Bollettino_Salesiano_197505


Bollettino_Salesiano_197505



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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCIX N. S 1° MAR ZO 1 975
SpediL in abbon. POSL • Gruppo 2° (70) • 1• quindicina

1.2 Page 2

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCIX - N. 5
Marzo 1975
D irettore responsabile
DON TERESIO BOSCO
Impaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
D irezione e Amministrazione
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
c .c.P. 1- 5115 intestato a:
Dir. Gen. Opere D. Bosco - Roma
Officine Grafiche SEI
SOMMARIO
Editoriale
2. Quando i chiodi forano la vita
4. Carmen: 26 anni di sofferenza e
di speranza
Articoli
5. Il Rettor Maggiore in Estremo
Oriente Lui non ne parlerà
6. In cerca del mondo operaio per-
duto
1O. lo, volontaria dì Don Bosco
12. «tio 16 anni. Mio Dio, ec-
comi»
16. Per una educazione moderna
18. Buddliisti e Cristiani: incontro
possibile
20. Passione di Cristo secondo Ba-
rabba
24. Sul sentiero degli Araucani
Notizi&
della Famiglia Salesiana
11. L'Anno Santo del Cooperatori
28. « Formazione del Coop. l>: una
settimana di studio
28. Riconoscimento
28. Ricordato papà Poesie nel de-
cennale della morte
28. Ha 90 anni il bambino che Don
Bosco sollevò sulle braccia
29. È nata « Radio Mensaje >>
29. Una giornata per i genitori dei
missi onari
29. I Piccoli Cantori di Don Bosco
30. Appel lo dei Direttori dei Bollet-
tini Salesiani
30. Riunione dei Responsabili delle
Editr. Salesiane dell'Am. Latina
31. Una lettera dall'Amazzonia
31 . Piazza Armerina, opera sociale
Rubriche
15. Pubblicazioni Salesiane
23. Educhiamo come Don Bosco
<< Insegnategli l' umiltà»
32. Grazie per l' intercessione di M.
Ausiliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
In copertina
I giorni della Settimana Santa ci
richiamano al valore cristiano
della sofferenza (foto Chiesa).
L'uomo della civiltà oc-
cidentale, l'uomo che
vuol essere ad ogni co-
sto giovane ed efficien-
te, capisce sempre me-
no suo fratello che sof-
fre. Una vita cosi non
ha senso, è un assurdo.
In questo mese rivivre-
mo ancora una volta le
giornate tragiche e
sante della Passione di
Gesù. Egli ci dà la cer-
tezza di « credere che
la sofferenza ha un
senso».

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In questo mese rivivremo ancora una
volta le giornate tragiche e sante
della Passione di Gesù. << Ecco l'uo-
mo! •>. Con queste parole, Pilato
presenta alla folla ossessionata e in-
vasata dei Giudei il corpo flagellato,
torturato, sputacchiato è incoronato
di spine del Figlio di Dio. Tutti noi,
additando le turba immensa dei
nostri fratelli immersi nella malattia,
nella fame, nei campi di concentra-
mento, negli squallidi ricoveri «per
chi aspetta di morire •>, potremmo
ripetere il gesto di Pilato: dopo
venti secoli «ecco gli uomini» che,
come Cristo, continuano a essere tor-
turati, flagellati, distrutti, crocifissi.
L'uomo della civiltà occidentale,
l'uomo che vuol essere ad ogni
costo «giovane ed efficiente)>, ca-
pisce sempre meno suo fratello che
soffre. Una vita così non ha senso,
è un assurdo.
Gesù Cristo, venuto a portarci la
Parola del Padre, non ci ha spiegato
la sofferenza: ma l'ha presa su di sé,
ci ha mostrato come si deve reagire
da figli di Dìo. Ci ha dato il corag-
gio di vivere e la certezza di «credere
che la sofferenza ha un senso •>.
Ce l'ha detto con parole profonde,
che dobbiamo meditare in queste
giornate: «Se il granello di fru-
mento caduto in terra non muore,
rimane solo; se invece muore, pro-
duce molto frutto» (Gv. 12, 21).
«Chi tiene conto della sua vita, la
perderà; ma chi avrà perduto la sua
vita per mio amore, la ritroverà >l
(Mt. 10, 39).
Ce l'ha detto con il fatto tragico
della sua passione e morte, che non
fu un gesto sterile, ma la sorgente
della salvezza di tutti gli uomini.
Cristo sembra suggerirci che la
sofferenza è spesso il martello che
spezza il duro nocciolo del nostro
egoismo, per liberare in noi il seme
dell'amore. «Datemi un popolo che
crede nell'amore - ha detto Gandhi
- e vedrete la felicità su questa
terra>>. E Martin L. King: << Abi-
tuate un popolo a dominare l'istinto
della vendetta e accettare le avver-
sità, e voi avrete un'autentica na-
zione di umnini liberi, e non un
popolo di gorilla vestiti con il mitra
a tracolla •>.
Certo, essere immersi nella soffe-
renza spinge a volte alla ribellione,
persino alla bestemmia. Le situa-
zioni-limite sono delle sfide, degli
ostacoli, delle pareti apparentemente
insopportabili se guardate in un'esi-
stenza isolata, chiusa in se stessa,
finita tra le pareti di questo mondo.
Ma la sofferenza acquista senso nella
misura in cui viene vista in rela2ione
all'al di là, nella misura in cui si
trasforma in impegno, in speranza,
in unione alla sofferenza del. Figlio
di Dio per la costruzione di un
mondo mi&liore.
<< Tutto e compiuto! •>. È l'ultimo
grido di Cristo che ha terminato
la sua m1ss1one, ha realizzato piena-
mente tutte le possibilità di salvezza
dei suoi fratelli. Non ha altro da
fare. Ci ha dato l'esempio, facendosi
obbediente fino alla morte, fino alla
morte di croce. Ha raccolto in
questo suo ultimo grido tutto ciò
che è avvenuto, e lo ha consegnato
a noi. Tutto è finito. Che resta ?
Solo l'amore infinito dell'Uomo-Dio.
«A che pro la nostra fatica ? La
nostra tensione ? Il nostro fare ? Che
resterà di tutta la città terrena?
Ecco: resterà l'amore. Scomparirà
la casa, resterà l'affetto che ci h_a
legati. Scomparirà l'officina, resterà
il sudore con cui ci siamo guadagnati
il pane. Scompariranno le rivolu-
zioni umane, resteranno le lacrime
versate per la giustizia. Scomparirà
il nostro vecchio corpo, resteranno
le stigmate del nostro sacrificio e le
ferite dei nostri combattimenti » (C.
Carretto).
Scomparirà la sofferenza, resterà
il significato eh.e ho dato al mio
dolore e a tutte le cose. Nel mo-
mento della sofferenza, e anche
della morte, il Cristiano non dispera,
perché sa che Cristo ha sofferto
ed è morto per noi, e che anche
la nostra sofferenza e la nostra morte,
insieme con la Sua, saranno << sal-
vezza>> per il mondo.
Dice una grande massima: «Ciò
che tu sei parla cosi forte che non
sento quello che tu dici •>. È per
questo che, accanto alle parole dette
fin qui, abbiamo cercato di affian-
care un esempio di vita vera, con-
creta, di una persona viva e soffe-
rente, che ci insegni col suo esempio
ciò che le parole riescono a dire
solo malamente. Vi presentiamo quin-
di Carmen: 26 ', anni, sulla croce 3
insieme con Cristo.
Ammalati nel grande cortile di Valdocco,
aspettano la Comunione dalle mani del
Cardinale di Torino.

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e armen, exalli'eva di Verona, am-
malata da ventisei anni: polio-
mielite.
Ti pare di avere nella tua situa-
zione, qualcosa di meno o di più
degli altri ?
Di meno, sì, fist.'camente, ma molto
di più spiritualmente perché sono nella
possibilità di dare, ogni giorno, qualche
cosa «di mio » per gli altri, nella
certezza che Dio accetta anche il più
povero dono delle sue creature.
Cosi non mi sento affatto inutile e
lontana da tutti i miei fratelli.
La fede ti è di conforto ?
Sì, molto. Mi aV'Vicina a Dio. La
fede mi mette a contatto con Lui
vivo e presente.
Che cosa pensi della sofferenza ?
La considero una purificazione me-
ritoria. No, non un castigo, ma 1m
mezzo di espiazione che pttò tornare
utile a tutta la f amigli'a umana.
Dio può farne strumento di sal-
vezza per molti altri fratelli: è una
ricchezza che abbiam-0 tra mano.
Il dolore, con tutte le sue angoscie
e le sue amarezze, è prezioso se of-
ferto a Dio, perché l'amore vive e si
alimenta di sacrificio e di offerta.
Come il sole si rispecchia in una
fonte e la fonte manda riflessi lumi-
nosi, cosi il dolore vissuto con Dio
luce e riflette la luce della speranza.
Sulla terra non esiste vera e completa
felicità: solo quando l'uomo possiede
Dio è felice.
Gesù, sulla terra, ha sofferto il
nostro dolore, l'ha provato fin da
bin1bo. Ha pianto. S'è sentito solo
e s'è visto tradito dai suoi. Ma Gesù
s'è abbandonato al Padre Celeste. Per
questo, guardando Lui, capisco che è
possibile soffrire con pazienza, per
amore e con amore.
La preghiera ti è di aiuto ?
Molto. Mi aiuta a Sflperare le ore
difficili perché la preghiera mi dà
forza e pace.
Tutti noi ammalati e sofferenti con-
tinuiamo la passione del Figlio di Dio
e camminiamo ml/e sue orme. Invo-
cando la Madonna e confidando in
Lei ritroviamo la fortezza per sof-
4 frire.
Che cosa pensi del << dolore inno-
cente?»
Anche Gesù, per salvare ii mondo,
ha scelto il dolore ed ha pagato di
persona in misura incredibile. E Lui
era in-11ocente.
Credo ai disegni di Dio, anche se
non si possono capire. Penso a un
ricamo che il Padre dal Cielo vede
dal diritto e noi dal rovescio.
Carmen, sei felice ?
Sono convinta che la felicità non
dipenda dalla salute, dalla ricchezza
o dalla bellezza. C'è la vita e la sa-
lute dell'anima, la bontà del cuore
che valgono ben di più e che si riflet-
tono sul volto : nel sorriso e negli
occhi di chi è buono e vicino a Dio.
Perciò sono felice in proporzione al
mio restare «nelle mani di Dio ,) che
amo come ttn Padre che sa ciò che
più torna utile ai suoi figli. Non è
cosa facile quando si soffre, ma è
sempre possibile se si chiede l'aiuto
divino. La croce senza Gesù sarebbe
troppo pesa11te !
lo cerco di abbandonarmi a Lui
per oggi e per domani. Penso anche
a mia madre. Ha settant'anni ed è
ormai molto stanca per aver lavorato
e lottato tutta la sua vita dopo la
mor~e di mio padre. lo avevo tre
anm.
A volte non posso non piangere.
Però non mi manca mai, nel profondo,
la pace. Conto m Dio. Mi fido di Lui.
La mattina, al risveglio, innalzo
alla Madre di Dio e al Figlio suo la
mia preghiera per offrire la mia _Gior-
nata con tutte le sue sofferenze fisiche
e morali in riparazione del male che
si commette nel mondo · e in cambio
chiedo a Dio la Sua protezione e il
suo amore.
Ho presente tutte le ex:al/ieve e
prego spesso per loro. Le sento tanto
vicine. Alcune mi hanno scritto e mi
conforta pensare che, anche da lon-
tano senza conoscermi, qualcuno si
ricorda di me.
Quando ricevo le notizie e i pro-
grammi, allora mi sembra di parteci-
pare alla vita del nostro Movimento
anche se non posso fare niente di
«concreto 1>.
Dalla mia piccola camera, mi pare
di essere a contatto con tutto il mondo
perché so che, per la preghiera, non
esistono distanze e Ù> posso cosi rag-
giungerle tutte.
In settembre ero al mare per una
cura elioterapica. A mia mamma non
è proprio stato possibile accompagnarmi,
sarebbe stata una spesa molto forte.
Mi sentivo sola. Desideravo a11che il
conforto di 1m'amicizia che mi aiu-
tasse a superare la solitudine, ma mi
resi como che con me c'erano tanti
bambini piu soli che soffrivano. Allora,
anziché pensare ai miei ,no.li, cercai
di essere per quei piccini una sorella
maggiore. Mi costava assai mostrarmi
allegra con loro. Lo sforzo di rendere
felici gli altri mi veniva restituito in
altrettanta gioia.
Tra me pensavo : «Qualunque cosa
avrete fatto a loro l'avrete fatta a
Me », perciò cercavo di «servire ~
- come potevo - i miei piccoli
compagni per amore dello stesso Padre.
Una bambina in carrozzella, da
alcuni giorni guardava la mia bella
collana di << perle ». Mi accorsi che le
piaceva, che la desideravt(l. Quando
gliela regalai la vidi commuoversi per
la gioia.
Credo che la mia gioia sia stata
più grànde della sua.
Carmen Filippini - Via Longhena, 15/c
37100 Verona
Nel Santuario di M. Auelllatrlee, alla conce-
lebrazione. anche un sacerdote malato sulla
sua earrouetla.

1.5 Page 5

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llnmOR
MAGGIORE
Il ottobre scorso il Rettor Mag-
giore ha intrapreso un viaggio di
22 giorni in Estremo Oriente. Fu un
viaggio di intenso lavoro, program-
mato e svolto assieme ai Superiori
dei vari Dicasteri, e con don ,1/il-
liams, quale Superiore Regionale,
coordinatore di tutto il lavoro. Il
Rettor Maggiore si era prefisso un
triplice scopo: incontrarsi con gli
Ispettori e i Delegati dell'Oriente,
con i Consiglieri Ispettoriali di quelle
Ispettorie, col maggior numero pos-
sibile di confratelli, e visitare alcune
opere.
Il Convegno degli Ispettori si svolse
a Hong Kong, e vi parteciparono
7 Ispettori e 2 Delegati, provenienti
da Cina, India, Giappone, Filippine,
Sud Korea, Sud Viet-Nam.
I problemi trattati secondo le re-
lazioni presentate dagli Ispettori,
furono molti e impegnativi: Forma-
zione, Missioni, Pastorale giovanile
e degli Adulti. Integrati da riunioni
specifiche con gli Ispettori dell'In-
dia e del gruppo Estremo Oriente.
Altri incontri specializzati furono
tenuti dai Superiori di Dicastero.
Il lunedì 7 ottobre è stato dedicato
ad alcune opere di Macatt. La prima
visita fu a Coloane per portare la
parola e la presenza del Rettor Mag-
giore agli ammalati del lebbrosario
(diretto dal nostro don Nicosia), ai
bambini orfani e poveri della «Boys
Town •> (diretto da un gruppo di
zelanti VDB), ai giovani apprendisti
della incipiente scuola professionale,
dove don Acquistapace attendeva
don Ricceri per la benedizione alla
nuova cappellina, e ancora al rico-
vero di bambini poliomelitici, pure
affidato alle VDB. La serata il Rettor
Maggiore l'ha trascorsa alla << Casa
Madre 1) dell'Opera Salesiana in Cina
a Macau: qui gli si accolsero attorno
i giovani e i confratelli della scuola
tecnica (i giovani sono oltre 800 tra
interni e esterni) prima per la con-
celebrazione, poi in salesiana allegria.
Il 10 ottobre decollo per la Korea.
Si fece sosta nella sede della Delega-
zione: attualmente parrocchia, ma
prossima a diventare anche centro
giovanile per studenti. l confratelli
si raccolsero per l'incontro col Ret-
tor Maggiore al «Don Bosco Cen-
ter »: un centro giovanile con scuola
diurna e serale, pensionato operaio
e centro giovanile J .O.K. Il Nunzio
della Korea volle intrattenersi col
Rettor Maggiore. Il resto del breve
tempo fu dedicato alla visita della
nostra parrocchia di Tae Bang Dong
e alle opere delle FMA: noviziato e
pensionato per operaie.
Dalla Korea al Giappone: sabato
12 ottobre. Nella serata, il Rettor
Maggiore e i Superiori si trovarono
a Tokyo, nella accogliente casa di
Chofu. Qui la domenica 13 ottobre
si ebbe una concelebrazione di ecce-
zione per la prima messa di tre con-
fratelli giapponesi. Molti furono i
Salesiani che ebbero la possibilità di
venire da tutte le opere salesiane del
Giappone e sentire la parola del Rettor
Maggiore. Come pure numerose fu-
rono le suore Fì\\!IA e le << Suore della
Ca~ità •> fondate dal Salesiano D. Ca-
voli. Il Pro Nunzio mons. Ippolito
Rotoli volle cordialmente invitare
a pranzo il Rettor Maggiore.
15 ottobre: Filippine. La visita
alle opere delle Filippine, occupò
quattro giorni. Già alla sera dell'arri-
vo il gruppo delle VDB volle por-
gere il suo saluto al Rettor Maggiore.
Il 16 mattina, dopo la Messa con-
celebrata allo Studentato Teologico
di Parafiaque, il Rettor Maggiore si
intrattenne prima col Consiglio lspet-
toriale e poi parlò a tutti i Direttori.
Momenti degni di particolare nota
furono anzitutto la vestizione di
14 novizi, avvenuta nella chiesa di
Makati, e poi la solenne accettazione
di un gruppo di nuovi Cooperatori,
molti dei quali giovani.
All'aspirantato di San Fernando
il Rettor Maggio.re andò in elicot-
tero a causa delle strade inondate:
poté qui celebrare la Messa per gli
oltre 150 aspiranti e loro Superiori.
Una manifestazione interessante si
IN ESlREMO
ORIENTE
ebbe alla Scuola tecnica di Makati,
in cui si esibì anche un gruppo di
ragazzi di Tondo per presentare
alcuni numeri che riscossero natu-
ralmente uno speciale plauso per
ciò che significava la esibizione di
quei ragazzi. Il Rettor Maggiore
parlò pure ai chierici studenti ed
ai novizi di Canlubang che vivono
in un ambiente di serenità e di
impegno.
Non mancò la visita alle opere
delle FMA, e soprattutto alla ba-
raccopoli di Tondo, dalla quale si
torna sempre molto impressionati
per le condizioni di vita della popo-
lazione, e per la presenza generosa
e apprezzata di Salesiani e Figlie di
Maria Ausiliatrice.
Contemporaneamente i Superiori
di Dicasteri tenevano incontri se-
condo il loro peculiare programma.
Il 19: volo per Bangkok. I1 caldo
(particolarmente intenso come in
genere in tutto l'Oriente) e la piog-
gia non impedirono graditi e utili
incontri nella casa ispettoriale: col
Consiglio lspettoriale, con i confra-
telli e con i Cooperatori.
Ultima tappa: Teheran. Arrivo a
notte alta. L'indomani i confratelli
si riunirono nella casa del «Don Bo-
sco College». Si trascorse l'ultima
parte della giornata in serena alle-
gria attorno al Rettor Maggiore.
Il 22 rientro a Roma.
LUI NON NE PARLERA
E dire che di solito affronta con la Famiglia Salesiana (la sua
famiglia) ogni sorta di argomenti. Il Rettor Maggiore nel
prossimo settembre celebrerà il 50° di ordinazione sa-
cerdotale. Lui ne tacerà, ma bisogna che ne parliamo noi: tra
noi e con lui. Aveva appena 24 anni quel 19 settembre 1925
quando a San Gregorio di Catania disse il suo primo introibo.
E da allora sono stati 18.000 incontri con il Signore. E quante
volte ì gruppi più svariati della Famiglia Salesiana, nelle cinque
parti del mondo, si sono riuniti presso l'altare attorno al Succes-
sore di Don Bosco per ricevere da lui la Parola. Ne parleremo
noi, dunque, perché sarà festa di famiglia.
5

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Nel « Seminario di ag-
giornamento per Diret-
tori dei Centri salesiani
di Formazione profes-
sionale» (che ha af-
frontato i molteplici
problemi del settore}
sono emersi motivi
teologici di fondo per
una presenza salesiana
nel mondo del lavoro:
presenza che Don Bo-
sco volle, e che risulta
oggi indispensabile.
6
~~-- w;!f
ID
e rea-
del mondo
ooera10
oerduto
Il Concilio ha costatato amaramente I•
1< estraneità dalla Chiesa al mondo dal
lavoro».

1.7 Page 7

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«E straneità della Chiesa al mondo
del lavoro•>: quest'amara consta-
tazione che fu già del Concilio ed
è stata ribadita di recente dal terzo
Sinodo dei Vescovi, ha avuto il suo
notevole peso nel << Seminario di ag-
giornamento per i Direttori salesiani
dei CFP » svoltosi al Salesianum di
Roma. Il problema è stato piena-
mente avvertito, perché è problema
di Chiesa e problema salesiano, vis-
suto a fondo già dallo stesso Don
Bosco.
(Don Bosco - come dimenti-
carlo ? - fu operaio prima di essere
prete e per poter essere prete: fu
contadino, barista, sarto, calzolaio,
ecc., e alimentò il suo sacerdozio
con gli umori, i valori e i drammi
della povera gente. Un giorno s'ac-
corse che l'oratorio non bastava: nel
1847 raccolse i trovatelli in ospizio
e li mise a bottega con regolare con-
tratto di lavoro, e nel 1853 aprì
per formarli i suoi primi labora-
tori).
«Coi soccorso dei benefattori - ha
raccontato don Lemoyne - , com-
prati alcuni deschetti e gli attrezzi
necessari, collocò il laboratorio dei
calzolai in un piccolo corridoio di
Casa Pinardi, presso il campanile
della chiesa. Contemporaneamente
destinò alcuni giovani al mestiere di
sarti... e l'antica cucina diventò sar-
toria>> (MB 4, 659-660).
Nel 1900 le << case artigiane>> sale-
siane erano 48; dieci anni dopo 69;
nel 1920 erano 80; nel '30 erano
114; nel '40 giungevano a 149; nel
1950 giungevano a 191 con oltre
40.000 artigiani. Le statistiche del
1970 parlano di 274 scuole tecnico-
professionali salesiane, sparse per il
mondo.
I CFP richiedono però un di-
scorso a parte: anzitutto non sono
in un fatto esclusivamente sale-
siano, e neppure esclusivamente ita-
liano (quasi ogni paese del mondo
ha istituzioni analoghe). E, tipico, i
CFP rifiutano la qualifica di vere e
proprie «scuole>>: si definiscono un
fatto educativo che si colloca diret-
tamente nell'economico e nel sociale,
con funzioni di sostegno alla mobi-
lità della mano d'opera. Loro com-
pito è di accompagnare il lavoratore
lungo la sua vita professionale, in
vista di un continuo orientamento e
adattamento alla cangiante realtà
aziendale.
La tentazione sul piano sociale
potrebbe essere di piegare questi
centri allo sfruttamento del lavora-
tore a1 fini aziendali; in realtà il
lavoratore trova nel proprio continuo
aggiornamento e nella propria rin-
novata idoneità al lavoro la base
concreta su cui fondare i suoi di-
ritti. Salesianamente le istituzioni
come i CFP possono avere un
significato ben preciso: esse sono
oggi un luogo privilegiato di in-
contro - anche nei paesi del benes-
sere - con la gioventù povera e con
la gente del popolo.
Per approfondire il discorso sotto
il punto di vista salesiano abbiamo
intervistato quattro direttori di CFP,
scegliendo un criterio geografico:
nord, centro, sud, isole. Ecco in
sintesi domande e risposte.
I CFP nel progetto
di Don Bosco
Domanda: La formazione profes-
sionale dei. giovani, che posto occupa
nel progetto apostolt"co che Don Bosco
ha tracciato per i Salesiani?
Risposte : Non è possibile gerar-
chizzare e segnare a questo nostro
Bosco abbia cercato personalmente il
contatto con questi giovani nei loro
primi passi della professione. Era
giunto a cambiare sovente di bar-
biere per incontrare più garzoni e
portarli al suo oratorio. Lui che da
ragazzo aveva imparato ogni sorta
di mestiere, si mise a insegnarli per-
sonalmente nei suoi primi laboratori.
E quando affidava i suoi ragazzi a
un datore di lavoro, lo impegnava
con contratto a insegnar loro vera-
mente il mestiere (non a usarli come
ragazzi di casa per le piccole com-
missioni o altro), e stabiliva anche
clausole infortunistiche.
Formazione professionale
e Salesiani Coadiutori
Domanda : Si può parlare di un
particolare rapporto esisteme tra la
formazione professionale della gio-
ve11tù e il Salesiano laico ?
IL SEMINARIO DI AGGIORNAMENTO PER I SALESIANI
DIRETTORI DEI CFP
Si è svolto al Salesianum di Roma. Era diretto dal Delegato nazionale.
Partecipanti: i Direttori di oltre trenta C FP salesiani d' Italia.
Configurs"l:ione: le giornate erano imperniate su una relazione svolta e di-
scussa nella mattinata, e sul lavoro di gruppo e di assemblea nel pomeriggio.
Argomenti: nelle relazioni, tenute da esperti nel settore, sono stati affron-
tati gli aspen i politico-sociali, sindacali, pastorali, organizzativi e di dinamismo
dei CFP salesiani.
lavoro una posizione precisa in con-
fronto di altre attività. Don Bosco
aveva in mente anzitutto i giovani
(specie quelli poveri) e la loro edu-
cazione, per farne - come diceva -
onesti cittadini e buoni cristiani.
Ma è certo che Don Bosco all'in-
terno di questo progetto globale ha
avuto fra le sue prime preoccupazioni
proprio quella che noi chiamiamo
oggi (< formazione professionale dei
giovani».
- Don Bosco non fu certo l'idea-
tore di questo tipo di servizio so-
ciale (altri ai suoi tempi e anche
prima avevano battuto la stessa
strada), ma ebbe l'originalità di ac-
costare i giovani futuri lavoratori
nella loro situazione totale: quando
l'oratorio per molti di loro non ri-
sultava sufficiente, volle raccoglierli
e prepararli nelle sue case, per poi
restituirli alla società.
- Sappiamo del resto come Don
Risposte: I Salesiani Coadiutori,
in quanto laici, per molto tempo
sono apparsi particolarmente rela-
zionati con la formazione dei gio-
vani lavoratori. Ai Salesiani Sacer-
doti si assegnava l'evangelizzazione
vera e propria, e ai Salesiani Coa-
diutori competeva invece diventare
capi di laboratorio. Oggi però ci si
orienta ben diversamente.
Oggi si parla di unitarietà della
vocazione salesiana, che rifiuta la
netta contrapposizione di compit i
fra sacerdoti e laici. La scelta della
formazione professionale come campo
d'azione educativa viene oggi pro-
spettata nella linea di una vocazione
specifica, secondo le capacità e doti
che il Salesiano - sia esso sacer-
dote o laico, non importa - pos-
siede.
Insomma, per educare i giovani
futuri lavoratori occorre semplice-
mente esserci << tagliati •>.
7

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Salesiani con lo stipendio
Domanda: I CFP, e coloro che
vi insegnano, sono sovvenzionati dal
competente ministero. Che conseguenza
ha questo fatto sulla vita salesiana?
Risposte : I ragazzi nei CFP non
solo non pagano nulla e ricevono
gratis i libri e il materiale delle
esercitazioni, ma ottengono perfino
il rimborso viaggi. E il personale
insegnante viene retribuito, anche se
ne.i CFP privati in quantità minore
(e non si capisce il perché).
Tutto questo può sembrare nel
suò insieme incoraggiante, ma di
fatto manca una legge che ordini
questa materia, e ogni anno si deve
attendere un decreto che << storni * i
fondi necessari. Di qui consegue una
profontl.a precarietà, che colpisce
anche gli insegnanti non salesiani dei
nostri centri. Se questo <! condivi-
dere l'insicurezza dei poveri 1> può
andar bene per dei religiosi, si
adatta assai meno al nostro perso-
nale esterno.
- A parte questo, un impegno di
orario e uno stipendio fisso produ-
cono sui confratelli un effetto posi-
tivo. I CFP hanno continuo bisogno
di rinnovare le loro attrezzature, per
seguire le richieste di una forma-
zione professionale in continua evo-
luzione; ciò comporta delle forti
spese, che di solito non sono facili
da sostenere. I presidi e i commis-
sari che vengono nelle nostre case
per gli esami rimangono stupefatti
nel constatare il buon livello dei
nostri Centri. E quel che più conta,
i confratelli hanno la soddisfazione
di vedere che il frutto delle loro fa-
tiche viene impiegato per rendere i
laboratori sempre più idonei alla for-
mazione dei giovani.
- Possiamo dire tranquillamente
che sono gli stipendi dei confratelli
messi in comune (e in sostanza il
loro voto di povertà), quelli che
permettono di realizzare i CFP ve-
ramente efficienti che possediamo.
Come evangelizzare
Domanda: I CFP offrono reali
possibilità di evangelizzazione?
Risposte: Occorre tener presente
il tipo particolare di ragazzo che
giunge a noi. Non arriva dalla fa-
miglia cristiana di un certo livello
sociale (come accade di solito per i
collegi), ma dai ceti popolari più
poveri, e sovente senza una prece-
dente formazione cristiana. Dobbia-
mo quindi svolgere anzitutto una
vera e propria opera di pre-evange-
lizzazione. A essa si aggiunge natu-
ralmente una vera proposta di vita
cristiana, accompagnata almeno in
alcune circostanze dell'anno da espe-
rienze forti di fede.
- Da notare che una seria e
completa formazione professionale ha
già un notevole peso di orienta-
mento in senso cristiano, perché è
promozione wnana che si accompagna
a una vera e propria testimonianza
di fede.
L'educatore preparato deve portare il giovane operaio a comprendere Il primato dell'uomo sulla produzione e sul profitto.
8

1.9 Page 9

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- Effettivamente la testimonianza
è molto importante. Questi ragazzi
che arrivano dagli ambienti più di-
sparati e magari lontanissimi dalla
fede, ricevono un forte scossone nel
loro impatto con il religioso sale-
siano. Come posizione di partenza
di solito hanno una grande dispo-
nibilità e ricettività; poi notano la
diversità di comportamento per esem-
pio tra il Salesiano (che rimane
sempre li), e l'insegnante esterno
che finita la scuola se ne va per i
fatti suoi. Trovano il Salesiano a
lezione, lo trovano nel laboratorio,
lo ascoltano quando dà loro un buon
pensiero, lo possono andare a tro-
vare per libere conversazioni, per
esporre i loro problemi. Si rendono
conto così che il Salesiano - come
voleva Don Bosco - è completa-
mente votato al bene dei suoi al-
lievi.
- In concreto i momenti di in-
tervento nei CFP non sono molti e
non sono lunghi: il tempo è crono-
metrato orologio alla mano, come
in fabbrica. E allora occorre utiliz-
zare al massimo tutte le occasioni
per dare a questi ragazzi una men-
talità un po' più verticale e sopran-
naturale.
Siamo cosi costretti a porre sotto
revisione il nostro modo tradizio-
nale di pregare, a cercare forme più
moderne e più efficaci.
- Altre occasioni di formazione
umano-cristiana, sono le ore set-
timanali di «cultura generale »: in
quei momenti occorre concentrare
la trasmissione dei valori essenziali.
- Importante è pure mettersi a
loro disposizione: essi sanno che in
determinati tempi è loro possibile
parlare con noi sui loro problemi
per chiarire e approfondire le per-
suasioni religiose ricevute tradizio-
nalmente dall'ambiente, che atten-
dono di essere intociorizzate. In al-
cuni casi giungiamo a offrire loro
anche qualche giornata di riflessione,
che di solito viene accolta molto fa-
vorevolmente.
Giovani... provveduti
Domanda: Quali problemi di fon@
sono stati affrontati nel corso per di-
rettori dei CFP?
Risposte: Per dirla con uno dei
relatori, nostro Exallievo, si tratta
di fare in modo che dal CFP esca
un «giovane... provveduto i> per l'en-
trata in fabbrica. In questo senso,
lo stesso relatore ha asserito che
l'aspetto tecnico - dell'insegnamento
dei nuovi tipi di lavoro - costi-
tuisce soltanto un quarto della for-
I PRIMI APPRENDISTI DI DON BOSCO
Era una sera di maggio (1847), in sul tardi; la pioggia cadeva dirotta.
Don Bosco e sua madre avevano poc'anzi cenato, quando si presentò loro
alla porta un giovinetto sui quindici anni, tutto bagnato da capo a piedi, che
domandava pane e ricovero. La buona mamma Margherita gli porse ~na fu-
mante minestra e pane. Ristorato che fu, Don Bosco lo interrogò. Egli rispose:
« lo sono un povero orfano venuto poc'anzi da Valsesia per cercarmi lavoro,
e fo il muratore. Avevo con me tre lire, ma le ho spese prima di guadagnarne
altre; adesso non ho più niente, e sono più di nessuno».
« E adesso dove vuol andare 7».
« Non so: dimando carità di poter passare la notte in qualche angolo della
casa 11. Ciò detto egli si mise a piangere. A questa vista la pia Margherita pianse
ancor essa. Allora la madre e il figlio uscirono fuori, e aiutati dall'orfanello rac-
colsero alcune teste di mattoni, fecero con esse quattro pilastrini in mezzo alla
cucina, vi adagiarono due o tre assi, e vi sovrapposero il mat~ra~o tolto p~r
quella sera dal letto di Don Bosco. Questo fu il primo letto e il primo dormi-
torio del Salesiano Ospizio di Torino.
Al domani Don Bosco cercò al ragazzo un posto dove lavorare. Dopo
questo, un secondo ragazzo si aggiun~e p~co di poi... Don Bosco conse~n~-
valo nelle mani di sua madre Margherita, dicendole: «Ecco un secondo f1gho
che Dio ci manda: abbiatene cura, e preparate un altro letto». Il giovinetto
fu posto in qualità di commesso in un negozio di Torino... Dopo questi due
più altri se ne aggiunsero... Nei giorni feriali, provvisti di pane, si recavano a
lavorare in città. e Don Bosco, sollecito a guisa di padre, a pranzo e a cena
apparecchiava loro minestra abbondante, pane e talora qualche companatico
(MB 3, 207-13).
mazione professionale che si deve
dare al futuro lavoratore. Ci sono
cioè moltissime altre realtà su cui
occorre informarlo e prepararlo. Per
esempio quelle componenti che gli
consentono di assumere un atteg-
giamento critico e responsabile nei
confronti della società in cui vive.
- L'acquisizione delle conoscenze
tecniche, è stato giustamente rile-
vato, è un fattore secondario che
oggi può essere conseguito con le
«macchine per apprendere»; è in-
vece l'applicazione di queste cono-
scenze tecniche alle situazioni con-
crete che ha bisogno di uomini
preparati, di educatori immersi nella
situazione.
- L'educatore preparato porta il
giovane operaio a comprendere «il
primato dell'uomo sulla produzione
e il profitto>>, a formarsi una co-
scienza possiamo dire di classe, a
non evadere dalla classe operaia ma
ad assimilare il valore del lavoro
per la realizzazione dell'uomo.
- Per potersi incontrare con il
giovane operaio in formazione - si
è pure detto - occorre conoscere
a fondo la mentalità operaia. Ora
non sempre i Salesiani, anche quelli
che provengono da famiglie operaie,
comprendono questa mentalità e san-
no adattarsi a essa. Siamo passati
attraverso un'educazione completa-
mente diversa, fatta di astrazioni,
di princìpi filosofici: abbiamo una
mentalità che ignora Ja con.cretezza
della gente del popolo.
Come per la Chiesa cosl anche per
noi salesiani (dobbiamo ammetterlo)
tante volte si può e si deve parlare
di «estraneità dal mondo operaio >>.
- Lo stesso nostro Delegato na-
zionale per le scuole nell'apertura
del corso ha detto che «occorre
impostare la formazione professio-
nale secondo nuove prospettive>>,
e che questo è << un problema di so-
pravvivenza >>.
Il giovane domani entrerà in fab-
brica, avrà a che fare per esempio
con la realtà del sindacato, e noi
non possiamo chiudere o chiudergli
gli occhi. Dobbiamo renderci conto
della presenza e importanza di questa
realtà sociale, senza false paure o
falsi pudori. E non perdere còsl,
anche a questo riguardo, come si
dice, il treno della storia.
- Per mio conto ho mandato al-
cuni confratelli per un po' di tempo
nelle fabbriche, e devo riconoscere
che sono tornati molto cambiati e
arricchiti.
- E quando ci saremo preparati
adeguatamente, e ci saremo messi sul
serio a lavorare per ricuperare il
mondo operaio alla Chiesa, ci ac-
corgeremo che stiamo facendo nulla
di straordinario in senso salesiano:
già Don Bosco ai suoi tempi faceva
cosl.
ENZO BIANCO 9

1.10 Page 10

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IO
Testimonianza viva di
una VDB francese, do-
cente universitaria
(che secondo lo spirito
del suo Istituto con-
serva l'incognito). È
l'esempio sorprenden-
te di un'autentica voca-
zione secolare, nasco-
sta ma efficace come il
lievito nella massa.
H o conosciuto Don Bosco, o
meglio ho cominciato a cono-
s'cerlo, verso i 6-7 anni, at!raverso
Soeur Paulette e M.me Elisabeth:
esse mi hanno insegnato non solo
a leggere e scrivere, ma anche ad
amare quel primo «prossimo>> che
era la mia turbolenta vicina di banco,
una monella di famiglia povera, che
non aveva mai nulla e si faceva pre-
stare sempre tutto (cosa che io a
priori non apprezzavo affatto). Esse
mi hanno anche preparato alla prima
Comunione, poco prima che la guerra
1O mi spingesse dall'altra parte della
Francia. La mia vita di preghiera è
restata segnata da quelle scuole ele-
mentari: con una nota di fiducia
e tenerezza verso Dio nostro Padre,
con quel non so che di spontanea-
mente filiale e cordiale che Sol-
genitzyn ha tanto stimato e apprez-
zato al risveglio della fede nella sua
infanzia.
li primo appello a una vita con-
sacrata mi sembra risalire all'epoca
del film (< Monsieur Vincent •>. Avevo
14 anni, ho voluto allora mettere la
mia vita al servizio dei poveri.
La mia decisione si è precisata
verso i T.7 anni, dopo una riunione
della Gioventù Studentesca Catto-
lica sul tema << Essere madre è dare
la vita>>. Gli animatori ci avevano
proposto di preparare la riunione con
un manifesto a base di foto, illu-
strante i diversi modi con i quali
una donna può donare la vita, dalla
semplice maternità fisica ai molte-
plici doni che conducono il bambino
o l'adolescente, il vecchio o il ma-
lato, a realizzarsi in tutte le dimen-
sioni della loro vita.
Quella riunione fu per me una
rivelazione, tanto sul valore del ma-
trimonio che su quello del celibato
consacrato. Ma l'assistente eccle-
siastico mi obbligò, prima che sce-
gliessi definitivamente, a prendere
contatto con svariate famiglie spiri-
tuali. Attratta nello stesso tempo dalla
professione di educatrice e dal servizio
ai poveri, io ho scelto Don Bosco.
Come realizzo la mia scelta
Verso il 1959 l'Istituto secolare
delle VDB si stava sviluppando in
Francia, secondo il progetto che
don Rinaldi aveva attinto da Don
Bosco stesso. Pochi anni dopo esso
si estendeva al di dell'Europa, in
America e in Asia.
Io ho scelto definitivamente al-
l'età di 26 anni, mentre le mie
amiche più care, sposate, avevano
avuto già i1 loro secondo o terzo
bambino: ho avuto coscienza, in
quei giorni, di rinunciare certo alla
felicità di fondare un focolare, ma
nello stesso tempo di dire «sl » al
Signore che mi chiedeva di condurre
i suoi giovani a lui: dei giovani di-
versi dai bambini che avrei potuto
avere io.
Come realizzo ora questa scelta ?

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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olo ria di
Dopo aver cominciato a far scuola
nelle classi elementari, particolari
circostanze hanno fatto si che io
sia ora insegnante all'università di
Stato.
II nostro apostolato di VDB è
anzitutto quello dell'ambiente: am-
biente familiare, ambiente di lavoro.
La competenza mi sembra la qua-
lità più importante, qualunque sia
il mestiere esercitato. Perciò io cerco
di fare bene l'insegnamento che mi
è stato affidato.
Poi, aiutata dalla << Commissione
degli studi » e dal Sindacato, mi
sono dedicata più a fondo al pro-
blema dell'orientamento scolastico,
aiutando gli studenti a trovare i
corsi che li preparino alla loro fu-
tura professione.
D'altra parte, il bisogno di allar-
gare la propria competenza suppone
che gli insegnanti di università si
tengano informati su ciò che viene
pubblicato, e realizzino essi stessi
dei lavori di ricerca; così dopo una
prima tesi di specializzazione, ora
ne preparo un'altra, ciò che attual-
mente assorbe quasi tutto il mio
tempo. Questa ricerca di una ve-
rità più profonda nell'enunciato delle
leggi scientifiche, è già da sola tutta
un'ascetica: bisogna essere umili nelle
proprie idee, finché un'esperienza
rigorosa non le ha confermate (e
ciò può richiedere mesi di lavoro, a
volte anni, ricominciando ogni volta
che è necessario).
Questo sforzo è spesso condotto in
équipe, e nel gruppo è possibile
creare una comunione. A volte, con
le compagne di ricerca avvengono
incontri più in profondità. Questo
lavoro comune crea una conoscenza
reciproca, mette allo scoperto pregi
e difetti. Un giorno, qualcuno osa
aprirsi su ciò che gli sta più a cuore:
sono le misteriose vie dello Spirito
Santo. Ma questi momenti sono rari.
Ordinariamente io occupo il mio
modesto posto, impegnata nella con-
sacrazione di questo mondo creato
che già esprime il banchetto futuro,
quando potrò parteciparvi.
Legami di amicizia
sempre più profondi
Nel frattempo, mi presto volen-
tieri a dare una mano a quella tal
ragazza di famiglia modesta che
vorrebbe vincere il concorso per di-
D.Bo
ventare infermiera, o a quell'uomo
di 40 anni - detenuto per 5 - che
vorrebbe conseguire il suo diploma.
È un po' la mia maniera di essere
fedele a Don Bosco, aiutare qualche
sfortunato a rimettersi in careg-
giata.
Ogni mese io incontro le mie
compagne VDB per una giornata, e
ogni anno per una settimana. Sono
momenti molto attesi, perché col
passare degli anni si sono stretti
fra noi legami di amicizia sempre
più profondi. Nel mio gruppo, io
sono la sola << intellettuale 1>, e se
ciò a volte mi mette a disagio, molto
spesso è per me un arricchimento,
perché attraverso lo scambio delle
nostre esperienze di vita, fatto alla
luce del Vangelo, mi vedo obbligata
a restare più vicina alla vita degli
anziani e dei malati, ai problemi sin-
dacali dei lavoratori, ecc. Sono mo-
menti privilegiati, in cui incontriamo
insieme Cristo e insieme con Lui
preghiamo.
Io conosco alcune VDB d'Italia,
di Spagna e soprattutto del Belgio.
La partecipazione a un congresso
scientifico in Asia mi ha dato l'indi-
menticabile gioia di potermi incon-
trare per un'intera domenica con due
gruppi di VDB cinesi. Abbiamo
avuto anche occasione di ascoltare
delle testimonianze di nostre com-
pagne dell'Europa dell'Est...
Le VDB sono per me un'arric-
chente esperienza di Chiesa. Aiutata
da loro, e con loro, mi sembra di
poter essere un po' più efficace nel
mio impegno per una maggiore giu-
stizia nel mondo. Sono felice di es-
sere nel grande movimento scaturito
dal cuore di Don Bosco, e cerco di
rimboccarmi sempre bene le ma-
niche, perché c'è tanto da fare...
L'ANNO SANTO DEI COOPERATORI
Conviene domandarsi...
... se la nostra tradizionale fedeltà alla Chiesa e al Papa, eredità preziosa
di Don Bosco, non ci suggerisce per caso qualche rimorso sul modo con cui
siamo penetrati nell'atmo~fera dell'Anno Santo, e che cosa pensiamo di fare
nella seconda parte. del Giubileo... (Don Giovanni Raineri).
Un impegno di famiglia
... a vivere con pienezza il 1975 come anno di conversione a Dio e ricon-
ciliaz;one con i fratelli (Don Ricceri - Strenna 1975).
IL PELLEGRINAGGIO NAZIONALE A ROMA
DEI COOPERATORI SALESIANI (10-11 maggio)
Indicazioni:
Sabato 10 maggio, ore 17,30 - Momento associativo: Incontro dei gruppi
- Liturgia penitenziale - Riflessione sulle finalità dell'Anno Santo, in prepara-
zione all'acquisto del giubileo. (Sarà presente il Rettor Maggiore). Ore 21
(per chi lo desidera) partecipazione al « Rosario pubblico» in piazza S. Pietro
con gli altri pellegrini.
Domenica 11 maggio, ore 10 - Acquisto dell'indulgenza giubilare in
S. Pietro e partecipazione alla Liturgia Eucaristica celebrata dal Santo Padre.
(Per l'organizzazione, ogni Centro provveda direttamente prendendo con-
tatti con il proprio ufficio ispettoriale. Per gli alloggi e altri servizi del genere,
è disponibile la "Peregrinatio Romana» - Via Conciliazione, 10 - Roma).
11

2.2 Page 12

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<< HO
LA MAMMA. «C'era una volta
un bambino buono. Sembra una
fiaba, è invece la storia breve del
mio Ninni, un ragazzo tanto dolce,
diverso dagli altri. Era stato arden-
temente atteso dai suoi genitori,
nonni, zii: era il primo figlio, il
primo nipotino. Era nato a Palermo
un giorno di primavera, il 4 aprile
1957. Era di una dolcezza infinita... ».
LA LEUCEMIA. Il 24 gennaio
1974 la leucemia è riuscita a stron-
care questo adolescente che amava
smisuratamente la vita.
COME ERA NINNI. Slanciato,
sereno, sorridente. Tenace, volitivo,
disponibile all'amicizia fino all'eroi-
smo. Tifoso e sportivo, entusiasta
della musica. Studente volenteroso,
disciplinato, ordinato. Con tanti
hobby, e tanti amici.
LA SUA FAMIGLIA. Due fra-
telli più piccoli : Sergio e Valeria.
La mamma: Signora Giulia, che por-
terà con amore la pesante croce in-
sieme al suo ragazzo crocifisso.
Il babbo:.« L'uomo più bello e
più grande del mondo! >>. Ninnì era
fiero di quell'uomo alto un metro
e novanta, elegante e austero, bar-
buto e occhialuto ma bonario, che
giocava sul tappeto con i suoi ra-
gazzi (e tutti insieme ridevano e si
davano larghe pacche sulle spalle).
Nel 1968 la morte lo rubò d'im-
provviso, senza dargli tempo di sa-
lutare i suoi bambini. Ninni a n
anni, capl che ora aveva una mis-
sione: stare più vicino alla mamma,
occuparsi dei fratelli. Il bambino
sorridente e spensierato diventò ·un
piccolo uomo.
A SCUOLA. Col grembiulino bia~-
co dell'asilo, presso le Figlie di
Maria Ausiliatrice del «Santa Lu-
cia »; col grembiulino nero delle ele-
mentari, presso la scuola privata
«Di Leo » gestita dalla nonna.
anche la media inferiore. Poi, al-
l'Istituto Geometri nella scuola pub-
blica, perché si aprisse alla vita.
Ninni Di Leo era il più
bravo del Centro Gio-
vanile Salesiano di Pa-
lermo. Voleva bene a
tutti e tutti gli volevano
bene. Aveva 16 anni, e
amava smisuratamente
la vita. Nella sua lim-
pida fede trovò la forza
di sorridere al dolore,
di sorridere serena-
mente alla morte.
Se la cavava bene, era tra i pruru
della classe; zoppicava un po' in
italiano.
L'ORATORIO. Racconta don So-
larino, direttore del Centro Giova-
nile salesiano dì Villa Ranchibile. Si
presentarono nell'ottobre del 1969:
Ninni con quegli occhi neri e pro-
fondi, assetati di cose belle; il pic-
colo Sergio festoso come una pasqua.
«Ci iscrive all'Oratorio? 1>. Mi alzai
dal tavolo, presi una moneta, la
feci scomparire dalla mano e riap-
parire sul naso di Sergio. Due ri-
sate argentine, e ci sentimmo su-
bito amici. Poi Sergio corse al pal-
lone, e Ninnì sferragliò sul calcio-
balilla tutta la sera.
In principio era timido, impacciato,
ma in breve sfondò. Aveva sempre
tanti amici intomo, a ridere e con-
versare. Lo ricordo quando serviva
all'altare, serio e composto nella tu-
nichetta bianca a bande gialle che ·
inquadravano quel volto dolce. .
Giovedl riunio.ni di gruppo, e do-
menica messa alle dieci. Sempre.
GLI HOBBY. Leggeva .Topolino.
Era tifoso (domenica pomeriggio,
orecchio appic~icato alla radiolina,
gridava tutto il suo tifo: era sicuro
che la sua I:.azio avrebbe vinto lo
scudetto). Ei-a sportivo: alto I ,8z,
si sfogava a giocare a pallacanestro.
Gli piaceva il modellismo, costruiva
le piccole auto, le moto, gli aerei.
Gli piaceva la musica: racimolando
i soldi regalati si era comperato lo
stereo, aveva dischi di musica beat,
canzonette, classici. Impazziva di
gioia al pulsare di un ritmo frago-
roso, a ballare con amici e amiche
gli ultimi salti di moda.
IL DONO DELL'AMICIZIA. Di-
ce Carmelo, compagno di scuola:
«Era un veio amico, col quale an-
davo d'accordo in tutto. Da quando
avevamo deciso di studiare insieme a
casa sua, la nostra amicizia era di.ven-
tata meravigliosa; insieme abbiamo
trascorso un anno bellissimo in affet-
tuosa armonia».
Un giorno la porta dell'Istituto è
sbarrata da un picchetto di studenti
grandi: scioperi, rivendicazioni, ecc.
Ninnì non condivide i motivi, ma
non e un crumiro: torna a casa.
Nel pomeriggio una telefonata, è il
preside. «Senti, Di Leo, potresti
dirmi i nomi dei tuoi compagni che
hanno organizzato la protesta?». Il
fuoco gli sale alle guance: «No,
signor preside. Non è giusto quello
che lei mi chiede. Non posso tra-
dire i miei compagni>>.
, MIO DIO ECCOMI>>

2.3 Page 13

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Giorno di gara a scuola, in pa-
lestra si svolge il quiz di cultura
generale. Alla fine sono rimasti in
due: Vincenzo e Ninni. Tifo di cen-
tinaia di alunni. Botte e risposte,
Vincenzo sa proprio tutto, Ninni
incespica e crolla: si accontenterà
della medaglia d'argento, quella di
oro e la coppa vanno a Vincenzo.
A casa consola la mamma: «Sono
contento che abbia vinto Vincenzo,
lui è più meritevole di me. Lui
oltre a studiare lavora, aiuta suo
padre nel panificio. Tante ore di
studio le ruba al divertimento e al
sonno, mentre io devo solo studiare >>.
La mamma: «Ogni giorno della
sua vita era un atto di amore e di
donazione per i suoi compagni e
per tutti».
Una compagna, Margherita:« Aver
avuto l'amicizia di Ninni non è stato
solo conoscenza, ma un'esperienza
d'amore».
ADOLESCENTE. Con le tensioni,
passioni, reazioni esasperate dello
adolescente. Anche Ninni passa in
questo tunnel buio e misterioso. Ec-
colo dal Direttore del Centro Gio-
vanile, con il suo pacchetto di inter-
rogativi sulla vit.2, con i capogiri
che accompagnano la rivelazione delle
ricchezze del cuore, con l'ansia di
scoprire un volto diverso, col graf-
fiante bisogno di avere e di donare.
Una conversazione fitta e chiara.
<• Ci fissammo a lungo negli occhi
in un sorriso che esprimeva tante
cose >>. «Poi, la gioia di una bat-
taglia tenace, ingaggiata e vinta •·
IN GINOCCIIlO. Ninni ha sa-
puto restare in piedi perché ha sa-
puto mettersi in ginocchio. Il fra-
tello Sergio: «Ninni pregava tanto.
Ma difficilmente pregava da solo, pre-
feriva la preghiera in comune. Di-
ceva: "A me piace tanto pregare
con gli altri". Diceva che dove sono
due o tre riuniti li c'è il Signore.
A sera prima di andare a letto ci si
inginocchiava, e lui a voce sommessa,
perché lo seguissi mentalmente, pre-
gava per la mamma, il papà morto,
per me, la sorellina, i nonni, tutti.
Pochissime volte l'ho udito pregare
per sé».
·
La mamma: «Non era un bigotto:
la sua vita spirituale era equilibrata
e senz'ombra di sentimentalismo».
Ancora Sergio: «Qualche volta mi
diceva: cosa ti serve fare ogni giorno
la Comunione, se poi non compi il
tuo dovere e fai soffrire gli altri
con i tuoi dispetti? >>.
LA SENTENZA. Giugno 1973,
Ninni è avvilito: la filza di otto e
sette della sua pagella è bruscamente
interrotta da un cinque in italiano,
il suo punto debole. «Hai fatto il
tuo dovere - lo consola la mamma - ,
e non devi farne una tragedia; a
settembre tutto andrà a posto >>. Ma
qualche giorno dopo uno strano ma-
lessere lo invade. «Influenza », dice
il medico, e ordina le cure.
Il 6 luglio, una crisi terribile.
Mal di capo, vomito, viso cianotico.
Tutti sono sgomenti, sembra debba
morire, ma lui lotta, e sorride per
rassicurare. Di corsa all'ospedale con
l'auto dello zio Gino, anche i me-
dici non nascondono le loro paure.
Nel pomeriggio la crisi è superata:
«Mamma; sei stata grande, non hai
pianto, non ti sei scoraggiata... Sono
fiero di te ►>.
Ma il medico chiama da parte
zio Gino. «Ebbene? i>. «Leucemia».
Il male che non perdona. Che
distrugge il corpo e tante volte in-
cattivisce. La condanna a morte,
senza appello.
Il viso di Ninni, affilato dal do-
lore, acquista una soavità nuova. Gli
occhi_ hanno l'incanto di due laghetti
sereru.
ANCHE GESÙ. Sergio: «Se Nin-
ni fosse morto a luglio, quando ebbe
la prima terribile crisi, noi potevamo
dire che era morto un ragazzo buono,
obbediente, dolce, ma nulla più.
Ninni si è manifestato meraviglioso
nella sua malattia o.
Al reparto Patologia Medica tentano
ogni mezzo per salvarlo. Estraggono
frammenti di midollo dalla spina
dorsale per le analisi. «Mamma, solo
il Signore sa quanto soffro. Mi sento
aprire, squarciare le ossa, quasi me
le stritolano >). E vedendo l'appren-
Nlnni DI Leo nel Piccolo Clero. Nella pag.
seguente: Con la famiglie. Da sinistra: Nlnnl,
la sorelllna Valerla, Il babbo, la mamma,
Il fratello Sergio.
13

2.4 Page 14

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sione della mamma: «Ma Gesù ha
sofferto più di me. E c'è tanta gente
che soffre, tanti bambini che sof-
frono anche loro più di me 1>.
Per 24 giorni e 24 notti resta col
braccio teso, immobile: 24 giorni di
fleboclisi, in un'immobilità ossessio-
nante, con l'ago confitto nella vena...
«Bambino mio - dice la mamma - ,
potessi tenere io il braccio teso al
tuo posto ». << Mamma, anche Gesù
era con le braccia distese sulla
croce».
UN AMICO CHE DÀ CORAG-
GIO. La sua forza d'animo stupisce
i medici, conquista gli infermieri,
conforta gli altri malati. Ha bisogno
di continue trasfusioni di sangue, e
tanti amici accorrono a donarlo. Ma
ce ne vuole sempre più, se viene a
mancare, Ninni cade in un torpore
da cui potrebbe non uscire più. E
un giorno accade: non c'è nessuno
per la trasfusione. La dottoressa ac-
canto al letto fissa lo sguardo in
quegli occhi imploranti ma sereni,
poi chiama l'infermiera. «Togliete il
sangue a me l>. Ninni si riprende.
(! Dottoressa, è stata lei a darmi il
sangue ? •>. << Sì. Tu, per tutti noi del
Policlinico sei un figlio ».
I bambini con il suo stesso male
vanno a trovarlo di continuo, pas-
sano ore a conversare con lui, e
tornano più coraggiosi. Ma anche lu!
ha un amico, un coetaneo che gh
fa coraggio: Domenico Savio. L'~l-
timo libro che ha letto è la sua bio-
grafia. Due cose tiene nel piccolo
portafoglio: la foto di papà, e l'im-
magine di Domenico Savio. E due
cose di lui lo entusiasmano: «È un
ragazzo come me, e quindi può ca-
pirmi meglio. E poi Domenico Sav;io
amava molto la sua mamma >}.
PARIGI. I medici hanno consi-
gliato Parigi,' la carta della dispera-
zione, il tentativo della << camera ste-
rile >>. Ninni parte con la mamma,
passeranno due mesi cosi, lui nel
lettino, la mamma di dal vetro,
e per parlarsi il citofono. Giotni e
giorni nutrito solo di acqua e zuc-
chero, e l'ossessione di quella ve-
trata alta e fredda. La mamma ha
affittato una cameretta vicino al-
l'Òspedale, e .ogni giorno ac~orr_e
accanto a lui. A sera: <<Nmru,
adesso vado. Ti do la benedizione
di mamma >>. Ninni accenna di sì,
e accosta di più il capo al vetro.
t! «La Madonna ti protegga e Dio
benedica ». «Anche te, mamma ». Poi
rimane solo mentre la mamma corre
nella sua cameretta a piangere tutte
le sue lacrime.
Tre o quattro volte la settimana il
14 medico gli pratica le iniezioni ster-
nali per togliergli un frammento di
midollo da esaminare. Il dolore è
lancinante, ma Ninni resta fermo,
stringe i denti. Gli occhi gli si gon-
fiano di lacrime trattenute. La mamma
è Lì, non deve vederlo piangere!
UNA LETTERA. Arriva da Pa-
lermo. Sopra un foglio di terza ele-
mentare, con tanti fiori ritagliati e
incollati, alcuni suoi piccoli amici
scrivono: << Caro Ninni; noi ti vo-
gliamo bene, e diciamo sempre le
preghiere per farti guarire... Io pro-
metto di dare tutto il mio salvada-
naio ai poveri, di essere buono, e
di mangiare la pasta con verdura
che non mi piace, perché Gesù ti
faccia guarire presto... ».
or LE PAROLACCE. Un giorno
il dottore vedendolo soffrire gli grida:
<< Ma Ninni, di' le parolacce I Possi-
bile che non ti ribelli?». E veden-
dolo ammutolito per lo stupore:
«Che cosa hai fatto, tu, a Dio? ».
Allora si, Ninni replica: «Perché?
Che c'entra? Il Signore non ha sof-
ferto tanto per noi ?1>. E tenta lo
scherzo: «l\\ia poi che senso ha, pro-
fessore, dire le parolacce ? Uscireb-
bero sterilizzate, dalla camera ste-
rile •>.
a Madame - dirà il medico alla
mamma - ,c'estunhomme,Antoine! ».
È un uomo. Gli altri gli fanno eco:
«Antoine, e'est f or,nidahle cet en-
f ant ! >>.
Trascorrono così due mesi di in-
dicibile dolore per lui, e di dispe-
rata ansia per la povera mamma.
Alla fine la verità: << Signora, per su~
figlio non c'è più speranza. Ha pochi
giorni di vita, glieli faccia trascorrere
a casa>>.
COME UNO STELO. All'areo-
porto di Punta Raisi ci sono tutti:

2.5 Page 15

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nonni, zii, amici... Lo accolgono con balla, con forza, con uno slancio che
un lungo applauso, come un vinci- sbalordisce tutti, ragazzi e ragazze. E
tore. Pallido, esile come uno stelo, tutti si illudono in una miracolosa
pesa 43 chili, ne ha persi 22. Si ripresa. Ninni è felice. Le chitarre I
dichiara feJjce di tornare a casa. << Mi piacciono tanto. Io desidero
«Per la convalescenza », precisa lui. che un giorno, alla mia morte, in
<< Per morire o, sanno tutti.
chiesa durante la messa si suonino
Un mese o due di. vita, gli hanno le clùtarre >>.
concesso i medici di Parigi. La sua
camera è sempre pjena di amici. Si
gioca, si mettono i dischi sullo stereo.
La mamma sorride, canta con lui,
piange di nascosto.
MIO PICCOLO GRANDE UO-
MO. Di nuovo al Policlinico per la
cura. E di nuovo la minaccia della
cecità. Mette una mano sopra un
occhio, poi sopra l'altro, e cerca di
TE LO cmEDO PER LA MAM- leggere le lancette dell'orologio. Ma
MA. Lo riportano al Policlinico, il appena qualcuno entra in camera, di
trattamento può ajutarlo a durare. nuovo finge di vedere tutto bene.
Appena si sente in forze va alla «Emorragia reticolare - dicono i
cappella dell'ospedale, si ferma da:. medici - . Portatelo a casa. Fategli
vanti alla statua dell'Immacolata, e trascorrere gli ultimi giorni circon-
(non gli piace pregare solo) mormora dato dall'amore della mamma e dei
intelligibile: <! Madonnina, fa' che io familiari •>.
guarisca presto. Non te lo chiedo Il 23 gennaio 1974 si apre per
per me, anche se sono tanto stanco, Ninni con un dolore lancinante al
ma per la mia mamma. La mamma braccio destro. Il dolore si fa più
ha tante difficoltà: l'ufficio, i miei acuto, il braccio cade rigido. Il me-
fratellini... Io mi sono sentito re-. dico rileva la paralisi, e mente pie-
sponsabile, da quando è morto papà. toso: «È un dolore reumatico. Pas-
Voglio guarire presto, voglio diplo- serà ». Nel pomeriggio tanti amici,
marmi, per aiutare la mamma. Ma- e tanta gioia. A sera si stende sul
donruna, io non sono stato mai ra- letto vestito. È spossato. La mamma
gazzo. Fa' che guarisca. Che guarisca gli è accanto, lo carezza. «Coraggio,
presto... >>.
mio piccolo grande uomo •>. A un
I bambini malati tornano a tro- tratto un sudore freddo gli imperla
varlo, assediano il suo letto. Li vede la fronte. Dalla bocca esce sangue.
soffrire, e glì stringe il cuore: «Mam- Emorragi.a cerebrale. Trova 1a forza
ma, possibile che i bambini debbano di un bacio a fior di labbra, sulla
soffrire tanto per guarire ?».
LA FINESTRA. La cura sembra
fermare iJ progresso del male, ma
ha anche effetti disastrosi. Un mat-
tino presto - zio Gino gli e ac-
canto - Ninni si sveglia e spalanca
smisuratamente gli occhi. Poi: «Zio,
mi apri la finestra? 1>. Ma la finestra
è già aperta. Zio Gino lo fissa un
istante negli occlù (sta diventando
cieco ?), poi va alla finestra. «Grazie
zio; adesso vedo meglio!•>. Anche
Ninni ha capito, anche lui finge.
guanci.a della mamma. <e Ninni, vuoi
fare il segno della croce ? ». «Sl,
mamma •>. Lentamente, in due. «Gra-
zie, mamma ». La mano ricade inerte
sul petto.
«Gli ho segnato la fronte con
l'acqua benedetta. Gli ho detto: Dio
ti abbia in gloria, angelo mio I Sono
rimasta seduta accanto a lui, per
tutta la notte. Ho pregato per l'anima
meravigliosa del mio piccolo grande
uomo, marti.re di un dolore sofferto
per amore 11.
Non vuole che si preoccupino anche MAMMA NON PIANGERE.
dei suoi occhi, non vuole che sof- Aveva detto: «Mi piacciono tanto le
frano di più per lui. I medici inter- chitarre•>. E c'erano tutte le chitarre
rompono la cura e lo rimandano a dei suoi am1c1, nella chiesa del
casa.
Centro Giovanile salesiano, e l'al-
LE ClilTARRE. Qualche miglio-
ramento. ~ Mamma, domani vorrei
andare in chiesa a ricevere il Signore.
Ho tanto bisogno di. Lui, mi sentirei
più forte. Sai, mamma, in due si
soffre di meno •>.
Natale si avvicina, Ninni sta de-
cisamente meglio, sono i crudeli
scherzi della leucemia, come se al-
tare era coperto di fiori bianchi.
Dopo la Comunione, in un silenzio
rotto solo dalla pioggia che scrosciava
sui vetri, Sergio lesse, come pre-
stando la sua voce a Ninni: «Mamma,
se conoscessi il mistero immenso del
Cielo dove ora io vivo, assorbito dal-
!'incanto di Dio... Mamma non
piangere più, se mi ami».
lentasse un attimo la morsa prima
dell'attacco finale. Gli amici orga- Dal volume t Ninni Di Leo - 16 anni
nizzano in casa sua una festa, una e tanta voglia di vivere~ scritto dal Di-
fantastica festa da ballo con dischi rettore del suo oratorio, don Franco So•
e chitarre. Anche Ninn.i quel giorno !arino e condensato da Enzo Bianco.
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
D. Guido Favini, Don Giovanni B.
Lemoyne, primo grande biografo
di Don Bosco. (Presso l'autore,
via M. Ausiliatrice 32, Torino).
Presentando questo suo breve lavoro,
l'autore scrive: «Abbiamo studiato
con passione le pubblicazioni di Don
Lemoyne, cominciando dai volumi
delle Memorie Biografiche di Don
Bosco e desideriamo concorrere ad
accreditare a questo illustre figlio spi-
rituale di Don Bosco tutta l'onestà di
un diligente ricercatore, di accurato
archivista e fedele trasmettitore di
quanto riusci a raccogliere del Santo
Fondatore dei Salesiani, delle Figlie
di M. Ausiliatrice e dei Cooperatori
Salesianì... Il Santo gli aveva detto:
"Usami carità, specialmente nell'a-
scoltarmi. lo non avrò segreti per te,
né quelli del mio cuore, né quelli della
Congregazione". Qui è la chiave del
valore di tante testimonianze di Don
Lemoyne». Uno degli scopi del volu-
metto è indicato nelle ultime righe
della prefazione: « Noi qui racco-
gliamo anzitutto alcune autodifese
personali che Don Lemoyne disse·
minb nei suoi volumi quando ne ve-
deva l'opportunità, facilitando un do•
vere di giustizia a chi rettamente vo-
glia vagliare il valore delle sue docu-
mentazioni».
Autori vari, Il sistema educativo di
Don Bosco tra pedagogia antica
e nuova. Editrice LDC. Pag. 320,
L 3000
Il volume raccoglie i risultati di un
incontro di studio di un folto gruppo
di 300 educatori salesiani provenienti
da tutta Europa, con rappresentanze
da tutto il mondo, che hanno rcon-
frontato le situazioni e il tipo di
lavoro svolto da Don Bosco, con
le istanze e le situazioni del presente,
per una continuità del suo «stile
educativo».
O. Carlo Colli, Nel mondo con Dio.
Ed. Cooperatori, Viale dei Sale-
siani 9 - 00175 Roma.
È li sussidio per il tema annuale di
studio, sulla «Vita Spirituale del
Cooperatore», pure molto adatto alla
meditazione personale. Ecco il ti-
tolo di alcuni capitoli:
L'altra faccia di Don Bosco
Primo bilancio d'una tradizione
spirituale
• Alla sorgente della nostra vita spi-
rituale: la nostra vita nascosta con
Cristo in Dio
Incontro con Dio nella vita e nel
lavoro quotidiano
• Incontro con Dio nei fratelli
Incontro con Dio nella sua parola
Incontro con Dio nella preghiera
e nei Sacramenti
Sfumature spirituali della nostra
vita spirituale
15

2.6 Page 16

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ducazione
u~ n a . . - - .__
oderna
«Vorremmo che la co-
munità educativa di-
ventasse luogo e stru-
mento di crescita co-
mune: per le insegnan-
ti, le allieve, le exallie-
ve, i genitori, attraver-
so la cordialità dei rap-
porti e lo sforzo di un
lavoro concorde e re-
sponsabile». Questo il
traguardo ideale, indi-
cato da Madre Maria
Ausilia Corallo per le
FMA al lavoro nelle
3000 scuole del loro
Istituto. Madre Corallo
è la Consigliera Gene-
rale delle FMA per gli
Studi, e in questa in-
tervista affronta alcuni
aspetti del rinnova-
mento scolastico in
corso di attuazione nel
suo Istituto.
Domanda: In questo clima di de-
scolarizzazione (nelle me forme estre-
miste e moderate) e di crisi dell'educa-
zione, molti Istituti religiosi sono stati
costretti a interrogarsi mlla loro pre-
cisa fisionomia e alcuni hanno deciso
- anche se ancora non attuato -
l'abbandono della scuola.
L'Istituto delle Figlie di M. Au-
siliatrice quale atteggiamento ha preso
di fronte a questo fenomeno culturale?
Madre Corallo: Naturalmente Io
Istituto ne ha preso piena coscienza
16 e, giacché il fenomeno interessa di-
rettamente giovani, si è sentito
chiamato in causa dal suo stesso
fine specifico che lo consacra al bene
di tutta la gioventù e quindi anche
della gioventù scolare. Questa è for-
temente presente nelle nostre 65
province religiose dove operano circa
3000 scuole, dalle Materne alle 4
Facoltà universitarie in Italia e al-
1' estero.
Il Fondatore S. Giovanni Bosco
ha sottolineato più volte e chiara-
mente l'indole e la funzione pastorale
della nostra scuola e noi, seguendo il
suo insegnamento e soprattutto i suoi
esempi, giudichiamo non solo utile,
ma necessaria la nostra presenza
nella scuola.
Siamo certamente persuase della
gravità della crisi che essa oggi at-
traversa e pensiamo che ne urga la
soluzione nel senso di un rinnova-
mento che, come ha detto recente-
temente S.S. Paolo VI, comincia
dalla persona dell'insegnante, dalle
sue urgenze di infonnazione, di ag-
giornamento, di qualificazione. Già
l'avevamo letto in GRAVISSIMUM Eou-
CATrm-,us, 8: «Gli insegnanti (...) de-
vono prepararsi scrupolosamente, per
essere fomiti della scienza sia pro-
iglie di Maria
usiliatrice
fana sia religiosa, attestata dai rela-
tivi titoli di studio, e ampiamente
esperti nell'arte pedagogica, aggior-
nala con le scoperte del progresso
contemporaneo ».
Domanda : E il suo Istituto come
ha risposto o come pensa di rispondere
ancora a queste esigenze del personale
docente?
Madre Corallo: Anzitutto attra-
verso normali e frequenti contatti,
sia personali che epistolari, tra le
insegnanti e il Centro internazionale
dove, accanto alla Consigliera per gli
studi, operano due esperte-consulenti
rispettivamente a livello tecnico-legi-
slativo e pedagogico-didattico.
Questi contatti sono poi resi più
intensi attraverso l'invio di un foglio
periodico: (( Se1vizio e informazioni »,
di circolari, di brevi raduni occasio-
nali.
Ma voglio accennare particolar-
mente ad alcuni recenti incontri svol-
tisi in Italia con le insegnanti, risul-
tati molto validi per una loro più
attuale preparazione: fra il '73 e
il '74, sei Convegni, decentrati in
varie località della penisola, convoca-
rono tutte le presidi, le responsabili
a livello provinciale e le insegnanti
(oltre 700) delle nostre scuole medie
(inferiori e superiori).
Nel settembre del '74 poi, un
gruppo di nostre insegnanti delle
scuole secondarie superiori e altci
insegnanti delle scuole statali (circa
90 in tutto) parteciparono a un
Corso di << Introduzione alla speri-
mentazione ».
Domanda: Quali i motivi che
hanno ispirato l'organizzazione di que-
sti convegni?
Madre Corallo: Anzitutto, come
si è detto, le esigenze attuali di rin-
novamento della scuola e poi la in-
sistente richiesta delle stesse inse-
gnanti che, da vere salesiane, chiede-

2.7 Page 17

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vano di meglio qualificarsi per una
presenza educativa che fosse in-
sieme fedele al carisma di don Bosco,
allo spirito delle origini e capace di
un linguaggio adeguato ai tempi.
Domanda: Potrebbe dirci qualche
cosa sui docenti e sui contenuti di
questi incontri?
Madre Corallo : Ne furono do-
centi alcuni professori univen;itari,
tra cui un gruppo di Figlie di Mària
Ausiliatrice insegnanti nella nostra
Facoltà Pontificia di Scienze del-
l'Educazione che ha sede a Torino.
Ne ebbe la direzione il salesiano
p rof. don Lui~i Calonghi, direttore
dell'Istituto d1 didattica dell'Uni-
versità Pontificia Salesiana.
Obiettivo dei sei Convegni fu un
aggiornamento didattico-organizzati-
vo e specialmente una presa di co-
scienza più piena e responsabile della
pastoralità della scuola.
Furono in quei giorni richiamate
e approfondite le· componenti spe-
cificamente educative della nostra vo-
cazione salesiana che trova nel Me-
todo preventivo, geniale intuizione
del Fondatore, una risposta felice
ed esauriente. .
Il Corso d'Introduzione alla spe-
rimentazione - come dice il tema -
intese dare alle insegnanti (specialjz.
zate nei gruppi: linguistico-letterario,
matematico-scientifico, scienze uma-
ne) gli elementi fondamentali per un
orientamento alla sperimentazione nel
contesto dell'attuale riforma scola-
stica.
Oltre i professori universitari ac-
cennati, furono presenti quattro Pre-
sidi di scuole secondarie statali (Lom-
bardia-Lazio) che, attraverso con-
versazioni e tavole rotonde, comuni-
carono ai partecipanti interessanti
sperimentazioni già realizzate nei loro
Istituti.
Il Corso ebbe il pieno riconosci-
mento del Ministero della Pubblica
Istruzione (Certificato ministeriale di
frequenza valido di punteggio) e la
sua durata di tre settimane ne ga-
ranti la serietà, l'efficacia e i frutti.
Domanda: Lei ha ora accennato
ai frutti di questo intenso lavoro di
aggiomamento realizzato tra le i11-
segnanti.
Potrebbe indicarcene qualcuno?
Madre Corallo: Da varie parti le
nostre Presidi ci comunicano che già
molto si sta facendo nel campo della
gestione sociale, della valutazione, di
un graduale avvio alla sperimenta-
zione, al rinnovamento metodologico
e in particolare all'interdisciplinarità.
Si sta operando anche un coraggioso
rinnova.mento dei contenuti che, tra-
smessi attraverso l'azione educativa
della scuola, sono destinati a pre-
parare la giovane all'impatto con la
società del nostro tempo, sia per non
subirne gl'influssi negativi sia per
operarvi con chiara coscienza cri-
stiana.
Insomma, si nota dovunque un
risveglio che rivela un nuovo e più
qualificato impegno nel settore edu-
cativo scolastico.
Domanda : Lei giudica quindi. che
l'apostolato della scuola sia oggi di
una attualità pari a quella dell'apo-
stolato tra i cosiddetti svantaggiati,
ossia tra gli emarginati, gli handicap-
pati, i disadattati della nostra so-
cietà?
Madre Corallo: Sì, metto en-
trambi gli apostolati sullo stesso
piano, tenendo presente che non ci
sono soltanto gli svantaggiati a li-
vello sociale. Penso in questo mo-
mento all'opera delle nostre inse-
gnanti di Scuola materna riguardo
ai bimbi provenienti da ambienti
religioso-socio-culturali depressi; pen-
so all'attività delle insegnanti della
Scuola elementare e media che, in
questa scuola di tutti (scuola d'ob-
bligo), si sforzano di garantire non
soltanto il progetto specificamente
scolastico, ma anche la promozione
umana e sociale di tanta fanciullezza
e pre-adolescenza; penso all'attività
delle insegnanti delle secondarie su-
periori che, in scuole per loro natura
selettive, cercano - con costante sa-
crificio - di valutare la persona del-
l'alunna nella sua completezza, dan-
dole una formazione integrale. Parti-
colare interesse hanno per noi i
Corsi di Formazione Professionale
dove - malgrado l'attuale carenza
dei libri di testo - le insegnanti,
usando dispense e sussidi da loro
stesse preparati, compiono presso
questa particolare categoria di alunne
una provvidenziale opera che è spesso
di promozione sociale e sempre di
formazione culturale-morale-religiosa,
coronata dall'abilitazione a una pro-
fessione.
Domanda: Ancora una domarnla.
Lei mi ha parlato di (( Gestione so- 17

2.8 Page 18

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eia/e » che certamente è destinata a
coinvolgere nella vita e nei problemi
della scuola non solo le allieve, che
penso si stiano avviando ai primi ten-
tativi di una partecipazione responsa-
bile, ma anche i genitori.
Gli incontri con i parenti delle al-
lieve sono caratterizzati esclusivamente
dagli interessi scolastici? o esistono
altri rapporti con loro?
Madre Corallo: Direi che la
preoccupazione che ispira e regola
questi incontri non soltanto non è
esclusivamente scolastica, ma non lo
è neppUie in primo luogo.
Fin dal principio dell'anno - con
periodici incontri - i genitori delle
nostre allieve vennero e vengono gra-
dualmente sensibilizzati non solo sullo
spirito e suoi contenuti dei << Decreti
delegati », ma anche e specialmente
sugli obiettivi della n<;>stra scuola
che, come si è detto, tende a formare
nell'allieva la donna integrale.
Noi vogliamo fare di loro dei col-
laboratori specialmente mediante una
cosciente partecipazione alla Ge-
stione sociale richiesta dall'attuale ri-
forma scolastica, ma vorremmo che
la comunità educante diventasse luogo
e strumento di crescita comune per
le insegnanti, per le allieve, per le
ex allieve, per i genitori, attraverso
la cordialità dei rapporti e lo sforzo
di un lavoro concorde e responsabile.
Domanda: Lei ha nominato le ex
alliet)e. Sappiamo che ne escono a
migliaia dalle scuole delle Figlie di
M. Ausiliatrice. Quali relazioni con-
servano col loro Istituto e particolar-
mente con la loro azione educativa
nella scuola?
·Madre Corallo: Esse in gran nu-
mero collaborano con noi, oltre che
nella pastorale extrascolastica (oratori
- centri giovanili, catechesi, educa-
zione del tempo libero) anche e di-
rettamente - quando ne sorge il
bisogno - nella scuola, lavorando
accanto a noi come insegnanti, a
volte negli stessi ambienti che le
hanno viste alunne.
Le ex allieve costituiscono il frutto
maturo della nostra opera educativa:
il cristianesimo integralmente vis-
suto da una gran parte di loro testi-
monia la validità di uno spirito e di
un metodo che, guardando a Don
Bosco come ispiratore e modello,
continua a rinnovarsi e ad adattarsi
a contatto con la gioventù di ogni
tempo.
È Don Bosco che cosl ritorna a
vivere, a operare, a insegnare...
Per questo, contro ogni tentativo
di descolarizzazione, deve e vuole sus-
18 sistere la nostra scuola.
Padre Giovanni Ullia-
na, missionario sale-
siano da oltre 40 anni
in Thailandia, parroco
nella fiorente comuni-
tà cristiana di Ban-
pong, più volte incari-
cato di corsi sul cri-
stianesimo nell'univer-
sità buddhista di Bang-
kok, da alcuni anni ha
avviato con i monaci
buddhisti una stretta
collaborazione sul pia-
no sociale e assisten-
ziale, che sta dando
sorprendenti risultati.
La sua conoscenza del
Buddhismo (uomini e
dottrina) è vasta e pro-
fonda. Nell'intervista
che ha rilasciato al Bol-
lettino Sàlesiano delle
Filippine, e che ripren-
diamo in una nostra
traduzione, ha espres-
so il suo punto di vista
sulle possibilità d'in-
contro tra Cristianesi-
mo e Buddhismo.
Buddhismo, purificato dalle imper-
fezioni che non sono strettamente
legate alla sua essenza, può far luce
e condurre a una migliore compren-
sione del reale.
Domanda: Quanti tipi di Bud-
dhisnw ci sono in Thailandia?
Don Ulliana: La Thailandia ha
una delle maggiori ramificazioni del
Buddhismo, chiamata «la strada stret-
ta >>. Essa tenta di diventare la più
pura espressione del vero Buddhismo.
Domanda: Il Buddhismo in Thai-
landia che cos'è? Una religione, una
filosofia, un partito politico, un modo
di vivere?
Domanda: Padre Ulliana, può
definire il Buddhismo sotto il punto
di vista religioso?
Don Ulliana: Il Buddhismo offre
una visione del mondo e della per-
fezione umana diversa da quella
della cultura occidentale. Se questa
visione è considerata superficialmente,
può apparire in conflitto con la dot-
trina cristiana; ma se si riesce a
mettere da parte le categorie della
mentalità occidentale e ci si sforza
di pensare con quelle della filosofia
Hindù e Buddhista, si può arrivare
a una nuova concezione del mondo
e dell'uomo. E il Cristianesimo, con-
siderato non solo con la mentalità
occidentale, ma anche con quella
orientale, ne esce arricchito e meglio
compreso.
Dio è infinito, perciò non può
essere compreso completamente da
una singola mente umana; ma met-
tendo insieme e coordinando tra loro
diversi punti di vista, l'uomo può
arrivare a una sua conoscenza più
piena. In questo modo anche il

2.9 Page 19

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incontro
possibile
Don Ulliana: Di sicuro non è un
partito politico. Per di più, due
anni fa il re della Thailandia ha
pure dichiarato che il Buddhismo
non è una religione secondo la con-
·cezione occidentale del tennine, ma
piuttosto una filosofia della vita ba-
sata sull'esperienza: una concezione
di vita basata sulla natura, sul-
l'esperienza filosofica e psicologica
dell'uomo. È cioè un'esperienza esi-
stenziale della psiche, fondata non
sulla logica, ma sulle pratiche spe-
rimentali fisiologiche e psicologiche,
per il conseguimento della pace in-
teriore.
Domanda: Se il Buddhismo è un
modo di vivere, può condurre al Cri-
stianesimo ?
Don Ulliana: Certamente. Anzi,
pub arricchire il Cristianesimo di
non pochi concetti umani basati sulla
natura. Se Aristotele e Platone hanno
aiutato a comprendere meglio il
pensiero cristiano, non potrà fare
altrettanto la filosofia orientale ?
Domanda: Si hanno conversioni
i1l Thailandia?
Don Ulliana : Non abbiamo molte
conversioni, ma si sta creando una
atmosfera di mutua comprensione,
insieme con un reciproco arricchi-
mento e più stretti rapporti. È nel
campo sociale e nell'attività cari-
tativa che ci uniamo e lavoriamo in-
sieme. Le concezioni cristiane e
buddhiste dell'amore si stanno avvi-
cinando sempre più. Lo stesso ac-
cade con l'idea di unità: l'unione
fra gli uomini, intesa come premessa
per una società umana, si sta svi-
luppando rapidamente. Anche la con-
cezione della famiglia sta prendendo
un comune orientamento, verso la
sua unità e santitf Queste idee ap-
partengono all'ordine naturale, certo,
ma cominciano a prendere una colo-
ritura soprannaturale anche tra i
buddhisti. Questo ci consente di
progredire in avanti, fino a incon-
trarci. Non dobbiamo dimenticare
che la fede è dono esclusivo di Dio,
e non pub essere conseguita con il
semplice ragionamento.
Domanda: Quanto ha progredito
il problema ewmenico in Thailandia?
Don Ulliana: Sta ricevendo validi
contributi da ambedue le parti. Da
parte cristiana però c'è ancora in-
certezza e mancanza di compren-
sione: il Buddhismo è troppo poco
conosciuto. Il movimento ecume-
nico finora è stato animato per lo
più dai buddhisti, e non sempre ha
ricevuto buona accoglienza da parte
cristiana.
_Domanda: Come possiamo favo-
rire la conversione dei buddhisti.?
Don Ulliana: Tanto i buddb.isti
che i cristiani hanno bisogno di
parlare tra loro attraverso incontri,
libri, organismi di assistenza sociale.
Un contributo finanziario pub dare
l'avvio a queste iniziative. E la pre-
ghiera, si sa, è alla base di tutto. 19
A sinistra: Don Ulliana con la « commenda
dall'Elefante Bianco»; a destra: Un gruppo
di bonlti buddhisti grandi amici dei sale•
sl ■nl.

2.10 Page 20

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Esistono tante. « Pas- un pubblico che non esiste perché
sioni di Cristo»: i ra-
gazzi di Arese ne han-
tu1ti sono attori e spettatori allo
stesso tempo. ·
«Nòn ho dormito tutta la Mtte,
no scritta e vissuta una pensando a quanto siamo stati vi-
« secondo Barabba » o,
meglio, secondo i... Ba-
gliac.chi noi uomini ad uccidere il
Cristo i>, dirà un anziano albergatore,
che per caso, era stato spettatore
rabitt, piccoli barabba. · della scena della crocefissione, in
come sono chiamati in
una gelida serata di tempesta di
neve, in cui la figura del giovane
dialetto lombardo, i che << faceva» da Cristo si stagliava
giovani in difficoltà.
violacea su una croce tra gli alberi.
«Di fronte al mio compagno in
e croce mi ha fatto cambiare molte cose :
risto condannato, dileggiato, spu-
tacchiato, torturato, crocefisso,
risorto è particolarmente «vivo )) in
chi ha sofferto magari fin dai primi
anni di vita l'esclusione o l'emargi-
nazione.
I «poveri Cristi >> sono spesso loro
con il triste bagaglio di sofferenze
A du.e anni mia mamma mi ha
·venduto»; a <1 casa mia è sempre in-
ferno>>), di rifiuti (<< al mio paese
nessuno mi vuole peFChé sono cattivo
e do brutti esempi»; «dove sto di
casd lo chiamaM il ghetto dei sici-
liani•>), di umiliazioni («le mamme
hanno scritto alla scuola che non
mandano più i loro figli se ci te11gono
ancora a me e mio fratello... i>), di
cui è tessuta la loro vita.
Ogni anno, in Val Formazza, «la
passione secondo Barabba •> prende
vita in un modo sempre nuovo,
forte, sincero, intensamente religioso,
tale da <1 convertire » chi si lasci
prendere dal «gioco »: sono gli stessi
ragazzi con i loro educatori che
scelgono i testi della Scrittura, li
attualizzano intrecciando testimonian-
ze della loro vita a quelle di Isaia,
dei Vangeli, in una unità vitale che
rende più appetibile, amabile, esi-
stenziale il messaggio del Signore.
Essi stessi danno vita ai vari perso-
naggi, si preparano i costumi, scel-
20 gono la parte, la interpretano per
ad esempio, odiavo mio fratello, che
se lo potevo ammazzare lo ammazzavo,
e specialmente mia madre : non la
volevo proprio vedere; ma ora, sen-
tendo quelle parole del Signore, mi
sono pentito~ (un ragazzo di Arese).
~ Io ho giudicato e condannato tanti
uomini nella mia vita, m.a questa sera
sono stato giudicato io... Il Cristo di
questi ragazzi mi ha sconvolto 1> (un
alto Magistrato).
Richiamandosi ai Misteri medie-
vali, la Passione diventa l'espres-
sione delle ansie e delle aspirazioni
dei giovani, che in essa si ricono-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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scono e g ioiscono o soffrono di tale
r iconoscimento.
L'ultima edizione è stata realiz-
zata con la partecipazione anche dei
giovani del Centro Salesiano di
Sondrio, studenti di scuole medie
superiori, che erano venuti in Val
Formazza per i << giorni dell'amicizia»
con i ragazzi di Arese.
L'impianto drammatico è stato
dei più semplici. I personaggi prin-
cipali erano il Cristo (pietra di divi-
sione e di scandalo), chi parteggiava
per lui (il coro di voci che inter-
pretava la figura del Buon Ladrone),
chi gli era ostile (il coro del Cattivo
Ladrone), gli incerti e gli esitanti
(il coro di chi non aveva ancora
scelto e si sentiva solidale a volte
con il cattivo, a volte con il buon
L adrone), alcune figure «segno>> (Pi-
lato, Maria, Pietro, Giuda...). Per
creare il clima sono stati opportuna-
mente scelti alcuni canti e musiche.
Come già detto, tutti i presenti
sono stati invitati ad entrare nel
vivo del dramma di un D io che
muore ogni giorno per l'umanità,
nessuno è r imasto al margine.
Anche solo dalla lettura di questi
brani, che sono stati scelti come esempio,
appare qual è il Dio dei ragazzi in
difficoltà : un Dio Buono, che viene
non a «giudz"care >> ma a salvare, un
Dio che non è imparziale ma che si
schiera dalla parte dei «poveri», dei
perduti, degli ultimi, degli esclusi; un
Dio che non è un assente, un lontano
e neppure un vicino, perché è un Dio
che si è fatto carne, che ha messo i
nostri panni, che si è fatto Cristo tra
gli uomini, un Dio che ancora oggi
possiamo incontrare, toccare, acca-
rezzare perché è il «Dio » che si iden-
tifica coi poveri, che è «sempre a di-
sposizione » nell'Eucaristia.
Dall'atto secondo:
« Ma Cristo
era davvero innocente ? »
È un atto «forte»: l'uomo si scaglia
contro Cristo perché gli sconvolge le
abitudini, le «sue » certezze e gli pre-
ferisce Barabba - «Barabbal Ba-
rabba I Almeno è uno di noi! » -
perché non è diverso da lui, non sco-
moda nesS1mo, non crea t11rbamenti,
non porta <1 rivoluzione i> !
A sinistra: Il classico crocifisso di Dona-
t ello; a destra: Il protagonist a della « Pas-
sione secondo Barabba 11.
Un soldato: Abbiamo trovato co-
stui, che incitava la nostra gente
alla rivolta, proibiva di pagare il tri-
buto a Cesare e affermava di es-
sere re!
Pilato: Sei tu, il Re dei Giudei?
Cristo : Tu lo dici ?
Pilato : Io non trovo nessuna
colpa in quest'uomo!
L'opposizione: Incita il popolo alla
rivolta! È un rivoluzionario, un sov-
versivol
Le testimonianze contro :
1. Io l'ho visto parlare con una
Samaritana: una donna di malaf-
fare ! Aveva avuto cinque uomini!
2. Questo è niente! Un giorno gli
han portato un'adultera: l'avevan
scoperta a letto con un altro uomo.
Secondo la legge doveva morire...
Lui l'ha rimandata libera, dicendo:
«Chi è senza peccato, scagli la prima
pietra!».
3. Ha provocato i ricchi, gridando
a tutti che è più facile che un cam-
mello passi per la cruna di un ago
che un ricco entri nel regno dei
cieli!
1. Ha detto che val più il cento
lire della vedova che il milione del-
l'onorevole!
2. Ha offeso i preti del tempio l
Ha detto che le prostitute in cielo
passeranno davanti a tutti !
3. Ci ha chiamati sepolcri imbian-
cati, guide cieche, razza di vipere,
scribi e farisei ipocriti I
1. H a mangiato a tavola con i pec-
catori!
2. Nel suo seguito ci sta anche
Matteo, un esattore delle tasse... Un
ladro in guanti gialli!
3. Si è mescolato con la soldata-
glia, con la feccia del popolo... Ha
toccato i lebbrosi I
L'opposizione : A morte l A morte l
Ha creato divisione e scandalo1
A morte!
Pilato: I n carcere c'è un detenuto
che voi ben conoscete: Barabba I Ha
seminato sangue e odio! Chi volete
che vi liberi? Barabba o Gesù, chia-
mato il Cristo ?
L'opposizione : Barabba ! Barabba !
Almeno è rmo di noi!
21

3.2 Page 22

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Dall'atto quarto:
« Chi ha tradito di più:
l'uomo o Cristo? »
Quante volte abbiamo pensato che
Dio ci ha abbandonato, ci ha tradito?
Forse troppe! E questo accade perché
spesso noi ci figuriamo Dio come un
Essere Potente, «facitore del vento e
della pioggia», padrone di vita e di
morte, un Dio a misura d'uomo: ir-
razionale, capriccioso, che interviene
a proposito e a sproposito nella vita
dell'uomo.
Con un certo tipo di mentalità, ap-
pare logica la serie di interrogativi
drammatici e angosciosi che ci si pone
difronte a Lui: dov'eri Dio, quando... ?
Logico anche che Giuda non faccia
schifo, perché ha tradito meno o al-
meno quanto Dio I
Il problema del male rimane sempre
un mistero grande anche per chi non
condivide quel modo di pensare Dio.
Ma è più illuminante e rasserenante
sapere che Lui non è un lontano, un
assente ma è presente in mezzo a noi:
«uomo di carne viva i► che muore nel
povero, che si mette la camicia di
forza dell'emarginato, del malato, del
torturato, di chi non ha... Cristo che
muore ancora oggi nel povero I
«Perdonaci, Signore: in questi
panni non ti riconosciamo: un Dio
povero, crocifisso ci sembra stoltezza,
pazzia... >).
Giuda: Anch'io ho peccato! An-
ch' io ho tradito il sangue di un
giusto!
Sacerdoti: E perché lo dici a noi ?
Sono affari tuoi! Pensaci tu!
Giuda : Prendete iI vostro denaro:
mi brucia le mani e il cuore. Era
molto meglio per me che non fossi
nato! Con un bacio ho venduto chi
mi ha dato la sua amicizia. Mi
faccio schifo... Meglio morire l
Gli incerti: No, Giuda, tu non ci
fai schifo! Noi siamo con te! Se
fosse stato vero Figlio di Dio non
avrebbe permesso tanto male!
Testimonianze contro :
I. Dov'è la bontà di Dio in questo
nostro mondo fatto di lacrime e di
sangue, di lutto e di divisione, di
dolore e di morte ?
2. Dov'era Cristo mentre migliaia
di bimbi morivano bruciati dalle
bombe al napalm ?
3. Dov'è Dio in questa terra dove
i genitori percuotono a morte i figli
e milioni di uomini patiscono la
fame?
4. Perché Cristo sta a guardare
mentre migliaia di ragazzi abbando-
nati cadono nella disperazione della
droga, scappano da casa, sono vit-
22 time di adulti che li sfruttano ?
1. Perché ci ha fatti così malvagi
da calpestare i più elementari diritti
di chi è vicino: Diritto alla casa! -
Diritto al rispetto I - Diritto allo
studio l - Diritto al lavoro!
2. Perché ci ha creati cosl duri di
cuore da sopportare senza difficoltà
che i nostri fratelli siano nella mi-
seria o nell'abbandono?
3. Perché non interviene e tace
quando pochi uomini decidono il
destino di milioni d'altri?
1. Quando altri torturano, impri-
gionano, uccidono chi non condivide
le loro idee di oppressione ?
2. Quando alcuni commercianti del
sesso sfruttano la forza istintiva e
la voglia di amare dei giovani ?
3. Perché lascia vivere la zizzania
in mezzo al grano buono ?
1. Chi sfrutta accanto a chi ama ?
2. Chi ruba accanto a chi dà?
3. Chi comanda accanto a chi è a
servizio?
L'opposizione: Giuda, tu non ci
fai schifo : noi siamo con tel È lui
che ci ha tradito I
Cristo: No, ragazzo mio, sei tu
che t'inganni! lo sono in mezzo a
voi, uomo di carne viva. Sono io
l'operaio pagato male, il disoccupato,
il bimbo malato; sono io chi dorme
sotto i ponti, chi intristisce in pri-
gione, chi è sfruttato; chi salta in
aria con le bombe, chi rantola in
una fossa... Mentre c'è chi ride,
canta, scherza e danza, io, vostro
Dio, muoio ogni giorno in croce
per voi.
Gli incerti: Perdonaci, Signore: in
questi panni non ti abbiamo ricono-
sciuto: un Dio povero ci sembra
stoltezza, pazzia I
Dall'atto sesto:
« Padre perdona! »
Dio è onnipotente non perché ha
creato il mondo ma perché perdona
l'uomo: è «meraviglia» per chi non
accetta che altri << gli ·mettano le
mani addosso », per chi non ha fatto
l'esperienza del «perdono >►, 111a sente
dentro di sé urgente voglia di vendi-
carsi perché uno che lascia andare
<' non è uomo d'onore>>. Un Dio che
perdona, che dimentica, che non << rin-
/ accia », che non sbatte mai la porta
in faccia a nessuno è un Dio che su-
pera ogni attesa del giovane di Arese I
Cristo: Padre, perdona loro, per-
ché non sanno quello che fanno I
L'opposizione:
1. Questa è bella I Ho capito tante
cose ma questa è la più grossa: il
Signore ama i peccatori; perdona
chi lo sta uccidendo!
2. lo invece non lo capisco: non
posso sopportare che un altro mi
pesti i piedi I
3. È vero, Signore, tu non sei
<• uomo d'onore!».
4. Fossi io al tuo posto non mi
sarei lasciato mettere le mani ad-
dosso cosi!
1. Hai fatto risorgere Lazzaro.
2. Hai guarito il cieco nato l
3. Hai calmato la tempesta.
4. Hai moltiplicato i pahi e non
sei stato capace di metterli a tacere
tutti I
1. Io Ii avrei inceneriti!
Cristo: Sono io che do la mia
vita, la do perché ho il potere di
darla, la do perché ho anche il po-
tere di riprendermela, la do per fare
I.a volontà del Padre mio, la do
perché io sono il buon pastore e
voglio la salvezza dei miei.
Cattivo ladrone: Piantala! Se sei
davvero il Cristo, salva te e noi I
Perché vuoi crepare così come una
bestia infilzata ?
Cristo: Padre, perdona loro, per-
ché non sanno quello che dicono!
Testimoni a favore:
r. Ero così nervoso che con un
pugno ho fracassato la vetrata della
falegnameria... Sono finito all'ospe~
dale, ma se avessi potuto, l'avrei
ammazzato quel -figlio di... Mi dis-
sero che avrei dovuto fare la pace,
chiedere scusa! L'avevo mai fatto
in vita mia, non sono un vigliacco io l
Mi convinsero: il mio cuore si
riempì di gioia. Non pensavo fosse
così facile e così bello chiedere
scusa (Giuseppe).
2. Perdonare a mio padre ? Come
fare? Aveva ucciso mamma sotto i
miei occhi. In tribunale ho detto
tutto: prese l'ergastolo...
«Rimetti a noi i nostri debiti come
noi li rimettiamo ai nostri debitori... ».
Ci misi tre anni a pregare cosi. Non
ce la facevo !
Quando papà ricevette la lettera
in cui io lo perdonavo, mi rispose:
«Volevo togliermi la vita, ma non
potevo morire senza il tuo perdono.
Ora che me lo hai dato, io voglio
vivere, perché è bello sentirsi per-
donati dal proprio figlio che si è
mortalmente offeso!» (Marco).
3. Le parole di Cristo mi hanno
convinto a voler bene a mia madre,
anche se non lo merita. Sentendo il
Vangelo ci si vuole più bene e s1
perdona tutto (Sergio).

3.3 Page 23

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mento comparvero ai lati dell'altare altri
due meravigliosi Angeli: so11eggevano
due finissimi CJIStelli che traboccavano
di magnifiche corone di rose, incantevoli
e inimmagfnabill. le corone erano im-
marcescibili, perchtl simbolo dell'eternitll.
l 'Angelo Custode prese a una a una
quelle corone par cingere la fronte deg/1
adolescenti schierati davanti all'altare.
Erano di varia grandezza. ma tutte di una
bellezza veramente fascinosa. Quando il
ragazzo veniva incoronato, si trasfigurava
di gioia e diventava bellissimo. Vi erano
ragazzi (noto Don Bosco) di lineamenti
grossolani e bruttini; a questi toccarono
le corone più belle, perché possedevano
in grado eminente il dono della purena.
Poi l'Angelo commento: « la Madonna
ha voluto oggi che foste coronati di rose
molto belle. Ricordatevi di perseverare.
in modo che non vi vengano mai tolte.
Per conservarle, praticate l'umiltlt, l'ob-
bedienza e la castitll: tre virtù che vi ren-
deranno molto cari alla Madonna e vi fa-
ranno degni di una corona infinitamente
più bella di questa che avete appena ri-
cevuta». l'Angelo sorrise e in quel mo-
mento i ragazzi si misero a pregare con
un canto di gioia.
*
Don Bosco ha sempre affermato
che è nell'adolescenza che il ragaz-
zo deve affrontare le più grosse
burrasche spirituali e le Inevitabili
crisi dell'anima. Finché era fanciullo,
dava poca attenzione alla propria anima
e si volgeva invece con curiosità a
esplorare le meraviglie del mondo. Lo
spirituale ancora non lo sollecitava né
lo impegnava. Durante la pubertà soma-
tica comincia invece a volgersi verso il
proprio mondo interiore.
insegnategli l'um_iltà
Il 30 maggio 1866 Don Bosco racconto
un sogno ai suoi ragazzi.
Gli era parso di vedere un grandioso a/-
tara dedicato alla Madonna, festosamente
addobbato. I ragazzi sfilavano vetso di
quello in processione. Cantavano: ma al-
cuni si mostravano svogliati e annoiati;
altri si urtavano e ridevano. Tutti porta-
vano doni da offrire alla Madonna:
ognuno aveva un mazzo di fiori. quale
pi(J grosso, quale pi(J piccolo, ma diver-
sissimo dagli altti. Uno stupendo giovane
con le ali stava davanti all'altare: era
l'Angelo Custode dell'Oratorio di Val-
docco (Torino). A mano a mano che i
ragazzi gli offrivano i loro mazzi di fiori,
l'Angelo li ricavava per porli sull'altare.
Ma ne sfilava alcuni per strapparvi i fiori
guasti, che gettava in disparte. Da altri
mazzi composti di fiori belli ma inodori,
come dalie e camelie, l'Angelo trasce-
glieva, perché la Madonna vuole la realtll
e non l'apparenza. Poi separo nettamente
i ragazzi, i buoni dai cattivi: e fece schie-
rare davanti all'altare tutti coloro i cui re-
gali erano riusciti graditi alla Medonna.
Don Bosco noto con pena che I respinti
erano più numerosi deglialtri. In quelmo-
Cosa deve fare il ragazzo per con-
tinuare a coltivare nella sua anima
i fiori più odorosi e belli, che sono
le virtù? Don Bosco risponde: pra-
ticare l'umiltà. L'umiltà è alla base di
tutto. L'umiltà è la virtù che l'adolescente
deve praticare per una partecipazione
più piena e per un impegno ph) profondo
nella vita. «Una domenica mattina -
racconta un padre di famiglia - mentre
sedevo in uno degli ultimi banchi di una
chiesetta di campagna. mi giunse fioca
la voce del vecchio parroco che esortava
i suoi fedeli a "smettere di preoccuparsi
della propria aureola e lucidare invece
quella del vicino"». Ecco l'umiltà: è la
virtù che sposta la preoccupazione e l'In-
teresse da noi agli altri. La frase di quel
vecchio parroco esprimeva inoltre una
profondn verità psicologica: i ragazzi ten-
dono a diventare quello che gli adulti
vogliono.
Per coltivare fiori belli e odorosi
bisogna dare tempo al tempo. Il
tempo è la materia prima della vita: l'uso
che se ne fa dipende solo da noi.
Un saggio disse una volta che non è tra-
gico che soffriamo, ma ciò che perdiamo.
E una massima che ogni adolescente
dovrebbe ricordare.
CARJ.O DE AMBROGIO 23

3.4 Page 24

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Quando la tribù calò
dai monti - La lunga
« resistenza » contro i
bianchi invasori - « Dài
a ogni petto il coraggio
di combattere» - La
dura vita dei piccoli in-
dios - Frecce incendia-
rie distruggono Bue-
nos Aires - Le colonne
militari puntano verso
il Sud - Gli anni rug-
genti di Calfucurà - Sei
ore di carica al forte
San Carlos - Nella selva
dei fucili un seme di
speranza.
In un anno imprecisato del -1600,
una tribù di indios Araucani oltre-
passò i valichi della Cordigliera delle
Ande e scese verso le valli e le un-
mense pianure della Patagonia che
scende verso !_'Atlantico. II P?Poio
degli Araucani, fiero e bellicoso,
stanziava compatto nel Cile centrale.
I suoi antenati venivano dalla valle
di Arauco, dove erano venuti in
contatto con l'antica ed evoluta ci-
viltà degli Incas.
La tribù araucana che oltrepassò
le scabre cime della Cordigliera, si
mescolò dapprima con la popola-
zione indigena dei Pehuence, che
abitava le valli andine. Poi, proce-
dendo verso est, si spinse nelle aride
terre dell'immensa Patagonia spaz-
zata dal vento, e nelle regioni semi-
desertiche della Pampa.
La Patagonia è la vastissima re-
gione dell'America M_eridionale che
si estende a sud del Rio Negro e ~e~
Rio Limay. È formata da due umta
ben distinte: la regione andina e la
meseta (complesso degli altipiani e
delle pianure fra la montagna e
l'Atlantico). Scoperta da Magellano
nel 1520, è di:visa _politicamen~e tra
l'Argentina e il Cile, dopo dispute
di frontiera che si prolungarono fino
al 1881. La Patagonia Argentina
comprende le province del Rio Negro
e del Chubut (P. Settentrionale) e
quelle di Santa Cruz e della Terra
del Fuoco (P. Meridionale). Città
principali: Viedma, Rawson, ~io ~al-
legos e Ushuaia. La Patagonia Cilena
è una lunga e strett~ stris~ia di t_er-
ritorio fra le Ande e il Pacifico. Città
principale è Punta . Arenas. U.na
grande isola fa quasi da appendice
meridionale della Patagonia. E chia-
mata Terra del Fuoco, ed è pure
divisa fra Cile e Argentina.
La lunga « resistenza »
contro i bianchi invasori
La gente. arau~a, _che ne_gli anni
si articolò 1Il varie tnbù e m parte
si mescolò ad altre genti indigene,
venne a costituire una delle popola-
zioni indiane più forti e bellicose.
Da essa sorgeranno i capi leggendari
della «resistenza >>. Gli altri popoli
indigeni che avrebbero opposto una
fiera guerriglia ai bianchi conquista-
tori erano i Diaghiti, che insieme a
svariate tribù abitavano la regione
nord-occidentale, e i cacciatori no-
madi della pampa Puelce {a Nord)
e Tehuelce (a Sud).
Odiavano più di ogni altra cosa
la schiavitù
Y Molte altre tribù popolavano .le
regioni dell'Argentina. eni':'ano chia-
mate molto appross1mat1vamente
«pampas >> se abitavano la pampa,. e
«patagoni>> se abitavano la Patagorua.
MISSIONI SALESIANE
U5
La vita degli indios della Pampa
e della Patagonia s'identificava con la
caccia. Non coltivavano la terra (a
differenza dei Diaghiti), ma inse-
guivano nelle ste~te pi_anure 1~
mandrie dei guanachi, gli stomu
degli struzzi e gli animali vaganti
che formava~o la loro inesauribile
r iserva.
Pelle ramata, capelli nerissimi fer-
mati alle tempie da cordoni cli cuoio,
denti bianchi e scintillanti, mento
privo di barba, gli indios costitui:1ano
un popolo fiero, rozw, guerriero,
che odiava più di ogni altra cosa la
schiavitù. Per centinaia d'anni in-
seguirono la se!v~ggina. a piedi:
lunghe giornate dt ~n~egmmen!t con-
tinui dove la veloc1ta e la resistenza
si alternavano con l'astuzia. Quando
gli animali erano stanchi, scattavano
24

3.5 Page 25

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A sinistra e a destra: Attuali discendenti delle
fiera ruu Araucana.
gli archi, sibilavano le frecce con le
durissime punte di silice.
I primi spagnoli che sbarcarono
sulle coste del Rio della Plata, por-
tarono con sé i cavalli, fino a quel
momento sconosciuti nel continente.
'Nei decenni successivi, la vita del-
l'indio cambiò radicahnente. Le ster-
minate pianure divennero le lande
dei cavalli bradi, che crescevano sel-
vaggiamente e scalpitavano liberi
come l'aria. Balzando in groppa a
un puledro, l'indio si trovò di colpo
sovrano assoluto della sua terra, le
distanze si dimezzarono. Cambiò
l'arco in una rozza lancia, e le sue
cacce divennero micidiali. Ci furo,no
terribili stragi di guanachi. Questo
animale aveva sempre fornito al-
1'indio la pelliccia folta e rossastra,
che lo difendeva dai gelidi venti au-
strali e formava le pareti del toldo,
la tenda mobile piccola e calda.
Le terribili cacce condotte dalla
groppa del cavallo portarono il gua-
naco al limite dell'estinzione. For-
tunatamente gli indios scoprirono
che anche il · cavallo poteva offrire
loro ciò che fino a quel tempo aveva
dato il guanaco: divennero ghiot-
tissimi di carne equina, e impararono
a conciare la pelle del loro fedele
compagno di caccia. Il cavallo di-
venne un elemento così indispensa-
bile nella vita dell'indio, che alla
morte di un guerriero, sulla tomba
veniva sacrificato 11 suo cavallo: af-
finché lo spirito, nel regno d'oltre-
tomba, potesse ancora galoppare e
partecipare alla caccia.
« Dai a ogni petto
il coraggio di combattere »
Gli indios della Patagonia e della
pampa avevano una religione molto
semplice. Non possedevano né idoli
di
templi.
dué s ·
iCtir,eduenvoanbouonneoll'eesisl'taelntrzoa
cattivo, e nella sopravvivenza delle
anime. L'uomo della religione, te-
muto e venerato, era lo stregone.
Prima della caccia, e quando una
malattia o una bufera di neve si
abbatteva sui villaggi, gli indios pre-
gavano. Al Grande Spirito chiede-
vano la liberazione dal male, lunga
vita, carni e vestiti, e la forza di
vincere il nemico.
Una delle preghiere che recita-
vano al sopraggiungere della notte,
sul limitare del toldo, diceva:
<e Se possediamo pecore, cavalli e
g1tanachi, è per tua volontà, o Grande
Spirito.
Per tua volontà il suolo produce
gratw, patate e germogli.
Quando la terra soffre la siccità,
scompaiono i pascoli, dimagrisco1zo e
muoiono gli armenti. Ma tu che sei
b1tono, ascolta i nostri gemiti, accogli
le nostre srtppliche e mandaci la
pioggia.
Nei sogni parlaci e rivelaci la
verità.
E , se il nemico avanza contro di
noi, benedici le nostre lance, dai a
og1li petto coraggio per combattere e
vincere».
La dura vita
dei piccoli indios
Tra le tribù indiane era difficile
che scoppiassero guerre, perché l'or-
ganizzazione era semplice ma effi-
cace. Alla testa di ogni tribù (com-
posta di trenta o quaranta famiglie)
stava un cacico. Era scelto tra i più
coraggiosi guerrieri della tribù. In
tempo di pace veniva consultato per
dispute tra famiglie. Guidava la sua
gente nelle grandi cacce, e sovrin-
tendeva alla divisione del bottino.
In tempo di guerra aveva autorità
assoluta sulla tribù.
I cacichi erano indipendenti con
le loro tribù. Ma non mancavano
quelli (i più abili, i più coraggiosi)
che riuscivano a conquistare una
preminenza su tutte le tribù di una
regione. Questo avvenne special-
mente durante gli anni della guer-
riglia contro gli invasori bianchi:
le tribù si strinsero in una vera
«confederazione >>, con a capo un
«grande cacico ».
I piccoli indios venivano addestrati
a sopportare la fame e la sete, a
dormire per terra, ad affrontare la 25

3.6 Page 26

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pioggia e il vento, a bastare a se
stessi per lunghi periodi di tempo.
Crescevano così vigili e forti, pronti
ad una vita dura e disagiata.
Frecce incendiarie
distruggono Buenos Aires
Nel 1536 i conquistatori spagnoli
comandati da Don Pedro Mendoza
fondarono la città di Buenos Aires.
In quello stesso anno si verificarono
i primi sanguinosi scontri tra con-
quistadares e indios. La stessa Buenos
Aires, che era ancora un insieme di
baracche, fu presa d'assalto e di-
strutta dalle frecce incendiarie.
Ogni tentativo di risalire i grandi
fiumi per colonizzare l'interno, fu
accompagnato da aspre battaglie tra
spagnoli e indios, decisi a non sop-
portare che i «bianchi 1> venissero a
impossessarsi della loro terra.
Dal 1610 al 1725 parecchi padri
Gesuiti, provenienti dal Cile, ten-
tarono di penetrare fra le tribù indie
i;>er predicare il Vangelo. Ma per gli
indios era difficile distinguere i bian-
chi che venivano tra loro per aiutarli
da quelli che venivano per conqui-
stare le loro terre. I padri Gesuiti
furono trucidati, e le residenze mis-
sionarie distrutte.
Contro i bianchi che lentamente ma
inesorabilmente avanzavano nella fer-
tilissime pampas e nelle valli dei
fiumi, gli indios usavano la tattica
di guerra che viene ricordata col
nome di malon. Retrocedevano lenta-
mente, per anni sembravano rasse-
gnati all'avanzata (e ai soprusi) dei
bianchi. Poi, all'improvviso e spe-
cialmente di notte, si scatenavano.
Sui cavalli veloci penetravano nel
territorio bianco, circondavano le
fattorie, si scagliavano a bruciare e
a uccidere. Morte e rovina, in poche
ore, devastavano una intera regione.
pone alla testa di una potente co-
lonna militare e punta verso il Sud.
Inizia la prima guerra contro gli
indios, colpevoli di continuare le loro
scorrerie. Rosas li conosce bene,
perché ha già guidato altre spedizioni
per concordare con i cacichi più
potenti la linea di confine tra la
Repubblica e i territori indiani, e
per erigere forti sulla frontiera.
La sua colonna si spinge a sud
fino al Rio Colorado, uccidendo
circa 6 mi.la indiani, 400 guerrieri e
11 cacichi cadono prigionieri. Ven-
gono assegnati come schiavi alle fat-
torie dei bianchi. 8 mila capi di
bestiame vengono requisiti come pre-
da di guerra. La linea di confine
viene portata sul Rio Colorado. Si
costruiscono nuovi forti, si muni-
scono di guarnigioni, e si assegnano
terreni ai soldati con famiglia.
Rosas torna a Buenos Aires accla-
mato «eroe del deserto». Un suo
proclama alle truppe dice: <1 Le
vostre spade hanno distrutto il regno
degli indios, castigato i crimini, ven-
dicato gli oltraggi sofferti per secoli.
Siete benemeriti della Patria>>. Un
testimone imparziale delle sue im-
prese, Charles Darwin, che in quei
mesi sta esplorando la Pampa, è di
parere leggermente diverso. Scrive
dei «benemeriti della patria >>: «Sono
propenso a credere che un esercito
così combattivo e così banditesco non
sia mai stato messo insieme. La
maggior parte degli uomini era di
razza mista, in parte negri, indiani
e spagnoli. Non so perché, ma uo-
mini di tale origine raramente hanno
l'aria di essere brave persone i>.
Gli anni ruggenti
di Calfucurà
Passata la violenta bufera, mentre
Rosas diventa dittatore e tiranno di
Buenos Aires, le tribù indiane si
coalizzano e preparano la vendetta.
C'è un uomo che incarna questo spi-
rito di riscossa: un guerriero gigante-
sco, forte e terribile come un toro. È
il cacico araucano Calfucurà. Per 40
anni sarà il re delle grandi pianure.
Nel 1852 la popolazione bianca
dell'Argentina raggiunge le 22 mila
persone. Calfucurà, con migliaia di
guerriglieri pronti ad ogni suo cenno,
dà il via alle scorrerie, seminando
il terrore dalle Ande ali'Atlantico.
Una dopo l'altra, le popolazioni
agricole fuggono spaurite dai nuovi
territori rifugiandosi verso la costa.
Gli incendi illuminano lividamente la
Pampa.
Nel 1853 il malon degli i11dios rag-
giunge il culmine. La situazione dei
coloni bianchi è disperata. Calfucurà
arriva alla sfrontatezza: avvisa i sin-
goli villaggi in che luna verranno
attaccati e saccheggiati. Il governo
centrale (indebolito da fazioni in
guerra tra loro) è impotente. La
linea di confine viene riportata sulle
vecchie posizioni del 1833. Delegati
del governo chiedono a Calfucurà
di trattare la pace.
È il momento del massimo trionfo
di Calfucurà. Egli scrive una nobile
lettera ai governanti argentini: «Di-
menticherò tutto e cercherò di met-
termi d'accordo con voi, perché i
morti sono morti, e tutti abbiamo
bisogno di una pace lunga 1>.
Nel trattato di pace, il grande
Le colonne militari
puntano verso il Sud
Il 25 maggio 1810 iniziò l'indi-
pendenza della Repubblica Argen-
tina. << In quell'anno - scrive Hubert
Herring - nel territorio che ora
comprende l'Argentina erano circa
400 mila abitanti. La metà, o forse
più, erano indios; 20 mila erano
negri; 60 mila mulatti; molte mi-
gliaia meticci; e non più di 9 mila
bianchi •> (Storia America Latina,
pag. 976).
1833. Juan Manuel Rosas, gover-
natore della giovane Repubblica, si
Un'antichissima atampa che ritrae une fa-
26 miglia india nella Pampa argentina.

3.7 Page 27

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Questa antic:a imperfetta fot ograf ia ri•
t rae Don Giovanni Cagliaro al t empo in
c ui presa il comando dalla prima spadl-
:r.ione missionaria salesiana.
in fondo: vogliono far pagar care le
lunghe umiliazioni loro inflitte dal
grande cacico, e vogliono mettere
fine per sempre alla minaccia india.
Col filo spinato recingono zone sem-
pre più vaste, più profonde, spin-
gendo gli indios verso il sud deser-
tico e spazzato dal vento, e verso le
aride montagne dell'ovest. 1 mili-
tari costruiscono forti di difesa sempre
più a sud. Gli agenti di frontiera,
sovente ignoranti e crudeli, eserci-
tano ogni specie di sopruso nei
confronti degli indios, considerati
poco più che animali.
cacico accetta la sovranità della Re-
pubblica Argentina sul territorio abi-
tato dalle tribù. In cambio il governo
repubblicano riconosce a Calfucurà e
alle tribù indiane il diritto di occupare
i territori oltre la linea di confine.
Calfucurà commette uno sbaglio
gravissimo: accetta in dono quantità
enonni di alcool, che svigoriranno in
breve la sua gente e la porteranno
alla rovina.
Il grande cacico si. stabilisce a
Salinas Grandes, in un tolda cir-
condato da macchie dì carrube, e
di segue con attenzione le vicende
interne della politica, che in quegli
anni è molto travagliata.
Nel 1857 inizia la grande ondata
delle migrazioni. Da quest'anno al
1940, durante un periodo di 83 anni,
entreranno in terra argentina6.6oo.ooo
emigrati. Le masse più gigantesche
arriveranno dall'Italia (3 milioni) e
dalla Spagna (2 milioni). La cre-
scita formidabile dei bianchi por-
terà in breve tempo all'eliminazione
degli i11dios.
Sei ore di cariche
al forte cli San Carlos
Nel 1859 l'Argentina è scossa da
un sussulto di guerra civile: la ca-
pitale Buenos Aires si trova schierata
contro le altre province riunitesi in
«Confederazione Argentina >>. Cal-
fucurà non resiste al richiamo della
battaglia. Alla testa di duemila i'ndws
si allea al generale Urquiza, capo
della Confederazione, e invade la
provincia di Buenos Aires. Un fla-
gello terribile: fattorie depredate,
villaggi distrutti, raccolti incendiati.
Le orde degli indios divengono un
incubo per le campagne.
1872. Il comandante di un forte
ha oltraggiato un gruppo di indios.
Calfucurà, che ha settant'anni, lancia
ancora il grido di battaglia. Varca
la linea di confine alla testa di 3500
guerrieri. Si rinnova il ma/on, con
stragi e incendi. Ma il generale
Rivas, alla testa di un forte contin-
gente di truppe, riesce ad agganciare
Calfucurà nei pressi del forte San
Carlos, e gli dà battaglia.
Sei ore di cariche sfrenate degli
indios contro le file compatte dei
fucilieri. Calfucurà getta nella mischia
tutte le sue riserve, ma non riesce a
travolgere i soldati. Al tramonto, nella
piana di San Carlos, più di mille
guerrieri i11,dios giacciono uccisi.
Per Calfucurà è il disastro. Chiede
pace e si ritira verso l'interno. Ma
i bianchi sono decisi ad andare fino
Nella selva dei fucili
un seme di speranza
Nel 1875, irritati dalle nuove re-
cinzioni di filo spinato che li strin-
gevano ormai in aride riserve, al-
cune tribù araucane si riunirono
sotto un nuovo «grande cacico »,
Manuel Namuncurà, il più giovane
figlio del leggendario Calfucurà. L'ul-
timo ma/on era iniziato. In scorrerie
fulminee e feroci bruciarono raccolti,
uccisero agricoltori e gauchos, deru-
barono mandrie di bestiame che
andavano a rivendere ai pastori ci-
leni, oltre i passi della Cordigliera.
Il presidente della Repubblica Ar-
gentina, Avellaneda, in un primo
momento, cercò di placare le agguer-
rite tribù con nuovi trattati di fron-
tiera. Ma il generale Julio Roca, vice-
presidente e ministro della Guerra,
denunciò queste trattative come << de-
bolezze >>. Riusci a ottenere un eser-
cito di 8 mila uomini ben armati
che divise in quattro colonne. Il
piano prevedeva un rastrellamento
metodico di tutto il vasto territorio
indiano. Julio Roca annunciò il
suo programma con queste parole:
«Con gli indios è ora di finirla. Per
la Repubblica Argentina non ci pos-
sono essere altre frontiere, a sud e
a ovest, che le onde dell'Oceano e le
cime delle Ande ».
Il 16 aprile 1879 era mercoledì di
Pasqua. Le campane di Buenos
Aires suonarono a stormo. Le quattro
colonne di Julio Roca lasciavano la
capitale e puntavano a sud e a ovest.
Per le ultime libere tribù indiane
iniziava la tragedia.
Ma in quell'esercito, <<camuffati•>
sotto il titolo di cappellani militari,
c'erano due salesiani: don Giuseppe
Costamagna e il chierico Luigi Botta.
Nella selva dei fucili un seme di
speranza.
TERESIO BOSCO 27

3.8 Page 28

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NELMDNDO
SALESIANO
tt FORMAZIONE
20 aI 25 aprile del 1887. lo allora avevo
DEL COOPERATORE ,,:
quasi tre anni. La Casa salesiana esisteva
UNA SETTIMANA DI STUDIO
da dieci, perciò era già nota a molti. Di-
Un fatto nuovo e stimolante nella vita
lunga, e pure ricca di episodi non co-
muni, del movimento dei Cooperatori Sa-
lesiani: la Settimana di studio, a livello
europeo (ma solo sulla carta: in realtà si
può chiamare mondiale) che ha avuto
per argomento « La formazione del Coo-
peratore Salesiano». Sede: Roma, Sale-
sianum (presso la Casa Generalizia).
Data: dal 29 ottobre al 4 novembre 1974.
Partecipanti: 98 tra Salesiani, Figlie di
Maria Ausiliatrice e dirigenti laici; da
18 Paesi (di cui 7 extra-europei), e di
sette lingue diverse.
Lo scopo era nella linea del rilancio dei
Cooperatori: «aumentare il numero di
coloro che possono assumere il difficile
compito di mentalizzare i Salesiani, le
FMA », ecc. « In questo fortunato mo-
mento di cambio», precisava nella lettera-
invito il Consigliere Superiore don Gio-
vanni Raineri. Una volta tanto non si è
pianto sulla tristezza dei tempi, non si è
cercato di tamponare catastrofi immi-
nenti, ma si è badato alla progettazione
di un futuro ricco di promesse e da co-
struire con la positiva creatività di Don
il movimento Exallievi, accompagnan-
dolo nel suo sviluppo fino alle dimen-
sioni mondiali.
La sua limpidezza cristallina fece escla-
mare al sen. Cingolani nel giorno del
suo funerale: « Era un angelo, fiori
bianchi ci vogliono sulla sua baral>.
Durante il rito dello scorso novembre,
Poesia è stato commemorato da don Va-
calebre, presenti don Bastasi e vari
dirigenti degli Exallievi.
HA 90 ANNI IL BAMBINO
CHE DON BOSCO SOLLEVO
SULLE BRACCIA
Il 6 dicembre 1974 don Rinaldo Ruf-
fini ha compiuto 90 anni: tutta la famiglia
salesiana di Chieri (Torino) gli si è stretta
attorno con affetto e venerazione, perché
don Rinaldo è uno dei pochissimi sale-
siani ancora viventi che abbia avuto un
contatto diretto con Don Bosco.
Così ci racconta quel fortunato incon-
tro: « Don Bosco sostò alla Spezia dal
fatti non poche mamme portarono i loro
bimbi a Don Bosco, perché li benedi-
cesse; anche mia mamma, che era una
delle non molte co.operatriéi, mi portò a
Don Bosco. A tutti gli altri bambini Don
Bosco dava la benedizione, come è in
uso, con un semplice segno di croce, ma
quando fu la mia volta, egli mi sollevò
sulle braccia, destando, penso, una spe-
cie d'invidia nei presenti».
L'incon1ro con Don Bosco è stato im-
portante e decisivo per la vita di don Ri-
naldo. Egli stesso lo commenta: « L'in-
contro con Don Bosco impresse in me
una tale attrattiva per lui che non so dire
quando mi son deciso ad essere sale-
siano. Fu per me un sentimento quasi
innato per cui non ho sentito il bisogno
di parlarne.
Una volta, mentre ero per mano a mia
mamma, don Fantini, direttore dell'ora-
torio di La Spezia che stava sulla soglia
dell'entrata, disse a lei: "Ehi, Santina
(era il nome di lei}, quando me lo condu-
cete vostro figlio?". Mia mamma rispose:
troppo piccolo, non ha ancora com-
piuto i sei anni". E lui: "Ricordate che
Bosco. Le giornate sono risultate occu-
pate da relazioni di contenuto vario (dal
teologico all'organizzativo), e da discus- , - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - ;
sioni sia di gruppo che assembleari.
RICONOSCIMENTO
113 giugno u. s. presso il liceo Galvani,
di Bologna, è stata consegnata al Diret-
tore dell'Istituto Salesiano, nel corso di
una cerimonia a cui sono intervenuti con
altre Autorità l'on. Angelo Salizzoni, il
Proweditore agli studi e il Sovrintendente
scolastico Regionale, una medaglia d'oro
quale riconoscimento alle benemerenze
scolastiche del nostro Istituto.
RICORDATO PAPA POESIO
NEL DECENNALE DELLA MORTE
A Roma con una messa di suffragio
nella sede della Confederazione il 25 no-
vembre 1974 è stato commemorato il
decennale del comm. Arturo Poesio,
presidente mondiale degli Exallievl. «Pa-
pà Poesio», come era familiarmente
chiamato, dal 1885 e per due anni
aveva studiato a Valdocco sotto Don Bo-
sco, e trascorse la vita nel ricordo del
28 Maestro. Cristiano militante, visse per
~• Rettor Maggiore in Estremo Oriente (vedi art. pag. 5). A Seul (Corea)
11Successore di Don Bosco si intrattiene con le operaie della « Casa famiglia»
delle FMA. L'opera comprende un pensionato e un centro giovanile con corsi
di formazione professionale.

3.9 Page 29

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Don Bosco l'ha benedetto a quella sua
maniera I"».
A tanti anni di distanza don Rinaldo
ricorda con vera commozione quel par-
ticolare momento della sua chiamata alla
vita salesiana. Don Bosco lo voleva pro-
prio con sé nella sua grande famiglia. Lo
confermano i suoi 73 anni di professione
religiosa e i suoi 63 anni di sacerdozio,
ricchi di opere buone e spesi con larga
generosità e con cuore squisitamente sa-
lesiano per il bene di migliaia di giovani,
specialmente nelle case di Valsalice, di
San Giovanni Evangelista, di San Paolo,
di Avigliana e, dal 1947, di Chieri.
Ancora oggi, nel raccoglimento della
sua cameretta, continua a volerci bene
con il dono della sua sofferenza, della sua
preghiera, della sua esperienza, del suo
sorriso.
Gli diciamo grazie come figli attorno
al padre, e ci congratuliamo per l'alto
conferimento della Croce Pro Ecclesia
et Pontifice, meritato premio al suo in-
stancabile lavoro e al suo immenso amore
per Don Bosco.
ISP. LOMBARDO-EMILIANA:
~ NATA cc RADIO MENSAJE »
Ne riferisce il missionario don Dante
lnvernizzi, in una lettera indirizzata dalla
scuola Muyurina (Montero, Bolivia) ai
confratelli della sua lspettoria d' origine.
« Ci siamo arrivati, per grazia di Dio!
Ieri, 23 settembre, si è effettuata la
solenne inaugurazione della nuova sta-
zione radio, col nome di " Radio Men-
saje".
È un avvenimento di grande portata
missionaria: il nostro "messaggio", il
messaggio cristiano, arriverà più lontano
di dove potevamo arrivare noi, superando
con facilità le distanze e le pessime
strade.
È una realizzazione ecumenica, con
cui abbiamo imparato ad apprezzare la
generosità e l'amore a Gesù degli
"altri" I Il nostro mutuo contatto au-
menta il reciproco apprezzamento, e
favorisce l'umiltà di non pensare di
essere i detentori dello zelo per il Regno.
Il cammino dell'approvazione è stato
lunghissimo, per . la difficoltà di natura
politica che affronta la nazione, e per
l'amara esperienza che il governo ha
avuto con sacerdoti e con elementi
protestanti. Adesso ci tocca lavorare.
11 Coad. Feletti è stato "pars magna"
in questa iniziativa, e la sua gioia ora
è incontenibile. La Congregazione per
adesso è rappresentata da Feletti e da
me nel "comité direttivo" della radio,
perché siamo stati i due delegati per
questa realizzazione.
La Congregazione in Bolivia e la
Chiesa locale esultano oggi per questa
nuova possibilità di evangelizzazione
che si apre».
I giovani cooperatori vanno in Missione. È un'esperienza recente, e
pare ormai irreversibile. Si hanno esempi da Italia, Messico, Irlanda, ecc. Si
hanno esempi forse già dai tempi di Don Bosco, quando accanto ai Salesiani
e alle FMA partivano per le missioni diversi laici non consacrat i. Le foto pre-
sentano giovani Cooperatori del Messico, che lavorano in missione fra i Mixes.
A sinistra: il Cooperatore Rafael Espìnoza, a Matagallinas, con tre dei StJoi
alunni mixes; A destra: le Cooperatrici Volanda Nuiiez e Lupita Macfas, an~
ch'esse al lavoro tra i Mixes.
ISP. OLANDESE:
UNA ccGIORNATA»
PER I GENITORI DEI MISSIONARI
A Leudsen si è svolta per la prima
volta nel maggio scorso - su iniziativa
della Procura missionaria salesiana -
una « giornata di contatto» per i ge-
nitori e familiari dei missionari salesiani
olandesi. Più di novanta familiari di
36 missionari salesiani (su 53 che ne
annovera l'Olanda) vi hanno preso
parte, e i genitori che soprattutto per
infermità o anzianità non hanno potuto
essere presenti hanno espresso per let-
tera la loro cordiale adesione.
Sono intervenuti anche alcuni mis-
sionari al momento in patria, diversi
confratelli dell'lspettoria, e da Bruxelles
i rappresentanti della Procura e del-
l'lspettoria fiamminga.
L'Ispettore don J. Raaijmakers ha
presieduto l'Eucaristia e tenuto l'omelia.
Dopo la messa è stato proiettato il
film « Haiti, perla delle Antille», un ef-
ficace documentario missionario girato
dal salesiano Omer O' Hoe. Era pure
organizzata una mostra foto~rafica mis-
sionaria. Al pranzo, esso pure «mis-
sionario», il menù presentava piatti ti-
pici come antipasto haitiano, minestra
australiana. patate sudamericane, gelati
tropicali, ecc.
La «giornata» è risultata di vivo in-
teresse anche per i numerosi confratelli
giovani presenti, che sulle missioni ave-
vaho una conoscenza soprattutto li-
bresca, e hanno tratto vantaggio da
questo contatto diretto con i missionari
e le loro famiglie. Ma soprattutto queste
ultime hanno apprezzato l'iniziativa, e
hanno espresso il vivo desiderio che
essa si rinnovi ogni anno.
ISP. DI PORTO ALEGRE:
I <c PICCOLI CANTORI
DI DON BOSCO»
La «Casa del piccolo operaio» di
Porto Alegre da alcuni anni ha orga-
nizzato il coro dei « Piccoli cantori di
Don Bosco», che nelle sue esibizioni
ottiene successi di notevole risonanza.
Ecco qualche ragguaglio sul suo fitto
programma.
li Rio Grande do Sul è uno degli
stati del Brasile che dà più importanza
all'arte musicale nelle sue svariate ma-
nifestazioni, comprese le corali dei ra -
gazzi. La programmazione di festivals è
in questi tempi molto di moda, e i 29

3.10 Page 30

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NELMDNDO
«Piccoli Cantori di Don Bosco» non
lo sono di meno.
Hanno preso parte quest'anno a sva-
riate manifestazioni: al « Festival Las-
sallista dei Piccoli Cantori» che in
agosto ha riunito i nove migliori cori
dello stato; al «Concerto della Canzone
Biblica» realizzato nell'arcidiocesi in oc-
casione della Settimana Biblica; al
«Primo Festival delle Corali» organiz-
zato a Novo Hamburgo per il centenario
dell'immigrazione tedesca; al «Secondo
Festival internazionale dei Cori». in ot-
tobre, presso l'Università Federale.
Alcuni spettacoli sono stati registrati
anche dalla «TV Diffusore>> locale. Allo
«Show dell'amicizia». che ha luogo a
novembre nella « Casa del Piccolo
Operaio». prendono parte tutti insieme
i Salesiani, maestri e ragazzi cantori.
I giornali seguono con interesse le
esecuzioni dei «Piccolì Cantori», e ogni
volta ne parlano con simpatia e ammi-
razione. ~ cosi che con la piena dedi-
zione ai giovani, si può ottenere molto.
Coltivare nei ragazzi i doni che hanno
ricevuto dal Signore è un modo di farli
crescere come persone. E la musica è
di sicuro uno di questi doni preziosi.
SALESIANO
4. M entre noi c'impegniamo al me-
glio per fare del BS una testimonianza
e profezia del progetto apostolico sale-
siano, sentiamo il bisogno che i lettori
si convertano in convinti ed efficaci
promotori della diffusione della rivista.
in modo che un numero sempre mag-
giore di persone arrivi a leggere il BS.
5. In concreto esprimiamo il desi-
derio che ciascuno nella Famiglia Sa-
lesiana ci aiuti per una più efficace di-
stribuzione del BS. comunicandoci gli
«indirizzi personali, a cui inviare gli
abbonamenti questa la condizione
perché il lettore stabilisca un solido le-
game con la sua rivista, e un vero dia-
logo con essa e con Don Bosco).
RI U NIONE DEI RESPONSABILI
DELLE EDITRICI SALESIANE
DELL'AMERICA LATINA
La riunione. rich iesta dagli interessati,
preparata da incontri personali di don
Giovanni Raineri con i singoli responsa-
bili e da una Inchiesta svolta nel 1973-74
fece il punto sulla situazione attuale e
studiò il ruolo delle Editrici al servizfo
della vocazione e missione salesiana nel
pensiero di Don Bosco e della nostra
costante tradizione.
Ai tre giorni di scambi e di studi fra-
terni parteciparono i responsabili delle
Editrici del Messico. Venezuela, Bolivia,
Perù, Ecuador, Brasile, osservatori di
altre ispettorie come Cile. Argentina,
Colombia, gli Ispettori del Cile. del Ve-
nezuela e di San Paolo (Brasile), con
don J. Henriquez consigliere regionale.
Dall'Italia avevano raggiunto don Rai-
neri anche don F. Meotto e il Dr. G. N.
Pivano della SEI. con don Enzo Bianco
dell'Ufficio Stampa centrale.
Individuato il compito delle Editrici
cattoliche salesiane alla luce delle si-
tuazioni attuali della Chiesa e della so-
cietà. e delle esigenze pastorali che ne
derivano specialmente per la gioventù
e per le classi popolari dell'America La-
tina. si studiarono le collaborazioni pos-
sibili a ragg io continentale e mondiale
secondo il CGS (n. 460-462) e le con-
dizioni per un «rilancio» di questa im-
portantissima e irrinunciabile attività sa-
lesiana. Il Rettor Maggiore aveva in-
viato un suo messaggio con èlirettive
assai attuali che servirono di guida alle
ISP. DI S. PAOLO :
APPELLO DEI DIRETTORI
DEI BOLLETTINI SALESIANI
A San Paolo del Brasile otto Direttori
dei BS dell'America Latina. riuniti (in-
sieme con i l Consigliere per la Comuni•
cazione Sociale don Raineri) in un
convegno di studio per migliorare la
loro pubblicazione, al termine hanno
rivolto alla Famiglia Salesiana dei loro
paesi un invito, sollecito e motivato.
alla collaborazione.
1. Noi direttori dei BS dell"America
Latina speriamo che ciascun membro
della Famiglia Salesiana giunga a rice-
vere il Bollettino stesso, e ad accoglierlo
come qualcosa che gli appartiene.
2. Desideriamo poi che i membri della
Famiglia Salesiana non rimangano sem-
plici lettori, ma diventino con noi arte-
fici e collaboratori. In questo senso de-
sideriamo anzitutto i loro suggerimenti e
consigli, per migliorare la rivista.
3. E poiché una pubblicazione di-
venta interessante solo nella misura In
cui i lettori si sentono coinvolti, invi-
tiamo gli appartenenti alla Famiglia di
Don Bosco a diventare fonti d'informa-
zione per le redazioni, inviando notizie
di attività e progetti, e relativa docu-
30 mentazione fotografica.
_J
.
'
Una « prima pietra» c ontro la povertà. L'ha benedetta nel novembre
scorso il Vescovo di Veliere, India. Sul posto sta ora sorgendo un centro di
assistenza sociale che sarà affidato alle suore. «Quasi un milione di bambini
- ha ricordato il giornale The lndian Express il 10-11 -1974- muore in India
ogni anno per conseguenza della malnutrizione. Il paese ha 280 milioni di
bambini sotto i quindici anni, e 1'80% di essi sono malnutriti e crescono sot-
tosviluppati». I missionari salesiani sono al fianco di questi poveri, per com-
battere con loro e per loro (foto di don Franco Ardusso).

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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discussioni ed alle conclusioni. Un rap-
porto sulle due riunioni americane della
stampa salesiana, sarà inviato per co-
noscenza a quanti hanno responsabi lità
nel settore.
UNA LETTERA DALL'AMAZZONIA
Stralciamo alcuni brani di una lettera
che il coad. Sergio Borsella ha inviato al
suo Ispettore dalla lontana Amazzonia.
«Ci sono mmnenti difficili, ohe però
superiamo... Per esempio, oggi il nostro
pranzo è stato molto magro, ma nessuno
si impressiona. Domani mangeremo me-
glio... Ma ci sono momenti ben più dif-
ficili; momenti in cui, davanti a tanti
sforzi incorrisposti, davanti a tante in-
comprensioni, diffidenze, ci si scoraggia
fino a domandarsi: "Ma vale la pena sof-
frire tanto?". Per risollevarsi occorre
molto coraggio, sentire la certezza che i
nostri sforzi non siano vani; occorre
molta fede... Sentirsi soli è molto deso-
lante; sapere e sentire che lavoriamo con
l'appoggio e le preghiere di tanti fratelli,
è molto consolante. Non lasciateci soli...
Tempo fa le raccontai dei nostri con-
tatti con i ragazzi di un riformatorio. Li
vediamo cose orribili, tanto che a volte
capita che qualcuno non resiste più e
tenta di fuggire... Abbiamo organizzato
per essi una gimkana... È stato un suc-
cesso: era molto tempo che quei giovani
non passavano una giornata cosi; ma
quando alla fine ho preso i l camion per
riaccompagnarli al riformatorio si è fatto
un silenzio assoluto per tutto il percorso.
Prima di arrivare, mi hanno pregato di
fermare il camion. Quindi mi hanno tutti
stretto la mano e han detto a don Al-
berto: "Ci inviti di nuovo. Oggi final-
mente anche noi ci siamo sentiti uomini;
là siamo considerati animali. Tirateci
fuori al pili presto possibile da quello
zoo".
Cosl abbiam pensato di organizzare
un festival di voci e canzoni nuove, dove
i ragazzi avrebbero presentato Una can-
zone con parole e musica composte da
loro stessi. Si sono presentati 28 ragazzi,
di cui 7 del riformatorio... Tutte le can-
zoni esprimevano un tema ben preciso;
non erano parole senza senso. la canzone
vincente diceva più o meno cosi:
"Gli uomini dicono che sono stanchi di
in questo mondo di progresso [vivere
e che tutti si rivo lgono con amore
alla natura, alla foresta, agli alberi orn-
agli animalì e agli uccellini...
[brasi,
Ma ditemi, voi uomini,
come può essere vero ciò che dite,
se in realtà state distruggendo le foreste,
ammazzando gli animali, chiudendo in
gabbia gli uccellini?......
Questa è una delle loro canzoni, ma
tutte gridavano libertà, comprensione,
amore ...
cc Dacci oggi il nostro pa ne quotidiano»: un ricoverato nella m1ss1one,
che li a Vyasarpadi (Madras, India) si chiama «Villaggio delle Beatitudini».
11 villaggio, fondato da padre Mantovani e ora diretto da padre Schlooz, ospita
malati incurabili, bambini abbandonati, minorati fisici, insomma quei «pic-
coli» ai quali è stato dato di comprendere i segreti del Regno. La loro pre-
ghiera non cade nel vuoto: il villaggio ogni anno è in grado di ricevere sempre
«nuovi beati» nel nome del Signore.
L'occasione della celebrazione del
Centenario delle Missioni Salesiane con,
tribuirà certamente ad accrescere l'am-
mirazione per i nostri confratelli missio-
nari e ad impegnarci per venire loro in•
contro in ogni maniera».
(Dal Notìz. delrtspettoHa Adriatica)
PIAZZA ARMERINA, OPERA
SOCIALE
Piazza Armerina (Enna) si potrebbe
definire un centro-studi: vi funzionano
tutti i tipi di scuola eccetto l'università,
e dai paesi vicini vi affluiscono numero-
sissimi studenti.
L'Istituto delle FMA « Geraci Trigona»
vi sorse fin dal 1902: era articolato in con-
vitto per studenti, scuola materna ed ora-
torio. In un settantennio di attività, ha
formato generazioni che, nella società e
nella Chiesa hanno dato testimonianza
di autentico impegno.
L'evoluzione dei tempi ha portato ad
un sempre maggior numero di studenti
che preferiscono viaggiare. Nel "tempo
libero" tra le lezioni e i viaggi di andata
e ritorno, le strade, i giardini ed i ritrovi
fervono di gioventù.
L'Istituto FMA ha cercato di adeguarsi
a queste condizioni. In esso le studen-
tesse possono trovare nelle ore di sosta:
un accogliente refettorio, una sala di let-
tura, un salone attrezzato con strumenti
musicali e giochi vari. L'affluenza è vera-
mente grande: segno del gradimento
delle ragazze.
Lungo l'anno poi si organizzano gior-
nate di riflessione. di spiritualità, di ap-
profondimento religioso. Cosi l'assistenza
alle studentesse pendolari di Piazza Ar-
merina, con uno stile giovane, fresco e
simpatico, ha una impronta cristiana. 31

4.2 Page 32

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.:D=I :•
LA VITA CHE LEI
HA VOLUTO SALVARCI
Il 4 agosto 1974 partiamo da Quito con l'autobus della
Compagnia «Amazonas ». verso l'Oriente Equatoriano. Sr. Gia-
cinta Gemme è diretta a Yaupì; Sr. Adela Diaz, il salesiano
signor Marco Beltramo ed io dobbiamo raggiungere Chiguaza.
Per quattro ore e mezzo c'inoltriamo nella selva: il pano-
rama è incantevole, ma la via è molto pericolosa. Alle curve ed
ai precipizi già noti, si aggiunge lo smottamento creato per
slargare la strada ed una pioggia continua rende difficile la
guida.
Abbiamo affidato il nostro viaggio a Maria Ausiliatrice
e continuiamo ad invocarla nell'ìntimo del cuore.
Siamo costretti a fermarci: gli operai hanno riservato ai vei-
coli una sola corsia ed un'autocisterna, che si trova in diffi-
coltà per le sue proporzioni, ci ostacola il cammino.
lmprowisamente qualcuno grida: « Viene giù la mon-
tagna... scendano... corrano via... ».
L'autista è pronto ad aprire gli sportelli e noi balziamo giù
allontanandoci dì corsa. Dalla vetta scende una frana che, in-
grandita sempre più, con una forza spaventosa, lancia nel
fiume tre veicoli: uno è l'autobus su cui viaggiavamo I Anche
due grandi camions e l'autocisterna sono rovesciati: fortuna-
tamente non si verificano esplosioni e la benzina scorre lungo
la valle.
Piove a dirotto sicché, tornata la calma, non è facile risalire
verso la strada. Finalmente siamo sul ciglio; un signore ci
offre un passaggio in jeep verso Pastaza.
Qui avremmo dovuto giungere col pullman per proseguire
i n piccoli aerei verso le nostre missioni; siamo dunque attesi
da un padre salesiano e, la mattina seguente, abbiamo il con-
forto di partecipare alla santa Messa. È il 5 agosto: grande
festa in tutte le nostre case. Noi qui, nella stanzetta-cappella,
diciamo a Maria il nostro fervido «grazie».
Non è solo un nuovo anno di consacrazione che si inizia,
ma « una vita nuova», quella che Lei ha voluto salvarci ieri
(abbiamo saputo che purtroppo ci sono state alcune vittime).
E questa nuova vita vogliamo che sia tutta un dono per i
nostri kivari equatoriani.
Sr. GIUSEPPINA PALLAOINI
OTTENNI COMPLETA GUARIGIONE
A due giorni da un intervento ad una palpebra, venni col-
pita da herpes facciale che si estese prima alla palpebra ope-
rata e alla fronte, poi agli occhi minacciando seriamente fa
vista. Mi rivolsi con grande fiducia al Beato Don Rua, e con
stupore dello stesso oculista ottenni completa guarigione.
Adempio perciò con grande riconoscenza alla promessa fatta
di aiutare le Opere salesiane.
Barone
LUIGINA CHIARO
~<ANCHE TU HAI SOFFERTO MALE AGLI OCCHI»
Una mia cara parente dovette subire una delicata opera-
zione quando già era ridotta in condizioni gravissime. L'ope-
razione ebbe esito felice, ma subito dopo si manifestò un
glaucoma bilaterale acuto per cui, nove giorni dopo, dovette
essere nuovamente operata. Dal mio cuore gridai a Don Rua :
«Anche tu hai sofferto male agli occhi, Don Rua, salvala!».
Tutto andò bene. Ora. a distanza di un anno, soddisfo la
promessa fatta e invoco ancora la protezione del nostro Beato.
Torino
Sr. ANNA FMA
IL MEDICO RIMASE STUPITO
Sofferente di dolorosi disturbi, avrei dovuto sottopormi ad
un'operazfone chirurgica, secondo il parere dei medici cu-
ranti. Iniziai a pregare il Beato Don Rua perché l'operazione
fosse evitata. Dopo circa un mese tornai per la visita decisiva.
Il medico, stupito, non trovando traccia di malattia, domandò
che rimedi avessi usato. Risposi: « Ho pregato Don Rua ».
Il medico costatò con piacere che tutto era tornato normale.
Riconoscente mando un aiuto per le Opere salesiane.
La Spezie
UGO VERONESI
L'ETA NON PIO GIOVANE
Lo scorso agosto, mentre lavoravo in casa, scivolai e mi
fratturai il braccio sinistro. La mia età non più giovanile
(70 anni I) mi faceva temere per la guarigione. Mi racco-
mandai con fede a Maria Ausiliatrice, a San Domenico Savio,
e soprattutto a Don Rua.
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Abbia.ti Lina - Albini Maria - Allione Mari• (Sig. Srugi) - Amatei• Carlo
- Amerio Orsola - ,Andrcse Clementinrt - Anversa Enza - Arese Elide -
Arese Margherita - Aschieri A. - Attinà Linn - Bagn..co Teresa - BaJdj
Alba - BaTberis Famiglia - Bam:Jlona Teresa - Barone Anna - J3elanetti
Rina - Bellìnura Maria - Berruti Irene - Bìancnrdi Calìeri Lidia - Bianchi
Paolina Martina - Bianoorosso Vitnle - Bisio Nilda - Boggio Mar11heritn
- Boido Maria Rinnld i - BQJlero Maria - Boni MariM - Borgato Giovanni
- Dosi Clelia - Bosotti Llii11i - Bossotti Domenica - Brambilla Maria - Brevi
Brigati Paola - Bru:ozana Maria - Burclino Rosina - Burrone Maria (Stampin)
- Bultiglie:.ro Anna - Calafato Maria - Callegari Sabina - Calvi Silvia Ca-
stoldi - Canaparo Domenica - Canti Franca - CarnCCèlo C..terina - Cnrdetti
Maria - Catapano Anna Maria - Cavallone Pasquale - Cella Matilde - Cc-
loro Franca - Chatel GfoHett, - Cianfarini Virginio - Cilli Amelia - Cin-
quemani Salvatore - Coccia Maria Santa - Colandrclli Luisa - Coli Nun-
ziata - Consani Iride - Cortese Lino - Cumbo Angelica - Ùamianr, Maria
e Pierina - D'Anna Rosa - De Dato Assunta - De Grancti Linda - Della
Rossa Enzo - Dell'Isola Antonio - De l\\llauro Suor Geltrude - D,.narier
Booedetto - De Rosa Antonio - Deva! Angela - Dibitonto Lucia - Di Cccca
Teresa - Di Maria Teresa - l)rogotto Filippo - Elefante Maria - Favalella
Rosalia - Feno Pasqualina - Ferrari Maria - Ferrari Vera - Fern,ro Maria
- Filocamo Mariella .. Fimiani Maria - Finocchia-ro Giancarlo - 1=-iorillo
Gesuina - Fisic hello Paolo - Fontana Bernardo - l'oresti Lucia - Franca
32
Umberto Pio - Gaggero AntQnio e Lucia - GagliaroU Gina - Gaido Pietro
- Gamboso Rosa - Gangi Antonina - Garbru-ino Fiorino - Gatti Rosa -
Geraci Gaetana - Giaoomclli Anita - Gianolio Lucia - Gioane Carolina
- Gfovanninl Elda - Giovane Anita - Gola Maucina - Gnu1dc Maria - Guu-
nascelli Maria - Guarnaschelli Tira - Gucciardi Dr. Vincenzo - GulJ!iel-
minotti Pierina - J achino Teresa - La Greca Emiinia e Fausta - Lampiano
C. - LarllS Lìvi• - Laud,,ni Matteo - Leoncini Maria - Liri Emma - Lo
lacono Salvatore - Lorcnzi Virginia .. Luna.rdi Giovanna - Lusco Salva-
tore - Macchi Piero - Macchieraldo Gabriella - -Manderano Patrizia - Man-
gione Loredana - Marenco Maria - Mastini Lucia - Mazzeo Carmel!l -
Mazzoni Giuseppe - Meosian.i Mario - Meosina Francesca MJcheli Mario
- MJgliavacca Angiolina - Miglio So.rellc - Miravala Orazio - Molh,rn Con-
cettina - Monraneri Lucia - Moriondo Carla - Morioni MJiria - Otcri Mar-
gbcrltn - Panucci Salvatore - Pavinello Leonarda - Pellctteri Angela - Pe.rlo
Paola - Perucca Roselide - Piga Giuliana - Pollena Antonins - Pollina Con-
cetta - Ponti lda - Popolano R. - Preli Anna - Pciarone Famiglia - Proc,hio
P. Angela - Pugliesi Alina - Punturierc Annunciata - Quaglia Sorelle -
Rabino Margherita - Ra!Iaelli Tovazzi Corina - Rapisarda Giovannina -
R11golini Mauro - Ri~cardi Maggi Oina - Riguto Macio - Rinaudo Angela
- Rizzo Diego - Rù:zo Provvidenza Ronc Giovanoi - Ronco Maria - Sac-
chetto F. - Salvadori Margherita - Sampieei Savin• - Sanna Brigida Er-
minia - Senuchl Giuseppina - SiraRusa Antonino - Siragusa Fran~ - Si-
re<lda Bonaria - Sisi Anna Maria - Sola SalvutriC<! - Sr,o,ato Bi"llina - Spo•
torno Teretta. - Tarabra Vittoria - Tom..ella Agnese Granziera - Torti
Natalina - To,cano Giuseppa - Trainiti Albina - Tmffa Maria - Urbano
Giuseppa - Vaj Ercolina - Ventura Giulio - Virano Antonio e Candida.

4.3 Page 33

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E DI
ALTRI Mffl
■ elRVI
DI DIO
Sono stata esaudita. Ma proprio quando dovevo tornare al-
l'ospedale per togliere i l gesso, mio marito si sentl male e si
aggravò al punto da sembrare alla fine. Anche questa volta
mi raccomandai con fiducia al Beato Don Rua. In due setti-
mane mio marito fu fuori pericolo. Sono immensamente grata
a Maria SS. Ausiliatrice e al miei Santi Protettori.
Tarantasca (Cunao)
TERESA LAUGERO
PER NON ESSERE DI PESO
Ero appena giunta nella nuova casa di lavoro, quando mi
sentii molto male. Vedevo con pena le mie care Sorelle, già
cariche di lavoro, fare anche la mia parte e assistermi con vero
affetto, senza badare al sacrificio. Il 29 ottobre 1972, giorno
della beatificazione di Don Rua, mi rivolsi a lui con una sup-
plica forse poco perfetta, ma tanto spontanea: << Dammi un
po' di salute, per non essere troppo di peso, o portami con
te... ». Poi sentii quasi rimorso di non aver accettato senza ri-
serve la volontà di Dio, e volli confidarmi con il Sacerdote.
Questi ml esortò a stare tranquilla. Da quel giorno l'asma
scomparve, e poco per volta migliorai.
Grazie, Don Rua, e ora ottienimi la grazia della santifica-
zione.
Caracas (Venezuela)
Sr. MARIA BONINO FMA
L'AMAREZZA DISSIPATA
Eravamo in villeggiatura, quando la mia figliola si accorse
di non avere più alcuni oggetti preziosi che le erano molto
cari. Li cercammo dappertutto, frugammo negli angoli più ri-
posti. Nulla.
Qualche giorno prima era stata ospite in casa nostra una
collega di mia figlia, una cara ragazza con la quale avevamo
sempre mantenuto rapporti di affettuosa amicizia, di stima e
di reciproca simpatia. Ma nell'affanno del momento non riu-
scimmo a dissipare l'ombra di un sospetto. Più che il valore
degli oggetti, ci angustiava l'amarezza per la fiducia tradita
e per la stima male accordata.
In preda all'agitazione più viva. mi rivolsi con tutta l'anima
a Don Rua. Presi in mano la sua biografia. La aprii a caso, e
mi caddero sotto gli occhi queste sue parole: « Non pianga...
Stia tranquilla I». Volevo credergli. Ma come stare tranquille
in quella situazione? Tornai a riflettere, a supporre altre possi-
bilità, a cercare in altre direzioni. Tornai in città. Giunta a casa,
ripresi a cercare febbrilmente da tutte le parti. Non vi so dire
il mio stupore quando ritrovai gli oggetti smarriti ben custo-
diti in un cassetto.
Né io né i miei familiari siamo riusciti a spiegarci come si
fossero potuti trovare colà. Nessuno ricorda di averveli messi.
Eravamo sicuri di averli portati con noi, e di averli visti più
volte nella casa di villeggiatura.
Ho chiesto perdono al Signore per i sospetti nutriti, del
tutto infondati. Ringrazio Don Rua per avermi aiutata a risol-
vere felicemente un caso tanto penoso.
Messina
Lettera firmata
RICONOSCENTI A DON RUA
« Duramente provata nelle persone care, mi sono sempre
rivo lta con fiducia a Don Rua invocando la sua intercessione,
e ogni volta ho potuto sperimentare la sua valida, confortante
assistenza».
Napo/I
Mamma G. G. (lettera firmata)
Genova Rosa (Palermo) ringrazia Don Rua di averla assi-
stita nella soluzione di gravi problemi che l'angustiavano.
Maria Denaro (Roma) domandò a Don Rua, appena pro -
clamato Beato, di concederle alcune grazie che per lei ave-
vano grande importanza. Ne fu esaudita e ringrazia di cuore il
Beato.
Rubino Giuseppe (Heddernheim-Germania) ringrazia di
gran cuore Don Rua per aver guarito la moglie affetta da tanto
tempo di un male doloroso e fino allora incurabile.
«La famiglia Demichelis ringrazia il Beato Don Rua per
grazia ricevuta, e manda un aiuto alle Missioni».
«E. Ercoli (Varese) ringrazia S. G. Bosco e il beato Don
Rua per grazia ricevuta».
IL PICCOLO FIGLIO DI DUE EMIGRATI
Invio un piccolo segno di riconoscenza per grazie rice-
vute per intercessione di Don Filippo Rinaldi. L"ultima
grazia non l'ho richiesta per la mia famiglia bensl per un
bambino italiano, figlio di lavoratori in Germania, che era
stato riC"Overato nel nostro Ospedale per una grave opera-
zione. Difatti era nato con una grave malformazione al tubo
digerente. Cresceva esile e gracile ed infine il •professore
mi faceva tradurre alla madre che era meglio effettuare una
speciale operazione. Dopo l'intervento i l bambino ha passato
una diecina di giorni in camera di rianimazione in uno stato
molto grave sia per la delicatezza dell'operazione sia per la
debolezza in cui si trovava date le sue condizioni fisiche
e sempre sotto azfone di calmanti per attenuargli i dolori.
Sopraggiunse anche una polmonite a complicare le cose
e pertanto mi rivolsi a Don Rinaldi perché volesse salvare
il piccolo Franco. Sia per le preghiere, sia per quanto è stato
fatto da tutto li personale, Franco si è andato pian piano
rimettendo ed è potuto tornare a casa dai suoi genitori.
Ora sta rimettendosi completamente ed incomincia persino
ad avere voglia di giocare.
Grata per questa e per altre grazie avute per intercessione
del caro Don Rinaldi, lo ringrazio di cuore.
D-732 Goppingen Lorchemr. 39 - Deutschland ALBERTA MULLER
Emilia Rabagliati (Varazze) ringrazia Don Rinaldi per
averle ottenuto dal Signore la guarigione di un male che si
era rivelato ribelle ad ogni cura, ed aveva richiesto un lun-
ghissimo ricovero all'ospedale con ripetute operazioni.
La Direttrice e la Comunità FMA «S. Cuore» (Vercelli)
ringraziano Don Rinaldi per la protezione dimostrata alla
loro colonia estiva.
Rosa Martis Gemma (Val Brembo - Bergamo) ringrazia
Don Rinaldi per la felice soluzione di una delicata opera-
zione chirurgica alla testa e per altre grazie.
Francesco Meli (Torino) ringrazia il Venerabile Don Andrea
Beltrami per avere da lui ricevuto chiara ed efficace assistenza
durante alcuni momenti duri della sua vita di studente uni-
versitario.
33

4.4 Page 34

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PER NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Coad, Pietro Ferrarls t a Bost,on (USA)
a 59 anni.
Uomo di grandi doti d'intelligenza e di cuore,
era molto preparato nel campo della ae-ricol-
tura scientifica. Fu insegnante a Cumiana
mentre dirìgeva una rivista agricola na.zionale,
e preside al reparto di agricoltura dell'istituto
del Colle Don Bosco. Passò in seguito negli
Stati Uniti dove fu di gronde aiuto nell'av-
viare la nuova scuola agricola Don Bosco• a
Huttonste1 Virginia. Fu poi consultore per lo
sviluppo di UnR scuola simile a Santa Cruz,
Bolivia. ·odi tornò negli Stati Uniti dove
svolse mansioni dtinsegnante e consulente in
diversi nostri istituti. Fu l ' uomo de.l lavoro
intellì.gente e ~acrificato, sempre al servizio
dei Riovani.
Sac, Gi useppe Omnc h cr t a Muzzano
(Jtalia) a 92 anni.
La sua lunga vita fu tutta consac,ro.ta al ser-
vi.zio ciel Signore e dei fratelli, in un lavoro
coscienzioso e spesso diffidle: direttore, par•
roco, catechista. maestro, confessore fino agli
ultimì giorni. D. Giuseppe è passato rr• noi
come l'uomo semplice e buono, dalla fede
limpida, di un candore incantevole, e c,ome
l ' uomo del lavoro perenne, Sapeva conqui-
stare le simpatie d1 tutti coo la sua giovialità
c. serenità di spirito, con la cordiaUtà e l"ine-
sauribile ottimismo. Queste simpatie si con-
cretizzarono, durante la guerra, in aiuti pre-
-ziosi per iJ sostentamento degli aspiranti e
con.fratelli, Attribuiva tutto questo a Maria
Ausiliatrice. Per essa nutriva una vivissima
devozione che comunicava agli altri. Fu puTe
de,·otinìmo di D. Bosco e dì S. Giuseppe.
La sua fede non si fermava a queste manife-
stazioni ma per-meava tutta la sua vita, e in
primo luogo la sw, obbedienza e disponibilità
per quanto gli veniva chiesto o proposto dal
Superiore.
Sa c. Mario Salatllnl t a Roma a 6 r anni.
Attaccato oUa Congregazione e- a Don Bosco,
amo sempre il 1-avoro, a cui si dedicò con
impegno e sacrificio, Sotto una scorza un _po'
rude nascose un cuore semplice e ge neroso.
Le alterne vicende della sua lunga malattia,
sopportata eon spirito di fede e di amore, ri-
vcla.rooo la sua forza spìritua.Je e un-a elevata
formazione religios-a,
Sac. Giuseppe CrucUlà t a Mazzarino
(Caltanissetta - Italia) a 62, anni.
Cresciuto in una famiglia profondamente cri-
stiana, maturò la sua vocazione tra i figli di
Don Bosco insieme ad una sorella tra le F.
di M. A, Fu sempre dedito al lavoro educa-
tivo nell' insegnamento dcl1a Religione nelle
scuole e nel ministe.ro sacerdotaJe spc.cie tra
i giovani di Oratorio. Mentre ritornava a casa
in motorino, dopo aver svolto la lezione di
Religione nelle scuole statali di un vicino
paese, per un incidente è caduto. 'Raccolto da
pa.asanti e ricoverato all'ospedale, dopo due
giorni di sofferenze ha reso la sua bell'anima
al Padre celeste. Preghiamo fraternamente in
suo suffragio.
COOPERATORI DEFUNTI
Giu seppi na Aclelalde Rovitro t a Torino.
Fin dai primi anni imparò da papà e mnmmn
ad amare le Missioni e ad aiutare i mis.sionaci.
Fu particolarmente delicata e benefica verso le
vocazioni missionarie aalf!Siane:, che aiutò con
generosità fino alla fine della sua vita.
Pasquale Laudato t a Materdomini di No-
cera a 68 anni.
Padre di due figli. missionari salesiani in Amaz-
zonia (don Luigi e don Francesco), non poté
esse.r~ da loro confortato negli ultimi momenti.
m.a senti presente: la Famiglia Salesiana che si
strinse numerosa e commossa attorno a lui, a
mamma Maria e ai familiari per far sentire
l'amore grande di Don Bosco pe r ehi gli ba
donato i suoi figli.
Giuseppe McrcaUl t a 92 anni.
Dopo una vira spesa :per Dio, per la famiglia
e nel servizio m ilitare della Patria, sopportò con
coraggio e rassegnazione un11 lunga e dolorosa
malatria. Con gioia enltÒ nella Casa del Padre.
Beatrice Trabucchi.
Fu segretario del Consiglio dei Coope.ratori
della sua zono, e spese la vita nel fare del gran
bene a tanti. Ebbe un amore arande per Don
Bosco, e seppe vivere cristianamente a.ncbe l'ul-
tima, dolorosa. e lunga malattia con cui Dio la
chiamò o. sé.
Michele Boscla t a Messina a 77 anni.
Dei sei figli che Dio mandò alla sua casa, fece
o. metà con Don Bosco: don Pietro è nùssìo-
nario in Brasile, don Luigi lavora in Sicilia,
sr. Graziell• ~ Figlia di M. Ausiliatrice. La sua
serenità di spirito, la giovialità, l'ottimismo,
frutto del suo abbandono in Dio, sono il più
dolce ricordo per quanti l'hanno conosciuto.
Ogni anno faceva i suoi Esercizi Spirituali coi
Cooperatori Salesiani, ai quali apparteneva,
dando luminosa testimonianza di fede. Padre e
sposo esemplare, lascia un esempio di immensa
fiducia nell.a Divina Provvidenza.
Piera Maso;ola l n Cogbl t n Milano a 69 anni.
Con vera fede, avviò i suoi quattro figli fin dalla
primissima età alla Con1unione quotidiana, con-
vinta che è il Signore che educa alla bontà e
alla pure22a •. Quando Dio chiamò un figlio e
due figlie nella Famiglia Saleriana, si $enti
madre fortuo3ta e felice, pur nel distacco dolo-
roso. U'nn lunga malattia la costrinse in situa-
zione penosa per conti onni, ma dal 1973 ebbe
la viva gioia di ricevere ogni giomo Gesù_ Eu-
carestia dalle mani di una sua figlia suora. Ha
lasciato scritto nel testamento spirituale: 1 Siate
aempTe sereni, e se. la sofferenza verrà a bussare
alla vosrra porta, pensate c:he il buon Dio vi
vuole più vicini a Lui sulla via del Calvario, e
eh.e vi aiuterà, insieme alla sua e nostra Madre
celeste, a porta.re la Croce•·
Glusitppe Barbero t a Canelli a 87 anni.
Uomo semplice, generoso e silenzioso, educò
cristianamente i suoi figli. li suo sorriso inalte-
rabile era. la manifestazione del suo animo e
Pesprcssione delle sue virtù.
Mons. Felice Pcrdlnl f a Codogno (Milano)
• 84 anni.
Fu per 38 anni Rettore del Santuario di Co-
dogno. Svolse importanti funzioni in due cause
di beacifìc.azione, e fu custode delle Sfj. Reliquie
della diocesi di Lodi. Fu puye insigne benefat-
tore dell'Opera Salesiana.
Ro berto Panfilo t a Vilminore di Scalve
(Bergamo) a 68 anni,
Forse fu la sua infan.zfa travagliata a fargli sen-
tire la paternità come missione, e a fargli stì-
mare ed am;,re Don Bosco, padre degli orfani.
Ebbe dieci figli. Di essi, quattro sono sacerdoti,
tre nella Congregazione Salesiana. Fu Coope-
r-atore convinto e app:usionato.
Gino Lcnsl f a Finale Ligure a 86 anni.
Nato a Pisa e trasfe.rìtosi con la famiglia a
S. :Benigno Canavese, all'età di 8 anni fu ac-
colto daj Salesiani. Morta la mamma, entrò
nel Collegio di Don Bosco a Milano, appena
ultim,ato. Dovendosi quindi trasferire a Gcnov11-
Sam.pierdarena, fu accettato tra gli allievi della
Scuola Tipografica de.i Sa lesiani, distinguendosi
sempre per applicazione e bontll. Conobbe per-
sonalmente Doo Bosco e il Beato Michele Ru•,
e gradiva ricordarli quando incontrava gli amici
exallievi sale8iani, assaj numero.si nella zona di
Finale Ligure dove lavorava.
Olga Sangulnettl t a Roma.
Molto devota dì Maria Ausiliatrice e di Don
Bosco, benché ormai abitasse as&ai lontano,
ogni anno si recava a pregare presso i loro
altari nella chiesa salesiana di Vìa Marsala.
Aiutò sempre nei limiti delle sue pouibilità
le Opere di Don Bosco.
Maddalena sass o t a Trofarello (Torino).
Fu ex-allieva delle Figlie di M. Ausiliatrice
e zelante Cooperatrice salesiana. Aiutò s.pe-
cialme.ntc le missioni dell'India, sicura che
• chi dà ai poveri riceverà. il centuplo da Dio•·
Teresa Imperlale t a Frogag-nano.
Fu madre di 13 figli, e fu sempre lieta di aver
donato una figlia al Signore nelle FMA. Fu
fervente Cooperatrice salesiana. Lu suo. vita
fu una continua sofferenza fisica, accettata con
rassegnazione cristiana. AlJa figlia religiosa
augurava sempre che fosse felice di seguire
da vicino Ges ù. e a Lui tutto offrisse per la
santificazione propria e per quella dei genitori.
fratt,lli e parenti.
S. E, Mo n ,. Vittorio Long o , Vescovo tito-
lare dì Lorina, Ausiliare del Card. di Napoli,
t a Napoli a 73 anni.
Fu per molti anni Direttore Diocèsano dei
Cooperatoci Saleriani, •mmiratore di D. Bosco
e della sua Opera, ne viste lo spirito, che dj..
venne regola del suo apostolato, sia quando
fu Assistente Regionale dell' A.C.I., sia poi
come Vicario Generale e Ve.scovo Ausili.are.
Pochi giorni prima di morire invitato ad espri-
mere. il su.o pensiero in occasione della. e Set-
timana Europea di studio sulla Formazione
del Coopcnitore ,, disse con calore: I sa-
cerdoti diocesani hanno bisogno di D. Bosco,
oggi soprattutto. D. Bosco è quanto mai
11.ttuale1 per capi.re i giovani e per rendere
fruttu.090 l'Apostolato sacerdotale, mediante
J'unione con Dio. l'amore all' Eucaristi_a, alla
Madonna e al Papa. J sacerdoti, la Chiesa
tutta hanno bisogno di D. Bosco. Fatelo co-
noscere•·
Era sempre disponibile per ogni richiesta
salesiana; non mancava mai agli incontri an-
nuali dei Cooperatori e a quelli dei Sacerdoti
Exnllievi--Cooperatori, animando ed incorag-
giando tutti con Jm sua presenza, con la sua
pa-ro1a e con la dolce~za e delicatezza del tratto.
Dio lo chiamò • sé nell'atto di distribuire
l'Eucaristia ai fedeli durante la S. Messa, che
tu l'ultima della sua vit~. f!: troppo grande
l'uomo, figlio di Dio, per chiudere la vita
per •caso», ebbe a dire l'Arcivescovo di
Napoli. Card. Ursi, durante il rito funebre.
Se Dio presiede alla nascita di ciascun uomo,
non può essere assente alla chiusura della sua
vita. J:: il Signore cbe ru, voluto cbe Mons.
Lonijo concludesse la sua vita terreno. c~le..
brando l'Eucaristia•.
Per quanti ci hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, riconosciuta giuridica-
mente con D. P. ael 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto
13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere LBgati ed Erediti,. Formule legalmente Valide sono:
se trattasi d"un legato: «... lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma (oppure ali'Istituto Salesiano per le missioni con sede
in Torino) a titolo di legato la somma di lire .... . .. . (oppure) rimmobile sito in ..•.. ».
se trattasi, invece, di nominare e rede di ogni sostanza l'uno o l'altro dei due Enti su indicati:
«... annullo ogni mia precedente disPoslzione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma
(oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino) lasciando ad esso quanto mi appaniene a qualsiasi titolo».
34 (luogo e data)
(firma per disteso)

4.5 Page 35

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Borsa: Maria AuslliatrJce e S.
Giovanni Bosco, in n·n.graaiamento,
3. cura di Cerasi Serafina, Castrocielo
(Frosinone), L, 175.000.
BorSa: Maria Aus!Uatrlce e Don
Bosco, in wffragio d<i D•frmti d<lla
FamJgUa, a cara di Maria Zavattaro
(Torino), L. 100.000.
Borsa: Ges\\'I Ba mbino, Maria
Auslliatrlce e S. Giovanni Bosco,
per avnt protezione su Phs<>ne tare.
a cura diN.N., Mede (PV), L. 100.000.
Borsa: Sacro Cuore di Gesù,
Maria Ausiliatrice e Don Bosco,
per grazia rice,;uta, R cura di Geno-
veffa Toscani, Compiano Casello
(Panna), L. 65.000.
Borsa: Sacro Cuore di Ges\\'I,
Maria Ausiliatrice, Papa Giovanni,
perché l'Anu() !fh:mto tia pn tutei i
/an,iliari armo di rinnovamento e ri-
ronciliazion~. a cuta di N.N., Aosta,
L . 60.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e Anim.e Sante del
Purgacorlo. implo,-a11do protezione e
gra~t per la mia Famiglia, a curn
di N. N., L. 50.000.
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Maria Ausiliatrice, per la bta1ifi-
ca..-io11, di Don Filippo Rina/di, a
cura d1 Solina Prof. Angela, Livorno,
L. 50.000,
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura
di Calza Angelo, Ci.zzolo (MantoV'll),
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Borsa: Maria Ausiliatrice. in rin-
gra:.iamento per :scampato grave peri-
colo d<ll'int<ra famiglia, implorando
ancora continua protezione1 a cura di
Zanini Maddalena, Oardone Riviera
(Brescia), L. 50.000.
Borsa: A Mons. V. Cimatti, con
immutat,, riconoscenza, a. cura di
Ferraro Rag. Oreste, To.rino, L. 50.000.
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siam1 in te."a di' missiont., a cura di
Fo:-zani Caterina, Borgomnnero (No•
vara), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco, 11 curn di Lavae-
chielli Maria Luisn, S. Donato Mi-
lanese (Ml), L. 50.000.
Borsa: Tn memoria t suffragio dt
Sanq>it.tro Edo, a cura cli Gilardoni
Leccardi Angela, Milano, l,. 50.000.
Borsa: A Maria Ausiliatrice e a
S. Giovanni Bosco, ringraziando per
grazia ricwula ed implarando ancora
protezi.011c, a cura di Piccinini .Fa.usta,
Verona, L. 50.000.
Borsa: Cristo Re e Beato Don
Rua, in mffrDIÌD dtl /Mtt/Lo Luigi
"!ttaur, a cura delle sorelle Mauri
Annu e Carlotta, Como, L. 50.000.
Borsa: San Pio X, a cura di Sana
Luigi, Quarru S. Elena (CA), Lire
50 .000.
Bors;.1: /11 memoria e 1ulfragio di
Corvi Agostino. a cura delln moglie
e della figlia, Biandronno (VA),
L . 50. 000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura
dl Oneta Lodobico, Collesalvetti
(Livorno), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, -irn;oca·ndo
prot~ione. a cura di Ravera Scalzo
Franca, Silvano d'Orba (Alessandria),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco, irrt1ocand,, prole-
~ione t ulio mia Famiglia, a cura di
Camera Nini, Silvano d'Orba (Ales-
sandria). L. 50.000.
Borsa: l'{aria Ausiliatrice, in su,f-
(ragio dt i defunti ~ invocando prote-
;;iont ptr la Famiglia. :1 cura di Chia•
reUi Angela, Martina Franca (Tn-
runto), L. 50.000.
Borsa: Maria Aus iliatrice e S.
Giovanni Bosco, per grazia ricevr,ta,
invocando ancora continua prote<J:ione,
ed a suffragio di mio figlio Dante,
a. cura di Bes.seghini Battista, Grosio
{Sondrio), L. 50.000.
Bo rsa: Bealo Miche le Rua, pt>
invncart. grazi~ per la propria Fami-•
glia, a cura del Cav. Gino G.allici,
Torino, L. 50.000.
Bo rsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco, per ottenere btne-
dizione sul proprio laooro, a cura dei
Soci della Ditta SAPS, Torino,
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Borsa: Marn Ausiliatrice e S,
Giovanni Bosco, in suffragio di iWario
Orsini, a cura della mamma e del
fr.rtello1 Alessandria-1 L . 50.000.
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vanni Bosco, S. Domenlco Savio,
per grazia rite.fJuta e per i,wocart!
ancora prote.ziont, a cura di M. F.
Novarn, L . 50.000.
Borsa: Maria Auslllatdce, S. Gio-
vanni Bosco, Beato Don Rua. in
suffragio ài mio marito, a cura di
E. L., L. 50.000.
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Bosco, in s.uffeagio dei miei Dt/llnti,
a cura di Ciorgi T., L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore di Gesù,
Mària Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco. a cura d1 N. N. , L. 50.000,
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BO$COJ per grazia ricevuta, a cura deJla
Famiglia Lsru:a, Chieri (Torino),
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a cura di N. N., L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco e Santi Salesiani, pu ottt!-
nue. prote.....""lont. i-n v ita e in morte,
a cura di N .. N., L .. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore di Gesù e
Maria Ausiliatrice, a cura di Altieri
"Elvira, Torino, L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco e Don Filippo Rinaldi, a
cura di N. N.1 L. 50, 000.
Borsa: Maria AuslUatdce, S. Gio-
vanni Bosco e S.. Domenico Savio,
a cura di Pa.gliughi Agnese, Vicoso..
prano (Genova), L. 50. 000.
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don
Bosco e Don Rua, inuotandon~ la
protezione, a curo di Nerini Giannina,
Suna di Vuban.ia (Novara), L , 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e Sanll Salesiani, per
grazi.a n·c~vu.to, a cura di Odis io
Renzo, Breuil-Cervìni• (Aosta), Lire
50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico Savio,
a cura di Srringbini Gius.eppina1
Vighizzolo (Como), L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco. a .cura
di Jovine Pistolese Anita1 Belluno,
L. 50. 000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, a cura di Lucci Maria
vcd. Cuicchi, Chiamvalle (Ancona),
L. 50.000.
BorSa: Maria Ausiliatrice e Don
Filippo Rinaldi, a cura di RinaJdi
Pierina, Biella (VCJ, L. 5<:>.000.
Borsa: Don Bosco. continua a pro-
teggere lo mia famiglia, a cura di
Viganò Aana Maria, G ennignl\\g:.t
(Varese), L. 50.000.
Borsa: In suffragio di Sr.fano
Can,illo F~rrarazzo e Anime del Pur-
gatoriq. a cu.ru di Argen'\\.o Mariu,
Genova, L. 50.000.
(oolln:tro~)
crociata
ELENCO DI BOR SE MISSIONARI E PERV EN UTE A LLA DIREZIONE
DEL BOLLETTINO SALESIANO
Pe rché 7 Alla recente Conferenza sull'alimentazione di
Bucarest è risultato - conti alla mano - che per alle-
vare un bambino nei paesi del benessere si spende cin-
quanta volte di più che per allevarne uno nei paesi del
terzo mondo. Negli occhi di questo bambino nero (foto
scattata nella periferia di una grande città dell'America
Latina) c'è una domanda inquietante: « Perché succede?
Perché proprio io devo essere macchiato di quel supple-
mento dì peccato d"origine che si chiama miseria, e mi
puni rà per tutta la vita 7».

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Collana "LA SCALA DI GIACOBBE»
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v1.ncera'
la vita
Il libro di un uomo che ha vinto la sua battaglia
lottando per la vita fino a/l'ultimo istante,
pur sapendo che la morte lo attendeva ad ogni
istante per il confronto decisivo.
Le prospettive, le speranze, le delusioni, le gioie
e le amareue in una proiezione co,tante di
vita intensa come sviluppo dei valori del'esistenza,
come amore e disponibilità verso gli altri.
Questo «è l'amore vissuto che continua la vita,
è l'amore che fa vincere la vita ».
zw Spett. SEI: Speditami contrassegno (più speso postai/)
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VINCERA LA VITA
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