Bollettino_Salesiano_197503


Bollettino_Salesiano_197503



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BIlln'IN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCIX N. 3 1° FEBBRAIO 1975
Spediz. in abbon. post. - Gruppo 2° (70) - 1• quindicina

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCIX - N. 3
Febbraio 1975
Direttore responsabile
DON TERESIO BOSCO
Impaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Amministrazione
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
C.C.P. 1-511& intestato a:
Dir. Gen. Opere D. Bosco - Roma
Officine Grafiche SEI
SOMMARIO
Editoriale
2. Un anno di Riconciliazione
Articoli
6. Cagliero '75: alla ricerca dei
«padre Mantovani»
1O. « O Deus branco»
12. « Ma dove abita il vostro Dio?»
13. Due lire, cioè tutto
14. 30 anni con i radioascoltatori
16. A maniche rimboccate
18. «Settimana della Gioventù a
Guatemala»
19. Cittadella per ragazzi della strada
20. L'ultimo silenzio sulla montagna
23. Perché tanti soldi per una scuola 7
24. Ore 16: addio nel Santuario
Notizie
della Famiglia Salesiana
28. Vescovo che va, vescovo che
viene nell'Alto Orinoco
28. Nate dal ceppo salesiano
28. Dall'Università di Bari
28. Sognare in Khasi
28. Hanno sctilt,o Cristo
29. Cento anni a Borgo S. Martino
29. Un ;artista salesiano
29. A r.1ons. Ferrando
29. Medaglia d"oro all' «Astori»
29. Encuentro Joven
29. Piccola comunità a Conegliano
29. Giov.ini per uri'est!lte divers!l
30. Santuario a Bernal
30. Sulla «Teologia della liberazione»
30. Settanta ciceroni della loro città
31. Lubiana: Maria e il suo popolo
31. D. Gavinelli nel «suo» santuario
32. Da soli in associazione gli Ex-
allievi di Rhodesia
32. Festeggiato D. Luigi Pasa
Rubriche
5. Educhiar,no come Don Bosco
« Impariamo ad assisterli»
11. Pubblicazioni Salesiane
32. Grazie per intercessione di M . Au -
siliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata M issionaria
In copertina
L"incontro con Il ministro di Dio e con
I nostri fratelli è l'inizio della Riconci·
liazione a cui cl chiama l"Anno Santo.
un anno
r1. condci1.11.az
Noi saremo riconciliati
con Dio nella stessa,
identica misura con cui
ci riconcilieremo con i
nostri fratelii e le no-
stre sorelle. Né più né
meno. Ci abbiamo se-
riamente pensato? È a
questa conversione del
cuore che Paolo VI
chiama tutti i cattolici
nell'Anno Santo.
«·L 'amore è facile», sussurrava pa-
recchi anni fa Orietta Berti con
la sua larga faccia ottimista. Poi, si
sa, i tempi sono cambiati : il petrolio,
l'austerità, gli imboscamenti, l'« una
tantum ». E anche le canzonette si
sono adeguate. Altre cantanti, sotto
lo sciabolare freddo dei riflettori,
con facce da tragedia imminente,
scandiscono fatali: << Quant'è difficile
l'amore! ►>.
Fischiettare il ritornello di una
canzone d'amore, via, non mi pare
scon,veniente, nemmeno per un cri-
stiano. Anche se l'amore, per noi,
do~rebbe essere qualcosa di più
seno...
Da lunghi secoli i cristiani predi-
cano l'amore, «dicono» la Messa,
parlano di Dio, del presepio, della
Croce... E poi ?
Un «esiliato 1> in Francia (da un
Paese dove c'è la dittatura), 57 anni,
ammalato, diceva recentemente:
<e Non serve a niente parlare di
Dio, dell'amore, senza tradurli nella
vita pratica di ogni giorno. Non c'è
niente al mondo che sia stato più
studiato, pensato, discusso e chiac-
chierato di Dio. Però, malgrado tanto
sfoggio di scienza "divina", l'uma-
nità è minacciata dalla distruzione
completa, oggi più che in ogni altra
epoca.
«A cosa servono tutti questi sa-
pienti, teologi, moralisti, tutte queste
religioni, queste scuole, queste in-
venzioni, se gli uomini sono incapaci
di comprendersi, di aiutarsi, e di
amarsi per essere un poco felici su
questa terra ?
«Anche se tutto il mondo un
giorno diventerà cattolico, o prote-
stante, o ebreo, o musulmano, o cre-
dente, o ateo, o spiritualista, o bud-
dista, mi pare che non sarà una so-
luzione. Tutti questi "regimi" hanno
già fatto le loro prove in piccolo,
e sono finiti nel fallimento più com-
pleto, perché tutti pensavano sol-
tanto a eliminare quelli che non la
pensavano come loro, quelli che li
contraddicevano. Nel nome della pa-
tria, in quello di Dio o in quello
della libertà, si elimina l'uomo che
pensa diversamente, che cerca la feli-
cità per un'altra strada. Tutto questo
è vivere alla vecchia maniera del
vecchio uomo, con il suo egoismo
animale.

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,
one
<< Secondo me, un buon cristiano
è colui che ama, e che si perfeziona
ogni giorno per essere perfetto come
è perfetto il nostro Padre. Un buon
cristiano non può essere che colui
che vive la sua vita seguendo gli
insegnamenti di Cristo. E allora, di-
ciamocelo chiaro, di "buoni cristiani"
ce n'è ben pochi >>.
Come contraddire questa dura co-
statazione ?
Chi può guardare con occhi lirn-
pidi la sua vita, le sue divisioni, le
sue guerre?
È più che mai tempo che i cristiani
siano «cristiani l>, senza «però 1>, senza
<< sl ma l), senza mutilazioni.
È per questo che Paolo VI ha
lanciato un Anno Santo che ha come
parola d'ordine << Riconciliazione>>. È
il suo <• Mai più la guerra! >> gridato
dieci anni fa all'ONU, ma esteso
questa volta a tutti i livelli della
nostra esistenza, a tutti gli ambienti
in cui viviamo, a tutte le nostre
relazioni con gli altri. E il primo
«Altro >> è Dio.
« Lasciatevi riconciliare
con Dio» (2 Cor. 5, 20)
È il meraviglioso invito di San
Paolo. Non dice: <1 Riconciliatevi con
- Dio 1>. Perché non ne siamo capaci.
! l\\Ta << lasciatevi » amare, « lasciatevi •>
perdonare. A noi che siamo nemici
di Dio per la nostra condotta cat-
tiva, Dio apre le braccia: Dio ci
Vl1ole stringere tra le braccia «santi,
senza macchia>> (Col. I ,22), perdo-
nati, riconciliati.
Ed è lui che «ne fa tutte le spese>>.
<< Colui che non aveva conosciuto
peccato, Dio l'ha fatto peccato per
noi, affinché noi diventassimo san-
tità di Dio in Lui>> (2 Cor. 5,2x).
Questa croce verticale dove muore
Gesù sprofonda in tutta la profondità
dei nostri peccati, e ci riallaccia de-
finitivamente a Dio che perdona. Gesù
crocifisso è la nostra Riconciliazione
con il Padre.
Ma la croce di Gesù ha anche una
trave orizzontale. Gesù, che è nostra
Pace con il Padre, vuole anche, con
lo stesso gesto, con la stessa morte,
essere nostra Pace con tutti gli uo-
mini (Ef. 2,n) <• Pregate c-0sì - ci
detto-: "Padre nostro... perdona
a noi le nostre offese, come noi per-
doniamo a quelli che ci hanno offeso".
Perché se voi perdonerete agli uomini
le loro mancanze, anche il vostro
Padre celeste vi perdonerà; ma se
voi non perdonerete agli uomini le
loro mancanze, anche il vostro Padre
non vi perdonerà ll (Mt. 6,9-15).
Ricordiamo la parabola del debitore
che aveva un debito enorme, impos-
sibile da pagare (Mt. 18,23...). Gli
toccava una condanna totale, niente
e altro. Questo è il debito di ogni
uomo verso Dio, il mi·o debito di
peccatore verso la giustizia divina...
Ma Dio non fa questione di giu-
stizia, non esige un regolamento di
conti, non instaura processi. Egli ne
fa una questione di misericordia:
<< Mosso da compassione, iJ Padrone
lo congedò dopo avergli perdonato
tutto il debito >> A .•• condizione che
anche lui perdoni il piccolo debito del
suo fratello. Altrimenti, si torna alla
rigida giustizia.
Allora: noi saremo riconciliati con
Dio nella stessa, identica misura con
cui noi ci riconcilieremo con i nostri
fratelli e le nostre sorelle (Le. 6,37).
più meno. Ci abbiamo seria-
mente pensato ?
Si massacrano
nella terra della pace
A intervalli regolari, gli uomm1
si massacrano nelle terre della Bibbia,
dove duemila anni fa fu ricevuto il
messaggio di Natale: «Pace sulla
terrai •>.
Il contrasto è insostenibile. È come
una bestemmia concreta questa guerra
senza fine tra israeliani e arabi, tra
i figli del medesimo padre Abramo.
Una bestemmia, però, meno penosa
di quelle che furono le guerre tra
cristiani: r870, x9r4, r939...
Ma perché andare a cercare tanto
lontano ? Tra v1cLru, tra fratelli e
sorelle, tra padroni e operai, tra ge-
nitori e figli, tra professionisti della
stessa azienda, ogni giorno non si
resiste all'invidia, alla collera, al ran-
core, all'istinto di far del male. Sono
scavate nel nostro cuore le caverne
da cui ogni giorno possono uscire
i mostri della gelosia, del malanimo,
della vendetta, del sospetto e del giu-
dizio temerario, in una parola: del-
l'odio, in forma attenuata o violenta.
Come se non fossimo cristiani.
Come se non avessimo in Cielo
un Padre comune che, quando si
tratta di regalare il suo sole o la sua
pioggia, se ne infischia delle opinioni
politiche o religiose di coloro che ne
hanno bisogno: e usa lo stesso trat-
tamento per il campo del bestemmia-
tore e per il giardino delle Car-
melitane.
È a questa conversione del nostro
cuore che Paolo VI chiama tutti i
cattolici. Sul frontone dell'Anno San-
to, come davanti alla chiesa della
Riconciliazione dei Fratelli di Taizé,
egli ha scritto:
<< Voi che entrate qui (nell'Anno
Santo), riconciliatevi,
il padre con suo figlio,
il marito con la sua donna,
il credente con colui che non può
credere,
il cristiano col suo fratello sepa-
rato>>.
La conversione
non comincia in chiesa
Forse qualcuno non sarà d'accordo
con me, ma lasciatemi dire il mio
parere. La riconciliazione non co-
mincia in chiesa. Non comincia nem-
meno nel confessionale. Comincia in
casa. Con il papà, con la moglie,
con il figlio , il marito, il vicino di
pianerottolo, il fratello, la sorella...
Dopo una violazione del «cessate
il fuoco >> in famiglia, per esempio,
noi abbiamo tre strade possibili: do-
mandare perdono a Dio, andarci a
confessare dal sacerdote, o abbracciare
colui o colei che noi abbiamo rat-
tristato. Quale la strada n~igliore ?
Beh, a me sembra troppo facile pre-
tendere di aggiustare tutto con Dio
o con il prete, mentre il mio peccato
ha fatto soffrire mio marito o mia
moglie.
Siamo seri. Questo padrone che si
confessa di essere stato troppo duro
con i suoi operai, questo adolescente
che si accusa di disobbedire ai geni-
tori, questa manuna che bisbiglia alla
grata del confessionale di far perdere
la pazienza a tutti in famiglia per i 3

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suoi scatti di rabbia... che preten-
dono ? Di tornare a casa tranquilli,
«come se nulla fosse capitato ? >> A
me un comportamento simile sembra
indecente. Il buon Dio, per mezzo
del sacerdote, ti perdona soltanto
nella misura in cui tu sei deciso a
tornare in casa a << fare là i> la tua
confessione: a chiedere scusa, a rico-
noscere che sei stato un poco di
buono. Mi pare questione di buon
senso.
E non dice cosl anche il Vangelo?
<! Se ti stai presentando all'altare, e
ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa
contro di te, lascia ll la tua offerta
e va prima a riconciliarti con lui ►>
(Mt. 5,23). Fin che non hai percorso
questa strada di riconciliazione, Dio
non desidera incontrarsi con te. Anche
se è stato tuo fratello «a comin-
ciare ►>. Se invece di andare a cercare
tuo fratello, andrai a cercare un prete
per raccontargli la tua discordia, lui
non potrà che dirti le parole di Gesù:
«Vai a cercare tuo fratello e mettiti
d'accordo con lui i>.
Assassini con il cuore buono
Se la riconciliazione è sovente così
difficile con il fratello o con la mo-
glie, che dire della riconciliazione
con il vicino, con il compagno di
lavoro che al contrario di te è nato
al Sud o al Nord? Secondo un'affer-
mazione dell'ambasciatore di Algeria
a Parigi, nel 1973 sono stati assas-
sinati in Francia cinquanta algerini.
Uno per settimana. Cifre simiJi si
leggono ogni tanto sulla situazione
dei lavoratori negri nel Sud degli
Stati Uniti. E noi c'iodignamo. Molta
meno indignazione proviamo, però,
per i meridionali ingaggiati nei can-
tieri edilizi del Piemonte e della
Lombardia senza libretti di lavoro e
senza previdenza sociale. Meno indi-
gnazione ancora riscuote presso di
noi il fatto che un'alta percentuale
di ragazzi in età scolastica venga
ingaggiata illegalmente in mille lavori
clandestini con dei salari miseri e
senza (naturalmente!) assicurazione
contro gli infortuni.
Ci sono degli assassini con la pi-
stola. Ci sono degli assassini con un
«cuore buono >> e la Messa dome-
nicale.
Il razzismo è una cosa sporca.
Siamo tutti d'accordo. Ma non c'è
solo il razzismo contro i negri. Con
umorismo lucido un pastore valdese
qualche mese fa, in un cantone della
Svizzera dove gli stranieri sono soprat-
tutto italiani, disse dal pulpito: <• Ci
sono due specie di gente che io
detesto: i razzisti e gli italiani>). Bi-
sogna riconoscerlo: ognuno ha i suoi
negri...
Ebbene, bisogna trovare una buona
volta l'occasione di riconciliarci con
loro: cercarli più che fuggirli, aiu-
tarli con calore, guardarli con un
sorriso franco, accettarli cosi come
sono, differenti da noi dalla caden~a
dialettale alle usanze di cucina, sti-
mare il loro lavoro con riconoscenza
(quella del cuore e... quella del sa-
lario!), aver fiducia in loro come in
quelli e pi.ù simili a noi ►>. Dobbiamo
<< stare attenti ai rischi •> ? Ma noi,
siamo al di sopra di ogni sospetto?
L 'amore crea amore, il sorriso fa na-
scere il sorriso, la confidenza crea la
fedeltà. Il più grande rischio è mo-
rire per amore dei fratelli. Fu la
scelta di Cristo.
Lotta di classe
Lotta di razze, ma più ancora lotta
di classe. È l'argomento numero uno
dei nostri giornali, dei notiziari radio
e TV, dei discorsi e dei comizi.
Bisogna essere un privilegiato ben
incosciente per ignorare il mondo dei
poveri e la sua oppressione. Questo

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mondo è curvo sotto la violenza ag-
gressiva di un'economia di ferro,
comandata solo dal profitto. Di qui
la lotta di classe. Una lotta davanti
alla quale un cristiano, che non sia
una caricatura di cristiano, non può
accontentarsi di sgranare rosari...
Certamente, bisogna riaffermare in-
sieme ai vescovi di Francia (Lourdes
r972): «La politica non è tutt-0 nella
vita dell'uomo >l. Essere di sinistra
contro la destra, essere di destra
contro la sinistra, non è questo l'es-
senziale. La Chiesa, quelli che cre-
dono e vivono in Cristo, devono
innanzitutto vivere e pensare all'es-
senziale: il senso della vita e della
morte rivelatoci da Cristo, Dio nostro
Padre, Gesù il Salvatore, la sua legge
d'Amore. Ma Gesù non sarebbe che
un mito vuoto, Dio un complice del
male, l'amore una parola bugiarda se
il cristiano non si gettasse politica-
mente nel combattimento per ciò che
egli crede essere la giustizia.
Allora, scatenarsi? Far la pelle ai
borghesi o bombardare le <◄ comunità
proletarie »? Scomunicarsi a vicenda
tra un campo di battezzati e un
altro? Se si parte dalla Bibbia non
si può fare tutto questo.
Riconciliarsi senza smobilitare -
perché bisog11a riconciliarsi l - vuol
dire riconoscere agli avversari il di-
ritto di pensare diversamente, di mi-
litare onestamente su altri schiera-
menti; vuol dire provare la fondatezza
delle nostre idee politiche impegnan-
doci nel cambiare la vita dei piccoli,
nell'instaurare relazioni più umane
t ra gli uomini e tra i gruppi umani.
I vescovi francesi a Lourdes hanno
dichiarato: «È chiaro che la Bibbia
manifesta un certo numero di esigenze
morali molto precise e molto nette:
il rispetto dei poveri, la difesa dei
deboli, la protezione degli stranieri,
il sospetto nei riguardi della ricchezza,
la condanna del dominio esercitato
dal denaro, la libertà e responsabilità
di ogni uomo, l'esercizio di ogni
autorità come servizio, il rovescia-
mento dei poteri totalitari 1>.
È forse impossibile a cristiani di
opposti schieramenti, ascoltare in-
sieme la Parola di Dio, dialogare
alla sua luce, abbandonare in anti-
camera i paraocchi del pregiudizio,
mettere 1a museruola al proprio
egoismo di classe, collocarsi allo stesso
piano degli altri, comunicare insieme
per «forzare» la grazia dell'unità?...
(e Quant'è difficile l'amore I >1.
Ma noi non abbiamo un altro me-
todo per dare un significato alla
nostra vita e per rendere migliore
questo mondo.
REY-MERMET (rielaboraz. di T. BOSCO)
impariamo
ad assisterli
Tre ragani si erano allontanati dal
gruppo dei compagni. Avevano trovato
un posto solitario e lì, seduti sopra una
grossa trave, discosti dagli occhi di
Don Bosco, avevano cominciato a sci-
volarè in discorsi non troppo puliti.
Don Bosco però aveva indovinato la loro
manovra; ed ecco all'improvviso si av-
vicina, quasi di sorpresa, e con molta
amorevole-.za dice loro: «Perché non
andate a giocare con gli altri1 Separati,
siete tre ottimi ragazzi; uniti, siete tre
birichini». Quei ragazzi arrossirono; poi
sorrisero allo sguardo affettuoso di Don
Bosco e corsero a giocare.
Ecco una lezione educativa di
Don Bosco: il ragazzo è soggetto a
facili sbandamenti e a scivolani nel
campo morale, ha quindi bisogno di
molta assistenza e di opportune corre-
zioni. I genitori eviteranno tanti attriti
se vorranno riconoscere semplicemente
che il loro ragazzo è un ragazzo, soprat•
tutto nella età dell"adolescenza, e che
è portato facilissimamente a sbandare.
« La personalità del ragazzo - scrisse
un celebre psicologo - è i l prodotto di
una crescita lenta e graduale. Il bimbo
siede prima di stare in piedi, balbetta
prima di parlare, dice di no prima di dire
di si, è egoista prima di essere altruista,
dipende dagli altri prima di imparare a
dipendere da se stesso. Tutte le sue
capacità sono soggette alla legge della
cresci~a ». In maniera più accentuata lo
è nell'adolescenza.
*
/1 31 gennaio 1862 Don Bosco, dopo
pranzo, stava passeggiando sotto i por-
tici attorniato da alcuni ragazzi. A un
tratto si fermò, fece un cenno e chiamò
a sé il diacono Cagliero (il futuro cardi-
nale). Poi si scostò dai ragazzi e gli
disse sottovoce:
- Sento suonare quattrini; non so in
quale parte si stia giocando a giochi
d'azzardo. Va', cerca questi tre ragazzi
(e gliene disse i r,omi); li troverai che
stanno giocando.
Cagliero si pose a frugare in tutte le
parti, ma non riusciva a scovar//_ Dove
si erano rintanati quei tre ragazzi? Al-
/7mprovviso, ne incrocia uno. Gli do-
manda:
- Dove ti eri ficcato? È tanto tempo
che ti cerco.
- Ero là. cosi e cosi.
E che cosa facevi 7
Giocavo.
Con chi?
Con due miei compagni.
Giocavate a denaro, non è vero 7
Il ragazzo avvampò come una brace,
s'impappinò ma poi confessò che gioca-
vano d'azzardo.
Cagliero si recò nel posto indicato;
non trovò I due ragazzi. l'avevano visto
avvicinarsi e si erano eclissati. li in-
contrò più tardi. E quei due ragazzi
confessarono che, sì, avevano giocato
a denari. Quando Cagliero riferl l'esito
delle sue ricerche, Don Bosco gli con-
fidò che nella notte precedente aveva
visto quei tre ragazzi in sogno che gio-
oawmo a denari.
Ecco un'altra lezione educativa
di Don Bosco: i ragazzi vanno assi-
stiti e guidati sempre.
Anni fa i pedagogisti erano convintì che
i figli giungessero ai genitori come una
lavagna vergine, pronta perché vi si
scrivesse. Nulla di più falso. Oggi si co-
mincia a capire eh& il ragazzo somiglia
piuttosto a uno strumento musicale già
accordato fin dalla fanciullezza, sul quale
sia lui sia l suoi genitori possono suo-
nare soltanto la musica scritta apposta
per esso. Dal momento della nascita, i
bimbi si differenziano l'uno dall'altro non
soltanto per peso, taglia, colore della
pelle e dei capelli, ma anche per il
modo di reagire all'ambiente e al mondo
circostante. Alcuni sono attivi, altri sono
paciocconi; alcuni strillano che è una
disperazione, altri quasi non fiatano, e li
miglior padre e la migliore madre non
possono farci nulla. O meglio: possono
fare una cosa importantissima e meravi-
gliosa: possono seguirli. cercare di ca-
pirli, amarli e affidarli al Signore nella
preghiera. Diceva un sapientissimo edu-
catore: « Un figlio talvolta è un bravo
ragazzo che semplicemente si sa-
rebbe trovato meglio con altri ge-
nitori».
DON CARLO DE AMBROGIO 5

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Il
Il
alla ricerca
dei Padre
Mantovani"
Dall'Aspirantato mis-
sionario di Ivrea, il leg-
gendario « Cagliero »,
in 50 anni sono partiti
per ogni parte del mon-
do 700 missionari. Alla
vigilia dell'Anno cen-
tenario delle Missioni
Salesiane abbiamo vo-
luto rivolgerci queste
difficili domande:
« Com'è oggi questa
favolosa fucina di mis-
sionari? Usciranno di li
i "padre Mantovani", i
"don Suppo", i "mons.
Carretto" delle nuove
generazioni 7 ».
Q uasi in fondo alla Iunia e stretta
pcnjsola thailandese c'e la città di
Surat Thani. È la residenza di mon-
signor Carretto. Mi racconta: «Ar-
rivai all'aspirantato di Ivrea con i
calzoni corti, ma con una decisione
incrollabile: sarei partito missiona-
rio. Quando, quattro anni dopo,
con alcuni miei compagni sbarcai in
Thailandia, pieni di entusiasmo, ri-
cordo che mons. Pasotti ci disse:
"Ehi, voi del 'Cagliero'. Pigliate le
cose con calma. Non si può conver-
tire il mondo in quattro giorni. Forse
occorrerà almeno un mesetto..." ».
Su una terrazza di Rio de Janeiro,
davanti a una folla di giovanottini
che s'accanivano attorno ad un pal-
lone di cuoio, incontrai un vecchio
sacerdote sdmiato su una poltrona,
con le gambe gonfie. Mi salutò: tLci
arriva dall'I talia. Ci sono arrivato
anch'io, quarant'anni fa. Venivo dal
"Cagliero" di Ivrea, con una voglia
di essere missionario che trasudava
6 da tutti i pori •·
.Nel settembre scorso, a Sagaya-
thottam, nell'India del Sud, un an-
ziano sacerdote ha celebrato i 40 anni
di missione. Scrive: «Sono stato ac-
cettato all'aspirantato missionario di
I vrea dal grande Don Rinaldi. Sono
partito per l'India due anni dopo.
4-0 anni di vita n,.Lla zona tropicale
hanno avuto il loro effetto sul mio
organismo. Al mio caro istituto di
Ivrea forse non tornerò più... •· Que-
st'anziano salesiano si chiama don
Giorgio Pajetta.
Da Mérida, in Venezuela, è arri-
vata la lettera del coadiutore salesiano
Luigi Pogliani. Ricorda di essere
partito dal • Cagliero • nel lontano
1927 quando c'erano superiori don
Ambrqgio Rossi, don Luigi Grandis,
don Giuseppe Corso... •· Fra due
anni celebrerò. i 50 anni di missione.
Nel nord dclla·Thailandia, nel leb-
brosario dei bambini di Thava, lavora
instancabile (anche se onnai anziano)
don Fogliati. Anche lui era arrivato
al Cagliero di hrea con una dcci-
sione incrollabile: partire per le
missioni.
La cronaca dell'Aspirantato Mis-
sionario «Card. Cagliero ~, alla dafa
5 ottobre 1922 ricorda: Oggi sono
arrivati i primi aspiranti missionari ~-
Nei cinquant'anni che seguirono, il
«Cagliero regalò alla Congregazione
Salesiana qualcosa come 700 missio-
nari. Vocazioni adulte e vocazioni
adolescenti, che arrivavano a gruppi
compatti domandando una cosa sola:
«Partire per le missioni
Ogni anno ~quegli anni duri di
studio, di orano serrato, di fatiche
e di sacrifici) si concludeva con una
scena indimenticabile che ogni «ca-
glierino * porterà sempre nel cuore:
«Entra il Superiore nell'ampia tiala
di studio - ricorda la cronaca di
uno di quei tanti anru - dove tutti
attendono, col cuore apeno, con la
volontà protesa, la voce di Dio. Il
direttore legge un nome, si alza un
giovane. E a quel giovane egli as-
segna la nuova patria spirituale. ll
giovane prorompe in un forte: Deo
gratias ! e i compagni acclamano tra
scrosci d'applausi. Sono destinati alla
Patagonia, al Giappone, alla Cina,
all'Equatore, alla Thailandia, all'In-
dia, alla Palestina, aJ ì\\1ato Grosso,
al Rio Ntgro... •·
Ogni cambiamento
è un travaglio che costa sangue
Com'è oggi il leggendario, irripe-
tibile «Caglicro •? Da una decina
di anni lu subito una profonda tra-
sfonnazione. Non è stata voluta dagli
uomini, è stata imposta dal tempo,
dalla sensibilità diversa, dalle mille
cose che sono cambiate in un tur-
binìo di novità che spesso sembrano
dare il capogiro.
I gruppi compatti di vocazioni
adulte e adolescenti da tempo non
approdavano più all'Aspirantato di

1.7 Page 7

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Ivrea. Bisognava tentare vie nuove
suIla traccia della gloriosa tradizione
antica. Ogni cambiamento è un tra-
vaglio che costa sangue, oltre che
coraggio. Ed ebbe molto coraggio il
Successore di Don Bosco, Don Ric-
ceri, quando nel maggio del 1966
disse ai Salesiani del «Cagliero 1>:
<< Il mondo cammina. La Chiesa vive
nel mondo, noi viviamo nella storia,
non siamo fuori della storia. Nessuna
meraviglia che organismi i quali
hanno avuto una funzione vitalissima
per secoli e per decenni, a un certo
punto abbiano bisogno di ridimen-
sionamento, di revisione 1>.
La revisione più appariscente av-
venuta al << Cagliero >> è l'esternato.
«Da quattro anni - afferma l'attuale
Direttore - accettiamo alla nostra
scuola anche ragazzi esterni. Cer-
chiamo di scegliere questi ragazzi:
nei 'campi-scuola' individuiamo quelli
che verrebbero da noi perché forzati
dalle famiglie, e quelli che potreb-
bero essere refrattari al discorso di
formazione e di vocazione che faremo
durante l'anno. Per essere sicuri di
portare avanti organicamente questo
discorso vocazionale, cerchiamo di
mantenere una certa proporzione tra
interni ed esterni. Attualmente ospi-
tiamo 89 esterni e 71 interni. La
"pressione" che la città esercita perché
accettiamo più esterni è fortissima:
a febbraio noi chiudiamo già le iscri-
zioni per ottobre 1>.
16 0 ragazzi
caricano « alla baionetta »
ogni giornata della loro vita
oL'orario della nostra scuola
continua il Direttore - è comune
per interni ed esterni dalle 8 alle 18.
Si comincia con la preghiera comu-
nitaria del mattino, e alla sera ci
ritroviamo in chiesa per d..iudere la
giornata. So che la "Buona notte"
(il pensiero serale a cui tanto teneva
Don Bosco) arriva fino alle case,
perché i ragazzi parlano di ciò che
sentono. Alle 16,30 c'è la Santa
Messa, con partecipazione libera (al
giovedì la S. Messa è comunitaria).
Il Ginnasio (quàSi tutti interni) si
raduna anche per una preghiera di
gruppo e la meditazione sulla parola
di Dio.
.
«Il Ginnasio, però, è la nost!Jl
spina. Molti ragazzi che nei tre anrti
della Media si sono forse aperti ad
un discorso vocazionale, si orientano
verso studi tecnici. La nostra Casa
offre invece soltanto il Ginnasio (o
Liceo inferiore), e risulta pratica-
mente impossibile trapiantare questi
ragazzi in altri Istituti salesiani 1>.
Al di là di queste parole tecniche, 7

1.8 Page 8

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e per forza di cose un po' aride,
tra le mura e i cortili del << Cagliero ))
si svolge la vita allegra e rumorosa
di sempre: I 60 ragazzi che caricano
«aUa baionetta & ogni giornata della
loro vita. Un vivacissimo ma pensoso
«cronista 1> ha tentato la descrizione
di questa giornata. Ne rubiamo alcuni
spezzoni, che fotografano a colori la
vita attuale del << Cagliero l) e ne
mettono in luce i problemi più
profondi.
«Per gli "interni" è sempre ancora
la voce antica della campana cb.e
scandisce la levata, irrompendo im-
portuna lungo i tiepidi sentieri vel-
lutati del sonno mattutino. Sono le
sette meno cinque precise, e le mani
secche dell'assistente si aggiungono
al trillo campanario. Niente Benedi-
camus Domino di antica memoria (il
latino è emigrato dalla nostra terra!).
Invece, l'invito ad un segno di croce
e, più energico, qualche scrollone al
letto dei "pigroni".
«Ai lavandini, novità per gli an-
tichi appassionati della cura Kneipp,
soliti a lavarsi nell'acqua gelida, cb.e
nella leggenda formava croste di
ghiaccio siberiano nelle catinelle. Ora
c'è anche iJ rubinetto dell'acqua calda
per le epidermidi tenerelle, anche se
i tempi sono di crisi energetica.
<< Segue la classica mezz'ora di
~-111dio. Seduto al banco, la testa fra
le mani, qualcuno dei più seri im-
bastice qualche frammento di rifles-
sione o di preghiera personale per
CON LO SPIRITO DI SEMPRE
All'Ispettore delle « Case centrali», da cui dipende direttamente l'impo-
stazione e l'orientamento del « Cagliero i>, abbiamo rivolto alcune domande
che ci sembrano fondamentali.
Domanda : Le cifre sono Il, crude, si potrebbe dire «crudeli». Prima
legioni di missionari, ora rati novizi. Le cause generali sono note a tutti. Ma
che si sta facendo per andare contro questa crisi?
Risposta: I «lamenti» sono noti a tutti. Le «cause» non direi. Il «Ca-
gliero ». nei suoi anni favolosi, era il punto di riferimento per giovani che ma-
turavano una scelta missionaria in età piuttosto avanzata. Si trattava di vo-
cazioni mature, che dovevano essere aiutate sul piano scolastico e culturale.
Erano loro a dare il «tono» alla Casa. I più giovani trovavano cosl spianata
la via alla scelta vocazionale personale. Oggi prevalgono gli allievi della media
inferiore. Diversissimo perciò è il « modo di essere» delh:1 Casa, e i conse-
guenti risultati. Il contatto personale del Superiore deve passare anraverso
una lunga attesa di aggancio sul piano dell'amicizia, pér arrivare a proposte
più impegnative. fino alla più impegnativa: «Vuoi restare con Don Bosco?».
I valori che le vocazioni adulte del primo « Cagliero» portavano dalla
vita normale (sacrificio, preghiera, generosità), oggi sono rnete da raggiun-
gere una ad una, non sono «cose naturali», purtroppo. E questi valori si ap-
profondiscono nella vita di gruppo, che viene portata avanti con notevole
sacrificio degli animatori.
Chi si lamenta della «lentezza» di questo procedimento, vive di fantasia
e di passato, non di realtà e di presente.
Domanda: // recarsi settimana/mente in famiglia è un'esigenza sottoli-
neata dalla peaagogia. Ma non porta anche serie conseguenze negative?
Risposta: L'esigenza non è solo pedagogica, ma teologica. La voca-
zione religiosa e sacerdotale è un dono che il Signore fa alla comunità cri-
stiana. Il giovane deve scoprirla nella concretezza della sua parrocchia, del
suo oratorio, sorretto dal parroco, dal genitori, prima che dall'istituzione de-
putata a coltivare la sua vocazione. L'andata a casa non è perciò una «li-
cenza premio», tanto meno una «libera uscita». Al « Cagliero» i giovani
sono educati a dirigere la partecipaz.ione alla S. Messa, a organizzare il gioco
in un cortile. Tornando a casa la domenica, è Il che cominciano .ad inserirsi
nella« vita missionaria>> concreta, pur in quel clima di sollievo necessario dopo
una settimana intensa di studio. L'aspirantato, insomma, non può avocare
a sé completamente la formazione umana e cristiana: deve riconoscere alla
comunità parrocchiale e a quella familiare la loro responsabilità primaria.
Domanda : Come ogni opera salesiana, il <C Cagliero» deve inserirsi nel
contesto diocesano e cittadino, per non rimanere un'isola avulsa dalla realtà
sociale ed ecclesiale. Si cerca di realizzare questa istanza?
Risposta: «Si cerca», questa per ora è la parola giusta. Ma sì cerca sul
serio: un inserimento nella Chiesa locale, un legame sempre più forte verso
gli amici dell'opera. Chi si trova al Cagliero in una delle ultime domeniche
di ottobre, trova l'Istituto rigurgitante di exallievi, cooperatori, amici, che con-
tinuano a considerare il Cagliero la «loroi> Casa, per incontri di amicizia,
di dedizione e di impegno spirituale nel ricordo di Don Bosco. Ma questo
incontro «collettivo» è solo un momento culminante, scheggiato lungo l'anno
in numerosissimi altri incontri personali e di gruppo, a Ivrea e in ogni regione
d'Italia. E tutti questi «amici» del Cagliero sono i «missionari occulti», non
8 elencati né statisticati, ma meravigHosamente efficienti.
lievitare la giornata, prima di aggre-
dire i libri di scuola.
«Dopo la colazione col sano latte
integrale della "fattoria salesiana", gli
esterni arrivano rumoreggiando. Qual-
cuno è arrivato con mezz'ora di
anticipo, sulla macchina di papà che
va al lavoro.
Qualche antico,
sano « foglietto »...
<< La campana squilla alle 8,15.
Venti minuti di "tempo dello spi-
rito" durante i quali gli incariCàti. di
classe introducono i giovani alle pre-
ghiere del mattino, con qualche ab-
bozzo di evangelizzazione (o magari
di preevangelizzazione...), e via alle
quattro ore filate di scuola del mat-
tino.
«Qualche insegnante dei "tempi di
fuoco" tenta ancora qualche antico,
sano ••foglietto" (chiamato ora "inter-
pretazione collettiva scritta della pro-
pria scienza orale"), ma nello scrivere
i voti deve "mitigare le proprie pre-
tese secondo una didattica aperta e
illuminata".
<< Il pasto scatena la solita, antica
allegria pazzerellona, e l'assistente è
il martire di turno. Fortunatamente
la ljnea della coltivazione della vite
(e dei suoi derivati liquidi) non passa
per l'età media dei r2-13 anni dei
nostri allievi, che pertanto ricorrono
ancora, come ai "bei tempi", alle
acque del Canavese, sufficientemente
ricche di elementi oligominerali.
<< Magone Michele - raccontava
Don Bosco - usciva in ricreazione
sparato come una palla da cannone.
Questo si ripete identico, secondo la
più sana tradizione, per il 99% dei
nostri giovani: sono presi d'assalto
calcio, mini-calcio, tennis, basket da
campo e scuola di basket in palestra.
A cicli misteriosi arrivano ondate di
•'figurine" e di costruzioni aerodina-
miche. I campioni di pattini a rotelle
sfidano passanti e... colonne in gim-
kane rocambolesche, con uno stridìo
semi-infernale.
L'opzione quotidiana
più importante
«La campana delle 14 e la voce
dell'immarcescibile Consigliere invita
il piccolo gregge ad affrontare lo
scalone dello studio. Si scenderà alle
15,40, consegnando il prezioso ''ela-
borato quotidiano" (non si parla più
di compiti!) per avventarsi sulla me-
renda.
«Da due anni novità: alla "pagnot-
tella con companatico" si può aggiun-
gere la brioche e l'aranciata, compran-

1.9 Page 9

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dole al bar con i risparmi personali
(miliardari ce ne sono sempre l).
(( Naturalmente agli educatori resta
l'ulteriore compito di educare i pic-
coli clienti a redimersi dal banale
consumismo egoistico e indulgente in
favore di un autocontrollo, reso pur-
troppo problematico dalla quotidiana
tentazione del piacevole immediato.
(( .i\\lle 16,20 la ricreazione si arresta,
e scatta il tempo della opzione quo-
tiduma più importante: o in studio a
cimentarsi coi libri, o in chiesa per
la Santa Messa (rimorchiandosi poi
magari a casa, in cartella, qualche
libro per completare lo studio). Ogni
mese si aggiunge il ritiro spirituale
per classi.
«Lo studio serale si apre con la
tradizionale "Buona notte" del Diret-
tore, e continua, guidato e control-
lato nelle due sale (I-II media -
III media-ginnasio) fino alle t8. La
fine, più che dalla campana, è segnata
dallo sciabolare dei fari delle auto,
che arrivano nei cortili semi-bui per
'imbarcare' gli esterni. Ma non tutti
sono 'a quattro ruote'. La squadra
dei ciclisti (dato anche l'aumento
della benzina) ingrossa sempre più,
e mobilita vigili e angeli custodi.
«Gli interni che rimangono non
hanno tempo per malinconie: attacca
Lo sport lt una componente Immancabile
nella vita del ragazzo d'oggi: dalla partita
di calcio alla corsa campestre (per I viali
della leggendaria cc Sassonia»).
il ritmo serrato delle attività para-
scolastiche, che si articola dai tradi-
zionali gruppi formativi (Missionario,
Liturgico, Amici di Domenico Savio)
alle attività di recitazione, canto,
chitarre, trombe, dattilografia, scul-
tura (nell'attrezzatissimo atelier-can-
tiere del prof. Forneris).
«La cena e il dopo-cena hanno un
respiro familiare, che dovrebbe far
lievitare quel clima che faceva dire ai
giovani di passate generazioni: "Con
voi Salesiani ci stiamo volentieri".
<t Purtroppo, questo clima familiare
viene spezzato ogni settimana dal
ritorno collettivo in famiglia dal sa-
bato pomeriggio al lunedì mattina.
Vengono così a scolorirsi valori grandi,
che davano un tono irripetibile alla
nostra famiglia: il senso pieno della
comunità tra i giovani e i loro edu-
catori, la circolarità della vita, la
fusione di intenti che nasceva dal-
1'Azione Liturgica domenicale. Quello
"stare insieme" per gli incontri spor-
tivi, per le recite di classe, le proie-
zioni cinematografiche, erano elementi
di grande valore.
<l E nel fine-settimana l'adolescente
entra sl nella ricchezza del suo am-
biente familiare, ma corre anche serio
rischio di banalizzarsi nell'evasione
o nel semplice ozio individualistico.
<e Gli educatori salesiani devono la-
vorare a fondo per trasmettere nella
quotidiana trama scolastica quei va-
lori umani e religiosi che sono inso-
stituibili se si vuole attuare una
educazione liberatrice: l'essere-con,
la scoperta dell'altro, l'urgenza del
"dov'è tuo fratello?", il duro auto-
controllo nel dovere per una dispo-
nibilità al servizio dell'uomo, la mis-
sionarietà della vita, il gusto della
"persona" come esperienza efficace di
Dio... >>.
Una domanda e una sfida
Riuscirà La Congregazione Salesiana
a percorrere e a far percorrere ai
giovani del <e Cagliero •> e dei cento
altri Aspirantati questa «strada in
salita >>?
È una domanda dura, impietosa,
per l'annullamento della quale stanno
congiurando mille elementi pennis-
sivi e smobilitanti della nostra so-
cietà. Ma è anche una domanda
esaltante, perché è una sfida : chiama
i Salesiani di razza a una <t nuova
frontiera », di entusiasmo lucido e di
inventiva concreta. Soltanto accet-
tando questa sfida, dai banchi inerti
e.li una scuola salesiana sapremo far
uscire i ;c padre Mantovani >l, i <t don
Suppo >>, i << mon$. Carretto i> della
nuova generazione.
TERESIO BOSCO 9

1.10 Page 10

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In.contro di Indio• In uno del tanti angoli verdlulml lntettl dell'Amai:onla.
Un giovanissimo movi-
mento suscitato in
Brasile da un Salesia-
no propone, ai giovani
del posto e di altri pae-
si, un impegno civile
e cristiano in mezzo ai
contadini .che migrano
sempre più fitti nella
immensa Amazonia.
U n funerale è sempre triste. Se
poi il becchino non ha scavato
la fossa perché iJ defunto è suo
nemico, allora ti prende lo sconforto.
Aggiungete la tenace superstizione
popolare secondo cui finirà male chi
osa sostituire il becchino e scavare
la fossa al suo posto, allora c'è anche
sgomento. Tristezza, sconforto e sgo-
mento attanagliavano la povera gente
del villaggio - là nel cuore del-
1'Amazonia - attorno alla bara da
seppellire e che non si poteva sep-
pellire.
l\\la ecco si fa largo quello strano
giovanotto dalla pelle bianca, arrivato
un giorno dal lontano sud, Alfonso,
e chiede una zappa. Scaverà lui. Lo
guardano tremanti mentre allarga la
fossa (potrebbe restarci secco da un
momento ali'altro); poi continuano
per giorni e giorni a guardarlo con
apprensione (presto gli capiterà il
fattaccio); poi con stupore (ma come,
1O non gli succede niente?); poi comin-
ciano a chiamarlo • o deus branco •,
il dio bianco.
Lui è diverso. Le mamme mettono
ai loIO bambini il suo nome, Alfonso.
I contadini vanno ad ascoltarlo, li
raduna anche in 200, quando spiega
come si devono coltivare i campi.
Poi tira fuori il Vangelo, e spiega
anche quello. « È uno di noi, ma
crede davvero lì, dicono. E ricomin-
ciano a credere anche loro.
Alfonso, uno dei Volontari del
Vibra t.
•Vibra• uguale a: «Volontari In-
temazumali t Brasiliani per l'Ama-
zo11ia •· Un movimento di giovani
animato ua un Salesiano di Belém,
padre Joao Mometti. Un movimento
ancora ai primi passi, ma con idee
molto chiare. Recluta ragazzi e ra-
gazze di almeno ventun anni, sposati
e non sposati, purché disposti dopo
adeguata preparazione a lavorare nel-
1'Amazonia per uno o due anni con-
secutivi, in spirito di servizio al
fratello povero, indigente, emarginato.
Alla manciata di ragazzi che padre
Mometti è già riuscito a raccogliere,
non manca il campo di lavoro: si
chiama Amazonia, una delle zone del
mondo - come il Saliara, la Groen-
landia - più • vuote che esistano.
Cinque milioni e mezzo di kmq, e
sette milioni di abitanti. Dire un
abitante per kmq non rende l'idea,
perché la gente è quasi tutta nei
centri abitati, e con l'aereo si vola
per ore senza vedere il fumo di un
comignolo.
Ma l'Amazonia ha già un futuro,
cominciato nel 1970 quando fu de-
ciso di costruire una strada che
l'attraversasse: la T1·ans-Amazonica.
Sembrava utopia allo stato puro, ma
tre anni dopo la lunga arteria si
snodava da un capo all'altro della
regione, pompando fiotti tumultuosi
di uomini verso le terre vuote •·
E continuano ad arrivare, specie dal
misero Nordcste, con poche masse-
rizie e tanti sogni. Li attende il dono
di cento ettari di terra, le sementi,
un sussidio per i primi sei mesi. Se
ce la fanno, diventeranno padroni.
Padre !\\!ometti non è stato a
guardare: bisogna dare una mano,
perché i coloni possano farcela. Dice:
«È molto facile trovare giovani pronti
a lavorare con noi •►, ma poi lui li
seleziona col pettine di ferro.
Il primo anno, da trenta candidati
ne ricavò otto. Dice che una buona
selezione dovrebbe partire da 200 can-
didati per arrivare a 20 o 30 volontari.
Per lui vanno bene sia brasiliani
che stranieri, ragazze e ragazzi, spo-
sati o da sposare. Ma... devono avere
«spirito aperto, disponibilità e capa-
cità di servizio, fraternità, attitudine
alla vita di gruppo, ideali, gusto per
l'avventura, salute, equilibrio men-
tale, maturità umana e cristiana•·
Ma non basta, devono essere specia-
lizzati (i generici non servono): pro-
fessori, maestri, catechistj, infermieri,
medici, farmacisti, contabili, agro-
nomi, veterinari, ingegneri, avvocati.
I volontari vengono raccolti in
équipes di 5 o 6 individui. Ogni

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Il
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
Il
équipe è un «gruppo integrato •>, con
alcune figure chiave: l'incaricato della
catechesi, l'educatore (maestro o pro-
fessore) per l'alfabetizzazione, l'infer-
miere per l'educazione igienica, e poi
almeno un tecnico specializi;ato nelle
attività lavorative della zona.
L'équipe prende su di sé la realiz-
zazione di un progetto. Il progetto
è anzitutto un «ambiente umano »
che ha bisogno di aiuto. Padre Mo-
metti si reca sul posto per assicu-
rarsi che sussistano le condizioni
necessarie: .la povertà, assenza di altri
gruppi già al lavoro, possibilità di
agire secondo il metodo Vibra (auto-
rità religiose e civili potranno inter-
venire nel formulare il progetto, ma
poi dovranno garantire ai volontari
la necessaria libertà per svolgerlo a
modo loro).
I Volontari si sottopongono a un
corso preparatorio di 40 giorni, a
Belém. Vi tengono le lezioni alcuni
Exallievi docenti dell'università, sa-
cerdoti e esperti vari. Il corso si
suddivide in cinque << settimane a
tema>>, che trattano: la realtà ama-
zonica; la comunità di base (come i
volontari dovranno collaborare tra
loro); le tecniche di alfabetizzazione
(viene adottato il metodo SDB, in-
ventato dal Salesiano padre Tiago
Almeida: i volontari Ficevono il rela-
tivo materiale didattico). La quarta
è la «settimana religiosa >>; l'ultima
riguarda lo studio del progetto.
Alla fine dei quaranta giorni, il
gruppo è pronto a lavorare col me-
todo del movimento, riassunto nella
sigla EBA, un processo di «Educa-
zione di Base per l'Amazonia >), da
applicare sul posto con giovani .e
adulti, facendo leva sui leaders natu-
rali delle comunità locali. Una piccola
abitazione, per un minimo di sicu-
rezza. Ricevono dal 1\\ilovimento un
piccolo stipendio, pari a quello di
un operaio del posto, anche se sono
medici o ingegneri. Gruppi inviati tra
i contadini hanno insegnato (non lo
sapevano!) a fare due o tre raccolti
di granoturco all'anno.
Interi villaggi hanno imparato a
difendersi daU'ameba filtrando l'acqua
(campagna del filtro); tanti contadini
si sono costruiti la casetta con mate-
riale prefabbricato, acquistato a basso
costo e montato con le istruzioni dei
Volontari Campagna della casa 1>).
I Volontari danno una mano nelle
parrocchie, e più ancora danno l'esem-
pio della vita. Organizzano «incontri
della gioventù>>, preparancfo la Pasqua.
I giovani del posto trovano in
questi (< ragazzi come loro » uno stile
di vita diverso, più autentico, e di-
cono : «Adesso si, crediamo anche
noi>>.
Il Movimento è appena al suo terzo
anno. Dei primi otto volontari, tre
sono rimasti a fol'.IIlare con padre
Mometti il gruppo direttivo (uno di
essi è << o deus branco >>, Alfonso):
sono tutti ben decisi a continuare
'perché i coloni possano farcela.
Questa, per il Movimento Vibra, è
l'aurora. Ben venga il meriggio.
M ESSALE D ELL'ASSE MBLEA
CRISTIANA • Feriale. Editrice
LDC. Pag. 2272, L. 8000.
M ESS.ALE DELL'ASSEMBLEA
CRISTIA N A - Festivo. Editrice
LDC. Pag. 1534, L. 4000.
L'opera è dunque completa: accanto
al M essale Festivo, ora c'è anche
quello Feriale. Stesse caratteristiche,
stessa completezza, stessa praticità
del precedente. E - auguriamoci -
stesso meritato successo.
I due volumi insieme concentrano
tutti i messali nati dalla prolìfica ri-
forma liturgica, sono molto più ma-
neggevoli per l'uso personale, sono
molto più ricchi di «proposte» per
la partecipazfone attiva alla liturgia.
Sono maneggevoli: anzitutto per la
sottile «carta india» su cui è stam-
pato il testo, poi per la rilegatura
flessibile, poi per l'uso dei vari ac-
corgimenti tipografici (inchiostri, ca-
ratteri, corpi, giustezze) che facili-
tano l'identifièazione delle varie parti,
e infine per gil abbondanti indici posti
in apertura e in chiusura del volume.
E - si diceva - sono ricchi di pro-
poste per la partecipazione liturgica.
Ogni lettura è preceduta da un'intro-
duzione biblica e, nel Messalina
Feriale. seguita da un commento
d'attualità. Di ciascun libro della
Bibbia si illustra l'utilizzazione che
riceve nella liturgia; per ogni santo
viene presentato un profilo moderno.
Insomma, il fedele che intende acco-
starsi all'Eucaristia «centro e cul-
mine di tutta la vita cristiana»,
trova modo di prepararsi, e di appro-
fondire nella meditazione la propria
fede.
Ma non è meno aiutato il sacerdote
e l'animatore liturgico. In apposita
appendice il sacerdote trova abbon•
danti esempi e proposte per l'atto
penitenziale, la pteghiera dei fedeli,
la benedizione finale, le varie moni-
zioni. Introduzioni e commenti of-
frono spunti per l'omelia.
Tutta una serie di indici (delle letture
bibliche, dei salmi responsoriali, dei
prefazi, e soprattutto dei temi dottri-
nali) permette la creazione di «li-
turgie della parola» sugli argomenti
più svariati.
G. C. lsoardi, L'azione cat echetica
di S. G. Bosco nella pastorale
giovanile. Editrice LDC. Pag. 128,
L. 1300
Un volume originale e interessante
che legge la vita di Don Bosco in
chiave dinamica: il suo pensiero,
le sue idee, le sue realizzazfoni con-
crete, il tutto visto nella prospettiva
catechetica. Il volume interessa par-
ticolarmente Religioni e Religiose
che operano nel campo giovanile. 11

2.2 Page 12

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ma dove abita ilvostro
La strana storia di una
chiesar sorta in una
sperduta pianura col-
tivata a canna da zuc-
chero. Tutto cominciò
perché i cristiani si ver-
gognavano di rispon-
dere ai pagani che do-
mandavano: « Ma do-
ve abita il vostro Dio 7 »
Ora essi alzano fiera-
mente il capo e addi-
tano la chiesa lunga
29 metri e larga 9.
due·lire.
E ro già anziano (capelli bianchi e
st,lnchezza che s'affacciava ogni
poco a tradimento durante il lavoro)
quando mi arrivò una nuova «let-
tera d'obbedienza». Venivo mandato
in nome di Dio e di Don Bosco a
dedicare ciò che rimaneva delle mie
forze ad una1>iccola cristianità, sper-
duta in una vasta pianura coltivata
a canna da zucchero: Hulikrabok.
Le strade per arrivarci quasi non
esistevano, e tutta la missione consi-
steva in due stanzette, che dovevano
servire a turno come aule scolastiche,
e anche come Chiesa del Signore e
abitazione del sacerdote.
Gli scolari erano numerosi, sem-
12 pre più numerosi come capita di
solito tra questa sana razza thailan-
dese. Ma io non sapevo proprio dove
metterli. Inoltre i pagani dei dintorni
disprezzavano un poco i cristiani.
Domandavano:« Dove abita il vostro
Dio? •· E quando si vedevano indi-
care un'aula zeppa di alunni, stor-
cevano la bocca. I cristiani rimanevano
mortificati paragonando la Casa del
loro Dio alle lucenti e ricche pagode
dei buddisti.
Un giorno dissi al Signore: ~ Tu
fammi arrivare i me-zzi, e io dedi-
cherò le due stanze solo alla scuola,
e ti costruirò una chiesa come si
deve. Per la mia abitazione non ti
chieçlo nulla: in qualche modo un
buco per dormire lo troverò sempre 1>.
eorrevano i lontani anni '30. Pro-
wni~nte da Hong Kong, sostò a
Catania il missionario salesiano don
Cucchiara, nativo della Sicilia.
La sua barba nera, i suoi racconti
avventuro:;i, destano l'interesse dei
Salesiani, e più ancora degli allievi,
letteralmente incantati dallt: proie-
zioni luminose, gli oggetti esotici, i
francobolli strani, i racconti vivacis-
simi del missionario.
Fra gli ascoltatori più assidui che
fanno cerchio attorno a lui c'è uno
studcntino delicato e gentile, dal-
l'animo sensibile e: aperto. Si chiama
Gaetano Nicosia, e le relazioni sulle
attività che i missionari svolgono in
Oriente per i Iagazzi poveri e abban-
donati lo interessano assai e lo com-
muovono.
Quando don Cucchiara, prima di
partire, tende con esitazione il suo
cappello ai ragazzi per raccogliere
«un soldino ~ per i loro compagni
cinesi, Gaetano Nicosia rovescia in

2.3 Page 13

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Poi mi ricordai che S. Teresina è
la patrona delle Missioni e le dissi:
«Tocca a te darmi una mano, altri-
menti che patrona sei ?>>.
« Ci vorrà una montagna di
fatica. Dove troverò le forze? »
Scrissi ad un amico d'Italia. Mi
mandò un'offerta generosa, ma ci
voleva altro per fare una chiesa.
Radunai i miei cristiani... e la pena
mi invase il cuore: erano tutti po-
veri. Quando esposi il mio progetto,
e indicai alcune cifre, scossero il
capo: mi dissero chiaro e tondo che
abbandonassi ogni speranza. Erano
troppo poveri. Informai il Vescovo:
anche lui scosse la testa, e mi disse:
«Caro don Della Ferrcra, lasci per-
dere. Oltre al denaro ci vorrà una
montagna di fatica. E dove troverà
le forze? ,>.
Passarono tre mesi. Percorrevo una
strada quando un uomo, che non
conoscevo, mi fermò e mi disse a
bruciapelo :
- Allora, la fai o non la fai
questa chiesa ?
- No. Non ci sono i soldi, e
nemmeno il permesso del Vescovo.
- E se ci fosse uno che te la
facesse lui ?
- Allora sarebbe un'altra cosa.
Comincerei anche subito.
Quello strano colloquio finì lì. Ma
dieci giorni dopo un signore, che si
trovava sulla soglia dell'ospedale, mi
fece chiamare, e mi disse tutto d'un
fiato:
- So che hai bisogno di una
chiesa. E io so che Dio deve perdo-
narmi molti peccati. Io te la faccio,
e tu vi predicherai il Regno di
Dio. So che ti occorreranno almeno
400 mila bath (circa dieci milùmi di
lire). Te li darò a rate. Ecco.ti il
primo assegno di 70 mila bath. Fai
cominciare i lavori.
cioè tono
quel cappello tutto il contenuto del
suo borsclJino: due lire.
L'anno seguente, Gaetano Nicosia
decide di offrire di più di due lire:
di dare alle missioni se stesso, la sua
vita. Si trasferisce a studiare nel-
1'aspirantato salesiano di Pedara, poi
nell'aspirantato missionario di Gaeta.
1935. Il giovanissimo salesiano Gae-
tano Nicosia sale su una nave dopo
aver abbracciato stretto stretto papà
e mamma, e raggiunge Shu Chow,
in Cina. Inizia a lavorare accanto a
don Cucchiara, il missionario a cui
ha donato le sue uniche «due lire».
Anni di studio in Cina: filosofia e
teologia. Poi il grande traguardo del
Sacerdozio, mentre sul .mondo si sca-
tena il terribile uragano della seconda
guerra mondiale.
Sulla Cina rotola l'esercito rosso
di Mao. Dopo tempi d'incertezza,
tutti i ml'ssionari cattolici sono espulsi.
I Salesiani si ritirano ai margini del-
l'immenso colosso cinese: a Hong
Kong (dove governano gli Inglesi)
e a Macao (colonia portoghese). At-
tomo alla penisola di Macao si alli-
neano isole ed isolotti, Uno di essi
si chiama Coloane. Esso diventerà il
centro delle opere missionarie di
don Gaetano Nicosia.
Ora a Coloane funziona il lebbro-
sario dell'Addolorata, con circa 100
ammalati; una casa di ricovero per
persone anziane; un certtro di riedu-
cazione per ragazzi poliomielitici; un
villaggio per i ragazzi della strada,
la «Don Bosco Boys Town ,>. Chi
porta il peso silenzioso e duro di
queste opere sono le Volontarie di
Don Bosco, aiutate da signorine di
buona volontà che si preparano a
consacrarsi al Signore.
<< Lavorando per i poveri e i sof~
ferenti - ha scritto don Nièosia -
la vocazione cresce più che spontanea.
Esse amano tanto queste anime che
non riescono più a staccarsene, piene
di fiducia nella ricompensa cht! Gesù
ha promesso agli Apostoli ,>.
lo principio c'erano due lire, ver-
sate cfa. un ragazzo generoso nel cap-
pello di un missionario. Ora a Co-
loane si spendono tranquillamente
due milioni al mese per lebbrosi,
ragazzi, vecchi. Perché la Provvidenza
(e i ragazzi generosi) continuano ad
esistere nel mondo.
GIOVANNI CALOVA SDB
Guardò l'assegno
con diffidenza
Tornai dai miei confratelli di Ban-
pong che mi pareva di sognare. Rac-
contai tutto, ma pochi furono di-
sposti a credermi. Andai dal Vescovo
e gli porsi l'assegno. Lui lo guardò
a lungo, con diffidenza, poi:
- Caro don Della Ferrera, m1
pare che questo signore abbia già
promesso a molti missionari di co-
struirgli la cliiesa, ma che di pro-
messe ne abbia mantenute poche.
Potrebbe addirittura darsi che l'as-
segno non sia coperto in banca. È
meglio che vada ad accertarsene.
Mi ci recai immediatamente, e
strada facendo feci un discorsetto a
S. Teresina: «Non vorrai farmi que-
sto brutto sclierzo, vero? Altrimenti
potrai essere patrona di tutti i mis-
sionari che vuoi, ma non certo di
questo povero diavolo che ha messo
in te ogni fiducia >).
Ma in banca i soldi c'erano, e me
lì diedero anche, un biglietto sul-
1'altro. Tornai dai confratelli a Ban-
pong sventolando il mio piccolo te-
soro, poi tornai alla mia poverissima
missione e feci suonare l'unica piccola
campana che avevo collocato sul tetto
della scuola. Vennero molti, lasciando
le case, a ringraziare con me il Si-
gnore e S. Teresa.
Venne su
come un miracolo
Con la benedizione del Vescovo
cominciai la chiesa, ed essa venne
su come un miracolo. Non solo con
i soldi del benefattore clie mandava
regolarmente le sue << rate », ma con
il lavoro di tutti. Usavano il loro
tempo libero, i miei cristiani, per
venire a lavorare come operai, come
falegnami, come decoratori...
Ora la Casa di Dio è terminata:
lunga 29 metri e larga 9, con un
piccolo organo, la Via Crucis, la
statua dell'Immacolata e quella di
S. Teresina (era un dovere perso-
nale, no?).
È venuto ad inaugurarla il Nunzio
Apostolico insieme a tre vescovi. E
fu una festa veramente grande, che
diede entusiasmo alla nostra piccola
cristianità. Ora quando i pagani do-
mandano: «Dove abita il vostro
Pio?», essi alzano fieramente il capo.
e additano la loro Chiesa, accanto
alla quale le due aule, interamente
dedicate alla scuola, sono sempre
gremitissime di scolari.
DON DOMENICO DELLA FERRERA SDB
(missionario In Thailandia) 13

2.4 Page 14

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Si chiama don Carlo
Maria Carli. È nato a
Modigliana, in quel di
Forlì, ma la sua voce ha
ormai perduto per sem-
pre la cadenza t ipica e
graffiante della gente
romagnola. Don Carli,
infatti, dopo 4 anni di
aspirantato in Piemon-
te, è partito nel lonta-
no 1932 per le m issioni
della Colombia. E là da
43 anni, divenuto co-
lombiano tra i colom-
biani, non solo, ma apo-
stolo conosciuto in
tutta la nazione attra-
verso le trasmissioni
14 radio.
Se proprio vogliamo far paragoni,
possiamo chiamarlo un piccolo
«mons. Fulton Sheen 1>, un << Padre
Mariano formato ridotto >> della Co-
lombia. In questi tempi in cui i
Mass Media acquistano sempre mag-
giore importanza, abbiamo voluto in-
tervistarlo per i lettori del Bollettino.
Domanda: Vuol presentarsi da
solo?
Don Carli: E perché? Sono sol-
tanto uno dei tanti salesiani della
Colombia. Dopo 43 anni di lavoro
tra questa gente mi sento tutto di
qui: questa è la patria del cuore,
ed io sono una piccola e povera cel-
lula della Famiglia di Don Bosco
che in que!;lta nazione ha fatto e fa
cose grandi.
Domanda: Il stw lavoro è tutto
concentrato nelle trasmissioni radio-
f 011iche?
Don Carli: Mai più! Dal 1953 al
1956 sono stato parroco nella zona
«S. Giovanni Bosco ►>, nei pressi di
Bogota. In quell'occasione riuscimmo
a realizzare una nuova borgata: co-
struimmo 50 case per le 50 famiglie
più povere della zona. Ora sono par-
roco a Tunja, dove cerco di realiz-
zare (con Ja collaborazione di altri
salesiani e di tutte le persone di
buona volontà) una seconda borgata,
dedicata a Maria Ausiliatrice: prima
di Natale spero di poter distribuire
le prime 30 case alle famiglie più
povere di Tunja.
Domanda: Ma l'apostolato alla
radio?
Don Carli: C'è anche quello, evi-
dentemente. Vede, la Congregazione
Salesiana ha realizzato tante opere
grandi in Colombia, ha avuto persone
di dimensioni spirituali enormi. Pensi
a don Rabagliati, don Unia (l'apo-
stolo dei lebbrosi), don Crippa, don
Arato, don Manachino, don Variara
(il fondatore delle Suore dei Sacri
Cuori), don Bertola, don Van Galen...
E questi sono soltanto alcuni, già
tornati alla Casa del Padre. Dovrei
elencare i vivi, attivi figli di Don
Bosco e di questo popolo, che fanno
stupire la nazione con opere geniali e
attualissime. La mia opera, tra tutte
queste attività, è una cosa cosl pic-
cola che può passare inosservata.
Domanda: Ma ùi che co11si.ste pre-
cisamente?
Don Carli: Da 30 anni parlo da
varie stazioni radio-trasxnittenti. Per
10 anni ogni mattino ho dettato una
breve meditazione di una decina di
minuti. Ora, a Tunja, capitale del
dipartimento di Boyaca, tengo due
programmi radio. Ho trenta minuti
sulla radio statale ogni sabato (dalle

2.5 Page 15

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8,30 alle 9); e dalla chiesa di S. Igna-
zio, ogni domenica alle J 2, trasmetto
la S. Messa per i malati della città
e della zona.
Domanda: Le risulta di avere molti
ascoltatori?
Don Cadi: Lo controllo ogni
giorno dalla abbondante corrispon-
denza che mi arriva. Del resto, basta
parlare semplicemente, e la gente
ascolta volentieri. E io non so par-
lare difficile: parlo della vita cristiana,
sacramentale, dei problemi cristiani
nella vita di ogni giorno. Un'altra
e spia• che mi rivela ben accetto al
pubblico sono gli inviti di ben otto
giornali a tenere una rubrica di vita
cristiana. Non ho rifiutato nessun
invito. Preparo anicoietti brc,ri, sem-
plici per giornali di Bogota, Barran-
quilla, Tunja... Forse il mio stile a
qualche pubblico raffinato europeo
farebbe storcere il naso, ma qui
amiamo la semplicità. Ricordo che
un giorno, per un giornale di Bojad,
scrissi un articoletto intitolato • Le
colombe di Piazza Bolivar•· Dicevo
che guardando quelle bianche co-
lombe, mi pareva si staccassero dalla
cattedrale portando ognuna nel becco
un ramo d'ulivo: andavano a portare
un saluto di pace sulle carceri, sugli
ospedali, sui gue"illeros, su tante case
dove la pace era desiderata e pregata
da Dio. Subito dopo la pubhlica-
zione ricevetti una telefonata e una
lettera anonima. Al telefono uno dei
SPINGERE IL CRISTIANESIMO PIÙ IN PROFONDITA
Osserviamo la vita di ogni giorno dei nostri cristiani. C'è gente buona,
persone che frequentano la Chiesa e cercano anche ogni tento di fare del
bene. Ma non è forse vitro che per molti cattolici, la religione di Cristo è ri-
dotta ad ùna vernice superficiale, ad un insieme di gesti esterni che coprono
un vuoto profondo 7
In fondo in fondo di Dio si ha paura. E allora sì fa 11 male, ma anche un po'
di bene; si odia, ma anche si compie qualche gesto di amore; si cerca insomma
di servire Dio e il male: e già Cristo disse che questo è impossibile. È come
volere essere nello stesso tempo ricchi e poveri, sani e ammalati. Cristo ci in-
vita a deciderci: o con lui o contro di lui.
Troppi sono «cristiani a metà». Cristiani tuni d'un pezzo, cristiani al cento
per cento sono rari come le monete d'oro.
Allora non dobbiamo meravigliarci delle conseguenze: famiglie dove
non c'è armonia, unioni illegali dove le conseguenze più gravi le portano i
figli, mancanza di pace nella coscienza, nelle nazioni, nel mondo.
Il segreto della pace del mondo intero è una cosa molto semplice: essere
ognuno di noi in pace con se stesso e con Dio. Sono gli Individui che som-
mandosi tanno le nazioni, sono le nazioni che sommandosi fanno il mondo.
Altre scorciatoie per la pace, altre «formule magiche» non ce ne sono.
La vita cristiana si esaurisce in una parola sola: amore. Amore a Dio, che
esige una lotta dura contro il male e la disonestà. Amore ai fratelli, figli del
nostro stesso Padre Dio, che esige stima, perdono. aiuto per chi ci sta intorno.
Solo a questo pano potremo scrivere su ogni nostra casa ciò che gli an-
geli cantarono sulla grotta di Betlemme: «Pace agli uomini di buona vo-
lontà».
DON CARLI
Sopra: Nel no•tro tempo I Man- Media ac-
quistano· umpre maggior Importanza, rag-
giungono mlllonl di per•one dlfflcilmente
ragglunglblll In a ltra ma niera. Nella pag.
accanto: Don Certi ai microfoni della radio.
migliori giornalisti della capitale si
congratulava con me, nella lettera
uno sconosciuto mi copriva di in-
sulti, invitandomi a fare il prete e
non l'imbrattagiomali. Cosl anche la
mia umiltà fu salva.
Domanda: Ricorda qualche altro
episodio rig"ardante questa sua attività?
Don Carli: Moltissimi. Ne nomi-
nerò soltanto uno, che difficilmente
scorderò. Alla radio di Batranqurna
stavo svolgendo un programma inti-
tolato «Messaggio Cristiano •· So-
,,ente pa.rlavo della misericordia di
Dio. Un giomo ricevetti una chia-
mata urgentissima di un signore che
stava morendo. Accorsi. Mi disse che
aveva ascoltato le mie parole, ed ·era
stato persuaso a confessarsi. Lo ri-
conciliai con Dio. Una settimana
dopo era già, lo spero fermamente,
nella gioia di Dio.
Domanda: Oltre all'attività par-
rocchiale e a quella radio/oriica, esercita
qualche altra attività?
Don Carli: Durante i 43 anni pas-
sati in Colombia sono stato anche
incaricato di seguire tre cause di
beatificazione. La prima fu quella
di padre Variara, il salesiano che
fondò la «Congregazione dei S.
Cuori ». Attualmente queste suore
sono 600, e la causa di questo sale-
siano è a Roma. 11 vivere spiritual-
mente accanto a queste grandi per-
sone, l'esplorare i loro scritti mi
aiuta molto a vivere sul serio il mio
Cristianesimo e il mio sacerdozio. 16

2.6 Page 16

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Ogni tre mesi il Ret-
tor Maggiore indirizza
ai Salesiani una lettera
« dottrinale » ricca di
spiritualità. L'ultima
del 1974, in 45 pagine
fitte, affronta fra l'al-
tro il tema del LA-
VORO. Ecco alcune
«schegge» di tale te-
sto, che consentono a
chiunque della Fami-
glia Salesiana di con-
frontarsi con lo stile
di lavoro che fu pro-
prio di Don Bosco.
MANICHE RIMBOCCATE. Don
Bosco, formidabile lavoratore della
vigna del Signore, ha saputo fare
del lavoro compiuto per amore e
con amore una ascesi, una mistica,
una pedagogia, un efficace mezzo di
apostolato. Anzi, ha voluto creare
una Congregazione all'insegna del
lavoro. Alla società del suo tempo,
che si era fatta dei religiosi un'im-
magine di individui inutili e oziosi,
Don Bosco presentava i Salesiani al
lavoro, a fianco di qualsiasi cittadino,
e soprattutto a fianco dell'indigente.
È in questo quadro che possiamo
comprendere l'intento di Don Bosco,
di fondare una Congregazione di
religiosi «con le maniche rimboc-
cate 1>. La loro vocazione popolare
esigeva, come testimonianza, uno
stile di vita che a esso li assimilasse,
vivendo con frugalità, e guadagnan-
dosi il pane con il sudore della
fronte. Il motto della Congregazione
«lavoro e temperanza & per i singoli
soci era un richiamo all'impegno
ascetico individuale, e di fronte al-
!'opinione pubblica assumeva il si-
gnificato di testimonianza e di dimo-
strazione apostolica.
LA VITA COME DOVERE. La
vita per Don Bosco non e né un
passatempo né un divertimento, ma
un impegno serio: è un dovere, con
tutto ciò che di sacro tale espres-
sione nel suo pensiero comporta.
,.a an1c

2.7 Page 17

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Per lavoro D on Bosco intende ap-
punto «l'adempimento dei doveri del
proprio stato, sia di studio, sia
d'arte o mestiere•· li lavoro è un
compito, una missione che Dio ha
affidato all'uomo. Parlando ai gio-
varù dice: «L'uomo è nato per lava-
rare»;« Chi non lavora non ha diritto
di mangiare •; • Chi non lavora fa
un furto a Dio e ai suoi superiori•·
Un po' per temperamento e un po'
per convinzione profonda, Don Bo-
sco ha a noia i poltroni e i parassiti;
aborrisce l'ozio considerandolo «sor-
gente funesta di tutti i vizi», ritiene
ozio tutto ciò che è evasione dal
proprio dovere. Vuole che i giovani
si abituino per tempo a lavorare,
perché «chi non si abitua al lavoro
in tempo di gioventù, per lo più
sar à sempre un poltrone fino alla
vecchiaia•·
COLLABORARE CON DIO. Per i
Salesiani le raccomandazioni di Don
Bosco al lavoro acquistano una pro-
spettiva più profonda: esso non è
solo il compimento di un dovere, ma
la realizzazione di una missione di
salvezza ricevuta da Dio. È colla-
borare con Lui all'opera della reden-
zione, è mettersi in sintonia con Lui,
con la sua incessante azione nel
mondo; è sentirsi continuamente pun-
golati dalla sua carità.
NON RIPOSAVA E NON LASCIA-
VA RIPOSARE. Don Ceria ha scrit-
to: Infiammato dal suo zelo, Don
Bosco non riposava mai e non lasciava
riposare». «Noi - ci confermava
Don Bosco stesso - non ci fermiamo
mai: vi è sempre cosa che incalza
cosa... Io vedo che dal momento
che noi ci fermassimo, la Congre-
gazione comincerebbe a deperi re~-
Questa preoccupazione non lo ab-
bandonava neppure sul letto di
morte. Cosl parlava il 24 dicembre
1887 a mons. Cagliero: «Ti racco-
mando d i dire a tutti i Salesiani,
che lavorino con zelo. Lavoro, lavo-
ro! ~- E sei giorni più tardi, a D. Rua:
<1 Ai Salesiarù dirai poi che racco-
mando loro il lavoro, il lavoro!•.
LA PASSIONE DEL LAVORO. Ma
niente è più estraneo allo spi rito di
Don Bosco che un lavoro fatto per
forza, anche solo subito per ncces-
r1
sità: un lavoro maledizione del pec-
cato, un lavoro non redento dalla
croce di Cristo. Per lui personalmente
il lavoro non era una fatica, ma una
passione.
~ L'austerità - dice don Caviglia -
è nel costume, nella volontà del
sacrificio, nel distacco, nel tono della
vita: si lavora, si tollera, si stenta
allegramente, perché in tutto c'entra
il cuore, e l'anima è così disposta
al superamento del non necessario,
che permette la massima disinvol-
tura di movimento e di spirito•·
Il segreto di questo •servire Do-
mino in laetitia •• anzitutto è per-
ché in tutto c'entra il cuore»: entra
nei rapporti con Dio e i fratelli,
entra nei rapporti tra sudditi e supe-
riori, tra educatori e giovani. È una
vera dittatura dell'amore, che non
impone la sua legge dall'esterno ma
si impone nell'interno del cuore di
ognuno, spingendolo a compiere il
proprio dovere spontaneamente, ge-
nerosamente, allegramente; in una
parola, a compierlo con amore, met-
tendoci tutto il proprio impt!gno,
tutte le proprie risorse di iniziativa e
di creatività.
GRANDI IDEALI. Un. segreto di
questa gioia salesiana pure in una
vita laboriosa austera ed esigente, è
quello a cui allude don Caviglia
quando parla di «anima tempt:rota a
grandi ideali •· Chi è animato da
grandi ideali, è disposto al sacrificio,
alla rinuncia di t utto per poterli con-
seguire; e tale disponibilità perdura
fin quando gli ideali sono ben vivi
nello spirito, fin quando non si du-
bita minimamente del loro valore. Il
giorno in cui questi ideali si offu-
scano, in cui si comincia a dubitare
della loro validità, allora la disponi-
bilità viene meno, e il rj piegamento
su di in una vita piattamente bor-
ghese non è che il sintomo del loro
effettivo t ramonto.
LA GIACULATORIA DEL « VA-
DO IO». In un clima di famiglia è
, dovere t tutto ciò che esige la soli-
darietà fraterna secondo le circostanze.
Comprendiamo cosi come il << Non
tocca a me * suoni bestemmia in
un'autentica. comunità salesiana, e il
Vado io•, quasi una giaculatoria,
riassuma bene lo spirito di generosa
disponibilità che caratterizza il vero
Salesiano. «Non so quanti giorni di
indulgenza abbia - diceva arguta-
mente don Caviglia -, ma certo è
il maggior merito per la Congrega-
zione, che è cresciuta tutta col • vado
i o 1>, a forza di sacrifici ►>. Don Bosco
ha voluto forgiare dei religiosi che
fossero pronti ora a sali re sul pul-
pito, e Oia ad andare in cucina; ora
a fare scuola e ora a scopare; ora a
fare il catechismo o pregare in chiesa,
e ora ad assistere nelle ricreazioni;
ora a studiare tranquilli nelle loro
celle, e ora ad accompagnare i gio-
vani alle passeggiate; ora a coman-
dare e ora a ubbidire... ».
IN UNIONE CON DIO. Cosl come
Don Bosco l'ha concepito, il lavoro
salesiano non è possibile senza una
profonda pietà. Solo essa può fon-
datamente motivare e animare un la-
voro intenso, generoso, assolutamente
disinteressato, abbracciato liberamen-
te con gioia come espressione con-
creta di dedizione totale e di amore
per i giovani.
Certo è più facile imitare Don Bo-
sco ndla sua febbrile attività, che
nella sua profonda unione con Dio:
ci si butta perdutamente nell'azione
senza preoccuparci che essa nasca e
sia nutrita di interiorità. Ma dob-
biamo riconoscere che se è salesia-
namente sospetta In pietà dei poltroni
e degli egoisti, è altrettanto sospetto
e,,

2.8 Page 18

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il lavoro di chi non ha profonda
pietà. A ragione il Capitolo Generale
Speciale ha affermato: Per far in-
contrare Gesù Cristo con i giovani e
la genle, occorre prima averlo incon-
trato personalmente •·
PER L A COSTRU ZIONE D EL
MONDO. Per il salesiano, il lavoro,
questo dono totale di al suo
compito apostolico, è a un tempo
«mistica, ascesi, e esigenza di con-
sacrazione nella libertà •• ci dicono
gli atti del CGS. Che proseguono:
Questo atteggiamento mette il Sale-
siano in sintonia con l'uomo d'oggi,
che ha la coscienza di essere "homo
faber", trasformatore del mondo e
attore della storia. Con la sua fatica
di lavoratore del regno s'impe~a a
dare il suo contributo per animare
cristianamente questo movimento•>.
CI ASSOCIAMO AI POVERI. Il
lavoro assiduo e sacrificato - ri-
corda l'articolo 87 delle Costituzioni
- è una caratteristica lasciataci da
Don Bosco, è espressione concreta
della nostra povertà. Nella quotidiana
operosità ci associamo ai poveri che
vivono della propria fatica, e testi-
moniano agli uo.rnini d'oggi il senso
umano e cristiano del lavoro •·
RIEMPIRE IL TEMPO FINO AL-
L'ORLO. Una vita tutta impegnata
nel lavoro per il regno, è naturale
che guardi al tempo come a un tesoro
da trafficare gelosamente. Don Bosco
impegnava con intensità ogni istante
della sua esistenza. «La vita - di-
ceva - è troppo breve. Bisogna fare
in fretta quel poco che si può fare,
prima che la morte ci sorprenda•; e
ancora: e Bisogna che ci proponiamo
lavori superiori alle nostre forze, e
cosi chissà che non si arrivi a ra·re
tutto quello che .non si può •· Do-
vremmo anche noi poter ripetere ogni
giorno con la vita questa preghiera
del Quoist: «Signore, il tempo è un
regalo che tu ci fai: gli anni della
mia vita, le giornate dei miei anni,
le ore delle mie giornate, sono tutti
tempi miei. A me spetta riempirli,
serenamente, con calma, ma riem-
pirli tutti, fino all'orlo, per offrirteli
in modo che della loro acqua insipida
tu faccia un vino generoso, come
facesti un tempo a Cana per le nozze
umane ».
SALESIANI A TEMPO PIENO.
Carissimi, siamo Salesiani a tempo
pieno, in quanto gli impegni da noi
presi, quando abbiamo offerto a Cristo
un cuore integro e indiviso, ci accom-
pagnano in ogni momento della
18 nostra vita.
SAC. LU IG I RICCERI
La singolare iniziativa,
che da sei anni i gio-
vani dell'Istituto Don
Bosco propongono con
successo crescente ai
loro coetanei studenti,
dice quanto può otte-
nere un gruppo deci-
so per l'animazione di
un'intera città.
Et una Settimana culturale, arti-
stica, e sportiva•• che gli stu-
denti e i loro professori (discreta-
mente dietro le quinte) dell'Istituto
Don Bosco di Guatemala organizzano
durante il mese di luglio per la gio-
ventù studentesca maschile e femmi-
nile della città. Una Settimana di
incontri, confronti e gare, che dalla
sua prima manifestazione nel 1969
a oggi ha visto allargarsi sempre più
la partecipazione e i consensi: non
stupisce quindi se aJJa sua inaugu-
razione o chiusura si scomodi perfino
il ministro dell'Educazione nazionale.
Ecco i dati salienti:
L'organizzazione. Un exaJlievo
della scuola, ora insegnante in essa,
dal -i969 ha la direzione generale
della Settimana: il prof. Mario Ille-
scas. Gli studenti del quinto e quarto
corso collaborano con lui: uno è
coordinatore generale, otto sono inca-
ricati di settore, 26 incaricati dei
sottosettori, e tutti gli altri degli
ultimi corsi sono «realizzatori diretti ~-
Al coordinatore generale sono affi-
date le e relazioni pubbliche •: tra
l'altro informa sui programmi le varie
scuole della città, si tiene a disposi-
zione per qualsiasi schiarimento o
consiglio, assicura ordine e disciplina
sia prima che durante la Settimana,
or~anizza la «serata di gala o che
chiuderà la manifestazione. Un altro
coordinatore provvede ai tempestivi
contatti con i partecipanti, i giudici,
gli arbitri, gli invitati.
I tre settori su cui fa perno l'in-
tera manifestazione sono la cultura,
l'arte e lo sport.
Nel settore culturale si svolgono
tre concorsi: di oratoria, di declama-
zione, di leneratura (in prosa e in
vers-i). La partecipazione degli stu-
denti è grandissima. Anche nel set-
tore artistico si organizzano tre con-
corsi: di pittura, scultura e foto-
grafia. Il settore dello sport, che
smuove le masse, compr ende tornei
di pallacanestro, pallavolo, ping-pong
e scacchi.
Per ogni concorso o gara sono in
palio u.n primo, un secondo e un
terzo premio.
Lo svolgimento della Settimana.
La mattina del Junedl, inaugurazione
della Settimana alla presenza delle
autorità, e presentazione degli Isti-
tuti o gruppi che partecipano. Du-
rante la Settimana, in linea di mas-
sima al mattino si svolgono attività
culturali e artistiche, al pomerig~o
le gare sportive, a sera le rec1te
teatrali.
Una mattinata in genere è occupata
dal «Festival della Canzone*· I gior-
nalisti in erba delle riviste scolastiche
durante la Settimana trovano modo
di incontrarsi per i problemi di...
categoria. Il sabato sera ha luogo la
grande festa di chiusura, con l'ele-
zione della reginetta degli studenti.
Significato della manifestazione.
Che la formula sia indovinata lo dice
la progressiva scalata dei partecipanti:
24 scuole nel 1969, H l'anno se-
guente, poi sempre più numerose,
fino alle 84 del 1973 e alle 108
nel 1974.
La Settimana della Gioventù è
qualcosa di giovane, fatto dai giovani
per i giovani. È una risposta alle
inquietudini giovanili, un modo posi-
tivo di incanalare le energie erom-
penti degli anni verdi.

2.9 Page 19

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L'hanno costruita a
Bogotà, con i soldi
defla lotteria. E la stan-
no riempiendo con ra-
gazzi rastrellati di not-
te, in giro per le stra-
de. Attraverso quattro
tappe successive, que-
sti ragazzi passano dal-
l'emarginazione al rein-
serimento nella socie-
tà. 11 Presidente della
Colombia ha detto il
suo grazie per questa
opera « diversa », che
mette l'amicizia al po-
sto del filo spinato.
sati questi ragazzi quando il loro
comportamento dà buona speranza.
Obiettivo finale della Cittadella è di
far sì che il giovane giunga a una
buona maturazione. Il che comporta
un atteggiamento di piena responsa-
bilità, rendimento sul lavoro, buone
relazioni umane, desiderio di miglio-
una
cittadella
~er
I
ragazzi
clella strada
T rentadue unità di abitazione, con
chiesa, municipio, amministra-
zione, banca, cooperative, e un gra-
zioso chiosco di paglia stile indio
«Chìocha 1> per le riunioni del «con-
gresso 1>: ecco la «Cittadella dei ra-
gazzi ~. nel Parque de la Florida a
occidente di Bogotà, inaugurata dal
Presidente della Colombia il 27 giu-
gno scorso.
La Cittadella, costruita su un' area
di diecimila metri quadrati, ospiterà
1100 ragazzi emarginati e in cerca
del loro legittimo posto nella società.
L'opera è costata trentacinque mi-
lioni di pesos, raccolti - è un'idea! -
con la «Lotteria di Bogotà».
Padre Javier De Nicolò è l'arte-
fice dell'opera gigantesca. Da quasi
quattro anni lavora con altri Salesiani
a vantaggio dei «gamines >>, come
qui li chiamano. Con le autorità
aveva elaborato un suo piano in
quattro tappe, per creare questa isti-
tuzione capace (si spera) di dare una
risposta soddisfacente al gravissimo
f>roblema dei ragazzi della strada.
Cominciò con un semplice dormitorio,
e ora è giunto alla Cittadella con
tutte quelle sue strutture.
Le quattro tappe
Il programma preparato da padre
Javier si è proposto di attirare i
ragazzi con le buone maniere, senza
intervento della forza pubblica.
La prima tappa si chiamò (< Ope-
razione amicizia >>, e consistette nel-
l'avvicinamento notturno di tutte le
bande esistenti in quel tempo nella
città. Si riusci così a realizzare un
censimento approssimativo dei ra-
gazzi abbandonati, a invitarli per
gruppi a passare qualche giorno di
sana distensione in un ambiente
adatto, a entrare - quando era pos-
sibile - in amicizia con loro.
Nella seconda tappa i ragazzi fu-
rono interessati al «Club Bosco-
nia 1>, che offriva in condizioni ot-
tima•li la possibilità di conoscere
quali tra loro avevano da qualche
parte una casa propria, e quali ne
erano privi.
Quelli che risultavano con un pro-
prio focolare, vennero incoraggiati a
farvi ritorno, e aiutati a superare le
immancabili difficoltà del rientro.
La terza tappa comportò il rico-
vero dei casi più drammatici in al-
cuni edifici dell'opera: ragazzi dro-
gati, malati, o da poco usciti dal
carcere minorile. Si eccettuarono solo
quelli con squilibri mentali (il 3-4 %
dei ragazzi della strada).
È stata importante questa tappa,
perché il minore ha continuato a
vivere sotto l'attento sguardo degli
educatori, conservando la sua libertà.
Gli educatori man mano riuscivano
a infondergli interesse per la scuola
o il lavoro, e a fargli accettare un
minimo di norme necessarie alla con-
vivenza con gli altri. A quelle con-
dizioni egli poteva rimanere nel-
1'istituzione e riceverne i benefici.
Non ultimo, il denaro della banca
interna, i <( fiorini •>, con cui affron-
ta-re le piccole spese. Guadagnarseli
era semplice: bastava andare a scuola,
o al lavoro nei laboratori; e com-
portarsi bene.
La quarta tappa è costituita dalla
<< Cittadella dei ragazzi » vera e pro-
pria, a cui man mano vengono pas-
ramento, insomma tutto quello che
consente di stabilire che il ragazzo
sia ormai in grado di reinserirsi senza
difficoltà nella società.
L'impossibile ha richiesto
un po' di tempo
Al momento lavorano a tempo
pieno io questo programma cinque
Salesiani e alcune Religiose di quattro
congregazioni diverse.
All'inaugurazione della Cittadella
fu presente il Presidente della Co-
lombia, Misael Pastrana, che nel suo
discorso sottolineò la novità del « trat-
tamento riservato al minore cosid-
detto delinquente >l, in quest'opera
che non ha il filo spinato ma riabi-
lita il minore, gli insegna a lavorare
nella campagna o in officina, e gli
consente di incorporarsi di nuovo
nell'ambiente, anche povero, della
famiglia.
«Mi congratulo con padre Nicolò
- ha aggiunto il Presidente - per
la perseveranza, la tenacia, l'entu-
siasmo mistico con cui la sua comu-
nità e le altre hanno lavorato, creando
in soli due anni ciò che prima sem-
brava un sogno e ora vediamo rea-
lizzato in modo sorprendente... C'è
gente convinta che il difficile è facile
da fare, e pensa che l'impossibile
richiede solo un po' più di tempo.
Anche lei, padre De Nicolò, ha
chiesto solo un po' di tempo per
realizzare ciò che sembrava impossi-
bile, e lo ha realizzato. Con soddi-
sfazione sua, e con soddisfazione del
governo e della società riconoscente ~-
19

2.10 Page 20

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Le sue ultime parole ai
compagni di escursio-
ne prima di precipitare
da una rupe: «Ora fac-
ciamo un po' di silen-
zio. Cosi possiamo go-
dere e pregare». Una
ragazza dinamica e mo-
derna. Un cuore spa-
lancato a Dio e ai fra-
telli, capace di silenzio
e di contemplazione.
«5ignore, perdonami se facilmente
m'illudo che amarti e amare
con te sia facile e comodo. Perdonami
se ti dico: afferrami e fa di me ciò
che vuoi e poi ti grido di stare attento
a ciò che fai perché sconvolgi conti-
nuamente i miei piani. Ma tu sei
davvero misericordioso e maestro.
Anche oggi mi hai dato una buona
lezione. Ho capito! Ed abbi pazienza
se bo sempre bisogno che tu mi
ripeta le stesse cose. Però, come tu
ci hai amati fino in fondo, cosi io
non ritiro la mia parola: il a te,
un sl totale, un si cosciente, un sl
sofferto fin che vuoi, ma che ormai
è diventato la mia pelle».
Cosi scriveva nel suo diario Ma-
riella Buzzi. Queste righe portano la
data del 22 aprile 1973, poco meno
di tre mesi prima che la morte la
cogliesse durante un'escursione sul
monte Pelvo (Fenestrelle).
Era nata ad Alessandria (Piemonte)
il 25 aprile 1948.
Da bimba frequentò la scuola ma-
terna delle Figlie di Maria Ausilia-
trice di piazzetta Monserrato, uno
dei più vecchi e popolari quartieri
della cittadina piemontese.
La sua maestra se la ricorda tutta
viva e intenta all'ascolto. Soprattutto
quando si parlava di Gesù.
Non la perse più di vista. E l'ebbe
vivace collaboratrice di bene tra i
bambini della scuola materna che
Mariella assisteva, a volte, durante
le refezioni, tra le ragazzette più
povere a cui si prestava per ripeti-
zioni gratuite, tra le giovani della
parrocchia di cui era l'anima, sia
come catechista che come << capo-
fuoco >> delle scolte nell'ASCI (Asso-
ciazione scautistica cattolica italiana).
La laurea
a pochi giorni dalla morte
Mariella era una ragazza dinamica
e moderna nel senso più ampio e
positivo del termine.
La sua laurea in farmacia, conse-
guita brillantemente a Genova pro-
prio pochi giorni prima di morire,
aveva sigillato un tempo di studio e
di sforzo nella ricerca scientifica.
Scrive infatti nel diario il 26 maggio
scorso: «Ciao, Signore. Oggi è l'ul-
timo giorno di laboratorio. Te lo
posso dire : ci soffro. È questo un
lavoro che mi piace, che mi sboccia
nella mente e mi fiorisce tra le
mani. È il lavoro «giusto•> per i
talenti che mi hai dato. E ora la
vita mi porta altrove (...). Pazienza,
Signore! Vuol dire che nel tuo Para-
diso ci sarà anche un laboratorio per
me. O magari non lo vorrò neppure
più, perché avrò Te e Tu sarai il
mio compimento >l.
« U na cristiana orizzontale»
Anche da questo punto di vista,
Mariella Buzzi è figlia del suo tempo,
anzi - direi - figlia autentica della
Chiesa di oggi. «Ai laici - dice la
Gaudium et Spes - spettano pro-
priamente anche se non esclusiva-
mente gli impegni e le attività tem-
porali. Quando essi dunque agiscono
quali cittadini del mondo (...) non
solo rispetteranno le leggi di ogni
disciplina ma si sforzeranno di acqui-
stare io quel campo una vera e pro-
pria perizia 1> (GS 43).
A proposito di questo suo inseri-
mento pieno nella società contem-
poranea, che mi pare un aspetto
caratteristico del. suo stile di testi-
monianza cristiana, scriveva il 12
maggio scorso: <• Ti ricordi, Signore?
C'è stato chi mi definl una cristiana
20
iglie di M
usiliatri

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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orizzontale e un esempio netto della
dissacrante mentalità dei tempi mo-
derni. Tu però lo sai: vivo il mio
tempo, la mia età con tuna me
stessa, ,·ivo intensamente ciò che la
vita degli anni '70 mi offre, ma ti
amo forte e Lutto è in questo amore.
Io posso solo amarti onestamente, fino
in fondo. E questa è la mia vita,
questo è il mio tempo. Questa, Si-
gnore, sono io e questo sei Tu in
me•.
Una ragazza dinamica che non
rifiutava niente della vita, ma che
nella vita portava continuamente quel
<( profumo di Cristo•> che solo un
intenso spi rito di preghiera può co-
municare. Scriveva il 9 novembre ' 72:
Spirito Santo d'Amore, grande di-
menticato eppure fuoco di vira, Tu
che tutto trasformi, Tu acqua alla
nostra sete, Tu pane alla nostra
fame e sale alla nostra vita, crea in
noi un cuore nuovo, puro, ardente,
un cuore forte, un'anima specchio del
tuo amore gioioso e della tua serena
sapienza•·
In fondo, tutto il suo diario non
è che il bisogno di dare forma a un
lungo, quasi continuo colloquio. Scri-
veva il 30 aprile '73: t Il mio cuore
è il mio monastero. Nel cuore la
tua povertà, nella giornata l'essen-
ziale, nella notte il tuo silenzio. E
in ogni attimo la vita che si fa pre-
ghiera in te. Tu in me e fuori di me,
Tu dovwique e sempre, Signore•·
E il 16 maggio del '73 annota:
Ciao, Signore delle mie mattinate
studiose. Mc lo concedi un attimo
di calma? Ti sento vicino e questo,
come sempre, mi trasforma. Non è
commozione, non è sensibilità. Ci sei,
mi circondi. Siamo l'uno nell'altro.
E tutto è preghiera t.
Qualche tempo dopo aggiunge:
e Com'è cambiato il mio modo di
pregare, il modo di parlarci in questi
anni I Prima e rano esercitazioni di
buona lettura, ora è il colloquio di
chi conosce veramente l'Altro, o il
silenzio di chi non ha nulla di na-
scosto oppure è la vita tutta che ci
unisce in una ritmata intensità di
amore,.
« Grazie per aver fatto tornare
a casa Micione »
Questo suo essere in stretto collo-
quio con Dio, intensjfica il suo
rapporto con gli uomini e con le
creature tutte. Scrive il 10 novem-
bre '72: «Grazie per aver fatto tor-
nare a casa Micione. Forse non si
dovrebbe pregare per gli animali,
Signore, ma sono tue creature e tu
le hai pensate da sempre. Cosi la-
sciami ringraziarti perché mi hai aiu- 21

3.2 Page 22

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tata a ritrovare questo bel gatto. Gli
uomini distruggono piano piano la
tua sapiente natura. Ma Tu facci
capire la sua perfezione. Aiutaci a
difenderla, ad incrementarne lo svi-
luppo, a rispettare e ad amare ogni
tua opera. E se noi non siamo capaci
di conservarci questo dono vitale,
salva tu la tua natura e i tuoi ani-
mali: per l'amore che es'primono e
per quei pochi che capiscono, che
lottano, che amano questo tuo per-
fetto universo».
Un alto grido di dolore
Mariella aveva lottato a lungo per
riuscire a essere «espropriata di se
stessa».
A volte il suo diario è un alto
grido dolore. << Qualcosa dentro
di me si è rotto - scrive il 30 giugno
del '72 - . Sto crollando. Mi appiglio
ai miei piccoli affetti egoistici, ma
anch'essi si sfanno. Con la lucida
ragione vedo me stessa rompersi in
pezzetti sempre più piccoli. Vorrei
urlare, vorrei fare non so che cosa
per salvarmi; posso invece solo guar-
dare e avvertire la morte del mio io.
Signore, Dio ~ella vita, non lasciarn:1-i
morire. Non spegnere questo ll.l1lll-
cino >l.
Aveva scritto alcuni giorni prima,
il 3 marzo: << Mi sento dentro un
deserto arso e sferzato dal vento.
Signore, solo tu puoi ricondurmi a
vita (...). Aiutami a dimenticare me
stessa. Aiutami ad essere soddisfatta
quel che ho e che mi dai, aiutami
a gioire delle gioie altrui, aiutami ad
essere accessibile a tutti >>.
Accessibile lo era diventata real-
mente. Lo sapevano i familiari, gli
amici, le ragazze, la gente più po-
vera e sola della parrocchia. Gli «ul-
timi •>, quelli che in Cielo saranno i
primi, erano già i primi nel suo cuore.
Una donna del suo quartiere attestò
che più volte vide Mariella correre
incontro a un vecchietto muto po-
vero lacero, e abbracciarlo. Rimasto
muto dopo un incidente viveva solo,
nell'indigenza. Mori qualche mese
dopo di lei.
Mariella ne parlava nel diari o alla
data di Pasqua '72: «Il nostro 'bam-
bino' muto, Signore, mi tocca sem-
pre il cuore. La sua gioia per quel
poco che gli dò si tramuta in un
balbettio e si racclùude in quegli
occhi stanchi . Oggi mi ha cercato in
chiesa per dirmi tutta una serie di
«b »e di << q »Buona Pasqua! E solo
allora se n'è andato contento perché
io avevo capito e accettato con gioia.
Buona Pasqua! Non me l'aveva ancor
detto nessuno. Oggi, solo oggi, Si-
22 gnore, per me è interamente Pasqua.
Perché eri tu, a dirmi dal mistero
di quelle labbra sigillate: " Buona Ri-
surrezione"!>>.
«Signore, sei un perfetto minatore
- scrive un altro giorno. - Scavi,
scavi, e arrivi sempre dove vuoi,
trovi ciò che vuoi: soprattutto i
problemi, le magagne, i punti oscuri
e deboli. Tu devi portare tutto alla
luce. E fin che non che l'hai fatta
non molli (...). Così è giusto che io
ora guardi con occhi nuovi e soprat-
tutto senza considerare ogni cosa in
rapporto a me stessa, accettando ogni
realtà, ogni debolezza, ogni persona.
Lo so: non sarà una cosa da ridere,
ma è giusto ciò che mi chiedi. Sia
dunque cosi!».
« Abbianio bisogno
che la loro povertà ci punga »
26 aprile 1973: «Abbiamo sempre
bisogno d'essere a contatto coi fra-
telli, soprattutto con i nostri fratelli
sofferenti. Abbiamo bisogno che le
loro pene, la loro muta povertà «pun-
ga >> la nostra carne e il nostro cuore.
Abbiamo bisogno di amarli sempre
veramente e fino in fondo. Altri-
menti il loro dolore diventa per OQi
solo un caso da trattare a tavolino,
magari per cui pregare, ma non
sangue di fratelli veri con cui divi-
dere tutto. Diventeremmo solo dei
<< sensibili »e non dei «compromessi »,
dei pietosi e non degli «innamorati >>,
dei filantropi e non degli uomini che
vivono in Te. Per questo devi venire
in noi con tutta la tua forza, Signore ».
Mariella aveva uno splendido modo
di sorridere e un disinvolto stile di
«parcheggiare» presso ogni prossimo.
Lo sapevano in tanti: Gesuino (un
altro vecchietto della parrocchia), una
ragnza paralitica, i bambini più
poveri, la lattaia di cui curava l'ar-
trosi e le ragazze del pensionato
universitario di Genova dove allog-
giava frequentando l'università.
È bastata una chitarra scordata
<< Stasera - scrive dal pensionato
di Genova - ho fatto baraonda con
qualcuno più matto di me. Eravamo
tutti in crisi I Beh, te la sei cavata
bene, Signore! È bastata una chitarra
scordata, un letto con otto "formiche
argentine" sedute sopra, un reper-
torio canti. E le nuvole sono pas-
sate•>.
«Ma sl, Signore, prendi tutto.
Più tu prendi, più ti ho in roe. E
quando ho te, io sono viva. Ciò che
tu mi dai lo accetto con gioia, ciò
che tu mi chiedi te lo dono con
amore•>.
«Ho visto il tuo volto, Signore, ho
sfiorato la tua mano, mi sono nutrita
di te, mi sono persa in te e in te
ritrovata. Il canto del «Tu » mi
nasce dal cuore, sfiora le mie labbra,
canta nei miei occhi. Tu, 'l'u, Tu,
Signore, mio Dio, mia Speranza,
mia certezza d'eternità, rnio universo,
mio inafferrabile infinito in cui mi
perdo e mi trovo, in cui mi abbracci
e ti abbraccio, in cui io sono Te e
Tu sei me, in cui vivo la tua agonia
e in cui risorgo per la gloria del
Padre nell'unità dello Spirito d'A-
more•>.
Le sue compagne, i suoi amici sì
sentono ancora con lei. Mariella ha
loro rivelato giorno dopo giorno, che
il Vangelo preso sul serio è croce ma
soprattutto Risurrezione.

3.3 Page 23

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perchpèetraunntai soldi
scuola
«Ma perché chiudere
un sacerdote in una
scuola quando vi è tan-
to lavoro fuori, in mis-
sione, e siamo cosi in
pochi ? ». Anche i non-
cattolici erano di que-
sto parere: noi badas-
simo ai ragazz1n1, ai
giovanotti della scuola
superiore ci avrebbero
pensato loro. Ma oggi
la scuola superiore è
una realtà: una realtà
missionaria che ospita
ogni giorno 2365 al-
lievi.
E ro un giovane seminarista di
Milano. Di tanto in tanto visi-
t.tvo l'Istituto S. Ambrogio dove, in
bre\\·e, il buon Direttore di allora mi
«pescò* e mi mandò aU'Aspirantato
Missionario di Ivrea.
Dopo un solo anno fui mandato,
dall'indimenticabile don Rinaldi a
ShiUong, nell'Assam (India). '
Qui feci il mio noviziato e termi-
nai la teologia. Subito dopo l'ordina-
zione sacerdotale fui mandato, come
missionario, nella jungla di Raliang.
Allora si era all'inizio della mis-
sione. Si lavorava da matti, con gran-
de entusiasmo salesiano e, grazie a
Dio, si raccoglievano buoni frutti. Il
nwnero dei cristiani awnentava ogni
giorno ed i villaggi si moltiplicavano.
Così si continuò fino alla seconda
guerra mondiale, che ostacolò di
molto il nostro lavoro, perché fwnmo
quasi tutti internati nel campo di
concentramento
Dopo la guerra si pensò ad orga-
nizzare e consolidare il lavoro già
fatto.
Vedevamo che i protestanti si mol-
tiplicavano e consolidavano per mezzo
d~lle scuole. In ogni villaggio, anche
piccolo, avevamo una buona scuola
elementare. Il loro slogan era: «Dove
c'è una buona scuola lì vi è una
buona e fervente comunità •·
Seguimmo lo stesso metodo. Aprim-
?
mo parecchie scuolette nei villaggi
più grossi ed ora constatiamo la ve-
rità dello slogan.
Con la scuola la comunità diventa
più fervente. La mentalità dei fan-
ciulli (e degli adulti) si apre a campi
più estesi. La scuola aiuta il missio-
nario, che non potendo visitare i
villaggi molto frequentemente, fa
giungere la sua parola, e la parola di
Dio, per mezzo degli scr-itti e della
stampa. Questa aiuta molto alla for-
mazione dei neofiti e dei critiani
stessi.
Ma mancavamo di scuole superiori.
Molti dei nostri giovani, che vole-
vano continuare gli studi, erano co-
stretti a frequentare o la scuola go-
vernativa o quelle protestanti a gran-
de scapito della loro formazione spiri-
tuale. Fu così che nel 196o, di ritorno
dalle mie vacanze in Italia, il nostro
Vescovo volle che mi interessassi di
co~truire una scuola superiore, pro-
pno a Mawkhar, un quartiere di
Shillong con più di 30 mila anime
e centro del protestantesimo.
Gli inizi, come sempre, furono
molto duri. Nessuno, di proposito,
voleva venderci il terreno. I mezzi
scarseggiavano. Mettemmo il tutto
sotto la protezione del caro S. Dome-
nico Savio, che ben presto fece sen-
tire la sua protezione. Ci venne
ceduto un bel pezzo di terreno vicino
alla c~iesa e poi, a poco a poco,
costruimmo una bella sc.uola, a tre
piani, in cemento armato.
Purtroppo trovammo difficoltà an-
che da chi non avrebbero dovuto
venire.
t Ma è proprio necessaria una spesa
simile ?* ci dicevano; «ma perché
rinchiudere un sacerdote in una
scuola quando vi è tanto lavoro fuori
in missione e siamo così in pochi? •·
«Perché non mandarli nelle altre
scuole?».
Queste, ed altre simili, erano le
obiezioni che si facevano. Oltre a
questo, si dovette sostenere una lotta
contro i non cattolici, che facevano
di tutto per ostacolare e facevano
del loro meglio affinché il governo
negasse il riconoscimento legale.
Ma oggi la scuola è un fatto com-
piuto e conta ben 2365 allievi, tra
cui 675 protestanti (tra i quali i
figli di quelli che più ostacolavano
la scuola) e 896 .non cristiani con
64 maestri esterni. Sono l'unico sale-
siano nella scuola.
I frutti? Sono buoni, grazie a Dio.
I nostri cattolici terminano i loro
studi che sono ben saldi nella Fede
(hanno, nelle classi superiori, tre ore
di religione alla settimana e nelle
inferiori un'ora tutti i giorni) e
sentono, aJmeno un gran numero, la
necessità di diffonderla con la parola
e con l'esempio di vita cristiana.
14 giovani passarono nel Seminario
diocesano, e due nel nostro aspi-
rantato.
Ogni anno alcune famiglie, attra-
verso i figli educati nella scuola, si
convertono alla nostra Fede.
Alcuni dei nostri allievi continua-
rono gli studi nell'università nei dif-
ferenti rami, anche in legge ed in
scienze politiche, così che speriamo
in un non lontano domani, di avere
uomini politici profondamente cat-
tolici.
Ho ricevuto ier l'altro una lettera
di un ex allievo che, tra l'altro, mi
dice: <( ...Padre, sono ancora pagano,
benché sia stato nella tua scuola per
ben IO anni. Non ho mai dimenticato
le tue parole cd istruzioni catechisti-
che a cui presi sempre parte, anche
se i miei genitori erano contrari ...
Ora ho deciso di farmi cattolico...
Ritorna presto Padre, così che tu
possa condurmi al Battesimo... Sento
che il Signore mi vuole, non solo
cattolico ma ad essere un leader dei
miei fratelli, ma non so ancora come...
Illuminami e sii tu il padre dell'ani-
ma mia... &.
Credo e penso che questa lettera
sia la miglior risposta ai timori ed
obiezioni a chi voleva intralciare
quest'opera.
S~ è un gran peso per la missione,
specie per la parte finanziaria, e
richiede da parte nostra grandi sacri-
fici, ma sono convinto che ne valga
la spesa.
Pregate per noi.
SAC. A. CORRENG IA (Shillong Mawkhar) 23

3.4 Page 24

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Capo-spedizione: il ra-
gazzo dei giganti - 11
Papa domandò: «Do-
ve sono i miei piccoli
missionari 1 » - 11 vento
misterioso delle ore 16
- Venti ricordi scritti
a matita - Sbarco al di
là dell'Oceano - Mis-
sionari si, ma in peri-
feria - I selvaggi e le
carabine Remington -
Un piano che funziona
solo a tavolino - Da
Torino arrivano dei ra-
gazzi - Spedizione per
mare: fallimento.
L e spedizioni missionarie che
Don Bosco organizzerà nella sua
vita saranno undici. Ma nessuna
supererà l'entusiasmo e la febbre
della prima.
I partenti dovevano essere al-
l'altezza: esprimere il meglio della
giovane e piccola Congregazione che
s'impegnava in un compito arduo e
delicato. Tra i salesiani che rispo-
sero in massa al suo invito, Don
Bosco fissò la sua scelta su sei sacer-
doti e quattro coadiutori.
Capo della spedizione sarebbe stato
Giovanni Cagliero, il ragazzo su cui
aveva visto un giorno lontano cur-
varsi due indi giganteschi color di
rame. A 37 anni, diventato un sacer-
dote robusto, gioviale, intelligente e
di un'attività esuberante, don Cagliero
si preparava a diventare in America
l'uomo della situazione. Era diffi-
cile immaginare l'Oratorio senza di
lui: laureato in teologia era il pro-
fessore dei chierici, era l'insupera-
bile maestro e compositore di musica,
aveva in mano faccende molto deli-
cate, e dirigeva nello spirito parecchi
Istituti religiosi della città. Sarebbe
stata una perdita molto grave per la
Casa di Don Bosco.
È curioso il «metodo 1> con cui
Don Bosco l'arruolò per la spedizione.
Racconta Eugenio Ceria: << Dopo
essere rimasto sovrappensiero e silen-
zioso, un giorno di marzo Don Bosco
disse a Don Cagliero che gli stava al
fianco: "Vorrei mandare qualcuno
dei nostri preti più antichi ad accom-
pagnare i Missionari in America, e
che si fermasse là un tre mesi con
loro, finché non siano ben collo-
cati. Abbandonarli subito soli senza
un appoggio, un consigliere col quale
24 abbiano confidenza, mi sembra una
I
II
I
cosa un po' dura. Non mi regge il
cuore a pensarci".
Don Cagliero rispose: "Se Don Bo-
sco non trovasse alcuno, al quale
affidare l'incarico, e se mi credesse
atto a tale ufficio, io sono pronto".
"Va bene", concluse Don Bosco.
I mesi passavano, senza che si
facesse più motto di questo suo divi-
samento; ma, avvicinandosi la data
della partenza, un giorno all'improv-
viso Don Bosco disse a don Cagliero:
"In quanto all'andare in Aµ}erica,
sei sempre dello stesso pensiero?
L'hai detto forse per burla che
saresti andato?".
"Lei sa bene che con Don Bosco
non burlo mail" rispose don Ca-
gliero.
"Va bene. Preparati. È tempo".
La foto ufficiale della prima spedizione mis-
sionaria salesiana. Don Bosco ha alla sua
destra Don Cagliaro (cui porga il libretto
delle Costituzioni Salesiane) e alla sinistra
Il consola argentino Gazzolo.
Un altro sacerdote di valore che
partiva era don Fagnano, animo di
pioniere, ex soldato di Garibaldi.
Gli altri quattro sacerdoti erano don
Cassinis, don Tomatis, don Baccino
e don Allavena. I salesiani coadiu-
tori erano Bartolomeo Scalvini, mae-
stro falegname, Vincenzo Gioia, mae-
stro calzolaio e cuciniere, Barto-
lomeo Molinari, maestro di musica, e
Stefano Bel.monte, economo e ammi-
nistratore.
Il Papa domandò:
« Dove sono i miei piccoli
missionari ? »
«Non avremmo detto tutto se
tacessimo di una particolarità- scri-
ve Eugenio Ceria. - In mezzo a
tanti fervori di preparativi, parecchi
ancora vi erano, i quali duravano
fatica a persuadersi che la spedi-
zione si sarebbe davvero fatta».
MISSIONI SALESIANE Don Cagliero corse subito via a
dare ordini per i preparativi. In
pochi giorni, lavorando febbrilmente,
li condusse a termine ►> (MB XI, 372).
Così, si direbbe quasi per caso,
cominciò la sua missione il primo e
più grande missionario salesiano. I
tre mesi preventivati familiarmente
da Don Bosco durarono complessi-
1U5fJ
vamente trent'anni.

3.5 Page 25

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Ogni partente svolgeva mansioni i,m-
portanti, non era possibile sostituirlo
in quattro e quattr'otto. << Il coadiu-
tore Belmonte, per esempio, inca-
ricato di badare agli ospiti, che nel-
l'Oratorio si succedevano quotidia-
namente, mezz'ora prima della par-
tenza esercitava ancora le sue fun-
zioni, talché se non gli si fosse
ricordato di consegnare le chiavi,
se le sarebbe messe in tasca e le
avrebbe portate in America».
L'estate fu dedicato dai partenti
allo studio della lingua spagnola.
In ottobre Don Cagliero li guidò
a Roma, a ricevere la benedizione
del Papa Pio IX. Il Santo Padre
appena entrato nella sala, con ama-
bilità ineffabile:
*Ecco, disse, un povero vecchio, e
dove sono i miei piccoli missionari ?
Voi dunque siete i figli di Don Bosco
e andate in terre lontane a predicare
il Vangelo. Bene! E dove andate? •l.
«Nella Repubblica Argentina».
«Là voi avrete un vasto campo
per fare un gran bene. Spero che vi
sarete ben accolti, perché le Autorità
sono buone. Voi sarete vasi pieni
di buona semente; anzi, certo, lo
siete, avendovi scelti j vostri supe-
riori a questa Missione. Spanderete
dunque in mezzo a quei popoli le
vostre virtù e farete molto bene.
Desidero che vi moltiplichiate per-
ché grande è il bisogno, copiosissima
è la messe fra le tribù selvagge... 1>.
Tutti infine benedisse. Quei buoni
confratelli uscirono dall'udienza elet-
trizzati e disposti ad andare in capo
al mondo e a dare anche la vita per
la fede>> (MB XI 377).
Tornarono a Torino, e passarono
gli ultimi giorni circondati di vene-
razione. << Una spedizione di Missio-
nari in fondo all'America, in quel
1875, aveva qualche cosa di epico
agli occhi di coloro che vivevano in
questo remoto angolo di Torino chia-
mato Valdocco - ricorda Don Ce-
ria. - Si guardava ai partenti come
a generosi atleti, che movessero arditi
incontro al mistero. Vedendoli aggi-
rarsi per casa nel loro abito esotico,
ognuno cercava di avvicinarli e di
scambiare con essi una parola •>.
L'u novembre si svolse nel San-
tuario di Maria Ausiliatrice la ceri-
monia commovente dell'addio.
Il vento delle 16
Alle 16 la chiesa era piena fino a
traboccare.
Ed ecco un particolare strano. Lo
riferiamo con le parole dello storico
di Don Bosco: «Scoccavano le l6
quando sorse nella Casa un impetuoso
rumore con un violento sbattersi di
finestre e di porte. Erasi levato un
vento cosl forte, che sembrava volesse
atterrare l'Oratorio. Sarà stato un
caso; ma il fatto è che un vento
uguale soffiò nell'ora in cui si pose
la pietra angolare della chiesa di
Maria Ausiliatrice; un vento simile
si ripeté alla consacrazione del San-
tuario e poi di nuovo il giorno del-
l'arrivo di Don Bosco da Vara.zze dopo
la malattia; un vento furioso si sca-
tenò allo stesso modo dieci anni dopo,
proprio nell'istante che giungeva a
Don Bosco il decreto dei privilegi...
Tanto basta, ci sembra, per dubi-
tare che entrassero solamente cause
ordinarie •>.
Al termine dei vespri, Don Bosco
sali sul pulpito, e tracciò ai suoi
primi figli che partivano il program-
ma della loro azione futura: in un
primo tempo si sarebbero occupati
dei loro compatrioti emigrati in Ar-
gentina.
<• Vi raccomando con insistenza par-
ticolare la posizione dolorosa di mol-
te famiglie italiane... Voi troverete un
grandissimo numero di fanciulli e
anche di adulti che vivono nella più
deplorevole ignoranza del leggere,
dello scrivere e di ogni principio
religioso. Andate, cercate questi no-
stri fratelli, cui la miseria e la sven-
tura portò in terra straniera...».
Poi avrebbero intrapreso l'evan-
gelizzazione della Patagonia: << In
questo modo noi diamo principio ad
una grande opera - disse, - non
perché si abbiano pretension~ o si
creda di convertire l'universo intero
in pochi giorni, no; .ma chi sa, che
non sia questa partenza e questo
poco come un seme da cui abbia a
sorgere una grande pianta? Chi sa,
che non sia come un granellino di
miglio e di senapa, che a poco a
poco vada estendendosi e non sia
per fare un gran bene ? !► (MB
XII 383).
Al termine, Don Bosco diede ai
partenti il suo abbraccio paterno.
«La commozione giunse al colmo,
quando i dieci missionari traversa-
rono la chiesa, passando in mezzo ai
giovani e ai conoscenti. Si faceva
ressa attorno per baciare loro le
mani e le vesti. Don Bosco arrivò
ultimo -sulla soglia della porta: uno
spettacolo grandioso, piazza gremita
di folla, lunga fila di carrozze che
aspettava i missionari, chiarore di
lanterne che illuminavano la notte.
Don Lemoyne esclamò: "Don Bosco,
s'incomincia dunque ad avverare il
Di qui uscirà la mia gloria?".
vero•> rispose il Santo profonda-
mente commosso.
2 0 ricordi scritti a matita
Quando Dio volle, i missionari ac-
compagnati da Don Bosco e dal con-
sole argentino, presero posto nelle
vetture, che prima lente, poi al trotto
si diressero alla ferrovia (MB XII
383).
Ognuno aveva con un foglietto
con (< 20 ricordi speciali •> scritti da
Don Bosco. Li aveva tracciati a
matita nel suo taccuino durante un
recente viaggio in treno, e li aveva
fatti copiare per tutti. Sono un vero
«distillato» di come Don Bosco
voleva i suoi missionari. Trascriviamo
i 5 più significativi:
r. Cercate anime, ma no·n denari,
né onori, né dignità.
5. Prendete speciale cura degli am-
malati, dei fanciulli, dei vecchi e dei
poveri, e guadagnerete la benedizione
di Dio e la benevoler,za degli uomini.
12. Fate che il mondo conosca che
siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle
abitazioni, e voi sarete ricchi in /accia
a Dìo e diverrete padroni del cuore
degli uomini.
13. Fra di voi amatevi, consiglia-
tevi, correggetevi, ma non portatevi né
invidia né rancore, a-nzi il bene di
uno sia il bene di tutti; le pene e le
sofferenze di uno si.ano co11siderate come
pene e sofferenze di tutti, e ciascuno
studi di allontanarle o almeno miti-
garle.
20. Nelle fatiche e nei patimenti 11011
si dimentichi che abbiamo un gran
premio preparato in cielo. Amen.
Lo stesso 1 r novembre, Don Bosco
li accompagnò fino a Genova, dove
s'imbarcarono il giorno 14 sul piro-
scafo francese Savoie. Un testimone
ricorda che << Don Bosco era tutto
rosso per Io sforzo fatto a contenere
la commozione i>.
Un mese dopo, il 14 dicembre, i
primi Salesiani sbarcavano a Buenos 25

3.6 Page 26

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Aires. L'avvenire si profilava difficile,
ma Don Cagliero portava con sé un
foglietto l!U cui Don Bosco gli aveva
scritto: << Fate quello che potete: Dio
farà quello che non possiamo far
noi. Confidate ogni cosa in Gesù
Sacramentato ed in M. Ausiliatrice
e vedrete che cosa sono i miracoli 1l.
Sbarco al di là dell'oceano
Approdarono a Buenos Aires, il t4
dicembre, e si trovarono circondati
da amici. Con l'arcivescovo della città,
i sacerdoti, c'erano rumorosi immi-
grati italiani, che gridarono loro il
benvenuto. E trovarono addì rittura
un gruppo di ex-allievi del1'Oratorio
di Valdocco.
Ma rimasero esterrefatti << allo spet-
tacolo di una popolazione di buona
indole e di buone tradizioni, rispet-
tosa verso i sacerdoti, generosa con
loro, ma estremamente ignorante e
quanto nessun'altra bisognosa di assi-
stenza religiosa. Stando alle loro prime
lettere, ci rea trentamila italiani a
Buenos Aires, e quasi trecentomila
in tutta la Repubblica, data la penuria
di sacerdoti connazionali, erano quasi
abbandonati a se stessi. Don Cagliero
e i suoi confratelli si sentirono come
pioggia avidamente assorbita dal << ter-
reno riarso » (P. Stella, Don Bosco I,
p. 181).
Dopo alcuni giorni, i Salesiani si
divisero in due gruppi, come era
stato stabilito partendo da Torino:
don Cagliero con due confratelli prese
residenza presso la chiesa dedicata
alla Madre di Misericordia, per far
funzionare la parrocchia popolata di
immigrati italiani; don Fagnano guidò
gli altri sei salesiani a San Nicolas,
per dar vita al collegio per ragazzi.
Don Cagliero si fece subito la
fama di buon predicatore, ma ciò che
risultò davvero provvidenziale fu l'o-
ratorio festivo, aperto immediata-
mente. Nella grande città mancava
totalmente l'assistenza ai giovani, la
categoria prediletta di D on Bosco.
<< Don Cagliero e i suoi collabora-
tori trasecolarono nel trovarsi attor-
niati benevolmente da giovani, per
lo più italiani, che richiesti di fare
il segno della Croce, guardavano me-
ravigliati, non comprendendo che
cosa loro si volesse dire, e richiesti
se andavano a Messa nei giorni fe-
stivi1 rispondevano di non ricordar-
sene mai, perché non sapevano quan-
do era domenica e quando no>>.
Dappertutto mancavano collegi, e
nel giro di poche settimane don Ca-
gliero fu assediato di richieste, non
solo dall'Argentina, ma anche dal
vicino Uruguay. Il delegato apostolico
di Montevideo, esortandolo a por-
tarvi i Salesiani, gli faceva ,confidare
dal segretario cifre dolorose: in tutta
la Repubblica dell'Uruguay, vasta
quanto metà l'Italia, non esisteva un
seminario, né piccolo né grande. Non
un chierico solo. Nella capitale non
esisteva un solo collegio cristiano.
Missionari si, ma in periferia
Il pensiero dei «seivaggi >l, che
pure aveva spinto molti di loro a
varcare il mare, per il momento veniva
accantonato. La <<missione» vera li
attendeva lì, in quelle città dove
l'evangelizzazione era urgentissima.
Don Cagliero fermò la sua attenzione
su tre opere che gli pareva necessario
aprire al più presto. Innanzitutto
una scuola professionale «una casa
di artes y officios avrebbe fatto epoca,
sarebbe stato un avvenimento da
notarsi nella storia patria, avrebbe
riempito d'ammirazione tutta la Re-
pubblica, avrebbe fatto un bene
immenso» (lettera 5-2-876). Poi una
opera per i ragazzi in un rione di
Buenos Aires detto << La Boca >), po-
polato di italiani e dominato dalla
Massoneria. Per quelle strade nessun
prete osava passare, eppure don Ca-
gliero vi si recò, radunò un gruppo di
ragazzi e riuscì a parlare con le loro
famiglie. Finalmente un collegio in
Montevideo: il primo collegio cri-
stiano nella capitale dell'Uruguay.
Da Valdocco, però, si chiedeva
con insistenza not izie dei «selvag-
gi ». << Patagonia scriveva don Ceria,
testimone diretto - era parola che
infiammava le immaginazioni giova-
nili. Quanti sognavano avventure tra
gli Indi, scorazzanti per quelle libere
terre! 1>.
I selvaggi
e le carabine Remington
E i missionari mandavano nelle
1oro lettere fe notizie che raccoglie-
vano intorno. Assai inesatte all'inizio,
poi via via più precise, meno «orec-
chiate».
<• Sl, tutte le tribù che abitano
questi e gli altri Paesi del mezzodì
d'America, erano cannibali; ed ancora
oggidì in questi luoghi in cui, come
nella Patagonia, non poté penetrare
la civilizzazione del Cristianesimo, si
continua a mangiare i prigionieri
fatti in guerra.. . » (5 gennaio r876).
«(I selvaggi) neppure hanno alcuna
città, nessun vil1aggio, dimora
fissa. Si credono divisi in nove tribù
principali, che cambiano di abita-
zione secondo le circostanze, recan-
dosi ,anche a molte centinaia di mi-
glia di distanza, portando seco tutto
ciò che possiedono aJ mondo, cioè _
I mi ssionari, dall'Ar gentina, m andarono all'Inizio notizia poco precisa sui « selvaggi 11. Ma pochi mesi dopo avevano gi6 Individuato con
precisione la situazione, e ne riferivano con coraggio a T o rino.
26

3.7 Page 27

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alcune pelli che servono per coprirsi
e far loro le tende nel posto in cui si
fermano. Non conoscono agricoltura
e vivono di sola caccia, specialmente
della carne un animale tra loro
chiamato guanaco>> (Lettere dei Mis-
sionari salesiani p. 66).
«Abbandonansi ad una gioia feroce
al vedere i patimenti dei propri
nemici, emettono grida selvagge, e
brandendo le lance, le fionde e i
"lazos" li circondano da ogni parte.
Uomir.i, donne e fanciulli contem-
plano chi soffre con barbara curio-
sità.. . Sono di una perfidia profonda,
mentitori superlativi: la falsità è uni-
versale ed inveterata in tutti » (o. c.,
p. 68).
Molto più precisa una lettera del
10 marzo 1876:
«La condizione materiale e spiri-
tuale degli Indi, ossia delle t ribù dei
Pampa e dei Patagoni, ci riempie
l'anima di profonda amarezza. I Ca-
cichi di quelle tribù sono in lotta
contro il Governo. Si lamentano di
vessazioni ed angherie, eludono le
truppe accantonate per reprimerli,
scorrazzano per le campagne, rubano,
ed armate di carabine Remington
fanno prigionieri uomini, donne, fan-
ciulli, cavalli e pecore. I soldati del
Governo per contro fanno loro guerra
a morte, sicché gli animi, lungi dal-
l'avvicinarsi, non fanno che sempre
più inasprirsi e concitarsi a vicenda.
Forse sarebbe. ben altra cosa se,
invece di soldati, si mandasse una
schiera di Cappuccini o di altri mis-
sionari: si salverebbero molte anime,
e la floridezza e il benessere sociale
metterebbe piede fra quei selvaggi.
Nello stato colluttazione e dj esa-
speramento in cui si trovano gli
Indi contro il Governo, i missionari
possono fare poco o nulla... ».
Un piano che funziona
solo a tavolino
Don Bosco, da Torino, capisce la
situazione: Buenos Aires satura di
immigrati gli ricorda la T orino dei
ragazzi che scendevano giù dalle
valli piemontesi, che facevano i gar-
zoni muratori e dormivano sotto i
ponti; la Torino di quando era un
sacerdote giovanissimo e decise
fondare l'Oratorio. Prepara una se-
conda spedizione missionaria. Per-
ché laggiù Don Cagliero possa fon-
dare le opere che appaiono le più
urgenti, il 7 novembre 1876 spedisce
in America 23 salesiani. Tra essi ci
sono don Bodrato e don Lasagna,
che daranno un impulso notevolis-
simo alle opere salesiane d'America.
È uno sforzo che costa sangue alla
giovane e ancor gracile Congrega-
zione Salesiana. Scrive a don Ca-
gliero: << Questa spedizione ci ha
ingolfati fino al collo, ma Dio ci
aiuta e ce la caveremo>>.
Don Bosco, però, non vuole che
si accantoni per troppo tempo il
disegno iniziale: l'evangelizzazione
degli Indi.
Dapprima egli propone un piano
che da lontano sembrerebbe dover
funzionare: aprire collegi nelle città
confinanti con le terre degli Indi,
accogliervi figli di selvaggi, avvici-
nare per loro mezzo gli adulti, << in-
tanto si coltivano quelle vocazioni
ecclesiastiche che per avventura si
manifestano tra gli allievi. In questa
guisa si spera di preparare dei mis-
sionari per i Pampas e per i Patagoni,
quindi i selvaggi diventerebbero evan-
gelizzatori dei medesimi selvaggi>>
(circolare, ottobre I876).
Sul posto, però, il piano non fun-
ziona. Don Costarnagna, don Fagna-
no, do!\\ Lasagna fanno scorrerie
missionarie a molte leghe lontano dai
centri della vita nazionale, fra colo-
nie sperdute nelle immense campa-
gne, ma non incontrano mai la
faccia di un selvaggio. Le << città
confinanti con le terre degli Indi »
non esistono. Per raggiungere qual-
che tribù bisogna aggregarsi agli
avventurieri e ai mercanti, che viag-
giano Verso sud in carovana o sui
velieri. Laggiù esistono agglomerati
dì poche case e dì molte baracche
che diverranno le città di domani.
Da Torino arrivano dei ragazzi
Nel novembre del 1877, Don Bo-
sco ha inviato in Argentina un terzo
gruppo dì salesiani: diciotto. Qual-
cuno l'ha definita una spedizione
arrischiata, perché comprende otto
chierici giovanissimi. Ma i risultati
daranno ragione a lui. Coi Salesiani,
per la prima volta, arrivano anche le
Figlie di Maria Ausiliatrice: un
gruppo piccolo, una delle solite cose
<< da niente» di cui Dio si serve per
iniziare le imprese gigantesche. Dietro
quelle prime sei FMA. accompagnate
alla nave da Santa Maria Mazzarello,
varcheranno il mare migliaia dì mis-
sionarie.
L'arcivescovo di Buenos Aires ca-
pisce che Don Bosco sta facendo cose
(t oltre il limite del possibile ~ per la
sua diocesi. E vuol dimostrarsi rico-
noscente. ~ Per secondare i suoi desi-
deri - scrive Don Ceria - mons.
Aneyros stabilì che il suo Vicario
Generale mons. Espinoza e due Sale-
siani intraprendessero un'escursione
alle frontiere della Patagonia, facendo
un primo tentativo di missioni fra gli
Indi».
Spedizione per mare:
fallimento
Il 7 marzo T878, in riva al Paranà,
s'imbarcarono su un vapore mons.
Espinosa, don Costamagna e don
Rabagliati. Il vapore li avrebbe sbar-
cati a Bahia Bianca. Di Ll avrebbero
proseguito in qualche maniera fino
a Patagònes, sul Rio Negro.
Il tentativo non solo falll, ma ri-
schiò di mutarsi in tragedia. Si sca-
tenò una bufera. Il vento pampéro
per tre giorni e due notti sconquassò
e sballottò la nave, che alla fine,
assai malconcia, dovette tornare al
porto di Buenos Aires. Nella colori-
tissima lettera in cui descriveva la
tempesta, don Costamagna assicu-
rava a Don Bosco: «Si faranno i
materiali preparativi per un'altra spe-
dizione, e noi pure ci prepareremo
con la preghiera 1>.
La seconda spedizione iniziò il
16 aprile 1879. Julio Roca, ministro
della Guerra della Repubblica, par-
tendo verso sud per operare la
<< pacificazione del deserto», sapeva
molto bene che le sue quattro co-
lonne avrebbero potuto operare un
gigantesco massacro. In precedenti
spedizioni, (< non pochi Indi erano
stati massacrati o presi e condotti a
Buenos Aires e distribuiti come
schiavi nelle famiglie; quindi nei
superstiti regnava contro i bianchi un
odio profondo•>. Facile prevedere che
le tribù, piuttosto che arrendersi,
avrebbero preferito farsi sterminare.
Facile pure prevedere che molti dei
suoi soldati avrebbero usato verso
gli Indi la solita ferocia. Il ministro
della Guerra volle quindi «tentare
l'uso di mezzi morali 1>: chiese all'Ar-
eivescovo dei sacerdoti che operas-
sero da cappellani militari tra le sue
truppe, e da missionari tra le tribù
indiane. L'arcivescovo gli inviò il
suo vicario generale mons. Espinoza,
e i salesiani don Costamagna e don
Luigi Botta.
<< Don Costamagna esprime il ti-
more che lo angustia - serive in quei
giorni don Bodrato a Don Bosco -
nel vedersi accompagnato da un eser-
cito. Infatti coi Missionari trovansi
pure cinquemila soldati, a cui si uni-
ranno circa duemila altri della fron-
tiera... L'autorità pensa di andare
ben provvista per resistere, vincere,
far prigionieri. A don Costamagna
non piace questo apparato, e teme
che ciò allontani quegli abitanti dal
Vangelo. Ad ogni modo è neces-
sario ora più che mai pregare per
i nostri Missionari... •>.
TERESIO BOSCO 27

3.8 Page 28

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NELMDNDO
SALESIANO
VESCOVO CHE VA
E VESCOVO CHE VIENE
NELL'ALTO ORINOCO
Mons. Secondo Garcia Fernandez,
Vicario apostolico di Puerto Ayacucho,
nello scorso novembre ha lasciato il
posto a un nuovo vescovo salesiano,
mons. Enzo Ceccarelli Catraro (come
già annunciammo nel mese scorso).
Mons. Garcia lascia il pesante far-
dello della Vicaria dopo 21 anni di epi-
scopato, per raggiunto limite di età e
per motivi di salute. Spagnolo di ori-
gine, era nato proprio agli sgoccioli del
secolo scorso, il 4-11 -1899, in un vil-
laggio di Astorga nella provincia di Leòn.
E a pochi anni, con i genitori era emi-
grato in Argentina. Entrava a 15 anni
per la prima volta in un collegio sale-
siano, a Generai Acha in piena Pampa.
L'anno dopo era aspirante, nel 1919
era novizio. Suo maestro fu mons. Co-
stamagna, ricevette la talare da mons. Ve-
spignani.
Compi gli studi teologici a Torino-
Crocetta, dove consegui laurea in teo -
logia e licenza in diritto canonico, e fu
ordinato nel 1928. Lavorò poi dieci anni
in Argentina, quindi l'obbedienza lo inviò
in Venezuela che diventerà la sua se-
conda patria.
Fu Direttore, Economo ispettoriale, e
nel 1950 Amministratore apostolico a
Puerto Ayacuch o. Tre anni dopo era
consacrato vescovo. Sotto di lui la
missione salesiana dell'Alto Orinoco ha
ricevuto un potente impulso. Allo scat-
tare del 75° anno di età, mons. Garcia
ha puntualmente offerto le sue dimis-
sioni. Il Papa lo ha sostituito col nuovo
vescovo salesiano mons. Ceccarelli.
Anche il nuovo vescovo proviene
dall'Argentina, dove è nato (in provincia
di Rosario) da genitori italiani il 31-8-1918.
Ha compiuto il noviziato a Villa Moglia
in Italia, nel 1935-36, e l'anno seguente
è partito per il Venezuela, che diventerà
seconda patria anche per lui. Sacerdote
nel 1947, professore di lettere, per qualche
tempo lavorò nelle missioni dell'Alto
Orinoco. Ora lascia la carica di Vicario
ispettoriale per fare ritorno a Puerto
Ayacucho, sua attuale sede episcopale.
Giuseppine. Messaggere di Santa Maria
(Brasile); Figlie dei Sacri Cuori (Co-
lombia); Suore della Carità (Giappone):
Annunciatrici del Signore (Hong Kong);
Suore di Maria Immacolata, Missionarie
di Maria Ausiliatrice (India); Salesiane
Oblate del Sacro Cuore (Italia); An-
celle del Cuore Immacolato (Thailandia);
tre Istituti secolari: Maria Mazzarello
(Argentina); Volontarie di Don Bosco
(Italia): Figlie della Regalità di Maria
Immacolata (Thailandia).
DALL'UNIVERSITA DI BARI
Preside della facoltà di M agistero
presso l'Università statale di Bari, è
stato eletto il 23-10-1974 don Pietro
Stella, docente pure presso l'UPS, noto
st udioso di Don Bosco e del Gianse-
nismo.
SOGNARE IN KHASI
Il popolo col quale vivo da 25 anni,
è il Khasi.
Ho ricevuto molto sul piano umano
da questa mia gente. Voglio dire le loro
belle virtù: la loro fede religiosa mono-
teistica, la loro avversione al furto, alla
bugia, all'imbroglio. lo spirito di perdono.
Tutti questi valori umani se li sono
conquistati e li hanno difesi in mezzo
alle più gravi vicende e alla povertà.
Che facc io io tra loro 7 Li aiuto, li
servo. Non hanno scuole, dispensari 7
Li aiuto a metterli su. Non hanno strade,
campi, risaie 7 Facciamo anche quelle,
insieme. Lavoro con loro come uno
di loro.
Sono uno di loro, divido ogni giorno
disagi, fame, gioie e dolori: essi sono
la mia gente. Per grazia di Dio so la
loro lingua a perfezione: la parlo, la
scrivo, la penso, e... la sogno. Sl, io
sogno In khasl.
(Parole di don Giorgio Vanni-Desideri
missionario salesiano in Assam, pronun-
ciate nel ricevere il « Premio Città di
Firenze»).
FAMIGLIE RELIGIOSE NATE
DAL CEPPO SALESIANO
L'Ufficio Stampa sta raccogliendo in-
formazioni sulle famiglie religiose nate
dal ceppo salesiano. Risultano finora
in elenco:
une Congregazione maschile: Oblati
di Cristo ( Polonia) ;
dieci Congregazioni femminili: Pic-
28 cole Suore di Gesù Adolescente, Suore
Hanno scelto Cristo. Con gli abiti bianchi dell'innocenza riacquistata, un gruppo
di neo-cristiani di Seoul che hanno ricevuto il battesimo quest'anno nel giorno
della festa dei Martiri Coreani. Con loro Il missionario don Raimondo Spies, che
11 ha preparati alla loro seconda nascita.

3.9 Page 29

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CENTO ANNI A
BORGO SAN MARTINO
Il 26 ottobre scorso le F.M .A. hanno
celebrato con profonda letizia il Cente-
nario della loro presenza nel Borgo.
li Collegio S. Carlo è stato il primo
passo della giovanissima Famiglia fuori
dal nido di Mornese.
Era 1'8 ottobre 1974. Le accompagnò
don Giovanni Cagllero. Quattro umili
suore (tra cui suor Felicina Mazzarello,
sorella della Superiora generale) apri-
vano il cammino di 18.000 F.M.A. che
in cento anni costellarono le terre ita-
liane e di tutti i Continenti.
I Salesiani del S. Carlo in spirito di
riconoscenza a chi nel nome e nello
spirito di Don Bosco aveva tanto effi-
cacemente collaborato alla grazia del
Signore, vollero celebrare la ricorrenza
con solennità.
Ad essi si associò unanime la popo-
lazione di Borgo per l'opera dalle Suore
svolta nell'Oratorio festivo, nell'Asilo in-
fantile e nell'attività scolastica elemen-
tare.
«PERSONALE» DI UN ARTISTA
SALESIANO
Dopo una sua prima mostra perso-
nale ad Antagnod. il salesiano Giovanni
Forneris, ha presentato una seconda
«personale>) a Viverone, in una galleria
d'arte della ridente cittadina canavesana.
Scultore e pittore, Forneris dimostra
ormai una padronanza tecnica e una
ispirazione che lo impongono all'atten -
zione del critico. Una pittura di sobria
modernità, in cui affiora prepotente l'a-
nelito religioso. Insegnante di educa-
zione artistica nella scuola «Card. Ca-
gliero » di Ivrea, coglie i momenti più
espressivi dei giovani d'oggi e li traduce
in una meditazione personale.
RICONOSCIMENTO
A MONS. FERRANDO
In data 13 novembre 1974, il Prefetto
di Genova ha comunicato che per de-
creto del Presidente della Repubblica
Italiana è stata conferita a mons. Fer-
rando l'onorificenia di «Grande Uffi-
ciale dell'Ordine al Merito della Repub-
blica Italiana>>. Mons. Ferrando, che per
tanti anni fu zelantissimo missionario in
Assam ( India), compie quest'anno 40 anni
d i episcopato.
0
MEDAGLIA D'ORO
ALL'« ASTORI»
Il 15 novembre scorso fl presidente
del Senato, Giovanni Spagnolli, ha con-
ferito al Collegio salesiano «Astori » di
Mogliano Veneto il diploma con me-
daglia d'oro concesso dal Presidente
della Repubblica ai benemeriti della
scuola, della cultura e dell'arte. Dopo
aver rievocato l'azione·sociale di Don Bo-
sco, il sen. Spagnolli ha osservato che
il fondatore dei Salesiani intul che la
più valida componente del divenire so-
ciale sta nell'educazione spirituale e
nella formazione professionale dei gio-
vani.
Giovani per un'estate diversa. Sono quelli del Centro Giovanile Salesiano
di Potenza. Passati attraverso l'esperienza forte di Taizé, hanno poi vissuto il « Con-
cilio dei giovani>) nel loro rione, nel loro oratorio, nei paesini sperduti dei loro
monti, tra la loro gente.
ENCUENTRO JOVEN
NELLA VALLE DEL RIO NEGRO
Nella valle del Rio Negro (Argentina),
durante l'ottobre scorso, si sono dati
convegno oltre 750 giovani e ragazze
da tutta la zona patagonica: Fortin
Mercedes, Viedma, Choele-Choel. Bahia
Bianca... Questi nomi ricordavano ai
giovani. ai trenta salesiani presenti e
ai due vescovi di Viedma e di Nequen
le fatiche e le avventure di centinaia
di missionari salesiani, iniziate 100 anni fa.
Superato il periodo di pionierismo
missionario, le nuove città sorte sotto
gli occhi dei Salesiani, stanno cono-
scendo in questi anni un vastissimo
boom economico. Piovono emigrati da
ogni lato, soprattutto dall'estremo Sud.
Si è cosi formata attorno alle città-bene
una cintura dì miseria impressionante,
come sempre capita in questi casi. A
queste «cinture» i Salesiani della Pa-
tagonia rivolgono di preferènza la loro
opera. Il benessere, con 11 vizio del
<<consumismo», cerca soprattutto i l mer-
cato dei giovani. L' « Encuetro Joven »
ha visto radunati giovani di provenienza
diversa: immigrati, nativi, indios e << grin-
gos»: dall'Atlantico alla Cordigliera, in
una fraternità commovente: nei lavori
di gruppo, sotto le tende, attorno al
falò, nella funzione penitenziale, nella
Messa finale.
Al di là del sociologismo di maniera.
emerse dai giovani stessi la preoccupa-
zione di ricuperare i valori spirituali per
il mondo d'oggi.
I gruppi giovanili, qui, sono tutti im-
pegnati in un lavoro attivo con i Sale-
siani nei barrios poveri; nell'evangeliz-
zazione diretta degli indigeni della Cor-
digliera, durante l'estate; nella gestione
della scuola. È il lavoro dei giovani che
s'impegnano validamente accanto ai Sa-
lesiani.
PICCOLA COMUNITÀ SALESIANA
A CONEGLIANO
li lavoro di questi Salesiani è un po'
diverso da quello «normale>). La loro
giornata è intessuta di cose semplici.
tanvolta monotone, proprio come in una
famiglia. C' è da affrontare il domani
sempre incerto; c'è da programmare la
giornata al mattino e vedersi sconvol-
gere i piani da qualunque awenimento
improvviso o dall'arrivo di qualche gio-
vane «scomodo». L'altra mattina un
drogato, avvolto in una coperta, è stato
trovato sotto un albero attiguo alla casa.
È un abituale: ritorna ogni tanto.
Lo scopo della Piccola Comunità Sa-
lesiana è proprio questo: offrire ai gio-
vani asociali, un ambiente caldo e aperto,
per una riscoperta più matura di se stessi
e degli altri. I Salesiani di Conegliano
cercano di Inserire questi giovani gra-
dualmente in un lavoro che dia loro
la possibilità di un mezzo per vivere e di
aprirli al dialogo con gli altri: un obiet-
tivo arduo e lontano. È indispensabile
celare le delusioni e le ingratitudini,
possedere una pazienza a tutta prova,
una serenità tipicamente salesiana ed
un amore che non conosce limiti.
Quando si avvicinano questi giovani po-
veri e abbandonati nella loro dura realtà,
ci si sente quasi disarmati. Si presentano
come piccoli delinquenti, a volte senza 29

3.10 Page 30

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famiglia. senza voglia di lavorare, asociali,
con tutte le caratteristiche proprie della
povertà spirituale, morale, affettiva, cul-
turale, economica. Forse non sono mai
stati amati sul serio. E portar loro un
linguaggio di amore non è facile: per
la loro innata diffidenza verso gli uomini
tutti, per una visione tutta loro panico-
lare della società. Un mondo veramente
difficile da ascoltare; più difficile da
trasformare.
Eppure hanno bisogno di una mano
amica per risollevarsi. E il nostro Ca-
pitolo Generale Speciale (n. 48) af-
ferma: « Il compito dei Figli di Don Bosco
è proprio quello di andare verso coloro
che nessuno aiuta, e di testimoniare che
Dio ama e vuole salvare i più perduti».
(Dal Notiziario dell'lspett. Ven. San
Marco).
SANTUARIO
DI N. S. DELLA GUARDIA
A BERNAL (ARGENTINA)
Il 24 agosto scorso si è inaugurato
il Santuario dedicato a Nostra Signora
della Guardia in Berna! (Buenos Aires).
L' ha solennemente benedetto mons. An-
tonio Ouarracino. Il centro della fun -
zione fu una grande concelebrazione cui
parteciparono gli antichi direttori della
Casa salesiana e i Parroci emeriti, in-
sieme all'Ispettore don Mouera, ai sale-
slani della comunità locale e al clero
diocesano. Cosi, dopo trent'anni di la-
vori, intervallati da lunghe pause, si è
concretato appieno il progetto dell'ar-
chitetto salesiano P. Ernesto Vespignani.
fratello di don Giuseppe Vespignani, uno
dei venerandi «pionieri>> dell'Argentina
salesiana. la città di Berna! conta oggi
150 mila abitanti distribuiti in cinque
parrocchie.
DON VIGANO SULLA TEOLOGIA
DELLA LIBERAZIONE
Nell'Istituto Teologico Salesiano di
Guatemala, don Egidio Viganò, Consi-
gliere Generale per la Formazione Sale-
siana, ha tenuto un apprezzatissimo corso
sulla «Teologia della Liberazione». t
stato seguito da vescovi, centinaia di
sacerdoti e studenti di teologia, e reli-
giose (per cui egli tenne un piccolo
corso a parte). Le riviste specializzate
e la stampa locale hanno dato ampio
risalto all'avvenimento.
SETTANTA CICERONI
INNAMORATI DELLA LORO CITTA
Sono i ragazzi spagnoli del « Centro
d'lniziative e Turismo Giovanile», che,
organizzati presso l' Opera salesiana, ren-
dono indimenticabile ai visitatori l' incon-
tro con la città «incantata» dì Cuenca.
30 Settanta ciceroni innamorati di Cuenca (Spagna). (Vedi notizia nel testo).
Il primo innamorato di Cuenca (ma
b isogna dawero vederla: una città in-
cantata, con le abitazioni medioevali,
con le case «sospese» senza legge
equilibrio, con i suoi colori e la sua ma-
gia), è padre Benito Castejòn, che dieci
anni fa lanciò l'iniziativa.
Di CIT (Centri di Iniziative e Turi-
smo) ce ne sono tanti in Spagna, ma
quello di padre Castejòn è l'unico «gio-
vanile». All'inizio l'organizzazione cen-
trale stentava a concedere ai suoi ra-
gazzi le tessere di (( guida turistica», le
dava per un anno appena, e ora asse-
gna alle guide in erba premi e ricono-
scimenti uno dopo l'altro. Un migliaio
ormai di ragazzi hanno fatto già parte
del Centro, si sono innamorati anche
essi della loro città, si sono resi utili e
benemeriti in mille maniere.
Sono ragazzi e ragazze dai 14 anni
in su, studenti delle varie scuole. «Que-
sta gioventù che sale - spiega padre
Castejòn - ha bisogno per formarsi,
oltre allo studio, anche di attività che
mettano alla prova la sua capacità di
iniziativa e la sua maturità».
Da tre anni è diventata presidente
del Centro una Cooperatrice Salesiana,
la signora Anna Maria Ayora. che dice:
« Il mio hobby è la gioventò >>. E de-
dica a quei settanta ragazzi tutto il suo
tempo libero.
Le attività del Centro sono svariate:
nei giorni festivi fanno funzionare due
Uffici d'Informazione Turistica; fanno
da guide ai turisti che visitano la città;
alcuni, pratici di lingue, accompagnano
i turisti stranieri; per incarico della mu-
nicipalità fanno da guide in due musei
cittadini; nelle vacanze estive collabo-
rano agli scavi archeologici delle due
antiche città romane di Segòbrida {di
cui hanno scopano il circo) e Valeria;
preparano i cartelli indicatori per le
strade di montagna; compiono viaggi
di studio turistico...
Per fare parte del Centro questi ra-
gazzi devono prima cimentarsi nello
studio della «Guida storica e leggen-
daria di Cuenca>l, il manuale che pa-
dre Castejòn ha scritto appositamente,
e dimostrare in un esame severo che
conoscono davvero la loro città. Ma i
ragazzi, una volta presi nel giro, si en-
tusiasmano del loro lavoro. E i turisti,
tornati a casa, scrivono lettere e congra-
tulazioni in abbondan:za; mentre loro
trovano molto interessante entrare in
amicizia con tanta gente di tanti paesi
vicini e lontani.
I ragazzi del Centro si riuniscono
due volte la settimana negli ampi saloni
d ell'Opera salesiana, e in mezzo a di-
scussioni, sport e musica fanno sempre
posto a momenti di riflessione su quel
mondo inesaunb1le da visitare e sco-
prire che è la Bibbia.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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rava come il cuore sacerdotale gli
(< dettava dentro».
In occasione dei funerali e continua-
mente da parte di ammiratori giunse la
richiesta di avanzare le domanda della
sua tumulazione nella cripta del San-
tuario S. Cuore, ricostruito per ben due
volte per opera sua.
Ottenuto i I nulla osta per la «tumu-
lazione» privilegiata, la salma ora ri-
posa nella Cripta del Santuario, vicino
al cemento e alla pietra di base. Cosi
il suo desiderio è diventato realtà: le
sue ossa diventano quasi pietre vive
per sostenere il «suo S. Cuore».
Lubiana: Maria protegge il suo popolo. (Vedi notizia nel testo).
LUBIANA: MARIA PROTEGGE
IL SUO POPOLO
I Salesiani sloveni 1'8-9-1974 hanno
festeggiato a Lubiana il 50° del San-
tuario dedicato a M aria Ausiliatrice,
consacrato nel lontano 1924.
Durante la preparazione all'avveni-
mento - che si è svolta nelle cinque
domeniche precedenti - si è festeg-
giato il 50° di professione religiosa di
alcuni confratelli che avevano emesso
i primi voti nel Santuario Mariano il
giorno stesso della sua consacrazione.
Ai festeggiamenti hanno preso parte
l'Arcivescovo di Lubiana, don Tohill in
rappresentanza del Rettor Maggiore, e
quattro Ispettori salesiani. Nella sera
della vigilia si è tenuta una suggestiva
fiaccolata, poi nel tempio la veglia not-
turna incentrata sul tema della riconci-
liazione nell'Anno Santo. Il giorno dopo,
8 settembre, alla concelebrazione è
stata eseguita una messa di Mozart.
Nel pomeriggio, processione con i co-
stumi nazionali.
Il tempio per l'occasione era stato
rimesso a nuovo e arricchito di varie
opere d'arte. Alla sua costruzione i
Salesiani avevano cominciato a pensare
già nel 1902, poco dopo i I loro arrivo
a Lubiana. Nel 1904 don Rua aveva
benedetto la prima pietra; nel 1909 si
era cominciato a officiare tra le sue mura.
La guerra mondiale e difficoltà di varia
natura rimandarono la consacrazione
fino al 1924.
Quel giorno era presente il Cardinale
Cagliero, e si teneva nella città un
Congresso Mariano.
Alla visita dei centomila fedeli accorsi,
l'anziano cardinale aveva esclamato: « Il
popolo sloveno è davvero mariano I Fin-
ché conserverà questa devozione a
Maria non ha nulla da temere: Maria
proteggerà i I suo popolo».
Lubiana possedeva già un antico
santuario dedicato alla Consolata; e in
questi giorni, nonostante le immagina-
bili difficoltà, sta costruendo in zona
periferica un terzo santuario mariano.
LA SALMA DI DON GAVINl::LLI
TUMULATA NELLA CRIPTA
DEL <e SUO» SANTUARIO
Don Gavinelli fu parroco al S. Cuore
dal 1930 al 1968. Ricostruì i I tempio
per due volte (dopo la caduta della
cupola nel 1929 e dòpo i bombatda-
menti della seconda guerra mondiale).
Della sua azione sociale-pastorale hanno
beneficiato i parrocchiani del S. Cuore,
i cittadini del quartiere e in particolar
modo i giovani dell'lstitutò Salesiano
« Beata Vergine di S. Luca», di Castel
de' Britti e delle Suore di Via Serlio,
e della Parrocchia San Giovanni Bosco.
Fu aperto difensore della libertà e
della verità in momenti difficili.
I quarant'anni passati alla « Bolo-
gnina » hanno dato alla sua opera so-
ciale e pastorale una dimensione «ita-
liana», anzi internazionale.
I tre anni di confino, patiti sotto la
dittatura del fascismo, l'avevano con-
fermato in questa dirittura morale, per
cui con franchezza e sincerità diceva
quello che gli sembrava opportuno,
senza cedimenti e concessioni ed ope-
DA SOLI SI COSTITUISCONO
IN ASSOCIAZIONE
GLI EXALLIEVI DELLA RHODESIA
I Salesiani non hanno mai avuto
Case in Rhodesia, ma vi hanno diversi
Exallievi che studiarono in altri stati,
Uno di questi, Gilbert Gloyne di Sali-
sbury, nel marzo scorso si presentò ai
Salesiani di Cape Town (Sud Africa),
e disse di voler fondare nel suo paese
l'Associazione degli Exallievi. Perché
no? Il Salesiano padre Introna promise
che si sarebbe recato a fargli visita, e
fissò la data. Quando giunse a Salisbury,
trovò ad attenderlo un folto gruppo di
Exallievi, trovò che la notizia del suo
arrivo era stata riportata per tempo sui
giornali, e che più di un Exallievo lon-
tano aveva percorso centinaia di chilo-
metri per venire a incontrarlo.
Rimasero insieme alcuni giorni, per
discutere Il regolamento e tracciare i
programmi d'azione. ,0..1 banchetto euca-
ristico presieduto da padre Introna, si
sentivano veramente uniti. Quanto al-
l'altro banchetto, anch'esso necessario,
pensarono a imbandirlo le mogli e figlie
degli Exallievi stessi. Gilbert Gloyne è
stato eletto Presidente.
FESTEGGIATO DON LUIGI PASA
A S. Giustina è stato festeggiato il
sacerdote salesiano don Luigi Pasa, già
primo cappellano militare capo, meda-
glia d'oro della Pubblica Istruzione,
presidente del comitato onoranze Ca-
duti. Egli (che compiva in quei giorni
75 anni di età, 45 di sacerdozio, e ce-
lebrava il 30° anniversario di prigionia
in Germania e Polonia), spese la sua
vita al servizio dei fratelli, specialmente
nei due anni in cui fu internato nei
campi di concentramento nazisti, dove
milioni d'italiani furono deportati. Don
Pasa raccolse in quei mesi gli ultimi
aneliti di centinaia di martiri, dimo-
strandosi degno figlio di Don Bosco.
Il grande invalido Raveane Pergen-
tino, nel corso di una breve e com-
movente cerimonia, offri a Don Pasa
una targa-ricordo.
31

4.2 Page 32

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••• IIIDIICUSIONE
DI MARIA
AU81UA1'1Uce
DI
M■aGoIaOcVoA■ NI
SOTTO IL TERRIBILE URAGANO DELL' HONDURAS
Approfittando della settimana di vacanze che il M inistero
dell'Educazione concede per le feste nazionali, li 16 settembre
mi ero recata con sei suore a Porto Cortes: speravo che Il
riposo e l'aria salubre restituissero loro un po' di quelle energie
che il peso dell'anno scolastico, ormai sul finire, aveva lo-
gorato.
Il signor Francesco Yones. fratello di suor Regina. con
delicata bontà, suol mettere a nostra disposizione una ca-
setta che sorge a poca distanza dal mare.
li giorno seguente al nostro arrivo cominciarono a correr
voci di un possibile uragano, ma la gente rimaneva abba-
stanza tranquilla sperando forse che si dirigesse altrove.
Durante tutta la notte vento e pioggia sferzarono il lito-
rale ed al manino il mare, gonfio ed agitato, sballottava
come fuscelli, tronchi dì alberi sradicati chissà dove.
Stavamo in meditazione di fronte ad uno spettacolo tanto
singolare e maestoso, quando giunse il nipote del nostro
benefattore e ci sollecitò a partire subito perché rischia-
vamo di restare isolate ed in serio pericolo. Due macchine
erano in attesa.
Appena giunte a casa, accolte con sollievo dalla comunità,
notammo che la pioggia riprendeva a cadere con rinnovata
violenza.
Per mancanza di corrente non funzionava la radio, ma co-
minciarono a giungere, a voce. le prime desolanti notizie:
mezz'ora dopo li nostro passaggio, la furia delle acque aveva
distrutto i ponti ed interrotte le comunicazioni; il mare s'era
avanzato fino alla casetta di Porto Cortes ed a stento il guar-
diano era riuscito a salvarsi.
Intanto anche a San Pedro Sula l'uragano andava raf-
forzandosi: alberi, st azioni radiofoniche e televisive, impianti
di luce elettrica cedevano sotto l'impeto del vento.
Sia te costruzioni vecchie e deboli, sia palazzi moderni
venivano travolti dai fiumi straripati: il torrente che scorre
ad un chilometro dalla nostra casa distrusse una chiesa inau-
gurata solo due mesi fa: le sue macerie fecero da argine ed
impedirono alle acque di raggiungere il nostro edificio.
In varie località della campagna la gente si rifugiò sui tetti
e fu poi salvata dalla squadra di soccorso.
I rioni urbani gravemente danneggiati furono ventuno.
Il numero delle vitt im(l rimane un angoscioso interro-
gativo: la storia dell'Honduras non ha mai registrato una
simile tragedia.
Le suore della nostra comunità e le alunne più grandi
furono generose nel porgere ogni forma d'aiuto: dall'ospita-
lità all'offerta di abiti e coperte. dalla parola di conforto
alla distribuzione dì generi alimentari.
Il pozzo, che con veri sacrifici economici avevamo fatto
scavare lo scorso anno ad ottanta metri di profondità, fu
una vera benedizione. Ci permise infatti di offrire acqua
a molta gente poiché la città ne era priva essendo state
divelte le tubature.
Nelle ore d'ansia e di sofferenza abbiamo sentito la pro-
tezione di Maria Ausiliatrice che invocavamo con tede
e facevamo invocare: a lei il nostro grazie più vivo.
La dlretlllca delle FMA di S. Pedro Sula ( Honduru)
MOMENTI TRISTI PER UNA MAMMA
M ia sorella Lidia fu ricoverata in ospedale per dare alla
luce il suo secondo bambino. Purtroppo essa soffriva per
un forte esaurimento nervoso, e nei giorni della nascita
travagliata del bimbo soffri di gravi emorragie. In quei mo-
32 menti tristi (i medici ed un certo pu'lto mi dissero che le
condizioni di mia sorella erano disperate) pregai tanto M . Au-
siliatrice, San Domenico Savio e Don Bosco. Ero
sicura che non ci avrebbero abbandonati.
Mia sorella lottò tra la vi ta e la morte, ma finalmente le
emorragie cessarono senza che sopraggiungesse il temuto
collasso. Quando mi recai a trovarla all'ospedale, la vidi
pallidissima, mentre al collo portava sempre l'abitino di
San Domenico Savio. Il medico mi assicurò che le cose
andavano meglio, e infatti dopo 20 giorni poté tornare a
casa con il suo bel bambino. Gianluca. Appena possibile,
verremo e Torino. a ringraziare nella sua Basilica Maria
Ausiliatrice e i Santi salesiani.
Abbiamo bisogno di altre grazie che ci stanno tanto a
cuore, e abbiamo tanta fede che verremo anche questa
volta esaudi ti.
Vlmodron11 (Milano)
EMMA FANTINI
Domenica Coniglio (Palermo) ringrazia San Domenico
Savio per la salute riacquistata da un'amica che passò un
difficile momento dopo un'operazione chirurgica.
Angela Vercelli (Torino) ringrazia San Domenico Savio
e invoca la sua protezione sul piccolo Andrea.
Angelo e Maria Cava/fotto (Cerretto lenghe) ringraziano
San Domenico Savio per la sua intercessione, ed invocano
continua protezione sulla loro famiglia.
Severino Fiorini - Esine (BS) ringrazia San Domenico
Savio per la felice nascita del nipotino Silvano Domenico.
Antonietta Di Froscia (Paturages - Belgio) ringrazia San
Domenico Savio per aver protetto suo figlio in un difficile
intervento per peritonite.
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Abbo Sandm - Alaino Antonietta - .Baanasco Giuaeppe - B1,no1! Ertillo
e Luciana • Bagnoli Maria - Baltieri Pierina Barbara Emma - lhroni
Giovanna - Banùta Concetùna - Bechoz Ago11ino - Becuooi 6 11• - Bcllla
Maria Gn1zio - Bcnnuo Luigi - Bl!ltUZO Moddolena - Berriòlll Concetta
- Bersano Luiaina - Be.ftll%2o Teresio - Bcttolo1ti Pina - Bi=cardi Mer-
ceU.. - Bi■Clldi l, uir,ina • Biotto Mughcr,1..1 - Boil1Ìuto Maria Buc:chul
- Bottero Anfoul Luigina - .Bnondl Bnaulia - Brunti Caterina - Burpn
Letizia - Cucino Antonietta - Cnuni Ro.ett• - Castiglione Nw:u:ù111 •
Cerbelli M. Tommuina - Cerotti Ciuuppina Cicali ProYVMlenu • Co-
lombara Giu■eppe • Colussi Romana - Dac:qul Lèor, ud.o - Oapor Lidia •
De Ccutt Gemma - Deidola R<mm - Dclbrorre Ida - .Direttrice, F .M.A.
Bosto - Dotton,lli N11..1lina - D'Urbano Slwbetu - Duraccio Elùa Elia
Maria Teresa • Favre Pdlmira - Ferranro Giulio - Fer:mr.> 1,ina • Fcrna-
rone Apollonia Fior• Lnura - FonllUJo Rit• • Frisella Francl'tca - Con-
gemi Concettina - Gatti Rosa - Gedd• Mario - Gcn,ci Carmelo • C,racl
Francesca - Gì11on• Vincenza - Goldoni Fcbea - Grasso Gina - Grop110
Maria - IntulJ&ndi Elvina - Jannctti Mario - Lc:oncini Raimondo • Lu-
nardi Gio1111nna l.uruchi Pierina - Macchi .l\\briucci:t - Mancini don.
Ce.are - Marchiato Marù, MArchioni Rooa - Martina fnna e Famialù
- Ma•cardi Caterina - Muciantonio Adal,v1$11 - Matte!Ùlno Maria • Mat-
t:ioli Luu - Mauola Pierina - ~chelli Clan - Mi&li:ivacca Anaiolina -
Milani Annandina • Man, Felici1..1 - Mulu■ano Domenica - Nutul Ro-
aaria - Navachl Matti• Elisa Navaretti Maria • Noero Emilia - NO<ied■
Carb - Nonti Bambina - Onvemini Galbmi Piera - Onol,no Filoni~•
- Palauolo Adele - P•lombl Mario MMiottl - Pan Efisi2 - Pani 1\\naclina
- Pastorino Cot0l•t• ved. Bisio - Peaortiri Natalino - Peviano Elena • l'i•
biti Bcnilln• Piori Ines
Ramponi Lulainc, - Rezzi
- Pittalu11• Ùlura
Maria - lUcci M•r
i~aoMn n11i Z•zacPcrao-vcRnzonrllcnoPnco.lo.
.-.
rina - Saln Francesca - Scacciolupi C11.roH.na • Scozzarclla ]>Qolin• - Se-
veri Maria - Saorlo Genia - Tascarclla Pino - Terrosi Lili.ono. - Thitbat
Pietro - T01ini Amabile - Travem Paola - Vu sallo Gfoseppe - Venezia
Renaio - Vènuto Maria - \\'ucbio ~nic,c, - Verde Cann,to • Vupn1
Albertina - Viuzi Carla • Volonté Giovanna • Wilbelm .Maria - Zonoui
GiU$CJ>pina • Zen EniliA.

4.3 Page 33

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I Dt
ALTIII UNTI
E 8■RVI
DI DIO
I coniugi Una/i (Sassari) ringraziano San Domenico
Savio per la felice nascita del loro bmbo Giovanni Dome•
nico, nascita che s preannunciava molto difficile.
Ernesto e Diva Tarraran (Rosà VI) ringraziano M . Ausl•
liatrice e San Domenico Savio per la continua prote•
zione sul loro bimbo Nicola, che fu più volte in gravi con-
dizioni di vita.
DIO POSE NUOVAMENTE A PROVA LA NOSTRA FEDE
Era un caso grave e delicato, e i medici si sentivano uma-
namente incapaci. Si trattava di mio padre, Pedro Chavez
Gonzalez, che soffriva di continue emorragie. Inutile risultò
il lungo trattamento medico, poiché dopo dieci mesi le emor-
ragie continuavano più allarmanil. I medici erano preoccu•
patissimi. Data la gravità del caso. con fede ricorremmo a
Don Rua, affidando alle sua mani a al suo cuore· di Padre
la guarigione del caro ammalato.
I medici pensarono ad un coraggioso atto chirurgico,
da cui poteva risultare la vita o la morte di papà, conside•
rata la sua età (68 anni) e il suo stato molto delicato. L'atto
chirurgico fu eseguito il 5 novembre. La grazia risultò com-
pleta, poiché l'operazione di alta chirurgia ebbe esito feli-
cissimo. Papà iniziò un rapido miglioramento, e noi tutti
eravamo felici.
Ma passati alcuni mesi, Dio pose nuovamente a prova
la nostra fede. Papà peggiorò tanto che credemmo arrivato
per lui l'ultimo momento. Fu ricondotto all'ospedale. Nel
volto un pallore mortale, con molta fatica alzò il braccio
per salutarmi. Per l'ultima volta 7 I medici ci dissero chiara•
mente che solo Dio lo poteva salvare. Ci rivolgemmo nuova-
mente all'intercessione di Don Rua. Inginocchiati accanto
al letto ripetemmo con tede: « Don Rua, salvalo se questa
è la volontà di Dio». Lassi) fummo ascoltati. Dopo tre mesi
di degenza, mio padre ritornò a casa, fra la nostra gioia e
il nostro affetto. I medici ci dicono ancor oggi che si è
trattato di un vero miracolo, e noi desideriamo rendere pub-
blico il nostro ringraziamento.
Ch1/ch1p1 (El S1lv11dor)
Suor MARIA ISABEL CHÀVEZ
DON RUA E UN PICCOLO BIMBO
Il nostro nipotino Alberto. a soli 11 mesi di età, manifestò
sintomi preoccupanti di una grave malattia. I nostri timori
si rivelarono fondati quando il bimbo fu sottoposto e ripe-
tuti e accurati esami presso gli Istituti Universitari di Pe·
diatria di Torino. Pensammo quindi di affidarlo alla interces-
sione del Beato Don Rua, fiduciosi nella sua potenza
presso Dio, della quale aveva già dato testimonianza lo
stesso Don Bosco quando aveva affermato: « Se Don Rua
volesse, potrebbe fare miracoli». E realmente non fummo
delusi. Con lieta sorpresa degli specialisti di malattie infantili
e di quanti erano a conoscenza delle condizioni del nostro
Alberto, potemmo costatare un deciso miglioramento che
lo portò presto alla guarigione.
.
.
Ora confidiamo che il Beato Don Rua vorrà continuargli
la sua paterna benevolenza. Fin d'ora gli diciamo commossi
il nostro grazie per quanto ha fatto e per quanto vorrà ancora
fare in awenire per crescerlo seno e buono. Si allegano re•
ferti medici.
Torino
La nonna ADA OZINO SOGNO
NON SI FECE ATTENDERE
Mio figlio Salvatore da alcuni anni soffriva di un male che
ci t eneva In grande preoccu"azione.
Vari medici avevano tentato di guarirlo, ma senza sensibile
risultato. Allora mi rivolsi al Beato Don Rua, di cui posseggo
una immagine con relìquia. La grazia non si fece attendere
ed ora è perfettamente guarito. Per ringraziare il Beato voglio
esprimergli pubblicamente la mia riconoscenza e la mia
gratitudine, certo di avere in Lui un efficace e valido protet-
tore in tutti i miei bisogni sia spirituali che materiali.
Caltanissstta
C. VERDE
UNA BAMBINA DI OTTO ANNI
Nel maggio 1973 la bambina Bruna Bailo, di otto anni,
vittima di un grave incidente automobilistico. venne ricoverata
alt"ospedale in condizioni gravissime. La ponemmo sotto
l'intercessione della nostra Santa. promettendo di pubblicare
la grazia.
Dopo lunghi mesi di ansia, di intense sofferenze e di per-
severanti preghiere, i buoni genitori ebbero Il conforto di
vedere la loro bimba riprendersi gradatamente e guarire in
modo davvero insperato. Poterono poi constatare, quando
la bambina fu in grado di frequentare nuovamente la scuola,
che anche le sue capacità intellettive non erano diminuite,
come si temeva.
Vivamente riconoscenti, perciò, ringraziano con noi Madre
Maz.zarello, e inviando un'offerta, adempiono la promessa
di pubblicare la grazia ricevuta.
Varsso
Par I coniugi Bai/o, Suor CATERINA CASALEGNO, FMA
PER DIVENTARE SUORA
Dopo aver trascorso con fervore e con gioia il periodo
di aspirantato e buona parte del postulato, fui sorpresa da
una penosa infermità.
La prima visita di uno specialista portò a un verdetto poco
rassicurante: perdita progressiva dell'udito da ambedue gli
orecchi, dovuta alla perforazione dei timpani.
Cominciai quindi il noviziato con molta trepidazione nel
timore di vedermi preclusa la mèta tanto sospirata. Nell'an-
gustia mi rivolsi a Laura Vicuna, pregandola con fiducia di
prendersi cura della mia vocazione. Grazie al suo aiuto, potei
giungere alla professione religiosa in condizioni tisiche ab-
bastanza buone, però sempre sotto controllo.
Venni sottoposta ai necessari interventi chirurgici: per
l'orecchio sinistro si dovette procedere alla ricostruzione del
timpano, e per il destro bisognò estendere la ricostruzione
anche ad altre delicate parti dell'orecchio.
Gli interventi riuscirono bene, quantunque per l'orecchio
destro le speranze fossero poche.
Ora, a distanza di quattro anni, posso assicurare non solo
di godere un buon grado di udito. che ml permette di svolgere
la mia attività apostolica. ma anche di esperimentare il con-
tinuo aiuto di Laura i n modo dawero insperato.
Nell'ultima visita di controllo, il professore si meravigliò
dell'esito audiometrico soddisfacente, e a me, alla suora in-
fermiera che mi accompagnava disse: «Potete dirlo, siete
a contatto con il miracolo».
Ringrazio perciò la Serva di Dio, pregandola di volermi
continuare la sua assistenza.
Bra
Suor PAOLA OLDANI, FMA 33

4.4 Page 34

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PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Coad. Francesco Monticone t a Torino-
Valdocco a 63 anni.
Entrato a I VTC.a carne vocazione 3dulta. pa.rtl
per le missioni nel 1039. Lavorava nelle zone
più abbandonate de)PAmazzonia, a 4 giorni di
cammino dall.a cosiddetta ci-viltà. L'unica ri..
sorsa della sua comunità era un trattore con il
quale contava di prepara.re uno pista nella fo-
resta e s cavare un e.ano.le per irrigare una pi•n-
tagione. di banane. Ed c.ra una comunità ri.cca
di 90 piccoli Kiva.ri e di una tettoia casa-scuola.
NegU ultimi A"iorni di vita è venuto un suo
Indio • trovarlo. Spalle larghe, muscolatura pos-
sente, era commosso come un bmn,bino davanti
nJ suo grande arnico che moriva.
Sac. Pietro Arneodo t • San Maurizio Ca-
navese.
Per 37 anni si ~ prodigato nelle comunitù di
Novara, Maroggia, Borgo San l\\fartino, Biella:
insegnante ed economo, as!Cistente ed... ins:r-
viente an•occorrcnza. Sacerdote .sempre.
Con cuore sacerdotale ai spese da ultimo per
l'assistenza spirftuale ai malati. Di anitno buono
e semplice appre1.z11vn lo concordia e l'amicizia.
Ne diedero testimonianza i numero.si compagni
ed amici che furono presenti alle esequie, do...
ltnti pt"r I-a sua improvvisa ed immatura scom-
parsa.
Sac. Ettore CastoJdl t o Campo Grande
(Mato Grosso • Brasile).
Per tanti anni fu Parroeo e Direttore zelante
dell'Oratorio S. Giuseppe in quella cittù del
Maro Gros.so che egU vide tra.sformarsi da cit-
tadina in un srnnde c:entro di oltre TOO mila
abitanti. Salesiano di cuore aperto. seppe at-
trar-re la gioventU che educò oll'umore di Dio.
Come missionario, ancoru negli ultimi mesi di
vita si spinse in viaggio apostolico fino oi con-
fini del Pa.raguay affrontando disagi e fatiche
che stroncarono In sua salute.
S.ac. Celestino Abbate t a Corigliano d'Q.
tranto (Lecce) a 7~ anni.
Si era fatto salesiano per esse.re missionario e
cosi ottenne di andare nel Paraguay. Per n,o-
tlvl di salute dovene ritornar~ dopo solo J anni
con g.ra.ndc sacri.fido. Ma l'umore. per le Mis-
sioni lo conservò tutta Ja vita. Avev$i: il talento
pratico delramministrntore. -Altro campo di In-
VOTO in cui profuie le sue energie sacerdotali
furono le confessioni. Era infaticnbile e pareva
dimtnticare tutti gli altri impegni fino a quando
l'ultimo penitente non fosse staro soddisfatto.
Era felice quo.odo poteva cbnfessare i paesani
e dialogare con essi nel nativo dialetto greco-
corigliancse. Pieno di. bonu\\ &3peva cattivarsi
l'animo di tutti col buon trntto che lo distin-
gu~va. Chi lo avvjcinavo ri ma.nev11 conquistato
dal suo fare bon<trio e foc&o e nollo stesso
tempo schietto e fermo e gli :I.li affezionava per
sempre. Negli ullimi te<npi di dolorè offri la
sua vita per le voca:z.ioni.
Sac, Luigi Rossetti t a Estoril (Portogallo)
1 81 anni.
Mori vittima <li un collaS<lo cardiaco. Ci ha la-
sciato l'esempio di una ~·ito piena. Nelle dive.ne
mansioni che gli affidò l'obb•dicnzn si distiru,e
per la sua laboriosità apostolica. soprattutto ntl
ministero del confessionale, per il suo gl!nio
umori-stico e u.Hegro1 e per il :,:uo spirito di fede
e di amore alla (.;on~re~azionc. l\\lon sulla
brccCJa. Gli ultimi 22 anni f-u con&ssore ricer-
caro dalle Comuni,~ della zona e dagli alunni
e fedeli delJa nostra <appella di Estoril. Era un
uomo di Oio. come era stato suo fr:ttello
P . Ern\\inio. Dì temperamento gioviale, mance-
ncva l'n.llcgria tra i confratelli e i giovani con
le sue battute e barzeJlettc ~pontanee e nrgure.
A contatto eon le grandi figure di salesiani come
don Rua. don Albera, card. Caglìero, che àcor-
dava con ofl'etto1 si formb nell'amore di Don
llosco e a.Ila Congregazione e nelPndempi.mento
dei suoi doverà religiosi con,e c.spressione. c:hinra
della sua fede.
Sac. Luigi BorseUo t a Torino-Agnelli a
80 anni.
Per 2-2 anni Cappellano militare, pe.r 2.5 Cap..
_pellnno ol Ferrunt:i Aporti •, l'anrica « Gene-
rala dj Don Bosco, don Luigi Bonello hn
svolto un apostolato n.lesiano e sacerdot ale fuori
delle comuni strutture della Congregazione, ma
con il cuore e lo ~pìrito di Don Bosco.
Per don Albera e don Rinald1, da lui personal-
men,c conosciuLi, ebbe sempre una profonda
v~ncrazione èd un grod1tiHimo ricordo.
11 ricco medaglie.re attesta i tanti .riconoscimenti
avuti per le sue be.ncmerenz.e. La medaglia µerò
pill gloriosa per lui fu quella di essere stato
sempre e dovunque Sacerdote •·
Coad. Massimo Barbieri t a Betlemme
(Israele) • 6, anni.
Per 36 anni lavorò a Betlemme e per 7 in
Aleppo, sempre c:.ome viceca-po o cn po sano.
La r-.ara competenza tecnica lo rese noto in
T~rra Santa e in Giordania, fin quasi olla ce-
lebrit.\\, pa.rtie,ola.rme-nte negli ambienti ecc:ilesia-
stioi e religiosi. Il maggior me.rito pe.rb sta nelln
tcstimonfo.nzo, dat.a ovu.nque, di autentico ,mie-
si.ano coa.dlutoTe, ftdele allo spir;ito dèl Fonda-
tore. Per I oumcros.i cxaUicvi, per le loro fa-
miglie e per i tanti conoscenti, il s1g. Barbieri
divenne. e rfmnrn\\ !&emprc un P"-nto di riferi-
mento sicuro, che oricnra e .sorregge ne!lla vitz
cristiana. Ha insegnato bene e ha dato l'esempio
di uomo compito e di religioso convinto e coe-
rente.
Sac. Vittorio Bardelli t n Sesto S. Giovanni
(Milano) a 60 anni.
Visse la sua voca"Zione salesiana nell'nttività sco..
lutioa. Dotato di vivace intelligenza, di buona
prcpcira.zionc C\\Jlturalc e favorito do un cant-
tere amabile, ebbe facile entratura pre~so i ~io-
v-aru che lo conrraccambiarono con sincera st1m11
e ammirazione. Le no.stre comunità di Moden:i,
Bologna, Milano, Treviglio, Parma lo conob-
bero zelante sacerdote, apprezi.::11:0 insagnuntc,
cordiale: confratello Destinato recentemente alla
ca-sa di Sesto S. Giovan'ni anche per essere più
vicino alla mamma da anni immobilizzata in un
Jctto, ebbe i _primi sintomi del n,aJe che inuso-
rabihnent<", nonostante 1iJH interventi dell!t
scienza: mcc'jca, doveva portru·lo precocemente
alla tomba. Mori circonc;lnto doll'nffet10 dei fo-
miliui e sostenuro dalle preghiere dei con!ratelh.
Sac. Giuseppe Galliani t a li C:aà-o (Egitto)
a 64 anni.
Entraro ormai giovanotto ncll'as-pi.rantato mis-
s-ionnrio d'lvrea, c.ompletò la suo formazione in
Terra Santa, Jovc fu ordinato sacerdote. Come
tale lavorò in va.rie case. d..?IPj!i.pettoria. Neg1i
ultimi 15 anni fu confea!-!ore ctl Cairo. Visse
profondamente, con cnturi2'imo e cocnmza la
vocazione Ji s-ac-erdote•educntore e ne esercitò
la m1.ssione in uno sule deJ?nO dì 11mmìraz:1orn:
e di imi,,tziunc. L3 -sua dlruiion~ spirituale en,
molto apprezzarn da religiosi e mohJssi.mo dai
gjovani. L"accoglienza paterna, la comprèn.sione
umana, la c.h.iarczza di giudizio, i modi inco-
raggianti al bene1 facevano desiderare il suo mi-
rùuero. A q-ue;sto univa l'in..,e.gnamento che non
volle interrompere se non di fronte all'inesora-
bilità del male che doveva portarlo all'eternità.
Sac. Rosar io LJvatlno t o Palermo a 9z aani.
Fu buon religioso, educatore salesiano attivo,
rffponsabile ed amico dei suoi allievi. Inse-
gnante, conslglicre, catechista valente, seppt,
infondere negli alunni. oltre la cultura, una pro-
fonda devoz.iont: a Maria .Ausiliatrice e a Don
Bosco, che traluceva dal suo viso, d-:al suo con..
tegno e dnl suo sorri$o sempre $ereno e ,'Oo-
viale. Nell'età matura, finché forze e salute lo
perm.isero, godenero i frutti della sua profortda
dcvoz.ione mariana Je F.M~A. e Je alunne dei
loro istitui..i a cui }' obbedienza l'aveva destinato.
Sac. Mario Zocchl t n VcrcclJi a 6s annj,
Dedicò tutta la sua vita sacerdotale salesiana
olle missioni deil'!ndì.a, dove è .ricordato con
srim.a e vcncra:tiont per l'attività indefessa, il
gr:.nde zelo e la v-ita religiosa esemplare. Rieo-
trato in ltaliu per motivi di salutc1 trnscorse gli
ultimi dodici me•i di vita nella casa di Vercelli
continuando. secondo le possibilità. il l11voro
per Je mis~ioni, che sempre ricordava. e di cui
continuamente parlava entusiasmando giovani,
confratelli e quanti lo ascolta vano.
Sac. Giovanni De BeUI t a Pordenone (ltalia)
• 65 anni,
La chiamJlra di Dio lo trovò obbediente e se-
reno. Da lungo tempo or-mai si preparava al-
l'incontro co1 Padre. 11 suo cuore buono e pieno
di armonie non sos.te.neva più lo slancio di vita
e l'ansia salesiana di apostolato. Dotato di fi..-.c
sensibilità t dt!lietttczza, suscitava io tu.tti quelli
che incontra,re amidzia duratura in uno stile dì
fraternità salesiana. Portò nel diuturno lavoro
della scuola, sacrificato ma lieto. unn avvedu ta
vigilanza di ani, gesti e parole, con una didat-
tica paizicnte che forgiava i ragazzi alla &cienza
e nUa vita. ~la il mezzo più suo di comuoica-
tionc e di educaziont fu la musica, lntcsa come
interpretazione dell'anima dei giovani che è le-
tizia e liberti.. Nelle cn.sc di Veroru:i, Trento,
Gorizia, Moglfano e Pordenone 1Jisciò largo
rimpianto di sé.
COOPERATORI DEFUNTI
Mons. Alessandro BeUuccJ t a Fermo (/\\P).
Di famiglia tradiz.iomalmente. am.1ca della Con-
gregn.zione Salesiana. dcdicà tutro la suo lunga
vita ai giovani, specialmente. nell'insegna-
mento. Fu stimatissimo insegnante di Reli-
gione nc,ll'lstituto Tecnico Industriale di
Fermo, il primo del gene.re sorto in Itnlia.
Luigia Pronello t a Piossdco • 58 anni.
11 suo ricordo e il suo esempio vivono nel c.uo.re
di chi la conobbe.
Irma Borino t a Villata.
Sposa esempio.re e donnn di preghiera, fu
felice di aver donato al Siijnore l'unica sua
figlia, Suora di Maria Ausiliatrice. Fece della
Me!sa il centro della ..su a giornate. e l'unica
pena degli ultimi me.si fu quella d.i e$serne
impedita. t tornata serena :,l)a Ca•a del Padre
dicendo Atnen •·
Per quanti c l hanno chiesto informa:ilon!, annunciamo che LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, riconosciuta giuridica-
mente con D. P. oel 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISS IONI oon sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto
13-1-1924 n. 22. possono legalmente ricevere Logoli od Eredità. Formule legalmeme valide sono:
se trattasi d'un legato: «... lascio alla Direziona Generale Opere Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per /8 missioni con s.ode
in Torino) a titolo di legato la somma di lire ....••.•. (oppure) l'immobile sito In ... , . ».
se trattasi, Invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro dei d ue Enti su indicali:
e ... annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direzione Generalo Opere Don Bosco con sede In Roma
(oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsìasi titolo».
34 (luogo e data)
(firma per disteso)

4.5 Page 35

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Umberto Coppi t a Pistoia.
Allievo nel lontano 1910 presso i Salesiani di
Firenze, fece patte eon fedeltà e fierezza del-
!' Unione Ex.allievi. Si sentiva onorato dì aver
conosciuto personalmente ìl Beato Don Rua
e il servo <li Dio Don lunaldi. Non solo fu
personalmente devoto di Maria Ausiliatrice e
di Don Bosco, ma volle che anche i suoi fami-
liari lo imitassero, non per Wl fatto sentimen-
tale, ma perché ne acaturisse un serio impegno
cristiano.
Ermelinda Pl«o t ad Avigliana a 101 anni.
Cooperatrice da moltissimi anni, raccontava
di aver imparato da S. Giovanni Bosco a puri-
ficare so-vente la sua anima con la Penitenza,
e a nutrirla con l'Eucarestia, ciò che fece
ancor-a 6 giorni prima di tornare al Padre,
Nella sua vita fu sempre disponibile per
chiunque avesse bisogno del suo aiuto.
Antonio Brevede llo t a Bassano del Grappa
a 69 anni.
Atttavc:rao la sofferenza purificò il suo animo
e trovò la gioia di donare. Collaborò pe.r r s anni
pc.r cercare, preparare e s,p~dite indumenti ai
missionari. Era generoso anche nell'offerta, pur
modesta, sia per i missionari salesiani, sia per
quelli comboniani. Schivo di lodi. sapeva sor-
ridere a tutti ed era lieto se poteva incontrarti
con qualche mis.sionario.
Carlo Bodrero t a Falicetto di Ver,,uolo
(Cuneo) a 77 anni.
Instancabile benefattore, cercava in tutti i modi
di arrivare con la sua open a chi sapeva aver
bisogno. Uomo di fede profonda, la traduceva
in vita vissuta. Coprl per molti anoi la carica
di presidente ddla Scuola Materna dove la-
vorano le F.M.A., seguendo sempre l'Opera
con cuore di padre vigile.
Tommaso Pansa t a Verzuolo (Cuneo) a
81 anni.
Visse di fede. profonda, di lavoro e dl preghiera.
Nei tuoi ultimi giorni pregava continuamente
raccomandando a Dio Ja salvezza dell'anima .sua
e di tutti i ttuoi carj. Era padre di un figlio Sa-
cerdote.
Giovanna Migliore t a Falicetto <li Verzuolo
(Cuneo) • 51 anni.
Visse nell'umiltà, rutta dedita al bene dei suoi
familiari nel lavoro e nel sacrificio.
Domenica lnveninl ved. Spad a t a Vil-
minore (Bergamo) a 84 anni.
Nel piccolo centro montano di Vilmaggiorc fu
sp1>sa e madre felice di sei figli di cui uno.
Francesco, sacerdote sales-ia.no. Donna saggia e
forte, pur nella salute cagionevole, fu di asso..
Iuta de<lizione alla famiglia che crebbe ed educò
nel timore di Dio e nella serenità della vita., tra
duri sacrifici, superando momenti djfficili so..
ste.nuta da instancabile tenacia, frutto di scelte
di fede e di profonde convinzioni cristiane.
Semplice e umile, ebbe il dono di una vita se.
rena, profusa di bontà e di sorriso. Devota di
Don Bosco, amò Ja gente e la chiesa del pae-
,ello ove si spense lasciando a tutti esempio
di cristiane e domeatiche virtU.
Desollna Bianchi ved. Ghls ol fl t a Broni
(Pavia) a 81 anni.
Visse nelrwniltà, nel lavoro assjduo, nelle cure
della famiglia, esemplarmente fedele ai suoi do-
veri religiosi. 11 suo sorriso buono seppe infon-
dere in chi l'avvicinava tant.a fiducia nel Si-
gnore, che la volle con purific,ita da lunga
~afferenza. Considerò un gran dono di Dio 1a
vocazione del _figlio sacerdote salesiano, don
Alessandro.
Vlncenso De Censi t a Polaggia in Bassa
Valtellina • 78 anni.
Fu padre di due salesiani, don Ugo e don Fer-
ruccio e di altri quattro figli e fi11lìe. Visse gli
ultimi annj nel lavoro qu.i'eto della sua vigna,
dopo una vita laboriosa, senza tregua, nel mo-
desro nego2io del paese. Le prove amare., ]e re-
spons-abilità1 le preoccupazioni non ne avevano
alterato la serenità. La guida della famiglia e le
esigenze quotidiane della sua attività econo-
mica non ne nascosero la tensione sociale, Pat-
ten.zione acuta per le vicende politiche; non gli
impedirono di partecipa.re alta vita pubblica
della sua valle, anche nei momenti meno fA-
~li. Nella sua ,dta, come nella sua casa, visse
lo spirito cristia.no e sale-siano che aveva portato
con sé dal Collegio di Sondzio, di cui era affe-
zionato cxallievo.
crociata
ELENCO
01 BORSE
MISSIONARIE
PERVENUTE
ALLA DIREZIONE
DEL BOLLETTI NO
SALESIANO
Borsa: In me.moria t suffragio di Giorgio e Maria
Del Monte, a cura di Besozzi Alberto e Maria.,
Caatelveccana (VA), L. 135.000.
Borsa: Ad onore di S. Giuseppe, a cura di una
Cooperatrice di Rivarolo Canav. (TO), L. 100.000
B orsa: Maria Ausiliatrice, S. Glov. Bosc1> e
Beato M. Rua, a ,uffragio di B,rra Maria d,-
fwtJi d•lla fami1Jlia, a cura di Re Felice, Rho (Mi-
lano), L. 70.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco ci ha TW()f}am,nte aiu-
tai,, a cUra di Sorelle Dimai, Bolzano, L. 50.000.
Borsa: A S. G. Bosco, sempre. intJOCondo prote%ioM,
a cura di N. N., L. 50.000.
Borsa: A Maria Ausiliatrice, a S. Glov. Bosco,
al Beato M. R u a, im;ocando prot,zi(lTl• mila fa•
miglia, a cura di Lentini Valenti .L\\.nna, Favara
(AG), L. 50.000.
Borsa: Mons. Augusto Bianchi e Arnaldo Re-
basti, a cura di Rebasti Faustina. Firenze,
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Borsa: A Maria Ausiliatrice, S. Giov. Bosco,
S. Domenico Savio, Papa Giovanni e Santi
La tomba del card. Trochta
nel cimitero di Lltomerice.
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pdr otknerne altre. tanto desiderate, a cura di N. N.,
Poirino (TO), L. 50,000.
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esaud.ittti, ialvatui, a cura di due ,po.si di Ve.tona,
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Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Glov. Bosco e
Beat.o M. Rua, per ottenni, guarigione, a cura di
Amato Marta, Alcamo (TP), L . 50.000.
Borsa: A Maria Ausiliatrice e S. Glov. Bosco,
per gra~ia ri.cwuta e imJocnndo protizitmt J>tr i nua·
cari, a cura di Petrini Giovanna, Roma, L. 50.000.
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picdni, a cura di .N. N., L. 50,000.
Borsa: Beato M. Rua, a cura di Z. E. a mezzo
D. S. Pivano, Novarn, L. 50.000.
Borsa: Beato Masslmllian.o Kolbe, cura di
Z. E. a mezzo di D. S. Pivnno (Novara), L. 50.000.
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per la protenone thlla mia Famiglia in ruffralJio
thi cari d•funti, a cura di Faggiotto Rina, Bassano
del Gmppa (VI), L. 50.000.
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a cura di Gilardoni Clotilde, Bdlagio (CO),
L. 50.000.
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A. A., L. 50.000.
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di Giuseppina Barbero, L. 50.000.
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S. Giov. Bosco e tutt.i i Santi Salesi3Jli, in rin-
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aiuto t prottzi&ne, a cura di N. N., To:cino,
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aiuto P" gli ttudi del figliuolo, a cura di N. N.,
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di Bassi Paola, Milano, L. 50.000.
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trice, per grazia ricevuta e in attesa di completa
guarigi11ne s continuo prokzione, a cura di Bas.si
Paola, Milano, L. 50.000.
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Domenico, Ceccenasoo (TO), L . 50.000.
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Norma B., L. 50.000.
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cura di Di Leo Maggio Anna, Napoli, L. 50.000.
Borsa: Maria Ausllfatrlce e S. Glov. Bosco,
per ottener~ una grazia urgente, a cura di Vaia
Mari•, Cavalese (TN), L. 50.000.
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in suffragio del marito, a curn dj Franzoni Clara,
Modena, L. 50.000.
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Tommaso, Roma. L. 50.000.
Borsa : S. Giuseppe e. Beato M. Rua, in ,uf-
/ragio dei genitori e d•Junti d,/la Famiglia, a cura
di N. N., S. Maria della Versa (PV), L. 50.000.
Borsa: A Maria Ausiliatrice, S. Giov. Bosc1> e
SuorTroncatti. intingraziament.o, N. N., S. Maria
della Versa (PV), L. 50.000.
Borsa: Beato M. Rua, in riconosc~nza per grazia
ric.euuta, -a cura di Camerini Pozzi Giovanna,
Fa.enza, L. 50.000.
t t1on 1.lf11Ji)

4.6 Page 36

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gli opportuni emendamenti e approvata dall'Episcopato
Italiano, da considerarsi tipica per l'uso liturgico.
Il testo è completato da sufficienti note e cartine e da
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