Bollettino_Salesiano_197407


Bollettino_Salesiano_197407



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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVIII N. 7 1° APRILE 1974
Spediz.i n abbon. post. - Gruppo 2° (70) - 1• quindicina

1.2 Page 2

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVIII - N. 7
Aprile 1974
Direttore responsabile
DON TERESIO BOSCO
Impaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Amministrazione
Via Maria Ausilìatrice, 32
10100 Torino
Officine Grafiche SEI
SOMMARIO
Editoriale
2. Dove va la famiglia?
4. L'intervento dei vescovi italiani
Articoli
6. La Regola Salesiana ha 100 anni
7. La mano nella mano di D. Bosco -
Messaggio del Rettor Maggiore
1O. A piedi scalzi nella corsa al pro-
gresso
12. Ventiquattro bambini e tante
mosche
14. Vocazioni: problema decisivo
16. Pascoli sempre verdi
18. I ragazzi di Terra Nuova
20. Sei mamme per i Guaicas
23. Laura Vicuiia, la ragazzina delle
Ande
Notizie
della Famiglia Salesiana
26. In 1O lingue un messaggio del
Rettor Maggiore
26. Maria Ausiliatrice a Jarabacoa
26. Il secondo salesiano al Consiglio
Nazionale delle Ricerche
27. A un'exallieva argentina il premio
Radio-TV
27. Attività del « Centro Studi di
Storie delle Missioni Salesiane»
27. Centro Accoglienza, anno uno
28. Scuole agrarie programmate da
un salesiano
28. L'Oratorio Salesiano di Barcel-
lona ha 50 anni
28. Don Bosco festeggiato a Roma
28. 25 anni di lavoro ad Ortona
28. I primi 100 anni di Don Nobile
29. Salesiani tra i ragazzi di Belfast
29. Notizie brevissime
Rubriche
5. Educhiamo come Don Bosco:
« Insegnategli la lettura profonda»
22. Microrealizzazioni Missionarie
25. Pubblicazioni Salesiane
30. Grazie per intercessione di Maria
Ausiliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
In copertina
Il Bollettino Salesiano augura ai
suoi lettori una santa Pasqua,
additandone il vero senso: mo-
ri re e risorgere con Cristo (nella
foto: il Crocifisso della Casa Ge-
neralizia Salesiana, a Roma).

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Si approssima la consultazione po-
polare che dovrà decidere sull'ac-
cettazione o sull'abrogazione dell'at-
tuale legge divorzista. Pare quindi
opportuna qualche riflessione che ci
orienti ad una scelta responsabile.
La questione, infatti, è di grande
importanza per il bene dell'intera
nazione.
L'oggetto su cui verte il Referen-
dum è questa legge particolare, chia-
mata «legge Baslini-Fortuna >>, ap-
provata dai Deputati il dicembre
1970 con 319 voti favorevoli e 286
contrari, e dal Senato con due soli
voti di maggioranza.
A monte sta però un problema
più generale: l'introduzione del di-
vorzio in Italia, indipendentemente
dalla legge più o meno permissiva
che lo introduce.
Ci sembra che in questo momento
i due aspetti del problema (legge
sul divorzio e questa legge particolare
su cui saremo chiamati a votare) non
siano separabili. Li tratteremo per-
ciò insieme.
Scelta tra due modi
di vedere la famiglia
Occorre prendere coscienza, prima
di tutto, che la «questione del di-
vorzio >> implica una scelta tra due
modi opposti di pensare il matrimo-
nio e la famiglia, e può comportare
una << inversione radicale del mo-
dello giuridico» del matrimonio.
Con l'introduzione del divorzio, la
tutela della legge non è più a favore
de!J'indissolubilità, ma della liberavo-
lontà dei contraenti di revocare l'im-
pegno assunto (anche di un solo con-
traente, contro il volere dell'altro).
I suoi effetti vanno misurati nel
tempo. I divorzi sono stati in questi
tre anni circa 60.000, ma le do-
mande di separazione come pre-
messa necessaria al divorzio sono in
continuo aumento.
<< La famiglia - afferma il Conci-
lio - è una scuola di umanità più
completa e più ricca », nella quale
<< le diverse generazioni si incontra.no
e si aiutano vicendevolmente a rag-
giungere una saggezza umana più
completa e a comporre conveniente-
mente i diritti della persona con le
altre esigenze della vita sociale >1. Essa
costituisce <t il fondamento della so-
cietà li. Perciò «tutti coloro che hanno
influenza sulla società e le sue di-
verse categorie, devono collaborare
al bene del matrimonio e della fa-
miglia» (GS n. 52).
L'invito è rivolto a tuttl: autorità
civili, cristiani, esperti nelle varie
scienze dell'uomo, sacerdoti, coniugi:
perché si tratta di un bene di inca]-
colabile valore da difendere e pro-
muovere.
Rispettando le convinzioni e le
esigenze di coloro che pensano di-
versamente da lui, il cristiano non
può rinunciare a dare il proprio
contributo di idee e di azione alle
scelte fondamentali che riguardano il
bene della comunità.
È questa un'esi~enza che nasce
sia. dal dovere dcli insostituibile ap-
porto dell'idea cristiana (luce, sale,
lievito) alla soluzione del problema
dell'indissolubilità del matrimonio; sia
dall'impegno di non tradire i propri
fratelli di diversa opinione, giacché
è dal confronto Jeale tra valutazioni
e opinioni diverse, che deriva un
arricchimento reciproco, e maturano
scelte consapevoli e responsabili.
Ogni cittadino ha il diritto e il
dovere di difendere con ogni mezzo
onesto i valori che ritiene essenziali.
Rifiutiamo perciò ogni atteggia-
mento da << guerra di religione », ma
esponiamo con chiarezza quei motivi
che ci sembrano (a favore dell'in-
dissolubilità del matrimonio) validi
per tutti gli uomini: credenti e non.
Motivi validi
per tutti gli uomini
La prima ragione de!J'indissolubi-
lità, riteniamo che stia nel fatto che
la persona umana, cristiana o no,
esige sempre, per la sua dignità,
un rispetto incondizionato. Nel patto
coniugale la persona dell'altro viene
scelta e riconosciuta come un (t fine »,
a cui rivolgere la propria stima, il
proprio amore, la propria dedizione.
Non viene scelta perché <<serve II a
qualcosa. La sua dignità e la sua
ragione di <t fine » valgono e obbli-
gano per sempre. Non ammettono
che una persona venga abbassata al
rango di << mezzo », che si prende e
si lascia a piacimento come un og-
getto qualunque.
La seconda ragione dell'indissolu-
bilità nasce dalla natura dell'amore,
che esige la totalità e la perennità.
Un amore << non totale,>· non è au-
tentico. Un amore << a scadenza 11 o
«a termine » fa del matrimonio una
semplice convivenza temporanea, sog-
getta al fluttuare dei sentimenti.
Il matrimonio dunque è indisso-
lubile non perché così stabilisce la
legge umana, ma perché così esige
la natura dell'uomo, il rispetto della
persona e l'autentico amore.
L'indissolubilità del matrimonio è
un bene totalmente <<comprensibile»
solo da chi ha fede. Coloro che
hanno della vita una concezione ma-
terialista ed utilitarista, sentono una
profonda difficoltà a viverla tota!-
mente. D'altra parte, l'andazzo at-
tuale ci spinge sempre più verso
una concezione materialista e utili-
taristica. Perché dovremmo arren-
derci a questa tendenza deteriore ?
Perché non impegnarci a «rovesciare
il senso di marcia>> dell'uomo mo-
derno?
Il filone neo-freudiano che guida
1a campagna del divorzio è deciso
a farci progredire sulla strada del
materialismo. Esso pone come passi
successivi il diritto all'aborto e il
diritto alla droga. La sterilizzazione,
l'eutanasia, il suicidio, possono essere
gradini successivi sulla scala delta
negazione dei valori umani.
Una realtà da conquistare
ogni giorno
Idea illuminante di un cammino
molto diverso, nella direzione di
una comprensione dei valori del
matrimonio, è pensarlo come un
«progetto di vita in comune », una
<< scelta che deve essere ad ogni svolta,
importante e banale, ripetuta con
cognizione, nella pratica degli atteg-
giamenti da assumere per superare
le difficoltà•> (Nicola Abbag11a110).
«Il matrimonio - affermano i
vescovi italiani - non dev'essere
inteso come una realtà statica. Ogni
giorno esso va rinnovato nella li-
bertà e responsabjle effusione del-
l'amore. I coniugi amandosi non co-
stituiscono una somma d'individui,
ma una comunione di esseri perso-
nali, nella quale l'uomo e la donna
realizzano il libero e mutuo dono di
se stessi, si educano vicendevolmente
e crescono insieme in umanità».
Il matrimonio diventa indissolubile
di diritto al momento del reciproco
e dono interpersonale degli sposi, ma
di fatto l'indissolubilità una realtà
da conquistare ogni giorno, nell'ap-
profondimento della reciproca cono-
scenza, nell'amore, nel dono di
in cammino verso l'unità e la fu-
sione di due vite in una sola, nel
passaggio dall'io al noi.
Tutti i grandi valori deJJ'uomo,
quali la libertà, l'amore, l'unità, sono
frutti di faticosa conquista. Poiché
il matrimonio è una istituzione dalla
quale derivano fondamentali conse-
guenze per i coniugi, i figli e la
società, non dobbiamo stupirci se,
mentre apporta beni grandi e au-
tentici, comporta anche dei limiti,
intesi a tutelare la nuova comunità
(la famiglia) e gli interessi della
società.
Sul piano sociale e civile la di-
sciplina giuridica che regola il ma-
trimonio deve fondarsi slii valo.ci 3

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che la coscienza comune riconosce
essenziali all'istituto matrimoniale.
Questi valori, io regime democra-
tico, vengono determinati dalla vo-
lontà prevalente dei cittadini.
Di fronte ai « casi gravi
e pietosi»
È naturale allora chiedersi. se l'in-
dissolubilità sia oggi in Italia un
valore ritenuto essenziale e «soppor-
tabile>>. Quasi tutti accettano l'indis-
solubilità come valore del modello
<<ideale>> della famiglia. Ma non tutti
la credono << sopportabile >> sempre e
in ogni situazione. È di fronte ai
<< casi veramente gravi e pietosi>> che
le opinioni si dividono.
Da alcuni viene posta la doman-
da: << Non è maturo il tempo di modifi-
care, per il bene comune, il mo-
dello del matrimonio indissolubile?
L'indissolubilità non viola il prin-
cipio di "libertà civile" e di "libertà
di coscienza" di molti cittadini ? ~-
Pare di poter rispondere che i1
rispetto della libertà civile e di co-
scienza non esige che lo Stato debba
emanare una legge per appoggiare
ogni atto ritenuto lecito da alcunj
cittadini. Vi può essere chi ritiene
lecita la poligamia o la schiavitù,
eppure non si pretende che lo Stato
li difenda e sancisca con Wla legge.
Il bene comune, invece, viene gra-
vemente compromesso dal divorzio,
e; in particolare, dall'attp.ale legge
Baslini-Fortuna, che è tra le più
permissive e distruttrici della stabi-
lità della famiglia. Invece di elimi-
narli, il divorzio allarga a clismisura
i <<casi gravi e pietosi». La semplice
esistenza della possibilità del divorzio
rende più difficile all'amore supe-
rare le inevitabili difficoltà della
convivenza, soprattutto nei momenti
di stanchezza, inevitabili per ogni
matrimonio.
Il potersi afferrare all'inclissolubi-
lità, come ad una roccia salda e si-
cura, quando tutto sembra franare
all'intorno, aiuta grandemente a ri-
salire la c.orrente, a superare i con-
flitti, a capire gli altri, a perdonare,
a riannodare i fili che si sono spezzati
nella trama della vita.
Pare troppo semplicistica l'affer-
mazione corrente: <( Tanto, anche se
c'è il divorzio, chi non lo vuol fare
è liberissimo di non farlo». Forse
non è proprio così. La possibilità
del divorzio induce i coniugi ad
essere meno pazienti e forti nelle
difficoltà. Favorisce inoltre un mo-
dello di vita familiare caratterizzato
dalla provvisorietà dell'impegno, che
indebolisce la coscienza dei giovani
già tanto frastornata. Molti di essi
affermano: << Introdurre il divorzio è
un'ennesima impalcatura dell'ipocri-
sia borghese. Tanto vale allora vi-
vere insieme, volersi bene senza sot-
toporsi ad una formalità che salva
solo la faccia ». Questo è, in fondo,
portare il principio clivorzista alle
sue logiche, anche se estreme, con-
seguenze.
Davanti al referendum
Impegnarsi per la stabilità della
famiglia è un chiaro dovere di ogni
cristiano. Il referendum è perciò un'oc-
casione di grande importanza. Se la
maggioranza dei cittaclini vorrà che
si torni alla indissolubilità, .\\li tor-
nerà; altrimenti rimarrà la possibilità
cli divorzio così come fu introdotta
tre anni fa dalla legge Baslini-For-
tuna, con due soli voti di maggio-
ranza.
Per tornare al matrimonio indisso-
lubile bisognerà che la maggior parte
dei cittadini italiani esprima un «sì>>
all'abrogazùme della legge attualmente
in vigore. Non si tratta di chiedere
allo Stato la sua sanzione alle leggi
della Chiesa, ma solo di sollecitare
il Parlamento a promuovere, con
leggi opportune, i valori essenziali
dei cittaclini e della società.
<< Noi pensiamo - ha affermato
Paolo VI - che sia un vantaggio
morale e sociale, e sia un segno di
civiltà superiore per un popolo, l'ave-
re saldo, intatto e sacro l'istituto fa-
miliare 1) (Oss. Rom. 24 gennaio 1967).
PIERO BONGIOVANNI
L'INTERVENTO DEI VESCOVI ITALIANI
«Il consiglio permanente della conferenza episcopale ita-
liana, in coerenza con quanto i vescovi italiani hanno sempre
unanimemente affermato, ritiene suo dovere dare, a quanti
vogliono vivere nello spirito del Vangelo le attuali vicende
del nostro Paese, un orientamento dottrinale e una direttiva
pastorale circa l'unità della famiglia e l'indissolubilità del ma-
trimonio.
1. Il matrimonio è di sua natura indissolubile Alla
luce della Parola di Dio, la Chiesa ha costantemente insegnato
che il matrimonio è indissolubile, non soltanto come sa-
cramento, ma anche come istituto naturale.
Solo infatti una mutua donazione personale e perenne dei
coniugi garantisce alla famiglia il raggiungimento della sua
interiore pienezza e l"adempimento della sua funzione so-
ciale, soprattutto educativa.
2. La famiglia unita è necessaria al bene della so-
cietà l a fedeltà dei coniugi al loro impegno di amore reci-
proco e di dedizione ai figli è un bene irrinunciabile della
convivenza umana e costituisce una espressione autentica
di libera scelta e di civiltà.
Per questo il Concilio Vaticano Il, che ha fatto un corag-
gioso confronto del messaggio evangelico con le culture
dei popoli e le esperienze delle nazioni moderne, non ha
esitato a denunciare il divorzio come "'una piaga" sociale
per le sue rovinose conseguenze nei riguardi del matrimonio,
della famiglia e della società (cfr. «Gaudium et Spes », 47).
3. Il cristiano, come cittadino, ha il dovere di pro-
porre e difendere il suo modello di famiglia Il cristiano,
4 come tutti gli altri cittadini, deve partecipare responsabil-
mente alla costruzione di un retto ordine civile e "impegnarsi
perché le leggi corrispondano ai precetti morali e al bene
comune" (decreto << Apostolicam Actuositatem», 14).
Questa partecipazione, necessaria sempre, diventa più
urgente quando i valori fondamentali della famiglia sono
insidiati da una legge permissiva che, di fatto, giunge a fa-
vorire il coniugè colpevole e non tutela a·deguatamente i
diritti dei figli, degli innocenti. dei deboli.
In cosi grave circostanza nessuno può stupirsi se i pastori
adempiono la loro missione di illuminare le coscienze dei
fedeli e se questi, consapevoli del loro diritto-dovere, difen-
dono la unità della famiglia e l'indissolubilità del matrimonio
servendosi dello strumento costituzionale del referendum.
4. Confronto civile e impegno permanente Un leale
confronto di idee sui principi e sui valori della famiglia non
può per nessuno diventare pretesto di una guerra di reli-
gione.
I vescovi, anche per il quotidiano contatto· con le loro
popolazioni, non ignorano le crescenti difficoltà che oggi sì
pongono a molti e sanno che il referendum da solo non può
risolvere i problemi della famiglia italiana. Per questo riten-
gono urgente che tutti gli uomini di buona volontà si accor-
dino per una saggia riforma del diritto di famiglia e per tu-
telare il bene della famiglia stessa, mediante il risanamento
dei costumi e una organica politica sociale. Nell'ambito del-
l'azione pastorale, I vescovi si impegnano insieme con le
loro comunità a promuovere gli autenrici valori del matri-
monio come comunità di vita e di amore, per rafforzare così.
soprattutto dall'interno, l'istituto familiare,,.

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Giovanni Bosco era un ragazzo di ap-
pena diciassette anni. Le scuole supe-
riori nel liceo-ginnasio di Chieri in
provincia di Torino erano iniziate da
circa due mesi. Un giorno a scuola il
professore stava spiegando l'autore la-
tino Cornello Nepote. Giovanni non
aveva il libro di testo con sé; se l'era
dimenticato a casa; per nascondere a/-
l'insegnante la sua dimenticanza teneva
aperto sotto gli occhi il libro della
grammatica ' latina. Attentissimo alle pa-
role del maestro non riusciva a control-
lare Il suo nervosismo e girava e rigirava
i fogli. I compagni se ne avvidero; qual-
cuno ridacchiò. Il disordine contagiò
tutti. L'insegnante accortosi che punta-
vano gli occhi su Giovanni, lo fece
alzare in piedi e gli ordinò di ripetere
la sua spiegazione appena data: voleva
provare se era stato attento. Giovanni,
tenendo in mano la grammatica latina,
ripeté riga per riga il testo de/l'autore
latino, la costruzione, i commenti del-
l'insegnante. I compagni istintivamente
lo applaudirono per quel << tour de
torce» di memoria. Il professore divenne
livido: sentiva che la disciplina della
classe gli stava sfuggendo. Si avvicinò
a Giovanni e gli mollò un ceffone: ma
Giovanni con uno scatto della testa lo
evitò di misura. Infuriato, l'insegnante si
fece dire dai vicini di banco di Gio-
vanni il perché di quel disordine. Gli
risposero in coro: «Giovanni legge la
grammatica latina come se fosse il libro
di Cornelio Nepote». Era vero. Il pro-
fessore lo fece ancora continuare per
due periodi. Poi, passando dalla collera
all'ammirazione, dichiaro che lo perdo-
nava, per la sua formidabile memoria,
della dimenticanza del libro di testo. Gli
disse serio: « Giovanni, hai un dono
eccezionale». Fatto prete, Don Bosco
ricordando quell'episodio della sua ado-
lescenza commentava: «Avevo impa-
lato fin da ragazzo a leggere con pro-
fitto» e soggiungeva: «Ed ero un in-
saziabile lettore e divoratore di libri».
L'adolescente è cosi. A mezzo di
libri, cerca di esplorare il mondo
dello spirito che gli fiammeggia in
ogni parola; ogni volta che il conte-
nuto di un libro gli rivela qualcosa di
importante, egli ne vuole decifrare
l'enigma. « Papà non mi capisce - di-
chiara un ragazzo quindicenne. - Già
da tempo voglio farmi una piccola bi-
blioteca. Ma a questo scopo mi occor-
rono soldi. Poco tempo fa pregai il
babbo di aumentare la somma che mi
destina, ma egli mi rispose con un no
secco». Occorre aiutare in tal caso il
ragazzo. Tramite i libri, egli vuole im-
parare a «far dono all'umanità di qual-
cosa di grande», ebbe a scrivere un
ragazzo di 16 anni.
Si può leggere un libro in fretta,
ma se lo si legg e adagio è tutt'altra
cosa. Allenate il ragazzo a leggere
molto lentamente alcuni libri più im-
portanti e orientativi della sua vita : abi-
tuatelo ad analizzare certi brani, a rileg-
gerli magari più adagio, a restarci sopra
anche per pochi minuti a pensarci su
prima di andare avanti. Pressappoco
come un pianista che studia un brano
musicale. « Ho imparato a leggere ada-
gissimo il Vangelo di San Giovanni
- ebbe a dire un ragazzo di 17 anni. -
È come una calamita; una volta che si
è cominciato a leggerlo, non lo si lascia
più. Le parole si accumulano l'una sul-
l"altra con un magnetismo divino. Ogni
parola di San Giovanni è un lampo».
Non irritate il ragazzo quando si
tratta di occupazioni intellettuali,
come il dover leggere un libro a
scopo di studio. «Mio figlio Gianni
- racconta una mamma - tornò a
casa da scuola di pessimo umore.
Aveva un mucchio di compiti da fare
e in più doveva terminare di leggere un
libro che lo interessava molto. Disse
che odiava la professoressa perché lo
caricava come un mulo. Mi venne la
tentazione di fargli la predica: " Non è
colpa della professoressa, è colpa tua.
Se tu ti fossi sbrigato di più a scuola..." .
Ma mi trattenni e invece gli dissi: "Hai
dawero un mucchio di compiti: mate•
matica, storia, lingua straniera, tutto in
un giorno" . Con mia grande sorpresa,
Gianni si addolcl e mi rispose: meglio
che cominci subito. Ho proprio un sacco
di cose da fare"».
Insegnate al ragazzo che vi sono
due tipi di lettura : quella che si fa
per lavoro e quella che si fa per di-
letto. Il secondo tipo ha in sé un
sottile piacere. È come una passeggiata
nel bosco invece di una corsa al mer-
cato: uno non si porta a casa borse
cariche di surgelati, ma un viso luminoso
e polmoni pieni di aria pura. Quando
un ragazzo impara a leggere con pro-
fitto, è segno che sta chiudendo la sua
pubertà psichica.
CARLO DE AMBROGIO 5

1.6 Page 6

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U n giorno del 1857, Don Bosco
fu ricevuto dal ministro Rat-
tazzi . La conversazione cadde sul-
1'upera degli oratori e sul modo di
assicurarne la continuità. Rattazzi
gli tenne, secondo la relazione del
Lemoyne (biografo di Don Bosco),
il discorso seguente: «A mio avviso
lei dovrebbe scegliere alcuni tra laici
ed ecclesiastici di sua confidmza, for-
mame un.a Società sotto certe norme,
imbeverli del suo spirito, ammaestrarli
nel suo sistema, affinclié fossero non
solo aiutanti, ma continuatori dell'~
pera sua dopo la sua dipart.ita •·
Consiglio inatteso, che fece som-
dere Don Bosco. L'anticlericale Rat-
tazzi, che due anni prima - il 29
maggio 1855 - aveva fatto votare la
famosa legge per cui «cessano di esi-
stere, qllali enti morali riconosciuti
dalla Legge civile, le case degli Ordini
Religiosi, i quali t10ti attendano alla
predicazione, all'educazione, o afl'as-
sistet1za degli ;,,jem1i•• quello stesso
politico che preparava forse duri
colpi contro le comunità religiose
ancora esistenti, gli consigliava ora
semplicemente di crearne una nuova.
Don Bosco aveva motivo di essere
sorpreso. Anche uno Stato anticle-
ricale non avrebbe avuto nulla da
obiettare contro una congregazione
che, ai suoi occhi, sarebbe stata
unicamente «una associazione di li-
beri cittadini, i quali si uniscono e
vivono insieme allo scopo di bene-
ficenza t . Ma Roma avrebbe accet-
tato questa nuova impostazione che
rivoluzionava gli schemi classici della
vita religiosa?
Rattazzi non aveva fatto altro che
ribadire le idee e le preoccupazioni
che Don Bosco da anni si portava
dentro. Per comprenderle bisogna
rifarsi a qualche anno indietro.
Quando Don Bosco
prese il coraggio a due mani
Nel 1850 la situazione poteva rias-
sumersi semplicemente cos1. Don Bo-
sco (35 anni) era un sacerdote dio-
cesano di Torino come tutti gli altri.
Il povero scrittoio di Don Bosco, ancora
consen,ato nella ■ua camera. LI Don Bosco
ritoccò infinite volte Il testo della Regola,

1.7 Page 7

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Si trovava però a capo di tre opere
di un genere un po' particolare che
chiamava <1 oratori 1>: l'oratorio di Val-
docco, quello di Porta Nuova e
quello di Vanchiglia. All'oratorio di
Valdocco si era aggiunta una casa
che aveva incominciato a raccogliere
i ragazzi senza tetto. Egli governava
queste opere sotto l'autorità dell'Ar-
civescovo, mons. Fransoni (allora in
esilio a Lione).
I «sogni» di tanto in tanto ali-
mentavano una sua speranza: che
i suoi futuri collaboratori in que-
st'opera sarebbero usciti dalle file dei
suoi ragazzi.
Nel 1852 Don Bosco prese il co-
raggio a due mani e tenne a pa-
recchi questo discorso: «Vuoi bene
a Don Bosco? Ameresti col tempo
aiutare Don Bosco a lavorare per i
giovani?».
L'affetto da cui era circondato e
un sentimento di venerazione inco-
raggiarono alcuni giovani a rimanere
con lui.
Don Bosco cominciò a riunirli pe-
riodicamente in << conferenze >>, per
prepararli senza strepito alla società
religiosa a cui pensava. Michele Rua,
che l'aveva incontrato per la prima
volta nel 1845, fu ben presto uno
dei membri più in vista del gruppo.
Segnare una traccia
La congregazione nasceva. Occor-
reva segnarne una traccia scritta,
una «regola & che fissasse i punti
essenziali dello spirito e dei metodi.
Don Bosco cominciò in silenzio que-
- sto lavoro nel 1855. Gli elementi
di questo abbozzo erano attinti dalla
sua esperienza (aveva ormai 40 anni),
e dai due «regolamenti » che aveva
tracciato per il suo Oratorio nel
1847 e nel 1852-54.
Ma non furono queste le uniche
fonti della prima <<regola >>. Chiese
consiglio, si documentò con cura
sugli antichi ordini e sulle congre-
gazioni più recenti, come l'Istituto
di Carità dell'abate Rosmini e gli
Oblati dell'abate Lanteri. Chiese il
parere di persone giudicate compe-
tenti in materia.
Si convinse cosi che, senza toc-
care l'essenza immutabile della vita
Messaggio del Rettor Maggiore
nel Centenario delle Costituzioni Salesiane
LA MANO NELLA MANO DI DON BOSCO
È risaputo quanto Don Bosco dovette
faticare e soffrire prima per la elabora-
zione e poi, ancor più, per l'approvazione
delle nostre Costituzioni.
Quali scopi. quali motivi lo sostennero
in tutto quel lungo ed aspro calvario?
La risposta. a mio parere, è questa:
la convinzione profonda, acquisita
dalla vasta e sofferta esperienza,
che solo dando ai suoi figliuoli una
norma di vita, che, pur in forme giuridi-
che nuove, li unisse concretamente nel suo
spirito e nel suo stile per i suoi ideali
evange1 i ci. Egli poteva contar e sulla
continuazione nel tempo della Missione
affidatagli dalla Provvidenz a .
Tale chiara convinzione. spiega la co-
stante insistenza con cui Don Bosco in
ogni occasione ripete, variati in mille
modi , questi concetti:
"La cosa più utile per la Società sale-
siana è 1 'osservanza delle Regole ..... .
"Ciascuno studi sempre di interpre-
tare. praticare. raccomandare l'osser-
vanza delle Regole ......
"La gloria della Congregazione sarà
duratura fino a quando si osserveranno le
Regole ...
E in fin di vita ancora: "Un ricordo? ...
Mettete in pratica le vostre Regole ...
A distanza di cento anni mi sembra che
Don Bosco nqn può che ripetere ai suoi
figli la stessa parola : "Per essere, oggi
come ieri, quali Don Bosco ci volle. quali
la Chiesa ci necessita, per essere sicuri
che camminiamo nella fedeltà alla voca-
zione salesiana, camminiamo con la mano
nella mano di Don Bosco che anche oggi ci
parla e ci guida attraverso il prez1oso
libretto delle Costituzioni,..
~ - ~~~ -
Re t t orrMa ggi ore

1.8 Page 8

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REGULAE
"'"
00N8TI'ItJT10!1l:l8
~,i c1nATI~
A sinistra; Due pag ine delle prima edizione
a stampa delle Costituzioni approvate nel
1873. A destra: Pio IX, che diede il voto
ma ncante per l'approvazione d efinitiva delle
Cos tituzioni.
«I ritocchi alle Regole - annota
don Ceria - si moltiplicarono negli
armi seguenti. Più volte Don Bosco
fece rimettere in pulito il testo•>.
« Frate o no, io rimango
con Don Bosco ))
religiosa, era necessario adattare que-
sta alle nuove condizioni della Chiesa
del suo tempo. In questa prospettiva,
Don Bosco difenderà con decisione
lo << stato civile >> dei suoi religiosi,
e insisterà sul carattere di benefi-
cenza della sua Società, in modo
da sfuggire alla legge della soppres-
sione. Il colloquio del 1857 con Rat-
tazzi non farà che puntualizzare le
sue idee.
Dopo due anni di questa matura-
zione, il primo testo della «regola>>
salesiana (che verrà chiamato indif-
ferentemente Regole o Costituzioni)
era pronto. Ha inizio allora lo sfi-
brante lavoro per ottenere l'appro-
vazione della gerarchia.
A tu per tu con il Papa
Nel 1858 Don Bosco parte per
Roma. Lo accompagna Michele Rua.
Il 9 marzo ha la prima udienza da
Pio IX. Il Papa gli dimostra una
benevolenza che non sarà più smen-
tita. Non nasconde la propria am-
mirazione dinanzi all'attività esube-
rante del sacerdote torinese. Egli ap-
prova l'intenzione di fondare una
Congregazione, ma aggiunge alcune
raccomandazioni che cominciano a
modificare in parte il primo disegno
di Don Bosco. Eccole come ci sono
tramandate dalla prima storiografia
salesiana:
«Bisogna che stabiliate una società
la quale non possa essere incagliata
dal governo; ma nello stesso tempo
non dovete contentarvi di legarne i
membri con semplici promesse, perché
altrime11ti non esisterebbero gli oppor-
tuni legami tra soci e soci, tra supe-
8 riori e inferiori; non sareste mai si-
curo dei vostri soggetti, né potreste
fare lungo assegnamento sulla loro vo-
lontà... Andate, pregate e dopo alcuni
giorni ritornerete e vi dirò il mio
pensiero».
Don Bosco riprende il testo e lo
corregge secondo i consigli riceroti.
Il 21 marzo, seconda udienza da
Pio IX.
Don Bosco gli pre.sentò il testo
ritoccato.
Quelle Regole non comportavano
nulla di apertamente «monastico».
Si trattava di una società di ecc.le-
siastici e di laici, uniti dai voti, de-
siderosi di consacrarsi al bene della
gioventù povera. Non vi era nulla
che potesse urtare un governo, an-
che ostile alle congregazioni tradi-
zionali: i salesiani erano cittadini
come gli altri. Watti, «ognuno nel-
/'entrare in co11gregazione non per-
derà il diritto civile anche dopo fatto
i voti, perciò conserva la proprietà
dèlle cose sue... ~- Ma naturalmente,
<< i frutti di tali beni per tutto il tempo
che rimarrà in congregazione, devo110
cedersi a favore della congregazione>>.
Strane concessioni verbali fatte da
religiosi al liberalismo borghese del
tempo, per poter difendere la so-
stanza che sta sotto le parole.
«In una terza e ultima udienza
del 6 aprile - racconta don Ceria
negli Annali della Società Salesiana -
Pio IX gli restitui il manoscritto, di-
cendogli di passarlo al card. Gaude >>.
Questo cardinale, piemontese, era
in ottimi rapporti con Don Bosco.
Lesse, ritoccò ancora. Quindi con-
sigliò a Don Bosco che all'Oratorio
si sperinientassero le Regole così ri-
toccate. Poi si sarebbero presentate
nuovamente al Papa. Don Bosco
lasciò Roma il 14 aprile.
11 9 dicembre 1859, Don Bosco
pensò che fosse giunto il momento
di parlare apertamente di congrega-
zione religiosa. Ai «salesiani>> riu-
niti nella sua camera, parlò pressa-
poco in questi termini:
<< Da molto tempo io meditava di
istituire una di queste Congregazioni.
Ecco giunto oggi il momento di venire
all'atto. Il Santo Padre Pio IX m'in-
coraggiò e lodò il mio proposito. Vera-
mente questa congregazione non nasce
ad.esso, ma esisteva già per quel com-
plesso di Regole, che voi siete venuti
osservarido cosi per tradizione... Si
tratta dunque ora di p rocedere oltre,
cioè di costituire forma/mente la Con-
gregazfone e di accettarne le regole.
Però J·appiate che vi saranno iscritti
soltanto coloro che dopo matura rifles-
sione vorranno emettere a suo tempo i
voti di povertà, castità e obbedienza...
Vi lascio tma settimana di tempo per
pensarci sopra».
All'uscita dalla riunione, vi fu un
silenzio insolito. Ben presto, quando
le lingue si sciolsero, si ebbe modo
di costatare quanto Don Bosco avesse
avuto ragione di procedere con len-
tezza e prudenza. Alcuni mormora-
vano che Don Bosco voleva fare di
loro dei frati. Cagliero misurava a
grandi passi il cortile in preda a
sentimenti contradditori.
Ma i1 desiderio di << rimanere con
Don Bosco)) ebbe il sopravvento
nella maggioranza. Cagliero usci nella
frase che sarebbe diventata storica:
<< Frate o 110, io rimango con Don
Bosco~- Alla << conferenza di ade-
sione » che si tenne la sera del 18
dicembre, mancarono due soli di
quelli che avevano partecipato alla
conferenza precedente.
Un articolo audace
che non passa
Nei 1863 la congregazione parve
sufficientemente assodata e le Regole
sufficientemente sperimentate. Furo-
no perciò di nuovo spedite a Roma.
Ma perché là si potesse dar corso
alla pratica, occorrevano due cose

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preliminari: le commendatizie di al-
cuni vescovi e l'approvazione dell'au-
torità diocesana. Ora, la curia di To-
rino si mostrò molto perplessa circa
i rapporti tra la congregazione e i~
vescovo del luogo. Mons. Fransoru
era morto nel 18621 e i suoi succes-
sori si mostrarono poco inclini a
favorire un progetto che aveva tutta
l'apparenza cli un tentativo di eman-
cipazione.
Nel 1864, i salesiani riuniti attorno
a Don Bosco costituivano dunque
semplicemente, sono parole di don
Ceria, una «associazione puramente
privata e cli fatto».
A Roma, presso la Congregazione
dei Vescovi e Regolari, i documenti
furono oggetto di un esame bene-
volo ma stretto. Il 24 giugno 1864,
fu emanato un decreto di lode, che
riconosceva l'esistenza ed approvava
lo spirito della nuova Società, ma
rinviava a più tardi l'approvazione
vera e definitiva delle sue Regole.
Una rapida lettura del testo del_le
Regole rinnovato nel 1864 mette m
luce nuovi e importanti sviluppi ri-
spetto a quello del 1858-59. Un
nuovo capitolo intitolato Delle case
particolari, sta ad attestare che, dal
1858, la congre~zion~ ha co~ciato
a sciamare fuon Tonno. Quast alla
fine del testo appare un articolo au-
dace: «Qualunque persona, anche vi-
vendo nel secolo, nella propria casa,
in seno alla propria famiglia, può ap-
partenere alla nostra Società >>.
Da Roma, insieme al decreto dt
lode arrivarono treclici osservazioni
sull; Regole. Don Bosco non esitò
ad accettare la maggior parte del\\e
osservazioni, ma insistette sul di-
ritto del Superiore generale della
Congregazione di presentare al ve-
scovo i candidati alle ordinazioni.
Insistette pure sui «Salesiani esterni 1)
hl: e sullo <t stato civile & dei Salesiani.
Specialm~te pr~ _insistenza
gli causò d1fficolta quasi msormon-
tabili. Sembrava che Don Bosco cer-
casse di sottrarre i Salesiani all'au-
torità dei vescovi. A Torino, il nuovo
arcivescovo mons. Riccardi di Ne-
tro nominato nel 1867, cadde dalle
nu~ole quando conobbe le intenzioni
del suo vecchio amico, e reagi piut-
tosto bruscamente.
Non un ribelle,
ma un uomo di Dio
Don Bosco tornò a Roma nel 1869.
Aveva ormai 54 anni. Mo.lti gli ave-
vano sconsigliato il viaggio. Passo
inutile, gli dicevano. Ma Don Bosco
(scriverà Don Rua nella sua cro-
naca) «c<Jnfida11do in Maria Ausi-
liatrice 110n tralasciò di fare quanto
parevagli dal Signo~e S!'gger~to ». Giun:
se a Roma, trovo 1 suoi avversari
più potenti in gravi angustie: il card.
Antonelli era ammalato, cosi pure
mons. Svegliati, suo censore; quanto
al card. Berarcli, era gravemente
preoccupato per la salute di un ni:
pote. Don Bosco pre&a, e ques~i
personaggi ottengono ciò che desi-
derano. Scoprono cosi in Don _Bos_co
non un ribelle, ma un uomo di Dio.
Il marzo 1869, un decreto ap-
prova ufficialmente 1:t Società sale-
siana. Ma l'approvaz10ne della con-
gregazione non comportava automa-
ticamente quella delle Regole. Ess~
continuavano ad essere oggetto di
critiche e di contestazioni. Nel 1873
Don Bosco procedette ad una nuova
revisione del testo.
Ripartito per Roma il 18 febbraio
1873, vi apprese che era stato pre-
ceduto da una severa lettera del-
l'arcivescovo d~ Torino, mons. Ga-
staldi.
Questa volta, l'esame delle Re-
gole fu affidato a un domenicano,
il padre Bianchi. Furono trento~o
le sue osservazioni. Don Bosco ri-
spose con rispetto ID:a con_ ferme~a.
Tuttavia dovette piegarsi, e nve-
dere da capo il testo introducen~o".i
la maggior parte delle osservazioni.
Vultimo voto lo il Papa
30 dicembre 1873. Don Bosc6 ri-
parte per Ro~. lJn~ commis~ione
di quattro cardinali viene nommata
dal Papa per prom.u!-ciarsi sulla. que-
stione dell'approvazione. Le discus-
sioni si prolungano per_olt!e quattro
ore. Risultato: tre cardinali sono fa-
vorevoli, i l quarto si pronuncia a
favore cli una approvazione provvi-
soria. Pio IX viene a sapere che
manca un voto a 1isolvere definiti-
vamente il dibattito, ed esclama:
<< Quel voto ce lo metto io». È il 3
aprile 1874. Dieci giorni dopo 'Viene
pubblicato .i~ decreto dell'~pprova-
zione defimtiva, che mette 11 punto
finale.
Ripensando ai sedici anni trascorsi
dalla presentazione del primo testo,
al lavoro e ai contrasti che avevano
accompagnato quei seclici anni, Don
Bosco confessò che se avesse saputo
prima tutto, forse il coraggio gli sa-
rebbe venuto meno.
Smussati alcuni tra gli
spigoli più originali
Durante questo lungo cammino il
contenuto delle Regole dei Salesiani
aveva subito una notevole evolu-
zione. La Congregazione poté con-
tinuare a formare futuri sacerdoti,
benché Don Bosco fosse stato accu-
sato cli voler soppiantare i seminari.
Ma il potere del Superior~ generale
era diminuito a favore di Roma e
del vescovo locale. li Superiore do-
veva essere eletto per doclici anni
e non più a vita. Il diritto cli. scio-
gliere i voti, anche temporanei, era
riservato a Roma. La Santa Sede,
riducendo l'autoiità <<patriarcale» del
Superiore generele, aveva imposto una
certa decentralizzazione.
L a vita dei Salesiani non aveva
subito grandi modifiche. La ~osa
più importante era la soppressione
dei << salesiani esterni»: ogni sale-
siano sarebbe stato tenuto alla vita
comune. I «cooperatori », creati nel
-1876, prenderanno il posto di questi
«salesiani nel mondo >>, che Don Bo-
sco avrebbe voluto istituire.
Infine la formazione dei Salesiani
si avvici~ava di più alla formazione
tradizionale dei religiosi. Gli stu-
denti ecclesiastici non avrebbero più
potuto dedicarsi ad occupazioni estra-
nee, eccetto, diceva un inciso, in
caso di necessità.
Da 4.ueste brevi osservazioni sul-
l'evoluzione della «Regola salesiana i>,
appare evidente che l'intervento cli
Roma ebbe come effetto cli smus-
sare alcuni tra gli spigoli più originali
del testo primitivo. Don Bosco aveva
dovuto subire buona parte cli questa
evoluzione. Ma col passare degli
anni, e specialmente con il sopr~~-
giungere del «vento •> del Cor:c1lio
Vaticano II, ci si sarebbe accorti che
Don Bosco, pur nei lilniti del suo
tempo, aveva visto molto lontano.
MORANO WIRTH
Condensato e rleleborazlon• di T. Bosco 9

1.10 Page 10

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2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Da poco più di un anno
il missionario sale-
siano padre Roberto
Pernìa lavora in un vil-
laggio sperduto dell'In-
dia chiamato Umsoh-
lait. Questo coraggio-
so Salesiano basco di
41 anni sa che anche i
piccoli « bhoi » con gli
occhi a mandorla del
suo villaggio devono
correre verso il pro-
gresso; ma sa anche
perché - scalzi come
sono - a correre da soli
non ce la faranno mai.
U na lettera giuntami dai Paesi
sviluppati diceva: «Mi riesce im-
possibile credere a ciò che sento dire
delle Missioni. Mi pare che molte
cose siano pura esagerazione. Mi
pare soprattutto che da quelle parti
la gente non abbia voglia di lavorare,
che tutto andrebbe meglio per loro
se maneggiassero di più la zappa... ».
lo rispondo: So che nei vostri
paesi le cose stanno cambiando molto.
Che la \\"Ostra vita oggi non è più
quella di vent'anni fa. Che siete
lanciati sulla via di uno sviluppo
favoloso, che i vostri Paesi vanno a
gara tra loro nel realizzare condi-
zioni di vita sempre migliori. E forse
proprio per questo capisco che avete
l'impressione che qualunque altro
paese del mondo si debba trovare
nelle vostre stesse condizioni, e possa
o debba gareggiare con voi. Allora
capisco perché date una scrollatina
di spalle e dite: «Basta che si diano
da fare ! Si mettano anche loro al
lavoro!».
Ma questo è un grosso errore.
Desidero spiegarmi descrivendo in
poche paro!~ quest!l mia mission~
di Umsohla1t. Desidero che le s1
tasti il polso, come fanno i medici,
e poi si giudichi.
35 capanne, ed è tutto
Umsohlait si trova nell'India in-
dipendente, nell'India gigantesca,
smisurata, grande come l'intera Ea.-
ropa esclusa la Russia. Un'India
che conta 560 milioni di abitanti.
Umsohlait è un villaggio qualunque
dell'India. Ha trentacinque capanne
e questo è tutto. Le montagne sem-
bra che la tengano nella palma della
loro mano. Di qui s'intravvede in
lontananza l'Himalaya; più in là il
Tibet, più in là ancora la Cina. Ac-
canto a questi colossi, Umsohlait
dorme tranquillo e insignificante.
Qui non capita mai nulla. Qui tutto
è sempre uguale.
Uqisohlait è abitato da gente di
razza bhoi. Sembrano cinesi: piccoli,
occhi a mandorla, zigomi sporgenti,
colore tra il bruno e il giallo. Par-
lano una lingua di origine mongolica,
monosillabica. Non conoscono l'elet-
tricità, non hanno mai visto un'auto,
né un chiodo, né un ago. Non sanno
che cosa sia il telefono, la posta, il
giornale, la radio. Non possiedono
orologi, né scarpe. Sono rimasti al-
i'<, età del bambù>).
Umsohlait è circondata da im-
me.nse selve: alberi giganteschi, ele-
fanti, tigri, orsi, leopardi, cervi,
scimmie.
Il lontano, fantastico
« paese dei laghi »
I Bhoi coltivano campi di riso vi-
cino al fiume: zappa in mano, turbante
in testa, torso nudo, lavorano can-
tando una vecchia canzone che scan-
disce il ritmo delle loro fatiche. I
bambini giocano con arco e frecce.
Ogni uomo e ogni donna possiede
un machete dalla punta molto ricurva,
che chiamano ka wait e usano con
maestria ineguagliabile.
Finora a Umsohlait non c'era scuo-
la. Nessuno sa leggere o scrivere.
Le tradizioni patrie sono trasmesse
in qualche modo col canto alla ma-
njera dei «trovatori >>. Esse parlano
del lontano fantastico «paese dei la-
ghi>> dove il popolo bhoi viveva un
tempo felice; esse parlano di. Dio:
<< il Signore, il Creatore, colm che
dà l'essere; l'Onnipotente, colui che
ama, colui che si prende cura, che
protegge, che compatisce; colui che
è prima d'ogni cosa e dopo di ogni
cosa... >>.
Urosohlait è governata da un re;
uno dei numerosi piccoli re che
non hanno voce al palazzo dell'Onu,
ma che governano su queste mon-
tagne. Ha la sua capitale a Pden-
gnongrim, dodici chilometri da qui.
Se la parola «capitale >> può sugge-
rire qualche idea sbagliata, è bene
correggerla subito: Pdengnongrim ha
ventitré capanne, sgangherate come
quelle di Umsohlait, e nient'altro.
Il re ha poteri molto limitati. La
base del governo è il dorbar o riu-
nione generale del popolo, rappre-
sentato dai capi dei villaggi e dagli
anziani. Tutti i problemi vengono
dibattuti apertamente, nessuno può
essere processato per ciò che dice
in pubblico. Le decisioni sono prese
in modo molto democratico, e una
volta stabilite vengono poi rese note
e fatte rispettare in ogni villaggio
come <( leggi del paese ».
La vita sociale è strettamente ru-
rale: campi, alberi, acqua, caccia; e
purtroppo contese, invidie, ~bornie,
violenze. Ma la menzogna e il furto
sono sconosciuti.
L'agricoltura è molto primitiva. Si
mangia riso, il riso è ~ il cibo,>. I
bhoi si allontanano dal loro villag-
gio solo per andare al mercato. Non
immaginano che si possa vivere in
modo diverso dal loro. Per loro,
Europa e ·America sono parole senza
senso come per i possibili abitanti
delle galassie lontane miliardi di
anni luce.
Direte: lasciamoli cosi. Forse sono
più felici che se vivessero in un am-
biente ultramoderno.
Ma siete sicuri di quello che dite ?
La storia del piccolo Sngi
Alcuni anni fa e capitata una cosa
strana in queste valli. Un ragazzino,
di nome Sngi, era solito portare la
legna al mercato di Mawthwar. Suo
padre era lo stregone della zon;.t, e
compiva i sacrifici. A suo padre si
rivolgevano uomini e donne in pena,
i malati, quelli che volevano cono-
scere il futuro; lui sceglieva con cura
le uova di gallina, e le rompeva
sopra il tavolino divinatorio. Quindi
scrutava il tuorlo e il guscio, e così in-
dovinava la causa delle malattie, che
cosa fare per ottenere migliori rac-
colti, quali erbe prendere per curarsi,
ecc. Ma si guardava bene dal dire
qualcosa prima che il cliente l'a-
vesse pagato.
Un giorno il piccolo Sogi si spinse
fino alla capitale dello stato, a Shil-
long, e vendette il suo carico di le-
gna ad alcuni uomini vestiti di bianco
e con una strana barba lunga. (Ai
bhoi non cresce la barba). Erano
uomini simpatici e allegri, e Sngi
prese l'abitudine di vendere a lor~
il suo legname. Ebbe cosi modo d1
sapere che uno di loro - nel no-
stro linguaggio un 11 coadiutore sale- 11

2.2 Page 12

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siano » insegnava ad alcuni ra-
gazzi a costruire degli oggetti che
si potevano infilare nei piedi, e che
sempre nel nostro linguaggio si chia-
mano «scarpe•· Erano oggetti stu-
pendi: Sngi pensò che se avesse
imparato a costruirli, avrebbe po-
tuto venderli nel suo villaggio, e
fare molti soldi, perché ancora
nessuno li usava, e perfino il re non
sapeva cosa fossero, dal momento
che come i suoi illustri antenati ne
viveva senza, daJ giorno della na-
scita fino a quello della cremazione.
Gli uomini vestiti di bianco e con
la barba lunga - i Missionari sale-
siani - accettarono Sngi nella loro
scuola, come apprendista calzolaio.
Il ragazzo non era affatto un igno-
rantello, anche se gli uomini della
montagna per dire «tonto • dicono
«bhoi o.
In capo a un anno Sngi chiese
e ricevette il Battesimo; poco dopo
la prima Comunione. Sono cose eh~
capitano in terra di missione. In
quegli anni il paganesimo era molto
forte nel paese dei bhoi,· e Sngi era
preoccupato da un pensiero: che
avrebbero detto i suoi al sapere che
egli non sarebbe mai stato il succes-
sore di suo padre nel mestiere di
stregone ? Incontrò difficoltà anche
maggiori quando disse che voleva
entrare nel seminario. Ma era un
ostinato, e la spuntò.
Nessuno certo immagina ciò che
accadde in seguito a Sngi: studiò
nell'Università Gregoriana di Roma
predicò in tedesco nella cattedra)~
di Monaco, scrisse in perfetti esa-
metri latini (imitando Virgilio) le
leggende del suo paese natale; dopo
un paio di anni di permanenza a
Gerusalemme arrivò a parlare (an-
che se non troppo bene) l'ebraico
e fu inviato in uno studentato teo~
logico a insegnare la Sacra Scrittura.
Tornato in India, ogni volta che
pensava al suo villaggio natale un'in-
quietudine si impossessava di lui.
Dobbiamo uscire dal nostro sotto-
syiluppo -. si ripet_eva. - Non pos-
siamo contmuare m questo modo.
Il mondo è molto più grande che
le selve del paese dei Bhoi ».
Cosl la pensava Sngi. Ton diceva:
(1 I Dhoi, lasciamoli stare così».
Quando arrivai
nel paese dei bhoi
Un giorno mi incontrò a Calcutta.
Insisteva, mi supplicava: << Tu devi
andare lassù. Andrei io, certo, ma
vedi che cosa mi è capitato: questi
maledetti libri di cultura mi hanno
fatto loro prigioniero. Va' tu nel
12 paese dei Bhoi: li ti aspettano ».
Io, nel paese dei Bhoi ? So bene
che cosa significa. Vuol dire questo:
febbre delle paludi, mosche, animali
selvaggi, menti chiuse, paurose, in-
capaci del più piccolo sforzo intellet-
tuale. «Sl - mi diceva Sngi. - Però
non esiste la menzogna, e non esiste
il furto*·
Sono valse a poco le mie scuse.
Poco più di un anno fa, la divina
Provvidenza apriva la missione di
Umsohlait nel cuore del popolo bhoi.
Io sono l'unico missionario, e tutto
è agli inizi. Ma qualcosa si è uià
riusciti a fare: si sono aperte q~-
dici classi, si è introdotto il grano-
turco, la tapioca, la soia; c'è un di-
spensario medico (ma cosl piccolo
che ci stanno dentro solo due per-
sone). Ho tre uomini che si dedi-
cano esclusivamente a visitare le ca-
panne, a spiegare, ad aiutare; sono
i miei tre catechisti Modon, Mynsong
e Sten. Uno appartiene ai Lalung
(una tribù abbandonata come quella
dei Bhoi e anche più), ma gli altri
due sono bhoi cristiani da Ila testa
Il ai piedi. Sono sinceri, onesti im-
pegnati nel loro lavoro, con fede
che traspira da tutti i pori; sono
bravissimi predicatori del Vangelo,
anche se un po'troppo irruenti quando
perdono la pazienza...
I bambini
che ficcano cento lire
Mezzi per fare quello che faccio ?
Il Vescovo mi dà l'equivalente di
1 5.000 lire al mese. Non è molto
ma non esiste solo Umsohlait s~
questo pianeta, e neppure nella sua
diocesi. Io sono assai riconoscente
a chi fornisce al vescovo quelle
15.000 lirette, cioè a voi e ai vostri
bambini che ficcano cento lire nella
cassetta delle Missioni. Però, senza
offendere nessuno, vi dirci di es-
sere più generosi. Qui c'è fame, c'è
necessità; non ho medicine per tutti·
i miei ragazzi dormono sopra sacchi
di tela. Io stesso sovente mi trovo
in. difficoltà. La vita è .molto dura,
qw a Umsohlait. Ma non vi do il
mio indirizzo, pensando che forse
ci sono missionari più poveri di me.
E poi so che è difficile credere a
tutto questo. Nei paesi del benes-
sere, qualcuno forse continua a pen-
sare che tutto ciò capita solo perché
questa gente non ha voglia di lavo-
rare. E che magari è più felice nel-
!'« età del bambù>>. Ma io la penso
come Sngi, che ha portato a Um-
sohlait le prime scarpe perché i suoi
fratelli bhoi non corressero più die-
tro al progresso a piedi nudi.
P. ROBERTO PERNIA
« Dopo aver respirato
per dodici anni l'aria
salesiana, mi sento una
figlia di D. Bosco, e con
il suo spirito e il suo
metodo mi sono dedi-
cata all'insegnamento.
Sognavo una scuola
bella, con bambini puli-
ti, studiosi. Invece... ».
Insegno in una contrada che dista
pochi chilometri da Napoli, ma
sembra che un abisso separi la città
da questo paesino di campagna dove
la vita è ancora regolata dal sole:
ci si alza all'alba con il canto del
gallo e si va a dormire al tramonto
dopo aver rinchiuso nella stalla I~
bestie, che spesso sono più accudite
dei figli , non per cattiveria (perché
qui la gente è ancora buona e sem-
plice) ma per ignoranza e per l'ec-
cessivo attaccamento a quello che -
per loro - è l'unica fonte di guada-
gno. Son capitata lì, diciamo per caso,
cinque anni fa, tna io sono convinta
che sia stato proprio il Signore a
~andar!flici. Era la mia prima espe-
rienza m una scuola statale e non
dimenticherò mai l'il'llpressione di
quel primo giorno. Una stanzetta
piccola e sporca nell'interno del cam-
panile. Davanti alla porta le funi
delle campane e, per arrivarci, una
scala dj legno molto poco sicura:
sei banchi e ventiquattro bambini
che per me potevano anche essere
stranieri, tanto mi sembrava oscuro
il loro dialetto, e tante, tante mosche.
Io arrivavo da un 'Istituto delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, dove ero
entrata come alunna esterna all'età
di sei anni, e ne ero uscita a dicias-
sette, diplomata maestra. Avevo re-
spirato per dodici anni aria sale-
siana •, ero diventata (posso ben dire
così) una «figlia di Don Bosco •· E
fu con il suo spirito e il suo metodo
che cominciai la mia missione.
Condividere le gioie
e il piatto di fagioli
Non sto a raccontare quello che
provai nei primi giorni, io che so-
gnavo una bella scuola con bambini
puliti, educati, studiosi. Dico solo
che <<volontariamente>> sono rimasta
in mezzo ai 4 miei •> contadinelli,
e che ora non penso affatto a chie-
dere il trasferimento. Ho capito che
essi avevano bisogno di qualcuno
che li amasse alla maniera di Don
Bosco, e creando nella mia classe

2.3 Page 13

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un'atmosfera di famiglia come vo-
leva lui, ho conquistato in breve
tempo l'affetto e la fiducia non solo
dei ragazzi ma anche delle famiglie,
delle quali oggi condivido gioie,
ansie, dolori e, a volte, persino...
un piatto di fagioli o del pane raf-
fermo.
Con i ragazzi non posso dire di
aver dovuto lottare molto. Certo,
portando sulle spalle l'eredità del-
l'analfabetismo e la prospettiva di
non dover studiare oltre la scuola
strettamente obbligatoria, non è fa-
cile ottenere impegno e sforzi. Ma
una volta trovata la le'va, l'insegna-
mento mi è stato meno gravoso e
difficile. La leva ? L'amor di Dio e
e
la soddìsfazione del proprio dovere
compiuto con diEgen1.a.
Non per niente sono diventati tutti
Amici' di Domenico Savio, e lo sen-
tono veramente amico tanto lo cono-
scono e l'ammirano.
Ora nella mia classe si festeg-
giano Don Bosco e Domenico Savio,
oltre alla devozione alla Madonna
coltivata con entusiasmo, le piccole
mortificazioni quaresimali in prepa-
razione alla Pasqua, ecc.: insomma,
mi sembra di aver trapiantato in
questa contrada un angolo di «giar-
dino salesiano 1)1 e il mio entusiasmo
si comunica alle colleghe, che sen-
tono anch'esse il desiderio di cono-
scere questo «spirito salesiano>> cosi
allegro, così semplice e cosi... mira-
coloso.
Quest'anno si conclude la mia
prima esperienza scolastica: i ra-
gazzi, ricevuti bambini in prima,
sono arrivati in quinta elementare.
È facile prevedere che alcuni, pur-
troppo, lasceranno per sempre la
scuola, anche se la media unica è
obbligatoria. Quelli che andranno
alla media mi chiedono timidamente:
«Nella nuova scuola, troveremo an-
cora chi ci parlerà di Don Bosco,
chi ci aiuta a crescere buoni?>>.
Nel lasciarli proverò certo un gran-
de dolore, e riesaminando il mio
lavoro mi accorgerò che avrei po-
tuto dare ai miei alunni ancora di
più. Questa costatazione sarà uno
sprone a ricominciare meglio con il
nuovo anno scolastico.
Però, se un giorno, incontrandoli
uomini, mi accorgessi che non ri-
cordano niente di Garibaldi o dei
verbi irregolari, ma li sentissi par-
lare e vivere di amor di Dio, di bontà,
di fratellanza cristiana, allora non ri-
terrei il mio insegnamento un'espe-
rienza negativa, ma una bella vit-
toria.
GIULIANA COSENTINO
llll
mos
e
13

2.4 Page 14

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■■
$
ee- . ,i
$
I
si trovò a operare Don Bosco erano
tutt'altro che favorevoli alle voca-
zioni. Eppure quante ne seppe su-
scitare e coltivare Don Bosco. Si
dirà che la situazione oggi è molto
più difficile di allora. Però è vero
che anche oggi si trovano giovani
generosi, ricchi di senso apostolico
e di vita spirituale. Ed è pur vero
che non pochi Istituti religiosi, spe-
cialmente missionari, hanno voca-
zioni numerose e qualificate, e per-
sino in zone ove noi accusiamo una
certa sterilità di vocazioni.
Penso perciò che dobbiamo tutti
riflettere sul problema con assoluta
lealtà, guardando con coraggio non
solamente alla realtà esterna, sociale,
familiare, troppo spesso negativa,
ma prima ancora la nostra realtà di
singoli Salesiani e di comunità sale-
siane.
In base a una non breve e non
limitata esperienza, maturata in que-
sti ultimissimi anni, penso c.he abbia
non piccola parte di ragione chi ha
a:ffermato: << Le çomunità hanno le
vocazioni che si meritano>>.
Il calo delle vocazioni non è l'unico
movente di questa lettera: sarebbe una
uroblema decisivo
tale numero si è ridotto del cinquanta
per cento.
È vero che il fenomeno è pressoché
universale, che le cause sono sva-
riate e complesse, che molte non di-
pendono da noi. Ma in una questione
del genere non possiamo assumere
un atteggiamento di rassegnazione,
come d'impotenza. .:...:::r....::....;;;.;....a..;.;..:.._ _ _ _ _ _ _ __.;___;..__
Premetto che vi parlerò con sin-
cerità e franchezza, come si ad-
dice a un padre che parla a figli e
fratelli << adulti ~.
Non è UD segreto ma una realtà
ormai nota a chiunque, il calo sensi-
bilissimo, spesso pauroso, delle vo-
cazioni nella Congregazione come nel-
la Chiesa. Mi limito al mondo sale-
siano. Il numero dei novizi dal 1967
è andato sempre più diminuendo; e
quest'anno, rispetto all'anno in cui si
14 raggiunse il massimo dei novizi,
Si hanno le vocazioni
che si meritano
La Chiesa non intende affatto ri-
piegare su una rassegnata inazione
come se fosse dinanzi a un fenomeno
del tutto irreversibile, ma al con-
trario respinge energicamente ogni
atteggiamento rinunciatario. Essa, alla
luce aella realtà di oggi e delle espe-
rienze raccolte in questi ultimi anni,
studia e indica vie efficaci, anche
diverse dalle antiche, per il germo-
gliare e il fiorire di nuove vocazioni.
È chiaro che anche noi siamo, e
vogliamo essere, su questa linea.
Anche i tempi e l'ambiente in cui
v1s1one angusta. La pastorale voca-
zionale è per noi elemento essenziale
della fedeltà alla missione che Don
Bosco ci ha lasciato in eredità.
La pastorale vocazionale oggi
Mi sembra perciò opportuno e-
sporre sull'argomento alcune idee
che provengono dal magistero della
Chiesa, dal nostro Capitolo Generale
Speciale, e dalla nostra autentica co-
stante tradizione.
La nostra missione ci obbliga a
UD servizio totale, che investa tutte
le esigenze e i reali bisogni del gio-
vane nel suo corpo, nel suo spirito,
nel suo cuore, che aiuti il giovane
nel suo processo di maturazione
umana e cristiana fino alla donazione
sempre più completa di se stesso a
Dio e agli altri. L a pastorale voca-
zionale è quindi il <e coronamento di
tutto il lavoro pastorale con i gio-
vani» (CGS). Oggi è assioma che la
pastorale è vocazionale, o non è pa-
storale.

2.5 Page 15

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Perché si è arrivati all'attuale crisi
vocazionale nella maggior parte della
geografia ecclesiale ? Tralasciando ri-
sposte che apportano cause teologiche,
sociologiche o psicologiche (general-
mente valide e che non si possono
ignorare), a noi se ne presenta una
che ci sembra fondamentale: perché
è mancata un'adeguata educazione
della gioventù, un'educazione inte-
grale, cioè a tutti i livelli, umano-
religioso-cristiano-sociale; perché non
si è dato ai giovani l'aiuto e l'orien-
tamento necessari per lo sviluppo
della loro personalità totale con la
realizzazione del << progetto di vita•>
conforme alla volontà di Dio e alle
qualità personali.
Che parte di responsabilità ab-
biamo noi educatori e salesiani? Qui
si dovrà applicare il rimedio: uno
sforzo serio per essere educatori,
educatori nel senso salesianamente
pieno della parola.
Gli obiettivi della pastorale
vocazionale
Quando si parla di pastorale o pro-
mozione vocazionale, e quando vi in-
coraggio a prenderla a cuore, sono
ben lontano dal voler dare a questa
espressione il significato ristretto di
una serie di accorgimenti o di tec-
niche che hanno come finalità unica
1a preoccupazione di « pescare )) dei
ragazzi con cui riempire le case di
formazione. Si tratta di qualcosa di
molto più profondo.
La Pastorale Vocazionale (( consiste
nell'azione della comunità cristiana,
gerarchicamente organizzata, mirante
a far sì che ogni cristiano fin dai
primi anni della fanciullezza, svilu1>-
pando la fondamentale vocazione alla
santità e all'apostolato che scaturisce
dal battesimo, scopra la propria
vocazione personale, e trovi le con-
dizioni necessarie per la maturazione
e la perseveranza l) (CEI 1972). Si
tratta di una nostra collaborazione
all'azione di Dio, che incide sul
destino e sulla vita dell'uomo.
Tra i principali obiettivi che la
pastorale delle vocazioni è chiamata
a realizzare, ne indicheremo due.
Far vivere la vocazio11e battesi-
male. È il primo obiettivo della pa-
storale vocazionale, comune a quella
della pastorale generale. La voca-
zione battesimale è la prima, fonda-
mentale vocazione del cristiano: voca-
zione alla fede, chiainata a far parte
del popolo di Dio. Ogni cristiano
deve ess_ere reso cosciente che il
battesimo ha caricato sulle sue spalle
l'impegno di promuovere e di dil.1-
tare il Regno di Dio, di essere santo
e di fare Chiesa.
Far maturare la vocazio11e perso-
nale di ciascuno. Lo Spirito Santo
<< dispensa, tra i fedeli di ogni or-
dine, grazie speciali, con le quali li
rende adatti e pronti ad assumersi
varie opere e uffici, utili al rinnova-
mento e alla maggior espansione
della Chiesa,> (LG). La vocazione
al sacerdozio e alla vita consacrata
s'inserisce cosl nel circolo più am-
pio della vocazione cristiana radicata
nel sacramento del Battesimo.
La pastorale vocazionale ha ap-
punto lo scopo di aiutare ciascuno
a scoprire e a maturare la propria
vocazione personale.
Purtroppo abbiamo sovente pre-
teso di trovare vocazioni specifiche
dove non c'era una chiara coscienza
di vocazione cristiana.
Alcune caratteristiche
della pastorale vocazionale
È possibile ricavare da quanto detto
alcune importanti conseguenze.
1. La pastorale vocazionale ci ap-
pare anzitutto come un servizio edu-
cativo e 1m diritto del giovane. In
questa prospettiva l'orientamento vo-
cazionale cristiano è un servi.zio pe-
dagogico che i giovani hanno il di-
ritto di ricevere da noi. Gli faremmo
un cattivo servizio se la nostra vo-
cazione si limitasse a sviluppare le
sue doti e qualità, e poi queste ri-
manessero sotterrate e improduttive
per la Chiesa e la società, perché non
lo abbiamo orientato nella realizza-
zione del suo vero progetto di vita.
2. I n secondo luogo, la pastorale
vocazionale si apre a tutte le vocazioni.
Non la si può ridurre alle vocazioni
sacerdotali o religiose, e ancor meno
alla ricerca di candidati per il pro-
prio Istituto. Ci è richiesto un cam-
bio di mentalità, a questo riguardo,
fino alJ'accettazione pacifica del prin-
cipio: « Siamo tutti responsabili di
tutte le vocazioni».
3. Infine, la pastorale vocazionale
è un'azio11e specifica a favore delle
vocazio11i sacre. Stabilito che una pa-
storale giovanile ben intesa è già
una pastorale vocazionale, nel senso
che sensibilizza i giovani 11ei con-
fronti della chiamata personale di
Dio, li induce a una piena adesione
alla vocazione battesimale, e suscita il
loro impegno nella missione stessa
della Chi~sa, dobbiamo subito ag-
giungere che questa pastorale gene-
rale deve necessariamente culminare
di un'azione specifica delle vocazioni
ecclesiastiche e di quelle di consa-
crazione speciale.
Una delle prime preoccupazioni
di Gesù è stata quella di individuare
11 Rettor Maggiore, su-
gli « Atti del Consiglio
Superiore», ha indiriz-
zato ai Salesiani una
lunga e accorata lettera
sul « Problema decisi-
vo delle Vocazioni». Si
articola in 4 parti: La
pastorale vocazionale
oggi - I compiti della
Congregazione - Pro-
poste per l'attività vo-
cazionale - L'aspiran-
tato e i nuovi esperi-
menti. Per l'importanza
dell'argomento e la lun-
ghezza del testo (43 pa-
gine) non ci pare con-
veniente condensarla
in un solo articolo. Ab-
biamo perciò deciso di
presentare in tre nu-
meri successivi del
Bollettino le parti es-
senziali della lettera.
Iniziamo con un con-
densato della presen-
tazione del problema e
della prima parte (La
pastorale vocazionale
oggi).
tra la massa degli ascoltatori quelli
che dovevano costituire il corpo spe-
cializzato dei testimoni e propagatori
della sua missione, i discepoli e gli
apostoli. A questi diresse un invito
esplicito, chiaro, personalissimo:
<< Vieni e seguimi». Questi coltivò c
educò con cura particolare. Il com-
portamento di Cristo è modello.
Dio affida alla Chiesa il compito
di chiamare i candidati idonei per-
ché << nel Popolo di Dio sulla terra
non manchino gli operai>> (P.O.).
<1 li dovere di dare incremento alfe
vocazioni sacerdotali spetta a tutta la
comunità cristiana 1) (O.T.). È suo do-
vere realizzare un "clima spirituale"
ricco di valori soprannaturali nel si-
gnificato della vita, di sensibilizzazio-
ne, dipreghiera e di educazione morale.
Valga per tutti noi l'esempio la-
sciatoci da Don Bosco che seppe
creare il clima adatto al germogliare
di tante vocazioni sacerdotali e re-
ligiose.
(fine prima parte) 15

2.6 Page 16

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Si chiama « Movimen-
to Mallinista » e vuol
dire « Péllscoli sem~re
verdi ». E nato in Ar-
gentina·nel 1967. È fat-
to su misura degli ado-
lescenti e li porta a in-
canalare verso la vita
le energie erompenti
degli anni verdi.
eome sovente succede si comincia
per caso, e quel che segue va
oltre le previsioni. Dunque i ragazzi
della casa salesiana di Eugenio Bustos
(Mendoza) in Argentina - un'opera
piccola e povera - risultavano refrat-
tari agli esercizi spirituali, non ne
volevano sapere. In simili circostanze
ci sono educatori che se la prendono
con la gioventù d'oggi, aberrante e
scapestrata. Invece il Direttore sale-
siano, Padre Aldo Pérez, concluse
che bisognava inventare qualcosa di
nuovo, qualcosa che fosse su misura
di quei suoi ragazzi. E inventò gli
Orientamenti giovanili >>, un modo
originale di condurre i ragazzi a
riflettere sulla loro vocazione cristiana
e il loro impegno di fede.
Padre Aldo prese i suoi ragazzi e
li condusse su in montagna, in un
luogo che si chiama «El Mallin ~- In
lingua indigena, << mallin» significa
<< pascolo fresco e verdeggiante>>. Suc-
cede, su quei monti aridi e tutto
pietraie, che un torrente sotterraneo
a un certo punto non sopporti più
di scorrere nelle viscere oscure de.I
suolo: rompendo la sua prigionia
fuoriesce in forma di sorgente e
dilaga per i declivi. si forma il
pascolo sempre verde, si spand-e il
«mallin •>. E come non vedere in
questo fatto naturale un significato
più profondo ?
Le forze sotterranee
dei ragazzi
<• Esistono anche nell'uomo - spie-
gò padre Aldo ai suoi ragazzi - delle
forze sotterranee che non sopportano
di stare rinchiuse, che si aprono una
via di uscita verso la luce e portano
la vita dove non c'era la vita. Così è
anche per voi giovani. Voi avete
16 nella vostra stessa giovinezza questa
forza erompente, che a volte è tenuta
rinchiusa e prigioniera dal vostro
egoismo o dalla vostra timidezza; ma
è una forza che vuole aprirsi una
strada nel terreno arido del vostro
io, vuole uscire alla luce del sole e
comunicarsi a~li altri >>.
Il discorso era persuasivo, i ragazzi
lo accettarono. Lo accettarono al pun-
to che il t mallin >> sempre verde e
pieno di vita divenne per loro un
modo di realizzarsi: una volta tornati
al collegio, si sentirono trasformati.
Anche i loro compagni se ne ac-
corsero, con stupore avvertirono il
loro stile diverso, la loro allegria e
il loro impegno. E proprio quelli che
prima di erano rifiutati di andare 31
Mallin (la partecipazione infatti era
libera), espressero iI desiderio di
vivere anch'essi l'esperienza dei loro
compagni. Cosl (era il settembre
1967) al «Mallin numero r » padre
Aldo dovette far seguire in fretta il
« Mallin numero 2 >>.
A novembre i Salesiani di Cor-
doba (la città capoluogo, con 700.000
abitanti e sei opere di Don Bosco)

2.7 Page 17

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npre'1
seppero quanto era accaduto a Men-
doza, e vollero fare altrettanto. Padre
Aldo vi si dovette recare con sei
dei suoi ragazzi più in gamba, orga-
nizzò il Mallin e anche l'idea
attecchi.
Coi nuovo anno scolastico, padre
Aldo si vide togliere dai superiori la
direzione della casa di Mendoza. Non
era una punizione, ma perché d'ora
innanzi si mettesse esclusivamente a
incanalare verso la luce le forze sot-
terranee dei ragazzi, perché molti-
plicasse sui terreni aridi i << pascoli
sempre verdi >>. E cosi dalle giornate
degli «Orientamenti » è nato quel
movimento giovanile che per forza,
in onore del «mallin i), doveva chia-
marsi «Movimento Mallinista i>.
Ora i ragazzi che partecipano ai
Mallin ci vanno per conoscere il
movimento e per aderirvi. Dal 1968
a oggi padre Aldo ha portato l'ini-
ziativa in varie parti dell'Argentina.
Da Còrdoba a Tucumàn, seicento
chilometri più lontano. Poi a San Luis,
nel sud. Poi a Salta, nel nord.
Alla fine del 1969, senza che si
facesse propaganda di alcun genere,
il movimento eia già ben noto in
giro. I ragazzi ne parlavano, i Sale-
siani anche di pio. Altre istituzicni
religiose vi aderivano, e perfino col-
legi laici. Nel 1970 si tenne il primo
Mallin a Buenos Aires, e fu anche il
primo Mallin di ragazze.
Oggi i Mallin tenuti da padre Aldo
hanno raggiunto il numero di 50 per
i ragazzi, e di 14 per le ragazze. Gli
aderenti al movimento sono tremila,
non cli più, ma scelti, preparati e
impegnati.
L'Argentina è stata divisa in << zo-
ne »; le zone sono suddivise in «Cen-
tri ». Ogni zona fa capo a un «Gruppo
coordinatore 1>. Tutte insieme le zone
sono collegate al << Gruppo coordina-
tore nazionale» con sede a Cordoba,
presso il «Centro Giovanile cli Spi-
ritualità» diretto da padre Aldo in
persona.
La geografia interiore
Sono già costituite la Zona Nord,
la Zona del Centro (con molte opere
educative anche non salesiane, e per-
fino statali), la Zona dell'Est, due
Zone sul litorale (una si estende
anche all'Uruguay), due Zone per
Buenos Aires (una per la sola capi-
tale e l'altra per il territorio limitrofo).
Più significativa è la << geografia
interiore•> del movimento. II MaJlin
con cui i giovani danno la loro ade-
sione, consiste in quattro giornate di
forte spiritualità trascorse in una casa
accogliente. I ragazzi vi vengono dalle
località più diverse dell'Argentina;
per lo più non si conoscono, al
massimo sono in gruppetti cli tre-
cinque amici. E la loro grande varietà
di provenienza arricchisce l'incontro.
Per trasferirsi dalle locahtà più lon-
tane dell'Argentina i ragazzi devono
compiere viaggi lunghi e costosi,
sovente non alla portata dei loro
esigui portafogli. Allora i Mallinisti
del loro gruppo locale si mettono a
lesinare sui soldi del cine e delle
sigarette per contribuire alle spese
cli viaggio dei futuri compagni.
Giunti nella casa del loro ritiro, i
neofiti vi trovano un gruppo cli coe-
tanei ad attenderli: sono i ragazzi di
un «Centro Mallinista » già funzio-
nante, che li affiancheranno in quei
giorni condividendo con loro da
amici tutte le esperienze del Mallin.
La presenza attiva di questi coetanei
già «formati >l è tipica del << Movi-
mento Mallinista »: sono i ragazzi
stessi che si prendono cura responsa-
bile dei loro compagni, e fanno anche
una parte delle conferenze.
Al ritorno, dopo questo «tempo
forte dello spirito>>, i nuovi Malli-
nistri si trovano aggregati al «gruppo
locale,>, e partecipano da allora in poi
alla sua vita.
Le attività del gruppo sono le più
svariate, e non mancano in qualche
caso quelle strettamente missionarie.
II gruppo del Bemal per esempio
organizza ogni anno, durante le va-
canze, un «mese di missione >> per
trenta dei suoi aderenti.
ll Mallin per i genitori
Questi ragazzi Mallinisti hanno bi-
sogno, per perseverare nel loro im-
pegno, dell'appoggio della loro fami-
glia. Genitori all'oscuro della forte
esperienza vissuta dai loro figli, a
volte costituiscono anche senza vo-
lerlo un ostacolo alla buona volontà.
È stato necessario informare questi
genitori sulla natura e sugli scopi del
movimento; anzi padre Aldo ha cer-
cato di associarli in qualche modo al
movimento stesso, di portarli a vivere
in piccolo qualcuna delle esperienze
intraprese dai figli. Ha preso vita
così un nuovo tipo d'incontro, breve
ma utilissimo, il << Mini-Mallin dei
genitori».
I ragazzi dei primi MaUin - allora
avevano tredici-quattordici anni -
ora cominciano l'università. Non per
questo hanno abbandonato il movi-
mento, ma vi si impegnano ormai a
livello dirigenziale. Del resto sono
preparati a questo compito, sono abi-
tuati a lavorare responsabilmente in
mezzo ai loro coetanei.
Il Movimento Mallinista assume in
Argentina un significato ben preciso.
Non mancano in questo immenso
paese le organizzazioni per giovani
universitari, ma l'adolescente è piut-
tosto trascurato. Il destinatario pri-
vilegiato dei Mallin è proprio l'ado-
lescente, dalla personalità ancora fra-
gile per tutti i problemi che la sua
età comporta: l'adolescente insicuro
e incostante, che più di tutti ha
bisogno di incanalare le forze sot-
terranee che gli urgono dentro verso
la vita. Il Mallin ideato da padre
Aldo vuole essere - e sembra sia
davvero - una risposta adeguata
all'indigenza costituzionale degli anni
verdi.
ENZO BIANCO 17

2.8 Page 18

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Quattro giovani del
Centro salesiano« Ter-
ra Nuova» sono par-
titi per l'America La-
tina e lavorano accanto
ai missionari in mezzo
agli lndios Shuar. L'av-
venimento offre I'occa-
sione per ricordare -
con i dati forniti dal di-
rettore stesso del Cen-
tro, don Carlo Filippini
- che cos'è TN, come
agisce, come prepara i
giovani al « servizio ci-
vile».
e arlo, Lilli_~, Goffl:edo, Gi~como
sono partiti a meta gennaio con
destinazione Macas, una missione sa-
lesiana tra gli Indios Shuar del-
l'Ecuador. Hanno in tasca un con-
tratto di servizio civile che li impe-
gna per due anni (è eventualmente
rinnovabile). Lavoreranno a fianco
dei missionari, ciascuno secondo la
propria specializzazione.
Carlo ha 24 anni, è di Vittorio
Veneto, meccanico, sindacalista. Lil-
lina ha anch'essa 24 anni, è di Gra-
gnano (Napoli), è laureata in peda-
gogia, insegnante. Goffredo ha 3 r an-
ni, è romano, geometra, e lavorava
presso una ditta. Giacomo con i
suoi 22 anni è il più giovane, è
romano, geometra e diplomato in
arredamento, lavorava mentre fre-
quentava i suoi corsi.
Quattro giovani come tanti, con
in più un supplemento di generosità.
E si sono imbattuti nell'organizza-
zione «Terra Nuova>>: i due romani
sono stati orientati a essa dal mini-
stero degli Esteri; Lillina ne aveva
18 sentito parlare tra i «Giovani Coo-
ra1azz1 peratori >> di cui faceva parte; Carlo
aveva letto su «Dimensioni Nuove »
un articolo che ne parlava.
La preparazione dei volontari
«La preparazione dei volontari
- spiega il direttore di Terra Nuova
don Carlo Filippini - si svolge a in-
tervalli nello spazio di 7 od 8 mesi~-
Anzitutto c'è un colloquio perso-
nale col candidato: «Si tratta di
chiarire quali sono le sue motiva-
zioni, le aspirazioni, che cosa è di-
sposto a fare>>.
Poi, si offre al giovane una Setti-
mana di Orientamento. «Gli pre-
sentiamo una sventagliata di proble-
mi, terni, situazioni diverse riguar-
danti sviluppo e sottosviluppo nel
mondo, rapporti fra gli stati, ideolo-
gie e impegno politico, esperienze di
volontariato già realizzate, difficoltà
incontrate, le possibilità offerte da
Terra Nuova.
«Per tanti interrogativi che ven-
gono presentati, a volte la Settimana
di Orientamento diventa settimana
di... disorientamento. E si capisce.
Qualche giovane giunge a noi per-
suaso di essere il tipo adatto per il
volontariato, ma poi il contatto bru-
tale con la realtà gli fa da deterrente;
visto che si tratta di servire il Terzo
Mondo e non se stesso, qualcuno
arrivato a noi per sbaglio finisce per
concludere: non fa per me ~.
Poi, ai giovani, Terra Nuova offre
un Corso di Preparazione, che dura
un mese. Vi partecipano 20-25 gio-
vani alla volta, non di più. Possono
essere ragazzi e ragazze, anche cop-
pie di coniugi, ma di età non infe-
riore ai vent'anni.
«Dapprima, in un incontro preli-
minare, ci si mette d'accordo sul-
l'organizzazione del corso stesso: sta-
biliamo di comune accordo le date, gli
orari, i contenuti del corso stesso,
insomma gli aspetti pratici. I gio-
vani devono peo.sare ad autogestirsi
per il vitto. La cifra si aggira sulle
900 lire giornaliere; se qualcuno non
può, in qualche modo si provvede.
Terra Nuova riceve un contributo
dal Governo versato a fine anno, e
la Congregazione sostiene le spese
- non indifferenti - per i locali,
le attrezzature, e per i Salesiani che
lavorano in Terra Nuova.
«I giovani che vengono al Corso
si fermano in sede tutto il mese. Si
lavora insieme a seminario: fissato
un tema, si fa intervenire un esperto,
si studia, si discute . Gli argomenti
sono gli stessi trattati nella Settimana
di Orientamento, ma questa volta
vengono approfonditi, e si cercano le
risposte concrete ~.
1

2.9 Page 19

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Un periodo di ripensamento
Segue un periodo di ripensamento
personale. I giovani tornano alle loro
abituali occupazioni, ma anche ui
impegnano nel lavoro pratico in
qualche gruppo, sindacale o parroc-
chiale o di partito, in una comunità
di base o in un campo di lavoro.
Insomma cominciano a sperimentare
la vita di gruppo cbe poi dovranno
condurre nel Terzo Mondo. In questo
periodo si cimentano pure in uno
studio-ricerca sopra un argomento
che li può riguardare da vicino in
vista della loro futura attività, come
il 'cristianesimo nell'Ecuador', 'il pro-
blema sanitario in Brasile', ecc. Leg-
gono qualche libro, raccolgono dati,
si fanno una prima opinione per5o-
nale. Al termine del periodo di ri-
pensamento presentano al gruppo di
Terra Nuova una relazione sul lavoro
svolto, sull'analisi che hanno com-
piuto, sulle difficoltà incontrate •·
Li attende infine un altro mese
da trascorrere qui nel centro di Terra
Nuova, per lo Studio del Progetto.
«A volte - spiega sempre don
Filippini - i giovani hanno già
scelto, hanno già il contratto in
tasca ; altre volte invece devono an-
cora decidere. In ogni caso hanno
molti interrogativi a cui rispondere:
se merita andare, che tipo di lavoro
si va a fare, che utilità esso può avere
per il Terzo Mondo, ecc.
Oltre allo studio del loro pro-
getto, i giovani hanno da accertare
l'affiatamento con i compagni se par-
tono in gruppo, da imparare la
lingua, da preparare i documenti
necessari. Dopo di che, sono pronti
per partire •·
TN non pone pregiudiziali
Carlo, Lillina, Goffredo e Giacomo
sono passati attraverso tutte queste
fasi. Ora sono già nel Vicariato apo-
stolico di Mendez, a Macas. H anno
già fatto conoscenza con i $huar che
prima avevano visto solo in foto-
grafia, hanno cercato di rendersi
utili.
Lillina lavora con le suore sale-
siane, per la catechesi e i corsi di
alfabetizzazione. Carlo si prende cura
di tutto il macchinario della zona
(senza il tecnico, apparecchi magari
costosi restano inutilizzati. dopo il
piu piccolo guasto). Goffredo e Gia-
como hanno da compiere misura-
zioni del terreno, progettazioni di
casette, sistemazioni di locali. Tutti
faranno scuola, sui banchi, ma più
ancora con il lavoro pratico •·
Questi quattro giovani sono andati
ad aiutare i missionari, e cosl fanno
in maggioranza i ragazzi preparati da
T erra Nuova. Ma l'organizzazione
salesiama prepara _per qualsiasi com-
pito, anche solo d1 sviluppo tecnico
e professionale, e anche fuori del-
l'ambiente di missione. Terra Nuo-
va di per sè non pone pregiudiziali
di fede, non richiede un impegno
religioso; si impegna invece a por-
tare i giovani a un approfondimento
anclui religioso&.
Del resto non ha da fare con ragaz-
zini ma con giovanotti maturi, che
hanno una loro cultura e delle loro
convinzioni radicate. Terra Nuova
accetta queste condizioni come punti
di partenza, e cerca di avviare i
giovani a maturazione. In qualcuno
di loro la scelta del Terzo Mondo
si associa a volte stranamente con
la rottura nei confronti dell'istitu-
zione: sono ragazzi cristiani, ma ta-
lora in atteggiamento critico verso
le strutture, o almeno verso certe
strutture. « Nei corsi - spiega ancora
don Filippini - queic:ti giovani af-
frontano tematiche idonee a matu-
rarli alla fede, come fede e impegno
politico, la teologia politica attraverso
l'Antico Testamento, ecc. e viene
offerta loro l'occasione della Messa
quotidiana, insieme con la nostra te-
stimonianza di vita cristiana ~-
Insomma, questi ragazzi non sono
mandati allo sbaraglio, ma vengono
sufficientemente preparati per far
fronte alle situazioni nuove, in modo
che la loro generosità iniziale non
naufraghi in un mare di errori e
delusioni.
Carlo, Lillina, Goffredo, Giacomo
non sono soli. T anti altri ragazzi li
hanno già preceduti, e tanti si stanno
preparando per la partenza. Don Fi-
lippini sfoglia la lista: un'infermiera
di Cuneo con esperienza di capo-sala
andrà nello Zaire; un laureato in
pedagogia andrà a La Paz per colla-
borare con uno studioso salesiano;
due ragazzi sono in partenza per
l'Algeria; un geometra si recherà
nello Zaire, uno a Cuenca, una
ragazza in Brasile, due tra pochissimi
giorni saranno nella Repubblica Cen-
tro Africana...
La generosità di questi giovani è
un capitale prezioso, che non deve
rimanere inutilizzato. E è un lavoro
veramente salesiano, questo svolto da
Terra Nuova, che convoglia tutte
queste forze verso il bene.
lndiri.zio di TERRA NUOVA:
Via Appia Antica 78 - 00197 Roma
Tel. (o6) 51.36.836
19

2.10 Page 20

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e per1
« Non passa giorno
scrive suor Felicita
dalla missi'one tra i
Guaicas - senza che
gli indi mi domandino:
quando torna padre
Cocco? Il piccolo Abbe
a ogni rumore d•aereo
corre per primo al cam-
po: il motore non è an-
cora fermo e lui è già
al finestrino e guarda
dentro; poi domanda
a tutti: « Uedi padre
Coco? » (Dov'è padre
Cocco?), ma nessuno
glielo sa dire. Allora
se ne va stringendo i
pugni e borbottando:
« lo sono molto arrab-
biato».
Padre Cocco, missionario in Alto
Orinoco (Venezuela) tornato in
Italia per qualche mese, sa che lo
aspettano. Ma è tranquillo, perchè ha
lasciato i Guaicas i.n buone mani: in
quelle di padre Bis, missionario po-
lacco ricco di a.noi e d'entusiasmo,
e nelle mani di sei mamme.
«Nei posti di missione dove non
ci sono le suore, si combina poco.
Il missionario lavora, si fa in quat-
tro, ma non ottiene i risultati che
si conseguono dove le suore ci
sono >>. Con la barba sventagliata
sulla talare bianca, con la saggezza
bonaria di sempre, padre Cocco sop-
pesa le sue parole misurate e solide
come tutto ciò che nasce dall'espe-
rienza.
<< La suora è quella che dà il tono
all'attività missicnaria. Sono loro che
20 organizzano, che realizzano le i.ni-
z1atne. La suora è anche più ascol-
tata che il missionario, ottiene molto
di più: sul piano dell'educazione dei
figli, dell'alimentazione, dell'igiene.
Se io faccio un'osservazione a uno
dei Guaicas, è capace di rispondermi
con un 'cobbo' ('non importa'), e
continuare come prima. Invece la
suora è costante, insiste paziente-
mente, e alla fine ottiene...
<< Quando ero ancora solo, con gli
indi, e distribuivo loro dei vestiti,
essi li portavano (se andava loro di
portarli) non importava come: puliti
o sporchi, nuovi o fn1sti, finché non
cadevano a brandelli. Ora le suore
hanno insegnato alle indie come la-
varli e tenerli in ordine. Prima,
quando vedevano un buco, ci met-
tevano il dito in modo che diven-
tasse bello grande. Ora le loro mogli
hanno imparato a cucire e lo ram-
mendano».
Molto saggiamente - ricorda pa-
dre Cocco - il fondatore di quelle
missioni, mons. De Ferrari, volle
avere al più presto le suore, e già
nel 1940 le Figlie di Maria Ausi-
liatrice erano a Puerto Ayacucho.
Tra i Guaicas esse erano giunte tre-
dici anni fa; dapprima erano tre,
ora sono sei, in due residenze. Sei
mamme per i Guaicas.
Gli indi si comportano
da veri gentiluomini
Padre Cocco ricorda quel 28 di-
cembre 1960 quando arrivarono, con
l'avioneta, accompagnate dalla loro
Ispettrice. Per un contrattempo, la
loro casetta non era ancora terminatà.
«Per qualche tempo si dovettero
sobbarcare a disagi e incomodità tre-
mende. Ma l'hanno fatto con uno
spirito di sacrificio e di allegria che
mi stupisce ancora oggi. Subito si
sono messe al lavoro tra i 1:iambini,
tra le donne, con la scuola e con le
visite alle tribù vicine;>.
Padre Cocco non può ricordare suor
Maddalena Mosso, la prima diret-
trice, senza commuoversi. << Si è sa-
crificata fino all'esaurimento delle
forze». Tornata in Italia, le banno
assegnato compiti più leggeri, <1 ma
il suo cuore è ancora là>>.
Gli indi dal canto loro sono come
suggestionati dalla presenza delle suo-
re, provano per loro come una vene-
razione. «Non ho mai visto un
indio mancare di rispetto a una
suora. Trattando con esse riescono a
essere persino delicati. Quando le
-- -,,~
,.~__..4L~ .o...
~"1>,~~-
,t. ~r',o4ec.-.1-~l'O-~
~ ,i ~ ~ - - ~ , c l - . - . 0-
~.t:.· o l ~-=
Sopra: Le lettera del piccolo gualca ls aias
a don Cocco. Dice: « Caro Padre Cocco,
lo sto bene. Anche papà a mamma e fratel•
lino. lo vado sempre a scuola, voglio essere
buono con I miei compagni. Tu portami H
pallone di cuoio a le scarpe. lo ti voglio
tanto bene. Non ho nulla per pescare.
lsaias».
A destra: suor Maddalena Mosso, fondatrice
della residenza delle FMA tra I Guaicas.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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suore devono andare in giro, esse
stesse mi chiedono che mandi ad
accompagnarle qualche indio, e non
altre persone. L'indio si accorge
subito se la suora non riesce a salire
perché la scarpata è troppo ripida, e
allora le porge la mano, la sostiene.
Con le suore gli indi si comportano
da veri gentiluomini: l'ho constatato
io, e lo dicono anche le suore».
E come non voler loro bene ?
Aiutano le mamme indie a cre-
scere i figli, fanno loro scuola, li
nutrono. Il loro refettorio scolastico
sta ottenendo grande successo. (< Con
pasta, riso e pesce (che è sempre in
abbondanza), fanno una specie di
minestrone e lo scodellano ai bam-
bini dopo due ore di scuola. È molto
buono, e i bambini pur di mangiarlo
si rassegnano a frequentare la scuola.
Le suore hanno insegnato ai più
grandicelli a preparare il minestrone:
essi lo fanno a turno ogni mattina, e
ricevono il compenso di un bolivar
(130 lire). L'intero minestrone costa
sulle 1500 lire al giorno, e c'è sempre
qualche 'santo' che provvede alla
spesa.
Le suore, quando vedono un bam-
bino un po' gracile o bisognoso di
cure, danno alla mamma sempre
qualcosa, magari le uova del loro pol-
laio... Recentemente hanno ottenuto
da enti assistenziali l'assegnazione di
alimenti speciali, chè sembra diano
ottimi risultati >>.
<< Abbiamo pesato i bambini - dice
l'ultima lettera giunta dal Vene-
zuela: - sono cresciuti di due chili
in un solo mese! >>. Come brave
mamme, le suore non riescono a
nascondere il loro compiacimento.
« Feo feo feol »
Non mancano certo le difficoltà,
in un ambiente cosi aspro e diverso.
A cominciare dai vestiti degli indi,
o meglio dalla loro assenza. «Quando
le suore erano appena arrivate - rac-
conta padre Cocco - gli indi pas-
seggiavano anche davanti alla casetta
delle suore vestiti come al solito di
niente. Allora ho fatto loro questo
discorsetto: le suore vi hanno dato i
pantaloni; quando dovete passare di
11, metteteli. Altrimenti esse si voltano
dall'altra parte e dicono: Feo, feo,
feo ! (brutto, brutto, brutto!). Hanno
iglie di Maria
usiliatrice
capito il mio discor::etto, e hanno
cercato di ubbidire. Ma capitava an-
cora che incontrassero una suora,
magari lungo un sentiero, mentre
erano vestiti... alla loro moda; allora
portavano le mani sugli occhi, mor-
moravano feo feo feo, e scappavano
via».
Altri gua.i recentemente li hanno
combinati i cani degli indi. Sono
andati a sbranare le galline delle
suore: ne hanno fatte fuori una ses-
santina, più della metà. Era troppo!
Suor Felicita Supenino, la direttrice,
21

3.2 Page 22

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perse le staffe: spalmò sul pane del
veleno per topi, e lo buttò ai cani.
Cinque o sei lo magiarono e mori-
rono.
Uccidere un cane a un indio, è
un'offesa tremenda: gli indi amano
i cani come fossero persone. Un
indio deciso a vendicare il suo cane
defunto, andò con arco e frecce a
fare una nuova strage di galline.
Suor Felicita arrivò in tempo: dotata
di forza non comune, e di coraggio
in proporzione, disarmò l'indio e
minacciò di buttarlo nel fiume. Il
poverino tutto confuso (non si sen-
tiva certo di far la guerra alla suora)
si calmò e alla fine accettò la meritata
punizione: fece per qualche giorno
la guardia al pollaio, difendendolo dai
e.ani ...
La guerra fra le tribù
Del resto - racconta ancora padre
Cocco cercando i particolari nelle
ultime lettere ricevute dalla missione
- proprio quell'indio qualche giorno
più tardi andava da suor FeliciLa a
chiederle aiuto. Infatti per colpa sua
era scoppiata nientemeno che una
guerra fra tribù. (Questi quadretti
di vita missionaria possono sembrare
puerili ; ma danno forse maggior
prova di maturità le grandi potenze,
quando si azzuffano fra loro ?).
Dunque la guerriciola scoppiò per
un contratto andato in fumo. Un
indio della vicina tribù dei Vito-
coyoteri pretendeva dall'indio della
missione di avere in moglie la sua
figlia (una ragazzi11a appena tredi-
MICROREAUZZAZIONE N. 5
NAZIONI:::
Filippine.
LOCALITÀ:
Pasil (Cebù).
RESPONSABILE: Padre Giovanni Deiana.
OGGETTO:
5 borse di studio per ragazzi poveri.
COSTO:
L. 100.000 per ogni borsa di studio (4 anni).
Totale L. 500.000.
Padre Deiana si trova a Pasil, nell'isola di Cebù, specializ-
zato in attività sociali. Sta realizzando diversi progetti per
far fronte agli urgenti bisogni della sua comunità tanto
povera: un Centro Giovanile, un Dispensario gratuito, un
piccolo Centro d'Artigianato per donne, un As_ilo.
Ha bisogno di aiuti per sostenere queste opere sociali, ma
quello che crede ancor più urgente è poter aiutare i suoi
ragazzi migliori a studiare nella High School (Scuola Supe-
riore), che consta di 4 anni.
Non occorrono piu di L. 100.000 per istituire una borsa
di studio per un giovane per tutti i quattro anni di Scuola
Superiore. Ml scrive che quest'anno presso di lui ci sono
almeno venti ragazzi veramente intelligenti, che sarebbe un
peccato non avviare agli studi.
Potranno contare su di noi? Proviamo.
BILANCIO:
22
Le precedenti 4 microrealizzazioni: Corea del Sud - Dor-
mitorio per giovani operai, L. 2 milioni; India Sud - Ca-
pannone per handicappati, L. 3 milioni; Brasile - Centro
sociale, L. 1.500.000; lndia Uriurkuppam - Pompa elettrica,
L. 400.000; sono state tutte completate.
cenne). E andò a prendersela con un
codazzo di indi armati. Per precau-
zione, il padre della ragazza l'aveva
affidata alle suore, che la custodivano
nella missione. I Vitocoyoteri lo
seppero.
"Sono arrivati di sorpresa - rac-
conta Ja lettera - tutti dipinti di
nero, con le frecce, le asce e i machete.
Abbiamo fatto appena in tempo a
chiudere la porta della stanza dove
si trovava la bambina. Ma due indi,
con le asce, cominciarono a sfondare
l'uscio •·
Allora, senza troppi complimenti,
l'energica suor Felicita li afferrò e li
sbatté l'uno contro l'altro con una
sonora capocciata. Sul vicino cam-
petto d'aviazione c.'era l'at1io11eta della
posta. "Avviate il motore! - gri-
dava suor Felicita ai piloti, sapendo
quanto il suo rombo agisse sugli
indi con effetto deterrente. - E
correte atl aiutarmi I". Intanto to-
glieva le asce dalle mani dei due
indi esterrefatti. Vi porto tutti a
Caracas in prigione! •· E fra i suoi
strilli, il ruggito del motore, e le
urla dei Guaicas della missione final-
mente sopraggiunti, gli assalitori scap-
parono via. Ma come era prevedibile,
poco dopo tornarono.
La battaglia fu inevitabile: frecce,
bastonate, assalti, fughe, inseguimen-
ti. Suor Felicita continuava a chie-
dere aiuto agli uomini dclJ'avioneta,
e i piloti avviarono il motore. Ma il
rombo, dapprima potente, si fece a
poco a poco più debole, poi divenne
un brusio appena percettibile, poi
non lo si udl più. Per paura, i piloti
erano volati via ...
Alla fine del conflitto i due gruppi
di indi si ritrovarono molto mal-
conci. Nessun morto, ma diversi
feriti, qualcuno anche grave, e tutti
almeno contusi. (In quegli stessi
giorni, sull'a Itra taccia del pianeta
Terra, arabi e israeliani se le davano
anch'essi di santa ragione con mezzi
molto più moderni). Però la ragazza
contesa era rimasta per tutto il tempo
al sicuro nella missione, sotto la
protezione delle suore.
• Credo di non esagerare - insiste
padre Cocco - se dico che una
missione fra questa gente primitiva
senza le suore, sarebbe un corpo
morto. Esse hanno la pazienza, la
carità, il buon senso cli non preten-
dere subito, di saper aspettare il
momento giusto. Esse mandano av:mti
l'asilo, la scuola, il laboraLorio del
cucito. Insegnano a cucinare, fanno
da infermiere, sono prowidenziali in
un posw tanto isolato. Sono le vere
mamme dei Guaicas ~-

3.3 Page 23

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lraagazzina
delle Ande
70 anni fa, a Juanin de
los Andes, moriva una
oscura ragazzina di 13
anni. Aveva offerto la
sua vita per la mamma,
invischiata in una tor-
bida vicenda di f azen-
deiros. Si chiamava
Laura, e nessuno si
era ricordato di farle
una fotografia. Ora
centinaia di migliaia di
ragazze in tutto il mon-
do la conoscono, e la
pregano per avere un
poco della sua forza.
A veva solo cinque anni quando
il padre, ufficiale dell'esercito
cileno, dovette prendere la via del-
l'esilio. Lo seguivano la mamma,
Laura e una sorellina ancora più
piccola, Giulia. Nel Cile era scop-
piata la guerra civile.
Con altre carovane di profughi,
la famiglia Vicuna raggiunse dap-
prima il villaggio di Temuco, poi
puntò su Norquin, in una plaga
desolata ai piedi delle Ande, in
Argentina. Ma non c'era pace per
loro: dovettero rimettersi ben pre-
sto in cammino.
In una breve sosta a La Layas
incontrarono il missionario sale-
siano Don Milaoesio che li indi-
rezzò a Juanio de los Andes, dove
i figli di Don Bosco avevano aperto
un collegio per ragazzi, e ospita-
vano anche i profughi cileni.
Ma la serenità durò pochissimo:
durante il lungo pellegrinare una
malattia inguaribile aveva strap-
pato alla piccola famiglia il padre.
Le due bambine dovettero essere
collocate presso le suore salesiane
nel collegio di Juanin. Giulia mo-
strò (così ricordavano le suore) un
carattere vivace, mentre Laura si
rivelò dolce e riflessiva.
La mamma, Merced~s, dovette
pensare a trovare un lavoro che
le consentisse di guadagnarsi da
vivere, e anche (poiché il collegio
delle suore era poverissimo) di
contribuire al mantenimento delle
sue bimbe. Un ricco proprietario,
invaghitosi di lei, la invitò alla
sua fazenda a Quilquihue, offren-
dole un lavoro continuo e ben
retribuito. Mercedes Vicui'ia non
avrebbe voluto accettare, perché
quell'uomo la spaventava; ma poi
pensò alle sue bambine, alla ne-
cessità di assicurar loro un avve-
nire, e pur conoscendo i metodi
violenti e l'irrelig.iosità di colui che
doveva diventare il suo padrone,
firmò il contratto di lavoro.
11 f azendero però aveva altre in-
tenzioni: quella firma doveva si-
gnificare una resa a discrezione e
un legame di ben altra natura per
Mercedes.
Un'infinita tristezza nel cuore
Laura non sapeva nulla di tutto
ciò, naturalmente. Né poteva so-
spettare che, nel momento in cui
salutava dalla soglia del collegio la
mamma che partiva per Quil-
quihue, si decideva anche il suo
destino.
Quando compi nove anni andò
per la priva volta con Giulia a
passare le vacanze estive presso la
mamma. Abituata alla serenità del
collegio, si sentì subito a disagio
nella fazenda: non tardò a capire
che tra la mamma e il padrone
c'era qualcosa di più che un sem-
plice rapporto di lavoro, e tornò
in collegio portando nel cuore una
infinita tristezza di cui le suore non
tardarono a comprendere la ra-
gione.
Passarono i mesi . Gli incontri
con la mamma, quando veniva a
trovarla, sifecero sempre più dram-
matici e dolorosi. Laura la scon-
giurò di allontanarsi da Quil-
quihue, di trovare una soluzione.
- Prendi una casetta vicino a
noi - le disse. - Non restare
lontana, non abbandonarci.
23

3.4 Page 24

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Tra le lacrime, la signora Mer-
cedes seppe dire soltanto:
- Debbo stare lontana da voi
per il vostro bene.
E Laura finalmente seppe che
tutte le spese per lei e per la
sorellina venivano pagate dal fa-
zendero.
Da quel momento qualche suora
cominciò a registrare i t fioretti
che la ragazzina offriva al Signore
perché la mamma ritornasse sulla
retta via. Quelle annotazioni si
trovano ora in piccole cartelle sulle
quali figurano le date degli anni
1901-1902. Sono allegate agli in-
cartamenti, alle testimonianze, che
forse un giorno porteranno la pic-
cola Laura sugli altari, tra i santi
della Chiesa.
La festa notturna e la paura
All'epoca delle vacanze scola-
stiche, Laura non voleva partire:
aveva paura a tornare sotto il tetto
dell'uomo brutale che conviveva
con la madre. Ma dovette an-
dare, perché quello era il desiderio
della mamma, e neppure le suore
potevano opporsi.
I coloni della fazenda, che la
signora Mercedes trattava sempre
con gentilezza, accolsero cordial-
mente le due bambine; e anche
il padrone sembrò addolcito dalle
loro faccette delicate. Trascorsero
alcune settimane di pace. Poi
scoppiò, improvvisa, la tempesta.
Nella fazenda ci fu una grande
festa notturna alla quale, tra canti
Sopra: l'umile cH etta di fango a Juanln de
los Andes dove mori La urs. Sotto: Juanln
d e los AndH oggi, s ullo s fondo della Co rdl•
g llara a del vulca no Lsnln.
e danze, parteciparono tutti i con-
tadini della zona. La festa dege-
nerò ben presto in un'orgia di
ubriachi, e Laura si nascose in un
luogo appartato della casa a pian-
gere tutte le sue lacrime.
All'alba, spenti i fuochi della
festa, il padrone chiese della ragaz-
zina, perché s'era accorto che non
aveva partecipato alla baldoria col-
lettiva. Quando intui la ragione
della sua assenza, si imbestiaB.
- Le darò una lezione che
non potrà più dimenticare - urlò
cominciando a cercarla per le
stanze della casa.
Mercedes, con un atto di co-
raggio che avrebbe dovuto fare da
molto tempo, sbarrò la strada al
bruto, e gridando richiamò l'at-
tenzione dei domestici. Il / a::en-
dero, per non «perdere la faccia*,
si ritirò in camera sua. Ma quando
svanirono i fumi del vino, rese nota
la sua decisione: non avrebbe più
sborsato un soldo per le bambine.
Le suore riaccettarono ugual-
mente Laura. La mamma, però,
volle tenere con sè Giulia, la più
piccola.
« La mia vita per la mamma »
Un giorno il collegio era in
festa per l'arrivo del grande mis-
sionario salesiano mons. Giovanni
Cagliero. Laura ascoltò le sue pa-
role, i suoi racconti missionari, si
entusiasmò, e in un colloquio gli
chiese di poter essere accettata tra
le «postulantfo delle suore sale-
siane. Il Vescovo le rispose che era
ancora troppo piccola per deci-
dere il suo avvenire. In un secondo
colloquio, tuttavia, ottenne il per-
messo di fare a Dio un voto pri-
vato di castità. «Voglio offrire a
Dio - disse - una vita di amore,
di sacrificio e di mortificazione per
mia mamma ». Aveva appena dieci
anni. Più tardi, quando vedrà la
mamma andare sempre più alla
deriva, con il permesso del con-
fessore <e offrirà a Di o la sua vita 1>.
Le testimonianze sono concordi
nell'affermare che la salute della
ragazzina, fino allora florida, co-

3.5 Page 25

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minciò a deperire. Tra lei e la
mamma si svolsero colloqui sem-
pre più struggenti:
- Perché, mamma, non ti de-
cidi a stabilirti qui a Juanin?
Come ti sentiresti più contenta.
Giulia frequenterebbe la scuola, e
potrebbe crescere più istruita.
- E tu, figlia mia, - rispon-
deva la mamma - non potresti
pensare a guarire, invece di stare
in pensiero per me ?
Nell'agosto del 1903, terribili
bufere si scatenarono sulle Ande.
I fiumi strariparono, i paesi furono
minacciati dalle acque. Giunsero
soldati con le barche e provvidero
a trasferire nei villaggi vicini gli
abitanti di Juanin allagata. I nuovi
strapazzi incisero gravemente sulla
salute di Laura.
Sua madre, vivamente preoccu-
pata, chiese di portare con sè la
ragazzina febbricitante, ma non
nella fazenda, bensì nella casa di
una carissima amica, Juana Des
Espinos.
Qualcuno bussò alla porta
La pace sembrò tornare. La
mamma, vicino alla sua bambina
che aveva bisogno di lei, ritrovò
la piena tranquillità. Ma una sera
qualcuno bussò alla porta: era il
padrone della fazenda di Quil-
quihue. Dopo aver atteso invano
il ritorno di Mercedes, era venuto
a Juanin deciso a tutto pur di
ricondurla con sé. Tra lui e Mer-
cedes l'incontro fu drammatico.
Laura, che udiva le imprecazioni
sempre più .violente, vincendo i
brividi della febbre si alzò, e pian-
gendo tentò di raggiungere la
porta: voleva forse chiamare qual-
cuno. Ma l'uomo senti i passi e il
pianto, la raggiunse, la gettò a
terra, la copri di ingiurie e di
percosse. La mamma cercò di di-
fenderla, ma anche lei fu colpita
duramente da quell'uomo ormai
completamente imbestialito. Sol-
tanto quando nel vano della porta
apparve la padrona di casa, Juana
Des Espinos, cercò di calmarsi e
finì per andarsene.
Le percosse e l'emozione ave-
vano stremato la ragazzina, ma
essa riusci ugualmente a sorridere,
perché ormai era certa che la mam•
ma non sarebbe più tornata alla
fazenda. La sua preghiera era stata
accolta. Mormorò alla mamma che
ora avrebbe anche potuto morire.
Le sue condizioni peggiorarono
rapidamente. Intorno al suo let-
tino vennero le compagne del col-
legio, le suore, le donne di Juanin.
A tutte Laura cercò di sorridere,
cli dire una parola gentile.
Spirò serenamente, accanto alla
mamma, il 22 gennaio del 1904.
Il giorno prima la Chiesa aveva
celebrato la festa di sant'Agnese,
una ragazza romana che aveva ac-
cettato di morire per difendere la
sua purezza. Laura non aveva an-
cora compiuto 13 anni.
Manca una fotografia
Qualcuno raccontò che sulla sua
tomba il Signore concedeva gra-
zie e miracoli, e cosl si pensò di
raccogliere documenti e testimo-
nianze sulla ragazzina delle Ande.
Ora quei documenti sono custo-
diti e studiati dalle autorità della
Chiesa, perché nel 1955 si credette
bene di iniziare la causa di beati-
ficazione di Laura Vicui'ia. Nelle
cartelle che custodiscono i docu-
menti ne manca uno. Per la sua
beatificazione non ha nessuna im-
portanza, ma ne avrebbe molta per
tutti noi: manca una fotografia
qualsiasi di Laura. Nel villaggio
dove trascorse quasi tutta la sua
brevissima vita, in quegli anni
nessuno possedeva una macchina
fotografica. Quelli che la conob-
bero dicono che era una bambina
bellissima, dagli occhi neri e pro-
fondi, dal volto bianco come un
giglio. Guidato dalle testimonianze,
un pittore ha tracciato un volto vivo
e felice. È diventato il << volto uffi-
ciale >> di Laura. Purtroppo quello
vero, che doveva portar~ in fondo
agli occhi un velo di sofferenza per
il male del mondo, nessuno lo
rivedrà: una sorte stranamente u-
guale a quella che toccò a Dome-
nico Savio, il primo santino cre-
sciuto nell'Oratorio di Don Bosco.
In questa nostra epoca in cui da
tante parti il matrimonio cristiano
viene considerato un inutile peso,
forse un giorno la Chiesa innalzerà
sugli altari la figura della ragaz-
zina delle Ande, che offri la vita
perché la sua mamma ritrovasse la
strada di Dio.
T. e.• A. P.
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
NOVITA LDC 10096 TO-Leumann
Foto-problemi: una nueva inizia-
tiva dell'editrice salesiana. Da gen-
naio la rivista «Catechesi» esce in
doppio fascicolo: uno contenente
« Studi ed esperienze»; e un altro,
Catechesi Foto-problemi, diretto
da Carlo Fiore, contenente 16 sog-
getti fotografici a tema, Gli argo-
menti affrontati con le immagini (e
con relativo testo) sono:
• in gennaio: La condizione operaia;
in febbraio: Il bambino oggi;
in marzo: Il dramma del malato;
in aprile: La condizione della
donna;
in maggio: Il problema demogra-
f ico;
In giugno: L'immigrazione.
Sono tutti t emi che il Documento
Base pone esplicitamente fra quelli
che devono essere affrontati nella
Catechesi.
Abbonamenti: Italia, lire 4000; estero
lire 4500.
COLLANA «UOMINI PER TUTTI
I CONTINENTI»
Per rispondere in maniera concreta
alla campagna sulle Vocazioni, l'LDC
presenta una serie di volumetti ra-
pidi, freschi, leggibilissimi, che pre•
sentano ai ragazzi e agli adolescenti
«figure» di Salesiani contemporanei.
Salesiani presentati come « modelli
di vita», animati da un grande ideale
missionario: la salvezza dei giovani
e dei poveri.
I volumi editi fino a questo momento
sono:
Costftlttori di un mondo nuovo -
13 figure di salesiani, da padre
Mantovani a don Franco Delpianò -
L. 850
Il coraggio di spendersi - 11 f igure
di salesiani, dal cooperatore Attilio
Giordani al « leggendario» don Co-
jazzl - L. 850
Quando i fratelli chiamano - 12fi.
gure di salesiani: da don Cimatti al
missionario «che peti sotto Mao-
tze-Tung » don Suppo • L. 850
Volumetti da «ficcare in tasca» ad
ogni ragazzo che si vuole orientare
verso la vita sacerdotale, religiosa,
salesiana.
NOVITA LES via M. Gioia 62, Milano
Vangelo di una mamma • testi-
monianza • pp. 208 - L. 2000
È storia vera, anche se sfumata nei
particolari storici. Di facile e attraente
lettura, raccoglie i ricordi di «mam-
ma Aurora», una donna di Dio se-
rena e ottimista.
25

3.6 Page 26

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NELMDNDO
SALESIANO
IN 10 LINGUE
ALLA RADI O VATICANA
UN MESSAGGIO
DEL RETTOR MAGGIORE
Nella festa di Don Bosco, 31 gen-
naio, il Rettor Maggiore ha rivolto ai
Salesiani di tutto il mondo, dalla Basi-
lica di Maria Ausiliatrice i n Torino, un
messaggio sul « Centenario delle Co-
stituzioni salesiane». Il messaggio di
don Ricceri è stato trasmesso dalla
Radio Vaticana in dieci lingue: in ita-
liano, spagnolo, portoghese, inglese, te-
desco, francese, polacco, slavo, boemo
e ucraino. Ecco il testo completo in
lingua italiana:
« Oggi, festa del nostro Padre, vorrei
che il mio saluto fraternamente affet-
tuoso arrivasse in ogni angolo della
terra, dovunque lavora per il regno di
Dio un figlio di Don Bosco.
«Quest'anno 1974 è già portatore di
una singolare ricchezza spirituale, per
il fatto che in ogni chiesa locale anche
voi celebrate l'Anno Santo, anno di ri-
conciliazione e di grazia.
«A noi Salesiani quest'anno porta
in più l'invito a- un rinnovato impegno.
Ricorre infatti il Centenario dell'appro-
vazione delle Costituzioni Salesiane, che
tanto calvario costarono al nostro Padre.
Esse, rinnovate alla luce del Vaticano Il
e nell'assoluta fedeltà allo spirito di
Don Bosco, non sono un freddo co-
dice legale di aride leggi, ma una via
ariosa e una guida sicura perché ognuno
di noi viva gioiosamente, sull'esempio
e con il cuore di Don Bosco, la sua
totale Consacrazione a Dio nella dona-
zione totale alla gioventù, oggi più bi-
sognosa che mai.
« Carissimi, viviamo con amore gene-
roso le Costituzioni rinnovate: è il segno
concreto della nostra fedeltà a Don Bo-
sco e alla nostra vocazione nella Chiesa.
« Ecco il messaggio augurale che ho
il piacere di inviarvi dalla Basilica di
Valdocco, da dove il nostro Padre vi
benedice tutti».
MARIA AUSILIATRI CE
A JARABACOA
Scrive P. Luis Sertore dalla Repub-
blica Dominicana: « La parrocchia di
Maria Ausiliatrice, a Jarabacoa, ha fi-
nalmente la sua chiesa. Nel 1965 il ve-
scovo ci affidò la parrocchia, nel 1968
benedisse la prima pietra della chiesa.
La gente di qui è povera, si assoggettò
a molti sacrifici, ma volle, e in fretta, la
chiesa della Madonna. Ci vennero in
aiuto anche tanti benefattori, tra cui
tutto il paesetto di Lanzada, in pro-
vincia di Sondrio. Ora la bella chiesa è
completa, e accanto ad essa si apre il
salone per la gente: 26 metri per 9.
«Alla benedizione i nostri poveri sono
venuti numerosi, per vedere l'opera delle
loro mani. i I frutto del loro sacrificio.
E anche la Madonna era presente tra
noi. Essa ha elargito abbondanti grazie
durante questi anni, tanto che potremmo
dire con Don Bosco che "ogni pietra
della chiesa è una grazia di Maria Ausi-
liatrice". La grazia maggiore l'ha rea-
lizzata unendoci tutti attorno alla sua
chiesa, obbligandoci quasi a conoscerci
e ad amarci».
IL SECONDO SALESIANO
AL CONSIGLIO NAZIONALE
DELLE RICERCHE
In Consiglio Nazionale delle Ricerche,
con sede in Roma, aveva finora invitato
un solo salesiano a tenere una relazione
davanti alla sua assemblea: il grande
don De Agostini, esploratore della Terra
del Fuoco. Quest'anno il prof. Ettore
Biacca. ordinario dell'Università di Roma
e membro del Consiglio, ha invitato a
tenere una relazione don Cocco, mis-
sionario tra gli Yanomami dell'Alto
Maquillage forestale. Il loro nome è lndlos Shuar. Vivono nell'Ecuador. Un
Orinoco. Il 15 gennaio don Cocco ha
proiettato il suo film «Yanomami: tra
tempo dipingevano il corpo, foravano I lobi delle orecchie, e le donne foravano
anche il labbro inferiore. Da quasi ottant'anni i Missionari salesiani lavorano in
spiriti e stregoni del!'Amazzonia» e ha
tenuto una conferenza dal titolo «Il
mezzo a loro, e Il preparano gradualmente all'urto con la cosiddetta civiltà dei
bianchi. Ora essi hanno smesso di dipingersi: lo fanno solo più alcuni gruppi
mondo spirituale Yanomamii>. È seguita
una discussione, durante la quale molti
isolati nella foresta, e altri gruppi «evoluti» per «accontentare» i turisti (Foto membri del Consiglio Nazionale hanno
Bodo Wuth).
26
espresso la propria ammirazione al mis-
sionario salesiano.

3.7 Page 27

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A UN'EX-ALLIEVA ARGENTINA
di una serie di Monografie rigorosamente ad amare di più, la nostra Congrega-
IL PREMIO NAZIONALE RADIO-TV scientifiche che costituiscano una com- zione, che "rawisa nel lavoro missio-
A Mendoza (Argentina) il premio per
i migliori programmi Radio-TV 1973 è
stato assegnato alla giornalista Martha
Villanueva de Adams, presidente delle
Exallieve F.M.A. Le sue t rasmissioni
hanno avuto ìl miglior indice di gradi-
mento per il valore artistico e il con-
tenuto morale. li quotidiano «LosAndes»
scrive:
«È un riconoscimento che onora ve-
pleta «Storia delle Missioni salesiane».
Sono già in corso di stesura le prime
monografie, e altre sono in fase di
studio.
Inoltre il Centro sta realizzando una
«miscellanea>> di contributi scientifici
brevi (una quindicina di pagine ciascuno)
su vari aspetti - storia, etnografia,
linguistica, economia, geografia, pasto-
rale, ecc. - delle Missioni salesiane.
nario un lineamento essenziale del suo
volto" (Cost., art. 15) ».
CENTRO ACCOGLIENZA,
ANNO UNO
Il « Centro salesiano di accoglienza e
orientamento>> di Eeklo (Belgio) fun-
ziona da un anno, e 250 giovani vi
hanno già trascorso un periodo più o
ramente l'autrice, perché viene assegnato
unicamente a coloro che contribuiscono , - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
a promuovere l'educazione e la cultura,
l'unione della famiglia e il benessere
sociale».
Martha è stata la fondatrice e la
prima insegnante della scuola superiore
di giornalismo di Mendoza. La sua col-
laborazione per la stesura dei testi e
per le realizzazioni sceniche Radio-TV
risale al 1955, quando con le exallieve
della scuola Maria Ausiliatrice iniziò una
serie di trasmissioni: «Incontri con
Josefina », «Il mondo della donna»,
«Agenda sociale e culturale )J, « Ecco
l'ora di tutti». Attualmente continuano
le trasmissioni per il terzo anno conse-
cutivo di «Scacco circolare>>, il pro-
gramma che le ha meritato il premio.
Martha è una donna tutta sprint:
gesto cordiale, sorriso aperto, movimenti
dinamici. Ha dichiarato: «Trovo logico
che una trasmissione televisiva o un
programma-radio sia strumento per co-
municare un messaggio di vita autentica,
di vita cristiana».
ATTIVITA DEL
cc CENTRO STUDI DI STORIA
DELLE MISSIONI SALESIANE»
Costituito all'inizio del 1973 dal
Rettor Maggiore, e posto sotto la dire-
zione di don Raffaele Farina, decano
della nostra Facoltà di Teologia in
E voi anziani, benedite il Signore. A Betong nella diocesi di Surat Thanl
(Thailandia) il missionario salesiano trovò tanti ragazzi, e costrul per loro la scuola
elementare e poi la scuola media. Ma a Betong c'erano anche gli anziani, e molti
abbandonati a se stessi. Perciò il missionario don Giuseppe Farlazzlni ha costruito
per loro un ospizio. Ora sono in trentatré anziani, raccolti nei nuovi edifici che sono
costati seimila dollari. Il vescovo mons. Pietro Carretto passa a benedire i locali,
e tutti insieme - vescovo, missionario e anziani - benedicono il Signore.
Roma, questo Centro è ormai entrato
in piena attività. È stato dotato di un
primo nucleo di personale, ha precisato
i propri compiti, ha richiesto e raccolto
l'adesione di collaboratori salesiani sparsi
per tutto il mondo, e sta ora lavorando
con impegno.
Il Centro si propone anzitutto di rea-
lizzare un «Archivio centrale delle Mis-
sioni salesiane», che raccolga il rela-
tivo materiale edito e inedito. A tal
fine sono già stati preparati : uno « Schema
prowisorio della storia delle missioni
salesiane>>, una raccolta di « Fonti e
bibliografia per tracciare la storia delle
Missioni salesiane», e un «Indice di
documenti esistenti presso l'archivio ge-
nerale di Roma». Anche in varie Mis-
sioni salesiane si sta svolgendo un la-
voro di reperimento e riordino degli
archivi storici.
Il Centro si propone pure la stesura
Altri impegni assunti dal Centro sono:
una collana di « Diari e memorie» di
valore etnografico e storico; un'edizione
critica degli scritti missionari di Don
Bosco; la pubblicazione dell'epistolario
dei primi missionari salesiani (SDB e
FMA); la pubblicazione di una serie di
profili di missionari salesiani.
In complesso si tratta di un programma
massiccio, e anche urgente, che trova
la sua prima scadenza nel 1975, anno
centenario delle nostre Missioni. E il
realizzarlo «risponde - come ha pre-
cisato don Farina - a un'esigenza
molto sentita: tramandare alla storia
una documentazione del lavoro im-
menso che i nostri missionari, spesso
oscuri e dimenticati, hanno compiuto
per annunciare i I Vangelo. Inoltre ser-
virà a farci conoscere meglio, e quindi
meno lungo. I loro casi erano talvolta
molto difficili; i risultati comunque sono
stati incoraggianti.
Nei primi sei mesi del 1973, ad esempio,
abbiamo discusso 119 dossiers di questi
giovani. Per 78 si trattava solo di acco-
glienza; per 41 anche di orientamento.
Dopo il periodo di osservazione, 43 gio-
vani si sono trasferiti in una 11. home per
giovani»; 47 hanno potuto reinserirsi
nelle proprie famiglie; 5 sono passati a
un'istituzione dello Stato, per 1O ab-
biamo trovato una famiglia adottiva; un
drogato ha seguito una cura di disintos-
sicazione; ecc.
L'età di questi giovani va dai 12 anni
ai 21 anni. Ci vengono mandati dai tri-
bunali per i minorenni, da «comitati di
protezione del giovane», e da commis-
sioni di assistenza pubblica. Non abbia-
mo mai vacanze. MICHELE RENCKENS 27

3.8 Page 28

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SCUOLE AGRARIE
PROGRAMMATE
DA UN SALESIANO
Dalla capitale della Bolivia, La Paz,
scrive don Dante lnverniui: «Sono qua
con Feletti perché mi hanno chiamato
quelli del Ministero di Educazione Na-
zionale, affinché confezioni i programmi
per l'insegnamento tecnico agrario, a
livello dei nostri licei scientifici, per
tutta la nazione. È un lavoro grosso.
I giochi della Prowidenza I Dieci anni
fa lottavo con il Ministero di Educazione.
Per ottenere l'approvazione della nostra
Scuola Agraria Mayurina con programmi
totalmente miei e con due titoli (Bac-
celierato-Maturità e Perito agrario).
«Oggi, con il Presidente della Repub-
blica Bonzer, mi chiamano perché ria-
datti I programmi in scala nazionale per
il nuovo tipo di Scuole Agrarie, stabi-
lito per legge nel 1973, che è esatta-
mente la fotografia della nostra scuola
della Muyurina. È un onore per la Con-
grega-zione e per la Chiesa dare un tale
aiuto alla nazione. lo ne ringrazio il
Signore. Mi hanno preso fuori della
missione, come Abacuc, sollevato per i
capelll, e portato fino a queste altezze
andine. Ma presto tornerò al mio lavoro
pastorale umile e silenzioso, sconosciuto,
per prepararmi all'incontro con il Signore,
che si awicina».
di fedeltà e il coraggio della creatività.
Il Card. Koenig ha quindi svolto una
magistrale relazione sul tema e Il fu-
turo della Religione», aprendo cosl il
ciclo di conferenze pubbliche che que-
st'anno ha appunto come oggetto di
indagine « La Religione oggi».
25 ANNI DI LAVORO A ORTONA
Il 2 febbraio scorso si concluse ad
Ortona (Chieti) la celebrazione del
venute, una splendida conversazione-
meditazione sulla vita a l'opera di Don
Bosco.
Furono premiati gli alunni che, nelle
varie scuole della città, avevano eseguito
degli splendidi elaborati su Don Bosco.
I « PRI Ml CENTO ANNI »
DI DON GIOVANNI NOBILE
La comunità salesiana di Vibo Va-
lentia, e con essa molti amici e la citta-
L'ORATORIO SALESIANO
DI BARCELLONA HA 60 ANNI
I Alle 16,41 del 17 gennaio 1924
don Salini e due altri salesiani, partiti
da Catania, arrivavano alla stazione fer-
roviaria di Barcellona (Sicilia) per aprirvi
l'oratorio.
50 anni dopo, esattamente alle 15,41,
un corteo di macchine ripartiva dalla
stazione ferroviaria e raggiungeva l'ora-
Tecnico t elevisivo. Padre Giovanni Dethier, del collegio salesiano lmara dì
Lubumbashi (Zaire), è un tecnico televisivo: collabora sovente alle trasmissioni
dell'emittente che è stata impiantata negli edifici del collegio.
torio affollato di ragazzi e dì gente,
per dare inizio ai festeggiamenti del 50°.
DON BOSCO
FESTEGGIATO A ROMA
La festa di Don Bosco all'Ateneo
Salesiano ha assunto quest'anno una
tonalità particolare: la comunità univer-
sitaria intendeva infatti ricordare nel-
l' occasione il conferimento del titolo di
Università Pontificia attribuito con «Motu
proprio» di Paolo VI.
Alla vigilia, nell'Aula Magna del-
l'università affollatissima (si sono cal-
colate mille persone), si è svolta la ce-
lebra:i:ione accademica, alla presenza dai
cardinali Staffa, Pignedoli, Oddi e di
elettissime personalità.
Il Rettor Maggiore, Gran Cancelflere
dell'Università, ha ringraziato il Santo
Padre, la Congregazione dell'Educazione
Cattolica e tutti gli intervenuti, e ha rinno-
28 veto In nome di Don Bosco l'impegno
25° dell'Opera Salesiana. Il Rettor Mag-
giore ha scritto ai salesiani in questa
circostan:i:a: « L'Opera trasse la sua
prima origine dalla compassione e col-
laborazione degli Ortonesi di America,
commossi dinan:i:i al martirio della loro
città natale... E si mantiene e si svi-
luppa - nonostante le inevitabili diffi-
coltà - per la ferma volontà del Sale-
siani di occuparsi della gioventù povera
e bisognosa... La ricorren:i:a che si ce-
lebra, porti tutti quanti hanno a cuore
l'opera salesiana di Ortona, a guardare
avanti con rinnovata lena e con fiducia:
con Don Bosco non si sbaglia mai e
non ci si può fermare 11.
Intervenne a nome del Rettor Mag-
giore il Consigliere Generale don Gio-
vanni Raineri, e in rappresentanza del
Governo il sottosegretario al Lavoro,
on. De' Cocci. Egli tenne, davanti al
pubblico a alle numerose autorità con-
dinanza, il 25 novembre scorso hanno
festeggiato il «primo centenario» di
Don Giovanni Nobile, da 46 anni resi-
dente nella località calabra.
Nato esattamente cent'anni prima a
Montescaglìoso (Matera) da semplice
famiglia dì contadini, compi il servizio
militare a Chiari all'epoca di Adua e
delle guerre coloniali, e si meritò - unico
fra i suoi commilitoni - il grado di
caporale maggiore di cui è sempre an-
dato fiero. In quegli anni maturò la sua
voca:i:ione alla vita sacerdotale e reli-
giosa. A 28 anni si presentò ai Bene-
dettini, che vista la sua età lo orienta-
rono dai Salesiani. Fu accolto a Ivrea
fra le voca:i:ioni adulte; da Don Rua
ricevette la talare; a 39 anni era sacer-
dote. Lavorò in varie opere salesiane
finché nel 1927 l'obbedienza lo mandò
a Vibo, di dove non si è più allontanato.
Per molti anni è stato l'amico dei car-

3.9 Page 29

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cerati nel penitenziario locale. Apprez-
zata è soprattutto la sua opera di con-
fessore, silenzioso e instancabile, nella
casa salesiana, nell'oratorio, nella cit-
tadina. cercato da migliaia di penitenti.
È, come qualcuno ha detto, « la mano
di Dio che perdona».
L'anno scorso, per la beatificazione
di Don Rua (al quale era legato da te -
nerissimo affetto) nonostante i suoi
99 anni si era recato a Roma i n San
Pietro, ed era stato ricevuto dal Papa.
Il 25 novembre scorso, giorno del
suo onomastico e della sua festa, ha
presieduto una concelebrazione. Al ter-
mine del rito, con voce flebile e lenta,
ma chiara al microfono, ha ringraziato i
suoi tantissimi amici, e ha raccoman-
dato loro - ancora una volta - la
bontà, e senza la quale non giova avere
ricchi palazzi, mentre invece basta un
pezzo di pane con un bicchiere d'acqua,
quando c'è la bontà».
L"anziano patriarca ha concluso:
«Chiedo una preghiera perché il Signore
mi conceda di fare una morte santa».
Ma all"agape fraterna gli hanno pre-
sentato invece una torta con una sola
candelina, come si fa con i neonati,
per lui che festeggia l'anno uno del
suo secondo secolo di vita. (ANS)
formeranno, con i sei già votati, la Pre-
sidenza Confederale. Tra i sedici membri
eleni complessivamente, il Rettor Mag-
giore designerà poi il nuovo Presidente
Confederale. Una nuova carica è pre-
vista: quella di consigliere incaricato
degli Exalllevi non cristiani.
l'exallievo Augusto Torres Ca-
t efort, Presidente della Federazione
Exallievi dell'Ecuador, è Slato chiamato
..
cosiddetta «terza età», malati e dimen-
ticati; questo suo ministero viene ora
riconosciuto dalla Chiesa e consacrato.
In una nuova sede, di sua pro-
prietà, la « Federazione Italiana Exallievi
di Don Bosco» ha trasferito i propri
uffici dal novembre scorso. La sede
- situata in 00185 Roma, via G. Amen-
dola 5, piano 1 i nt. 4, tel. 46.63.15 -
si trova a un centinaio di metri appena
.. ,,---
;.
--- t"' ••
.....
SALESIANI
TRA I RAGAZZI DI BELFAST
Vi si sono recati in tre. dall'Irlanda,
per trascorrere un'ardua vacanza di le-
voro nella città degli attentati al pla-
stico. Stabilitisi in una scuola elementare,
hanno realizzato con i cinque o seicento
',.::;;.
i,
scatenati ragazzi della zona i I loro
«Progetto di ricreazione estiva». Giochi
all'aperto e al chiuso. canti, pittura
l (i bambini inconsciamente rappresen-
tavano di preferenza i soggetti tragici
della Belfast martoriata). Ma poi sfilate
dei ragazzi in maschera, concorsi di
Un posto di lavoro. Un"opera,a al Centro di S01Viz10 Sociale creato dai Sale-
siani a Tirupanur (India). che impara a lavorare il cotone. Una trentina di ragazze
e donne del luogo hanno anualmente trovato lavoro nella filanda della missione.
Quando il missionario don Francesco Ardusso avrà completato 11 Centro, le ope-
raie con pasto sicuro saliranno a un centinaio. Po, rimarrà da trovare lavoro agli
altri... 50 milioni d1 indiani disoccupati.
bellezza per bambini (con mamme e...
nonne), e la fiera degli animali dome-
stici. Le autorità scolastiche hanno facili-
tato ogni cosa offrendo, oltre ai locali,
un mini-bus, un pullman a due piani
per le gite, biglietti per la piscina e Il
canottaggio, ecc. Ma le attività ogni
giorno dipendevano da tante circostanze:
dall'umore dei ragazzi, dalle condizioni
del tempo, e non meno dagli alti e bassi
dell'agitata vita cittadina.
dalla Conferenza Episcopale nazionale
a un incarico di fiducia. Nel 1974
l'Ecuador cristiano commemora il cen-
tenario della sue consacrazione al Sacro
Cuore, avvenuta per opera dell'allora
presidente Garcia Moreno. L'Episcopato
dell'Ecuador ha costituito un « Comitato
nazionale per le celebrazioni del cente-
nario», e vi ha preposto l'avvocato Torres
con la carica di Segretario Generale.
dalla Stazione Termini, ed è stata inau-
gurata dal Rettor Maggiore.
Con la nuova sede la Presidenza ita-
liana Exallievi intende rendere più age-
voli i contatti con gli Exallievi stessi,
siano di passaggio o residenti nelle
capitale.
Un Centro Universitario di Cate-
chesi ha preso a funzfonare dall'ot-
la nuova presidenza confederale
tobre scorso presso l'Istituto Teologico
degli Exallievi viene designata in questi
Consacrato diacono permanente Salesiano di Guatemala. Dotato di mo-
mesi. Per la prima volta nella loro storia, un Exallievo e Cooperatore salesiano derne anrezzature audiovisive, il Centro
gli Exallievi hanno eletto autonoma- del Belgio: è il signor André Adam, che mira alla formazione catechetica non
mente i rappresentanti dei sei Gruppi ha frequentato l'Istituto Don Bosco di solo dei Salesiani studenti nell'Istituto,
di Federazioni sparse in tutto il mondo. Liegi negli anni 1919-22. Egli è un ma anche dei secolari - universitari,
Ora stanno compilando un'ampia lista attivo cooperatore salesiano di sessanta- catechisti, maestri di religione - che
di candidati da cui saranno scelti sempre cinque anni, che da molto tempo si già operano o intendono operare in
con votazione altri dieci nominativi: essi dedica alla assistenza delle persone della scuole e collegi.
29

3.10 Page 30

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IL CARRELLO DELL'AEREO
Nel giorno della Visitazione della Madonna, "11aggiavo su
un aereo con 18 persone, diretta a una cittadina sul Rio
Madeira. Arrivati a destinazione, l'aereo non atterrò. Il co-
mandante ci avverti che saremmo proseguiti per Porto Velho,
capitale di Rondonia, perché il carrello d'atterraggio si era
improwisamente bloccato. I serbatoi erano pieni, ed era pe-
ricoloso tentare su quel piccolo campo un atterraggio di
fortuna. Con molta calme, il comandante ci avvisò pure che,
arrivati su Porto Velho, avremmo sorvolato la città per un
paio d'ore, per consumare il carburante prima dell'atterraggio.
Subito dopo, la hostess ci diede le norme da eseguire al
momento opportuno, pregandoci di rimanere calmi e di
obbedire. Svuotati i serbatoi, venne dato l'ordine di toglierci
di dosso occhiali, orologi, dentiere. Poi il segnale d'allarme
e la voce del comandante: «Tutti pronti?•· Naturalmente
la tensione era fortissima. Un addetto al servizio aereo mi
sussurrò:
- Suora, sembra che tutto dipenda da noi, ma la verità
è che tutto dipende da Lui - e indicò il piccolo Crocifisso
che avevo tolto dal petto e stavo riponendo nella borsa.
Al segnale. prendemmo la posizione... rituale per questi
frangenti: testa appoggiata alle ginocchia, braccia che
stringono strettamente le gambe. Sentivamo i I ronzio del-
l'aereo che continuava a girare In tondo, e la voce del capi-
tano che ripeteva: « Respirazione profonda... respirazione
profonda... •· Il silenzio era totale e l'emozione altissima.
lo pregavo con fervore Maria Ausiliatriee, mi mettevo
nelle sue mani. Anche altre persone accanto a me pregavano.
Sotto di noi, caroselli di pompieri e di autoambulanze.
Un secondo ordine venne a turbare tutti: dovevamo ancora
risalire per consumare un altro po· di carburante. L·attesa
si fece angosciosa. Altro ordine: di nuovo con la testa china
sulle ginocchia e le braccia strette sotto I ginocchi. Ora la
pista si srotolava velocissima sotto di noi. Attendevamo
l'urto terribile. Ma proprio all'ultimo istante il carrello si
sbloccò, e Il pericolo si dissolse.
Le persone che stavano ad attenderci, e che avevano se-
guito tutto con angoscia, più coscienti di noi del gravissimo
pericolo che avevamo corso. ringraziarono la Madonna.
La ringraziai anch'io, insieme a molti passeggeri ancora
pallidi di paura, e la ringrazio ancora di averci tenuto la mano
sul capo e di averci salvati.
Sr. MARIA F. BELFORT 00S SANTOS
(/1fHJ/trice d11//t F.M.A.)
Ho pregato molto, mi sono raccomandata a San Domenico
Savio di cui portavo l'abitino, .feci nel mio cuore delle pro•
messe. La sera dopo i medici mi comunicarono l'esito posi-
tivo. La vita, dentro di me, non si era spenta. Fu tuttavia un
periodo difficile, di sofferenze e di amare privazioni. Dovetti
rimanere sempre a letto.
Al settimo mese. nuovo ricovero. Altro ricovero all'ottavo.
Il 15 giugno, finalmente, sono nati non uno ma due bellis-
simi bambini, sani e vivacissimi, che hanno stupito tuttì.
Sono stati qualche tempo in incubatrice, ma ora stanno
benissimo, crescono come due fiori e formano la nostra
gioia. Uno dei due l'abbiamo chiamato Domenico in segno
di gratitudine.
Papà e mamma siamo entrambi convinti che si tratta di
una grazie grande, quasi di un miracolo. Ogni sera preghiamo
e ringraziamo il piccolo, grande Santo.
SCJ1nzorosciate (Berg•mo)
MARIAVITTORIA Z. In BRENTANI
IN UN MOMENTO PARTICOLARMENTE DOLOROSO
Da tempo soffrivo violenti attacchi al cuore che mi ridu -
cevano in fin di vita. Fu in un momento particolarmente
doloroso che mi rivolsi con fede al Servo di Dio Don Rinaldi.
Gli promisi che se ml otteneva dal Signore che gli attacchi
gravi non si ripetessero più, avrei speso un po' del tempo
che mi concedeva ancora quaggiù a diffondere la sua de-
vozione.
Sono passati ormai due anni, e sto bene. Sto adempiendo
la. promessa fatta, e desidero rendere pubblica la mia rico-
noscenza.
Catania
Sr. MARIA FRUSCIA, F.M.A.
« Desidero rendere nota la mia profonda riconoscenza al
Servo di Dio Don Filippo Rlnaldi per la sua protezione e
particolare assistenza usatami durante una mia degenza
all'ospedale ed in altre circostanzell (Una F.M.A., Torino,
lettera firmata).
Sr. Maria Uberti, F.M.A. (Torino) ringrazia Don Rinaldl
per averle ottenuto la grazia di guarire due volte senza une
operaz.ione chirurgica molto temuta.
DUE BAMBINI VIVACISSIMI
Mi sentivo sempre poco bene, dopo che si era spenta la
mia prima gravidanza appena cominciata. Mi aveva lasciato
conseguenze psichiche e fisiche. Feci una novena a San
Domenico Sa vio. Al termine di essa ero più tranquilla,
e con gioia mi accorsi che stavo di nuovo aspettando un
bambino. Ero ancora debole, e il medico mi raccomandò di
rimanere a letto per tre mesi.
Ho ubbidito con sacrificio, ma la notte dell'Epifania sono
stata colta da emorragia fortissima, e ricoverata prontamente.
Dopo alcuni esami, i medici mi dissero che erano spiacenti,
ma che avrebbero dovuto sottopormi ad un piccolo inter-
vento, poiché la gravidanza, anche questa volta. si era spenta.
lo li supplicai che ripetessero le analisi il giorno seguente,
ed essi mi risposero che lo avrebbero fatto solo per acconten-
30 tarmi. Erano sicurissimi che il germe di vita si era spento.
Cf HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Abate Mario - Abbo Elio - Allerlon• Famiglia - Arnateis Pi~rino • Arni~h•tti
Carerinn • Ammutunct r♦rnnc-escn - A,ldomo Ida - Andre<>flc Clcmentin11 ...
Anzani Teresa - Armami Gru.ziclla - Arlone Dulmnilo - Aronic:a Colomb11 •
Bacchio f'icn - Bai•no ClcJja - Baloc:chi Lina - 13andini Ma.rio - B.rbarl1i
••ta Angelo Caterina - B•rm..... Vittono - Buone An~clina - Buta Emoaurlc •
Ba<T3tifu G ma - Ban Cona,ùn• • Bent1vo1ho PllcifiaJ - Be.noli Carlo
- Bessutl Canncn - Biondani Rcnac• - Bisogni Sergio - Bocci Guido •
Boffa Caterina - Bollo Scrn6na • Bolognesi Ant0ttictta - Ronetti Mnri11
C•••· Boni Enrioo - Bonifoclo Francesco - BomcnRO Deatrlce v. Morono - Bosso
Clara • Bl'Ollli• Delfina - Bruna Cecchino - Brunicr Severina • 13ru..ri
rina - Bucci Ann.ita v. Rombai - Bucc, Lucia - Bur1io Giuseppina - Buni&liùi
VincfflU Ai~• - Bnm11hcro Anna [xmard,i - C'.alvrtto Giusi:ppu~ - Cama-
les• Giuuppc, - Camona Mana - Campanari Stello - Campaau Pietro - ç.,.
casola 1"lorill • Care~lio Clnudino • Correo Adele - Canin Mnrla - Cas1clli
Lino Moria - Casula Giovanna • C11vallero Olimpi.o - Covre Pahnina -
Ccgolaro Rotanna - Chn1cl Giulio - Colli M.aria - Cornello Odfino - ConciI
Valentino • Conte Filomcn• - Conii Maria - Coppola Adalai•• - Crivelluo
Michelina - D 'Ambra Maria· D'Amico litari.o - Delle Ba1t1: Lucia - Ocl-
l'Jsola Antonio - Od Monte Not1m Adriana • Ouruirie Elia - Di Fr.1nco
Rosa • DI Crngorlo Fnmigli• - Di Mortino G•udcnzia - D,michfno Morfo
Egle - Di P11aquali Giuseppina Michcl~ - Di J\\io10 Orazio • Donatello Luiai

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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MONS. CANAZEI RACCONTA
UNA STRAORDINARIA VISIONE
Nel foglio mensile «Newsletter» della provincia salesiana
cino-vietnamita edito a Hong Kong è riferita una testimo-
nianza resa sotto giuramento da don Pie-tro Battezzati, mis-
sionario salesiano in Cina e documentata anche nella « Po-
sitio super Martyrio» dei Servi di Dio mons. Versiglia e don
Callisto Caravario:
« lo, don Pietro Battezzati, nella primavera del 1932 ero
sceso a Shiu Chow dal mio distretto di Lok Chong per
conferire con mons. Canazei su affari della missione. Termi-
nato il colloquio, in forma molto confidenziale e anzi un
po· enigmatica, egli, che non era facile all'intimità, mi disse:
"Senta che cosa mi è accaduto non molto tempo fa. Dopo
di avere, per una ennesima volta, cercato a lungo, ma sempre
invano, nel mio ufficio alcuni documenti importanti per la
Missione, data ormai l'ora tarda mi ritirai nella mia attigua
camera da letto per riposarmi; e intanto pensavo a mons. Ver-
siglia come per invocarlo a farmi trovare quei documenti
del suo episcopato. Poco dopo la mezzanotte mi svegliai
e con stupore vidi filtrare luce dalle fessure della porta del
mio ufficio. Pensando di avere dimenticato di spegnere la
lampada a petrolio, mi alzai per andarla a spegnere. Aperta
la porta, vidi l'ufficio tutto illuminato e, nel mezzo di esso,
in piedi e gioviale mons. Versiglia. Provai meraviglia, non
spavento, e lo guardavo sorridendo. Anche lui mi sorrise e
poi, parlandomi giovialmente e confidenzialmente come
usava fare quand'era vivo, mi indicò un doppio fondo del
grande armadio-archivio, che copriva quasi interamente una
parete dell'ufficio, in cui erano nascosti i famosi documenti.
Non fu un sogno, ma una realtà; e così io trovai subito nel
luogo indicato i documenti che mi abbisognavano. Lo rin-
graziai e dopo avergli chiesto varie altre cose, gli rivolsi an-
cora la seguente domanda: 'Mi dica, monsignore, quando
la uccisero andò subito in Paradiso?'. Egli divenuto quasi
più luminoso, sorridendo mi rispose in cinese: 'Tsek hak'
che vuol dire 'Istantaneamente'. Poi disparve e tutto ritornò
nel buio"».
cc MA QUESTO È U·N MIRACOLO
Il nostro figliuolo Nelson Trad Filho, di nove anni il 3 mar-
zo 1971, giocando al «judò» - lotta sportiva giapponese -
con un ragazzo molto maggiore di età, venne gettato a terra,
battendo violentemente il gomito.
Suo padre, vedendo il braccio tutto gonfio e dolorante,
portò subito il bambino alla Clinica medica di Campo Grande.
Il dott. Hélio Mandetta, specialista ortopedico, dopo
aver esaminato attentamente le radiografie prese, disse senza
esitazione: « Gomito contorto e scheggiato. avambraccio
fratturato e strappo dell' "epitr6clea". Tornino domani -
poiché era già sera - e vedremo di fare il necessario inter-
vento chirurgico. Si metterà un filo d'acciaio per dare movi-
mento al gomito, e si farà l'ingessatura. Può darsi che dopo
tre anni si possa togliere il filo d'acciaio e permettere l'uso
normale del braccio».
Nella mia e nostra grande afflizione mi ricordai di Laura
Vicuiia, della quale avevo ricevuto pochi giorni prima
una reliquia. Ne posai l'immagine sul braccio del bambino,
dicendogli di raccomandarsi a lei. Mi rispose: « Mamma,
l'ho già fatto)>.
Al mattino seguente tornammo cnn trepidazione all'ospe-
dale per l'intervento chirurgico: il bambino però diceva di
non sentir più tanto male al braccio.
Il dott. Mandetta, tolta la fasciatura prowisoria, esclamò
sorpreso: « Ma questo è un miracolo I>). Il braccio era com-
pletamente sgonfiato e non doleva più: vi rimaneva soltanto
una macchia rossa.
Fatte nuove radiografie e confrontate con quelle della
sera precedente, tanto il dott. Mandetta come il radiologo
dott. Elias Nasser Neto rimasero quanto mai meravigliati
nel vedere che il gomito appariva a posto e del tutto risanato.
Non c'era più bisogno di alcun intervento chirurgico. Immo-
bilizzando il braccio con tela gessata per maggior sicurezza,
il dott. Mandetta disse solo: « È incredibile I... >>.
Ci recammo subito al collegio « Maria Ausiliatrice» a
dar relazione del fatto st raordinario.
Quindici giorni dopo, il dott. Mandetta tolse l'ingessatura
e il bambino poté subito usare speditamente il braccio.
Sono già passati due anni e siamo lieti di testimoniare pub-
blicamente la nostra grande riconoscenza a Laura Vicui'ia.
Campo Grande (Brasile), 3 marzo 1973
la mamma THEREZINHA MANDETTA TRAD
Il padre NELSON TRAD
Il dott Mandetta aggiunse in data 9 marzo 1973 dichiarazione scritta
della straordinaria guarigione.
- Fabiani Maria Luisà - Facchiano Libera v. Gcntilcolorc. - Fascicena A. -
Ferrante Giulio - Ferraris Fabrizio - Fiducia Antonino - Figini Maria
Cristina - Filisetti Marta - Frassetti Maria - Frigia Maria GrAzin - Fu!chcri
Lanza Luisa - Furini J.nes - Ga1tliard i Cina - Gagliardi Marni Sofia - Cama-
lero Vittoria - Garzia Anna Maria - Goudio Lina - Giannctto Giuseppe -
Ginnnone Rinoldi Lucia • Gonello Alessandro - Gonella Clementina -
Gonclla Jolanda • Gradaoi Oreste Grossi Maria - Guamascelli Tita
- Guazzotti Lidia - Guffanti Tina - lade>'aia Anito - Isetti Savio - lsr. S. Ca-
terina da S . •, Nnpoli - Lameri Giovanni - La Rocca Vinci Concetta -
Lasagrui Anselmo - Lazzaretti Gina - Lipari Maria - Lombardi Maria Angela
- Lombardo Caruso Grazia - Longinotti Ann.a Maria - .Lo Piccolo Rosa -
Mabltano Rinaldi G. - Moffeo Anna - Malta Mariannirul - Malrez Giusep-
iiina - Momeli Alberico - M.ancuso Concettina - Manzocchi Giancarlo -
Manzone Egidio - Marc hica Gerlando - Marino Graziella - Mariotti Rina
Carazzino - Masserini Annunziata Massimo Tomm.a.so .. Matteoda Marg hc-
riro - Mattia Giuseppina - Mazzullo Rosa - Mendala Carmelo • Messina
Caterina - Miglioli Angelo - Milanosio Mari - Milione Giuseppa - Mi-
nnda Maria - Molteni Giudina. - Mori Maria - Mor.iconi Rosa • Morielli
Silvia - Mosca Rosetta Bassi - Motta Giuseppa - Mreulc Olinda - Nardi
Beni Jacopo - Nocchi Pina - Novelli Giovanna - Orelli Fedelin.1 - Omj
B•rristina • Ottav1ani Jole - Ottazzi Simona - Pagluiri Angio.Jina in Sarlori
- Pagno M<1rgHano Anna Maria - Palazzi Giovannì - Pandolfo Eli•abeua
- Pappalardo Lisetta - Parlanti Amelia - Pasino Evasio - Peana Teresa in
Mandrile - Pennisi Carmela - Penso Maddalena - Perae<:hio A1Jtonietta -
P<1rret Silvestro - Piaz2a Beniamino - Piazza Jolanda - Pie<:ini Giovanna -
Piodimonte Anna - Pietrasanta Maddalena - Pilatro Amabile - Pizzitala
Giweppina - Ponzio Franca - Por,:io Coniugi - Prato Maria - Prescianni
Luigia - Pronzo Esterina - Pulciroli Maria - Puggioni Battista - Ramplnud
Ermelinda - Ravìzza Emma - Razwli Fauato e Fabio - Reano Giuseppe -
Revel C. Pierina - Revello GiuseppÌrul - Riccobcnc Lina - Riz.zardo Maria
- Rizzo Valeria v. Pedussi - "Roncolato Rita Fretto - Ropicani Antonio -
Roselli Giuseppe - Rossetti Lucia - Robeo Rosa - Ruaso Giuseppe - Sacchi
Lnes - Saracco Dario - Sarino Speranza - Savoini Margherita - Scaglla
Annida - Scbiatmtella Concetta - Schilirò Nunziata - Senatore Gnetano -
Servetti Francese.a - Sileci Signorine ... Songis Noemi - Spagnoli Pia -
Spacaforo Rasaria - Squadrito Anna - Strnda Margherita - Strnno Mar-
gherita - T:u:gato Mognato Assunta - Terrasi Liliana - Thiebar Barbara -
Tintori Riccarda - Toccafondi Aida - Tognetti Teresa - Tomasini Nedda -
Tovazzi Corinna - Tuveri Stefania - Valut Frnnceaco - Vares.io Lucia -
Vaudano Elrui - Venturini Maria - Vemrdi Pia - Vevrè Adolfo - Vico Clo-
tilde - Vigorito Filippo - Virzi Maria - Vizzolo Caterina - Vasti Mariuccia
- Vuillermo Jacquelinc - Zanella A. Ung. - Zanin Caterin• - Zerumi M. Rosn.
31

4.2 Page 32

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GUARITA DA LEUCEMIA
La mia bambina Cecilia di due anni e mezzo, si mostrava
in uno stato d'inquietudine generale, con insonnia ostinata,
mentre le apparivano qua e là delle macchie rosse e veniva
sorpresa da piccole emorragie.
Portata da un ospedale all'altro, dopo due mesi di cure e
ripetuti esami, i medici constatarono che era affetta da leu-
cemia linfoide cronica, positivamente constatata, e ordina-
rono il pronto trasporto a San Paulo.
Una mia vicina mi disse: « Preghi Laura Vicufia e vedrà
che la sua bambina guarirà». La pregai con tutta la fede di
cui ero capace, insieme a mio marito e alla madrina di Ce-
cilia. Questa intanto era assalita da febbre alta e presentava
tutto iI corpo chiazzato di rosso.
Al terzo giorno di viaggio arrivammo a San Paulo, al-
l"Istituto Centrale A. C. Camargo, come ci avevano indicato
i medici di Mineiros; ma, purtroppo, non poté esservi ricove-
rata. Ci ritirammo perciò all'albergo addoloratissimi, mentre
la bambina s'andava aggravando sempre più.
Verso sera, con sorpresa, domandò qualche cosa da
mangiare, che prese senza difficoltà, addormentandosi poi
placidamente. Dopo diciassette ore di sonno profondo, la
svegliai: la febbre era diminuita: chiese di nuovo da man-
giare e tornò ad addormentarsi.
La mattina seguente si svegliò tranquilla, non aveva più
febbre ed erano scomparse le macchie rosse.
Continuò poi a migliorare e a nutrirsi. Tutti gli esami fatti
risultarono negativi.
Il medico di San Paulo voleva trattenerla per una piccola
infiammazione in gola, ma preferimmo ritornare ad Alto
Araguaya. Gli esami di controllo compiuti all'Ospedale
«N. S. di Fatima» di Minerois dove era stato riscontrato il
male, diedero tutti, questa volta, esito negativo. I medici e
le infermiere non potevano capacitarsi di un fatto simile.
Unisco a questa mia relazione, i certificati dei medici
dell'ospedale « N. S. di Fatima» di Mineiros e dell'Istituto
Centrale A. C. Camargo di S. Paulo.
Con grande riconoscenza.
MARIA JOSt
Santa Rita de Araguaya {Brasile)
DOS SANTOS CARVALHO
SI PARLA DI VERO MIRACOLO
Mio figlio José Cecilio Neto all'età di cinque anni e mezzo
presentava una tumorosità all'ipocondrio sinistro, riscon-
trata dal dott. Euripide Batistetti della città di Marilia dello
Stato di S. Paulo. Egli consigliò di affidarlo al dott. Edoardo
Marconde_s, professore di pediatria nell'Università di S. Paulo.
Ricoverato in quella clinica, in seguito a vari esami, gli fu
trovato il rene policlstico, per cui il 12 ottobre 1970, il bam-
bino venne sottoposto a un intervento chirurgico dalla
équipe del dott. prof. Campos Freire.
Durante l'operazione, eseguita dal dott. Sami Arap, si
riscontrò al rene sinistro un tumore, che dall'esame istolo-
gico venne dichiarato per tumore di Willms, una delle specie
di tumori cancrenosi.
Il bambino fu sottoposto a trenta applicazioni di cobalto,
della durata ognuna di sette minuti. Inoltre, per via venosa
gli venne somministrato il rimedio specifico di actinomicina D
in cinque dosi: cura ripetuta ogni tre mesi.
Nell'agosto del 1971, gli si trovò la metàstasi al polmone
destro, per cui si dovette ricorrere nuovamente alle appli-
cazioni di cobalto. Queste lo lasciarono quasi bruciato,
mentre l'actinornicina iniettata con siero fisiologico gli era
32 dolorosissima, tanto da farlo gridare dal male, supplicando
il Signore di volerlo prendere con sé, non potendo tollerare
un simi le tormento. Si aggiungeva poi la difficoltà di proce-
dere alle iniezioni endovenose, per cui il povero bambino
era sottoposto a ripetuti tentativi, fino a dieci o tredici pun-
ture al giorno, prima di poter riuscire nell'intento.
L'actinornicina, inoltre, gli provocava dei vomiti violenti,
continuati per venti e trenta giorni, così da dover essere
ricoverato all"ospedale per grave disidratazione.
Terminata la cura del cobalto, lo riportammo a Marilia,
però il suo stato peggiorava ancora per una sopraggiunta
gastrite, dovuta ai rimedi molto forti. e alla insufficiente nu-
trizione pei continui vomiti.
Nel novembre del 1971 le sue condizioni si aggravarono
ancora, con febbre dai 39 ai 40°, e nuovi esami mostrarono
che la rnetàstasi si era estesa anche al fegato.
Impossibile dire l'angoscia nostra e di tutti, essendo il
bambino l'unico nostro figlio e anche l'unico nipote dei
nonni.
Era tanto dimagrito da pesare appena 14 kg, e in tale stato
di debolezza da non poter rimanere neppure seduto. Ormai
non avrebbe potuto sostenere un nuovo viaggio fino a San
Paulo.
Una mia arnica ci consigliò di sentire il parere del dott.
José Luis Cernbranelli dell'Istituto Internazionale di ricerche
sul cancro, della città di Taubaté.
Mio marito e mio padre andarono a consultarlo il 24 no-
vembre 1971, portandogli tutti i referti dei vari esami clinici.
Il dott. Cernbranelli, dopo averli studiati attentamente, disse
che non v'era alcuna speranza di guarigione; prescrisse tut-
tavia una cura a base di vaccini, delle trasfusioni di sangue e
alcuni preparati farmaceutici.
Fu allora che Sr. Maria Lourdes Barreto, direttrice della
Facoltà «Auxiliurn >> di Lins, dove mio marito era profes-
sore di matematica, sapendoci tanto angosciati, nella pre-
visione ormai di perdere il nostro unico figliuolo, c'incoraggiò
a ricorrere alla Serva di Dio La ura V icufia. Ce ne diede la
biografia e la reliquia da mettere addosso al bambino, e ci
disse che la comunità avrebbe incominciato subito una
novena per ottenere i I miracolo, poiché si trattava proprio
di questo.
Anche noi, insieme a tutti i parenti e agli amici ci met-
temmo a pregare con fede Laura. Al termine della prima
novena il bambino stava già meglio, presentava miglior
aspetto, pareva un po' ingrassato e mostrava desiderio di
giocare. Da allora andò ristabilendosi del tutto, tanto da poter
frequentare la prima elementare nel Collegio «Cristo Re»
di Marilia, distinguendosi fra i primi della classe.
Nel marzo del 1972, fatti dei nuovi esami clinici, ne por-
tammo l'esito al dott. Cernbranelli, che rimase altamente
meravigliato nel constatare un cosi insperato e rapido cam-
biamento delle condizioni del bambino.
Esprimiamo tutta la nostra riconoscenza a Laura Vicuila,
che non riusciremo mai a ringrazfare in modo adeguato.
Ci resta ancora da compiere la promessa fatta da mio marito,
di condurre il bambino a ringraziare la Serva di Dio presso
i suoi venerati Resti mortali in Argentina.
lins (Brasile), 7 luglio 1972
ALICE FRANCO CECILIO
La presente relazione è corredata da Altra analoga del padre del bam-
bino. prof. José Tarcisio Cecilio, da quella della direttrice della Facoltà
, Auxillum • di Lins, e dal referti degli esami clinici.
GRAZIA O MIRACOLO ?
Mio padre Antonio, contadino residente in Paraiso do
Leste nel Mato Grosso, il 13 giugno 1970 ritornando dai

4.3 Page 33

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campi, fu colpito da dolori acutissimi e forti contrazioni dei
nervi in tutto il corpo.
Il sig. Alfio Poni dell'<< Operazione Mato Grosso», inte-
ressato de! caso, gli prestò i primi soccorsi, ma intuendo che
doveva trattarsi di cosa molto seria, si offerse di t rasportare
immediatamente il malato a Poxoreu, percorrendo 60 chi-
lometri in jeep.
Il medico•di quella località, non riuscendo a identificare
il male, consigliò di trasportarlo all'Ospedale «SanfElena» di
Cuiabà, capitale del Mato Grosso e distante circa 350 chilo-
metri.
Commosso dal penoso stato in cui si trovava mio padre,
il salesiano Don Pietro Malesi fu il buon samaritano che si
prestò a portarlo in jeep a Cuiabà, dove arrivammo dopo
quattro ore di penosissimo viaggio.
Il dott. Hìlton Correa da Costa, medico dell'Ospedale
«Sant'Elena ». al vedere Il malato con le mandibole serrate,
il corpo completamente indurito e i nervi spasmodicamente
contratti, esclamò: « È un caso perduto. Potrò solo iniettare
del siero antitetanico. ma sarà inutile ». E ordinò che fosse
portato nel reparto d'isolamento.
L'infermiera di turno della notte ci disse poi che, per gli
acuti spasimi, mio padre in un accesso di disperazfone, era
stato sorpreso con un laccio al collo nell'atto di strangolarsi,
per cui aveva dovuto essere legato ai ferri del letto.
Sr. Cecilia Maggioni. direttrice del Ginnasio «Sacro Cuore
di Gesù» delle Figlie di Maria Ausiliatrice, venuta a cono-
scenza del tristissimo caso, andò a visitare il mio povero
padre; gli pose sul petto una reliquia della Serva di Dio
Laura Vicuna, incoraggiandolo a raccomandarsi alla sua
intercessione, promettendogli che tutte, Suore e alunne del
Collegio, si sarebbero unite nella stessa preghiera.
Dopo questa visita, l'infermo poté t ranquillizzarsi un po':
fece chiamare la m11mma e i miei sei fratelli del quali alcuni
piccoli, e ci espresse le sue ultime volontà. Quindi, si confessò,
ricevette la S. Comunione e il sacramento degli infermi.
Seguirono giorni di vera agonia, mentre noi contìnuavamo
a supplicare Laura Vicui\\a di voler intercedere perché ci
fosse conservato il nostro caro babbo, di cui avevamo an-
cora tanto bisogno.
E fummo esauditi. Benché tutti ne ritenessero impossibile
la guarigione, mio padre si riprese e andò via via migliorando,
tanto che il 9 luglio successivo - neppure un mese dai
primi sintomi della grave infezione tetanica - lo stesso
dott. Hi!ton Correa da Costa lo dichiarò guarito e permise
il suo ritorno in famiglia.
!o ho sempre creduto nell'esistenza di Dio, che ci è Padre,
ma ora, come segno di gratitudine, prometto d' impegnarmi
a condurre sempre una vita veramente cristiana.
Culabil (Brasile - Moto Grotso)
JOAO RIBEIRO NETTO
(La Direttrice Sr. Ceollla Meggionl sottoscrisse la relaiione, attestando
la varidlcftà dei fatti esposti).
UNA RELIQUIA E TANTA FEDE
La signora Antonia Moraes, nel maggio del 1964 fu ope-
rata ai reni. Due anni dopo fece ritorno all'ospedale per una
grande fistola alla parte operata. Il caso venne considerato
non solo grave, ma senza rimedio. Incoraggiata dalle innu-
merevoli grazie ottenute per int ercessione di Laura Viçufta,
posi una sua reliquia sulla parte malata, iniziando con grande
fede una novena alfa Serva di Dio.
Prima di terminarla, l' ammalata era già fuori pericolo;
una guarigione rapida e completa, umanamente poco spie-
gabile.
I! 24 febbraio 1970, la signora venne a farmi visita al-
t'ospedale, per portare un'offerta per la Causa di Beatifica-
zione di Laura Vicui\\a, confermando che è guarita bene e
continua a godere ottima salute.
Culabll (Brasi/a Mato Grosso)
Sr. LEONTINA PEZZOLATO
(F.M.A. lnferml11ra)
IL CASO PARVE DAVVERO STRAORDINARIO
Una mia zia più che ottantenne, in una caduta s'era spez-
zata !a gamba e in una posizione che ne rendeva assai dif-
ficile la cura.
Appena avutane notizia, la raccomandai con grande fì-
ducia a Sr. Teresa Valsè. La zia avrebbe dovuto rimanere
a letto almeno per una paio di mesi, con la gamba rialzata
e immobilizzata da grossi pesi.
Ma per il caldo della stagione, la debolezza cardiaca di
cui soffriva e soprattutto per l' avanzata età, i medici pensa-
vano che difficilmente avrebbe potuto resistere. Infatti dopo
!e prima settimana, !a zia pregò di toglierle tutto, perché
non poteva proprio sopportare oltre di rimanere in quelle
condizioni.
I! medico acconsenti, ritenendo che era meglio lasciarla
morire tranquilla. Fece perciò togliere !'armatura che la
Immobilizzava e anche tagliare il gesso. E quale non fu fa
sua sorpresa nel constatare che le ossa spezzate si trova-
vano al loro posto, combaciando perfettamente e in ottime
condizioni di consolidamento. Disse che era un caso dav-
vero straordinario e che non aveva mai visto nulla di simile.
La zia e tutti i familiari vi riconobbero una segnalatissima
grazia della Serva di Dio Sr. Valsè, che avevo tanto pregato
e si unirono a me nel fervido ringraziamento.
Vin• del Mar (CIie) Sr. FRANCESCA MONTAVA (Direttrice F.M.A.)
A NULLA ERANO VALSI
I RITROVATI DELLA SCIENZA MEDICA
Con grande riconoscenza ringrazio il Signore d'avermi
concesso per intercessione della Serva di Dio Suor Teresa
Valsè Pantellinl la grazfa di ricuperare la salute. A nulla
erano serviti tutti i ritrovati della sçienia medica,
Nel gennaio 1972 mi trovavo esaurita e ridotta alla com-
pleta incapacità fisica e anche mentale per una grave affe-
zione intestinale.
Tutte le accurate visite dei medici e specialisti, le radio-
grafie e ripetuti esami non valsero a scoprire la causa del
mio male e, quindi, a curarlo. Questo per cinque lunghi
mesi, finché i medici dissero apertamente che non sapevano
più che cosa farmi.
Proprio allora vennero a visitarmi due Figlie di Maria Ausi-
liatrice. Esse m'Incoraggiarono a confidare nell'intercessione
della Serva di Dio Suor Teresa Valsè Pantellini, consiglian-
domi di pregarla con grande fiducia.
Cosl feci , abbandonandomi al suo aiuto. Pochi giorni
dopo ebbi occasione di conoscere una persona modesta
e buona - che ritengo proprio mandata da Suor Valsè -
la quale mi suggerl una cura molto semplice e facile. Da
allora andai sempre migliorando, tanto che ora i miei fami-
liari mi dicono di non riconoscermi più, dallo stato in cui
ero ridotta.
Compio il dovere di rendere pubblica la grazia ottenuta, ....
unendo una modesta offerta per la causa di beatificazione
di Suor Valsè.
Quito ( Ecuador)
JOV/TA OJEDA 33

4.4 Page 34

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PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Sac. Edmondo Lucionl t a Varese a 77 anni.
Morl al termine di un'intensa giornata dedicata
ai suoi malati. Stava rientrando in bicicletta
al11Istituto Salesiano. dopo aver celebrato la
S. l\\.1essa. Ern così don Lucioni: a 77 anni, con
iJ freddo invernale, continunva a serYÌre ìn
bicicletta i suoi malati, portando doni e parole
buone, celebrando In Messa nelle lofo ca.se,
ìnstancabile animatore dei 41 Volontari della
Sofferenza,. Non pensava a se stesso. Non vi
aveva mai pensato da q11ando, a 17 annì, aveva
vestito l'abito chiericale. Sacerdote a 31 anni,
parti per il Giappone a 32.. Vi rimase 9 anni.
Rientrato
1948 per
ael t rbi l oscacna nt oi .
dalla guerr
Ma anche
a, vi tornò nel
quando rientrò
definitivamente continu ò ad es-sere missionario,
donandosi ai più infelici nel nome dell'amore
dì Cristo.
Sac. 0Ju1eppe Spigo t a Torino-Leumann
a 44 anni.
Nato a Verona, aveva respirato Patmosfeta sale-
siana del vicino Istituto Don Bosco. Lavorò
nel suo Veneto fino al 1965 quando l'ubbidienza
Io chiamò al Centro Catechistico a curare le
edi:tìoni discografiche. ll $UO tempo libero fu
tutto per i ragazzi del quartiere, nella difficile
periferia torinese, dove svolse un,autentica
missione salesiana. Fu centro di gruppi gio-
vanili vissuti nella fraternità, nell1impegno.
nella disciplina. L'inesorabile malstti.a lo fermò.
Sperb ancora di guarire, ma si affidb con sere-
nità alla volontà di Dio. La nostta Comunità
- scrive il direttore - mentre si stringevo
intorno a lui con fratc:rna solidarietà per aiutarlo,
assisterlo, vea,liarlo, riceveva in cambio un più
profondo senso di amore reciproco, di perdono,
di pace». Lasciò ai giovani, ai confratelli, alla
mamma anziana la consolazione della speranza.
Sac. Mario Borsanl t a Maroggia (Svizzera)
a 61 anni.
Dopo aver fatto l'operaio in una fabbrica mi-
lanese, entrò come aspirante missionario ad
Ivrea nel 1935. Partito l'anno dopo per la
Thailandia, vi fu ordinato sacerdote. La.vorò
fino • che il male che lo doveva porta~e alla
tomba, lo costrinse a tornare. Le Missioni
rimasero al vertice dei auoi pensieri, e visse
parlando e inventando sempre nuove iniziative
per loro.
COOPERATORI DEFUNTI
GJoaccblno Duca t a Gangi (Palermo) n
95 anni.
ll Signore, che gli diede lunga vita, lo chiamò
a 1é quasi all'improvviso. Di tre figli, che con
genero§a e umile offerta aveva dato allo Con-
grega;ione Salesiana, non ne ebbe. alcuno pre-
sente in punto di morte. Ma Don Bosco stesso.
il giorno della sua festa~ lo venne a prendere
per mano, per presenta.rio al Dio della miseri-
cordia e di ogni consolazione.
Maria Prlod In Praduroux t a Hone (Aosta)
a So anni.
Donna di ~rande
bontà
e
tatto,
ru
un
vero
mo•
dello dì mamma cristiana. La Rioia e la santa
fierezza di aver dato un .figlio a Don Bosco
(e aJle Missioni) causarono in lei un ere.scendo
continuo di fede-, di carità e cli fervente devo-
zione alla Vergine Ausiliatrice e a Don Ilo,iico.
Alla loro protezione affidava se stessa e quanti
le erano cari.
Aehille Sltla t a Cossano Bclbo (Cuneo) a
87 anni.
Scrive il figlio don Carlo, salesiano: Mio padre
se ne è and.ato nel silenzio e nella preghiera.
Dopo la morte di mia madre, viveva con mi.a
sorella. pensando s.empre al figlio Adolfo, di-
sperso in Russia. Credo che sin stata la sua
croce più grande. Il lavorot la precisione in
tutto, la puntualitS, il buon umore sono state
le caratteristiche deJla sua vita. Preghiamo
pe,r luit.
Rosa PISCol vcO. Ponslo Bfava t a Torino
o So anni.
Pur con la sua bella età, si sentiva giovane, ed
era ricercata e amata da quanti la conoscevano.
Aveva donato una figlia all' Istituto delle F.M.A.,
e ne era orgogliosa. A.mmirabile la fortezza ne)
nascondere le sue sofferenze e nel preoccuparsi
del bene altrui. Conservò intatt.a fino alJa fine
la sua serenità. Il sacerdote che t•as.sistette.,
disse: Per essere cosl rranquilla io punto di
morte, dev'essere sempre vissuta di fede •·
Angela Manassero vcd. OrcgUo t a To-
ri no a 90 anni.
Sorella dì un salesiarto, offd a Don Bosco
una figlia nell'Istituto delle FMA. Era mamma
buona, sempre sorridente, generosa, attiva.
Ricordava mam.ma Margherita, e nonostante
la sua veneranda canizie lavorava con zelo
per le Missioni.
Lucia Poli t a Torino a 75 anni.
Dedita ali'Azione Cattolica e all'assistenza
dei poveri e dei bisognosi, fu l'anima della
sua parrocchia, e rinunciò anc.he all'insegna-
mento {era dottoressa) per dedicarsi inte.ra-
mente alla famiglia e all'apostolato. Nel pe-
riodo dj guerra tornò alJ'insegnamento come
supplente per non lasciare i ragazzi senza
scuola. Entusiasta del metodo educativo di
Don Bosco, Jo applicò a.oche in famjglia, in
cordìalc dialogo con i suoi figli. Aiutò i Sale-
siani e le Mis.sioni, e offrl per loro anche le
molte sofferenze che la purificarono oègli
ultimi mnni.
Anna Dc Andrea Colella t a Napoli.
Manifestò il suo amore profondo per la Con-
gregazione e Don Bosco aiutando le Opere
Salesiane e le Missioni. Gradi sempre la vi-
sita dei Sa.lesi-ani, a cui chiedeva la benedizione
di M. Ausiliatrice. Si prodigò a lavorare ncl-
1'Associazione dei Cooperatori e nella Par-
rocchia, visitando i malati e facendo catechismo
a.i piccoli. Fu consolata neRli ultimi giorni
dalla celebraiione della S. Messa in casa e
dalla Comunione.
Maria Clmorclll Jacontinl t a Isernia a
7 s anni.
Fu educata dalle F.M.A., che la prcporarono
alle vice.ode della vita. Rimasta improvvisa-
mente vedova con due bambini, accertò il do.
loro e la solitudine con dìgninl e fede. li fer-
vore religioso la .spinse a inteTes-sarsi del pros-
simo sofferente, che confortava e soccorreva
come poteva. I funeralì rivelarono quanta
riconoscenza sentiva per Jei la gente di Isernia.
Rita Zlgllara Costa t a Roma a 38 anni.
Dicevano di Jei: Le vogliono tutti bene• ·
Bontà a tutta prova, fede viva, sorriso acco-
gliente, imm.edesimani dei problemi altrui,
facevano di Jei una donna ecce.z:ionsle, che
oetl'jmpiego, nel lavoro di casa o nel centro
de.i Cooperatori, seminava la.rgan1ente bontà
e fiducia. ti male terribile che in tre mesi la
tolse ai suoi bambini non le impedl di tra$for-
mere la stanza del1 1ospedale in una piccolo
chiesa dove si respirava la speranza. Fu una
delle injziatrici dei Giovani Cooperatori •·
Maria RosarJa Rosanla t a Venosa (Pz)
a 84 anni.
Fu cooperatrice e fedele amica de!J'opera
Don Bosco. A.mm.alata per moltissimi anni,
fece d ella sua vita una cOnlìnuR offerta. u Dio,
soprattutto per le anime sacerdotali.
Mtdlcle Pacacelo t a Roma.
Cooperatore ed exallievo affezionato, brillb
per l'intemerata coscienza, la limpidez-z.a degli
scritti e la rettitudine negli uffici e nelle rela..
zioni sociaJj,
Rosina BaruclU t a Chiari a 75 anni.
Seppe donare a chi soffTiva un sorriso sincero,
una. paroln incoraggia.nte1 un aiuto di preghiera.
Dalla fede viva le vennero semplicitA di cuore,
bontà di ani mo e disponibilità si !lacrificio.
Fu Cooperatrice salesiam1 anenta. e buona, e
per i Salesiani dì Chiari fu un angelo dì ca-
rin\\, fin dai primi tempi dell'Opera , R.ic.orda-va
con gioia un incontro con don Rinaldi. che
l'aveva benedetta e incoraggiata.
Elisa TrabuccbJ t a Torino a 83 anni.
AmaV'8 tanto Don Bosco e la sua.. AssociCJ.zione,
e si adoperava con la presenza e la parola nd
incrementare la vita de.i Cooperntori. Colla-
borò con il delegato ispcttoriale alla orgoniz-
zaziooe e al riordinamento dc.I Centro lspet-
toriale Coopcrntoci. Accettò e.on rassegnazione
alla volontà Dio il lungo e doloroso calvario
con cui terminarono i suoi giomi.
Remo Pregno t a Monealvo a ◄S anni.
Dedicò la sua vita oJ lavoro, alla famiglia, alln
parrocchia . Nello. mnlattja non smentì il suo
spirito profondamente cristiano, buono, pa.-
ziente. Andò .t feslcggiare in Cielo Don Bosco,
del quale era profondamente devoto.
no. . Adele l'rattini t n Varese.
lnscritta aIP Unione. Cooperato.ri , come Don
sco amò i fanciulli, dei quali fu assistente pre-
murosa e ocufats. Insegnò loro od amare Gesù
Eucare-stia e Ma.ria Ausiliatrice. Lavorò pure
con i.;elo in parrocchia. Grande fu la sua bontà
ver.so i bisognosi e gli ammalati. Solo in Cielo
.si potrà conoscere il be_ne fatto da questa umile
Cooperatrice, eh.e ogni gior-no s-i alimentava
nella meditazione quotidiana. Lasciò nel vecchio
b3bbo un vuoto doloro,o, che dd Cielo i•prà
colma.re.
Sac. Felice Frà t • Devesj di Ciriè a 71 anni.
Nelle case salesiane di Valdocco e di Penango
assorbì urla profonda fede. Pa.ssato jn scm.in.ario
e ordinato sacerdote. fu un valido insegnante
di catecbjsmo e poi parroco a Devesi. Brillò
per la carità e la fede gioiosa, ch e aveva attinto
da Don Bosco, di cui ricordava con simpatia
po.rJ le e fatti. Amò e fece amare Gesù Euca-
restia, la ).1udonnn e il Papa.
I
LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, riconosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959 e L"ISTITUTO SALE-
SIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22. possono legalmente ricevere Legati ed
Eredit~- Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: • ... lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma (oppure all"lstituto Salesiano per le Missioni con sede
in Torino) a titolo di legato la somma di llre . . ..•.... (oppure) l"ìmmobile sito in ..... •·
Se 1/Sttasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro dei due Enti su indicati, la formula potrebbe essere questa:
• ... Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con sede In Roma
(oppure l'li;tituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo».
34 (luogo e data)
(firma per disteso)

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lippo RlnaldJ, p,r interudu• f>rote-
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Tuesa Sommaroga. A cura dì N.N.,
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to,rsorte Pi'!ra. A cura di Tommaso
Zerbino, Roma, L. 50.000.
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mento e per costantt proteziune. A cura
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Don Bosco. A ourn di Silvia Ricci,
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cerdoti. A cura di Evnristo Musso,
Castelnuovo D. Bosco (Asti), lire
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Rugguo Cord•llll. A cura di Elena
hddanza, Roma, L. 50.000.
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S. Giovanni Bosco per ottener• la
grazia di cui ho tanto bù9gm, e per lo
loro prou:zione, irt w·,a td in mo,t~ p er
ma e per i nn'ci cori. A cura di Biagia
Giuliano, Polonghera (Cuneo), lire
50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
Santi Sa.lesiani, in S11/Jragio dei pa-
renti, benefattqri e amici e dellt aninre
più bisognose. A cura di Bina Genduso
ved. Rcttmaycr, Palcnno, L. 50.000.
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di numeroso famizlie oiferMti. A cura
di Teresa Fenero, Moretta (Cuneo),
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Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
Don Bosco. A cura della direttrice
Scuola Materna di S. Maria della
Versa (P~via), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausillatriée e
S. Giovanni Bosco. A cura di N.N.,
Andria (Bari), L. 50.000.
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-n,lli. A cura di Guido Antonelli, La-
tina, L. 50.000.
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4.6 Page 36

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