Bollettino_Salesiano_199403


Bollettino_Salesiano_199403



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Marzo 1994
ANNO 118 N.5
l Quindicina Marzo 1994
Sped. in Abb. post. (50) - Torino
RIVISTA FONDATA
DA 5. GIOVANNI BOSCO
NEL 1877

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di don EGIDIO VIGANÒ
LA SPERANZA DI CRISTO
,, L'ottimismo
in Cristo ci aiuta a
superare il clima
di pessimismo e di
scoraggiamento
presente oggi
nel mondo.
È il messaggio
della Strenna 1994
per la Famiglia
Salesiana.
Intervista a Don
Viganò,,
2 --MARZO 1994
R H
endere ragione della gioia e degli im-
pegni della speranza, testimoniando le
insondabili ricchezze di Cristo" è il messaggio
affidato alla Famiglia Salesiana attraverso la
Strenna del Rettor Maggiore. Il direttore del-
!'Agenzia Salesiana di Informazione ha inter-
lontà di collaborazione nel far vedere gli aspet-
ti positivi che provengono dal mistero di Cri-
sto; quindi impegnarci in azioni concrete che
manifestino l' operosità della speranza: non
semplici desideri o sogni poetici, ma il lavoro
apostolico... magari anche in "maniche di ca-
vistato don Viganò per specificarne i contenuti micia", come diceva Don Bosco».
e individuare le piste da percorrere.
Qual è l'obiettivo principale che propone al-
Don Viganò, come nasce una Strenna?
la Famiglia Salesiana con la Strenna?
«Da una fase di ricerca e di dialogo. Dopo «L'obiettivo di fondo è quello di rendere
una prima ricerca fatta insieme al Consigliere contemporaneo Gesù Cristo: Egli vive e opera
per la Famiglia Salesiana,
ora e qui anche attraverso di
viene coinvolto il Consiglio
noi. Con la nostra vita, la
Generale. Si puntualizzano
nostra azione, il nostro par-
quindi delle preferenze e
lare non facciamo riferimen-
delle varianti e finalmente
to a un ricordo storico, ma
salta fuori la nuova Stren-
vogliamo mostrare la con-
na».
temporaneità del suo Miste-
ro. La parola e la vita di Cri-
Perché il tema della spe-
sto sono per l'oggi e per
ranza per il !994?
sempre».
«Perché siamo a sei anni
dal Duemila. E volevo che
Si aspetta qualche cam-
la Famiglia Salesiana por-
biamento di rilievo con que-
tasse nella società I'ottimi-
sta Strenna per il mondo sa-
smo fondato sulla presenza
lesiano?
di Cristo. Come sappiamo,
«Sì, quello di vivere con
si respira invece un clima di
maggior intensità un aspetto
diffuso scoraggiamento e di
Tempo di coraggio e di entusiasmo per i
giovani
della nuova evangelizzazio-
pessimismo, soprattutto in Foto Cipriano De Marie
ne, che è stato sottolineato
Italia, presa dalle varie tan-
con forza dal Papa: evange-
gentopoli, dalla disoccupazione e da altri pro- lizzai·e con un "nuovo ardore"».
blemi sociali».
Lei parla di gioia e speranza. Per i giovani
Ci può riassumere i punti chiave della Stren- oggi sembra sempre più difficile gioire e spe-
na?
rare ...
«Direi che i punti-chiave sono quattro. Pri- «Il Santo Padre parla spesso ai giovani e lo
mo fra tutti le ricchezze di Cristo da testimo- fa sempre con spirito positivo, di entusiasmo e
niare: esse costituiscono il fondamento di tutta di speranza. A Denver aveva detto: "Non ab-
la speranza. li secondo è: rendere ragione, os- biate paura del Vangelo"; poi si è corretto e ha
sia fame capire l'importanza. È un problema di precisato: "No! Siate coraggiosi ed entusiasti
comunicazione non facile: si tratta infatti di nel mostrare la bellezza del Vangelo! "».
rendere contemporaneo Gesù Cristo. li terzo è:
rendere ragione della gioia. Vale a dire: come Se dovesse affidare ai giovani la Strenna '94
Don Bosco, noi puntiamo piì:1 sulla forza del attraverso uno slçgan, quale sceglierebbe?
bene che sulla paura del male. Quaito: rendere «Direi: "Sentitevi i prediletti di Cristo". È un
ragione degli impegni della speranza: la nostra onore, oltre che un impegno. Lo dice loro an-
speranza non è ottimismo ingenuo, ma è vo- che il Papa».

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Quindicinale di
informazione e cultura
religiosa edito
dalla Congregazione
Salesiana di
San Giovanni Bosco
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherila Dal Lago - Giancarlo
De Nicolò - Eugenio Fizzotli - Francesco Mollo
Collaboratori: Teresio Bosco - Erneslo Cationi -
Giuseppina Cudemo - Graziella Curti - Serge
Duhayon - Brun o Ferrere - Sergio Giordani -
Anlonio Mélida - Jean-François Meurs -
Pielro Moschello - Ange lo Monlonati - Gaetano
Nanetti - Angelo Paoluzi - Alessandro Risso -
Silvano Stracca
Fotoreporter: Cipriano De Marie - Franco Marzi
- Carla Morse lli - Guerrino Pera - Pietro
Scalabrino
Progetto grafico e Impaginazion e:
Uflicio G rafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffu si one : Arn aldo Montecchio (Torino)
Spedizione: SEI p.a. - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazi one: Tribunale di Torino n. 403
del 16. 2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese
(undici numeri,
eccello agosto) per tutli.
• Il 15 del mese per i Cooperalori Salesiani
Collaborazione: La Direzione invi la a mandare
nolizie e foto riguardanti la Famiglia Salesiana e
s'impegna a pubblicarle relativamenle alle
esigenze redazionali. Testi e materiali inviali
non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Gianni Filippin) - Via
Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. (06) 44.60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in ollre 40 edizioni
nazionali e 19 lingue diverse (tiratura annua
ollre 1Omilioni di copie) in: Antille (a Sanlo
Domingo) - Argentina - Auslralia - Auslria -
Belgio (in fiammingo) - Boemia - Bolivia -
Brasile - Canada - Centro America (in
Guatemala) - Cile - Cina (a Hong Kong) -
Colombia - Croaz ia - Ecuador - Filippine -
Francia - Germania - Giappone - India (in
inglese, malayalam, tamil e telugù) - Irlanda -
G ran Brelagna - Italia - Korea del Sud -
Lituania - Malia - Messico - Olanda -
Paraguay - Perù - Polonia - Portogallo -
Slovacchia - Slovenia - Spagna -
Stati Unili - Thailandia - Ungheria - Uruguay -
Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo
ri ch iede .
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta,
nei limiti del possibile.
Cambio Indirizzo : comunicare anche l'indirizzo
vecchio.
IN D I R I Z Z O
Vìa della Pisana 1111
Casella post. 18333
00163 Roma
Tel. 06/656.12.1
Fax 06/656.12.556
Conto corr. post.
n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere
Don Bosco, Roma.
1° Marzo 1994
Anno 118
NumeroS
In copertina, un commento
alla Strenna '94 di don Viganò
(intervista a pag. 2).
Qui di fianco, pubblicità religiosa
in Francia (servizio a pag. 14).
2 IL RETTOR MAGGIORE
La speranza di Cristo
di don Egidio Viganò
10 ATTUALITÀ ECCLESIALE
A Roma aspettando Mani la
di Silvano Stracca
14 SOCIETÀ
Il carosello della Pubblicità
di Giuseppina Cudemo
18 AUSTRALIA
La Boy's Town di Engadine
di Frank Bertagnolli
22 EDITORIA
La collina della semplicità
di Domenico Agasso
26 PERSONE
Farsi diacono a Napoli
di Umberto De Vanna
30 BRASILE
Sulle strade di Rio
di Maria Antonia Chine/lo
34 MESSICO
Un oratorio animato dai giovani
di Ja vier Prieto
38 ANNIVERSARI
La vergogna delle Fosse Ardeatine
di Francesco Motto
8 BS DOMANDA:
Cosa resta del segreto con-
fessionale
RUBRICHE
Lettere, 4 - In Italia e nel Mondo, 6 -
BS Domanda, 8 - Prima Pagina, 9 -
Come Don Bosco , 13 - Osser-
vatorio, 17 - Il mese in Libreria, 21 -
Cinema, 25 - Dalle Missioni, 29 - Il
Diario di Andrea, 33 - I Nostri Santi,
37 - I Nostri Morti, 41
30 FMA IN BRASILE:
Ragazzi per le strade
di Rio
MARZO 1994 -3

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VUOI RICEVERE
IL BOLLETTINO.
SALESIANO?
Il Bollettino Salesiano
viene inviato gratuita-
mente a chi ne fa richie-
sta. Dal 1877 è un do-
no di Don Bosco a chi se-
gue con simpatia il lavoro
salesiano tra i giovani.
Diffondetelo tra i parenti e
gli amici. Comunicate su-
bito il cambio di indirizzo
(mandando sempre la
vecchia etichetta).
Ogni mese le poste ci restitui-
scono alcune centinaia di copie
che non sono state recapitate ai
destinatari. Questo causa a volte
l'interruzione dell'abbonamento,
nonostante la nostra buona vo-
lontà. Sappiamo purtroppo di no-
tevoli ritardi e di copie che vanno
smarrite.
Se qualcuno si vedesse inter-
rompere l'arrivo della rivista per
due numeri consecutivi, sarà suf-
ficiente che ce lo faccia sapere e
rimetteremo immediatamente in
corso l'abbonamento.
Scrivete a:
I B Ile m Salesiano
Diffusione
Casella Postale 18333
00163ROMA
4 - MAREO 1994
MARTIRI DI SPAGNA E
D' ITALIA «Leggo l'articolo
sui "Martiri salesiani di Spa-
gna" (cfr. BS/maggio '93) che
fa riferimento ai terribili anni
Trenta. Quanto è avvenuto a
danno dei religiosi spagnoli è
assai peggio di quanto la mia
memo1ia ricordi. Avete ricor-
dato i martiri di Spagna, io ri-
cordo anche quelli italiani.
Ma quanti hanno oggi simi li
ricordi perché siano una scuo-
la di vita?».
Vladimiro Pasquali,
Villadossola, Novara.
Tralascio le altre sue conside-
razioni sui problemi generali
del nostro Paese, del resto fa-
cilmente condivisibili.
LO AVREI ALLEVATO IO
STESSO. «Mi riferisco alla
lettera: "Non posso permet-
termi un altro figlio" a cu i
l'esperto ha risposto nel nu-
mero di ottobre del '93. Vor-
rei riferire un episodio che ha
per protagonista un giovane,
Aldo Domina, morto per un
tragico errore a Rolica-Villa-
doro, Enna, quando non aveva
ancora 18 anni. Un giorno la
mamma gli dice: "Aldo,
uscendo da scuola, passa dal
medico e ritira la ricetta di
analisi per me" . Di ritorno,
strada facendo, Aldo osserva
dalla busta aperta il tipo di
analisi cui la mamma qualche
giorno prima si era sottoposta.
Giunto a casa, prima di conse-
gnare la busta, dice al padre e
alla mamma già pronti per il
pranzo: "Perché avete fatto
queste analisi? Forse perché
dubitavate della presenza di
una creatura mio fratello? Se
ci fosse stato cosa avreste fat-
to? Nel caso, sappiate che me
lo sarei preso io e lo avrei alle-
vato io stesso"».
Padre Bonaventura
da Gangi, Roma.
FACEVA TREMARE LE
MURA. «Sono un ex chieri-
chetto della chiesa salesiana
di San Giuseppe di Molfetta.
Era parroco don Leonardo
Sgherza. Ricordo che quando
predicava faceva tremare le
Sono ancora io: volevo sapere se avete finito di
riparare il televisore.. .
mura della chiesa e diceva
tante belle paròle che riempi-
vano i cuori di coloro che
ascoltavano. Sono un navi-
gante e per motivi di lavoro
g"iro il mondo . Non le nascon-
do la m.ia gioia quando-seduto
su una panchina di una chiesa
di Ortona ho conosciuto il
Bollettino Salesiano. Questa
rivista a Molfetta non l'avevo
mai vista. Le dico il mio ap-
prezzamento: non mi stanco
mai di leggere opere, episodi
che i successori di Don Bosco
mandano avanti con tanto
amore».
Michele Andriani, Mo(fetta.
CI SERVIRÀ NEL GRUP-
PO. «Siamo un gruppo di un
quartiere a ri schio di Cagliari ,
dove il vescovo ha mandato
un salesiano per creare un ora-
torio che sta funzionando ab-
bastanza bene. li salesiano ci
parla spesso di Don Bosco e
della vostra congregazione,
tanto che siamo interessati a
conoscervi meglio. Il nostro è
un gruppo cicloturistico e sia-
mo una quindicina di ragazzi
che stanno insieme ormai da
due anni. Vogliamo ricevere
tutti il Bollettino Salesiano
perché ci servirà ogni · mese
come argomento di studio e di
riflessione di gruppo».
TGS, Oi·atorio S. Elia,
Cagliari.
PER NUOVI SBOCCHI OC-
CUPAZIONALI. «La libera
iniziativa nel campo del lavo-
ro si scontra con un delicato
clima di recessione. Nell'in-
tento di contribuire al supera-
mento di questa fase critica
chiediamo la cortesia · di far
conoscere ai vostti lettori che
mettiamo gratuitamente.a di-
sposizione un dépliant di tren-
ta pagine con tre differenti
proposte per mettere a frutto
le proprie risorse creative:
pubblicazioni speciali che
suggeriscono nuove forme di
creatività a liberi professioni-
sti , operatori artigiani, tecnici

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progettisti; un corso di arre-
damento che apre la strada
a varie professioni; progetti di
dimore stile "cottages all'ita-
liana", ideali per dare vigore
alla ripresa edilizia».
Loredana Munerati,
Corso Primomaggio, 45
44100 Ferrara
Tel. 0532/207132
ANNO DELLA FAMIGLIA.
«Sto attraversando un periodo
di grave depressione anche a
causa dei genitori anziani e
ammalati. Mio padre di 96 an-
ni si sente padrone, ha un
bruttissimo carattere e ha
sempre voglia di comandare a
"bacchetta"» .
Lettera firmata,
Francofonte (Sr).
RE BALDOVINO. «Da exal-
lieva ti faccio i miei compli-
menti per quei begli articoli
che aprono il cuore alla spe-
ranza. Di solito non scrivo, ma
questa volta mi sono risentita
non poco nel leggere del re
Baldovino (cfr. ES/dicembre
'93). Quando parlate di questi
personaggi, non vi domandate
mai se dietro di loro non ci so-
no stati tanti e tanti frateUi
sfruttati per ottenere i loro pri-
vilegi? La stessa parola re mi
suona come un pugno allo sto-
maco, pensando alle dinastie
che hanno costruito le loro for-
tune magari col sangue di po-
poli assoggettati. Certo, Bal-
dovino avrà avuto dei lati
buoni, avrà fatto del bene, ma
non facciamol.i pasl,are per
quasi santi. Siate più obiettivi e
non solo con lui, ma anche con
i vari potenti e industriali ...
Non sono le briciole che conta-
no, ma la vera giustizia! Scusa-
te lo sfogo e ancora grazie per
le belle pagine di speranza!».
L.C., Velletri, Roma.
D'accordo, alcuni personag-
gi reali che alimentano le cro-
nache mondane, parrebbero
darle ragione. In realtà la sua
lettera generalizza troppo.fi-
no a non essere obiettiva. E il
popolo che sceglie e conserva
una monarchia. E se lo fa è
perché la ritiene funzionale al
benessere della nazione. Nel
caso specifico, la dinastia di
Saxe-Cobourg-Gotha, quella
di re Baldovino, esiste sin dal
1830, anno dell 'indipendenza
del Belgio e rappresenta per i
belgi un elemento di equili-
brio importante e così si è ri-
velata soprattutto nei momen-
ti di crisi di governo. Il decoro
di un re o di una reggia è vo-
luto dalla nazione, soprattut-
to per le ufficialità. Baldovino
in privato ha sempre preferito
una vita semplice: il popolo
questo lo ha apprezzato e ri-
conosciuto, così come la sua
coerenza cristiana. Come ab-
biamo scritto, ha usato spesso
delle sue «ricchezze» per mol-
te opere di solidarietà e si è
fatto costantemente promoto-
re presso il governo di inizia-
tive di sostegno a favore dei
Paesi in via di sviluppo.
PASSEROTTI IN GABBIA.
«Anche a me è sfuggito l'arti-
colo "In gabbia i passerotti
muoiono". Anch'io ho un pas-
serotto in casa che a forza di
languire sta peggiorando in
modo preoccupante, tanto che
siamo stati costretti a ricove-
rarla. Sono convinto che il suo
peggioramento sia dovuto un
po' al suo diabete, ma soprat-
tutto all ' isolamento, alla soli-
tudine, alla noia e alla tristez-
za di capire che lei non è come
le altre. I vari tentativi per in-
serirla in comunità sono sem-
pre falliti. Da tre anni stiamo
salendo un calvario molto du-
ro . I miei disperati appelli ad
autoi-ità civili e religiose per
un collocamento anche par-
ziale in qualche comunità so-
no caduti nel vuoto e gli ap-
pelli a cooperative che si
occupano di handicappati, ad
associazioni di volontariato si
sono risolti nel nulla o nella ri-
L'ISPETTORE ROMANO
DON PUSSINO. Nell'elen-
co delle ìspettorie salesia-
ne d'Italia pubblicato nel
numero di gennaio, non fi-
gurava don Gian Luigi Pus-
sino, via Marsala, 42 -
00185 Roma. -Ci scusiamo
con lui e con l'ispettoria.
chiesta esosa di denaro. Per un
soggiorno estivo di 10-15
giorni mi sono stati chiesti
2.850.000 lire. Possiamo spe-
rare in qualcosa? Ci siamo
chiusi nel nostro guscio e non
riusciamo più a uscirne. Sia-
mo una famiglia di passerotti
in gabbia! Mi chiedo spesso
dov'è la conclamata caiità cri-
stiana, dove sono gli apostoli
che manifestano anche in
piazza per la difesa della vita
(la vita va difesa non solo alla
nascita, ma anche dopo). Ci
sarà qualche comunità di vo-
lontari che voglia far passare
qualche ora a mia figlia un po'
diversa da quelle monotone di
casa nostra? La ragazza se
trattata con dolcezza è affet-
tuosa, socializza facilmente, e
ha una gran voglia di vivere
come gli altri . Il mio nome
forse vi dice qualcosa. In casa
ho una foto con dedica di mio
nonno che suona nella banda
di Don Bosco. Il nonno è il ter-
zo in alto a sinistra col clarino.
Si chiamava Bima Giovanni».
Lorenzo Bima,
Corso Potenza, 80
10149 Torino
Tel. 011/2216938
MINI-TRIANGOLARE. «Ti
scrivo nella speranza che pub-
blicherai non la lettera, ma la
fotografia. È una foto come
tante, ma per me è particolare.
Infatti dopo tante difficoltà
(anche meter!;!ologiche) sia-
mo riusciti a fare un mini-
triangolare di calcio tra l'ora-
torio dei salesiani dell ' Isola di
San Giorgio, la mia parroc-
chia S. Moisè e quella di S.
Zaccaria. Al di dei risultati
è stata una giornata di condi-
visione gioiosa anche per noi
catechisti e per i genitori. Vo-
gliamo rendere partecipi della
nostra gioia anche voi e gli
amici del BS».
M. Stefani, Venezia.
Ho scelto di pubblicare (con
tanto in ritardo!) la tua lette-
ra. Nelle pagine In Italia e nel
mondo non è possibile fare
spazio a tutte le notizie che ar-
rivano. çongratulazioni per
l'iniziativa e Lo spirito con cui.
l'avete realizzata.
CRISTO IERI,
OGGI,
SEMPRE
Gerusalemme
Roma
Assisi
Testi di
Gianfranco Ravasi
(Gerusalemme),
Virgilio Levi (Roma) e
Lazaro lriarte (Assisi).
Fotografie di Franco
Marzi e Carla Morse/li.
Una splendida trilogia
per incontrare Cristo in
tre grandi città dell;:i
fede. Teologia, storia,
archeologia, immagini,
a servizio del «mistero
di Cristo nascosto
nei secoli» .
Tre volumi di grande
formato (31 x23,5) per
un totale di 600 pagine.
Presentazione
autografa di Giovanni
Paolo Il. I tre volumi
in cofanetto,
lire 195.000.
Richiedere a Edizioni
Francescane Italiane,
via Severina, 2
06124 Perugia.
Ai sacerdoti che non
riescono a sostenerne
il prezzo, possibilità di
commutare l'importo
con la celebrazione
di 18 ss. Messe.
MARZO 1994 5

1.6 Page 6

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Tokyo. Il gruppo delle
Figlie di Maria Ausiliatrice
partecipanti al Confronto
asiatico sulla
comunicazione sociale, in
visita alla centrale Sony.
CAGLIARI
L'ASSOCIAZIONE
MAMMA
MARGHERITA
RUSSIA
SALESIANI
IN SIBERIA
Quando nell'agosto del
1992 tre salesiani slovacchi
andarono nella repubblica di
Jakutsk per aprire un 'opera in
Siberia, qualcuno la defuù
un ' idea temeraria. Invece a di-
stanza di meno di due anni ce
l'hanno fatta. Nel mese di di-
cembre ad Aldan è stato inau-
gurato l'edificio che ospiterà
la prima comunità salesiana e
i locali dell'oratorio-centro
giovanile ed è stata aperta la
trattativa per acquistare alcuni
terreni circostanti da destinare
all'attività sportiva dei giova-
ni . Adesso i salesiani sono
quattro e ·nel corso del '94 se
ne aspetta un quinto.
La nuova opera di Aldan è
stata visitata recentemente da
don Odorico e da don Dzied-
ziel, che hanno compiuto an-
che un pellegrinaggio nel vi-
cino ex campo di concen-
tramento di Vasiljevka, uno
dei più duri degli anni '50, dal
quale nessuno, per le torture e
per il freddo, uscì vivo. Tra le·
vittime quasi sicuramente ci
furono anche dei salesiani.
La piccola comunità di Al-
dan ha cominciato a fare scuo-
la nella città e in alcuni villag-
gi dei dintorni . Gli abitanti
della zona sono originari della
Mongolia.
GIAPPONE
NUOVI LINGUAGGI
EDUCATIVI
A Tokyo le Figlie di Maria
Ausiliatrice hanno tenuto un
Confronto asiatico sulla co-
municazione sociale. Prove-
nienti da sette Paesi, si sono
interrogate, con l'aiuto di
esperti, sulle strategie da se-
guire per educare oggi in un
tempo dominato dalla cultura
della comunicazione. Le rap-
presentanti delle oltre duemi-
la FMA dell'Asia hanno an-
che delineato progetti per
portare nell'oggi il Vangelo
soprattutto ai . giovani attra-
verso nuovi linguaggi. L 'in-
contro è stato promosso dal
dicastero della Comunicazio-
ne Sociale sorto tre anni fa su
deliberazione del Capitolo ge-
nerale delle FMA.
COSTA D'AVORIO
Il gruppo ispettoriale
«Mamma Margherita» dei
cooperatori salesi'ani si è im-
pegnato in un lavoro di ricu-
pero sociale di particolare ri-
lievo. A ottobre è iniziato per
il terzo anno il servizio educa-
tivo-scolastico per 25 ragazzi
di scuola media. Li aiutano a
svolgere i compiti scolastici,
offrono loro un pasto e la pos-
sibilità di prendere parte ad at-
tività varie. Al termine della
giornata li accompagnano a
casa. Da maggio inoltre è in
funzione la casa-famiglia per
sei ragazzi con gravi problemi
familiari. I ragazzi sono se- ·
guiti da cinque educatori sti-
pendiati dall 'associazione e
una famiglia vive con loro,
trasmettendo un modello con-
creto e lo spirito di famiglia.
L'associazione, che è conven-
zionata con il comune, sogna
comunque di creare un centro
sociale di più ampio respiro.
NELLA BIDONVILLE
DIKOUMASSI
Aldan (Siberia). Don Odorico e don Dziedziel in
pellegrinaggio all'ex campo di concentramento di
Vasiljevka.
6 · MARZO 1994
Suor .Laura Gaeta e suor
Bernarda Garcia saranno pre-
sto raggiunte da suor Rosanna
Monticone e in tre costituiran-
no la nuova comunità di
Abidjan, in Costa d'Avorio.
Per ora niente casa, solo una
grande voglia di condividere
con i salesiani della pan-oc-
chia san Francesco d'Assisi la
missione tra i poveri. In pro-
getto c'è un centro di alfabe-
tizzazione e di promozione
della donna per migliorare le
condizioni di vita dei giovani
di Koumassi, una delle bidon-
ville di Abidjan. Qui si danno
convegno i disperati, molti
dei quali rifugiati dal Mali,
dal Ghana e dal Burkina Faso.
Koumassi (Abidjan,
Costa d'Avorio).
Suor Bernarda.

1.7 Page 7

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Cagliari. I cooperatori sardi impegnati tra i ragazzi in un
prezioso lavoro di ricupero.
REPUBBLICA CECA
NEZBEDA,
IL MONELLO
Sono cooperatori di Praga i
redattori della nuova rivista
Nezbeda (il Monell o) , un
mensile a colori destinato ai
giovani. Nezbeda fa spazio
all'attualità e alla storia, alle
cronache giovanili e alle
interviste a personaggi noti.
Ma vi sono anche un roman-
zo a puntate, le vite dei santi
e le testimonianze di perso-
ne significative . Una nuova
rivista educativa, dunque,
che intende parlare un lin -
guaggio gradito ai giovani.
Praga (Repubblica
Ceca). La copertina
del nuovo mensile per
i giovani Nezbeda
segreteria, con rappresentanti dicata ai giovani e intitolata al
di Messi na, Catania, Trapani , santo dei giovan i, all a cui
Caltanissetta, Agrigento, Pa- scuola lui stesso si preparò per
lermo e Bari.
le battaglie della vita.
Zafferana Etnea (Catania). Il gruppo dei partecipanti al
secondo incontro genitori-salesiani di Sicilia.
CATANIA
GENITORI
DEI SALESIANI
L' iniziativa di coordinare i
genitori dei salesiani sta pren-
dendo consistenza. Per il se-
condo incontro erano presenti
in 124 quest'anno a Zafferana
Etnea. I genitori , che intendo-
no vivere in una comunione
più stretta con i loro figli sale-
siani, hanno voluto impegnar-
si dandosi uno Statuto, che è
stato approvato in via speri-
mentale. Nello stesso tempo
al salesiano incaricato del
coordinamento si è affiancato
fo rmalmente un consiglio di
PORDENONE
L' AUDITORIUM
DON BOSCO
Lo aveva promesso ed è sta-
to di parola. Luigi Papaiz ha
donato al suo paese, Sesto al
Réghena, in prov incia di Por-
denone, un moderno audi to-
rium e lo ha intitolato a Don
Bosco. Papaiz è venu to appo-
sta dal Brasile per l' inaugura-
zione. Ed è stato presente an-
che don Giovanni Fedrigotti ,
regionale d'Italia, in rappre-
sentanza dei salesiani. «L'au-
ditorium è un gesto di genero-
sità di un emigrante che ha
mantenuto salda la memoria e
l' eredità di affetti verso il pae-
se che lo ha visto crescere» ,
ha detto il sindaco all ' inaugu-
razio ne. Papaiz da parte sua
ha avuto un pensiero com-
mosso per i suoi genitori, dai
quali apprese laboriosità e
onestà. E ha ri badito le fi nalità
educative di una struttura de-
- ~~~Lç~~
--- - ~
Sesto al Réghena
(Pordenone).
Inaugurazione
dell 'auditorium
Don Bosco. Al microfono
Papaiz con la signora.
MARZO 1994-7

1.8 Page 8

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IL SEG ETO
IN CONFESSIO ALE
N IA
A CATECHISMO
«Dopo la "rivelazione"
di don Turturro a Palermo
che cosa resta del segreto
della confessione?»
«Faccio catechismo,
ma i ragazzi non si dimostrano
interessati ... ».
Risponde mons. Diego Bona:
Quanto detto dal parroco di Santa
Lucia in Palermo nell'omelia del gior-
no di Natale circa un giovane che, in
confessione, si è accusato di delitti
mafiosi, ha avuto sorprendente eco
nella pubblica opinione attraverso i
mezzi di informazione. Insieme alla
sorpresa per il fatto in se stesso e più
ancora per il modo piuttosto incon-
sueto usato dal sacerdote, abbiamo
trovato sulla stampa tutta una serie
di commenti , valutazioni , giudizi, opi-
nioni ed interrogativi. Tra questi ulti-
mi una domanda insistente «Ma allo-
ra, del segreto della confessione,
sempre gelosamente custodito nella
Chiesa, che cosa è rimasto? ».
Va innanzitutto chiaramente det-
to che, a rigore di termini , la "rivela-
zione" di don Turturro non tocca il
segreto della confessione, perché ri-
guarda una · colpa grave ed in-
famante, ma non la persona che l'ha
commessa. Ma questo non toglie che
il fatto presenti degli aspetti inquie-
tanti. Lungi da noi valutare le inten-
zioni del sacerdote e tanto meno giu-
dicarle, perché possono essere
dettate da sofferta ricerca di aiutare
quanti stanno nel buio della omertà e
nell'angoscia del rimorso a rompere
queste catene e liberare la loro co-
scienza con il pentimento e la confes-
sione sincera. Anche perché il conte-
sto in cui il fatto è avvenuto e la lunga
appassionata battaglia per la giusti-
zia e la verità condotta dal parroco te-
stimoniano sincerità e coraggio.
Ma l'inquietudine resta, perché
una rivelazione di questo tipo non
esclude il rischio e 1a·possibilità che il
penitente possa essere individuato;
e soprattutto perché tutto questo
crea confusione, incertezza e scon-
certo nella mente della gente, non
molto abituata alle sottigliezze ed al-
le distinzioni.
Il buonsenso delle persone comu-
ni , credenti e non , ha avvertito che si
è intaccato qualcosa di grande e di
sacro, che è in pericolo il rispetto a
una sfera intangibile nella esperien-
8 - MA RZO 1994
za religiosa e umana della persona.
Il sacramento della riconciliazione,
dono del Signore risorto alla sua
Chiesa, da sempre presente, pur in
forme diverse, nella vita della comu-
nità cristiana, ha registrato una
profonda crisi in questi ultimi decen-
ni. Da una prassi molto diffusa, an-
che se non sempre opportunamente
riflessa e illuminata, siamo giunti ad
una difficoltà da parte di tanti creden-
ti verso questo dono che il Signore ci
fa attraverso la Chiesa.
Mi semb ra che lentamente, attra-
verso una catechesi attenta, la
preoccupazione vigile dei Pastori e,
non ultimo, per il rinnovato rito della
penitenza introdotto dalla riforma li-
turgica, stia crescendo la stima del
sacramento ed il ritorno alla sua
pratica.
Ma tutto questo ha bisogno che la
confessione sia circondata da un cli-
ma di grande chiarezza e di profon-
do rispetto. Episodi come questi non
mi sembra possano favorire questo
"ritorno" al sacramento che è benedi-
zione per il singolo credente e per la
comun ità ecclesiale.
o
Catechismo, occasione
di belle amicizie...
Risponde Giuseppe Morante:
È la difficoltà di molti catechisti. Na-
sce da una poco chiara visione meto-
dologica. Mi limito a fare qualche ri-
flessione, a partire da una indicazione
autorevole di Paolo VI : «L'evangeliz-
zazione perde molto della sua forza e
della sua efficacia, se non tiene in
considerazione il popolo concreto al
quale si rivolge, se non utilizza la sua
lingua, i suoi segni e simboli, se non
risponde ai problemi da esso posti , se
non interessa la sua vita reale»
(Evange/ii Nuntiandi, n. 63).
Viene indicata qui una semplice
norma: come si apprende la vita cri-
stiana e conseguentemente come si
insegna a vivere cristianamente. Di-
venta più facile far acquisire un inte-
resse, quando la catechesi si fa ri-
cerca di significato, fatta insieme in
un piccolo gruppo, in cui il catechista
si pone non tanto come maestro che
parla, ma come un adulto nella fede
che vuole guidare ragazzi a fare
esperienze di fede , alla luce delle ve-
rità rivelate .
Potrà sorgere un interesse nei ra-
gazzi se la "verità " è proposta in rap-
porto profondo con la vita dell'uomo.
Se il credente (ragazzo o adulto) non
scorge questa relazione profonda tra
la propria vita (con i suoi problemi) e
l'offerta del dono di Dio, sarà difficile
che ne rimanga coinvolto.
Sembra perciò necessario realiz-
zare una "correlazione" tra la parola
di Dio e la vita dell'uomo; metterle
cioè in "sintonia". Parola e vita devo- ·
no essere poste sulla stessa lun-
ghezza d'onda.
Questo paragone tecnico ci richia-
ma anche il problema del linguaggio
che spesso non usa lei stesso codice,
e perciò parola e vita non entrano in
sintonia. Pensate: i ragazzi di oggi
sono immersi in una cultura che co-
munica prevalentemente attraverso
"l'immagine", e noi vogliamo comun i-
care un messaggio di salvezza solo
attraverso "l'immagine" del nostro
volto che trasmette solo parole.. .
Non è poco?
O

1.9 Page 9

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di Giorgio Torrisi
L'ORATORIO
DELLA DOMENICA
, , Attualità
dell'oratorio.
A volte è l'unico
punto di
riferimento
di un quartiere.
Il parere
del sociologo
Garelli , ,
Sul tema «L' oratorio dei giovani» si è te-
nuto qualohe mese fa un convegno naziona-
le a Ciampino. Responsabili, animatori e
giovani degli oratori salesiani d'Italia si so-
no ritrovati per qualificare pastoralmente
l'oratorio e per costruire un'intesa più calda
con la pastorale diocesana.
L'attualità dell'oratorio è indiscutibile.
Soprattutto nelle grandi città, sempre più
problematiche per le aggregazioni giovanili,
l'oratorio è quasi sempre l'unico punto di ri-
ferimento di un quartiere, anche quando le
strutture appaiono inadeguate e povere.
Nel corso del ' 93 l' istituto di indagini
psico-sociali Teseo ha condotto una ricerca-
su 169 dei 181 oratori milanesi per ricavar-
ne l'identikit. L' oratorio, ignorato spesso
dalle autorità pubbli-
che, si presenta come
una realtà autogestita e
autofinanziata ed è al
centro di mille mi-
cro-iniziative. Ma ha
ugualmente urgente il
bisogno di chiarirsi
l'identità pastorale. «I
fondamenti educativi e
culturali dell'oratorio
vanno ricorrentemente
ripensati e approfondi-
ti, accogliendo le sfide
nuove emergenti dalla
condizione giovanile e
dal cambio culturale»,
ha scritto don Giovan Battista Bosco, diret-
tore del Centro Salesiano di Pastorale Gio-
vanile, in occasione dei 150 anni della fon-
dazione del primo oratorio di Don Bosco.
FESTIVO E QUOTIDIANO. Nell'otto-
bre scorso oltre cinquecento educatori, laici,
sacerdoti e religiosi, hanno partecipato a un
convegno milanese per rilanciare l'oratorio
anche nei giorni di festa. «Di domenica sem-
bra prevalere la voglia di evasione, di verde,
di fuga», ha detto il sociologo Franco Garel-
li in un'intervista condotta da Umberto Po-
lena. «L' orato1io ha quindi delle chance so-
lo se è un punto di riferimento durante tutta
la settimana, se il senso di appartenenza ora-
toriana è forte, se la gestione della domenica
è flessibile. Se questo accade, l' oratorio può
riuscire nell'impresa di npnstmare tutte
quelle relazioni personali e sociali che la
città ha pian piano annullato».
GRADUALITÀ. Al sociologo, che guar-
da con simpatia all ' oratorio, è stato chiesto
se deve prevalere nell'oratorio il momento
catechistico e la preghiera o se deve presen-
tarsi prima di tutto come un luogo di incon-
tro. Ha risposto Garelli : «La domanda
religiosa spesso c' è, ma non emerge imme-
diatamente. Allora deve instaurarsi un pre-
vio rapporto di fiducia. Ad esempio creando
un ambiente interessante e non oppressivo.
D'altronde ogni processo educativo esige
gradualità. Un po' per volta, l' oratorio può
diventare, da luogo semi-anonimo, a luo-
go dove si costrui-
scono relazioni più
impegnative».
ANIMATORI. «Nel-
1'oratorio c' è il gruppo
dei più impegnati e
quello di chi non ha an-
cora un solido cammi-
no di fede alle spalle»,
ha detto ancora Garelli.
«I più maturi vanno in-
vitati ad assumersi
magg1011 responsabi-
lità. Gli animatori ma-
turi mancano? Spesso
accade perché preti e
suore chiedono ai più impegnati soltanto di
dare. Li tiducono a una s01ta di "clero di ri-
serva", di manovalanza di qualità. In realtà la
domanda di formazione è molto forte. Ma
spesso i preti non sanno rispondere».
AMICIZIA. Dunque oratorio per incontri
di catechesi e per i giorni di festa o un ora-
torio più quotidiano ? E quali "piatti nuovi"
prevedere?
·
«Il piatto vero è l' animazione», conclude
Garelli. ·«una catechesi che non sia tradotta
e vissuta e delle feste isolate servono a ben
poco. Catechesi e feste devono essere
espressione di qualcosa che c' è già: di una
comunità in cui le relazioni siano vive . Que-
sto è possibile solo con animatori motivati e
competenti».
MARZO 1994 9

1.10 Page 10

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Dopo Denver, la IX Giornata mondiale della Gioventù a
Parte da San Pietro l'appuntamento per Manila '95. (Foto Scalabri no, nel riquadro e a destra Foto Marzi) .
AROMA
ASPETTANDO MANILA.
di Silvano Stracca
Il 27 marzo migliaia
di giovani si ritroveranno
per il tradizionale
incontro pasquale .
con Giovanni Paolo II.
10 -MARZO 1994
F ra le moltissime lettere 1icevute
dal Papa dopo Denver '93, c'era
anche quella di una giovane donna
americana che stava per iniziare i
suoi studi universitari e che scrive-
va: «Eravamo addormentati nelle
braccia di Cristo: è stata la Giorna-
ta mondiale della Gioventù a sve-
gliarci dai nostri incubi di auto-
giustificazione e solitudine, per
guardare negli occhi di quel Dio-
Uomo, che è la nostra via, la nostra
verità e la nostra vita».
Queste parole, Giovanni Paolo II
le ha spesso ripetute nei mesi scorsi
a molti vescovi in visita a Roma.
«Noi Pastori - ha detto il Papa -
vi dobbiamo leggere una costante
sfida ad accompagnare i giovani nel
loro pellegrinaggio di fede... Asco[-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Roma. Ma si programma già l'appuntamento di Manila 1995.
BS
tare i giovani, insegnare loro, inco-
raggiarli richiede tempo e attenzio-
ne. L 'apostolato dei giovani deve
costituire una priorità della Chiesa
alle soglie del terzo millennio».
Denver, la "grande sorpresa"
Alla vigilia della IX Giornata
mondiale della Gioventù, che si ce-
lebrerà in tutte le diocesi la Domeni-
ca delle Palme, e a metà del cammi-
no verso il grande raduno di Manila
nel gennaio del 1995, val la pena di
rievocare ancora lo straordinario av-
venimento di Denver. La "grande
sorpresa" - come l'ha definita il
Papa-delle centinaia di migliaia di
giovani riuniti, ai piedi delle Monta-
gne Rocciose, per professa.re la loro
fede in Cristo, per sperimentare la
comunione con la Chiesa e per im-
pegnarsi nell'urgente compito della
nuova evangelizzazione.
Nel cuore degli Stati Uniti, quei
giovani hanno raccontato a.I mondo
la loro storia di sofferenza per il
Vangelo, di ostacoli apparentemente
insormontabili superati con l'aiuto
di Dio e della loro angoscia di fronte
a una società tormentata dalla dispe-
razione, dal cinismo, dai conflitti.
«Ho lasciato Denver - ha racconta-
to commosso Giovanni Paolo II -
lodando Dio che rivela ai giovani
i segreti del suo Regno. Tutti noi,
vescovi della Chiesa, dovremmo
rifl.ettere nuovamente sul nostro
ministero per i giovani e sulla
responsabilità di presentare loro la
verità piena di Cristo e della sua
Chiesa».
Una vittoria della vita
Negli oltre duecento giorni Òrma.i
trascorsi da Denver, Giovanni Paolo
II è tornato spesso ad invitare i gio-
vani a fa.re progetti di vita ba.sa.ti su
Cristo e a raccogliere la sfida evan-
gelica di una testimonianza persona-
le e comunitaria, da cui dipende il
futuro dell 'uma.nità. Quella stessa
testimonianza che oltre mezzo mi-
lione di ragazzi e ragazze, giunti da
105 Paesi dei cinque continenti per
celebrare con il Papa la festa della
vita, hanno portato per le strade e le
piazze di una metropoli del Paese
tecnologicamente più avanzato. Gri-
dando il loro "sì" alla vita e alla pace
contro le minacce di morte che insi-
dia.no il nostro tempo.
«Siamo venuti a Denver per ap-
profondire la nostra comprensione di
cosa significa essere nati "a nuova
vita in Cristo"», si legge nel messag-
gio che i 250 partecipanti al Forum
internazionale della Gioventù hanno
indirizzato ai loro coetanei di tutta la
terra. «Desideriamo parlare ai gio-
vani del mondo di possibilità, spe-
ranza, amore. Molti cli noi hanno
portato a Denver non solo la loro
gioventù e la loro fede, ma anche il
dolore della guerra, della mancanza
di unità, la divisione del razzismo,
l'indifferenza del materialismo e le
difficoltà della povertà. Potremmo
non far niente o possiamo far sentire
la nostra voce, rimboccarci le mani-
che e lavorare per cambiare le cose».
«L 'appuntamento di Denver - ha
sottolineato il Papa parlando agli
universitari romani - è stata una
grande affermazione della vita.
Quei giovani portavano quella gioia
forti del che è Cristo, e con questa
forza potevano anche dire no con
determinazione e coraggio a questa
civiltà moderna che spesso, non
sempre e dappertutto, è civiltà
dell'edonismo, dell'ipocrisia e della
violenza, potevano dire no alla "ci-
viltà della morte" e lo facevano con
grande forza, ma senza violenza».
Ecco la grande sorpresa di Den-
ver: una gioventù in grado di stupire
il mondo per la ricchezza dei suoi
valori, per il coraggio di vivere, per
la sua testimonianza di solidarietà e
di pace. E di qui la grande sorpresa
che ha imbarazzato quei mezzi di
informazione che avevano previsto
a Denver una grande contestazione
del Papa e della Chiesa e, invece, si
sono trovati di fronte ad una grande
affermazione. Non del Papa o della
Chiesa, ma prima di tutto di Cristo.
E, poi, anche di amore al Papa e alla
Chiesa, nonostante le umane debo-
lezze di molti suoi membri.
MARZO 1994 -11

2.2 Page 12

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Fatti &
Persone
ROMA. Sono 1014 i Centri cooperatori
nel mondo e 24.372 il numero dagli as-
sociati. È questo il dato più recente e
quasi definitivo dell ' ultimo censimento
promosso dall'associazione. I coopera-
tori sono così distribuiti nelle varie re-
gioni del mondo:
Africa:
America Atlantica:
Asia:
Europa Centrale:
Italia, Svizzera,
cooperatori
177
2.158
1.776
2.396
centri
21
148
95
109
Medio Oriente:
11.764 278
Regioni di lingua
inglese:
Regione
1.553 73
Pacifico-Cari be:
2.508 185
Spagna, Portogallo: 2.060 105
TORINO. Al primo Salone del libro e
della comunicazione religiosa di Milano
verranno resi noti e analizzati i risultati
dell 'i nchiesta condotta dal Premio Grin-
zane Cavour dal titolo «Chi legge
Dio?». Il questionaiio è stato distribuito
a molte scuole d' ltaqa e pubblicato ogni
sabato dal 27 novembre al 20 gennaio
sulle pagine dell 'inserto culturale del
quotidiano Avvenire. L' iniziativa si è
posta come momento di riflessione sulla
sensibilità religiosa degli italiani e di
analisi dell'educazione che soprattutto i
giovani ricevono nelle famiglie, nelle
scuole, nelle parrocchie. ·
ROMA. Un amico ricorda di don Di
Meo «gli occhi luminosi, intensi, in-
stancabili , sempre capaci di guardare
lontano». Altri ne hanno sottolineato «il
carattere tenace, grintoso, appassiona-
to». Don Vincenzo Di Meo, 67 anni, è
morto al Policlinico Gemelli 1'8 novem-
bre scorso. Era segretai-io CISM (Con-
ferenza italiana superiori maggiori) dal
1987 e membro della Unione Europea
dei Superiori Maggiori. Aveva avuto il
tempo di preparai·e e vivere il Convegno
di Collevalenza della CEI sulla vita reli-
giosa e lo aveva accompagnato con la
sua sofferenza. «Ha servito la Congre-
gazione e la Chiesa con entusiasmo,
senso di responsabilità e con una note-
vole capatità di relazione», ha detto don
Giovanni Fedrigotti.
12 - MARZO 1994
Immediata l'intesa del Papa con ogni giovane...
Vigilia di Manila
Come non riconoscere dunque, si
è chiesto il Papa ripensando a Den-
ver, che «attraverso il mondo avan-
za il vento misterioso che ha comin-
ciato a .soffiare nel cenacolo di
Gerusalemme e prima ancora a Be-
tlemme? Nel mondo è presente la
civiltà dell'amore, la quale non si
lascia dominare da nessuna "anti-
civiltà"? I giovani avanzano allora
verso ilfuturo con la forza della loro
fresca energia e lo sguardo fisso su
Cristo. I loro volti sono "raggian-
ti", i loro volti "non sono confusi" e
la vergogna di "essere uomo", in-
stillata dai "maestri del sospetto"
della nostra epoca, cede il campo
alla luce che è Cristo».
La giornata mondiale della Gio-
ventù '94 riprende il cammino dalle
certezze emerse a Denver. La capa-
cità e il desiderio di preghiera dei
giovani. La loro vitalità spirituale.
L'esigenza di presentar loro un Van-
gelo "non diluito", "mascherato",
"passivo". La necessità di formare la
loro coscienza morale, che dev'es-
sere fondata essenzialmente sulla
personale sequela di Cristo. La sen-
sibilità dei giovani all'imperativo di
unità tra fede professata e fede vis-
suta. Lo slancio missionario che li
deve animare nei confronti dei loro
coetanei, «compresi coloro che sono
estranei alla Chiesa o che non hanno
ancora udito la buona novella». .
La IX Giornata è quasi una sosta
tra l'appuntamento dell'agosto scor-
so a Denver e la tappa dell'inizio del
prossimo anno a Manila. Le Filippi-
ne sono l'unico Paese cristiano del
grande continente asiatico. Perciò il
Papa ha scelto per la Giornata della
Gioventù di quest'anno, e anche per
quella del 1995, un unico tema. Un
tema dalla forte dimensione missio-
naria: «Come il Padre ha mandato
me, anch'io mando voi». Giovanni
Paolo Il chiama ancora una volta i
giovani a divenire protagonisti della
nuova evangelizzazione in un'epoca
storica nella quale, da una parte, è
facile «smarrire la strada che porta
all'incontro con C1isto» e, dall'altra,
la stragrande maggioranza degli uo-
mini ancora non conoscono Cristo.
Ai giovani, scrive così il Papa nel
suo messaggio per le Giornate del
1994 e del 1995 : «La Chiesa vi affi-
da il compito di gridare al mondo la
gioia che scaturisce dall'aver in-
contrato Cristo. Cari amici, lascia-
tevi sedurre da Cristo, accogliete il
suo invito e seguitelo. Andate apre-
dicare la buona novella che redime;
fatelo con la felicità nel cuore e di-
ventate comunicatori di speranza in
un mondo non di rado tentato dalla
disperazione; comunicatori di fede ·
in una società che sembra talora
rassegnarsi all'incredulità; comuni-
catori di amore fra avvenimenti
quotidiani spesso scanditi dalla lo-
gica del più sfrenato egoismo».
Silvano Stracca

2.3 Page 13

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di Bruno Ferrero
EDUCARE
L'INTELLIGENZA
Intelligenti si diventa.
Il trinomio programmatico della pe-
dagogia di Don Bosco comprendeva
«l'allegria, lo studio e la pietà». La
casa salesiana classica è perciò ba-
sata su un "trinomio" di strutture: cor-
tile, scuola e chiesa. La .scuola per
Don Bosco, era un elemento cardine
nella costruzione della personalità
dei giovani. Lo sentiva così acuta-
mente che, fin dai tempi del convitto
ecclesiastico, quindi giovanissimo,
organizzò le scuole "domenicali e fe-
stive". Successivamente, nel no-
vembre del 1845, affittò tre cameret-
te per le prime scuole "serali"
torinesi.
Soprattutto, Don Bosco intuì che la
"formazione della mente" è vitale per
tutti i ragazzi e che tutti possono riu-
scire se vengono inseriti in un am-
biente che li "stimola" ad imparare.
Secondo una stupida opinione co-
mune l' intelligenza viene distribuita
da una specie di roulette genetica.
Qualcuno nasce intelligente, qualcu-
no zuccone, qualcun altro così così.
Oggi, psicologi ed esperti di tutto il
mondo sono convinti che l'intelligen-
za si impara. Tutti gli esperimenti
provano ciò che i genitori e gli inse-
gnanti più attenti avevano già intuito:
le vecchie idee sull'intelligenza pre-
fissata e sulla predestinazione al fal-
limento scolastico sono disastrosa-
mente false.
I genitori, proprio loro, possono in-
segnare ai loro figli ad essere intel-
ligenti. Se decidono di incanalare le
loro ·attenzioni e il loro amore in mo-
do tale da aiutare i figli a sviluppare
l'enorme potenziale mentale che
possiedono. L'intelligenza è come
un seme: contiene tutti gli elementi
di cui ha bisogno per una crescita ri-
gogliosa e richiede solo un terreno
ricco e le condizioni adatte per pro-
sperare. Ogni bambino è una pro-
messa di "genio", ma spesso nei
suoi primi 12 anni di vita (importan-
tissimi per il suo sviluppo mentale)
accadono cose che disturbano o
impediscono il normale crescere
della sua intelligenza.
Conosciamo tutti dei bambini che
sembravano molto intelligenti prima
di iniziare la scuola e che si trasfor-
mano in scolari svogliati, demotivati,
scadenti. Esistono bambini che odia-
no l'aritmetica prima di conoscerla,
altri che si arrendono subito alla diffi-
coltà dell'italiano o di una lingua stra-
niera, altri che passano invece da un
successo all'altro come se niente
fosse. Che cos'è che fa la differen-
za? Di solito quello che i genitori de-
cidono o no di fare per insegnare l'in-
telligenza ai figli. Ecco alcune delle
più semplici strategie.
o L'intelligenza è un risultato del
pensare. Non è vero che il pensare
è un risultato dell'intelligenza. Il cer-
vello cresce con l'uso, affermano gli
esperti. I bambini sono intelligenti in
modo direttamente proporzionale
alle opportunità che vengono loro
offerte. Bambini e ragazzi "d'appar-
tamento" passano gran parte delle
loro giornate immersi in una torpida
passività. La loro intelligenza (e
quindi la loro personalità) risulterà
penosamente schiacciata. Insegna-
re a pensare, significa dialogare,
imparare a giudicare un programma
tv, discutere un libro, un articolo, un
avvenimento .
o L'intelligenza è la capacità di ve-
dere e risolvere i problemi. I bambi-
ni debbono essere aiutati a confron-
tarsi con difficoltà e problemi ed im-
parare a formulare ipotesi e trovare
soluzioni. I bambini lasciati soli ten-
dono ad operare alla cieca e se mai
giungono alla soluzione esatta, av-
viene spesso per puro caso.
o L'intelligenza dipende dall'atteg-
giamento che genitori e figli hanno
verso tutto ciò che è vita culturale e
impegno scolastico e dall'immagine
di sé che hanno i figli. I genitori con-
vinti di avere dei figli intelligenti si
comporteranno in modo tale che
quei figli diventeranno intelligenti. Da
una buona immagine di sé dipende
anche la motivazione, cioè l'energia
che un bambino investe in un'attività
e per quanto tempo il bambino conti-
nuerà a perseverare anche di fronte
a regressioni e frustrazioni. Molti
guai scolastici nascono da scarsa
motivazione .
o I bambini devono avere, rispetto
ai vari soggetti di apprendimento,
una immagine positiva e non nega-
tiva. I genito_ri devono fare in modo
che il primo argomento avvenga in
un clima di divertimento e di piace-
re . Non si impara "per dovere", ma
"per piacere". La mamma che affer-
ma: «Oh , anche a me non è mai pia-
ciuta la matematica» con molta pro-
babilità segna il destino scientifico
dei.suoi figli.
o E necessario alimentare la vita
immaginativa ·dei figli. La fantasia è
la "madre" della creatività ed è uno
degli elementi più importanti oggi. Si
può nutrire l'immaginazione non solo
con libri di fantasia, ma anche at-
traverso attività non verbali come
musica, arte e passeggiate. I genito-
ri devono raccontare storie e inco-
raggiare i figli a raccontarne . Devono
leggere peri figli e con i"figli e maga-
ri vedere con loro qualche bel film. E
soprattutto conversare con loro. O
MARZO 1994 - 13

2.4 Page 14

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L'ossessione quotidiana e accattivante degli spot pubblicitari. C~me imparare
·1L CAROSELLO DELLA
Da spettatori passivi
a consumatori intelligenti
nei confronti
dei martellanti
consigli per gli acquisti.
I bambini e la donna
tra i più gettonati
negli spot pubblicitari.
Siamo vittime o soltanto fruitori
più o meno passi vi di spot, mes-
saggi fotografici , telepromozioni?
Forse siamo l' una e l' altra cosa in-
sieme. Vittime, quando davanti al te-
leschenno - sul più bello di una tra-
smissione - dobbiamo sorbirci i
"consigli per gli acquisti" o gli spot
martellanti con la loro ripetitività in-
quietante. Fruitori, quando sceglia-
mo di seguire o partecipare a pro-
grammi di giochi e giochini più o
meno demenziali, che elargiscono
milioni pur di telepromuovere un
prodotto. Fruitori passivi del mes-
saggio pubblicitario fatto
passare, senza parere o - ~-...
con toni enfatici, dal con-
duttore di turno, accatti-
vante servitore di chi paga.
Dietro le telepromozioni ci sono
miliardi a fiumi , aziende, pubblicita-
ri, lobbies e anche connessioni poli-
tiche. Per pot_erle fare come vuole
lui, Berlusconi ha fatto una guerra
che ha visto schierati in campo gli
editori di giornali (che vedevano ca-
lare i profitti ricavati dalla pubblicità
sulle loro pagine) contro la Finin-
vest. Neanche la normativa CEE ti-
rata in ballo ha convinto i conten-
denti. Meglio alzare la voce e
martellare la gente, come ha fatto
Canale 5, con lo slogan
"Vietato vietare", a sostegno
delle telepromozioni di cui sopra.
Fra tante voci, a cui si sono ag-
giunte quelle autorevoli dei compo-
nenti la Commissione cultura della
est immDeienuse.
14 · MARZO 1994
Alcuni anni fa in Francia è stata fatta la pubblicità anche a Dio.

2.5 Page 15

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a decodificare messaggi per se stessi e per giovanissimi.
BS
PUBBLICITA'
di Giuseppina Cudemo
Camera, è mancata la più importan-
te, cioè quella del telespettatore, che
non ha diritto di pronunciarsi, ma
deve accettare di subire un quotidia-
no lavaggio del cervello.
Pubblicità deteriore
La pubblicità, allora, è tutta da but-
tare? Distinguiamo. In teoria essa
serve a presentare un prodotto, a illu-
strarne le funzioni e l' utilità ed a pro-
pm11e l' acquisto. E fin qui nulla da di-
re. E giusto che un prodotto nuovo e
valido debba usufruire di tutta quella
pròpaganda che ne promuova la dif-
fusione. Il discorso si sfascia suile
modalità con cui viene presentato.
Quando per convincere la gente a
comprare i maglioni, Oliviero Tosca-
ni, tanto per fare un nome, fotografa
l'agonia di un malato di aids o un de-
litto di mafia o il bacio fra un falso
prete e una falsa suora, mi pare che
sconfiniamo nel deteriore. La violen-
za d'urto viene usata per fare colpo,
così che il nome rimanga bene
in testa. Se poi c' è una co-
da di polemiche su quelle
foto , meglio. Si ripeterà a
non finire quel nome e
l' obiettivo sarà raggiunto.
Dove sta l'inganno
Altrettanto deteriore è
l' uso che si fa dell'immagine fem-
minile, più o meno vestita e collega-
ta con prodotti che le sono de l tutto
estranei: carburanti, birra, alcolici,
caramelle, ecc. È un gioco sottile:
sollecitare l'immaginario erotico del
consumatore, perché associ quel
prodotto a immagini intriganti e Io
acquisti. La pubblicità usa le armi
della seduzione, fa leva sulle aspira-
zioni e le abitud ini più diffuse, mol-
to spesso ne crea di nuove, promette
ciò che tutti vorrebbero avere: sue-
cesso, prestigio, felicità. Risponde
alle segrete aspirazioni di ognuno:
essere diversi, migliori, essere altro-
ve. Conosciamo l' inganno sottile:
tutto è bello, felice e senza problemi.
Famiglie giovani, gente realizzata.
Abita in case di campagna splendi-
damente ristrutturate, con il fascino
del tempo, o ville ultran1oderne ada-
giate come gioielli sul verde di un
prato all' inglese.
·Dove sta l'inganno? Nel fatto che
questo mondo ha poco o niente da
spartire con la realtà quotidiana. AI
massimo possiamo realizzare i no-
stri sogni comprando "quei" biscotti
o "quelle" merendine.
Proibito sognare, allora? No, cer-
to, purché siamo consapevoli del
gioco. I bambini ed i ragazzi, però,
consapevoli non sono. Quando un
loro big reclamizza una marca di
jeans o una bibita, loro le acquistano
perché il processo di identificazione
a quell'età è fortissimo. Indossare o
consumare ciò che viene presentato
come il meglio, dà sicurezza, soprat-
tutto se si riesce a usare come testi-
monial uno come Sting o Eros Ra-
mazzotti. Ricordate le timberland?
Autentiche o imitate avevano invaso
il mercato. Non averle era quasi in-
concepibile. Poi sono venuti i giub-
bini di pelle a "chiodo" e gli orologi
swatch, gli zaini "invincibili" ed i
marsupi di tutte le misure, i quader-
11.i, i diari firmati e le "coserie" più
strane. n tutto molto costoso, spesso
inutile ma irrinunciabile.
Parlatene
Come muoversi in questajungla?
Credo che l'unica arma per difen-
dersi dal suo assalto è guardare la
MARZO 1994 -1 5

2.6 Page 16

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AN IHU!.,\\ G,\\Sl 'A KI N(.)
I Q,r.,o i111rrxluttfro ulla 11rq:lùcm
ANDREA GASPARINO
N
Corso introduttivo alla preghiera
Pagg. 264, lire 10.000
Il libro costituisce una sintesi
degli insegnamenti di padre
Gasparino sulla preghiera. Propone
ai giovani «il mese della preghiera»
per gettare le basi della spiritualità.
UI I ~ h
•li:: I I I
Pagg. 200, lire 15.000
Giulio Rocca, nato in provincia di
Sondrio nel 1962, volontario
dell'Operazione Mato Grosso in
Perù, fu assassinato dai terroristi
rivoluzionari. In queste pagine gli
amici ne ricordano la figura giovani-
le, pronta allo scherzo, ma seria-
mente impegnata nell'aiutare i
poveri. Libro che documenta anche
il travaglio interiore, alla ricerca
della sua vera vocazione.
LUCIANO CIAN
J
LI
YILE E
IL F MMI IL
.UOLA
Pagg . 256, lire 18.000
Informazione sessuale ed edu-
cazione all'amore nella scuola, in
famiglia e nei gruppi: riflessioni,
progetti, esperienze.
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
1Ò096 LEUMANN - TO
Tel. 011/95.91 .091
c/c Postale 8128
16 · MARZO 1994
Dio crede in me: il messaggio religioso che è piaciuto di più ai francesi.
Gavino Sanna,
uno dei "maghi" della pubblicità.
pubblicità con un occhio solo e poi
fare di testa nostra, scartando i pro-
dotti che scelgono immagini e spot
deteriori o diseducativi. Con i ra-
gazzi e i bambini è più difficile,
perché tendono a imitare i compa-
gni che, con il loro atteggiamento,
li spingono a scegliere quell 'artico-
lo altrimenti «non sei come loro».
Anche in questo caso però, parlia-
mo con i nostri figli. Leggiamo con
loro questo articolo, discutiamo
sul problema, tendiamo a fare di
loro delle persone che agiscono con
consapevolezza, facciamo loro ca-
pire l'enorme differenza che passa
tra l'avere e l'essere. Non è tanto
negando di acquistare questo o
quel prodotto di moda che esple-
tiamo il nostro compito educativo,
ma soprattutto allargando il discor-
so ai valori dell'esistenza, al pro-
blema del superfluo che a noi non
manca, mentre manca il necessa-
rio a tanta gente, alla necessità di
un atteggiamento solidale e di con-
di visione.
Insomma, dobbiamo partire pre-
sto, quando i nostri figli sono picco-
li per poterli poi coinvolgere in giu-
dizi di valore, a tutto beneficio della
loro maturazione. Da parte nostra
poi - è necessario dirlo?..,....... ci vuo-
le coerenza con quello che diciamo e
crediamo giusto. Ed è un compito
difficile, certo, come ogni impresa
importante.
Giuseppina Coderno

2.7 Page 17

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di Pietro Moschetto
I NUOVI MOVIMENTI
RELIGIOSI
, , In America
Latina sta
diventando
drammatico il
grande numero di
adesioni ai nuovi
movimenti
religiosi. E non si
tratta di un
fenomeno
passeggero , ,
L a Chiesa cattolica latinoamericana sta del cuore". E siamo arrivati al punto che, in
accompagnando con sincera dedizione casi frequenti (almeno qui, dove io vivo, a
l'esistenza quotidiana della gente e per que- Esmeraldas, in Ecuador), quando si consta-
sto vive acutamente alcuni problemi che si ta che un uomo non beve non fuma e non è
presentano così "totalizzanti" che sembrano "mujeriego", la gente pènsa che è un evan-
togliere il respiro.
gelico o almeno che non è cattolico. Non è
La povertà dominante è il primo di questi consolante, certo, constatare questo fatto;
problemi. Ed è difficile uscirne. L'America ma, d'altra parte, non è possibile chiudere
Latina cammina, ma lo fa zoppicando: qui il gli occhi illudendoci che si tratta·d'un feno-
progresso va a piedi.
meno passeggero, super-
Un secondo problema è
ficiale e senza radici. Per
la violenza spicciola, or-
quanto, come cristiano,
ganizzata e istituzionale,
dovrei rallegrarmi che
dai mille volti, frutto del
una persona dedita al vi-
miraggio di una ricchezza
zio abbandoni il facile
rapida e facile che per-
cammino del male, si de-
metta di raggiungere subi-
dichi al Signore, legga la
to i li velli della società
Bibbia e preghi perché
opulenta.
«Gesù lo ha guarito» .
L'assalto e la penetra-
Non è questa la "meta-
zione di differenti movi-
noia" del Vangelo?
menti religiosi è però il
problema più drammati-
CIFRE ALLARMANTI.
co. L'invasione delle "set-
Ii "Seminario Internazio-
te" ha già spezzato defini-
nale" che s'è tenuto nel
tivamente l'unità reli-
1993 a Quito, e il cui tema
giosa del popolo.
era Nuo vi movimenti reli-
Questi problemi rendo-
giosi in America Latina,
no la vita della Chiesa
davvero difficile, mal' in-
Ecuador. La Madonna di Cacha. ha evidenziato il fatto con
cifre significative, ed an-
vasione delle "sette" preoccupa maggior- che allarmanti, che testimoniano la realtà
mente, perché la colpisce frontalmente, nel- delle "diserzioni" cattoliche non più come
la sua radice e nella sua ragion d'essere.
l' espressione di fatti sporadici, ma come una
frana pericolosa, se è vero che 600 mila cat-
ABBANDONI E "CONVERSIONI". tolici latinoamericani abbandonano la Chie-
Non passa giorno senza che qualche cattoli- sa cattolica ogni anno per abbracciare un 'al-
co, che frequentava assid uamente, o almeno tra fede. Qui il processo di secolarizzazione
saltuariamente, le nostre comunità parroc- non c' entra. Nel 1900i protestanti e i membri
chiali o "barriali" o dei villaggi, abbandoni delle sette erano circa 50 mila in questo sub-
d'improvviso per aderire, spesso con vero continente; nel 1967 erano già quattro milio-
entusiasmo, a una chiesa evangelica o, più ni e raggiungevano i 30 milioni nel 1985.
ancora, a qualche setta o gruppo e movi- Con questo ritmo d'incremento, nell'an-
mento religioso. Ma c' è di più. Adulti e gio- no Duemila saranno 120 milioni i non cat-
vani, prima del tutto indifferenti e dediti al tolici appartenenti a nuovi movimenti reli-
vizio (alcool e sesso soprattutto), quando in- giosi o a sette. Faccio notare, "en passant",
cominciano a frequentare i nuovi gruppi, che questo "esodo" tocca, sebbene in for-
spesso abbandonano anche il vizio. Forse ma molto più ridotta, anche le chiese evan-
non è tutto oro quello che luccica, ma in geliche ufficiali figlie dell a grande Rifor-
molti casi si tratta d'una vera "conversione ma del secolo XVI.
MARZO 1994 -1 7

2.8 Page 18

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La città dei ragazzi fondata a Sydney dall'irlandese -padre Thomas Dunlea
LA BOYS' TOWN
DIENGADINE
di Frank Bertagnolli
Dal 1952 la presenza
dei salesiani a Engadine
è legata alla Boys' Town.
Per il ricupero sociale
dei giovani australiani.
I famosi attori Spencer Tracy e
Mickey Rooney fecero un film in-
sieme sulla Città dei Ragazzi. II film
raccontava la storia dell' opera di Pa-
dre Flanagan nel Nebraska, Stati
Uniti. La pellicola arrivò nelle sale
di Sydney all' inizio del 1939. Nello
stesso anno, un altro prete irlandese,
parroco nel sobborgo di Sutherland
a sud di Sydney, fondò una Boys'
Town per ragazzi senza casa e in dif-
ficoltà con la famiglia o con la poli-
zia. Padre Thomas Dunlea era uno di
quei preti con il cuore in mano e con
un senso di solidarietà umana senza
limiti. Una madre morente gli affidò
il figlio di dieci anrii e dopo qualche
mese la canonica ern diventata la ca-
sa dei ragazzi.
Manifestazione
nel parco nazionale
Nell' agosto del 1939, mentre in
Europa si respirava aria di guerra e
in varie zone dell ' Australia si senti-
vano ancora gli effetti della grande
depressione, padre Dunlea diede ini-
zio alla Città dei Ragazzi, prima nel-
la sua canonica, poi in una casa pre-
sa in affitto a poca distanza. Nei
primi mesi del 1940 una trentina di
18 - MARZO 1994
ragazzi, alcuni cani, un paio di peco-
re, un cavallo e due maiali, condivi-
devano la casa e l'orto di una picco-
la proprietà a Sutherland. I vicini
incominciarono a lamentarsi. Inter-
venne il consiglio comunale, e nel
luglio del 1940 padre Dunlea fuco-
stretto a lasciare Sutherland. Si pre-
se i ragazzi e le sue bestie e marciò
con cartelli e manifesti ("We are Au-
stralian Refugees") lungo la strada
principale e si accampò nel parco
nazionale. La cosa fece scalpore. Al-
cune settimane dopo gli fu offerto un
terreno a Engadine, e qui la Boys'
Town trovò la sua dimora stabile.
Padre Dunlea aveva una grande
ammirazione per Don Bosco, santo
dei giovani. Per i p1imi dodici anni,
maQdò avanti l'opera con l'aiuto dei
Fratelli delle scuole cristiane, ma nel
1952 l'arcivescovo di Sydney invitò
i salesiani ad assumersi la direzione
della Boys' Town. Padre Dunlea si
era ammalato, e la zona, in via di svi-
luppo, aveva bisogno di un gruppo
di preti che si curasse della parroc-
chia. La direzione fu affidata a padre
Ciantar, un sacerdote dello stesso
stampo di padre Dunlea, ma forse
più accorto nell' amministrazione.
Padre Ciantar intraprese un vasto
programma di rinnovamento e di ri-
costruzione della Boys' Town. Prati-
camente tutti i fabbricati che sono in
servizio oggi furono costruiti da lui.
In quegli anni c ' erano centocin-
quanta ragazzi interni, mentre la
scuola secondaria era aperta -anche
ai ragazzi della zona come studenti
esterni. ·oggi sono rimaste le stesse
strutture, ma i programmi e i metodi
sono cambiati radicalmente. I tempi
dei servizi sociali di massa e dei me-
todi istituzionali sono finiti.
Per il passato se un ragazzo aveva
delle difficoltà sociali e scolastiche,
o se proveniva da una famiglia divi -
sa, o se era stato nel tribunale dei mi-
norenni veniva mandato in un colle-
gio per essere "riformato". E
rimaneva per vari anni, "segregato"

2.9 Page 19

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continua oggi dopo oltre 50 anni a ospitare i giovani ·in difficoltà.
BS
tribunale per piccoli furti, o per atti di
violenza. Boys' Town esiste per que-
sti ragazzi. Ogni anno riceve qualche
centinaio di 1ichieste dì aiuto. Gli
operatoti sociali intervengono per ti-
solvere il problema di ogni ragazzo:
spesso una visita alla famiglia, o un
incontro con il direttore o il maestro
della scuola, o una discussione sulle
cause del problema, producono il de-
siderato effetto di un cambio di atteg-
giamento. Nei casi in cui non c'è al-
tro rimedio, il ragazzo viene ospitato
alla Boys' Town. Nel giro di un anno
circa settanta ragazzi sono alloggiati
qui in gruppi di stile familiare. Nello
stesso tempo si cerca di coinvolgere
la famiglia per formulare un pro-
gramma di ticupero sociale.
Città senza barriere
Il fondatore della Boys' Town non
ha mai sopportato discriminazioni di
qualsiasi tipo. Così anche oggi que-
st'opera è basata su principi di aper-
tura e di assistenza a tutti i giovani di
qualunque religione o razza. Anche
se alla direzione della Boys' Town ci
sono dei preti cattolici, circa metà
dei ragazzi non sono di religione cat-
tolica. E in quanto a razza, vi sono
ragazzi di ogni "colore": europei,
asiatici, aborigeni, polinesiani... e
naturalmente anche ragazzi di fami-
glie italiane. La popolazione giova-
nile alla Boys' Town riflette la com-
posizione multi-culturale della città
di Sydney.
Un'opera sociale come questa di-
venta sempre più costosa, perché c'è
bisogno di specialisti (nella scuola,
nei servizi di consulenza familiare e
psico-sociale, nella assistenza diret-
ta di giorno e di notte). La spesa
maggiore è nel campo dei salari del
personale specializzato. In media
ogni ragazzo costa circa 400 dollari
alla settimana. Il governo (tra statale
e federale) passa più o meno il 50 per
cento, il resto lo trovano in qualche
modo i salesiani. Ci sono poi le spe-
se di manutenzione e di ammoderna-
mento delle strutture. Ogni anno il
deficit supera i 100 mila dollari! In
dalla società e con pochissimi con-
tatti col mondo esterno. Oggi si
prende lo stesso ragazzo e lo si met-
te in un ambiente diverso, di tipo fa-
miliare, dove mantiene i contatti
normali con la propria famiglia e
con la società.
Strategie di ricupero
È di attualità ovunque parlare degli
"Homeless Youth". L'opera di Boys'
Town rientra in questo quadro di assi-
stenza a giovani poveri, abbandonati,
senza famiglia. Quando i genitori so-
no separati, la mamma deve lavorare,
il ragazzo diventa incontrollabile, .
scappa di casa e vive sulle strade per
giorni e settimane, si alla droga,
diventa vittima di abusi... Con seri
problemi scolastici e un comporta-
mento anti-sociale, viene mandato in
Tra questi giovani della Boys' Town, i futuri partecipanti alla Coppa America!
MARZO 1994 - 19

2.10 Page 20

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compenso l'opera ha già aiutato più
di cinquemila ragazzi e si è giusta-
mente conquistata uno spazio come
agenzia specializ~ata al ricupero di
giovani difficili. E un lavoro molto
impegnativo che tiene occupati una
dozzina di salesiani e una ventina di
professori, operatori sociali, psico-
logi e personale vario.
Risultati positivi
Con l'aiuto del governo federale i
vecchi cameroni sono stati trasfor-
mati in quattro ambienti 'famiglia.
Ogni ambiente riflette la struttura
della casa-famiglia dove ciascun
giovane ha la sua cameretta privata,
e ogni gruppo-famiglia di una dozzi-
na di giovani ha i servizi di cucina,
salotto, lavanderia.. . ,
Anche se i giovani frequentano la
scuola interna, nelle ore del dopo-
scuola il programma è strutturato
in modo da creare un ambiente e
Boys' Town, Engadine (Sydney).
I vincitori del torneo di pallacanestro
con il loro allenatore.
Un gruppo di visitatori europei davanti alla Boys' Town.
La città di Sydney con i suoi 4 mflioni di abitanti ospiterà le Olimpiadi del 2000.
Questa città che ha appena 200 anni di vita è cullata dalle acque di una delle più
belle baie del mondo. La sua gente appartiene a cent[naia di nazionalità, razze e
religioni diverse. Engadine è un sobborgo a 35 km a sud della periferia di Sydney.
Il nome proviene direttamente dalia Engadlna della Svizzera, anche se non ne
possiede il meraviglioso panorama delle montagne. I salesiani sono qui da 40 an-
ni. Nel 1953 Engadine era un piccolo sobborgo sconosciuto; oggi fa parte della
zona metropolitana, con veloce sviluppo demografico. La presenza dei salesiani
a Sydney è legata all'opera di Boys' Town, ma oggi la loro missione include an-
che la parrocchia, una scuola media, un villaggio per anziani, un centro giovani-
le, e l'assistenza religiosa a vari gruppi etnici. Una seconda presenza fra i ragaz-
zi scappati da casa e sulle strade e iniziata un palo di anni fa, mentre un altro
centro giovanile nella zona ovest della città sta per aprire i battentì. Le figlie di Ma-
ria Ausiliatrice condividono con _i salesiani parecchie di queste attività.
un 'esperienza che si assomiglino al
massimo a quello della famiglia. I
contatti con la famiglia d' 01igine so-
no importanti e i giovani ritornano
dai loro parenti per il fine-settimana
e per le vacanze.
La scuola media interna offre ad
ogni giovane un programma scola-
stico che tiene conto della sua situa-
zione e delle sue necessità; per
ognuno viene definito un program-
ma di studio e di esperienze tecniche
e di lavoro che rispondono ai suoi bi-
sognì. I giovani rimangono alla
Boys' Town finché si sentono in gra-
do di tentare il rientro in una scuola
media normale, oppure possono ot-
tenere il certificato di licenza sco-
lastica. Vengono poi aiutati nella
scelta della scuola superiore o per un
inserimento nel mondo del lavoro.
Gli exallievi della Boys' Town li
trovi ormai in ogni parte dell ' Au-
stralia e in ogni tipo di lavoro. La
stragrande maggioranza si è inseri-
ta bene nell'ambiente sociale e in-
dustriale. Vari exallievi si sono fatti
una posizione di rilievo nella socie-
tà e sono diventati medici, avvo-
cati, ragionieri, piccoli industriali,
maestri, impiegati... L'Australia nel
1983 con la barca disegnata da un
ex-allievo della Boys' Town di En-
gadine fu la prima (e ancora l'uni-
ca) nazione al mondo a vincere la
Coppa America, e a portare via
questo trofeo agli Stati Uniti!
Frank Bertagnolli
20 - MARZO 1994

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Libri novità a cura di Giuseppe Morante
MAGNIFICAT
Il Vangelo di Maria di Nazaret
di D. Nicolai
Padova, Ed . Il Messaggero, 1993
pp. 192, lire 16.000
Lo studio e la contemplazione
del Magnificat ci introducono nel-
la più profonda e autentica inte-
riorità di Maria di Nazaret. È una
specie di vangelo in miniatura,
poiché tante sono le verità di fede
e gli insegnamenti contenuti in
questa preghiera, ricchissima di
richiami e riferimenti biblici. La
vergine diviene così esempio e
guida.
Sacerdoti, religiosi e fedeli che
pregano secondo lo stile della Li-
turgia delle Ore possono trovare
in questo libro spunti che educa-
' no ad una preghiera come canto
ricon'oscente, nella piena dispo-
nibilità ai progetti di Dio e quindi
alla più convinta accoglienza del
Vangelo.
Domenico Nicolai
sa in Cina negli anni Cinquanta e
Sessanta. Ciò li aiuterà ad ap-
prezzarla, ad amarla, a rispettar-
la e nutrire fiducia in essa».
Il racconto vuole aiutare il letto-
re a scoprire quanto molti cattolici
cinesi si sono sacrificati per con-
servare la fede. Una riflessione
utile anche in un clima di libertà
per convincere a delle scelte mo-
tivate da valori trascendenti.
M/1:RIELENE LEIST
L'ALLODOLA E IL DRAGO
di W. Xiaoling, sopravvissuta
nei gulag della Cina
Casale Monferrato,
Edizioni Piemme, 1993
pp. 252, lire 28.000
EOITfUCE
ELLE DI CI
GESÙ DI NAZARET
SIGNORE ESERVO
UNA CRISTOLOGIA DI BASE
di V. Croce
Torino, L.D.C., 1993
pp. 224, lire 15.000
GrIBU di NAZARer
fGsm
llil8 CMD!csia di base
In tempi di nuova
evangelizzazione, an-
che per tutti noi cristia-
ni s'impone l'esigenza
di una riscoperta della
persona di Cristo su
cui si fonda la nostra
fede.
I catechisti sanno che
l'itinerario catechistico
italiano è cristocentrico
e perciò alla base ri-
chiede la conoscenza
del mistero e della per-
sona di Cristo nella no-
stra storia umana.
Gli insegnanti di reli-
gione nella scuola san-
no che il nucleo fonda-
mentale del loro inse-
gnamento fa riferimen-
to a Cristo e alla sua
storia, come cerniera
fra il Vecchio e il Nuovo
Testamento.
Per tutti perciò una ri-
flessione che voglia co-
gliere l'essenza del cri-
stianesimo dovrà muo-
vere i suoi passi dalla
storia di Gesù, come
suo unico, esauriente
e inesauribile fonda-
mento. In lui è possibile
l'clitiiccfJloDiG
scoprire il volto sempre
nuovo di colui che Ge-
sù chiamava suo Pa-
dre e la potenza del
suo Spirito.
Da lui il credente spe-
ra di ricavare, nel fidu-
cioso e paziente impe-
gno di cambiamento,
u·na nuova via per la
propria via e per la sto-
ria, di cui è parte.
E un libro impegnati-
vo che, nella persona
di Gesù di Nazaret, ci
invita a riconoscere ciò
che è eterno e assolu-
to, fondamentale e tra-
scendente: egli è la
Ragione di Dio, la sua
Parola, la Luce vera, la
Vita nella sua pienez-
za, la Verità nella sua
assolutezza, la Via che
porta a Dio.
È il racconto autobiografico di
una donna che è riuscita a tra-
scorrere 20 anni di inferno, a mo-
tivo della sua fede , nelle prigioni
e campi di lavoro cinesi , sotto il
regime maoista, con dignità e co-
raggio, sostenuta dalla sua conti-
nua preghiera.
Oìce l'autrice: «Da quanto nar-
ro mi auguro che i lettori possano
farsi un'idea della vita della Chie-
I BAMBINI DI FRONTE
ALLA MORTE
di M. Leist
Torino, L.D.C., 1993
pp. 192, lire 15.000
I cristiani non devono ignorare
l'evento della morte, come pur-
troppo fa la cultura odierna, per-
ché ne ha paµra. La morte infatti
è una realtà che è sotto gli occhi
di tutti ed anche i bambini non ne
sono esenti: o perché muore una
bestiola a cui sono molto affezio-
nati, o perché viene a mancare
una persona cara .. .
E quando è il bambino stesso
colpito da una malattia inguaribi-
le, magari dopo una lunga de-
genza in ospedale? Come assi-
sterlo? Come prepararlo alla
morte? Come dirgli dell'altra vi-
ta? Come aiutarlo ad affrontare
esperienze così dolorose?
Questo libro risponde con sug-
gerimenti concreti a tutti coloro
che vogliono bene ai bambini e
hanno a che fare con loro: genito-
ri, familiari, educatori, sacerdoti,
medici , infermieri , assistenti so-
ciali , genitori adottivi, insegnanti.
MARZO 1994- 21

3.2 Page 22

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L'avventura di Maria Mazzarello, figlia di contadini e cofondatrice.
LA COLLINA
DELLA SEMPLICITA
di Domenico Agasso
Santa Maria Domenica,
ovvero il comandamento
della gioia. Un messaggio
pieno di attualità per gli
sfiduciati di ogni tempo.
Santa Maria Domenica Mazzarello in un dipinto dello spagnolo
Leopoldo Espariz (casa ispettoriale FMA di Madrid). A sinistra, la nuo-
va biografia. La prima edizione si è esaurita in quindici giorni ed è già
stata tradotta in lingua spagnola.
Santa della socievolezza, certa-
mente. Possiamo definire anche
così Maria Domenica Mazzarello.
Fin da ragazzina ha una prontezza
tutta sua alla comunjcazione. Sco-
prire gli altri le dà gioia e la spinge a
fare, a inventare; è la molla della sua
creatività. Accade così con le prime
amiche del paesino, Mornese, con il
gruppo dell' Immacolata animato da
Angela Maccagno, con due bimbet-
22 - MARZO 1994
te orfane di madre, con giovani mor-
nesine indecise, a carnevale, tra
l'andare a feste di dubbio livello e
l'appartarsi in mestizia per schivare
i pericoli... Per Maria Mazzarello,
scoprire gli altri significa immedia-
tamente occuparsene, fare qualcosa
per loro, inventare novità.
No, a carnevale non è tanto bello
che le sue anùche si lasci no attirare
in certe situazioni. Ma neppme è
bello tenerle appartate ad annoiarsi,
per "schivare i pericoli". Allora lei
inventa il carnevale in musica per lo-
ro, il tuffo nell ' all~gria. Non l' ha.
mai fatto nessuno? E vero, ma era
uno sbaglio: si sbaglia anche non fa-
cendo. Anzi, il "non fare" è per lei
qualcosa di sbagliato sempre; al
punto che da piccolina, ascoltando
dal padre il primo catechismo, lepri-
me notizie su Dio Creatore, improv-

3.3 Page 23

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La più recente biografia della SEI è già un successo editoriale.
BS
visamente ha domandato: «Ma che
cosa faceva Dio prima di creare il
mondo?». Non poteva immaginarsi
un Onnipotente ozioso.
Il dovere della ricreazione
È ben nota la grande importan-
za che er,sa attribuiva all'allegria,
quando divenne Superiora e maestra
delle figlie di Maria Ausiliatrice. Ne
ha fatto , come si è osservato, una
sorta di comandamento in più. Ed è
pure noto che nelle regole di queste
suore, fin dall'inizio, la cosiddetta
ricreazione ebbe sempre un ' impor-
tanza speciale, come l' aveva per
Don Bosco. Era obbligatoria, la· ri-
creazione. Ognuna aveva il dovere
di divertirsi con tutte le altre; e nulla
era più sospetto agli occhi di Madre
Mazzarello, che l'appartarsi in quei
momenti disdegnando giochi, grida
e risa.te. Quel disdegno faceva scat-
tare in lei tutti i possibili allarmi ros-
si, perché ci vedeva qualcosa di de-
viato, di malato, di avverso alla vita.
Il suo epistola.rio trabocca di esor-
tazioni aUe religiose perché stiano
allegre. Un motivo costantemente
all ' opera nella sua pedagogia., e ab-
bastanza singolare per il tempo: al-
lora per i preti era pressoché obbli-
gatoria in pubblico la "gravità" che
tanto irrita.va il piccolo Giovanni
Bosco; e le religiose, poi, per alcuni
avrebbero dovuto comportarsi da
penitenti a vita, mortificate o grinto-
se secondo le circostanze.
Le lettere di Madre Mazzarello,
invece, grondano esortazioni alla
gioia. E in una di esse lei arriva a
scrivere a una consorella: «Mi è sta-
to scritto che avete sempre buon
tempo; ne sono contentissima». Ora,
nella parlata nativa della Superiora,
il "buon tempo" significava non sol-
tanto temperamento allegro, ma an-
che connotati un po' di burloni: tipi
capaci di rovescia.re situazioni con
una trovata. Come sa fare appunto
lei quando trasforma l'arrivo di una
mucca in un ' umoristica parodia di
cerimonia ufficiale. O quando ma-
schera il di·amma della dispensa
vuota improvvisando una caccia alle
castagne su·per i colli monferrini.
Ma c' è un ' altra Maria Mazzarello
a fondamento di questa: c'è la dina-
mo segreta che muove tutto. Biso-
gna conoscere anche la Maria Maz-
zarello della solitudine, del deserto,
del silenzio in alcuni momenti capi-
tali della sua vita, quando si andava
costruendo.
L'altra scuola
Facciamo conoscenza con que-
st' altra Mazzarello, per esempio, al
tempo dell ' epidemia di tifo, quando
don Pesta.rino, l'apostolo di Morne-
se, le chiede di andare a curare una
famiglia di parenti, contro la volontà
dei genitori. Anche la volontà sua è
contraria, e lei lo dice schiettamente,
aggiungendo anche: sono sicura che
prenderò il ma.le. Ma poi energica-
mente decide: don Pestarino lo chie-
de, e lei andrà da quei malati, accet-
tando anche il rischio del contagio.
Che poi si avvera.
Ecco l'isolamento, il silenzio, il
deserto. Nei mesi della malattia,
quando la morte è vicina e qualcuno
già pensa a una corona per i funerali ,
lei si prepara attivamente alla fine,
non solo con la preghiera, ma con di-
sposizioni pratiche sull'ordine nella
sua camera, su cuscini e coperte del
letto per quel momento. In silenzio si
è addestrata ad accogliere la morte
quando verrà, e poi nel silenzio si
prepara al 1itorno verso la vita, du-
rante quella lunga convalescenza
che è per lei un'altra scuola: vi impa-
ra che, una volta guarita, non sarà più
la stessa Maria così forte da sfidare
gli uomi1ù nel lavoro della vigna. Si
prepara all ' handicap definit_ivo di
una fragilità irrimediabile, e si adde-
stra a viverlo non solo senza lamenti,
ma con la volontà precisa - vorrei
dire aggressiva. - di affrontare la
sfida di quella vita, come prima era
stata capace di fare fronte alla morte.
Un altro tempo di silenzio: quello
della crisi tra le figlie dell'Immaco-
lata e del singolare provvedimento
di don Pestarino: sebbene Maria
Mazzarello non abbia colpe sue per-
sonali in quei dissensi, è a lei che il
sacerdote intima di lasciare il paese
La Valponasca. Qui visse l'adolescenza Maria Domenica Mazzarello.
MARZO 1994 23

3.4 Page 24

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e di ritirarsi lassù, alla cascina Val-
ponasca dov'era vissuta da ragazza.
Il luogo è sempre affittato dallç1 sua
famiglia, che coltiva i vigneti in-
torno, ma i Mazzarello non abitano
più lì. Ora, nessuna regola o dipen-
denza canonica la obbligherebbe ad
accettare. Non è ancora una suora,
non se ne parla ancora. E poi, biso-
gna ripetere, colpe non ne ha.
Invece, ecco che Maria accetta im-
mediatamente quella sorta di esilio.
Vivrà isolata fino a quando la richia-
meranno, con la facoltà di scendere
brevemente in paese soltanto per la
Messa festiva. Questa è un'altra tap-
pa della sua autocost:ruzione quale
Superiora e cofondatrice di una con-
gregazione religiosa, partendo dal
semianalfabetismo.
Maria Domenica sa leggere fin da
piccola, ma a scrivere imparerà do-
po i trent'anni. Ma questo "domici-
lio coatto" alla Valponasca è la sua
facoltà universitaria con i corsi in-
trecciati di Comando e di Obbedien-
za. Sola nella grande cascina, con i
suoi libri e le sue preghiere, ripensa
a quella sorta di punizione che le è
stata inflitta senza colpa, e si convin-
ce via via di essere nel giusto accet-
tandola senza proteste. I grandi pen-
sieri e le grandi opere d'insieme si
costruiscono solo così, con questa
prontezza ad accettare l'incompren-
sione, con questa indifferenza al
«che cosa diranno gli altri?», con
questa obbedienza in piedi, con i sì
risoluti e con l'avversione radicale
al salvare capra e cavoli, ai compro-
messi di ogni specie. La ragazza di
Mornese pronta alJ' opera di "volon-
tariato" anche pericolosa, è poi ca-
pace d'intransigenza anche con se
stessa quando si tratta di salvare una
convivenza, di rinsaldare un'unione.
1Da queste basi, allora, possono par-
tire opere come le figlie di Maria.
Ausiliatrice, che in pochi anni saran-
no pronte a scattare oltre Oceano.
Avanti con semplicità
E sono basi, se facciamo atten-
zione, assolutamente moderne. C'è
un'affinità singolare tra questa ra-
gazza (nella sua azione e nei suoi si-
lenzi) e molta gioventù di fine XX
secolo, con la stessa generosità
pronta e la stessa intransigenza; con
lo stesso rifiuto dell'accomodamen-
24 · MARZO 1994
------.-~
~
:::s._...
A Mornese si conserva ancora l'antico pozzo del collegio.
to purchessia e la stessa fame e sete
di chiarezza, a cominciare da se stes-
si. Nel linguaggio dei giovani d'og-
gi ricorre spesso l'espressione «met-
tersi alla prova», ossia collaudarsi,
esaminarsi in compiti difficili. Nella
vita di Maria Mazzarello vediamo
applicata e vissuta la medesima
espressione, figlia di una identica
volontà. La stessa avversione al vit-
timismo sembra guidare tanti giova-
ni d'oggi , come guidava Maria Maz-
zarello nei momenti difficili. Per
esempio, quando la nascita di una
congregazione femminile, nel luogo
prima destinato a collegio maschile,
deluse e irritò gravemente i mornesi-
ni, che tanta fatica avevano speso
nell ' erigere quella casa.
Bene, anche lì Maria MazzarelJo
conduce il primo drappello di figlie
sulla rotta che ha già saputo traccia-
re a se stessa: proprio quando le co-
se vanno male bisogna dire il "no"
più energico alla tentazione del vitti-
mismo, che conduce alla resa; e un
"no" pure alla mentalità del fortino
assediato, che spinge a iniziative
spericolate e pazze, ad avversioni
sterili per gli altri, per la "società", il
"mondo", e via declamando. No, in
quel momento Maria Mazzarello dà
gli ordini opposti: nessuna chiusura,
nemmeno verso i più ostili , nessuna
paura di fronte alle minacce; e poi,
controffensiva dell ' allegria. Di
quella sua speciale allegria che non è
spensieratezza e non rimuove le dif-
ficoltà, ma le interpreta come prove,
da affrontare senza paure e senza il-
lusioni. «Per stare allegra», scriverà
più tardi a una suora, «bisogna anda-
re avanti con semplicità». La sem-
plicità che ridimensiona tutto. La
semplicità che offre ragioni e spinte
al coraggio. La semplicità, che oggi
è una delle caratte1istiche più evi-
denti e vive, in molta gioventù di fi-
ne XX secolo.
Domenico Agasso

3.5 Page 25

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di Eusebio Ciccotti
PIOVONO PIETRE
mediato. Bob no: assicu ra che por-
terà i soldi. Che arrivano, il vestito è
comprato . Si preparano i dolci per la
festa : Coleen aiuta la mamma.
Piombano in casa due strozzini : vo-
gliono indietro le 200 sterline, inclusi
gli "interessi". Capiamo che Bob
aveva chiesto un prestito poi ricom-
prato dagli usurai del quartiere. Vio-
lenze verbali, casa devastata, dolci
che volano . Coleen pietrificata, I.a
mamma piange supplicando.
Bob, tornato a casa, prende una
chiave (inglese!) e va a vendicarsi :
ma il peggio è evitato. Grazie all'ami-
co prete (l'unico che gli aveva rime-
diato una fogna da stappare) Bob ar-
riva sereno al giorno della comunione
e quando lo cerca la polizia, durante
la cerimonia, è per altro.
Bruce Jones (Bob) in una scena del film.
Due anni fa con il premiato Riff Raff
(decisa sonda sociologica sul pre-
sunto benessere europeo anni '80)
l'inglese Ken Loach mostrava come
nella turistica, consumistica, rutilante
Londra, si nascondessero scene di
dura disoccupazione e fame (uno
squarcio sul mondo illegale e spietato
della edilizia popolare) .
Kenneth - così all'anagrafe di
Nunenton, dove nacque circa ses-
sant'anni fa - poco prima del '68 (già
con in tasca la tessera laburista) si
occupava dei deboli e della società
"non distributiva".
Nel 1972 con Family Lite serrata
denuncia della famiglia borghese,
iscrisse il suo nome nei dizionari di ci-
nema. All'ultimo decennio si richia-
mano titoli meno eclatanti (8/ack Jack
- 1979; Looks qnd Smì/es - 1981 ; Fa -
therland - 1986) dove però la dimen-
sione del sociale mai viene obliata.
Ora è di nuovo all'attacco con Pio-
vono pietre (Gran Premio della Giuria
a Cannes '93) . Un j'accuse di cui sia-
mo i destinatari : governanti, cittadini ,
egoisti, violenti, indifferenti. Ma an-
che un invito, a chi crede nei valori
''fuorimoda", a tener duro.
LA VICENDA. Due famiglie (perife-
ria di Manchester) vicine di apparta-
mento (in questi scatoloni di mattoni
incolori), con due mariti disoccupati. Il
più giovane, Bob, tenta di tutto, anche
lo stappafogne e il buttafuori da di-
scoteca. Senza fortuna. In discoteca,
capito il giro di "roba", dentro cui sta-
va scivolando la figlia quindicenne del
suo amico, tenta di opporsi: licenziato
a spintoni.
Però sua figlia, Coleen, 7 anni ,
brava in catechismo farà presto la
comunione: una buona notizia. An-
che se occorrono 11 O sterline per il
vestitino bianco. La moglie Anne
vuole arrangiarsi con qualcosa di ri -
PIOVONO PIETRE è girato inten-
zionalmente con pochi mezzi , e in 16
mm per azzerare al massimo la fin-
zione del set. Loach ama un cinema
povero: gli attori ricevono le battute
poco prima del ciak, come fa Altman .
La costruzione registica nei piccoli
spazi mai è ovvia: andate a vedere
quando Bob arriva nel pub con la
chiave inglese.
Gli attori sono presi dalla strada.
Bruce Jones (Bob) è un vero disoccu-
pato. Una eco di De Sica ed una so-
miglianza con Amelio, dove vediamo
dei quindicenni, addossati al muretto,
tutti lindi , in giubbotti di pelle ne-
ra, mentre si litigano una "dose":
un'informazione data "involontaria-
. mente", senza enfasi , da realismo
borgataro, attraverso gli occhi di Bob,
mentre parla di lavoro.
Piovono pietre del progressista Loa-
ch è una finestrella su uno degli ultimi
isolotti d'erba dell'adolescenza e al
contempo dell'aggregazione interper-
sonale : la prima comunione . In un mo-
mento di deriva sociale e dei senti-
menti, una famiglia provata vive una
fede schiva e resiste grazie alla capar-
bietà di un padre che si batte per un
autentico simbolo: un vestitino bianco.
«Perché », dice Bob, «per lei è il giorno
più importante della sua vita».
MARZO 1994- 25

3.6 Page 26

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-PE- R-SONE-~ Ha scelto il diaconato per dare un senso pieno al suo impegno sociale e
FARSI DIACONO
A NAPOLI
di Umberto De Vanna
Diocesi vastissima, piegata dai
problemi sociali, Napoli non
ha avuto problemi a dare subito la
fiducia ai diaconi permanenti. Oggi
sono 128. Cominciarono in 26 nel
1975, ordinati dal cardinal Ursi,
uno dei vescovi più aperti a questa
novità sorta dal soffio del Concilio.
Sposato, tre figli , una presenza
intensa nella professione e nella vi-
ta politica, Mario De Angelis è sta-
to ordinato anche lui a Napoli dal
cardinal Ursi . Di professione com-
mercialista, oggi gli è stato affidato
il compito ingrato,. ma altamente
qualificato, di sanare una delle più
importanti aziende di Napoli e del
Paese. Da giovane è stato ufficiale
di marina, ha fatto parte della presi-
denza nazionale degli exallievi, ha
fondato alcuni anni fa l'Agape , un
movimento culturale di ispirazione
cristiana che a Napoli ha legato in
amicizia tanti professionisti.
Nel tessuto sociale ed ecclesiale,
lei occupava già un posto ben pre-
ciso. Perché ha voluto diventare
diacono permanente?
«A dire il vero dovrei fare un pas-
so indietro di parecchi anni. Sono
un exallievo salesiano. Ho studiato
da bambino cjalle figlie di Maria Au-
siliatrice e ho fatto tutto il ginnasio
dai salesiani del Vomero. Direi che
la mia vocazione alla diaconia è na-
ta nel segno di Don Bosco. Questo
santo per me si è fatto "sindacalista"
per stare vicino ai giovani poveri,
esclusi, in difficoltà. La ragione di
fondo è stata questa: mi pareva che
la spinta sociale e politica che già
avevo - per me la politica è davve-
ro la onnicomprensività della carità
- trovava espressione e completa-
mento in Cristo servo, quale è ap-
punto il diacono».
26 - MARZO 1994
Mario De Angelis ..
Tante affermazioni professionali
e una presenza attiva nel tessuto diocesano.
Ma Mario De Angelis ha scelto
il diaconato permanente
per servire meglio la sua città.

3.7 Page 27

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politico. Guardando a Cristo servo in una città piena di problemi.
BS
È un vantaggio essere sposati?
«Come le ho detto, vedo il diaco-
no permanente impegn~to sul fron-
te sociale. Il fatto che sia sposato e
abbia un inserimento più immedia-
to nel civile lo rende probabilmente
più credibile... Quando divenni dia-
cono ero consigliere comunale a
Napoli e mi dicevo: quale possibi-
lità migliore di questa per portare
Cristo in politica, nel servizio poli-
tico?».
In casa dunque tutto bene per i
diaconi permanenti ?
«Nel momento in cui come mari-
to mi assumevo un maggior impe-
ono ecclesiale, ed entravo in un rap-
porto più stretto con la comunità
cristiana, evidentemente c'è voluto
Napoli. Il giorno dell'ordinazione,
con la moglie e i figli.
un chiarimento. Lei mi insegna che
la prima Chiesa è la tua casa, la tua
famiglia. Se riuscivo a fare Chiesa
Essere diacono a Napoli, in que-
sta diocesi vastissima e in questa
città problematica.. .
~<Significa stare in trincea, dove
non si capisce nemmeno dove sia il
nemico, un nemico subdolo e na-
scosto. Una città piena di giovani in
difficoltà: droga, prostituzione ma-
schile e femminile , dove la dema-
gogia dei politici spesso non ha di-
domestica nel mio nido familiare ,
acquistava senso pieno quella litur-
gia che celebravo in chiesa. So che
altri diaconi permanenti hanno avu-
to delle difficoltà. La mog.Jie non
sempre riesce a capire la responsa-
bilità che il marito si assume e il
tempo che dovrà dedicare alla sua
attività, tempo che sarà sottratto ne-
cessariamente alla famiglia e alla
educazione dei figli. Un'armonia è
mostrato il senso del servizio. I necessaria. Lo stesso dovere della
giovani sono il problema più spino- recita quotidiana del breviario
so, giovani defraudati socialmente, comporta del tempo a disposizione.
moralmente e anche spiritualmente. Ci vuole serenità in famiglia per
Sono digiuni di tutto, perché è su- poter pregare, ci vuole il clima giu-
perficiale anche la catechesi eccle- sto.. .».
siale. Tra i napoletani c'è un grande
senso religioso, ma non certo una Il breviario lo dice con sua mo-
vera esperienza di cristianesimo». glie e ifigli?
«Non sempre. Adesso vado a ca-
Il diacono, a differenza del prete,
è sposato. Sua moglie ha dovuto di-
chiararsi favorevole e disponibile a
collaborare con lei nella sua atti- .
vità ...
«Mia moglie si è dichiarata con-
senziente fin dall'inizio del corso di
preparazione teologica, che durava
quattro anni (oggi cinque). D'altra
parte è una cooperatrice salesiana.
sa e reciterò il Vespro. E prima di
notte Compieta. Ma lo farò da solo.
Sento il bisogno di fare ùn po' di
deserto. È un'esperienza che non
tutti possono capire. Noi che vivia-
mo nel mondo siamo assetati di si-
lenzio, di deserto. Non è un proble-
ma di rispetto umano, ma quando
dico il breviario voglia parlare con
Cristo e il farlo da solo mi aiuta».
Anche i miei figli sono tutti exallie- La figura del diacono permanen-
vi. Il clima.familiare mi pare fosse te è ormai pac(ficamente accolta
quello giusto».
dalla Chiesa?
dt.'flrafb
Cesare Bissoli
Las Roma
Pubblicazioni a cura dell'Università
Salesiana:
IL CATECHISMO
DELLA CHIESA CATTOLICA
Piccola guida alla lettura
A cura di Cesare Bissoli
DON GIUSEPPE QUADRIO
Docente di teologia e maestro
di vita
A cura di Remo Bracchi
Pagg. 223, Lire 20.000
DOMANDA RELIGIOSA
E EDUCAZIONE Al VALORI
NELLA NUOVA EUROPA
A cura di Carlo Nanni
F.'agg. 203, Lire 25.000
DISAGIO EMARGINAZIONE
EDUCAZIONE
A cura di Carlo Nanni
Pagg. 151, Lire 15.000
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
EDITRICE LAS
Piazza dell'Ateneo Salesiano, 1
00139 ROMA
Tel. 06/88.12.140
c/c Postale 57492001
MARZO 1994 · 27

3.8 Page 28

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I PREGHIERA
DEL POLITICO
di Mario De Angelis
«C'è ancora del cammino da fare.
Ho l'impressione che in Europa sia
ancora una figura da mettere a fuo-
co. Sono stato negli Stati Uniti e mi
è sembrato che là ci sia già una cul-
tura del diaconato. Da noi lo stesso
clero sembra a volte poco convinto.
Eppure il diacono ha una funzione
fortissima: può occuparsi dell'ora-
torio, delle iniziative di solidarietà,
della preparazione alla cresima de-
gli adulti, dei corsi di preparazione
al matrimonio, della stessa ammini-
strazione economica parrocchiale...
Probabilmente il diacono ha anche
un più facile accesso presso le isti-
tuzioni civili. Con il diacono il par-
roco sar~bbe più libero per fare il
prete. Invece il diacono oggi è visto
a volte come il sacrestano o il se-
gretario... A Napoli il 70 per cento
de-i diaconi sono laureati: siamo di-
sposti anche a "spidocchiare" un
barbone per Cristo, ma non si può
chiedere a loro di andare a compe-
rare le sigarette al parroco! ».
Il diacono permanente a volte pa-
re pendere troppo sul versante ec-
clesiastico. Lei ha insistito .tanto
sull'impegno civile, invece alcuni
28 - MARZO 1994
diaconi si direbbe che tendono afa-
re i «monsigno ri»...
«Può essere vero in qualche caso.
Forse qualcuno voleva farsi prete e
ha ripiegato sul diaconato perma-
nente. Ma mi pare una minoranza
non significativa» .
Tra le attività, per quale avrebbe
voluto fare di più ?
«Per l'oratorio. Ma non ce l'ho
fatta. Eppure sarebbe una delle cose
più utili. Dobbiamo riscoprire
l'oratorio. L'oratorio è formativo.
Io mi sono formato più all'oratorio
che nella scuola. Ho incontrato
ali' oratorio sacerdoti indimentica-
bili. Don Bosco oggi si orientereb-
be così. Non farebbe forse dei gran-
di centri sociali per accogliere i
giovani? Al di là delle parole di so-
lidarietà verso una realtà giovanile
problematica, non possiamo solo
fermarci alle parole: c'è un lavoro
immenso da fare e dobbiamo tutti
fare di più, soprattutto il clero più
giovane, che non pare poi avere
tanta voglia di rimboccarsi le mani-
che».
Ha lavorato a lungo in politica:
ci dica come usciremo da Tangen-
topoli. ..
P(ldre,
sono stanco.
Vengo dal 11111111/10 della città
dalla babele delle li11g11e
dalla lolla per il potere nella spartizione
degli i11C{lrichi.
Padre, perdonami,
il mio peccalo io lo ricouosco
e la libidine ciel potere mi sta sempre dinanzi
/(l vami e purificami: sarò più bi(IIICO della neve.
Mi sono rivollo" un dio straniero:
ho messo rulla la mia fede nel danaro,
nel successo, nel tlominio politico.
Mi son proslrtllo ,la vanti all'idolo d 'o ro
della cupidigia
e ho /radilo te, mio Padre
e gli altri tuoifigli, 111ieifra1elli.
Padre, perdonami:
non son degno di essere chiamato Tuo fi glio
ma Tu accoglimi ancora tra le Tue braccia,
dùforza al mio pe11timeuto,
rendi costallle il mio proposito di radicale
cambiamelllo
e rida111111i speranza.
Solo al pensiero che ho un Padre come Te
riprendo coraggio,
quando mi sento appoggiato al Tuo braccio
e guidato dalla Tua mano
posso riprendere ttu cammino di giustizia
e di amore e avviarm i sui se,11 fo ri della pace.
Abbaui in me e fuori di me "muri ", steccati
e/ili spinati
sicché io possa ricostruire I 'w1i1<ì e la pace.
Tanti useranno lusinghe, minacce, derisioni
e \\1iole11 z.e
le più sottili; anche persone "perbene "
e "al tli sopra di ogni sospeuo".
Che io cammi11i senza paura.
Laltrui e la mia confusione offuscheranno
la visione;
la Tua PAROLA dia luce ai miei passi
perché io trovi sempre la via gillsta.
Vinci l'insipenza del mio orgoglio
efammi capire solo ww cosa: che io sono
un "servo",
un ··servitore della conumità ttmana",
che melie tutte le sue energie al se111izio dei/ratei/i.
Che io mi senta davvero "miuister ",
diacono; 11011 altro.
Dammi la .Tua Benedizione, o Padre,
perché la mia presen'(.a sia in mezzo al mondo
un segno della Tua benedizione.
Amen.
«Non sarà facile e non basterà vol-
tare pagina. Bisognerà cambiare li-
bro. Anche i giovani più grandi sono
cresciuti in questo clima e si dovrà
attendere ancora un 'altra generazio-
ne. Per ricostruire la coscienza in
ogni cittadino ci vorranno degli an-
ni. Ma nel creare questa nuova cul-
tura la Chiesa ha certamente la sua
responsabilità e la sua funzione» .
Umberto De Vanna

3.9 Page 29

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di José Maria Ribeiro
LA SCUOLA
PROFESSIONALE
DI MOAMBA
Quattro salesiani portoghesi, tre
laici e un sacerdote, sono arrivati
a Moamba (Mozambico) per
prendere possesso della locale
scuola professionale. Nella stessa
circostanza il cardinale di Maputo
ha affidato loro la parrocchia-
missione, che è senza un pastore
stabile da oltre cinque anni.
Moamba si trova a 80 chilometri
dalla capitale Maputo. La popolazio-
ne vive di agricoltura, in passato era
anche ricca di bestiame . Negli ultimi
ann i la regione è stata devastata dal -
la guerra civile. Con l'arrivo della pa-
ce, si sono aperti nuovi spiragl i.
Ai salesiani è stata affidata una
scuola professionale sorta nel 1926
per l'istruzione e l'educazione degli
indigeni , su cui il governo aveva
sempre riposto grandi speranze per
il futuro professionale del paese. Ma
con alterne vicende - nell'89 fu an-
che scuola militare - conobbe qua-
si l'abbandono.
ACCORDO FORMALE. L'invito ai
salesiani è venuto per interessa-
mento della moglie del presidente. Il
quotidiano Noticias di Maputo ripor-
tava su due colonne la cronaca
dell'accordo: «È stato fi rmato nella
capitale l'accordo formale di con-
segna della scuola professionale
di Moamba. L'istituzione ha come
obiettivo la riabilitazione dei fanciulli
orfani, specialmente di quelli abban -
donati. .. Hanno fi rmato il documento
la moglie del presidente, signora
Marcelina Chissano, il dottor Aniceto
dos Mq.changos, ministro dell'edu-
cazione, e il rappresentante della
società salesiana in Mozambico, pa-
dre José Adolfo Duro. La scuola ha
Parte dai giovani e dalla scuola la
risposta ai problemi
del Mozambico.
una capacità di 200 allievi e funzio-
nerà in un primo tempo come inter-
nato, poi, a completamento dei re-
stauri , accetterà anche gli esterni ».
PER IL FUTURO DEL MOZAMBI-
CO. Alla fine di marzo i quattro sa-
lesiani erano già sul posto per in-
contrare i ragazzi che la guerra e la
realtà sociale avevano lasciato soli
nelle strade delle città del Mozam-
bico. Ora un gruppo di una cinquan-
tina di ragazzi ha già iniziato la
scuola. Le specializzazioni previste
sono quelle di fabbro-ferraio , mec-
canici per auto, calzolai, elettricisti ,
falegnami. Ma è nei progetti anche
la scuola agricola. «Guardiamo con
interesse a questa scuola», ha det-
to don Odorico, responsabile del di-
castero delle missioni , visitandola
nel maggio scorso; «soprattutto per
il grande significato che assume per
il Mozambico in questo momento
storico ».
O
Brevi---
INDIA. Giovanni Paolo II ha nomi-
nato vescovo di Vellore (India) il
salesiano don Malayappan Chin-
nappa. Nato nel 1937 in provi ncia di
Madras, il nuovo vescovo era diret-
tore e parroco alla «Lourdes Shri-
ne» di Madurai.
HAITI. Nel corso di una cerimonia
in cui l'ambasciatore americano
Wi lliam Swing ha coqferito «i l pre-
mio annuale per i diritti dell ' uomo»
ali ' ex ministro della giustizia haitia-
no Guy Malary, assassinato il 14 ot-
tobre scorso, è stata anche pubblica-
mente riconosciuta l'attività del
salesiano padre Arthur Vo lei, noto
per il suo impegno a favore dei più
poveri dell a capitai!!. Padre Volei ha
detto: «L'onore va ai poveri, le cui
sofferenze oggi sono grandi, affin-
ché possano contare socialmente di
più e sia riconosciuta la loro di-
gnità». A Po1t -au-Prince, padre Vo-
lei è direttore di un'opera che com-
prende pruTOcchia, scuola di
alfabetizzazio ne, dispensario e va-
rie opere sociali.
TORINO. Oltre 200 i pru·tecipanti a
Valdocco alla quarta giornata an-
nuale mariana organizzata dall'as-
sociazione dei devoti di Maria Ausi-
liatrice (ADMA). Lo spagnolo don
Giuseppe Rico ha svolto il tema:
«Vivere e diffo ndere la devozione
di Maria Ausiliatrice secondo lo·
spirito di Don Bosco e in si ntonia
con il rinnovamento della fam iglia
salesiana». La giornata si è conclusa
nel «Piccolo Valdocco» dove, per
iniziativa dell ' infaticabile don V iot-
ti, si è tenuta una accadem ia musi-
co-letteraria e la proiezione del fi lm
«Mamma Margherita».
MEDELLIN (Colombia). Al cen-
tro della borgata dove viveva Esco-
bar, il trafficante di droga ucciso a
44 anni dalla polizia, sorge una cap-
pella dedicata ali ' Ausrnatrice, che
la gen te pensava dovesse ass isterlo.
La madre di Escobar aiutava le fa-
miglie, provvedeva medicine, assi-
curava la catechesi ai bambini.
Escobru· è rimpianto per i tanti ai uti
che dava alla borgata. Nessuno pare
credere che si era circondato di una
banda di ragazzi assassini, che abbia
ucciso tre cand idati alla presidenza
della repubblica, due suoi contabili,
deci ne di gi ud ici e giornalisti, un in-
tero aereo con I07 persone.
MA RZO 1994 - 29

3.10 Page 30

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BRASILE Il lavoro tra i "meninos da rua" di una figlia di Maria Ausiliatrice.
di Maria Antonia Chinello
Il Brasile, 150 milioni di abitanti, una delle nazioni in cui
le disuguaglianze sociali sono più marcate. (Foto Marzi)
La condizione dramniatica
dei cinque milioni di ragazzi
che vivono per le strade.
L'attività del! 'Associazione
San Martino.
Brasile, un .territorio di 8,5 milio-
ni di chilometri quadrati, venti-
sette volte l'Italia e-oltre 150 milioni
di abitanti. I bambini su biscono con
violenza inaudita le contraddizioni
di un Paese dalla bellezza naturale
stupenda e che le carte patinate delle
riviste turistiche propongono come
il paradiso del sole e del carnevale.
Rio de Janeiro è l'antica capitale
della nazione e centro da cui si irra-
diano le injziative a livello mondia-
le. Il fatto dei men.inos da rua è scop-
piato nel 1992, quando sull ' onda
della Conferenza di Rio sull' Am-
biente si è dato il via a una "pulizia"
etnica dellé strade perché alla città
venisse restituito l'antico lustro e
splendore.
30 · MARZO 1994
Le cifre detta vergogna
li Brasile ha ormai oltre 150 milio-
ni di abitanti, ma, pur essendo tra le
nazioni più ricche del mondo, una
gran parte vive in condizioni sub-
umane.
I ragazzi abbandonati, che vivono
per le strade, sono più di cinque mi-
lioni Altri 4 milioni hanno tagliato i
ponti con la famiglia. La delinquen-
za ha raggiunto tassi altissimi:
1'80% degli arrestati sono giovani
dai 17 ai 25 anni.
Il numero enorme di ragazzi di
strada aumenta giorno dopo giorno.
Su mille bambini in età scolare, 200
non entrano, 547 pàssano alla pri-
ma, solo 193 terminano la scuola
dell'obbligo.
Nel 1990 sono state 427 le vitti-
me, bambini e bambine, ragazzi e
ragazze, 306 nel 1991 e 424 nel
1992, nel primo semestre del 1993
ammontavano già a più di 320. Nel-
la sola Rio de Janeiro, ogni giorno
una bambina viene uccisa. 800.000
sono i bambini che abitano le strade.
L' ultimo fatto che ha scavalcato il
muro del silenzio che, solitamentè,
avvolge fatti di questo genere, è av-
venuto l'estate scorsa nel centro del-
la città, nella zona nota come la
"Candelaria". 8 bambini, che dormi-
vano nella piazza, nella notte sono
stati barbaramente uccisi. Quella
stessa notte, in un 'altra zona altri
piccoli subivano la stessa sorte. In
tutto 12. E così capita tante volte,
mentre il resto del mondo va avanti.
Di fronte a questa situazione l'As-
sociazione San Martirio, un' organiz-
zazione non governativa, si è posta
come obiettivo quello di accogliere
e garantil·e ai bambini e bambine,
giovani, ragazzi e adolescenti più
poveri e abbandonati, un centro, una.
casa in cui trovare e respirare amore,
rispetto, voglia di vivere e di cresce-
re, educazione al lavoro e alla re-
sponsabilità sociale.
L' associazione fu fondata nel
1986 con l' appoggio di un carmeli-
tano, Padre Carmelo Cox. Ma co-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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I problemi dei primi contatti, del ricupero, della prevenzione.
BS
minciò a funzionare solo due anni
dopo, nelle strade di Rio, con un
gruppo di giovani volontari coordi-
nati dal prof. Roberto José dos San-
tos, suor Adma Cassab Fadel, una fi-
glia di Maria Ausiliatrice, e la prof.
Ilda Lopes.
Il gruppo ebbe ben chiara fin dal
principio una convinzione: l' incon-
tro cori i ragazzi e le ragazze che vi-
vevano nelle strade della città dove-
va partire proprio dalla strada
attraverso un lavoro socio-educati-
vo, senza ferire la libertà che i ragaz-
zi avevano conquistato.
La mia vita sulla strada
Suor Adma nello scorso mese di
novembre è stata in Italia per incon-
tri in alcune città e per partecipare
come "ospite d' onore" alla trasmis-
sioneLo Zecchino d'Oro che ha pro-
mosso la raccolta di fondi per la sua
istituzione. La intervistiamo. Ci rac-
conta la sua esperienza e sul proget-
to che sottosta alla costituzione
dell ' Associazione San Martino.
La costituzione dell 'Associazione
San Martino è stata preceduta da un
intenso lavoro di sensibilizzazione e
di ricerca che tu hai fatto . Puoi rac-
contarci qualcosa ?
«Sì, tutto è iniziato nel 1983. Ave-
vo incontrato il prof. Roberto José
dos Santos, che lavorava nella FU-
NABEM (Fondazione Nazionale
per il Benessere dei Minori), una
scuola di coITezione, oggi Centro
brasiliano per l'infanzia e l' adole-
scenza (CBIA). Mi ero presentata
come volontaria per l'insegnamento
della religione in quella istituzione.
Ben presto, dopo quattro mesi, a
contatto con i ragazzi, ci accorgem-
mo della tremenda realtà dei minori
che provenivano dalla strada e che
nella fondazione venivano maltrat-
tati, e lo denunciammo apertamente.
Ma la nostra presenza era un po'
scomoda e per questo decidemmo di
" uscire e capire di più"».
Qual era la situazione dei ra-
ga zz i ?
«Ciò che ci aveva colpito subito
era una "mappa" della divisione del-
la città. Ogni ragazzo e ragazza si
configurava con una zona. L' identità
non era data dal proprio nome, ma
dalla via, dalla piazza di provenien-
za. C' erano dei piccoli territori co-
mandati da bande organizzate. Non
si parlava mai della propria casa o
famiglia. I primi incontri sono do-
minati dalla bugia. I bambini, le ra-
gazze mentono sulla loro provenien-
za, sulle loro esperienze precedenti.
Solo dopo vari incontri, a poco a po-
co, la verità più profonda viene a
galla. Volevamo fare qualcosa. Ca-
pimmo che era importante partire
dalla strada, anche perché non ave-
vamo, a quel tempo, nessun ambien-
te in cui fare proposte».
Siete partiti, dunque, allo sba-
raglio ?
«No, ci siamo ispirati alla Pastora-
le dei Minori che si attuava a Sao
Paulo. La metodologia veniva svol-
ta con azioni nell a strada e alla peri-
feria della città. Intanto alcuni gio-
vani si erano avvicinati a noi e con
loro abbiamo cominciato a cercare
un posto di riferimento. Fissammo
due punti, nel centro della città, qua-
si all ' incrocio delle strade dove agi-
vano i ragazzi : piazza Tiradentes e la
Centrale del Brasile. Cominciammo
a percoITere le strade, accostando i
ragazzi e le i"agazze, donando loro
delle scarpe perché potessero cam-
minare».
Suor Adrna in Italia, ospite
dello Zecchino d'Oro.
Come si è venuto formando in se-
guito il gruppo e la con.figurazione
delle attività?
«Devo dire prima di tutto che an-
che per me, per noi, si è trattato di un
vero "apprendistato della strada". Io
ero stata per 22 anni insegnante in
una scuola superiore, e di questa
realtà non conoscevo molto; così pu-
re gli altri, pur provenendo da istitu-
zioni civili, dal Dipaitimento dei
Servizi Sociali, non erano mai stati
direttamente a contatto con questo
tipo di ragazzi. Ci trovavamo di
fronte a due mondi diversi sia per
provenienza che per configurazione.
Quelli di piazza Tiradentes erano ra-
gazzi che cercavano di lavorare in
molti modi perché a sera dovevano
portare il denaro guadagnato a casa;
quelli della zona della Centrale del
Brasile invece erano totalmente stac-
cati dalla famiglia, molti vivevano
senza fare nulla; non avevano scopi
per lavorare. I furti e i piccoli espe-
dienti erano il modo per dimostrare a
sé e ai compagni la propria bravura e
il tirare fino a sera. Questi ragazzi
sono chiamati dalla gente "pivete" .
Pian piano siamo venuti fo1mu-
lando una nostra metodologia: azio-
ne, riflessione, azione. Solo così ab-
biamo potuto avvicinarci alla realtà
di "quei" ragazzi.
Nel frattempo avevamo trovato un
luogo, vicino alla Cattedrale Metro-
politana, un aiuto del Banco della
Provvidenza e incominciammo una
piccola cooperativa per i lustrascar-
pe. Erano 8, oggi sono più di 90».
Perché un ragazzo e una ragazza
.finiscono sulla strada ? Non c pos-
sibilità di miglioramento della loro
situazione?
«Nella strada ci sono delle leggi
sottilissime. Riguardo ai lustrascar-
pe scoprimmo che i ragazzi erano
emarginati perché il cliente preferi-
sce che le sue scarpe siano lucidate
dalle ragazze. Il continuo ritornello
"perché non vai al lavoro?" feriva i
ragazzi. Come lavorai·e se non ven-
gono date loro le possibilità di vivere
una vita normale? I ragazzi, ma an-
che le ragazze, saranno sempre
emai·ginati, se non si loro delle re-
sponsabilità, fiducia . Il loro destino,
alttimenti, resta la delinquenza, se
non muoiono prima».
MARZ01994- 31

4.2 Page 32

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LE QUATTRO LINEE DI INTERVENTO
DELL'ASSOCIAZIONE SAN MARTINO
Linea dell'emergenza
Consiste nel lavorare accanto ai giovani che sono nella
strada. Gli educatori sociali si recano quotidianamente nella
strada, per incontrare i ragazzi , cercando di creare a poco a
~oca un rapp?rto di amici~ia e di fiducia che possa avvicinar-
li al nostro pnmo centro d1 _appoggio di Lapa. I ragazzi qui ri-
c~yono_alimenti , s1 venf1ca 11 loro stato di salute e vengono in-
dinzzat1 verso la scuola e un primo orientamento al lavoro. In
questa prima fase si cerea di fare luce sulle loro situazioni di
famiQlia . Vengon? offerti corsi di alfabetizzazione, di giardi-
naggio e meccanica.
Linea della prevenzione
Viene attuata nei Centri Sociali Comunitari che funzionano
dentro le favelas e.svolgono un'educazione al lavoro affinché
i giovani e le giovani non si avviino verso la strada. L'attività
consiste in un rinforzo delle conoscenze scolastiche nella for-
mazione a un lavoro che sia generatore di rendit~. Si vuol
raggiunge~e l'obiettivo·in cui gli adolescenti sono preparati ad
affrontare 11 · mercato del lavoro nelle sue molteplici offerte. Il
nostro nemico numero uno in questa fase è il narcotraffico.
Un padre di famiglia riceve un salario mensile di 1500 cruzei-
ros . _I narcotrafficanti offrono ai ragazzi e alle ragazze per l'av-
volgimento della droga nella carta, 150.000 cruzeiros alla set-
timana. La sproporzione è davvero grande. È una battaglia
aperta per l'educazione al lavoro e al lavoro onesto.
In questa fase una équipe visita regolarmente i giovani che
sono qià impegnati in un lavoro. Ogni visita è accompagnata
da un incontro tra 11 giovane lavoratore, il datore di lavoro e un
funzionario del Centro perché possa essere assicurata la cre-
scita umana del ragazzo e il suo impegno.
In Brasile solo 193 bambini su mille portano a termine
la scuola dell'obbligo. Nelle foto "meninos da rua".
Linea della difesa
Il Centro di difesa don Luciano Mendez svolge un lavoro a
livello giuridico, accompagnando caso per caso, affinché ven-
gano rispettati i diritti dei Bambini e degli Adolescenti.
Linea della formazione
. Il Centro di Formazione degli educatori sociali si preoccupa
d1 svolgere quell'attività di sensibilizzazione, promuovendo
seminari, corsi per l'aggiornamento e la formazione di nuovi
educatori.
Che attività avete avviato al Centro ?
«Abbiamo istituito dei corsi bre-
vi di formazione al lavoro visto
che i ragazzi devono portare a casa
denaro. In questo modo completia-
mo la loro formazione scolastica di
base, inserendo però anche materie
sulla legislazione del lavoro, sui
diritti e doveri dei lavoratori, e
cenni di formazione umana e sani-
taria. Insieme, accordandoci con
alcune aziende e centri di produ-
zione, abbiamo potuto inserire gra-
dualmente i ragazzi nel mondo del
lavoro».
Quanto tempo ti impegna que-
sta attività ?
«All'inizio il nostro lavoro si
svolgeva soprattutto nei fine setti-
mana. Ultimamente ci siamo ac-
corte che è troppo poco. È necessa-
rio esserci a tempo pieno, giorno
dopo giorno. Ecco perché nel 1986
nacque l' Assocjazione San Matti-
no che si sostiene con l' aiuto di 350
soci contribuenti responsabi.Ii per
la ricerca dei fondi economici . I
32 - MARZO 1994
funzionari sono circa un centinaio,
tra assistenti sociali, psicologi,
educatori e cinquanta volontari,
che svolgono la loro attività. In
questo modo abbiamo potuto tute-
lare più a fondo i diritti dei ragazzi
e delle ragazze impiegate presso le
aziende. Pur continuando a lavora-
re, essi possono completare la loro
formazione presso il Centro».
Come reagiscono i ragazzi e le ra-
gazze?
«I ragazzi si lasciano educare di
più. Il lavoro più difficile è con le
bambine. Forse per un modo di ve-
dere il ruolo della donna vecchio
di millenni. Esse sono da sempre
considerate spazzatura. Puoi fare
tutti i discorsi che vuoi. Difficil-
mente crederanno il contrario. Il
nostro è un lavoro silenzioso di se-
mina e di attesa paziente. È la don-
na che vive i più grandi pericoli
della strada: prostituzione, furti ,
droga, violenza... Abbiamo accolto
nel Centro alcune giovani che sono
in attesa di un figlio. Scherzosa-
mente mi chiamano la loro "nonna-
madre". Ho già dieci nipotini... ».
I vostri progetti per il futuro ?
«Incrementare l' accoglienza not-
turna dei ragazzi e delle ragazze. Lo
scorso mese di agosto abbiamo
inaugurato la residenza a Lapa, una
zona di Niteroi . La casa è stata do-
nata dal Consolato Britannico. Per il
momento sono trenta le ragazze che
possono essere accolte. Potenziare,
inoltre, i centri di appoggio che ora
sono due, uno a Lapa e uno a Nite-
roi. Avviare altri centri sociali, at-
tualmente sono tre, all'interno delle
favelas da dove provengono i ragaz-
zi. I primi giovani che sono appro-
dati da noi ora sono i nostri migliori
collaboratori. Molti hanno concluso
le scuole, altri si sono trovati un im-
piego e ritornano volentieri per dar-
ci una mano. E poi, continuare a
cercare per le strade e incontrare e
ascoltare. La prima domanda che mi
rivolgono, quando li invito a veriire
da noi è: "Ci porti a casa tua?"».
Maria Antonia Chinello

4.3 Page 33

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di Jean-François Meurs
ICANTI DISPERATI
SONO IPIU BELLI
no poche e le meno belle) . Ce ne
saranno a sufficienza per fare il suo
sidro. Il sidro, per lui, è sacro. Lo
definisce "la seconda vita delle mele"
e la migliore, quella che "ha dello spi-
rito". È un paragone curioso: è come
se le mele risuscitassero...
La scienza ci insegna quasi tutto, tranne
una cosa essenziale: a morire. Solo la
natura, forse, è capace di insegnarci ad
amare, vale a dire a vivere e a morire.
(;
1' '
I -,,,,~ff7 / ~ /
IO PENSAVO. Noi siamo come le
mele. Se una mano non ci racco-
gliesse e non ci maciullasse, noi fini-
remmo per marcire al posto di diven-
tare sidro (a meno di non essere
mangiati da una mucca!). E di chi è
la mano che ci lavora? (zitto! questo
nome è meglio non pronunciarlo,
d'altra parte come dobbiamo chia-
marlo? ...). Continuiamo
nostri
ragionamenti.
Una volta diventati sidro, veniamo
bevuti e tutto è finito ... La realtà non
cambia... Come sempre anche que-
sta volta i paragoni possono essere
divertenti e suggestivi, ma è meglio
fermarsi a tempo... D'altra parte, alle
mele, non si chiede se sono
d'accordo prima di maciullarle. Noi
invece, persone umane, noi siamo
liberi, no?
I ?fr,
&rzk.
8 ottobre. Questa volta, c'è: è
l'autunno. L'ho sentito arrivare quan-
do ho visto la nonna della fattoria
con Stefano vicino al vecchio melo.
«Lasciami fare», diceva il piccolo. «lo
sono giovane, posso saltare. E poi
sono furbo». E aveva ragione. Si era
messo il cappello imbottito per salvar-
si dalle mele che cadevano. Poi
senza paura si era messo a saltare e
a scuotere i rami un po' qua e un po'
là e le mele piovevano l'una dopo
l'altra! Era riuscito a stringere un
ramo forcuto molto in alto e lo teneva
con le due mani. Faceva dei salti di
un metro e più e si sarebbe detto un
burattino attaccato a un elastico.
Ogni anno la nonna distribuisce le
mele più belle ai vicini di casa, ma
quest'anno ce ne sono state tante
che il nonno non pensa nemmeno a
brontolare (in genere, a lui ne resta-
COMUNQUE L'AUTUNNO è un
po' il simbolo della morte, ma non è
tutta tristezza. Per esempio, una
foglia, in estate, è una foglia tra le
altre. Come la distingui? Ma quando
muoiono, le foglie si mettono a pren-
dere colore: rosso, giallo, diventano
sgargianti e si direbbe che prendano
la loro personalità solo alla fine e
che esse rivelino le loro vere poten-
zialità. Ed è bello come un canto o
come una speranza.
Ma ciò che io voglio ancora dire, è
che molto prima che le sue foglie
muoiano, il nocciolo ha già preparato
i suoi germogli e il faggio le sue
gemme. La primavera è già fiorita
molto prima che le foglie muoiano.
Una risurrezione non si improvvisa di
certo.. .
O
MARZO 1994 33

4.4 Page 34

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a LEOU
GUADALAJARA
CIUOAO
DE MEXICO
di Javier Prieto
Per iniziativa di una
coppia di cooperatori, è sorto
l'anno scorso nella periferia
di Huatambampo,
un grande oratorio diretto
da tre laici. Ma la presenza
dei giovani volontari in Messico
si è ormai ramificata .
positivamente in varie città.
34 · MARZO 1994
UN ORATORIO
ANIMATO
DAI GIOVANI

4.5 Page 35

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in una zona socialmente depressa e infestata dalle sette.
BS
il denaro sufficiente per costruire tre
campi di basket e pallavolo, tre salo-
ni per le riunioni, tre laboratori, la
zona abitazione della comunità dei
volontari. L'oratorio fu inaugurato
nel febbraio del 1993. Ora si stanno
costruendo altri campi, altri labora-
tori e un grande salone multiuso.
Giovani volontari
:Per seguire l'oratorio i salesiani e i
cooperatori banno pensato di dar vi-
ta a una piccola comunità di tre gio-
vani che si sono inseriti poco alla
volta nell' ambiente e che lavorano
ormai a tempo pieno. Maury Guer-
rero, 23 anni, è la giovane direttrice,
gli altri due sono Ismael Gutié□-ez,
---·
Huatambampo. Campi sportivi.
Numerose le attività e le presenze.
H uatambampo è una città del
nordest del Messico, al sud del-
lo stato di Sonora, presso la costa del
golfo di California, .con una popola-
zione di poco pii:1 di 100 mila abitan-
ti. La gente lavora nei campi, pochi
sono impegnati nell ' industria della
t1·asformazione dei prodotti agricoli
o nella pesca.
Nel 1987 Ignacio Ruiz e la moglie
Emma Love de Ruiz, per rispondere
ai bisogni di tanti bambini e giovani
di Huatambampo e dintorni , solleci-
tarono la presenza dei salesiani. E si
presentarono alla casa ispettoriale di
Guadalajara, a 1200 chilometri, per
chiedere i salesiani per Huatambam-
po. L'ispettore di allora, don Hum-
berto Meneses, rispose che non di-
sponeva di personale, ma li invitò a
iniziare là un 'attività con i coopera-
tori salesiani e da parte sua assicurò
appoggio e aiuto.
Così fece la famiglia Rui z Love,
che invitò altre coppie e alcuni gio-
vani per formare un centro di coope-
ratori salesiani a Huatambampo.
L'obiettivo era di occuparsi della
gioventù del posto attraverso l' atti-
vità di un oratorio. Si organizzarono
e ottennero un terreno di due ettari
nella periferia della città. Trovarono
un giovane cooperatore, e Katy de
Britz, una nordamericana di 23 anni .
Maury e Katy hanno .già fatto un an-
no di volontariato negli oratori della
periferia di Tijuana, una città di
frontiera con gli Stati Uniti.
Per le attività dell'estate, luglio e
agosto, si aggiunsero alla comunità
altri quattro giovani: Kevin Feltz,
MARZO 1994 - 35

4.6 Page 36

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che aveva già fatto un anno di volon-
tariato a Tijuana e sei mesi nella
Città dei Ragazzi di Le6n; Arturo
Rodrfguez, Wendy Gayosso e Fer-
nanda Valdez, che ora prestano ser-
vizio come volontari nella nuova
presenza di Mexicali, altra città di
frontiera con gli Stati Uniti. La nuo-
va presenza di Mexicali è stata inau-
gurata il 9 ottobre del 1993.
La piccola comunità
I tre giovani di questa piccola co-
munità giovanile di Huatambampo,
anche se non vivono con i salesiani,
hanno in comune momenti di pre-
ghiera e di formazione, e assistono
ogni giorno alla messa in una par-
rocchia della città. Possono conta-
re sull' appoggio di don Salvador
Ramfrez, un sacerdote diocesano
che apprezza molto questo apostola-
to giovanile. Continuano natural-
mente a essere appoggiati dai coope-
ratori salesiani di Huatambampo,
che fanno in modo che stiano bene e
che a loro non manchi nulla. Ma so-
prattutto si sentono animati e seguiti
dalla comunità salesiana di Los Mo-
chis, a 200 chilometri da loro, che
manda all ' oratorio di Huatambampo
a ogni fine settimana, dal venerdì al-
la domenica, due altri volontari e un
prete salesiano, don Javier Zapata.
Il lunedì è il "giorno della comu-
nità". In questo giorno non si apre
l' oratorio e i volontari si dedicano al
riposo, alla programmazione, alla
valutazione, a fare comunità tra di lo-
ro. Ogni quindici giorni la comunità
giovanile di Huatambampo si unisce
ai salesiani e ;ii giovani volontari di
Los Mochis per il ritiro spirituale e
per uno scambio di esperienze.
Tante attività
L'oratorio di Huatambampo è mol-
to apprezzato dai giovani e dalle fa-
miglie della zona, molte delle qua-
li appaitengono purtroppo a diverse
sette e denominazioni religiose.
Le attività che vi realizzano sono,
tra le altre: scuola ape1ta, catechesi
sacramentale, catechesi infantile, at-
tività del tempo libero, attività ma-
nuali, gruppi "Mamma Margherita"
per le mamme del quartiere, gruppi
di adolescenti, Amici Domenico Sa-
36 · MARZO 1994
vio, gruppi giovanili, tornei sporti-
vi, cori musicali, l' Eucaristia dome-
nicale, le "Buone notti", ecc. Ma si
importanza prima di tutto alla re-
lazione interpersonale con ciascun
giovane che frequenta l' oratorio. Vi-
sitano il quartiere per c@noscere da
vicino la vita e la situazione di ogni
giovane e della sua famiglia.
Per sviluppare queste attività invi-
tano altri laici della città, soprattutto
i giovani cooperatori salesiani, per-
ché collaborino nella animazione
delle diverse attività e insegnino
quello che çonoscono: musica, ma-
nualità, ecc. In questo modo vengo-
no coinvolti altri laici, giovani e
adulti, si favorisce il senso di appar-
tenenza all'oratorio, alla Famiglia
Salesiana e alla Chiesa.
Javier Prieto
VOLONTARIATO GIOVANILE
SALESIANO IN MESSICO
Alcune città del Messico crescono enormemente, soprattutto nella zona
di frontiera con gli Stati Uniti, creando cinture periferiche di miseria, molti-
plicando in ogni modo e seriamente i problemi ai ragazzi e ai giovani.
I salesiani hanno voluto dare una risposta adeguata e nello stesso
tempo adatta ai problemi insorgenti, creando oratori di periferia, moltipli-
cando gli animatori con servizi diversi per i giovani dei vari quartieri, impe-
gnando la società e, quando è possibile, il governo.
Questa mole di iniziative non sarebbero mai decollate senza il coinvolgi-
mento di tanti giovani delle nostre opere e gruppi , che a dire il vero atten-
devano solo l'invito per collaborare con noi. Fu così che nacque il
Volontariato Giovanile Salesiano in Messico.
Ora ci sono in Messico più di cinquanta volontari che mettono a disposi-
zione dei giovani uno o più anni di servizio a tempo pieno, vivendo sotto lo
stesso tetto di una comunità salesiana, e condividendo con i salesiani la
vita in comune: preghiera, convivenza, lavoro apostolico, programmazio-
ne, valutazione, ecc. Li unisce la stessa missione, una stessa fede , gli
stessi destinatari, uno stesso stile e metodo di lavoro.
Le città dove ci sono comunità salesiane con volontari sono attualmen-
te: Tijuana (ottobre 1987), Le6n-Cd. Nino (1989), Cd . Juarez (1991 ), Los
Mochis (1991 ), Mérida (1992), Mexicali (1993) . E le missioni di Oaxaca.
P.J.

4.7 Page 37

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a cura di Pasquale Liberatore postulatore generale
ematoma alla testa. Quando è
uscita dalla sala di rianimazione,
la mamma le portò l'abitino di san
Domenico Savio. Adesso mia ni-
pote sta bene e noi preghiamo
ancora con fede il nostro santo
intercessore.
Magnani Loretta,
Segno (TN}
DOPO
NOVE ANNI
Ho affidato a san Domenico Sa-
vio la mia unica nipote che dopo
nove anni di matrimonio e un
aborto naturale ha dato alla luce
una bellissima bambina: Ilaria.
Grazie di cuore a san Domenico
Savio.
Rita Vaschetta,
Torino
Israele. Una delle più belle foto autentiche
del venerabile Simone Srugi.
A NAZARETH FESTEGGIATO SIMONE SRUGI. A seguito
della dichiarazione di venerabilità di Simone Srugi, in Terra
Santa ci sono state due giornate ufficiali in suo onore: a Beit
Jemal, il 1Oottobre, con la presenza di mons. Lutti Laham; la
seconda il 31 ottobre a Nazareth, con la presenza di mons.
Maximos Salloum, arcivescovo greco melkita cattolico di Ac-
ca. Ma già il 15 maggio era stata celebrata «la Giornata degli
Adolescenti », con la partecipazione di 200 ragazzi e ragazze
delle scuole cattoliche di Nazareth, Cana e Jaffa di Nazareth.
Sono state circostanze favorevoli per far conoscere Simone
Srugi , il «buon samaritano, concittadino di Gesù ».
CONTRO OGNI
PREVISIONE
MEDICA
A Begosso, paesino del basso
Veronese, vivono davvero felici i
coniugi Alberto Borgogno e
Adriana Bellinazzo allietati, con-
tro ogni previsione medica, dalla
nascita di Elisa. In dodici anni di
matrimonio, c'erano stati ben
quattro aborti naturali. Per l'ulti-
mo nato, sopravvissuto solo cin-
que giorni , la madre ricoverata
all'ospedale di Legnago, soprag-
giunta una grave emorragia, era
stata trasferita in elicottero
all'ospedale di Verona dove fu
salvata in extremis . I medici
sconsigliarono, a rischio della vi-
ta, ulteriori maternità. La signora
Adriana profondamente cristia-
na, tramite il Parroco , exallievo
salesiano, ricevette l'abitino di
san Domenico Savio con lepre-
ghiere annesse. Iniziò con viva
fede e speranza la recita delle in-
vocazioni al piccolo santo , affi-
dando alla sua intercessione
l'esito dell'attesa maternità. La
nascita regolare di Elisa ha por-
tato la gioia ai genitori che ringra-
ziano Domenico Savio e conti-
nuano a pregarlo affinché
protegga la loro creaturina e i fe-
lici genitori.
Sac. Agostino Magarotto,Sdb,
Legnago (VR)
GUARITA DA
UN EMATOMA
A distanza di un anno, sento il do-
vere di pubblicare come promes-
so, una grazia ricevuta per inter-
cessione di san Domenico
Savio . Mia nipote ha avuto un in-
cidente col motorino. Trasporta-
ta all'ospedale di Trento e suc-
cessivamente a quello di Verona,
è stata sottoposta subito ad in-
tervento chirurgico a causa di un
TUTTO SEMBRÒ
CROLLARE
HANNO SEGNALATO GRAZIE:::
Adelina Marchesan, per intercessione
Abbiamo desiderato tanto - ma
inutilmente - un bambino. Mi so-
no allora rivolta a san Domeni-
co Savio affidando alla sua in-
tercessione questo mio ardente
di Mamma Margherita, Castello di
Godego (TV), R. V. G., per intercessio-
ne di Eusebia Palomino, Pieve
Fosciana (LU), Oggioni Annamaria,
per intercessione di Eusebia
Palomino, Brugherio (Ml), Giovanni
desiderio. Ed ecco finalmente un Acquistapace, per intercessione di D.
giorno arriva la bella notizia: ci fu
una gioia indescrivibile! Ma dopo
cinque mesi tutto sembrò crolla-
re. Stavo infatti per perdere il
bambino a causa di una colica re-
Rinaldi, Como, Fam. Rizzo/lo, per in-
tercessione di Maria Ausiliatrice ,
Torino, C. L., per intercessione di Maria
Ausiliatrice , Gallo G. (CN), Sacchetto
Isabella, per intercessione di Maria
Ausiliatrice, Saluzzo (CN), Roberta P.,
nale che durò venti giorni. Fu al- per intercessione di Maria Ausiliatrice,
lora che mi rivolsi a Lui più di pri- Macello (TO), Este/lo Grazia, per inter-
ma, impegnandomi a pubblicare '
la grazia. E così nell'ottobre scor-
cessione di Maria Ausiliatrice, Rivoli
(TO) , Brambilfa Maria, per intercessio-
ne di Maria Ausiliatrice , Cinisello B.
so è nato Francesco. Ringrazio (Ml), S. M. V., per intercessione di
tanto il piccolo santo per questo Maria Ausiliatrice , Sassari, Ferrara
bellissimo e preziosissimo dono.
Marinella L. ,
Sava (TA)
Giuseppina, per intercessione di Don
Bosco, Riesi (CL), Franchino
Margherita, per intercessione di Don
Bosco, Borgo S. D. (CN), V. A., per in-
tercessione di Don Bosco, Cagliari ,
Augusto Del/ero, per intercessione di
CREDEVO
DI MORIRE
Don Bosco, Torino, Lavati Angela, per
intercessione di Don Bosco, S. Stefano
(Ml) , C. T., per intercessione di Don
DAL DISPIACERE Bosco, Caldogno (VI), Mi/ani Odette, ·
per intercessione di Don Bosco,
Mio figlio Luca e un suo amico, rin- Palmenta (NO) , Snichelotto Ottone,
casando di notte in macchina, per intercessione di Don Bosco,
hanno avuto un incidente . La
macchina distrutta, mio figlio con
ventisette punti e la possibilità di
perdere l'occhio destro, il suo ami-
co in coma con fratture molto se-
Sossano (VI), Pulfara Carmela , per in-
tercessione di Domenico Savio,
Favara (AG) , Mocciaro Angela, per in-
tercessione di Domenico Savio,
Vìllalba (CL), Gal/eniAdriana, per inter-
cessione di Domenico Savio, Milano,
rie. Ero disperata, credevo di mo- Pappalardo Giuseppina, per interces-
rire dal dispiacere. Pregando con
tanta fede, mi sono aggrappata a
san Domenico Savio. Ebbene le
cose sono andate lentamente mi-
gliorando fino alla guarigione per
sione di Domenico Savio, Catania,
Gasparoni Maria Rosa, per interces-
sione di Domenico Savio, Valdagno
(VI), Taricco Maria, per intercessione
di Domenico Savio, Narzole (CN) ,
Pagin Donatella, per intercessione di
tutti e due. Ora a diciotto mesi da Domenico Savio, Rovello P. (CO),
quella notte angosciosa ringrazio
di cuore san Domenico Savio per
averci aiutato.
Margherita Pitasso,
Mogliano Veneto (TV)
Pievani Anna Maria, per intercessione
di Domenico Savio, Nese (BG), Dalla
Velia Luigina, per intercessione di
Domenico Savio, Thiene (VI) , lenna
Giuseppina, per intercessione di
Domenico Savio, Palermo.
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lette-
re non firmate e senza
recapito. Su richiesta si
potrà omettere l'indica-
zione del nome.
MARZO 1994 -37

4.8 Page 38

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--·--~~-
ANNIVERSARI Furono i salesiani di San Callisto a essere i primi testimoni dell'assurdo
LA VERGOGNA
DELLE FOSSE
ARDEATINE
di Francesco Motto
Roma, Fosse Ardeatine. Il monumento alle vittime della rappresaglia.
Una testimonianza della
barbariè umana e della
assurdità della guerra.
335 persone, dai 14
ai 74 anni, uccisi
per rappresaglia un
tragico venerdì
di cinquant'anni fa.
L a tragedia delle Fosse Ardeatine
ebbe come testimoni della fase
preparatoria e come primi scopritori
i salesiani delle due comunità pre-
senti sulla tenuta pontificia delle ca-
tacombe di San Callisto. Le fonti
scritte e le testimonianze orali di va-
ri salesiani permettono di ricostruire
38 - MARZO 1994
la terribile vicenda, divenuta ormai
patrimonio della coscienza civile
dell'umanità.
L'attentato di via Rase/la
Nel pomeriggio del 23 marzo
1944, mentre un reparto tedesco di
polizia passava per via Rasella -
che, nel centro di Roma, scende da
Palazzo Barberini all'ingresso del
tunnel del Quirinale - un carretto
delle immondizie pieno di esplosivo
e alcune bombe lanciate dai pattigia-
ni dei GAP ne fecero strage. Parec-
chi uomini furono orrendamente
straziati, altri feriti, la strada fu pie-
na di sangue e di grida.
Al primo e naturale impulso di
procedere immediatamente ad
un'esemplare punizione, subentrò
nei tedeschi l'idea della rappresa-
glia. A fronte di un attentato politico
di gravità eccezionale, tutte le più
alte autorità tedesche sia militari che
diplomatiche si misero in moto. Il
Fiihrer da Berlino, stando almeno a
fonti tedes(;he, chiese addirittma di
far saltare in aria l'intero quartiere
con tutti i suoi abitanti e che si fuci-
lassero dai 30 ai 50 italiani per ogni
poliziotto tedesco ucciso. Sempre
da Berlino il capo della polizia nazi-
sta del Reich, Heinrich Himmler,
chiese che si rastrellasse la popola-
zione maschile tra i 18 e i 45 anni di
alcuni quartieri e si deportassero
lontano da Roma. Si finì con l'ese-
guire una sola terribile rappresaglia:
l' uccisione di 10 individui per ogni
tedesco caduto.
Il pomeriggio del giorno seguente
335 detenuti nelle carceri di Regina

4.9 Page 39

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eccidio romano, voluto dalle forze di occupazione naziste.
BS
Coeli e di via Tasso (15 in più del nu-
mero prestabilito sulla base delle 32
vittime tedesche), tutti estranei
all'attentato, furono trasportati a
certe vecchie cave di arenaria situa-
te poco fuori Porta San Sebastiano,
fra le catacombe di Domitilla e di
San Callisto.
Dall' alto del terrapieno della tenu-
ta delle catacombe più di un salesia-
no poté osservare i soldati bloccare
le strade che davano accesso al luo-
go. La guida fiamminga, il coadiuto-
re Van der Wijist, venne allontanato
dal suo vicino posto di osservazione;
invece la guida ungherese, il coadiu-
tore Luigi Szenik, non solo poté ve-
dere i carri con i condannati a morte,
ma anche salvare un giovane che im-
prudentemente aveva preso in mano
un fucile.
L'eccidio
L' esecuzione vera e propria dei
condannati durò dalle 15,30 alle
20,30 di quel tenibile venerdì : cin-
que militari tedeschi prendevano in
consegna cinque vittime con le mani
legate dietro la schiena, man mano
che arrivavano i camion. Dentro le
«Dal nostro sacrificio sorga una
patria migliore...» , così si legge
oggi nel luogo dell'eccidio.
cave le facevano inginocchiare e,
quindi , ciascuno di essi puntava la
propria Maschine-pistole alla nuca
della vittima che aveva in consegna.
Nella debole luce delle torce, il capi-
tano Schutz impartiva l' ordine di
sparare, dopo di che un soldato della
sanità controllava che gli uomini
fossero morti.
Non sempre la morte fu istantanea
e talvolta i soldati, annebbiate la vi-
sta e la mente dal cognac con cui il
tenente colonnello Kappler aveva
cercato di togliere loro ogni senso di
pietà, dovettero sparare più colpi.
Risultato: varie teste di condannati
saltarono via dal tronco .
.Ultimata la strage, cui non mancò
di dare il suo personale contributo
di ferocia lo stesso "boia di Roma",
Kappler, i cadaveri vennero accata-
stati. La sera stessa e l'indomani
MARZO 1994 -39

4.10 Page 40

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mattina rimasero sepolti sotto mas-
si di arena fatti cadere con apposite
mine.
La scoperta dei cadaveri
A meno di 24 ore di distanza- al-
meno al dire di don Giovanni Fagio-
lo e dell' allora chierico Giuseppe
Perrinella (uno dei primi a vedere i
cadaveri anche secondo la più famo-
sa relazione di don Michele Valenti-
ni) , - i salesiani ebbero modo di
trovare conferma della notizia, per
altro diffusa immediatamente dai te-
deschi stessi.
Messi sull ' avviso dal coadiutore
Luigi Szenik, che era riuscito a car-
pire brani di conversazione telefoni-
ca di militari tedeschi, nel pomerig-
gio del 25 don Fagiolo, don
Perrinella e il coadiutore Enrico Bo-
lis fortunosamente poterono, se-
guendo un filo elettrico, arrivare fino
alle cataste dei morti.
Uno spettacolo raccapricciante.
Quasi tutti i corpi delle vittime, ca-
duti in avanti, erano rimaste così,
prone, voltate all'ingiù, in macabre
posizioni; altri erano ripiegati su se
stessi o raggomitolati. Gli strati di
cadaveri erano ricoperti di una spe-
cie di muffa.
I giorni seguenti altre persone en-
. trarono nelle cave, ormai diventate
"fosse": salesiani (don Valentini,
don Ferdinando Giorgi, don Nicola
Cammarota, sig. Gino Cacioli, ecc.),
partigiani, ragazzi della zona...
La città fremette di fronte a tanta
Roma. Una bacheca del piccolo museo delle Fosse Ardeatine.
barbarie, per cui il primo aprile i te-
deschi fecero brillare altre mine, on-
de impedire definitivamente l'acces-
so a chiunque.
Passavano i giorni ma non si pre-
cisavano né le modalità dell' esecu-
zione né i nominativi dei giustiziati.
Il procuratore dei salesiani, don
Francesco Tomasetti, ebbe modo di
entrare in possesso di una lista par-
ziale di tali nominativi, che imme-
diatamente fece pervenire alla Santa
Sede, per altro già messa al co1Tente
della strage da don Valentini.
L'elenco completo pervenne inve-
ce in mano al direttore di S. Callisto,
don Virginio Battezzati, cui si rivol-
sero per un certo periodo di témpo
quanti erano alla ricerca dei loro ca-
ri scomparsi. Diffusasi però la noti-
zia, dovette nascondere la lista e
mantenere il silenzio, per evitare
prevedibili, sgradite sorprese da par-
te dei tedeschi.
Solo il 26 luglio si iniziarono lari-
mozione delle vittime e lo studio
medico legale di ciascuna di esse. Le
salme, ricomposte e identificate
quasi tutte, previa benedizione di
padre Umberto dei frati di San Seba-
stiano, venivano collocate nelle ca-
ve. Alcune volte venne chiamato il
rabbino ; anche don Battezzati si pre-
stò per tale atto di carità.
Il Mausoleo
Ora le salme riposano ia un degno
Mausoleo eretto sul luogo stesso
della strage, meta continua di chi
·non può e non vuole dimenticare cl}e
la barbarie comincia là dove cessa la
regola del vivere civile fondato sul
rispetto della persona umana, sulla
dignità del cittadino, sul diritto dei
popoli. «Chi possiede il passato,
possiede il futuro ; e chi possiede il
presente, possiede il passato», dice
con un ' ombra di cinismo George
Orwell.
Roma, che custodisce nelle sue ca-
tacombe e nelle sue basiliche tante
reliquie di santi e di martiri, con.
l' eccidio delle Fosse Ardeatine ha
così scritto nel libro della storia an- ~
che la data del 24 marzo 1944.
Francesco Motto
Foto'autentica di una vittima delle Fosse Ardeatine. Particolare
delle mani legate.
40 - MARZO 1994
Per la ricostnizione completa della vicenda, si veda
«Ricerche Storiche Salesiane», 1994/1 .

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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BS
DEMURO suor Marisa, figlia di Maria Ausi-
t liatrice, Sassari il 24/8/1993 a 55 anni.
La malattia la colpì quando era ancora nel pie-
no delle sue forze e con una grande voglia di la-
vorare ancora per i giovani. Per trent'anni fu
maestra elementare, insegnante di catechismo
e animatrice nell'oratorio. Qualunque lavoro le
venisse affidato lo faceva con grande amore e
responsabilità. Ebbe la gioia di essere pellegri-
na a Lourdes, proprio il mese prima di andare,
in. silenzio, incontro a Dio.
DI CHIRICO Giuseppe, exallievo, t Bari il
28/9/1993 a 56 anni.
Ingegnere, ordinario di meccanica sperimenta-
le all'Università di Cagliari, frequentò la scuola
salesiana a Venova (PZ) e a Caserta. Parteci-
pava con entusiasmo ai convegni e alle mani-
festazioni culturali promosse dall'Unione exal-
lievi di Potenza ed era legatissimo a Don Bosco
e ai suoi ex insegnanti. Verrà ricordato come
una persona buona e semplice, sorridente, ma
anche di grande energia e di notevole prepara-
zione professionale.
ABBATE sac. Luigi, salesiano, t Torino il
10/9/1993 a 82 anni.
Fu un salesiano entusiasta della sua vocazio-
ne. Visse con generosità a servizio dei salesia-
ni e dei giovani, degli operai come cappellano
in fabbrica, in terra di missione, partendo e vi-
vendo coraggiosamente l'ultimo periodo della
sua vita nella missione del Kenya.
SONATO Maddalena in Roman, cooperatri-
ce, t il 16/10/1993 a 96 anni.
Amorevolmente conosciuta come "nonna Ne-
ni", ha lasciato questa terra con molta pace e
serenità, dopo una malattia che l'aveva resa
non più autosufficiente. Durante la guerra do-
vette sacrificarsi molto, assieme al marito Gio-
vanni , morto nel 1958, per crescere i suoi otto
figli , quattro maschi e quattro femmine. Ha do-
nato generosamente al Signore il primogenito
Aldo, diventato salesiano laico. Intraprendente
e generosa, senza badare a qualsiasi sacrifi-
cio , è ricordata da tutti con amore.
DE LUGAN sac. Natale, salesiano, t Negrar
(VR) il 30/6/1993 a 85 anni.
Salesiano buono e semplice, delicato nell'os-
servanza religiosa, specie della povertà, era
ricco di carità pastorale e conservava un amo-
re particolare per le missioni, prodigandosi
per raccogliere offerte e mantenere relazioni
epi stolari con gli amici del Brasile. Nella ma-
lattia e nella morte ha rivelato e testimoniato
una grande fede .
SOLDI suor Santa, figlia di Maria Ausiliatri-
ce, t Carate Brianza (Ml) il 18/8/1993 a 82 anni.
Si dedicò sia come insegnante che come diret-
trice ai problemi del bambini. Questa sintonia
con i più piccoli è stato un segno di quanto la
sua vita fosse trasparente. Fu sorridente e se-
rena anche nei momenti di maggior dolore,
perché la sosteneva una fede robusta e una
rettitudine profonda.
SEGATO Ettore, cooperatore, t Padova il
30/10/1993 a 83 anni.
Ha vissuto lo spirito salesiano nella sua fami-
glia, educando i quattro figli a una vera vita cri-
stiana: le due figlie consacrate al Signore, di cui
una FMA e i figli nello stato matrimoniale. Ave-
va una spiccata devozione eucaristica e maria-
na. La morte lo colse mentre attraversava un in-
crocio per recarsi alla santa Messa di sabato.
Parlava spesso del suo incontro definitivo con il
Signore dicendo: «Sono sempre pronto! ». Fe-
dele alla vita del Centro cooperatori , portava nel
gruppo l'ottimismo cristiano, la gioia salesiana,
l'amore ai giovani.
GAVELLO Giovanni, salesiano, t Cuorgnè
(TO) il 23/12/1993 a 79 anni.
Era nato nella terra di Don Bosco, a Cortanze
(AT) e frequentò il ginnasio a Valdocco. Fu un
salesiano laico impegnato in molti servizi con -
creti : fu infermiere, guardarobiere, autista,
assistente, vivendo cordialmente con ch i gli
era vicino, sentendosi sempre soddisfatto e
realizzato. A Cuorgnè era ben conosciuto:
era lui che ogni mattina andava a ritirare la
posta e, strada facendo , si intratteneva, salu -
tava, rivolgeva qualche parola buona a quan-
ti incontrava.
VASCONCELLOS sac. José Vieira, sale-
t siano, Barbacena (Brasile) il 18/3/1993 a 76
anni.
Fu un salesiano molto noto nel campo dell'edu-
cazione quale presidente dell'Associazione
nazionale e latino-americana degli educatori
cattolici e membro del Consiglio federale
dell'educazione. Fu un salesiano di grande cul-
tura , di tratto umanissimo, di facile e affabile
comunica z ione .
PERSONENI suor Lucia, figlia di Maria Au-
siliatrice, t Padova il 5/6/1993 a 78 anni.
Umile, silenziosa, fedele al suo lavoro nasco-
sto, lavorò per moltissimi anni in cucina, prima
in Emilia e poi nel Veneto. Aveva il gusto sotti-
le dell'umorismo per cui spesso nascondeva la
stanchezza con una battuta allegra. Soffrì mol-
to per la perdita dei suoi cari , in particolare per
quella del fratello sacerdote.
LEHAEN mons. Pierre François, salesiano,
t Bonheiden (Belgio) il 25/4/1993 a 85 anni.
Vescovo a Sakania-Kipushi (Zaire), si è dona-
to corpo e anima alla sua missione di pastore.
Visitava i suoi cristiani anche nei villaggi più
lontani e difficili da raggiungere . Era meticolo-
so nell'osservanza delle norme liturgiche. Ave-
va un'apparenza un po' rude, ma era profonda-
mente umano e pieno di premure per i vecchi
missionari. Fu sollecito a presentare le dimis-
sioni, per favorire il passaggio della diocesi a
un vescovo africano.
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica.per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
<<... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati :
<<... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
MARZO 1994 · 41

5.2 Page 42

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Nome: don Pietro Stella.
Nato a: Catania nel 1930.
Attuale residenza : Roma.
Attività: docente di teologia
presso l'Università salesiana.
Altre notizie utili: professore di
storia moderna, storia della
Chiesa e storia del Cristianesimo
presso le università statali di
Bari, Perugia e Roma.
Ordinario di storia della
Chiesa presso la Terza
Università di Roma.
Com'è nata, don Stella, la sua negative. Le operazioni di critica
passione per la ricerca storica documentata sono indispensabili
su Don Bosco?
a qualsiasi rilettura scientifica».
«Ho sempre avuto passione per
la storia. Altrettanto potrei dire . Cosa dire di Don Bosco e del
della simpatia per Don Bosco. suo tempo?
Però altro è l~. passione, altro lo «Non bisogna dimenticare che
studio rigoroso e l'apprendi- I' 800 è un pe1iodo di transizione.
mento del mestiere di storico. I preti in Italia costituivano l'un
Un momento impo1tante e for- per cento della popolazione
tunato fu quando fui incaricato all'inizio del1'800. Con salti bru-
del riordinamento dell'Archivio schi e traumatici calarono
Centrale Salesiano dal 1961 al all'uno per mille all'inizio del
1965, anno in cui lasciai Torino '900. Eppure 1' 800 è un'epoca di
per trasferirmi definitivamente a profondo fermento- religioso.
Roma presso l'Università sale- Centinaia e migliaia furono i
siana. In quel periodo torinese promotori di nuove iniziative e
feci scorribande anche altrove. istituzioni. Tra questi spicca Don
Esplorai allora oltre duecento Bosco, figlio di poveri contadini,
biblioteche di enti pubblici e pri- per le sue singolari doti di educa-
vati in Piemonte, senza contare tore e trascinatore di giovani, per
gli archivi statali ed ecclesiastici le insospettabili capacità di coin-
che potei frequentare con o sen- vo lgimento e di organizzazione,
za attrezzatura per microfilm in per la profondissima fede testi-
Italia e in Europa».
moniata tra l' altro dal cartello
che tenne sempre davanti agli
Cominciò allora a pubblicare? occhi nella sua stanzetta di Val-
«A forza di esplorare, riflettere e docco, con la scritta: "Signore,
connettere nacquero uno dopo dammi le anime, prenditi tutto il
l'altro tre grossi volumi di docu- resto. Da mihi animas..."».
menti sul giansenismo in Pie-
monte e quelli che i salesiani co- Che giudizio dà sui giovani
noscono, su Don Bosco nella d'oggi?
storia dell a religiosità cattolica». «Gli studi sto1ici sul mondo gio-
vanile nell 'età contemporanea
Dalla sua ricerca Don Bosco sono appena agli inizi . Certa-
esce ridimensionato ?
mente oggi, come sempre, i gio-
«La parola "ridimensionato" vani sono la premessa e la pro-
non mi piace, perché può sottin- messa di un avvenire che si
tendere chissà quali operazioni spera migliore».
D
42 · MARZO 1994
UNA FIRMA
E MILLE LIRE
Un cerchio che racchiude due n'tani,
un a bianca e una nera. È il simbolo
del!' associazione «U na mano amica»,
nata una decina di anni fa a La Log-
gia, presso Torino, per aiutare le po-
polazioni bisognose del Terzo Mon-
do. IJ gruppo missionario è nato nei
reparti de lla Iveco, grupp9 FIAT, e
lentamente ha coinvolto alcune centi-
naia di persone. L ' associazione indi-
rizza g li uti al le missioni dei frati
cappuccini del Capo Verde in Africa,
del Kenya, dei missionari dell a Con-
solata, dei salesiani de l «Don Bosco
Junior College» di Chandur in India.
I fondatori, Alessio Gaiotti e G ior-
gio Milanese, hanno cominciato a
bussare alle porte dei colleghi di fab-
brica, chiedendo se erano di sposti a
collaborare al finan ziamento di alcu-
ne iniziative missionarie. Ogni mese,
un giro per tutti i reparti e gli uffici .
«Sarebbe ce1to più facile raccogliere
la so mma una volta all'anno, per
esempio a Natal e, quando tutti sono
più buoni , ma ci sembra più importan-
te che una persona dia anche solo mil-
le lire al mese che quindi cimiJa lire
all'anno. Ogni mese, almeno per due
minuti , nel tempo di tirare fuori il por-
tafoglio, quella persona penserà al
Terzo Mondo, ai poveri della terra».
In seguito hanno escogitato molte
ini ziative, anche una coraggiosa sot-
toscrizione-lotteria con giocatori di
serie A e B. Aiuti sqno stati sollecita-
ti e ottenuti dal Parl amento italiano e
da que llo di Strasburgo.
Non temono di passare per utopisti.
Hanno lanciato un appello urgente per
la pace a Boutros Ghali, segreiario ge-
nerale dell ' ONU, e, più recen te mente,
una racco lta di firme da in viare a mol-
ti capi di Stato per invocare ii disar-
mo. Hanno scritto: «Se la richiesta vi
sembra utopia, noi proviamo ugual-
mente a chi ederlo con tante firme».
Le mille lire invece, che dovrebbero
portare a un incasso di almeno 30 mi-
lioni, saranno spese a favo re di pro-
getti dei missionari de lla Consolata,
dei cappuccini e de i salesiani. Gaiotti
e Milanese non sono mai stati in Afri-
ca, né in Asia: per ora hanno scelto di
essere missionari cos1 , ne ll a vita di
ogni giorno, missionari nel tempo li-
bero, missionari in fa bbrica. È in
modo particolare che dopo aver bolla-
to la cartolina sono riu sciti a far cre-
scere la solidarietà.

5.3 Page 43

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IL BOLLETTINO
SALESIANO
TUTTA L'INFORMAZIONE DAL MONDO SALESIANO
OGNI MESE A CASA TUA
Il Bollettino Salesiano è una rivista internazionale
e missionaria che fa conoscere e rilancia il progetto
di Don Bosco a servizio dei giovani.
JmGe!I: 80UIJ
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L ________________ _
Inserire in busta chiusa e affrancare
,------------ .x-
La rivista dal 1877 è un dono di Don Bosco a chi segue
con simpatia il lavoro salesiano tra i giovani.
Diffondetelo tra i parenti e gli amici che non lo ricevono ancora.
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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO C.M.P.
Rivista per la Famiglia Salesiana
e gli Amici di •Don Bosco
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IL BOLLETTINO SALESIANO - Via della Pisana, 1111
- Casella Postale 18333 - 00163 Roma
Un SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
Domenico Agasso
Maria Mazzarello.
Il comandamento della gioia
Religione, pag. 176, rii , L.22.000
Maria Mazzarello è una contadina
analfabeta che diventa raffinata
educatrice non mediante un
recupero tardivo di competenze
pedagogiche ma attraverso
l'elaborazione personale (sia pur
guidata dai suoi maestri) delle
potenzialità educative della povertà,
della solidarietà, della vita quotidiana,
del lavoro e della preghiera.
È un modello di donna-protagonista
che alla promozione delle donne
ha contribuito moltissimo in termini
educativi e culturali .
Domenico Agasso
MARIA MAZZARELLO
IL COMANDAMENTO
DELLA GIOIA
an SOCIETÀ
Z/ EDfTRICE
lt-lTERNAZIONALE
TORINO