Bollettino_Salesiano_199503


Bollettino_Salesiano_199503



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Marzo 1995
ANNO 119 N.3
Marzo 1995
Sped. in Abb. post. (50) • Torino
RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO
NEL 1B77

1.2 Page 2

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di don EGIDIO VIGANÒ
CHIAMATI
ALLA LIBERTA'
,, Il Rettor
Maggiore
commenta per noi
la Strenna '95.
Iniziando
dalla libertà,
punto di partenza
per ogni
educazione
ai valori.,,
2 - MARZO 1995 IJS
<< e hiamati alla libertà » (san Paolo ai questa sua capacità la usa autodetermi-
Galati) , riscopriamo il sistema nandosi , per fare positivamente ciò che è
preventivo educando i giovani ai valori. È il bene . Quindi la libertà è una realtà sia da
tema della Strenna del 1995, e guarda al- liberare, che da promuovere.
l'educazione dei giovani da due centri di- Le due prospettive inoltre vanno sempre
namici: quello della libertà e a quello del considerate in due ambiti complementari:
sistema preventivo. Sono i due punti in l'ambito personale e quello sociale. E
tensione che ci inducono a riflettere e ad questo complica ulteriormente la capacità
agire quest'anno sul piano educativo.
di seguire nel contesto concreto dell 'esi-
stenza una libertà in divenire.
Partiamo dalla libertà, che è elemento
fond amentale dell'uomo. È maturando la Ma poi c'è la libertà cristiana. La Stren-
libertà che l'uomo diviene persona, ci na inizia con un passo della Lettera ai
signore della propria
Galati (5, 13). Chiamati
esistenza. Sappiamo che
alla libertà , dice san
la libertà è fondamento
Paolo , con una espres-
ultimo e radicale della
sione che viene consi-
persona, il nucleo inalie-
derata la definizione del
nabile della sua dignità.
cristiano. Perché il cri-
Costituisce la persona
stiano è un chiamato al-
nel suo essere più carat-
la libertà. E c'è da con-
teristico e originale. Ed è
siderare a questo ri-
questa libertà che esige
guardo che tanto per la
un itinerario educativo
libertà da , come per la
straordinario. Si può
libertà per, Gesù Cristo
dire che l'educazione è
ha portato nella storia
educazione della libertà
qualcosa che non c'era,
e alla libertà.
che nessuno può por-
tare , qualcosa che è al
Si nasce persona , ma
di sopra di ogni sforzo
questo nell 'ordine on-
umano, ma che è asso-
tologico. In realtà si di-
lu tamente indispensa-
viene persona nella
bile perché la libertà sia
storia, nella crescita,
autentica. Ossia porta
nel divenire . Anche la
libertà non è "data", ma
la costruisce ciascuno .
È realtà umana in conti-
nuo divenire.
I La libertà giovane.
Una libertà carica di simboli,
ma da "liberare"
(foto De Marie).
una energia per la li-
bertà che solo lui può
dare. Noi diciamo libertà
dal peccato , ma in que-
sta parola sono conte-
Quando si parla di liber-
nute tante realtà. Gesù
tà si è soliti distinguere due aspetti cono- in oltre porta il Vangelo della verità - "La
sciuti: la libertà da e la libertà per. Ciò signi- verità vi farà liberi" -: valori che nessun
fica che la libertà non esiste allo stato puro, filosofo , nessun pensatore umano può da-
ma è sempre in contesto, schiacciata, sem- re. È l'aspetto del mistero di Cristo come
pre in situazione di schiavitù , di freno , di presenza originale a favore dell 'uomo , a
difficoltà. Libertà da significa appunto libe- favore della sua libertà.
razione da questi freni , da queste opposi- Con Cristo , la libertà invece di ridursi alla
zioni e schiavitù . La libertà in questo caso ricerca di sé , si espande nel dono di sé;
è vista com e punto di arrivo. Ed è impor- ossia trova la maniera di realizzare l'au-
tante lavorare per "liberare la libertà".
tenticità, nell'amore, nel dono.
Libertà per è invece la libertà nella sua Ci rimane da vedere il sistema preventivo.
essenza, e la persona che è cosciente di Lo faremo la prossima volta.

1.3 Page 3

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il
;/}:a1/leos,;attninoo
Mensile di informazione
e cultura religiosa ed ito
dalla Congregazione Salesiana
di San Giovanni Bosco
DIRETTORE RESPONSABILE:
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo
De Nicolò - Franco Lever - Francesco Mollo
Collaboratori: Teresio Bosco - Angelo Botia -
Ernesto Canoni - Giuseppina Cudemo -
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Silvano Stracca
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notizie e foto rig uardanti la Famiglia Salesiana e
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Direzione Generale Opere
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IN QUESTO NUMERO
Marzo 1995
Anno 11 9
Numero 3
In copertina,
ragazz i de lla strada di Quito.
Il nostro serv izio
alle pagg. 10- 12
(foto Re inhard He iserer).
10 ECUADOR
Accion Guambras
14 CATECUMENATO
Amumciare il Vangelo i,z parrocchia
19 DOSSIER
I fiori llaSCOllO a,zcora
La.frontiera del Nord
Oltre la soglia del silenzio
27 EDITORIA
Irsanto della Provvidenza
30 ITALIA
I giovalli aspettano u,z miracolo
34 SOCIETÀ
Futuro: istmziolli per l'uso
RUBRICHE
di UMBERTO DE VANNA
di SILVANO STRACCA
a cura di MARGHERITA DAL LAGO
di DOMENICO AGASSO
di ANTONIO MISCIO
di MARIO SCUDU
2 Il Rei/or Maggiore - 4 11 P11111<> gio1•a11i - 6 /11 Italia, 11e/ mo11do - 8 Lei/ere - 13 /'rima pagi11a -
17 Come 01111 Bosco - 33 Il dit1rio ,li A11drea - 37 / 11ostri s,mti - 38 Solidarietà - 39 Visto ,la
vici110 - 41 / 11ostri morii - 42 /11 primo pia110
(Rangoon, Myanmar-Birmania)
14 Evangelizzare in parrocchia
19 Dossier missionario: FMA in Asia
BS MARZO 1995 - 3

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di Carlo di Cieco
TUTTI
NEL PALLONE
Q uel coltello piantato dalla mano
assassina di un giovane nel
petto di un coetaneo appena fuori lo
stadio di Marassi , per un attimo,
almeno, ha sgonfiato la domenica
del pallone.
LA MORTE DI VINCENZO SPA-
GNOLO del centro Zapata di Ge-
nova non è stata come altre morti
di giovani caduti mentre credevano
di fare solo un gioco , tifando in
misura passionale i colori delle pro-
prie squadre.
C'è stata una reazione diversa.
Della stampa, dei calciatori , dei
protagonisti. « Domenica, maledetta
domenica. Ogni domenica sarà que-
sta domenica », hanno scritto gli
amici di Vincenzo.
Le società calcistiche e i dirigenti
sportivi hanno provato ancora una
volta a scaricare sui giovani tifosi
ogni responsabilità. Al primo posto,
nelle loro preoccupazioni , la gio-
cata della domenica che garantisce
la schedina, la circolazione di mi-
liardi. Gli affari sono affari e una
domenica senza calcio può rivelarsi
un danno finanziario duro da assor-
bire .
Ma si è giunti anche a una dome-
nica senza gioco. I calciatori si sono
impuntati. Niente processo del lu-
nedì alle tv.
TUTTI NEL PALLONE , cercando
una spiegazione a omicidi senza
senso che hanno sconvolto la vita
anzitutto di Simone Barbaglia. L'al-
tro giovane che, in carcere, piange
e non si dà pace e chiede perdono
per la follia di un pomeriggio.
Sua madre, disperata, ha detto di
lui che si tratta di un ragazzo insi-
curo . Parlando degli ultrà, il sin-
daco di Genova ha denunciato che
"questi gruppi qualche volta sono
stati coccolati e vezzeggiati dalle
società di calcio, in cambio di qual-
çhe servigio".
E il dito sulla piaga. Vincenzo è
morto ucciso, ma con lui quanti altri
4 - MARZO 1995 IJS
giovani sono rimasti vittime di un
meccanismo perverso. Se il calcio
da questione di soldi non tornerà a
essere una questione educativa e
un mezzo di divertimento, i lutti si
ripeteranno. E vittime saranno an -
cora i giovani. Usati.
DON BOSCO PENSAVA IL GIOCO
in funzione dei giovani. La struttura
mercantile e affaristica dello sport
pensa oggi i giovani in funzione del
gioco. Il business uccide, ingoia le
vittime di turno ma la musica non
cambia.
Il calcio non è separato dal conte-
sto. È un rito celebrativo di massa
dei valori dominanti. Volerlo ripulire
senza accettare di ripensare la
qualità della vita, se non è ipocrisia
è utopia. A suggerire questi nuovi
orizzonti è stata la sorella di Vin-
cenzo, una ragazza impegnata an-
ch 'essa nel centro sociale . « La-
sciamo da parte la rabbia, il ran -
core, la violenza. Insieme - ha det-
to il giorno dei funerali - vogliamo
costruire un mondo di giustizia,
tolleranza, pace ». E un altro giova-
ne , vedendo le scene di violenza
seguite alla notjzia dell'omicidio ha
commentato : « E il risultato di come
i grandi ci vog liono. Siamo un pro-
dotto del loro mondo ».
Di Simone Barbaglia si è detto che
nella scuola aveva sofferto , che
aveva lasciato prima di concludere.
La società degli adulti è andata a
chiedergli conto della co ltellata
mortale. Lui ha visto su di sé ac-
cendersi tanti riflettori rimasti , fino
allora, spenti. Infelice condizione
quella di essere vittima e assas -
sino .
Una prova troppo diabolica buttata
su spalle giovani.
I Le complesse radici
di una violenza folle
(Publitoto)

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IJS MARZO 1995 - 5

1.6 Page 6

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IN ITALIA t, NEL MONDO
PORTOGALLO
EXALLIEVI
PER IL CENTENARIO
« Amare ed ed ucare» è stato
il messaggio proposto dal
Rettor Maggiore ai 160 exal-
liev i radunati in congresso a
Estoril , di fronte ali ' Atlanti-
co. L'Eurobosco ha convoca-
to exalliev i d i 11 na zioni per
rifl ettere sul tema: Società e
famiglia nel/'Europa di oggi.
I g iovani , nonostante il diso-
rienta mento dilagante, credo-
no ancora che la fa mig lia sia
il valore più importante, è
stato detto. E l'amore e l'edu-
cazione sono le due vie capa-
c i di salvaguardare la fa mi-
glia. Ma Don Viganò si era
recato in Portogallo anche per
associarsi ai sa les iani ne lla
celebrazione del loro primo
Centenari o. I fes teggiamenti
si erano aperti solennemente
neJ du omo cl i Braga e hanno
av uto un momento centra le a
Oporto, con una conferenza
del prof. Braga da C ru z. Per
la presenza del Rettor Mag-
giore a Estoril c'è stata la par-
tecipazione dei rappresentanti
di tutte le opere de l Portoga l-
lo. Sempre nell 'ambito de l
Centenario sono in program-
ma per il prossimo aprile i
G iochi sportiv i internazionali
e per novembre il Congresso
di Pedagogia.
RWANDA
VOGLIA
DI RITORNARE
Herman Schulz ci ha voluto
provare. Dopo 16 anni tra-
scorsi in Rwanda, è stato co-
stretto ad abbandonare il pae-
se nel corso de i recenti massa-
cri. Ma ora, accompagnato da
una scorta armata ha voluto
ritornare a Musha, a 50 chilo-
metri da Ki gali per salutare i
suoi ragazzi de l Vill aggio de i
Giovani , quelli che erano so-
prav vissuti alla guerra civile o
che non si sono lasciati morire.
È questo il caso di due quattor-
dicenni che don Herman co-
nasceva bene e che non hanno
pi ù voluto nutrirsi, per il pro-
fondo choc subito nei giorni
tragici della carneficina di cui
erano stati spettatori . A Musha
oltre alla parrocchia c 'era una
scuola profess ionale per fa le-
gnami frequentata da 120 g io-
van i, 50 dei quali erano con-
vittori . Ora tutto è d istrutto,
ma don Herman ha incorag-
giato i ragazzi sopravv issuti a
ricostruire, assicurando il suo
ritorno non appena g li sarà
consentito.
I Porto (Portogallo). A destra del Rettor Maggiore,
l'ispettor~ don Simao Cruz; alla sua sinistra
don Joaquim Mendes, direttore a Porto,
e don Mauricio Pinho.
IMusha (Rwanda).
Don Herman Schulz
tra i suoi ragazzi, ai quali
ha voluto manifestare
la sua amicizia
e il desiderio di ritornare.
ECUADOR
MISSIONARI
CON LEALI
In questo mese di marzo com-
pie 20 anni il Servicio Aéreo
Misional che ha sede a Ma-
cas, nel vicari ato cli Méndez.
li servizio aereo da vent 'anni
viene in aiuto ai mi ss ionari e
alla popolazione in questa zo-
na de ll 'Ecuador dove non vi
sono strade, né fiumi nav iga-
bili . Animatore de l SAM sin
da l 1974 è don Adriano Bara-
le, parti to per l'Ecuador nel
1952. « Mi pare un sogno
quanto è stato fa tto in ven-
t' anni cl i soccorso alle grav i
emergenze di questa zona
mi ssionari a. Sono grato ai pi -
loti, ai meccanici, al persona-
le amministrativo che hanno
reso possibile questo lavoro.
Sono tutti nativi de l posto,
mo lto brav i e lavorano davve-
ro con spirito miss ionari o ».
Attendiamo da don Barale
al tro materiale per offri re
magg1on informazioni su
questa singolare atti vità mis-
s io na ri a .
I Macas (Ecuador).
Padre Adriano Barale
con l'ultimo aereo
assegnato al SAM
(Servicio Aéreo Misiona/).
6 - MARZO 1995 8S
L'EUROPA DEL TERZO
MILLENNIO. Don Luc Van
Looy (nella foto) è stato
intervistato dalla rivista
Popoli e Missione sui temi
della nuova "Europa mis-
sionaria". «Un'Europa e-
sclusivamente economica
o politica lascia la gente
povera», ha detto tra l'al-
tro al giornalista. «L'Eu-
ropa è tutt'ora al centro
della cultura mondiale. E
allora riempiamo di con-
tenuti questa cultura». E
a proposito di evangeliz-
zazione: «La Chiesa de-
ve tornare a essere una
grande famiglia accoglien-
te, in cui ci si sente come
a casa. Il grosso proble-
ma della Chiesa in Euro-
pa si chiama istituziona-
lizzazione. Le parrocchie
tendono a essere istitu-
zioni asettiche e imper-
sonali. In quante di loro il
cittadino-fedele si sente
accolto come a casa pro-
pria? Forse in un 20 per
cento. Ecco perché fiori-
scono le sette».

1.7 Page 7

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,
PASSIONE PER L'EDU-
CAZIONE. Quasi 900 per-
sone tra religiosi , genito-
ri, insegnanti e animatori
in attento ascolto per ri-
spolverare il sistema pre-
ventivo di Don Bosco.
L'iniziativa delle figlie di
Maria Ausiliatrice di Tori-
no e Provincia ha previ-
sto quattro incontri che si
,VENEZIA
LA FAMIGLIA
DI VITTORIO
E ZAIRA
L'Anno della Famiglia che si
è appena concluso non poteva
non ricordarli, e alcuni gior-
nali del Veneto lo hanno fatto,
dando rilievo alle vicende di
una famiglia che si è costruita
con semplicità e grande dispo-
nibilità ai valori della vita.
Zaira e Vittorio Durante si so-
no sposati nel 1924. Umili
agricoltori, erano in possesso
soltanto di un fazzo letto di
terra, ma la loro fede semplice
e profonda ha saputo costru ire
una straordinaria e numerosa
.famiglia, nella quale sono ma-
turate ben cinque vocazioni re-
ligiose: i salesiani Ettore, Fer-
dinando, Federico, Tommaso;
e Teresina, fig lia di Maria Au-
siliatrice. Accorto e infaticab i-
le papà Vittorio; donna di no-
tevole carattere mamma Zaira,
pienamente consapevole del
suo ruolo di sposa e di madre.
sono tenuti nel grande
teatro di Torino-Valdocco
tra novembre e febbraio
'95, con conferenze di
Tonino Lasconi (Le do-
mande degli adolescen-
ti), Vittorio Chiari (Al/a
scuola di Don Bosco) ,
Luigi Ciotti (Educazione
come prevenzione). L'u-
tilizzazione di video e la-
vagna luminosa, come
pure questionari per le
comunità educative, han-
no facilitato l'interazione
tra l'esperto e il pubblico.
Più che lezioni, si è trat-
tato di uno scambio di
esperienze tra gente che
ha ancora voglia di "pun-
tare sull'educazione", che
è stato il tema dell'incon-
tro conclusivo curato da
Piera Cavaglià (nella fo-
to) che è stata una delle
promotrici degli incontri.
I Brno (Repubblica Ceca).
La Festa ha suscitato
entusiasmo tra i giovani
e li ha aiutati
ad accettarsi con gioia.
Scrive ai fig li nel suo testa-
mento spirituale: «Tra fratelli
continuate a volervi bene, aiu-
tatevi, amatevi. Non climenti-
cate la bella abitudine del san-
to Rosario. Voi sposati amate
le vostre mogli; pure voi, o
spose, amate i vostri mariti,
compatitevi a vicenda, educa-
te cristianamente i vostri figli.
Don Federico e don Tomma-
so, ricordatevi che siete sacer-
doti in eterno, siate zelanti nel-
la vostra missione, che le vo-
stre mani consacrate siano
sempre per lodare il Signore.
Ettore e Ferdinando continua-
te a mantenervi fede li all a vo-
stra vocazione, forti, perseve-
ranti; così pure suor Teresina:
sii forte, brava, buona, umile e
perseverante».
La famiglia Durante in festa per l'arrivo
dell'ultimo figlio. E il 1946.
REPUBBLICA CECA
«IO SONO COSÌ
E MI AMO»
«Io sono così e mi amo » è
stato il motto per la festa del
Movimento Giovani le Sale-
siano di quest'anno. Tanti i
canti e l'allegria, ma anche
numerosi gli spazi dati alla
preghiera e alla riflessione in
quei due giorni tenuti a Brno,
nella Moravia del sud. Ognu-
no ha potuto illustrare con mi-
mo, danza, prosa o poesia, de-
corazioni nei materiali più vari
il tema della festa . Miki Kubi-
ckova; presidente cie l Movi-
mento Giovanile ha orientato
la riflessione: «Dobbiamo ac-
cogliere noi stess i anche con i
nostri limiti, perché Dio ci
ama così come siamo» . An-
che il vescovo di Brno, mons.
Vojtech Cikrle, ha ripreso il
tema: «Ogni amore parte dal-
l'accoglienza di se stessi. Chi
non accetta se stesso non rie-
sce ad amare Dio e gli altri.
Se mi apprezzo e ho simpatia
per me, vivrò più faci lmente
per gli altri». Erano presenti
rappresentanti della Croazia e
della Germania e i giovani
hanno anche pregato per la
pace. Un sacerdote croato ha
òetto: «La pace tra i popoli
comincia dentro di noi ». Le
giornate si sono concluse con
il ricordo dei primi missionari
cechi partiti per la Bulgaria,
proprio per fare dono della
propria ricchezza personale ad
altri.
BS MARZO 1995 - 7

1.8 Page 8

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IL BOLLETTINO
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mente a chi ne fa richie-
·sta. Dal 1877 è un dono
di Don Bosco a chi segue
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Diffondetelo tra i parenti
e gli amici. Comunicate
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lontà. Sappiamo purtroppo di no-
tevoli ritardi e di copie che vanno
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Se qualcuno si vedesse inter-
rompere l'arrivo della rivista per
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ficiente che ce lo faccia sapere e
rimetteremo immediatamente in
corso l'abbonamento.
Scrivete a:
Il Bollettino Salesiano
Diffus ione
Casella Postale 18333
00163 ROMA
8 - MARZO 1995 BS
per perdere sapore. Ringra-
ziamo chi ci man/festa il suo
parere anche negativo. \\lor-
remmo però che si andasse al
di lcì della prima impressione,
e si leggesse il contesto nel
quale le fotogrc1fie e i disegni
vengono utilizzati. .
GRUPPO MISSIONARIO.
«Scrivo per avere suggeri-
menti su come iniziare un
gruppo missionario in parroc-
chia. Vorrei conoscere fina-
lità, modalità, tecniche, mezzi,
ecc. Insomma come far fun-
FOTO E DISEGNI BANALI
E INOPPORTUNI ? « Nel nu-
mero di dicembre avete pub-
blicato fotografie banali e
zionare un gruppo. La propo-
sta è nata dalle mi ssioni che
abbiamo fatto al nostro paese,
ma è tutto eia iniziare».
squallicle·(alle pagg. 4, 13, 18,
Lettàa.firmata,
22, 23, 40). Date spazio a ll e
Potenza Picena (Mc)
foto dei vostri seminaristi , ai
g iovani ·senza treccine, a lle Come .fètr nascere un gruppo
facce pulite. C'è bisogno cli missionario? La risposta non
esempi positivi... (Vitaliano è da poco. Bisognerebbe tra
Darei/i, Chia Fari) . « Ho visto l'altro conoscere :çe si tratta di
la vignetta dei tre re Magi (cf. 1.111 gruppo giovanile o di adul-
Il diario cli Andrea, BS/di- ti. In ogni caso, mi auguro che
cembre '94). Uno indossa una gli articoli della nostra rivista
ves te con il segno dei dollari, o.ftiww un buon materiale
un altro è sbronzo, il terzo ... missionario da conoscere e da
Chi sarebbero questi tre per- discutere insieme. Dovreste
sonaggi? Non certo i veri re poi mettervi in collegamento
Magi! (Claudio Serrava /lo, co11 qualche missionario. Mol-
Trieste). « Ho 22 anni . Ho tro- te volte sulla rivista segnalia-
vato la rivista in fondo all a mo i loro indirizzi. Potreste ri-
chiesa. A prima vista mi sem- cevere corrispondenza, soste-
brava un a elette solite rivi ste nere le loro iniziative, ecc.
un po ' noiose che distribui- Se in.fìne si tratta di un gruppo
scono ne lle chi ese. Poi sfo- giovanile, le consiglio di cer-
gliando più pagine ho dovuto care presso una lihreria cat-
ricredermi. Questo non è uno tolica qualche lihro che tratti
dei soliti "bollettini". Lo dico di terniche di animazione.
perché tratta soprattutto cli ini-
ziative e problemi cli giovani e
molti argomenti interessanti »
(Fabrizio \\lerolengo, Torino) .
« Non mettete fondini sc uri al-
le pagine del BS: la pagina di -
venta cli difficile lettura »
(Fra ncesco Stippelli , Roma).
APPELLI. « Il Centro Salesia-
no Vocazioni Missionarie cli
Napoli raccoglie fondi a favo-
re dei giovani asp iranti al sa-
cerdozio ne lle missioni sale-
siane. Sono g oltre un mi-
gliaio i benefattori , dei quali
362 con adozione e miniaclo-
zione. Per adesione e informa-
zioni, scrivere a: Don Emilio
Pollice , lspetlorato salesiano,
via Don Bosco, 8- 80141 Na-
poli , te/. (081) 751./0.29».
« Faccio la raccolta cli santini
(immagini sacre antiche e re-
centi). Se qualche lettore ne
fosse in possesso e volesse
ai utanni a incrementare la
mia raccolta, gliene sarei
molto grato» (Maurizio Flo-
res, via F. Albani, 25 - 40129
Bologna). «Sono una figlia di
Mari a Ausiliatrice. Ho un fra-
tello missionario terziario
francescano, che lavora eia
due anni a Nairobi in Kenya,
fra tanti disagi e povertà.
Chiedo cli pubblicare il mio
appello, perché lui possa con-
tinuare a lavorare fra tanti fra-
telli bisognosi. Gli è possibile
anche effettuare I'"affidamen-
to a distanza" di bambini po-
veri» (B r. Francesco Adamo,
Remote Custody Service, P.O.
Box 41353, Nairobi, Kenya;
oppure: suor Marisa Adamo,
Istituto Santa Cecilia, via Ci-
nori, IO - te/. (06) 574.63.9!
- 00153 Roma) . «A quanti mi.
invieranno immaginette sacre,
cli tutti i luoghi e di tutti i
tempi, per la mia raccolta, ri-
cambierò con immaginette,
oppure francobolli o cartoli-
ne » (Prof Sebastiano Cam-
Pareri discordanti e utili sug-
gerimenti. Ha scritto qualcuno:
«Una riFista non è viva se non
sconte/l/a ogni volta un buon
cinque per cento dei suoi letto-
ri. L'importante è che non
siano sempre gli stessi». Quan-
do ci si preoccupa troppo di
accontentare tutti. si .finisce

1.9 Page 9

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bria, corso Ca!atc(fimi, 1019 - che sono. Non si sbracciano
90 129 Palermo). «Pensionati per es ibirsi o per sollevare pol-
filatelici: se desiderate scam- veroni perché soffrono cli fru-
biare francobolli commemora- strazione. T utte le donne cri-
tivi usati , scriveteci» (Giulio stiane, suore o laiche, sanno cli
Val!erini, via Dei Bombardi, 8 essere già "sacerdoti ", perché
- 37131 \\/erona). «Cerco eserci tano questo ruo lo in mil-
francobolli nuovi e usati, so- le modi e non aspirano a una
prattutto commemorativi , vec- esplicita nuova ord inazione ».
chie e nuove cartoline, "santi-
ni", monete in carta e in me-
tallo, adesivi , ecc. per aiutare
Giovanni Migliore,
Siracusa
le missioni salesiane de l Ma-
daoascar» (Gennaro Di Nuz-
zo~\\lia Don Bosco, 8 - 80141
Napoli).
DUE EXALLIEV I A TO-
BRUK. « Un giorno di set-
tembre, ne ll'Hote l Modenese,
a Riccione. Tra g li ospiti , un
AMICIZIA. « Frequento un
oratorio sa lesiano e sono ca-
techista. Mi piacerebbe trova-
re altre persone con cui scam-
bi are opin ioni ci rca il volon-
tariato e anche per amicizia »
(Marinella Saija, piazza san
Matteo, 6 - 98/2/ Messina).
« Vorrei corrispondere per let-
tera con persona colta d i ses-
so maschile pe r discutere cli
quest ioni re ligiose e per am i-
cizia fraterna. Ho 64 anni e
sono un ex insegnante, non
de l llltto autosufficiente. Amo
anche la musica c lassica e gli
anima li » (Renato Bo/e/li , via
Ernesto Masi, 5 - 40 137 Bo-
logna).
gruppo giu nto dal Sud per le
cu re termali e alcu ne coppie
dal Nord. Ne lla hall si intrec-
c iano discorsi. Ma ecco che
fra due ospiti, non più giova-
niss imi , i ricordi incalzano,
diventano vibranti, spuntano
le lacrime. Si abbracciano e
tutti i presenti sono intorno a
loro. Sono Marcianò, di Cori-
gliano d'Otranto (Lecce) e
Ch iodi di Azzane llo (Cremo-
na). Richiamato nel maggio
1940, Salvato re Marcianò,
Toto per gli amici, lascia la
moglie, da poco sposata e in-
ci nta; il Chiodi , la madre an-
ziana. Sono tutti e due a To-
bruk. Pres i prigionieri nel ' 4 1
e portati in Egitto, vengono
trasferiti in Sudafrica. Furono
LE LENTI AFFUMICATE.
«La Sicilia ciel 15 dicembre
intitolava in terza pagina " Le
suore non contano nulla", con-
fermando questo pregiudizio
con dare a esse un quarto di
spazio ne ll a stessa colonna,
che tratta d'altro. Contraria-
mente a quanto asserisce I'ar-
ticoli sta Narina Spadaro, uno
spazio mo lto più ampio è, in-
·vece, riservato alle don ne e al-
le suore nella realtà sociale, sia
all ' intern o che a li 'esterno del-
la Chiesa. Le donne cristiane
non cercano di valere o di con-
tare, ma di servire. Tantissime
si affermano profess ionalmen-
te nella società a tutti i li velli ,
anche i più alti , come docenti,
direttrici o presidi di scuo_le cli
ogni ordine e grado, infermie-
re o dottoresse negli ospedali,
anni di sofferenze, senza sa-
pere più nulla de ll'I ta li a e dei
loro fa miliari. Marcianò, pro-
fessore di sassofono , è incari-
·cato cli formare un 'orchestri -
na per rallegrare le serate de i
prigionieri e degli alleati . Ed
ecco affiorare il carisma de l
Padre e Maestro Don Bosco:
la prudenza fa stabilire una
certa armoni a ne lle re lazioni
umane, fa superare gli ostaco-
li , vincere la paura. Dopo 5
an ni e 8 mesi, il rimpatrio
tanto atteso da non sembrare
vero. La gioia cl i rivedere la
sposa, il fi g lio non ancora co-
nosciuto. Per il Chiodi l' ama-
rezza di non poter ri abbrac-
ciare la mamma defunta.
Sulle labbra cli tutti il sorri so
di gioia, strette di mano, pro-
messa di rivedersi ancora ».
e in vari altri ruoli . Queste don-
Flora Fiori,
ne sono felic i cli essere quelle Corigliano d'Otranto (L e)
8S DOMANDA
È UNA RAGAZZA-MA- fronti di un fig lio non pro-
DRE. « Mio figlio, noto prio comporta indubbia-
professionista di 30 anni, me nte preoccupazioni e
si è invaghito di una sua problemi.
pazie nte di 29 anni , che è Ma nessuna di queste eve-
una ragazza-madre. Que- nienze spiacevoli è certa e
sta ragazza ha avuto il fi- inevitabile: ponderando e
glio da un uomo sposato, disponendo bene le cose,
per cui il figlio porta il c?- tutte le difficoltà possono
gnome della madre, 111 essere superate. Una ragaz-
quanto il padre non l' ha ri- za-mad re non sarà forse il
conosciuto. A quanto pare, partito più desiderabile da
mio figlio vorrebbe spo- un punto di vista sociale,
sarla e questo mi preoc- ma spesso si tratta di per-
cupa molto, s ia perché per sone degne, viti-ime incol-
mio figlio, cresciuto ed pevoli cli situazioni più
ed ucato in una famiglia grand i di loro, che un amo-
moralmente sana, non pen- re vero potrebbe redimere
savo minimamente ad una pienamente.
.. .
raoazzit di questo genere E com unque un f1gho eh
co~11e moglie, sia perché 30 anni - " noto professio-
penso che mio figlio si_~s: nista", come dice lei - ha
suma delle responsab1hta tutto il diritto di compiere
dal momento che c'è un autonomamente una scelta
figlio non suo e penso eh~ di questo genere. La ma-
in avvenire potrà avere dei dre, pur col cuore ferito, e
problemi anche col vero magari dopo averlo aiuta-
padre. È il cuore ferito cli to a chiarire e valutare in
una madre che mi fa pen- modo sereno e responsabi-
sare questo, o effettiva- le i pro e i contro della si-
mente mio figlio sposando tuazione, invece di ostaco-
questa ragazza va incontro larlo, deve essergli vici_na
a dei problemi? »
. per sorreggerlo coraggio-
(/e Itera .firmata,
Ca/tanise/fa) .
samente nel far fronte alle
responsabilità che egli s i
assume.
Del resto nessuna madre
può sottrarre del tutto . i
o Risponde Guido Gatti.
Non c i si può nascondere
che le sue preocc upazioni
per suo figlio hanno un
qualche fondamento: l'am-
biente sociale cui apparte-
nete potrebbe non capire e
magari disapprovare suo
figlio per questa scelta, in-
dubbiamente controcorren-
te rispetto alle regole non
scritte cli una certa soc ietà.
Di più: l'amore per una ra-
gazza può avere de lle ve-
nature, magari non consa-
pevoli , di compassione che
ne minano l'autenticità e,
magari, la durata. Assu-
mersi le responsabilità e-
suoi fig li alle responsabi-
lità, ai pericoli, a i poss ibili
fa llimenti e alle sofferenze
che la vita porta inevita-
bilmente con sé. Se ten-
lasse di fa rlo, li condanne-
rebbe a una dipendenza pa-
ralizzante che ne ostacole-
rebbe la maturazione uma-
na.
Una cosa i genitori posso-
no set11pre fare per i loro
figli, quale che s ia la loro
età e le loro scelte: accom-
pagnarli con la pr~ghiera:
affidandoli a Colui che h
può sorreggere e gu idar~
molto più di quanto essi
non possano mai fare.
ducative parentali nei con-
BS MARZO 1995 - 9

1.10 Page 10

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ECUADOR Cinquanta educatori e quattro opere di promozione e di ricupero
Servizio fotografico di Reinhard Heiserer
È la povertà la prima causa
a portare per la strada i ragazzi.
Ogni notte un gruppo
di educatori si avventura
per i quartieri di Quito .
Raccolgono l' SOS
dei ragazzi della strada,
ojjì-ono loro una casa
e una vita diversa.
U na camioneta tutte le notti per-
corre i qua1tieri di Quito, fe r-
mandosi agli incroci, scrutando g li
angoli di ogni via per cercare i ragaz0
zi che vivono e dormono nella strada.
È l'Acci6n Guambras, un progetto di
ricupero dei piccoli guambras, come
vengono chiamati a Quito i " chicos
de la calle" .
Sono almeno 500 quelli che hanno
per unica casa i marciapiedi della
c ittà, che durante il g iorno vivono di
mille esped ie nti e di furti , e di notte
10 - MARZO 1995 /JS
han no per coperta un giorna le e la
cassetta di lustrascarpe come c usc i-
no. Per tirare avanti vendono cara-
melle o cantano ne i bus. La gente si
è abituata a vederli, qualcuno fa
scende re una moneta sull a loro ma-
no ape rta. Molti s i danno a piccoli
lavori , fa nno i lustrascarpe o i c usto-
di abus ivi nei parcheggi . Sono tutti
giovan issim i, i più piccoli non han-
no ancora dieci anni. Hanno lasc iato
la fa mig lia perché s i sentivano trat-
tati male o più s pesso perché non
c ' era un posto a tavola per tutti .
« In Ecuador i ragazz i sono per la
strada non tanto per lo sfa ldamento
della fam igli a, quanto per la s ituazio-
ne cli povertà », dice don Gigi Ri c-
c hi arcl i, 62 anni , responsabil e del-
1'opera di prevenz ione soc iale San
Patrizio di Cumbaya, a 15 chil ome-
tri dalla cap itale.
Molti dei piccoli guambras sono
figli di ragazze-madri o cli prostitu -
te. I più sono ragazzi di co lore, pro-
venienti dalle zone di Esmeraldas e
Guayaquil, altri mulatti e meticci .
Mentre i figli degli indi geni pur es-
sendo poveri, hanno una famiglia
più unita. Ve ngono in gran pa rte dal-
le zone attorno a Quito e raggiungo-
no la capitale alla ricerca di un qual-
s iasi lavoro o dell ' avventura . Qu al-
c uno è spi nto dagli amic i. La strada
offre loro subito il fascino di sentir-
s i libe ri. Ma c ' è chi è ammalato, o
ritardato; chi s i droga con le colle
s intetiche e ha la faccia spaurita. Vi -
vono in una totale promiscuità ed è
faci le immaginare con quanti pro-
blemi. « A tutti cerchi amo di arriva re
indirizzandoli secondo i loro biso-
gni . E non sono più cli un centinaio
che sfuggono alle nostre c ure. Ab-
bi amo g cominciato qualcosa cli s i-
mile anche a Guayaquil e a Cuenca ».
I La maggior parte dei ragazzi della
strada in Ecuador sono ragazzi
di colore, mulatti o meticci.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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per ragazzi senza famiglia e privi di punti di riferimento.
-- - - -- :
.
:i
POR .UN ECUADOR
SI µ DE lACALLE
C -AQUIT
AMOR VSOLIDARIO
Quito (Ecuador). La camioneta del San Patrizio che ricerca
i ragazzi che dormono per le strade.
I TRE CENTRI
Don Gigi Ricchiardi è ben cono-
sciuto in Italia per essere stato a To-
rino negli anni '70 parroco del San-
tuario di Maria Au sili atrice. Una
ventina d' anni fa decise di partire
per l' Ecuador. Abbandonava una
delle zone più popolari di Torino
per 1' America Latina, dove i bisogni
erano più evidenti e la povertà più
drammatica.
Ora coordina il lavoro dì una cin-
quantina di persone a favore dei ra-
gazzi di sperati di Quito. « Ogni not-
te un salesiano, un paio di suore e
alcuni operatori volontari cercano di
convincere questi ragazzi a togliersi
dalla strada, ad accogliere il ricove-
ro che noi siamo in grado di offrire
nei tre centri di El S6tano e Mi Ca/e-
ta a Quito e San Patrizio1a Cum-
baya. Un quarto, il Laura Vicuna
Quito, è destinato alle ragazzine ed
è gestito dall e fi glie cli Mari a Ausi-
liatrice». Si tratta cli centri progres-
ns MA RZO 1995 - 11

2.2 Page 12

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I Quito. La sensibilizzazione della
gente avviene anche attraverso
manifestazioni pubbliche.
sivi, e per così dire di smistamento.
Una cinquantina a El S6tano, per
una prima accoglienza; una cin-
quantina a Mi Caleta, dove i ragazzi
trovano già un'assistenza più com-
pleta. A San Patrizio sono 85. Qui
possono completare gli studi ele-
mentari e medi e imparare un me-
stiere. «Tra questi ragazzi c chi
vive per le strade solo durante il
giorno e alla sera ritorna in fam i-
glia. Altri hanno scelto la strada co-
me loro casa. Noi ci occupiamo so-
prattutto di questi. Educatori ed edu-
catrici li seguono, li conoscono per
nome, li radunano in piccoli centri
dove possono parlare con loro, con-
trollare se sono iscritti all'anagrafe,
se hanno bisogno di cure mediche,
se possono essere aiutati a ritornare
in famiglia e a scuola ».
LA STRATEGIA E GLI AIUTI
Don Gigi, dove trovate i mezzi per
mandare avanti questa attività? Ri-
cevete aiuti dallo stato?
12 - MARZO 1995 IJS
«Per tirare avanti abbiamo prati-
camente bisogno di 40 milioni al
mese. Lo stato ci passa un quinto
della cifra. Il resto proviene da
un'entrata fissa, che ci è stata assi-
curata dalla congregazione per ini-
ziativa del rettor maggiore e da tanti
benefattori. Abbiamo più volte sen-
sibi li zzato la popolazione a questo
problema anche con manifestazioni
pubbliche. Il motto "Quito sin chi-
cos de la calle" (Quito senza ragaz-
zi della strada) è diventato uno slo-
gan popolare in città e parecchi de-
positano in banca ogni_ mese a nome
nostro una cifra fissa. E questo l'aiu-
to più utile. Perché è relativamente
fac ile ottenere ogni tanto un aiuto
speciale per acquistare un nuovo
mezzo di trasporto o per costruire un
laboratorio. Ma assicurare un posto
a tavola ogni giorno a 200 ragazzi, e
per 365 giorni all'anno, diventa
un'impresa molto più difficile ».
Questa vostra attenzione ai ragaz-
zi più abbandonati è davvero un "la-
voro alla Don Bosco" . Ce la fate a
ricuperarli? Come riuscite a entrare
in confidenza con loro ? Penso che il
primo contatto sia il phì difficile...
« Per prima cosa cerchiamo di ca-
pire da dove vengono, di dove sono.
Non è facile saperlo perché raccon-
tano bugie. Un bambino di nove
anni per un mese abbiamo creduto
che fosse di Guayaquil e invece
proveniva dall'oriente, dalla selva
amazzonica. È anche difficile sape-
re subito come si chiamano, perché
danno di volta in volta un nome di-
verso. Solo quando entri in confi-
denza diventano sinceri. Allora in-
terviene l' assistente sociale e cerca
per loro la sistemazione più adatta.
All'inizio comunque li lasciamo li-
beri di ritornare ogni mattina per le
strade, a continuare la loro attiv ità.
Li aiutiamo poi a decidere. Diciamo
loro: non ti fa bene vivere per la
strada , torna a casa o vieni da noi.
Di fatto riusciamo a ricuperare il 70
per cento di questi ragazzi».
Umberto De Vanna
Don Luigi Ricchiardi
Centro Salesiano San Palrizio
Apar1ado i 7.01.2303
Cumbaycf (Quito) - Ec1w~lor

2.3 Page 13

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PRIMA PAGINA
di Elvira Bianco
UNA DONNA A NOTRE DAME
Marie-Hélène Mathieu ha parlato dal pulpito più prestigioso di Francia.
Per sensibilizzare ai problemi dell'handicap.
UD onna educatrice alla pace" è stato il tema del: porta. Tutto ebbe inizio quando faceva l'insegnante
la 28a giornata della pace. Celebrata in tutte alle elementari. Nella sua classe il preside aveva per-
le com1,rnità ecclesiali , è stato sottolineato il ruolo messo che trovasse posto anche una bambina handi-
centrale della donna nel costruire la pace. Nel corso cappata. Ma la piccola Alice, riservata e un po' scon-
di quest'anno ci saranno altre iniziative internazionali trosa, finì parcheggiata in un angolo della classe, con
dedicate espressamente alla donna, come la confe- la sua povera vita e i suoi poveri vestiti poco puliti.
renza delle Nazioni Unite su "La donna e la sua Un giorno l'insegnante diede come compito quello di
azione in favore della legalità, dello sviluppo e della disegnare un fiore. E anche Alice, in quella giornata
pace", che si terrà a Pechino dal 4 al 15 settembre. piena di sole, consegnò il suo foglio, con uno scara-
bocchio in un angolo che passò inosservato alla stes-
IL RUOLO DELLA DONNA appare ormai centrale sa insegnante. « Ma tu hai consegnato il foglio in
nella famiglia e nella società. Una donna sempre più bianco! », le disse la maestra. Alice con le sue mani-
in piedi e che cammina. Nel numero scorso della ne rattrappite indicò in un angolo del foglio un piccolo
rivista ci siamo riferiti alle statistiche lstat, per dire scarabocchio che voleva essere un fiore. L'insegnan-
che in Italia il numero delle
te salì in cattedra e mostrò
donne ha superato quello
il foglio, tra le risate insen-
degli uomini all'università;
sate della scolaresca. « Ri-
che le donne laureate su -
devo anch'io », ricorda Ma-
perano ormai il numero dei
rie-Hélène, come rivivendo
laureati.
la scena. « Poi mi voltai e
Ci è stata segnalata un'al-
vidi Alice che piangeva.
tra notizia degna di rilievo .
Non l'avevo mai vista così ,
La francese Marie-Hélène
perché in generale era
Mathieu è stata invitata dal
chiusa. Adesso piangeva
cardinal Lustiger, arcive-
silenziosa come per non
scovo di Parigi, a tenere
disturbare nessuno . E fu
alcune conferenze nella
questo che mi colpì. Per la
prestigiosa cattedrale di
prima volta riconoscevo in
Notre Dame. Marie-Hélène
lei una persona in pena.
Mathieu è una donna at-
Mi avvicinai e condivisi con
tenta all'handicap e a No-
lei la sua sofferenza» . Da
tre Dame non ha esposto
quel seme nacque la "pas-
verità teologiche, ma ha
sione" di Marie-Hélène per
semplicemente raccontato
le persone che hanno bi-
la sua esperienza.
Quella di una donna che da
trent'anni , quasi ogni gior-
no, incontra uomini e donne
I Parigi. Marie-Hélène Mathieu ha raccontato
la sua esperienza nella cattedrale
sogno di aiuto e si specia-
lizzò in educazio,:ie per
soggetti minorati. E stata
anche a Milano, qualche
carichi di sofferenze. « Pri-
di Notre Dame.
tempo fa, a parlare di Ca-
ma di venire da noi» , ha
techesi e handicap.
raccontato in una delle sue "prediche", « molti hanno già
bussato a tante porte. Poi si sono rivolti a noi sapendo GIOVANNI PAOLO Il nel suo Messaggio per il nuovo
che eravamo cristiani. "Voi che siete cristiani, che cosa anno auspica che le numerose iniziative internazionali
potete fare?" ».
previste per il 1995 - come la Conferenza Mondiale di
Pechino - costituiscano un'occasione importante per
MARIE-HÉLÈNE È UNA DONNA SENSIBILE, ricca umanizzare i rapporti interpersonali e sociali. E invita
di umanità e con una spiritualità eccezionale, che le le donne a farsi protagoniste nel promuovere la dignità
circostanze della vita hanno portato a maturazione. E della persona, della propria e di quella dell'uomo.
ricorda il giorno in cui l'handicap ha bussato alla sua
BS MARZO 1995 - 13

2.4 Page 14

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CATECUMENATO La Chiesa e i nuovi cristiani. Aumenta il numero degli adulti che
ANNUNCIARE
IL VANGELO
IN PARROCCHIA
di Silvano Stracca
Intervista a don Alberich,
del!' Università salesiana.
«Come evangelizzare
oggi, se le comunità
cristiane si presentano
poco convincenti
e poco avvincenti?».
I n Francia si contano oggi circa
novemila catecumeni adulti. Il
loro numero si è triplicato negli ulti-
mi cinque anni. In grande maggio-
ranza si tratta di persone giovani, tra
i venti e i trentacinque anni. Per il
70 per cento sono donne. Prevalgo-
no naturalmente i francesi , ma fra i
neofiti c anche un buon numero di
immigrati. Appartengono a tutti i
ceti sociali. I motivi per cui chiedo-
no di diventare cristiani ricevendo il
battesimo sono i più svariati. E ciò a
differenza di un passato non lontano,
quando ci si decideva al "passo", di
solito, al momento del matrimonio
con una cattolica o un cattolico.
La cattedrale di Brasilia.
14 - MARZO 1995 /JS

2.5 Page 15

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chiede il battesimo, ma va qualificata la past orale parrocchiale.
me ntale sotto il profilo qualitativo.
In altre parol e, la Chiesa deve ri c u-
perare il senso della sua maternità
c he non è credibile, se non gene ra
nuov i figli. E generare nuov i figli
soprattutto a livello cli adulti dalla
fede personalizzata e non per pu ra
tradizione ».
UNA FEDE
PERSONALIZZATA
mangono dei riferimenti re lig ios i -
riti , tradizioni , devozioni , ricorre nze
- ma rimangono sullo sfondo della
vita, come un rife rimento " molto ul -
timo", senza alcun influsso sulle
scelte conc rete. La scena de ll a-vita,
dice Garelli, si svolge secondo un
copi one profa no in cui la fede non
conta se non quando sopravviene
una malattia grave o la m01te o il
matrimonio e via dicendo. « Credo
che tutto questo de bba portare a una
sola conclus ione», rileva Alberich.
« Oggi è importante far crescere una
Rimini. Messaggi di pace
di una parrocchia in festa.
IL BATTESIMO
DEGLI ADULTI
Questi dati ci fan no cambi are un a
certa idea tradizionale del catecu-
meno, quella dei paes i di miss ione,
c ioè l' immagine del " negretto" che
rinunzia ai c ulti pagani ed è segnato
con la c roce da un barbuto mi ss io-
nario bi anco. La " nuova fro nti era"
de l catecumenato invece attraversa
anc he le nazioni di antica tradizione
cristiana, diventate a loro volta "ter-
re di missione", com'è appu nto la
Fra ncia.
In Italia le richieste di battes imi di
ad ul ti sono ancora molto limitate,
ma il fenome no comincia a prende-
re corpo nelle varie c ittà. A Roma,
per esempio , s i pa rl a di 150 casi
ogni anno. « La Chiesa deve però in-
terrogarsi sul modo con cui accoglie
e inizia questi adulti nell a fede», af-
fe rma lo spagnolo don Em ilio Albe-
ri ch, 62 anni , decano de lla facoltà di
scie nze cle ll 'eclucazione dell ' Uni -
versi sa lesiana e docente di cate-
chetica. « Anche se rig uarda piccoIi
numeri , il catecumenato dev 'essere
conside rato come un 'attività fo nd a-
Don Alberich non si nasconde le
difficoltà ciel cammino catecumena-
le . «L'esigenza di fondo », afferma,
«è ripensare il modello di Chiesa,
portare avanti il rinnovamento volu-
to dal Conci lio. Che sbocco avre bbe
infatti la maturazione della fede dei
neofiti, se poi i nuovi cristiani devo-
no inserirsi in comunità tradi zionali ,
poco convincenti e poco avvincenti?
Ciò mettere bbe in cris i la stessa isti-
tuzione catecumenale. Il punto cli
partenza deve essere la promoz ione
di una fede · personalizzata, adu lta.
Ma il processo di iniziazione cristia-
na c he fa perno sul battesi mo eia pic-
coli , la sacramentalizzazione, la cate-
ches i, e si concl ude con la c res ima,
non funziona più. A lmeno in termini
macroscopici». E sotto linea che « pa-
radossa lmente, il "processo cli ini zia-
zione", invece cli essere un itinerario
di introduzione alla vita cri stiana, sta
diventando un " processo cli conclu-
s ione" di ogni tradizione e pratica re-
ligiose. Non a caso la cresima viene
spesso chiamata il "sacramento ciel-
i'addio". Da que l momento i ragazzi
non li vediamo più! A un ' infanzia
catech izzata, sia pure con il s istema
tradizionale, non seguono una matu-
razione e una c rescita della fede, ma
l'abbandono di ogni pratica religiosa
e l' ingresso in una fase estesa cli in-
differenza, oppure la riduzione ciel
cri stia nes imo a una specie di " reli -
g ione dello scenari o"» .
Don Alberich s i rifà all a nota in-
chiesta ciel sociologo Franco Garelli
sug li operai cli Torino. Garelli mette
a fuoco una s ituazione molto diffusa
ricorre ndo app unto all 'es press ione
" religione dello scena ri o". ln pratica·
sost ie ne c he nell a vita cli mo lti pe r-
- Don Emilio Alberich .
fede personalizzata, vissuta, attraver-
so una maturazione graduale. · Non
possiamo più accontentarc i cli un a
fede sosten uta, quas i insensibilmen-
te dal l'ambi ente, dalla tradi zione.
C'è una frase molto bella de l teolo-
go Karl Rahne r che è estremame nte
significa ti va al ri guardo: " Il c ristia-
no del f uturo o sarà un mi stico o non
sarà". E Rahner usa il termine " mi -
stico" non nel senso cli chi è chia-
mato a cose straordinarie, ma di chi
fa l'esperienza personale della fede
e del suo valore per la vita ».
BS MARZO 1995 - 15

2.6 Page 16

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IN LIBRERIA - - - . RUOLO
DELLA PARROCCHIA
DOSSIER
CATECHISTA
O Strumento per la formazio-
ne personale e di gruppo dei
catechisti. A cura del Centro
Catechistico Salesiano di
Leumann .
O Nove fascicoli di 36 pagine
a colori , con uscita durante i
mesi scolastici.
O La rivista è costruita sulla
misura dei catechisti che ope-
rano con i fanciulli e i preado-
lescenti. È uno strumento per
la loro formazione spiritual e,
contenutistica e metodologica.
ABBONAMENTO PACCO
Quantità minima richiesta: 5 abbo-
namenti • Ogni 5 abbonam enti
pagati: uno in omaggio (5 + 1)
Abbonamento pacco
Gennaio/Dicembre 1995
Ogni abbonamento Lire 11 .000
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN - TO
Tel. 011 /95.91.091
c/c Postale 8128
16 - MARZO 1995 ns
Il discorso si sposta inevitabilmen-
te sulla struttura " prima" di ogni
cammino di iniziazione cri stiana: la
parrocchi a. Afferm a Alberich: « La
parrocchia non potrà più essere so-
stanzialmente un 'agenzia di servi zi
religiosi, un luogo dove si forni sco-
no o si organi zzano i sacramenti o
gli atti di pietà e di devozione. Oggi
è necessario che diventi una comu -
ni tà evangeli zzatrice. E che prenda
sul seri o soprattutto quella che si
chiama !'"opzione per l 'evangeliz-
zazione". Oggi la parrocchia non
può limitarsi a una pastoral e che
tenda solo a conservare le cose co-
me stanno o a contenere le fall e di
una scri stiani zzazione dilagante. L a
parrocchia deve rinnov arsi, essere
veramente al servi zio della comuni-
tà. Un tempo l ' ideale di un parroco
era avere molti praticanti. Oggi, al
posto dei prati canti , deve avere so-
prattutto dei credenti , e dei credenti
adulti , oss ia con una certa maturità
e con un certo tipo di impegno.
Dobbiamo riconoscere che è in cri si
il modello tradizionale cli cristiano.
Il cri stiano è chiamato oggi a vivere
la sua coerenza fra fede e vita so-
prattutto fuori dalla chiesa: nel lavo-
ro, nel tempo libero, in fami glia, in
politica ».
ATTENTI
AL LINGUAGGIO
Ma quali occasioni ci sono per la
crescita di laici adulti se I' 80 per
cento delle iniziative di catechesi si
rivolgono tu/fora ai fan ciulli e ai
ragazzi1
Don A lberich non appare pess imi-
sta: «Siamo ancora agli ini zi, ma ci
sono già tante ini ziative per la cre-
scita della fede degli adulti . Gruppi
cli ascolto, cicli biblici, gruppi cli ri -
fl essione, itinerari cli re-ini ziazione,
forme diverse cli catechesi familiare
e cli co involgimento dei genitori. E
non si può passare sotto silenzio
l ' importanza dell ' uso dei media: c'è
già una produzione notevol e, ben
fatta, cli libri , cassette, programmi
televi sivi , film. E non si deve nep-
pure sottov alutare la catechesi lega-
I Un parroco e la sua gente.
Superare il copione
della tradizione, per rinfrescare
il servizio pastorale.
ta alla liturgia e alla èelebrazione
della Parol a di Dio» .
Tra i problemi che oggi si presen-
tano per un 'efficace comunicazione
della fede, don A lberich richiama
infine l 'attenzione sul fatto che " la
Chiesa appare, a volte, più preoccu-
pata per la verità , la completezza e
l'ortodossia delle cose eia insegnare,
che non dell 'efficac ia cli una comu-
nicazione autentica della fede. Ci
sono tanti modi cli parl are ciel cri-
stianesimo teologicamente impecca-
bili , ma catecheticamente inefficaci.
Un esempio: ci sono oggi tanti cate-
chismi per adulti fatti eia alcuni epi-
scopati , ma per la maggior parte si
tra tta cli opere non leggibili diretta-
mente dagli adulti norm ali , servono
se mai ai sacerdoti o ad altri respon-
sabili , e in forma incompleta. Lo
stesso vale in un certo senso per il
recente "Catechismo della Chi esa
Cattoli ca", che, considerato un po ' a
torlo come un libro eia mettere nelle
mani cli tutti , è stato, , acquistato
eia moltiss imi , ma letto e utilizzato
eia pochi . Ciò rivela che non basta
esporre le verit~t cristiane, ma bi so-
gna anche baciare al probl ema ciel
linguaggio, delle fo rme comunicati -
ve, e trovare formul azioni dell a fed e
in sintonia, per quanto poss ibile,
con la cultura della gente".
Silvano Stracca

2.7 Page 17

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, COME DON BOSCO
di Bruno Ferrere
TRE PICCOLI
GRANDI MOMENTI
« P assa coi giovani tutto il
tempo possibile». Questo
consiglio di Don Bosco ai suoi
Salesiani è semplice solo apparen-
temente. Nel sistema preventivo la
vicinanza, materiale e spirituale, tra
adulti e bambini è significativa e
ineliminabile. «Per mantenere viva
la sua innata capacità di stupirsi, a
un bambino serve la compagnia di
almeno un adulto col quale condivi-
derla, e che riscopra con lui la gio-
ia, l'eccitazione e il mistero del
mondo nel quale viviamo», ha scrit-
to Rachel Carson. Spesso, i geni-
tori troppo occupati cercano di far
di più, per i figli, di quanto le ore di
una giornata effettivamente con-
sentano. Ecco perché la sera si
ritrovano svuotati e frustrati, con
una certa sensazione di fallimento.
La giornata comincia con una lista
di cose da fare e di desideri , e
termina con una lista altrettanto
lunga di desideri insoddisfatti .
Ai figli non basta che "si facciano"
cose per loro . Se i genitori si limi-
tano a portarli a scuola, a preparar-
gli le merende più sane, a comprar
loro i giocattoli più alla moda, non
raggiungono lo scopo più impor-
tante. Quello di cui i bambini hanno
bisogno è la "compagnia" dei geni-
tori. Dimenticando questo, si perde
qualche cosa in più che qualche
ora di una giornata.
Il sistema preventivo è profonda-
mente umano , fondato sul convi-
vere e sui contenuti che questo
convivere deve possedere per· es-
sere ricco, soddisfacente, attraente
e costruttivo. Esistono dei momenti
privilegiati, in ogni giornata, che
non costano tanto in termini di tem-
po e di impegno specifico, ma che,
dal punto di vista educativo, sono
ricchissimi. Questi tre, per esempio.
1. MANGIARE INSIEME
Ormai sono sempre più numerose
le famiglie "formula uno", le famiglie
"da corsa". Per molte il rito del pa-
sto insieme è tramontato. Un tem-
po, soprattutto la cena, rappresen-
tava il momento che teneva unito il
nucleo familiare, lo spartiacque tra
il caos della giornata e il riposo not-
turno. « L'ora di cena », scrive una
mamma, «era quella in cui ci ren-
devamo conto di quanto fossimo
importanti l'uno per l'altro, nei mo-
menti belli e in quelli brutti. Era
un'occasione di relax : ci racconta-
vamo le novità, parlavamo dei pro-
blemi , passavamo in rassegna gli
eventi della giornata e facevamo
progetti per l'indomani».
Alcune attenzioni possono ravvi-
vare questa tradizione in pericolo:
I Il momento magico del ritrovarsi
insieme a tavola. Non è questo
il momento giusto per fare
processi ai figli.
È importante che anche i più piccoli
possano esprimersi.
L'impegno di mangiare insieme
deve essere condiviso da tutti. Ma-
gari non tutti i giorni, ma deve es-
serci un momento speciale, in cui
tutta la famiglia è riunita.
L'atmosfera deve essere serena.
È importante evitare le litanie del ti-
po: "Tieni giù i gomiti", "Stai seduto
diritto!", "Hai studiato la lezione?",
"Mastica con la bocca chiusa". La
cena non è il momento degli esami
di coscienza o dei processi collettivi.
La televisione deve essere spen-
ta. I sondaggi ripetono che il picco-
lo schermo rappresenta la principa-
le distrazione dur:ante i pasti delle
famiglie italiane. E importante dare
ai ragazzi la consapevolezza che il
tempo passato in famiglia è molto
più importante di quello passato
davanti al video.
Ogni famiglia dovrebbe avere dei
piccoli rituali. Si può dire una breve
preghiera di ringraziamento , distri-
buire gli incarichi di preparare, spre-
parare e lavare i piatti, festeggiare
le "imprese", ecc.
2. LEGGERE INSIEME
Molti genitori, e molti insegnanti, so-
no preoccupati per lo scarso inte-
resse verso i libri e la lettura dimo-
strato dai ragazzi e dai giovani. La
parola scritta porta con sé riflessio-
nè, ragionamento, immaginazione e
cultura . L'educazione alla lettura
passa però per alcuni stadi neces-
sari: i genitori devono prima leggere
per i fig li, poi leggere con i figli. Sol-
. tanto i genitori, con il loro esempio,
possono regalare ai figli la passione
per i libri e per la lettura.
Tutti devono imparare a racconta-
re e ad ascoltare. Si rischia sempre
di finire nel classico vicolo cieco
(Padre: "Cos'hai fatto oggi?" Figlio:
"Niente"). I ragazzi che sentono i
genitori raccontare e discutere le vi-
cende della vita quotidiana sono
poi quelli che più facilmente parle-
ranno dei loro successi e insucces-
si , delle persone incontrate , delle
idee sentite.
3. PREGARE INSIEME
È facile e frequente finché i figli so-
no piccoli . Si rischia di lasciar per-
dere, proprio quando può essere la
cosa più importante per tenere uni-
ta e arricchire spiritualmente la fa-
miglia. Anche partecipare alla Mes-
sa tutti insieme, almeno nelle feste
più importanti, dota la famiglia di
un'anima, un'anima grande.
BS MARZO 1995 - 17

2.8 Page 18

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IL MESE IN LIBRERIA
Libri novità a cura di Giuseppe Morante
Tes i- ame nto
PlEMME
TESTAMENTO
di Abbé Pierre
Piemme, Casale Monferrato,
1994
pp. 168, lire 25.000
IL "VANGELO" DELLO
SPIRITO SANTO
di Giuseppe Crocetti
Elle Di Ci , Leumann (To) ,
1994
pp. 304, lire 24.000
c;1 us1: 1•1•~ Cl!ot:t:.Tn
IL «VANGELO»
SPIJitLWNTO
Come capitò a San Paolo
di scoprire cristiani che non
conoscevano lo Spirito San-
to, anche oggi ci si può im-
battere nelle nostre comu-
nità in battezzati ignari della
sua presenza. Chi è lo Spi-
rito Santo? Che cosa dire di
lui nella comunicazione del-
la fede? Come vederne i
segni nella vita della Chiesa
e del mondo? Questo volu-
me vuol far prendere con-
tatto con i testi del Nuovo
Testamento che parlano del-
lo Spirito Santo , per inqua-
drare il suo significato dot-
trinale e attualizzarne il mes-
saggio mediante libere ri-
flessioni , anche con l'aiuto
del Catechismo della Chie-
sa Cattolica. L'autore stesso
precisa che i destinatari di
questo libro sono coloro che
sentono il bisogno di ascol-
tare ciò che lo Spirito dice
alle Chiese ... che in questi
nostri tempi sono molto nu-
merosi.
il frastuono , dentro di noi, di
pensieri inquietanti, per trovare
la nostra realtà più autentica.
Questo sussidio può essere
utile allo scopo. Descrive alcu-
ni fondamenti del cammino del
dialogo interreligioso per com-
prenderne necessità, rischi e
frutti ; offre in particolare alcuni
testi di meditazione in cui la
fede cristiana e la spiritualità
zen si incontrano liberamente,
nella prospettiva di favorire la
scoperta della verità con di-
sponibilità d'animo.
GIOVANNI PAOLO II
PAROLE
SULL'UOMO
L:1 lud~·, l'111m.1n•, il 1wn alo, la Sri\\•nw,
l:1p11lit k a, l11s1wr:111za: pari:•l111 p;1\\\\'l1i1 ,•ln
Dall'età di 20 anni l'Abbé
Pierre annota con cura rifles-
sioni , pensieri, prospettive , dia-
loghi interiori che danno forma
a questo libro , l'unico che egli
ha scritto in prima persona.
L'autore non delude l'attesa di
quanti lo ascoltano , lo ammira-
no, lo amano. Come un grande,
antico profeta, trasmette il suo
messaggio con la durezza e la
verità di chi ha sempre messo
in gioco la propria vita ; le sue
parole sollecitano ad inventare
per l'avvenire forme nuove di
una umanità più "autenticamen-
te umana".
LAZZARO L'AMICIZIA
NELLA BIBBIA
di Marco Garzonio
Edizioni Paoline, Milano, 1994
pp. 148, lire 20.000
Una finzione letteraria dell'au-
tore fa mettere in bocca a Laz-
zaro, l'amico di Gesù , del quale
i vangeli non tramandano i detti,
l'esperienza meravigliosa di cui
è stato protagonista a Betania,
nella casa dell'amicizia.
Il racconto (che appare quasi
come una meditazione ad alta
voce) descrive l'itinerario che
costruisce i diversi passaggi
dell'amicizia, e lancia un ardito
ponte tra il suo tempo ed il no-
stra : la scoperta affascinante
di quanto la Bibbia possa dire
sull'amicizia all'uomo ed alla
donna di oggi.
La meditazione aiuta a trova-
re le risposte alle domande che
sorgono spontanee sul nostro
vissuto spesso disgregato: che
cosa è l'amicizia; come si di-
venta amici ; si può creare una
vera amicizia tra persone di
sesso diverso; oggi è possibile
l'amicizia?
Lucia n o M azzocch i
/\\nna m,a ria Ta lla ri co
I[
VANQEL
ELO
OOIB
IL VANGELO E LO ZEN
Dialogo come cammino religioso
di L. Mazzocchi e A. Tallarico
Dehoniane, Bologna, 1994
pp. 190, lire 21 .000
Sembra importante scoprire
la modalità di un cammino spi-
rituale per ritagliarsi , nell'arco
della giornata, un momento di
silenzio : non si tratta semplice-
mente di eliminare i rumori pro-
venienti dall'esterno, ma anche
PAROLE SULL'UOMO
La fede , l'amore, il peccato,
la scienza, la politica,
la speranza: parla Papa Wojtyla
a cura di Angelo Montonati·
Prefazione di Vittorio Messeri
Rizzali , Milano, 1994
pp. 396 , lire 20 .000
Oggi le parole del Papa, la
cui esperienza umana non ces-
sa di affascinare, pesano molto;
hanno un interesse crescente
per il mondo, anche non cattoli-
co e non cristiano.
Il libro propone , sotto forma
di "lessico", una serie di pen-
sieri (come stimolo e confronto
anche per chi non crede) tratti
dai numerosissimi scritti e di-
scorsi di un protagonista della
storia contemporanea che può
guardare al mondo da un os-
servatorio privilegiato e che è
convinto che Gesù Cristo è l'u-
nica verità sull'uomo e sull'u-
manità.
18 - MARZO 1995 BS

2.9 Page 19

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DOSSIER MISSIONARIO
Pescatore birmano sul lago Inie.
MYANMAR (BIRMANIA), THAILANDIA, CAMBOGIA, VIETNAM:
LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
NEL SUDEST ASIATICO.
SU STRADE ANTICHE, IN MEZZO A NUOVE POVERTÀ.
a cura di Margherita Dal Lago
BS MARZO 1995 - 19

2.10 Page 20

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BIRMANIA.
La speranza di poter
aiutare i poveri a vivere,
ha fatto tornare le figlie
di Maria Ausiliatrice
tra i giovani birmani.
A nisakan è una cittadina dal cli-
ma dolcissimo. Intorno le col-
line disegnano l'orizzonte come un
ricamo. Arriviamo a Mandalay da
Yangon con un ' ora cli volo. Ma tutte
le nostre letture sulla situazione sva-
niscono di fronte al paesaggio che si
apre. Mentre percorriamo in mac-
china la strada che porta ad Ani-
sakan il verde ci viene incontro. E si
capisce solo arrivando qui perché la
gente coltiva prevalentemente fiori
e verdure.
La bellezza arriva dritta al cuore.
Del resto, ci dicono, questa è la par-
te del paese che il governo sfoggia
ai turisti. Qui si vedono le tracce e
l' impronta degli inglesi.
A ridosso della città di Maymyo,
che è un vero miracolo dell'econo-
mia socialista, Anisakan ha ormai
l'jmpronta moderna. Le piccole ca-
se sono allineate e squadrate in un
fazzoletto cli verde che le circonda.
Oggi sembrano lontani i tempi del-
1'intolleranza, ma se uno si guarda
un po' in giro si accorge che la li-
bertà è ancora un sogno. T militari
sono dappertutto. I primi posti sono
i loro e ti accorgi subito che la vita
ha regole scandite dai "generali".
Del resto Tarmadaw è una parola
che non può sfuggire neppure al tu-
rista più distratto: viene gridata da-
gli slogan pubblicitari. Le forze ar-
mate sono onnipresenti.
E non basta la lunga pri gionia di
Aung San Suu Kyi, prem io Nobel
per la pace nel I991 , a risvegliare la
democrazia; almeno per ora.
I 40 milioni di Binnani sono tutti a
domicilio coatto. Nessuno può uscire
dal paese se non dando allo stato il
10% del suo reddito. E il pedagg io
per entrare nell'aeroporto è di 300
dollari.
20 - MARZO 1995 IJS
Un gruppo di ragazze birmane
candidate a diventare FMA.
In Birmania suor Maria Myint ci
tornò quasi per scommessa. Sa-
peva benissimo che il governo le
avrebbe ritirato il passaporto. Ma
in cuore custodiva il sogno di ri-
costruire la presenza delle FMA
in Myanmar.
Così nel 1987, con il consenso
della madre generale Marinella Ca-
stagno, lasciò l'India e si avventu-
rò tra la sua gente. Per quasi quat-
tro anni visse presso la comunità
delle suore di San Luigi che lavo-
ravano per la cucina dei salesiani
condividendo con loro la missione
educativa, fino al giorno in cui ,
con altre due figlie di Maria Ausi-
liatrice birmane rientrate dall'India
e dalla Thailandia, suor Tecla Chit
May e suor Filomena Ma Yee , si
Anisakan. Bambini
di Myanmar.
costituì la prima comunità. Era il
1992. Erano passati 28 anni dal
giorno in cui le prime missionarie
avevano dovuto abbandonare il
paese. Quell'anno, il 1965, venne-
ro espulsi 262 missionari cattolici ;
furono statalizzate 311 scuole pri-
marie, 44 scuole secondarie e 8
scuole professionali. Rimasero in
Birmania solo i missionari entrati
nel paese prima del 1948.
Oggi oltre la piccola comunità, ci
sono quattro novizie, ma già altre
14 ragazze stanno orientandosi alla
vita religiosa. Suor Maria non esita
a dire: « I salesiani mi hanno dato
tutto l'appoggio morale di cui avevo
bisogno per resistere e per coltivare
la mia vocazione ».
o

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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La birmana San Suu Kyi,
premio Nobel per la pace.
La storia della Birmania è triste.
Tornano in mente le immagini di
«Arpa birmana » e la nostalgia
del /eit motiv che percorre tutto
il film .
Erano i primi anni '40 quando la
Birmania ha combattuto contro i
giapponesi per la propria indipen-
denza. Il generale Aung Sang poi
nel 1947 riesce a strappare agli
inglesi la reale autonomia. Ma
pochi mesi dopo un complotto lo
elimina e comincia un periodo in-
certo di guerriglie e di contese.
Nel 1962 il colpo di stato militare
porta al potere il generale Ne
Win, che, coerente con il sopran-
nome, vuole "brillare come il so-
le". Inizia così la via birmana al
socialismo dominata da un cen-
tralismo economico che non mi-
gliora affatto la situazione del
paese.
Ne Win si ritira nel 1981, ma con-
tinua a dominare dietro le quinte,
mentre le condizioni e lo stan-
dard di vita della popolazione
continuano a diminuire. Nel 1988
un nuovo colpo di stato instaura
il potere dello Sfare (State Law
and Order Restoration Council),
il potente regime marziale che
elabora una legge di emergenza.
Nel 1989 la Birmania diventa uffi-
cialmente Myanmar. Viene ribat-
tezzata anche la capitale : non
più Rangoon, ma Yangon.
I cambiamenti linguistici sono
orientati al recupero della lingua
birmana, ma il problema resta
l'apertura dei mercati in modo
da rompere l'isolamento durato
oltre 26 anni. Nel 1990 la coali-
zione governativa guidata da
Suu Kyi , figlia dell'eroe naziona-
le Aung Sang, vince a larga mag-
gioranza le elezioni, ma la giun-
ta militare impedisce al parla-
mento di riunirsi, anzi, dall'anno
precedente Suu Kyi è costretta
agli arresti domiciliari.
Le condanne dell'Onu, il conferi-
mento del Nobel per la pace a
Suu Kyi non hanno ancora sbloc-
cato la situazione. Un unico se-
gno positivo: la revoca del copri-
fuoco. I grandi cartelloni rossi av-
vertono minacciosi : «L'esercito
non dovrà mai tradire la causa
nazionale ».
In questa piccola città, anche du-
rante i tempi più duri, è resistita la
casa di noviziato dei salesiani e si è
preparata la piccola scuola materna
delle figlie di Maria Ausiliatrice.
Ma la scuola materna permette cli
formare le giovani famiglie e di ar-
t}vare, per altre strade, alle giovani.
E l ' unico tipo di scuola permesso ai
religiosi.
IL SENSO
DI UNA PRESENZA
In un Paese in cui 1'85% della po-
polazione pratica la religione buddi-
sta che cosa ci fanno i missionari
oggi? Ogni villaggio ha già il suo
monastero dove i phongy (i monaci
dalle tuniche gialle) vivono di ele-
mosina. E qui tutti, vecchi, giovani
e bambini possono trascorrere un
periodo della vita in austerità.
«Quello che importa, dice suor
Maria, è vivere qui insieme a questa
gente. La Birmania è un paese po-
vero, nonostante le risorse naturali.
Pensa che il 60% delle entrate cli
stato sono spese per la difesa. È la
storia di tutte le nazioni povere. Noi
qui ci occupiamo dei bambini e poi,
soprattutto, delle ragazze, mentre i
sales iani hanno una lunghissima
esperienza con i maschi.
Per le ragazze birmane non è un
problema la scuola primaria. Lo di-
venta se appartengono alle etnie mi-
nori, che il governo ostacola in tutti
i modi. I problemi nascono dopo,
ma siamo convinte che senza una
sensibilizzazione delle donne, la no-
stra società non può cambiare. La
società come è concepita nel buddi-
smo è particolarmente dura con le
donne».
Aci Anisakan l 'attività educativa è
organizzata in pieno stile salesiano.
Il risultato è che in due anni la scuo-
la è strapiena e bi sognerebbe allar-
gar~ le aule.
« E una fioritura straordinaria»,
conferma suor Maria. « Del resto
noi siamo nella "valle dei fiori",
non vedi? ».
BS MARZO 1995- 21

3.2 Page 22

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LA FRONTIERA
DEL NORD
THAILANDIA.
L'apertura missionaria degli ultimi dieci anni
ha allargato i confini di un paese
dove i cattolici sono piccolissima minoranza.
B angkok è una di quelle capitali
Le FMA al centro della città han-
che crescono ogni giorno. Il no un pensionato universitario. A-
traffico è congestionato. Soprattutto scoltando le giovani studenti si sono
la sera, quando poco dopo le sei, il incontrate spesso con il grosso inter-
sole cade improvvisamente. Attra- rogativo: si potrà fare qualcosa per
versando la città dopo il tramonto evitare "la tratta" dai villaggi? Tutti
gli alberghi del centro fanno mostra sanno, infatti , che i padroni ingag-
cli insegne rosse: sono i paradisi del giano, ragazze del Nord con lusin-
piacere, troppo noti per passare ghe. E disgrazia anche in Thailandia
inosservati. Qui i turisti si rifugiano nascere donna e si trova sia chi è di-
per notti rubate a ragazze giovanis- sposto a vendere un'adolescente, sia
sime, spesso a bambine.
chi si vergogna a reinserire una ra-
Thailandia. Una tomba buddista.
La Thailandia è il « Il Paese del sorriso ». Un sorriso amaro, quello
delle donne che vivono sulla loro pelle secoli di discriminazioni. Eppure
è questa « la terra dei liberi ». Gli insegnamenti del Buddha giustificano
di volta in volta lo sfruttamento sessuale rivendicando il ruolo della
donna di "angelo della famiglia". Su di lei grava l'accusa di essere un
impedimento al celibato , ed essendo impura non dovrebbe neppure
accedere al tempio.
I 30.000 templi thailandesi vivono , , delle donazioni di milioni di fedeli ,
ma solo alcuni offrono rifugio spirituale alle donne. In questa situazione
l'intervento dei vescovi in occasione dell'anno della donna thai , indetto in
onore del 60° compleanno della regina Sirikit nel 1992, è particolarmente
significativo.
« Lo status e i diritti delle donne thai - scrivono i vescovi - sono note-
volmente migliorati sia a livello politico che sociale. A esempio, esse pos-
sono diventare leader di comunità, Kamman (capo villaggio) , senatori e
ministri governativi. Tuttavia - prosegue il messaggio - la società thai
conserva pregiudizi nei confronti delle.donne. Fa ancora problema accet-
tare la dignità e il valore della donna. Le donne istruite nella capitale e
nelle grandi città hanno maggiori possibilità delle donne delle zone rurali
di acquisire un più elevato livello culturale e di svolgere professioni pre-
stigiose. Inoltre oggi le donne sono considerate beni commerciali. Sono
diventate schiave nell'industria turistica e pubblicitaria e, ancora peggio,
sfruttate sessualmente. Questi trafficanti di schiavi hanno una rete di col-
legamento all'interno del paese e a livello internazionale. Questa è una
realtà terribile e dolorosa. Difendendo la dignità della donna la Chiesa
thailandese contribuirà a far crescere la società, dove ci sappiamo rispet-
tare e stimare reciprocamente, vivendo insieme in quella pace alla quale
tutti aspiriamo.
o
22 - MARZO 1995 BS
gazza che ha abbandonato il clan.
li prezzo umano pagato dalla Thai-
landia per arrivare ad essere uno dei
paesi più ricchi del Sudest asiatico è
altissimo: il lavoro minorile e la pro-
stituzione sono due facce dello stes-
so problema: bisogna produrre a tutti
i costi. Sfruttando il richiamo turisti-
co e immettendo sul mercato a basso
prezzo prodotti concorrenziali. Nel
J981 , come segno cli fedeltà, è stata
aperta la prima presenza missionaria
a Phon Sung, un villaggio non trop-
po lontano dal centro della regione di
Udhon.
l.:A TERRA DELLE
FORMICHE BIANCHE
Incontro suor Imelda B arattino,
una piccola missionaria italiana, a
Chayaporn. A Bangkok ha imparato
a fare un po ' cli tutto, e sorride men-
tre allinea le scarpe che ha appena
aggius tato , accanto ai vestiti e a1
libri . Da tre anni si trova in questo
piccolo villaggio di confine, facil-

3.3 Page 23

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Visita a un villaggio nel pressi di Chayaporn.
mente dimenticato da chi vive nella
metropoli. Qui la vita è guasi primi-
tiva e la povertà è al limite della
sussistenza. E bisogna anche lottare
con le famose formiche bianche ca-
paci di ridurre in polvere la casa.
Come a Phon Sung, anche qui la
gente vive in piccole case di legno,
come palafitte. La terra è bruciata
dal salgemma e sopravvive solo
qualche specie di piante. La strada
asfaltata bisogna abbandonarla per
arrivare al villaggio. La maggior
parte della popolazione è cristiana e
vive attorno alla chiesa che, assicu-
rando la presenza di un prete, ha
permesso di ricostruire un tessuto
umano di relazioni capace di allon-
tanare il richiamo della metropoli.
Probabilmente le comunità cristiane
discendono dalla prima evangeliz-
zazione dei domenicani e dei gesui-
ti: hanno conservato la fede per
l'impegno dei catechisti.
A Phon Sung la scuola della mis-
sione è stata ridotta in polvere dalle
fonniche, ma questo non ha per nien-
te scoraggiato gl i abitanti, abituati a
combattere le avversità. li legno non
manca e perciò, palo su palo, è stata
Chayaporn (Thailandia). Giovani diretti a Udonthani
per un incontro di formazione.
L'lspettoria thailandese conta 97
suore e 11 comunità. È quasi un
primato avere quattro punti missio-
nari In patria e uno in Cambogia.
L'apertura missionaria è maturata
intorno al centenario di madre Maz-
zarello. Il richiamo-invito di madre
Marinella Castagno a essere attente
ai poveri, in ogni parte del mondo,
ha fatto sì che anche in Thailandia,
dove i cattolici sono poco più di
200 mila e il buddismo è vissuto
nella sua forma più rigida, ci si in-
terrogasse su nuove forme di pre-
senza .
Lo studio della realtà e l'impegno
a rispondere alle esigenze della
chiesa e dei poveri ha richiesto una
buona dose di coraggio: aprirsi
verso le frontiere del nord significa
andare ai confini. La regione nord
orientale di Udhontani è terra di fo-
reste e di piccoli insediamenti di-
slocati, fuori da grandi arterie di co-
municazione. In questi villaggi la
gente è in gran parte cristiana. Era
qui che le comunità si rifugiavano
durante le dure persecuzioni. Nella
zona ci sono, oggi, quattro comu-
nità, impegnate a far crescere con la
fede anche la qualità della vita.
ricostruita al centro del villaggio:
« Una scuola che perfino il sindaco ci
chiede in prestito, la domenica, per le
attività sociali. I rapporti con le auto-
rità civili sono diventati così rispettosi
che le suore sono state richieste, ad-
dirittura, per l'aggiornamento degli i-
segnanti statali».
A Chayapom, suor Imelda orga-
nizza tutto il villaggio. Nella scuola
insegnano due suore thailandesi. Lei,
invece, si occupa del resto: taglio,
cucito, promozione della donna. A
forza cli tessere rapporti sono riuscite
a impiantare un vero e proprio corso
per adulti con tanto di diploma rico-
nosciuto dal governo. Ma la gente, in
realtà, si accontenta di poco da que-
ste parti. Il fiume non fa mancare il
pesce, gli alberi danno legna. Basta
un poco di ri so a completare la dieta.
Suor Imelda, mentre mi accompa-
gna a visitare la scuola, mi racconta .
dei primi tempi quando la comunità
doveva imparare a vivere senza mol-
te cose. E, soprattutto, doveva supe-
rare alcune diffidenze. Si sa che in
BS MARZO 1995 · 23

3.4 Page 24

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ambiente buddista le donne non han-
no molte possibilità di movimento.
Gli alunni, dopo la scuola, vengo-
no dalle suore per il catechismo e
per le attività più varie: inglesè, chi-
tarra, ricamo. Ma l'impegno più for-
te è quello con le mamme. Questo,
infatti, è stato l'obiettivo primo: aiu-
tare le donne a trovare buoni motivi
per restare nella loro terra, guada-
gnandosi da vivere. Aiutarle a im-
parare un mestiere e a resistere alla
tentazione della città significa infatti
sottrarle a una schiavitù ulteriore.
Più pesante della povertà. È così
che è stato allestito un vero e pro-
prio laboratorio. Qui si confeziona-
no le divise per le grandi scuole
della città. Si cuciono vestiti che le
exallieve poi espongono e vendono
nelle mostre in città.
È una forma di solidarietà che nul-
la ha di elemosina, ma che ha per-
messo a molte di ritrovare dignità.
IN MEZZO SCORRE
IL FIUME
OLTRE LA SOGLIA
VIETNAM.
La ccquinta tigre dell'Asia»
sta trottando
verso la libertà?
Il silenzio è ormai rotto.
E anche la presenza
salesiana respira
un'altra aria.
A Tanl Ha, poco pili di un villag-
gio a 17 km dalla capitale, c'è
la casa che le figlie cli Maria Ausi-
liatric,e avevano anche prima del
'75. E qui che il rosario di " Ave
Maria" non ha mai smesso di essere
pronunciato durante i durissimi anni
delle confische. Guardo la Madonna
del cortile: quella che i militari han-
no battezzato "la signora". È stata
lei, dicono, a impedire l'irruzione
ogni volta che volevano entrare.
UN PO' DI STORIA
Mi faccio raccontare da suor Mad-
dalena la storia di questi anni: ha
sempre dell'incredibile quello che
filtra oltre il sorriso discreto di que-
sta donna, che ha tenuto unite le
suore per quasi vent'anni, mentre il
Vietnam era isolato dal resto del
mondo. Poco pilt di 50 anni, con il
suo abito-tunica secondo il costume
delle donne vietnamite, sembra più
giovane. Il sorriso le disegna I'ani-
ma sul volto. Ha l'intraprendenza
delle donne coraggiose. «Sono 33
Il Mekong è un fiume pigro e son-
nacchioso. Abituato alle lunghe guer-
re di resistenza ha imparato a sussur-
rare. Mai troppo forte. Le barche da
una riva ali 'altra trasportano segreti e
a ogni alba il fiume scorre via con il
suo carico di parole sussu1Tate mentre
le ~mbre si allungano.
E stato così che le suore hanno in-
contrato alcuni cristiani del Laos. La
solidarietà, tra i poveri, arriva a sfu-
mature sconosciute. Tra una sponda
e l'altra si sono quindi intrecciati
scambi di ogni genere. Solo che la
fede è un bene diverso che più si di-
vide e più si moltiplica.
Correndo anche dei ri sch i le co-
munità di qua e di del fiume han-
no imparato a riconoscersi e anche
le suore sono entrate nel giro: non ci
si può tirare indietro quando qualcu-
no ha bisogno.
Suor Imelda ne parla a bassa vo-
ce. Sa che è ancora tutto segreto.
Che il regime laotiano è ancora rigi-
damente contrario a scambi religio-
si. Tuttavia sono arrivati attraverso
il fiume gli inviti ad andare su ll ' al-
tra sponda, dove eia molti anni i cri-
stiani sono in attesa.
24 - MARZO 1995 ns
CAMBOGIA:
IL FILO ROSSO
CON LA TERRA
DEI KHMER
A Phnom Penh siamo partite
alla grande:
i corsi professionali
e la casa di accoglienza
sono finalmente pronti.
E un gruppo di giovani
collabora all'attività
educativa.
Il 4 ottobre 1994 la piccola comu-
nità di Phom Penh è sveglia presto.
« Fra tre giorni arriveranno le ragaz-
ze interne. E sarà l'avvio di un anno
scolastico in piena regola », dice
suor Maria Lakana, thailandese.
« Qui funzionano i corsi professio-
nali con qualifiche femminili. Dopo
aver passato i primi tempi a studia-
re puntigliosamente la lingua khmer
Phnom Penh (Cambogia).
Bambine dell'oratorio.

3.5 Page 25

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DEL
Vietnam. Collaboratrici delle FMA.
Ragazza dei dintorni di Saigon.
ora ci siamo lanciate in un'impresa
che per noi ha un significato enor-
me. Abbiamo già stampato il primo
libro di testo per accompagnare lo
studio del corso di confezione e ri-
camo».
« Siamo una comunità internazio-
nale, una filippina, due colombiane,
una thailandese e una indiana, e
abbiamo competenze diverse. Que-
sto ci aiuta a completarci molto. Si
può mettere insieme il pronto soc-
corso con la scuola. In questo mo-
mento stiamo preparandoci gli stru-
menti per insegnare inglese, etica,
disegno .. . Per la parte linguistica c'è
la piena collaborazione di alcune in-
segnanti cambogiane, che ci hanno
sostenute nel duro tirocinio di impa-
rare a balbettare "buon giorno" ».
« La difficoltà più grande », confi-
da la filippina suor Maria Elena, « è
proprio la lingua. Bisogna cono-
scerla per comprendere il modo di
pensare e di vivere ».
WELCOME HOPE. Le prime tre
suore sono arrivate in Cambogia
1'8 dicembre 1992: un giorno caro
alla tradizione salesiana perché ri-
corda che don Bosco, nel 1841 , ha
incontrato il primo ragazzo, Bartolo-
meo Garelli, dando inizio al primo
Oratorio. I salesiani erano entrati in
Cambogia solo un anno prima ; ave-
vano già avviato un centro profes-
sionale e superato l'impatto lingui-
stico. Suor Maria Elena ha comin-
ciato a insegnare inglese (è la lin-
gua commerciale più richiesta) e
cosl , senza avere un'opera propria,
le suore sono state catapultate nel-
la realtà giovanile, mentre studiava-
no accanitamente la lingua khmer.
Ora il giardinetto di casa è diventato
un grande cortile. A fianco dell 'abi-
tazione delle suore è sorta la scuola
e più in là sono stati ricavati i locali
per una "welcome house", la casa
dove la speranza è benvenuta.
Girando per Phnom Pen si vedo-
no ancora vive le ferite della guer-
ra. Ma il peggio è dentro la casa :
famiglie che contano i morti e i mu-
tilati. Sono soprattutto le donne a
portare il peso di questa ricostru-
zione perché sono sopravvissute
allo sterminio in numero maggiore.
RICOMINCIARE DALLE RAGAZ-
ZE. Il regime di Poi Pot ha semina-
to terrore. Quando entri in una del-
le scuole-museo, con i muri tappez-
zati di foto si pensa subito che Au-
swichtz sia arrivato fin qui e che la
barbarie non ha tempo né spazio.
Qui ricostruire vuol dire ricomincia-
re. E la scelta delle suore è quella
di ricominciare dalle ragazze. Una
casa per ragazze studenti è neces-
saria. Sono ragazze incontrate
sulla strada, in gran parte, arrivate
a Phnom Pen da villaggi poverissi-
mi che puoi vedere appena oltre il
fiume . In città queste ragazze bat-
tono i marciapiedi e basta. Rara-
mente possono trovare lavoro per-
ché mancano di una cultura suffi-
ciente . « Con noi riescono a lavora-
re, a studiare e a imparare quel
piccolo patrimonio di cose che pos-
sono servire per educare i figli »,
dice suor Teresita . " Vorremmo as-
sicurare, nei limiti delle nostre for-
ze, una formazione completa» . E al
centro professionale hanno la pos-
sibilità, ormai, di frequentare i corsi
di dattilografia e computer, di ap-
prendere la tecnica del cucito indu-
striale che permette di trovare lavo-
ro, di avere nozioni di inglese, ma-
tematica, igiene, etica...
o
ns MARZO 1995 - 25

3.6 Page 26

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anni che le FMA sono in Vietnam e
noi sappiamo cosa sono i miracoli.
Dal 1975 in poi, fino a quando, nel
1989, si sono fatte alcune aperture al
mondo, sentivamo solo il suono
della nostra voce. Le lettere doveva-
no fare giri tortuosi prima di uscire e
prima di giungere fin qui. Io ho fatto
quello che potevo e quello che il Si-
gnore suggeriva sul momento. Nel
giro di un giorno abbiamo aperto
una casa e ci siamo suddivise in tre
piccole comunità, in modo da non
dare nell'occhio. Così riuscivamo a
vederci, a continuare la nostra for-
mazione ad avere qualche contatto
con le giovani.
C'era sempre la paura dell'irruzio-
ne dei militari: era proibito ogni as-
sembramento, in qualsiasi istante po-
tevano domandmti il documento di
identità. La prospettiva era solo l'in-
ternamento. l primi anni, soprattutto,
non avevamo alcuna attività edu-
cativa, solo i campi e le fabbriche .
Le nostre piccole stanze, qui, sono
diventate di volta in volta camere,
cappella, rifugio, luogo di incontro.
La scuola grande era stata occupata
dai militari. Era importante avere
"case piccole". Quello che tu vedi è
già un altro Vietnam. Da quando è
stato tolto l'embargo americano Ho
Chi Minh (l 'antica Saigon) è diven-
tata il centro commerciale di tutta la
nazione. Le attività commerciali si
sono moltiplicate. Gli investimenti
esteri sono stati numerosi. Tu vedi
già le strade tracciate cli nuovo, con
criteri moderni , vedi i palazzi al
posto delle vecchie case malandate.
I vietnamiti sanno lottare e hanno
dimostrato di° saper vincere. Credo
che oggi in tutti noi , con significati
molto diversi, ci sia una gran voglia
di costruire la speranza, che signifi-
ca benessere, ma che è anche ritro-
vamento di radici antiche».
I TARLI NASCOSTI
«Disoccupazione, violenza, prosti-
tuzione». Così sinteti zza suor Mad-
dalena i pericoli più grossi del nuovo
Vietnam. «Quasi il 48% della popo-
lazione vive ancora iJ1 condizioni di
povertà estrema. Dietro le mura dei
26 ° MARZO 1995 BS
comodissimi alberghi a cinque e a
quattro stelle, dietro le fabbriche con
l'ultimo ritrovato tecnologico impor-
tato dal Giappone, ci sono le catapec-
chie dei poveri a cui nessuno pensa.
Ci sono intere famiglie che vivono in
una stanza di due metri per quattro.
Sono loro le vere vittime del fallito
programma. Sono lavoratori con le
mani vuote, senza denaro, senza spe-
cializzazioni, senza istruzione. Sa-
ranno piccoli venditori _ambulanti per
tutta la vita, oppure saranno i brac-
cianti pendolari, condannati a fare i
conti con la concorrenza.
È per questo che cresce il fenome-
no dei ragazzi di strada. A Ho Chi
Minh, alla fine del 1993 si calcolava
che 15.000 ragazzi sotto i 16 anni
erano costretti a rubacchiare per le
strade o nei mercati. Può sembrare
un numero piccolo. Ma è un fenome-
no nuovo. Fenomeno delle periferie
violente che hanno bisogno di noi.
Un'altra ricerca condotta sempre
nella città di Ho Chi Minh conferma
che in sei mesi 562 giovani hanno
commesso reati anche gravi. ln ge-
nere si tratta di ragazzi con una scar-
sa scolarizzazione, spesso analfabeti.
La terza piaga è la prostituzione e
questa tocca in maniera più forte noi
come donne impegnate nell 'educa-
zione. Solo nella capitale si calcola-
no dalle 80 mila alle I00 mila pro-
stitute, ma i dati sono piuttosto in di-
fetto che in eccesso. Molte di queste
ragazze sono appena adolescenti, in-
dotte a prostituirsi con l'inganno di
un facile guadagno. Anche in questo
Le case delle FMA in Vietnam sono
cinque, con 31 suore professe. In
tre case sono stati attivati corsi
professionali accanto alle opere
parrocchiali e alla scuola materna.
Ci sono 31 ragazze che stanno ve-
rificando la propria vocazione. Ce
ne sono altre sette ormai decise a
diventare figlie di Maria Ausiliatri-
ce. Le Novizie sono nove. E si pro-
getta una nuova presenza.
allievi della scuola materna
oratorio
gruppi di impegno
scuola per catechisti
corsi formativi
catechesi parrocchiale
773
1780
204
278
401
742
I Madonna a forma
di "falce e martello". Arte sofferta
degli anni della persecuzione.
caso il 70 per cento ha un livello di
istruzione medio-bassa. Si aggiunge
un 17% che è del tutto analfabeta.
Adesso che è possibile un minimo
di attività sociale, noi dobbiamo
pensare a questi che sono i nuovi
poveri».
PIÙ ECONOMIA,
PIÙ CULTURA
Tutti parlano del Moi Doi , cioè del
nuovo corso economico. Mi spie-
gano che non si tratta solo cli econo-
mia, ma che la gente collabora con
grande vitalità anche nella realizza-
zione di un nuovo impegno culturale
e religioso. «Cosa c'è di realmente
diverso?», domando. «Tu puoi ve-
dere: le scuole sono state in gran
parte riparate, altre sono state co-
struite nuove », prosegue suor Mad-
dalena, con il tono sommesso cli chi
sa cos'è stato l' isolamento. «Adesso
ci sono libri , biblioteche. Le univer-
sità funzionano e si sono moltiplicati
i centri per lo studio cli lingue estere.
È evidente che nelle zone rurali il
problema è diverso, più difficile eia
risolvere, più complesso. Ma in ge-
nere il livello culturale si sta alzan-
do. Tu adesso puoi avere qualche
strumento di comunicazione. Puoi
ricevere la posta. Puoi telefonare.
Hai visto le catene di alberghi. La
rete turistica è ormai al primo posto
nel processo di sv iluppo ... ».

3.7 Page 27

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EDITORIA L'incredibile parabola del Cottolengo, «città della speranza».
IL SANTO
DELLA PROWIDENZA
di Domenico Agasso
- - - - --- - ----,,-lh • I
Nel cuore della vecchia
Torino a due passi
dalla cittadella
di Don Bosco, nasce
la « Piccola Casa della
Divina Provvidenza»,
un miracolo di carità
afavore degli ultimi.
Un libro ne racconta
le origini e gli sviluppi.
Servire Gesù negli abbandonati,
nei malati, nei più poveri
e sofferenti.
G iuseppe Benedetto Cottolengo
era nato nel 1786 a Bra, cittadi-
na a una cinquantina di chilometri
da Torino sulla via per Savona, in
una famiglia con discreto benessere.
li padre era esattore delle imposte.
·Primogenito di dodici (sei morirono
di pochi mesi o pochi g iorni) fu
anche il primo a entrare nello stato
ecclesiastico. Lo seguirono i fratelli
Luigi, poi sacerdote e insegnan te a
Chieri, e Ignazio, che si fece dome-
nicano col nome di Alberto e fu par-
roco a Genova, in Santa Maria di
Castel lo. Il quarto frate Ilo, Agosti-
no , si dedicò invece alla pittura. E le
due sorelle vissero sempre in casa
senza sposarsi.
Ordinato sacerdote nel 18 ll , il
Cottolengo fu per un po' di tempo
vicepan-oco a Corneliano cl ' Alba, e
intanto si laureava in teologia. Pen-
sava di fare il parroco e si iscrisse a
uno dei concorsi indetti dalla dioce-
si, ma non riuscì a vincerlo. Però,
grazie alla laurea in teologia, fu chia-
mato a Torino, dove si era fatto libe-
ro un posto di canonico della SS.
Trinità nella metropolitana. Comin-
ciò così la vita in comune con altri
sacerdoti nella chiesa torinese del
Corpus Domini in una zona popola-
re, vicino al mercato delle verdure.
Buon prete attento ai suoi doveri ,
non aveva però troncato con la fa-
miglia a Bra. Anzi. Era in rapporti
abbastanza stretti , e al padre dava
del « lei » secondo gli usi del tempo.
I La copertina del libro di Agasso.
Per gentile concessione
della Rizzali, riportiamo in queste
pagine un'ampia parte del capitolo
quarto.
Non erano ran I suoi interventi in
questioni di denaro, con suggeri-
menti piuttosto oculati sul· modo di
amministrarlo con profitto.
Era anche richiesto qua e come
pred icatore. Ma aveva un 'oratoria un
po ' all'antica per il suo tempo, con
troppi ornamenti e «grazie »; l'equi-
valente ecclesiastico del codino di
Vittorio Emanuele I. Glielo dissero,
e lui cambiò prontamente, passando
all'esposizione discorsiva e tranquil-
la. Così sembrava destinato a lascia-
re buona memoria di oratore cordia-
le, di confessore preparato e benevo-
lo, e assai popolare tra la gente del
mercato. Passando tra i banchi, rice-
veva piccoli regali: un frutto, un po'
di verdura, un 'acciuga.
BS MARZO 1995 - 27

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I Il Cottolengo, una casa aperta a tutti. Le illustrazioni
di queste pagine sono di Nino Musìo, e fanno parte
dell'audiovisivo LDC San Giuseppe Cottolengo,
il padre dei poveri.
I San Giuseppe Cottolengo accoglie Margherita alla
" Volta Rossa ", in Via Palazzo di Città. E una paralitica
ed è la prima malata del suo piccolo ospedale.
UNA CARROZZA
DA MILANO
Aveva ormai 41 ann i quando per
lui venne improvvisa la svolta. La
domenica 2 settembre 1827 arriva
in carrozza da Milano, diretta a
Lione, una donna gravemente mala-
ta: Giovanna Maria Gonnet, col ma-
rito e con tre figli di cui il maggiore
ha sette anni . Poiché è incinta, la
portano - ormai in condizioni tragi-
che - all'ospizio di maternità, che la
respinge perché è anche malata di
tubercolosi. Al tubercolosario, poi,
non la vogliono perché inc inta; e
anche strani era.
Questi sono i regolamenti e le
«competenze ». Torino, all'epoca, ha
ospedali specializzati per molte ma-
lattie, ma tutti con pochi posti; di qui
le occhiute distinzioni nell'ammette-
re gli infermi, di qui anche le cacciate
a ripetizione; come quelle che man-
dano Maria Gonnet su un giaciglio
del «Deposito » per infei111i raccattati
nelle strade. E qui la donna muore.
L' ha assistita fino all ' ultimo pro-
prio il canonico Cottolengo, che da
que l momento diviene un altro
prete. Di fronte alla crudeltà opaca
delle "strutture" fondate sui regola-
menti, decide di dar vita a un '"anti -
struttura" fondata sulla persona:
ossia un centro di assistenza aperto
a tutti. Come sp iegherà poi: un 'ope-
ra per «soccorrere alcune di quelle
persone che a norma dei regolamen-
ti e delle leggi non possono essere
acco lte nei venerandi ospedali citta-
dini o perché mancanti di residenza
o perché dimesse dagli stessi ospe-
28 - MARZO 1995 BS
dali, in quanto affette da malattie
croniche e incurabili, e che per le
più sva riate vicende rischiano di pe-
rire miseramente abbandonate ».
Il 17 gennaio 1828 aveva già or-
ganizzato in embrione la s ua opera:
alcune stanze, alcuni letti, due am-
malati , in una casa vicina al munici -
pio di Torino, detta della Volta Ros-
sa. Il 17 gennaio era ed è la festa li-
turgica di sant ' Antonio abate; e an-
cora oggi alla Piccola Casa in que-
sto giorno si canta il Te Deum in
segno di ringraziamento. Il Cotto-
lengo, infatti, ha sempre considerato
grazia celeste quell'idea che g li
venne, di accogliere tutti i rifiutati.
FA TUTTO LA DIVINA
PROVVIDENZA
Nel grande fabbricato ( proprietà
dei principi di Masserano) si fecero
liberi a ltri locali, che il Cottolengo
prese subito in affitto. E venne a di-
sporre in tutto di nove stanze al se-
condo e terzo piano, attrezzate con
letti nuovi. Nel rione si parlava
della novità, ne i negozi, al mercato,
e presto le stanze ebbero un loro ar-
redamento sia pure eterogeneo, con
una provvista iniziale di biancheria.
La gente capiva e aiutava. Anche i
canonici del Corpus Domini soste-
nevano con buone offerte quella che
pareva una bella opera parrocc hiale.
Meno sodd isfatt i erano g li altri in-
quilini del casamento, disturbati e
impauriti dalla vicinanza dei malati.
Anche il fratello domenicano del
Cottolengo cominciava a impensie-
rirsi: bella l'idea, ma forse si stava
mettendo troppa carne al fuoco; me-
glio non ingrandi rsi troppo, fermar-
si in tempo.
Giuseppe Cottolengo cercò di ras-
sicurare il fratello, con argomenti che
dovettero invece preoccuparlo: erano
una sorta di parabola del pio ottimi-
smo, anche un po' infantile. Diceva
in sostanza il canonico: è verissimo
che non bisogna esagerare, ma io
non progetto nulla, non c 'entro; qui
fa tutto la Divina Provvidenza, che
certo io non posso ammonire o fre-
nare: devo solamente assecondarla.
Forse queste parole scatenarono il
panico nel domenicano: ma erano
l'esposizione succinta e precisa di
quello che veramente sarebbe stato il
suo programma, fino alla morte.
In complesso, il "Deposito" della
Volta Rossa diede ospitalità via via
a non meno di duecento invalidi e
infermi. Tutti irregolari che non
avevano altro luogo dove andare.
Gli altri ospedali e ricoveri li aveva-
no respinti.
Poco tempo dopo venne respi nto
lui , Giuseppe Cottolengo. F u nell 'a-
nimato 1831. L'anno della grande
paura per il colera.
L'epidemia si era manifestata nei
domini asburgici fino al li torale
adriatico: quasi un preannuncio di
quella che sarebbe esp losa alcuni
anni dopo, violentiss ima. Come sem-
pre, ci fu panico dappertutto; i go-
verni bloccavano le frontiere , isola-
vano le zone infette con i cordoni
sanitari , e anche nei luoghi ancora
immuni cercavano di eliminare i
possibili centri di contagio.
A Torino gli inquilini della Volta

3.9 Page 29

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- Il Cottolengo nelle soffitte di Torino.
Il Cottolengo scrive al re per difendere i diritti
degli ammalati.
Rossa chi edevano già da tempo I'e-
spul sione dei malati del canonico
Cottolengo. Ora, le nuove proteste
sommate al la paura provocarono
l'ordine governativo: chiudere. Il
4 ottobre 1831 non c'era più un in-
fermo in quelle stanze. Tutto finito.
TRASFERIMENTO
A VALDOCCO
Ma rimaneva lui, col gruppuscolo
combattivo. La signora Marianna
Nasi, vedova di un commerciante,
organizzatrice delle .prime volontarie
dette allora "dame di carità". Il for-
naio Tommaso Rolando, figura auto-
revole della "Confraternita degli Ar-
tisti" (artigiani), che dedicava all 'o-
pera tutto il tempo libero. C'era il
dottor Lorenzo Granetti: già medico
dei poveri in Torino a spese dell 'Isti-
tuto San Paolo, poi ufficiale della sa-
nità militare e sempre med ico gratui-
to per gli ospiti del canonico. Infine
rimanevano i malati: il cuore del-
l'opera. Dalla Volta Rossa erano stati
trasferiti a gruppetti in varie case, e
l'assistenza contin uava, aspettando
la sede nuova che il canonico avreb-
be sicuramente trovato. Torino allora
stava progredendo dai 75.000 abitanti
dell 'anno 1800 ai 130.000 cli metà
secolo; c'era abbondanza di siti buo-
ni e si incoraggiava la costruzione.
Lui però stava alla larga dalle aree
più promettenti. I prezzi non poteva-
no essere all a sua portata, e forse te-
meva per il futuro: altri vicini sch iz-
zinosi e ignoranti , altri rischi di cac-
ciata. Andò a cercare fuori città, in
una zona umida e superclepressa che
non attirava nessuno: le basse quasi
disabitate che si raggiungevano per
una strada in discesa verso il cimite-
ro di San Pietro in Vincoli, e che si
ch iamavano Valclocco.
Non riuscì difficile al canonico af-
fittare lì, nella primavera ciel 1832, un
fabbricato con piccola stalla, una tet-
toia e un fienile. Riadattato, l' insieme
poteva accogliere quattro letti , e il
27 apri le 1832 an-ivarono i primi malati.
Di qui , poi, si sarebbe sv iluppato
tutto con affitti e compere, donazio-
ni , ampliamenti, fabbricati nuovi.
LA SUA ULTIMA PREDICA
Verso la fine del 1841 scoppiò
nella Piccola Casa una violenta ep i-
demia cli tifo petecchiale, con molte
vittime tra i ricoverati, le suore e so-
prattutto i preti: ne morirono sei su
otto. Quando si amma anche il ca-
nonico Cottolengo, la cosa fu subito
preoccupante in quell'organismo già
tanto usato, ben più logoro dei suoi
56 anni. Lo indebolivano poi i po-
stumi cli un 'aggressione subìta alcu-
ni anni prima: mandanti, certi orga-
nizzatori della prostituzione, che
eg li combatteva offrendo casa e la-
voro alle donne sfruttate: ne aveva
riportato fer ite al torace, mai rimar-
ginate ciel tutto.
Diagnosticato il male, non poteva
più illudersi, e volle congedarsi da
tutte le sue isti_tuzioni, una per una.
Visite brevi, un addio anche elegante,
con tutti i suoi contenuti spirituali ed
esortativi .
Solo il giovedì 2 1 aprile 1842 ven-
ne un segno penoso cli cedimento alla
malattia. Torino stava festeggiando il
matrimonio ciel duca cli Savoia (futu-
ro Vittorio Emanuele II) con l'arci-
duchessa Maria Adelaide cli Asbur-
go, alla quale Giuseppe Verdi aveva
allora dedicato una nuova opera, il
Nahuc:co. ln piazza San Carlo c'erano
le ultime prove ciel carosello in costu-
me fissato per l' indomani. Il 2 1 aprile
è anche festa di sant' Anselmo d 'Ao-
sta, arcivescovo cli Canterbury e dot-
tore della Chiesa: il canonico Cotto-
lengo volle celebrare la messa e pre-
dicare. Era la sua ultima predica e
non riuscì a concluderla: raccontando
la vita del santo, a un tratto si smarrì;
cercava Je parole, ma gli veniva sem-
pre la stessa frasetta, ripetuta decine
cli volte. Dovettero portarlo a braccia
giù dal pulpito.
Allora, decise. Un ' ultima occhiata
alla cassa e l'invio cli acconti ad al-
cuni creditori. Disposizioni per la
biancheria da mandare a famiglie
povere. Infine, nello stesso giorno,
il viaggio in carrozza verso Chieri,
una quindicina cli chilometri eia To-
rino. Fu accolto nella casa ciel fra-
tello Luigi, anch'eg li canon ico. E
morì osp ite cli lui , il 30 apri le 1842.
Giuseppe Cottolengo non lasciò
precisi regolamenti , come sappia-
mo, ma soltanto ricordi e consuetu-
dini . Come quella dei due Te Deum
annuali cli ringraziamento; uno, quel-
lo cantato dappertutto ogni 3 1 di-
cembre; l'altro, specifico della Pic-
cola Casa, da cantarsi il 17 gennaio,
festa cli sant' Antonio abate e anni-
versario del primo ricovero, quello
della Volta Rossa.
Domenico Agasso
BS MARZO 1995 - 29

3.10 Page 30

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■ i@•t) A Pisa da quasi cent'anni a servizio dei giovani universitari. Oggi è in
I GIOVANI ASPETTANO
UN MIRACOLO
di Antonio Miscio
I Lungarno di Pisa,
spina dorsale ~ella città.
Il rilancio della presenza
salesiana a Pisa . Una
città prestigiosa presa
d'assalto da decine di
migliaia di universitari.
Pisa. Sul mezzogiorno, all 'una, all'ora di desinare, i bar, le piccole trattc;>rie,
gli scalini , le mense si affollano di giovani universitari.
P isa non si descrive. Pisa si vede.
Città meravi gli osa, ricca di sto-
ria, di arte, di memorie. Persino Don
Bosco, così proteso a ltrove, a intes-
sere con fi li v iventi altre bellezze, ad
ascoltare armonie su altri reg istri , ne
sentì il fascino. E a don Rua nel di-
cembre del 1865, mentre era ospite
del cardinale Cosimo Corsi per un
ritorno di cortesia, così scrive:
« Sono a Pisa con il card inale Corsi,
dove vivo veramente da signore.
Non mi manca altro che i g iovani
dell 'Oratorio e poi sarei contento.
30 - MARZO 1995 IJS
Ho veduto l'Arno che divide Pisa
per metà; il Duomo che è una famo-
sa Basil ica; la Torre pendente, che
ha la sommità la quale si all ontana
sette metri dalla base; la Torre dell a
fame, dove morì il Conte Ugolino
co' suoi figli ; il Battistero che è una
meravig lia di struttura in marmo e cli
lavoro; un Camposanto cli tale e
svariata magnificenza, che appaga e
conserva in pace tutti coloro che vi
hanno la loro dimora. Tutte cose che
mi piacciono. Ma non ho veduto i
mie i giovani ». Quel ma è la ri serva
ciel cuore, la spia del l'amore del
padre, che tra tutte quelle meraviglie
sente l'urgenza dei fig li , la loro
mancan za.
Pisa è tutte queste cose che Don
Bosco racconta a don Rua . Ma Pi sa
è tante altre cose ancora.
Le Crociate, da cui la terra santa
ciel Camposanto. I Lungarni lumino-
si, splenclicli , annon iosi. l pergami
famosi del Pisano in Duomo, nel
Battistero, clall ' eco profonda, secola-
re. Pisa è la repubblica Marinara, con
Genova e La Meloria; con Ama lfi e

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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progetto un nuovo centro giovanile multiforme.
UNA STRARIPANTE
GIOVENTÙ
IPisa. La torre, simbolo della città,
un miracolo di arte e di equilibrio.
In un angolo della centralissima
piazza del Duomo,
la "piazza dei Miracoli", sorge
la Libreria salesiana arcivescovile.
la concorrenza nel Medite1rnneo.
Pisa nell 'ottocento è l' Università,
la Scuola N01male Superiore con i
grand i maestri della cultura e delle
scienze, il Barbi e il D 'Ancon a, i
matematici Ulisse Dini, Enrico Betti,
Luigi Bianchi; con Giovanni Gentile
e poi Enrico Fermi.
Ma se spostiamo appena lo sguar-
do , elevandolo, per il mondo catto-
lico alla fine dell'ottocento e fino al
191 8, Pi sa è Giuseppe Toniolo. E
viene in mente quella irripetibile
temperie di lotte e di risveglio. Le
confere nze di Malines, l'Opera de i
Congressi, la Rivista Di Scienze so-
ciali e i suoi congress i, la Rerum
Novarum, le Settimane sociali , l' i-
dea di una Democrazia Cristiana e
la sospirata Università Catto lica.
E Giuseppe Toniolo teneva la sua
cattedra con alto sapere e straordi-
nari a dignità, onore della cattolicità,
la cattedra di Scienze politiche e di
economi a.
Per i salesiani Pisa è soprattutto la
gioventù , la folla della gioventù stu-
dentesca. «Ma non ho veduto i mie i
giovani"». Con gli occhi di Don
Bosco noi vediamo oggi in Pisa una
straripante multitudine di giovani.
Mille, quando don Rua mandò nel
1897 i primi tre salesiani. Settemil a
negli anni cinquanta, quando il. pen-
sionato uni vers itario sales iano rag-
gi unse il suo massimo di sessanta
giovani convittori . Trentacinquemi-
la oggi, 1995, e fo rse di più ancora.
Sono i giov ani che Don Bosco desi-
derava ne l cuore e non vedeva con i
suoi occhi e li vediamo noi . Vedia-
mo le bellezze perenni, e vediamo i
giovani. Il fascino de lle prime; le
necessità dei secondi che interpella-
no per una presenza più assidu a alla
gioventù locale e pure mirata all 'ac-
coglienza educativa di quella che
accorre da ogni parte d'Italia alle
facoltà universitarie, celebrate quel-
le di Statistica, di Informatica, di
Matematica e Fisica, alla Scuola
Normale Superiore, a Sant' Anna.
I salesiani a Pisa hanno nobili
ascendenze. Quando il Toniolo vol-
le dare corpo concreto alle sue idee
di educazione, di presenza tra i gio-
vani, di cura dei loro problemi e di
attenzione, pensò a Don Bosco, a
lui si rivolse. Lo incontrò, si fece
incontrare, quando Don Bosco ven-
ne a Pisa, l' ultima volta nell ' 87. Gli
chiese espressamente di inviare i
suoi salesiani . Che non pensasse so-
lamente all a Patagonia. Pisa e ogni
città erano la Patagonia.
Morto Don Bosco Tonjo)o non ab-
bandonò l'idea. Scrisse a don Rua,
brigò, attese; ri scrisse, seguì perso-
nalmente, insistette, guidò, si fece
mallevadore, soddisfatto solo quan-
do vide i salesiani insediati in città.
E la sua partecipazione alla vita del-
1'opera sales iana in Pisa era concre-
ta, assidua, pronto ai suggerimenti ,
in prima fila, uno di casa.
Pietro Maffi poi, il grande cardi na-
le, arcivescovo della città dal 1903 al
1931, innamorato di Don Bosco che
aveva conosci uto nel seminario di
Pavia, quando era ancora chierico e
Brevi-~
VERONA. Al Seminario di stu-
dio " All'ascolto de lla Chiesa in
Cina" il salesiano cinese Joseph
Zen, docente di teo logia a Shan-
ghai, è stato invitato a portare la
sua esperienza sul tema: Preti in
Cina oggi: come si preparano i
successori dei vecchi testimoni. li
programma prevedeva anche vari
altri temi, come la storia contem-
poranea della Cina e le attese e
speranze dei cinesi cristiani. È cre-
scente in Italia l'interesse per il
futuro della fede in Cina.
ROMA. Avrebbe compiuto 94
anni a gennaio don Pietro Battez-
zati, mi ssionario in Cina dal 1926
al 196 1. Salesiano della prima ora,
godette giovanissimo a Valdocco
dell ' amicizia del beato don Rin al-
di . Era stato ordinato prete in Cina
dal beato monsignor Luigi Versi-
g lia, che avrebbe dovuto accompa-
gnare nell ' ultimo viaggio, ma fu
invece sostitu ito dal beato Callisto
Caraviario. Egli stesso raccontava
volentieri questo " martirio manca-
to", che non gli impedì tuttavia di
vivere con pienezza e gioia il suo
sacerdozio. In Cina fu direttore,
parroco, rettore di seminario, dele-
gato de l rettor magg iore per le
FMA. Negli an ni '40 visse per un
anno nei campi di concentramento
cinesi. Tornato in Itali a fu soprat-
tutto confessore. «Aveva la passio-
ne cli vivere propria di un giova-
ne», dice di lui don Giovanni
Fedrigotti, regionale d'ltalia. E
ricorda una sua frase -testamento:
«In terra è possibile essere fe lici ,
ma solo a patto di amare il Signore
sopra ogni cosa».
SANTO DOMINGO (Repub-
blica Dominicana). Per il secondo
anno consecutivo il 3 1 ge nnaio,
festa di Don Bosco, si è celebrata
la Gi ornata della Gioventù domi-
nicana. Una grande assemblea
giovanile convocata nella catte-
drale si è conclusa con Eucari stia,
celebrata da l cardina l Lopez Ro-
driguez, presidente del Celam.
IJS MARZO 1995 - 31

4.2 Page 32

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Fatti &
Persone
TORINO. Mercoledì 8 fe bbraio, alle ore
17, nella basilica di Maria Ausiliatrice, il
cardinale Giovanni Saldarini , arcivesco-
vo della città, ha istitui to il tribunale d io-
cesano per il processo di beatificazione
di c inq ue servi di Dio. Tra ess i fi gurava
Margherita Occhiena, madre di San Gio-
van ni Bosco. È questo un altro passo
importante di Mamma Margherita ve rso
la g lorificazione. L 'i nizio de l processo
va considerato per no i un evento im por-
tante. La madre di Don Bosco ha condi-
viso con il fig lio le vicende de ll a sua
vocazione al sacerdozio, gli iniz i dell'at-
tività con i giovani e la stessa nasc ita del-
la congregazione salesiana, che da Mam-
ma Margheri ta ha ricev uto l'impronta
dello spirito di famiglia.
Gl i altri servi di D io erano Carlo Tancre-
di Falletti , marchese cli Baro lo, marito cli
G iulia Colbert di Baro lo; suor Consolata
Betrone; mons. Alfredo Barberi s e il ra-
gazzo Silvi o Dissegna.
I
A Pisa, lo spettacolo quotidiano
impressionante delle decine
di migliaia di giovani universitari.
voleva quasi fa rsi sales iano e Don
Bosco gli disse di stare dove stava,
con tono profetico: Maffi sentiva
nella presenza de i salesiani un punto
di forza, un luogo di riposo e di go-
dimento spirituale fra quei suoi gio-
vani, una sicurezza.
ANTONIO MJSCIO
JAKUTSK (Siberia). Nella città più fred-
da del mondo i salesiani di Aldan hanno
aperto un Centro giovanile con la collabo-
razione cli alcuni g iovani volontari prove-
nienti dalla S lovacchia. Qui , dove esiste
una piccola comunità cattolica, i giovani
sono vittime dell 'alcolismo, oltre che del
clima gelido (la temperatura a Jakutsk
supera d ' inverno i meno 35 gradi ).
VARAZZE. L 'oratori o aveva g if1 ospi-
, tato profu ghi albanesi; poi ha av uto in
casa ragazzi bosn iac i cli re ligione mu-
sulmana. Ora di fro nte all a Croce Rossa
In tern az ionale che presentava le es igen-
ze de i ragazzi de l Rwanda, il di rettore
don Marcello non si è ti ra to indietro. Si
tratta di una decina cli piccoli ru andesi.
«Cercheremo di fa rgli dimenticare gli
orrori dell a guerra», promette. E ci riu-
scirà. Don Marce llo ha sfid ato le granate
dei serbi per anelars i a prendere una doz-
zina di bambini . Una di queste, Mersiha,
13 anni , ha raccon tato la sua storia e
quella de lle tre sorelline, cli quando le
hanno ucciso il papà e la mamma; ma ora
dice cli avere trovato a Varazze tanti ami -
ci e arniche.
32 - MARZO 1995 BS
RIDARE SLANCIO
ALL'OPERA
Insuperabili i primi grandi direttori
della Casa di Pisa, don Andrea Chia-
rinotti , don E ugenio Bigano, don At-
tilio Garlaschi , don Pietro Molinari ,
don Virginio Raschio al tempo della
guerra, don Gastone Baldan dopo e
al CEP (Centro Edilizia Popolare).
Lasc iata per moti vi di ri strettezza
la sede di via Dei Mille in Santa Eu-
fras ia, ecco dal 1961 ad oggi la im-
mersione totale di tutte le fo rze a di-
spos izione al CEP, il nuovo quartie-
re popol are ·che sorse a Pisa nell a
zona di Barbaric ina. Trenta e pi ù
ann i di lavoro, un lavoro ricco di
tutti gli spunti più be lli de ll 'azione
salesiana tra i giovani , dall' ero ismo
dell a partenza con Don Mario Az-
zo la qu ando non c'era null a ed era
tutto da fare, al progredire gioioso
de lle pi ù varie e ricche ini ziati ve se-
condo l'estro di Don Baldan, fino
alle difficoltà dell'ul timo periodo,
quando per lo spostamento de l pia-
no regolatore verso altra direzione è
If;,;.l:i '. i,
La copertina del libro-ricerca
di Miscio sui salesiani a Pisa.
Oltre 400 pagine di persone e cose
sconosciute e interessanti,
nel quadro della storia soci~le
e civile degli ultimi 120 anni
della città.
parso che la carica si fosse esau1:ita
e si fosse ro affievolite le prospettive
di una presenza significat iv a.
O ra da settembre è allo studio la
rivitalizzazione dell a presenza dei
salesiani a Pisa, una presenza da ri -
pensare; da parte di mo lti è il des i-
derio di un ritorno nel vivo e ne l
pieno de ll a città, al servizio dei gio-
vani uni versitari , che affollano le
vie pullul anti di celebri facol tà, con
un centro giovanile multifo rme.
Antonio Miscio

4.3 Page 33

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Il D·IARl,O DI ANDREA
di Jean-François Meurs
GLI AFFARISTI HANNO
UN CUORE?
Vivo in un paese davvero stra-
no. Da noi, ci sono dei capitali-
sti che sostengono le politiche
sociali, e, per di più, approfit-
tano per farci la predica. Ab-
biamo avuto come ministri degli
uomini d'affari che dicevano di
volersi impegnare per dare un
posto di lavoro a tutti. E c'è un
industriale che afferma di ser-
virsi della pubblicità per denun-
ciare i grandi problemi dell'u-
manità. Ma c'è di meglio: qual-
cuno di loro si è messo a volte
a lanciare appelli televisivi per
raccogliere cose usate da
distribuire ai poveri. lo sogno!
COSA STA CAPITANDO? Non
credo di vivere in un paese di idioti,
o di incoscienti. Ma mi domando se
questo è normale. Certo, non serve
sgridare l'avvocato Agnelli, Berlu-
sconi o i Benetton. Quando uno ha
la febbre, non se la prende con il
termometro . Si cerca di capire di
che cosa siamo ammalati. E io fac-
cio la mia diagnosi. Amnesty lnter-
national , la Croce Rossa, la Cari-
tas, ecc. sono troppo deboli perché
dispongono di mezzi limitati? Invece
gli uomini d'affari hanno più mezzi,
sembrano dimostrare più energia,
trovano più credito per mobilitare le
forze sociali , per rivitalizzare il
potenziale di azione della gente?
Ebbene, questo mi fa paura. Per-
ché ciò significa che è solo il dena-
ro ad attirare il denaro. E, logica-
mente, bisogna rendere ricchi colo-
ro che lo sono già, e pregare· il cie-
lo che siano generosi , perché sono
solo loro che possono soccorrere
efficacemente i poveri! Che volete,
il semplice cittadino è troppo incon-
sistente . Non si possono lasciare
delle faccende così importanti nelle
mani dei dilettanti o dei volontari
delle varie associazioni umanitarie.
CIÒ CHE M'INTRIGA DI PIÙ, e
dovrebbe rendere inquieti, è che i
campioni abituali delle grandi cause
~IMO : J)/S-PRE~AR5
IL !)EW/JrRO !.. ,
.
e dei grandi valori non siano asso-
lutamente apprezzati. Non si ascol-
tano più , non si crede più a loro ,
sono diventati una specie di oggetti
volanti non identificati. Il papa? Tut-
to falso! La Chiesa? Mi dà sui nervi!
I sindacati sono superati, i partiti
corrotti. La scuola? Completamente
inutile. È ciò che dice la televisione
che conta come vangelo.
MA A SUA SANTITÀ IL SIGNOR
CAPITALISTA si può credere? I
mercanti non sono dei filantropi e
non ci amano. Fanno solo finta. Si
sa bene che è la società mercantile
che provoca lo squilibrio sociale.
Per esempio, per fare camminare il
commercio, Toscani utilizza una fo-
to di tre bambini che si arrabattano
a fabbricare dei mattoni e a costruire
una casa. Sono piccoli colombiani
e lavorano così perché i loro geni-
tori sono intrappolati dal sistema
dell 'usura. Parrebbe che lui voglia
denunciare qualcosa. Ma no. È il si-
stema mercantile che favorisce l'e-
sistenza dei bambini che fanno
mattoni , perdinci!
È incredibile! Benetton, senza pudo-
re, ci fa vedere il suo fondo schiena
così da vicino che molti non si ac-
corgono nemmeno che è brutto. E
io, io sono complice ogni volta che
ho pensato da consumatore! Accet-
to la confusione, ed entro nel gioco
del denaro che organizza il caos
moderno .
COSA SUCCEDE? Gente che
non ci ama ci dà la sensazione di
amarci. E coloro che ci amano dav-
vero non riescono a farcelo sentire.
A volte, io sogno un papa che sia
sereno , che dica delle poesie, e che
magari racconti delle barzellette, e
che si rida insieme: si capirebbe
meglio che lui ci ama. Che dico?
C'è della gente che f? questo. Don
Ettore, per esempio. E uno che non
è molto forte in teologia, e pasticcia
con le sue idee . Ma tutti compren-
dono una cosa, che lui ci ama dav-
vero. È questa la vera teologia: lui
vive con noi, è vivo, gli diamo fidu-
cia e siamo contenti di camminare
con lui. E vi sono altri professori
come lui. E c'è chi ha voluto farci
credere che la scuola non ci ama.
BS MARZO 1995 - 33

4.4 Page 34

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SOCIETÀ Le conquiste dell'uomo nel campo tecnologico non finiscono mai.
FUTURO:
ISTRUZIONI
PERL1USO
di Mario Scudu
Conoscenza, velocità,
flessibilità, computer,
mass-media, violenza
e politica sono secondo
il fitturologo Alvin T9ffler
le parole-chiave
per capire il futuro.
e ' è una schiera di esperti che
studia quali saranno gli indi-
rizzi del nostro mondo futuro. Ven-
gono chiamati anche futurologi. So-
no persone serie, niente a che fare
con i cosiddetti maghi veggenti che
vedono poco, ma imbrogliano i cre-
duloni. Uno dei più famosi tra que-
sti sociologi futurologi è Alvin Tof-
fler. Nel suo ultimo volume Power-
scift (Knowledge, wealth and vio-
lence at the edg e of the 21 st cen-
twy) parla dei fattori che ci permet-
teranno di capire il nostro futuro.
SAPERE È POTERE
"Lo stesso sapere è potere" . È una
celebre frase del filosofo Francis
Bacon. Mai come oggi essa si rivela
nella sua verità. La storia dell ' uomo
è sempre stata una lotta per il potere,
nelle sue mille forme. Oggi il potere
si chiama tecnologia. Si è convinti
ormai che la tecnologia può tutto,
come una volta si diceva del denaro.
34 - MARZO 1995 BS
L' uomoJnoderno è convinto che og-
gi con la tecnica potrà raggiungere
ogni traguardo. Nel nostro mondo in
continua trasformazione Toffler af-
ferma che il sapere, la conoscenza è
il fattore chiave per vincere le sfide.
C'è una vera guerra per la suprema-
zia tecnologica. L' obiettivo non è la
morte fi sica dell'avversario ma con-
dannarlo alla "obsolescenza" tecno-
logica. In altre parole dichiararlo
"obsoleto" cioè vecchio, sorpassato,
e quindi fuori mercato. Naturalmen-
te questo non avviene solo a livello
di nazioni ricche di tecnologia (e
quindi di sapere scientifico, il Primo
Mondo) o povere (il Terzo Mondo),
ma anche a livello individuale, di la-
v_oratori. Molto spesso anche questi
sono dichiarati obsoleti, cioè vecchi
tecnologicamente per mancanza di
conoscenze specifiche ad affrontare
e usare le nuove tecnologie. Con la
conseguente emarginazione e fuo-
riuscita dal mercato del lavoro.
Naturalmente abbiamo anche un
secondo aspetto. Ci possono essere
anche giovani con una bassa scola-
rizzazione, cioè con poche "cono-
scenze" specifiche, con poco sape-
re. Questi non potranno aspirare a
lavori qualificati (e quindi ben re-
munerati) perché non preparati al
futuro . Questo significherà la mar-
ginalizzazione nel mondo del lavo-
ro. Quindi sarà importante nel futu-
ro, oltre ad una buona scolarizzazio-
ne di base, anche la flessibilità . È
questa la seconda chiave per prepa-
rarsi al futuro. Ci accorgiamo che la

4.5 Page 35

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Ma oggi si deve parlare di "accelerazione della storia".
tecnologia sta cam bi ando gradual-
mente la natura e il modo cli lavora-
re. C i sarà sempre più bi sogno cli
persone specia li zzate a lavorare per
e con altre persone ne i servi zi sani -
tari , ne ll 'ass istenza ad anziani a
casa, nell'organizzare il tempo libe-
ro, ne l turi smo. Sarà sempre più ri-
ch iesta la flessibilità mentale, il
mettersi in stato cli fo rm azione e ri-
qualificazione permanenti. Si darà
largo spazio a l " part time", al "jlexi-
time", a l ''.job sharing" (partec ipa-
zione del lavoro) e infine al tele-
working o te lel avoro, c ioè il lavoro
fa tto a casa propria genera lmente
medi ante un computer collegato a
quello centrale de ll a propri a azien-
da. Cambierà di conseguenza la ti -
pologia cie li 'occupazione. Al vertice
della scala av remo comunque g li
spec iali sti ne i vari campi , c ioè le
persone con maggiori " conoscenze"
cli altri .
IL COMPUTER:
LA MERAVIGLIA
DEL XX SECOLO
Per qualcuno il computer è il vero
simbolo del XX secolo, per questo si
è guaclagnat~ la copertina di riviste
prestig iose. E presente solo da pochi
decenni ma sta trasformando l' intera
nostra civiltà. Se ne ll 'era industri ale
si insegnava ai bambini a leggere
l'orolog io, oggi una del le priorità è
imparare l' uso de l computer. Per il
socio logo Toffler il computer è il
fattore più decisivo del nostro tempo
e ciel vertiginoso progresso tecnolo-
g ico. È il computer che ha impresso
questa accelerazione alla nostra sto-
ria. E ormai a disposizione di tutti i
politici, scienziati, economi sti, pro-
fessori, burocrati a tutti i livelli fino
all ' ultimo impiegato dell 'anagrafe.
Senza dimenticare i patiti di video-
games (giovani e meno giovani ). Si
parla spesso di onnipresenza del
comp uter: dal mondo della sc uola a
quello della fa bbrica, dal tavolo
cieli' impiegato, a quello di casa.
Non solo onnipresenza, ma possia-
mo quasi parlare cli invadenza. Gli
scienziati stanno progettando dei
computer " intelligenti", cioè più ve-
loci, più potenti, pit1 fless ibili che
sapp iano " imparare dalle proprie
esperienze". In un a parola pit1 " uma-
ni". Nel 1992 è nato il primo chip
neurale che lavora come il cerve ll o
umano. Inventore è l' itali ano Federi-
co Faggin, trapiantato in America, lo
stesso che inventò nel 197 1 il primo
m icroprocessore, c ioè il cuore del
compute r. Verso il 2000 a1Tiveranno
i primi computer neurali. Preparia-
I Scene dal progresso. Nel disegno in alto, accanto al titolo, applicazioni
del computer. Il simbolo della MC-Link, la rivista telematica interattiva.
Per servirsene bastano un modem, una linea telefonica, un computer.
Un XX secolo di progresso
sempre più accelerato
1920
1935
1936
1943
1946
1948
1953
1954
1956
1962
1963
1967
1968
1970
1971
1972
1973
1976
1979
1990
1991
1992
1993
1993
Prima trasmissione
radiofonica pubblica.
Registratore a nastro
magnetico. Televisione.
Macchina fotografica
elettronica.
Magnetofono.
ENIAC (primo elaboratore
elettronico).
Nascita dei transistor. Primo
disco a microsolco.
Televisione (prima
trasmissione a colori).
Primo radioricevitore a
transistor.
Fortran, il primo linguaggio
di programmazione.
Circuiti integrati.
Registratore a cassette.
Primo calcolatore tascabile.
Orologio al quarzo.
Robot industriale
programmabile.
Nascita del microprocessore.
Le fibre ottiche
ed il videoregistratore.
Il primo microcomputer.
Nascita del supercomputer
Cray 1.
Il CD o Compact Disc
e la stampante LASER.
Introduzione
dei PC o Persona! Computer.
Prime trasmissioni
in Alta Definizione in Italia.
Digitai Compact Cassette
e Minidisc.
Primi videotelefoni (in Italia)
con tecnologia ISDN.
Olivetti e BT lanciano
in Europa il primo PCC
(Persona! Comunicator
Computer o Persona! Digitai
Assistant).
Arriva il microchip 586
della INTEL chiamato
Pentium (velocità 66 Mhz,
e capace di eseguire
100 milioni di istruzioni
al secondo, quattro volte
superiore al 486,
dalle dimensioni di una testa
di spillo).
1/S MARZO 1995 - 35

4.6 Page 36

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di sperati . Ma ci sarà anche la macro-
violenza portata dalle varie organi z-
zazioni criminali e dalle narcomafi e.
Nel nostro futuro non scompariran-
no né il terrorismo di vari a matri ce,
il razzismo, la xenofobia, né i nazio-
nalismi violenti , o il fa nati smo reli-
gioso come l' integralismo islamico.
VERSO UNA
"SOFT TECHNOLOGY!"?
I Il computer a servizio
dell'handicap. Frate! Carlo,
dell'opera don Guanella,
impegnato a stimolare
l'intelligenza di un bambino.
moc i ad un 'altra ri vo luzione ciel
nostro modo di vi vere e lavorare at-
tuali.
Una ri voluzione però la sti amo
già vivendo. È quella portata da lla
telematica. Anche qui protagonista
è il computer insieme alle telecomu -
nicazioni . Alcuni anni fa si diceva
che il nostro mondo stava diventan-
do un villaggio globale. Oggi grazie
alla telematica lo è già. Simboli più
vistosi sono il telefono cellul are, i
collegamenti via satellite e il fax .
Negli Usa già eia alcuni anni si parla
di costruire le lnfo- Highways o "au-
tostrade info rmatiche" (/,?fo-Bahn in
Euro"pa), cioè delle megastrutture per
il flu sso continuo cli ogni tipo cli co-
muni cazione e informaz ione. Sta na-
scendo un vero sesto potere (dopo
stampa e Tv) . Obiettivo fi nale: la
presenza in tutte le case cl i un "gio-
cattolo" che riuscirà a mettere insie-
me telev isione, satelli ti, computer,
videotelefoni e fax e altri strumenti
che ci permetteranno cli lavorare,
divertirci, collegarci e comuni care
sempre, dovunque e con chiunque.
Non si tratta cli fantascienza, ma cli
scienza possibile fra non molto
tempo.
36 - MARZO 1995 FJS
UN MONDO PIÙ VELOCE
MA ANCHE VIOLENTO
3 aprile 1973. Una data che tutte le
commesse del mondo dovrebbero ri-
cordare e fes teggiare. Nasceva
l' UPC (o Codice Uni versale di Pro-
dotto) più semplicemente chi amato
codice a barre. Una tappa molto im-
portante in questo processo di velo-
cizzazione del mondo moderno. La
velocità. Ecco un 'altra chi ave per ca-
pire il nostro fu turo tecnotronico. Le
Telecomunicazioni (fi bre ottiche e
satelliti) e i Trasporti sono i due cam-
pi dove si eserciterà questa velocità. I
treni del futuro saranno tra breve a
grande velocità e, in seguito, a lievi -
tazione magnetica, cioè ancora più
veloci. In base a queste due T (tele-
comunicazioni e trasporti) ci saranno
due class ifiche: da una parte i paesi
veloci e dall 'altra quelli lenti. La fret-
ta divorerà sempre più l' uomo mo-
derno, mentre lo stress sarà il compa-
gno di viaggio di milicmi di persone.
Toffler ci ricorda poi (ma anche i
nostri tg e giornali quotidi ani ) che il
futuro non sarà soltanto "veloce" ma
continuerà anche ad essere violento.
Nonostante tutte le profezie, di sa-
pore illuministico, annuncianti un
futuro senza ingiusti zie, sopraffazio-
ni e sfruttamento, grazie alla tecno-
logia, la violenza continuerà a far
sentire la sua presenza. Continuerà
la microcriminalità nelle città, ali-
mentata da drogati , sbandati , emar-
gi nati, sfruttati o immigrati poveri e
L' ul timo fattore è la poli tica. I po-
li tici (ahimè!) e la poli tica non scom-
pari ranno. Qui il "fu turologo" ameri-
cano non ha previsto molto. li libro è
stato scri tto poco prima dei grandi ri-
volgimenti del J989 (cro llo del Muro
di Berlino e conseguente caduta del
comunismo). Tuttavi a Toffl er affer-
ma che questa politica (economico-
finanziaria e mili tare) sarà attuata so-
stanzialmente da USA, UE (Unione
Europea), Gi appone. Tre le monete
regine: il dollaro, I'ECU e lo yen.
Tra breve arriveranno sull a scena
anche Russia e Cina. Queste saranno
le superpotenze del 2 11110 secolo, che
potranno instaurare un Nuovo Ordi-
ne Mondi ale. Gli altri (c'è anche
l' Africa intera) dov ranno adattarsi: o
scegliere uno di questi giocatori o es-
sere neocoloni zzate.
Da alcuni anni si parla sempre più
di sqfì technology. Con questo ter-
mine si intende una tecnologia non a
tutti i costi, du ra, impietosa nel rag-
giungere nuovi record e profitti sem-
pre più alti, ma più sqft cioè più
dolce, mite, comprensiva, più rispet-
tosa dell 'ambiente in cui viviamo,
dell 'aria che respiriamo, dell'acqua
che bevi amo. Si parl a a ragione di
un a tecnologia a misura d' uomo.
Che sappia guardare a tutto l'uomo
non solo alla sempli ce moltiplica-
zione delle "cose" da fruire e usu-
fruire. Erich Fromm anni fa parlava
di un « urgente bisogno di capire
l'ambiguità del progresso, di creare
una nuova sintesi tra progresso ge-
nuino e umanesimo, di accorgersi
che dobbi amo subordinare la ·mac-
china all ' uomo. Porre l' uomo al di
sopra delle cose, l'essere al di sopra
dell 'avere ». L' uomo moderno ha
ancora molto da fa re per creare un
mondo non solo più tecnologico ma
anche più umano.
Mario Scudu

4.7 Page 37

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a cura di Pasquale liberatore postulatore generale
r ORAPOSSO
TENERE IN
BRACCIO
CORALIE
Sembrava che tutto fosse diffici-
le sin dall'inizio della gravidan-
za, quando i medici mi diedero
poche speranze. Dopo i primi
tre mesi di letto, la gravidanza
proseguiva con problemi di cre-
scita per il feto e di ipertensione
per la mamma. Al sesto mese
ero aumentata di appena 3 kg.
Inoltre mi fu diagnosticata una
toxoplasmosi. I medici aumenta-
ro110 la dose di farmaci che già
ritenevo eccessiva. Fu questo il
periodo più difficile. Non sapevo
niente su come poteva nascere
mia figlia. Avevo paura delle
complicazioni che mi dicevano
probabili . Verso il nono mese,
dopo un'ecografia, venni a sa-
pere che la crescita di mia figlia
non era omogenea: la testa gran-
de, il femore piccolo e... potrei
continuare. Intanto continuava
la mia ipertensione. Non riusci-
vo a dormire né di giorno né di
notte; non riuscivo ad immagi-
nare mia figlia; vedevo solo i vari
pezzi del suo corpicino spro-
porzionati. Ho chiesto che mi
venisse praticato il taglio cesa-
reo per far nascere subito mia
figlia. Ho messo tutto nelle
mani di san Domenico Savio.
Ed è andato tutto bene. Ora
posso tenere in braccio Coralie:
una bambina normale, vivace ,
serena .
Denise Abram Dayné,
Doues (Aosta)
r PROPRIO NEL
GIORNO DELLA
SUA FESTA
Voglio ringraziare san Giovanni
Bosco perché - proprio nel gior-
no della sua festa - ha esaudito
un mio grande desiderio: avevo
infatti affidato alla sua protezio-
ne un mio nipote in cerca di la-
voro. Molte sono state per lui le
ansie e le speranze ed anche le
delusioni nella lunga ricerca.
Finalmente proprio il 31 gen-
naio, la certezza del lavoro che
ora svolge con soddisfazione.
Nel ringraziare Don Bosco, con-
tinuo a pregarlo, perché sempre
lo protegga.
Maria Cavagna,
Castell'Alfero (A T)
r NELGIRODI
QUINDICI GIORNI
Mio marito era in cassa integra-
zione ormai da dieci mesi né si
parlava di rientro al lavoro . La
situazione cominciava a diven-
tare pesante, visto che anch'io
sono senza lavoro. Avendo già
ricevuto in precedenza una gra-
zia da san Domenico Savio, mi
rivolsi nuovamente a lui inizian-
do una novena con tanto amore
e tanta speranza. Nel giro di
quindici giorni mio marito riebbe
il suo lavoro. Grazie a Domeni-
co Savio!
Di Giovine Giuseppina,
Orbassano (TO)
r DOPOSETTE
ANNI
A causa di frequenti metrorra-
gie, mia moglie fu operata d'ur-
genza. Nel corso dell 'operazio-
ne fui informato dal chirurgo che
era stato riscontrato un tumore
e purtroppo di una certa gravità,
resistente a qualsiasi terapia e
già con metastasi diffusa. Se in
un primo momento rimasi impie-
trito e sconvolto, insieme ai miei
tre figli , successivamente chiesi
aiuto a Don Bosco, essendo io
un exallievo salesiano . Iniziai
subito una novena. Il male ri-
scontrato fu rimosso in una suc-
cessiva operazione , in una
struttura più attrezzata. Anche
qui mi fu confermata la gravità
del male con la prospettiva che
a questa operazione sarebbero
seguite altre. Sono ormai tra-
scorsi sette anni e mia moglie,
con meraviglia nostra e degli
stessi medici, gode buona salu-
te e tanta energia. Prego il Bol-
lettino Salesiano di voler pubbli-
care la grazia affinché si sappia
che il ricorso ai santi è un porto
sicuro purché si sia animati da
tanta fede.
L.L. ,
Gela (CL)
r SEBBENE SANA,
NON CRESCEVA
Sono una Figlia di Maria Ausilia-
trice e desidero mantenere una
promessa fatta tanti anni fa. Mi
nacque una nipotina in precarie
condizioni di salute. Era sette-
mina, con un peso infimo . Si
temette della sua sopravvivenza
tanto che le fu amministrato
subito il battesimo "sotto condi-
zione". Col passar del tempo, la
sua crescita non appariva nor-
male . Sebbene sana, non cre-
sceva come doveva. Oltre ad
affidarsi ai medici, i genitori pre-
sero ad andare tutti i sabati nel-
la Basilica di Maria Ausiliatrice
per impetrare da lei la grazia
desiderata che io promisi di pub-
blicare un giorno . Oggi quella
bambina è un'adulta. Ha goduto
sempre di buona sallJte. Ha
svolto regolarmente il suo iter
scolastico e attualmente è assi-
stente di radiologia in ospedale.
Ne rendo grazie a Maria Au -
siliatrice!
S.C.A. ,
Buenos Aires
r NONMISONO
PERSA D'ANIMO
Mia figlia era in attesa di un bam-
bino. Essendo affetta da diabete
si temeva per lei e per il figlio.
Quando mia figlia entrò in sala-
parto, pregai l'infermiera che per-
mettesse di farle indossare l'abi-
tino di san Domenico Savio .
Ciò avvenne. lo intanto rimasi a
pregare il piccolo santo . Fu
annunziata la nascita di un bam-
bino . Ma questi accusava vari
disturbi sia cardiaci che respira-
tori. lo non mi son persa d'ani-
mo. Ho continuato a pregare san
Domenico Savio per i due mesi
in cui il bambino è stato ricovera-
to, finché non ci è stato conse-
gnato guarito del tutto.
Orsola Saglibene,
Ragusa
r CHRISTIAN E DUE
SUE GEMELLE
Due anni fa , dopo sette anni di
matrimonio, è arrivato - avendo
tanto pregato san Domenico
Savio - Christian Raimondo.
Ora da due mesi, sono nate due
gemelle: Alexandra Marie e Ve-
ronica Louise. Per quest'ultima
gestazione ho sofferto sette me-
si e ho dovuto essere ricoverata
all'ospedale in condizioni abba-
stanza gravi. Ho posto tutto nel-
le mani di san Domenico Savio
di cui porto sempre l'abitino do-
natomi da una mia zia suora sa-
lesiana. Tutto è andato bene: le
bambine sono in perfetta salute
e anch'io mi sto velocemente ri-
mettendo.
Francesca e Angelo Diez,
Bundoora Vie (Australia)
r MAI VISTO UN
CASO SIMILE
Mio figlio al rientro dal servizio
militare, lamentava sempre una
stanchezza strana con dei lievi
dolori addominali. A una prima
visita i medici non riscontrarono
nulla di particolare. Per maggior
sicurezza fu fatto l'esame del
sangue e risultarono altissimi i
globuli bianchi. Fu subito ricove-
rato e operato d'urgenza. Du-
rante lunghe cinque ore - tanto
durò l'intervento - io mi racco-
mandai a san Domenico Sa-
vio. A operazione terminata, il
chirurgo mi disse che in 17 anni
di servizio non aveva mai visto
un caso come quello. Se si fos-
se tardato di qualche ora, per
mio figlio non ci sarebbe stata
più speranza. lo sentivo che san
Domenico Savio non mi avreb-
be abbandonata neppure in
questo caso.
Bossolino Celestina Masante,
Carignano (TO)
Per la pubblicazione non si
tiene conto delle lettere 11011
firmate e senza recapito. Su
richiesta si potrà omettere
· /'indicazione del nome.
BS MARZO 1995 - 37

4.8 Page 38

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SOLIDARI ETA
VUOI ENTRARE
NEL MOVIMENTO
GIOVANILE
SALESIANO?
Se desideri conoscere e
partecipare al Movimento
Giovanile Salesiano
(MGS), rivolgiti a uno di
questi incaricati nazionali:
MOVIMENTO GIOVANILE
SALESIANO
Don Giovan Battista Bosco
Tel. 06/49.40.442
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GIOVANI COOPERATORI
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GIOVANI EXALLIEVI
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Tel. 06/446.85.22
OBIETTORI
DI COSCIENZA
SERVIZIO CIVILE
Don Giuliano Vettorato
Tel. 06/49.40.442
MISSIONI E
VOLONTARIATO
GIOVANILE
INTERNAZIONALE
VIS: Tel. 06/513 .02.53
VIDES: Tel. 06/57.50.048
CINEMA
E COMUNICAZIONE
SOCIALE
Don Gigi Di Libero
Tel. 051/35 .85.01
Suor Mariolina Perentaler
Tel. 06/57.43.855
BORSE DI STUDIO PER GIOVANI MISSIONARI
leggete le nostre fa mig lie, a cura
pervenute alla Direzione Opere Don Bosco
di N.N. - Don Bosco, in ringrazia-
mento e per protezione della fami-
gli a, a cura di Pomari Pescarolo
Michelina. - Don Bosco, santa
Maria Mazzarello, esaud ite le
preghiere per i miei figli , a cura cli
N.N. Exallieva. - Maria Imma-
colata di Lourdes, a cura di Ba-
busc io Silvana. - Maria Au-
siliatrice, Santi Salesiani, proteg-
gete Piero Domenico e Paolo
Maria, a cura de i genitori . - Don
Bosco, a cura di N.N. - Maria
Ausiliatrice e Santi Salesiani, a
cura di Parlani Giorgina. - Maria
Ausiliatrice, a cura di Soliani
,;"""c~:O ,A E;~.",,"<l '.h
'.;t-.-.~,.,.I ,,< \\
- Piero. - Maria Ausiliatrice, invo-
cando protezione per mio fratello
gravemente infenno, a cura di Mi-
chelazzi Maria. - Beato Don Fi-
I
r. r,.., ..
Brasile. Giovanissime allieve. Le ispettorie salesiane
del Mato Grosso e Recife festeggiano il loro
primo Centenario.
lippo Rinaldi , a cura di Rinaldi
Pierina. - Maria Ausiliatrice,
Sai1ti Salesiani, pregate per i miei
figli e sa lvate li , a cura cli N.N. -
Maria Ausiliatrice, in suffrag io
dei genitori Luigi e Maria e de lla
Maria Ausiliatrice e Mamma Maria Ausiliatrice e Don Bosco, sore lla Emilia, a cura di Pessina
Margherita , in memoria di mia per ringraziamento e protezione, Teresa. - Maria Ausiliatrice,
nipote Colombani Grandi Carla, a a cura cli M a nne tto e Perron e , Don Bosco, Domenico Savio, a
cura di d o n Alvare s Grandi , L. 200.000.
cura di Grezzana Lucia. - Maria
L. I0.000.000.
Maria Ausiliatrice e Don Bosco, Ausiliatrice, a cura cli Bozzano
Maria Ausiliatrice, Don Bosco, in memori a e suffrag io dei nostri Caterina. - Maria Ausiliatrice,
Domenico Savio, ringraziando e d efunti , a cura cli Fa rcome ni Don Bosco, in suffragio di mia so-
invocando ancora protezione per Ettore e Francesca, L. 200.000. rella Maria, a cura di N.N. -
la piccola Marina nata per inter-
cessione di Dome ni co Savio, a
cura di A.B.L. L. 1.000.000.
Don Bosco , a c ura di Yanze tti
Teresina, L. 600.000.
Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio , in rin g raz ia-
mento, a c ura di Ferri Giacomo,
L. 550.000.
Regina delle Vittorie, a cura di
Tregli a Pia, L. 500.000.
Maria Ausiliatrice e Don Bosco,
in ringraz iamento , a cura di N.N. ,
L. 500.000.
Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco , a cura di Cusa Gemm a,
L. 200.000.
.
Maria Ausiliatrice e Santi Sale-
siani, invocando proiezione in vi-
ta e in morte, a cura cli Romagno-
lo Secondina, L. 200.000.
Don Pietro Chiesa, a cura cli Cau-
tero Giannino, L. 200.000.
Santi Salesiani, in s uffragio dei
defunti Famiglia C iravegna, a cura
di Ciravegna Virgini a, L. 150.000.
Maria Ausiliatrice, Santi Sale-
siani , a cura cli Falcetti Angelo,
Maria Ausiliatrice e Don Bosco,
invocando guarig ione del mio fi-
glio Achille, a cura di Vitali Cor-
nelia. - Maria Ausiliatrice, in
suffragio dei miei genitori e dell a
sorella Caterina, a cura di Gazza-
niga Giovanna. - Maria Ausilia-
trice, Santi Salesiani, a cura di
De Murtas Sette Luigina. - Maria
Ausiliatrice e Don Bosco, per
protezione del nipote Marco e fa-
miglia, a cura dell a nonna N.N. -
S. Giovanni Bosco, a cura cli Mi-
chelazzi Maria. - Maria Au-
siliatrice e Don Bosco, in suffra-
Suor Eusebia Palomino , a cura L. 150.000.
gio di Emanuele D ' Angelo e pa-
di Riz z ato Bo sc hi e ro Maria , S. Domenico Savio , per ring ra- renti defunti , a cura di D. Angelo
L. 500.000.
ziamento e proiezione, a c ura di Bemarcli. - S. Giovanni Bosco, a
M.aria Immacolata aiuto dei
cristiani , a cura della Famiglia
Berte ro, L. 300.000.
Don Filippo Rinaldi , in ringra-
ziam ento , a c ura di Accardi Cate-
rina, L. 300.000.
Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Tonoi Francesco,
L. 300.000.
Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, ringraziando e in vocando
protez ione in v ita e in mo rte , a
cura di Marino Sofia, L. 250.000.
In memoria e suffrag io ciel prof.
Pellegrini Gin a E rn es tin a ,
L. 150.000.
Maria Ausiliatrice, a cura di Zeni
Giuseppe, L. 150.000.
Maria Ausiliatrice , in vocando
protezione, a cura CRT, Milano,
L. 110.000.
Borse missionarie da
L. 100.000
S. Giovanni Bosco, invocando
protezione per buon esito di un
cura di Marino Giovanna. -
Maria Immacolata di Lourdes, a
cura di Babuscio Silvana. - Don
Bosco, a cura di Giovanna e Giu-
seppe Bemi. - Maria Ausiliatrice
e Santi Salesiani, in suffragio cli
Maria e Luisa, a cura di Mensitieri
Ivana. - Maria Ausiliatrice, in
suffrag io di Rosa e Rosario Rapi-
sarda, a cura di Abbo Alessandro.
- Maria Ausiliatrice, a cura dell a
Famigli a Castagnotto. - Maria
Ausiliatrice e Don Bosco, invo-
cando protezione, a cura cli Morel -
la Elisabetta. Maria Ausiliatrice
Pi ero Margara, a cura de ll a mo- concorso, a cura di N.N. - Mari:Ì e Don Bosco, per protezione della
glie, L. 200.000.
Ausiliatrice , Santi Salesiani , pro- fam iglia, a cura di Pi zzolo Nuzza.
38 - MARZO 1995 BS

4.9 Page 39

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VISTO DA VICINO
di Teresio Bosco
cc MIO NONNO SCAMBIAVA IL PANE
CON GIOVANNI BOSCO ,,
La vita di Don Bosco è piena di
fatti straordinari. La Chiesa, ma
anche Ia·cultura popolare, hanno
sentito il fascino di questo santo
dei giovani. Don Bosco è perso-
naggio relativamente vicino al
nostro tempo, ma non manca chi
si domanda a volte quanto di
veramente storico ci sia nella
sua biografia. Teresio Bosco è
andato a curiosare tra le testimo-
nianze giurate di quelli che Don
Bosco lo hanno "visto da vicino":
gli amici d'infanzia, i compagni di
seminario, chi gli fu accanto
1
come collaboratore o confesso-
re. Ogni mese presenterà il con-
tributo qualificato di uno di questi
testimoni. Conosceremo Don
Bosco, come se fossimo vissuti
a un passo da lui.
« M i chiamo Marchisio Secon-
do del fu Eugenio e della
viva Matta Marianna, nativo di Ca-
stelnuovo d'Asti, d'anni 35, sacer-
dote salesiano, vicedirettore del
Collegio di Borgo San Martino. Ho
conosciuto don Giovanni Bosco fin
dal 1873 (Don Bçsco morì nel 1888).
Però fin da fanciulletto, mio nonno
in famiglia me ne parlava sovente ,
perché era compagno di Don Bosco
fin dall'infanzia e andava insieme a
lui al pascolo .. . Da fanciullo Don
Bosco cambiò il pane bianco rice-
vendone altro nero da mio nonno, e
ciò per quasi due anni ».
masi per 13 anni continui; in seguito
fui trasferito in varie Case (sale-
siane). sempre però sotto la dipen-
denza immediata di Don Bosco . lo
non conobbi i genitori di Don Bo-
sco; so però che si chiamavano
Francesco Bosco e Margherita Oc-
chiena. Della madre seppi da varie
sue compagne, tra le quali mia
nonna Maria Matta, sua coetanea e
quasi vicina di casa, e la signora
Benedetta Savio maestra dell 'asilo
infantile in Castelnuovo , tuttora vi-
vente, che era, secondo la loro e-
spressione "la regina delle madri
cristiane",, (ndr, queste parole nel
manoscritto sono sottolineate).
« PENSEREMO NOI
ALLE TUE MUCCHE»
« Don Bosco ha passato la sua fan -
ciullezza nella borgata detta dei
Becchi in Castelnuovo d'Asti. Mio
nonno Secondo Matta, ora defunto,
coetaneo di Don Bosco, mi assicu-
rava ripetutamente ed anche sul let-
to di morte "che le loro madri porta-
vano come esempio Giovanni Bo-
sco, specialmente per la preghiera
e l'obbedienza". Il medesimo mi
assicurava che Don Bosco leggeva
continuamente durante il pascolo in
campagna, e un giorno che anche
colle percosse i compagni volevano
costringerlo a giocare , egli loro ri -
spose: "Lasciatemi studiare, perché
io voglio farmi prete". Queste parole
fecero loro tale impressione, che gli
dissero: "Non pensare più a distur-
barti per le bestie, che ci pense-
remo noi, e tu continua a leggere" ».
LA MAMMA DI DON BOSCO
« In età di quindici anni entrai nel-
l'Oratorio di San Francesco di Sa-
les, accettato da Don Bosco, e vi ri -
SEPPE TALMENTE FRENARSI
DA DIVENTARE PACIFICO
« Per sua stessa confessione, da
me udita, Don Bosco era di natura
focoso e altero e non poteva soffrire
I «Don Bosco era figlio di contadini.
Sua madre Margherita
era considerata "la regina
delle madri cristiane"».
/JS MARZO 1995 - 39

4.10 Page 40

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UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA
piazza Ateneo Salesiano, 1 - 001 39 ROMA
Concluso un ciclo triennale di
corsi sull'educazione alla televi-
sione (i risultati sono pubblicati
nel volume di R. Giannatelli e
P.C. Rivoltella, Te/educhiamo.
Linee per un uso didattico della
televisione, Editrice ELLE DI Cl) ,
l'ISCOS, organizza un nuovo
corso estivo su
IL CINEMA LUOGO
DI EDUCAZIONE
rtttJJ~:- -
Corvara (BZ),
12-22 luglio 1995
Il Cinema centenario (nasce in
Francia sul finire del 1895) ci si
consegna oggi segnato da una
duplice vita: quella "cinematogra-
fica" sempre più festiva, e quella
"televisiva", presente nella feria-
lità dell'esperienza familiare.
I Docenti dell'ISCOS (L. Castel-
lani, R. Giannatelli, G. Michelo-
ne, P.C. Rivoltella, C. Tagliabue)
e altri esperti, propongono un iti-
nerario di lettura storica e di
approccio metodologico da effet-
tuarsi nelle Scuole Medie e nel
Biennio delle Scuole Superiori.
Per informazioni:
Segreteria dell'ISCOS
Piazza Ateneo Salesiano, 1
00139 ROMA
Tel. 06/87. 131.078
Fax 06/87.290.536
40 - MARZO 1995 IJS
resistenze , eppure con molti atti
seppe talmente frenarsi da diventa-
re uomo pacifico e mansueto, e tal-
mente padrone di se stesso che pa-
reva non avesse mai cosa da fare.
Con noi e coi giovani si faceva tut-
to a tutti, aveva sempre una parola,
un'esortazione , uno sguardo, che
faceva sopra di noi l'effetto d'una
predica ».
TUTTO È PROPRIETÀ DELLA
PROVVIDENZA
« Don Bosco nacque povero e visse
praticando in grado eroico questa
virtù . Era contento che si sapesse
che era figlio di poveri contadini.
Vestiva sempre abiti poveri e di-
messi : voleva che la povertà fosse
come la regina delle sue Case, e
godeva molto quando visitandole le
trovava tali . Raccomandava la po-
vertà a coloro che erano incaricati
dell'amministrazione, e voleva che
si tenesse conto di tutto come pro-
prietà della Provvidenza. Sebbene
poi amministrasse tanti denari, mai
vi attaccò il suo cuore, né arricchì
la sua famiglia in verun modo, sem-
pre contento di vivere da povero .
Non voleva particolarità nel vitto, e
volle sempre il vitto della Comunità,
ad eccezione degli ultimi anni , in
cui affranto dalle fatiche , i medici
l'obbligarono ad aversi qualch(:l
riguardo ».
LA TESTIMONIANZA
DI SECONDO
MARCHISIO
SALESIANO
Secondo Marchisio nacque a Ca-
stelnuovo d'Asti nel 1857. Entrò
nell'Oratorio di Don Bosco a 15
anni e divenne sacerdote sale-
siano. Suo nonno era un pasto-
rello come Giovanni Bosco, e
andava con lui tutte le mattine a
pascolare le mucche. Sua nonna,
vicina di casa di Mamma Marghe-
rita, ne fu intima amica. Quando
Don Bosco morì, don Secondo
Marchisio (31 anni) fu mandato
da don Rua a Castelnuovo per-
ché raccogliesse memorie e ri-
cordi su Don Bosco ragazzo. Per
tre mesi egli girò per villaggi e
borgate, interrogò gli anziani che
avevano conosciuto Don Bosco,
prima di tutti i suoi nonni. Le 18
vaste pagine della sua relazione
sono ne/l'Archivio centrale sale-
siano di Roma.
Al "Processo di santità " di Don
Bosco, Secondo Marchisio testi-
moniò, sotto giuramento e sotto
segreto, dal 26 gennaio a/1'8 feb-
braio 1892. Ricevettero la sua te-
stimonianza i giudici ecclesiastici:
canonico Francesco Molinari,
can. Giovanni Rame/lo, can. Mar-
co Pechenino. Le sue testimo-
nianze sono contenute nel mano-
scritto del Processo Ordinario,
copia pubblica, nei fogli 608-652.
« NON DOVETE ESSERE
PESCATI »
« Don Bosco praticò la virtù della
castità in modo eroico. Coi suoi
alunni, sebbene lo amassero tanto
ed egli li ricambiasse di amore
paterno, tenne sempre un contegno
riservato e dignitoso , non permet-
tendosi di fare loro carezze; limitan-
dosi , per dimostrare la sua conten-
tezza per la loro buona condotta, di
mettere loro la mano sulla spalla o
su l capo.
Lasciò a noi _(Salesiani) sapientissi-
me regole per trattare con la gio-
ventù e per non lasciarcene guada-
gnare il cuore, ripetendoci queste
parole: "Ricordatevi che vi mando a
pescare e che non dovete essere
pescati".
Era riservatissimo con persone di
altro sesso. Parlando poi della ca-
stità, aveva espressioni tutte sue
proprie per farcela amare, e che ci
dimostrano la bellezza del suo
cuore ».
LEGGEVA NEI CUORI
« Noi eravamo persuasi che ci leg-
gesse in cuore , e mi accadde più
volte di sentirmi scoprire ed enume-
rare colpe in modo chiaro in confes-
sione . Don Bosco morì il 31 gen-
naio del 1888. Nel 1887, sui primi di
novembre, venendo Don Bosco a
Foglizzo, dove io ero prefetto del
Collegio, per vestire l'abito clericale
a oltre un centin ai o dei suoi figli,
partendo disse a Don Rua che l'ac-
compagnava: "Un altro anno verrai
tu a fare questa funzione , perché
Don Bosco non ci sarà più"».
o

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
CASTELLI Giovanni, salesiano, t Geru-
salemme il 31/5/1994 a 85 anni.
Era un confratello laico profondamente
salesiano . Uomo di Dio, aveva profondo
spirito di preghiera. Ebbe grande laborio-
sità, ingegnosa e utilissima alle case sale-
siane di Terra Santa, dove visse la sua
lunga esistenza.
BABETTO Giannina, cooperatrice, t Pa-
dova il 18/10/1994 a 57 anni.
Una vita stroncata nel pieno delle forze da
un incidente stradale. Il suo motto era
"donare nello spirito salesiano" e nella par-
rocchia animava le catechiste , i gruppi
sportivi , le riunioni dei genitori. Si faceva
tutta a tutti. Iscritta all'Avis e all'Aido, desi-
derava dare i suoi organi vitali quale dono
ai fratelli.
PIZZERA Renata, cooperatrice, t Geno-
va il 10/8/1994 a 80 anni.
Fu per molti anni scrupolosa e attenta
segretaria del nostro centro san Domenico
Savio , di Genova-Sampierdarena. Ogni
mercoledì era lei a guidare il santo rosario
e la lettura spirituale per l'associazione e il
laboratorio Mamma Margherita.
CERIANI suor Caterina, figlia di Maria
Ausiliatrice, t Sosto (Varese) il 20/10/1994
a 73 anni.
Lei che animava da giovanissima i pome-
riggi domenicali all'oratorio , continuò a
vivere per i giovani anche quando , a 26
anni, il suo impegno la chiamava a "servi-
r-e " silenziosamente le comunità dei sale-
siani. Era di uno spirito di sacrificio incredi-
bile : un sacrificio sereno, disinvolto, nasco-
sto da qualche battuta umoristica.
MUNOZ OPAZO sac. Honorio, salesiano,
t Santiago del Cile il 6/4/1994 a 98 anni.
Era il salesiano più anziano dell'ispettoria.
Era stato ordinato dal cardinal Cagliero e
per qualche tempo in Spagna fu segretario
privato del beato Filippo Rinaldi. È stato il
primo salesiano cileno "missionario" in India
(1930-1934), dove fu professore di teologia
(tra i suoi allievi don Archimede Pianazzi) .
Poi per vent'anni lavorò a Magellano.
Scrittore, professore preparato, fu economo
e preside. Dal 1976 si trovava a La Gratitud
Nacional come confessore, ministero che lo
vide disponibile fino alla mattina della sua
morte. Fu un buon salesiano: indefesso
lavoratore, studioso, allegro, uomo di pre-
ghiera.
CESAREO Claudio, cooperatore, t Ta-
ranto il 3/8/1994 a 43 anni.
Formatosi alla scuola di Don Bosco presso
l'oratorio del Sacro cuore a Taranto, giova-
ne collaboratore di don Nicola Palmisano,
ha maturato con gli anni un'esperienza di
fede che lo ha preparato all'incontro pre-
maturo con Dio. Sposo e padre felice , tutti
lo ricordano come un fratello paziente, sor-
ridente , gioioso, pur tra tribolazioni perso-
nali e familiari. Sempre disponibile, pronto
a sacrificarsi per gli altri , accettò con eroi-
smo il male che lo devastava.
PAPWORTH sac. Adrian, salesiano , t
Heathcote (Australia) il 19/3/1994 a 73
anni.
Morì il giorno di san Giuseppe mentre si
preparava a celebrare la santa messa.
Aveva studiato in Italia, a Bollengo e a
Torino-Crocetta ed era stato ordinato a
Valdocco. Tornato in Australia fu successi-
vamente insegnante, direttore, economo ,
parroco in varie case. Era conosciuto per
la sua cordialità, pietà, abilità nel comuni-
care . Fu un uomo buono, un buon prete,
un buon salesiano.
BROTTO suor Alberta, figlia di Maria
Ausiliatrice, t Conegliano Veneto (Tv) il
9/10/1994 a 52 anni.
In dieci mesi un male aggressivo l' ha
stroncata, mentre aveva ancora tanti pro-
getti educativi per i giovani e la comunità di
Bessica (Tv). Il dolore, portato con dignità
e grande speranza fino a quando ha intra-
visto , chiaro, un diverso progetto di Dio, è
stato la grande lezione della sua vita, sem-
pre riservata e schiva.
FRATTALLONE sac. Giuseppe, salesia-
no, t Palermo il 28/6/1994 a 57 anni.
Laureatosi ingegnere al Politecnico di
Torino, ricco di entusiasmo e di competenza
dedicò la sua vita ai giovani, soprattutto
nella scuola professionale a Catania-Bar-
riera e a Palermo-Gesù Adolescente. In un
periodo delicato per la formazione profes-
sionale in Sicilia, per la sua competenza
tecnica e giuridica ebbe incarichi regionali,
apprezzato dalle istituzioni lavorative e
sociali. Sempre dalla parte dei giovani, per i
quali non risparmiò fatiche e umiliazioni. Ci
ha lasciati improvvisamente alla fine di una
giornata faticosa.
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9- 1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta cl 'un legato:
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco, con sede in
Roma (oppure all' Istituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire... , (oppure)
l' immobile sito in ... per gli scopi
perseguiti dall 'Ente, e
particolam1ente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede cli ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
«... annullo ogni mia
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Ge11erale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure/' Istituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
fonnazione del Clero e dei
Religiosi , per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
BS MARZO 1995 - 41

5.2 Page 42

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Focus- - ~ ,IN PRIMO PIANO
Richard Virenque
HA CORSO
PER IL RWANDA
Nel numero scorso a bbiamo rico r-
dato la scelt a di so lidarietà verso il
Rwanda del pilota Nik i Lauda . Un
a ltro s portivo , il c ic li sta francese
Richard Virenque, vincitore del gran
premio de ll a m o ntag na a ll ' ultim o
Tou r de France, ha fatto parlare di
pe r qualcosa di s imile. Dopo aver
destinato ai " Med ici senza frontiere"
i co mpe ns i dell ' ultimo Tour, ha
messo all ' asta la bicicletta usata nell a
co rsa e la maglia a po is di mi g lio r
scalatore. La somma ricavata è stata
devoluta al Rwanda. «Perché tutto
q uesto, Richard?», gli han no chiesto.
«s ·o cos'è il do lore, la fatica, la soffe-
renza », ha s piegato. «Nel c ic li smo
queste cose le co nosciamo bene. Ma
la popolazione del Rwanda sta pas -
sando ben a ltro: una vera e propri a
apoca li sse. È stato natura le per me
rega la re tutto per loro ». «E a c hi
dedica la medagli a di bronzo degli
ultimi mondiali ?». «Al Rwanda, a l
Burundi, a chi soffre ingiustamente
in te rra d 'Africa . A tutta l 'Africa,
questo contin en te sterminato sempre
in ebo lli zione, e a chi fa del bene in
ogni s ituazion e, in ogn i momento
de lla sua vita».
o
Suor Graziella Boscato,
51 anni, figlia di Maria
Ausiliatrice.
È di Valdagno (Vicenza)
ed è direttrice del
quindicinale per gll
adolescenti «Primavera».
Lavori a Primavera da 14 anni. A chi pensi
quando confezioni un numero?
Penso a tutti i ragazzi e le ragazze che, nel
momento in c ui usci rà quel numero, I'a-
vranno in mano. Mi proietto in quel preciso
momento (cosa che del resto fanno anche i
nostri g iornalisti) e cerco di intuire in anti-
cipo le cose da dire al momento giusto ne l
modo g iu sto. Ma penso, conte mporanea-
mente, anche ali 'aspetto grafico , tecnico,
economico . .. che sono strettamente legati
ad ogni operazione giornalistica.
La redazione è un posto da cui si possono
conoscere gli adolescenti?
E come! È un osservatorio vero e proprio
che ci permette di conoscere i teenagers a
360°, cioè in tutti gli as petti della 101:0 per-
sonalità: da quelli più immediati e superfi-
ciali a quelli più sofferti e segreti.
Per chi è Primavera?
11- 17enni, femmine e maschi . E per tutti coloro (insegnanti ed educa-
tori) che la vogliono utilizzare come strumento didattico ed educativo.
Come definiresti Primavera?
Come un "ambiente educativo", anche se .. . di carta, dove si dialoga,
si discute, si ride, si apprende, ci si conosce, ci si apre al mondo, ci si
innamora della vita e del Signore della vita.
In quale modo Primavera parla di Dio ?
Oltre che in maniera specifica (servizi, dossier, rubriche), aiutando i
ragazzi a cogliere i mille segni della _presenza di Dio: in ogni impegno
per la giustizia, in ogni scelta di verità, nel rispetto del proprio corpo,
nell 'amicizia, nella bellezza. I ragazzi sanno cogliere la presenza di
Dio tra le pagine di Primavera. Ricordo sempre una ragazza che ci
scriveva: «I colori del giornale, iJ modo con cui sapete parlare ai gio-
vani , i dossier che ci offrite, la gioia che ci regalate... è troppo bello
per non essere Dio! ».
Figlia di Maria Ausiliatrice e giornalista: si conciliano le due cose?
Perfettamente. Come si concilia vocazione e professionalità, passione
per i giovani e rispetto delle regole giornalistiche per parlare con loro.
Quali progetti per potenziare il dialogo con i lettori?
Per il '95, la nascita di tre nuove rubriche.
1) Le domande che scottano (non vogliamo che siano solo ce-,1-ri
giornali e certa tv a parlare di sesso e di amore. Sono cose troppo
belle per non parlarne. Inoltre, fare silenzio su questi argomenti
significherebbe lasciare che siano solo altri a parlarne. E questo
non mi sembra giusto).
2) Don Tonino: le ri sposte dei sacerdote ai problemi di fede e di
morale dei giovanissimi.
3) Ragazzerie: via libera alla fantasia dei lettori di cui pubblichiamo
anche le foto (purché non siano ... un disastro).
La sfida di Primavera ?
Nonostante la generazione dei teenagers attuali sia stata definita dai
ricercatori "generazione degli svuotati", noi crediamo sia possibile
una "generazione di pieni di vita" per un mondo più bello e più pulito
(ogni riferimento a "mani pulite" è puramente casuale).
42 - MARZO 1995 JJS

5.3 Page 43

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INVESTIRE SULLA FAMIGLIA
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;;.T~;z
TU PUOI AIUTARCI. IL BOLLETTINO SALESIANO
È UN MODO PER RAGGIUNGERE CHI È INTERESSATO AL NOSTRO LAVORO
TRA I GIOVANI E NELLE MISSIONI.
MANDACI IL SUO INDIRIZZO: RICEVERÀ UNDICI VOLTE ALL'ANNO
LA RIVISTA E IL CALENDARIO SALESIANO.
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indirizzo chiaro , completo e stampatello):
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IL BOLLETTINO SALESIANO
DIFFUSIONE
CASELLA POSTALE 18.333
00163 ROMA BRAVETTA
(per cambio di indirizzo, allegare la vecchia etichetta)

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO C.M.P.
éQ)
SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176 - 10152 Torino
R. Beretta - G. Gazzaneo
Preti di strada
Le frontiere dell'emarginazione
e della speranza raccontate
dai più noti sacerdoti «anti-droga »
Religione, pag. 228, rii , L. 27.000
Sono circa 250 i sacerdoti italiani
che hanno scelto la «strada » come
terreno privileg iato di apostolato
ritrovandosi, a dispetto dell e numerose
differenze, nel motto di Don Lorenzo
Mil ani: " Vog liamo fare strada
ai poveri senza farci strada ».
In questo volume sono tratteggiati
i profili di questi " preti di strada »
(Ciotti , Gelmini, Mazzi, Benzi , Picchi,
Pezzoli , ecc.) che affrontano
l'emergenza con man i, cuore
e intelli genza diverse , dando un apporto
originale a un uni co progetto
di so lidarietà, ispirato al Vange lo.