Bollettino_Salesiano_197401


Bollettino_Salesiano_197401



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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVIII N. 1 1 ° GENNAIO 1974
Spediz. in abbon. post. Gruppo 2° (70) - 1• quindicina
ren
1974

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVIII N. 1 - Gennaio 1974
Direttore respo n sabile
DON Tl:RESIO BOSCO
lmpaginniona
Lu,gl Zon,a Ufficio Tecnico SEI
D ireziono e Amministra zione
V,a Morie Auslliau,ce. 32
10100 Torino
Officine Grafich e SEI
SOMMARIO
2. Lettera del Rettor Maggiore alla
Famiglia Salesiana per l'anno
1974
Articoli
6. « Qualcuno ascolta». Commento
alla Strenna 1974 di don G. Oho
8. Un villaggio senza nome
1 O. Un sindaco di 17 anni
14. Dove la terra brucia - 219 sale-
siani in Medio Oriente
18. La pace dipende anche da te -
VII Giornata Mondiale della Pace
20. Una veste bianca per Fifine
24. Don Bosco: un prete per tutti i
ragazzi del mondo (prima pane)
Fa :J a S:a ..,..
23. li Sistema preventivo e ìl Coope-
ratore salesiano
24. Il Card. Sllva nella tragedia del
CIie
26. In suffragio del Card. Hlond
26. Intensa «estate di lavoro » del
Centro Catechistico
26. Don Javierre ai «venerdl let-
terari» di Torino
26. Attività dei Salesiani Slovacchi
27. Convegno mondiale dei Sale-
siani Coadiutori
27. Il combustibile di padre Schlooz
Rub ir.he
13. Educhiamo come Don Bosco:
«Aiutatelo a tirarsi fuori, a libe-
rarsi•
19 Pubblicazioni Salesiane
23. Microreali:aazioni Missionarie
32. Grazie per intercessione di M. Au-
siliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
111 r.op ,- 1na
Il volto giovane di un chierico sa-
lesiano delle Filippine. La Stren-
na 1974 del Rettor Maggiore
chiama tutti a intensificare iI
lavoro e l'impegno per le Voca-
zioni: apostoliche. religiose. sa-
cerdotali, salesiane.
Carissimi Amici della Famiglia Salesiana,
scrivo questa lettera annuale - le-
gata a una tradizione ormai quasi
secolare, iniziata dal nostro Padre
Don Bosco - ancora sotto l'ondata
di impressioni consolanti e spesso
commoventi riportate nel mio non
breve viaggio attraverso l'America,
l'Australia, c l'Asia salesiana.
Anete appreso attraverso varie
fonti d'informazione che nell'ultima
parte dell'anno ho potuto incon-
trarmi, a Città del Messico, con gli
undici Ispettori salesiani della zona
Pacifico-Cnribc dell'America Latina.
Nella medesima città ho presenziato
al «Quarto Congresso latino-ameri-
cano degli Exallievi di Don Bosco 11.
E ho approfittato per compiere
una visita a Managua, la capitale
del Nicaragua semidistrutta dal ter-
remoto, dove Salesiani e Figlie di
Maria Ausiliatrice dapprima si sono
prodigati per la popolazione cosi du-
ramente colpita, e ora - mentre
procedono alla ricostruzione delle
loro opere distrutte o danneggiate -
svolgono un lavoro provvidenziale di
promozione umana e cristiana. Sono
centinaia e migliaia di giovani che
essi qualificano professionalmente,
perché possano occupare un posto
dignitoso e \\ltile nella società.
Sono stato pure nelle missioni dei
Mixes in Messico, dove ho trovato
comunità che per il fervore e la sin-
cerità della vita cristiana mi ricorda-
vano le prime comunità della Chiesa.
Sono quindi passato nelle province
degli Stati Uniti e in quella del-
!'Australia, che mi hanno offerto una
diYersa ma consolante visione del-
l'attività salesiana in grandi paesi,
con grandi folle di gioventù che cre-
scono alla scuola di Don Bosco.
Infine, dopo una breve sosta in
Thailandia, ho trascorso alcuni giorni
tra i Salesiani e le Figlie di Maria
Ausiliatrice del Vietnam.
Vi dirò che il vedere lo sviluppo
del nostro apostolato in questo paese
stupisce e commuove. Pensate che
in mezzo agli orrori dello stato di
guerra {che neppure oggi si può dire
finita) e aumentato notevolmente il
numero dei Salesiani, mentre si al-
larga l'area della nostra caratteristica
azione a favore dei ragazzi orfani e
abbandonati, vittime del crudele con-
flitto. Proprio l'intenso lavoro a cui
si dedicano (con abnegazione rive-
stita di serenità e di gioia) tanti Sale-
siani e Figlie di l\\1aria Ausiliatrice -
in notevole parte a servizio della
gioventù povera e particolarmente bi-

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sognosa ha suscitato in me senti-
menti di grande fiducia e di spe-
ranza.
Ma specialmente i numerosi in-
contri con Missionari e Missionarie
nei campi del loro lavoro apostolico,
mi hanno confermato nella convin-
zione che la famiglia di Don Bosco,
nelle due Congreip.zioni anzitutto,
trova nelle migliaia di Missionari
sparsi per il mondo una potente fonte
di energie - quanto sane altrettanto
ricche - per alimentare la vitalità
feconda di tutta la Famiglia Sale-
siana.
Ho incontrato tanti che, lontani
spesso dalla Patria, e rinunciando
agli affetti più naturali e ai con-
forti della civiltà della tecnica e dei
consumi, vivono il loro sacrificio
quotidiano in perfetta gioia. Essi ri-
petevano aJ Rettor Maggiore, per-
ché lo si sappia dappertutto: «Noi
siamo felici nella nostra povertà e
nei disagi che comporta la vita mis-
sionaria; ma siamo più felici di vi-
vere tra questa gente umile e sem-
plice, con cui dividiamo le pene, i
disagi, le gioie, piccole ma pure,
mentre cerchiamo di calare nella
realtà della nostra vita la parola di
Gesù: "Il Signore mi ha inviato a
portare il lieto annuncio ai poveri"•·
Potete comprendere, carissimi, che
una tale visione fa nascere nel cuore
tanta speranza, e corregge quel certo
senso di scor.imento e di sfiducia
da cui si può essere tentati a volte
dinanzi a crisi, miserie, contestazioni,
incoerenze, che oggi purtroppo si
riscontr.ino in certe zone del mondo.
La nostra fami~lia, come la Chiesa,
se pure ha nei suoi uomini defi-
cienze e infedeltà, grazie a Dio ha
pure tante magnificne e autentiche
energie di uomini che, senza rumori di
convegni e di giornali, costruiscono
con fede viva e vivificante, e insieme
in umiltà e semplicità, il Regno di
Dio, animati dallo spirito del nostro
padre Don Bosco.
È dunque vero che la vita delle
Missioni è - per la nostra Famiglia -
la via dell'autentico e fecondo rin-
novamento.
Se però debbo essere con voi sin-
cero, vi dirò che tanta gioia è stata
un po' dappertutto oscurata da una
pena: ovunque sono andato, in Mis-
sioni o quasi missioni », o in opere
non propriamente nuss1onarie, ho
sempre sentito lo stesso lamento e
la stessa accorata invocazione: t Sia-
mo troppo pochi, siamo insufficienti
per l'opera a cui siamo dedicati; è
un peccato che non possiamo. per
mancanza di persone, realizzare tanto
bene che pure è a portata di mano>>.
Occorrono braccia!
La Strenna sulle vocazioni
Voi comprendete che il Rettor
Maggiore non può rimanere insen-
sibile a questo SOS mentre si rende
conto come oggi più che mai il pro-
blema dell'evangelizzazione - che
non interessa solo le «Missioni »
nel senso tradizionale, ma anche i
paesi di tradizione cristiana oggi in
crisi - è anzitutto problema di uo-
mini, o meglio di vocazioni.
Troppo spesso si restringe il vi-
tale problema dell'evangelizzazione a
un quadro di contenuto primaria-
mente economico; mentre la realtà
è che i fattori essenziali e fondamen-
tali di essa sono - dopo la grazia
di Dio che agisce per opera dello
Spirito Santo - gli annunciatori del
Varigelo. In altre parole: l'evangeliz-
zazione, che è il grande mandato
affidato da Cristo alla Chiesa, ha
bisogno insostituibile di voc<Uioni,
e di vocazioni adeguate, sotto ogni
aspetto, alle urgenze ed esigenze dei
tempi.
Avevo già in animo di affidare per
quest'anno 1974 alla comune ri-
flessione e allo zelo operativo di
tutta la nostra Famiglia, i! tema
delle vocazioni: questi incontri mi
hanno confermato sull'importanza e
urgenza di tale Strenna.
Ecco perciò il testo che vi propongo.
Fedeli a gli insegnamenti
e all' esempio di Don Bo-
sco, tutti i m embri della Fa-
miglia Salesiana considerano
doveros o coronamento della
loro azione e ducativa:
orie ntare e formare VO-
CAZIONI APOSTOLICHE
NELLA CHIESA;
dedicarsi con particolare
cura ai CHIAMATI ALLA
VITA SACERDOTALE E
CONSACRATA;
promuovere e incremen-
tare le VOCAZIONI SALE-
SIANE, per adempiere il
mandato di continuare nella
Chies a il carisma di Don
Bosco.
3

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Come potete constatare, la Strenna
è formulata in modo da interessare,
anzi impegnare, ogni membro della
Famiglia Salesiana, qualunque possa
essere la sua posizione personale. In
questa santa impresa c'è posto, come
c'è responsabilità, per tutti: non c'è
che da raccogliere concretamente l'in-
vito e - come Don Bosco diceva -
rimboccarsi le maniche.
Per non prolungare troppo questa
lettera, aggiungo a parte un breve
commento alla Strenna. Ma è mio
intendimento che il tema sia ripreso
e approfondito dai vari rami della
nostra Famiglia, i.n modo da venire
a piani concreti di mentalizzazione
e di azione, secondo le peculiari si-
tuazioni e possibilità di ogni Istitu-
zione.
I Bollettini Salesiani poi, durante
l'anno, presenteranno iniziative e
idee che servano a tenere vivo l'in-
teresse per il grande problema, e
insieme servano a far conoscere espe-
rienze concrete, utili a suscitare l'imi-
tazione.
4
Ricordo infine a tutti che pre-
messa e anima di un lavoro come
questo, d'indole eminentemente spi-
rituale, è la preghiera: è il Signore
che in definitiva deve dare l'incre-
mento alla nostra sempre modesta
fatica, e 1a preghiera e certamente
il mezzo per ottenerlo.
Le opere nuove realizzate
durante l'anno
Desidero ora parlarvi delle opere
nuove realizzate durante l'anno 1973.
Come già ebbi a scrivervi nel di-
cembre scorso, questi anni sono de-
dicati principalmente a consolidare
le nostre attività, più che a crearne
delle nuove. In pratica però nel
1973 abbiamo potuto attuare ini-
ziative di particolare interesse e at-
tualità, nello spirito del Concilio e
del nostro Capitolo Generale Spe-
ciale.
Fra le iniziative di quest'anno,
alcune che meritano segnalazione
hanno sede in Roma.
La prima è il Salesia11um, un
<< centro di cultura e spiritualità» che
sorge (come saprete) accanto alla
Casa Generalizia. Aperto a gennaio,
è stato sede di molti incontri, con-
vegni, settimane di studio e di ritiro
spirituale, per comunità religiose,
parrocchiali, e d'ogni genere. Nello
scorso novembre - per fare un
esempio - le Superiore Generali
di tutto · il mondo hanno tenuto un
importante convegno su (< La mis-
sione della donna consacrata nel mon-
do di oggi >>.
Attualmente il Salesianum ospita
il primo << Corso quadrimestrale di
formazione permanente>>, per Sa-
lesiani che saranno domani anima-
tori spirituali nelle comunità. A breve
intervallo di tempo altri corsi come
questo si susseguiranno, e molto ci
attendiamo da questa preziosa espe-
rienza rinnovatrice.
Altre iniziative romane sono con-
dotte presso l'Università Pontificia
Salesiana. Anzitutto una serie di
corsi di specializzazione e aggiorna-
mento, iniziati nell'ottobre scorso. I
corsi più importanti, come forse
avrete già appreso da altre fonti,
sono un << Biennio di specializzazione
in Teologia ,1 che al termine rilascia
il titolo di licenza ; un «Biennio di
specializzazione in spiritualità>>, con
particolare rilievo per la spiritualità
salesiana, aperto a tutti i membri
della nostra Famiglia, anche laici;
e un «Corso annuale di aggiorna-
mento» per sacerdoti già impegnati
nell'attività pastorale. E, per l'anno
venturo, è in progetto un (< Corso
di teologia per laici ».
Sempre presso l'Università Sale-
siana, alle dipendenze della Dire-
zione Generale della Congregazione,
è stato fondato un << Centro di studi
di storia salesiana>>, che sta curando
una serie di pubblicazioni sulle Mis-
sioni salesiane in occasione del loro
prossimo centenario, e allo scopo
sta coordinando la collaborazione di
studiosi nelle varie parti del mondo
salesiano.
Come potete comprendere, con
queste iniziative l'Università sale-
siana si pone sempre più su una
linea di servizio e di orientamento
per la nostra famiglia.
Anche a Torino-Valdocco c'è una
novità: da ottobre funziona un Cen-
tro Salesiano di Pastorale Giovanile,
chiamato a svolgere per l'Italia un
<< servizio di studio, promozione e
animazione >> nei confronti dei con-
fratelli e dei loro giovani.
Allargando l'orizzonte dall'Italia
al resto del mondo salesiano, mi
trovo costretto a limitarmi a qualche
accenno, con molte omissioni, perché

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LE NUOVE OPERE DEI SALESIANI
IN AMERICA
Cile. Santiago-La Florida: «Casa della Famiglia Salesiana)>, Centro di spi-
ritualità.
Colombia. Medellfn: nuova sede della città dei Ragazzi.
Venezuela. San Félix (Ciudad Guayana): «Centro Don Bosco» per la pa-
storale giovanile.
IN ASIA
India. Cuddapah (Andra Pradesh): Ospizio e Scuole professionali per in-
terni. , Oimapur (Nagaland): Casa episcopale, Missione, Parrocchia,
Scuole medie e superiori con convitto. Margao (Fatorda): Scuola Pro-
fessionale, Oratorio. Selsella (Garo Hllls, Meghalaya): Parrocchia Mis-
sione, Scuole elementari. • Tamenglong (Manipur) : Parrocchia, Missione,
Scuole elementari e medie con convitto.
Taiwan. Taipei: Centro giovanile.
IN EUROPA
Italia. Torino: Centro di Pastorale Giovanile per l'Italia.
Jugoslavia. Prvic-Luka: Parrocchia e noviziato (nuova sede).
Spagna. Barcellona-Verneda: Comunità per l'animazione catechetica della
gioventù. • Madrid: Residenza per sacerdoti salesiani universitari. Vigo:
Pensionato per Exallievi studenti e operai.
LE NUOVE OPERE DELLE
FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
Attenenc;losi al prestabilito programma di «ridimensionamento delle opere»,
anche le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno limitato il più possibile le nuove
fondazioni. Quelle realizzate sono - tranne una in Australia - tutte nell'Ame-
rica Latina. E, suggerite dalle pressanti esigenze dell'ora, sono di carattere
assistenziale e di promozione sociale.
Australia. Bayswater (Melbourne, Victoria): Scuola parrocchiale infantile
ed elementare.
Bolivia. Okinawa (Santa Cruz de la Sierra): Scuola elementare parrocchiale,
Catechesi nei villaggi, Collaborazione pastorale in parrocchia.
Brasile. Salvador (Bahia): Centro assistenziale con Orfanotrofio e Scuola
elementare e professionale. Campinas (Sao Paulo): Casa per la Catechesi
e la Pastorale.
Colombia. Canaguaro (Pref. Apostolica dell'Ariari): Hogar Campesino, con
doposcuola e catechesi.
Uruguay. Ric6n del Pino (San José): Centro di promozione sociale.
Per tutte le nuove opere durante il 1973, rendiamo grazie a Dio e alfe nume•
rosissime persone buone che ci sono sempre vicine con la loro valida mano.
le situazioni e le iniziative nuove e
meritevoli di segnalazione non sono
poche.
Nelle varie parti
del mondo salesiano
A volte si tratta di originali siste-
mazioni edilizie. Come a Medellfn
in Colombia, dove la vecchia e ca•
dente «Città dei ragazzi Il è stata so-
stituita con una nuova sede in zona
collinare (per la cui costruzione i
benefattori del posto si sono supe-
rati in una commovente gara di ge-
nerosità); ora i ragazzi della strada
studieranno in un ambiente lumi-
noso, che è formativo già per le sue
stesse strutture.
Altre volte si tratta di coraggiose
opere sociali create in punti peri-
ferici, come il Centro giovanile di
Taipei nell'isola di TaiwatJ-; o il Pa-
tronato agricolo per minori di Porto
Velho in Brasile, che un Salesiano
dirige, e due << volontari laici per il
terzo mondo•> (due sposi) mandano
avanti con ammirevole dedizione.
Altre volte ancora si tratta di nuovi
modi di presenza, come quella rea-
lizzata dai Salesiani dell'Ispettoria
spagnola di Madrid a Bata nella
Guinea Equatoriale. Già il loro tipo
di approccio risulta particolarmente
delicato, con quella nazione africana
giovane e - anche se bisognosa di
aiuto - a volte diffidente verso chi
giunge dall'esterno; ma risulta signi-
fìcativo il fatto che i nostri sette
confratelli che vi lavorano non hanno
tagliato i ponti con la loro Ispet-
toria di origine: continuano a farvi
parte, come inviati da essa, e com.e
espressione concreta della sua mis-
sionarietà.
Tra i nuovi modi di presenza
simpaticamente salesiana devo an-
che segnalare l'Angola: in questo
travagliato paese i Salesiani non ci
sono, ma ci sono diversi Exallievi,
che hanno aperto scuole, le di·rigono
e vi insegnano con la pedagogia di
Don Bosco.
Cosl in Australia un gruppo di
Cooperatori e Cooperatrici hanno ac-
quistato nel South West Victoria un
vecchio albergo e lo hanno trasfor-
mato in un Centro di incontri dove
- con l'animazione e l'assistenza
spirituale dei Salesiani e Figlie di
Maria Ausiliatrice - si svolgono
svariate attività a favore della gio-
ventù femminile, come turni di va-
canze estive, giornate di orienta-
mento vocazionale, seminari didat-
tici su argomenti sociali e politici
di attualità, eccetera.
Non sono che pochi esempi fra
tanti, ma significativi.
Chiamati dal Papa per un
servizio qualificato
C'è poi una forma qualificata di
servizio verso la Chiesa, al quale
il Santo Padre ogni tanto per sua
bontà si degna di chiamare qual-
cuno scelto tra le file degli umili
figli di Don Bosco. Durante il r973,
mentre tre Vescovi salesiani hanno
lasciato vacante la loro sede (mons.
Lehaen per motivi di salute, mons.
Borie e mons. Borgatti perché de-
ceduti), altri quattro figli di Don
Bosco sono stati insigniti della dignità
episcopale (mons. Coronado vescovo
di Girardot in Colombia, mons. Ca-
stillo vescovo coadiutore di Trujillo
in Venezuela, mons. Alangimattathil
vescovo di Kohima-Imphal in India,
mons. Barai vescovo di Krishnagar
pure in India).
Con mons. Baroi, sono 56 i ve-
scovi viventi che la Congregazione
salesiana ha avuto la gioia di do-
nare alla Chiesa. E come ricorde-
rete, sua Santità nel concistoro del
marzo scorso ci ha fatto la graditis-
sima sorpresa di annunciare che il
nostro venerato confratello monsiçnor
Trochta da quattro anni è Cardinale
«in pectore 1).
Sono anche significativi alcuni mu-
tamentinella (chiamiamola così)« geo-
grafia salesiana >>, avvenuti sempre du-
rante il 1973. Voglio dire di dio- 5

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cesi m1ss1onarie prima affidate alla
Congregazione Salesiana, che ora
vengono considerate mature per pas-
sare al clero secolare; come pure di
territori missionari troppo vasti, che
vengono suddivisi, costituiti in nuove
diocesi, e affidati a Vescovi sale-
siani. ~ accaduto per esempio in
India, per le nuove sedi di Kohima-
Imphal e di Tura. Questi cambia-
menti stanno a indicare - a no-
stro comune conforto - che il la-
voro dei Missionari salesiani ha por-
tato buon .frutto. E di tutti questi
passi in avanti compiuti dobbiamo
rendere grazie a Dio che benedice i
suoi figli.
L'elenco delle «opere nuove>> che
vi presento a parte, anche se incom-
pleto, vi metterà in grado di valu-
tare quanto le nostre due Congrega-
zioni - con il vostro indispensabile
aiuto - hanno potuto realizzare
durante il 1973.
Alcune fortunate scadenze
ci attendono
Prima di concludere voglio ancora
invitarvi, carissimi Amici della Fa-
miglia Salesiana, a guardare ad al-
cune fortunate scadenze che ci at-
tendono nell'anno che si apre.
Sono sicuro anzitutto che l'avve-
nimento ecclesiale dell'Anno Santo
troverà la Famiglia Salesiana pronta
a realizzare il «rinnovamento inte-
riore e la riconciliazione con i fra-
telli », che sono i traguardi spirituali
proposti dal Papa Paolo VI ai veri
cristiani. Prendiamo dunque parte,
individualmente e come gruppi, e
in unione con i vescovi, alle inizia-
tive della Chiesa locale, e animia-
mole col nostro contributo fattivo,
nello spirito del Concilio.
Durante il 1974 poi, i Salesiani
commemoreranno anche il Cente-
nario dell'approvazione delle loro Co-
stituzioni: sappiano trovare nella ri-
correnza un motivo per riesaminare
la loro fedeltà a Don Bosco e alla
Chiesa.
Ora non mi rimane che porgere
a tutti voi un augurio vivo e affet-
tuoso, che estenderete alle vostre
famiglie: l'anno che con la grazia d\\
Dio iniziamo, ci sia portatore d1
quella gioia che ha la sua fonte
nella pace col Signore (la vera pace
in terra), e nella pace col prossimo,
nel quale l'occhio della fede ci porta
a vedere il nostro fratello.
Roma, dicembre I973
L
6
r,Rc<L<.- · AETTOR MAGGIORE
uaasclcoultnao,,
La Strenna che il Rettor Maggiore ideali siano fatte intorno ai valori
presenta per il 1974, non vuol es- cristiani, in spirito di servizio e di
sere solamente un programma an- disponibilità al bene dei fratelli, e
nuale: è il richiamo a un impegno li portino ad assumere responsabil-
che è insito nel fatto dell'apparte- mente il ruolo e i compiti che ìl
nenza alla Famiglia Salesiana.
Signore affida loro nella Chiesa.
La strenna è centrata sul tema È evidente che in questa linea la
delle vocazioni, e ci chiede uno sfor- famiglia, la scuola, il collegio, la
zo speciale per dare il dovuto e ne- parrocchia, i gruppi, le associazioni,
cessario rilievo a quest'azione pa- il ministero, devono essere a servizio
storale, che si svolge in due dimen- dei giovani, offrendo loro un clima
sioni:
ricco di luce e di comprensione,
una generale, la promozione di vo-
cazioni apostoliche laiche;
un'altra specifica, la promozione
di vocazioni sacerdotali e religiose.
perché la loro ricerca - pur essa
faticosa - si possa svolgere con si-
curezza.
Ma più con la nostra vita che con
le parole (giova ricordarlo) otter-
Va sottolineato che si tratta so- remo che ogni giovane in rapporto
stanzialmente di un'unica e stessa con 11oi arrivi a vivere il suo cristia-
attività, quella cioè di dare ai gio- nesimo sotto il segno della missione,
vani un'educazione cristiana integrale, come esigenza del suo battesimo.
vera e responsabile, come seppe fare
Don Bosco.
L'ansia apostolica portò Don Bo- Promuovere vocazioni sacre
sco alla totale dedizione ai giovani, nella Chiesa
alla loro promozione umana in tutti
i sensi, mirando perciò sempre ad
avvicinarli a Cristo, a renderli mem-
bri vivi della Chiesa, e in tal senso
siamo chiamati a far sì che ognuno
di essi possa <q·ealizzare la pro-
pria vocazione secondo il Vangelo >>
(PO, 6).
Il nostro recente Capitolo Gene-
rale ha ricordato a tutti noi, che
abbiamo << la missione di assistere i
giovani nello sforzo di definire la
propria posizione, e di scoprire i
propri compiti nella comunità umana
e nella Chiesa» (CGS, 662). Tutto
il nostro lavoro mira a offrire ai
giovani questo servizio; e in esso
trova il suo gioioso << coronamento >>
(CGS, 374).
L'esempio di Don Bosco ci ri-
chiama a un secondo impegno, sulla
medesima linea. Molti giovani sono
chiamati dal «Padrone della messe »
a svolgere nella Chiesa un compito
ministeriale o una testimonianza re-
ligiosa. Tutti conosciamo le cure
con cui il nostro Padre procurò che
questi giovani fossero messi in grado
di percepire questa chiamata, e di
rispondervi con generosità.
Le condizioni concrete del mondo
di oggi creano spesso intorno ai gio-
vani una zona di confusione e di
<<disturbo>>, che rende loro difficile
discernere la chiamata divina. Ep-
pure il Signore continua a chiamare,
perché ha bisogno di operai.
Dice Paolo VI: << È una voce che
passa sopra le teste degli uomini
Orientare a una vita
anche di questa generazione, che
cristiana impegnata
piena com'è del frastuono della vita
moderna, si direbbe sorda e inetta
Il nostro impegno fondamentale a coglierne il senso segreto e dram-
è dunque quello di assistere tutti i matico; ma cosi non è. Qualcuno
giovani nel faticooso e delicato pro- ascolta>>. E il Papa conclude: <1 I gio-
cesso di definizione della propria vo- vani hanno ancora l'udito buono, a
cazione, nell'elaborazione del loro intendere la sua voce>> (<< Inseg11a-
<< progetto di vita>>, in modo che le 11umti di Paolo Vh, vol. VI, pp. u75
loro scelte e la costruzione dei loro e T35).

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COMMENTO
ALLA
STRENNA 1974
Le condizioni sociali, familiari e
religiose, non erano più favorevoli
alle vocazioni ecclesiastiche ai giorni
di Don Bosco. Anzi! << Provvedere
alla penuria di vocazioni - scrisse
il suo biografo - sembrava un'im-
presa umanamente impossibile. Ma
egli sentiva in sé che Dio gli aveva
affidato la missione di provvedere ai
bisogni urgentissimi della sua Chiesa,
e non esitò» (MB. 5, 388-389).
Sappiamo quanto lavorò. Poté as-
serire: << Sono contento I Ho fatto
redigere una diligente statistica, e
si è trovato che più di duemila sa-
cerdoti sono usciti dalle nostra case•>.
Ma il biografo si disse in grado di
correggere tale statistica, e fece sa-
lire la cifra a seimila (MB. 5, 4n-412).
Don Ilosco ricordava sovente que-
sta missione ai Salesiani e alle Figlie
di Maria Ausiliatrice, come pure ai
Cooperatori ed Exallievi, specie se
sacerdoti. Sapeva, come oggi ricorda
a tutti la Chiesa, che la promozione
e cura delle vocazioni «spetta a
tutta la comunità cristiana & (OT, 2).
Favorire le vocazioni
salesiane
Infine c'è un impegno che tocca
il cuore della nostra vocazione: «O-
gni Salesiano, in forza della sua vo-
cazione, si sente responsabile dello
sviluppo della Società. S'impegna
quindi generosamente nell'opera di
promozione e cura delle vocazioni »
(Cast., 107). Quest'affermazione delle
Costituzioni Salesiane serve anche
per tutti i membri della Famiglia
Salesiana, nella misura in cui si
sentono uniti allo spirito e alla mis-
sione di Don Bosco.
Siamo dunque chiamati a prolun-
gare nella Chiesa il carisma, il dono,
che Dio ha fatto a essa in Don
Bosco. on possiamo quindi non
impegnarci nel favorÌre con la no-
stra viva testimonianza, con la no-
stra parola, la nostra preghiera, il
sorgere di vocazioni salesiane.
Si comprende che parliamo di «vo-
cazioni salesiane» in senso globale,
riferendoci anzitutto ai primi due
rami della nostra Famiglia spirituale,
i Salesiani e le Figlie di Maria Au-
siliatrice; ma non meno agli altri.
Perché tutti, sebbene in modo di-
verso, siamo eredi della missione del
nostro Padre.
Il Signore con la grazia dia effi-
cacia a questo invito e richiamo del
Successore di Don Bosco, perché i
Salesiani, le Figlie di Maria Ausi-
liatrice, le Volontarie di Don Bosco,
i Cooperatori, gli ExaJlievi e quanti
vivono nella Chiesa lo spirito di
Don Bosco, sul suo esempio nobi-
litino cuori, intelligenze·e volontà, per
essere animatori e guide illuminate
e sicure di vocazioni per la Chiesa
e per la Famiglia Salesiana.
DON GIOVENALE DHO
del Consiglio Superiore

1.8 Page 8

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un
Un grappolo di capan-
nucce vicino a una
grande fossa scavata
nella roccia, un cen-
tinaio di abitanti in
maggioranza bambini.
Quando i monsoni vio-
lenti e le piogge torren-
ziali infuriavano, i tetti
delle capanne venivano
portati via come aqui-
loni fradici, e i muri di
fango sgretolati e rasi
al suolo. Un villaggio
indiano cosi povero che
non awava nemmeno il
nome. Poi un gruppo
di chierici salesiani lo
scopri.
e inque anni fa il nostro «Kristu
Jyoti College>>, nuovo di zecca,
apriva le sue porte e dava il ben-
venuto agli studenti di Teologia
provenienti dalle quattro Ispet-
torie salesiane dell'India.
Il giorno dopo i nuovi arrivati
erano già in giro a far conoscenza
con la gente dei villaggi. Dodici
villaggi, di cui solo tre cattolici,
gli altri nove hindù.
Di essi, uno attrasse particolare
attenzione: un villaggio così po-
vero che non aveva nemmeno il
nome. Consisteva in un grappolo
a di capannucce vicino ad una grande
fossa scavata nella roccia, un cen-
tinaio di abitanti in maggioranza
bambini, una decina di tetti di
paglia tre metri per tre appoggiati
su muriccioli di fango, che davano
riparo a tutti. I bambini, più for-
tunati, avevano il privilegio di ri-
manere anche in piedi, una volta
dentro la capanna. Gli altri dove-
vano curvarsi per non sfondare il
tetto con la testa. Le capanne ser-
vivano quando il sole scottava,
ma quando i monsoni violenti e
le piogge torrenziali infuriavano,
i tetti venivano portati via come
aquiloni fradici, e i muri sgreto-
lati e rasi al suolo. Bisognava co-
struire tutto da capo.
Questa sit uazione e le facce
smunte dei piccoli impressiona-
rono gli studenti di teologia.
Una breve indagine scoprì la
povera storia di quel gruppo u-
mano. Circa 30 anni fa, alcune
famiglie tamilliane erano arrivate
11 dalla distante Salem... Avevano
percorso 250 chilometri in cerca
di lavoro e di un pugno di riso.
Si adattarono a fare gli spacca-
pietre. Sotto la sorveglianza di un
impresario locale che ricorda la
triste figura di Giuda (in quale
Paese di questo mondo non esi-
ste un Giuda ?) erano costretti ad
un lavoro massacrante di ro, per-
sino II ore consecutive, a tu per
tu con la durissima roccia grani-
tica, per quattro o cinque soldi
di misero salario. Nessuna scuola
volle ospitare i loro bambini.
Una fossa,
il cuore del villaggio
Soltanto una tenace volontà di
sopravvivenza li sorresse in quegli
anni. Nello spazio di una genera-
zione, adoperando il tempo strap-
pato al sonno, riuscirono a sca-
vare nella roccia la fossa che di-
venne il cuore del villaggio: 90
metri per 35, cinque metri di pro-
fondità. Sul fondo di pietra viva
si raccoglie l'acqua piovana indi-
spensabile alla vita: con essa si
lava, si fa cucina, si beve, si la-
vano i bambini e i pochi stracci
che servono da vestiti.
I debiti, le malattie, l'analfabe-
tismo, a cui si aggiunse lo stor-
dimento dell'ubriachezza, tennero
quelle povere persone in una con-
dizione sub-umana.
Davanti a questa realtà, i chie-
rici teologi si rimboccarono le ma-
niche. Affrontarono come primo
problema l'analfabetismo.
Si ingaggiò a pagamento un
maestro tamilliano. Ogni pome-
riggio, tutti i bambini si raccoglie-
vano nel loro piccolissimo tempio
per le lezioni. Con la lavagnetta
nelle mani (troppo costosi i li-
bri e i quaderni) incominciavano
a imparare l'alfabeto delle 180 let-
tere del loro diflìcile idioma. Le
mamme, a turno, venivano a fare
corona attorno ai bambini, e guar-
davano con occhi curiosi e mesti:
a loro tutto quello era stato ne-
gato ...

1.9 Page 9

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Da sinistra a destra: com'ereno t utte le capanne
del « villaggio senza nome»; le prima ceset•
te costruite; il villaggio quul truformet o.
zanome
Il piccolo tempio, dopo le prime
lezioni, si rivelò troppo piccolo.
Occorreva una vera scuoletta. I
chierici fecero cosi il secondo passo:
costruirono con le loro mani un'au-
la cinque metri per sei. Nel tempo
libero dalla scuola, essa serve come
luogo di riunione per la comunità:
s'impartiscono lezioni di igiene, di
puericultura, di cucito. Non ba-
sta. Quando piove a dirotto, l'aula
diventa il dormitorio comune dei
bambini. E se avanza posto, ven-
gono a dormire anche gli anziani,
i malati, tutti quelli che non ce la
fanno a dormire sul pavimento
delle capanne.
Il villaggio fu iscritto nella «Li-
sta della Carità arcivescovile >>, che
distribuisce grano e generi alimen-
tari che giungono dall'America e
dall'Europa.
Era splendido vedere di mese
in mese come i bambini torna-
vano a fiorire: nel sorriso si ve-
deva splendere l'intelligenza, prima
mortificata dalla miseria. Anche
gli anziani riacquistavano il gusto
di vivere: c'era qualcosa di nuovo,
che riaccendeva la speranza. I ma-
lati, su segnalazione dei chierici,
furono presi in cura dalle Suore di
un convento vicino.
Uno solo era il problema che
si temeva insolubile: l'ubriachezza.
Ma non fu così. Tutto il villaggio
s'impegnò in uno sforzo comune,
e le squallide sbornie cessarono,
con non poco sollievo delle madri
di famiglia.
Rimaneva una persona molto
importante da recuperare: il giuda,
l'impresario sfruttatore. Possiamo
dire che solo per una grazia della
Madonna accettò di annullare i
debiti di ogni famiglia: soltanto
con interessi da usuraio, aveva
spremuto da quelle persone molto
più di ciò che aveva imprestato.
Messo alle strette, accettò di ac-
cordare un giorno di riposo set-
timanale e di portare il salario al
livello tenuto dagli altri impresari
della zona.
Tutte queste cose ridiedero co-
raggio alle famiglie, e gli uomini
cominciarono a pensare che era
possibile costruirsi delle case dove
vivere da persone, e non da ani-
mali. Si fece un piano: tutte le
famiglie avrebbero contribuito con
il loro lavoro alla costruzione della
prima casa, poi della seconda, poi
via via di tutte le altre. Il costo
del materiale sarebbe stato ripar-
tito così: metà a carico dei chie-
rici, metà a carico della famiglia
che avrebbe abitato nella casa.
Anche i chierici si unirono al
lavoro comune: impasto dell'ar-
gilla, cottura dei mattini... E i
soldi ? Ogni visitatore del Semi-
nario veniva sistematicamente <◄ ca-
techizzato >> e << sfruttato ,,. Auto-
rità e Superiori, vicini e lontani,
furono tempestati di richieste. Ri-
sultato: in due anni nove casette
costruite, tutte in misura eguale:
cinque metri e mezzo per quattro
e mezzo.
Ma non ci si è fermati alla co-
struzione di muri e di tetti. Tre
ragazzi intelligenti sono stati man-
dati gratuitamente a studiare in
un collegio salesiano, e tre ragazze
ad una scuola retta dalle Suore.
Quando i cinque tornano a casa per
le vacanze, tutti li guardano con
occhi accesi di speranza: dovranno
essere i futuri capi della comunità.
L'anno scorso tutta l'India ha
celebrato il 25° anniversario della
sua indipendenza. Anche nel vil-
laggio si è innalzata la bandiera
tricolore, proprio di fronte alla
«scuola - sala - dormitorio >>. Par-
larono prima due chierici, poi un
lavoratore prese coraggio e parlò
pure lui. Disse:« Non avevamo mai
sentito parlare di una indipendenza.
Per noi l'indipendenza è comin-
ciata quando siete arrivati voi >>.
In questi mesi, il villaggio ha
voluto darsi un nome. L'ha scritto
uno scolaretto a caratteri grandi
su una tavoletta di legno: Jyoti
Nagar. I chierici hanno doman-
dato il perchf di quel nome, e
si sono sentiti rispondere: << La
vostra casa si chiama Jyoti Col-
lege, perciò noi dobbiamo chia-
marci con lo stesso nome. Voi
avete costruito le nostre case, e
siamo diventati come fratelli>>.
Jyoti vuol dire luce, e il nome com-
pleto della nostra casa salesiana
è Kristu Jyoti College. La nostra
speranza è che la luce di questo
villaggio sia Cristo.
Il gruppo che lavora a Jyoti
Nagar non considera terminata
la sua missione. Deve ancora co-
struire tre casette, che costeranno
all'incirca 180.00 lire l'una. E deve
comprare il terreno per iniziare la
costruzione di altre venti casette
per altre venti famiglie: costerà
800.000 lire circa. Vuole pure do-
nare ai bambini un'acqua da bere
diversa da quella che viene attinta
nella fossa. Bisogna scavare un
pozzo, che costerà suppergiù mezzo
milione di lire.
La buona volontà c'è. Il denaro
arriverà. L'ha garantito Don Bo-
sco: <t Lavorate per la gioventù po-
vera e abbandonata, e la Provvi-
denza non vi abbandonerà mai>>.
ZACCARIA NEDUMATTATHIL L. DI FIORE 9

1.10 Page 10

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un sindac
Fra le tante aorprese
che riserva la « Città
dei ragazzi Don Bosco»
di Corumbà, c'è anche
questo straordinario
sindaco in erba - Co-
rumbà, nell'estremo
lembo del Brasile quasi
sul confine con la Bo-
livia, ha 50.000 abitanti
di cui 15.000 sono
molto poveri .. Tra loro
il salesiano padre Er-
nesto Saksida ha fon-
dato nel 1961 la sua
«Città», che raccoglie
2150 ragazzi - Ayrton
Pereira, 17 anni, uno di
loro e loro sindaco,
cosi ci ha raccontato
la sua incredibile storia.
DOMANDA Ayrton, raccontami di
te, della tua infanzia a Corumbà,
dei tuoi genitori.
AYRTON Io ho i genitori, ma non
li conosco. Quando ero piccolo mia
madre era molto povera, e mi
affidò a una signora non più tanto
giovane che abitava in una cata-
pecchia scalcinata, esposta al vento,
1o alla pioggia e agli animali. Ero
sovente malato. Per fortuna que-
sta signora, alla quale mi sento
molto affezionato, ebbe cura di me.
Ricordo che viveva con un uomo
che era sempre ubriaco. Durante
la sua ubriachezza andava su tutte
le furie, mi cacciava di casa e mi
diceva di andare a cercare i miei
genitori. Che ne sapevo io, do-
v'erano?
Poi cominciai ad andare a scuola,
e la scuola era per me occasione
di uscire un poco, di giocare con
i compagni, anche se sovente mi
picchiavano. Una volta avevo preso
la matita di un compagno, e lui
mi centrò con un pugno sul naso.
Versando lacrime e sangue corsi
a casa, e U mi presi ancora un
sacco di botte da colui che doveva
farmi da padre.
A otto anni accadde un fatto
che mi fece salire il cuÒre in gola:
arrivò la mia vera mamma, verso
la quale però non provai nessun
affetto. Le due donne parlarono
a lungo, poi decisero che l'indo-
mani sarei andato a passeggio in
città con la mamma vera. Ma il
passeggio era un inganno, essa mi
portò fuori città, in un posto lon-
tano lungo il fiume, e dovetti restare
con lei più giorni. Poi intervenne
un giudice, e io fui restituito alla
signora che si prendeva cura di me.
A nove anni caddi di nuovo
malato, e per la prima volta vidi
un medico. Era un brav'uomo, e
gli feci pena. Mi parlava con dol-
cezza, mi affezionai a lui, capii
per la prima volta che cosa fosse
«affetto 1>. Ricordo ancora i suoi
consigli. Mi diceva: «Fatti forza
e sii buono. Forse un giorno sa-
rai medico anche tu, e potrai pren-
derti cura degli altri>►• Da quel
giorno ho sentito un vero bisogno
di espandermi, di darmi agli altri.
E faccio quel che posso per aiu-
tarli.
I ragazzi delle baracche
DOMANDA Gli altri, chi? Parlami
dei tuoi compagni, dei ragazzi e
della gente che vive neUe baracche
di Cornmbà.
AYRTON È una realtà cruda quella
in cui vivono i miei compagni.
Vengono corrotti fin dai primi
anni, diventano presto ladri, pic-
coli delinquenti, avventurieri. Ho
conosciuto un ragazzo che dopo
diverse rapine e qualche omicidio
fu abbattuto mentre fuggiva e morì
in un lago di sangue. Un suo
fratello, che fino allora si era com-
portato bene, spinto dagli amici
decise di vendicarlo: uccise pa-
recchie persone, e finl con la te-
sta fracassata: un compagno lo
colpì alle spalle dopo un litigio.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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E quel compagno non era al suo
primo delitto.
Vicino alla nostra baracca una
sera sentii delle urla spaventose:
un uomo veniva trucidato a colpi
di bastone e di sgabello dai suoi
due figli. Era tornato ubriaco come
al solito, e come al solito sj era
messo a picchiare sua moglie. I
figli, esasperati, quella sera lo mas-
sacrarono.
Ricordo che un giorno un gruppo
di ragazzi giocava al calcio in un
campo improvvisato. Scoppiò un
litigio, e un ragazzo pagò con la
vita. Perché nessuno riconoscesse il
cadavere, lo portarono lontano egli
bruciarono la testa con la benzina.
Ricordo un altro ragazzo ladro,
inseguito dalla polizia. Mentre egli
si nascondeva nella palude, i suoi
amici andarono a distruggere l'auto
della polizia rimasta incustodita.
Ho visto il dramma di tante
unioni provvisorie, che nascono
dopo un primo incontro casuale,
~ ~i ~ciolgono yuando l'uomo se
ne va abbandonando nella baracca
la donna con tutti i figli.
Ma talora a scappare è la donna.
Ricordo una bambina di dodici
anni, con trecuci fratelli, che cadde
malata e gridò di dolore per tre
giorni. Si sentivano le sue grida
strazianti in tutte le baracche, e
quella povera gente non poteva
fare nulla per lei, finché morì.
I suoi genitori non avevano un
lenzuolo né una cassa per seppel-
lirla. Alcune buone maestre di
notte, durante la veglia, le cuci-
rono un vestitino. Sette giorni dopo
era Natale, e a }\\/fessa vedemmo
alcuni suoi fratelli ma la mam-
ma no. Era fuggita tirandosi die-
tro i due figli p grandicelli, e
lasciando gli altri nella baracca
con il padre.
Quanta miseria e quante brut-
ture ho visto accadere accanto a
me, tra le famiglie, tra i compagni
miei!
Come divenni sindaco
noMAi~OA E come hai conosciuto
la « Città dei ragazzi i> di padre
Ernesto?
AYRTON e avevo sentito par-
lare, e ho voluto andarla a vedere.
Avevo undici anni, e ricordavo
sempre le parole del mio medico:
<< Fatti forza, sii buono con tutti>>.
Pensavo che Il mi sarebbe stato
possibile.
Padre Ernesto mi invitò a far
parte degli e scout». Ci diceva che
gli scout si impegnano a diventare
migliori, per rendersi utili alla loro
famiglia, ai compagni, a tutti i
bambini poveri. Io presi la cosa
molto sul scrio, e dopo tre mesi
ero capo gruppo.
A poco a poco dimenticavo le
brutte cose di casa mia, e dedi-
cavo sempre più il mio tempo,
la mia interngenza, le m ie forze
alla «Città dei ragazzi». Ora sono
ancora lì. Ricevo da padre Erne-
sto quanto mi occorre per stu-
diare, per vestirmi, per vivere.
Ma non è per questo che ci sto.
È perché posso lavorare per i
miei compagni, aiutarli a capire
quello che ho capito io, fare in
modo che tutti insieme rendiamo
migliore quel mondo cosi cattivo
in cui siamo nati.
DOMANDA Com'è che sei diven-
tato << Sindaco »?
AYRTON È andata cosi: una do-
menica 1600 miei compagni, dalla
seconda elementare in su, vota-
rono, e... la maggior parte dei
loro voti furono per me.
Eravamo divisi in tre partiti,
liberamente organizzati da volon-
tari, che per due mesi lavorarono
a scegliere i candidati da proporre
per le mansioni di responsabilità
della nostra «Città».
In quei due mesi si condusse
un'attivissima propaganda, con
bandiere, simboli, manifesti, pro-
grammi, attività ricreative, cultu-
rali e religiose; ogni partito ebbe
modo di mettere in evidenza i suoi
uomini e le loro capacità. Oltre
al sindaco vennero eletti anche tre
vicesindaci e diciotto consiglieri.
La domeruca, dopo le elezioni,
venni insediato, e fu per me qual-
cosa di impensabile. C'erano tutte
le autorità cittadine e militari, vo-
glio dire quelle vere. Il nostro
Vescovo mi consegnò il diploma
di Sindaco, mentre la banda del-
l'Esercito suonava. Era presente
pure quella signora a cui voglio
tanto bene, e piangeva nel ve-
dere che si faceva festa a quel
bambino malaticcio che un tempo
lei aveva raccolto per misericordia.
Quando mi dissero che dovevo
parlare, mi accorsi che ripetevo
davanti a quella moltitudine di
compagni press'a poco le stesse
parole che ci ripete sempre padre
Ernesto: parole di bontà, di in-
coraggiamento, di amicizia, di vera
famiglia tra noi ragazzi e bambini.
Nei giorni seguenti, accompa-
gnato dai rispettivi vice-sindaci,
passai in tutte le aule, e con l'au-
torità che mi compete feci fare
in ciascuna la scelta per votazione
del capo classe e del suo vice.
La gioia che ho provato non ha
fatto altro che aumentare il mio
impegno: lavorare per gli altri.
I clubs delle mamme povere
DOMANDA Com'è fatta la Città di
cui sei il Si11daco?
AYRTO~ È abitata da 2150 ra-
gazzi e ragazze provenienti dai
rioni più poveri di Corumbà. Essi
vi possono rimanere a studiare per
otto anni.
All'inizio, per due anni e mer.lzo,
la Città rimase confinata in una
baracca di legno. Poi si è trasfe-
rita nei locali nuovi che a poco a
poco padre Ernesto, aiutato da
volontari italiani e da altre brave
persone, è riuscito a costruire. Ora
nella (( Città dei ragazzi >> ci sono
tante cose: oltre alle scuole, ci
sono gli scout e altri gruppi gio-
varuli chiamati ba11deira11tes, pa-
trulheros, piccoli suonatori. Ci sono
i 4 Gruppi di lavoro i>: un centi-
naio di lustrascarpe, una trentina
di venditori di giornali, ottanta
venditori ambulanti, le bambine
«impiegate domestiche i>, un'agen-
zia di collocamento pe.r minorenni. 11

2.2 Page 12

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Ci sono anche dieci «clubs delle
mamme po"\\sere »: esse vengono
una volta alla settimana e ricevono
nozioni di igiene, di educazione
dei figli, di cucito e cucina.
A tutte queste persone, come
pure alle loro famiglie, viene p re-
stata assistenza medica gratuita, e
soccorso nei casi più urgenti. Ma
i poveri sono tanti di più a Co-
rumbà, calcoliamo che siano 15.000.
Per questo padre Ernesto vuole
che i bambini e i giovani che cre-
scono nella sua Città si preparino
per essere il lievito, l'esempio, lo
stimolo in mezzo agli altri poveri.
Padre Ernesto vuole che la nostra
Città diventi sempre più una ban-
diera per tutti quelli che hanno
bisogno di pace e vogliono essere
uomini di buona volontà.
DOMANDA Padre Ertzesto di qua,
padre Ernesto di là... Clie cos'è per
te questo padre Ernesto?
AYRTON È un uomo pieno di
bontà e di coraggio, sereno e si-
curo. Un uomo che ci capisce,
che conosce e prevede ogni cosa.
È lui che ci infonde la speranza,
che ci parla di progetti nuovi,
delle cose che realizzeremo.
È sempre circondato da mi-
gliaia di bambini, giovani, fami-
Nella paglno precedente: P•dr• Emesto Il
glov•nlsslmo Ayrton Perelre. Qui sotto: Un
gruppo di ragazzi di Corumbà guidato da
Ayrto n e da P. Ernes1o verso I• u Cl~d•
Dom Bosco».
glie. È un uomo che ride poco,
che deve farsi forza per sorridere,
perché vede troppa miseria, troppe
cosa da fare. Ha sempre un at-
teggiamento preoccupato, un po'
ansioso, come un.o che vuol bene
a tutti e si preoccupa di tutto. E
noi siamo in troppi per uno solo.
Non ho mai visto padre Ernesto
piangere, ma tante volte l'ho visto
trangugiare, tossire per nascon-
dere la commozione.
Noi siamo orgogliosi di lui,
perché vediamo che tutti lo sti-
mano, lo rispettano, lo ricono-
scono come vera guida dei poveri.
Tante mamme vengono da lui
a raccontargli le loro tristi storie, a
chiedergli che venga incontro alla
loro disperazione. Se ci sono vec-
chi, malati, piccoli, passa sorri-
dendo, carezza tutti, ma si ferma
appena un attimo perché ha sempre
tanto da fare. Ma davanti a certi
casi troppo gravi, l'ho visto di-
menticare tutto il resto e occupar-
sene come se non esistesse altro.
Appena può sta con noi, ci
parla, ci tiene sereni. Con lui
sentiamo che non ci manca nulla,
anche se siamo tanto poveri.
Ogni tanto si assenta e fa lunghi
viaggi. Prima di partire ci spiega
i problemi e le necessità della
nostra Città che vuole risolvere,
ci dice il suo dispiacere per do-
verci lasciare. Quando torna, è
stanco ma soddisfatto, e ci parla
delle persone caritatevoli che ha
incontrato, delle madrine che da
lontano prenderanno cura di qual-
cuno di noi, di ciò che si potrà
realizzare con gli aiuti che ha
raccolto. E ci fa pregare per tutti
questi nuovi amici che abbiamo in
parti sconosciute del mondo.
DOMANDA Qual è, Ayrton, la cosa
più importante che s'impara stando
con padre Ernesto?
AYRTON Impariamo a occuparci
degli altri, da buoni fratelli. E ci
riempie di gioia il vedere che è
cosl anche per gli adulti che ar-
rivano qui. Tante mamme arri-
vano piangendo, con la speranza di
trovare qualcosa, e trovano devvero
conforto e aiuto. Le aiuta anche
- ne sono sicuro - il vedere
che noi siamo pieni di gioia, il
sentire le nostre canzoni allegre, il
constatare la nostra amicizia fra-
terna. Allora, quella gente povera
torna a casa meno povera, con
una speranza, anche se i figli con-
tinueranno, purtroppo, ad avere
fame e a dormire per terra.
ENZO BIANCO
Qualche lettore forse 'Vorrà scri-
vere a questo sindaco in erba. &co
il suo indirizzo:
AYRTON PEREJRA, <i Città dei Ra-
gazzi Don Bosco », 79300 CoRUMBÀ
(Mato Grosso) - BRASlL
12

2.3 Page 13

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13 febbraio del 1860: Don Bosco si
stava spostando a piedi dal centro della
città di Torino verso la sua casa di
Valdocco. Lungo la strada incrociò un
gruppo di ragazzoni dai 16 ai 18 anni:
sghignauavano. Don Bosco puntò de-
cisamente su di loro. Gli agganci del
colloquio furono duri; Don Bosco si
sentiva gelare dalla loro aggressività e
strafottenza.
- Volete venire a casa mia?
- A far che 7
- Vi potrei ospitare... potreste trovarvi
un qualche lavoro.
Si guardarono ammiccando. Che strano
prete era quello. Poi, accettarono e lo
seguirono all'Oratorio.
Don Bosco .si prodigò subito a sfa-
marli, poi li immise nel mazzo degli
altri suoi ragaui. I ragauoni erano an-
cora allo stato brado. Quando andarono
in dormitorio si abbandonarono all'in-
disciplina. L'indomani alcuni preferi-
rono tornare a vivere sulla strada; gli
altri accettarono di imparare un mestiere.
Uno però si dimostrava particolarmente
refrattario a Don Bosco e allergico alla
disciplina. Don Bosco gli mise alle co-
stole un coetaneo, chierico salesiano,
perché ne avesse cura. Un giorno il
chierico sorprese quel giovane in un
momento di depressione psichica o
meglio (disse poi quel ragazzo) di
conversione: (( Ho l'anima straziata. Non
so quello che mi succede... Non ce la
faccio più a vivere cosi bestialmente...
Voglio tirarmi fuori da questo fango»,
gli ripeteva con accentc , >a~ ·- ,e-
vo le. Il chierico, dietro s1.~ ,!
Don Bosco, lo guidò a conles.;u.
Don Bosco la confessione era il "~ -
cramento della gioia. Quel ragauo ne faccia sentire la sua voce dagli strati
usci con l"anima abbagliata di luce e di più profondi del suo i'ntimo: il peccato.
felicità. (< Sono felicissimo>> disse con Il peccato lo attira perché, rileva San
un grido di sorpresa. Conf idò a Don Paolo, «paga subito)>.
Bosco che a dargli l'ultima spinta era Questo spiega la vibratile sensibilità
stata una visione interiore: mentre i che il ragazzo prova di fronte al demo-
suoi compagni cantavano: «Sia bene- niaco. Esperimenta sul vivo il dislivello
detta la santa e immacolata Concezione tra «quello che è» e <( quello che vor-
della beatissima Vergine Maria, Madre rebbe essere>).
di Dio», aveva visto l' immagine della
Madonna animarsi e tendergli dolce-
mente le mani in segno di invito. In
quel momento finiva il suo incubo di
adolescente.
« Sono a pezzi - scrive un ragauo
di 16 anni; - una parte di me mi
trascina in basso verso meschini
piaceri, l'altra parte vuol dimostrare
di essere qualcosa. Presto non sarò
più in grado di padroneggiare il mio
L'adolescente prova talvolta paura
di fronte al carattere ignoto dei
suoi pensieri e sentimenti inte-
riori. Si sente preda impotente di questi
caos interiore e sarò ridotto a un am-
masso di macerie. Tutto mi fa schifo.
Vorrei passare tutto i l giorno al ci-
nema... ».
misteriosi e sconosciuti ospiti dell'anima.
Una lettera pubblicata il 27 no-
Non può fare a meno di esaltarsi fino vembre 1967 su una rivista internazio-
allo zenit e subito dopo non può fare nale di altissima tiratura mette a fuoco
a meno di provare un profondo avvili-
mehto e di sentirsi complessato. Che
cosa gli succede 7 Certe eccitazioni lo
colgono a tradimento; certe torbide
brame lo tormentano cosi a lungo che
egli è costretto a capitolare. I pensieri
più impensati gli sfrecciano per la testa;
iI problema: <( Se assisto a una farsa
- scrive un giovane, - posso ridere;
se si tratta di una tragedia, posso pian-
gere; se è qualcosa che mi rende fu-
. rioso, posso gridare... ma se assisto a
uno spettacolo che esercita su di me
uno stimolo torbido e demoniaco, che
certe volte è capace di restare per ore cosa posso fare?>) San Paolo nella
intere chino su qualche testo scolastico Lettera ai Romani ha registrato il grido
mentre il suo cervello è in piena effer- di tante anime giovanili: « Chi mi libe-
vescenza.
rerà da questo corpo di morte 7 ».
L'adolescente soffre in maniera
acuta di un dissidio· interiore:
l'istinto si contrappone allo spirito;
nell'area stessa della sua anima si sente
lacerato tra odio e amore. Ha sempre
La risposta è trionfale: « Uno solo ci
può liberare e darci la gioia: il Cristo».
Ecco perché Don Bosco faceva in-
contrare ogni ragazzo con Gesù: solo
cosi riusciva a renderlo felice.
l'impressione che un essere sconosciuto
CARLO DE AMBROGIO 13

2.4 Page 14

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doVe
...
Dove la terra è stata
arata dai Phantom e dai
Mirage. in una griglia
intricata di 6 nazioni e
di 15 opere, 219 sale-
siani lavorano per la
pace e l'avvenire di
migliaia di giovani dal
volto bruno. Intervista
con Don Luigi Fiora,
Consigliere Generale
per la regione del Me-
dio Oriente.
N el pomeriggio di sabato 6 ot-
tobre, le sirene squarciarono
il ~ilcnzio delle città d'Israele rac-
colte nella tranquilla solennità del
Kippur, il grande digiuno. La
quarta guerra arabo-israeliana era
scoppiata violenta e improvvisa.
Le sagome dei carri armati emer-
gevano dal deserto, i sibili lace-
ranti dei caccia-bombardieri pas-
savano radenti sulle dune gialle, i
razzi tracciavano bianche scie nel
cielo con rumore di seta stracciata.
I bruni soldati d'Israele si trova-
rono ancora faccia a faccia con i
bruni soldati egiziani e siriani in
14 furibondi assalti.
E il mondo s'accorse ancora una
volta, aprendo i giornali o girando
la manopola della TV, che esi-
steva una zona drammatica, scon-
volta da mille problerni, chiamata
Medio Oriente.
Ma con la tragica banalità dei
mediocri, folle di gente seguirono
la guerra dei 16 giorni come un'in-
certissima Juve-Milan. Si parlava
di Phantom e di Mirdge, di Sam
e di Centurion, t: si domandava:
«Lei, per chi tiene ?». Quando
risposi: «Tengo per i bambini
che stanno morendo sotto le bombe
dell'una e dell'altra parte>>, mi
guardarono come uno che vuol
sempre fare le cose difficili.
La preoccupazione gravissima
arrivò dopo. Milioni di persone
si domandarono spaurite se sarebbe
calato il livello del gasolio nella
caldaia dei termosifoni sottocasa,
se avrebbero dovuto chiudere per
sempre nel garage la macchina
delle gite domenicali. Le città
devastate: Le famiglie di pro-
fughi ? I ragazzi abbandonati ? Che
noia. Ma non era finito tutto in
Medio Oriente?
Fortunatamente c'è gente di-
versa. C'è gente che prima e dopo
la guerra, prima e dopo i Phan-
tom e la crisi del petrolio, lavora
in silenzio per il Medio Oriente:
nelle scuole dove i ragazzi dalla
faccia bruna si preparano ad un do-
mani di benessere e di pace; nelle
officine dove i giovani imparano
un mestiere per ricostruire ciò che
la guerra ha distrutto; nei cortili e
nelle chiese, dove si edifica giorno
dopo giorno l'amicizia e la serenità
sotto lo sguardo di Di.o.
Una griglia intricata:
sei nazioni, quindici opere
Tra queste persone « di buona
volontà>> ci sono i figli di Don
Bosco, 219 salesiani sparsi in una
griglia intricata di sei nazioni e di
quindici opere.
Ho incontrato il Consigliere re-
gionale per il Medio Oriente, don
Luigi Fiora. Gli ho chiesto di
tracciare per i lettori del Bollet-
tino una panoramica dell'attività
salesiana tra i giovani di quelle
nazioni. Si è seduto davanti al ma-
gnetofono ed ha preso a raccon-
tare, tutto d'un fiato:
«llo finito in questi giorni il
mio primo viaggio attra'Verso sci
nazioni del Medio Oriente. Situa-
zioni diversissime. E perciò diver-
sissima posizione dei Salesiani da
zona a zona.

2.5 Page 15

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Ho cominciato il mio viaggio
dall'Egitto. Fino a non molti anni
fa, qui i Salesiani si dedicavano
quasi esclusivamente alla cura degli
emigrati italiani e dei loro figli.
Avevamo scuole italiane, si inse-
gnava in italiano, le scuole erano
riconosciute dal governo italiano.
Solo al Cairo, se non sbaglio,
c'erano 60.000 italiani. Oggi gli
emigrati sono quasi tutti rimpa-
triati. Al Cairo ne rimangono 2000
circa. Stessa situazione ad Ales-
sandria. È chiaro che questo ha
portato un capovolgimento nelle
nostre opere. Capovolgimento che
giudico positivo. I Salesiani si sono
immersi totalmente nell'ambiente
locale, lavorano per i giovani egi-
ziani. La nostra azione, tutta a
favore di giovani appartenenti al
<< Terzo Mondo>>, ha imboccato un
cammino strettamente salesiano.
Al Cairo e ad Alessandria ab-
biamo due scuole professionali,
per ragazzi musulmani e cristiani.
Al Cairo la scuola sorge in peri-
feria, dove la gente è povera,
umile, e l'ambiente è ancora ti-
picamente orientale (a differenza
del centro della città ormai occi-
dentalizzato). Ad Alessandria i sa-
lesiani sono presenti in q11ello che
una volta veniva chiamato "il quar-
tiere degli italiani". Ora è dive-
nuto uno dei quartieri più popo-
lari. Come in ogni quartiere abitato
dalla povera gente, la miseria fa
esplodere violenza e rapine. La no-
stra azione è veramente al servizio
di gioventù povera e bisognosa.
rompo - non crea delle difficoltà
religiose?
«Nessuna difficoltà. In Egitto
esiste la proibizione di fare prose-
litismo presso i musulmani. C'è
pure l'obbligo di avere all'interno
della scuola un locale adibito a
moschea, affinché ogni ragazzo mu-
sulmano che lo desideri, possa re-
carvisi a pregare. I Salesiani ob-
bediscono a queste prescrizioni, e
posso dire che i ragazzi musulmani
sono aperti, spontanei, riconoscenti
verso i loro educatori come lo
sono i cristiani.
Un attrito potrebbe sussistere
tra cristiani ortodossi e cristiani
cattolici. Ma le difficoltà teolo-
giche, fortunatamente, sono lon-
tanissime dalla mente dei ragazzi.
Vanno in chiesa insieme, pregano
insieme, frequentano la Confes-
sione e la Comunione insieme.
Non sentono per nulla di essere
"diversi". Predicando e facendo
catechismo, i Salesiani cercano di
non sottolineare i punti, chiamia-
moli così, di attrito. E i sacerdoti
ortodossi non sono scontenti che
i loro ragazzi vengano a scuola
da noi. L'Ecumenismo è in piena
attuazione pratica.
I piccoli musulmani conoscono
la loro religione, e qualche volta
A sinistra: un bambino tra le case abbandonate
di Suez. Qui sotto: una famiglie di beduini
giordani. Da queste famiglie, che abitano
sotto le tende, stanno spuntando le prime
voca:r:ioni salesiane&
danno delle autentiche lezioni ai
ragazzi cristiani. Quando entrai in
un'aula frequentata dagli uni e
dagli altri, chiesi a un piccolo mu-
sulmano di recitarmi qualche frase
del Corano, il loro libro sacro. At-
taccò a memoria, con sicurezza e ri-
spetto. Subito altri si offersero a
continuare, sempre a memoria.
Conoscevano lunghissimi brani im-
parati in famiglia. Domandai quin-
di se qualche piccolo cristiano sa-
peva recitarmi a memoria un brano
di Vangelo. Rimasero zitti e im-
pacciati. L'unica pagina che cono-
scevano era il "Padre Nostro".
Libano: una nazione senza
vistose tracce di povertà
Dall'Egitto sono passato in Li-
bano.
La principale opera salesiana,
in questa nazione, si apre nella
capitale, Beirut. Un'opera triplice.
C'è innanzitutto una scuola me-
dia e un liceo frequentato dai figli
degli italiani che lavorano in Li-
bano e nei Paesi del Medio O-
riente: gli impiegati delle Compa-
gnie aeree e quelli degli Enti pe-
troliferi, gli ingegneri delle grandi
imprese che costruiscono dighe, e
medici che lavorano negli ospedali
finanziati dall'Italia.
Poi c'è la scuola americana. Nel
Libano, per la posizione strate-
gica che occupa questa nazione
posta tra Oriente e Occidente, ci
Una moschea
nella casa di Don Bosco
I ragazzi che vengono a scuola
da noi devono affrontare una si-
tuazione difficile. Essendo le no-
stre scuole riconosciute dal gover-
no italiano (per un accordo cul-
turale con il governo locale) gli
alunni devono imparare la lingua
italiana e dare gli esami in italiano.
Ma sono talmente apprezzate le
due scuole, che le domande supe-
rano sempre le possibilità di accet-
tazione.
Accanto alle scuole sorgono due
oratori. I ragazzi che li affollano
non sono poveri, ma poverissimi >>.
- La presenza contemporanea
di cattolici e musulmani - inter-
15

2.6 Page 16

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sono numerosi cittadini ameri-
cani. Esiste una splendida e dota-
tissima "Scuola americana con U-
niversità" finanziata dal governo
degli Stati Uniti. Ma i cattolici
americani non vogliono mandare
i propri figli a una scuola laica,
e ci hanno richiesto con insistenza
una scuola per loro. Attualmente
è frequentata da 300 allievi, ma
le domande sono in continuo cre-
scendo, e ci domandiamo preoccu-
pati dove potremo sistemare i ra-
gazzi che continuano a bussare alla
nostra porta.
Era evidente che, lavorando in
Libano, i Salesiani non potessero
limitarsi a prestare i loro servizi a
italiani e americani. Occorreva
un'azione in favore della popo-
lazione locale. Ed ecco l'apertura
della terza scuola per ragazzi li-
banesi, che ha già 400 alunni. Ab-
biamo volu to per la nostra opera
un carattere popolare. Non è una
scuola per poveri, poiché il Li-
bano non è una nazione con vi-
stose tracce di povertà. Ma pre-
stiamo servizio alla gente modesta.
I nostri alunni sono figli di bot-
tegai, di camerieri, di piccoli ne-
gozianti.
Un'opera triplice, quindi, che
mi pare avviata ad un promet-
tente avvenire. Nello spirito di
Don Bosco si trovano cordialmente
uniti senza alcuna riserva, ragazzi
di circa 20 nazionalità e quasi al-
trettante confessioni religiose.
Turchia: un'opera ingessata
Dal Libano alla T urchia, sulla
carta geografica, il passaggio è
brevissimo. Nella realtà esiste una
distanza quasi astronomica. In
Turchia vige ancora il vecchio
trattato di Losanna per cui tutte
le opere religiose rette da stra-
nieri devono rimanere rinchiuse
rigidamente nei loro antichi con-
fini. Nessuno straniero può in-
segnare nelle scuole turche. Le
parrocchie possono essere asse-
gnate solo a cittadini turchi. I
nostri coadiutori non possono en-
trare in territorio turco poiché i
"piccoli mestieri" sono vietati agli
stranieri. Per entrare stabilmente
nello Stato occorre possedere una
ben precisa posizione culturale,
16 che rientri nelle liste delle "qua-
lificazioni desiderate" dalle auto-
rità locali, come ormai è norma
presso molte nazioni del "Terzo
Mondo". Inoltre è vietata ogni
propaganda religiosa. In pratica,
nessun salesiano vi può entrare.
L'opera nostra è quindi, possiamo
dire così, "ingessata". Si riduce
a un piccolo pensionato che ab-
biamo aperto fin dal 1903 a Istan-
bul e ad alcune classi elemen-
tari. Assistiamo una cinquantina di
ragazzi, in maggior parte musul-
mani, ma molto affezionati ai sei
salesiani che sono al loro servizio.
Altra realtà viva che ho trovato
ad Istanbtù: quella degli Exallievi
della nostra scuola. In poche altre
località ho trovato una unione cosi
fraterna con i Salesiani. La Casa
di Don Bosco è veramente la casa
di tutti loro, la famiglia spirituale
è unica.
Sopra un mare di petrolio
i "cappellani volanti"
Dall'oblò dell'aereo hn visto per
la prima volta l'immenso Iran.
Un milione e seicentomila chilo-
metri quadrati. Cinque volte l'I-
talia. Montagne, deserti, valli flo-
ridissime, città che stanno esplo-
dendo in forme architettoniche
modernissime illuminate con co-
reografica fantasia orientale, dighe
e strade in costruzione ovunque.
Una nazione giovane come uno
sterminato cantiere. E sotto quella
terra bruciata dal sole, le turgide
vene di petrolio da cui dipende
oggi più che mai la vita delle
nostre città occidentali.
La presenza salesiana, qui, è
numericamente esigua, ma rappre-
senta un frammento di lievito,
un granellino di senapa in un
campo formidabile, quasi senza
confini. Siamo stati chiamati a
Teheran, la capitale che conta
2 milioni e 700.000 abitanti, ad
assumere la parrocchia italiana,
eretta nel territorio dell'ambasciata
italiana. Prestiamo assistenza re-
ligiosa agli italiani che abitano
nella grande città, ed anche ai
cattolici di altre nazioni.
Poi, trapiantandosi di qua e di
là come Don Bosco nella zona di
Valdocco, i nostri confratelli hanno
aperto una scuola per i ragazzi
poveri. E alla fine, con un atto
di coraggio straordinario, hanno
iniziato la costruzione di un grande
istituto. È architettonicamente bel-
lo, degno di una città come Te-
heran, ed i pochissimi salesiani
hanno attorno a sè una massa im-
ponente di ragazzi dal più aperto
sorriso orientale. Lo frequentano
un centinaio di cristiani e ben
1200 musulmani. Lo Scià, le au-
torità scolastiche e la popolazione
hanno una grande stima di que-
sta nostra scuola, e riconoscono
il bene che facciamo alla gente
del luogo. Le domande di accet-
tazione vengono presentate con
un anno di anticipo, poiché sono
una vera folla i ragazzi che vorreb-
bero entrare. Mi sono mescolato,
sia pure per breve tempo, in

2.7 Page 17

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mezzo a loro. Purtroppo il no-
stro dialogo è stato solo a base
di sorrisi, poiché il persiano è una
lingua difficile e assai lontana dai
nostri schemi. Ma li ho trovati
aperti, cordiali, con un grande
desiderio di comunicare.
La seconda località persiana dove
sono presenti i Salesiani è Aba-
dan, la città che sorge sul Golfo
Persico, uno dei punti nevralgici
della "zona del petrolio". Tre sa-
lesiani operano come "cappellani
volanti" in una zona grande due
volte l'Italia. Qui le compagnie ita-
liane, francesi, inglesi, americane
lavorano febbrilmente alla perfora-
zione dei pozzi petroliferi. Qui in-
prese internazionali innalzano di-
ghe e tracciano nastri di strade
asfaltate. Balzando da un aereo
all'altro, i tre salesiani passano
fino a 25 giorni al mese nei campi
petroliferi e nei cantieri ad assi-
stere cristianamente i gruppi di
lavoro italiani ed europei.
Israele: cantieri di pace
tra frontiere di guerra
I controlli severissimi e minu-
ziosi a cui dovetti assoggettarmi
prima di salire la scaletta di un
aereo El Al mi avvertirono bru-
scamente che stavo entrando in
una delle zone "più calde" del
Medio Oriente; Israele. Ma io
non andavo a vedere le frontiere
della guerra, ma i cantieri della
pace.
Cominciai da Nazareth, la cit-
tadina dove Gesù esercitò l'umile
arte del carpentiere. Qui abbiamo
una scuola professionale che come
attrezzatura può stare alla pari
con le migliori scuole europee. Ed
è affollata di ragazzi poveri. Ciò
che manca sono gli educatori, i
maestri d'arte. Un ex allievo sa-
lesiano francese ha passato laggiù
quattro anni di servizio volonta-
rio, svolgendo una missione pre-
ziosissima. Purtroppo i quattro
anni sono finiti, e in questi giorni
è tornato in Francia, lasciando
un vuoto difficilmente colmabile.
Anche i Salesiani sono pochi. Con
le rette modestissime dei ragazzi
non si può ingaggiare personale
esterno qualificato. Occorrono ex
allievi, cooperatori, volontari di-
sposti a recarsi laggiù, a spen-
dere qualche anno della loro vita
per i poveri. Altrimenti l'opera di
Nazareth avrà vita molto dura.
A sinistra: il cc Don Bosco College» d i Teheran, frequentato da un centinalo di ragani cristiani
da 1200 musulmani. I salesiani sono pochissimi. Sotto: Un grappolo di ragani persiani
in un cortile s·alesiano.
Beitgemal. Una delle opere più
belle del Medio Oriente salesiano.
Ci sono soltanto una cinquantina
di ragazzi, orfani o con famiglia
in particolare situazione di di-
sagio. Eppure si respira un'aria
di famiglia, frizzante di gioia, di
esuberanza. Si sente ancora la
presenza di un confratello santo,
Simone Srugi. Nei poveri villaggi
che circondano Beitgemal non c'era
farmacia, non c'era mulino nè for-
no. Lui fu l'infermiere dei poveri
e il mugnaio di tutte le famiglie.
Ora quei villaggi sono stati schian-
tati dalla guerra, i superstiti sono
emigrati. La nostra opera rimane
isolata in una vasta zona di ter-
reno sassoso, da cui i confratelli
traggono con fatica il sostenta-
mento degli orfani.
Betlemme: la speranza
racchiusa in un
nucleo di ragazzi
A Betlemme, il paese natale di
Gesù, ho concluso il mio viaggio.
Qui, in una grotta, 2000 anni fa,
era racchiusa la speranza del mon-
do. Ancora qui, oggi, in una pic-
cola scuola, è racchiusa la speranza
deJla Congregazione Salesiana in
Medio Oriente. È costituita da un
piccolo nucleo di aspiranti, che
hanno passato una dura fanciul-
lezza sotto le tende dei beduini in
Giordania. Vengono da famiglie po-
vere e numerose. Sono ragazzi di
carattere e sanno pregare. A Be-
tlemme abbiamo anche una buona
scuola professionale e un rumoroso
oratorio festivo. Ma il cuore del-
!'opera è quel nucleo di aspiranti,
attorno ai quali si raccolgono le
cure e le speranze dei Salesiani.
Perché i confratelli venuti dal-
l'Europa, si sentono incalzare ogni
giorno più dall'età e dal lavoro.
E il futuro delle nostre opere,
oltreché nelle mani di Dio, sarà
nelle mani di quei ragazzi, venuti
dalle tende, temprati da una vita
dura, che si preparano a diventare
figli di Don Bosco.
Perché le guerre passeranno, le
città si ricostruiranno, ma "i po-
veri li avremo sempre tra noi".
E i ragazzi poveri di oggi e di
domani attendono Don Bosco>>.
TERESIO BOSCO 17

2.8 Page 18

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VII
GIORNATA
MONDIALE
DELLA
PACE
Il primo gennaio del
1974 i cattolici di ogni
nazione celebrano la
settima Giornata della
Pace. 11 tema, dettato
da Paolo VI, è: « La
Pace dipende anche da
te». La Commissione
Pontificia « Iustitia et
Pax» ha preparato un
ampio documento per
illustrare il tema. Ne
diamo qui sotto un no-
stro condensato.
L a pace dipende da te, poiché di-
pende dall'uomo. Essa non deriva
18 esclusivamente dalle cose. Come la
guerra, la pace non è il risultato
(< di una pretesa fatalità storica ~
(Paolo VI), bensl dipende dalla li-
bertà dell'uomo.
La concordia tra i popoli e gli
individui esige un sistema atto a
salvaguardarla o a ristabilirla: rela-
zioni diplomatiche; patti, accordi,
trattati; relazioni economiche, sociali,
politiche; mezzi di informazione e di
educazione... Un immenso apparato
da tenere in funzione giorno e notte,
all'interno e all'esterno delle fron-
tiere nazionali. Questi << strwnenti >>
operano in difesa dell'uomo, della
sua intelligenza, della sua buona
volontà.
Ma, al tempo stesso, queste co-
struzioni si rivelano, a lungo andare,
insufficienti o, talvolta, nocive. Ri-
schiano di scivolare nella burocrazia,
nell'imrnobilismo. Oppure moltipli-
cano le costruzioni e divengono op-
pressive. Trattano le persone - so-
prattutto le meno abbienti, le più
deboli - come dei robots. Disu-
manizzate e disumanizzànti, esse ten-
dono a trasformare la città umana
in un formicaio cieco e implacabile .
È a questo punto che è importante
per l'uomo di essere, o di tornare
ad essere, padrone e non schiavo
delle proprie invenzioni e realizza-
zioni.
La pace oggi non significa soltanto
assenza di guerra, ma concordia, giu-
stizia e sviluppa. La sua sorte di-
pende, in massima parte, dagli uo-
mini che si trovano a tutti i livelli
del potere: nelle scienze politiche,
nel lavoro, nelle comunicazioni so-
ciali. << Tutti gli uomini, credenti o
non credenti, devono dedicarsi alla
giusta costruzione del mondo nel
quale vivono insieme i>, dichiara il
Concilio.
L a pace non dipende solo da te,
ma anche da te. Non basta dare un

2.9 Page 19

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IL POSTO DI CIASCUNO
Il Documento pubblicato per la VII Giornata della Pace fissa un principio
irrefutabile: « la pace dipende anche da te!».
Cosa può fare e non fare nel mondo, per la causa della pace e della guerra,
ciascuno di noi 7 Siamo di fronte a eventi che superano la nostra povera di-
mensione individuale. Certo. Eppure, quale peso può avere o non avere un
gesto, un pensiero, una parola. di un singolo uomo nel formarsi delle opinioni,
nella direzione psicologica di un popolo, nel facilitare o correggere le spinte
collettive I
Un punto del Documento può essere considerato essenziale: quello in
cui sì rivela che noj saremo apportatori di pace nella misura in cui «la pace
è in noi». Si tocca qui la radice morale, il fondamento religioso della pace.
Prima di tutto è la coscieni:.i dell'uomo, di ogni singolo uomo, che deve vol-
gersi alla pace. Se no, quale pace porteremo agli altri 7
Riconoscendo ciò, entriamo nello stesso spirito dell'Anno Santo, perché
il tema dell'Anno Santo è «Conversione e riconciliazione».
Uomini di pace, saremo apportatori di pace.
RAIMONDO MANZINI
voto anonimo, un semplice sl o no,
ma occorre dare una risposta moti-
vata, un contributo cosciente e libero,
a seconda della personalità di ognuno.
Per essere fattore di pace, occorre
possedere la pace. Vivere secondo lo
spirito. Fare regnare la pace in se
stessi: serenità, dolcezza, dominio
degli istinti, cuore liberato, senza
"alienazioni". Unità, identità e co-
stanza della persona. Sublimazione
delle aggressività. Tutto ciò orien-
tato ed ispirato dall'amore di Dio e
degli uomini, valore primo delluo-
mo pacifico •> e sua felicità. «La pace
vera è basata sull'amore~ (Paolo VI).
Occorre riconoscere, come ha fatto
il Sinodo dei Vescovi, il ruolo eser-
citato dalle strutture nel causare in-
giustizie e molteplici oppressioni.
Non è comunque legittimo conferire
al conflitto un valore superiore alle
altre soluzioni già esistenti, o ancora
da adottare, per risolvere i problemi
sociali e abolire le ingiustizie. Altri-
menti si sostituirebbe quella violenza
che era stata denunciata con un'al-
tra. Occorre ricercare tutte le solu-
zioni pacifiche.
In nessun caso, nemmeno nelle
lotte o nelle opposizioni più aspre,
si può accettare l'odio e tanto meno
invocarlo come regola. Il diritto al
dissenso non implica assolutamente
il diritto al risentimento.
Vivere in pace nella verità. Essere
autentici. Cercare ostinatamente di
far coincidere il <<dire» con il <<fare ►>.
Sperimentare personalmente i tre
elementi della pace di Cristo: pas-
sione (rinuncia al male), morte (ab-
negazione), risurrezione (nuova vita
nel Cristo), cioè gli elementi costitu-
tivi della nostra pace.
La pace degli altri uomini ha bi-
sogno di te. La pace interiore non
è un'evasione nei confronti della pace
mondiale. Al contrario: la pace del
cuore è nel cuore della pace.
Compito primordiale: promuovere
una educazione permanente alla pace,
alla giustizia e allo sviluppo. Passag-
~io da una civiltà della <• quantità»
(crescita, consumo) alla «qualità della
vita » (virtù collettive di temperanza,
di sobrietà). Ricerca delle tecniche
profane o spirituali che favoriscano
l'interiorità e la serenità individuale
e collettiva.
Soggetto della pace: sl, ma non
come isolato. La persona umana è
incarnata nella comunità. Per il cri-
stiano è ugualmente vero sia nella
società civile che nella comunità ec-
clesiale. È nella Chiesa e con essa
che l'uomo è, e deve essere, soggetto
della pace, come cellula del << corpo
di Cristo ►>, del Popolo di Dio. La
sua ispira1.ione, la sua parola e il
suo modo di agire non potrebbero
essere «anarchici ►>, ma devono es-
sere collegati alla Chiesa, anche nelle
sue contestazioni.
L'uomo pacifico deve essere... l'uo-
mo dell'impegno: nei compiti e nelle
opzioni dell'azione politica, sociale
e culturale in favore della pace. Ciò
presuppone:
il senso della provvidenza: la pace
creazione continua di Dio; l'uomo
stesso diviene «provvidenza ►> riguar-
do ai suoi soggetti e alle sue crea-
zioni;
il senso del peccato: deve essere
integrato in tutte le diagnosi e pre-
visioni dell'uomo;
il senso della grazia: da inserire
come il più alto valore.
La pace di Dio ha bisogno della
pace degli uomini.
La pace degli uomini ha bisogno
della pace di Dio.
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
NOVITA SEI
Pio Scilligo, Dinamica del gruppi.
Pag. 380. L. 4000
Dopo una breve ma esauriente pre-
messa di carattere storico, l'autore
prende in esame i centri di inte-
resse attorno a cui ruota la dinamica
dei gruppi, le loro diversificate for-
mazioni e strutture, il confronto tra
lavoro isolato e lavoro di gruppo,
le varie tecniche sociometriche.
M. Gismondi, Messico senza som-
brero. Pag. 220. L. 3000
Sfuggendo alle suggestioni turistiche,
l'autore vuole scoprire qual è il vero
Messico. Parla con la gente di ogni
condizione sociale, giornalisti e pe-
scatori, artigiani e studenti, cercando
di penetrare nella loro mentalità. Il
Messico gli appare infine come « una
nazione che vive come fosse sempre
domenica».
I. Fiore, Laurenti Il terribile. Pa-
gine 340. L. 4000 ·
Ex-corrispondente della RAI-TV a
Mosca, l'autore ha voluto scrivere
l'autentica storia di Baria, seguendone
le varie tappe che lo portarono al
vertice della gerarchia sovietica. Una
esistenza dai risvolti awenturosi e
tragici. la meticolosa inchiesta che
sta alla base del libro fa luce su
grandi retroscena della politica sovie-
tica ripercorrendone le diverse fasi.
NOVITA LDC - 10096 TO-Leumann
COLLANA << MAESTRI DELLA
FEDE» - Ciascuno L. 200
56. La pace da Giovanni XXIII
a Paolo VI del card. M. Roy.
Riflessioni in occasione del decimo
anniversario della "Pacem in terris".
57. Chiua e comunità politica.
la Chiesa spagnola rivendica la sua
autonomia.
58. Responsabilità dei laici neJla
Chiesa e nella società. l"Episco-
pato spagnolo sull'apostolato dei laici.
59. L'Anno Santo: rinnovamento
e riconciliazione, del Card. Pelle-
grino.
104. Evangelizzazione e Sacra-
m,nti, documento pastorale del-
l'episcopato italiano.
G. Dalla Nora, Hanno fotografato
il volto di Gesù. Pag. 46. L. 350
Una «lettura» piana ma esauriente
della famosa reliquia custodita a
Torino, la Sindone. Quattro parti: la
fotografia e la Sindone; la questione
dell'autenticità; Passione di Gesù se-
condo la Sindone; iconografia di
Gesù. Un inserto di 16 pag. fotogra-
fiche arricchisce il volumetto.
19

2.10 Page 20

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un
a
veste
per
b1ia1nncea
Presentiamo la vicenda
- illogica per noi ma
non per Dio - di una
ragazza risucchiata dal
soprannaturale, che si
bruciò nel realizzare la
sua contrastatissima
vocazione, e vestì da
Figlia di Maria Ausilia-
trice nel momento de-
c1s1vo della sua esi-
stenza stroncata.
Josephine (per gli runici Fifìne)
stava in piedi davanti a suo padre
e a sua madre costernati, stupe-
fatti, infuriati.
(( È uno scandalo! >>, esclamò sua
madre.
<f Uno scandalo perché voglio
farmi cattolica ? Uno scandalo per-
ché voglio essere suora ?>>.
La famiglia Laham era ortodossa,
venuta dalla Siria ad Haiti molti
anni prima. Aveva acquistato cre-
dito e ricchezze, e nel 1940 era
una delle prime casate dell'isola.
I figli studiavano a Parigi.
Ora, q uesto colpo di testa di
Fifine screditava tutto il parentado.
L a madre pensò che, dopo tutto,
Fifine aveva solo sedici anni: a-
vrebbe di.menticato presto quel
capriccio. E le organizzò intorno
una ridda di feste. Piovevano re-
gali: un cane pechinese, dei gio-
ielli, più tardi l'automobile. La
casa era sempre aperta alle amiche,
e non meno agli amici. Ma il
tempo passava, e il «colpo di te-
sta >> di Fifìne durava.
20 Un giorno nel salone della splen-
dida villa di Poi-t au Prince si
radunò tutto il consiglio di fami-
glia: genitori, zii e cugini in linea
diretta, ascendente e obliqua. La
discussione fu lunga, e alla fine
chiamarono Fifine.
«Abbiamo deciso. Poiché vuoi
proprio essere suora, lo sarai al
compiere dei trent'anni. E allora
andrai a Damasco, in un convento
ortodosso ».
Il consiglio di famiglia era una
cosa estremamente seria, Fifìne non
ard1 aprire bocca. Violetta, la so-
rella maggiore che l'aspettava in
giardino, la vide scoppiare in la-
crime e singhiozzi. E giurò a se
stessa che l'avrebbe aiutata.
Conosci le suore di D on Bosco?
Passarono mesi, anni, un'eter-
nità. Violetta, che era di parola,
un giorno disse a Fitine: «Se la
tua felicità è essere suora, perché
non vai a trovare l'arcivescovo?>>.
Era cosi logico, cosi semplice.
Fifine saltò sulla sua auto bianca e
corse all'arcivescovado. «In che
cosa posso esserti utile, figlia
mia? >>, le domandò mons. Joseph
Le Gouaze.
Fifine svuotò il sacco, poi con-
cluse: <1 È dall'età di sedici anni
che aspetto; ora ne ho venti. E
non posso più aspettare ,>.
<< Conosci qualche ordine reli-
gioso femminile?>>.
Fitine disse i nomi che sapeva.
<( Conosci le Figlie di Maria
Ausiliatrice, le suore di Don Bo-
sco ? Sono povere, vivono tra i
negri delle Saline>>.
Davvero un ambiente di pove-
racci, poco raccomandabile. «An-
drò a trovarle, eccellenza •>.
La domenica successiva, al po-
meriggio, Fifine parcheggiò la sua
auto davanti all'Istituto delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice. Il por-
tone era spalancato. Entrò in un
cortile che pareva un formicaio
in ebollizione: dappertutto ne-
gretti e negrette che giocavano e
parevano impazzi6 di gioia. In
mezzo a loro alcune ragazze grandi,
e qualche suora vestita di bianco.
« Desidera, mademoiselle? ». Una
suora le si era avvicinata, ma la
sua voce fu come sovrastata dallo
squillo di un grosso campanello:
una ragazza negra si era messa
ad agitarlo con forza, a mano
alzata. E subito il formicaio dei
negretti con uno stropiccio di
piedi nudi si organizzò in file on-
deggianti.
«Scusi >>, riprese la suora. << Ora
abbiamo il catechismo. E... ci
manca una catechista. Vuole aiu-
tarci ?>>.
Poco dopo Fifine si trovò se-
duta sopra uno sgabello, con una
ventina di negrette accoccolate in-
torno, all'ombra di un albero. In
mano le avevano messo un cate-
chismo. Lo apri.
«Chi è Dio ?», e le bambine
recitarono in coro la formula a
voce spiegata.
<< Bene, ma per voi, per ciascuna
di voi, chi è Dio ? >>.
Silenzio imbarazzato. Poi una
moretta azzardò:
«E per te, mademoiselle?>>.
i< Per me è tutto. È il tesoro
più prezioso, il divino compagno

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Sorridere sempre costava tanto
Le salesiane di Port au Prince
erano sempre al lavoro. Si sfor-
zavano di non far trasparire la
stanchezza. A volte avevano gli
occhi lividi, ma sorridevano.
Nei mesi caldissimi, i signori
(bianchi) andavano in montagna
al fresco, sul Massiccio Nero o
su quello de la I-lotte coperti di
foreste di cedri. Ma le suore di
Fifìne restavano giù con i negri,
le mosche, il sudore, la sete.
In cappella risuonavano le loro
preghiere. C'era sempre qualche
motivo per pregare: la novena di
Natale, poi quella di Don Bosco
in gennaio, poi per ottenere il
perdono dei peccati del carnevale,
della mia vita, e abita nel centro
del mio cuore... 1>.
Fifine seppe che le sei suore di
Don Bosco tenevano un educan-
dato per bambine orfane o ab-
bandonate, una scuola serale gra-
tuita, e due oratori. Chiese di poter
tornare ad aiutarle. Naturalmente!
Tornava ogni domenica, si ren-
deva utile, diventava amica di
quelle donne semplici e laboriose,
si sentiva sempre più in famjglia.
Intanto a casa sua c'era sempre
tanta gente: i fratelli, gli amici
dei fratelli, le sorelle degli amici.
Feste, gruppi fotografici, allegria.
Tra gli altri, un giovane universi-
tario, un bravo ragazzo molto se-
rio, era sempre li tra i piedi, e
la divorava con gli occhi. Il pa-
rue e la madre lo trattavano bene,
si direbbe che contassero su di
lui, che lo considerassero il fidan-
zato ideale di Fitine. Ma Fifìne
era ermetica, non sgarbata ma inac-
cessibile. Se si fosse potuto fare
una fotografia con loro due in-
sieme... Il padre ci provò. Sa-
rebbe stata una foto quasi uffi-
ciale. Si trovavano sulla veranda
davanti alla villa, tutti e tre, come
per caso. (( Ferma, F itine! ». Era
troppo tardi per sottrarsi, il clic
arrivò a tradimento. Ma quando la
foto fu sviluppata, c'era una sor-
presa. Il ragazzo guardava Fifìne
con la consueta tenerezza, ma Fi-
fìne non lo guardava per niente.
A fronte alta guardava il cielo.
La foto fu archiviata, e non si
parlò più di fidanzamento.
Babbo e mamma non erano
cattivi, ma tutti presi dagli af-
fari, e piuttosto prevenuti verso
la Chiesa Cattolica. In fondo però
cominciavano ad ammirare Fifi.ne,
per la sua tenacia, per q'1el vo-
lersi fare a tutti i costi suora cat-
tolica e - ormai lo sapevano o
lo intuivano - salesiana.
Intanto Fifine, che non scor-
geva un briciolo di speranza, sfo-
gava la sua amarezza anche con
la superiora delle suore salesiane,
madre Amina, che la rassicurava:
<1 Ma tu sei già una di noi. Le
suore mi dicono che all'oratorio,
al catechismo, sei tutta salesiana,
che sei come loro. Noi ti consi-
deriamo della nostra famiglia 1>.
Sopra: li volto sereno di Fifine. In alto a
sinistra: un angolo dell"oratorio dove Fitine
c o minciò a lavora re con le FMA.
poi a marzo per San Giuseppe,
in aprile per la quaresima. In
maggio, poi, il mese di Maria
Ausiliatrice... Fi:fine si univa vo-
lentieri a quelle preghiere. Aveva
un direttore spirituale che la gui-
dava con serenità e saggezza.
Si andava accorgendo che la vita
a cui aspirava tra le salesiane - le
suore più povere di Haiti - non
era per nulla facile. Che quel
sorridere sempre costava tanto. E
si domandò seriamente se ne sa-
rebbe stata capace. Ai momenti in
cui tutto era facile, succedevano
quelli in cui tutto diventava ter-
ribilmente difficile... In tante cose 21

3.2 Page 22

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lei era ancora cosi diversa dalle
sue suore, sentiva che non riusciva
a copiarle...
Il padre spirituale le disse che
pretendeva troppo; che non si
deve cercare con inquietudine
neanche la perfezione. Perché non
andava a fare gli esercizi spiri-
tuali?
In casa le facevano notare che
«quelle suore lavoravano come
schiave >>, che lei aveva bisogno
di prendersi un po' di riposo in
montagna.
<< Andrei volentieri qualche gior-
no a Beli'Aria >>, propose. Bell'Aria
era una piacevole località della
Cordigliera, piuttosto lontana.
«Benissimo I >> esclamò il padre.
<i In quale albergo vuoi che ti
prenoti ?>).
,
<' Non vado in albergo. Vado in
una casa per ritiri spirituali... 1>.
Parti con la sua macchina bianca,
tornò con tanti problemi appia-
nati.
« Se è questo
che ti può fare felice... »
Ora aveva 21 anni, era maggio-
renne, ed era sempre più «osti-
nata 1>. A settembre con Violetta
cominciò una novena a Santa Te-
resina di Lisieux, domandandole
cli ottenere dalla famiglia il tanto
atteso consenso.
Quel settembre ad Haiti cono-
sceva tutta la magnificenza delle
sue albe d'argento e dei suoi tra-
monti d'oro infuocato. Ma una
molesta epidemia influenzale ser-
peggiava nell'isola, insistendo so-
prattutto negli agglomerati più
poveri e popolosi.
Di tanto in tanto qualcuno in
famiglia tornava sul solito argo-
mento. Il signor Laham in par-
ticolare si faceva sempre più buio
e contrariato. Soffriva non meno
di Fifine, gli pareva di vederla
consumarsi, gli pareva ogni giorno
più pallida. Del resto - questo
pensiero lo assillava - i figli prima
di tutto sono di Dio, e se Dio
li chiama....
Un giorno il signor Laham, a
tavola, sbottò a dire: <( Se è pro-
prio questo che ti può fare fe-
lice, va' dalle tue suore salesiane>>.
Pi.fine rimase senza fiato. Poi
22
corse a baciare suo padre.

3.3 Page 23

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C'erano pochi giorni di tempo
per preparare il corredo. Fifine e
Violetta andavano da un negozio
all'altro quasi di corsa. Qualche
volta Fifìne era troppo rossa in
volto, qualche volta sbian cava.
<<Non è niente!>), diceva; ma
Violetta correggeva: <t Sarà un po'
d'influenza».
Il 3 ottobre r945 tre macchine
si ferma\\"ano davanti all'Istituto
delle suore salesiane: tutta la fa-
miglia accompagnava Fifine. A-
scoltarono la Messa, poi si ab-
bracciarono per lasciarsi. La di-
rettrice teneva per mano Fifine,
per darle coraggio. «Però, come
brucia la mano della nostra po-
stulante », disse preoccupata.
«È l'emozione>>, rassicurò Vio-
letta. <' Sarà un po' d'influenza 1>,
precisò la mamma. «L a città ne
è piena». E abbracciò la figlia.
A mezzogiorno, davanti al piatto
fumante, Fifine non fu capace
d'inghiottire nulla. «Vuoi altro?»
«No, non riesco a mandar giù
niente. Non so perché, ma non
posso mangiare... >>.
La accompagnarono in una cel-
letta, a riposare. Una grande nau-
sea e giramenti di capo. Final-
mente si addormentò.
« Io so che questa
non è influenza »
Al mattino, il medico diagno-
sticò influenza. Tornò Violetta,
con una lettera del suo padre
spirituale. C'erano scritte cose stu-
pende, ma mentre Violetta leg-
geva, Fifinc non riusciva a se-
guire. Le pareva di non potersi
più muovere di Il.
11 Io so che questa non è in-
fluenza l'), disse. Poco dopo, dalle
sue labbra uscirono frasi incoe-
renti. Delirava. Venne un altro
medico e scoprl la realtà in tutta
la sua crudezza: era tifo. << D a venti
giorni almeno ce l'ha addosso >l,
e lasciò capire che forse era troppo
tardi.
In un momento di lucidità Fi-
tine volle scrivere u n biglietto.
«Cara madre Amina, la ringrazio
tanto di avermi accettata fra le
Figlie di Maria Ausiliatrice». Poi
la penna le cadde di mano, e ri-
cominciò a delirare. U n'autoam-
bulanza la trasportò all'ospedale.
IL SISTEMA PREVENTIVO
E IL COOPERATORE SALESIANO
Dal 16 (pomeriggio) al 20 marzo si svolgeranno a Grottaferrata (Roma)
cinque giornate di studio sul Sistema Preventivo di Don Bosco agplicato
alle diverse situazioni di vita del Cooperatore Salesiano.
L'iniziativa intende invitare I Cooperatori In servizio attivo (ambito fami-
liare, Scuola statale, apprendistato) ad approfondire la conoscenza della peda-
gogia salesiane, essenziale a chi desidera svolgere pienamente il ruolo di
Cooperatore.
Il convegno intende radunare un gruppo di ottanta-novanta persone di
età 11alida: genitori, insegnanti, universitari awiati all'insegnamento...
Si spera la partecipazione di sei-otto elementi per ogni regione italiana.
Le prenotazioni si effettuano presso i delegati ispettoriali. Ospiteranno il Con-
vegno le Suore Francescane di Maria in Grottaferrata.
(L'Ufficio Nazionale Cooperatori)
Violetta le si mise accanto e
non la lasciò più. Venivano il pa-
dre, la madre, i fratelli, ma Fi-
fine non li riconosceva, non li ve-
deva.
Dieci giorni durò la lotta. Il
13 ottobre le portarono l'unzione
degli infernù. Due ore dopo Fi-
fine spirava.
Sei vesti bianche pronte
per la festa
I suoi cari erano tutti là. Pian-
geYano, e in qualcuno il pianto
era fatto più amaro dal rimorso.
La signora Laham in lacrime
a un certo momento dovette pen-
sare ai tant i vestiti costosi eh.e
aveva regalato a Fifine, e che pen-
devano inutili nell'armadio di casa;
e dovette pensare che a sua figlia
non aveYa dato l'unica veste da
lei tanto desiderata. A un tratto
si avvicinò alla direttrice e la
afferrò per un lembo della man-
telletta bianca: «È questo l'abito
che Fifine voleva. La prego, si-
gnora direttrice, le metta l'abito
da suora... &,
La direttrice corse via per non
piangere. Tornò all'Istituto. Era
sabato, le sei vesti bianche delle
sei suore pendevano dalle grucce
appena lavate e stirate, pronte per
la festa.
Fifine col vestito da suora, con
la mantelletta, il soggolo, il cro-
cifisso, sembrava trasfigurata.
L'indomani, domenica, le ne-
grette pregarono per la loro cate-
chista andata in cielo, dopo essere
diventata suora per un giorno solo.
(Condensato di Enzo Bianco, da: Maria
Domenica Graaalano, « Suora par un
giomo solo 11, Ed. FMA)
MICROREALIZZAZIONI MISSIONARIE
Prima di lanciare nuove Microrealizzazioni, desideriamo portare a termine
le prime quattro, lanciate negli ultimi mesi del 1973. Daremo perciò ogni mese
un bilancio di esse. Prevediamo per aprile la possibilità di lanciarne una nuova
serie.
Ecco la situazione aggiornata al 1O dicembre 1973.
M lcro n. 1 : Corea del Sud - Dormitorio per giovani operai (P. Paolo Bahillo)
Costo: L. 2 milioni. Offerte pervenute: L. 748.000. ,
M lcro n. 2: India Sud - Capannone per handicappati (P. Francesco Schlooz).
Costo L. 3 milioni. Offerte pervenute: L 904.500.
Micro n_ 3 : Brasile - Centro sociale per piccoli lustrascarpe ( P. Ernesto
Saksida). Costo: L 1.500.000. Offerte pervenute: L 104.500.
Micro n . 4: India - Pompa a motore elettrico per Uriurkuppam (P. Thomas
Naidu). Costo: L. 400.000. Offerte pervenute: L 103.500.
I contributi per le Microrealizzazioni (specificando a quale di esse si in-
tende collaborare) vanno indirizzati a:
Padre Gluaeppe Baracca - Casa Madre Opere Salesiane
Via Maria Ausiliatrice 32 - 10100 Torino
Ci si può servire del Conto Corrente Postale N. 2/36546.
23

3.4 Page 24

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DON
un prete
per tutti i ragazzi
del mondo
PRIMA PARTE
Un ragazzo con 9 anni
e 15 pecore. Un sogno
che traccia una vita. Un
piccolo saltimbanco
che ha tanta voglia di
studiare. Un garzone di
campagna che spiega il
catechismo. Un giova-
nottone dalle mani cal-
lose che diventa sacer-
dote - Nell'avvicinarsi
della festa di Don
Bosco (31 gennaio) of-
friamo ai lettori la pri-
ma parte di un rapido
profilo del grande San-
to dei giovani, fonda-
tore dei Salesiani e
delle F.M.A.
U n ragazzo. Nove anni e quindici
pecore. Ogni giorno, dopo pranzo,
afferra il bastone e spinge gli ani-
mali verso la valle. In un fagottino
ha un bel pezzo di pane bianco:
la sua merenda. Laggiù lo aspetta
un altro pastorello, stessa età e al-
24 trettante pecore. Solo una diffe-
renza: quest'altro per Ja merenda ha
un brutto tozzo di pane nero.
Un giorno, il primo ragazzo porge
a I compagno il suo magnifico pane
bianco:
- Prendilo, è tuo.
- End
- Vorrei il tuo pane uero.
Quel ragazzo si chiama Giovan-
nino Bosco. Il papà gli è morto
quando aveva due anni. La mamma,
che cuoce al forno il pane bianco
e gli insegna la generosità, si chiama
Margherita.
Un sogno a nove anni
Una notte, forse la notte che segui
lo scambio tra pane bi.anco e pane
nero, Giovannino fa un sogno. Lo rac-
conterà lui stesso qualche anno dopo.
<• A nove anni ho fatto un sogno,
che mi rimase profondamente im-
presso nella mente tutta la vita.
Nel sonno mi parve di essere vicino
a casa, in un cortile assai spazioso,
dove stava raccolta una moltitudine
di fanciulli che giocavano. Alcuni
ridevano, non pochi bestemmiavano.
All'udire quelle bestemmie mi sono
subito lanciato in mezzo a loro, ado-
perando pugni e parole per farli
tacere.
In quel momento apparve un Uomo
venerando, nobilmente vestito. Il
volto era cosi luminoso che non po-
tevo fissarlo. Mi chiamò per nome
e mi disse:
- Non con le percosse, ma con
la mansuetudine e con la carità do-
vrai conquistare questi tuoi amici .
Mettiti dunque immediatamente a
parlare loro sulla bruttezza del pec-
cato e sulla preziosità della virtù.
Confuso e spaventato risposi che
io ero un ragazzo povero e ignorante.
In quel momento i ragazzi, cessando
le risse e gli schiamazzi, si raccol-
sero tutti intorno a Colui che par-
lava. Quasi senza sapere cosa dicessi:
- Chi siete voi - domandai -
che mi comandate cose impossibili ?
- Io sono il Figlio di Colei che
tua madre ti insegnò a salutare tre
volte al giorno. Il mio nome doman-
dalo a mia Madre.
In quel momento vidi accanto a
lui una. Donna maestosa, vestita di
un manto che splendeva come il
sole. Scorgendomi confuso, mi fece
cenno di avvicinarmi, mi prese con
bontà per mano:
- Guarda! - mi disse. Guardando
mi accorsi che quei fanciulli erano
tutti fuggiti; al loro posto vidi una
moltitudine di capretti, di cani, di
gatti, di orsi e di parecchi altri ani-
mali .

3.5 Page 25

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- Ecco il tuo campo, ecco dove
dovrai lavorare. Renditi umile, forte
e robusto: e ciò che in questo mo-
mento vedi succedere di questi ani-
mali, tu lo farai per i miei figli.
Volsi allora lo sguardo, ed ecco:
invece di animali feroci apparvero
altrettanti mansueti agnelli, che sal-
tellando correvano belando, come per
far festa, intorno a quell'Uomo e a
quella Signora.
A quel punto, sempre nel sogno,
mi misi a piangere, e pregai quella
Donna a voler parlare in modo
chiaro, perché io non sapevo cosa
volesse significare.
Allora essa mi pose 1a mano sul
capo e mi disse:
- A suotempo rutto comprenderai.
Aveva appena detto queste parole
che un rumore mi svegliò, e ogni
cosa disparve. lo rimasi sbalordito.
Mi sembrava di avere le mani che
facevano male per i pugni che avevo
dato; che la faccia bruciasse per gli
schiaffi ricevuti da quei monelli&.
r primi raggi del sole battono alla
finestra, e dal basso arriva il pro-
fumo del latte messo a bollire da
mamma Margherita. Giovanni balza
giù dal letto, dice una rapida pre-
ghiera, e scende di corsa in cucina,
dove attorno alla tavola lo aspettano
e la nonna e i due fratelli Giuseppe e
Antonio. La mamma accanto al
fuoco. Giovannino non resiste a
lungo, e finisce per raccontate per
filo e per segno tutto il suo sogno.
I fratelli ci fanno delle matte risate:
- Diventerai un pecoraio I - lo
canzona Giuseppe.
- Oppure un capo di briganti 1
- maligna Antonio.
Ma la mamma si è fatta seria.
Fissa il suo bambino intelligente e
generoso, e dice:
- Chissà che non abbia a diven-
tare prete.
Barattoli e casseruole
sulla punta del naso
Prete. Quella parola rimbalzò sulJa
fantasia vivace del piccolo contadino.
Certo, sarebbe stato bello. Ma ce
ne volevano, dei soldi e degli anni,
per diventare prete. Perché non po-
teva cominciare a farseli amici • a-
desso » quei monelli che aveva visto
nel sogno ? Ne conosceva tanti, di
ragazzi: li incontrava al pascolo, e
quando andava a fare la fascina nei
boschi. Tanti erano bravi, ma di
discoli, di bestemmiatori, ce n'erano
anche parecchi.
- E se ci provassi ?
La prima fiera che fece echeggiare
le trombe dei saltimbanchi suUa col-
lina vicina, lo vide in prima fila a
rubare con intelligenza I segreti agli
equilibristi, i trucchi ai prestigiatori,
i sotterfugi ai cirlatani.
E nelle sere d'estate, all'ombra
delle grandi piante, i ragazzi dei
dintorni lo videro, sopra un tappeto
di sacchi distesi sull'erba, fare mi-
racoli d'equilibrio, con i barattoli e
le casseruole della cucina sospesi ma-
gicamente sulla punta del naso, o
cavare decine di pallonole vario-
pinte dalla bocca spalancata di qual-
che piccolo spettatore esterrefatto.
Il ruvido fratellastro Antonio, con
le mani e il cuore induriti dal la-
voro a volte bestiale con cui doma la
terra, va sulle furie:
Qui accanto: I• casetta nat.ale di Don Bosco,
al Becchi di Castelnuovo. Nella pag. seguente:
allacciava un• fune a due albarl, per essere
Il piccolo saltlmb■nco di Dio.
25

3.6 Page 26

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- Ecco il pagliaccio! 11 perdi-
giorno I Il poltrone! Io mi fiacco le
ossa a cavar pane dai solchi, e lui fa
il ciarlatano!
Ma è un << ciarlatano speciale >>,
Giovannino. Un ciarlatano che, giunto
a metà dello spettacolo, prima del
<< brillante finale >>, cava di tasca il
rosario, s'inginocchia, e invita tutti
a pregare. Oppure ripete la predica
che il parroco ha fatto dal pulpito
nel pomeriggio della domenica, e che
la sua mente freschissima ha fissato
come un nastro magnetico. È il << bi-
glietto d'entrata>> che Giovannino fa
pagare a piccoli e grandi. Poi, al
termine della preghiera, allaccia una
fune a due alberi, vi sale agile, e
salta e danza tra improvvisi silenzi
e ovazioni frenetiche dei piccoli
amici. Sembra che ci sia un angelo
ad evitargli ogni brusco scivolone.
Ma non è vero: di angeli attorno a
lui ce n'è più d'uno, e li ha man-
dati il Signore, perché quel piccolo
saltimbanco dovrà crescere sano e
forte, e un giorno dovrà predicare
da ben altri pulpiti che da una corda
tesa tra un pero e un ciliegio.
Un incontro decisivo
Ci fu una predicazione eccezionale
in un paese vicino, e tra la folla
che scendeva dalla collina c'era an-
che Giovannino. E c'era pure un
vecchio prete, don Giuseppe Calosso,
che per l'età s'era ritirato dalla par-
rocchia di Murialdo. Al vedere quel
frugolo tra tanta gente adulta, scosse
la testa bianca sorridendo:
- Di dove sei, figlio mio ?
- Dei Becchi. Mi chiamo Gio-
vanni Bosco, e mia mamma si chiama
Margherita.
- Hai capito qualcosa delle pre-
diche?
- Tutto.
IJ vecchio prete sorrise:
- Vedi questi quattro soldi? Se
mi dici quattro parole te li do.
Giovannino, per nulla messo in
sog~ezione, recitò la predica intera,
dall inizio alla fine. Don Calosso ri-
mase sbalordito.
Poco tempo dopo, Giovanni e
mamma Margherita erano davanti
al tavolino del vecchio prete.
- Margherita, vostro figlio è un
prodigio di memoria. Non potete
lasciarlo sciupare tra i campi. Bi-
sogna che si metta a studiare, e su-
bito. Io sono vecchio, ma tutto
quello che potrò fare, lo farò. L'in-
telligenza è un talento di Dio, e i
talenti bisogna farli fruttificare.
Porse un libro a Giovannino:
- Questa è la grammatica latina.
26 A Natale l'attaccheremo. Prima dob-
biamo dare una bella spolverata a
quella italiana. Questo invece - e
porse un altro libretto - è un libro
di meditazione. Devi leggerne una
pagina al giorno e rifletterci su. Se
non capisci qualcosa, me lo dici e
io te lo spiego. L'intelligenza è un
dono di Dio, e dovrai servirtene
anzitutto per conoscere Lui. Se im-
parerai tutto il latino, ma non im-
parerai ad amare il Signore, faremo
fallimento tutti e due.
Il crollo dei sogni
Ma tornando dalla scuola di don
Calosso, Giovanni trovò in casa UD
nemico. Antonio, con la zappa sulle
spalle, lo attendeva:
- Ecco il signorino che mangia
pane a ufo I Io ne ho abbastanza
di spaccarmi la schiena per tutti
quanti. Che bisogno c'è di tanto
latino in questa casa ? Lavorare bi-
sogna, lavorare I
Ogni sera, al ritorno dalla cam-
pagna, ricominciavano le scenate.
Era impossibile continuare così. Gio-
vanni e la mamma lo capirono pre-
sto. Un giorno Giovanni, con la
faccia triste, disse a don Calosso:
- Domani non vengo, e anche
dopo non verrò... A casa mia c'è la
guerra, e mia mamma ha deciso di
mandarmi a fare il garzone in una
cascina. Se permette, tengo la gram-
matica latina. Studierò quando potrò.
Ma ho paura che sia tutto finito ...
La mattina dopo, con UD fagotto
di biancheria, Giovannino partl. Ba-
ciandolo prima di lasciarlo andare,
mamma Margherita ripeté:
- Ricordati: alla cascina Moglia,
tra Moncucco e Mombello. Domanda
del padrone e digli che ti mando io.
Poi sarà quel che Dio vorrà.
Vi arrivò verso sera. La famiglia
Moglia era radunata sull'aia a prepa-
rare i vimini per le viti.
- Chi cerchi, ragazzo? - gli
domandò un uomo robusto, forse il
capo famiglia.
- Il signor Luigi Moglia.
- Sono io.
- Mi manda mia madre perché
venga a fare il garzone di stalla.
- Ma perché ti manda fuori casa
così piccolo ? Chi è tua madre ?
- Margherita Bosco. Mio fratello
Antonio mi maltratta e mi batte, e
allora mia mamma mi ha detto:
«Vai dai Moglia, tra Moncucco e
Mombello. Domanda del padrone, e
digli che ti mando io •>.
- Povero ragazzo. Ma fino alla
fine di marzo noi non prendiamo
garzoni. Abbi pazienza, torna a casa
tua.
- Per carità, accettatemi, anche
senza paga... - $Upplicò Giovan-
nino scoppiando a piangere.
La signora Dorotea, moglie del
padrone, si intenerisce:
- Prendilo, Luigi. Proviamo a
tenerlo qualche giorno. Fa tanta
pena.
Giovanni lavorò sodo fin dalle
prime ore, per non farsi licenziare,
e rimase alla cascina Moglia due anni.
IJ giorno lo vedeva aprire la terra
dura, e la notte i libri bianchi che
don Calosso gli imprestava di volta
in volta. E la domenica, affondato
in un mucchio di fieno, spiegava il
catechismo ai ragazzi del vicinato.
Le verità imparate con fatica lungo
la settimana venivano esposte in ma-
niera facile e attraente ai piccoli
ascoltatori, che gli divennero presto
amicissimi.
Una volta, il padrone lo sorprese
a notte alta, con un mozzicone di
candela accesa e un libro aperto:
- Ma perché leggi tanto ?
- Perché voglio farmi prete.
Studiare facendo il contadino, però,
diventava sempre più difficile. Don
Calosso, non vedendo altra solu-
zione, disse a mamma Margherita
che avrebbe preso il ragazzo in casa
sua. Furono i mesi più belli per Gio-
vanni. Viveva accanto a quel vecchio
sacerdote, gli serviva la Messa, e
studiava come mai era riuscito a
fare. Le pagine della grammatica
latina venivano voltate sempre più
in fretta.
Una giornata nebbiosa del novem-
bre 1830. Giovanni è salito ai Bec-
chi per parlare con mamma Marghe-
rita, quando un ragazzo lo raggiunge
di corsa:
- Corri, Giovanni, don Calosso
muore!
Giovanni vola per i sentieri della
campagna, il cuore in tumulto. Don
Calosso è alla fine: inchiodato al
letto da un infarto. Riconosce Gio-
vanni, e pur non riuscendo a par-
lare, gli porge una chiave. Gli fa
dei segni: dicono che tutto quanto si
trova Il dentro è suo, per continuare
gli studi. La morte arriva rapida, e
Giovanni piange disperatamente sul
cadavere del suo secondo padre.
La chiave era di uno scrigno che
conteneva denari. Ma Giovanni; ter-
rorizzato che attorno alla salma del
suo angelo potessero nascere que-
stioni, la consegnò alle mani rapaci
degli eredi. E tutto fu finito.
Tornò alla casa dei Becchi e si
sentì nuovamente solo: senza mae-
stro, senza denaro, senza speranze
per l'avvenire. Come non disperarsi ?
Eppure mamma Margherita era de-
cisa a far continuare gli studi a Gio-
vanni a qualunque costo. Sopportò

3.7 Page 27

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l'umiliazione di spartire i campi con
Antonio per mettere fine alla sua op-
posizione. E Giovannino, a quindici
anni, cominciò a percorrere due volte
al giorno i cinque chilometri di
strada che separavano la sua casa
da Castelnuovo.
Pio~gia e vento, sole e polvere, fu-
rono I compagni di ogni giorno, le
scarpe buttate a tracolla, i piedi
che non ne potevano più. Una notte,
mentre riposava stanco, gli si spa-
lancò ancora davanti la valle del
primo sogno. Rivide il gregge e la
Signora splendente che glie lo vo-
leva affidare. «Renditi umile, forte e
robusto - gli ripeté - e a suo
tempo tutto comprenderai •·
Nella casa di Dio
Gli anni passano. Giovanni Bosco
si domanda con sempre maggiore
preoccupazione quale sia la sua
strada. Sacerdote di campagna ? Mis-
sionario? F,.ite francescano? Mentre
attende che Dio gli indichi il cam-
mino, non perde tempo. Lancia tra
gli amici di scuola la sua prima so-
cietà: la Società dell'Allegria. È il
primo manipolo di giovani che egli
conquista al Signore. Fanno lun-
ghe sgroppate sui colli torinesi, in
cerca di funghi e di panorami, en-
trano nelle case più povere a dare
una mano a chi ne ha più bisogno,
tengono compagnia ai compagni ma-
lati. È un gregge ancora piccolo,
ma il piccolo pastore sedicern,e si
sta facendo le ossa.
1835. Giovanni Bosco ha vent'anni
e prende la risoluzione più impor-
tante della sua vita: entrerà in semi-
nario. Il 12 ottobre è una giorruna
straordinaria per Castelnuovo. A Mes-
sa grande c'è un mucchio di gente,
perché tutti sanno che il parroco
<i vestirà da prete>> un bravo giova-
notto.
Giovanni si avvicina all'altare por-
tando sul braccio la sua prima veste
nera. Quando il parroco gli dice:
Svéstiti del vecchio uomo e ve-
stiti del nuovo, fatto a immagine
di Dio i>, l'indossa. Ha un istante di
commozione questo giovanotto di
vent'anni: ripensa a quanti sacrifici
e costata quella veste nera.
30 ottobre. Il seminario di Chieri
accoglie tra i suoi alunni il chie-
rico Bosco. Dall'alto di un muro
candido, una meridiana gli dà il
primo saluto. Sotto il quadro delle
e ore scritto: « Afllictis lentae, celeres
gaudentibus horae », cioe: <i Per chi
soffre le ore sono lente, ma sono
veloci per chi ha il cuore contento ».
Giovanni legge e sorride: ha deside-
rato da tanto tempo il seminario, che
per lui le ore saranno sempre veloci.
E infatti i sei anni di studi intensi,
necessari per arrivare al sacerdozio,
sfilano rapidi.
26 maggio 1841. Il diacono Gio-
vanni Bosco entra ne~li Esercizi Spi-
rituali preparatori ali ordinazione sa-
cerdotale. In quelle ore che prece-
dono il giorno più grande della sua
vita, Giovanni medita a lungo le
parole della Sacra Scrittura: Chi
salirà al monte del Signore ? Chi
potrà abitare nella Casa di Dio ?
Colui che ha le mani pure e il cuore
immacolato». Guardando indietro
nella sua vita, vede che - quasi
miracolosamente - le sue mani,
da quando mamma Margherita le
congiungeva nella prima preghiera,
attraverso tanti ostacoli e tanti di-
sagi, sono rimaste pure. Perché que-
sto miracolo di purezza continui per
tutta la vita, scrive nove propositi
per il suo avvenire. Ecco il terzo:
«Patire, faticare, umiliarsi in tutto
e sempre quando si tratta di salvare
le anime•>.
5 giugno 1841. L'arcivescovo di
Torino pone le mani sul capo di
Giovanni Bosco e invoca lo Spirito
Santo perché lo consacri sacerdote
per sempre. Quando si alza, è di-
venuto Don Bosco.
La sua prima Messa, Don Bosco
la disse nella chiesa di S. Francesco
d'Assisi. La seconda nel grande
santuario della Madonna che i to-
rinesi chiamano << la Consolata>>. Le-
vando gli occhi, egli vide lassù
la Signora dal vestito lucente come
il sole, che gli era apparsa diciassette
anni prima. Renditi umile, forte e
robusto• gli aveva detto. In dicias-
sette anni di lavoro intenso, Giovanni
Bosco si era sforzato di rendersi
cosi. Ora cominciava il tempo in
cui «avrebbe compreso tutto >>.
Alla sera di ,mo di quei giorni,
mamma Margherita gli disse: «Sei
prete, dici la Messa e sei più vicino
a Gesù. lo non ho letto i tuoi libri,
ma ricordati che cominciare a dir
Messa vuol dire cominciare a sof-
frire. Sono sicura che tutti i giorni
pregherai per me, e questo mi ba-
sta. D'ora innanzi pensa solo alla
salvezza delle anime e non pren-
derti alcun pensiero per me. Io da
te non aspetto niente. Sono nata
povera, e se un giorno per disgrazia
tu diventassi ricco, non verrei nep-
pure a farti visita •·
Che farà adesso Don Bosco ? Gli
vengono offerti sicuri posti di cap-
pellano. Ma lui ha un altro progetto:
i ragazzi.
(continua) 27

3.8 Page 28

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il Card.
nel- trauedia del
In occasione del recente viaggio a Roma del Card. Raul Si/va Henriquez
l'Ufficio Stampa Salesiano lo ha interpellato direttamente sulla tragedia
che ha recentemente sconvolto la sua patria. Presentiamo, in una nostra
traduzione dallo spagnolo, il testo che il Cardinale Salesiano ci ha
rilasciato prima di lasciare Roma.
la Chiesa del Cile chiaramente, e
con sufficiente anticipo sugli ultimi av-
venimenti politici verificatisi in questo
Paese, aveva manifestato i suoi timori,
aveva segnalato gli errori del regime
politico del signor Allende, e aveva sol-
lecitato reiteratamente - tanto il Go-
verno come i partiti di opposizione -
perché giungessero a « un gran con-
senso nazionale», per conseguire la pace
e realizzare le trasformazioni sociali.
"Per questo scopo - è stato detto
da parte della Chiesa - è necessario
che ciascuno rinunci alla prepotenza di
voler imporre la propria verità sociale
come unica soluzione del problema ci-
leno". E si chiedeva che "il popolo si
ponesse al servizio della giustizia, e
non della violenza e della distruzione",
Nello stesso tempo la Chiesa aveva
detto: "Ogni passo del cambiamento
dovrebbe condurre effettivamente a una
vita più giusta, di vero amore fraterno,
nella misura in cui sia orientata dal
Vangelo di Cristo. Ci sono cambiamenti
che prendono una direzione sbagliata
quando sono ispirati da concezioni ma-
terialiste...
"Ci addolora vedere le lunghe code
dei cileni davanti ai negozi, i milioni
di ore di lavoro che si perdono ogni
settimana, l'umiliazione di vivere in tali
situazioni. Il CIie sembra un Paese fla-
gellato dalla guerra... Ci preoccupa il
mercato nero scatenato dall'immoralità...
Non approviamo l'esodo dei professio-
nisti... Ci preoccupa che gli organi della
comunicazione non siano veritieri, e
soprattutto che incitino all'odio. Quando
essi distruggono la Verità e la Carità,
vengono meno ai loro doveri fondamen-
tali, diventano immorali.
"Contempliamo con angustia l'infla-
zione che ci invade in forma crescente
di giorno in giorno, e la crisi della nostra
economia...
"Socialismo e Capitalismo sono due
espressioni ideologiche, che si sono
convertite in simbolo... Finora in Cile
la parola Socialismo rappresenta un si-
stema abbastanza indeterminato; e nem-
meno è possibile dare il nome di Capi-
talismo a tutto ciò che esiste oggi nel
Paese.
" Non si può strutturare la società
28

3.9 Page 29

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partendo dal principio che siamo un in -
sieme di nemici. La Pace non verrà
dal dominio di un gruppo sopra l'altro;
solo sulla Giustiz.ia si può fondare la
Pace. la lotta per il potere, la strategia
per possederlo, rafforzarlo o recuperarlo.
appaiono come gli obiettivi della vita
umana... Non importa più il prezzo che
si deve pagare: il potere costituisce
l'idolo... Dimentichiamo ciò che dice la
Fede: la vita di ogni persona è sacra...
Ci preoccupa la tendenza allo statalismo
assoluto senza adeguata partecipazione...
Il potere è solo un mezzo per raggiun-
gere il bene comune...
"La Chiesa ha sempre denunciato il
totalitarismo... Ricordiamo le parole di
Cristo: "Non si può servire a due Pa-
droni". Non si può servire a Dio e ido-
latrare il potere.
"La via cristiana è unica: diciamo
no alla menzogna, no alla prepotenza,
no all'odio. Come gli apostoli noi ab-
biamo creduto all'amore. E questo pro-
duce sempre sincerità, giust1z1a, mise-
ricordia, fraternità" (1 ° luglio 1973).
<< Si disarmino gli spiriti e le armi»
In altra occasione, a nome della
Chiesa, avevamo dichiarato: « Parliamo
in un'ora drammatica per il Cile... Non
rappresentiamo alcuna posizione poli-
tica, nessun interesse di gruppo; solo
ci muove i l bene del Cile a cercar di
impedire che si calpesti il Sangue di
Cristo in una guerra fratricida... Noi ci-
leni tutti siamo preoccupati per le insi-
stenti notizie secondo cui le popolazioni
civili si stanno armando, secondo cui
esiste il pericolo di una guerra civile...
La pace del Cile ha un prezzo, richiede
che noi tutti cambiamo atteggiamento.
Mancano i fat ti che dimostrino il de-
siderio vero della giustizia.
« Imploriamo i gruppi politici e sociali
perché compiano i passi necessari per
creare le condizioni di un dialogo... Un
dialogo che, per essere fruttuoso, richiede
che si verifichi nella verità, che si dica
tutta la verità, che ci sia sincerità per
proclamare le intenzioni reali, che si
disarmino gli spiriti e le mani» (1 ° lu-
glio 1973).
Purtroppo queste e molte altre esor-
tazioni caddero nel vuoto. Come ha
detto un giornalista di sinistra, "le al-
ternàtive non erano che due: dittatura
in nome del proletariato. o regime mili-
tare forte" (Luis Hernandez Parker).
I Vescovi dopo il «golpe»
Avvenuto i l •·golpe" militare, i Ve-
scovi del Cile dichiararono:
1. 11 Paese sa bene che noi vescovi
abbiamo fatto quanto stava in noi
perché si mantenesse il Cile dentro la
Costituzione e la legalità, e si evitasse
NELMDNDD
SALESIANO
qualsiasi soluzione violenta come quella
che ha avuto la nostra crisi istituzionale.
Soluzione di cui per primi si sono ram -
maricati gli stessi membri della giunta
di Governo.
2. Ci addolora immensamente e ci
angustia il sangue che ha bagnato le
nostre strade, le nostre "poblaciones" e
le nostre fabbriche. Sangue di civili e
sangue di militari; le lacrime di tante
mogli e figli.
3. Chiediamo rispetto per i caduti nella
lotta, e in primo luogo per colui che
fu fino al martedì 11 settembre il pre-
sidente della Repubblica.
4. Chiediamo moderazione di fronte
ai vint i. Non ci siano rappresaglie. Si
tenga conto del sincero idealismo che
ispirò molti di coloro che sono stati
sconfitti. Si metta fine all'odio, venga
l'ora della riconciliazione.
5. Confidiamo che le conquiste rag-
giunte nei governi passati dalla classe
operaia e contadina non siano disco-
nosciute ma. al contrario, si mantengano
e si accrescano fino a raggiungere Ili
piena eguaglianza e la partecipazione di
tutti nella vita nazionale.
6. Abbiamo fiducia nel patriottismo
e nel disinteresse espresso . da coloro
che hanno assunto il difficile compito
di restaurare l'ordine istituzionale e la
vita economica del Paese tanto grave-
mente alterati; chiediamo ai cileni che,
date le attuali circostanze, cooperino
per raggiungere questo obiettivo.
E soprattutto, con umiltà e con fer-
vore. chiediamo a Dio che li aiuti.
7. Il buon senso e il patriottismo dei
cìleni uniti alla tradizione democratica
e alla sensibilità delle nostre Forze Ar-
mate permetteranno che il Cile, possa
tornare molto presto alla normalità isti•
tuzionale, come lo hanno promesso gli
stessi membri della giunta di governo.
e possa il Cile riprendere il suo cammino
di progresso nella pace (13 settembre
1973).
In seguito i Vescovi hanno offerto
la loro collaborazione nell'opera di ri-
costruzione del Paese, e in particolare
nel compito della pacificazione degli
spiriti e in tutto ciò che significa raffor-
zare e sviluppare le conquiste sociali dei
lavoratori.
Tutto questo, rimanendo dentro il
loro campo, e con l'autonomia che è
loro propria, nella predicazione auten-
tica del messaggio evangelico, dandosi
a tutti senza distinzione di gruppi.
Come Cardinale, a nome della Chie-
sa, ho offerto al nuovo governo del
Cile la stessa collaborazione che la
Chiesa aveva dato, in tutte le opere del
bene comune. al governo marxista del
signor Allende. Nello stesso tempo, cosa
che le Autorità hanno accettato, ho esi-
gilo la stessa libertà di azione di cui
la Chiesa godeva nel governo prece-
dente.
La Chiesa cilena non si sente chia-
mata a dare la patente di legittimità
alle autorità civili, a stabilire governi o
a rovesciarli. La sua azione non vuol
essere politica, ma religiosa.
Il mio viaggio si situa in questa
stessa prospettiva. Non è un viaggio
politico, né ha il carattere di rappresen-
tanza politica. l a Chiesa cilena ha de-
siderato informare il Santo Padre e gli
Episcopati dei diversi Paesi, sulla sua po-
sizione nella situazione attuale del Cile.
A sinistra: il Cardinale tra le baracche dei
poveri a Santo Do mi ngo. Qui sono in una
sole nne f unzione, vesti1o deì sacri param e nti. 29

3.10 Page 30

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IN SUFFRAGIO DEL CARD. HLOND
In occasione del 25° anniversario del-
la morte del cardinale salesiano Augusto
Hlond, primate di Polonia, (avvenuta il
22 ottobre 1948) una S. Messa di suf-
fragio è stata celebrata nella Chiesa di
San Stanislao dei Polacchi in Roma da
Mons. Stefano Wesoly, uno degli ausi-
liari dell'Arcivescovo di Varsavia, Car-
dinale Stefano Wyszynski. Il Cardinale
Boleslao Kominek, Arcivescovo di Wro -
claw, ha tenuto l'omelia nella quale ha
ricordato la figura del grande scom-
parso, sottolineandone l'Importante ruolo
nella storia della Chiesa polacca, so-
prattutto nei primi difficili anni del dopo-
guerra.
Successivamente in una sala della
Cancelleria Apostolica, alle presenza di
numerosi cardinali, arcivescovi, vescovi,
il nostro Rettor Maggiore e alte perso-
nalità ecclesiastiche e civili, mons. Rubin,
segretario generale del Sinodo dei ve-
scovi, ha rievocato la grande figura del
cardinale. Quindi mons. Baraniak, arci-
vescovo di Poznan, che fu segretario
del card. Hlond. ha tenuto li discorso
commemorativo.
Ha chiuso la manifestazione il card.
Wyszynski.
DON JAVIERRE
Al VENERDI LETTERARI
D I TORINO
li 25 di questo mese, a Torino, nel-
l'annuale serie dei «Venerdl Letterari »
organizzati dall'Associazione Culturale
Italiana, Don Antonio Javierre Rettor
Magnifico del PAS, terrè una confe-
renza e un dibattito sul tema; « Pre-
sente e futuro dell'unità dei Cristiani».
Nei giorni successivi la conferenza
verrà ripetuta in altre città d'Italia.
Contemporaneamente la SEI editerà un
volume che contiene le conferenze da
lui tenute nel corso di Esercizi Spirituali
predicati al Papa.
Titolo del volume: « Il Padre tuo che
vede nel segreto».
Al Colle di Neva (Imperia) settimana
di aggiornamento liturgico per animatori
operanti negli Istituti salesiani.
Tre settimane a Cison di Valmarlno
(Treviso) per dirigenti e docenti dei
corsi professionali negli Istituti salesiani
d'Italia. Tema: e Promozione umana e
formazione sociale •·
Tre « Campi scuola» a Ulzio organiz-
zate da « Note di Pastorale Giovanile»
per giovani provenienti da ogni parte
d'Italia.
Convegno di aggiornamento pasto-
rale dei Salesiani dell'ispettoria veneta
e lombardo-emiliana a Verona. e del-
l'ispettoria subalpina a Torino-Crocetta.
ATTIVITA DEI
SALESLANI SLOVACCHI
I confratelli dell'Istituto dei Santi Ci-
rillo e Metodio a Roma, accanto al
lavoro ordinario della formazione dei gio-
vani (seminario minore). dedicano molta
attenzione alle attività a pro della
Chiesa in patria (Slovacchia) ed anche
all'apostolato tra gli emigrati slovacchi
in Europa.
Già da molti anni curano settimanal-
mente la trasmissione dei programmi
radiofonici (Radio Vaticana) per la gio-
ventù slovacca. Questi programmi, molto
apprezzati e molto ascoltati, trattano
degli argomenti più svariati in chiave
cristiana.
NELMDNDD
SALESIANO
Dal mese di novembre 1972 il di-
rettore Don Andrea Paullny cura setti-
manalmente una nuova serie di trasmis-
sioni di argomento catechistico: GLI IN-
CONTRI CATECHISTICI. Le trasmissioni
sono rivolte ai genitori e vogliono gui-
dare i genitori nell'educazione religiosa
dei loro bambini e ragazzi.
Anche nel campo editoriale si sono
registrate alcune realizzazioni. Oltre alla
ristampa della biografia di DON BOSCO,
i confratelli sotto la guida di Don Cerny
Raffaele hanno tradotto e preparato per
la stampa la biografia di SANTA MARIA
DOMENICA MAZZARELLO.
Mlasione dJ Baucau (Timor). Il sacerdote Bruno Pistocchi (primo a sinistra)
e il salesiano laico Carlo Gamba (sotto la foglia-parapioggia) incontrano un gruppo
di indigeni ai piedi del Mate Bian, a quasi 2000 metri di altezza. I salesiani lavo-
rano nella missione di Baucau da dodici anni. I cristiani. che al loro arrivo erano
11 mila, sono ora 24 mila. Si sono aperte scuole frequentate da tremila ragazzi.
Gli indigeni sono robusti e semplici, ma privi di tutto. I salesiani sono soltanto
in quattro, e vivono con gli indigeni una vita poverissima.
INTENSA « ESTATE DI LAVORO »
DEL CENTRO CATECHISTICO
Il Centro Catechistico Salesiano di
Torino- Leumann ha dato vita ed ha
partecipato attivamente, durante il pe-
riodo estivo, a più di 36 convegni e
settimane di studio. Per esigenze di
spazio ne indichiamo solo alcuni che
ci sembrano particolarmente significativi.
A «Villa Lascaris» (Torino), Convegno
Europeo di tre giorni per operatori della
pastorale. Tema: la preparazione dei fi-
danzati. 70 partecipanti.
Tre giorni per il clero di lingua ita-
liana della diocesi di Coira (Svizzera) sul
30 tema «Evangelizzazione e Sacramenti».

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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CONVEGNO MONDIALE
DEL SALESIANI COADIUTORI
MARZO 1975
Gli Atti del Consiglio Superiore co-
municano che il Consiglio Superiore
stesso ha fissato le date e le moda-
lità riguardanti i convegni dei Sale-
siani Coadiutori, che in ottemperanza
alle indicazioni del Capitolo Generale
Speciale si dovranno svolgere a livello
prima ispettoriale, poi regionale, e in-
fine mondiale.
La prima tappa sarà il Convegno
/spettoriale, che si terrà verso iI mese
di marzo 1974 e sarà organizzato da
un'apposita Commissione già quasi com-
pletamente costituita.
Il Convegno Regionale d'Italia si pre-
vede per il settembre 1974, e raccoglierà
i risultati dei vari convegni ispettoriali.
Lo scopo di tali convegni è di «stu-
diare a fondo la figura del Salesiano
Coadiutore come è emersa dal CGS, e
le indicazioni operative che sono state
suggerite in merito dal CGS stesso».
« Il Convegno - afferma il Consi-
gliere Regionale Don Fiora in una let-
tera agli Ispettori - va considerato non
come cosa che riguarda esclusivamente
i Salesiani Coadiutori. ma un fatto di
tutta la Congregazione, la quale ha bi-
sogno di una adeguata sensibilizzazione
al riguardo. Il fatto poi che circa un
terzo dei Coadiutori della Congrega-
zione vive e opera nella Regione Ita-
liana, deve farci sentire tutta la respon-
sabilità del nostro impegno>>.
CHICHAM: GIORNALE SHUAR
Anche gli indios Shuar in Ecuador
hanno il loro giornale: si chiama CHI-
CHAM e da settembre esce in edizione
bilingue (in lingua shuar e in spagnolo).
Gli Shuar sono organizzati dal missionari
salesiani in una federazione compatta
che guarda con coraggio a un futuro
non certo facile. Il !oro giornale viene
inviato ai gruppi indigeni della federa-
zione, ma anche alle autorità, alla stampa,
alla radio e televisione nazionale, a or-
ganismi nazionali e internazionali che si
occupano dei problemi dei nativi.
<< Chicham >l vuol essere la voce degli
Shuar presso l' opinione pubblica.
Dimapur ( India) . Festa della consacrazione episcopale del salesiano mons.
Abraham Alangimattathil, primo vescovo dei Nagas. Alla funzione, svolt-asi il
14 ottobre, hanno partecipato 14 vescovi e 100 sacerdoti. Don Pianazzi rappre-
sentava il Rettor Maggiore. Nelle foto: in alto, la chiesa «stile Naga » in cui si è
svolta la consacrazione; in passo mons. Alangimattathil, coperto con i colori della
sua gente. prostrato per la consacrazione.
IL COMBUSTIBILE
D I PADRE SCHLOOZ
L'opera sociale più impressionante di
Madras (India) è forse quella fondata
dal Salesiano padre Mantovani e ora
diretta dal suo confratello padre Schlooz.
Essa comprende il «villaggio delle
beatitudini» che ospita malati incura-
bili, bambini abbandonati, minorati fi-
sici; e il «villaggio dei lebbrosi» che
sorge pochi chilometri più in là. Da
qualche tempo quest'ultimo è circondato
da un campo di profughi birmani, man-
tenuti in vita grazie alla beneficenza del
centro missionario.
Recentemente Il Ministro della «sa-
lute pubblica» dello Stato di Madras,
andato in visita all'opera sociale, ha
chiesto a padre Schlooz perché i leb-
brosi della zona non si recavano volen-
tieri nelle apposite colonie governative
molto ben attrezzate, e preferivano in -
vece il povero lebbrosario della missione.
« È l'amore, sir)), ha risposto padre
Schlooz: «noi facciamo largo consumo
di questo combustibile».
«Avete ragione», ha commentato il
Ministro. « Da noi gli ammalati sono
soprattutto casi clinici».
(Dal «Notiziario lspettoriale » della
Thailandia).
31

4.2 Page 32

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PIR
C8UIOffl
I MARIA
ftl
DI
SAN GIOVANNI
BOSCO
« HO PREGATO E HO FATTO PICCOLI SACRIFICI »
Sono un ragazzo di quindici anni, iscritto tra gli Amici
di Domenico Savio. In questi ultimi mesi mia zia ha sofferto
di atroci dolori al capo con diminuzione della vista. Ricove-
rata in clinica, i medici tentarono varie cure senza alcun ri-
sultato. In una radiografia, finalmente, fu scoperto qualcosa
di sferico che gravava sul nervo ottico. Tutti eravamo molto
preoccupati che si trattasse di un tumore di carattere ma-
ligno.
Portata a Milano per l'operazione, furono per precauzione
ripetuti gli esami clinici. L'esito ci consolò un poco: il tumore
c'era. ma era di carattere benigno.
Mentre mio padre partiva per Milano, io, assai preoccu-
pato, mi sono rivolto a Maria Ausiliatrice, Don Bosco, San
Domenico Savio. Ho pregato molto e ho fatto anche piccoli
sacrifici. E mi è stata fatta la grazia: l'operazione è andata
bene, e mia zia è salva.
Palermo
V. S. (lettera firmata)
Ringrazio di cuore la Vergine Ausiliatrice e San Giovanni
Bosco per la grazia che mi hanno ottenuto con la loro inter-
cessione: la completa guarigione di mio figlio dopo un inter-
vento chirurgico. Con infinita riconoscenza, unisco l'offerta
promessa (Maria Chiapperotti, Torino).
Giuseppina Ciampelli (Arezzo) esprime la sua ricono-
scenza a Maria Ausiliatrice e a San Giovanni Bosco a cui
si era rivolta con tanta fiducia per essere aiutata nelle dif-
ficoltà di famiglia.
Una Direttrice delle F.M.A. (Torino) ringrazia la Vergine
Ausiliatrice, che maternamente e con interventi umana-
mente inspiegabili ha accompagnato una sorella fino alla
consacrazione perpetua.
Salussoglia Rina (Borgo d'Ale) ringrazia Maria Ausiliatrice
e Don Bosco per averla soccorsa in una gravissima necessità.
Maddalena Monti ringrazia Maria Ausiliatrice .e Don Bosco
per una importante grazia ricevuta per loro intercessione.
Esprimono ancora riconoscenza Rina Chevron Chatillon e
la famiglia Della Valle.
LA RICONOSCENZA DI UN MISSIONARIO
Nel maggio del 1971 dal Viet Nam tornavo al mio paese
per celebrare il 25° di sacerdozio. I Superiori mi concessero
di passare per il Canadà (Isola di Vancouver), a incontrare
due miei fratelli dopo ben quarant'anni che non ci vede-
vamo.
Mio nipote Alfredo si era sposato da 12 anni con una
brava giovane jugoslava, e venne con i miei fratelli ad acco-
gliermi all'aeroporto. Dopo averlo abbracciato, gli dissi:
«E i tuoi bambini, perché non li hai portati a salutarmi 7 ».
Chinò il capo un po' triste, e mi disse: « Il Signore non ha
voluto mandarcene neanche uno».
Rimasi impacciato. Ma subito gli battei la mano sulla
spalla e gli dissi: «Pregherò San Domenico Savio, e vedrai
che presto diventerai papà».
Quando, dopo i giorni festivi al mio paese, tornai quaggiù
In Viet Nam, spedii a mio nipote la vita di San Domenico
Savio, un abitino e alcune medagliette. E siccome sono
32 cappellano delle Figlie di Maria Ausiliatrice e delle loro aspi-
ranti, raccomandai loro che pregassero secondo la mia
intenzione.
E la grazia è venuta. « Nel novembre scorso - mi ha
scritto mio nipote - ci è nata una bella e paffuta bambina,
nostra gioia e consolazione>>.
Ringrazio di cuore il piccolo Santo delle culle.
Thu Due (Viet N;,m) Don GUERRINO LUVISOTTO, missionario sale.siano
HA VINTO SAN DOMENICO SAVIO
Sono una donna sposata dal 1967. Il più grande desi-
derio che avevo insieme a mio marito, era quello di un bam-
bino. Ma purtroppo la formazione di un fibroma indusse la
professoressa che mi aveva in cura a dirmi che abbandonassi
ogni speranza di maternità.
Ma io non l'abbandonai, e cominciai a pregare San Do-
menico Savio: volevo che mi guarisse e che mi donasse la
_gioia di un bimbo.
Nell'ottobre del 1969, alle « Molinette» di Torino, fui sot-
toposta ad intervento chirurgico. Ma dopo quell'operazione,
potevo sperare ancora fa grazia della maternità? Passavano
i mesi e gli anni, e nessun bambino veniva ad allietare la
nostra casa. Eppure non desistevo dal raccomandarmi a
San Domenico Savio, e portavo al collo il suo abitino.
Nel 1972 ecco giungere finalmente la gravidanza. Ma,
purtroppo, insieme con essa riapparve il fibroma, il terribile
nemico del bimbo che portavo in grembo. Chi avrebbe
vinto adesso 7 La vita del mio bambino o la morte 7 Vinse
il piccolo San Domenico Savio. Nel luglio scorso, infatti,
all'età di 41 anni, divenni la mamma felice di un bel bambino
che abbiamo chiamato Enzo Domenico, e che in famiglia
consideriamo un dono del santino delle culle.
Mi rimane da riacquistare la salute, ma San Domenico
Savio certamente mi aiuterà ancora. In ringraziamento invio
una modesta offerta per le Opere Salesiane.
Clgliano (Vercelli)
PETRONILLA RONDOLETTO in PASSE
LA PICCOLA NATASCIA E LA SUA MAMMA
Nella nostra famiglia i « Santi salesiani>> sono di casa.
Abbiamo imparato ad invocarli dal nonno, cooperatore sale-
siano, e dalla mamma, pure lei cooperatrice. Di mese in
mese abbiamo sempre letto dal Bollettino le grandi grazie
che il piccolo Domenico Savio elargiva alle mamme. E quando
è arrivato il mio turno, la sua assistenza non si è fatta aspet-
tare. La mia piccola Natascia, appena nata, dovette essere
collocata in tutta fretta in incubatrice. Ma pochi giorni dopo
era fuori pericolo. Al battesimo l'abbiamo chiamata Natascia
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Albergo Rosa - Alberti Nicolò • Albini Marin - Amadeo Francesco • An-
dreassi Ivana - ,\\portone Tina - Arnolfo C!corello Teresa - Artusi Tran-
quilla - Banchio Agata - Barbero Giov-~nni - Barbero Maòn - .Bardìni Mar-
letta Laura - Baroni Rosetta - Bastasin Rosa - Bava Rosa - Bazzali Cec-
coni Stella - Benazzo Madd•lena - Bergamini Teresa - Bestagno Angela -
Bigoni Maria - Billite:ri Frnncesca - Bollettì suor Lina • BolDllri Maddalem •
Bonacirui Mari.a - Donati Livia - Bonifacio rYlnria l.,etizlll - Bonura Rosa -
Bortino Cecilia - Bosso EJeoa - Branzi Cesarin.1 - Brivio Maria - Brundu
Maria Domenica - Calegaro Nella - Campo Margherita - Cu.retta Caterina -
Catlìoo Giuseppe - Cas.,nova De Marco Giuditta - Casanova Luigi - Casta-
gna F errero Giuseppina • Ca,itellnna Loreto - Castello Maria - Cavallari
Elsa - Ciadamidaro Gaetana - Ciampelli Giuseppina - Ciccocioppo Rosalia •
Cip~ian Maddolerut - C<>degoni Giuse - Comi Antonio - Conte Maria
Corrado Isabella - Cortese Carmela - Costontino Morisn e Piero - Co-
stanzo Melinn - Cozzoni Adele - Cragnolin Maria - Cucchetti ,usunta .
Curti Saetti dott. Luciana - D'Abbraccio Anna - Dallapiccol(, Ptetro -
D'Amico Francesca e Francesca - Da Mommfo Paolo e Anna - DcU'.\\n-

4.3 Page 33

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a,nllim
•MVI
DI DIO
Domenica, ed è qui tra noi sana, rosea e bella. Preghiamo
San Domenico Savio perché la faccia crescere buona in-
sieme al fratellino Michele e al cuginetto Carlo.
ELSA MARIA ROSSI In BACCHI
u SIGNORA, RITORNI ALLA GIOIA n
La mia bambina di due anni fu presa lmprowisamente d;,
una febbre molto alta, e toccò l'orlo della morte gettando
l'intera famiglia in un grande abbattimento. Con urgenza la
portammo al pronto soccorso, ma qui ci fu detto che pur-
troppo c·era poco da sperare.
La fiducia in Maria Ausiliatrice e In San Domenico Savio,
però, non ci abbandonò. Ricorremmo prontamente a un
altro medico, e in seguito a cura energiche e sollecite, la
bambina cominciò a dare segni di miglioramento. Ma non
riacquistava la conoscenza. Per questo continuammo a in-
vocare il piccolo Santo. Dopa qualche tempo, al controllo
medico e radiologico, il medico esclamò: « Signora, ritorni
alla gioia, perché la sua bimba è perfettamente guarita».
Ringrazio San Domenico Savio, anche per altre grazia
ottenuteci dal Signore, e mando un'offerta per le Opera
Salesiane.
Aprilia
UNA DI NATALI in D'ANTONA
IN FIN DI VITA A 19 ANNI
Intendo ringraziare S. Maria D. Mazzarello e Don Rinaldi
per due grazie molto segnalate.
Nel maggio scorso mio nipote Mario, di 19 anni, andando
a scuola con la motoretta, fini a grande velocità contro un
trattore. e riportò una gravissima frattura alla testa, in cui li
cervello rimase (secondo la prima diagnosi) irreparabil-
mente offeso. I medici dell'ospedale di Valdobbiane, pur
essendo certi che non sarebbe soprawissuto o che sarebbe
rimasto per sempre menomato, accettarono di operarlo uni•
camente per compassione dei genitori. Al termine dell'inter•
vento dissero: « Noi abbiamo fatto il possibile. Ora è nelle
mani di Dio».
Per due mes, rimase in stato comatoso. Suore e Salesiani
si unirono alle nostre preghiere. E Mario lentamente si ri•
prese. Frequentava, al momento dell'incidente, la terza liceo,
e i professori ottennero di fargli superare l'esame in ospedale.
Fu promosso, e con grande gioia di tutti pochi giorni dopo
poté tornare a casa.
Ora sta bene e potrà riprendere gli studi. Ha detto: «Voglio
diventare medico, per aiutare gli altri a sperare e a vivere».
Dovrà ancora subire una delicata operazìone, ma siamo
sicuri che i nostri Santi ci otterranno la grazia completa.
Devo pure ringraziare Madre Mazzarello e Don Rinaldi
per aver ottenuto la guarigione di mia mamma ottantatreenne,
che si era prodotta una grave frattura al femore e alla spalla.
Dato il persistente scompenso cardiaco, i medici non ci da-
vano più un filo di speranza. ma la sua e la nostra fede hanno
ottenuto la grazia. Mamma è tornata in famiglia, sta bene,
e ha ripreso a camminare come prima, per la nostra gioia.
Riconoscenti inviamo una modesta offerta.
Verona-Sava
Sr. CARMELA CASALI F.M.A.
IN UN PERICOLOSO INCIDENTE STRADALE
Abbiamo sempre affidato a Santa Maria Maz.zarello l'assi-
stenza materiale e spirituale di questa comunità e delle sue
opere. E proprio ieri la Santa ha mostrato in modo sensibile
la sua protezione su due nostre suore e un'aspirante che si
recavano in macchina, per l'oratorio festivo.
L'incidente automobilistico, che incontrarono nel per-
corso, mise fuori uso la macchina del signore che le accom-
pagnava, ma lasciò perfettamente incolumi le quattro per-
sone che la occupavano.
Non sappiamo dawero come ringraziare il Signore e
Santa Maria Maz.zarello di cosi straordinaria preservazione
in tanto pericolo.
Conegliano
Sr. MICHELINA SECCO, D1111ttrice F.M.A.
I MEDICI NON TROVARONO
PIO NULLA DEL GRAVE MALE
Sono la mamma di due bambine che frequentano la scuola
delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Andata per una visita medica di controllo, ebbi la penosa
sorpresa di sentirmi dire che avevo uno di quei mali terribili
che non perdonano, e venni subito ricoverata all'ospedale.
Le suore delle mie bambine intanto pregavano per me e,
venute a visitarmi, mi incoraggiarono a incominciare insieme
con fede una novena alla Santa.
Quando giunse il momento di prepararmi alla necessaria
operazione chirurgica, i medici non trovarono più nulla del
grave male. Tutto era completamente scomparso. Madre
Maz.zarello aveva fatto la grazia.
Sono già passati due anni da allora e io continuo a godere
ottima salute. Ringrazio riconoscente la Santa Inviando una
modesta offerta. mentre confido sempre nella sua protezione.
Caste/maggiore (Pisa)
ANNA NEW
tonio Giu«ppìllll - Dcll'Osbel Giordono • Delmontc GiusepplflJl • Dc
St~flrnis Cll!Gfo - De Vito i\\fuia - Diate &r10luno Ca.teriM - Di .Mn1I
Tereso • Drngona RMo - Elefante Rina • Frabrl.t Antonietta • Fo,..no Oiu-
•eppe - Pavre L11ura - Fnzzinn Agatina - Pcrruro C,ailde - Follia Cotcrin" •
Froldl Clelio - Fruncoi Agostina - Gadaldi Tnncredì - Cagliano Angela -
Gai Sceondina ved. Gavarino - Gallino O, - Galvagno Giuseppe - Gotti
Rosa • Govo1.11 Dina • Geraci Gaet:onn • Gorlnl Pnola Gùmnopolo Grv-iu
- GiArdina Nino e Atala - Giovanin dott. Gianni • Gneli Virginia - Gnwo
Tommua • Grc<X> Michele - Grouo R0tettu Gu.oldoni O..eunl"" •
GullSCO Terzoli l~lora • lngrao l',,lariA • .lvaldi 1-'onunata - La Loggia Maria -
Lanzo suor An:angcla - La Parta - Lnoanolo l\\unlio - Lui Gionnna •
Looavio Lind4 - Llttignolo Vinccn2o. M•11liano Anna Maria - Maio \\<bria.
c.,.,. Malfatti Em..ta • Malfatto Fiorenzo • l\\Wo.eui Ousolina - MalugllJll
Caterina - Manpno GiURppa - Mannoli Robuto - l\\'.bmelli Enrico
rina - MllBIWlllO On,m, • Marocoo G iownn• • l\\hso Maria - Matordes
RtgÌllll - Mou,oli Vittoria - M:azz•li M~simillono - Mazzooe Maria Me-
grinelli Luigi • Mcregalli Angelo • Mll•no lnn• - M.inola Margher11n •
Mirnnd• Giuseppa Monforte Aguta • Mon11c Monila Madro - Montalto
Vmcenzina - :\\1ontcbella Anllll • Moretto Gianotti Mlll'ia • Mulé Lia -
Muu;aruli Ertililt - Nani Giuseppina - Nrgri Fonuna1n • No~ Angela
Olivelli J\\delc • Orrù 8at,istino - 0.tellino Cristina • Ortonello Lencinl
Annn Mario • Paiolo Ferdinondo Palermo Beatrice e Gaetono • Palmero
Moddalena - Punc FlorlnA - Pappalardo Snrinn • Potetti Oaniello - Peinmo
Angela - PelllllL Lucio • Plccot Pasquale - Pireddo BollJlria • Pistoni Rirm -
Pizzo suor Sil.veria - Polh:i M'aria - Pompeo Lirui - Poma Muino - Puccio
MandaLI Adele - Pwno Frank Alll!clo. - Ravcro Vqilielmiru. • Raviolo. Rinn -
Raviua Silvia - Rivono Miria - Riz,o \\1ariA • Rizzali Antonia - R005i
Giorgina • Rubino G1u1cpp,, • Ruffino Giovanni • Ru..o G11.1sepl><' •
Rus,o GraZ'.iclt. • Sacchetti ~ina Saccbc110 n,a. taine • Sacchi In..
Salmdria I. • Santcrini Flconon - Santonicola Giuseppe - Sinio Cllludia -
Savanno Mana Antom• - Sca«ialupi Carolina - Saglio1ti Ernesta - Sen-
àno Pietro • Sogbi Anaelll - Sp•snoli Pia veci. C lccone • Tamborini Ge-
nodla - Taruunl famt,tlia - Uglìetu Aldo • Vali,,.., PàtnZÙl Vascbetl0
Fn,nccscn • Vcnuti An1111 • Viiranò frlltelli • Virano Oddino • Viretto Mar-
ghttita - Vittadello Te.rea• - Znmbìno Luisn - Zuncl'll1 Ada - ZucchO!tLÌ
Giulio.
33

4.4 Page 34

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SALESIANI DEFUNTI
Sac. Antonio Rossi t • Torino a 7, anni.
lliccvuta la veste cbicricale dn Don llinaldi
partl per il Venezuela, ove fu assistente, inse-
gnante, infermiere, confessore. Tornato in
Italia per motivi dì salute, consacrò le dn1a-
nenti energie. come confessore, e poi s)immolò
lenta mente nel silen~io delle caae di riposo.
Sac. Giulio Perasslnl t Faenza (Ravenna)
a 84 anni.
Per i7 onni fu direttore in Varie Ca.se sale•
siane e per sei ispettore-: amabile, gene.roso,
ricco d1 comprensione• .Kegli anoi della guerra,
con spirito di carità, spalancò le porte della
casa di Faenza, senza ca.lcoli di nessun ge-
nere.~ o. tutti i bisognosi dl assistenza, allog-
gio, aiuto materiale e morale. E proprio qui,
dopo a-nni di sofferenza, ricevette l'invito di
Dio o passare all'altra sponda.
Sac. Giuseppe Ferret'O t a Chieri (Torino) a
6~ anoi.
La sua vocazione sbocciò alJ'oratorio, e nel-
l'oratorio prof-use le sue doti migliori. Anche
quando fu chiamato a servire come parroco e
come dircnorc, continuò ad avere la bontA
e )a freschezza del clima oratoriano salesiano.
Negli u.Jti mi anni co·municò questa sua bontà
agli aspiranti di Chieti, che lo sentirono ve-
ramente padre.
Coad, Lorenz.o Brogliato t a Cavalese (Tre.nto)
a 5S anni.
Lo ricordano tutti per quel suo modo di fore
e irrompente e cordialone •. Tante Case sale-
siane del Veneto ricordano il suo r:iervizio in-
telligente, pronto e tutto fare: animatore della
scuola, del teatro, del movimento missionario,
degli exallievi. L 1ultima sua geniale iniziativa
fu una « tnarcio.longa • in montagna a beneficio
dei lebbrosi.
Sac:. Giovanni Montaldo t u Vallecrosia
(Imperia) a 86 anni.
Fu tra i giovani consigliere e insegnante im-
pareg~iabilc. Fu aperto, nonostante l'età, ai
nuovi ori.zzonri della Chiesa e della Congre..
ga~one. Fu sorretto fino alla fine da una fede
limpida e forte.
Coad. Giacomo Ferrari t n Tokyo a 65
anni.
~ato a Milano, andò in Giappone non so1o
come lavoratore, ma come autentico missio...
nario, con il desiderio .rinnovato ogni giorno
di comun,ica.cc il messaggio di Cristo.
Sac. Alfredo Di Crosta t a Faido (Svizzera)
a 69 anni.
Nato a Cerreto Sannita (Benevento), fu or-
fano n pochi anni. Entrò tra gli aspiranti sa-
lesiani e divenne figlio di Don Bosco. Fu per
un trentennio fn.is!tionario io Medio Oriente..
Negli ultimi anni lavorò in Italia, con spi.rito
zelante, discreto, pronco al sacrifi.010.
Coad. Paolo Doldl t a Roma a 69 anni.
Tra.scorse l3 sua vita religiosa parc:c come
missionario in Ci_na, parte alle Catacombe di
S. Callisto. La Grazia supplì i:1 lui h modesta
cultura. Fu esemplare nell'osservanza e ne.Ila
laboriosità.
Sac. Temis tocle La Leta t a Beirut (Li-
bano) a 92 anni.
Nei suoi anni be.ili fu direttore apprezzato
anche dn autorità religiose e ci vili. 1n età
a\\•anzata non esitò a prestare la sua opera
come a.ssist~nte, oltreché come confessore.
Di pietà semplice e profonda, si spense invo-
cando la Madonna.
Sac. Giovanni Svirnelis t a Frascati (Roma)
a 60 anni.
Per trentun anni fu apostolo ..zelante e infati-
cabile in India, l<>trando con la salute frngjle.
Costretto a tornare in Itn.Jfa~ aiutò di lontano
le sue miss.ioni radunando un folto gruppo
di benefattori. Dall'India povera attinse l'a-
more alla povertà.
Coad. Sante Borboni t a Roma a 66 anni.
Orfano dei genitori ancora (anciullo, trovò
In sua nuova famiglia in Congregazione. dove
svolse umili mansioni con esemplare docilità.
Fu al servizio di due vescovi: mons. rvtunerati
e mons. Rotolo. Lascia u.n caro ricordo di gio-
viale serenità.
COOPERATORI DEFUNTI
Assunta Gobetti t a 87 anni
Ci scrive dall'Lndia il miss.ionario don Luigi
Oobetti: Il I -f. agosto mori mia ma mmA
"Assunta.,, nella vigilia della ~un testa. 87
anni. Sebbene sia l'unic:o figlio rima.stole,
non potei es.serie accanto. Era pia, laboriosa,
trnnquill.a ,. Le msmme dei missionari n--ieritano
un po1to .speciale, nella Casa di Dio.
Alberto Bosco t Torino • 7 t anni
Fratello di un soce.rdote, papà di un sacerdote
salesiano, visse gli ultimì anni nella compagnia
e nel conforto dei Salcsinni di Valdocco. Fa-
ceva scorrere più volte la corona del rosario
nelle mani stanclie, e appoggiandosi al ba-
st one si spingeva fino alla B311ilica dell1Au-
s iliatrice. Diceva: « Sono diventato un po' &a...
lesiano anch'io>.
Anna TomasellJ In RlnaJ.di t u Strigno
(Trento) a 87 anni.
~1-nmma dj otto bambini, rimasta vedova,
non si chiuse ne.1 dolore ma si aprl e.on ge-
nerosità ad aiutare H prossimo :l.llche nci duri
nnni della guerra. Una delle sue figlie, Amelfa,
divenne Figlia di :',farla Ausiliatrice, e la Ma-
donna prese veramente il suo poMo nella fa-
miglia, dondolo fede e forza.
Marianna Rla ola Albl=atl t a 94 anni.
L'Ausilintric.e e Don Bosco furono sempre «di
casa presso di lei. L'unica assidua letrura,
fino a qualche settimana prima che Dio la
chiamasse, fu il Bolfrttirzo So/e,iano.
Elvira D'Orasl ved, Badiale t a FrJ>scati
(Ron,a) a 78 anni.
Cooperatrice salesiana, aiutò in mille modi
l'oratorio solesiano, con entusiasmo, ottimismo.
La sua casa, dove educò i t uoi figli con la
fede semplice e profonda di Don Bosco, di-
venne una piccola casa salesiana.
Vittore Ferrar! t a Genova a 62 anni,
Suo p:ipà. alunno a Valdocco, aveva cono-
sciuto personalmente Don Bosco. Vitto.re fu
allievo sa lesiano n Sampierdarcna, e passò
la vita tra gli affetti familiari, il lavoro, e nu--
rnerose opere di bene verso gli umili e i. biso-
gnosi.
Dott. Leonardo Patanè t a MMcali (Catania)
Cooperar.ore di vero spirlto sales-iano, esercitò
la professione medica come un'aut-entica mìs--
sione, a beneficio di rutti e &pccialmente dei
poveri. L ' Eucarestia gli dava la forza di ser..
vire Cristo nei fratelli.
Santa RudUO%SO t a Scaletta (Messina) a
91 anni.
Era unn donna buona, sincera, incapace di
malizia. Amava tanto ~10.ria Ausiliatrice, e
leggeva con assiduità e interc55e. il Bollettino
Sal~siano.
Carissima Federic:ls ved. Contardo t a
Rh'e d'Arcano (Udine) n 92 anni.
Fu donna di fede soda. Amò S. Giovanni
Bosco e aiutò le sue opere. .Nella sua infer-
mità, anche negli ultimi momenti, invocò
Don Bosco che certamente l'accompainò al
$ignare.
ND Anna Maria Buffa dl Bard t a Pi••·
Nobile di nascita, dimtmticò ogni eticherra
per essere sempre presente dove il dolore e
la necessiti dei frate.Ili la chiamavano. Sop-
portò grandi sacrifici, anche quello di elemo-
sinare, per aiuta.re i poveri e le opere di bene.
Fu crocerossina eroica durante la guerra. Af-
fezionnrissi n1a Cooperatrice, si cons.iderb sem-
pre sales.iana, non. solo aiutando l'Opera di
Don Bosco ma vivendone lo spirito.
COMM- AVV. ORAZIO QUAGLIA, DEL
CONSIGLIO SUPERIORE DEI COOPERA·
TORI SALESIANI t a Torino a 8S anni.
Eminente figura del foro torinese. penalista
d.i fama, cattolico esemplare. Fu carissimo
al Se.rvo di_ Dio don Filippo Rinateli, .i don
Ricaldone, don Ziggiotti e don Ricccri. Ami-
cissimo del compianto don Giraudi. Fu scelto
c:ome rappresentante dei Cooperatori per
vari (:ongressi in Italia. e all'estero. Aveva
approfondito con buoni studi la conoscenza
di Don Bosco e della sua Opera, e fu brillante
celebratore dei nostri Santi. 11 suo serviz:lo
civile e il suo impegno apostolico resero pre-
ziosa la sua vita in tanti casj pietosi. Portava
abitualmente con sé la Sacra Scrittura, su
cui meditava nei frequenti viaggi. Fu vera-
mente un Cooperntore secondo lo spirito di
Don Bos.co. La Congregazione ne serba cara
e gratissima memoria, e lo raccomanda alln
preghier-o. di tutti i Cooperatori e amici del-
l'Opera Salesian•.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Edvige Carlini - Emilio Della Libera - Maria
Pompanin ... Luigi 'I1aJamonti - Pierina Vinante.
I
I
LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, riconosciuts giuridicamente con D.P. del 2-9•1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALE-
SIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO. avente personalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere Legati ed
Eredità. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: « ... lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sede In Roma (oppure all'Istituto SslBsiano per le Missioni con sede
in Torino) a titolo di legato la somma al lire .••... . •. (orpure) l'immobile sito In . ... ».
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro dai due Enti su indicati, la formula potrebbe essere questa:
«... Annullo ogni mia precedente disposìzione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direzione Gener11/s Opere Don Bo.sco con sede In Rame
{oppure l'Istituto Salesiano per le Mlssfoni con sede in Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo».
34 (luogo e data)
(firma per disteso)

4.5 Page 35

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crociata
TOTALE MINIMO PER BORSA L. 60.000 • Avvertiamo che I■ pub•
bllcazione di une Boru Incompleta s i effettua quando Il vernmento
lnWale raggiunge la ■omm• d i L 25.000, ovvero quando tale s omma
viene raggiunta con offerte succeuive. Non potendo fondere una Borsa.
si può contribuire con qualsiasi somma a completare Borse già fondato
BORSE COMPLETE
Borsa: T.n onore dJ Mar ia SS. Au-
alllatrlce e <li S. Giovanni Bosco,
i1N<Jeando prott::iom p,-r 11 {1W i
n,oi cari. A cura di C,onnni Ob«:no,
,\\neo"", L. 400.000.
Don.a: Maria SS. AusiUiurlce p,r
un thùn·co mÙSlònario J>(lt.•tro. A cura
di S.•\\., L. 250.000.
Borsa: Angela Pennelli, n cura dei
rì(,r:li, paremi e amici di S. Giovnnni
Rotondo, L. ,50.000.
.Borsa: Cuore mlHrlcordloso di
Gesù. A curo d, un cxollicvo ricono-
tccnte, L. 100.000.
Don.a: Cuore materno di Maria
SS. Ausiliatrice. A cura di un ex
allit"vo .r"iconosccntc. L. a00.000.
Borsa: Gesù, Marill, Giuseppe. A
cura un cx.allievo riconoscente,
1.. 100.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco. A curo
di un exallievo ricon08C::t:J1titl, L. 100
mli•.
Bor..a: S. Domenico Savio. A cura
di un èX3.ll.ie.vo ricon~nte1 li.ce
100.000.
Borsa: Santi Salesiani. A cur.a di
un exallievo riconoscunte, L. 100.000.
Boru: Beato Don Michele Rtlll.
A C'\\H''tl di un enllic,·n riQOno1Cc1ue.
L. ,00.000.
80nm: Santa Mnrla Oorc11l. A
curn di un exaJllcvo riconoscente,
L . 100.000.
Bon;a: Santa Rita da C:lSc:in. •\\ cura
di un ex:tllievo riçonos<:cnu~, L. 100
m•b..
Borsa: Papa Giovannl XXIII, don
Albera, don R.lnaldl e Padre Pio.
A cun di un exaUicvo rit:Onotcenre.
L. 100.000.
Bon;a: Don Plelro Berruti i11 suf-
fragio di <:. oro/i11a Gaì. A cura di
Cctiimn e:: Secondo Siulh1no, Torino,
I.. 100.000.
Bonia: Gesù Eucare.-U:& e Maria
SS. Au.sillatrice. A cun dtlle M>-
rcllo defunte Francesca e Z.lal'Ìtl Ca-
pello (per ~ o n c 1cstament.1-
ri•). L. 100.000.
801"53: S. Giovanni Bo$oo e S. Do-
menico Savio, in suJ]rozio dtl d•funto
fratti/o Antonio. A curo delle defunte
,on,lle Fmncescu e Morin Capello
(per disposizione tctlllmcnt~riu), lire
100.000. '
Borsa: Beato Don Mlcbcle Rua.
A cura delle dcfurttc oorclle Fr:in-
«aca e ~arim Capello (per dìsposi-
%Ìonc tcstamcntacLl), L. 100.000.
Borsa: A S. Domenlco Savio, in
rillJ{Ta::ià,,10,to per la /tlu, ntt<t'Ìla di
Lucia. A cura di Oit><gio e Lu~
Rìv•, Schio (Vicenz•J, L. 100.000.
Borsa: A Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, i11 ri,i,ro1'io-
mtmo ti per olttJn~re lt1 t:omJ,ldt1 gua-
n,,:10,z~ di mio martto. A curo di
L. S.. Torino, L. 100.000.
llorso: A Maria SS. Awlllatr ice
ed a S. Giovanni ll<Kc:o, rn ,uJ]r,qw
dri m{ti cari dr-Junlt. ,\\ cura di N.N.,
L. 6o.ooo.
Borsa: Marln SS. Ausillatrlc:e, S.
G iovanni Bosco, s. Domenico
Savio e Sonii Salesiani, 111pp/iea11do
fTo•ia p,, mia figlia i11uocan//o p~o-
tu.iom po "'~ Il! f)Er tulli i mit.i tttn",
A cun di Su,lla Carlott11 ved. Parodi.
Genova, L. 50.000.
Borsa: Don Seriè, Ì/1 riqrtu:io111tnto
a Mon"a Ausilu,tri<t a S. Ci11<,a11m
Bom, td invo<ando ,miiwu:a r,:r, mio
marito. A cura di Ach Sec!,i,, .\\JN-
u.ndria, J,.,. 50.000.
Borsa: Mnrfa SS. Auslllolr lco. A
curn di Lucio do Alassio, L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco. A cura
di F. O. L. dtt Alassio, L. 50,000.
Borsa: Maria 55. Auslllatrlee, A
cura di F. O. L. da ~bssio, L. 50.000.
Borsa: Marl3 SS. Ausiliatrice, S.
GloYannl Bosco e S. Domen ico
S:1.vlo rlconosc:contl per pre~iosa
gra:da ricevuta e per ottenere
ancora uluto. A cura dei coniug-i
Innocenzo e J...c11a Francloai, Ni:u,,t
Monforr.10 (Asri), L. 50,000.
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