GIUBILEO DEI GIOVANI
«Aprite le porte a Cristo•! dice la Chiesa
per bocca del Papa ed è indubbiamente
una esortazione di cui ognuno di noi ha bi-
sogno.
Si, perché spesso si moltiplicano non
solo le porte blindate degli appartamenti
ma anche quelle dei nostri cuori. Anzi, di-
rei che è abbastanza frequente il caso che
quelle degli appartamenti sono il segno di
quelle dei cuori.
Ma, a rifletterci, perché corrazzlamo le
entrate delle nostre case? Per proteggere
dai ladri cose spesso superflue e futili, a
cui siamo legati In modo quasi morboso.
Se la nostra casa è caratterizzata da mo-
bili lussuosi, oggetti preziosi e delicati,
tappezzerie raffinate e costose, come po-
tremo mai accogliere un fratello bisognoso
dl cure e abbandonato? E se le sue scar-
pacce ci inzaccheranno la moquette? E se
ci ruba il candelabro d'argento o il sopra-
mobile di Capodimonte? E se sanguina,
come potremo stenderlo sul sofà di velluto
pregiato?
Se è vero che il Vangelo non ci chiede
di essere degli avventati, è pur vero che
come cristiani non possiamo non assu-
mere dei rischi per andare incontro agli al-
tri. (Sarà bene dare un'occhiata a quanto
ha detto Don Palmisano all'ultimo Conve-
gno GG.CC. sul coraggio di Don Bosco).
In questo periodo abbiamo tre impegni
contemporanei: prepararci al giubileo, ap-
profondire ìl tema annuale, e riflettere sulla
Pasqua. A voler guardare bene la sostanza
di fondo è unica: guardare a Cristo come
centro della nostra esistenza ed in tale
prospettiva accoglierlo nei nostri fratelli e
vivere la nostra yera Pasqua attraversando
una volta per tutte quel Mar Rosso che di-
vide l'uomo vecchio, arido, avido e sco-
stante dall'uomo nuovo, dall'uomo vero,
l'uomo salvato, l'uomo risuscitato, l'uomo
dell'accoglienza.
Ogni attimo della nostra ~ita deve es-
sere una conversione, il nostro protender-
ci all'Ideale, cioè Cristo, non deve avere
mai fine, ma ci sono dei momenti decisivi
che dobbiamo saper cogliere: in questi
momenti si fanno le scelte fondamentali, e
da queste opzioni dipenderanno le nostre
scelte successive.
La Chiesa e l'Associazione ci propon-
gono una possibilità di riflessione unica,
approfittiamone coinvolgendo anche chi ci
sta vicino in casa, a scuola, al lavoro, sulla
metro. Talvolta basta poco per trasformare
una vita; Dio si serve di tutto.
Per i GG.CC. c'è l'occasione di farsi ani-
matori in mezzo a tanti giovani, affinché Il
giubileo possa essere un fatto sostanziale
e non solo la partecipazione ad un viaggio
organizzato o a una delle solite funzioni.
Con le porte del nostro cuore sbarrate non
ha significato tutto Il resto. (Enzo Manno)
Dal nostro inviato in India...
Sono una ragazza che ha avuto una for-
tuna particolare, (tale la reputo), quella
cioè di aver potuto fare un viaggio alle
Missioni dell'India.
È stata una esperienza importante e
penso che quello che ho provato e visto
non riuscirò a renderlo a parole, sono sen-
timenti e visioni che ti rimangono nel cuo-
re e nella mente e forse è ancora troppo
presto anche per scrivere ma lo faccio
ugualmente per far partecipi anche altrl
della mia esperienza.
Ho sempre sentito parlare delle Missioni
e dell'enorme lavoro che svolgono questi
nostri fratelli dedicando tutta la loro vita al
«se~izio• degli altri, ma sinceramente
sono state parole che ascoltavo ma non ml
toccavano profondamente.
Ho dovuto però constatare di persona
quanto bisognerebbe fare per aiutare que-
ste opere che cercano di portare sollievo a
bambini abbandonati e denutriti, a lebbro-
si, orfani, persone anziane.
Sinceramente devo dire che la mia Idea
era molto diversa da quella che è la realtà.
Suore, pretì e anche giovani che tra-
scorrono la maggior parte della giornata
con questi poveri, lavorano dalla mattina
alla sera donandosi completamente agli
altri e nelle mille difficoltà che incontrano
sono ugualmente capaci di sorridere.
Ho visto cosa significhi veramente la pa-
rola «povertà•, cosa vuol dire la parola
«fame~, bambini che ti si aggrappano ai
vestili elemosinando non tanto soldi quan-
to un «pezzo di pane», una caramella,
qualsiasi cosa purché commestibile.
Devo dire che il mio primo giorno in In-
dia è stato scioccante perché arrivata a
Bombay ho visto gente dormire sulla stra-
da, tuguri incredibili costruiti sui marcia-
piedi, bambini nudi giocare in .mezzo alla
sporcizia e poi tanti lebbrosi riuniti in una
zona recintata da dove non possono usci-
re perché li controlla a vista la polizia.
Appena Il pulmann che cl portava si è
fermato nelle vicinanze si è verificata una
scena raccapricciante: tutta questa povera
gente aggrappata al finestrini dell'auto
mostrava le proprie deformazioni (mani
senza dita, moncherini Incarniti) per Impie-
tosirci a dare loro qualcosa, un vero infer-
no che non dimenticherò mai!
E in mezzo a tanto male, a tanta miseria
ecco i missionari che portano il loro con-
forto: nel fango, nella sporcizia si danno
da fare per salvare da • morte sicura. que-
sta povera gente e riescono a trasformare
questo inferno in paradiso!
Sono una «goccia» in mezzo al mare di
sofferenza che esiste, ma è pur vero che
sono l'unica loro ancora di salvezza.
Visitando le loro missioni si può com-
prendere quanto incitano in pratica la fra-
se del vangelo: • Qualunque cosa avrete
fatto a uno del più poveri tra i miei fratelli,
lo riterrò fatto a me».
Sono veri testimoni dell'amore che
spendono la loro vita per l'elevazione so-
ciale e morale, per amare «quelli ct,e nes-
suno ha il coraggio di amare».
Purtroppo ml sono dovuta rendere con-
to quanto sia facile dire a parole di essere
•cristiani», di «amare il prossimo» e quan-
to poi sia difficile metterlo in pratica: infatti
andando nel villaggio dei lebbrosi a Ma-
dras avevo paura a scendere dal pulmann,
mi sono sentita una vigliacca.
La messa più bella è stata proprio quella
celebrata In questo villaggio dedicato a
Papa Giovanni XXIII, insieme ai lebbrosi
che alla fine, in segno di affetto hanno vo-
luto donare ad ogni partecipante una ghir-
landa di fiori.
Ho visto come in quel luogo di miseria e
di dolore regnasse «sovrana la gioia..
Nessuno era scontento o disperato, sicu-
ramente anche per la costante presenza di
suore donatesi completamente a «seNire
Lui• In questi fratelli: è proprio vero che la
carità di Cristo non ha limiti!
Ogni Missione che ho visitato è riuscita
a farmi vedere 11n aspetto diverso di quello
di cui è capace la «forza dell'amore•.
Così, ho trovato le «suore del sorriso•.
suore che hanno accettato di vivere tra I ri-
fiuti della società, nel tuguri accogliendo
tutti coloro che gli altri rifiutano. Si trovano
in viuzze rigurgitanti di gente e piene di
fango e maleodoranti.
Hanno deciso di vivere qui per farsi «po-
veri con i più poveri•, sempre serene per-
ché convinte e sicure che accanto a loro
vive Gesù povero e sofferente, sono una
viva testimonianza!
E poi ancora tante altre missioni e tante
altre vite spese a se~izio del grande ideale
missionario. Tutto questo ci fa riflettere: di
fronte alla tragedia di questi fratelli che
muoiono di fame o consumati dalla lebbra
non possiamo rimanere insensibili, siamo
tutti responsabili!
È facile dire non posso risolverlo da
solo, non tocca a me, è facile fare dell'ac-
cademia, non è la mia vita che ne va di
mezzo. Gesù è stato esplicito: «Chi non
ama il fratello che vede, non può amare
Dio che non vede•.
Siamo tutti impegnati in prima persona:
basta pensare che con Il valore di un gior-
nale si può mantenere un bimbo indiano o
con l'equivalente di un pacchetto di siga-
rette una intera famiglia.
Una nostra rinuncia del superfluo può
salvare un'esistenza o ridare il sorriso ad
un bambino!
Non possiamo e non dobbiamo tirarci
indietro, per questo Invito tutti a fare no-
stro il comandamento di Cristo: «Da que-
sto vl riconosceranno miei discepoli, se vi
amerete l'un l'altro!• (Daniela Nardi).
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