Bollettino_Salesiano_198507


Bollettino_Salesiano_198507



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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò ci parla
5 BREVISSIME
9 INCHIESTA BS
La battaglia contro la droga si chiama preven-
zione. Oltre duecentomila famiglie italiane sono
interessate a questa autentica tragedia. Che fare?
Un tentativo di risposta può essere cercato soltan-
to in un rinnovato impegno educativo.
15 VIT A SALES IANA
Venite a vedere e diventeremo amici. Alla peri-
feria di Siviglia ln Spagna sta sorgendo un grande
complesso parrocchiale. Come cresce una
comunità.
18 VITA SALESIANA
Le sorelle Padellaro: «Per noi Il sistema preven-
tivo di Don Bosco è un testo obbligatorio». Ab-
biamo intervistato due delle tre figlie del professor
Padellaro. grande protagonista della scuola italia-
na del dopoguerra e amico di Don Bosco. Qual è
il senso delle favole oggi? Come celebrare l'anno
europeo della musica? Alle risposte si alternano
Angela e Laura, scrittrice la prima, musicologa
la seconda.
In copertin a:
Domenica delle Palme
a Piazza S. Pietro
(Foto Franco
Marzi / Roma).
Servizio a pag. 21
1 APRILE 1985
ANNO 109
NUMERO 7
21 PASTORALE GIOVANILE
Faccia a faccia su I giovani e la pace. Tavola ro-
tonda organizzata dal Bollettino Salesiano.
28 VITA ECCLESIALE
La sfida dell'America Latina. Il continente latino
americano si ripropone con prepotenza all a ribalta
della cronaca. Il significato del recente viaggio di
Giovanni Paolo Il.
31 PROTAGONISTI
Basterebbe trattare gli alt ri come se stessi per
migliorare il mondo. Ecco la personalità di Ga-
spare Barbiellìni Amidei: giornalista e cattolico.
34 STORIA SALESIANA
Le riviste filodrammat iche: da letture dramma-
tiche a espressione giovani.
RUBRICHE
Editoriale, 4 - Scriveteci, 4 - Pigy di Del Vaglio, 6;
La lettera di Nino Barraco, 7; Libri e altro, 26-27 - I
nostri santi, 37 - I nostri morti, 38 Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di Informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero Marco
Bongloanni - Eugenio Fizzottl - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzl - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, Impaginazione e stam-
pa: Officine Grafiche SEI - Torino
Registrazione: Tribunale dì Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
• Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.
• Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do Il loro interesse generale e la disponibìli-
tà di spazio.
Edizione .di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Ainaldlni) •
Via Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. (06)
49.50. 185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 41 edizioni naziona-
li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 1O
milioni di copie) In: Antille (a Santo Domin-
go) - Ar9entlna - Australia Austria - Bel-
gio (In fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (a San Salvador) -
CIie BS Cinese (a Hong Kong) - Colombia
Ecuador Flllpplne - Francia - Germania
Giappone - Gran Bretagna - India (in in,
glese, malayalam, tamil e telugu) - Irlanda
Italia Jugoslavia (in croato e in sloveno)
- Korea del Sud - BS Lituano (edito a Ro-
ma) - Malta - Messico Olanda Paraguay
Perù Polonia Portogallo - Spagna -
Stati Uniti - Sudafrica - Thailandia - Uru-
guay Venezuela Zaire
DIFFUSIONE
Il es è dono-omaggio di Don Bosco ai
componenti la Famiglfa Salesiana, agli amici
e sostenitori delle sue Opere.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

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- - - - - - - - - -~ -
I APRILE 1985 · 3
LA FECONDITÀ
DEL DOLORE
«Beati gli afflitti»! (Mt 5,4).
Tra l'allegria e la tristezza c'è un abisso che, apri-
ma vista, sembrerebbe invalicabile. Le Beatitudini lo
valicano. Gesù, il «beato», ha riconosciuto con umil-
nel Getsemani che l'anima sua era triste da morire
(cfr. Mt 26,37).
LI paradosso evangelico della gioia e dell'aftliz.ione
rivela una dimensione completamente nuova del tema
della sofferenza.
Non si dà vera felicità nella nostra esistenza senza
una pedagogia dell'afflizione. li «Vangelo della soffe-
renza» ne presenta una progettazione esaltante. Sa-
rebbe davvero imperdonabile occultare ai giovani
quell'aspetto della spiritualità che li chiama a una spe-
ciale creatività del bene e alla fortezza.
Certo, non si tratta di qualunque afflizione. Gesù
ha voluto soffrire volontariamente e innocentemente
perché si era impegnato, per amore, a sconfiggere iJ
peccato degli uomini. Nella risurrezione vedrà mani-
festata la forai vittoriosa della sua sofferenza.
ln Lui scopriamo che l'afflizione sprigiona iJ massi-
mo della generosità: Lo aiuta, infatti, a trascendere se
stesso fino al grado supremo dell'amore e Lo conduce
alla vittoria piena sul male, generando in Lui, per po-
tenza divina, l' «Uomo nuovo » .
La prospettiva di questa « nuova creazione» è il
contenuto di <<consolazione» (e di intima gioia) che
accompagnò Gesù nella mortale tristezza della
passione.
Anche Maria intuì che la sua sofferenza ai piedi
della croce apriva in Lei gli orizzonti più ampi di
una nuova maternità: e allora gioì per quei dolori di
parto.
È assai importante capire che c'è un aspetto creati-
vo nell'afnizione «consolata» da un amore che vince
il peccato. Sulla croce, I.a sofferenza di Gesù ha creato
il bene più grande della storia: ha operato la Reden-
zione, ricavandola nientemeno che dal male attraver-
so la fecondità della donazione di sé!
Dunque: una spiritualità evangelica deve saper far
partecipare i giovani al mistero dell'afflizione di Ge-
sù. Ora, la sua passione fino alla croce non ha altra
vera spiegazione che la lotta dell'amore contro il ma-
le. Si tratta, infatti, per Gesù di un'afflizione motiva-
ta, in definitiva, dal suo acuto senso del peccato
umano.
Quindi, pèr rar vivere questa Beatitudine sarà ne-
cessario programmare anche una adeguata catechesi
circa il senso del peccato.
Non è che ogni sofferenza sia conseguenza di una
colpa, ma ogni dolore offre la possibilità di lottare
vittoriosamente contro il peccato, quello proprio e
quello degli altri (siamo tutti solidali!), e di edificare·
un maggior bene sia nella propria persona che nella
società. L'afOizione dei «beati» è una sorgente ine-
sauribile di novità pasquale!
C'è di più: «l'afflizione evangelizzata» fa sentirsi in
sintonia con i sofferenti, suggerisce iniziative da buon
samaritano, introduce al ' mondo del dolore diffon-
dendo tanta «consolazione» già oggi qui sulla terra.
«Nel programma messianico di Cristo, che è insie-
me il programma del Regno di Dio - ha scritto il Pa-
pa Giovanni Paolo Il - , la sofferenza è presente nel
mondo per sprigionare amore, per far nascere opere
di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la ci-
villà umana nella "civiltà dell'amore"» (Lettera apo-
stolica «Salvifici doloris», n. 30).
don Egidio Viganò

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RITORNO DI GIOVANI A ROMA
La Domenica della Palme è ormai
un consueto appuntamento che
vede incontrare con il Papa, a Ro-
ma, migliaia di giovani.
Ha iniziato Paolo VI ed ha conti-
nuato Giovanni Paolo Il.
Per i partecipanti, giovani e non, è
sempre una esperienza esaltante
di Chiesa. Quest'anno poi, anno in-
ternazionale dei giovani, l'incontro
romano si è caricato di ulteriore
pregnanza di significato.
Non è per pessimismo: è certo tut-
tavia che quest'incontro di gioia e
di ewiva non è pantografabile ai
milioni di giovani per i quali Cristo
s'è fermalo ad Eboli: drogati, di-
soccupati, indifferenti, analfabeti
ed integrati.
È una folla che bussa, almeno è
sperabile che faccia ciò, all'ingres-
so di una società che stenta a dare
l'evangelico bicchiere d'acqua e
una parola di speranza certa. Ha
ragione Thomas Eliot quando scri-
ve che «aprile è il mese più crude-
le». Quest'a(!no forse per i giovani
lo è di più. E possibile Infatti che
non si riesca a costruire una socie-
tà dove ci sia Ul")O spazio ed un fu-
turo per tutti? E possibile In altri
termini dare ai giovani nella Chiesa
e nella società la sostanziale cer-
tezza paolina che Cristo è risorto?
Giuseppe Costa
Dal Ralnerum di Bolzano
Sono don Bano Pietro e da un anno e
mezzo lavoro nel Convitto studente-
sco di Bolzano.
Con altri due confratelli siamo impe-
gnati a creare un ambiente educativo.
Ci siamo accorti che questo ambiente
diventa facile se le famiglie da cui pro-
vengono i nostri giovani, già possiedo-
no alcuni comuni valori cristiani e sa-
lesiani. Abbiamo pensato quindi di ab-
bonare al Bollettino Salesiano i genito-
ri dei convittori del biennio. Grati per
l'accoglienza degli indirizzi che vispe-
disco, vi salutiamo cordialmente.
don Bano Pietro, don Piergiorgio Tommasi.
don Ferdmando Zanghel/ini
e Sapere che il Bollettino contribuisca a
dare una mano a chi impegnato in
campo educativo salesiano non può
che farci piacere dal momento che tra
le finalità della nostra rivista c'è una
particolare attenzione al problema
educativo. Vorremmo tuttavia che l'e-
sempio dei tre salesiani di Bolzano ve-
nisse imitato da tanti altri e che il no-
stro ufficio diffusione venisse invaso
da una valanga di nuovi indirizzi-
richiesta del Bollettino.
Un lettore classe 1B90
Prendo l'occasione della rubrica
«Scriveteci» per rendere noto che mio
nonno fu dei primi a ricevere il Bolletti-
no Salesiano e che alla sua morte av-
venuta nel 1894 passò l'abbonamento
a mio padre che lo tenne fino al 1923
passandolo poi a me. Da me passerà
a mia figlia. Saranno quindi quattro
generazioni che la mia famiglia gode
di una lettura così preziosa come quel-
la del caro Bollettino di don Bosco.
In fede.
Roberto Renog//o, classe 1890,
exallievo Scuole Professionali
O. Bosco ,n S. Benigno Canavese
Rallegramenti, caro signor Roberto.
Non resta che augurare che questo
«passaggio» duri il più a lungo possibi-
le e che lei abbia a godere ancora a
lungo di questa lettura.
La «Storia d'ltalla" di Don Bosco
Recentemente ho acquistato ad una
bancarella il libro Storia d 'Italia edito
nel 1876 dalla Tipografia dell'Oratorio
di S. Francesco di Sales (Ed. undicesi-
ma). Notevole è stata la mia sorpresa
quando ho letto l'autore: Don Bosco,
in quanto non mi era nota la sua azio-
ne come storico.
Ho intrapreso la lettura e mi sono reso
conto da un lato del suo rigore di anali-
si e la sua precisione nel distinguere
le varie epoche (iniziando dalla storia
antica) e dall'altro nel caratterizzare a
fini cristiani e pedagogici (il libro erari-
volto alla gioventù) le vicende stori-
che. In particolare a questo proposito
segnalo la conclusione di pag. 487:
• ... La storia è ezlandlo una grande mae-
stra per le cose che insegna. Essa inse-
gna come in ogni tempo sia stata amata
la virtù e siano sempre stati venerati
quelli che la praticarono; e come al con-
trario abbia sempre riscosso biasimo il vi-
zio e disprezzo Il vizioso. La qual cosa
deve essere a noi di eccitamento a ces-
sare costantemente il vizio e praticare la
virtù.
Da ultimo vi rimanga altamente radicato
nell' animo Il pensiero che la religione fu fn
ogni tempo reputata il sostegno dell'uma-
na società e delle famiglie, e che dove non
vi é religione non vi è che immoralità e di-
sordini; e che perciò a tutti noi incombe il
dovere di promuoverla, amarla e farla ama-
re dai nostri simili, guardandoci cautamen-
te da quelli che non la onorano e la
disprezzano.
Gesù Cristo nostro Salvatore fondò fa sua
Chiesa, e solo in questa Chiesa conservasi
la vera religione. Questa religione è la cat-
tolica, unica vera, unica santa, fuori della
quale niuno può sperare di salvarsi.
Amiamo pertanto questa religione, dico di
nuovo, e pratichiamola: amiamola colla fer-
mezza nel credere, pratichiamola coll'a-
dempimento de' suoi precetti. E poiché av-
vi un solo Dio, una sola fede ed una sola re-
ligione, uniamoci anche noi in un solo vin-
colo di fede e di carità per aiutarci l'un l'al-
tro nei bisogni della presente vita; sicché
l'uno dall'altro a vicenda confortati nel cor-
po e nell'anima possiamo pervenire un
giorno a regnare eternamente con Dio nel-
la patria del beati in cielo».
Veramente non ci sono limiti all'azio-
ne apostolica per un credente e Don
Bosco ne è un esempio.
Ampr,no Silvio - Avigliana (TO)

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ZAffiE
1 APRILE 1985 · 5
GIAPPONE
A Kasenga manca una statua
della MBdonna
L a chiesa della
missione salesiana di
Kasenga nello Zaire è
quasi ultimata. .. manca
soltanto una bella statua di
Maria Ausiliatrice che don
Jean-Pierre De Becker spera
di avere dalla generosità di
qualcuno.
La costruzione di questa
chiesa ha esigito ben dodici
anni di lavoro e di sacrifici.
Il 13 dicembre del 1969 - ci
racconta don De Becker - il
vescovo di Sikania diede il
via ed ora finalmente eccoci
al termine.
Qui, ad eccezione del ferro
venuto da Lubumbashi, ha
fatto tutto la gente del
luogo. E così la c-0munità di
Ngonga ba raccolto sulla
montagna le pietre per la
costruzione; la comunità di
Kaboka ha fatto manoni;
quelle di Kipeta e Kisamanba
hanno tagliato il legno
mentre i gruppi giovanili
hanno scavato le
fondamenta. La nuova
chiesa è rettangolare e può
accogliere oltre duemila
persone. A venti metri dalla
costruzione centrale sta
sorgendo, in stile africano, il
campanile.
Per mettere la parola fine a
tanti sforzi mancano
soltanto due cose: i mezzi
per pagare un pittore locale
che dipinga sui muri interni
una Via Crucis e la storia
della salvezza in stile
africano molto colorato e
tasta but non least.. . una
bella statua della Madonna.
Nelle foto:
a Kasenga
tutti hanno collaborato
per la costruzione
della Chiesa
AUSTRIA
Nuovo collegio sloveno a
Klagenfurt
E' stato inaugurato a
Klagenfurt in Austria
una nuova opera
salesiana per ragazzi sloveni.
L'opera è dedicata al primo
vescovo della Carinzia
slovena, San Modesto,
vissuto nel secolo X.
Per l'inaugurazione del
Collegio erano presenti con
il vescovo della città
monsignor Egon Kapellari,
lo stesso presidente
dell'Austria dott. Rudolf
Kirchschlager. Con
l'ispettore salesiano di
Vienna era presente anche
l'ispettore di Ljubljana i cui
confratelli sin dal l 957
lavorano per l'educazione
dei ragazzi e dei giovani
sloveni della Carinzia.
Una teslimonìanza dì vita
saJesiana
B asta dare uno
sguardo alla colluvie
di quotidiana carta
stampata per rendersi conto
del cattivo uso che spesso
viene fatto della stampa.
Un esempio in senso opposto
ci viene da una piccola e
decentrata città del lontano
Giappone, dove un
missionario salesiano, che vi
risiede da 48 anni, lavora,
tutto solo, per portare avanti
una attività editoriale che
riesce a farsi notare in un
Paese a maggioranza non
cris1iana.
JUGOSLAVIA
Nuova chiesa sul litorale
sloveno
U na nuova chiesa
dedicata a S. Nicolò
è stata recentemente
inaugurata ad Ancarano in
Jugoslavia. La nuova chiesa-
parrocchia dei salesiani si
trova in un ambiente che
risente ancora dei grandi
spostamenti di popolazione
avvenuti dopo il 1945. Qui
infatti esisteva una
tradizione bilingue, italiana e
slovena. Con la partenza
degli italiani c'è stato un
calo di frequenza religiosa e
si è dovuto in pratica
ricostruire una nuova
comunità religiosa.
li vescovo di Koper-
Capodistria monsignor Janez
consacrando il nuovo
edificio ha parlato in lingua
slovena ed italiana, quasi a
voler significare che questa
chiesa vorrà essere un segno
d'accoglienza per tutti.
Nella f oto : don Del Col
e la copertina del
libretto di cui si parla
nella corrispondenza
di Pietro Insana.
li salesiano in questione si
chiama don Luigi Del Col.
udinese, e nella piccola città
di Oita fa tutto da sé.
Prepara i testi, li ricopia a

1.6 Page 6

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6 · I APRILE 1985
macchina, li duplica in offset
e infine rilega lui stesso i
volumetti ottenuti, che non
mancano di una certa dignità
editoriale. Qualche volta i
testi che riceve da altri non
sono normalizzati sul
margine destro: e allora ci
pensa lui... Mirabile esempio
di concentrazione verticale
del lavoro...
La più recente fatica
letteraria e grafica di don
Del Col è un libretto di J50
pagine, formato tascabile
(cm. I6,5 per 12) dedicato
ad un confratello coadiutore
che ha già compiuto
cinquant'anni di vita
missionaria in Giappone. Più
che una biografia, quello che
don Del Col ha scritto è un
brioso racconto che ha per
soggetto un uomo entusiasta
e dal cuore fanciullo, uno di
quelli che a qualunque età
può dire rispondendo alla
Messa in latino e pregando:
«ad Deum qui laetificat
juventutem meam... ». Il
personaggio si chiama
Ottavio Masiero.
Torniamo indietro di circa
settant'anni. Nel Veneto, in
una cittadina del retroterra
della Serenissima, viveva un
agiato signore. Si chiamava
Sante Masiero e dalla sua
sposa, Angela Mion, aveva
avuto sei figli, con i quali
era stato già esaurito il
repertorio dei nomi del
parentado.
E siccome il Signore mandò
allri tre figli, a questi ultimi
furono imposti nomi
numerici: Settimo, Ottavio e
Novemia. Probabilmente la
numerazione sarebbe andata
oltre, se la Grande Guerra,
frauamo scoppiata, non
avesse soctratto quell'onesto
genitore ai suoi affetti e al
suo lavoro, per fare di lui
uno dei Seicentomila Caduti
sacrificati in q11ella che
Benedetto XV aveva
profeticamente indicato
come la «inutile strageJ,. Le
condizioni della famiglia
Masiero cambiarono, e non
certo in meglio.
Ci fu, però, un'altra
famiglia, la Famiglia
Salesiana, che aprì le sue
case per accogliere gli orfani,
particolarmente numerosi nel
Veneto, dove la guerra
infierì a lungo e più
crudelmente. Proprio in
quegli stessi anni entrarono
in case salesiane anche i
TI STl?APPRNO L'RUlaOLA
Una mostra su do n Alberto
Maria De Agostini
L a figura del salesiano
don Alberto Maria
De Agostini rivive
proprio in queste settimane
in una mostra organizzata a
fratelli Viganò, uno dei quali Torino dal Museo Nazionale
è oggi successore di Don
della Montagna. La mostra
Bosco.
- aperta il 23 febbraio si
Dei piccoli Masiero, Ottavio chiuderà il 21 aprile per
senti subito la chiamata del essere trasferita ad Aosta
Signore. Ma qualche
prima e quindi a Trento - è
difficoltà nello studio del
un significativo omaggio ad
latino consigliò il giovineuo un salesiano che con
a scartarsi da sé dalla via del pazienza e tenacia ha saputo
sacerdozio e ad
esser degno Figlio di Don
incamminarsi per quella di Bosco, apostolo e scienziato.
coadiutore.
Nell'anima e nei pensieri
Lo stesso don Egidio
Viganò, rettor maggiore dei
Ottavio, però, era già
Salesiani, ha voluto essere
sacerdote: il suo sorridente, presente alla cerimonia
gioioso, entusiastico parlare d'apertura della mostra che
rivelava la sovrabbondanza per l'occasione ha visto
dei carismi apostolici.
riuniti numerosi appassionati
Sarto, anzi maestro sarto, un della montagna e della
giorno Ottavio prende la
fotografia.
grande decisione: andare in Come fra altri, in
Giappone. Vi è ormai da
rappresentanza del Governo
cinquant'anni, circondato argentino, il console generale
dalla riconoscenza di una T. A. Faroldo, il senatore
innumerevole schiera di ex Badini Gonfalonieri ed il
allievi e dall'amicizia di tutti. prof. Angelo Schwarz. Per
n libriccino che narra la sua la realizzazione di questa
vita avventurosa ha la levità mostra i dirigenti del Museo,
dei Fiorelli di Frate
sostenuti dalla Regione
Francesco, anch'egli non
Piemonte, dalla Regione
sacerdote ed amico degli
Autonoma della Valle
uomini e delle cose...
d'Aosta e dal Club Alpino
Italiano si sono avvalsi della
P ietro Insana consulenza di numerosi
ITALIA
esperti italiani e latino-
americani, i cui contributi
sono stati raccolti in un
Aumentano i giovani che
scelgono il servizio civile
volume-catalogo. Un
particolare contributo di
ricerca è stato dato dal
S i moltiplicano sempre
più i giovani che in
.alternativa al servizio
militare scelgono in ltalia il
servizio civile.
Particolarmente numerosi
sono i giovani volontari-
obieuori che prestano il loro
servizio nell'lspettoria
Lombarda e nell'lspettoria
Veneta. Recentemente anche
le altre regioni hanno
incominciato a realizzare dei
progetti che consentono
«l'utilizzazione» degli
SERV/1/BCIVILE
ISPETTORtA SALESIANA
VlA MARSALA42ROMA
TEL4940147
obiettori. È questo un
significativo contributo dato
dai Salesiani alla crescita
della culwra della pace.
I Nella foto:
un originale adesivo
distribuito dall'lspettoria
Salesiana di Roma

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1 APFIILE 1985 7
a lettera di Nino Barraco
CONVEGNO DI CHIESA
salesiano don Marco
Bongioanni recatosi
recentemente, assieme ai
dirigenti del Museo, Aldo
Audisio e G. Garimoldi, nei
luoghi che videro don De
Agostini attento osservatore
e fine fotografo.
E a don Marco Bongioanni
abbiamo chiesto il perché la
figura di don De AgosLini
suscita tanto interesse.
Potrei - ci ha detto il
Salesiano - rispondere
semplicemente: perché è
appena ricorso il (primo)
centenario dalla sua nascita,
e perché la sua rigura è
particolarmente signi ricativa.
Ma questo è vero anche per
altre notevoli figure di
missionari salesiani. Poiché
De Agostini continua a
suscitare interesse anche a
livello laico, è su questo
punto che a mio parere
bisogna interrogarsi.
Ebbene, a me pare che don
De Agostini abbia fatto
qualcosa di eccezionale
proprio in questo senso,
anche se non è stato né
l'unico né il primo prete a
comportarsi in tal modo. Ha
unito fede e scienza,
missione e cultura, non come
due cose sommate insieme
(che sarebbe già un gran
merito) ma come una cosa
unica dove una componente
suppone inscindibilmeme
!'altra. Voglio dire che egli
ha attuato una
evangefi_zzazione cu//urafe o
se vogliamo una cuhura
evangefi_zzotrice, ed in ciò è
stato tipicissimo sia come
salesiano educatore e
missionario, sia come
Nelle foto:
IDon Egidio Viganò,
don Marco Bongioanni
ed il prof. Angelo Schwarz
mentre visitano la mostra;
un aspetto della
stessa mostra
scienziato esploratore e
geografo. Per conseguenza
non stupisce affatLO che egli
continui a interessare sia i
cristiani che sùmola a una
maggiore sensibilità
culturale, s.ia gli studiosi -
benché «laici» - che
richiama ad orizzonti
cristiani. Così De Agosrìni
rivela anche missionario rra
gli scienziati. Questo asperto
della sua personalità, a mio
parere, andrebbe riscoperto e
approfondito per la sua
credibilità e atlualità nel
mondo d'oggi. È quanto ha
souolineaLo il Rettore
Maggiore don Viganò
parlando all'inaugurazione.
De Agostini è stato un
pioniere della cultura, della
natura e della religione
cristiana: missionario, in una
parola, a più dimensioni.
Carissimo,
dovremmo avere tutta la passione della Chiesa.
Vivere, sostenere, costruire insieme la Chiesa, questo
mistero che si fa evento nel tempo, che si fa evangelizza-
zione, sacramento, testimonianza, che si fa Convegno di
riconciliazione per gli uomini di oggi.
Una Chiesa riconosciuta ormai come un interlocutore
essenziale di condivisione, di lotta, di profezia, e non più
ritenuta esclusa dal mondo, ostile, separata, o, al limite,
considerata come una autoambulanza della storia.
È la nuova Chiesa che diventa sempre più altare, miste-
ro dello Spirito. Una Chiesa nella piaga dei fratelli, libera
da tutte le compromissioni del potere, pronta a riconosce-
re per prima le sue colpe, apena alla comunione, al dialo-
go con gli a ltri, con quelli che sono stati chiamati i «lonta-
ni» o che forse abbiamo allontanato noi.
Una Chiesa che annunzia la Parola fondante, che testi-
monia le Beatitudini, ma che non ha paura di sporcarsi le
mani sull'altare dei bisogni e della liberazione dell'uomo.
Sacramento di salvezza spalancato al grido dell'uomo
doloroso, concreto, esistenziale, del nostro tempo. Que-
st'uomo che soffre, che lotta, che muore dentro ad una si-
tuazione dì peccato, di paura, di malattia, di disoccupa-
zione, dentro alle nostre città esposte al dolore, alla vio-
lenza, alla droga, all'intrigo di tutte le trame mafiose, alla
corruzione, alla iniquità, alla morte.
Di questa Chiesa, guanti come laici ci sentiamo respon-
sabili, soffriamo oggi tutta l'impazienza della novità, per-
ché nessuno si senta estraneo, nessuno si senta lontano,
nessuno si sema escluso.
Si tratta di spostare i confini dei nostri piccoli episodi,
di essere missionarietà, scelta dì campo, lettura, sfida, re-
capito delle cause, presenza, convocazione di solidarietà,
per cambiare la qualità della vita, per dare un orizzonte di
speranza ai giovani, per stabilìre nuovi rapporti di solida-
rietà con il mondo del lavoro.
Essere passione per il futuro. Convertire, per questo, le
resistenze di tanLe comuniLà moderate, reattive, chiuse da
una psicologia di difesa, più capaci di protezione che non
di aperrura, più d isponibili al devozionalismo che non al-
l'adorazione, comunità che hanno uu linguaggio estraneo
ai problemi dell'uomo di oggi, che ripetono nella vita un
Vangelo innocuo, evasivo.
Convegno delle Chiese, una passione per il futuro. Pro-
gettazione di questo futuro, annunzio fondante della Pa-
rola. grazia, testimonianza, competenza di amore per gli
ultimi soprattutto.
Occasione davvero storica per gestire una intenzione
profetica.

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8 · I APRILE 198S
ITALIA
Consegnate le Coslituno ni al
alesia ni
L a festa di San
Giovanni Bosco 1985
è stata per molte
comunità salesiane
l'occasione per ricevere, con
semplici e suggestive
cerimonie, le Costituzioni
della Società dì San
Francesco di Sales
recentemente approvate dal
Capitolo Generale della
Congregazione e dalla Santa
Sede dopo non poche
discussioru. Lo stesso Rettor
Maggiore ha presieduto
alcune di queste cerimonie e
dove non ha potuto andare è
stato sostituito daJ suo
Vicario don Gaetano Scrivo
o da qualche altro membro
del Consiglio generale.
Raccolta in un elegante
\\'Olumeno in carta india la
<< regola di vita» dei Figli di
Don Bosco è suddivisa in
196 articoli costitu1..ionaJi e
in 202 articoli regolamentari.
In appendice vengono .
riportati aJcuni scrilli di San
Giovanni Bosco ri1enu1j
fondamentali per la stessa
identità salesiana.
L'interesse per questa
« regola di vita>> salesiana è
stato notevole anche al di
fuori della stessa
Congregazione. A molte
«cerimonie di consegna» la
partecipazione è stata aperta
a tutti. A Roma Cineciuà,
ad esempio, essa è av,enuta
-~--r----~-..-r-.c:---..- -· 1.....,,.._-,,.-O-....·....,.......o-.._41..:..
- _ _. .,-.-..,.-....-...-...-...-..o....-....a..._.,.....-....u...-...-.
- - ---- _.v..:..:.....a....:--..~....~..
. . . . _ ........... 1- .... .....
~
Nella foto:
il testo del Proemio alle
Costituzioni su cartolina.
durante la più affollata
messa parrocchiale. Nei
prossimi mesi ci sarà un
impegno di approfondimento
e conoscenza per LUtti i
SaJesianL Nell'ambito di tale
impegno, la Famiglia
Salesiana dcli' Italia
Meridionale ha incominciato
a stampare, con scadenza
periodica, su cartoline a 4
colori, i testi più belli e
significativi delle
Costituzioni e dei
Regolamenti.
Incontri di animato ri a P isa
, Oratorio - Centro
Giovanile del
L quartiere CEP di
Pisa ha ospitato il 24
febbraio 1985 Il quarto
incontro degli animatori dei
gruppi giovanili d'impegno
della Toscana. Si traua di
giovaru che ormai da cinque
anni partecipano a campi
scuola estivi cd invernali
verificando il loro impegno
cristiano nello stile
dell'animazione salesiana.
Nella foto:
Il pranzo:
momento di convivialità
dove si mette tutto
In comune
sull'onda dell'anno
internazionale del giovani.
Molto validi e applauditi
sono stari gli appassionati e
schietti interventi di Mons.
Luigi Di Liegro, direttore
Periodicamente vengono
fatti questi incontri di
richiamo ai quali
partecipano oltre duecento
giovani per volta.
<<Giovani, futuro della pace
e dell 'umanità»
U na tavola rotonda su
«Giovani, futuro
della pace e della
umanità>) si è svolta presso
Nelle foto:
la sala
del Borgo Ragazzi
Don Bosco di Roma In
occasione del dibattito
e sotto i relatori
l' IMituto Borgo Ragazzi Don
Bosco di Roma, nel quadro
delle mani restazioni per
onorare Don Bosco ma,
,oprarru110, per sintonizzarsi
della Caritas romana,
dell'On. Raniero Benedeuo,
assessore ai problemi della
gioventù della regione Lazio,
del dott. Luca Borgomeo,
segretario del Cisl.
Ognuno dei relatori, secondo
la competenza professionale
e la pluriennale esperienza
nel settore in cui opera, ha
offerto un validissimo
apporto suscitando molta
partecipazione da parte del
pubblico intervenuto aJ
massimo della capien1..a del
salone teatro. Proprio gli
interventi, numerosi e vari,
hanno dato agli
organizzatori l'esatta misura
della riuscita dell'inizjativa
che ha suscitato il plauso
sincero e incondizionato di
quanti hanno partecipato.
Moderatore dell'incontro è
stato il direnore del nostro
giornale don Giuseppe Costa.

1.9 Page 9

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,11_ _INCHIESTA as_ __ _ _ _ _ _ _ _ _ ____
1985 anno dei giovani
L
Solo mutando progetti
di vita sarà p ossibile
debellare la pestilenza
gchw.evaamtt..acca sop rattutto t
A BATTAGLIA
CONTRO
LA DROGA
SI CHIAMA
PREVENZIONE
1 APRILE /985 · 9
Droga: il mostro, la
piovra, la pestilenza, la palude. La
ritroviamo ormai ad ogni angolo di
strada, una siringa, uno sguardo al-
lucinato; ci affligge ogni giorno dal-
le pagine dei quotidiani; provoca
dolore, disfacimento, disperazione,
morte. Ci sforziamo di combatter-
la, ma ancora non sappiamo bene
come, le incertezze si riflettono nel-
le polemiche, nei contrasti suimeto-
di da seguire sia a livello politico
che individuale . Indaghiamo sulle
cause del suo diffondersi a macchia
d'olio fra la gioventù, e ne esce il
più delle volte un panorama confu-
so e contraddittorio. Se tentiamo di
risalire alle responsabilità, ci accor-
giamo che le certezze di ieri debbo-
no cedere il passo a quelle di oggi, si
giurava sulla centralità del rapporto
droga-emarginazione, ma ora, di
fronte all'abbattersi del cataclisma
su tutte le classi sociali, ci si è ricre-
duti. E le «certezze» di oggi saran-
no probabilmente costrette a tirarsi
da parte incalzate dalle «certezze»
di domani.
Il mondo che gravita, in un modo
o nell'altro, intorno alla droga, è in
realtà un mondo dai contorni eva-
nescenti, avvolto nella nebbia, si
stenta a trovare l'orientamento. Po-
chi i dati certi. Uno, comunque,
emerge sugli altri: questa pestilenza
che si chiama droga attacca i giova-
ni, ne fa le sue vittime privilegiate,
si annida nel loro animo prima an-
cora che nel loro organismo, tarlo
instancabile e corrosivo, sinistro
molok affamato di vite umane. C'è
un secondo dato altrettanto certo:
contro la droga si vincono oggi delle
battaglie, ma non la guerra, si
strappa alla pestilenza qualche vita,
ma non si ottiene di debellarla alla
radice, di estirparla. Per questo mo-
tivo si fa strada con sempre maggior
chiarezza, la convinzione che per
ottenere la vittoria finale non c'è
che un mezzo: la prevenzione.

1.10 Page 10

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10 · I APRILE 1985
U fosco panorama
Non bastano e non basteranno,
almeno sul medio periodo, tutte le
polizie del mondo a impedire la cir-
colazione della droga, in giro ce ne
sarà sempre, ('«offerta» non verrà
mai meno. La droga resterà inven-
duta nelle mani adunche degli spac-
ciatori solo il giorno in cui, dall'al-
tra parte, crollerà la «domanda»,
perché si sarà imposta una cultura
antidroga e il rigetto sarà diventato
totale e definitivo.
Il panorama attuale è fosco. Dia-
mo uno sguardo alle cifre, peraltro
assai note, allo scopo di inquadrare
la vastità dell'epidemia. In Italia i
tossicodipendenti si calcolano intor-
no ai 200-240mila, cifra che include
i consumatori sia di droghe cosid-
dette «leggere» che di droghe pe-
santi (eroina, soprattutto). Il primo
morto per droga si ebbe in Italia nel
1973 . Quattro anni dopo, si era ar-
rivati a 40 giovani vittime, ne11'80 il
dato si è quadruplicato: 205 morti.
Negli ultimi anni, il tragico conto ci
dà due morti ogni tre giorni. ln Ger-
mania, i morti per droga nel 1984
sono stati 472, in Francia 190, in
Svezia 300. In Inghilterra, i tossico-
dipendenti non sono men o di
I50mila, con una punta terrificante
a Liverpool, dove la metà dei giova-
ni fra i 14 e i 25 anni consuma rego-
larmente eroina.
L'Olanda conta 25mila drogati su
una popolazione d i 14 milioni di
abitanti, in Germania occidentale
sono 65mila. Potremmo citare altri
Paesi del vecchio Continente, ma ri-
marremmo sempre in un ambito ri-
stretto, perché il flagello non è solo
europeo, ma mondiale, si è ormai
abbattuto ovunque. P er fino in
Unione Sovietica dove, nonostante
l'impenetrabilità delle frontiere, la
droga riesce a filtrare, obbligando
le autorità di varie repubbliche del-
l'URSS a lanciare segnali d'allarme.
La commissione antidroga delle Na-
zioni Unite ha calcolato che non
meno di 48 milioni di persone nel
mondo sono tossicodipendenti.
lo Italia, la diffusione della droga
è ormai capiUare. Se le grandi aree
metropolitane - con Roma in testa
- raccolgono la maggiore concen-
TD·rar,io•l\\a.lut~...__.~
- ---=-
l- -
trazione, i piccoli paesi, i più sper-
duti, non ne sono immuni. lnollre,
è ormaj accertato che la penetrazio-
ne deUa droga attraversa orizzontal-
mente tutti gli strati sociali. Si dro-
ga lo studente e il lavoratore, il di-
soccupato echi ha un impiego fisso,
borghesi, proletari, sonoproletari.
Ovunque, in Italia come nel resto
d'Europa e nel mondo, un'unica a l-
larmata constatazione: i tossicodi-
pendenti sono in aumento, il traffi-
co si imensifica, i consumi registra-
no uno spettacolare incremento.
Caccia ai giovanissimi
Si abbassa cti continuo, invece,
l'età media dei ragazzi che entrano
nella spirale della droga. Ben 47 ser-
vizi pubblici per l'assistenza ai tossi-
codipendenti hanno segnalato -
per averne avuto diretta cognizione
- casi di assunzione di droga da
parte cti giovani di età inferiore ai 15
anni. Anche ~e i ventenni fonnano
la compatta maggioranza dei droga-
ti, i giovanissimi raggiungono or-
mai una percentuale di rilievo. An-
zi, sono proprio i giovanissimi ad
essere ricercati dagli spacciatori,
perché più sprovveduti e potenzial-
mente in grado di allargare un mer-
cato sempre alla ricerca di nuovi
sbocchi. Anche non volendo prestar
fede alla notizia di spacciatori che
avrebbero distribuito caramelle
trattate con psicofarmaci ai bambi-
ni delle scuole elementari, non c'è
alcun dubbio su Ilo spaccio di hashis
in una scuola media di Castellam-
mare ad opera di un bidello, poi ar-
restato, che intendeva «iniziare»
così alla droga gli studenti per farne
futuri clienti di sostanze stupefacen-
ti più pesanti.
Che cosa spinge masse tanto im-
ponenti di giovani verso l'uso della
droga? Se si potesse rispondere in
modo ceno e inequivocabile a que-
sta difficilissima domanda, il feno-
meno droga sarebbe già stato elimi-
nato. Sarebbe come individuare e
isolare il virus della peslilenza: il
vaccino verrebbe di conseguenza.
Purtroppo, i metodi seguiti nei la-
boratori scientifici non sono appli-
cabili alla droga. Chi ha preteso di
formulare diagnosi precise, ha poi
dovuto riconoscere di aver commes-
so un errore. Un esempio per 1uui.
ln clima di imperante sociologismo,
l'imputato numero uno, il più vitu-
perato, era, anni addietro, la socie-
tà, con le sue reali distorsioni, le sue
ingiustizie, i suoi squilibri. Ma ora
la società non è più sola sul banco
degli accusati, ci si è accorti che la
famiglia, data per morta e quindi
del tutto trascurata, esiste ancora, e
se non è concepita come un nucleo
saldo e sano, può a sua , olla e!tsere
fonte di guai irreparabili.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- -- -- - - - - -~ -
Di più: va delineandosi, con neui
contorni, anche un'altra prospetti-
va, fino a qualche tempo fa del tut-
to disattesa, e cioè la diretta respon-
sabilità degli stessi giovani. Ovvia-
mente di quelli che hanno un'età
più avanzata. <<Non possiamo con-
tinuare - dice don Ciotti, il sacer-
dote torinese da anni impegnato
nella lotta alla droga - a considera-
re questi ragazzi come fiori di serra.
Bisogna invece metterli di fronte al-
le loro responsabilità e non scarica-
re tutto sulla società e sulla fami-
glia. Sarebbe sbagliato assumere nei
confronti dei drogati un atteggia-
mento di compatimento. Anch'essi
hanno delle responsabilità e bisogna
farle emergere proprio per aiutarli a
uscire dal tunnel». E don Mario
Picchi, precursore delle comunità
terapeutiche in Italia - a tutt'oggi
ne ha attivate 18 - aggiunge: «Tut-
ti i ragazzi che ho conosciuto hanno
deciso liberamente di drogarsi, con-
sapevoli anche dei rischi ai quali an-
davano incontro». Una consapevo-
lezza, dunque, che comporta l'as-
sunzione ·ai precise responsabilità.
«M erce» di consumo
Sull'evolversi dei tratti tipici del
consumo di droga, il CENSIS, il
centro di ricerche sociali di cui è di-
rettore Giuseppe De Rita, ha tenta-
to di coglierne le grandi linee. Se-
condo De Rita, è nel 1970 che in Ita-
lia arriva, forse sull'onda del Ses-
santotto, la cosiddetta «cultura del-
la droga». 1 giovani si drogavano,
all'epoca, q uasi per sottolineare un
momento di rottura con la « società
perbenista», per marcare una diver-
sità rispetto agli adulti e al «loro»
sistema. La seconda fase, sempre
secondo il CENSIS, inizia a metà
degli anni Settanta. L'elemento di
«provocazione» si affievolisce e
prende forza, invece, una specie di
chiusura al mondo esterno, un ri-
piegarsi in gruppi che si considera-
no <<diversi» . Negli anni 80 comin-
cia la terza fase: «Da un lato - si
legge nel rapporto del CENSIS - si
assiste a una espansione senza pre-
cedenti delle tossicodipendenze,
dall'altro il fenomeno non è caratte-
rizzato da atteggiamenti di conflit-
cualità e di contrasto nei confronti
della società, ma diventa espressio-
ne acritica di modelli deteriori di cui
la società medesima è pervasa, assi-
milati passivamente da personalità
fragili e immature».
Insomma, la terza fase si caratte-
rizzerebbe per la droga come merce
introdotta stabilmente sul mercato e
vista come possibilità, fra le tante,
di consumo. « Certo, nella droga ci
si rifugia anche per consumismo -
ammette don Picchi -, ma c'è del-
1'altro. Non ho una risposta stan-
dard alle moùvazioni dell'uso di
droga, perché non esiste. Penso che
1 APRILE 1985 11
la responsabilità vada cercata so-
prattutto nella persona che si droga,
sia•pure considerando l'ambiente in
cui è cresciuta e la società che si tro-
va di fronte. E allora bisogna diTe
che ci si droga per paura, per imma-
turità, per solitudine, per imitazio-
ne di altri ».
Ma L'elenco delle «cause» è lun-
ghissimo e vede singolari contrap-
posizioni. Per esempio, ci si droga
perché i genitori sono stati troppo
permissivi, ma anche perché sono
stati troppo severi. E poi ancora:
perché non si riesce a comunicare
con la propria famiglia, perché non
CAUSE DELLA TOSSICO-
DIPENDENZA INDICATE
DAGLI OPERATORI DELLE
STRUTTURE ANTIDROGA
Nord
La perdita dì funzione del-
la famiglia quando non è in
grado di svolgere un ruolo
di guida
42,4
La crisi della convivenza
familiare (conflittualità,
scarsa comunicazione)
62,0
Un'educazione troppo per-
missiva
13,6
L'incoerenza degli adulti e
i valori contraddittori nella
società
44,4
Perdita di sicurezza circa il
futuro e la mancanza di
prospettive
59,6
Il benessere economico e
la deresponsabilizzazione 18.8
La perdita di credibilità di
alcuni valori e la mancan-
za di valori sostitutivi
52,4
Esperienze personali ne-
gatlve
29,2
I modelli di consumo indot-
ti dalla società
46,4
Altro
28,4
Centro Sud-Isole Italia
50,0 43,9 43,8
58,0 64,6 60,6
22,3 18,2 16,4
64,2 43,9 48,4
58,9 64,6 59,3
27,7 28,4 22,3
71,4 65,8 58,6
41,7 39,2 33,4
59,9 58,5 50,1
32,1 26,8 28,1

2.2 Page 12

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12 · 1 APRILE 1985
si crede più nei valori tradizionali e
non se ne sono trovati altri capaci di
sostituirli, per imitazione di amici,
perché la nostra società ba insegna-
to a «risolvere)) con i farmaci tutti i
problemi, perché il futuro è buio e
minaccioso, perché non si trova al-
tro modo per uscire da una espe-
rienza personale negativa. E anche
perché non si hanno amici, perché
delusi daJJa scuola o dal lavoro, per-
ché si vuole uscire da uno stato di
sofferenza, di angoscia esistenziale,
perché mancano possibilità di ag-
gregazione, per noia.
Quali che siano le cause, non rie-
sce tuttora a farsi strada e affermar-
si come dato culturale la convinzio-
ne che il «rimedio» cui si fa ricorso
è di gran lunga peggiore del «male»
che si vuole curare. Peggiore perché
il ricorso alla droga comporta infal-
libilmente l'aggravarsi dei proble-
mi, e non la loro risoluzione. li
mondo della droga è intriso di dolo-
re fisico e morale, di frantumazione
della personalità, di violenza, di
morte, una morte spesso squallida
in luoghi squallidi. Il giovane che
compie il primo passo a una estre-
mità del tunnel, inesorabilmente vi
sarà risucchiato e non a tutti è dato
vedere l'altra estremità. Ogni gior-
no i quotidiani ci bombardano con
le notizie di morti per overdose, per
la sostanza troppo concentrata, per
i tagli sbagliati. Se non si muore c'è
il rischio, decuplicato per i tossico-
dipendenti, soggetti particolarmen-
te ricettivi a causa di difese meno
valide, di ammalarsi di epatite
virale.
Circa il venti per cento dei giova-
ni che finiscono in carcere, lo devo-
no al fatto di avere « rapporti con la
droga». E sono proprio loro che in
prigione entrano più spesso e per
periodi più lunghi. 1n genere, si
tratta di ragazzi coinvolti nel «giro»
degli st4pefacenti come consumato-
ri-spacciatori, oppure consumatori
che si procurano il denaro per ac-
quistare la droga compiendo scippi,
furti, rapine e anche omicidi. E il
carcere non è certo il luogo più
adatto per smettere, tanto più che in
molti di essi la droga circola in ab-
bondanza.
Chi non va in galera sono i grandi
mercanti, coloro che detengono le
fila di una mostruosa organizzazio-
ne internazionale che fattura nel
mondo 500mila miliardi di Lire
(12mi1a miliardi in Italia) e attiva un
commercio in c ui la vita degli altri
non conta assolutamente nulla. Co-
storo sono potenti, sembrano aver
ragione di ogni iniziativa intrapresa
contro di essi. Se debbono lamenta-
re delle vittime è solo perché gli affi-
!iati a «gang» rivali si uccidono per
imporre il proprio controllo su fette
di mercato. I <<cervelli» sono sem-
pre al sicuro, magari ossequiati e
riveriti.
La pestilenza attacca i giovani,
abbiamo detto, ma il contagio si
spande coinvolgendo, loro malgra-
do, i genitori, le istituzioni, la socie-
tà. I genitori dei ragazzi drogati so-
no costretti ad affrontare un calva-
rio che si prolunga per anni e che
spesso può sfociare in tragedia. Per
molti è anche la rovina economica,
causata dalle ingenti spese sostenute
nel tentativo di curare il figlio. Le
stesse finanze internazionali sono
inquinate dai circuiti della droga
che riciclano il denaro sporco, senza
contare le enormi risorse assorbite
dagli apparati di polizia impegnati
nello sforzo per stroncare gli illeciti
traffici internazionali e per arginare
la delinquenza giovanile indotta
edalla droga.
he cosa si può Iare?
La tossicodipendenza è una realtà
con cui bisogna, in ogni modo, mi-
surarsi. I drogati ci sono, e sono de-
cine di migliaia, milioni nel mondo.
Che cosa si può fare per essi? Con-
vegni, incontri, seminari, discussio-

2.3 Page 13

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- - - - - - - - - -# -
ni hanno analizzato in lungo e in
largo la questione, ne hanno rovi-
stato gli angoli più oscuri, hanno at-
tizzato scontri polemici sui metodi
terapeutici considerati più idonei a
far uscire i giovani dal tunnel e otte-
nere il difficile risultato di reinserire
nella società questi ragazzi. Ma una
strategia onnicomprensiva ancora
non è stata trovata. Probabilmente
perché non c'è. Forse ha ragione il
ministro dell'interno, ScaJJaro,
quando afferma: «Nessuno possie-
de la ricetta miracolosa, ciascun
drogato è un caso a sé, aiutarlo vuol
dire riferirsi al le circostanze fami-
liari, personali, sociali dell'espe-
rienza vissuta. Ma - aggiunge -
possiamo contribuire tutti a debel-
lare la degradante contaminazione
della droga».
Vogliono «tutti» contribuire? Di-
ciamolo francamente: c'è una diffu-
sa ostilità nei confronti dei giovani
drogaù, il rifiuto di stabilire un con-
tatto con essi. A molti di noi può es-
sere venuto di pensare che, questi
ragazzi, i guai se li sono andati a
cercare. La droga, si dice, non è una
malattia che capita fra capo e collo
senza colpa di nessuno, la droga bi-
sogna volerla, richiede una consa-
pevole decisione, soprattutto se ne
può fare a meno. Sono giudizi mol-
to sbrigativi, che omettono di consi-
derare il retroterra su cui prolifera
la droga. Da essi tuttavia, deriva un
corposo fastidio nei confronti dei
tossicodipendenti, spesso la paura,
la diffidenza. Fino al punto di assu-
mere atteggiamenti di totale rifiuto,
come è accaduto nel piccolo comu-
ne piemontese di Andezano, dove le
pubbliche autorità si sono opposte
alla nascita di una comunità tera-
peutica patrocinata da don Ciotti.
«Il nostro è un paese sano, integro
- ha detto il sindaco -. li proble-
ma droga non esiste, lo leggiamo sui
giornali, riguarda altri. Perché allo-
ra dobbiamo riparare al male al-
trui?». Un progetto di vita ostaco-
lato dalla paura e dall'egoismo. Per
uscire dal tunnel, i giovani invece
hanno bisogno di avere intorno a sé
gente che crede ancora in loro, che
ha fiducia in loro in quanto uomini,
che non si tira indietro quando si
chiedono atti concreti di solidarietà.
Le barriere dell'egoismo si alzano
anche a causa di un'altra, diffusa
1APRILE 1985 · 13
LAVORO E FORMAZIONE
PROFESSIONALE
COME PREVENZIONE
E TERAPIA
La Famiglia Salesiana è pre-
sente sul fronte-droga con ini-
ziative di ricerca, di prevenzio-
ne e specifiche. L'Istituto di So-
ciologia dell'Università Salesia-
na di Roma, ad esempio, da
qualche anno dirige la propria
attenzione proprio al settore dei
«giovani in difficoltà...
Così all'interno' dello stesso
Istituto è sorto un corso per la
formazione di animatori desti-
nati al territorio mentre su
commissione del Centro Nazio-
nale Opere Salesiane Forma-
zione Professionale è stata fat-
ta una ricerca mirante a co-
gliere il rapporto tra Lavoro e
Formazione Professionale da
un lato e giovani in difficoltà
dall'altro.
La ricerca si è svolta in centri
gestiti dalla Congregazione sa-
lesiana ed in particolare presso
il Centro di Rieducazione «D.
Savio» di Arese (Ml), il CE.I.S.
dì Livorno, la Comunità dei Gio-
vani di Verona, la Comunità
Emmaus di Foggia. In ognuno
di questi centri si è ricostruita la
storia dell'intervento, si è de-
scritta la collocazione rispetto al
territorio e ai bisogni giovanili
emergenti, si è precisato il qua-
dro istituzionale ed organizzati-
vo, si è approfondita la «cultura
del lavoro» e si è valutata la rile-
vanza accordata all'esperienza
lavorativa all'interno delle meto-
dologie di recupero-riabilitazio-
ne. La ricerca ha evidenziato
soprattutto che di fronte alla
multiformità delle esigenze: bi-
sogni/domande formative dei
giovani in difficoltà si deve ri-
spondere con almeno altrettan-
ta varietà e disponibilità al
cambio.
«Non esistono in questo cam-
po - ha dichiarato il sociologo
Giancarlo Milanesi - le ricette
sicure, come non esistono in
qualsiasi altro intervento edu-
cativo».
mentalità: moltissimj sono portati a
pensare che la droga è un problema
«degli altri», che riguarda sempre il
vicino di casa, l'inquilino della por-
ta accanto. Invece, proprio il carat-
tere «consumistico» dell'attuale
diffusione della droga, ci deve tene-
re tutti in fase di preallarme, la scia-
gura può cadere inaspettata.sulla te-
sta di ciascuno, senza riguardi per
nessuno, dal primo ministro austra-
liano - che difatti ha saputo che fi-
glio e nuora si drogavano e ne ha
fatto oggetto di una pubblica am-
missione in TV - al semplice im-
piegato, dall'attore famoso all'ope-
raio della fabbrica.
A dedicarsi totalmente a questo
mondo di infelici preda della droga
sono invece i volontari, coloro che
spendono la vita per salvare i tossi-
codipendenti, sottrarli alla schiavi-
tù, reintegrarne la personalità. Non
è un compito facile, il loro, conosce
vittorie, ma anche amare sconfitte.
Non è un caso che questo impegno
di solidarietà umana con chi soffre
veda schierati in prima linea tanti
sacerdoti e persone di fede che agi-
scono spiate dalla carità evangelica.
Non sono pochi i giovani - almeno
trentamila in Italia - che prima di
precipitare definitivamente nel ba-
ratro della disgregazione totale, rie-
scono ad avere la percezione dell'in-
ferno in cui hanno posto piede, e
t rovano ancora la forza di invocare
aiuto. Sono i giovani che si sotto-
pongono, volontariamente e fidu-
ciosamente, al trattamento terapeu-
tico.
È stato detto e ripetuto che dalla
droga si può uscire. II prezzo da pa-
gare è altissimo, corrispondente al-
l'elevato grado di follia commessa
con fa scelta della droga. Il primo
.scoglio, pieno di asperità, è rappre-
sentato dall'esigenza di formare

2.4 Page 14

▲back to top


14 r APRllE1985
preventivamente in se stessi la vo-
lomà di voltare pagina. Non sempre
questa volontà si dimostra salda.
Molti giovani hanno provato due,
tre volte, e anche di più, e sempre
sono stati ricacciati nel pantano.
C'è chi si è arreso, considerando
impari la lotta. I due giovani sposi
di Lumezzano, in provincia di Bre-
scia, si sono tolti la vita Lasciando
scritLO: «Perdono. Non vediamo al-
tra strada per soll rarci a questa
schiavitù». Qui ha vinto la dispera-
zione. È stata invece la paura di non
saper resistere a ponare una ragaz-
za di Taranto - Patrizia, 18 anni,
finita in carcere per aver partecipa-
to a un furto organizzato aUo scopo
di procurarsi i soldi per la « roba»
- a rifiutare la libertà provvisoria:
«Voglio restare in carcere - ha det-
to - perché se torno in libertà fini-
sce che ricomincio a bucarmi».
F ducia nell'uomo
Del resto, come sostiene don
Cioui, «dalla droga non si ~cc
semplicemente decidendo di smeue-
re di usare la sostanza, ma quando
si riesce a dare un senso alla propria
vita». Per il recupero dei tossicodi-
pendenti proprio sotto questo profi-
lo, sono nate le com unirà rerapeuti-
che, sviluppatesi grazie aUa mobili-
tazione del volontariato. Anche sul-
la comunità terapeutica non sono
mancate le discussioni, anzi per una
di esse, quella di San Patrignano di
Rimini, c'è stata addirittura una ap-
pendice giudiziaria. I metodi tera-
peutici seguiti dalle varie comunità
sono diversi, di,erse le esperienze,
ma - come ha sottolineato il cardi-
nale Poletti - c'è un vincolo fonda-
mentale che le unisce tutte, ed è la
loro fiducia nell'uomo. « La comu-
nità terapeutica è la risposta più
idonea aJ problema dei tossicodi-
pendenti - sostiene Oreste Benzi,
dell'Associazione Giovanni XXIII
- perché in essa si fa quello che si
dovrebbe fare in famiglia. Se attual-
mente la risposla è la comunità, ciò
non vuol dire che noi stessi non ne
cerchiamo alLre. C'è per esempio, la
possibilità di una terapia familiare
che va scoperta e sviluppara. È la
più difficile per l'incapacità dei ge-
nitori di gestire un figlio tossicodi-
pendente. Se però li rendiamo capa-
ci, la battaglia contro la droga è vin-
ta per un buon 50 per cento».
La comunità terapeutica ha biso-
gno di forti cariche ideali, di sereni-
tà, di fermezza, di energia, dj gene-
rosirà, e soprauuuo di amore. È
difficile trovare tuuo ciò nelle strut-
ture pubbliche. Il volontariato, al
contrario, nasce proprio da questi
valori, e si prefigge lo scopo di at-
tuarli nella pratica. Esso è dunque
indispensabile, anche perché è il so-
lo in grado di coprire il periodo -
anch'esso ino di difficoltà e di pro-
blemi - che va dalla dimissione
dell'ex tossicodipendente al suo
reinserimento nella società. Va ag-
giunto che la 5truttura pubblica è
spesso carente anche sotto il profilo
terapeuùco, si arrida troppo a quel
surrogato dell'eroina che è il meta-
done. In Italia come in Francia e in
Inghilterra, è una incessante lamen-
tela sulla inadeguatezza dell'illler-
vento pubblico al momento della te-
rapia. Altre cri1 iche raggiungono gli
Stati per quanto riguarda, più in ge-
nerale, la lotta alla droga. Di fronte
aJl'ampliarsi della rete commercia-
le, le autorità naLionali e internazio-
nali, ovunque nel mondo, sembra-
no essere impotenti a controllare il
fenomeno, nonostante la mole di la-
voro svolto per stroncare il mer-
cato.
Tullo ciò vuol dire che la droga,
quanto a disponibilità è destinata a
non scomparire tanto presto. Di qui
l'esigenza primaria della prevenzio-
ne. Ecco, la prevenzione. Mai paro-
la è stata tanto attuale e pronuncia-
ta così frequentemente come in que-
sto campo. « La prevenzione - af-
ferma il ministro di grazia e giusti-
zia, Martinaaoli - è la scommessa
che attende tutti noi, perché la dro-
ga non si elimina, ma si possono re-
cidere i fili economici, sociali, psi-
cologici, umani che creano iJ "biso-
gno"». A chi spetta il compito di
svolgere l'azione preventiva? Alle
famiglie, alle istituzioni pubbliche e
private, agli educatori, agli operato-
ri socio-sanitari, agli apparati go-
vernativi nazionali e internazionali,
ai sacerdoti. È a tutti questi «cen-
tri» che don Picchi rivolge un pres-
sante appello «perché offrano, re-
sponsabilmente e con reale impe-
gno, ogni aiuto e la massima colla-
borazione per affermare la validità
di una cultura della vita contro la
cultura della droga».
Prevenzione, aggiunge don Pic-
chi, non è tanto parlare ai giovani di
droga, sia pure in chiave negativa.
Prevenzione vuol dire « formare co-
scienze critiche ed autonome, affet-
tivamente e culturalmente, contro il
consumismo, il conformismo, l'ag-
gressione dei mass-media>>. Natu-
ralmente è importante combattere
anche la disinformazione, o la falsa
informazione. Ad essa va imputato,
per esempio, l'ingenuità o l'inco-
scienza di quei giovani che si avvici-
nano alla droga convinti di poterla
padroneggiare allontanandosene a
piacimento. Una volta, due al mas-
simo, magari al sabato sera - dico-
no - e poi basta. Ma chi si mette su
questa strada è già un wssicodipen-
denre perché in realtà la droga non
molla le sue vittime una volta che è
riuscita ad afferrarle.
È importantissimo, ai fini della
prevenzione, creare anche occasioni
di aggregazione sana e serena. (< No-
tiamo - afferma don Gino Rigoldi
- che di solito il giovane drogato
ha "compagni di scuola", "colle-
ghi", "amici del bar", non amici
ve1i». Si senle sempre più isolaLO, si
chiude in sé. Di qui l'esigenza di in-
serire i giovani in una cerchia di
amicizie autentiche, di spingerlo per
tempo in un ambiente sano, dove
possano esprimere risposte affcr-
maùve della vita, fatte di lieta di-
sponibilità, di solidarietà, di fede,
di amore, di fiducia, di ideali da
perseguire. Chi si impegna a ottene-
re questi risultati comribuisce in
consistente misura alla lotta comro
la droga. E con i mezzi migliori, i
mez.zj della prevenzione.
Giuseppe Costa
Gaetano Nanetti
Nella prossima
puntata:
A scuola
fra problemi
vecchi e nuovi

2.5 Page 15

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_VITA SALESIANA- - - - - - - - - - - -- - ~ -
Spagna
V ENITE
A VEDERE
E DIVENTEREMO
AMICI
I APRILE 1985 15
gni. Un gruppo di salesiani si è im-
pegnato non soltanto ad innalzare
le pareti cti una chiesa ma anche a
creare i servizi più necessari.
ln questo lo.ro lavoro hanno tro-
vato la solidarietà di molta gente
che li aiuta sapendo che il Terzo
Mondo si è rifugiato anche nelle pe-
ri ferie delle grandi città e che la
Provvidenza di Dio si serve degli
uomini che vogliono aiutare i loro
fratelli più bisognosi.
Trecento amici per
«tremila appartamenti»
A Siviglia, in Spagna sta
sorgendo una grande
opera parrocchiale. Il
parroco don Gabriel
Ramos è convinto che la
costruzione verrà
completata entro due
anni. Intanto si dà da
fare.
,<Avvicinarsi a que-
sto quartiere di Siviglia che chiama-
no "I 3.000 appartamenti" è peri-
coloso», mi dicono i Salesiani che vi
abitano.
«Qui i politici non vengono».
Nonostante ciò i Figli di Don Bo-
sco hanno fissato la loro tenda, tra
i più poveri e gli emarginati. essi
si fanno amare perché sono stati i
primi a donare. Nel quartiere, forse
il più depresso del capoluogo anda-
luso, vivono trentamila persone
sommerse dai più elementari biso-
Gabriel Ramos è il parroco. Un
giorno mi chiama per telefono e mi
dice: « Vieni a vedere così scrivi che
ci diano una mano>>. Obbedisco e
vado a Siviglia. Lì, un mattino pio-
voso dello scorso autunno, alla
«Plaza de Armas» è ad attendermi
Gabriel.
« Guarda, mi dice, le costruzioni
sono belle e l'urbanizzazione esem-
plare, ma il Terzo Mondo lo porta-
no nel cuore».
Attraversiamo insieme vie larghe
contemplando zone destinate a ver-
de ma senza verde e costruzioni co-
lorate di cinque piani.
I L'Arcivescovo di Siviglia
si considera il primo
«amlcoM del ragazzi della
parrocchia

2.6 Page 16

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16 · 1 APRILE 1985
«Noi salesiani abitiamo in un ecli-
ficio rosso» .
lntanto facciamo colazione pres-
so le Suore di Gesù e Maria che la-
vorano con i salesiani nel quartiere.
La conversazione si fa subjto inte-
ressante.
«Cerchiamo amici che ci aiutino.
Ne vogliamo trecento che ci regali-
no mille pesetas ogni mese per due
anni, per poter costruire la chiesa
parrocchiale, sale per incontri, cam-
pi da gioco, scuole. 1 terreni li ab-
biamo già; il resto è nelle mani della
Provvidenza e... degli amici».
- Soltanto trecento amici? E se
ne arrivassero di più?
«Se arrivassero a seicento l'opera
si realizzerebbe senza problemi. Se
poi cliventassero mille sarebbe una
meraviglia... ».
Ed intanto Gabriel ripete i nume-
ri... «Mille amici e mille pesetas
ogni mese per due anni; la meravi-
glia del secolo. E sprizza gioia».
- Siamo felici dj poter aiutare
questa gente bisognosa. Abbiamo
ricevuto lettere, molte preziose let-
tere. Eccone due:
«Nonostante che con i tempi che
corrono nessuna tasca è molto pie-
na, la sua idea mi pare meraviglio-
sa, come nata dalla sua bontà e, na-
turalmente lei può contare su cli noi.
Ci sono tante cose superflue delle
quali si può fare a meno... » (Juan
José Vicedo).
«Ci vuole molto coraggio e spe-
ranza per resistere in questo quar-
tiere da terzo mondo. È tuttavia ve-
ro che bisogna tentare qualcosa.
Tutti siamo in qualche misura re-
I Nel cuore del quartiere
sivigliano sta sorgendo il
futuro centro parrocchiale
(Foto BS spagnolo)
sponsabili di questa emarginazione,
perché siamo parte della stessa so-
cietà consumistica che crea bisogni
superflui... » (Mari Fior).
- Non dimenticare di mettere
ben in evidenza il nostro indirizzo:
« Parroquia de Jesus Obrero», cl.
Manuel Fai Conde, Conjunto 9,
bloque 438, 2°. D . 41013 SE-
VILLA.
«Si chiama parrocchia di Gesù
operaio - spiega Gabriel - perché
il Signore è l'unico che lavora: gli
altri infatti sono senza lavoro...».
Situazione occupazio-
nate e sociale
Andiamo a visitare gli uffici
provvisori della parrocchia.
Teofilo, un giovane salesiano, at-
tende i «clienti» che tutti i giorni ar-
rivano con i loro problemi. Ci sono
casi strazianti: famiglie disfatte e
carichi cli figli, ammalati, subnor-
mali. Spesso la soluzione dei pro-
blemi non è dilazionabile. Guardia-
mo gli schedari delle famiglie che
abitano nel quartiere. «Abbiamo
schedato più cli duemila famiglie e
ne restano altre mille. Ma un conto
esatto è difficile... ».
- Qui sono state riunite quelle
che vivevano nella «chabolas» di
Siviglia ricevendo in cambio abita-
zioni comode con acqua, luce e me-
tano. Purtroppo non riescono a pa-
gare le tasse previste ed allora questi
servizi vengono tolti. Ovvio che per
illuminare accendono candele pro-
vocando spesso incendi. 1n un in-
verno ce ne sono almeno trenta.
Salesiani ed assistenti sociali par-
lano con realismo: 1'800/o degli abi-
Lanti del quartiere sono disoccupati;
in realtà chi lavora sono le donne,
un 14% in servizi di pulizia.
- Con l'aiuto cli una équipe di
assistenti sociali e della Caritas dio-
cesana si fa fronte alle necessità più
impellenti, soprattutto alimentari.
1n due anni è stato speso qualcosa
come quattro milioni di pesetas.
Regolarmente vengono assistite
700 famiglie.
- Se le donne lavorano sono ne-
cessarie le scuole materne. Il quar-
tiere ne è sprovvisto; soltanto pres-
so le Suore di Gesù e Maria c'è
quaJco~a. Queste poi, mettono a di-
sposizione una sala per chiesa par-
rocchiale ma la gente in occasione
dei battesimi e dei matrimoni prefe-
risce andare in chiese dignitose e ar-
tisticamente belle.
- Come vedi, continua Gabriel,
abbiamo bisogno di costruire un
tempio che sia il segno della presen-
za del Signore tra i poveri. Non ab-
biamo neppure un locale da aclibire
a più usi. Il quartiere è pieno di
ragazzi.
«Puoi immaginare: qui la media
è di sei figli per famiglia. In alcune
ne esistono da 9 a 14 figli».
IJosé Maria, un giovane
animatore della
parrocchia con due
bambine In occasione di
una recita

2.7 Page 17

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-----------sB-
E le scuole?
- La scolarizzazione è buona tra
quelli che frequentano. Il grado di
non frequenza è tuttavia alto. Del
resto i più provengono da abitazio-
ni-baracche dove non ci sono scuo-
le. Che sarà di loro? Tutto questo è
il risultato di una spesso irrazionale
alluvione di gente che ha invaso la
città. Ci sono molti «gitanos» in
massima parte proveniente daU'Ex-
tremadura e da Madrid. Il grosso
tuttavia è giunto dalla stessa provin-
cia di Siviglia. Molti giovani, da soli
o in gruppo. E poi ci sono tutti i ri-
schi della nostra «contro-cultura»:
droga, delinquenza, disincanto.
Siamo certamente su un terreno do-
ve prosperano i giovani, un mondo
dove si immergerebbe il cuore gio-
vanile di Don Bosco. Lo stesso Ar-
civescovo di Siviglia ha indirizzato
una lettera alle principali diocesi eu-
ropee chiedendo aiuti.
A ttività tra i giovani
Garbiel mi rivolge l'invito a co-
noscere la «casa salesiana».
r salesiani sono perfettamente in-
seriti nel quartiere. Abitano in una
comune abitazione e costituiscono
con alcuni ragazzi emarginati una
vera e propria famiglia.
- Quanti ragazzi vivono nel vo-
stro piano? - Sei ragazzi orfani
con i quaH formiamo una famiglia
incantevole. Uno c..i loro fa l'ammi-
nistratore.
Tutti vanno al lavoro o a scuola.
Nel quartiere ci rispettano e ci ama-
no e la gente si è resa conto del no-
stro servizio.
- Quali soni') le attività parroc-
chiali con i giovani?
Abbiamo molti gruppi, anzitutto
di catechisti. In cinquanta curano
oltre 250 ragazzi. Genitori e padrini
partecipano alla catechesi prebatte-
simale. Esistono gruppi di Azione
Cattolica con i lineamenti metodo-
logici propri di questa associazione:
azione, riflessione, celebrazioni li-
turgiche e apertura al sociale. È pre-
sente anche la JOC e non mancano
vari altri gruppi di promozione cui-
IIniziativa di
senslblllzza-
zione a tenere
pulito il
quartiere
1 APRILE 1985 17
RtUlPEtlTUL~ARSRAtORE.Dh
turale. Il Centro Giovanile poi at-
traverso grandi manifestazioni
sportive, gite, campeggi ed altre ini-
ziative avvicina moltissimi ragazzi
del quartiere. Noi stessi insegniamo
religione in cinque scuole superiori.
- Vedo che non siete disoccu-
pati.
Facciamo di tutto per moltipli-
carci . Anche in estate ci preoccupia-
mo di seguire. Abbiamo organizza-
to campeggi nelle più belle località
delJa zona. Ma il nostro lavoro più
incisivo - conclude Gabriel - è
quello di parlare con la gente e di
stare in mezzo a loro mettendoci
sullo stesso livel1o e parlando con
tutti.
Uprogetto m
cammino
Gabriel conserva una buona sor-
presa. «Sognamo un bel complesso
parrocchìale con chiesa grande, lo-
cali magnifici per la catechesi, resi-
denza giovanile...». Andiamo così
a vedere l'opera.
È già una realtà in costruzione.
Un bel palazzo che cresce ogni gior-
no. Mi accompagna per l'opera e
indica: «qui sorge la chiesa, qui l'a-
bitazione per i giovani, qui la scuola
materna... ».
- Ma chi vi aiuta dopo la Prov-
videnza?
Ln parte la Diocesi e l'Ispettoria
salesiana di Siviglia; il resto noi.
Un anno fa è stato qui don Gae-
tano Scrivo, vicario del Rettor Mag-
giore e ci ha detto: «Opere come
queste sono la salvezza della Ispet-
toria».
Intanto continuiamo a cammina-
re e Gabriel a parlare: «La parroc-
chia offrì all'arcivescovo un asse-
gno di due milioni e mezzo di pese-
tas assieme ad un mattone. Volle
che fossero spese per la costruzione.
Lo stesso architetto e capomastro
fanno gratuitamente il loro lavoro
ed in più pagano mensilmente il lo-
ro contributo...
Gabriel ci rivela alcune informa-
zioni «preziose». Legge la lettera di
un ragazzo che scrive: <<con i miei
risparmi le invio mille pesetas». Le
Carmelitane Scalze hanno conse-
gnato 20mila pesetas risparmiate
per opere da realizzare in Convento
mentre lo stesso Arcivescono paga
la sua quota mensile. La lista poi
degli allievi e delle allieve delle no-
stre scuole che desiderano collabo-
rare con quest'opera è senza fine».
È l'ora del pranzo e Gabriel >ni
invita ad andare a tavola con i suoi
ragazzi. È un pranzo frugale senza
specialità dal momento che il bilan-
cio non lo consente. Mi fa la presen-
tazione dei ragazzi: Chiqui, Javi,
Paco, Miguel, Angel, ... Quest'ulti-
mo è un artista di 16 anni. Studia
Belle Arti ed ha già realizzato varie
sculture. Me le mostra e mi dedica
una foto con una bellissima Imma-
colata da lui realizzata. Indimenti-
cabili amici dei «tremila apparta-
menti» ... qualcuno ha detto che Si-
viglia è la città spagnola più carica
di umanità. Sl, una umanità dolente
in quest& periferia sud che soffre e
che spera...
Rafael Alfaro

2.8 Page 18

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_ VITA SALESIANA _ _ _ _ __ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ __
L E SORELLE PADELLARO:
ccPER NOI IL SISTEMA
PREVENTIVO DI DON
BOSCO
È UN TESTO
OBBLIGATORIO»
«La vita o la si vive o la
si scrive»: questa frase di Pirandello
è in grado di tracciare un sintetico
profilo autobiografico della scrittri-
ce Angela Padellaro, la quale ritiene
che «più che viverla, la vita» ha cer-
cato «di scriverla, accettando i pe-
ricolj e gli stimoli di una simile
scelta».
ln occasione della recente pubbli-
cazione da parte della SEI del suo
ultimo libro Giro di Fuoco siamo
andati a trovarla ed abbiamo coin-
volto nel nostro incontro anche la
sorella Laura, nota al grande pub-
blico dei radio-ascoltatori per la
fortunata trasmissione «Le ore del-
la musica» della quale è da cinque
anni l'insostituibile curatrice.
Due sorelle dunque peculiari,
elette fin da bambine da due arti di-
verse, che abbiamo scoperte com-
ponenti di un «quartetto familiare>>
del quale facevano parte una sorella
recentemente scomparsa ed il padre
Nazareno Padellaro.
Nazareno Padellaro, un uomo
che ba dato un instancabile contri-
buto alla scuola essendo stato pri-
ma, per molti anru, Provveditore
delle scuole di Roma, poi Direttore
Generale del\\ 'Università, della
Scuola media e della scuola popola-
re, ed in seguico Presidente del Cen-
tro Popolare Europeo dell'Educa-
zione, ha insegnato alle proprie fi-
glie il gusto per la letteratura, per la
filosofia, per la musica, ma era so-
prattutto dj questo« quartetto fami-
liare», nel quale ciascuno aveva un
suo personale repertorio, l'elemen-
to capace di coinvolgere l'unione
spirituale e culturale di tutti i suoi
componenti.
A proposito del ruolo avvolgente
e stimolante del padre Angela Pa-
dellaro ci ha detto: «noi figlie ab-
biamo considerato nostro padre un
vero maestro. Guidato dal suo raro
intuito psicologico e dalla sua scien-
za pedagogica, ha saputo trasfonde-
re in noi, con i suoi insegnamenti e
con i libri di cui ci ha sempre circon-
dato, un profondo amore alla cultu-
ra. Ma è riuscito soprattutto a darci
una fede sicura e profonda».
li Professore PadellarQ era infatti
un grande estimatore di Don Bosco
che aveva imparato a conoscere sin
da ragazzo in Sicilia e questa sua de-
vozione ba trasmesso alle proprie fi-
glie. Angela ricorda ad esempio «di
aver sempre visto, in casa, fin dal
tempo dell'infanzia, insieme alle
immagiru famjliari, un busto di
bronzo di questo grande santo. Se-
guendo i precetti di Don Bosco mjo
padre ci ha trasmesso quel messag-
gio di allegria che consiste nel servi-
re il Signore in letizia e con impegno
costante». La sorella Laura ha mes-
so inoltre in evidenza come sia stato
I ricordi di due sorelle
educate alla scuola di un
grande amico di Don
Bosco: il prof Nazareno
Padel/aro. Eattività
culturale di Angela e
Laura. Cosa ne pensano
della musica, dei libri e
dell'educazione.
proprio il padre ad impegnarsi, riu-
scendovi, per l'adozione nei pro-
grammi rrunisteriali del «Metodo
Preventivo» di Don Bosco e ha sot-
tolineato come « in casa lo abbia
fatto entrare come testo obbligato-
rio nella nostra vita».
Le tristi vicende che lo scorrere
dell'esistenza comporta hanno pur-
troppo determinato l'estinzione di
questo magnifico nucleo familiare,
nel quale la confusione di tanti pre-
ziosi beni com uni è stata secondo
Laura «un inestimabile dono di Dio
perché non è stato voluto cer-
cato». Tuttavia la ricchezza morale
e culturale di Angela e Laura Padel-
laro continuano a riflettere la luce
che un simile cljma familiare ha de-
terminato nella loro formazione.
Oggi dunque queste due sorelle si
occupano ognuna dei rispettivi
campi, ma il loro accordo fraterno
persiste; esiste infatti, ci ha detto
Angela «uno scambio costante e
amorevole di sentimenti, di interessi
comuni che coinvolgono l'intera
personalità di entrambe, dalla vita
rrunuta di tutti i giorni alla comu-
ruone di fede».

2.9 Page 19

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- - - - - -- - - - -sll-
IIl professor Padellaro,
padre di Angela e Laura ,
nel 1973 a Roma presso i
Salesiani di via Marsala In
occasione di una
conferenza
Nel corso del nostro incontro ab-
biamo cercato di cogliere brevemen-
te alcuni spunti della personalità e
dell'attività di queste due sorelle che-
ci sembra naturale definire perso-
naggi.
Di Angela Padellaro abbiamo ri-
portato sopra un profilo autobio-
grafico secondo una proposizione
pirandelliana da lei stessa adottata.
Molto della sua essenza un po' sva-
gata, avulsa dalla realtà, dedita alle
grandi riflessioni con la dolcezza so-
spirosa dei letterati più ispirati, ci
era sembrata di averla percepita leg-
gendo il suo libro Giro di Fuoco,
che come lei stessa ci ba definito co-
stituisce un racconto che si affida
«più a sfumature che a corposità
verbali e a immagini realistiche», e
che rivela influenze autobiografiche
che ci sono state confermate dal-
1'autrice stessa.
La protagonista del libro è infatti
una giovane donna, Flavia, che cre-
dendo di essere condannata a mori-
re da un male incurabile in una cli-
nica svizzera, «era stata sopraffat-
ta» (citiamo il libro) «dall'inspiega-
bile bisogno di identificarsi alla
bambola Olimpia», la straordinaria
bambola del Prof. Spallanzani, che
«era vissuta come una fanciulla ve-
ra, e tale era apparsa al suo innamo-
rato Nataniele e a tutti gli altri fino
al giorno in cui era andata in fran-
tumi». La scoperta della non mor-
talità della malattia e un evento
sconvolgente, porteranno Flavia a
rompere simbolicamente la bambo-
la con la quale si era identificata, e
quindi con un passato legato alla
personalità dominatrice del padre e
al vincolo con un amore impossibi-
le, ed ad entrare finalmente in una
realtà realmente vissuta.
Anche Angela Padellaro ritiene
di aver vissuto in un mondo tutto
suo e di aver saputo rinascere a nuo-
va vita come la protagonista della
sua opera. Fin da piccola infatti,
questa scrittrice, corredata dalla sua
precoce predisposizione nello scri-
vere si nascondeva durante gli allar-
mi nei rifugi e inventava nelle fiabe
un mondo tutto diverso da quello
che la circondava.
Tuttavia questo essersi calata lO-
talmente nel mondo della fantasia e
dell'immaginazione ha contribuito
ad incrementare la sua vena creati-
va. Lei stessa ci ha detto: «la fanta-
sia è stata, per la mia ispirazione,
una linfa vitale. Ha inoltre protetto
ed alimentato la mia opera creativa
che, senza di essa si sarebbe ceno
inaridita e perduta, specie· nelle sol-
lecitazioni e nelle dispersioni che of-
fre, a ciascuno di noi, la vita di
oggi».
Questa esistenza particolare, ha
dunque permesso ad Angela Padel-
Jaro di penetrare i suggerimenti del-
la «musa ispiratrice» che tanto po-
co oggi invece eccita la fantasia dei
cosiddetti «scrittori di mestiere»,
che riescono con periodicità a sfor-
nare il loro libro, che risulta gene-
ralmente privo di quella nota origi-
nale che possiede solo, l'opera del
vero artista.
I APRILE 1985 19
Del mondo dei suoi colleghi An-
gela Padellaro pensa infatti che si
tratti di «un mondo, in qualche mo-
do separato. Ciascuno lavora in so-
litudine; non esistono più quei felici
sodalizi di un tempo da cui nasceva-
no opere vivificanti, in uno scambio
proficuo di interessi comuni e di sti-
molanti contrasti». Oggi quindi la
crisi del libro può tradursi in «crisi
dello scrittore che», ci ha ancora
suggerito Angela Padellaro, «non
aspetta più l'ispirazione per scrivere
con pazienza e fiducia e che, non
amando appassionatamente ciò che
scrive, non riesce ad accendere la
fantasia di chi legge».
Sempre rimanendo nel campo
della fantasia ricordiamo che Ange-
la Padellaro oilre ad aver scritto nu-
merosi romanzi è stata anche autri-
ce di vari libri per ragazzi e alla sua
competenza abbiamo chiesto un
giudizio sullo strano fenomeno che
assiste al ritorno degli adulti alla
fiaba, ed al contrario del disinteres-
se dei ragazzi per quest'ultima:
«Per gli adulti», ci ha detto «si trat-
ta certo della necessità interiore di
attingere al perduto mondo della
fantasia per poter evadere dalla vita
alienante e brutale di oggi. Per i ra-
gazzi è invece il sintomo di una peri-
colosa pigrizia mentale che fa loro
preferire l'immagine alla parola.
Essi scelgono così la televisione in-
vece del libro che esige sempre uno
sforzo di attenzione e anche una
certa creatività)).
Angela Padellaro è in conclusio-
ne una letterata molto colta ed una
scrittrice ispirata la cui delicata im-
magine si armonizza pienamente
con il ruolo che la fede ha avuto nel-
la sua vita e nella sua arte. È natura-
le quindi che per lei «scrivere sia un
modo per comunicare con gli altri»
e che «attraverso l'invenzione nar-
rativa <<desideri» in realtà confidare
agli altri la mia ansiosa ricerca della
verità, le mie gioie e i miei timori».
Considerando i motivi di fondo
della sua opera, una simile artista
non poteva che trovare nella SEI la
sua giusta collocazione, una casa
editrice cattolica che lei stessa ha
definito un <<porto sicuro, che non
abbandona l'autore a se stesso, ma
lo conduce per così dire per manO)) .
Somigliante nel tono della voce,
nell'educazione piacevolmente anti-

2.10 Page 20

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20 · I APRILE 1985
ca, e negli atteggiamenti comporta-
mentali di rara squisitezza Laura
PadeUaro presenta forse rispetto al-
la sorella maggiore esperienza nel
campo della vita concreta.
Quest'ultima ha rappresentato
della famiglia «l'estro bizzarro>> per
iJ fatto che si è particolarmente de-
dicata, come lei stessa ci ha detto
«al commercio amoroso con il lin-
guaggio ineffabile quale è quello
della musica. Comunque la musica
era sempre sostanziata di tutto quel-
lo che studiavano per me le mie so-
relle e di tutto queUo che ci insegna-
va mio padre». Il suo rapporto con
la fantasia è stato diverso da quello
della sorella Angela, la quale come
abbiamo visto si è creata un suo
mondo ideale, Laura Padellaro in-
vece ha visto questo mondo come
un mondo di fiabe; ecco cosa ci ha
detto: «Noi sorelle eravamo chiuse
in una sfera di cristallo, era questo
forse l'unico lato negativo di un me-
raviglioso rapporto familiare, non
eravamo certo preparate alla vita,
né la conoscevamo. Per me la vita
non è stata una realtà, ma una
splendida fantasia, un qualcosa da
conquistare, un pianeta sul quale
era difficile mettere piede».
Anche Laura Padellaro si è dedi-
cata fin da bambina all'arte che tut-
t'ora predilige; ba studiato piano-
forte presso il conservatorio ed in
seguito musicologia.
li successo della sua trasmissione
radiofonica «Le ore della musica»
ha diverse fonti. La prima dipende
da una esperienza infantile, ricorda
infatti Laura PadelJaro: «mio padre
I Angela Padellaro nel
salotto di casa sua
(Foto Mark, Roma)
era anche musicista, ha composto
un'operetta che fu presentata al
Valle alla presenza di Mascagni, e la
sera era solito sedersi al pianoforte,
e mentre noi lo stavamo ad ascolta-
re ci faceva piccoli concerti dome-
stici.
Suonava cose di sua composizio-
ne poiché non aveva una tecnica o
una preparazione virtuosistica tale
da poter suonare composizioni di
altri, ma le proprie sl. Ecco perché
io nel mio lavoro insisto tanto sul
gusto di far musica in casa, infatti
questa dimensione non si ritrova né
nella sala da concerto in nessun
altro luogo. Credo qufodi che il suc-
cesso deUe mie trasmissioni nasca
proprio da questa esperienza infan-
tile, da questo modo di essere uniti
nella fruizione del bene».
Un'ulteriore fonte dipende da
un'esperienza adulta, cioè dal fatto
che Laura Padellaro ha lavorato per
molti anni al Radiocorriere TV, or-
gano ufficiale della RAI, imparan-
do a conoséere il gusto del pubblico
e le sue sensibilità.
Nel mondo «ateo» della RAI
Laura Padellaro si è inserita senza
timore di dimostrare le proprie idee
religiose: «credo che», ci ha detto
«l'unico mezzo per non creare disa-
gi sia quello cli avere il coraggio del-
le proprie convinzioni religiose con
immediatezza di sentire e di dire
senza inchinarsi al mondo».
Con Laura Padellaro abbiamo
analizzato alcune delle motivazioni
dell'indizione dell'anno europeo
della musica che a suo parere in Ita-
lia non deve ridursi soltanto alla ce-
lebrazione di Bach Haendel, Scar-
latti, Berg e GaJuppi, ma deve costi-
tuire l'occasione per riflettere e rive-
dere quella che è l'educazione musi-
cale dei giovani, la quale se non ini-
zia dai primi anni di scuola non per-
metterà all'rtalia di essere un paese
musicale; ugualmente deve servire
ad esempio a riordinare le nostre bi-
blioteche e i nostri archivi nei quali
giacciono incredibili tesori sepolti.
Riferendoci ai giovani si assiste
ad un loro ritorno alla musica, ed a
un esaurimento del terribile feno-
meno della musica rock, che come
ci ba chiarito Laura Padellaro «è
stato studiato ed individuato come
il bisogno dei giovani di riunirsi in-
sieme per non aver paura e di avere
qualche cosa che facesse da droga;
siccome la musica comunica delle
onde elettriche che arrivano al no-
stro cervello evidentemente queste
onde elettriche davano un certo sen-
so di sicurezza e di forza che poi ve-
niva ingrandito dal fatto di sentirla
tutti insieme: insomma una fuga
dall'angoscia e dal terrore della
guerra dei giovani di oggi». Sottoli-
neiamo che questa riscoperta della
musica è stata anche dovuta al fatto
che sono state proposte in film di-
scutibili come «Arancia meccani-
ca» o «Odissea nello spazio» colon-
ne sonore con musiche di grandi
compositori.
Laura Padellaro non ha mai pen-
sato a quale età di pubblico rivol-
gersi, ritiene infatti che la musica, al
contrario della letteratura che pre-
vede alcune gradualità anche nella
comprensione, costituisca un lin-
guaggio che ci può accompagnare
dall'età prenatale fino ai cento an-
ni. Teoricamente però bisognerebbe
imparare la tecnica della musica fin
da piccoli senza perdere le potenzia-
lità fisiologiche che l'orecchio ba in
questa fertile stagione della vit-a.
Successivamente la musica acquista
con il passare degli anni e la cono-
scenza della vita, come diceva Boe-
zio, la funzione di «arte consola-
trice».
Maria Galluzzo

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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_PASTORALE GIOVANILE,_ _ _ _ __ __ _ _ _ _ _ _ _ __
Tavola rotonda
1 APRILE 1985 21
F ACCIA
A FACCIA
SU I GIOVANI
E LA PACE
Suor Enrica Rosanna
Pier Giorgio Liverani
Claudio Schwarzenberg
Angelo Paoluzi
«I giovani e la pace
camminano insieme». È
proprio vero? In che
senso? Cosa possiamo
fare? E.eco un tentativo di
risposta compiuto dalla
nostra rivista.
Gigi Mastrobuono
Bollettino Salesiano. Lo scopo
di questa tavola rotonda è di mette-
re in evidenza l'importanza del mes-
saggio annuale sulla pace rivolto ai
giovani da Giovanni Paolo II e che,
per il 1985, ha il significativo titolo
«La pace e i giovani camminano in-
sieme». Partecipano a questo in-
contro suor Enrica Rosanna, socio-
loga salesiana, delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, l'avvocato Claudio
Schwarzenberg, deU'Università di
Roma, il dottor Pier Giorgio Live-
rani, vice direttore del quotidiano
« Avvenire» e presidente dell'Azio-
ne Cattolica di Roma, il dottor Gigi
Mastrobuono, dirigente regionale
dell'Agesci. Il moderatore è Angelo
Paoluzi, giornalista.
.
TI contenuto del messaggio ri-
sponde pienamente alla vocazione
salesiana di presenza in mezzo ai
giovani cui, in quest'anno per la pa-
ce che li riguarda, il Papa dice prin-
cipalmente che la pace è «una cosa
di interesse primario, una sfida ine-
ludibile, una speranza immensa».
Da ciò egli parte per affermare an-
cora come le maggiori minacce ven-
gano dalle ideologie che discono-
scono la dignità e i valori trascen-
denti della persona umana e dei suoi
diritti, mentre il tempo che stiamo
vivendo «è anche un'ora di speran-
za», sottolineando più di una volta
con grande calore: «Non abbiate
paura!». Egli quindi chiede ai gio-
vani: «Qual è la vostra idea di uo-
mo», «Chi è il vostro Dic», e se le
risposte derivino da scelte basate sui
valori, e se tali valori siano quelli
della pace, della giustizia, della
partecipazione.
Suor Rosanna. Recentemente ho
condotto una ricerca in quattro cit-
tà, Torino, Mestre (la zona indu-
striale di Venezia), Roma e Catania,
su un campione di 240 giovani di
18-19 anni, di ambo i sessi, che per
lo più frequentavano l'ultimo anno
delle scuole superiori, e con una cer-

3.2 Page 22

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22 I APRILé 1985
ta partecipazione di giovani lavora-
tori, per approfondire il problema
della riconciliazione in generale, che
è incluso e in qualche modo si iden-
tifica con quello della pace. l giova-
ni parlano molto di pace a Livello di
relazioni interpersonali, di pace di
coscienza, all'interno della famiglia
e con gli amici, ma ne parlano di
meno, se non sono esplicitamente
sollecitati, allorché il problema di-
venta scottante e riguarda le struttu-
re, gli altri lontani, i nemici. Una
delle cause, a mio avviso, della scar-
sa conoscenza del problema o del-
l'affrontarlo marginalmente, dicia-
mo, è l'idea che i giovani si fanno di
Dio. Alcuni giovani dicevano:
«Non importa che Dio sia persona
o non lo sia, importa che ci sia qual-
cuno che mi dia sicurezza, che sia
più grande di me, che a un certo
punto mi ascolti». Ecco, questa im-
magine di Dio a misura, un Dio
orizzontale, mi pare stia alla radice
del disinteresse di molti giovani per
il problema della pace e della ricon-
ciliazione. Perciò credo che il primo
gesto di pace che il giovane debba
fare sia quello di riconciliarsi con se
stesso e con la propria idea di Dio.
B.S. Ricordiamo che, in alcune
inchieste condotte in Europa in
tempi recenti, il problema della pa-
ce è, sia pure in modo confuso, uno
di quelli che maggiormente preme
sull'animo dei giovani insieme con
l'altro, recuperato, dei valori della
famiglia.
Schwarzeoberg. Sono rimasto
stupito perché le parole del Santo
Padre siano cadute in un oblio qua-
si immediato. Ai nosiri figli, che
stiamo allevando e preparando per
un loro futuro, abbiamo forse pro-
posto il Dio del vitello d'oro, del
successo, dell'edonismo, dell'egoi-
smo, dell'arricchirsi, del piacere.
Così, è chiaro, non si può parlare di
Dio. li «Non abbiate paura!» del
Papa, in questa come in altre occa-
sioni, dovrebbe essere il leit-motiv
del vero cristiano che si intende im-
pegnato ai nostri giorni. Dei grandi
valori trascendentali non si vuole
però, in genere, parlare.
Ho visto spesso giovani a Lour-
des come barellieri e accompagna-
tori, giocandosi - usiamo pure
questa espressione - le ferie estive
per essere presenti; li ho visti nelle
(Foto Tano D'Amìco. dal volume Una
storia di pace)
zone terremotate; ne ho conosciuto
altri che lavorano e studiano, che
restano accanto ai genitori anziani o
invalidi. Tn loro c'è da avere la fidu-
cia espressa appunto dal Santo Pa-
dre. il nostro compito non sta sol-
tanto nel dire« largo ai giovani>> ma
nel fare spazio a ciò che essi posso-
no esprimere.
B.S. Ecco un altro punto del pro-
blema: questi giovani vorrebbero
probabilmente essere ma a loro si
propone soltanto di avere.
Liverani. Pace e giovani vanno
molto d'accordo, nel senso che so-
no entrambe speranze per il futuro e
non ancora realtà. La pace non c'è e
i giovani sono più che una catego-
ria; però è anche vero che non esiste
un unico tipo di giovane. Vorrei
spezzare una lancia a favore di quel-
li che sono. Poche settimane fa, a
una veglia della pace promossa dai
giovani dcll' AC di Roma in San
Giovanni in Laterano, sono interve-
nuti almeno tremiJa coetanei, men-
tre gli iscritti all'associazione sono
poco più di mille. Ne sono risultate
due ore di preghiera e di ascolto, di
testimonianze e di pace concrete.
Le inchieste sociologiche di questi
ultimi tempi dimostrano che, nella
scala dei valori, quelli religiosi fra i
giovani non sono molto alti. Ma
(sono d'accordo con suor Enrica) i
giovani credono nella pace, che co-
stituisce uno dei loro grandi valori
di riferimento. La pace richiede una
globalità di partecipazione persona-
le; ma, secondo quanto risulta dalle
inchieste di cui si è parlato, i giovani
dichiarano di credere molto nei va-
lori della famiglia, dell'amore, dello
studio, dell'amicizia, della comuni-
cazione. Parlano anche molto del-
l'importanza della politica, della
partecipazione, di fare il proprio
dovere, ma credono meno negli
strumenti classici delle istituzioni, i
partiti, le forze politiche. Ciò corri-
sponde d'altra parte alla diffusa
ammissibilità di alcuni comporta-
menti che il Papa definisce «mondi
illusori», l'alcool, la droga, le fuga-
ci relazioni sessuali senza impegno,
l'indifferenza, il cinismo e persino
la violenza. Più della metà dei gio-
vani ritengono praticabile l'aborto,
che in radice èla negazione dell'uo-
mo, e quindi della pace; più di un
terzo dei giovani ammettono la vio-
lenza per difendere le proprie ragio-
ni. Accanto a loro ci sono altri, che
fanno pace concretamente, perché
per esempio sono obiettori di co-
scienza difficile contestarne il va-
lore soggettivo allorché essa sia pra-
ticata e non soltanto predicata). Ec-
co, come adulti dovremmo solleci-
tare, indirizzare i nostri figli a fare
pace, più che a predicare pace, o
soltanto a parlarne.
B.S. La pace - sembra di capire
da ciò che stiamo dicendo - è una
cosa che si ricerca in concreto.
Ora chiediamo a Mastrobuono:
quali sono le testimonianze che ri-
trovi nella tua associazione, negli
scout.
Mastrobuooo. Lo scoutismo è
nato, nel pensiero del fondatore,
Baden Powell, per essere uno stru-
mento di pace. Se nelle varie nazio-
ni ci saranno tanti fratelli scout che
si conoscono e si conosceranno
sempre meglio, avremo fatto un
passo verso la pace. Diventa diffici-
le al momento dell'attuazione per-
ché è già poco agevole essere fratelli
tra gruppi che stanno in due parroc-
chie vicine e non soltanto in due na-
zioni confinanti. Al di dei discor-
si, esiste una serie di situazioni con-
crete che i ragazzi vivono all'interno
dell'associazione. Prendiamo il di-
scorso sull'ecologia. Tra il difende-
re la natura, come dicono di fare i
cosiddetti «vj!rdi», e il dire: devo
trovare la niia dimensione nel crea-
to, c'è un notevole salto di qualità.
Lo scoutismo cerca appunto di dare
la mia misura nel creato, nel mio
crescere come uomo e come donna,
magari anche diventando ecologisti,
alla fine. Prendiamo il discorso sul
disarmo. Un conto è dire: sono con-

3.3 Page 23

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- - - - - - - - --#-
tro le armi; un altro è dire: so che
nella mia natura è presente qualcosa
comune a tutti gli altri che mi stan-
no accanto e questa natura, fra l'al-
tro divina, entra in contatto e in co-
municazione ed è la fonte della pace
fra di noi. Prendiamo il discorso
sull'obiezione di coscienza. La sua
importanza sta nel rendersi conto
che il proprio servizio, la propria di-
sponibilità di tempo e di energie è
per gli altri: e questo posso farlo an-
che dentro l'esercito, come è stato il
mio caso.
Sul piano del comportamento
concreto, gli scout hanno continua-
to a lavorare ognuno nel suo grup-
po per gli obiettivi di cui parlavo.
Ma se la pace non sta prima nella
propria famiglia, non sarà neanche
nel movimento e nell'associazione.
Quindi se nel gruppo scout la quoti-
dianità del vivere non sta nel susci-
tare gruppo, comunità, fratellanza,
riconoscere l'altro, non serve a
niente andare in Irpinia o fare servi-
zio in occasione di calamità natura-
li, con compiti tecnici, perché lo po-
trebbe fare anche un vigile del fuo-
co. Ma quando si dice: voi andate là
perché c'è gente che ha bisogno di
essere «animata», proprio si vede
la caratteristica tipica degli scout. Il
concetto di animazione non è lonta-
no da quello della pace perché ani-
mazione, per uno scout, è suscitare
in te, che in quel momento sei terre-
motato e che sei mio fratello, la ca-
pacità di reagire.
B.S. ln un momento in cui, quin-
di, si riconosce la dignità dell'altro,
è facile che la pace venga istaurata.
Non compiamo perciò l'errore di
confondere una pace formale, una
non-guerra, come già avveniva
Paolo VI, con la pace vera, che deve
scaturire dall'interno e che è fatta di
gesti, qualche volta anche di sacrifi-
cio, di presenze che si diano agli
altri.
Suor Rosanna. Possiamo dire che
i giovani compiono innumerevoli
gesti concreti di pace, molte volte
senza rendersene conto. Nel mondo
giovanile leggerei due atti di pace
effettivi: il primo è la riconciliazio-
ne fra ragazzi e ragazze. Si tratta di
un gesto attraverso il quale si valo-
rizzano reciprocamente, fra loro c'è
interscambio di ruoli, c'è carità,
una comunanza, un andare avanti
insieme. li secondo è l'accettazione
del mondo che li circonda. Nella ri-
cerca che ho citato prima questo o
quel giovane mi ha detto: mia ma-
dre o mio padre non mi lasciano an-
dare con uno perché è drogato, con
un altro perché è un lazzarone, con
un terzo perché si comporta in un
certo modo. Ma ognuno di loro ag-
giungeva: sono uomini come me,
hanno una dignità, hanno bisogno
di essere recuperati, aiutati. Si trat-
ta forse di una situazione di rischio,
di pericolo, ma proprio con questo
mi pare si sia già fatto un gesto di ri-
conciliazione con l'accettazione del-
l'altro, proprio quando è diverso:
pensiamo ai comportamenti di gio-
vani, singoli o gruppi, nei confronti
degli handicappati.
B.S. Ricorderemo che la Pontifi-
cia Accademia delle Scienze ha svol-
to due indagini estremamente preci-
se. La prima riguarda le conseguen-
ze di una bomba nucleare sganciata
su una città molto popolata; la se-
conda, gli effetti dell'(<inverno ato-
mico». I risultati dell'indagine, che
fanno venire i_ brividi, sono stati
mandati dal Papa ai grandi di que-
sto mondo per metterli di fronte alle
loro responsabilità. Il discorso della
pace che il cristiano programma -
ce lo dice questo comportamento -
non è astratto ma va proprio sul
concreto, si interessa alla vita della
gente. Di questi due importanti do-
cumenti, purtroppo, si è parlato per
(Foto Tano D'Amico, dal volume Una
storia di pace)
1APRllEi 1985 · 23
due giorni e poi tutto è passato nel
dimenticatoio. Sono consapevolez-
ze che non sappiamo istillare nei
giovani.
Schwarzenbe rg. Sì, penso pro-
prio che siamo colpevoli. Prima di
tutto pace e giustizia sono forse i
due concetti più inflazionati che cir-
colano nel nostro mondo. Chiedia-
moci quindi che cosa essi significhi-
no nel messaggio del Santo Padre: e
verificheremo che li intende fondati
suJla carità e sull'amore. Quando il
Papa dice: «Non abbiate paura!>),
afferma che non si può essere cri-
stiani all'acqua di rose. Forse, noi
genitori, noi insegnanti potremmo
essere molto utili ai giovani se riu-
scissimo a far capire che cosa signi-
fica famiglia. Il fatto dell'aborto
che viene ormai normalmente accet-
tato è tristissimo. Aborto, non vita,
droga, paradisi artificiali: da tutto
ciò dovremmo essere capaci di di-
stogliere i giovani e con questo
avremmo veramente testimoniato
quella fede che, per grazia di Dio, ci
è stata data.
B.S. Chiederemmo a questo pun-
to a Liverani, da giornalista, un giu-
dizio sulla capacità dei mass media
di essere autenticamente adeguati al
raggiungimento e alla diffusione dei
valori.
L iverani. Gli strumenti della co-
municazione sociale non fanno
un'opera totalmente negativa, ma
anche negativa, e soprattutto molta
confusione. Prendiamo alcuni temi
che sono tipici del mondo giovanile
e si costituiscono come valori (ne
parlava Mastrobuono). L'ecologi-
smo è una grande scoperta, soprat-
tutto giovanile, dei tempi recenti.
P uò anche essere letta in chiave ne-
gativa come difesa e garanzia di uno
spazio non inquinato che ci fa vive-
re meglio. Però l'ecologismo esalta
anche il valore natura e ha implica-
zione nei confronti della pace. Per
l'obiezione di coscienza: non è sen-
za significato che i giovani dell'AC
l'abbiano assunta come tema carat-
terizzante che trasforma l'impegno
della difesa del Paese in un atteggia-
mento di servizio immediato. Capi-
sco che è forse più gratificante, per
certi aspetti, aiutare l'handicappato
invece di portare un fucile e marcia-
re; però significa il rifiuto della
guerra come mezzo. Infine c'è il di-

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24 · I APRILE 1985
sarmismo. È diffusissima l'equivo-
ca idea che il disarmo sia equivalen-
te alla pace. Sono convinto che noi
potremmo vivere in pace in un mon-
do popolato da missili, perché il
missile di per sé, come qualsiasi al-
tra arma, è uno strumento innocuo,
neutrale, può star fermo sulla sua
rampa un miliardo di anni e non
servire a niente. Chi fa la guerra so-
no i cuori, le menti, le mani degli
uomini, che pensano di utilizzare
quel missile, lo dirigono verso un
obiettivo, premono il bottone per
farlo partire. Eliminando i missili,
quindi, non si fa di per sé la pace.
L'illusione è coltivata dai mezzi del-
la comunicazione sociale.
B.S. Ln qualche modo abbiamo
memorizzato il messaggio del Papa:
educare alla pace. Giovanni Paolo
II nel discorso ai giovani durante il
recente viaggio in America Latina
parla delle Beatitudini: beati i paci-
fici, ha ricordato. Sul piano dell'e-
ducazione, rammento che I'Agesci
ha un «progetto educativo».
Mastrobuono. Le comunità che
vediamo nascere abbastanza spon-
taneamente fra i giovani hanno un
grosso limite, perché si basano su
elementi puramente umani, par-
ziali. Ora lo scoutismo, dal punto di
vista educativo, è una occasione di
maggiori relazioni, che vanno dal
ruolo del capo suscitatore di rap-
porti a quello del ragazzino o della
ragazzina di otto, undici, quindici,
venti anni che deve rendersi conto
di avere qui una possibilità di incon-
tro, con gente della stessa età, o più
piccola, o più grande. Nel ristretto
gruppo e nel mondo esterno - che
un giorno è la parrocchia, un giorno
è il Paese in cui si va a fare una certa
attività, un giorno è il servizio agli
handicappati - , se si diventa susci-
tatore di comunità, si porta un di-
scorso di pace.
Credo che il primo obiettivo di
pace concreto sta nell'accoglienza e
diciamo, in parallelo, nell'ospitali-
tà. È la prima esigenza presente, in-
sieme con quella dell'educazione aJ-
la fede, in tante attività che i ragazzi
svolgono, dal rendere accogliente il
loro angolo e la loro sede all'essere
ospitali verso i nuovi che entrano.
Qui si inserisce il discorso dei «di-
versi». C'erano prima fra gli scout,
per esempio, le unità «malgrado
tutto)> - le chiamavano così - ,
cioè i ragazzi handicappati avevaLo
una collocazione a parte; invece
adesso sono inseriti all'interno delle
unità normali, e con tutte le neces-
sarie attenzioni. L'accoglienza e l'o-
spitalità a tutti i livelli, da otto anni
in poi, si collegano al problema del
«servizio», che ba gradualità molto
diverse, a partire dalla famosa
«buona azione» del lupetto - cioè
fare ogni giorno una sorpresa posi-
tiva agli altri -, per arrivare a dire
ai diciottenni: invece di andare alle
feste ogni sabato sera, farete le usci-
te con i piccolini, oppure vi cariche-
rete di quell'altro servizio nel quar-
tiere, eccetera. Pensiamo infine allo
scoutismo degli adulti, che si espri-
me nella comunità capi, composta
di persone che si riuniscono per esa-
minare e attuare il loro progetto.
L'ultimo punto è la gratuità. Che
cosa c'è di più gratuito della pace?
Non ti dà niente, spesso non ti con-
viene, molte volte ci rimetti del tuo,
se non ci fai addirittura la figura del
fesso, di quello che abbozza. Ma
credo si tratti, alla lunga, di una te-
stimonianza valida, almeno nel-
]'ambiente ecclesiale.
B.S. È possibile, chiediamo a
suor Rosanna, che, per restare sul
piano dell'educazione, un discorso
sulla pace concreta, come fatto che
viene dal cuore degli uomini, sia ca-
pito dai ragazzi?
Suor Rosanna. Perché i ragazzi
capiscano quel discorso bisogna
educarli esplicitamente alla pace,
come il bambino comincia a esserlo
all'amore ricevendo gesti di affetto,
di comprensione, di accettazione.
Qui si rivela il compito della fami-
glia e di tutti gli educatori cristiani:
non soltanto parlare della pace con
se stessi, con la propria famiglia,
con i propri vicini, ma anche tra i
popoli, dei problemi della povera
gente di Roma, di quella che bivac-
ca alla Stazione Termini, degli ulti-
mi, dei baraccati, della ~uerra in
Cambogia, perché tutti questi fatti
ci coinvolgono come cristiani. Le
notizie televisive mi appaiono come
lo scacciaproblemi, un avvenimento
al posto di quello del giorno prece-
dente, l'aJtro di domani che cancel-
lerà quello di oggi. Ecco perché l'e-
ducazione alla pace deve essere
esplicita e accompagnata da parole
e da testimonianze. Sono state .ri-
chiamate primale Beatitudini: ecco,
i giovani hanno una grande sete di
felicità, come tutti noi che troviamo
la felicità proprio in una pace che
non sia tranquillità e passività, ma
rischio, avventura, dono, generosi-
tà. E che può diventare anche falli-
mento, quando coinvolge l'umiltà,
il saper perdere.
B.S. Chiediamo a Schwarzen-
berg, che è un educatore, se, nei no-
stri comportamenti, possiamo tra-
durre quanto stiamo dicendo in mo-
di di essere per cui la nostra sia una
autentica testimonianza di pace.
Schwarzenberg. Prendiamo l'e-
ducatore, un professionista, un sa-
cerdote, un giornalista, soprattutto
un padre o una madre di famiglia: il
giovane ascolta le loro, le nostre pa-

3.5 Page 25

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-----------#-
role, poi, se vede che non è attuato
quello che proclamiamo, allora ci
volta le spalle. Alcuni princìpi -
giustizia, disarmo, obiezione di co-
scienza, salvaguardia dell'ambiente
- sono ormai moneta corrente. Il
giovane che parla di pace, dì ecolo-
gia, di partecipazione nel senso cri-
stiano dovrebbe anche essere quello
che rifiuta l'aborto. Perché altri
giovani, protagonisti di tante mar-
ce, preoccupati della tutela di un pi-
no solitario - e fanno bene - non
si inquietano però se si tratta di spe-
gnere una speranza di vita. Allora la
responsabilità nostra, degli educa-
tori, sta nel vivere in forma coereme
con quello che diciamo. Se dimo-
streremo ai nostri gio·:ani che potre-
mo essere allo stesso tempo buoni
padri e buone madri di famiglia,
bravi professionisti, artigiani, pro-
fessori universitari, giornalisti e cri-
stiani autentici, forse molti degli
inutili surrogati che li attraggono -
denaro, successo, ricerca affannosa
di apparenze - si riveleranno per
quello che sono, una falsa illusione.
8.S. Il valore della testimonianza
dell'essere cristiano in rapporto alla
pace è quindi globale. Ritorniamo
al discorso dal quale siamo partiti:
c'è un interesse immediato, epider-
mico per quello che il Papa ba det-
to, proprio perché oggi siamo emo-
tivamente coinvolti.
Uveraoi. Il rischio è quello di es-
sere un po' tutti dei pacifisti della
domenica: ostentiamo il pacifismo,
e non tanto la pace, quando possia-
mo trarne gratificazione, quando
non ci dà fastidio. L'atteggiamento
concreto da assumere deve essere
fatto di due parti: la prima, di
ascolto attento al magistero e a
quello che esso indica come attua-
zione di quanto è serino nel Vange-
lo. La seconda, nell'operare non
soltanto la domenica, ma anche nel-
la quotidianità della vita. Vorrei ri-
cordare il valore educativo che iJ
mese della pace svolge nell'Azione
Cattolica, perché a gennaio, pro-
prio per sottolineare il valore della
giornata della pace, è dedicato lo
sforzo educativo su quel tema che
riguarda soprattutto i giovani e i ra-
gazzi. Oltre la veglia della pace, che
ho citato prima, porterò l' esempio
della festa della pace, con la quale i
ragazzi più piccoli dell'AC hanno
rivolto, esplicitamente, ai più gran-
di di loro un messaggio, anche se
fatto in forma un po' giocosa e in-
fantile. Hanno cercato per tutto un
mese quelli che chiamano i « luoghi
babelici)> e i «luoghi pontifici». I
primi sono quelli nei quali, in città,
nel loro quartiere, nelle loro strade,
nella loro parrocchia, c'è la torre di
Babele, dove ci.oè la gente non si ca-
pisce, non comunica, parla lingue
diverse, luoghi quindi di non cono-
scenza e di guerra. Bisognava iden-
tificarli e distruggerli, abbattere la
torre. La seconda ricerca, stretta-
mente collegata con la prima, era
quella dei luoghi «pontifici», dove
cioè si fanno i ponti.
B.S. Le cose sulle quali ci stiamo
intrattenendo non hanno un oriz-
zonte puramente romano, o italia-
no, né servono soltanto a soJlecitare
la sensibilità di noi cristiani più o
meno praticanti. Ci poniamo in
un'ottica salesiana, di attenzione ai
giovani. E con le considerazioni di
Mastrobuono concludiamo questo
incontro, che ci sembra essere stato
un contributo positivo a un possibi-
le rilancio di interesse per il tema
della pace e del messaggio che il Pa-
pa con l' appassionato augurio che i
giovani e la pace camminino in-
sieme.
Mastrobuono . Mi interessa il di-
scorso di Babele: per il cristiano,
Babele è recuperata da Pentecoste.
Mi chiedo che cosa sia importante
I APRILE 1985 · 25
per i giovani, per i quali i messaggi
difficili sono due: lo spirito e il ma-
trimonio. Lo spirito è nella cresima,
un sacramento di cui si è ripetuto
che è proprio dell'età dell'adole-
scente; ma se è per lui~ allora non si
può dire che lo spirito sia difficile.
Se a Babele contrapponiamo la
Pentecoste, cioè questa chiamata
che ogni giorno Dio ci rivolge sul
suo progetto, per capirlo, per inter-
pretarlo, per riconoscere il filo ros-
so della Provvidenza nelle nostre
continue scelte, questa chiamata de-
ve essere messa molto in evidenza
perché è un modo per riconoscere
che dentro di essa mi ci trovo io, e ci
si trova il mio vicino che ha la pelle
e i pantaloni di un diverso colore, e
tutti gli altri. Perciò penso che il di-
scorso dello spirito vada oggi riva-
lutato.
L'altra difficoltà riguarda il ma-
trimonio. La cellula in cui la pace
può essere coltivara più a lungo è la
famiglia. È necessario riuscire a im-
partire una pastorale un po' più in-
cisiva, perché mi pare che manchi
un discorso profondo di prepara-
zione al matrimonio. Prepararsi al-
l'incontro con la persona non è un
fatto casuale, ma un incontro di vo-
cazione. Mi fa un po' ridere quando
sento dire che mancano le vocazioni
soltanto per quanto riguarda il sa-
cerdozio; il fatto è che mancano an-
che le vocazioni al matrimonio. Ol-
tretutto è più frequente che ci si
sposi piuttosto che si entri in religio-
ne: allora chiamiamola cultura della
vocazione allo spirito e al matrimo-
nio assieme. Su questi punti ciò che
lo spirito ti suggerisce te lo senti
dentro. Da qui il valore del recupe-
ro del silenzio: gJi scout «fanno» il
deserto, vanno alla ricerca del silen-
zio, ma anche all'ascolto. Quando
si è in gruppo, si parla uno per volta
e ognuno ascolta l'altro. Quindi
educare allo spirito, sfruttando un
momento fertile, di maggior rispet-
to, costituisce un preliminare alla
preparazione al matrimonio, che è
per l'~dolescente educazione al rap-
porto in profondità con l'altro. Da
ciò nasce l'amore per l'altra perso-
na, il non sprecarsi, il non svendere,
il valorizzare tutto l'insieme. Così si
costruisce una famiglia portatrice di
pace.

3.6 Page 26

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26 · I APRILé 1985
GIUSEPPE CADELLI
I segreti del castello e altri rac•
conti, Collana «Scrittori per la
scuola•, SEI, Torino, 1984,
pp. 172, L. 8.000.
Una lunga consuetudine con I
preadolescenti, accompagnata
da una feconda esperienza let•
teraria con alcuni di loro. è l'ori-
gine del presente volume In cui
è raccolta una serie di racconti
scaturiti dalla fantasia e dalla
penna di ragazzi della scuola
media Inferiore.
L'autore insegna Lettere in
una scuola di Genova, intitolata
a D. Bosco. Ed al grande educa-
tore torinese ha ispirato la sua
attività, operando con una pre-
senza discreta nel vasto mondo
dei ragazzi, cogliendone gli inte-
ressi, i problemi, gli Interrogati-
vi, il linguaggio.
I
ciuscm <;AOCU.t
I SEGRETI
DEL CASTElLO
-r11llrt ract('Wlll
Ogni racconto è seguito da
una pagina di suggerimenti per
un lavoro Individuale e di grup-
po, intitolata -Proposte di attivi-
tà e ricerca» e una «Scheda di
approfondimento•, che sviluppa
un aspetto interessante dell'epi-
sodio narrato. Il libro si conclu-
de con una scheda bibliografica
contenente prez.iose Indicazioni
per una lettura amena.
Interessante il messaggio cui
punta ogni racconto: ispirare nel
ragazzi l'orrore per la guerra e
sentimenti di perdono verso i
nemici; farli riflettere sul valore
dell'amicizia e sul rispetto della
natura; il senso profondo della
solidarietà universale; la droga;
il progresso; l'obbedienza e la
disponibilità agli altri. (e.t.)
EZIO FANCESCHINI
La valle più bella del mondo,
Vita e Pensiero, Milano, 1984,
pp. 188. L. 12.500.
Per quattro anni, dal 1977 al
1980, Ezio Franceschini, rettore
dell' Università Cattolica, ha
pubblicato sul mensile •Giovani
Amici•, il giornale per ragazzi
dell'ateneo milanese, una serie
di •novelle• in cui diffondeva la
sua umile e mirabile lezione di
vita.
Dopo la sua morte, amici.
estimatori e, soprattutto, allievi
disseminati. quali insegnanti, In
ogni parte d 'Italia, hanno chie-
sto che venissero raccolte in vo-
lume, per sentirlo ancora vicino,
per offrirlo come lettura ai propri
allievi, per rivivere le meraviglio-
se fantasie che animano ogni
pagina di questi •racconti dal
vero•.
In essi c'è tutto l'uomo, capa-
ce di vivere la fanciullezza come
categoria dello spirito e proprio
per questo usando espressioni,
figure, linguaggi comprensibili a
tutti pur dicendo come •grandi•,
anche •grandissime» alle quali
gli scienziati non sempre sanno
arrivare.
Le novelle - ha dichiarato il
Prof. Leonardo Ancona - «tes-
sono per chi le legge un poema
più grande del mondo stesso,
perché lo trascende per giunge-
re al cielo. Chi infatti le ha scritte
non era un uomo solo naturale,
e soltanto scienziato; ma era un
Uomo/Fanciullo, che respirava
Dio e Lo consegnava agli altri e
che proprio per questo è riuscito
ad andare al di là della natura,
rivelandosi come «sapiente•.
Quest'uomo ha un nome: Ezio
Franceschini! E diventa prìvile•
I - - gio di tanti poterlo conoscere
avvicinandolo ora in questo li-
bro•. (e.f.)
LUCIANO CIAN
Amare è u n cammino, Elle Di
Ci, Leumann (Torino), 1985,
pp. 239, L. 10.000.
•Tutti abbiamo bisogno di una
mano amica che aiuta e accom-
pagna. Una delle gioie più gran-
dl della vita è avere qualcuno a
cui confìdare un segreto•. Que-
sta frase, con cui si apre la «Pre-
sentazione•, dà il tono a tutto il
libro: un tentativo di offrire rifles-
sioni ed esperienze per favorire
la conoscenza delle personali
potenzialità affettive e cosi per-
Cantare l~lleluja
Dalla Quaresima alla Pasqua
si svolge il difficile cammino at-
traverso la sofferenza, nel buio
del sacrificio, per giungere alla
luce finale della Resurrezione:
nel 1829 uno dei più acclamati
musicisti dell'epoca, Felix
Mendelssohn-Bartholdy. ripro-
pose, a cento anni di distanza
dalla sua prima esecuzione, La
Passione secondo San Matteo
del grande J. S. Bach, che rivi-
de cosl la luce dopo tanti anni di
letargo. SI tratta della narrazio-
ne evangelica del supplizio su-
bito dal Cristo cantata nelle fun-
zioni liturgiche della settimana
santa fin dal primi secoli della
Chiesa. .
Alle origini era la sola voce
del presbitero a intonare lirica-
mente la narrazione, le cui parti,
col tempo, vennero via via distri-
buite tra i vari personaggi allo
scopo di rendere più espressiva
e drammatica la vicenda soffer-
ta da Gesù. A questi spettava la
voce più grave, che riusciva a ri-
levarlo meglio sullo sfondo, dif-
ferenziandolo dalia voce media
del narratore e da quella acuta
dei restanti personaggi e della
folla. A Bach va il merito di aver
elevato il genere ad una limpida
purezza delle forme sviluppan·
do liberamente il testo in arie,
duetti e corali mentre all'orche-
stra è . affidata un'importante
funzione di commento dramma•
tico.
Sempre seguendo Il cammino
quaresimale verso la Pasqua in-
contriamo un altro antico gene-
re, posto come sequenza della
liturgia cattolica il venerdl santo
e attribuito a Jacopone da Todi,
Il poeta francescano di fine 200
che tanto avversò Bonifacio VIII:
è lo Stabat Mater, il bellissimo
testo che esprime li pianto acco-
rato della Madonna ai piedi del-
la croce, affascinando musicisti
di tutti i tempi per il candore e
per la sua drammatica ingenui-
tà: da Palestrina a Haydn, da
Scarlatti a Rossini, da Verdi a
Dvorak.
Ma quando Maria di Magdala
e le altre donne si recarono a vi-
sitare il sepolcro apparve loro
un angelo del Signore che le ac-
colse con queste parole: ..Quem
quaeritis (chi cercate)? Non est
hic. Resurrexit•. Siamo agli al'
bori del melodramma e alle ori·
glni della rinascita del teatro.
realizzata attraverso la dramma-
tizzazione della liturgia: da que-
ste poche battute infatti, pro-
nunciate dapprima nella chiesa
da un ecclesiastico, si sviluppe-
rà, attraverso la distribuzione
delle parti, la sacra rappresenta-
zione presente soprattutto nella
Firenze Medicea.
Il grido di esultanza che tradu·
ce con immediatezza la gioia
della Resurrezione si esprime
con l'alleluia (parola ebraica
che significa: lodate Dio): ciò
che caratterizza l canti alleluiati-
ci (o jubilationes) sono I lunghi
vocalizzi sostenuti sulle sillabe
della parola, che vengono fre-
quentemente ripetute mutando
l'intonazione della voce. Sant'A-
gostino, a proposito di una di-
sputa sorta sulla convenienza di
tali canti in un contesto liturgico,
ebbe a dire: «Colui che giubila
(cioè, colui che canta l' alleluia
con lunghi vocalizzi) non dice
parole, ma è una specie di suo-
no di gioia senza parole...
Godendo nella sua esultanza
di certe parole che non si posso-
no dire né intendere, l'uomo
prorompe In una specie di voce
di esultanza senza parole; si
che gli pare godere nella voce
stessa, incapace, per troppo
gaudio, di spiegare con parole
ciò che gode•. E certamente
quello di Haendel, che troviamo
nel Messia, è uno degli alleluia
che più si accorda, per l'impeto
dell' esultanza, alla concezione
del santo di Tagaste.
Sergio Centofanti

3.7 Page 27

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- - - - - - - - - - - -# -
correre più facilmente il cammi-
no verso l'amore profondo.
L'autore, psicologo salesiano,
è da anni Impegnato nell'aiutare
adolescenti e giovani, come pu-
re genitori. sacerdoti, suore, a
riscoprire il senso di un cammi-
no che liberi e faccia vivere con
entusiasmo la propria vocazio-
ne all'amore. Con il presente
studio egli si rivolge a tutti colo-
ro che desiderano stabilire con
se stessi, con gli altri, con una o
più persone, con Dio una rela-
zione d'amicizia o d'amore viva
! 4PRILE 1985 27
e profonda, fedele e tenera. La
sua riflessione invitatutti a pren-
dere in mano la propria vita, a
darle un senso e a svilupparla
nella traiettoria dell'amore. (e.I.)
L'AUTORE
La rubrica di questo mese presenta suor Enrica Rosanna.
Figlia di Maria Ausiliatrice, la professoressa Enrica Rosan-
na Insegna sociologia presso la Facolta Auxilium di Roma e
presso l'Università Pontificia Salesiana. Ha svolto interes-
santi ricerche sul problema della secolarizzazione e sui pro-
blemi femminili.
La sua più recente ricerca sociologica Interessa la riconci-
liazione ed s stata pubblicata proprio nelle scorse settimane
dalla editrice El/i Di Ci di Leumann (TO).
DEL
MESE
,__......_ .
Enrica Rosanna, Quale riconciliazione per i giovani? Ricerca
sociologica, Leumann (TO), Elle Di Ci, 1985, 176 pp.
L. 10.000.
D. Com's nato il libro?
R. Tra le Innumerevoli realizzazioni messe in atto in oc-
casione del Sinodo dei Vescovi su «Riconciliazione e peni-
tenza nella missione della Chiesa~ si può annoverare la ricer-
ca sociologica realizzata per Iniziativa dell'Università Pontifi-
cia Salesiana e condotta dai Prof. Franco Garelll e Enrica
Rosanna.
Si tratta di una ricerca-pilota focalizzata sul problema della
riconciliazione nei giovani (la ricerca è stata condotta su un
campione di giovani italiani - 18-19 anni - residenti nelle concetto di riconciliazione come passo o atto da compiersi
città di Catania, Roma, Torino, Venezia-Mestre).
per vivere in pace, una pace però più simile alla tranquillità
li libro riguarda la pubblicazione dei risultati relativi all'area che alla costruzione di una società diversa. La rlconcillazione
del senso dello sbaglio umano e del peccato religioso, della giovanile non sembra poi in alcun modo propositiva e utopica
riconciliazione umana e religiosa, del sacramento della ma è piuttosto compositiva e tollerante, vista più in negativo
riconciliazione.
che in positivo e abbastanza lontana dalla vita individuale.
anche se sembra legata ad essa come punto di partenza e di
D. Quali sono I principali risultati della ricerca?
riferimento. In diversi giovani la perplessità sull'esistenza di
R. 1. Area del senso dello sbaglio umano e del peccato
religioso.
L'analisi approfondita dei risultati di quest'area della ricer-
Dio, e più spesso sulla natura di Dio (Dio è spesso visto come
una costruzione umana), rendono problematica e peculiare
la riconciliazione nei suoi confronti.
ca ha permesso di Individuare alcune linee tendenziali che 3. Area del sacramento della riconciliazione.
sembrano emergere e sulle quali bisognerebbe porre mag- Dai risultati emergono tendenze significative che richiedo-
giore attenzione in ordine a una pastorale giovanile. Esse ri- no con urgenza uno studio approfondito interdisciplinare sul
guardano: Il senso del peccato, in quanto sembra che 1giova- sacramento. SI rileva che Il sacramento sta vivendo un mo-
ni abbiano un senso dì peccato prevalentemente Immaturo, mento di eclissi, non solo dal punto di vista della frequenza,
orizzontale. individualistico; la concezione di peccato socia- ma dal punto di vista del significato del sacramento in se
le, in quanto sembra che i giovani tendano a vedere tale pec- stesso e rispetto alla vita di fede e al progetto di vita. Sembra
cato nella direzione che va da se stessi alla società attribuen- Inoltre che la confessione fatta a Dio solo sia preferita alla
dosene la responsabilità e ignorino - o diano poco peso - confessione sacramentale, e tale confessione risulta essere
alle strutture di peccato; la direzione del peccato, in quanto prevalentemente un dialogo con se stessi (lo e Il mio Dio),
sembra che essa sia orientata prevalentemente verso l'oriz- una confessione senza accusa. senza perdono, senza con-
zontale, l'individuale, l'immediato; i mezzi di liberazione dal versione. Il sacramento sembra ridotto prevalentemente a un
peccato, In quanto sembra che le strade di tale liberazione fatto individua/e, con una funzione securiuante e consolato-
siano centrate prevalentemente sulla volontà, passino attra- ria. La dfmensione della fede è assente e viene contestato, o
verso le proprie possibilità e prescindano spesso da un riferi- almeno messo in questione, che Il sacramento cancelli I
mento agli altri (Dio compreso) e a realtà come la fede e la peccati.
preghiera.
2. Area del senso della riconciliazione umana e religiosa.
Anche dall'approfondimento dei risultati riguardanti que-
D. A quali lettori il 1/bro è indirizzato?
R. li libro, che si può dire scritto dai giovani perché ricco
st'area di ricerca emergono linee tendenziali che muovono a di testimonianze spontanee e sincere, è una sfida lanciata
una riflessione per un'azione educativa più illuminata e inci- agli educatori, ai religiosi, ai sacerdoti, al confessori. I risu lta-
siva. Tali linee riguardano quanto segue: la riconciliazione ri- ti che esso propone, anche se non sono rappresentativi del-
chiama nella quasi totalità dei casi soltanto rotture individuali l'universo giovanile Italiano, fanno innegabilmente problema
e orizzontali che prescindono da un riferimento religioso- e mi sembra costituiscano anche un appello al prossimo
ecclesiale; i giovani percepiscono il clima di «non riconcilia- Convegno italiano su •Riconciliazione e comunità degli uo-
zione» che caratterizza l'ambiente, ma lo accettano quasi co- mini• perché si faccia carico di una spinta innovatrice che
me una conseguenza ineluttabile della fragilità umana e del- aiuti le giovani generazioni a vivere più pienamente la realtà
la difficoltà di relazione e da questa ineluttabilità deriva un della riconciliazione.

3.8 Page 28

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_ VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
America Latina
L A SFIDA
DELL'AMERICA
LATINA
Il recente viaggio di Giovanni
Paolo II, la teologia della
liberazione e le comunità di base.
I problemi dello sviluppo e della
giustizia.
<< Caminante no hay ca-
mino, se hace camino al andar»,
« Viaggiante, la strada non è trac-
ciata, la strada si fa andando».
Questi versi di Antonio Machaco,
che sono l'unico testo poetico citato
nell'ormai famoso documento di
Puebla, possono essere il Ieit-motiv
interpretativo del viaggio del Papa
in Venezuela, Ecuador, Perù e
Trinidad-Tobago, tra la fine di gen-
naio e l'inizio di febbraio.
È stato il sesto viaggio di Giovan-
ni Paolo II in terra latino-america-
na, dopo quelli in Messico, Brasile,
Argentina·, America Centrale e San-
to Domingo, dove, nell'ottobre del-
lo scorso anno, ha dato il via alla
preparazione dj nove anni (una
«novena»), con cui la Chlesa si ap-
presta a celebrare - nel I992 - il
quinto centenario della scoperta e
dell'evangelizzazione del conti-
nente.
Non è difficile comprendere il
motivo dell'interesse speciale dj Pa-
pa Wojtyla per questa parte della
Chiesa e dell'umanità. La poplazio-
ne totale dell'America Latina - che
era di 358 milioni nel 1980 - nel-
l'anno 2000 sfiorerà i seicento mi-
lioni. La metà dei cattolici del mon-
do intero saranno quindi latino-
americani!
Il periodo critico che vive oggi
questo continente sarà, dunque, de-
cisivo per tutta la Chiesa all'alba del
terzo Millennio. A quell'epoca, il
baricentro del cattolicesimo si sarà
decisamente spostato tra il Rio
Grande e la Terra del Fuoco. E dal-
la vitalità della Chiesa latino-
americana dipenderà molto della
presenza del cristianesimo e della
sua risposta alle sfide dei grandi
blocchi religiosi e ideologici del
mondo.
Il contenuto della recente dichia-
razione della Congregazione vatica-
na per la dottrina della fede sulla
«teologia della liberazione» s'inte-
gra a fondo in quest'analisi. Occor-
re evitare, a qualsiasi cos_to, da un
lato che il cattolicesimo si lasci con-
taminare dall'ideologia marxista.
Ma, dall'altro, allo stesso tempo è
indispensabile che la Chiesa non sa-
crifichi in nulla «l'opzione prefe-
renziale per i poveri», fatta dai ve-
scovi latino-americani nelle assem-
blee di Medellin (I 968) e di Puebla
(1979) .
Quest'opzione si impone alla
Chiesa se vuole evangelizzare le
masse popolari che possono contare
soltanto sulla sua azione per uscire
dalla loro miseria.
Giovannj Paolo II ha indicato
con chiarezza questo cammino: «La
Chiesa si mette dalla parte dell'uo-
mo e della sua dignità. Per secoli, in
questo continente della speranza,
essa ha levato la sua voce in difesa
dei diritti della persona, special-
mente dei più deboli e bisognosi».
Oli orientamenti di fondo per la
«nuova evangelizzazione» dell'A-
merica Latina - «nuova nel suo ar-
dore, nei suoi metodi e nelle sue
espressioni» - sono state focalizza-
te dal Papa soprattutto nei messaggi
pronunciati nell'ottobre scorso a
Santo Domingo, la terra dove Cri-
stoforo Colombo piantò per la pri-
ma volta la croce e dove fu celebra-
ta la prima Messa.
Il Papa rivolge anzitutto lo sguar-
do al passato, non negando i limiti e
gli errori del lavoro di evangelizza-
zione nel continente sudamericano.
Accenna anche alla famosa «leg-
genda nera» che ba presentato in
chiave soltanto negativa la storia
della Chiesa in queste terre. E non
disconosce «l'interdipendenza che
cifu tra fa croce e la spada nellejasi
della prima penetrazione missiona-
ria».
Contemporaneamente Giovannj
Paolo II mette in risalto soprattutto
gli innegabili aspetti positivi dell'e-
vangelizzazione del Nuovo Mondo:

3.9 Page 29

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-----------sB-
la difesa degli indios da parte di tan-
ti missionari e vescovi e il lavoro di
promozione umana attuato dalla
Chiesa durante i secoH.
Catechesi, scuola, coltivazioni,
esperienze comunjtarie come le fa-
mose «riduzioni» dei gesuiti sono
alcuni aspetti di questa prima evan-
gelizzazione che «segnò essenzial-
mente l'identità storico-culturale
dell'America Latina. Prova di ciò è
che la fede cattolica non fu sradica-
ta dal cuore dei suoi popoli, nono-
stante il vuoto pastorale creato nel
periodo dell'indipendenza o dell'o-
stilità e delle persecuzioni poste-
riori».
Per continuare su questo cammi-
no è necessaria «una nuova evange-
lizzazione dell'America Latina»,
che sviluppi con più vigore un po-
tenziale di santità, di grande impul-
so missionario, una vasta creatività
nella catechesi, una manifestazione
feconda di collegialità e comunione,
una battaglia evangelica per la di-
gnità dell'uomo, per far scaturire,
dal seno dell'America Latina, un
grande futuro di speranza» .
Per questo il Papa si rivolge diret-
tamente all'America Latina «conti-
nente della speranza» chiedendole
di resistere:
- alla tentazione di coloro che
vogliono dimenticare la sua innega-
bile vocazione cristiana e i valori
che la plasmano, per cercare model-
li sociali che prescindono da essa o
I APRILE 1985 · 29
la contraddicono;
- alla tentazione di ciò che può
debilitare la comunione nella Chie-
sa, sia di coloro che ideologizzano
la fede o pretendono di costruire
una «chiesa popolare», sia di colo-
ro che promuovono la diffusione
delle sette ereligiose;
- alla tentazione anticristiana
dei violenti, che non credono nel
dialogo e nella riconciHazione, e che
sostituiscono le soluzioni politiche
con il potere delle armi o dell'op-
ILe immagini di questo
articolo si riferiscono
al recente viaggio di
Giovanni Paolo Il in
America Latina
(Foto Mari, Roma)

3.10 Page 30

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30 · I APRILE 1985
pressione ideologica;
- alla seduzione delle ideologie
che pretendono di sostituire la visio-
ne cristiana con gli idoli del potere e
della violenza, della ricchezza e del
piacere;
- alla corruzione della vita pub-
blica o dei mercanti di droga e
pornografia;
- all'azione degli agenti del neo-
maltusianesimo, che vogliono im-
porre un nuovo colonialismo ai po-
poli latino-americani;
- all'egoismo dei «soddisfatti»;
che si aggrappano a una realtà di
privilegio fatta di minoranze opu-
lente, mentre vasti settori popolari
sopportano difficili e persino dram-
matiche condizioni di vita in situa-
zioni di miseria, di emarginazione,
di oppressione;
- alle i11te1ferenze di potenze
straniere, che perseguono i propri
interessi economici, di blocco o
ideologici, e riducono i popoH a
campo di manovra al servizio delle
proprie strategie.
Di fronte alle «sfide» che si pre-
sentano oggi alla Chiesa nel conti-
nente Sudamericano, Giovanni
Paolo U sottolinea che la speranza,
la « vocazione di speranza» del!'A-
merica Latina, va non solo difesa
ma alimentata. E propone:
- la speranza di una Chiesa che
si concentra intensamente nella mis-
sione evangelizzatrice;
- speranza di un ulteriore au-
mento delle vocazioni sacerdotali e
religiose;
- speranza di una Chiesa forte-
mente impegnata in una sistematica
catechesi;
- speranza dei giovani;
- speranza di un laicato coscien-
te e responsabile;
- speranza di riconciliazione tra
i popoli fratelli;
- speranza dei gruppi etnici, che
vogliono mantenere la loro identità
e cultura peculiare, senza rinunciare
alla comune solidarietà e progresso,
e che necessitano di una più intensa
evangelizzazione;
- speranza del movimento dei
lavoratori, che lottano per avere più
degne condizioni di vita e di lavoro;
dei settori intellettuali affinché ri-
trovino i valori etici e culturali del
loro popolo per servirli e promuo-
verli; degli scìenzialì e dei tecnici
che vogliono indirizzare le risorse
del sapere all'elevazione e al pro-
gresso dell'America Latina.
Attenzione particolare viene ri-
servata dal Papa al tema della libe-
razione e della scelta preferenziale
dei poveri. Le sue parole al riguardo
costituiscono la più autorevole in-
terpretazione del documento - ri-
cordato all'inizio di questo scritto
- della congregazione per la dottri-
na della fede.
«L'esempio di Cristo di amore al
povero si è tradotta concretamente
per la Chiesa latino-americana, a
partire da Medellin e da Puebla,
nella cosiddetta opzione preferen-
ziale per i poveri... ».
«Non c'è dubbio che la Chiesa
dev'essere integralmente fedele al
suo Signore, mettendo in pratica
qucst 'opzione, offrendo il suo gene-
roso contributo alf'opera dì libera-
zione sociale delle moltirudini di po-
veri, al fine di ottenere per tutti una
giustizia che corrisponde alla loro
DON VIGANÒ LA VEDE COSÌ
«La società latino-americana
presenta:
In negativo:
sottosviluppo, e come conse-
guenza ingiustizia e miseria;
emarginazione, per carenza di
promozione e di partecipazione
alla vita sociale; dipendenza,
specialmente economica, cultu-
rale e ideologica; eterogeneità,
per razza, cultura e situazione;
sistemi politici inadeguati, che
vanno da democrazie deboli al-
i'autoritarismo istituzionalizza-
to, a regimi militari e al totalitari-
smo marxista, con conseguente
prolungata situazione di guerri-
glia in molti paesi.
In positivo:
tentativo di affermare la pro-
pria identità nella libertà; valo-
rizzazione dell'uomo latino-
americano e prospettiva di una
società organizzata democrati-
camente per una giusta distri-
buzione dei beni culturali, mate-
riali e sociali; interesse per le
trasformazioni socio-politiche
verso una società più giusta;
ricchezza di valori umani nelle
diverse culture, aperte al mes-
saggio evangelico; masse di
giovani in cerca di promozione
e di rinnovamento sociale, poli-
tico e religioso.
La Chiesa latino-americana
• Grandi sfide si presentano
alla Chiesa nel suo sforzo dì svi-
luppo integrale dell'uomo e del-
la società; qui é misurata la sua
fedeltà a Cristo e al Concilio Va-
ticano 11, e la sua capacità di ri-
spondere profeticamente alle
interpellanze del neocapitali-
smo e del marxismo; la Chiesa
deve costantemente discernere
tra l'eredi1à del passato (molte
volte ambiguo) e le nuove esi-
genze pastora! i che aprono il fu-
turo cristiano del continente.
La Chiesa ha la coscienza
chiara di se stessa e della sua
missione: è il risultato del lavoro
di Medelfin e Puebla.
• Essa sa mettersi accanto al-
l'uomo latino-americano e co-
municargli il messaggio cristia-
no: lotta evangelicamente per la
giustizia e la pace, ama, serve e
promuove i poveri, valorizza la
religiosità popolare, é strumen-
to di comunione e di partecipa-
zione, illumina la coscienza cri-
stiana dei battezzati, é sensibile
ai problemi del mondo del lavo-
ro, dei giovani, delle famiglie.
Soffre per le divisioni inter-
ne; costata qualche volta l'ideo-
logizzazione della fede, stru-
mentalizzata dal potere tempo-
rale; sa però che nel discerni-
mento e nella riflessione può
superare tutto questo.
Offre alla Chiesa universale
esempi d'impegno pastorale
nel servizio dell'uomo, difen-
dendo i diritti della pe.rsona, il
valore della pace e della giusti-
zia, e cosi manifesta con chia-
rezza la propria Identità di sa-
cramento di salvezza nella sto-
ria attuale.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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# _ PROTAGONISTI,_ _ _ _ _ _ _
dignità di uomini e di figli di Dio».
Ma, soggiunge Giovanni Paolo
Il, essa «deve realizzare questo
compito importante e urgente in
una linea di fedeltà al Vangelo, che
vieta il ricorso a metodi di odio e di
violenza;
- deve realizzarlo mantenendo
un'opzione preferenziale per il po-
vero che non sia esclusiva esclu-
dente... ;
- deve realizzarlo senza che que-
st'opzione significhi vedere il pove-
ro come classe, come classe in lotta,
o come Chiesa separata dalla comu-
nione e dall'obbedienza ai Pastori
posti da Cristo;
- deve realizzarlo considerando
l'uomo nella sua vocazione Lerrena
ed eterna; deve realizzarlo senza che
l'imprescindibile sforzo di trasfor-
mazione sociale esponga l'uomo ad
essere assoggettato sia a sistemi che
lo privano della sua libertà e lo sot-
tomettono a programmi di ateismo,
sia a si5temi di materialismo pratico
che lo spogliano della sua ricchezza
interiore e trascendente;
- deve realizzarlo sapendo che
la prima liberazione da procurare
all'uomo è la liberazione dal pecca-
to, dal male morale che si annida
nel suo cuore, e che è causa del
«peccato sociale» e delle strutture
oppressive.
Di qui - nella prospettiva del-
1'ormai prossimo mezzo millennio
di evangelizzazione dell'America
Latina - la solenne riaffermazione
che «il Papa, la Chiesa, la sua ge-
rarchia vogliono continuare a essere
presenti nella causa del povero, del-
la sua dignità, della sua elevazione,
dei suoi diritti come persona, della
sua aspirazione a una improrogabi-
le giustizia sociale».
Di qui il gesto profondamente si-
gnificativo di Giovanni Paolo II che
a Santo Domingo ha voluto conse-
gnare ai presidenti delle Conferenze
episcopali Latino-Americane una
croce fatta col legno degli alberi del-
la Repubblica Dominicana, e ripro-
ducente la prima croce piantata da
Colombo sul suolo americano, co-
me simbolo «della nuova storia del
continente della speranza, da co-
strujre con la forza della croce nella
verità, nella giustizia e nell'amore».
Silvano Stracca
Gaspare Barbiellini Amidei
1 APRILE 1985 · 31
B ASTEREBBE
TRATTARE
GLI ALTRI
COME SE STESSI
PER MIGLIORARE
IL MONDO
La polemica provocata dalla pubblicazione di un libro
dissacratorio su santa Maria Goretti ha trovato in
Gaspare Barbiellini Amidei un convinto difensore. Da
alcuni anni i suoi libri sono ai vertici delle classifiche
di vendita. Ma chi è in realtà? BS l'ha intervistato.
t:"'--•• Gaspare Barbiellini A-
midei è sulla cresta dell'onda, con
un libro che s'intitola la riscoperta
di Dio, Rizzali, 1984. Magari non
figura nemmeno nelle graduatorie
dei best-seller (laici e cattolici), ma
si vende e come, costantemente. È
un saggio rigoroso e accattivante, in
cui stanno bene insieme intelligenza
e lingua, conoscenza scientifica e
desiderio di Dio, Non si tratta, pe-
rò, di un libro nostalgico; La risco-
perta di Dio ha , invece, una sua fie-
rezza cristiana, che non s'impanta-
na mai nel clericalismo o nel devo-
zionismo. Scruta e discute, appro-
fondisce secondo un disegno orga-
nico e una misurata introspezione.
Vado al «Corriere della Sera»,
del quale Barbiellini Amidei è edito-
rialista, per conoscere meglio il per-
sonaggio, le sue idee; per intervi-
starlo come si dice. Lo scrittore, na-
to nel 1934, professore di sociologia
della conoscenza all'Università di
Torino, mi accoglie nel suo studio
disadorno e familiare, con quella
sua aria gentile, ma ferma. C'è nel
suo modo di fare, apparentemente
un po' compassato, qualcosa che ri-
corda un'infanzia meravigliosa, tra-
scorsa all'isola d'Elba. Lo dicono i
suoi occhi celesLi cbiari.
li noto sociologo d'ispirazione
cattolica viene da un famiglia della
rinomata nobiltà piacentina, in cui
si sono mescolati insieme cattolice-
simo intransigente, mazzinianesi-
mo, nazionalismo. Suo padre Ber-
nardo, anno di nascita 1896, è stato
fascista delle origini, podestà di
Piacenza fino al 1929, direttore per
diversi anni del quotidiano locale
« La Scure»; ma ancbe contestatore
dell'anima totalitaria del fascismo.
Cattolico con tendenze al mistici-
smo, gran conoscitore del mondo
arabo e delle lingue orientali, pro-
pugnatore di una sorta di ecumeni-
smo che coinvolgesse ancbe i mus-
sulmani. Parte volontario per la
guerra di Grecia, e cade alla testa
dei suoi soldati il 7 novembre I940.
Viene decorato di medaglia d'oro.
La bisnonna di Gaspare Barbiellini
Amidei, madre Rosa GaLtorno, è

4.2 Page 32

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morta nel 1900, in profumo di san-
tità, dopo aver fondato la Congre-
gazione delle Figlie di Sant'Anna.
Chiedo a Barbiellini Amidei: Chi
ha contato di più nella sua vita?
«Sono stato educato nella fede da
mia madre, appartenente a una fa-
miglia della nobiltà romana, che è
ancora viva (era di 17 anni più gio-
vane del marito). Ma ba pesato su
di me l'immagine di mio padre, un
uomo tutto d'azione e di grande ca-
rità. Benché fascista, ma fascista
del dissenso, è stato a suo modo un
patrocinatore dei poveri, un La Pira
di Piacenza in certo senso, anche se
aveva un carattere del tutto diverso
da quello del sindaco di Firenze.
Mio padre è mono da erot: quando
io avevo sei anni; di lui ho pochi ri-
cordi molto lontani, evanescenti.
Per questo da giovanissimo ho cer-
cato d'inseguire la sua immagine, di
rendermi conto della sua storia, col-
laborando tra i 18 e i 21 anni al gior-
nale del movimento sociale it~liano,
ma mi sono presto allontanato. So-
no maturato intellettualmente in-
torno al 1960, avvicinandomi al
pensiero di Maritain (in quegli anni
la Boria pubblicò il suo saggio Do-
po Maritain), a quello di Del Noce.
Fondamentale fu per me l'esperien-
za del mensile Elsinore, di cui fui di-
rettore (tra i collaboratori Elemire
Zolla): una rivista di altissimo livel-
lo culturale, liberale in politica,
classica nello stile letterario».
Il marxismo ha a/traversato la
sua storia intelletlua/e?
« 11 marxismo è un pensiero forte
e coerente, che mi ha fatto prendere
coscienza che la dimensione sociale
è una realtà da considerare seria-
mente. Mi è derivata, quindi, una
IGaspare
Barbiellinl
Amldel con
la moglie e
uno del flglf
forte attenzione ai problemi sociali;
però io non sono marxista, ma cri-
stiano. Il marxismo ha come suo
fondamemo l'ateismo, e questo non
lo posso accetlare. Credo con Simo-
ne Weil che l'abbandono del tra-
scendente sia una deformazione.
Per me la coscienza precede l'essere
materiale (del marxismo), e il Crea-
tore precede la coscienza (del libera-
lismo)».
Veniamo a parlare di Simone
Weil che per Barbiellinj Amidei ri-
mane, nel nostro secolo, la figura
più alta di un'intelligenza che si fa
testimone della Grazia e insieme
della sofferenza umana. Una crea-
tura del dono, attraversata da una
limpida fede in Dio e da un'assun-
zione concreta della condizione do-
lorosa degli uomini. «È il mio mo-
dello ideale e anche intellettuale; il
suo pensiero per me è centrale» af-
ferma lo scrittore.
li minusvalore, Rizzoli 1971, Li-
bro che impose all'attenzione cultu-
rale la personalità di Barbiellini
Arnidei, segna una svolta nell'ambi-
to dell'intellighemzia italiana, in
quanto, in un tempo di ambiguità,
di estremismi, di retorica ·materialj-
sta, ha sapulO indicare che «il mag-
gior tipo di sfruttamento non è
economico-materiale, ma spiritua-
le. È furto di libenà che si appro-
pria o meglio cancella il "minusva-
lore", presente come realtà meta-
economica in ogni civiltà o cultura,
anche "piccola". Tante volte ho
costatato, comunque, che lo sfrut-
tamento materiale si accompagna a
quello spirituale». Questo minusva-
lore è una concezione che ha in-
nuenzato tante ricerche recenti, che
ha sconvolto l'indagine vetero-
marxista nei riguardi delle culture
«povere», ritenute fino a ieri non
autonome, plagiate dal virus capita-
lista e borghese. li «minusvalore»,
che io definirei come il «lievito nella
pasta», appartiene in un suo appro-
fond imento del tutto originale, alla
storia della pietà, come la intendeva
don Giuseppe De Luca, il famoso
storico cattolico. Il «minusvalore»
come <(accumulazione» del dono di
tante generazioni, come segno del-
l'Invisibile anche nelle condizioni
(storico-esistenziali) più aspre e di-
sumane. 1n fondo il minusvalore di
una civiltà è custodito e promosso,
meglio che da ogni altra << forza»,
dalla riscoperta di Dio.
Domando a Barbiellini Amidei:
Perché questo libro?
« Il titolo del libro l'ho voluto io,
però non si tralla di un saggio intor-
no a Dio, ma di un libro intorno al-
la cultura che si sta liberando dalla
persecuzione iiluminista ancora in
atto nei confronti dell'uomo religio-
so (in senso lato, e non solo del cat-
tolico). Sono due secoli che l'uomo
religioso è diffamato e perseguitato
(diffamato e perseguitato veramen-
te, e non per fare della retorica), an-
che a causa di due gravi deforma-
zioni che lo hanno caratterizzato;
negli ultimi secoli, l'uomo religioso
è stato costretto all'intolleranza del
crociato mentale, oppure alla senti-
mentale rassegnazione dell'uomo
bisognoso di conforto sub-raziona-
le. Ho voluto fare un pamphlet sot-
lile, rovesciato rispcllo a Voltaire,
usando un linguaggio ironicamente
illuminista. La riscoperta di Dio è
una navigazione sociologico-
filosofico-giornalistica che si avvale
degli strumenti della cultura attuale
più aggiornata e qualificata (quindi
anche scientifica e nucleare), con la
quale ho inteso collaborare a ri-
muovere le argomentazioni positivi-
stiche, scientiste e materi~liste sulle
quali si fondava la persecuzione del-
l'uomo religioso. È finita l'epoca
delle incolte menzogne, con le quali
si voleva chiudere nel ghetto della
superstizione il credente. Oggi oc-
corre più fede per essere atei che per
essere credenti».
Per chi è stata scriua «La risco-
perta di Dio»?
«Questo libro è stato scritto, an-
zitutto, per le persone che evitano di

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - - -5'1-
pensare a Dio, perché credono che
pensarlo sia superstizione, ignoran-
za, appartenga a una sub-cultura
cancellata inesorabilmente dai tem-
pi. Così ho voluto ristabilire la di-
gnità (tra ateismo e fede) delle op-
zioni di partenza. In secondo luogo
è stato scritto per chi, credendo,
non ba tanto bisogno di essere inco-
raggiato nella sua conoscenza senza
menzogna dalle mie informazioni,
ma per ribattere in maniera, credo,
appropriata a chi vuole confinare
l'uomo religioso in un angolo irra-
zionale».
Vedo che lei, Barbie/lini, preferi-
sce, anche nel libro, il termine dico-
noscenza a quello di credenza. Co-
me ma,·.?
«È bene liberarsi dal sentimenta-
lismo ottocentesco. Conoscenza per
me è una forma d'intelligenza che
mette a bilancio l'eterno. Da essa
nasce l'attenzione, che è una virtù
globale, una virtù dell'amore e del-
l'intelletto, la quale permette un
collegamento tra esperienza e mon-
do trascendente. Non bisognerebbe
mai dimenticare le parole di Isaia:
"Hai visto molte cose, ma non vi
bai posto attenzione". È perciò ur-
gente che questa virtù sia recuperata
dall'uomo religioso».
Per Barbiellini Amidei, il male
più grave che affligge la nostra so-
cietà è appunto quello della non
sufficiente attenzione verso gli altri:
<<Basterebbe trattare gli altri come
se stessi, per migliorare il mondo».
Il noto sociologo è, comunque, otti-
mista per il nostro futuro. Lui vede
«la storia come una vittoria dell'in-
telligenza; faticosissima ma sempre
vittoria. l tempi di Dio non sono
quelli della nostra storia e della no-
stra sofferenza. Occorre soltanto
avere pazienza».
Ma per lei, chiedo un po' a bru-
ciapelo, Dio chi è?
«Dio è la metafora senza rinvio,
non il Dio esotico degli iniziati. Per
me uomo, poi, è il Dio di Isacco e di
Giacobbe, il Dio dei cristiani, San-
tissima Trinità».
E la religione?
«La religione ha sempre avuto
una scienza del bene e del male, a
differenza dello scientismo come di
ogni altra ideologia. Per questo è
capace in tutte le epoche di parlare
all'uomo. Poi la religione è una di-
versa teoria del tempo, non lineare,
non ciclico; s'inserisce in una diver-
sa dimensione, dove non si muore,
ma si vede morire la morte».
Avverte nella sua vita la presenza
del Cristo?
«Certamente. Lo sento com'è nel
Vangelo, integralmente, senza altre
sovrapposizioni o letture; senza
nemmeno iJ bisogno degli Apocrifi.
In lui c'è tutto, anche sul piano
dell'intellettualità».
E come immagina il Paradiso?
«Come una non-separazione da
Dio, per quanto posso umilmente
intuire».
Lei prega?
« Anche se io prego, purtroppo,
qualche rara volta, è molto bello
pregare. La preghiera è il linguaggio
per eccellenza; non c'è linguaggio
con il quale in maniera più imme-
diata uno possa mettersi in contatto
con se stesso e con l'altro da sé che
è Dio».
Che idea ha della santità, visto
che ha difeso sulla prima pagina del
«Corriere della Sera» Santa Maria
Goretti dalle insinuazioni di Bruno
Giordano Guerri?
«Amo i santi, ma mi sento lonta-
nissimo da loro come vita. Mi sento
cioè inadeguato. Loro hanno dei
gradi molto alti di attenzione».
E dato che parliamo di santi, il
discorso finisce per cadere su San
Giovanni Bosco.
Dice Barbiellini Amidei: «Da ra-
gazzo, quando mi si diceva di pen-
sare a un santo, pensavo spontanea-
mente a Don Bosco, perché ero af-
fascinato dal suo volto buono. An-
che adesso - se mi si dicesse di pen-
sare ad un santo - penserei a San
Giovanni Bosco, a quella sua evi-
dente luce di bontà che egli ha trac-
ciato a piene mani entro il mondo
dei giovani. La sua è una lezione
moderna, valida soprattutto per i
giovani in difficoltà: dare molto e
chiedere poco. A differenza degli
adulti di oggi. Credo che la mia sim-
patia per questo grande santo sale-
siano sia dovuta anche a padre
Zampetti (tuttora vivo), parroco di
Cristo Re, nel quartiere Mazzini a
Roma. Era un sacerdote dolce e
sensibile; nella faccia e perfino nei
gesti assomigliava a Don Bosco co-
me io me lo immaginavo».
Ferruccio Mazzariol
1 APRILE 1985 33
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Scrivi subito il tuo
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Il Bollettino Salesiano
Diffusione
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4.4 Page 34

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_ STORIA SALESIANA_ _ _ __ _ _ _ __ _ __ _ _ _ __
Le comunicazioni sociali
L E RIVISTE
FILODRAMMATICHE:
DA LETTURE
DRAMMATICHE
A ESPRESSIONE
GIOVANI
Il centenario della fondazione di letture drammatiche.
!:apporto delle riviste per una promozione del teatro
educativo. Fine di una tradizione?
L'esperienza del picco-
lo teatro amatoriale e giovanile, per
quanto mi riguarda, è stata una me-
ravigliosa apertura di finestre sul
mondo. Sul mio stesso mondo psi-
cologico e spirituale, sul mondo dei
miei compagni di scena, sul mondo
delle platee popolari incontrate reci-
ta dopo recita... Ma debbo poi dire
- per fortunate circostanze di lavo-
ro organizzativo e giornalistico -
soprattutto sul mondo dell'umane-
simo teatrale e della sua letteratura,
sul mondo dei gruppi e delle scuole
amatoriali operanti in Italia e all'e-
stero, sul mondo incredibilmente
popolato e variegato degli autori,
sul mondo oltremodo ricco e creati-
vo delle riviste filodrammatiche e
delle loro redazioni così «gelose»,
sul generoso mondo del popolino,
dei giovani e dei ragazzi, con cui era
necessario condividere il vissuto
quotidiano per riuscire a dedurre e
proporre la medesima «realtà» nel-
le pagine scritte, nelle azioni sceni-
che, nelle riflessioni critiche...
Come potrebbe, infine, non
uscirne arricchita la stessa esistenza
ed esperienza? Credo che chiunque
sia passato per un palcoscenico e
«dintorni» abbia anche conseguito,
a suo modo, questo arricchimento
spirituale e umanistico. A ragione e
con molta sensibilità verso i tempi
che corrono Hans Urs von Baltha-
sar - riconosciuto maestro della
teologia moderna - ha colto ed
esaltato in Dio stesso, sommo Pen-
siero, il manifestarsi di una esta-
siante azione drammaturgica, ossia
di una sacra rappresentazione del
Verbo, di cui il teatro « teatrale»
viene ad essere riverbero. Questo
teatro è somma di realtà e fantasia,
pensiero e creatività, vita e sogno,
luce e mistero, visibile e invisibile...
Se tanto significato vi ha intuito il
teologo, non stupirà che un educa-
tore pratico come Don Bosco ne ab-
bia fatto un mezzo per divertire,
istruire, educare; che poi è anche un
modo per divertirsi, istruirsi, edu-
carsi.
Umile quanto si vuole, il «teatri-
no» di Don Bosco esprime il mede-
simo messaggio umano e cristiano:
minimo il mezzo, non per questo di-
venta minimizzabile il significato e
il fine . Don Bosco ha praticamente
trasferito nell'area della cultura po-
polare e giovanile i sostanziaJi valo-
ri riscontrabili nell'alta cultura e
nell'arte. Perciò il suo «teatrino» è
«educativo». E perciò anche noi lo
abbiamo coltivato e lo coltiviamo
come un modo gi.oioso di vivere,
credere, crescere. Esso affonda le
radici in un remoto humus, nella
creatività del piccolo clown dei Bec-
chi, nell'estro dell'animatore di re-
cite spontanee tra i Mulini Dora e i
prati di Valdocco, nell'esperto in
dialoghi che «drammatizza» sia
quando è sul pulpito e sia quando
siede a terra contro un muretto at-
torniato da semicerchi di ragazzi...
Si radica insomma nella stessa indo-
le di Don Bosco. Il quale però, al
crepuscolo della sua vita, viene in-
dotto dalle circostanze a dare anche
organicamente corpo a quel suo tea-
tro che prima aveva coltivato in bel-
la spontaneità e libertà. Don Bosco

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - -~ -
diventa aUora «editore teatrale>>.
lancia un «manifesto del teatro gio-
vanile» diffonde una collana di ta-
scabili che intitola Letlure Dram-
matiche.
Avvenne nell'anno 1885, quando
per la buona editoria si mossero con
varie iniziative i cattolici e dunque
anche Don Bosco. Ecco oggi l'occa-
sione per ricordare un centenario
molto opportuno e utile, anche con-
siderato il nuovo interesse dei gio-
vani a recuperare il teatro. Per l'oc-
casione Don Bosco aveva rinvigori-
to e mobilitato tutta la sua editoria
e lo stesso Bo/lettino Salesiano in
funzione giovanile e popolare. Rin-
vigorì e mobilitò pure il teatro con
un «manifesto» che vale la pena an-
dare a rispolverare e rileggere.
«Un bisogno grandemente senti-
to ai nostri giorni - dice il testo -
è quello di togliere i libri cattivi di
mano alla gioventù che, spinta dal
desiderio prepotente di leggere, si
lascia facilmente adescare dalJa mi-
scredenza e dall'empietà. Si è osser-
vato che specialmente i libri di com-
medie, quando non siano rigorosa-
mente morali, producono nel cuore
dei giovani impressioni talmente fu-
neste che più non si tolgono neppu-
re nella più provetta vecchiaia. Ad
ovviare quest'inconveniente è stata
ideata una raccolta di Lelture
Drammatiche le quali, nello stesso
tempo che attraenti e amene, riesca-
no pure educative e morali. Queste
Letture mireranno a ricreare istruire
ed educare il popolo e specialmente
i giovani con una serie di libreui
contenenti drammi commedie farse
tragedie ed anche semplici dialoghi
e poesie ricreative. Mireranno an-
che a procurare a educatori e geni-
tori una piccola biblioteca teatrale
di operette scelte e rappresentabili».
C'era materia sufficiente per una
editoria di decenni, quale infatti si
determinò. Noi attingemmo a quel
discorso e anche editorialmente cer-
cammo di portarlo avanti, man ma-
no aggiornato, nei suoi presupposti
culturali. Dal «manifesto}) si dedu-
ce che la letteratura drammatica
non condivisa da Don Bosco già cir-
colava con generosa abbondanza, iJ
che confermano i reperti tuttora esi-
stenti presso vecchie biblioteche e li-
brerie di antiquariato. Di IJ lo spa-
zio per un'alternativa. Si deduce
pure l'intento del santo che solo se-
condariamente pensò alle rappre-
sentazioni, mentre primariamente si
propose di appagare il «prepotente
desiderio di leggere» che individua-
va nei giovani e nel popolo. Di un
duplice stimolo editoriale: primo, la
lettura; secondo (come ipotesi in su-
bordine), la rappresentazione.
Aggiungerò che non era sempre
atteso il versamemo deUa quota di
abbonamento: all'occorrenza Don
Bosco regalava. 11 denaro necessa-
rio lo reperiva per le più svariate
fonti.
Questo fu un paradigma editoria-
le. Da questo ceppo nacquero nel
giro di un cinquantennio numerosi
periodici e collane per amatori tea-
trali cattolici. Sarebbe lungo evoca-
re titoli e vicende peraltro significa-
tivi di idee e fatti concreti. Chi ope-
rò nell'ultimo dopoguerra in que-
st'area (e mi sento a questo punto
chiamato in causa a mia volta) ven-
ne a trovarsi in mezzo a un crocevia
di almeno sette editori (Ancora,
Ave, LDC, Lice, LES, Majocchi,
SET) con proprie collane filodram-
matiche, e con una quantità di ri, i-
ste tra cui Boccasceha di Torino di-
retta da Consolato Raineri, Contro-
corrente di Milano diretta da Vitto-
rio Boni, Filodrammatica di Roma
diretta da Turi Vasile e poi da Gui-
do Guarda, Palcoscenico di Milano
diretta da Enrico D'Alessandro, e
infine in ordine di tempo Teatro dei
Giovani avviata da Rufillo Uguc-
cioni e Fernando Salvestrini, poi
condotta per un ventennio dallo
scrivente. Credo che il repertorio
complessivo fornito ai filodramma-
tici da riviste e collane autonome si
aggirasse sui 150-200 pezzi l'anno .
Troppo per un teatro amatoriale
che era capillare sì, ma non-in grado
di assorbire e bilanciare tutta quella
congerie.
Ma il principale problema non
era tanto il bilancio, almeno finché
un saggio « mecenatismo» lo resse,
quanto giustamente il dibattito delle
idee. Negli anni 1946-50 ad esempio
si faceva «ammucchiata» un giorno
sì e l'altro pure nella «redazione»
(una stanza) di Filodrammatica in
via della Conciliazione. Un mattino
se ne venne pimpante da Frascati
l'autore salesiano don Amilcare
Marescalchi. Brandiva il libretto di
t APRILE 1985 35
«La belva» scritto dal prolifico
Carlo Repossi e ancora fresco d'in-
chiostro per i tipi di Controcorren-
te. «Fiore di selva - ci ruggì in fac-
cia - dalle mie zanne nessuno si
salva, sono la belva la belva la bel-
va». Quel breve sfottò valeva tuuo
tlll dibattito. Don Marescalchi usa-
va condensare le idee in stornelli. A
Consolato Raineri dedicò quest'al-
tro: «Fiasco di oggi, fiasco di ieri,
s'è Consolato persin Rainerj »... .
S'intravede al di là delle stornel-
late la vivacità del dibattito. Ogni
redazione incarnava un proprio
programma. C'era la tentazione di
accostare i filodrammatici al pro-
fessionismo teatrale mediante l'a-
dozione di grossi autori selezionati
oppure l'adattamento di testi; c'era
la tentazione di proporre un reper-
torio «a rischio» ossia aperto aUe
problematiche più scottanti; c'era-
no altre tentazioni (del ridere e del
piangere, deU'amare e dell'odia-
re...) che - plausibili quanto si
vuole - finivano col generare nei
responsabili delle recite e dell'im-
patto giovanile e popolare qualche
perplessità. Per queste ragioni l' al-
ternativa salesiana Teatro dei giova-
ni aveva trovato suoi programmi e
spazi precisi.
Si era trattato di una riassunzione
«ufficiale>> ed esplicita delle Letture
Drammatiche da parte del quarto
successore di Don Bosco, don Pie-
tro Ricaldone, nell'ambito della
campagna catechistica del dopo-
guerra, tassello di un mosaico pro-
mozionale assai vasto. Avendone
assunto la direzione nel 1950, dopo
la breve esperienza romana con Fi-
lodrammatica, mi trovai subito in
un dedalo di problemi non solo edi-
toriali ma soprattutto programma-
tici: di una vivacità sempre benefica
e talora di qualche ostilità un po'
acida da parte dei <<colleghi paralle-
li>>, di sincero apprezzamento e col-
laborazione da parte di numerosi
buoni autori; di simpatia e spesso
entusiastica condivisione e parteci-
pazione da parte della base filo-
drammatica e giovanile.
Mai però ho potulo dimenticare
l'attenzione verso l'identità salesia-
na di don Pietro Ricaldone e quella
sua decisa sensibilità verso i giovani
«che ricordati - mi persuadeva -
contano più degli autori, più delle

4.6 Page 36

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36 · 1 APRILE: 1985
vendite, più dell'arte, più del mon-
do e più di LUtto al mondo».
Per questo fondamentale interes-
se il confronto non solo con la pub-
blicistica e con la cu ltura miopi, ma
con certa editoria parallela, con cer-
ti autori, con certi animatori di
gruppi filodrammatici, con certi
qualunquisti promotori di risate, e
persino con alcuni educatori com-
portò anche crucci e dispiaceri. Non
per la divergenza delle idee, ma per
qualche ostinato rifiuto al dialogo e
al dibattito. La divergenza dì idee
fu talora voluta come genere lette-
rario, per vivacizzare attraverso una
discussione, persino polemica, la
sensibilità su determinati problemi.
In questo senso si determinò una
curiosa «concordia discorde» tra
noi e Boccascena. Dispute e scher-
maglie erano belle, erano segno di
vita; il rifiuto del dialogo era triste e
funereo, era avvisaglia di morte.
Il teatro scuola, il teatro sponta-
neo, il gioco scenico, la creatività
espressiva, emersero proprio allora
dalle nuove «Letture Drammati-
che)> Teatro dei giovani. Emersero
timidamente e un po' prematura-
mente, senza velleità alternative,
come risposta a visibili segni dei
tempi ed anche come riappropria-
zione di un metodo che «in princi-
pio» era stato adottato dallo stesso
Don Bosco mediante giochi teatrali
spontanei. Nessun timore per gli au-
tori affermati e per le loro fortune.
Un'altra volta si affacciava la possi-
bilità di sperimentare, molùplicare,
confrontare diversi moduli creativi,
filoni culturali, programmi ricreati-
vi istruttivi educativi ...
Erano esperienze da me già vissu-
te neIJa redazione romana di Filo-
drammatica fin dalla fine degli anni
'40. Con l'apposita rubrica <<Guar-
diamoci in giro» avevo allora spinto
gli occhi sulle attività dei « Leien-
spiele » germanici (Hornauer,
Lutz...), dello «scoutismo» france-
se ancora fresco dell'influsso d'un
J. Copeau e d'un H. Ghéon (Chan-
cerel, Brochet.. .), dei <<Lekenspe-
len » fiamminghi (Boon, Sch-
warz...), e di altri maestri d'oltral-
pe. Con qualche ritaTdo dunque ri-
spetto all'estero, ma in sintonia con
le preferenze creative dei giovani e
dei nuovi moduli educativi e scola-
stici, le.nuove Letture Drammatiche
salesiane venivano suscitando inte-
resse verso la spontaneità creativa e
l'espressione. Quando Teatro dei
giovani «sospese», le «Letture
Drammatiche» proseguirono sotto
nuova testata: Espressione giovani
fu assunta (sempre per l'editrice
LDC) dai salesiani lombardi. Oggi
anche Espressione giovani ha deciso
di «sospendere» (l'eufemismo è ri-
corrente, e si sa che cosa significa)
le pubblicazioni. Per <<Opportuno
ripensamento». È auspicabile che
questo ripensamento sia positivo,
breve, culturale e promozionale
perché non suoni sul centenario del-
le Letture Drammatiche come cam-
pana a morto.
Perché c'è un problema da risol-
vere a fondo, un ineludibile interro-
gativo che riemerge a ogni «sospen-
dere)> dj pubblicazioni teatrali è
davvero compresa l'esigenza di una
proposta promozionale al di là della
quantità della domanda commer-
ciale? In base a qualche trascorsa
esperienza, non oserei affermarlo.
Fin dalle prime modulazioni
«espressive» tentate dal precedente
Teatro dei giovani sono scattate al-
cune comprensibili« paure», da una
parte di possibili concorrenze, alla
formula vecchia, dall'altra dì pro-
babili contrazioni nelle vendite della
formula nuova.... I tempi di un
Don Bosco che concepiva la stampa
popolare - quelJa teatrale esplicita-
mente inclusa - come una scelta e
come un servizio da sostenere su cri-
teri non commerciali ma apostolici
e culturali, come un «Tegalo>> al-
l'occorrenza, ricorrendo per soste-
gno a finanziamenti alternativi (nel
modo che ancora oggi usano le
grandi aziende e i movimenti ideo-
logici), non sembrano più incidere
gran che su troppi cattolici respon-
sabili d'una pastorale popolare e
giovanile e d'una promozione cultu-
rale costruttrice di «onesti cittadini
e buoni cristiani». L'iniziativa pas-
sa perciò ad altre sponde...
Era facile prevederlo. Fu previsto
difatti e fu scritto sulle pagine delle
nuove letture Drammatiche un
venticinque anni fa. L'interesse
creativo dei giovani, emerso in nuo-
ve ventate culturali che hanno note-
volmente coinvolto il teatro, è pas-
sato sulle teste cristiane senza che
esse lo registrassero e vi partecipas-
sero. La refrattarietà alla cultura,
anche alla cultura del popolo e dei
giovani, è stata pressoché totale,
salvo poche eccezioni. Altro che il
«vecchio» Don Bosco impegnato -
cento anni fa - a lievitare con la
sua editoria e il suo lancio di Lettu-
re Drammatiche una cultura che da
laicista e morbosa egli voleva tra-
sformare al meglio! A raccogliere
questa eredità erano finora rimaste
due (solo due) testate di teatro ama-
toriale: Espressione Giovani nell'al-
veo salesiano, e Teatro nell'alveo
della <<Federazione Oratori Milane-
si». Due risvolti chiari e distinti,
due presenze in spazi opportuni e
inconfondibili, due eredità che val-
gono bene qualche sacrificio perché
rappresentano insieme due preziosi
servizi pastorali e culturali. Nel cen-
tenario della Lelfure Drammatiche
non può esser vero che anche la Ri-
vista di Don Bosco chiuda definiti-
vamente i battenti?
Ma rco Bongioanni

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
1 .\\PRILE 1985 37
SI RIFIUTAVA
DI DARE ESAMI
IL VERDETTO MEDICO
ERA CONTRARIO
E ssendo figlia di una coo-
peratrice salesiana e so-
rella di exalllevo fin da ragazza
conoscevo e veneravo la Ma-
donna sotto Il bel titolo di •aiuto
dei cristiani•. Col passare degli
anni la mle fede si affievolì ma
nonostante ciò nel momenti dif-
ficili tornavo fiduciosa ad invo-
care Maria Auslliatrice e con Il
suo aiuto riuscivo ad affrontare
serenamente ogni ostacolo.
Non mantenevo però la promes-
sa di far pubblicare la sua prote-
zione. Poco tempo fa, preoccu-
pata perché mia figlia, prepara-
ta ma molto timida ed emotiva,
si rifiutava di dare esami, ml ri-
volsi alla Mamma celeste e met-
tendola nelle sue meni quasi la
costringevo a presentarsi.
Nel fralfempo pregavo con fer-
vore e per l'ennesima volta pro-
mettevo la pubblicazione sul
Bollettino. Sono stata esaudita e
desidero ringraziare Maria Ausi-
liatrice e san Giovanni Bosco
per non avermi mai abbando-
nata.
Lettera firmata Cardinale (CZ)
I PROBLEMI
NON FINISCONO
' da tempo che volevo far
E pubblicare una grazia che
ho ricevuto'. mia madre dopo di-
verse degenze in ospedale sem-
bra che abbia ripreso fn pieno le
sue forze. Ho pregato tanto Ma-
ria Ausiliatrice che mi ha esau-
dito anche in questo. Adempio
alla promessa fattale.
Purtroppo i problemi per me non
sono ancora finitì. Infatti sto sot•
toponendomi a degli esami car-
diologici e confido ancora in Ma-
ria Ausiliatrlce perché tutto si ri-
solva per Il meglìo. Invito anche
voi tutti a ricordarmi nelle vostre
preghiere e so che la Madonna
non mi abbandonerà. Sono dav-
vero preoccupata anche perché
sono madre di due piccoh, un
bimbo di 4 anni, Giovanni, ed Il
secondo di 2 anni, Alberto Do-
menico.
Rota Giovanna Cabiate (CO)
DUE CONIUGI
RINGRAZlANO
LJ anno scorso mia moglle
trovatasi incinta ebbe
una gravidanza con molti pro-
blemi. Una cara suora di Maria
Auslliatrice saputo questo cl in-
viò l'abitino di san Domenico
Savio raccomandando a mia
moglie di portarlo con fede per-
ché tutto si sarebbe risolto posl-
lìvemente. Cosi fu. Con grande
stupore anche dei medici è nata
Lisa. Ora ha otto mesi ed è un
glorello dr bimba. Ringraziamo
riconoscenti San Domenico Se•
vio e la Vergine Ausiliatrice attri-
buendo alla loro intercessione
la gI0Ia di stringere tra le brac-
cia questo fiorellino. dono di
Dio.
Savina e Luigi Pasquali
Arsego
ERO IN CONDIZIONI
IRREVERSIBILI
11 terribile 23 agosto 1983
non lo dimenticherò mali
Ero seduto sulla parte posterio-
re del sedile di una potente mo-
to da strada. Andavamo a bassa
velocità quando tutto ad un trat•
to la tragedia.
Il mio amico accelera pazza-
mente la velocità e mi vedo sob-
balzare dal sellino in modo spet•
tacolare. Il mio piede inollre si
Impiglia Ira ìl pedalino e la mar-
mitta e vengo trascinato per de•
clne di metri lungo l'asfalto con
buche e vetri per terra.
Le mie condizioni parvero subi•
to gravissime, e fui portato se-
mincosclente, rotto e quasi mor•
to all'ospedale. La paura, la rab•
bla, il dolore e la poca fede subi·
to mi gettarono in crisi
Le mie condizioni quasi irre-
versibili migliorarono Immedia-
tamente
Di quel giorni terribili ricordo so-
lo una luce azzurra e dorata che
come dei flash mi appariva in-
nanzi agli occhi; a distanza di
A due anni ne ho interpretato il si-
vevamo desiderato e so-
gnificato, e non ml resta che di•
re: Grazie MARIA/
spirato una nostra creatu-
rina ma li desiderio non andava
Giovanni Boccia - Asti mai a buon termine. Flnalmente
ci siano affidati con la preghiera
a Domenico Savio assieme a
LO SPECIALISTA
tutti i parenti. La mamma dovet-
te stare per qualche mese a let-
CONSIGLIAVA
to dal momento che i medici
L'OPERAZIONE
consideravano la gravidanza
quasi disperata. Dopo sette me-
M i ricordai di Don Rina/di
quando non riuscivo a
camminare causa una dIstors10-
ne al ginocchio con conseguen-
te lussazione.
Dopo parecchi mesi di cure con
si ci fu il ricovero d'urgenza con
I medici che dicevano che sa-
rebbe nato un morticino. Ed in-
vece cì è stata donata una bella
e sana brmba Quanta gioia in
tutti!
risultato nullo tanto che perfino Piergiorgio e Adriana Montagna
il gradino di un marciapiedi mi
Sapagnago di Cornedo
pareva una montagna!
(Vicenza)
Lo specialista consigliava l'ope-
razione. lo non ero d'accordo e
ogni giorno mi tuffavo nella pr~
ghiera. La grazia venne 9ua~1 SI È RIPRESO
con crescita graduale. Voglio di- CONTRARIAMENTE
re -grazie• attraverso il Bolletti- ALLE PREVISIONI
no Salesiano.
Giolito Rosa Torino
e irca un anno e mezzo fa
mio marito fu operato di
carcinoma alla gola e contraria•
mente alle previsioni dei medrci
si è ripreso e sembra che Il male
si sia fermato. È In attesa di fare
UN SOSTEGNO
una visita di controllo e sono
CONTINUO
preoccupata per quello che ne
verrà fuori. Adempio intanto alla
F in dall'infanzia ho pregato
San Giovanni Bosco a ho
sempre affidato a Lui tutte _le
mie piccole e grandi difficoltà,
constatando, di volta In volta, la
promessa fatta all'Ausiliatrice e
a San Giovanni Bosco di far
pubblicare sul Bollettino Sale-
siano la grazia In parte ricevuta
per mezzo loro.
Sua benevola protezione ed In·
D.L.A Campobasso
tercessione presso il buon Oro
In perenne devozione e ricono-
scenza ho dato il nome di Gio-
vanni ad uno dei miei quattro fi. COME IN ALTRA
gli che lo pregano spesso.
CIRCOSTANZA
Ultimamente San GIovann1 Bo-
S sco ml ha aiutato a superare
problemi che mi avevano pro-
strata fisicamente e moralmente
ono una exallleva e desi-
dero segnalare sul Bollet-
con ripercussioni sulla mia fami- tlno Saleslano quanto segue:
glia. Oggi, dopo_un pe!iodo ~!- Tempo fa la mia salute cominciò
quanto nero desidero rr~grazIa- a vacillare. Con grande fiducia
re pubblicamente Il m,o caro mi rivolsi alla protezione di S .
protettore per avermi fatto supe- Maria Domenica Mazzarel/o la
rare tutto e lo prego perché con- quale, come in altra circostanza
tinui a proteggerci In ogni ne- di bisogno, ha interceduto per
cessità.
me.
Musuraca Ceci/la La mia riconoscenza è grande.
Rocce/la Jonica (RC)
Lettera firmata Rimini (FO)

4.8 Page 38

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38 · I APRILE 1985
I NOSTRI
MORTI
VAGINA MARIA In FRANZINO,
cooperatrice salesiana t Rivarolo
(TO)
Dopo lunghi anni di sofferenza,
colpita da un male inguaribile cl ha
lasciato la signora Maria. Ha lasciato
la testimonianza di una profonda
adesione alla volontà di Dio sostenu-
ta da grande fede.
DE MAGISTRI sac. Luigi, salesiano
t Lugano a 62 anni
Il suo profilo sì può delineare cosi:
Intelligenza acuta, speculativa (si era
laureato In filosofia), e nel contempo
concreta e pratica: carattere volitivo,
tenace e realizzatore, tipico della
gente monferrina: personalità com-
pleta ed esauriente, capace di rap-
porti umani, versatile nel campo de-
gli studi, Indulgente e severa nella
scuola, generosa e carì1atevole nel
ministero pastorale; salesiano sim-
patico, leale, aperto, ottimista e con-
ciliatore, aweduto e calcolatore, ge-
neroso nel donere alla Congregazfo-
ne il meglio dì sé.
Ovunque è passato, don Luigi ha
lasciato il segno con la ricchezza del-
le sue iniziative e della sua organiz-
zazione sagace ed lntelllgente.
In qualità di direttore nelle case di
Borgomanero, lntra e Lugano, seppe
farsi amare e stimare in nome di talu•
nì valori oggettivi che s1 chiamano
•Regola•. •Vita consacrata•, •Co-
munità religiosa ed educante•.
Amò sempre I giovan1 di un amore
sincero, concreto, fattivo, profondo:
e questo amore lo portò ad aggiun-
gere lavoro a lavoro, senza rispar-
miarsi, nemmeno quando il suo cuo-
re malato gli consigliava di usarsi
qualche riguardo.
I suoi giorni furono tutti pieni di im-
pegno, dì fede e di amor di Dio, giorni
di feconda attività apostolica, fatta di
sodezza e di dovere, giorni illuminati
dalla fedeltà a Dio alla Chiesa e a
Don Bosco.
VOLATILE slg. FRANCESCO coo-
peratore salesiano, t a Palagonia
(Catania) il 15/11/1984
Lavoratore Instancabile. Padre
esemplare di ben 10 figlluoll. Fu uo-
mo di lede, presidente degll Uomini
Cattollcl del paese per moltissimi an-
ni; tra I primi Cooperatori salesiani,
edificò sempre quanti lo awlclnava-
no per la sua serenltà nell'affrontare
le difficoltà della vita. Educò I flgll al
lavoro e al sacrificio. Il Signore lo
premiò chiamando nella Congrega-
zione delle Figlie di Maria Ausilatrlce
due figlie, Sr. Concettina, missiona-
ria in Siria da 27 anni e Sr. Anna.
Morl, dopo grave malattia, co-
sciente e sereno come era vissuto,
circondato dall'affetto della moglie
dei figli e del nIpoti.
BASSO ARIMONDI sig. VITTORIO
t Cerignola (FG) a 84 anni
Visse in semplicità I suol g,orni,
fatti di sofferenza, lavoro e dedizione
alla famiglia.
Retto di animo, generoso di cuore;
amava don Bosco e I suoi figli con
amore grande. Il suo vanto e la sua
maggiore'consolazione, l'aver dona-
to alla Congregazlona Salesiana il
suo primo figlio don Galliano.
È salito alla Casa del Padre In si•
lenzio e senza clamori, cosi come
era stata del resto tutta la sua vita,
Improntata nella semplicità e nella
bontà d'animo.
ZAMBONI ELVIRA ved. TRIMELO-
NI, cooperatrice salesiana t Malce-
sine del Garda il 25112/1984 a 88
anni
Madre del Salesiano don Ludovico
e della Flglia di Maria Ausiliatrice
suor Angela. Anima ecuristlca e ma-
riana, visse la fede in profondità e
coerenza. Attuò alla perfezione ì
motti Prega e lavora•, •Fare e tace-
re•. La preghiera la sostenne nell'in-
stancabile lavoro e riempi le giornate
Inattive degli ultimi anni. Aiutava con
generosità e sacrificio, senza secon-
di linl; ma parlava e consigliava con
semplicità e discrezione; poche pa-
role essenziali; e mal gl~dlzi o
espressioni che potessero toccare la
sensibilità o la vita di altre persone.
Pur cosi riservata, con la sua linezza
e magnanimità si acquistò la si.Ima e
la simpatia di quanti l'hanno
conosciuta.
COTTA sig. VIRGINIO, salesiano
laico t Varazze (SV) a 83 anni
All'età di diciotto anni accolto co-
me cameriere nella casa di Alass,o,
vi maturò la sua vocazione alla vita
salesiana. Scrive di lui il Direttore
che lo presentò aJ noviziato: •in que-
sti quattro anni si dimostrò ubbidien-
te e animato dal desiderio di soddi-
sfare In tutto e per tutto le incomben-
ze che gli venivano assegnate•.
Spirito di servizio e laboriosità, che
con l'andar del tempo saranno sem-
pre più Impastati di preghiera.
Fatta la sua prima Professione a
Castel de Brilli (Bo), Il 27/911925, fu
umile ma prezioso collaboratore In
varie case dell'lspettoria in qualità di
cameriere, cuoco, ortolano, sacre-
stano, guardarobiere, addetto al pic-
colo bar della scuola e dell'oratorio.
Fedelissimo al lavoro, di cui - me-
more dell'eredità di Don Bosco -
ebbe un autentico culto, lo fu altret-
tanto nel vari momenti della vita co-
munitaria, superando il suo grave
handicap dell'udito con la presenza
raccolta In chiesa, gioiosa a mensa,
vivace nelle combattute partite a
bocce e a carte.
Ma l'atteggiamento che rimarrà
più impresso a quanti hanno cono-
sciuto il caro confratello sarà quello
del seminatore dì Ave Maria dovun-
que si trovasse. Il perenne sg,anare
della corona ha scandito la lunga esi-
stenza, che il buon Virginio ha Impie-
gato nel perfezionare Il dono che In
gioventù aveva fatto di sè a Dio.
QUATTROCCHI mons. prof. FER·
DINANDO, cooperatore salesiano
ed exalllevo t Mazzartno (CL) a 92
anni
Adolescente si è formato agli inse-
gnamenti di Don Bosco, rimase suo
figlio spiritualmente ebbe quali mae-
stri Don Ercolinl e Don Orto, salesia-
ni pii e dotti.
Lo ha consacrato Saoerdote Mons.
Mario Strurzo dopo di aver modellato
li carattere alla pietà, alla lealtà al
lavoro.
Queste sue doti costituirono il pro-
gramma della sua lunga ed operosa
vita dì parroco, di docente e Preside
della locale Scuola Media, di Vicario
Generale della sua Diocesi di Piazza
Armerlna.
Nel lontano 1924 si adoperò in-
stancabilmente, perché a Mazzarino
venissero le Figlie di Maria Ausiliatri-
ce, in aiuto lo spirito di sacrificio ed
abnegazione. che continua al pre-
sente, nella formazione della gioven-
femminile per cui lasciava le pre-
messe, sia pure modeste, perché
que.sta Opera continuasse nel
tempo.
Fiducioso collaborò per larealizza-
zione dell'Oratorio Salesiano ma-
schile. Esultò allorché divenne realtà
e fu trafitto da un acuto dolore allor-
ché, per Incomprensioni umane, ve-
niva chluso, con amarezza del giova-
ni che rimanevano abbandonati al lo-
ro destino.
Questo dolore lo ha portato con sé
in cielo, ma con la speranza che po-
tesse tramutarsi in gioia.
PIANTA dott. GIOVANNI, coopera•
tore salesiano t S. Pietro Mosezzo
(NO) 78 anni
Schiariva l'alba del 1985 e finiva Il
tempo terreno del medico chirurgo
GIOVANNI PIANTA. - Era nato a
Montechiaro d'Asti nel 1907. Da 34
anni era Il medico condotto di San
Pietro Mosezzo in provincia di Nova-
ra. L'esemplarità del professionista
attento e vigile ai suoi doveri, pieno
di delicate attenzioni verso i pazienti,
accanto ai quali moltiplicava le sue
visite di sanitario disinteressato, al-
lergico ad ogni calcolo che awilisse
la professione-missione del medico
cristiano, ha lasciato di sé un sentito
rimpianto; con Il patetico ricordo del
•medico di una volta,, Integrato alle
singole famiglie di un paese di cui si
sente la responsabilità come di pro-
pri cari. E fu sposo e padre altrettan-
to esemplare.
Cooperatore salesiano dagli anni
50, fu generosamente solidale con la
moglie Rina, attiva -zelatrice del mo-
vimento facente capo della sede
ispettoriale di Novara.
Fino all'ultimo s, sforzò di masche-
rare Il male che lo uccideva per ri-
sparmiare una pena ai familiari. com-
presi I figli dei flgll che adoravano Il
nonno, che ora benedice tutti dal
Paradiso.
A quanti hanno chiesto lnformazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmenle ri-
cevere Legati ed Eredita.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: • ... lascio alla Direziona Generala Opere
Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per le
missioni con seda in Torino) a titolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'immobile sUo In... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente di assistenza e beneficenza, di istruzione e educazione,
di culto e di religione•-
- se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro dei due Enti su indicati;
... annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opera Don Bosco con
sede In Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con seda In
Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, per
gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-
ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione•.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
I APRILE r98_< 39
Borea: Don Bosco e Don Rua 1n
memoria dei genitori Rosetta e Fe//.
ce
L
Merlo. a
150000
cura
della
figlia
Luciana
.
BorN: Maria Ausiliatrice, Don
sco e Don Rua nngrazrando e
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Bor■a: In suffmg10 d1Sr. Lucra Ght•
sei/I F. M A • e cura d, Sr. Mina Za-
lambant. Torino. L 150 000
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ZJBmentoper guar,g,one della
r,ngra-
cogna-
ta a cura d• Scari Alberto. Grosotto
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Salesiani, nngru,ando e invocando
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Carlo. V,1/or,a e Angela. a cura d1
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vanni Bosco. per la mia guang,one
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mIeI, a cura d1 Bologna Rosaria, Ca,
stellamare Golfo TP. L. 500 000
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Boraa: Gesù Sacramentato, Maria
Ausfllatrlce e S. Giovanni Bosco
invocando pat'llcolare protez,ore 11
grazie per I genitori, a cura di Musu-
raca Flora
Borsa: Maria Ausiliatrice a S. Gio-
vanni Bosco, invocando grsz,a e
proteZJOl!e. a cura d1 M D Tontto
BA
Borsa: Maria Auslll11tr1ce a cura dJ
NN
Borsa: Marta Ausiliatrice e s,ntl
Saleslenl, proteggete la nostra fam1-
glla, a cura d1 Paeofa Pietro e Ida,
Ozegna TO
Borea: S. Giovanni Bosco, lnvocan•
do prot11zione e In suffragio dei nostri
cande/unii, a cura d1 R L V
s . Borsa; Maria Auslflatrlce a Do-
menico Savio, ,n memoria d1 Alfredo
e Cnstma . a cura di Ferrero Carla,
Peveragno CN
Borea: Merla Auslllatrlce II Santi
Salesiani, In rlngrazlemento e /mpe-
traz,one, a cura d1 Brusaschetto
Agnese, Villadeati AL
Borsa: Don Bosco. per r,ngraz;a.
~i;:to e completare gruIe, a cura d1
Borsa: Maria Au•lllatrlce e Santi
Salesiani secondo ,ntenZJOoe d M
G., V,gone TO
Borsa: Maria Au11Uatrlce e Santi
Salesiani, proteggete me e i m,e, fi.
glt, a cura d, Ferraris Ilda, Alessan-
dna
Borsa: Merla Au1lllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, In memoria di Don Jo-
Lu1z G,acotto. implorando graz,e.
a cura della sorella Calleflna
Boraa: Marta Ausdlalrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, ringrazian-
do e invocando grazie a cura di E.
P Tonno
Borea: Maria Ausiliatrice e S . Gio-
vanni Bosco, a cura di M. C.
Borsa: Maria Ausfllatrlce, Aleun-
drlna Da Costa, Sr. Eusebia per O/·
tenere bened,z,on, sulla famiglia e
sul lavoro. a cura di N .N., Cuneo
Borsa: Maria Auslllatrlce a S. Gio-
vanni Bosco, aiutate Il vostro flX•
elltevo e la sua fam1g11a, a cura di
NN.
Borsa: Marta Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco 1n memoria e suffragio
delmarrtoCarlo. a cura dl Male! Ro-
s,na, Meda Ml
Borsa: Maria Au1lllalrlce, Don Bo•
sco, Domenico Savio . v, affido ,
m,e, nIpot1 a cura d1 N N
s . Borsa: Maria Ausiliatrice a Gio-
vanni Bosco, chiedendo protez,one
perI mie, cari, a cura di Baldi Mana e
Laura, Reggio E
Borsa: Miria Ausllfatrlca e S. Do-
menico Savio per grazia rtCeVUta.
chiedendo ancora protezione a cura
di Pelissero Teresa
'
Borea: alla memoria di G. Battista
Sanori, a cura di Sartorl Dionisio VI
Borsa: Merla Auslllatrlce, per ot-
tenere grBZle, a cura di Roberto
Alessio
BorN: Sacro Cuore di Gesu e Ma-
ria Auslllatrlce, invocando aiuto e
protellOfle, a cura d• Francin, G,uha.
Cestelnuovo S AR
Borsa: Maria Au■lllatrlce e S. Glo•
vannl Bosco a cura di Tebasso Al-
fonso. Moncaloer•
Borsa: Maria Auslllalrlce, Don Bo--
sco • Domenico Savio . 1n memor,a
e sulfrag,o della sarei/a Serafina, a
escura di Leoneltl An tonio, Mormanno
Boraa: Maria Auslllatrlce e s. Glo-
vannl Bosco peraiuto•protez,one,
a cura d, G,us,o P,ero As1,
Borsa: In suffragio del figlio Omero,
a cura d1 De Am,as DomenlC8 V•
nosa
Borsa: Maria Auslllalrlca a Don Bo-
sco, In ringraziamento. a suffragio
del merito e Invocando protezione, a
cura di Cogo Leomlda, Sossano VI
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Saleslanl rn nngraz,emento e In me-
moria dei genitori, a cura Tarath
Lu,sa L Aquila
Borse: Maria Ausllletrlce e S . Gio-
vanni Bosco, ncordando i genitori
Em1l1a e Pietro, a cura d1 Da Prato
Sandrina, S. Martino In F. LU
Borsa: Maria Au1lflatrlce, Don Bo•
sco, Domenico Savio, m rmgrazta•
mento e implorando protezione e
guarigione, a curo d1 L. D., Torino
Borsa: Maria Au1illetrlca 1n ringra-
z,amento per graz111 r1Ct1vuta, a cura
di N.N
Borsa: Maria Ausl llatrlce, S. Gio-
vanni Bo1eo e S. Maria Mazzarello,
a cura d1 G E. Tonno
Borsa: Don Bosco, per grazia rice-
vuta, a cura di Piera Orlando Giove-
nino, TO
Borsa: Merla Au1illalrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, ,n memoria
e suffrag,o della mamma G1ambnl
Rosa a cura della r1gha M . R , Torino
Borsa: Gasu Sacramentato, Maria
Auslllatrlce • Santi Salealanl, 1mpe-
tranck, grazia. a cura V,bertJ Cerri,
La Morra CN
Borea: Don Bosco, e cura di N.N.

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