuola e so-
cietà. C'è tuttavia bisogno di un
maggiore impegno nel sostenere la
«cultura della partecipazione)>, an-
cora lontana dall'avere messo radici
profonde nella coscienza delle per-
sone. Per questo motivo, i cauolici
si sono schierati ovunque in modo
deciso e attivo a sostegno della de-
mocrazia scolatica, e non mancano
di favorire non solo la partecipazio-
ne al voto, considerata un momento
molto importante per la vita della
scuola, ma anche la promozione
delle attività dirette a ottenere il mi-
gliore funzionamento degli organi
collegiali.
La scuola comporta una respon-
sabilità dell'insegnante, che deve
concepire ed esercitare la propria
professione come strumemo educa-
tivo e di promoz.ione culturale.
Compona anche una responsabilità
dei genitori. che &ono d1iamatì ad
essere partecipi del progetto educa-
tivo. Comporta, infine, una respon-
sabilità dello studente, che deve
prendere coscienza di sé, dei propri
bisogni e dei rapporti con gli ali ri.
Le due ultime componemi della
triade - genitori e swdenti - do-
vranno dare, fin dal prossimo anno
scolastico, la misura della loro par-
tecipazione al progetto edut.:ati\\'O di
cui la scuola è depositaria, con fron-
tandosi con le nuove norme - pre-
viste dal Concordato fra Stato e
Santa Sede - che regolano l'inse-
gnamento della religione nelle scuo-
le statali. li segretario della CE I,
mons. Egidio Caporello, ha dello
che « la :.celta di usufruire o meno
dell'insegnamento della religione
non è una resa dei conti, ma la ri-
presa di una possibile e doverosa
collaborazione fra Stato e Chiesa
per la promozione dell'uor)lo per il
bene del Paese. Bisogna creare -
ha affermato - presupposti e con-
dizioni perché giovani e famiglie
possano fare una libera scelta>>. Re-
sta il fatto che molte famiglie, i cui
figli frequentano la scuola statale,
sono preoccupate. Saranno accolte.
specie dai loro figli in età più avan-
zata, le sollecitazioni a chiedere !"in-
segnamento della religione? E quale
indirizzo prenderà questo insegna-
mento? Si teme un calo di presenze
fin dall'anno scolastico 1985-86. Il
Papa stesso ha espresso la sua an-
sia, esortando a svolgere una cam-
I MAGGIO 1985 13
pagna di sensibiliznzione affinché
il più alto numero di giovani eserciti
il diritto ad avere l'inseanamemo
della religione. Tale inseg~1amento,
ha detto Giovanni Paolo 11 , deve es-
sere reso vivo per essere offerto a
tutti coloro che vogliono avvaler-
sene.
L ~nsegnamenzo della
religione
Questo dell'insegnamento della
religione è un problema che i geni-
tori dei giovani che frequentano le
scuole cattoliche non hanno. Ma
per essi nascono altri tipi di proble-
mi, specialmente in paesi come la
Francia e la Spagna. Jn questi due
paesi, centinaia di migliaia di citta-
dini sono stati costreui a scendere
nelle piazze per contrastare i proget-
ti governativi, diretti a contrarre la
libertà. di insegnamento. ln Spagna,
in particolare, il segretario generale
della Federazione degli Enti religio-
si educativi, il gesuita padre Santia-
go Martin, ha denunciato la «vo-
lontà per~ecuwria» del governo
Madrid nei confronti della scuola
cattolica. Che cosa volevano i geni-
tori. gli insegnanti, gli studenti che
hanno partecipato alle manffesta-
zioni di Madrid e di Parigi? Voleva-
no esprimere pubblicamente il biso-
gno dell'uomo di essere educato
dalia scuola e non solo di ricevere
da essa un bagaglio di nozioni. E
l'educazione dei figli è un diritto-
dovere dei genitori, lo Stato deve

2.4 Page 14

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14 · 1 MAGGIO 1985
~ol? aiutarli ad esercitarlo. Perciò,
11 s!stema scolastico deve essere plu-
rah_st~ p_er poter permettere ai geni-
ton ~1 diversa estrazione, religione e
pensiero ?i scegliere la scuola e gli
ms7~ant1 che vogliono. Negli Stati
Uniti, un paese dove il pluralismo si
espande in ogni settore della vita so-
ciale, la scuola privata non trova
ostacoli cli sorta, ed anzi raccoglie
un ~empr~ maggior numero di gio-
varu le cui famiglie si dichiarano in-
soddisfatte della scuola statale, rite-
nuta, p~r. metodi pedagogici, per
permess1v1smo, per sociologismo
esasperato, incapace di dare ai gio-
va!11 quel «di pitrn che dà la scuola
privata. E non c'è dubbio che Je fa-
miglie americane credono forte-
mente nella scuola, nei valori che
essa trasmette, alJa serietà dell'im-
pegno scol~st_ic~ come garanzia per
iJ_f_uturo dei f1gh. ln Italia, la libertà
di msegnamenro e la libertà di scelta
educativa sono diritti inalienabili
posti dalla Costituzione alla base
d_ella disciplina scolastica. La fidu-
cia che le famiglie ripongono nella
scuola cattolica è testimoniata dai
cir~a 700 mila allievi che frequenta-
n? 1 1361 istituti, 944 dei quali sono
di grado superiore. Per la scuola li-
bera italiana c'è il problema del fi-
nanziamento, che finora lo Stato ha
negato,_ e che una proposta di parla-
mentan democristiani ora sollecita.
Per i giovani delle secondarie su-
perior(, o _P~r molti di essi, si apre,
dopo 11 cntJcatissimo esame di ma-
turità, il problema della scelta della
facoltà universitaria. Si forma qui
quel grosso nodo che è l'orienta-
mento scola~tico. Purtroppo, la
tend~nza oggi dominante è quella di
scegliere affidandosi alla <<moda)>
del momento. E ciò denuncia una
grave carenza della scuola mectia
che dovrebbe invece contribuire ad
aiutare il giovane a trovare, attra-
verso una migliore conoscenza di se
stesso, la propria strada. La scuola
media, in altri termini, dovrebbe es-
s~re vissuta come momento orienta-
tivo, per far emergere gli interessi
le a~titudini, le aspirazioni dei gio:
vani. Nessuno pretende che essa of-
fra scelte sicure al cento per cento
ma è fuor di dubbio che ci si avvici~
nerà al punto ottimale se la scuola
media saprà muoversi all'interno di
un'ottica educativa.
E siamo così giunti all'Universi-
tà, la «grande malata» come si è
s_oliti di[e, del sistema sc~lastico ita-
liano. E ancora il prof. Prodi im-
P,lacabile, a darne un giudizio ~ega-
uvo. «La nostra Università - af-
ferma - è astraila, Lontana, diversa
d~I mondo del lavoro». Quando si
?1scute dell'Università, la chiave è
111 genere quella drammatica. È un
esami~icio, si dice, un'area di par-
cheggio, una fabbrica di disoccupa-
ti. E, invece, dovrebbe essere un
luo~o di formazione umana e pro-
fessionale. Una indagine condotta
tra gli studenti deU 'Ateneo statale
di Milano.ha rivelato che il 70 per
cento degh studenti è rimasto delu-
so d~ll'Universi1à, dal suo pressap-
pochismo, dalla sua superficialità
dalla sua disorganizzazione. Un~
delle lamentele più diffuse si appun-
ta sul_l'eccessivo_affoJlainento degli
atenei, anche se m Italia c'è un tasso
di istruzione universitaria fra i più
bassi d'Europa, e addirittura la me-
tà di quello americano. Così si crede
di poter rispondere al problema del-
le Università che «scoppiano» invo-
cando il numero chiuso, specie per
la faco!là ~i medicina, sulla quale si
sono diretti gli strali di un magistra-
to che ha imposto d'autorità la limi-
t~zione d7Ile iscrizioni, criticato pe-
ro da tutti, ad esclusione degli Ordi-
~i dei medici, da tempo impegnali
111 campagne volte a ctissuadere i
giovani dal seguire la strada della
medicina. Non ci si chiede invece
perché i giovani vengono la~ciati so:
li quando si tratta di scegliere la fa-
coltà, quando è il momento di indi-
rizzarli, sulla base delle attitudini
pers_onali_. vers~ quegli sbocchi pro-
fess1onah che s1 possono aprire do-
po la laurea. Spesso i giovani sono
costretti a tirare a indovinare e ma-
g_ari quando arrivano al traguardo
s1accorgon_o di avere intorno troppi
c?ncorrent1. Del resto, gli abbando-
ni sono numerosi: il 30 per cento dei
giovani non si iscrive al secondo an-
no. Solo una matricola su tre arriva
alla laurea, mentre in Germania la
percentuale sale al 70 per cento e in
Inghilterra all'80. Solo uno studen-
te ~u. dieci si laurea nei tempi pre-
sento dal corso di studi.
Finiti i Lempi un po' folli dell'esa-
me collettivo, del <<27 politico»
nelle Università sembra essere tor:
nata la serietà dell'impegno. Ma la
serietà di per non basta si do-
vrebbe discutere sui motivi che la
sorreggono. ln ogni caso ad essere
coinvolta è pur sempre ~na mino-
ranza, poiché risulta che meno del
10 per cento degli iscritti frequenta
le lezioni. 11 problema dell'Universi-
tà rimane un nodo irrisolto e vede
gli Atenei lungi dall'obbiettivo di
offrire i tre servizi che ad essi sono
richiesti: didattica dj base didattica
professionalmente specializzata, ri-
cerca scientifica. L'Università non è
oggi attrezzata per fornire un'edu-
cazione permanente, cioè un co-
stante aggiornamento culturale e
professionale unito alla formazione
co~plessiva della persona. I primi a
s~b1rne le conseguenze sono i giova-
li. E con loro l' intero Paese.
Giuseppe Costa
Gaetano Nanetti
Nella prossima
puntata:
Un mondo
giovanile
più attento ai
valori

2.5 Page 15

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_ VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _~ _
la Lettera ai giovani
di Giovanni Paolo
I MAGGIO 985 · 15
Q UANDO Un dono ai giovani del mondo in occasione
dell'Anno Internazionale.
IL PAPA A lcune riflessioni. Cosa dice agli educatori.
SCRIVE
Che ne è del!· Anno ln-
ternaz.ionale della Gioventù? Alme-
no fino ad oggi esso non ci ha rega-
lato molte ini1iative. Scarso impe-
gno organizzativo dell'Unesco e dei
Paesi aderenti? Oppure i giovanolo-
gi di turno trovano più redditizio
occuparsi d'altro?
E dire che la condizione giovanile
anche se diversa non è meno seria
degli Anni Settanta quando i grida-
va «1u1to è politica»!
In un momento - quello auuale
- caraucrizzaw per i giovani da in-
certezze, diffidenze e indifferenze
da più pani, la Chiesa guarda con
rinnovata attenzione al mondo gio-
vanile. Recentemente l'ha fa110 con
la Lettera apo~tolica «Ad iuvenes
internationali vertente an-no iuven-
1uri dicato» di Giovanni Paolo 11ai
giovani e alle giovani del mondo. Il
documento - distribuito in mi-
gliaia di copie ai giovani convenuti
a Roma per il grande incontro del
31 marzo 1985 - rilancia in termini
educativi e di protagonismo la cen-
tralità del tema «giovani» per la so-
cietà e per La Chiesa. A questa ini-
ziativa va aggiunta anche la decisio-
ne di Giovanni Paolo Ll di celebrare
tulli gli anni, la Domenica delle pal-
me, una Giornata mondiale della
gioventù.
Ra novità e tradizione
L'interesse della Chiesa e di un
Papa per il mondo giovanile non è
una novità dal momento che esso
continua quella tradizionale auen-
zione che la Chiesa ha sempre avuw
nei confront i dt!i giovani e della loro
educazione. Padri della Chiesa, ve-
scovi e pontefici, semplici preti e
laici si ono tante volte dedicati ad
essi con ri0essioni e studi o con la
creazione di grandi isritu,ioni edu-
cative la cui valenza cuhuralc e so-
ciale è a tutti nota. Ed allora? L'in-
tervento di Giovanni Paolo ci è

2.6 Page 16

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16 · 1 MAGGIO 1985
una scoperta particolarmente inten-
sa dell'"io" umano e delle proprie-
e capacità ad esso unite».
È qui che si innesra per il giovane
e di conseguenza per l'educatore
ogni discorso di progettualità edu-
cativa per il futuro.
Così «la vita può delinearsi come
realizzazione di un progetto>> per il
quale è necessario al giovane <<pro-
grammare», «scegliere>), «prevede-
re», «assumere» prime decisioni in
proprio.
Non è certamente facile per gli
educatori d'oggi portare una gene-
razione di «indifferemi» ad acquisi-
re un al tcggiamento interiore defi-
nito da simili verbi ma uno sforzo
essi debbono pur farlo se no n si vo-
gliono sprecare energie che appar-
tengono a tutti.
sembrato nuovo rispetto al passato
e per più motivi. Qui cercheremo di
dare una prima proposta di letrura
ripromettendoci di tornarvi sopra
con altri contributi. Questa Icnera è
nuova quanto a genere lellcrario e
destinatari: un Papa che scrive di-
rettamente ai ragazzi del mondo.
È nuova quanto ai contenuti per-
ché ha nella «speranza)) quel sottile
filo rosso capace di dare unità ad un
progeuo educativo e perdo ad una
esistenza. È nuova ancora q uanto a
metodo perché mentre spinge i suoi
dcsrinatari a collocarsi da protago-
nisti al centro della società e della
Chiesa, esorta la parte adulta a dare
spazi ed ambiti per questo protago-
nismo. È nuova infine, come drn:u-
mento papale. per l'esploraLione
psicologica della coscienza giovani-
le che essa presenta.
Giovani e speranza
La Lettera di Giovanni Paolo
considera la giovinezza fra i beni
comuni dell'umanità.
«Essa - dice il Papa - appartie-
ne al complesso di quello spa~io,
che ogni 1101110 percorre neff'itinera-
rio della sua vita, ed è al tempo stes-
so un bene speciale di r1111i. E un be-
ne legato al futuro e perciò ad una
speranza da realizzare e vivere».
P er il cristiano futuro e Speranza
coincidono; mentre, credenti e non i
giovani, schegge di un unico conti-
nente, non possono « fregarsene»
dell'umanità e quindi, di conse-
guenza, privare la loro vita di cate-
gorie etiche.
Non soltanto: il futuro degli uo-
mini è nella rrcparazione che i gio-
vani sapranno dar~i. Così come nel-
la capacità che un giovane ha oggi
di coordinare e finalizzare i propri
talenti c'è wtta ta possibilità di
cambiare il futuro dell'uomo realiz-
zando una società umanamente giu-
sta e libera. È: per questo che Gio-
vanni Paolo ricorda quanto sl'.ri~~e
san Pietro: «Siate prollli sempre a
rispondere a chiunque vi domtmdi
ragione della speran:::.a che è in voh>.
Cristo e i giovani
Al centro del suo messaggio il Papa
pone l'incontro di Gesù Cristo con il
giovane ricco facendone una esegesi e
considerandone alcune applicazioni.
È ceno che il Cristo ha guardato ai
giovani con particolare riguardo: rra
i tanti esempi basta ricordare il fatto
che, sullaCroce, Gesù affidasuaMa-
dre al «discepolo che amava», a Gio-
vanni, il più giovane.
Perché? Al Divino Maestro non
sfuggiva di ceno che «la giovine":::.a
è una singolare ricchezza dell 'uo-
mo» considerata come «il tempo di
L :more come forza
liberatrice
Chi ha scritto che un uomo è libe-
ro sol tanto quando si sa amato da
qualcuno ha detto Ima verità e del
resto, lo stesso Don Bosco non ha
detto che i giovani debbono sapersi
amati?
Ed è appunto ricordando l'incon-
tro fra il Cristo ed il giovane ricco
che iJ Papa sottolinea le parole di
Gesù: «Solo Dio è buono)).
11 Dio-Amore può dunque dare
senso alla vita dei giovani, viaggia-
tori senza biglietto e senza meta,
proiettandoli responsabilmente ver-
so g li altri.
L' incontro fra Cristo e il gio,1ane
è perciò un fallo provocatorio per
la vita di quest'ultimo chiamato dal
Papa a diventare «persona di co-
scienza)) e «persona di principi».
« È necessario - si legge nella
Lettera - all'uomo questo sguardo
amorevole: è a lui necessaria la con-
sapevolezza di essere amato, di esse-
re ama/o eternamente e sce/ro dal-
l'erernirà. Al tempo sresso, quesLO
eterno amore di elezione divina ac-
compagna l'uomo durante la vita
come lo sguardo d'amore di Cristo.
E forse rnassimamente nel momen-
to della prova, dell'umiliazione,
della persecuzione, della sconfitta,
allorché la nostra umanità viene

2.7 Page 17

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- - - - - - - - - - -~ -
quasi cancellata agli occhi degli uo-
mini, oltraggiata e calpesrarn: allora
la consapevolezza che il Padre ci ha
da sempre amati nel suo Figlio, che
il Cristo ama ognuno e sempre, di-
venta un fermo punto di sos1egno
per /lifta la nostra esistenza umana.
Quando rutto si pronuncia in favore
del dubbio su se stessi e sul senso
della propria vi1a, allora questo
sguardo di Crisro, cioè la consape-
volezza dell'amore che in lui si è di-
mosrrato più poteme di ogni male e
di ogni distruzione, questa consape-
volezza ci permeue di sopravvi-
vere >> .
responsabilità
de/l'essere
La giovinezza che descrive il Pa-
pa è dunque un essere aperti a Dio e
agli alLri parlendo da «una piena e
profonda autenticità del/'11111anirà e
di 1111 'eguale autenticità dello svi-
luppo della personalità umana,
femminile o maschile, con tulle le
caratteristiche che costituiscono il
tratto irriperibile di questa per-
sonalità)).
È a panire da questo «essere per ))
c he i giovani possono recuperare il
senso dell'appartenenza ad una co-
munità dando un significato a quel
« vincolo della perfezione>> che è la
carità.
Ogni discorso vocazionale -
chiamata al servizio nel sacerdozio
ministeriale, chiamata alla vocazio-
ne religiosa, vocazione matrimonia-
le - deve neces,ariamente tener
conto di questa prospettiva o ltre
che di quel fondamentale riferimen-
to rappresentato dal « vieni e segui-
mi>> di Gesù Cristo.
« Tale - scrive il Papa - è il nu-
cleo, il punto essenziale della rispo-
sta a questi interrogativi che voi gio-
vani, ponete a lui mediante la ric-
chezza che è in voi, che è radicata
nella vostra giovinez~a. Questa
schiude davanri a voi diverse pro-
speflive, vi offre come compito il
progetto di rutta la vira. Di qui l'in-
terrogarivo sui valori; di qui la do-
manda sul senso, sulla 1•erità, sul
bene e sul ma/e)) .
O /tre il progresso
temporale
Ad un mondo giovanile - spec-
chio del resto della siessa ~ocietà -
pieno di idoli, miti e certezze siste-
maticamente smemile ad ogni cam-
bio di stagione, il Papa ripropone
Cristo non soltanto come « maestro
buono» ma come testimone immor-
1 MAGGIO 1985 · 17
tale «di quei definitivi destini che
l'uomo ha in Dio stesso>).
Amare dunque il mondo sì, dice il
Papa, ma al tempo stesso superarlo
in una comprensione della « tempo-
ralità dalla prospettiva del Regno di
Dio, dalla prospettiva della vita
eterna».
Senza questa prospetli\\ a - ricor-
da il Papa - non c'è il superamento
di quella esistenziale «antinomia tra
la giovinezza e la 1norre».
ln questa prospettiva pasquale ed
escatologica va dunque i_nserito
ogni progetto di vita ed è qui oltre
che in una non incrinabile solidarie-
tà umana che acqui!>La efficacia qut'I
<<codice della rnoralità, di cui ri-
mangono punto-chiave le tavole del
Decalogo del monte Sinai, ed il cui
apice si trova nel Vangelo, nel Di-
scorso della montagna e nel coman-
damento dell'amore».
/ i senso della memoria
Alcuni osservatori hanno scritto
che l'attuale generazione giovanile
non ha il senso della memoria stori-
ca; essi colgono proprio in questa
mancanza la causa principale della
frammentarietà giovanile.
li documento del Papa non igno-
ra tale nodo.
«Allraverso l'educazionefmnilia-
re - si legge in esso - (voi giovani)
partecipate ad una determinata cul-
lUra, partecipateancheallastoria del
vostro popolo o nazione. li legame
familiare significa insieme l'apparte-
nenza ad uno comunità più grande
dellafamiglia, e ancora un 'altra base
di identità della persona».
La trasmissione dei valori cultu-
rali è essenziale per garantire una
crescita comunitaria; si Lratta, dice
il Papa, di (<Una chiamata in senso
etico».
«Ricevendo la fede - afferma
ancora Giovanni Paolo - ed ere-
ditando i valori e contenuti che
costituiscono l'insieme della cultu-
ra della sua società, della storia
de!!a sua nazione, ciascuno e cia-
scuna di voi viene formaro spiri-
tualmente nella sua individuale
umanità».
ln questo contesto i problemi
del che «fare da grandi», dell'i-

2.8 Page 18

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• 18 ' ' MAGGJO 1985
struzione, del lavoro e della sua
mancanza non possono non essere
affrontati che nella direzione della
responsabilità. In tal modo l'istru-
zione diventa «uno dei beni fon-
damentali della civiltà umana»
mentre i settori della gioventù
<<privi della possibilità dell'istru-
zione, spesso perfino de/l'istruzio-
ne elementare» diventano una
«sfida permanente per tutte le isti-
tuzioni responsabili su scala nazio-
nale ed internazionale, affinché un
1ale stato di cose venga sottoposto
ai necessari miglioramenti».
Formare coscienze
critiche
Di fronte alla crisi e ai limiti delle
agenzie educative tradizionali non si
può non fare appello che alle singo-
le coscienze giovaniU perché - os-
serva il Papa - «essere veramente
liberi non significa affatto fare tut-
to ciò che mi piace o ciò che ho vo-
glia di fare>>.
Tanto più poi che, ·in positivo o in
negativo, si può considerare la gio-
vinezza come una «scultrice che
scolpisce tutta la vita», e «la forma
che essa conferisce alla concreta
umanità di ciascuno e di ciascuna di
voi, si consolida in rutta la vita>>.
È quindi la giovinezza una realtà
in movimento, un «crescita» della
quale il Papa traccia un itinerario.
Essa rappresenta una tappa
ascendente nell'insieme del passag-
gio umano dove allo sviluppo psico-
fisico deve accompagnarsi il «gra-
duale accumulo di tutto ciò che è
vero, che è buono e che è bello».
Un aiuto a tale crescita potrà ve-
nire ai giovani dal contatto con il
mondo visibile e con lo stesso am-
biente naturale.
Il contauo con gli uomini, poi,
sebbene esiga giovani capaci di criti-
ca e discernimento, unilo al fonda-
mentale contallo con Dio realizzato
nella preghiera e nell'approfondi-
mento della sua Parola, non potrà
non facilitare tale crescita.
Ua conclusione
Dopo aver letto la Lettera è possi-
bile che ci si domandi: ma i destina-
tari sono soltanto i giovani? Non si
direbbe. ln realtà - lo afferma lo
stesso Giovanni Paolo - «la Chie-
sa guarda se stessa nei giovani». È
tutta la Chiesa dunque che si fa ca-
rico del problema educativo non
ghettizzandolo nell'ambito di una
pastorale specifica e satellizzata. È
chiaro che questa Lettera è per tutti;
purché si abbia a cuore il futuro del-
l'umanità.
A proposito del quale non è pos-
sibile fare molte previsioni: possia-
mo soltanto affermare, con l'anzia-
no e sempre giovane arcivescovo
Herder Camara che il futuro sarà
conquistato da chi potrà offrire la
speranza più grande.
G. C.
(Le foto dell'articolo sono di Franco Marzi
I Roma e si riferiscono ai raduno romano
del 31 Marzo 1985)

2.9 Page 19

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# _ _ VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
India
r MAGGIO 1985 · 19
A PURI
C'È CHI PER STUDIARE
VENDE ANCORA UNA CAPRA
La realtà che presentiamo
non ha come protagonisti
primi missionari salesiani
eppure in essa vi sono
impegnati exa.llievi e
cooperatori della Famiglia
Salesiana. Ve la
raccontiamo a
testimonianza di uno stile
d'apertura.
I L'entrata del villaggio
della Risurrezione•
di Puri
Il Pandit Nehru, primo
presidente dell'India libera, soleva
dire: «L'India è arretrata, ma Io
stato dell'Orissa lo è più di tutti».
Puri è la capitale religiosa del
paese, la città santa dell'induismo,
a 550 km a sud di Calcuua, sull'o-
ceano indiano.
Dodici ore di treno su un vagone,
residuato del periodo coloniale, mi
hannc portato in questa località,
non molto nota ai turisti. Mi ac-
compagna don Duilio Corgnali, di-
rettore di «Vita cattolica», inviato
dal dou. Daniele Sipione, apostolo
dei lebbrosi e grande benefattore
delle missioni salesiane nel mondo.
Adagiata sulla sponda dell'ocea-
no, Puri conta 270.000 abitanti, ma
è famosa come il più grande centro
religioso dell'India. Qui sorge il ce-
lebre santuario di Jagannath, al
centro di un vastissimo recinto-
convento, che annovera ben 15.000
«panda» (sacerdoti), di cui 6.000
interni e gli altri esterni, con 800
panda-cuochi che, in occasione di
festività, possono distribuire ai fe-
deli ben 10.000 pasti giornalieri.
Nel recinto possono entrare solo
gli indù, agli altri è assolutamente
vietato l'ingresso. Persino Indira
Gandhi non poté visitarlo perché
aveva sposato un uomo di religione
diversa.
Ogni fedele, visitando Puri, deve
percorrere almeno una volla la « via
del paradiso » per avere la certezza
di salvarsi e naturalmente la percor-
riamo anche noi.
Scopo del nostro viaggio è incon-
trare padre Mariano Zelazek, un
verbita polacco che, con l'aiuto dei
nostri cooperatori, ha realizzato il
villaggio «Risurrezione» per acco-
gliere e curare i lebbrosi della zona,
che prima vivevano abbandonati ai
margini della foresta.
Padre Mariano da 11 anni vive a
Puri a capo di una parrocchia di 200
fedeli, sparsi in un raggio di 40 km.
Attualmente ha due catecumeni, ma
non dispera, anzi è ottimista, entu-
siasta del suo lavoro.

2.10 Page 20

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20 M40~ 1911.
- Sono venuto qui per essere un
«segno» della presenza di Dio in
mezzo a questo popolo profonda-
mente religioso. Io semino, altri
raccoglieranno!
U,, grande cuore
- Come è arrivato fin qui?
- Durante la guerra fui deporta-
to nel campo di sterminio di Da-
chau: 5 anni di prigionia, 1940-45,
sempre in pericolo di finire nelle ca-
mere a gas.
Promisi aJ Signore, se fossi uscito
vi\\!O, di consacrare la mia vita a ser-
vizio dei fratelli più poveri e
sofferenti.
Tornato libero, chiesi di andare
in missione. Giunto in India seppi
che a Puri vivevano delle suore sen-
za assistenza religiosa e ottenni di
trasferirmi qui. Ma venite prima a
conoscere una delle suore più mera-
vigliose che abbia mai incontrato.
Ero già in contatto con suor Giu-
lia Cesati, cui inviavo le offerte che
ricevevo da amici che si erano recati
in precedenza a visitare quel luogo,
segnalatomi da don Luciano Colus-
si, direttore del centro catechistico
di Calcutta.
Suor Giulia è una milanese delle
suore di carità, meglio note come
«Suore di Maria Bambina» delle
sante Capicanio e Gerosa: 89 anni di
età, di cui 65 trascorsi in lndfa, ma
ancora vegeta e ricca di entusiasmo
giovanile. È stata la prima ad apri-
re, 15 anni fa, un'opera cauolica in
questa roccaforte del paganesimo.
- Era il più grande desiderio del-
la mia vita, dice, ponare Cristo pro-
prio qui dove regna il culto di false
divinità.
- Come sono stati i primi anni?
- Durissimi, eravamo derise, ol-
traggiate, ostacolate in tulli i modi.
Quando uscivamo lungo le strade ci
gridavano: «Ci - Ci - Ci», il massi-
mo del disprezzo.
l bambini fuggivano spaventati al
nostro passaggio.
- Come siete riuscile a farvi
accettare?
- Aprendo un dispensario per i
poveri. La carità è la prima e forse
l'unica via per far conoscere Cristo.
Da allora mi sono dedicata comple-
tamente a loro, curando i malati e
dispensando viveri e medicine per i
più bisognosi.
Tre anni fa avevo inviato un
gruppo di amici turisti a farle visita.
Colpitj dalla povertà in cui viveva-
no le suore e vedendo come la tet-
toia del dispensario stava crollando,
si erano impegnati a ricostruirlo.
Così arrivando abbiamo potuto am-
mirare la nuova costruzione in mu-
ralura, con sale ben attrezzate, dove
suor Giulia continua a prestare la
sua opera, aiutata da altre suore e
da un medico che visita i pazienti tre
volte alla settimana.
Oltre al dispensario hanno anche
aperto un centro di assistenza socia-
le, con asilo, scuola primaria e assi-
stenza alle madri, alla periferia del-
la ciuà, in un grande villaggio di
pescatori.
- Ma l'opera che ci sta più a
cuore, precisa suor Giulia, è l'assi-
stenza alla colonia di lebbrosi che
padre Mariano ha aperto con il vo-
stro aiuto generoso.
/i coraggio di un
pioniere
Padre Mariano ci invita alla sua
residenza: una casa povera, spoglia
di tutto; sulla pona una scritta ac-
Famfglla
di lebbrosi
cogliente: <<Un bel sorriso fuga ogni
oscurità)).
Il cortile è ingombro di sabbia,
calce, cemento, mattoni; alcuni uo-
mini impastano la malta, menlre le
donne salgono ripide scale a piuoli,
reggendo sulla Lesta un recipiente di
poltiglia o di mattoni per i muratori
che lavorano sui pontili di bambù.
- Stiamo costruendo la nuova
chiesa, dice, grazie agli aiUli che ho
raccolto due anni fa tornando in pa-
tria e girando per la Germania.
- Perché un tempio cosi gran-
dioso, in una città dove i cattolici
sono poche decine?
- Vedete, ci troviamo proprio di
fronte al maestoso tempio indù.
Prima avevo una povera cappella di
legno, ma mi sono accorio che il
messaggio di Cristo non sarebbe
mai stato accolto da un popolo abi-
tuato a offrire a Dio il meglio di
quanto possiede. Non dimenticate
che l'indiano è solito donare alla di-
vinità «fifty and fifty», cioè la metà
di quanto guadagna.
Non potrebbero accettare il Cri-
stianesimo se diciamo che Dio è pre-
sente nelle nostre chiese, ridone a
una povera capanna...
Padre Mariano si avvia verso i 70
anni, diritto e robusto come una
quercia, è sèmpre in moto per visi-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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-----------#-
Lare i suoi fedeli sparsi nei villaggi
attorno alla città, recando aiuti di
ogni genere che riceve dai benefal-
Lori.
Lo abbiamo LrovaLo raggiante di
gioia.
- La vostra visita, ci dice, è un
regalo della Provvidenza. Proprio
ieri sera, mentre non sapevo nulla
del vostro arrivo, mi è giunta la
nuova «jeep-ambulanza», dono del
dott. Sipione, attraverso i suoi ami-
ci di Asti. Sarete voi a benedirla e
oggi stesso la inaugureremo andan-
do al villaggio dei lebbrosi per il
q_uale è slata offerta. Osservate la
vecchia jeep: ha fallo migliaia di
chilometri, ma da alcune settimane
è completamente fuori uso, letteral-
mente consumata: motore, gomme,
lamiere che cadono a pezzi. Questo
è stato il più grande regalo che gli
amici italiani potevano offrirci!
Prima di avviarci al villaggio, ci
invita a visitare la nuova scuola che
ha costruito per i figli dei lebbrosi
con l'aiuto di amici olandesi. Una
costruzione moderna, con aule lu-
minose e ampi cortili, ricavati dal
disboscamento di una brughiera
incolta.
- È stato un lavoro faticoso,
non ancora completato, tra l'altro
dobbiamo portarci l'acqua e la cor-
rente elettrica.
Siamo accolti da una folla di oltre
200 bambini vivacissimi che ci cir-
condano gridando e cantando con
le loro insegnanti, giudate da una
suora di Maria Bambina direttrice
della scuola .
- Oltre a sottrarli all'analfabeti-
smo cui erano condannati, dice pa-
dre Mariano, ci preoccupiamo, me-
diante un assiduo controllo medico,
la somministrazione di medicine e
viLamine, di dare loro ogni giorno
un pasto abbondante e nutriente per
sottrarli al terribile contagio.
È nolo come i figli dei lebbrosi
nascono perfettamente sani, ma vi-
vendo a contatto con i genitori in-
fetti dal male, sono inesorabilmente
condannati a contrarre il morbo.
- È soprattutto a questi inno-
centi che dedichiamo il massimo
delle nostre attenzioni per sottrarli a
una vita di sofferenze atroci.
La colonia dei lebbrosi
Il villaggio «Risurrezione» sorge
fuori della città, ai margini della
giungla, in un luogo isolato, quasi
nascosto. I lebbrosi sono «dei male-
detti, condannali da Brahma (la lo-
ro divinità) a espiare i peccati com-
messi in esistenze precedenti».
Prima che padre Mariano e le
suore di Maria Bambina li scopris-
sero vivevano nell'abbandono e nel-
la miseria più degradante, chieden-
I MAG(>/0 1985 · 21
I Lebbrosi costretti
a mendicare
per vivere
do l'elemosima, frugando tra 1 n-
fiuti alla ricerca di qualcosa di com-
mestibile.
Ora il missionario li ha riunili in
un appezzamento strappato alla fo-
resta, 4 ettari di terra che ha suddi-
viso in vari settori, secondo le diver-
se attività alle quali possono dedi-
carsi per mantenersi.
Al centro il dispensario dove ope-
ra il medico, che con padre Mariano
e una suora, li visita due volte alla
settimana. Inlerventi all'aperto, su
una panca, non c'è tavolo operato-
rio, sterelizzatore, anestesia, ferri
chirurgici adatti.
Nella capanna-ospedale solo
qualche letto, per modo di dire: un
assito di legno con sopra una
stuoia.
Un lebbroso si è specializzato in
calzature ortopediche e ci mostra
con orgoglio il suo manufatto.
Visitiamo il settore agricolo: col-
ture varie orto-frutticole, alleva-
mento di polli, galline, pulcini,
uova.
- Ogni gruppo, per quanto è
possibile, deve essere autonomo, in
grado di mantenersi. lo integro e
aiuto quelli che non sono più in gra-
do di lavorare. Questi poveretti,
isolati, rifiutati dalla società, hanno
bisogno di sentirsi ancora vivi,
membri di una comunità. Guada-

3.2 Page 22

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22 · 1 MAGGIO 1985
gnarsi da vivere, poter disporre di
un po' di denaro, frutto della loro
fatica, li aiuta a sopportare meglio
la loro condizione e il loro isola-
mento.
Un altro settore è addetto alla
fabbricazione delle corde; vi lavora-
no numerosi uomini e donne, che,
usando strumenti rudimentali, in-
trecciano con fibre di canapa corde
di vario spessore da vendere al
mercato.
Ogni gruppo ha il suo capo re-
sponsabile che tiene accurato conto
delle entrate e uscite. Il ragioniere
Choron Sapu ci mostra il resoconto
dell'ultimo mese: banno prodotto e
venduto corde per il valore di 9.908
rupie, circa 1.500.000 lire.
- Per studiare e diplomarsi, sog-
giunge padre Mariano, non bastan-
do l'aiuto che gli potevo offrire, ha
dovuto vendere la capra, l'unica
proprietà che possedevano.
Accanto a noi una povera lebbro-
sa, che si regge a stento su due rudi-
mentali stampelle, guarda orgoglio-
sa il figlio, che risponde con compe-
tenza e sicurezza in inglese alle do-
mande dei due stranieri venuti da
lontano.
Visitiamo anche il settore ·cucine,
diretto da un altro lebbroso, che
squaderna, con le mani ridotte a in-
formi moncherini, il suo registro:
1.815 pasti l'ultimo mese, di cui
molti gratis, gli altri a pagamento, 2
rupie (300 lire) ogni pasto comple-
to, con una spesa di 5.902,80 rupie.
La visita si conclude in uno spiaz-
zo, presente tutta la comunità acco-
sciata per terra. Dopo il discorso di
benvenuto del ragioniere, ci metto-
no al collo una collana di fiori, cui
seguono danze e canti con musica
su poveri strumenti a fiato, e per-
cussione, eseguiti da bocche e mani
straziate dal male.
È il più stupendo, commovente,
entusiasmante concerto mai udito
nella mia vita di giramondo.
L acapanna
del òramino
li giorno seguente padre Mariano
ci invita a collaudare l'ambulanza
con una urgente opera di carità.
- Ho promesso a un vecchio leb-
I Il vecchio bramino
esce dalla sua
•capanna-tana•
broso che ha bisogno di ricovero e
di un intervento chirurgico, che sa-
rei andato a prenderlo appena fosse
arrivata.
Percorriamo 40 km su una strada
con al centro un nastro di asfalto.
Padre Mariano guida veloce, con
grande abilità, attraversando villag-
gi rigurgitanti di bambini che rico-
noscendolo ci salutano festosi.
- Ci siamo, dice ad un tratto,
fermando la macchina sul ciglio del-
la strada.
A pochi metri notiamo una ca-
panna di bambù, ricoperta con fo-
glie di palma, alta poco più di un
metro, con un'apertura sufficiente
per lasciar strisciare entro una per-
sona. Davanti al tugurio un essere
ischeletrito, senza una mano, con
un piede in cancrena che bisognerà
amputare.
- Vive qui tutto solo da 17 anni,
campando di elemosina, mangian-
do saltuariamente, ma ora ha asso-
luto bisogno di ricovero.
Non riesco a capacitarmi come
un uomo abbia potuto vivere per I7
anni in quella tana dove nessuno
oserebbe custodirvi il cane.
li lebbroso ci sorride, portando le
mani alla fronte nel caratteristico
saluto indiano; rientra nel tugurio,
strisciando sulle natiche, per racco-
gliere la sua proprietà: qualche
straccio che non ha mai conosciuto
l'acqua e il sapone, una ciotola, un
bicchiere di latta e due piccole zuc-
che che stavano maturando sulla
capanna.
Lo guardo e noto che porta a tra-
colla uno spago.
- È un bramino? domando a pa-
dre Mariano.
- Sl, appartiene alla casta più al-
ta dell' induismo, ma, colpito dalla
lebbra, è anche lui un essere im-
mondo, maledetto come tutti gli al-
tri. Per questi poveretti non esiste
pietà nella loro religione.
Lo aiutiamo a salire sulla jeep,
mentre un gruppetto di persone, ac-
corse dal villaggio vicino vengono a
dirci che nella zona ci sono altri leb-
brosi in condizioni anche peggiori.
- Ritorneremo, assicura padre
Mariano, questi benefattori ci aiu-
teranno a dare a tutti i lebbrosi la
possibilità di vivere da uomini.
Mentre l'auto sta per partire, il
lebbroso continua a fissare la sua
capanna, ha gli occhi pieni di la-
crime.
Sulla via del ritorno il missiona-
rio ci racconta come il medico, fer-
vente indù, che lo aiuta a curare i
lebbrosi, qualche giorno prima gli
aveva detto:
- Padre, quando rinascerò vo-
glio farmi cristiano e diventare pre-
te come te!
A sera accompagnandoci alla sta-
zione per prendere il treno per Cal-
cutta, ci abbraccia dicendo:
- Dite ai benefattori che il meri-
to è tutto loro del bene che possia-
mo fare. Anzi un merito molto
maggiore del nostro perché non
hanno la soddisfazione di vedere il
bene che fanno. Noi Cristo lo vedia-
mo, lo tocchiamo con mano!
Questi sono i missionari: uomini
eroici, che operano in silenzio, qua-
si di nascosto; autentici giganti che
incarnano il Vangelo, ne vivono
giorno dopo giorno la radicalità con
un amore senza confini.
Antonio M. Alessi

3.3 Page 23

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.11- _ PROTAGONISTl_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Maria Fida Moro
I MAGGIO 1985 · 23
T uTTI INSIEME
SI PUÒ FARE
QUALCOSA DI BUONO
Chi è Maria Fida Moro?
Come giudica la politica e
la società? .Ecco le risposte
di una donna che
nonostante tutto crede alla
Speranza.
Incontrare Maria Fida
Moro non è stato difficile,; intervi-
starla - lo confesso - mi ha richie-
sto una certa attenzione, quasi un
voler camminare in punta di piedi
per non disturbare una persona cara
che dorme. Eppure quando la si-
gnora Maria Fida Moro - mille e
più motivi per diffidare del mondo
della carta stampata - ha sentito
che si trattava del Bollettino Sale-
siano ha detto un sì che ci è apparso
perfino entusiasta.
A pensarci c'era d'aspettarselo
dal momento che l'Autrice de (t La
casa dei cento natali > (1982) e cli
«Un Dio simpatico» (1984) è stata
per un anno a scuola dalle Figlie di
Maria Ausiliatrice cli via Dalmazia a
Roma e dal momemo che suo mari-
to Demi frequenta il corso di teolo-
gia per laici presso l'Università Sa-
lesiana. «Qui - ci dirà Maria Fida
con semplicità e per la gioia di don
Giorgio Zevini, responsabile dello
stesso corso - e.i troviamo molto
bene e mio marito si è riconciliato
con il mondo della cultura».
La figlia primogenita cli Aldo
Moro, l'uomo politico ritrovato
barbaramente ucciso il 9 maggio
1978 in una via del vecchio centro
storico della Capitale - fa parte di
quella generazione che, più dogn'al-
tra nella consapevolezza e sulla pro-
pria pelle ha vissuto questi vent'an-
ni contraddittori di storia e di cro-
naca. Eppure questa signora, classe
1946, un po' triste melanconica e
sospettosa - e chi non lo sarebbe al
posto suo? - ci è apparsa donna
coraggiosa, sognatrice, fantasiosa
e, perché no? anche simpatica. Se
così non fosse non avrebbe scritto
su Dio parole come queste delle
quali in molti, dovremmo esserle
grati.
« Bisogna che siamo in grave peri-
colo, in una autentica situazione di
emergenza, per deciderci di invocar-
Lo. Allora ci ricordiamo all'im-
provviso della Sua esistenza. E Lui
viene. Non ci lascia soli anche se
forse è proprio quello che ci merite-
remmo. Gli facciamo grandi pro-
messe e Lui sa benissimo che non
saremo capaci di mantenerle. Appe-
na fuori dai guai ci scordiamo di
nuovo di Lui ed Egli torna sulla
Croce ad aspettare. Per questo mi
fa pena: è così solo.
Vieni a cantare stasera, Signore,
ci faremo un po' di compagnia».
D. Cosa l'ha spinta a visitare in
carcere i brigatisti Morucci e Fa-
randa?

3.4 Page 24

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24 · I MAGGIO 1985
VUOI
RICEVERE
Il BOLLETTINO
SALESIAN01
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
R. L'ho scritto e lo ripeto: tre so-
no state le motivazioni vere e im-
portami. La prima è che per un cri-
stiano il perdono più che un obbligo
è una necessità imprescindibile.
Non esiste il cristiano se non è capa-
ce di un gesto, almeno uno, di per-
dono.
C'è un risvolco facilmente dimen-
ticato: saremo perdonati nell'esatta
misura con cui avremo perdonato.
Mio padre poi, e questo non posso
dimenticarlo, avrebbe fatto la stessa
cosa.
Ancora: ritenevo, anche soltanto
dal punto di vista umano, che sa-
rebbe stata una esperienza impor-
tante. Infatti è stata importanti~-
sima.
Vorrei tuttavia aggiungere che da
parte nùa non credo d'aver fatto
un'azione grandemente merit0ria.
Ritengo che ci voglia maggior forza
a perdonare le cattiverie quotidiane
con le qualj si devono misurare tutti
gli esseri umani proprio per fare del
male e per dare sofferenza.
D. Perché ha chiamato Dio
«simpatico>>?
R. Per me Dio è una espressione
di gioia, la massima espressione ùel-
la gioia. (n genere le cose belle uno
cerca di condividerle o almeno di
trasmetterle. Ho voluto dare l'idea
che Dio non è soltanto il giudice e
non è la causa né del male né del do-
lore.
D. Come concilia un «Dio sim-
patico» con il dolore?
R. Penso che sia un problema
eterno quello di mettere insieme la
realtà del dolore con tutte quante le
sue sfumature e questa concezione
di Dio che ha le radici nel Vangelo
testimonfato nel corso dei secoli da
tante persone. Personalmente sono
arrivata a questa cenezza: Dio, cer-
to, non ha inventato il male e quindi
neanche il dolore. Siamo noi che
abbiamo rifiutato la sua offerta di
essere felici in un posto stupendo.
Né possiamo dire che lo hanno Fano
soltanto Adamo ed Eva perché ogni
qual volta pecchiamo ci mettiamo
nella stessa condjzione. Da è ve-
nuto il dolore. Quindi non Dio ha
creato il dolore ma l'inr,ipienza
umana. Ciò nonostante Dio ha
mandato il suo Figlio a morire sulla
Croce proprio per riscauare il dolo-
re. Questo dà significato alle morti
ingiuste ed alle sofferenze subite da
tante persone giuste che diventano
in tal modo portatori di salvezza e
di redenzione per tutta l' umanità.
D. Aldo Moro viene considera-
to, giustamente, un politico di ra::;-
za. Si trarta di una allività politica
intesa come arte e possibilità di ge-
stire e mediare la cosa pubblica in
vista di un bene comune. Lei cosa
ne pensa?
R. Se nel caso di papà è indiscus-
so che fare politica fosse svolgere
un servizio volto al bene comune
non sono poi molti coloro che san-
no vivere così la politica.
D . Cosa ne pensa del rinnovato
impegno politico di molti cristiani?
Maria Fida Moro
durante l'Intervista
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA

3.5 Page 25

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-
- - - - - - - --
-~-
R. lo credo che tulli gli esseri
umani, cristiani e non si dovrebbero
impegnare ma non necessariamente
jn politica: ognuno nel suo campo.
Purtroppo quando si arriva a que-
sto punto siamo portati a delegare.
Deleghiamo ogni tipo dì responsa-
bilità agli altri e poi ci lamemiamo
se tutto va male. Bisognerebbe rac-
cogliere la carta che l'altro butta per
terra e restituirgliela dicendogli gar-
batamente: le è caduto qualcosa.
O. Che tipo di educazione politi-
ca ha ricevuto?
R. Non ho ricevuto educazione
politica ma ho imparato a mie spese
a diffidare della politica.
D. Come mamma, dovendo edu-
care suo figlio alla dimensione so-
ciale e politica cosa fa?
R. Lo lascio vivere nelle situazio-
ni oggettive dell'esistenza che sono
composite, perché lui si renda conto
che ci sono persone più povere, ma-
late, infelici. Gli dico anche che non
può disinteressarsi di questo staro di
cose. Che cosa p0i farà della sua vi-
ta lo sa soltanto lui dal momemo
che i figli non sono dei genitori ma
di se stessi e di Dio.
D. Nel '68 lei era all'Università.
Come giudica quel periodo?
R. lo in quell'epoca non ho avu-
to molti scossoni e ritengo sia per-
ché ero interessatissima a partecipa-
re ad iniziative di protezione civile e
di volontariato. Più che parlare mi
piaceva fare dando il mio piccolissi-
mo contributo alla soluzione di pro-
blemi pratici. Ritengo tuttavia che
nel '68 c'erano istanze giuste anche
se qualcuna degenerò.
D. Dove è nato il terrorismo?
R. Probabilmente al di fuori del
mondo giovani1e.
D. Pensa che i ventenni d'oggi
possano regalare qualcosa della lo-
ro giovinezza alla socierà?
R. Senz'altro a condizione che
gli adulti lascino loro un minimo di
spazio e non ne spegneranno ogni
speranza.
O. Dal punto di vista personale
come vive dunque l'impegno poli-
tico?
ALDO MORO
ESTATO ASSASSINATO
t VIVE
NEI NOSTRI CUORI
LA SUA FEDE .
NELLA LIBERTA ·'
LA OEI\\IIOCl>AZIA CRl!ifl-NA
I Uno dei tanti manifesti
affissi dopo Il
ritrovamento
di Aldo Moro
R. L'ho già detto: sono per le co-
se concrete. li;i ogni caso io non po-
trei mai fare poli1i~ perché è una
cosa che mi ha rovinato la vita sin
da ragazzina. Mi è difficile ipotizza-
re un mio impegno direuo. In più
possiedo un marito ed un figlio e
non ne avrei nemmeno il tempo ma-
teriale. Chi ritiene di dover fare im-
pegno politico a certi livelli dovreb-
be essere solo al mondo.
D. Ed allora?
R. Credo che ognuno di noi do-
vrebbe fare un piccolo esame di co-
scienza e scoprire che cosa può fare
nella sua vita di tutti i giorni per fa-
re andare meglio il mondo. Perché
il mondo non va meglio per decisio-
programmatiche prese dall'alto
ma per tanti piccoli gesti quotidiani
fatti nella convinzione ·profonda
che è Dio che desidera che noi pren-
diamo il nostro posto nell ' universo.
È seguendo il suo disegno, anche se
noi non ne vediamo i contorni, che
già ora costruiremo questo famoso
Regno di Dio.
D. Cosa ne pensa del femmini-
smo? Le donn'é hanno ancora qual-
cosa da conquistare oppure sono
delle «rassegnate>,?
R. Del femminismo come movi-
mento non conosco molto. Tuttavia
è mia personale convinzione che la
1 M4GG/O 19/J5 25
donna come l'uomo o come ogni al-
tra categoria sociale non riuscirà
mai a vincere se vorrà agire per con-
to proprio. La società infatti è com-
posita ed è fatta di tanti gruppi non
omogenei. Non credo alla suprema-
zia della donna e nemmeno a quella
dell'uomo. Non credo che ci debba-
no essere emarginati, non credo che
i bambini non debbano avere diritto
di parola e di vita a Livelli umani,
non credo che i vecchi debbano es-
sere lasciati dove sono e penso che
tutti insieme si possa fare qualcosa
di buono.
D. Come ha incominciato a scri-
vere?
R. Sin da piccolina. Non sapevo
ancora scrivere e dettavo ai miei ge-
nit0ri che con tanta pazienza mi ri-
leggevano con grande serietà quan-
to avevo detto.
D. Dei libri che ha scritto quali
preferisce?
R. Quelli che devo ancora scrive-
re. Spero di poterne pubblicare altri
ma se ciò non potesse avvenire scri-
verò per me stessa. ln ogni caso in
maggio dovrebbe uscire un volume
di ricordi di viaggio che si chiama:
«In viaggio con mio papà». È pub-
blicato dalla Rizzoli. È anche in la-
vorazione presso la SEI un volume
dedicato all'infanzia.
D. Quali temi predilige?
R. lo scrivo dell'esperienza quo-
tidiana e di quel che bo visto vivere
o che ho vissuto. Non posso parlare
di cose che non conosco. Inoltre
credo che certi temi impegnati ri-
mangano sulla carta come lezioni
molto belle a sentirsi ma che si di-
menùcano appena usciti dall'aula.
D. Questa è una scelta politica o
no?
R. No, è una scelta umana.
D. Come vede il volontariato di
molti giovani?
R. Ritengo che sia una delle al-
ternative al problema droga. Un ra-
gazzo o una ragazza impegnati al
servizio degli altri non hanno tempo
di fare sciocchezze né di essere coin-
volti io esperienze che in fondo cre-
do vengano iniziate per insignifi-
canza di vira.

3.6 Page 26

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26 · 1 MAGGIO 1985
Così Maria Fida scrive del padre
Mio padre era difficile da
capire fino in-fondo. Lo accu-
savano di essere bugiardo e
falso, di nascondere le cose.
Invece papà non diceva mai
bugie. Era bravissimo nel
non dire quello che non vole-
va dire, questo sì, ma se la
cavava divagando, facendo
delle supposizioni, allargan-
do il discorso senza mentire
mai. Era prudente, ma falso
no.
Era cristiano in maniera
assoluta. Piuttosto di dare
un dispiacere a qualcuno fa-
ceva andare tutto a rotoli ed
è forse l'unica cosa che gli si
può rimproverare: essere
stato troppo poco duro. L'i-
dea di far soffrire una perso-
na gli era insopportabile e
non glì permetteva di essere
neanche un po' severo ed in-
transigente. Non ammetteva
che si potesse far del male a
qualcuno. Le persone, in
quanto fatte ad immagine e
somiglianza di Dio, erano sa-
cre e quindi andavano accol-
te con enorme rispetto e con
senso di gratitudine, proprio
come Dio. Indipendente-
mente dal fatto che lo meri-
tassero o meno o che fosse-
ro magari dei mascalzoni.
Proprio questo atteggiamen-
to di papà faceva sì che dalle
persone finisse poi per far
venire fuori la parte migliore.
La sua totale attenzione lo
aiutava in questo. Stava per
ore ed ore in silenzio ad
ascoltare la gente, senza al-
zarsi, senza andarsene nep-
pure un minuto, senza bere,
senza mangiare, senza fu-
mare e soprattutto senza
avere l'aria annoiata o sec-
cata. Solo quando i suoi in-
terlocutori avevano esaurito
tutti gli argomenti diceva a
sua volta qualcosa.
Il suo enorme rispetto per
le persone umane era com-
preso meglio di tutti dalla po-
vera gente. Papà rispettava
gli avversari politici, la gente
cattiva, la gente noiosa e
non soltanto coloro che per
avviso comune erano degni
di rispetto. Solo adesso ho
capito perché non mandava
mai al diavolo nessuno. lo
ero spesso furibonda con lui
per la sua eccessiva pazien-
za e bontà e ancora, al tem-
po della sua morte, mi resta-
va incomprensibile il suo at-
teggiamento nei confronti
dei cattivi. Quando qualcuno
lo offendeva, non faceva mai
Maria FidaMoro
LACASA
DEICENTO
NATALI
Un ùffelhtOSO IÌ!nlUO ~, lilmiglll,.
nelle porok: cl:Ua primogen~e
dello stati,;1a scompao;o
Prefazione, ili Ltonordò Sèia<àn
apparire che era stato ferito
nella sua estrema sensibili-
tà. Al massimo, si chiudeva
nel silenzio.
Papà dava nella sua ani-
ma accoglienza e ospitalità a
chiunque gli passasse vici-
no, amico o nemico, simpati-
co o odioso, intelligente o
cretino, persona pubblica o
privata. Per mio padre ogni
uomo, e quindi quell'uomo,
era immagine di Dio. Non
metteva mai in conto gli
sgarbi e le cattiverie che era-
no rivolte a lui. Eppure, lavo-
rando per la gente comune e
la crescita del suo paese e
del mondo, camminava con-
tro gli interessi di tante per-
sone. Era semplice e umile,
non si riteneva importante
pur sapendo di essere intelli-
gente. Aveva chiaro il senso
dei limiti. Sapeva che le inte-
riori ricchezze di umanità
che gli erano state date da
Dio, gli erano state date per-
ché le usasse per il bene di
tutti.
Parlava oggettivamente.
Diceva «credo», «mi pare»,
«penso». La sua persona
non contava, contavano gli
altri. Non metteva mai se
stesso sul piatto della bilan-
cia. Rispondeva a tutti colo-
ro che gli scrivevano. Non
offendeva nessuno, ma era
estremamente riservato e te-
neva ognuno al suo posto.
Non era facile comportarsi
male accanto a lui...
(Da «La casa dei cento
natali»).
D. Come vive il suo cristia-
nesimo?
R. Cerco di ricordarmi che anche
gli altri esseri umani sono come me
pieni di problemi ed hanno bisogno
di essere rallegrati ed aUe volte an-
che tirati come piacerebbe che al-
tri facessero a me come in genere
poi mi succede. Finora mi sono voi-
ta soltanto alla gente che mi capita-
va ed avevo i'lcontrata per caso. A
questo punto della mia vita voglio
dedicarmi a qualcosa di più specifi-
co nel mondo della sofferenza.
D . So che il canto nella sua vita
ha un significato.
R. il canto è uno dei modi in
cui prego più facilmente. Quando
canto, quando sento cantare, se
avessi bisogno ancora una volta di
una prova sarei certa che Dio è
con noi. Quando ero piccola ho
suonato per un po' il pianoforte ma
per me lo strumento più bello resta
la voce perché non è costruita dal-
1'uomo ma da Dio. Ogni occasione
è buona per cantare.
Giuseppe Costa

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# _ _coMUNICAZIONI SOCIALI_ _ _ _ _ _ _ __ __ _
1 1,AIIGGIO 1985 27
V ECCHIA RADIO,
PROMETTIMI
DI NON TACERE
Dopo sessant'anni la radio
« resiste».
L:invenzione della
televisione e
l'affollamento del!'etere.
Quali prospettive?
7 ottobre 1924. Due
stringa1issime righe del «Corriere
della Sera» dicono: «Un regolare
servizio di trasmissioni circolari da
Roma è stato inaugurato ieri sera
con un programma di musica scelta,
con il bollenino metereologico, no-
lizie di borsa e un discorso sulle ra-
dioaudizioni». La RADIO entrava
nelle abitudini degli italiani con le
vesti dimesse di un intruso. L'Italia
contava allora 4 1 milioni di cittadi-
I Manifesto di P. Bianconi (1950):
la radio •macchina del sogno•
(da la Radio, storia di
sessanl'annl, 1'924-1984, Ed. ERI)
ni e il mezzo che li doveva unire più
ditutto il Risorgimento messo insie-
me nasceva in un sussurro quasi
clandestino. Ma questa nuova sco-
perta della comunicazione per «on-
de sonore>> si afferma rapidamente.
Ben presto l'espressione «l'ha dello
la radio» diventa punto di riferì-
mento per conversazioni, valutazio-
ni e comportamenti. Lo capisce an-
che il Regime fascista che fa riempi-
re le piazze di a ltoparlanti: la voce
del Duce si amplifica di un nuovo
potere. È un tam-ram che provoca
delirio, rabbia, sgomento.
Un paio di anni - siamo al 17
Novembre 1926 - e le potenziali
energie di consenso si concentrano
nelle mani di un unico potere:
l'EIAR (Ente llaliano Audizioni
Radiofoniche) che il 26 ottobre
1944 assumerà la denominazione
RAI (Radio Audizioni Italiane).
È l'affermazione di un monopo-
lio che controllerà informazione,
svago, cultura per decenni. Ma do-
po mezzo secolo di vita la radio-
RAI dà segni di stanchezza e perde
colpi. Anche se smorza il tono pe-
rentorio e assume quello confiden-
ziale e suadente dell'«amico di ca-
sa>), la radio è costretta ad abban-
donare la posizione di centralità tra
le pareti domestiche e nei bar. For-
se, per la prepotente apparizione
della sua più feroce concorrente: la

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28 · 1 MAGGIO 1985
Lclevisione {il 28 maggio l 949 ini.da-
no a Roma le prime trasmissioni
sperimentali televisive che divente-
ranno quotiàiane e regolari dal 3
gennaio 1954).
« Video killed the radio star» si
cantava fino a qualche tempo fa,
terro rizzati dalla invadente presen-
za del Video-killer che sembrava
aver messo al tappeto la piccola sca-
tola sempre terribilmente loquace.
Anche il drammaturgo Bertold
Brecht lamentava: «Tu, piccola sca-
tola, che ho tenuto sLretco memre
fuggivo, promettimi di non tacere
all'improvviso». No, ceno, non
venne il silenzio. Anzi, il suo chiac-
chiericcio si è moltiplicato.
È successo tutto nella primavera
del 1975. Chi girava la manopola
del sintonizzatore sulla banda della
I Manifesto di E. Carboni (1950):
la radio «Finestra sul mondo»
(da la Radio, storia di
sessant'anni, 1924-1984, Ed. ERI)
Modulazione di Frequenza (FM) in-
crociava un ribollire inconsueto di
voci e di suoni: musiche e ritmi da
cardiopalmo, notiziari politici da
sembrare insulti, ragazzacci dagli
accenti sgraziati intenti a sfornare
spiritosaggini da raggelare e l'irre-
frenabile monologo dei disc-jokey
affannati a blaterare senza sosta su
spezzoni di brani musicali di cui si
rendeva impossibile l'ascolto. Una
giungla di voci difficilmente distri-
cabile. Forzata la breccia da Radio
Parma, Radio Bologna, Radio Em-
manuel, Radio International, scatta
la corsa al «gioco della radio». Si è
come sommersi daUe onde sonore!
Alla fine del 1975 si elencano circa
trecento emittenti radiofoniche,
scoppiate come funghi nelle grandi
città o nei piccoli centri, lasciando
interdetti e irritati la RAl, il mirli-
stro delle PT e molti benpensanti,
allibitj da programmi aggressivi e
provocatori. Scattano i meccanismi
di censura. L'ESCOPOST (la Poli-
zia postale) riesce a imbavagliare al-
cune emittenti più pericolose (basti
pensare a Radio Alice usata per
coordinare un 'azione di guerriglia
urbana nel marzo del '77 o a Radio
Bra perché «extraparlamentare»).
Altre sfuggono abilmente ai colpi
manci11i dei silenz.iaLori. Si parla di
sequestro totale. È la pa1:1ra genera-
le. rI fiorito panorama di Radio
Strega, Radio Out, Radio Dado,
Radio Salamandra, Spazio Zero...
si restringe in un tetro silenzio. fa
spreco di sigilli e la scampa allarga
le polemiche. Le radio cosiddette
«libere», «sperimentali», «demo-
cratiche», «indipendenti», « alter-
native», « pirata » finiscono sulle
prime pagine dei giornali e costiwi-
scono il problema più grave del mo-
mento. Ma ecco il colpo imprevisto.
Il 25 giugno 1976 la Corte Costitu-
zionale dichiara legittime le radio
alternative. È la fine del monopolio
RAI. Cadono i s igilli, la polùia po-
stale (ESCOPOST) ritrae il suo
braccio minaccioso ed esplode il
<<Far West» del1'etere. Mancando
una normativa che regolamenti .l'at-
tività dei trasmettitori radiofonici,
c'è una rincorsa pazza ad occupare
qualche ritaglio di banda in FM per
non restare definitivamente esclusi.
Dal momento che lo spazio disponi-
bile sulla Modulazione di Frequen-
za è quasi agli sgoccio]j (è possibile
occupare solo le bande tra gli 88 e i
104 Mhz) troppe emittenii, soprat-
tutto nelle grandi città, finiscono
per pestarsi i piedi. L'etere è attra-
versato da un ingovernabile fascio
di voci che l'indicatore dell'appa-
recchio non riesce a isolare dai con-
tinui accavallamenti e sovrapposi-
zioni. LI braccio di ferro tra le diver-
se radio finisce spesso con la vitto-
ria del più forte: come nel mitico
West! A forza di gomitate e sgam-
betti si affacciano sui retti circa cin-
quemila emittenti la cifra riferita
in un recente convegno a Roma or-
ganizzato da Arcimedia). La cifra
I Manifesto: «Invito alla radio»
(1959)
(da /a Radio, storia di
sessant'anni, 1924-1984, Ed. ERI)
sembra eccessiva. Ma con la man-
canza assoluta di censimenti, con-
trolli, autorizzazioni registrate è im-
pensabile definire l'entità esalta del
fenomeno.
La proliferazione incontrollata e
incontrollabile delle radio privare,
l'inammissibile « indistinw» radio-
fonico attuale che porta l'utenre ad
affondare in un dilagante e ossessi-
vo «rumore di fondo» omologanle
e ripetitivo ha subito un nuovo al-
larmanle scossone. L'intricata rete
radio-televisiva italiana è stata mes-
sa a soqquadro. L'iniziativa è parti-
ta dal ministro Gava a sèguito degli
accordi di Ginevra (29 ottobre
L984). Secondo il «piano di riparti-
zione delle frequenze» presentato
dal nostro ministro PT, in Italia ci
sarà spazio per 4500 frequenze,'di
cui 2300 saranno utilizzate dalla
RAI (un pacco consistente! ma si
parla già di una Quarta Rete!) e le
rimanenti verrebbero ripartite tra
« radio private>>, sistemi aereonavali
e altri pubblici servizi. Questo << pia-
no» , che riduce vistosamente l'e-
mittenza privata, uscito dai cassetri
ministeriali e approdato alle consol-
les delle radio e alle redazioni dei
giornali, ha avuto l'effe[lO di un
tappo strappato a una bottiglia di
champagne: a fiumi è dilagata la
protesta .

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- - -- - - - - - - -5'1-
li bisogno del riordino dell'etere
nasce anche dalla promessa di una
legge che dovrebbe regolamentare il
nostro «sistema lltisto» (cosi é chia-
mato il sistema di radiodiffusione in
cui coesiste il monopolio o gestione
di Stato con la pluralità di emittenti
gestite da privati). Una promc~i.a
che è rimbalLata da ministro a mini-
stro nel succedersi periodico e abi-
tuale dei recenti governi (le e( pro-
messe» sono di Amonio Gulloui,
Vittorino Colombo, Michele Di
Giesi, Remo Gaspari e Antonio Ga-
va), ma che non ha mai trovato una
decisa volontà politica per definirla
nella certezza del diritto. I rcccmi
aV\\enimenti (blitz dei pretori tra
l' 11 e il fatidico 16 ottobre 84) che
hanno oscurato a più riprese <(TV
private» e «network» hanno co-
streuo ad un colpo di acceleratore i
legislatori.
Oggi, dopo la discussa vota7ione
in Senato, effettuata col fiato alla
gola nella serata del 5 febbraio
I985, un «decreto» ha av, iato la re-
golamenrazione dell'etere in a11esa
di una definitiva e organica propo-
sta di «legge», altesa per il prO'>'ii-
mo mese di giugno.
Nell'attuale normath-a. orientata
prernlentemcnte all'eminenza tele-
visiva, è compreso anche il sistema
radiofonico. I verdeui, scaturiti dai
contrastar i seggi dei nostri parla-
mentari, hanno riattizzato le preoc-
cupazioni delle varie emittenti. Le
Associazioni culturali, ma soprat-
tutto le Federazioni e le Cooperati-
ve sono balzate sul proscenio:
l'AEL (Associa,ione Emittenti La-
zio) ha organinato manifestazioni
di piazza a Roma; la FRT e l'AU-
DITEL hanno mobilitato gli asso-
ciati in un primo wnvegno naziona-
le a Vico Equense; il CORALLO e
l'ALl AS moltiplicano gli appelli al-
le emittenti canoliche invitandole a
consorzian,i per .,opravviverc... e
così via. La minaccia di una seria
pulizia dell'etere ha spinto anche di-
versi impianti di emittenza a supera-
re il gusto del «bricolage» eletrroni-
co per poten;:,iare gli impianti, colle-
gare le stazioni, socializzare anten-
ne e trasmenitori. C'è l'affanno per
la sopravvivenia. Intanto, nel me)C
di marzo, sono confluite nelle mani
del Mimstro PT le migliaia di sche-
de tecniche in\\'iate alle singole emit-
tenti in ottemperanza alla legge del
_..
volta
Oggi
''-" A p pnre~t.:_hlo·R.A.M·
..._...._ Il D . :ZOOO
___ --·-·- ~.p...,.p..,.o....r_ec,chio IL D. 2000
•.-.oiu ,.,..AdOCHL aw.a.~u
INC. CIUSEPPE RAMAZZOTTl
111.,- • ._. . OIIS1 1 -•11111 JUM
Pubblicità
Idell'Industria
radiofonica sul
finire degli anni '20
(da la Radio, storia
di sessant'anni,
1924-1984, Ed. ERI)
/ M<IGulU '~ · 29
6-12-1984. Dall'analisi dei dati
emersi partirà il '>Cgnale di \\'ita o dì
morte per molte radio. Il futuro di
centinaia di eminenti è fortememe
insidiato. Alcune si sono già ritirate
dalla sfida per incapacità organizza-
tive. Altre agonizzano, strozzate dai
co~ti di gestione o dall'anemia dei
programmi. Il colpo più pesante,
tuttavia, è dato dagli utenti che, in-
soddisfatti dell'ascolto, decreteran-
no la morte dell'emiucnte che an-
noia o che non promuO\\.e , alori.
È proprio questo il tasto più deli-
cato, dal momento che l'unica sor-
genre di sostentamento di molte ra-
dio è fornita dalla possibilità di
pubblicità e queMa calcola la consi-
stenza dell'<rnudience» (termine or-
mai assimilalo per indicare l'entità
degli ascohatori). Quest'ultimo fat-
to ha portato a determinare le carat-
teristiche delle emi11enti private, og-
gi divise in << radio commerciali»
(con prevalente interesse economi-
co) e «radio non ~ommerciali» (con
prevalenti interessi sociali, educati-
vi, poUrici, religiosi).
È su questa seconda categoria di
presenze radiofoniche che intendo
portare uno sguardo di particolare
attenzione in un prossìmo interven-
to per farne conoscere la consisten-
za, i contenuti del «palinsesto», i
problemi di sopravvivenza . le forme
di collaborazjone e le motivazioni
che spingono a sostenere l'impegno
e ad accettare la scommessa contro
un futuro di silenzio, ritagliandosi
faticosamente un pe1.20 di frequen-
za. Ci sarà l'occasione di definire
meglio il potere che appartiene al
«medium» radiofonico con il suo
corollario di problemi educativi e
morali. Per ora mi sembra suggesti-
\\.O sfumare ripensando alle note vi-
\\.aci di Eugenio Finardi che armo-
nizzano piacevolmente queste paro-
le: «Amo la radio, perché arriva tra
la gente, / entra nelle case e ci parla
direttamente; / e se una radio è libe-
ra, ma libera veramente, / mi piace
anche di più, perché libera la gente.
I Con la radio si può scrivere, legge-
re o cucinare; / non c'è da stare im-
mobili, stupidi a guardare: / è forse
proprio quello che me la fa preferi-
re: / è che con la radio non si smette
di pensare».
Pierduntc Giordano

3.10 Page 30

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Cantautore,
chi è costui?
A partire dalla fine degli anni
cinquanta prende forma in Italia
un nuovo modo di operare nella
musica: attraverso le vie radio-
foniche e televisive ma molto
più grazie all'industria discogra-
fica e al fenomeno dei juke-
boxes si diffondono nella peni-
sola del miracolo economico le
canzoni americane e francesi
che costituiranno il trampolino
di lancio di un nuovo gruppo di
giovani cantanti. Proprio mentre
l'Italia si awiava ad entrare nel
novero delle nazioni più indu-
strializzate questi si opponeva-
no con decisione al vecchio stile
canzonettistico, che si rifaceva
ancora ai modull lirici, per tenta-
re una via rischiosa ma perso-
nalizzata: l'idea era quella di ri-
costituire l'unità di testo e musi-
ca, di ridare nuovamente vita al-
l'antica identità di canzone e
cantante: fioriva in questo modo
il fenomeno dei cantautori.
Nell'epoca del consumismo
di massa, del llvellamento psi-
cologico operato dai •media» a
scopi commerciali, si levano po-
che voci, solitarie e un po' gra-
me, sorrette appena da un filo di
musica, a cantare le proprie
passioni, le amarezze di una vi-
ta che non vuole irregimentarsi
negli schemi della civiltà mecca-
nizzata, le sofferenze di un ani-
mo ramingo in cerca di amore.
Ecco Luigi Tenco, suicida al Fe-
stival di Sanremo del '67, forse
il più poetico di questi primi can-
tautori insieme a Gino Paoli che
oggi sta conoscendo una nuova
stagione a distanza di tanto
tempo.
La serie dei personaggi con-
trocorrente in aperta sfida al
mondo delle ugole d'oro dei vari
Villa, Tajoll e Pizzi, continua con
Enzo Jannacci e Giorgio Gaber i
quali, entrambi impegnati a dif-
fondere un messaggio d'impe-
gno sociale, si fanno carico de-
gli emarginati e dei barboni at-
traverso un'aspra satira del bor-
ghese medio benpensante.
Alla scuola del francese Geor-
ges Brassens si forma l'anticon-
formismo corrosivo e un po' aci-
do di Fabrizio De André fine di-
stillatore di un'accurata fraseo-
logia che non rifugge da un cer-
to impiego di parolacce• al fine
di destare chi ascolta dalla lieve
piattezza del canto. Tra la prima
e la seconda generazione dei
cantautori si colloca invece un
personaggio •odiosamato-..,
spesso mal compreso dai più
per la novità dello stile vocale,
spezzato e convulso quasi in
una successione di figure sinco-
pate: è Lucio Battisti che con le
sue canzoni ha rispolverato in
modo assai originale il filone
pop anglo-americano.
La fase seconda del fenome-
no dei cantautori è caratterizza-
ta, siamo negli anni '70, da una
spiccata arrabbiatura di fondo
che non intende celare adesioni
o idee politiche in genere in
aperto contrasto con il siste-
ma•: Francesco Guccinl, De
Gregari, Vendltti, Vecchioni, Fi-
nardi fanno parte di questa
schiera, mentre Branduardl pur
mutuandone la sostanza ideolo-
gica se ne distacca nell'origina-
le riscoperta del folclore roman-
zo. Un posto a sé occupa lo spe-
rimentalismo anarchico di Bat-
tiato, figura più gratuitamente
provocatrice che impegnata, il
quale solo negli ultimi tempi ha
trovato quel successo di pubbli-
co che pur meritava già agli inizi
della sua carriera.
Intanto man mano che ci si al-
lontana dal vento del '68 e dal ri-
gurgito del '77 la musica dei
nuovi cantautori acquista una ri-
levata prevalenza sul testo
stemperando il vìgore del conte-
nuto in melodie e ritmi furbesca-
mente gradevoli ma forse lieve-
mente commerciali sulla scia
del boom discografico: Fabio
Concato e Sergio Caputo sono
forse I migliori interpreti di que-
sto filone anni '80.
Sergio Centofantl
LUCIANO E MARIA DONATI
Manuale per Il diabetico e I
suoi familiari, Città Nuova Edi-
trice, Roma, 1984, pp. 189, L.
9.000.
La disinformazione in campo
sanitario, la mancanza di una
educazione alla salute (educa-
zione che dovrebbe cominciare
dalla scuola), i ritardi nell'attua-
zione della medicina preventiva
portano con sé a tutti i livelli del-
le conseguenze spesso dram-
matiche. Nel caso del diabete è
poi necessario che il medico ab-
bia una precisa conoscenza del-
la malattia in modo che inter-
BIBLIA: Un'Associazione di cultura blbli•
ca per diffondere
UN LIBRO DI SEMPRE
PER OGGI
La Bibbia è da sempre il Libro dei libri, tradotto
e trascritto in tutte le lingue ed in tutti I tempi, il
primo ad essere stampato e ancora oggi il primo
per numero dì copie diffuse:
eppure cosi poco conosciuto.
La Bibbia è fondamento della nostra cultura e
della nostra civiltà ed è anche radice della fede
dei credenti in un Dio unico:
eppure così poco letta, studiata e meditata.
Da queste due considerazioni fondamentali è
nata l'idea di una nuova Associazione («BI-
BLIA») laica ed interconfessionale, cui parteci-
pano credenti e non credenti.
BIBLIA non è e non vuole essere una associa-
zione di «specialisti»; a tal fine rivolge questo in-
vito a tutti coloro che desiderano leggere e co-
noscere meglio la Bibbia ed approfondirne gli
aspetti dl particolare rilievo per l'uomo di oggi.
BIBLIA ha ottenuto l'adesione di qualificati stu-
diosi delle confessioni religiose che si richiama-
no alla Bibbia (ebrei, cattolici, protestanti) ed
anche quella di molti personaggi di rilievo della
vita socio-culturale italiana. La proposta è stata
da tutti considerata valida e stimolante, tra l'al-
tro perché l'evoluzione della società post-
industriale non può fare a meno di un apporto
culturale di così vasto interesse.
r programmi dell'Associazione, preparati dal
Comitato scientifico, prevedono diversi livelli di
approfondimento a seconda delle esigenze de-
gli aderenti: saranno comunque organizzati se-
minari residenziali, convegni, dibattiti e viaggi
guidati nei luoghi biblici.
Tutte le informazioni (statuto, organizzazione,
Comitato scientifico, programmi, modalità di
adesione) saranno Inviate a chi ne farà diretta-
mente richiesta a:
BIBLIA, Associazione di cultura bi-
blica per laici
Via A. da Settimello 129, 50040 Set-
timello (Firenze).

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4.1 Page 31

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- - - - - - - - - - -~ -
L'AVVENIMENTO
Piantata su una strada che corre veloce in mezzo a
campi ben arati e già verdeggianti, la bianca bandiera
sventola sotto una folata di vento. E pian piano uno
stormo di colombe, nate dal tessuto sfilacciato, pren-
de li volo, segno di pace e di riconciliazione. Il titolo del
manifesto, perché di un manifesto si tratta, è quanto
mai significativo: «Lombardia '84, un percorso di pa-
ce•. Commissionato dalla FLM e realizzato con la tec-
nica dell'ecoline, è rimasto esposto per circa tre setti-
mane a Roma assieme a numerose altre opere di 136
illustratori, pubblicitari ed editoriali.
L'iniziativa, che ha visto una larga partecipazione di
pubblico, tra cui numerosi giovani, merita di essere
sottolineata perché aiuta a comprendere come l'Im-
magine faccia notizia, soprattutto quando è presenta-
ta In maniera incisiva, professionale, artistica. La ras-
segna, patrocinata dall'Assessorato alla Cultura del
Comune di Roma e dall'Associazione Illustratori, é
stata un'occasione preziosa per conoscere la macchi•
na Illustrativa in tutti i suoi passaggi: progetto-esecu-
tivo-originale-risultato di stampa. Quest' ultimo si inse-
risce nel vivo contesto della realtà, pur conservando Ne consegue che l'illustratore, immerso nell'arcipe-
intatto 11 fascino e la poetica dell'immagine.
lago multimediale, si colloca nel rischioso crocevia do-
L'Illustratore - ha scritto Antonio Faeti nel Catalo- ve si realizzano imprevedibili incroci: se infatti Il dise-
go che è stato allestito per l'occasione e nel quale so- gnatore di vignette e di strisce ha dinanzi ai propri oc-
no state riportate tutte le immagini con notizie utill su- chi i medesimi personaggi che fa muovere, parlare,
gli autori e sulle tecniche adoperate - è un creatore combattere, vincere, perdere con variazioni, più o me-
che guarda al mondo dei comics e da esso prende le no accentuate, di tratti, l'illustratore scavalca Il perico-
distanze, pur valendosi di quanto può ricavare da lo di ripetersi e si vede costretto a rinunciare alle tran-
quella autonoma specificità. Ma guarda anche al cine- quille risorse della ripetitività, giocando, di volta in vol-
ma, alla fotografia, alla moda, alla pubblicità, e poi ta, tutte le sue carte in un colpo solo, attraverso quel
sente, soprattutto, che, nei sentieri dell'immaginario, a determinato •modo» o quel determinato •stile• che so-
lui spetta il compito di fissare, di tavola in tavola, di lo la preparazione, la personalità, l'esperienza tecni-
tappa in tappa, tutto un mondo di icone in una volta co-espressiva assicurano e che consente di Individua-
sola».
re la «paternità» di ogni singola opera.
venga con prescnz1om d1 cure
idonee e opportuni consigli, ma
anche che li cittadino sappia, ad
esempio, se può essere un sog-
getto ad alto rischio per tale ma-
lattia !n modo da essere in gra-
do di controllarne l'Insorgenza e
dì riconoscerne gli eventuali sin-
tomi, ecc. Non è poi da trascura-
re l'importanza della conoscen-
za della problematica da parte
del familiari, sia per aiutare chi
ne è colpito, sia per ritardare
con le dovute precauzioni l'in•
sorgenza in chi della famiglia
può esserne predisposto.
Il presente manuale per dia•
beticl, studiato come sussidio
teorico-pratico, è stato scritto da
un medico e da una pedagogi-
sta, in uno sllle semplice e im-
mediato. Dopo aver presentato I
sintomi e le cause del diabete.
passa a descrivere il trattamen-
to, a base di dieta, dl farmaci, di
attività fisiche e sportive. lnd,ca
anche le eventuali complicazio-
ni sia immediate che tardive e
sottolinea la necessità di con-
trolh periodici. Interessante Il
capitolo dedicato agli aspetti di
vita privata e sociale del diabe-
tico, come pure l'elenco del
centri antidiabetici operanti In
Italia. Le tabelle e le Illustrazioni
facilitano l'apprendimento delle
regole fondamentali per una
corretta gestione in proprio del-
la malattia da parte del pa-
ziente.
Un volume quindi di attualità
e d1 notevole interesse, che i let-
tori apprezzeranno per la sc,en-
titrcità con cui è scritto ma so-
prattutto per le numerose e pra-
tiche Indicazioni che offre. (e.f.)
ANTONIO RIBOLDI
26 anni tra mafia e camorra.
Collana Mondo NUOVO•.
n. 72, Elle Di Ci, Leumann (To-
rino), 1985, pp. 33, L. 600.
. La collana «Mondo Nuovo•,
che Intende essere una riattua-
lizzazione delle fortunate •let-
ture Cattoliche•, diffuse a mi-
lioni di copie da D. Bosco nel
secolo scorso, si arricchisce
ora della preziosa •testimo-
nianza di un vescovo coraggio-
so•: Mons. Antonio Alboldi li
quale, dopo aver trascorso 18
anni nel Belice, in Sicilia, è
stato chiamato a dirigere la
Diocesi di Acerra, in una delle
zone •calde• del napoletano.
Nel volumetto, che è frutto
di un'intervista concessa da
Mons. Alboldi al nostro colla-
boratore Eugenio Flzzottl e da
questi rielaborata e Integrata,
viene delineato Il nuovo volto
della camorra che offre sem-
pre più i caratteri di un ambi-
zioso progetto dal mille ten•
tacoli.
L' accento è posto soprattut-
to sull'intervento della Chiesa
che, dinanzi ai tanti delitti
compiuti ogni giorno da bande
rivali di camorristi e al danni di
persone spesso del tutto Inno-
centi, ha detto no: Per amore
del mio popolo non tacerò•.
Uscendo allo scoperto, la
Chiesa si è fatta promotrice di
iniziatìve coraggiose, sostenen-
do con la sua solidarietà tutti
coloro che hanno inteso porre
un argine alla malavita orga-
nizzata e al frequenti soprusi.
Le marce, le serrate, il rifiuto
di pagare le tangenti hanno
così costituito le tessere di un
nuovo mosaico dal quale
emerge una nuova immagine
di uomo, più attento alle ur-
genze del momento, ma anche
più capace di cogliere le pro-
spettive per Il futuro.
Ed è quindi significativo che
Mons. Riboldl sottolinei alcune
priorità alle quali occorre por-
tare attenzione: la famiglia, la
scuola, la cultura, li lavoro. La
fiducia del popolo napoletano
aumenterà se le strutture pub-
bliche, e non ultima la Chiesa,
si schiereranno decisamente a
favore del più deboli in un ser-
vizio reciproco di promozione
responsabile e cosciente. (e.f.)

4.2 Page 32

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_ VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
32 · I MAGGIO 1985
A vent'anni dal Concilio
L AICI
IN PRIMA
Il Concilio Vaticano II ha provocato nei laici
una chiara presa di coscienza della loro
appartenenza e responsabilità ecclesiale.
A vent'anni dal Concilio se ne occuperà un
Sinodo. Incominciamo a parlarne.
LINEA
« Vocazione e missione
dei laici nella Chiesa e nel mondo a
vent'anni dal Concilio Vaticano
lh>: questo il tema che la maggio-
ranza delle Conferenze episcopali di
tutti i continenti ha richiesto come
argomento di discussione e di ri nes-
sio ne per il Sinodo mondiale dei Ve-
scovi dell'autunno I987.
Un tema «conciliare» ~ia nella
sua enunciazione. che richiama su-
bito alla mente i grandi documenti
del Vaticano 11 che trattano dei lai-
ci: le due grandi costituzioni sulla
Chiesa, quella teologica «Lumen
gentium» e quella pastorale «Gau-
dium et Spes», il decreto sull'apo-
stolato dei laici e quello sulle mis -
sioni .
È del Concilio l'affermazione che
anche i laici hanno una «vocazio-
ne», cioè sono chiamati a partecipa-
re alla « missione» della Chiesa nel
mondo e nella storia.
Giovanni Paolo 11 , nell'accoglie-
re l'indicazione dell'episcoparo di
tutto il mondo, ha accennato a due
considerazioni che sottolineano
l'attualità e l'urgenza del tema a
vent'anni esani dalla conclusione
dell'assise conciliare.
La prima - ad avviso del Papa
- è di natura più interna alla Chie-
sa: «Ci si deve interrogare sui nu-
merosi e preziosi fruiii che il Conci-
lio ha suscitato, sospingendo i laici
a maturare una più viva coscienza
del loro essenziale inserimento nella
Chiesa e della loro responsabile par-
tecipazione alla sua missione di sal-
vezza... »
<< La seconda considerazione è le-
gata in particolare a/l'indole e ai
compiti secolari dei laici... Ad essi
spetta di promuOPere, nelle attuali
condizioni del mondo, l'essenz iale
alleanza tra la scienza e la sapienza,
Ira la tecnica e l'etica, tra la storia e
la fede ».
Per preparare il Sinodo è stato
appena pubblicato un primo docu-
mento in cui vengono tracciate le
grandi linee del tema prescelto. Si
tratta di un «sussidio» per la con-
sultazione a livello di Chiese locali,
che dovranno poi inviare a Roma,
in sintesi, i suggerimenti, le osserva-
zioni, le proposte emerse sul piano
nazionale.
Le risposte della Chiesa intera
verranno successivamente studiale
dalla SegreLeria del Sinodo e scrvi-
rao no di base per l'elaborazione del
vero e proprio documento di lavoro
dell'assemblea del 1987.
La prima parte del documento

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - -5'1-
preparatorio è uno sguardo alla si-
tuazione postconciliare. Se il Vali-
cano Il ha spalancato un nuovo e
magnifico orizzonte ai laici e al loro
impegno nella Chiesa e nel mondo,
la Chiesa imende adesso conoscere i
frutti maturati, cogliere le sfide ed i
problemi nuovi suscitati daUa rapi-
da evoluzione dei tempi, decifrare le
allese e le richieste tuttora aper(e,
prendere atto di valori e di esigenze,
di di rficollà e di risorse.
U Concilio ha favorito il fiorire di
nuovi gruppi, movimenti ed asso-
ciazioni; e ha fatto sorgere nuove
forme di partecipazione dei laiei al-
la missione deUa Chiesa come sono
alcuni ministeri, i consigli pastorali,
la presenza nei lribunali ecclesiasti-
ci, ecc.
La crescila però ha portato con sé
anche alcuiù aspeui che domanda-
no una valutazione critica: per
esempio la tendenza, che si registra
in alcune chiese locali, ad una cena
«fuga dal mondo» e a ridurre l'atti-
vità apostolica dei laici ai soli «mi-
nisteri ecclesiali», mentre in altre
parti vi è la tendenza comraria di
una tale immersione nel mondo da
perdere la propria ispirazione e
identità cristiana.
Questi ed altri fenomeni derivano
dall'interpretazione che viene data
alla vocazione e alla missione dei
laici nella Chiesa e nel mondo alla
luce del Concilio. Se !'interprelazio-
ne è inadeguata o addirillura falsa-
ta, è inevitabile che la vocazione e la
missione dei laici possono risultare
dannose non solo per i singoli ed i
gruppi, ma per tutta la comunità ec-
clesiale. La sua stessa credibilità
viene compromessa. E ancor più
viene mortifit;ata !a sua efficacia
pastorale.
Il Sinodo st1i laici sarà quindi un
luogo privilegiato per approfondi-
re, sempre alla luce del Concilio, la
figura del laico e il suo ruolo nellà
Chiesa e nel mondo; formulare
orientamenti pastorali per l'aposto-
lato dei laici in tutla la Chiesa; ~ti-
molarne e promuoverne le potenzia-
lità spirituali ed apostoliche a servi-
zio della Chiesa e dell'umanità; in
una parola, per suscitare ed appro-
fondire la coscienza della necessità e
dell'insostituibilità della mi~-;ione
pastorale in tuui i laici, associati o
no.
(Foto Mario Rebeschini)
La seconda parte del documento
preparatorio del Sinodo si sofferma
sulle basi dottrinali dell'affermazio-
ne che ogni fedele è chiamato a par-
tecipare alla missione della Chic~a
in forza del proprio battesimo. Ciò
non significa che tutti debbono fare
tutto, ma che nella Chiesa vi è unità
di missione, ma diversità di ministe-
ri, di vocazioni specifiche, di «do-
ni». Esiste infatti differenza tra il
cosiddetto «sacerdozio comune» di
tutti i fedeli e il •<sacerdozio mini-
steriale>) proprio dei pastori.
Che cosa è allora il «proprio», lo
specifico compito dei laici? 11 Con-
cilio dice: « Per loro vocazione è
proprio dei laici cercare il regno di
Dio trattando le cose temporali e
ordinandole secondo Dio>). Nei sin-
goli impegni e affari del mondo,
nella famiglia e nella vita sociale es-
si sono chiamati a contribuire a lra-
sformare il mondo, principalmente
con la testimonianza della loro vita
e con la loro attività ispirata alla ca-
rità evangelica.
Oltre a questa (<Condizione seco-
lare», i laici sono chiamati a vivere
la loro responsabilità apostolica an-
che nelJ'ambito della Chiesa: viver-
la come testimonianza di una con-
dotta genuinamente cristiana, come
partecipazione alla vita della comu-
nità ecclesiale. Ma i laici possono
anche essere chiamati a collaborare
con vescovi e sacerdoti nei vari mi-
nisteri non ordinati.
L'ultima parte del documento
I MAGGIO 1985 · 33
preparatorio del Sinodo '87 intro-
duce la riflessione sulle diverse que-
stioni pastorali, muovendo dall'af-
fermazione che la vocazione dei lai-
ci a/l'apostolato è parte costitutiva
di ogni cristiano, anche al di fuori
delle associazioni.
L'apostolato individuale è, se-
condo il Concilio, insostituibile,
sempre necessario e talvolta l'unico
possibile. Tutti possono testimonia-
re almeno con la loro vita: <d'uomo
contemporaneo ascolta più volen-
tieri i teslimoni cbe i maestri, o se
ascolta i maestri lo fa perché sono
dei testimoni». L'apostolato asso-
ciato aggiunge a quello individuale
un'espressione ed un'efficacia so-
ciale più ampia.
Stimolante è la breve riflessione
sui contenuti della mfasione dei laici
sia nel servizio alla Chiesa che nel
servizio all'uomo visto nel suo qua-
druplice rapporto: con Dio, con se
stesso, con gli altri uonùni e con le
cose. ln particolare, si ricorda che è
compito dei laici, su l piano sociale,
assicurare che le relazioni interper-
sonali siano ispirate al criterio della
dignità propria di ogni essere uma-
no e educare alla partecipazione at-
tiva e responsabile alla vita politica,
sia nazionale che internazionale. li
servizio all'uomo - si sottolinea
ancora - si concretizza nel posses-
so, nell'uso e nella distribuzione
delle cose e dei beni secondo giusti-
zia e carità.
li Sinodo dei Vescovi del I987 -
in conclusione - si propone di far
crescere nella Chiesa laici, singoli ed
associati, con le qualità descritte da
Giovanni Paolo Il: «solidi nella lo-
ro fede, sicuri della dottrina propo-
s,a dal Magistero awentico, fermi e
attivi nella Chiesa, cementati in una
densa vita spirituale, alimentata
dt1/l'accostamento frequente ai sa-
cramenti della Penitenza e dell'Eu-
carestia, perseveranti nella tesli1110-
nia11za ed azione evangelica, coe-
renti e validi nei propri impegni
temporali, costanti promotori di
pace e giustizia contro ogni violenza
e oppressione, acuti nel discerni-
mento critico delle situazioni e ideo-
logie alla luce degli i11segna111e11ti
sociali della Chiesa, co11fide111i nella
speran;:.a del Signore».
Silvano Stracca

4.4 Page 34

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_STORIA SALESIANA_ _ _ _ __ _ _ __ __ _ _ __ __
34 · 1 MAGGIO 1985
D oN aosco
ATOR
DE' SPECCHI
Nel ricordo del VI centenario
della nascita di santa Francesca Romana,
la singolare storia di un Monastero a Roma.
Diciannove lettere e tante visite.
Facciata dell'antico ingresso al
monastero di Santa Francesca
Romana (Tor de' Specchi) in
occasione della festa liturgica
della Santa (9 marzo), quando
viene aperto al pubblico. La
devozione dei romani per la loro
compatrona (assieme a FIiippo
Neri) è ancora vivissima
Si sono da poco conclu-
se le celebrazioni per il sesto cente-
nario della nascita di Santa France-
sca Romana, fondatrice delle Obla-
te di Maria, nel celebre monastero
di Tor de' Specchi, proprio nel cuo-
re di Roma, a pochi passi dal
C a mpidogl io .
Se ne parliamo sul Bollettino Sa-
lesiano è perché questa grande testi-
mone della carità, o meglio le sue fi -
glie spirituali, hanno avuto a che fa-
re con San Francesco di Sales e, so-
prattutto, con Don Bosco.
A Tor de' Specchi i santi sono
stati di casa in ogni epoca; basta da-
re una rapida occhiata agli archivi
del monastero per rendersene con-
to. San Bernardino da Siena vi la-
sciò uno dei tipici monogrammi di
Cristo (JHS) dipinti o fatti dipinge-
re da lui stesso (nel 1440, alla morte
di Francesca, Bernardino da Siena
veniva spesso a Roma in quanto Vi-
cario dell'Ordine francescano).
Filippo Neri era addirittura il
confessore delle Oblate. Nel mona-
stero si conserva ancora la sedia da
lui usata per questo e l'archivio pos-
siede una rara edizione del 1678 del-
la vita di «Pippo bono» scritta dal
padre Giacomo Bacci. A Tor de'
Specchi, Filippo diceva messa mol-
to spesso; e qui fu visto sovente da
alcune madri sollevarsi da terra «tre
o quattro palmi>) (così leggiamo nel
Bacci); numerose anche le guarigio-
ni ottenute da lui posando la sua
mano sul capo delle suore malate.
Nel monastero, il Nerdntrodusse
anche l'amico Giovanni Leonardi,
il santo fondatore dei Chierici Re-
golari della Madre di Dio, che di-
ventò a sua volta predicarore e con-
fessore delle religiose, nonché Ca-
milio de Lellis al quale le Oblate
prepararono le « filacce» per la pia-
ga della sua gamba.
Francesco di Sales, il grande ve-
scovo ginevrino, approdò a sua vol-
ta al monastero, anch'egli forse per
iniziativa di Filippo Neri. Sicura-
mente ne ebbe una grande impres-
sione, perché voleva chiamare le sue
monache con lo stesso nome di
quelle di Tor de' Specchi; dovette
però rinunciare al progetto per pres-
sioni esterne come egli stesso scris-
se, in una lettera del 6 marzo 1616 a
santa Francesca di Chantal: «Sì,
mia cara Figlia, senza ostinazione
cambieremo il nome di Suore Obla-
te (diventarono poi le Visitandine,
n.d.r.) poiché questa espressione di-
spiace tanto a quei signori; ma noi
non cambieremo mai il progetto ed
il voto eterno di essere per sempre le
umilissime serve della Madre di
Dio. Ohimè! Sono oggi dodici anni
che ebbi la grazia di celebrare nel
Monastero di questa santa vedova
romana, con mille desideri di esserle
devoto per tutta la vita. Come essa è
la nostra santa Protettrice, bisogna
che sia il nostro modello».
Jn un vecchio manoscritto con-
servato ad Annecy, nel monastero
della Visitazione, così si accenna al-
la devozione particolare di France-
sco di Sales per l'onornina Romana:
« li celebre monastero di Tor de'

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - - -~ -
Specchi è uno dei luoghi di pietà che
egli visitava con più tenerezza nei
due viaggi che fece a Roma... ». In-
fine, nel suo Trattato dell'Amor di
Dio, il santo racconta un episodio
della vita di Francesca. Anche San
Gaspare del Bufalo e San Vincenzo
Paliotti predicarono sovente nel
monastero. Ma l'epistolario più ric-
co e prezioso conservato a Tor de'
Specchi è costituito da un pacchetto
di lettere autografe di San Giovanni
Bosco alla Presidente delle Oblate.
Al culmine della sua massima popo-
larità, il santo fondatore veniva
spesso a Roma per vedere il Papa
(Pio JX lo voleva come proprio con-
sigliere fidatissimo) e per raccoglier-
vi offerte destinate alle sue opere.
Tor de' Specchi era per lui un im-
portante punto di riferimento. Fe-
dele alla sua tradizione di massima
apertura caritativa, anche per i lega-
mi che le Oblate avevano con il pa-
triziato romano (molte di esse ap-
partenevano a famiglie nobili) il
monastero era la sede ideale per far
conoscere i progetti e le necessità
della nascente congregazione. Pro-
getti che spesso le Oblate, e i bene-
fattori che ad esse facevano capo,
«sponsorizzavano» con generosità.
A Don Bosco e ai suoi compagni,
esse offrivano ospitalità nella cosid-
detta «casa dei confessori», ora de-
molita, che sorge"a proprio dirim-
petto al monastero, nella via del
Teatro Marcello; e a Tor de' Spec-
chi egli riuniva i numerosi coopera-
tori, ai quali sapeva parlare dei suoi
ragazzi in maniera sempre estrema-
mente convincente. Diceva messa
nella cappella e predicava; proprio
da questo pulpito fece balenare nel-
l'animo degli ascoltatori l'idea di fi-
nanziare un'impresa per quei tempi
eccezionale e ambiziosa: quella di
evangelizzare la Patagonia, una ter-
ra in cui nessun missionario era mai
approdato.
L'abilità di parlatore di Don Bo-
sco era indiscutibile: a metà della
sua predica, già si raccoglievano of-
ferte per lui. Da Torino, poi, egli
scriveva periodicamente alla Presi-
dente del monastero per ringraziare
I Le Oblate di Maria nell'antica
cappella del monastero, le cui
pareti affrescate riproducono
scene della vita della santa
1 MAGGIO 1985 35
e per chiedere; non si stancava mai
di chiedere, con la faccia tosta tipi-
ca dei santi.
In queste diciannove lettere c'è di
tutto. Con stile scarno, nella sua
grafia di difficile interpretazione,
Don Bosco passa con disinvoltura
da problemi spirituali (rassicurare,
ad esempio, la Presidente circa una
novizia accolta da poco nel mona-
stero) ad altri spiccatamente concre-
ti, come l'invito, poche righe sotto,
«ad aiutare la benemerita Signora
Contessa Caderari a spacciare bi-
glietti di una lotteria che già forse
conoscerà e di cui sentiamo il bi-
sogno».
L'Istituto delle Oblate, dal 1872
al 1876, attraversò un periodo diffi-
cilissimo, a causa della minaccia di
soppressione che pendeva su di esso
con le note leggi eversive. Don Bo-
sco era a conoscenza della situazio-
ne e faceva pregare i suoi ragazzi
perché tutto si risolvesse nel miglio-
re dei modi. Famosa a questo pro-
posito è la lettera del giugno 1872,
poco dopo il varo delle leggi di sop-
pressione. Vale la pena di pubbli-
carla per intero perché costituisce
un piccolo capolavoro di stile.

4.6 Page 36

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36 · I MAGGIO 1985
Don Bosco accennava spesso a vi-
sioni, che probabilmente erano an-
che artifici letterari per esprimere
qualcosa che lui sapeva per certo sa-
rebbe accaduto: «Benemerita Si-
gnora Presidente - !>Crive - era di
mezzo giorno quando si oscurò il
cielo e si formò un oscurissimo tem-
porale sopra il ritiro e monastero di
Tor de' Specchi. In mezzo alle fitte
nubi apparvero mostri giganti, dra-
goni di vario aspetto che vomitava-
no fuoco, gettando saette e spade
sopra quel santo edifizio. Torre de'
Specchi minacciava di essere ridona
in cenere, quando una donna vestita
da regina, accompagnata da molti
armati si avanzò verso i mostri fero-
ci portando avanti uno stendardo su
cui era scritto: lo sono l'aiuto dei
cristiani. Al suo avvicinarsi quei
mostri fecero orribili contorsioni, e
avventandosi l'un contro l'altro si
dispersero lasciando il cielo sereno.
Quella regina allora disperse un ca-
nestro di bellissimi fiori che tulli
caddero sopra la casa di Torre de'
Specchi. Le religiose e figlie educan-
de che tutte spaventate eransi na-
scoste, uscirono e giubilami raccol-
sero quei fiori che riempirono tutte
le camere di fragrantissimo odore.
Credo che capirà tutto. Pei libri
prenda e registri ogni cosa; ringrazi
per me i nostri benefattori, e dica a
tutti che abbiamo da fare coi prote-
stami e dobbiamo opporre loro
ILa famosa lettera con cui Don
Bosco racconta la visione della
Madonna che salva il monastero
di Tor de' Specchi dalla temuta
soppressione
chiese, scuole ed ospizi; in queste
cose va la carità dei medesimi».
I fatti andarono effettivamente
come il santo ave\\'a previsto. li mo-
nastero sfuggì alle leggi di soppres-
sione.
In un'altra lettera del luglio 1872,
dopo aver assicurato che la Madon-
na avrebbe dife~o Tor de' Specchi
da ogni pericolo, Don Bosco passa
ai problemi concreti: «Ai primi
giorni di agosto ho una somma
piuttosto forte da pagare, perciò El-
la metta insieme tutti i danari del
suo negozio ed anche quelli che po-
tesse rubare altrove (caritatevol-
mente) e me lo mandi. ·un po· di
qua e un po· di là vedremo di racco-
gliere tanto da impedire che Don
Bosco non faccia banca rotte... O
Signora Presidente, abbiamo una
triste annata. Non solamente que-
sto. L'anno passato a questi giorni
il grano pagavasi quattro la misura,
ora abbiamo pagato otto. Così degli
altri commestibili. Preghi pertanto
per me e per questa mia famiglia».
Dove quel «preghi» voleva signifi-
care piuttosto «provveda».
L'ultima delle lcllere conservate è
del giugno 1973: « I giornali - seri-
ve Don Bosco - parlano di casi di
colera avvenuti a Roma. Ella non si
inquieti. Faccia mettere una meda-
glia al collo delle sue figlie, meda-
glia di Maria Ausiliatrice, e poi in-
troduca la recita di una Sal\\'e Regi-
na ogni giorno fino a che cessi il pe-
ricolo, ed assicuri tutte le sue figlie
che niuna sarà , ittima. purché speri
in Maria». L'epidemia passò sen,a
che alcuno si ammala~se nel mo-
nastero.
Il beato Don Rua, Don Guanella,
il cardinale Ferrari, altre !>plendide
figure che hanno dato molto alta
Chiesa, trovarono in Torre dc'
Specchi aiuto ed ospitalità. E dal
momento che si tralla di servi di
Dio, dei quali si prepara la canoniz-
zazione o la beatificazione, \\'ale la
pena di citare un altro personaggio
di rilievo nell'archivio del monaste-
ro: papa Pio IX che a Tor de' Spec-
chi aveva una nipote educanda,
Giuseppina.
ln occasione della ventilata sop-
pressione di cui si parlava prima, te
religiose fecero un voto al Sacro
Cuore di Gesù: se avessero ,·into la
causa contro la Giunta liquidatrice
dcli'Asse Ecclesiastico, che voleva
acquisire allo Stato il monastero, te
Oblate avrebbero osservato in per-
petuo, ogni anno, il digiuno streuo
alla vigilia della festa del Sacro
Cuore. li voto venne formulato u f-
ficialmente dall'inte·ra comunità il
IO maggio 1876 ed approvato da
Pio IX con un autografo benedicen-
te; nel me\\e di giugno, Tor de'
Specchi veniva dichiarata esente
dalla confisca. Ancora oggi, il voto
viene scrupolosamente osservato.
Con una tale ricchezza di amicizie
cosi innuenti anche presso Dio - e
i \\anti lo sono - l'istituto si sente
oggi di continuare nella sua strada
secolare, al sen.izio della Chiesa. li
sesto centenario di nascita della
fondatrice può essere occasione per
aperture nuove a quanti non cono-
scono i tesori di una storia e di una
tradizione così ricche di contenuto
spirituale. E così attuali, a dispetto
del tempo; perché la samità ha sem-
pre qualcosa da dire; non è mai sol-
tanto cronaca, entra nella storia
dell'umanità e del piano divino. È a
sua volta eterna.
Angelo Monlonnli

4.7 Page 37

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_ _ __
,11_ --------1......- - . _ __ __
I NOSTRI
SANTI
1 MAGGIO 1985 37
I i
'l .. tr........ _ _ ..,._
•-
~
-.
ERO IN MACCHINA
E ro di ritorno dal paese In
macchina su una strada di
campagna. Ad un tratto, in se-
guito ad un urto nella ruota de-
stra posteriore, perdo il control-
lo dell'auto che sbanda a sini-
stra urtando violentemente pri-
ma contro due sostegni di pietra
d'un recinto e poi contro alcune
piante di medio taglio. Ebbene,
sono uscito dall'abitacolo in-
denne.
Mentre ringrazio l'Ausiliatrice
e san Giovanni Bosco di cui so-
no molto devoto per averlo co-
nosciuto tramite la lettura del
BS fin dal 1948, chiedo che ven-
ga pubblìcata la grazia.
Filippo Rosano
S. Martino di 8aJge (Cuneo}
OTTIENE LA PENSIONE
P er grave malattia agli oc-
chi, da 3 anni ho dovuto
lasciare li lavoro e da quel perio-
do ero in attesa che mi venisse
riconosciuta l'infermità al fine di
ottenere la pensione.
Dopo avere a lungo pregato
Don Bosco e Maria Ausiliatrice,
il 31/01/85 festa di San Giovanni
Bosco ho avuto la grazia della
concessione della pensione.
Paolo Torchio Torino
PARECCHI PROBLEMI
D esideriamo informare I
lettori che abbiamo rice-
vuto una grande grazia da San
Domenico Savio. Avevamo pa-
recchi problemi per avere un li·
glio. Ci siamo rivolti al Santo
Protettore delle culle; l'abitino è
stato per noi «rivelatore• della
presenza del Santo.
Ora abbiamo Marianna, nata
il 9 novembre 1984: è felice di
vivere e ha riempito di felicità
tutti noi.
Aldo e Glusy Sanasi
S. Giuliano (Ml)
L'ESPERIENZA
DI UNA MATERNITÀ
N ella mia famiglia il desi-
derio di un figlio maschio
era molto sentito. Sposatami In
tarda età (41 anni) ho subito un
aborto spontaneo dovuto ad un
«utero fibromatoso tendente ad
espellere il feto•.
Malgrado il sopraindicato esi-
to, io e mio marito ci siamo
ugualmente resi disponibili a
procreare una nuova vita, inco-
raggiati dai medici che garanti-
vano la possibilità di controllare
e tutelare la gravidanza in ogni
suo aspetto.
Rimasta di nuovo incinta, ec-
co una nuova minaccia di abor-
to alla s• settimana di gravidan-
za. Da ciò il ricovero in ospedale
e, dopo un mese, le relative di-
missioni con l'impegno di man-
tenere riposo assoluto, control-
lare il feto alla ventesima setti-
mana per un eventuale aborto
terapeutico nel caso si riscon-
trasse la possibìlità di partorire
un bambino mongoloide (amnio-
centesi).
Malgrado il profondo Umore
per questo pericolo, sentivo
dentro di me che questa possi-
bilità offertami dalla legge degli
uomini era un arbitrio e mi rivol-
gevo sempre più spesso alla
Madonna, perché mi aiutasse a
superare con coraggio e sereni-
tà il trascorrere del tempo.
Venuto a conoscenza del mio
stato, un sacerdote salesiano mi
ha donato l'abitino di Domenico
Savio, suggerendomi di leggere
attentamente il libretto.
Mi sono cosi affidata al Santo,
pregandolo quotidianamente di
proteggere la mia creatura.
Rifiutata l'amniocentesi per
scoprire Il mongolismo, il medi-
co ha voluto sottopormi a nuova
ecografia alla fine del quinto
mese, per un ulteriore controllo
della struttura ossea del feto.
In tale occasione, la struttura
del feto è risultata normale (ov-
viamente essendo trascorsa la
20• settimana non era più con-
trollabile il mongolismo).
Spinti da curiosità, abbiamo
chiesto alla scienza se si poteva
sapere con certezza Il sesso. E
con certezza ci è stato risposto
che il bimbo era, fuori di discus-
sione, una femmina (3/4 d 'ora di
esame ecografico).
All'ottavo mese gli esami di
laboratorio ci hanno detto che la
placenta nutriva l'utero appena
a sufficienza.
Cosi , ogni settimana sono sta-
ta sotto controllo fino alla 39•
settimana. Ed eccomi in mater-
nità ad attendere questo "bim-
bo,. femmina poco nutrito. Con
un taglio cesareo ho partorito un
maschio sano, peso kg 3,240.
Nel cassetto, vicino al mio let-
te, l'abitino di Domenico Savio e
il libricino delle preghiere indi-
cate testimoniavano che la
scienza nulla può di fronte alla
volontà di Dio: davvero l' uomo
non può mettere mano sulla
vita.
Jone Serradimigni
Luciano Gaudenzl - Bologna
COMPLICAZIONI
GRAVISSIME
D opo la nascita del piccolo
Andrea Colussi si rende
pubblica la grazia ricevuta. La
gravidanza aveva avuto compli-
cazioni graviss1me con pericolo
per la vita del piccolo e della
madre. L'abitino di San Domeni-
co Savio accompagnò gli ultimi
mesi fino all'evento felice, insie-
me con le preghiere di tutti. Gra-
zie, San Domenico Savio!
Lettera firmata Casarsa
ANDÒ TUTTO BENE
D esidero far pubblicare
questa grazia ricevuta da
S. D. S.: ebbi in dono da Dio una
creatura che mi morl con gran-
de dolore, ma poi ml consiglia-
rono di raccomandarmi a San
Domenico Savio e di pregarlo,
così indossai l' abitino di S. D. S.
e quando aspettavo l'altra bam-
bina avevo tanta fede che grazie
a Dio ml andò tutto bene e feci
la promessa a S. D. S. che avrei
fatto pubblicare la grazia e di In-
viare l'offerta che farò al più
presto.
Lucia De Crescentis -
67038 Scanno (L 'Aquila)
INTERVENTO EVITATO
N ell'ottobre scorso, pro•
prio mentre prestavo ser-
vizio nell'Infermeria della Casa
Madre di Valdocco, ebbi un do-
lorosissimo attacco di calcoli al
reni. Trasportato d' urgenza a un
Pronto Soccorso ml ordinarono
esami e radiografie. Si rivelò la
presenza di un grosso calcolo e
i medici propendevano per una
immediata operazione. Una not-
te in cui i dolori erano più forti.
alle due del mattino, nella mia
solitudine invocai di cuore la
Madonna Ausiliatrice e la sua
ledei Serva, Suor Eusebia Palo·
mino, della quale mi avevano
dato una medaglia-reliquia. Si
calmarono subito I dolori, Il cal-
colo si sgretolò e In due riprese
lo eliminai.
Pasquino Messori - Torino
UNA CRONACA
LUNGHISSIMA
V aglio offrire la mia testi-
monianza ad onore e glo-
ria di Maria Auslllatrice. Potrei
fare una cronaca lunghissima
delle grazie da lei elargitemi: mi
limiterò a dire che la mia vita
splrituale e materiale è cambia-
ta totalmente da quando, rice-
vendo e leggendo il Bollettino
Salesiano, ho conosciuto Maria
Ausiliatrice.
Ringrazio tutti coloro che con-
tribuiscono alla diffusione del
BS e assicuro le mie preghiere
costanti.
Livia Zagnano Savona

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38 · I MAGGIO 1985
I NOSTRI
MORTI
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I
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I
I
CAMERA sig. CARLO, cooperatore
salesiano t Cassolnovo (PV) a 72
armi
Fu, per circa vent'anni, dlflusore di
buona stampa. Con la sua bicicletta
andava di casa In casa a distribuire
giornali, in ogni stagione, con qual•
siasl clima. Quando la salute gli im-
pedl di continuare, fu sua grande sof-
ferenza dovervi rinunciare. Il Parro-
co, nell'omelia funebre, lo definl •Po-
stino di DIO•.
TURRA sac. GINO, salesiano t Ca•
stellammare di Stabia a 64 anni
Dall'ambiente familiare assimilò la
religiosità e la vocazione al lavoro; in
quello di piena serenità ed intensa
salesianltà del Don Bosco di Verona
maturò quella salesiana e sacerdota-
le; le circostanze lo portarono a far
fiorire l'altra del servizio al fratelli nel-
l'amministrazione dei beni temporali,
apostolato Indiretto, ma indispensa-
bile e da lui Incarnato come missio-
ne. Tutta la sua vita, fino alla morte
silenziosa, è stata un continuato atto
di fedeltà a queste vocazioni, inter-
pretate con personalità di tempera-
mento forse singolare, ma che la-
sciava sempre spazio per far scopri-
re la sua bontà e capacità dì ami•
cìzia.
MANGIONE LA BARBERA slg.ra
CATERINA, t Palermo a 62 anni
Anima squisitamente sensibile e
generosa, fece sue le varie attività
dell'Associazione e ad esse parteci-
pò sempre con gioioso slancio rico-
prendo responsabilità a livello ispet-
torlale e nazionale. Ebbe un partico-
lare interesse per i poveri e gli handi-
cappati. Forte della sua fede, sop-
portò con coraggio le sotterenw del
suo male ed è tornata al Padre soste-
nuta dalla preghiera, quella stessa
che le diede forza nel suo Calvario, Il
suo ricordo è vivo nel cuore di tutti e
ci sprona ad essere attivo testimoni
del Vangelo nella nostra vocazione
salesiana.
CHECCA arch . SERGIO, exalllevo
e cooperatore salesiano Grotta•
lerrata [Roma) a 52 anni
•Un laico cristiano che si è distinto
nella comunità ed è entrato in tanti
cuori• È stato questo il giudizio del
Vescovo di Frascati in occasione del
funerale. Ricco di vita interiore che
alimentava con la Messa quotidiana
e con una filiale devozione alla
Madonna.
Ha dato gloria a Dio e onore alla
Chiesa con opere di architettura sa-
cra, come la Chiesa di S. Giuseppa a
Grottaferrata, primizia della stessa ri-
forma liturgica voluta dal Concilio.
I Salesiani gli debbono il restauro,
fatto con Intelletto d'amore, Insieme
con l'ingegnere Mergè di Villa Tusoo-
lana a Frascati, già del Vanvitelli ed
ora Centro di Spiritualità dell'lspetto-
ria Romana. Ultimo suo lavoro è sta·
to la sistemaz,one del presbiterio del•
la Basilica Maria Ausiliatrice di
Roma.
STELLA cav. ROSARIO, exalllevo
t Naro (AG) a 88 anni
Chi l'ha conosciuto ne ha apprez-
zato le profonde virtù umane, la cor-
rettezza morale; figura di gentiluomo
vecchio stampo e funzionario. Abile
e preparatissimo, diede all'Agenzia
della Banca agricola cooperativa, di
Naro, un impulso tale da farne un
centro propulsore, non solo delle atti-
vità economiche, ma anche di non
poche inizlatlve culturali e religiose.
Exalllevo salesiano del San Basilio
di Randazzo, portò a Naro la voce dì
Don Bosco e ne diffuse Il culto, fede-
le agli ideali del suo illustre concitta-
dino don Antonio Fasulo.
dogma e all'intero fronte della cultu-
ra, sempre la Sapienza lo trovò di-
sponibile per il servizio del suo pros-
simo. Dal suo stesso nome aveva
tratto il motto: •Ut salves•, a bisogna
riconoscere che ha chiuso la sua
giornata In piena coerenza con
quell'impegno.
Direttore e collaboratore di riviste
di catechesi; curatore di un Catechi-
smo de/ documenti del Concilio; au-
tore di un Commento al /ezìonario 11·
turgìco (12 voli.). Coautore con G. 8 .
Mondin di un Corso di Pedagogia e
Filosofia (3 voli.); ma soprattutto In-
segnante educatore e apostolo,
avendo dedicato al giovani di un col-
legio romano e ai fedeli delle •sue
parrocchie• di Roma e Ariccia larga
parte del suo dinamismo e della sua
lieta sollecitudine. Questo fu don F.
Salvestrlnl a giudicarlo solo da un
sommario bilancio di opere.
Ma egli tu soprattutto ricco di urna•
nità e di spiritualità: glielo hanno rico-
nosciuto i giovani accorsi a pianger-
lo, e i fedeli di Ariccia che ne hanno
reclamato la salma. Chi lo conobbe,
chi da lui ha attinto amicizia e pen-
siero, sa quanto fu generoso e giu-
sto, equanime nel far coincidere Idee
e comportamento, sintonizzato con Il
Cristo del Vangelo e con il Don Bo-
sco del poveri. Lo ha debitamente
commemorato l'arcivescovo E. Cu-
nial presiedendo alle esequie nella
basilica di S. Maria degli Angeli.
SALVESTRINI sac. FERNANDO a
Roma a 68 anni
Spiritualmente salesiano, si è con-
gedato dal mondo leggendo affettuo-
samente due pubblicazioni, le sole
che il male lungamente sofferto gli
consentisse ancora (a stento) dl sfo-
gliare: la Vita di Don Ricaldone, con
cui ebbe stretti e proficui rapporti, e il
Bollettino Salesiano, con cui accom-
pagnava le vicende della -Famiglia•
a cui si senti sempre legato.
Don Salvestrini fu scrittore versati•
le e brillante per forma e contenuto.
Dalla poesia al teatro, dall'educazio-
ne alla catechesi, dalla liturgia al
MpeArRatTrlIcNeELsaLlIeAsiDanAaInt
Albano,
Potenza
coo-
Cooperatrice di profonda pietà,
sincera fede, grande bontà e sempli·
cità, attaccamento alla croce ed al
sacrlficio.
Provata dalla malattia è rimasta fe-
dele al Signore, che l'ha preparata al
suo Incontro, purificandola attraver-
so la sofferenza redentrice.
LA TORRE slg.ra P. ALMA, coope-
ratrice t Cisternlno (SR) a 78 anni
•Di fervente educazione cristiana.
si distinse per zelo e apostolato.
Iscritta all'Azione Cattolica da moltis-
simi anni è stata una delle prime
Cooperatrici Salesiane, lavorando at-
tivamente accanto ai Salesiani del lo-
cale Istituto, ha vissuto l'intera esi-
stenza in purezza di spirito e di senti-
menti glorificando il Signore con le
opere e la preghiera continua•.
CREMONINI slg.ra ANASTASIA,
cooperatrice t Roma a 86 anni
Fu tanto devota di San Giovanni
Bosco, da cui apprese, attuò e Inse-
gnò ,I metodo per l 'educazione del
giovani a1 suol 5 figli e alle 3 figlie. Fu
tanto felice quando la sua Parroc-
chia, dedicata al Sacro Cuor di Ge-
sù, fu retta per alcuni anni dai Sale-
siani, a cui diede efficace collabora-
zione. Vera cristiana, ricca di Fede
sicura, trovò sostegno nella frequen-
te meditazione della Passione di Cri-
sto. Dio la chiamò alla Patria nel pe-
rlodo quaresimale, proprio come lei
aveva sempre desiderato.
DISTANTE avv. VINCENZO, ex-
allievo t Venosa (PZ) a 48 anni
•Dedicò la vita alla famiglia ed alla
scuola e mai dimenticò gli anni tra-
scorsi dal Salesiani, per I quali con·
servava sempre affettuosa stima e
gratitudine.
La sua prematura scomparsa le-
scia nel più profondo dolore la mam-
ma, la moglie e le sorelle, che chie-
dono per lui generose preghiere di
suffragio•.
RUGGIERO slg.ra TERESINA, coo-
peratrice t Volturino (FG) a 90 armi
Donna semplice, mite, laboriosa
ispirò la sua vita alla pratica sponta•
nea delle Beatitudini evangeliche.
Nel chma di fede e di preghiera
che si respirava In casa sbocciò la
vocazione salesiana del tiglio don
Gaetano.
· Provata negli ultimi anni dal dolo-
re, seppe conservare la calma e Il
sorriso di sempre, sorretta dalle af•
fettuose altenzioni del marito e da
una accettazione serena della volon-
di Dio.
Le esequie, rese solenni dalla par-
tecipazione di numerosi concele-
branti e dalla presenza dei giovani
del Pontificio Seminario Regionale
Liceale di Taranto, sono state una te•
stlmonianza corale di stima e di grati•
tudine a •Mamma Teresina•.
A quanti tianno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZJONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ,1.
cavare Legati ed Eredltll.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: • ... lascio alla Direzione Generale Opere
Don Bosco con sede In Roma (oppure all'Istituto Salesiano per le
missioni con sede In Torino) a titolo di legato la somma di lire....
(oppure) l'immobile sito In... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente di assistenza e beneficenza, di Istruzione e educazione,
di culto e di religione•.
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro del due Enti su indicati:
... annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l'Istituto Sa/es/ano per 1s Missioni con sede in
Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo, per
gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenu e bene-
ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione•.
(luogo e data)
(firma per disteso)

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
t MAGGIO 1985 · 39
Borsa: Mons. Cognata, a cura dr
Gavloli D. Amedeo, Biella ve,
L. 5.000.000
Borsa: S. Giovanni Bosco , in me•
moria di Giulio Nazzani, a cura di
Nazzanl Davide, Bacedasco PC
Borsa: Maria Ausiliatrice, invocan-
doprotezione sulla famiglia, a cura di
O. G., L. 1.050.000
Borsa: Coniugi Giuseppe Camma-
rata e Rosaria Salerno, a cura di D.
Santo Cammarata, Catania.
L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Sola Laurei•
ta , Mezzana Mo ntigliengo VC ,
L. 650.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Salesiani,per grazia ricevuta, a cura
di De Matteis Anna M. S. Maria C . V.,
CE. L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, per gra-
zia ricevuta, a cura di Colombo Ma-
ria, Cinisello B., Ml, L. 500.000
Borsa: Don Bosco, •grande avvoca-
to•, a cura di N.N., L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice. a cura dì
B. B. C. , Pisa, L. 500.000
Borsa: S. Domenico Savio, in me-
moria di Corazza Darlo, a cura degli
Amici dell'Oratorio Michele Rua, To-
rino, L. 400.000
Borsa: In memoria di Castano Fran-
cesco, a cura di Castano Carla G.,
Somma Lombardo VA, L. 400.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in memoria di Caterina Mangio-
ne La Barbera, a cura dei Cooperato-
ri e amici Centro S. Lucia, Palermo,
L. 400.000
Borsa: Sr. Eusebia P., in memoria e
suffragio del marito Marco Dal Bello,
a cura di Ines Pastorino, L 300.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, in ricono-
scenza per l'azione pastorale di D.
Manfredo Leone. a cura dei Coope-
ratori di Latina, L. 160.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, In rin-
graziamento per l'aiuto ricevuto, a
cura di C. D. M., L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Masnaghettl A., Novl
Ligure AL, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, proteggete Claudio e Ivano, a
cura di Testa Giuseppe, Campofran-
co CL L. 150.000
Borsa: SS. Cuori di Gesù e di Ma-
ria, a cura di N.N.. L. 110.000
Borsa: Santi Salesiani e Don FIiip-
po Rlnaldl, in ringraziamento, a cura
dl Lanaro Giuseppe, Schio, VI ,
L. 250.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Madonna
Ausiliatrice e Don Bosco, per gra-
zie ricevute e da ricevere, a cura di
Nlcolettl Avv. Giovanni e Bonina, Pa•
!agonia CT, L. 200.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, in suffra•
glo del miei morti, a cura di Sardeill
Anna, Pagani SA, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Granler Cle-
lia, Torino, L. 200.000
Borsa: Don Bosco , a cura di Trevi-
san Rlno, Trebaseleghe PD
Borsa: Maria Ausfllatrlce e S. Do-
menico Savio, invocando protezio-
ne per I familiari, a cura di Rigamonti
Maria, Cernusco SIN Ml
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, in ringraziamento e invo-
cando protezione, a cura Artoni Bi-
ce, Milano
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, ringraziando e Invocando prote•
zione, a cura di Campagnoli Anto-
nietta, Vestone BS
Borsa: Sacri Cuori di Gesù e Maria,
per /'esito felice del via9gio del Papa
in America Latina (26/1-8/11/85), a cu-
ra di N.N., Fossano CN, L. 200.000
Borsa: Don Leone Llviabella, apo-
stolo dell'amicizia, in suffragio della
madre, a cura di Pietro Insana,
Giappone
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura di
N.N., Vignole B. AL. L. 200.000
Borsa: Don Leone Llvlabella, in
memoria e suffragio diAlberta, a cu-
ra di Giovanna Perfetto, Messina
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Bontempi Gi-
na, Pesaro, L. 200.000
Borsa: In memoria di Gaetano Pulvl-
renti, vice-presidente nazionale
•Exallievl Don Bosco•, a cura di Dal•
la Torre Antonietta, Roma
Borse Missionarie
di L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa•
leslanl e Papa Giovanni, per grazia
ricevuta e invocando aiuto, a cura di
Butera Franca, Caltabellotta AG
Borsa: Don Bosco e Martiri Cristia-
ni, invocando protezione e assisten• Borsa: Domenico Savio, ringrazian-
za per opera educativa di un gruppo, do "invocando protezione, a cura di
a cura di Piva Francesco PD
Cavagllà M. Angela, Riva pr. Chieri
TO
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, ringraziando e invo- Borsa: Maria Ausiliatrice, invocan-
cando protezione, a cura di Bramati do grazia e protezione, a cura di Al-
Luigia, Milano
faba Raimondo, Lodi Ml
Borsa: Sacro Cuore di Gesù, Maria Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
Ausiliatrice e Santi Salesiani, per sco e Domenico Savio, per ringra-
grazia ricevuta e invocando protezio- ziamento e invocando protezione, a
ne, a cura di N.N.
cura di Capellini Alba C., Milano
Borsa: Don Bosco, a cura di Ferrarl
Giovanni, Bratto BG
Borsa: S. Giovanni Bosco, In rin-
graziamento e Invocando protezione
sulla famiglia. a cura di Musuraca
Marta Luisa, Placanica RC
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
vannl Bosco, Invocando protezione
per la sorella Teresita, a cura di Ga-
limberti Pina Franceschini, MIiano
Borsa: S. Domenico Savio, per ot-
tenere grazie, a cura di Valente,
Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio•
vannl Bosco, con rioonoscenza di
ex al/levo, a cura di Pasquero Goffre-
do, Brusnengo ve
Borsa: Maria Ausiliatrice e s. Gio-
vanni Bosco, a cura di Navarra Ber•
nardina, Roma
Borsa: Maria Ausiliatrice e Beato
Don Rua, In ricordo di mia madre
Caterina, a cura di Santi Rita CN
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Marconcini Anna M., San Miniato PI
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In memoria di mia me•
dre Barbara, a cura di Bianco Gisto
Ivrea TO
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura di
Scarpelli Emilia, Roma
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, In ringraziamento per grazia ri-
cevuta, a cura di Faggio Olga, PD
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura dì Nasi Serra
Rina, CN
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, proteggete
la nostra famiglla, a cura di Avidano
Elsa e Mario
Borsa: S. Giovanni Bosco, In rin-
graziamento e invocando protezione,
a cura di I. G. B., Como
Borsa: In memoria delle zia Pedraz-
zoli Assunta, ex al/leva F. M. A., a cu-
ra di De Paoli Dr. Fabio, Piove di
Sacco, PD
Borsa: Maria Ausiliatrice, per gra-
zie ricevute e per protezione, a cura
di Daria Glus1 Bolzano
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura di
Moretti Felicita, Offlaga BS
Borsa: Sacro Cuore di Gesù e S.
Giovanni Bosco, In suffragio del ma-
rito Paolo, della madre Adelina e del-
la zia Luigina, a cura di Angelillo Ma-
ria, Aversa CE
Borsa: Maria Auslllatrlce, in memo-
ria di mia madre, Codega Giovanna,
CO
Borsa: Maria Auslllatrice e Don
Rua, in ringraziamento e chleden,10
protezione, a cura di Marchese Ines,
Frascarolo PV
Borsa: S. Domenico Savio, per gra-
zia ricevuta, a cura dl N.N., latina
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Papa Giovanni, in ringrazia-
mento e Invocando protezione sulla
famiglia, a cura di Costanzo Rina,
CN
Borsa: S. Giovanni Bosco, invocan-
do protezione e aiuto, a cura di Ma-
riani Maria, Solarolo RA
Borsa: Maria Ausiliatrlce, In ringra-
ziamento per grazia ricevuta, a cura
di Roberto e Grazia

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Spedlz. in abbon. postale Gruppo 2° (70) 1quindicina
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