Bollettino_Salesiano_199303


Bollettino_Salesiano_199303



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1.2 Page 2

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O[b
RIPENSANDO A
ccSANTO DOMINGO»
globale della storia includendo an-
che tutto l'ordine temporale.
Così i Vescovi hanno potuto dare
della Nuova Evangelizzazione una
descrizione operativa realistica: un
Vangelo . che riallaccia l'alleanza
dell ' uomo con Dio ; una verità stori-
Erano più di 350 i partecipanti
alla 4a Conferenza generale
dell'Episcopato latinoameri-
cano che si è svolta a Santo Domin-
go, capitale della Repubblica Domi-
nicana, nell'ottobre scorso.
Nell'ampia aula delle riunioni
campeggiava un'icona di Nostra Si-
gnora di Guadalupe con quel suo
materno e attraente volto meticcio,
posta a ispirare il lavoro dell' As-
semblea.
Vi partecipavano anche un cardi-
nale (monsignor Miguel Obando
Bravo) con altri undici vescovi sale-
siani; e inoltre il Rettor Maggiore
con tre confratelli preti e due Figlie
di Maria Ausiliatrice. Essi rappre-
sentavano più di 10.300 confratelli e
consorelle che operano attualmente
in quei Paesi (4.709 SDB e 5.624
FMA).
È stato un evento ecclesiale, in ri-
sposta alle grandi interpellanze del-
1'attualità. Il tema era «.Nuova
Evangelizzazione - Promozione uma-
na - Cultura cristiana - Gesù Cristo
ieri, oggi e sempre (Eb 13, 8)» . È sta-
to svolto, non con una prospettiva
di «rievangelizzazione» e neppure
come una ricerca dottrinale, ma con
intento direttamente operativo e di-
namico per individuare un insieme
di condizioni e di mezzi atti a far
scoprire più a fondo il mistero di
Cristo e a farne applicare le ricchez-
ze alla vita dell'uomo.
La conflittualità tra le due grandi
ideologie materialiste dell'Est e del-
l'Ovest reclamava - già da Medel-
lfn e da Puebla - un forte rinnova-
mento degli impegni pastorali. Ca-
duto il socialismo reale, sorgeva il
pericolo di uno spostamento a favo-
re di una visione neoliberale dei
problemi sociali. I Vescovi hanno
voluto trascendere esplicitamente i
2 - 1 MARZO 1993
Bogotà (Colombia). Don Viganò con i 27 ispettori americani . In occasione
della Conferenza di Santo Domingo, il Rettor Maggiore ha convocato la
prima assemblea panamericana degli ispettori salesiani.
pericoli di questa bipolarità tempo-
ralista. Hanno affermato l'indi-
spensabilità di concentrare l'atten-
zione sull'uomo reale, nelle situa-
zioni drammatiche del suo contesto.
E per conoscere a fondo questo uo-
mo concreto hanno scelto come
punto di partenza la considerazione
di «Gesù Cristo - Uomo nuovo ».
Egli, infatti, conosce meglio di tutti
che cos'è l'uomo. «Cristo sa - ha
detto il Papa - cosa è dentro l'uo-
mo . Solo Lui lo sa! Oggi così spesso
l'uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo
· cuore; perciò è incerto del senso del-
la sua vita su questa terra». Cristo è
vero uomo; ma non è qualunque
uomo; solo Lui è anche vero Dio:
non è semplicemente un profeta, un
taumaturgo o un guru. La sua asso-
luta unicità illumina il significato
ca che promuove l'uomo liberando-
lo dalle ingiustizie e dal peccato;
una realtà genuinamente umana che
dialoga con le culture per incarnarsi
in ciascuna di esse perfezionandole
e purificandole.
La Nuova Evangelizzazione sarà
autentica se allo stesso tempo cate-
chizza, promuove, e si incultura. La
sua novità va radicata in primo luo-
go nella coscienza della centralità e
luminosità di Cristo il Signore: l'e-
vangelizzatore deve essere un suo
discepolo convinto! A tal fine si è
insistito sulla cura di una rinnovata
spiritualità nella Chiesa; solo così si
potrà dare «cittadinanza» e «con-
temporaneità» al Vangelo , come
energia che cambia il mondo .
Don Egidio Viganò

1.3 Page 3

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~ il
Quindicinale di
informazione e cultura
religiosa edito
dalla Congregazione
Salesiana di
San Giovanni Bosco
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VAN,NA
Redazione: Margherita Dal Lago Giancarlo
De Nicolò • Eugenio Fizzotti Francesco Motto
Collaboratori: Teresio Bosco • Ernesto Calloni •
Giuseppina Cudemo • Graziella Curti Serge
Duhayon · Bruno Ferrere Sergio Giordani
Margherita Maderni • Antonio Méllda
Jean-Françols Meurs Pietro Moschetto Angelo
Montonati • Gaetano Nanetti • Nicola Palmisano
Angelo Paoluzi • Alessandro Risso Silvano
Stracca
Fotoreporter: Cipriano De Maria . Franco Marzi
Carla Morselli Guerrino Pera Pietro
Scalabrlno
Progetto grafico e Impaginazione:
Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: SEI p.a. Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
• Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione Invita a mandare
notizie e foto riguardanti la Famiglia Salesiana e
s'impegna a pubblicarle relativamente alle
esigenze redazionali. Testi e materiali inviati
non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Pasquale Massaro) - Via
Marsala 42 • 00185 Roma• Tel. (06) 44.60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in oltre 40 edizioni
nazionali e 19 lingue diverse (tiratura annua
oltre 1O milioni di copie) In: Antille (a Santo
Domingo) Argentina Australia Austria -
Belgio (In fiammingo) • Boemia - Bolivia -
Brasile Canada Centro America (in
Guatemala) - CIie - Cina (a Hong Kong) -
Colombia • Croazia Ecuador • FIiippine
Francia • Germania Giappone - India (In
inglese, melayalam, tamil e telugu) Irlanda -
Gran Bretagna • Italia • Korea del Sud
Lituania (edito a Roma) - Malta - Messico -
Olanda • Paraguay Perù Polonia •
Portogallo • Slovacchia Slovenia • Spagna •
Stati Uniti • Thailandia • Ungheria - Uruguay
Venezuela Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo
richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta ,
nei 'limiti del possibile.
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vecchio.
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Fax 06/65.92.929
Conto corr. post.
n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere
Don Bosco, Roma.
IN. QUESTO NUMERO
1 Marzo 1993
Anno 117
Numero 5
In copertina, giovane
Xavante (foto SAF). Qui di
fianco, padre Gonçalo
Ochoa, missionario a Meruri
(dossier missionario alle
pagg. 19-26)
2 IL RETTOR MAGGIORE
Ripensando a «Santo Domingo»
di Don Egidio Viganò
10 DALLE MISSIONI
Madagascar: l'oratorio
è la carta vincente
di Margherita Dal Lago
14 PROBLEMI SOCIALI
L'elemosina non basta
di Mario Giordano
19 DOSSIER MISSIONARIO
Bororos e Xavantes ieri ,
oggi e domani:
• Una missione fortemente voluta
• A difesa della loro identità culturale
• Quale futuro per Bororos
e Xavantes?
a cura di Antonio Mélida
2 7 L'intervista:
~n:20 Bi~Qi, la fi;lmiglia,
1 giovani, 11 razzismo.
27 L'INTERVISTA
Ciò che facciamo non muore con noi
di Giuseppina Cudemo
30 PROTAGONISTI
Luigi Papaiz ha saldato il conto
di Angelo Montonati
34 IL BEATO MICHELE RUA
Il primo prete salesiano
di Teresio Bosco
37 MOVIMENTI GIOVANILI
Gli Amici Domenico Savio
di Umberto De Vanna
RUBRICHE
Lettere, 4 - In Italia e nel Mondo, 6 -
BS Domanda, 8 - Prima Pagina, 9 -
Come Don Bosco, 13 - Home Vi-
deo, 17 Osservatorio, 18 - Libri, 29 -
Il Diario di Andrea, 33 - Solidarie-
tà, 40 - Morti, 41 - I Nostri Santi , 42 -
In Primo Piano, 43
3OLuigi Papaiz:
Con Don Bosco
ho saldato il conto.
1 MARZO 1993 3

1.4 Page 4

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LA PREGHIERA DI FA-
BIO. «Mio figlio Fabio è
mancato a 26 anni. Dall'età
di 13 anni viveva su una car-
rozzella. Sèrisse la preghiera
che vi mando, in occasione
di una Via Crucis, che fece
portando egli stesso la croce
sulla carrozzella. Ringrazio
sempre Dio di tutto: anche
nella sofferenza mi dà la
forza di essere serena».
La mamma di Fabio
e Andrea, Roma
ropa, e va bene: è un tema
di attualità. Mi domando
però se a volte non ci riem-
piamo di parole. Ciò che vo-
glio dire è questo: non sa-
rebbe meglio cercare prima
di fare comunione tra di
noi, in famiglia, nel proprio
palazzo e poi sperare in una
unione di popoli con storie e
mentalità diverse? Non ci
sarà mai una vera unione
europea se non avremo pri-
ma una vera disponibilità ad
aprirci agli altri».
e a-r ..,-._:;;; A..II ' - - - - - - - - - - .
'{
~ -~::-;.,---,,
Riportiamo volentieri qual-
che passaggio della bella Luciana Mezzone, Roma
preghiera di Fabio. Nata
dalla .sua esperienza, espri-
me una fede davvero singo-
lare: «Signore, prendo la
mia croce oggi, e ti seguo,
sapendo che tu mi hai prece-
duto sul Calvario. Aiutami
perché non ceda mai allo
scoraggiamento, allo scetti-
cismo, o, semplicemente, al-
l'abitudine. Tu conosci il
motivo del mio scoraggia-
mento: è la salute, ma anche
l'impossibilità di correre, di
cantare come vorrei, di aiu-
tare gli altri come vorrei.
Perdonami per tutte le volte
che ho ceduto e sono cadu-
to. Ma credo, Signore, che
tu mi giudicherai più sul de-
OPERAZIONE COMMER-
CIALE? «II BS è sempre più
bello, ma proprio non avrei
creduto che anche voi vi pie-
gaste a fare pubblicità per
quella che è una indovinata
operazione commerciale.
Sul numero di ottobre Giu-
seppina Cudemo dà un giu-
dizio benevolo sui due best-
seller che presenterebbero i
pensiéri dei ragazzi sulla re-
ligione. Già prendendo in
mano il primo libro ''Io spe-
riamo che me la cavo'' si ca-
piva lontano un chilometro
che il 90% era stato scritto
dal maestro. Cosi negli altri
due libri. Se poi sono stati
- Sono Luigino Rossi. Ti ricordi di me?
vamo ignorarli? Volevamo
soltanto che noi educatori,
catechisti e genitori prendes-
simo atto della confusione
mentale che molti ragazzi si
ritrovano sugli argomenti
rei che trattaste anche que-
sto argomento. Anch'io poi
desidererei corrispondere
con il giovane detenuto di
Parigi: vorrei conoscerlo
meglio e aiutarlo a trovare
siderio e gli sforzi sinceri davvero dei ragazzini a scri- religiosi. L'articolo affer- serenità dove vive, in attesa
che ho fatto, piuttosto che
sul risultato. Aiutami a por-
vere, dimostrano che i loro
maestri non hanno insegna-
mava: «È superfluo sottoli-
neare l'importanza dell'in-
di trovare poi uscendo un
mondo migliore».
tare la croce di buon animo, to religione, ma hanno rac- segnamento religioso in fa-
così sarà essa a portarmi. contato frottole e che hanno miglia, dato non solo ·a pa-
Roberta Ischia
Aiutami a seguire la tua sulla coscienza il guazzabu- role, ma con l'esempio, e fin
Via Molini, 12
stessa strada, con la mano glio che hanno provocato in dai primissimi anni. Allora
23032 Bormio (So)
nella t1,1a, sicuro che se an- tante teste e che continuano sarà f aci/e chiarire gli equi-
che inciampassi in qualche a provocare pubblicando voci, dissipare i dubbi, cor- Parleremo certamente del-
sasso, non cadrò perché la questi libri. Cui prodest? reggere gli errori. Perché è 1'A CR. Quanto al giovane
tua mano mi sosterrà forte- Solo al portafoglio degli au- molto difficile insegnare re- detenuto di Parigi, pubblico
mente. Quando poi un gior- tori».
ligione ai bambini... ».
per lui il tuo indirizzo.
no sarò giunto davanti a Te,
in Paradiso, mi sentirò più a
mio agio, tra le tue forti
Lettera firmata, Torino
ROBERTA E L'ACR. «Ho
braccia. Ti canterò a pieni Le lettere che criticano sa- 14 anni. Mi è capitato tra le IL PICCOLO MARWIN.
polmoni il mio "grazie" che namente il BS sono le più mani il BS e devo dire che «Vorrei raccontarle la storia
avrò imparato a intonare gradite e ci sono di aiuto. mi ha fatto un'ottima im- della mia amicizia con il pic-
qui in terra, grazie alla mia Abbiamo fatto anche noi pressione. Comunque dopo colo Marwin, 8 anni, un· pi-
piccola croce!».
pubblicità ai due libri? Non averlo sfogliato, mi è cadu- nocchietto dalla figura gra-
era questa la nostra inten- to l'occhio sulla pagina delle cilissima, con il sorriso sem-
zione, e non siamo stati pa- lettere. Avrei una richiesta pre pronto e due ocçhi vispi
L'EUROPA VICINA A gati per farlo. Quei due libri da farvi. Frequento l'ACR che ti scrutano. Marwin
NOI. «Ringrazio per il ca- sono stati addirittura ven- (Azione Cattolica Ragazzi) canta in pubblico sugli auto-
lendario. È dedicato all'Eu- duti al supermercato: pote- da circa quattro anni e vor- bus della capitale e la gente
4 - 1 MARZO 1993

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o per divertimento o per pie- bole, che gli europei non me- la sua vita per il bene delle
tà gli dà un poco di elemosi- ritano rispetto e vanno deru- anime e si distinse come
na. Nessuno si scompone bati, che a chi non è arabo confessore e direttore spiri-
più per i suoi piedini scalzi e non bisogna dire la verità; tuale. Instancabile, sempre
la maglietta a brandelli e bruciò tutti i crocefissi che disponibile con tutti, era pa-
sporca. Sono tanti i ragazzi avevo in casa mia.. .».
ziente e umile. Sapeva rasse- La comunità cristiana sa
girovaghi per le strade!
renare e dare consiglio. Don di dover essere più
Marwin mi raccontava che
Lettera firmata, Angelini rese spiritualmente presente nel mondo
la sua è una famiglia nume-
rosa e che il patrigno lo pic-
chia forte. Per questo moti-
vo lui molte volte dorme per
le strade. Pensando al fred-
do notturno, lo invitai ad
Saint Vincent (Aosta)
Nonostante la drammaticità
della sua esperienza, che noi
abbiamo riportato solo in
parte, siamo convinti che
fecondi anche i nove anni
della sua malattia che lo co-
strinse a una dolorosa inat-
tività. La sua stanza di am-
malato era meta di continue
visite, ma eravamo noi a es-
della "comunicazione
globale". Ma non sa a
chi affidare il compito di
tradurre in video delicati
temi religiosi , culturali e ·
didattici.
andare a dormire da una fa-
miglia amica. Li fece un po'
di cena, si diverti a guardare
la TV. In' quella notte ci fu
un grande temporale e pen-
savo alle sue sofferenze se
l'avesse passata in mezzo a
una strada.. Al mattino do-
po comperammo maglietta,
scarpe e calzette al piccolo
cantante degli autobus e poi
lo invitammo a tornare dal-
la mamma, a casa sua, e gli
assicurammo che avrebbe
sempre potuto contare sulla
nostra amicizia e sul nostro
aiuto. Ho voluto rendervi
partecipi di questo piccolo
episodio che fa parte della
mia vita e del mio impegno
missionario in questa zona
della terra».
Fr. Francesco di Pasqua,
Tegucigalpa (Honduras)
questa realtà non escluda
l'altra e che non può essere
scordato il dovere di essere
solidali. Questa non è l'uni-
ca, ma certamente è una ri-
sposta cristiana al disagio di
chi cerca una possibilità di
vita nel nostro paese.
DIECI ANNI FA. «Voglio
ricordare don Pasquale An-
gelini, della comunità sale-
siana del Sacro Cuore in
Roma. Don Angelini spese
sere confortati da lui».
Assunta Serenellini, Roma
APPLICAZIONE DELLA
COSTITUZIONE. «Da ogni
parte si avverte la necessità
di una tempestiva e puntua-
le .applicazione della Costi-
tuzione italiana che all'art.
21 recita: "Sono vietate le
pubblicazioni a stampa, gli
spettacoli e tutte le altre ma-
nifestazioni contrarie al
buon costume''. Vorremmo
invitare il Bollettino Salesia-
no a trattare questi argo-
menti, anche per tentare di
occupare il silenzio degli al-
tri giornali».
«Coordinamento per la
promozione e la difesa
della dignità della persona»
Seguono 25 firme
NOVA T S .p.A.
PRODUZIONI TELEVISIVE
Via F. Bocca, 15
10132 Torino
Tel. (011) 890.455-894.271
Fax (011) 898.70.98
È una società in abito
ecclesiale con anni di
esperienza e
professionalità nel
settore delle produzioni
televisive.
Si muove su tutto il
territorio europeo. È
dotata di un grande
archivio di filmati girati
in Africa, Asia e America
Latina.
Realizza Documentari,
Reportages giornalistici,
Sussidi didattici,
Video missionari.
ANTONIETTA ALDRI-
TERZOMONDIALI IN ITA-
LIA. «Le considerazioni sul
"Natale del marocchino"
(cf ES/dicembre '92) nasco-
no dall'inesperienza. Vorrei
che voi e i vostri lettori apri-
ste gli occhi. Sono vissuto in
UOMINI NUOVI
serie di 12 posters
DALLA POLONIA. «Ho
70 anni e sono vedova. Mio
marito era un italiano. Ora
vivo sola: d'estate coltivo
l'orto, d'inverno leggo e
scrivo. Il BS /,lli rischiara gli
orizzonti, mi aiuta a supera-
GHETTI. «La Nuova Scin-
tilla», settimanale della dio-
cesi di Chioggia, ha dedica-
to un articolo a mia zia An-
tonietta, 97 anni, da sempre
"salesiana" . La zia legge,
discute, ricorda e ha una
memoria lucidissima».
Marocco e ho sposato un'a-
a 4 colori,
re la solitudine, la povertà,
raba con rito civile. Finché formato cm. 70x50, la vecchiaia, le sofferenze. Comm. Giorgio Aldrighetti,
viveva laggiù si comportava
carta patinata
Leggo e traduco anche per i
Chioggia
bene e si accontentava di
sacerdoti che conosco e i
poco. Ma quando ci trasfe-
rimmo in Italia, lei cambiò
Richiedere alle librerie
cattoliche o
miei familiari. Vi ricordo La ringraziamo per la se-
con molto affetto: ogni gnalazione e ci congratulia-
completamente. Oltre a fare
direttamente a:
giorno mi sveglio alle 4.30 mo con la zia, cooperatrice
spese pazze, non voleva più
fare nulla e, per di più, mi
tradiva con i suoi connazio-
nali. Diceva che noi italiani
non siamo uomini, perché
Centro Sussidi
Vocazionali
Suore Apostoline
Via Mole, 3
00040 Castelgandolfo / Rm
del mattino e fino alle 6 pre-
go per i miei cari e anche per
voi. Il Signore vi ripaghi lar-
gamente».
salesiana. La signorina An-
tonietta è stata presidente
diocesana di Azione Cattoli-
ca. Tra i ricordi più vivi, un
viaggio a Torino - Valsa/ice
non picchiamo le donne;
Tel. (06) 932 .03 .56
Genia Lasciali, per visitare la tomba dell'al-
che la nostra religione è de-
Nowy Zmigrad (Polonia) lora servo di Dio Don Bosco.
1 MARZO 1993 5

1.6 Page 6

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SLOVACCHIA
SANTA ISABEL (Brasile). Sulle rive del Rio Negro,
Figlie di Maria Ausiliatrice e salesiani mandano avanti
una parrocchia a servizio degli indigeni, con varie sta-
zioni missionarie. Le fotografie presentano gli inconte-
nibili ragazzini in acqua e alle prese con due taman-
dua (formichieri).
I GIOVANI
E DON BOSCO
In Slovacchia è stata tra-
dotta dall'italiano la prima
biografia di Don Bosco. Ste-
fan Sandtner, il traduttore,
ha scelto la biografia scritta
da Teresio Bosco, un grosso
volume di molte centinaia di
pagine. Per l'occasione i coo-
peratori slovacchi hanno or-
ganizzato una gara alla quale
hanno partecipato circa 500
giovani, fatta di quiz e di pro-
ve pratiche che si riferivano ai
I mestieri praticati da Giovan-
nino Bosco. Dopo una sele-
zione locale, c'è stata la fase
La locandina
della manifestazione
veneziana.
regionale e quella nazionale. I
giovani si sono mostrati abi-
lissimi nel rilegare libri e cuci-
re, nel fare giochi di prestigio
ed eseguire mini scenette tea-
trali. Le due vincitrici hanno
ottenuto in premio un sog-
giorno di nove giorni in Italia,
dove naturalmente hanno po-
tuto visitare le località che
avevano imparato a conosce-
re e ad amare attraverso il
libro.
Trnava (Slovacchia). ,
Lubka Kudelasova
e Anna Janoskova,
le giovani vincitrici
della gara «Seguire
Don Boscou.
GIAPPONE
GIOVANI
AL «YOUTH
FESTIVAL»
500 giovani e giovanissimi
di Chofu (Giappone) hanno
preso parte al «Youth Festival
92». Scopo dell'incontro, l'a-
nimazione dei vari gruppi gio-
vanili parrocchiali. È stata
un'esperienza gioiosa di gran-
de e simpatica partecipazione.
Dopo la messa all'aperto per-
formances sul tema «Gesù
nostra gioia» e durante il
pranzo musica rock eseguita
dal complesso musicale del-
l'oratorio e da quello dei gio-
vani salesiani. Nel pomeriggio
giochi per tutti. Uno degli
aspetti più costruttivi è stato il
coinvolgimento di 25 giovani
che hanno preparato e curato
l'organizzazione del festival
insieme ai salesiani.
I Chofu (Giappone).
«Youth Festival 92n:
un momento della
celebrazione eucaristica
all'aperto.
6 - 1 MARZO 1993

1.7 Page 7

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VENEZIA: RISORGE
LA «SU E ZO PER
I PONTI»
Domenica 14 marzo si terrà
la sedicesima edizione della
manifestazione podistica e
folcloristica «Su e zo per i
ponti di Venezia» . Nella cor-
nice di una delle città più belle
del mondo, la marcia si pro-
pone mete di solidarietà: rin-
saldare l'unità del gruppo che
partecipa, aiutare gli amici in
difficoltà, testimoniare gioia
e amicizia con estrosità e si-
gnificatività. Per informazio-
ni rivolgersi alla segreteria
«TGS Eurogroup» presso i
salesiani dell'isola di San
Giorgio a Venezia, te!. (041)
523.98 .85.
Don Nicola Palmisano. Era direttore a
Santeramo in Colle (Bari).
«Ha saputo farsi amare. Convinto
non-violento, ha avuto sempre il mas-
simo rispetto per le persone», così il
suo Vescovo ha ricordato don Nicola
Palmisano, morto prematuramente a
soli 52 anni. Don Nicola era un sale-
siano limpido e trasparente, incapace
della minima doppiezza. Pioniere nel-
le iniziative, sempre disponibile nelle
situazioni d'emergenza, come nei ter-
remoti del Friuli e di Salerno. A Foggia
fondò la Comunità Emmaus; per Na-
poli progettò l'Oratorio dai 1000 me-
stieri e il Centro Sociale Don Bosco.
Uomo libero, don Nicola godeva di
tanta stima e amicizia. Era contento di
scrivere per il Bollettino Salesiano: per
due anni ha curato la rubrica educati-
va, per parlare dei giovani d'oggi "co-
me Don Bosco".
L'«Associazione Mam-
ma Margherita» (associa-
zione di mamme di reli-
giosi e consacrati) della
lspettoria Veneta Est ha
festeggiato il primo anno
di fondazione andando a
conoscere da vicino la
terra in cui la mamma di
Don Bosco ha vissuto la
sua missione. Nella foto,
il gruppo dei pellegrini
davanti alla casetta dei
Becchi.
VALLECROSIA. La par-
rocchia-santuario Maria
Ausiliatrice di Vallecrosia
(Imperia) celebra que-
st'anno il centenario . La
presenza salesiana nella
città ligure fu voluta e
concordata personal-
mente dallo stesso Don
Bosco con l'allora vesco-
vo mons. Biale. Questa
parrocchia fu una delle
primissime affidate ai sa-
lesiani in Italia. La recen-
. te ristrutturazione ha po-
sto in evidenza con un
suggestivo simbolismo il
fonte battesimale (nella
foto).
1 MARZO 1993 7

1.8 Page 8

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·s,1s. e~ìlN1,tt·N1 A. - ~ • ' _.
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·-- •\\'.,.
COME PREGARE mango in voi. Voi rimanete in me!»
(Gv 15,4).
NEL CAOS
Allora, può andare a tutti i suoi la-
vori e affari , può affrontare l'agitazio-
DELLE CITTÀ?
ne e il rumore delle strade, dei nego-
zi e degli uffici, nella consapevolez-
za del suo tesoro interiore: l'unione
Risponde Joseph Aubry:
profonda con il Dio vivo. Il caos della
città non impedisce ch i ama sul se-
rio di amare di continuq: il marito, i fi-
Riprendo la domanda per formu - gli, il fidanzato, l'amico. Non impedi-
larla in maniera più profonda: «Co- sce neanche il credente di unirsi di
me si fa a vivere ancora " umana- continuo al suo Signore. Anzi : in tut-
mente" e " spiritualmente" nel caos to ciò che egli sperimenta, trova oc-
delle nostre città?». Saprai pregare casioni di ricordarlo, di pregarlo con
se hai la preoccupazione di salva- queste mini-preghiere del cuore o
guardare la tua interiorità, la tua ca- delle labbra che Don Bosco chiqma-
pacità di pensare e reagire «da per- va «dardi infuocati che mandano a
sona libera»•, non lasciandoti som- Dio gli affetti del cuore». Davanti alle
mergere dal flusso continuo delle in- cose belle e buone che vede: «Gra-
formazioni e delle eccitanti sensoria- zie, Signore!». Davanti alla multifor-
li, soffocare dalla polluzione visiva e me sofferenza che incontra: «Abbi
sonora che ci avvolge.
pietà, Signore!» . Davanti al peccato
Il cristiano che vuole vivere sul se- che gli si dilata intor110: «Perdono,
rio la sua feçle organizza il suo tem- Signore!». Quando si profila il cam-
po in maniera tale da riservarsi, ogni panile di una chiesa: ,<Ti adoro, Si-
giorno, qualche angolo di silenzio gnore!». Quando si prepara a qual-
per meditare la Parola e per pregare. . che incontro o affare: «Aiutami, Si-
Cinque minuti possono bastare, ·al gnore!».. . Perché la pr~ghiera «vita-
primo momento libero della giorna- le» non potrebbe diventare come un
ta. Ma bisogna volerlo e esservi fe- respiro dell'anima?
dele, convinto che questo è mille
volte più utile della colazione di ogni
mattinai In questo prezioso momen-
to, ridiventa attento e sveglio all'in-
sondabile presenza, nel profondo ~EDUCAZIONE
SESSUALE del suo cuore, di questo «Dio con
noi» che ci precede sempre: «Ri-
I
NELLA SCUOLA
Risponde Pietro Gianola:
Vivere in modo umano e spirituale
anche nella città.
8 - t MARZO 1993
Penso a un cammino ideale per la
educazione sessuale dei giovani
d 'oggi.
t..:avvio è della famiglia, della co-
munità di cultura e fede che trasmet-
te e coltiva i valori fondamentali ,
esempi , giudizi e norme circa le con-
dotte, motivi ·forti per scelte giuste,
filtrando gli influssi esterni.
Oggi segue la.necessità di un mo-
mento scientifico attorno a tutti gli
aspetti della vita e di:illa condotta
sessuale: a livello biologico, psicolo-
gico, filosofioo-spirituale, teolog ico e
culturale.
La famiglia da sola non può dare
tutto quel che i giovan j d'oggi devo-
La famiglia non basta da sola
a risolvere i problemi giovanili.
no ricevere sull'argomento. Senza i
contributi di una vera scuola, non
sono possibili la condotta, la convi-
venza, il confronto vincente delle
opinioni.
Il non volere la scuola, da parte
dei giovani o dei genitori , forse è già
segno di non capire la ricchezza te-
matica della vita sessuale e sessua-
ta, cioè di gran parte della vita.
Compito della scuola non è solo la
trasmissione della cultura e l'immis-
sione nelle professioni. È anche la
«mediazione culturale» della vita e
per la vita. Culturale significa seria,
vera, completa, critica.
Le perplessità vengono dal caos
culturale della nostra scuola debole
di sistemi di riferimento e consenso
chiari , confessati e rispettati. Con i
tempi che corrono sono comprendi-
bili i genitori che dicono NO all'edu-
cazione sessuale nella scuola.
Penso lo facciano con rincresci-
mento. Se escludiamo la scuola dal-
la educazione sessuale, dove met-
tiamo altrove il momento scientifico
di essa? Nqn bastano né famiglia,
né chiesa, né riferimenti occasionali
di ogni materia.
Se qualche scuola promuove e
propone, le famiglie valide. devono
prepararsi a dare battaglia. E loro di-
ritto e dovere avere più di un sospet-
to. Soprattutto vedere chiaro su temi
e programmi , contenuti di insegna-
mento, modi di orientare la educazio-
ne sessuale.

1.9 Page 9

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Sean Devereux, aiutante volonta-
rio di 28 anni, aveva rifiutato decisa-
mente la scorta armata, fatto norma-
le in questa terra africana, lacerata
da lotte continue. È stato colpito alla
schiena da un uomo armato mentre
ritornava di notte al «The United Na-
tions Children's Fund», fondazione
sistemata a Kismayu, dove egli era
manager progettista per conto delle
Nazioni Unite. Il mese scorso diversi
telespettatori lo hanno visto al noti-
ziario televisivo mentre parlava della
sua opposizione alle bande armate
che neutralizzavano ogni iniziativa
di soccorso.
Qualche settimana fa in una lette-
ra dal tono profetico alla sua parroc-
chia, aveva scritto: «Le armi condi-
zionano tutto qui, e chi ha più armi
comanda di più. Non posso passare
dalla mia casa all'ufficio (a 400 me-
tri), senza corpi di guardia ben ar-
mati. Paghiamo prezzi esorbitanti a
ogni piè sospinto per portare ai biso-
gnosi gli aiuti raccolti presso tante
persone buone. La Somalia è diven-
tata un paese senza legge. Le agen-
zie di soccorso prendono atto che
noi siamo continuamente soggetti al
ricatto e all'estorsione. Qui le autori-
tà sono proprio la mafia nera».
IL CORAGGIO. «Sono innumere-
voli gli uomini che possiedono armi
per sopravvivere. Ragazzi di 14 anni
rivivono i sogni e le avventure alla
Rambo, convinti di lottare per la li-
bertà. Abbiamo sbagliato tutto, allo-
ra? Forse dovremmo tirare avanti fi-
no a quando i Somali ci consentano
di lavorare liberamente. La mia vita
è fatta di alti e bassi : mi sento fru-
strato e stomacato quando devo
trattare con autorità, guardie e im-
prenditori. La loro avidità è davvero
disgustosa».
Ieri sera suo padre Dermot ha det-
to: «.Sean trovava cosa orribile dover
portare aiuti agli affamati d'Africa
contro tutto e contro tutti. Parlava
sempre con franchezza dell'anar-
chia di un paese dove la gente stava
soffrendo cosl tanto e dell'insensibi-
lità che li circondava. Questo può
avergli costata la vita!».
L'attacco assassino, nel porto
UCCISO
PER I SUOI
IDEALI
Sean Devereux, exa/lievo salesia-
no e cooperatore, è stato assassi-
nato in Somalia mentre prestava
servizio per le Nazioni Unite.
«Finché il mio cuore batte devo
fare ciò che penso di poter fare:
aiutare quanti sono meno fortuna-
ti di noi», aveva detto al padre.
sovente minacciato, ma il senso di
giustizia è sempre prevalso. Sua
principale preoccupazione era la
gente che stava morendo di fame e
lo sforzo di portare cibo e medicine
a tutti quelli che ne avevano biso-
gno. Stava sostenendo un lavoro
difficile cercando di portare speran-
za ovunque con varie iniziative. A di-
spetto di così gravi conflitti tra le va-
rie fazioni in guerra, egli diffondeva
speranza. Vedeva nei giovani il futu-
ro del paese.
Il signor Devereux, sua moglie
Maureen, infermiera distrettuale, e
le figlie Teresa e Tania, di 29 e 18
anni, avevano passato il Natale a
Nairobi (Kenya). Sean era adorato
dalle sorelle.
Sean Devereux nel periodo
in cui fu volontario in Liberia.
della Somalia del Sud a 250 miglia
dalla capitale Mogadiscio, ha posto
fine a una vita di coraggioso ideale.
«Parlavamo tanto dei pericoli e dei
rischi del suo lavoro», ricorda suo
padre, «ma la risposta era sempre
"Finché il mio cuore batte, devo
fare ciò che penso di poter fare,
aiutare cioè quanti sono meno
fortunati di noi"!».
Dermot Devereux, un irlandese di
55 anni, che lavora per Prince's
Trust, ricorda che suo figlio è stato
GIOVINEZZA INTENSA. Durante
-la sua vita, a scuola e all'università,
Sean era sempre stato un ragazzo
straordinario: primeggiava in tutto
quel che faceva. Frequentò la scuo-
la salesiana di Farnborough (Hamp-
shire), dove fu capoclasse e rappre-
sentante sportivo. Dopo aver studia-
to Educazione Fisica e Geografia al-
l'università di Birmingham, fu inse-
gnante al collegio salesiano di
Chertseynel Surrey, prima di partire
per la missione salesiana della Libe-
ria, regione a nord-ovest dell'Africa,
lacerata dalla guerra. Aveva avuto
le prime schermaglie con la morte
un anno fa, quando la sua scorta di
soccorso era stata intercettata dai
guerriglieri che lo malmenarono. Ma
lui cercava ancora di portare cibo e
medicine a tutto un campo di 14 mi-
la persone che morivano di fame .
Ma in Liberia la scuola della missio-
ne doveva essere presto chiusa a
causa delle lotte continue e Sean
passò alla vicina Monrovia. All'inizio
di quest'anno aveva raggiunto le
Nazioni Unite ed era stato inviato in
Somalia nel mese di luglio. Ma era
stanco del conflitto somalo. «Voleva
fare le cose che giudicava importan-
ti», ha detto suo padre. «Ma senza le
interferenze delle bande armate».
Richard Pendlebury
dal Dayly Mail
(traduzione di Luigi Masoero)
1 MARZO 1993 - 9

1.10 Page 10

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~ORATORIO
E' LA CARTA VINCENTE
di Margherita Dal Lago
Le opere salesiane
del Madagascar sono
tutte recenti. Figlie di
Maria Ausiliatrice e
salesiani lavorano nelle
stesse zone, in piena
collaborazione, mettendo
in comune le ricchezze
del loro carisma.
10 - 1 MARZO 1993
S uor Caterina Gionco fa parte
della prima spedizione missio-
naria nel Madagascar. Ha scelto il
lavoro pastorale in quell'isola dopo
una lunga esperienza nello Zaire.
Conoscendo bene la lingua france-
se, ha potuto gettarsi decisa a impa-
rare la lingua locale.
Nel Madagascar le Figlie di Maria
' Ausiliatrice sono presenti a Maha-
janga, Betafo e Ivato. Sono opere
tra loro piuttosto distanti e ciascuna
ha caratteristiche proprie. Suor Ca-
terina racconta a ruota libera del-
l'attività in queste opere, dei proble-
mi e delle urgenze. Noi raccogliamo
con la stessa libertà le sue informa-
zioni.
A Mahajanga l'oratorio
Mahajanga è il primo oratorio ed
è quello che ha dato l' impronta. Le
altre opere sorgendo hanno poi pre-
so lo stesso stile. L'oratorio è stata
la prima iniziativa ed è stato il pri-
mo stupore dei malgasci. L'oratorio

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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è quindi l'opera principale, anche se
attorno vi fiorisce un'intensa attivi-
scolastica e sanitaria e di "mis-
sione" nella brousse, la zona più in-
terna, isolata e povera. La scuola e
il dispensario occupano i locali più
belli, ma è la piazza davanti alla bel-
lissima chiesa di Mahajanga il tea-
tro delle prime conquiste.
«Abbiamo cominciato a giocare
con i ragazzi», ci dice suor Cateri-
na. «In cortile c'erano loro, ma ap-
pena più in là c'erano papà e mam-
me e i loro nonni che guardavano
incuriositi le suore. Non avevano
mai visto suore saltare e giocare,
correre su e giù come noi. Ce lo
hanno detto un anno dopo, quando
ormai la confidenza ci aveva reso
più vicini e aveva rotto le barriere,
e la loro richiesta è stata una sola:
non lasciateci mai, con voi la nostra
vita è cambiata» .
L'oratorio resta dunque la carta
vincente. Un oratorio povero di
mezzi, ma vivo nelle finalità. Con
l'aiuto di giovani animatori, che co-
noscono usi e costumi e soprattutto
I Qui e sopra il titolo, suor Caterina
tra i ragazzi e le famiglie. Sotto,
l'oratorio dei ragazzi è stata la
prima iniziativa tra i malgasci.
IN LIBRERIA - - - - - - .
I RACCONTI
DI
BRUNO FERRERO
le sfumature della loro lingua, si
stanno moltiplicando ·i centri anche
nella brousse.
Gli inizi di Betafo e di Ivato, le
due comunità venute in seguito, so-
no stati praticamente gli stessi. Iva-
to è l'ultima presenza in ordine di
tempo. Situata vicina all'aeroporto,
è più facilitata nei rapporti con la
città per incontri di formazione e di
aggiornamento, dove si viene a con-
tatto anche con gli altri religiosi del
paese.
Recentemente si è iniziata un'o-
pera nuova, esigente: l'internato
per le bambine che vengono da lon-
tano per frequentl,!re la scuola in cit-
tà e per quelle che non conoscono
l'affetto stabile di un padre e di una
madre. È un'esperienza che arric-
chisce anche le suore: ci si forma un
"cuore di madre" e si finisce per
donare senza sosta e si cammina vo-
lentieri con chi è meno fortunato.
Ma occorre una scuola
L'oratorio è la punta di diamante
che ha aperto i cuori della gente.
Diciassette storie
col nocciolo
Pagine 160. Lire 9.000.
Il canto del grillo
Pagine 80. Lire 5.000.
Quaranta storie
nel deserto
Pagine 80. Lire 5.000.
L'importante è la rosa
Pagine 80. Lire 5.000.
Tutte storie
Pagine 288. Lire 17.000.
Altre storie
Pagine 280. Lire 17.000
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN - TO
Tel. 011/95.91 .091
e/e Postale 8128
1 MARZO 1993 11

2.2 Page 12

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Ma appena le Figlie di Maria Ausi-
liatrice si sono accorte dei gravis'si-
mi problemi della scuola pubblica,
hanno aderito alla richiesta del ve-
scovo di aprire una scuola. Ma non
è una scuola ricca e per giovani be-
nestanti. Basta pensare che una fa-
miglia paga ogni mese l'equivalente
di un chilo di riso. Ma anche questo
pochissimo per le famiglie è un sa-
crificio. Eppure lo affrontano vo-
lentieri, perché hanno già capito che
l'educazione dei loro figli non ha
prezzo.
Le scarse informazioni ufficiali
che si possono avere a Mahajanga,
MADAGASCAR
Superficie: 587.041 kmq
Popolazione: quasi 10 milioni
Capitale: Antananarivo (Tanana-
rive)
Lingua: malgascio (nazionale),
francese
Rellglone: animisti (54%), cristiani
(40%), musulmani (5%)
,1
SDB e FMA: le tre opere delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice (presenti a
Mahajanga, lvato e Betafo) dipen-
dono dall'ispettoria Veneta Maria
Regina, che ha iniziato nel 1986
l'awentura missionaria in Madaga-
scar.
I salesiani sono presenti nell'isola
dal 1981 e attualmente hanno otto
opere. Sono presenti anch'essi co-
me le FMA a Mahajanga, lvato e
Betafo, ma si sono stanziati anche
a Bemaneviky, ljeli, Ankililoaka e
Flanaratsoa. Appoggiati finora dal-
le ispettorie della Sicilia, Sardegna,
Meridionale, Romana, e Veneta
est, i 43 salesiani hanno dato vita
anche a noviziato e post-noviziato e
dal 31 gennaio 1993 sono stati rico-
nosciuti come circoscrizione a sta-
tuto speciale.
r 12 - 1 ARZO 1993
Laboratorio di cucito.
luogo di porto che non offre grandi
possibilità di lavoro, ci dicono che il
48 per cento della popolazione è
analfabeta. In particolare è la don-
na a pagare il tributo più alto. Di
solito riesce a frequentare la prima
o la seconda elementare, poi abban-
dona la scuola per dedicarsi ai lavo-
ri di casa e ai fratellini. Se poi è pri-
mogenita, sulle sue spalle grava ben
presto il peso di tutta la sua fami-
glia. È però intervenendo sul fronte
dell'istruzione scolastica che si ri-
tarda l'immissione della ragazza nel
giro produttivo e si riesce a sottrarla
a molti pericoli. Aggiunge suor Ca-
terina: «Da noi è praticamente pos-
sibile inventare la scuola, fare pro-
getti speciali. Manca infatti una
scuola che prepari i maestri. Il no-
stro grande sogno è quello di aprire
una scuola che assomigli all'Istituto
Magistrale, perché se formiamo i
maestri miglioriamo il sistema sco-
lastico e i ragazzi avranno un futuro
migliore».
L'opera di Betafo, che si trova a
sud del paese ha già raccolto questa
sfida e sin dalPinizio le suore hanno
rilevato la piccola scuola che era ge-
stita dalle religiose di un'altra con-
gregazione. Ultimamente le Figlie di
Maria Ausiliatrice si sono fatte ap-
prezzare per aver tenuto un corso di
aggiornamento per insegnanti. Le
suore hanno fatto conoscere il me-
todo europeo della lettura e scrittu-
ra veloce.
Centralità della donna
Anche i salesiani sono presenti in
Madagascar. Ci sono andati nel
1981 e ora hanno otto opere e 43
confratelli. Salesiani e Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice hanno a cuore so-
prattutto la gioventù e sono preoc:-
cupati di suscitare giovani animato-
ri,- formarli e coinvolgerli nell'atti-
vità catechistica e pastorale. Sono i
giovani animatori e catechisti locali
a ottenere talvolta i maggiori suc-
cessi tra i piccoli malgasci. Ma la
preparazione catechistica è un pro-
blema serio e molto rimane da fare.
«Nonostante le difficoltà della lin-
gua, la nostra catechesi risulta più
vivace di quella dei catecHisti loca-
li», dice suor Caterina. «II popolo,
anche i bambini, ci ascoltano volen-
tieri. Ma in questo settore dobbia-
mo camminare di più, insieme a tut-
ta la diocesi».
Suor Caterina conclude con una
osservazione che apre grandi spazi
all'azione educativa al femminile
propria delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice: «In Madagascar ci sono più
donne che uomini. Ed è la donna
che per necessità educa i figli e lavo-
ra la terra del proprio podere». È
ciò che rende di grandissimo inte-
resse nell'isola il carisma tipico delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, che ha
trovato tra questa gente un terreno
fertilissimo.
Margherita Dal Lago

2.3 Page 13

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- . ' - - ... - -~·- ---.---.--- ~- ..... ~--.------......-- ~, ___,_____,..,..._...---~, -- ...,. - .------,----..~ - · ..,.- -- - "T---------- ~---...- - ·-
·,C~OM1E DO,N B:QS,CQ
·
di Bruno Ferrere.
«Si dia agio agli allievi di esprime-
re liberamente i loro pensieri», dice-
va Don Bosco ai suoi collaboratori.
Insisteva: «Li ascoltino, li lascino
parlare molto,,. Don Bosco, per pri-
mo, fu un esempio di "ascolto".
Una celebre fotografia lo ritrae du-
rante le confessioni dei ragazzi: tut-
ta la sua persona è in ascolto, assor-
bita nell'attenzione.
Le Memorie Biografiche (VI,
438-439) ricordano : «Nonostante le
sue molte e gravi occupazioni, era
sempre pronto ad accogliere in sua
camera, con un cuore di padre, quei
giovani che gli chiedevano un'u-
dienza particolare. Anzi voleva che
lo trattassero con grande familiarità
e non si lagnava mai dell'indiscre-
zione colla quale era da essi talora
importunato: Lasciava a ciascuno
piena libertà di fare domande,
esporre gravami, difese, scuse.. . Li
riceveva con lo stesso rispetto col
quale trattava i grandi signori. Li in-
vitava a sedere sul sofà, st~ndo egli
seduto al tavolino, e li ascolt_ava col-
la maggior attenzione come se le
cose da loro esposte fossero tutte
molto importanti ...».
La maggior parte dei genitori cre-
de di ascoltare i propri figli. Sembra
un'attività semplice e scontata. Ep-
pure quante volte mamma e papà
ascoltano veramente e sinceramen-
te, con piena attenzione ciò che i fi-
gli dicono, o cercano di dire?
«lo parlo, parlo, ma nessuno mi
ascolta», brontola Corinna (8 anni).
E Giuditta (7 anni): «Allora, la sera,
a letto, giro le spalle a tutti quanti,
mi metto contro il muro e mi parlo,
perché almeno io mi ascolto». Nella
salq-colloqui di un ì"stituto correzio-
nale, un giovane disse amaramente
al padre: «Papà, ti rendi conto che in
vent'anni è la prima volta che mi stai
ad ascoltare?». Spesso, quando i
genitori cercano di obbligare i figli a
parlare di un determinato problema,
non approdano a nulla, finiscono
per irritarsi a vicenda e la comunica-
zione si interrompe.
I PRINCIPALI OSTACOLI ALLA
COMUNICAZIONE FAMILIARE so-
no di solito la mancanza di tempo e
l'assillo dei problemi quotidiani, ma
PER FAVORE,
Ml ASCOLTI
UN MOMENTO?
I
Familiarità e ascolto,· per entrare
in dialogo.
anche il fatto che molti genitori "non
vogliono" ascoltare. Per ragioni a
volte profondamente inconsce, molti
genitori non vogliono conoscere i
problemi dei loro figli perché si sen-
tono in colpa: si ritengono responsa-
bili dei problemi o dell'infelicità dei
loro figli, si sentono a disagio e, di
conseguenza, tendono a negare •i lo-
ro sentimenti. Altri hanno paura di
ascoltare la verità. Si proteggono da
un senso di fallimento ignorando i
veri sentimenti dei loro figli.
A questo si deve aggiungere che
molti bambini e ragazzi si dimostra-
no, talvolta, restii a comunicare .
Confessare la propria gelosia o rab-
bia, ad esempio, sembra loro non
solo vergognoso, ma anche rischio-
so. Consentendo a mamma e papà
di vedere il loro lato negativo, temo-
no di perdere il loro affetto, di non
essere capiti , di suscitare la loro col-
lera o la loro disapprovazione. Sinto-
nizzarsi con i figli richiede un parti-
colare tipo di concentrazione e di
coraggio. Ecco una serie di semplici
strategie.
Ascoltare con piena atten-
zione. Occorre mostrare che si sta
ascoltando, dare la certezza ai ra-
gazzi che le loro parole arrivano a
destinazione.
Dare suggerimenti minimi.
Collocare nei momenti opportuni de-
gli spunti incoraggianti, come
«Già.. . deve essere stato difficile per
te ... e poi, che cosa è successo?».
Accettare il silenzio. In gene-
rale , abbiamo una grande paura del
silenzio. Ci si preoccupa di riempirlo
con predicozzi, consigli, domande,
battute senza senso. In realtà il si-
lenzio dà l'opportunità di riflettere
.su ciò che si sta ascoltando.
Non esprimere giudizi affret-
tati. Frasi come: «Quella è stata pro-
prio una cosa stupida da fare... Ma
quanto sei imbranato.. . cosa preten-
di. .. ma non ne combini una giusta»
bloccano la conversazione e la confi-
denza, i figli si mettono immediata-
mente sulla difensiva. L'attimo di
conversazione si perde ed è difficile
riconquistare la fiducia dei ragazzi,
dopo che si è awentatamente persa.
Evitare le soluzioni immedia-
te. Anche noi, quando abbiamo un
problema, giudichiamo sgradevoli i
sapientoni che si affrettano a dirci
che cosa dovremmo fare. Eppure è
così facile cascarci con i più piccoli.
Ci sono genitori che hanno le tasche
piene di "ricette". per i loro figli e
non pensano che se sono loro a tro-
vare le soluzioni, i figli cominciano a
pensare di essere incapaci a risolve-
re i propri problemì.
Riconoscere i sentimenti. Le
emozioni e i sentimenti dei piccoli
non sono "piccoli". Sono anzi più
sentiti e devastanti proprio perché i
piccoli non sanno ancora tenerli sot-
to controllo. I figli devono sentire
che i genitori comprendono e rico-
noscono che cosa provano e soprat-
tutto che non li lasciamo soli nel loro
problema.
Aiutare i figll ad elaborare
soluzioni proprie. E l'inizio di una
vera educazione positiva e costrutti-
va. Solo così i ragazzi si sentono re-
sponsabili di se stessi, ma non ab-
bandonati sul lungo cammino per di-
ventare grandi.
1 MA RZO 1993 - 13

2.4 Page 14

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PROBLEMI SOCIALI
L'ELEMOSINA
NON BASTA
di Mario Giordano
Sergio Barava/le, direttore
della Caritas di Torino,
spiega l'iniziativa della
diocesi di sospendere
l'elemosina alle porte
delle chiese.
I 1 primo novembre scorso alla
porta di tutte le parrocchie della
diocesi di Torino viene appeso un
messaggio, in arabo e in italiano.
"Caro fratello che elemosini davanti
alla nostra chiesa", c'è scritto, '·'è
mio dovere infarmarti che a partire
da domenica prossima inviteremo
tutti i cristiani a non dare più soldi o
comprare merce da te. Ti chiediamo
pertanto di non venire più davanti
alla nostra chiesa. Potrai trovare
ascolto ed eventualmente solidarietà,
rivolgendoti ad uno dei seguenti
centri...' '.
Scoppia la polemica. I cristiani
cacciano i marocchini, titolano i
giornali. Non vogliono più aiutare
gli stranieri, dice la voce che rimbal-
za per la città. E molti dei fedeli ,
cresciuti alla scuola della generosità,
si inalberano: «Abbiamo fatto l'ele-
mosina per anni, come possono ora
venirci a dire che tutto è sbagliato?».
La polemica sul Cottolengo
Passano appena poche settimane
e su Torino, la città del diavolo e dei
grandi santi sociali, si abbatte
un'altra tempesta. Lo showman
Maurizio Costanzo chiede dagli
schermi della tv la chiusura del Cot-
tolengo, l'istituto che da oltre cen-
tocinquant'anni dà un tetto alle per-
sone più emarginate, agli handicap-
14 · 1 MARZO 1993
- . - - --
patì gravi, agli anziani, ai barboni.
La Piccola Casa della Divina Prov-
videnza, come il beato Cottolengo
volle chiamare la sua opera prodi-
giosa, a ,Torino è un'istituzione.
L'offesa non può passare inosserva-
ta: insorge il cardinale Giovanni
Saldarini, insorgono intellettuali,
storici, benefattori, insorgono so-
prattutto i fratelli del Cottolengo e
le migliaia di volontari che ogni
gi0rno illuminano, silenziosamente,
con la loro opera e il loro sorriso
quel mondo di cupa disperazione.
La carità finisce dunque sulle pri-
me pagine dei giornali. Il dibattito
aperto dai due casi pone le radici su
temi molto profondi che vanno a
toccare l' essenza stessa del "fare ca-
rità'' . E proprio per questo merita-
no di essere approfonditi. «Non so-
no tanto i 400 questuanti alle porte
delle chiese che mi preoccupano»,
dice don Sergio Baravalle, direttore
della Caritas di Torino , che ha idea-
to e promosso l'iniziativa della dio-
cesi nei confronti dei ''fratelli extra-
comunitari", «quanto i quattrocen-
tomila cristiani che partecipano alla
Messa e si sentono dire ogni domeni-
ca "fate questo in memoria di me".
Questi fedeli non possono non av-

2.5 Page 15

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vertire la differenza fra l'esempio di
Gesù Cristo e le mille lire offerte
spesso di malavoglia, soltanto per
allontanare il fastidio di un mendi-
cante troppo noioso. Bisogna dun-
que cercare difàre un passo oltre fe-
lemosina, bisogna cercare forme di
carità più organizzate e più effi-
cienti» .
La carità
faccia un salto avanti
Nel libretto distribuito alle par-
rocchie per illustrare l'iniziativa ed
intitolato ''Olio e Vino'', secondo
l'insegnamento della parabola del
buon samaritano, l'economista Ma-
rio Deaglio spiega che ogni vuccum-
prd torinese guadagna fra le 600 e le
900 mila lire al mese. Mediamente
dunque, si può parlare di circa 9 mi-
lioni all'anno. Considerato che i
venditori ambulanti e i lavavetri
nell'area urbana sono circa diecimi-
la, significa che nelle loro tasche
viene versata ogni anno la conside-
revole cifra di 90 miliardi di lire. So-
lo a Torino. «Non vi è sfruttamen-
to», spiega Deaglio, «ma parassiti:
smo da parte di questi immigrati nei
confronti di chi li ospita, un fatto
tanto più grave si pensa che la stessa
somma spesa nei Paesi d'origine de-
gli extracomunitari o in maniera di-
versa qui da noi, potrebbe ottenere
risultati ben diversi. Dovremmo
quindi cercare di spendere magari di
più ma soprattutto di spendere me-
glio ».
«La beneficienza di centinaia di
persone», sostiene l' arcivescovo di
Torino, Giovanni Saldarini, «ri-
schia di finire nelle tasche di affitta-
camere e di simili. Bisogna dare or-
dine anche alla carità. Non è in que-
stione l'elemosina, che da sempre
per i cristiani testimonia la libertà
da ogni attaccamento al denaro , ma
la sua forma oggi. L'olio e il vino
della parabola del buon samaritano
possono appunto essere interpretate
come simboli di questa premura
fraterna che non accetta forme fret-
tolose e liquidatorie di carità, ma
diventa davvero, come ha scritto il
Papa nella çentesimus annus, "una
grande occasione per la crescita mo-
rale, culturale e anche economica
dell'intera umanità"».
La carità deve dunque fare un
salto in avanti. Da elemosina a soli-
darietà. «Non proponiamo l'impos-
sibile, non si tratta di indicazioni
spericolate o avventate», si giustifi-
ca don Baravalle. «Chiediamo sol-
tanto di imitare esperienze già speri-
mentate». E cita l'esempio de "Il ri-
paro", una società formata sei anni
fa da un gruppo di fedeli di una par-
rocchia torinese per dare ospitalità
agli extracomunitari. «Abbiamo
iniziato soltanto con la disponibilità.
e la buona volontà, toccati da una
predica del nostro parroco», spiega
uno dei responsabili, Piero Pieri.
«La nostra idea era quella di acqui-
stare o prendere in comodato dagli
enti pubblici edifici abbandonati e
ristrutturarli per metterli a disposi-
zione dei più bisognosi». Avevano
solo la buona volontà. Oggi hanno
a disposizione una settantina di ap-
partamenti e due grandi centri di ac-
coglienza, che ospitano più di quat-
trocento persone.
Ma !'«accoglienza» funziona?
Non tutti però hanno accolto pa-
cificamente le osservazioni della
Caritas. «In un momento di cre-
scente intolleranza», ha detto il fon-
datore del Gruppo Abele, don Luigi
Ciotti, «la proposta della curia po-
trebbe contribuire a creare ulteriori
campagne di emarginazione». Gli
ha fatto eco il sociologo Arnaldo
Bagnasco: «Sono d'accordo con i
contenuti del documento, ma temo
che molti possano utilizzarlo soltan-
to per giustificare i loro egoismi.
Una conseguenza indesiderata po-
trebbe essere la diminuzione degli
aiuti». Qualcuno degli altri opera-
tori "in trincea" ha fatto notare un
po' seccato: «Ma c9me si fa a dire
ad uno che tende la mano: passa dal
mio centro di accoglienza? Non lo
sanno in curia che i centri di acco-
glienza funzionano poco e male?
Non pensano a quello che la gente
può dire: la Chiesa è egoista, vuole
gestire da sola tutto il denaro del-
1' assistenza? E poi siamo seri: nei
centri non ci andrebbe nessuno di
quelli che oggi chiedono l'elemosina
fuori dalla Chiesa. I barboni non
vogliono sicuramente tradire il loro
stile di vita, gli extracomunitari
clandestini hanno paura di essere
@i-Mi-lJiJ·)47fJ·tl?UQl§/t-JJ Le invettive in tv e le imbarazzate .
I Maurizio Costanzo, duramente contestato per le sue presunte offese
al Cottolengo. Sotto il titolo, un giovane terzo mondiale che ha
trovato lavoro in Italia.
1 MARZO 1993-15

2.6 Page 16

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scoperti, gli zingari temono la sche-
datura. La proposta è dunque inat-
tuabile».
Ad alcuni mesi dalla famosa lette-
ra, quale bilancio si può tracciare
dell'iniziativa? Don Sergio Baraval-
le, rifarebbe tutto da capo? «Resto
convinto che l'iniziativa, se ben
compresa, è buona», risponde il di-
rettore della Caritas. «Ho avuto del-
le reazioni negative soltanto da chi
ha parlato senza approfondire bene
il tema, ma limitandosi alle interpre-
tazioni riduttive lette sui giornali.
Certo che si tratta di un'iniziativa
scomoda, ma chi ha detto che la ca-
rità cristiana deve essere comoda?».
«La carità», continua don Bara-
valle, «deve in realtà coinvolgere
ognuno di noi non solo nel fare be-
neficienza, ma nel dare qualcosa di
se stesso per esempio per aiutare i
fratelli bisognosi nella ricerca del la-
voro, o per dare loro un letto, op-
pure per sfamarli. Sono molto belle
anche le forme di adozione fra fa-
miglia e famiglia nate proprio a To-
rino. Dovrebbero essere sviluppate.
Quando non ci sono altre vie, allora
si può ricorrere all'elemosina in de-
naro. Ma questa dev'essere fatta co-
me si deve, con cordialità, con
gioia. Chiedendo perdono al signo-
re, come diceva San Vincenzo».
E il Cottolengo? Se la carità è
compito di tutti, come mai allora
devono esistere grandi istituti per
accogliere gli emarginati? Perché la
società non se ne accolla completa-
mente il peso? E "rinchiudere" an-
ziani ed handicappati fra quattro
mura non è un po' come sbarazzarsi
di loro?
Compito di tutti
II partito nemico di tutti gli istitu-
ti ha approfittato delle parole di
Costanzo per tornare alla carica. La
curia ha reagito per difendere la
Piccola Casa, i suoi religiosi e i suoi
volontari. Ma in fondo dire che bi-
sogna chiudere i grandi centri di ac-
coglienza e dire che la carità è com-
pito di tutti, non è la stessa cosa?
«II discorso è molto serio e proprio
per questo è ora di giocare a carte
scoperte», risponde ancora don Ba-
ravalle. «Basterebbe visitare il Cot-
tolengo per viocere ogni pregiudizio
ed ogni diffidenza. Ma il problema
16 - 1 MARZO 1993
Milano. Venditori ambulanti in piazza Duomo
è un altro. Qui c'è in gioco l'essenza
stessa del cristianesimo e perciò il
cardinàle ha fatto bene a reagire
con decisione_ Dev'essere chiarito
una volta per tutte che la qualità dei
servizi è data dalla persona, non
dalle mura, dalle strutture o dal nu-
mero dei vani. Il grande dono del
Cottolengo non può essere liquida-
to per alcuni pregiudizi sulla istitu-
zionalizzazione. Si tratta di un at-
teggiamento molto miope, per non
dire di più, che procede per formu-
le: gli istituti non funzionano, il re-
sto sì. Ma non è così semplice: ci so-
no esperienze di affidamento fami-
liare bellissime ed altre fallimentari.
E così l'istituzione può diventare un
lager e può essere luogo di santità.
Non è possibile criticare tutto a par-
tire da posizioni preconcette: ci so-
no, per fortuna, mille modi diversi
di fare la carità».
L'esempio della legge 180, quella
che chiuse i manicomi, è illuminan-
te_ L'idea non era sbagliata, gli
"ospedali per pazzi" erano dei veri
luoghi di tortura: ma che cosa nac-
que al loro posto? Nulla. Il peso dei
malati psichici fu lasciato cadere in-
teramente sulle famiglie, con la con-
seguente lunga catena di tragedie,
suicidi, morti sotto i treni, vite per-
dute lungo le strade e sotto i ponti.
Oggi il fallimento di quella che sulla
carta era una delle leggi più avanza-
te d'Europa è sotto gli occhi di tutti.
Ascoltando i vari Costanzo c'è il
rischio di ripetere la stessa esperien-
za con gli handicappati. Certo sa-
rebbe bello se ognuno di loro potes-
se vivere in famiglia. Sarebbe bello
se ognuno di loro potesse vivere in
appartamento con computer e car-
rozzina motorizzata. Sarebbe bello
se non ci fosse più bisogno di istituti
di solidarietà perché, come si augu-
ra sempre don Ciotti, la solidarietà
è diventata patrimonio di tutti. Non
è così purtroppo. «II modo che i cri-
stiani hanno di fare la carità è del
tutto insoddisfacente», afferma
don Sergio Baravalle. «Per questo
ci permettiamo di suggerire alcune
piste più adeguate per l'esercizio
della virtù che San Paolo esaltava al
dì sopra di tutte le altre, ricordando
di esercitarla con il cuore pien.o di
gioia».
«Ma c'è anche un altro aspetto
che non bisogna perdere di vista»,
conclude il direttore della Caritas
torinese, «e sono i diversi livelli a
cui la carità può operare. Dal più
semplice, l'aiuto concreto e imme-
diato, alle forme di aggregazione
parrocchiale per un'assistenza più
efficiente ed organizzata, fino agli
interventi "politici" veri e propri.
Molte volte infatti chi fa volontaria-
to si accorge che non basta curare le
ferite della società, bisogna capire
dove e come esse si producono_ E
intervenire là, modificando una leg-
ge, incidendo sul modo di pensare,
facendo "sensibilizzazione". Altro
che elemosina. Questo è una carità
che richiede l'impegno di una vita».
Mario Giordano

2.7 Page 17

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HOME VIDEO
.
.
.
di Giusi Buglioni
È sempre molto difficile accostarsi
alla vita di persone dalla spiritualità
eccezionale senza cadere nell'oleo-
grafia e nel manierismo. In questo ca-
LA FORZA
DEL LORO
MESSAGGIO
so, comunque, sia Krzysztof Zanussi ,
nel suo film su Massimiliano Kolbe, .
che Denis Amar in. quello sull'Abbé
Pierre ci sono riusciti.
Il primo racconta con tnisura e rigo-
re le vicende che hanno portato il cap-
pucci no Kolbe ad essere proclamato
santo. Siamo nel giugno del 1941 e un
prigion iero, Jan, fugge dal campo di
concentramento di° Auchwitz . Per rap-
presaglia sono condannati a morire di
fame dieci detenuti scelti a caso. Fra
di essi un giovane padre di famiglia
che viene colto da una profonda crisi
di disperazione. Un francescano, Mas-
similiano Kolbe, si offre di sostituirsi a
lui. La vicenda del fug€Jiasco Jan si
snoda parallelamente a quella di pa-
dre Kolbe, così come viene raccontata
da vari testimoni. Da quando l'ex-
prigioniero ha saputo del sacrificio in-
fatti , subisce il fascino di quella storia
e vuole conoscerne i particolari , pur
dissociandosi da essa. Attraverso bre-
vi ma intensi flash-back vediamo così
la cattura di padre Massimiliano e il
suo gesto benedicente verso i confra-
telli , mentre si allontana su una camio-
netta. Lo vediamo poi mentre conforta
gli altri condannati pregando con loro.
Intanto Jan , che man mano racco-
glie notizie sempre più precise sul fra-
te morto ad Auchwitz, entra in polemi-
ca con chi rimane affascinato da quel-
l'esempio vivente d'amore, perché -
lui dice - in quel campo l'unica leg-
ge era sopravvivere, quindi il sacrificio
di Kolbe gli appare assurdo.
Attraverso il personag-gio di Jan, Za-
nussi vuole evidenziare per contrasto
la " personalità" eccezionale di padre
Kolbe : tanto l'uno è spinto a cercare se
stesso, quanto l'altro a dimenticare se '
stesso per amore. Le inquadrature a
colori estremamente sobri , il dialogo
misurato, gli elementi della storia pre-
sentati senza ricorrere a facili effetti
caricano la vicenda di un pathos con-
tenuto e tutto interiore.
Infine Jan, stanco ed invecchiato, assi- tersi a confrohto, e cade in ginocchio.
sterà per caso in TV alla beatificazione Su di lui, che in fondo è il simbolo di
di quell'uomo che ha imparato a cono- un'umanità che ha perso di vista il
scere e con il quale ha paura di met- senso vero della vita e dell'amore, Za-
nussi lascia sospeso il giudizio ed an-
che il finale: Jan si toglie la vita, pren-
dendo una pillola o è soltanto ammala-
to? Chiara però appare la consapevo-
lezza che egli ha ormai raggiunto qual-
cosa che lo trascende.
Nel film «Inverno 1954 - l'Abbé Pier-
re» Denis Amar ci mostra il celebre
prete francese a 42 anni : alle sue spal-
le un'infanzia in una famiglia dell'alta
borghesia di Lione, alcuni anni presso
i Cappuccini , una breve esperienz9 di
vicariato a Grenoble, la guerra e poi la
resistenza .
Eletto deputato dell'Assemblea Co-
stituente, aveva acquistato nel '49 una
casa a Neully-Plaisance, utilizzando le
sue indennità parlamentari. erano
approdati i più poveri in quel dopo-
guerra di crisi. Per aiutarli l'Abbé ha in-
dividuato una fonte di reddito incon-
sueta per quei tempi : il recupero ed il
riciclaggio dei rifiuti. A lavorare nelle
discariche sono i suoi ch ifonniers, col-
laboratori tolti da una situazione di
emarginazione e restituiti alla loro di-
gnità. Nell'inverno del '54 (il periodo a
cui il film è dedicato), in una Parigi
stretta nella morsa del gelo, approda-
rìO migliaia di uomini, che hanno la-
sciato le campagne per cercare un la-
voro e un tetto. Il governo non mantie-
ne le promesse e nega gli interventi ur-
genti. l'.Abbé quindi scrive una lettera
aperta al ministro, che verrà divulgata
anche per radio a venti milioni di fran-
cesi , scatenando in questo modo una
vera "insurrezione della bontà", come
fu definita, in aiuto dei senza tetto. Un
mese dopo l'Assemblea voterà un
provvedimento in loro favore: dieci mi-
liardi saranno stanziati, contro il miliar-
do richiesto.
Il regista non ha voluto tanto deli-
neare la particolare svolta storica che
la Francia viveva (i partiti in lotta fra lo-
ro, la spinosa questione dei preti-
operai , il contrasto fra gollisti e comu-
nisti), quanto un momento della vita e
della lotta che l'Abbé Pierre condusse
a favore degli emarginati. Un momen-
to fondamentale per la Francia, che vi-
de accadere in quell'inverno fatti
straordinari di solidarietà e di condivi- ·
sione.
1 MARZO 1993 - 17

2.8 Page 18

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Famiglia
Salesiana
AUSTRIA. Nel contesto dell'annuale
festa del Rettor Maggiore, che quest'an-
no si è svolta a Vienna, don Viganò ha
incontrato il nuovo presidente austria-
co, il dott. Thomas Klestil, exallievo sa-
lesiano. Tema del colloquio i giovani e
l'Europa. Il Presidente, ricordando gli
anni della sua giovinezza trascorsi dai
salesiani a Vienna, raccontò di avere
imparato dai salesiani a convivere con
giovani di diversa estrazione sociale. Il
presidente austriaco e don Viganò furo-
no concordi nel sottolineare inoltre il
ruolo centrale della Chiesa di fronte al1a
nuova Europa e ai paesi dell'Est.
ROMA. Le Figlie di Maria Ausiliatrice
hanno dato alle stampe una pregevole
biografia di suor Rosetta Marchese, su-
periora generale dal 1981 all'84. Maria
Collino percorre in pagine vibranti que-
sta esistenza segnata da impegni e re-
sponsabilità crescenti. Il titolo Pietra vi-
va per un sacerdozio santo (Efesini Il,
20) fa riferimento al voto di suor Roset-
ta di offrire la sua vita per la santifica-
zione dei sacerdoti. Madre Rosetta gode
fama di santità, ottiene grazie speciali,
è presenza viva tra le FMA. Valdostana,
non smentì mai le doti della sua gente:
la carica umana schietta e leale, la forza
di volontà, la costanza, la resistenza alla
fatica e al dolore, la segreta bontà. Co-
me donna di governo portò ovunque
aria fresca di Chiesa, di salesianità, di
spirito di famiglia , di audaci iniziative
apostoliche.
CROAZIA. Presso la facoltà di filoso-
fia dell'Università statale di Zagabria si
è svolto un simposio dal titolo «Il ruolo
della Chiesa cattolica nello sviluppo del-
la scuola croata» organizzato dall' Ac-
cademia croata delle scienze dell'educa-
zione, dalla facoltà teologica di Zaga-
bria, dalla facoltà di filosofia dell'uni-
versità di Zagabria e dal Centro Cate-
chistico Salesiano . All'apertura dei la-
vori· era presente il cardinal Kuharic.
Tra gli interventi: «Ruolo della Chiesa
cattolica nello sviluppo della scuola del-
l'Europa occidentale», di don Marko
Pranjic, e «I salesiani nell'istruzione
pubblica croata», di don Ivan Marija-
novic.
GERMANIA. Don Augusto Brechei-
sen, vicario ispettoriale di Monaco, è
stato eletto pi.esidente della Katholische
Jugend Sozial Arbiet (KJS), un organi-
smo a servizio di tutta la gioventù catto-
lica di Germania.
18 - 1 MARZO 1993
* Consigliere generale
Jer la comunicazione sociale
· e la Famiglia Salesiana
di Antonio Martinelli*
LA SPERANZA ABITA
A SAIGON
I salesiani vietnamiti sono at-
tualmente un centinaio. In un
contesto civile e sociale in rapi-
da evoluzione sono alla ricerca
di nuove strade per la ricostru-
zione della presenza della con-
gregazione salesiana nel loro
paese e di nuovi ambiti per rea-
lizzare la missione giovanile. In
Vietnam gli spazi disponibili per
gli interventi educativi sono dif-
ficili e ristretti: tuttavia si assiste
a una impensata fioritura pasto-
ra/e.
Chi giunge da un paese occiden-
tale e convive per qualche giorno
con i salesiani vietnamiti, viene col-
pito dalla loro vitalità e intraprenden-
za. La spinta pastorale cerca spazi
per esprimersi .nella forma più effica-
ce e positiva. E palpabile la gioia di
vivere, pur tra grandi difficoltà eco-
nomiche e organizzative; · sono
straordinarie la capacità di adatta-
mento alle misure di controllo e l'abi-
lità nel superarle. Si creano ovunque
nuove presenze con strutture e ope-
re che intendono testimoniare anche
esteriormente che la vita continua e
che anzi è destinata a crescere. È
una speranza che supera le barriere
della paura e del pessimismo.
LA STORIA DEGLl'ULTIMI VEN-
T'ANNI e i condizionamenti sociali e
politici hanno costretto le quattro co-
munità salesiane ufficialmente costi-
tuite a disperdersi in 24 punti opera-
tivi e pastorali, per vivere e soprawi-
vere. La situazione che all'inizio è
stata di grave disagio per aver ab-
bandonato le strutture tradizionali
alla ricerca di vie nuove, si sta orari-
velando provvidenziale: è infatti
un'occasione per espandersi e mol-
tiplicare a servizio del ceto popolare
e dei giovani, il carisma di Don
Bosco.
I Saigon. Don Antonio Martinelli tra
i ragazzi vietnamiti aspiranti alla
vita salesiana.
I SALESIANI SI SONO SPARSI
IN ZONE CITTADINE,. RURALI E
MONTAGNOSE per raggiungere tut-
ti i bisogni della gente. Operano in
parrocchie e guardano con nostal-
gia alle scuole, ai centri professiona-
li e alle attività oratoriane. Costrui-
scono grandi edifici per il culto che
vengono utilizzati anche come vere
"case del popolo". Con i ragazzi e i
giovani è intenso soprattutto il con-
tatto personale. Vengono cosl aiutati
a scoprire il futuro della loro vita. La
pedagogia dell'un per uno e il lavoro
pastorale con piccoli gruppi è il se-
greto delle vocazioni, che assicura,
dopo anni difficili, una presenza sa-
lesiana numericamente notevole e
in espansione. Sono molti i giovani
confratelli che vivono nella speranza
del permesso del governo per poter
essere ordinati presbiteri. Il rimane-
re per lunghi anni "diaconi in atte-
sa" è il sacrificio più grande che vie-
ne loro imposto. Ogni tanto arriva
inaspettata la gioia: un salesiano po-
trà diventare prete! E gioia grande
c'è stata il 16 dicembre scorso per
don Giuseppe, l'ultimo che è stato
ordinato sacerdote.

2.9 Page 19

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a cura di Antonio Mélida
del Dicastero Centrale
delle Missioni
BOROROS E XAVANTES
IERI OGGI E DOMANI
Foto SAF
Autori di questo dossier
sono alcuni veterani delle
missioni del Mate Grosso
(Brasile): Gonçalo Ochoa,
Bartolomeo Giaccaria,
Pietro Sbardellotto,
Jorge Lachnltt e Cosme
Salvatore. I cinque
missionari, insieme
all 'ispettore salesiano
della zona, padre
Giovanni Bosco
Monteiro Maciel , hanno
sintetizzato alcune delle
pagine più appassionate
e ricche della
evangel izzazione
realizzata nella missione
affidata alla Famiglia
Salesiana in America.
MATO GROSSO
SAo Ma,cos
.
Coxipò da Porte
eMeru;, Nova Xavanllna
Cuìabà Sangrtdouro , Barra do Garças
Poxoré~ Guiratmga
Allo Al'aguaìa
BRASILE
Très Lagoas
. . Araçaluba
Lìns

2.10 Page 20

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UNA MISSIONE
FORTEMENTE
VOLUTA
Gli inizi della missione
salesiana tra i Bororos e
gli Xavantes. Una storia
quasi leggendaria segnata
dal coraggio e dal
sangue.
t7 marzo 1893. A Roma il mis-
sionario don Luigi Lasagna
viene ordinato Vescovo per il territo-
rio indio del Brasile in vista di un
progetto di pastorale indigena mol-
to originale. In realtà l'audace pro-
getto avrà vita breve: l'intraprenden-
te monsignor Lasagna morirà due
anni dopo a Juiz de Fora in un inci-
dente ferroviario.
Piccolo Xavante di Siio Marcos.
20 · 1 MARZO 1993
L'incontro con i Bororos
Il Brasile salesiano in quegli anni
era diventato ispettoria a sé, con se-
de a Lorena, mentre la zona del Ma-
to Grosso era una vice-ispettoria
con sede a Cuiabà. I salesiani erano
arrivati in questa città nel 1894. Era
stata loro assegnata la parrocchia di
San Gonzalo. La presenza salesiana
aveva esplicita finalità missionaria,
per questo il vescovo che accompa-
gnava i salesiani trattò subito con il
governo per la missione tra i Boro-
ros. Erano gli anni in cui si cercava
di occupare l'interno del Mato
Grosso, principalmente con la crea-
zione di fattorie per l'allevamento
del bestiame. Anche i cercatori di
diamanti e di oro stabilivano i loro
insediamenti nella regione. Gli indi-
geni impedivano o almeno cercava-
no di ostacolare il procedere rapido
di quell'occupazione. Era necessa-
rio quindi tenerli calmi, specialmen-
te la tribù dei Bororos, composta di
abili guerrieri che riuscivano a fare
resistenza ai conquistatori delle loro
terre. Per tentare di far sparire i
sanguinosi conflitti, era stata creata
la Colonia Teresa Cristina, ma con
poco esito.
Nel 1895, nove mesi dopo il loro
arrivo a Cuiabà, il governo del Ma-
to Grosso affidava la colonia ai sa-
lesiani, a cui si unirono tre Figlie di
Maria Ausiliatrice. Di questa prima
residenza fu direttore don Giovanni
Balzola, primo segretario di monsi-
gnor Lasagna.
La colonia aveva anche un distac-
camento militare, con una cinquan-
tina di soldati. Era una situazione
delicata: missionari e militari erano
per gli stessi destinatari, ma con
Siio Marcos. Ballo tradizionale
Xavante.
obiettivi diversi. Si pensò di risolve-
re il problema mettendo i soldati
sotto il comando del missionario.
Ma gli interessi della politica di
Cuiabà e le incomprensioni sorte
quando don Balzola dovette recarsi
in Europa, fecero sì che i salesiani
venissero allontanati dalla colonia.
In seguito, con i cambiamenti veri-
ficatisi nella politica di Cuiabà, fu
di nuovo offerta ai salesiani, che pe-
rò avevano ormai deciso di stabilirsi
in proprio.
Il 18 gennaio 1902 salesiani e Fi-
glie di Maria Ausiliatrice arrivarono
al posto telegrafico detto Tachos,
luogo scelto per dare inizio alla ca-
techizzazione dei Bororos. Tutto fu
preparato per fare di quella residen-
za un centro missionario. I Bororos
si fecero aspettare per mesi. Solo 1'8
agosto venne un primo gruppo per
discutere un avvicinamento e la pos-
sibilità di abitare con i missionari.
Questa prima residenza si chiamò
colonia del Sacro Cuore. Da questa
ne nacquero cogli anni varie altre,
ed essa stessa si trasferì al Meruri, a
sei chilometri di distanza, dove si
trova ancora oggi.
La Colonia del Sacro Cuore era a
400 chilometri da Cuiabà, sede del-
1'ispettoria. I viaggi in quei tempi
erano difficili. Le carovane con le
bestie da soma impiegavano setti-
mane per arrivarvi e avevano biso-
gno di un punto di appoggio. Nel
1906 l'ispettore don Antonio Malan
acquistò per questo scopo la fatto-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ria del Sangradouro Grande a 120
chilometri dal Meruri. Al Sangra-
douro un gruppo di Bororos abitò
nelle vicinanze della missione. Vi
era anche un internato per i non in-
digeni dei dintorni: i ragazzi con i
salesiani, le ragazze con le Figlie di
Maria Ausiliatrice.
ll sacrificio di Fuchs
e Sacilotti
Sin dagli inizi della m1ss10ne,
quando la stagione della siccità du-
rava più di quattro mesi, si facevano
vivi gruppi dei terribili Xavantes,
che, venendo dall'altra sponda del
Rio das Mortes, si aggiravano per
tutta quella regione nelle loro spedi-
zioni di caccia. Usavano dar fuoco
ai boschi e avvicinandosi di nascosto
ai Bororos o ai banchi, razziavano
tutto. A volte l'impatto si trasfor-
mava in un conflitto mortale. I sale-
siani che cei;cavano già di estendere
la loro azione ad altre tribù, pensa-
rono di rivolgersi agli Xavantes per
ovviare a questi inconvenienti.
Don Giovanni Fuchs e don Pietro
Sacilotti, scendendo il fiume Ara-
guaia, partirono da Araguaiana, se-
de della prelatura, e andarono fino
a Mato Verde, dove si stava crean-
do un centro missionario tra i Cara-
jà. Risalirono poi l'Araguaia e, en-
trando nel Rio das Mortes, naviga-
rono fino a Santa Teresinha, una
semplice baracca, da dove aspetta-
vano di attrarre gli Xavantes. Il loro
zelo doveva far fronte anche alla
malaria e ad altr malattie. Un loro
compagno, il salesiano laico Giu-
seppe Pellegrino, era morto mentre
tornava alla prelatura per curarsi. I
due sacerdoti, accompagnati da un
Bororo e da alcuni aiutanti laici, sa-
livano e scendevano il Rio das Mor-
tes alla ricerca degli Xavantes, che li
osservavano da lontano senza farsi
vedere. Agli indi risultarono diversi
quegli uomini vestiti di bianco che
non scavavano la terra per cercare
l'oro e che cacciavano senza usare le
armi da fuoco.
Nel pomeriggio del primo novem-
bre 1934, i missionari videro sulla
sponda del fiume il primo gruppo di
Xavantes. Erano dei giovani appe-
na iniziati, usciti per le prime avven-
ture di caccia. La mancanza di co-
noscenza della lingua, qualche ten-
tativo dei missionari di spiegarsi in
Carajà, lingua dei nemici degli Xa-
vantes, la focosità dei giovani guer-
rieri, fecero sì che i due missionari
caddero sotto le loro terribili bordu-
ne. Gli altri, salvatisi sulla canoa,
aspettarono l'alba del giorno se-
guente e seppellirono i corpi dei
missionari.
I primi contatti amichevoli
Quel tentativo era fallito, ma i sa-
lesiani non desistettero dai loro pro-
positi di avvicinamento. Don Ippo-
lito Chevelon, il salesiano laico
Francesco Fernandes e il novizio
Pietro Lachat riuscirono nel 1938 a
scambiare dei doni con alcuni Xa-
vantes. Ma il fatto non ebbe segui-
to. Nel 1950 una spedizione laica
del governo, che aveva per cappella-
no un salesiano, riuscì a stabilire
contatti pacifici con gli Xavantes.
Fu questo l'inizio ufficiale della
missione tra di loro.
Solo nel 1953 nella residenza mis-
sionaria di Santa Teresinha, si ebbe
la presenza degli Xavantes alla Mes-
sa di Natale. La regione era sogget-
ta alla piena del fiume e aveva un
clima poco salubre e la malaria. Tra
l'altro erano sorti dei conflitti tra
gruppi di Xavantes e nel 1960 alcuni
attaccarono un gruppo rivale che si
trovava nella missione. Furono re-
spinti ma nel combattimento venne-
ro uccisi alcuni guerrieri. Per paura
della vendetta gli indigeni abbando-
narono la missione che fu chiusa de-
finitivamente.
Ma il 4 agosto 1956 arrivarono al
Meruri quattro Xavantes coperti di
piaghe che domandavano di essere
curati. Un altro gruppo era nasco-
sto non molto lontano, bloccato
dalla malattia. Furono curati e ri-
masero al Meruri. Per evitare però
i frequenti conflitti con i Bororos,
gli Xavantes furono trasferiti prima
a pochi chilometri di distanza, sul
Corrego Fundo, e infine nella zona
di confine, nel territorio messo a di-
sposizione dal governo. Nel 1958
fondarono la missione di Sào Mar-
cos, che oggi è il centro missionario
degli Xavantes. Un gruppo non vol-
le andare a Sào Marcos e si portò
invece al Sangradouro, che essi da
anni stavano osservando. I missio-
nari li accolsero benevolmente e og-
gi, accanto a un piccolo gruppo di
Bororos, esiste anche un villaggio
Xavantes.
1 MARZO 1993 21

3.2 Page 22

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Sio Marcos. Maestro con la sua classe.
A DIFESA DELLA LORO
IDENTITA' CULTURALE
Dalle prime scelte
socio-culturali tra
Bororos e Xavantes,
ai nuovi metodi pastorali
rispettosi della loro
cultura.
F ino al Concilio Vaticano Il, an-
che i salesiani e le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice furono legati alle
scelte -socio-culturali e pastorali del
loro tempo. Negli anni dell'occupa-
zione dell'interno del paese, gli indi-
geni ostaéolavano l'insediamento
22 - 1 MARZO 1993
dei bianchi nel loro territorio. C'era
perciò bisogno di renderli più docili,
e la scuola e la catechesi sembravano
un ottimo strumento per raggiunge-
re questo scopo. Gli indigeni prati-
camente venivano considerati citta-
dini brasiliani come tutti gli altri e
bisognava raggiungere l'obiettivo di
indurli a lasciarsi civilizzare, a voler
cambiare.
In quegli anni inoltre nella Chiesa
si pensava che gli indi dovessero as-
sumere insieme al Vangelo anche il
culto e il modello di vita cristiana
che veniva proposto ovunque. Boro-
ras e Xavantes agli inizi furono cate-
chizzati cosi.
Le nuove scelte pastorali
Il Vaticano II si è fatto strada an-
che nelle nostre missioni. È nato un
processo lungo e difficile di rinno-
vamento. L'indio ha il diritto di es-
sere indio, di essere quindi diverso,
e per questo ha il diritto di vedere le
sue terre rispettate per garantire la
sua sopravvivenza fisica e culturale.
Si doveva dire basta alla cupidigia
sulle sue terre. La morte del padre
Rodolfo Lunkenbein a difesa dei
territori occupati da secoli dai Bo-
roros per mano deifazenderos, rese
più aperto il conflitto, che riguarda-
va da vicino i missionari, che vive-

3.3 Page 23

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vano in mezzo agli indios e non tra
i civilizzatori.
La catechesi cominciò a prendere
sul serio il mondo religioso indigeno
e ad appoggiarsi su di esso. Nacque
cosi un materiale catechistico origi-
nale nella lingua indigena, che era
stata usata praticamente sin dall'i-
nizio del secolo. Le ricerche etno-
~rafiche realizzate tra i Bororos,
culminate nell'opera monumentale
del!'Enciclopedia · Bororo, e quelle
realizzate tra gli Xavantes, oggi as-
sumono grande valore, anche in
funzione dell'evangelizzazione e
della catechesi.
La pratica liturgica è entrata in
un processo di rinnovamento anco-
ra in corso. E non si è pensato sol-
tanto alla traduzione dei testi litur-
gici in lingua Bororo e Xavante. At-
traverso un dialogo lungo e paziente
con i depositari dei riti nativi, si è
aperta la strada a nuovi riti cristia-
ni, come il rito del battesimo, che
tra i Bororos coincide con la festa
dell'imposizione del nome. Mentre
tra gli Xavantes i riti dell'iniziazio-
ne hanno bisogno di più sensibili
cambiamenti. La Veglia Pasquale
dagli Xavantes viene celebrata con
un rituale particolare che, secondo
loro, ha un significato vero per la
morte e resurrezione di Cristo. Essi
chiedono ai missionari paramenti
particolari per celebrare la liturgia
cristiana. Nei vad corsi per gli ani-
matori della pastorale, sono presen-
ti gli anziani Xavantes per favorire
un'evangelizzazione più incultu-
rata, ed espressioni celebrative pro-
prie.
Sono solo due le residenze missio-
narie tra gli Xavantes, ma padre
Giaccaria e la sua équipe percorro-
no ogni mese tremila chilometri per
visitare tutte le località dove si tro-
vano degli Xavantes. In quelle non
ancora catechitizzate, la presenza
amica dei salesiani e delle suore lan-
cia le fondamenta per un discorso
evangelico a lungo termine. In quel-
le con un numero più o meno signi-
ficativo di cristiani, si orienta la ca-
techesi e la celebrazione domenicale
che viene organizzata dagli anima-
tori indigeni. Per tutti rimane il
messaggio e l'invito a vivere inten-
samente la propria cultura, indi-
spensabile per la loro sopravvivenza
fisica e anche per una vera evange-
lizzazione.
La via indigena al progresso
In queste regioni ancora poco in-
teressate dal progresso e con un'at-
tività missionaria molto intensa, è
necessario garantire una struttura
minima affinché i missionari possa-
no svolgere la loro attività. Un'é-
quipe di aiutanti, capeggiati dai fra-
telli Wiirstle, costruisce strade, pon-
ti, piccole centrali elettriche perché
arrivi la luce. Ricercano acqua po-
tabile e la portano alla residenza
missionaria e alle località indigene,
Meruri. Battesimo in una famiglia Bororo.
e mantengono in funzione ogni
struttura.
Nel campo dell'educazione scola-
stica, il sistema salesiano presenta
oggi l'alfabetizzazione nella loro
lingua, condotta da insegnanti indi-
geni che si sono formati nella stessa
missione durante lunghi anni e con
molta pazienza. Col tempo e con
non poca fatica è stato preparato
materiale didattico diversificato.
Le cure mediche ordinarie sono
legate a un sistema commerciale
non accessibile alle popolazioni in-
digene. Mentre i sistemi curativi tra-
dizionali delle tribù si sono rivelati
efficaci in moltissimi casi e merita-
no di essere studiati. Non c'è più bi-
sogno per esempio delle fiale anti-
veleno, che sono state sostituite dal-
le ottime medicine locali, special-
mente quelle degli Xavantes. Le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice che lavo-
rano in questo campo sono entusia-
ste delle scoperte che fanno in que-
sto settore.
Essendosi ridotto il territorio del-
le comunità indigene, a favore del
latifondo produttivo della socie-
tà capitalista, non basta più alla lo-
ro sopravvivenza. Sono necessari
quindi nuovi metodi agricoli e di al-
levamento del bestiame, più produt-
tivi della caccia, della pesca e della
raccolta di frutti nella foresta. Ma
queste iniziative devono nascere
dall'esperienza tribale. E non è una
soluzione trapiantare per le comuni-
.tà indigene tecnologie venute dal di
fuori che creano dipendenza dal
mercato esterno e monopolizzatore.
È questo un campo aperto alla crea-
tività innovatrice per i salesiani e le
Figlie di Maria Ausiliatrice.
Questo lavoro richiede ai missio-
nari dinamicità, qualificazione e
specializzazione. Corsi importanti
si realizzano a vari livelli, promossi
dalla Chiesa e da enti civili nel Bra-
sile e nell'America Latina. Dal
1974, due volte all'anno, i salesiani
e le Figlie di Maria Ausiliatrice si
riuniscono per riflettere e indicare le
vie per una pratica comune più
coordinata ed efficiente. Poco alla
volta ci troviamo di fronte a nuovi
operatori pastorali: nuovi per la
mentalità, per il metodo di evange-
lizzazione e per l'impegno di dedi-
carsi interamente a questo lavoro e
a questa gente.
1 MARZO 1993 23

3.4 Page 24

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1i
Nel vlllagglo Xavante di Sio
Marcos.
QUALE FUTURO
PER BOROROS
E XAVANTES?
I Bororos oggi sono
soltanto 800,
gli Xavantes Z500.
Come frenare le minacce
alla loro identità
culturale e alla loro
estinzione etnica?
e on l'arrivo dei colonizzatori,
circa trecento anni fa, i Boro-
ros abitavano il sud dell'attuale stato
del Mato Grosso; il sud dello stato di
24 · 1 MARZO 1993
Fole SAF
Bambini Bororos.
Goias; parte del Triangulo Mineiro
(stato di Minas Gerais); e il nord del-
lo stato Mato Grosso del Sud.
La maggior parte delle città più
antiche della regione erano villaggi
Borore, come Cuiabà, Rondon6po-
lis, Guiratinga, Barra do Garças,
Torixoréo, Poxoréo, Jarudori, Mi-
mose, ecc. Agli inizi del secolo, c'e-
rano ancora moltissimi villaggi nelle
rive del fiume Vermelho e del Sào
Lorenço, e qualche piccolo gruppo
nel Garças e nell'Araguaia. Con
questi ultimi i salesiani hanno inco-
minciato la loro missione.
Eloquenza delle cifre
Nel finire del 1910, quando i vil-
laggi presso i fiumi Vermelho e Sào
Lorenço furono censiti da don Gio-
vanni Balzola, i Bororos erano 1143
e abitavano in 17 villaggi. Nel 1904
nella missione di Meruri c'erano
217 Bororos. Più o meno il 16 per
cento dei Bororos abitavano nelle
missioni salesiane.

3.5 Page 25

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Danze Xavantes.
Nel 1977 ritroviamo nelle missio-
ni salesiane 272 Bororos e nei fiumi
Sao Lorenço e Vermelho 331, in to-
tale 603 Bororos con residenza in 7
villaggi. Dai salesiani pertanto vive-
va ora il 44,7 per cento della popo-
lazione Bororo.
L'ultima statistica risalente al
1982 conta 358 Bororos in 3 villaggi
curati dalle missioni salesiane e 31 O
Bororos in 3 villaggi nei fiumi Sa.o
Lorenço e Vermelho. Abitavano
quindi nelle missioni salesiane in
quell'anno il 53,6 per cento dei Bo-
roros.
Dai dati statistici appena citati, si
percepisce una straordinaria dimi-
nuzione della popolazione Bororo
in generale, fino alla decade del 70.
Dopo questa epoca, soprattutto con
la demarcazione della reserva di
Meruri, la popolazione ha ripreso
una crescita che ci permette di avere
delle speranze.
Oggi si calcola che i Bororos sono
una popolazione di 800 persone cir-
ca, per la maggior parte giovani e
fanciulli. La situazione economica
del Brasile, che si riflette in modo
accentuato anche tra i Bororos, co-
stituisce una minaccia per la speran-
za di un processo di ripresa etnica.
Stime diverse registrano nel 1958
un totale di 950 Xavantes, dei quali
500 con i salesiani a Meruri, San-
gradouro e Santa Teresinha. Nel
1962 le stime ci danno un quadro pù
esatto, contanto 1465 Xavantes·,
abitanti in 8 villaggi: 475 circa a
Sangradouro e Sa.o Marcos. Il 32
per cento, pertanto, con i salesiani.
Nell'ottobre 1969, don Bartolo-
meo Giaccaria e la sua équipe han-
no fatto un censimento col quale re-
gistrarono 2160 persone abitanti in
7 villaggi; di questi, 1165 si trovava-
no a Sangradouro e Sa.o Marcos; il
53,9 per cento del totale, quindi.
Nell'agosto 1988, lo stesso sale-
siano ha rifatto il censimento e con-
tò 6091 persone residenti in 57 vil-
laggi; di questi 1042 erano a Sangra-
douro e a Sao Marcos (17, 1 per cen-
to), oltre a 1890 nelle due reservas.
Quindi nelle prossimità delle due
missioni c'era il 31 per cento di tutta
la popolazione Xavante.
Nel 1991, la FUNAI, organo go-
vernativo per la difesa dei diritti de-
gli indios, registra 7500 Xavantes
circa.
Uno sviluppo a loro misura
Da questi dati possiamo tirar fuo-
ri delle conclusioni significative. Al-
1'epoca del primo approccio, gli Xa-
vantes erano in via di estinzione, sia
per le guerre sostenute contro i con-
quistatori, sia per le malattie acqui-
site o addirittura trasmesse voluta-
mente dai ''bianchi'', sia ancora per
la fame, perché non potevano più
dedicarsi alle loro attività produtti-
ve, come la pesca e la raccolta di
frutti nei boschi, che da sempre ave-
vano garantito la loro sopravviven-
za. Da questa situazione risultò una
chiara voglia di consegnarsi ai
"bianchi" per sopravvivere, anche
rinunciando alla loro identità. L'as-
sistenza alla salute, soprattutto da
parte delle suore, ha risolto i più ur-
genti problemi di sanità e continua
fino ad oggi a risolverne. Un siste-
ma, oggi messo in dubbio, per ga-
rantire la sopravvivenza fu la pro-
mozione agricola e, anche se soltan-
to negli anni '70, l'aver trasformato
a riserva parte del territorio. Questo
non soltanto ha permesso agli Xa-
vantes di ritrovare interesse per con-
servare una identità propria, ma ha
favorito la crescita della popola-
zione.
Nel territorio loro riservato, gli
Xavantes incominciarono a ritrova-
re l'habitat originale, uscendo dalle
due missioni. Oggi si contano più di
venti villaggi fondati a partire dalle
nostre missioni, senza contare gli al-
tri dieci che si trovano in territorio
missionario.
Dal 1977 al 1985, il governo, tra-
mite la stessa FUNAI, ha promosso
un progetto di sviluppo con la fina-
lità di integrare gli Xavantes e i Bo-
roros nel sistema produttivo della
regione. Si trattava di produrre riso
per il commercio, piantandolo con
delle attrezzature agricole moderne.
Dalla vendita del prodotto, in cin-
que anni, si sarebbe dovuto ricom-
porre il capitale. In seguito si sareb-
be mantenuto il sistema produttivo
in forma autonoma, nelle mani dei
caciques. Dall'eccedente della pro-
duzione, si pensava di ottenere nel
commercio regionale il necessario
alla sopravvivenza. È interessante
notare che questo sistema dipenden-
te dalle istituzioni finanziarie e dal
commercio regionale, neppure nel
mondo dei "civilizzati" raggiunge
l'autonomia del sistema produttivo.
Questa esperienza ha disarticolato
al completo i metodi produttivi del-
le comunità indigene, perché una
previa "catechesi" aveva quasi con-
vinto gli indios che da allora le mac-
chine avrebbero lavorato al loro po-
sto. Allora avrebbero potuto ripo-
sare. Un primo risultato fu che ab-
bandonarono le piantagioni tradi-
zionali, incominciarono ad andare
di più nella città per ottenere aiuto
dalla FUNAI e, infine, vi fu soltan-
to riso e nulla di più per la loro ali-
mentazione. Neppure il capitale in-
vestito fu restituito, perché per gli
indios era compito del governo la
manutenzione. Il risultato fu disa-
stroso. Con il fallimento di questi
progetti nei villaggi giunse la fame,
la sottonutrizione, soprattutto dei
fanciulli. Anche le celebrazioni cul-
turali tradizionali, in molti villaggi,
furono abbandonate. Ci sarà anco-
ra per gli indios la possibilità di rea-
gire contro queste insidie?
1 MARZO 1993 - 25

3.6 Page 26

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PASQUA TRA GLI XAVANTES
Salvatore Cosme è un salesiano laico
che è vissuto per 17 anni tra .gli Xavan-
tes nei villaggi di Sao Marcos e Sangra-
douro. Cosi racconta un Triduo Pa-
squale vissuto con le sue tribù.
«La Settimana Santa che ho trascorso
con gli indios ha avuto per me un signi-
ficato particolare. Accolto come un vec-
chio amico dagli anziani , che mi hanno
fatto conoscere i nipoti e tutta la loro fa-
miglia, ho potuto celebrare con loro la
Bododi lpé (la Via Crucis in lingua Xa-
vante) . Un gruppo di giovani lettori, di-
pinti di rosso e nero, i colori e i simboli
dei pacificatori, si trovavano in mezzo
al villaggio, circondati da centinaia di
indios: uomini, donne e tantissimi bam-
bini. Tutti in profondo raccoglimento
seguivano i vari momenti della Passio-
ne di Cristo, dimostrando la stessa se-
rietà e lo stesso interesse che hanno
per le loro cerimonie. Posso dire senza
dubbio che è stata una cerimonia loro,
perché il sacerdote si trovava in mezzo
alla gente, come semplice fedele . Tutta
la liturgia era stata preparata e.organiz-
zata dagli indios, e, naturalmente, rea-
lizzata nella loro lingua.
La Via Crucis terminò davanti alla cap-
pella della Missione. Dopo, tutti torna-
rono alle loro case. Alle tre del pomerig-
gio, la cappella era piccola per ricevere
tutti. Molti indios seguivano dalle fine-
stre con interesse e rispetto l'adorazio-
ne della Croce. Alla fine i cristian i fece-
ro la comunione. Finita la cerimonia il
silenzio piombò sul villaggio fino allo
spuntare dell 'alba del giorno seguente.
IL SABATO SANTO trovò il villaggio di
Sao Marcos più febbrile del solito. 170
indios, oltre i 14 anni , lasciarono le case
e si diressero verso una parte della fore-
sta riservata solo per loro e iniziarono la
preparazione per una grande cerimonia.
Secondo tradizione papà e zii dipinsero
i figli o i nipoti. Quando furono pronti,
provarono i canti e le danze per la gran-
de Vigilia e la Festa di Pasqua.
Al centro del villaggio gli altri prepara-
vano l'altare per la Messa dell'Alleluia.
Alla sera i 170 indios entrarono in fila
nel centro del villaggio cantando e dan-
zando il Datsiwaiwere, il canto per
espellere le malattie e tutte le cose
brutte. Questo canto introdusse la Mes-
sa. Fu una scena impressionante vede-
re tutti quegli Xavantes in semicerchio
danzare e cantare davanti alla tribù e
tradurre i loro sentimenti nella propria
lingua e con i l,oro costumi.
IL FUOCO NUOVO. La liturgia vuole
che il cero pasquale venga acceso con
il fuoco nuovo. Ecco quattro indios se-
Domenica di Pasqua a Sao Marcos.
darsi per terra, prendere due bastonci-
ni e cimentarsi nel gesto antico di far
scaturire la prima scintilla. Dopo dieci
minuti apparve il primo segno di fuoco,
che tra soffi e paglia secca diedero la
fiamma che accese il cero pasquale. La
benedizione dell'acqua fu fatta con una
foglia di palma e subito dopo vennero
proclamate le letture della Vigilia con il
canto dell 'Alleluia e il Vangelo della Ri-
surrezione.
li celebrante, don Bartolomeo Giacca-
ria, non utilizzò i paramenti tradizionali.
Con grande ammirazione e gioia degli
indios si era dipinto anche lui di rosso.
Un fatto nuovo e di grande significato
per loro. Dopo il vangelo, le donne e i
bambini andarono a dormire. Rimasero
soltanto gli uomini che continuarono a
cantare e a danzare tutta la notte divisi
in due gruppi. Chi resisteva fino allo
spuntare dei sole avrebbe ricevuto l'o-
maggio e ii rispetto di tutta la tribù .
LA DOMENICA DI PASQUA. Allo
spuntare dell'aurora, mentre c'era an-
cora la rugiada sulle foglie e per terra,
gli indios si radunarono nuovamente
per continuare la Messa a partire dal-
l'offertorio. Gli Xavantes che avevano
trascorso l'intera veglia si fecero avanti
in linea retta, e senza interrompere i
canti, formarono un grande circolo che,
un po' alla volta si trasformò in zig-zag .
Durante la danza alcuni di loro portaro-
no all'altare i loro doni e le offerte per il
sacrificio. Fu una liturgia molto bella e
di profondo senso religioso.
L'ispettore salesiano, che celebrava con
don Giaccaria, e il direttore della Missio-
ne, portavano al collo una cordicella
bianca, segno distintivo degli Xavantes.
Dopo questi giorni di Settimana Santa
gli indios ritornarono felici alle loro case
per celebrare la risurrezione di Cristo
con i piatti tipici della loro cucina: pan-
nocchie arrostite e carne di selvaggina».
26 · 1 MARZO 1993

3.7 Page 27

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L'INTERVISTA
CIÒ CHE FACCIAMO
NON MUORE CON NOI
di Giuseppina Cudemo
Ricordi di famiglia del
popolare giornalista Enzo
Biagi. I giovani d'oggi,
il razzismo e l'intolleranza.
Il rapporto con i figli.
T estimone del tempo: non pos-
siamo definirlo altrimenti, sem-
pre attento a rintracciare nei fatti
più banali, come in quelli più scon-
volgenti e terribili, il fattore umano.
In cinquant'anni di lavoro ha assi-
stito alla tragedia mai cessata delle
guerre, al crollo di ideologie e siste-
mi totalitari, alla crisi del terrorismo
e della lotta armata. Ha incontrato
capi di stato e scienziati, artisti e let-
terati, politici, criminali e piccola
gente comune con il suo piccolo-
grande bagaglio di quotidiana fatica.
Non si è mai arroccato sulle sue
opinioni, si è sempre attenuto ai fat-
ti senza rinunciare alla sincerità e
non ha mai temuto di mostrarsi par-
tecipe: «Mi hanno accusato di
un'eccessiva tolleranza, di troppo
"buon senso": ma se c'è un ruolo
che detesto è quello del giudice. An-
zi: mi sono spesso sentito coimputa-
to». Così anche nel suo ultimo libro
Un anno, una vita. Un anno di ricor-
di, di cose viste e vissute intrecciate
con i fatti privati: le memorie rievo-
cate con misurata nostalgia, i colori
e i -sapori di un'infanzia povera ma
dignitosa, il ricordo di un padre
morto prematuramente con il quale
era forse difficile capirsi, ma il cui
ricordo è vivissimo e - a tratti -
colorato di rimpianto: «Non vado
mai alla Certosa, non ricordo più
nemmeno da che parte è la tomba.
Enzo Biagi
Ma sto spesso con lui, più di allora.
Ci siamo passati accanto; abbiamo
parlato poco, io non l'ho capito». E
poi il ricordo tenero della madre Bi-
ce: «Parlava con il Signore in asso-
luta confidenza, direi su un piano di
parità: Lui sapeva che la sua serva
Bice aveva cercato di rispettare le re-
gole». Passano nelle pagine anche i
grandi eventi: la caduta del Comuni-
smo fino all'uccisione di Giovanni
Falcone e Paolo Borsellino, mentre
un pentito Tommaso Buscetta rac-
conta verità brucianti e l'Italia assi-
ste allo scandalo delle tangenti ed
allo strapotere dei partiti. Un libro
1 MARZO 1993 - 27

3.8 Page 28

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da leggere, perché dentro ci siamo
tutti con le nostre crisi le nostre spe-
ranze.
L 'intervista
Biagi è davanti a me, in un salot-
to dell'hotel Ambasciatori di Ro-
ma. Si scusa perché è arrivato in ri-
tardo, e sorseggiando un tè, si "sot-
topone" al fuoco di fila delle do-
mande con gentilezza, attenzione,
estrema disponibilità. «Non sono
una primadonna», mi dice con
un'ombra di sorriso negli occhi. So
che è sincero.
Nelle giovani generazioni c'è
un 'apparente contraddizione: impe-
gno e sensibilità ai problemi, da una
parte. Dall'altra disorientamento,
disagio profondo, che si manifesta-
no con la droga, i suicidi ecc. Cosa
ne pensa?
«È la vita dell'uomo, c'è dentro
tutto. Anche nella Bibbia all'inizio
dei rapporti umani c'è un fratricidio
e poi ci sono slanci eroici e grandi
gesti di generosità. Non dimeptiche-
rò mai la scena commovente colta
durante la realizzazione di un pro-
gramma televisivo: un ragazzo di
ottima famiglia che passava tutte le
domeniche fra i bambini Down,
una carezza ad un piccolo malato.
Negli occhi del bimbo sfortunato
passa una luce: gratitudine, certezza
di non essere solo. D'altra parte se
guardo alla mia giovinezza, vedo
che i ragazzi di oggi hanno una
grande ·apertura sul mondo, sono
bombardati perfino troppo da noti-
zie ed informazioni. Sono più belli,
più forti, più alti di noi, così pieni di
vitamine, ma forse a molti di loro
mancano gli ideali.
Credo che anche il dolore serve:
parlavo con un uomo di 45 anni e
mi diceva: ''Beati voi che avete avu-
to certe prove, certe sofferenze".
C'era in lui quasi il desiderio di es-
sere temprato dalle asprezze della
vita. Anche se non mi auguro che i
giovani conoscano i drammi che noi
abbiamo conosciuto, non possiamo
non tener conto del loro desiderio di
esser messi alla prova».
Rispetto ad oggi, quindi tante co-
se ·erano diverse quando lei era un
ragazzo . . .
«Tante. Sono accaduti fatti di
portata enorme in questo secolo,
28 · I MARZO 1993
dalla caduta di alcune ideologie alle mentali da dare ai figli?
scoperte della scienza e della medi- «La speranza e la partecipazione.
cina: la durata media della vita è L'idea cioè che c'è sempre qualcosa
passata dai 50 ai 70 anni. Chi avreb- da fare. L'indifferenza è, secondo
be pensato che dopo lungo tempo me, il peccato più grave. I care, dice-
sarebbe caduto l'ideale del comuni- vano anni fa i ragazzi americani e
smo, che avevà dato tante speranze questa frase era scritta anche sul
e risposto anche a certi bisogni di muro della scuola di Barbiana: "Mi
masse così numerose? Ricordo che interessa, mi coinvolge, mi riguar-
una volta Willy Brandt, a me che da, ci sono anche io e voglio parte- .
guardando il muro di Berlino espri- cipare al dolore ed alla gioia del
mevo la convinzione che sarebbe mondo". Nella nostra società c'è
durato a lungo mi rispose: "La sto- purtroppo il contrario, la mancanza
ria non conosce la parola mai''. di carità, l'indifferenza. Stiamo as-
Aveva ragione lui. Il muro è caduto sistendo alla caduta di valori fonda-
e sono cadute alcune certezze o illu- mentali: la giustizia, la democrazia,
sioni».
la libertà. O addirittura, assistiamo
Il nostro tempo di oggi conosce ··
un drammatico riflusso di razzismo
a delitti compiuti in nome di queste
cose».
e di intolleranza, anche da parte dei Nel suo libro ogni tanto si aff ac-
giovani. Perché?
cia un riferimento alla morte...
«Perché nei momenti di crisi si «Spesso mi soffermo a pensare a
tende sempre a dare la colpa a qual- chi già se n'è andato. Eravamo una
cuno, prima di tutto a chi è diverso foresta e già tanti alberi sono cadu-
da noi. Saranno gli ebrei, gli extra- ti. Quanti altri panettoni mi aspet-
comunitari, gli omosessuali, insom- tano: quattro, cinque? Chissà. lo
ma i più deboli. È un "ricorso" sto- credo che tutto quello che abbiamo
rico: nell'antica Russia quando il fatto non muore con noi, che ha un
principe aveva contratto troppi de- valore ed una durata oltre il tempo·.
biti con gli ebrei, li cacciava, li co- Mia madre se n'è andata convinta
stringeva nel ghetto, li puniva quin- di incontrare il suo Dio. Non c'ero
di di una situazione di cui non ave- quando è morta, ma so che non ave-
vano colpa. Per gli ebrei il denaro va paura. Mi hanno detto che, pri-
era una difesa, l'unica cosa che po- ma di spirare, mi ha cercato e poi ha
tevano portare con sé durante le pe- chiamato mio padre: "Dario, ven-
regrinazioni, per questo praticava- go: abbracciami"».
no a quei tempi l'usura. Il principe
se ne serviva e poi li puniva».
Suo padre e sua madre, due perso-
ne semplici e vere. Vuole parlar-
Lei una volta ha scritto che, a cau- mene?
sa del suo lavoro, è stato un padre «Hanno dato tanta gioia a noi fi-
poco presente. Come ha ovviato a gli nel niente che avevamo. Non ab-
questo?
biamo mai avuto un presepe come
«Fisicamente ero spesso assente. gli altri bambini: facevano il cielo
Non ho ovviato a questa situazione: con la carta blu della pasta, ritaglia-
sono stato un uomo molto fortuna- vamo i personaggi su vecchi libri e
to, perché mia moglie ha fatto la giornali e compravamo le stelline
sua ed anche la mia parte, dando ai dorate in cartoleria. E tutto era bello
figli ciò che io non riuscivo a dare e magico. Eravamo incredibilmente
per i lunghi periodi di lontananza felici. Lei non può neanche immagi-
da casa. Se dovessi comunque rico- nare quanto mi manchino mio padre
noscermi un piccolo merito, direi e mia madre, anche se fare l'orfa-
che c'è stata sempre la disponibilità, nello alla mia età è un po' ridicolo.
la presenza che si manifesta nei mo- Ogni istante, ogni ricordo che mi
menti difficili della vita. Ora le mie hanno lasciato li rende sempre mira-
figlie sono donne, la maggiore ha 45 colosamente presenti nella mia vita».
anni. Sanno che in certe ore c'è
sempre uno che le ascolta, fa quello
che può, ed in ogni caso cerca di ca-
pire».
Dietro gli occhiali lo sguardo di
quest'uomo lucido e schivo è velato
di commozione. E lui, semplice co-
m'è, non fa niente per nasconderla.
Quali sono quindi le cose fonda-
Giuseppina Cudemo

3.9 Page 29

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a cura di Eugenio Fizzotti
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I
PER ESSERE LIBERI.
LOGOTERAPIA QUOTIDIANA
di Eugenio Fizzotti
Milano, Edizioni Paoline, 1992,
pp. 150, lire ' 15.000
È possibile per gli uomini del-
la «società dei consumi», spes-
so annoiati e depressi , essere
profondamente liberi nel loro
agire, nel loro modo di pensare,
nelle decisioni da prendere? La
risposta è sl , a condizione che si
recuperi una visione globale
dell'uomo, che tenga conto dei
suoi conflitti morali e presenti
valori quali la coerenza, l'inte-
grità, la solidarietà come un'al-
ternativa valida al conformismo
dei modelli culturali general-
mente proposti.
Il volume, scritto con stile fre-
sco e giornalistico, prende in
considerazione le tematiche
connesse alla libertà interiore e
le proietta sullo sfondo della teo-
ria dello psicologo e psichiatra
austriaco Viktor E. frankl, la lo-
goterapia appunto, ponendo
l'accento sulla ricerca di un sen-
so nella vita e sulla scoperta di
un compito personale da adem-
piere con scelte libere e respon-
sabili.
Adatto per incontri giovanili ,
può costituire un utile sussidio
anche per la meditazione perso-
nale.
QUANDO FIORISCE
IL MANDORLO
di Pietro Luzi
Milano, Editrice Àncora, 1992,
pp . 228, lire 19.000
Si tratta di un libro nuovo su
un antico argomento (ossia il di-
ventare anziani), scritto da un
autore che, diceva lbsen, nel
convito della vita è al formaggio,
trovandolo peraltro eccellente.
Lo stile brillante e il taglio ga-
ribaldino non invitano a quei
pensieri desolati ai quali ci ha
abituato, in materia, l'eutanasia
letteraria degli ultimi decenni,
sotto l'aspetto sia sociologico
che pastorale. Il discorso, inve-
ce, alieno da ogni pietismo di
maniera, viene condotto realisti-
camente sulla linea laico-
esistenziale dell'anzianità verso
la visione spirituale dell'intera
vita.
La sua lettura quindi sarà utile
in primo luogo agli anziani e a
quanti stanno per diventarlo. Ma
vi troveranno ottimi spunti di ri-
flessione anche i giovani ; oltre
che gli operatori pastorali.
CHI È DIO PER TE?
RISPOSTE DEL CARDINALE
ALLE DOMANDE DEI GIOVANI
di Card . Godfried Danneels
Leumann, Elle Di Ci , 1992,
pp. 135, lire 10.000
È ancora possibile oggi esse-
re cristiani? Quali sono le carat-
teristiche dei giovani moderni?
E dei loro genitori? Cos'è l'amo-
re? È possibile amare con pu-
rezza? Il problema dei figli :
quanti, come? Quali sono le no-
stre origini ultime? Che cos la
Provvidenza? Il peccato e la
confessione. La vita dopo la
morte. La reincarnazione, gli
oroscopi. L'Eucarestia, Maria
madre di Gesù .. .
A questi e a numerosi altri in-
terrogativi pastigli dai giovani ri-
sponde in questo libretto il card.
Danneels, arcivescovo di Mali-
nes-Bruxelles dal 1980. Il lin-
guaggio è semplice, carico di at-
tenzione e di affetto. La prospet-
tiva è chiara, ben ancorata alla
dottrina della chiesa, ma anche
aperta agli apporti della cultura
e della riflessione contempora-
nea. Non manca una buona do-
se di sano umorismo con cui
vengono affrontati anche i temi
più scottanti.
L'opera è particolarmente uti-
le a genitori ed educatori, oltre
che, ovviamente, ai giovani cui
è in maniera specifica indiriz-
zata.
G!SPi\\BE
Bt\\BBIEtLINI
AMIDEI
no~t rafZZI.
nm gemton
PIEMMi
NOI RAGAZZI NOI GENITORI
di Gaspare Barbiellini Amidei
Casale Monferrato,
Edizioni Piemme, 1992,
pp . 192, lire 25.000
Ben noto al pubblico italiano
per altri precedenti volumi, oltre
che per la molteplice attività
giornalistica, Gaspare Barbielli-
ni Amidei raccoglie in questa
sua recente opera gli interventi
che da anni ha pubblicato nella
rubrica «I nostri ragazzi» sul set-
timanale Oggi.
La preoccupazione è chiara-
mente pedagogica: vengono in-
fatti esaminate alcune delle si-
tuazioni critiche della moderna
convivenza familiare, ponendo
l'accento sia sulle domande più
frequenti che un genitore si po-
ne di fronte a un figlio e sia su
quelle che un figlio si pone di
fronte a un genitore.
Lo stile molto scorrevole ren-
de piacevole la lettura. L'angolò
di visuale con cui si discutono i
vari problemi è coerente con le
linee di pedagogia cristiana. Si
tratta, pertanto, di un'opera da
tenere ben in evidenza.
SEGNALAZIONI
MARIO GALIZZI ,
VANGELO SECONDO
GIOVANNI.
Commento esegetico-spirituale,
Editrice LDC, pagg. 399,
lire 18.000
CARMINE DI BIASE,
MARIO POMILIO.
L'assoluto nella storia,
Napoli, Editrice Federico & Ardia,
pagg. 288, lire 36.000
AGOSTINO FAVALE,
VITA CONSACRATA
E SOCIETÀ DI
VITA APOSTOLICA.
Profilo storico,
Roma, Editrice LAS,
pagg. 300, lire 25.000
JOSEPH AUBRY,
LE ENCICLICHE DI GIOVANNI
PAOLO Il (1979-1991).
Editrice LDC, pagg. 702,
lire 29.000
RENZO ALLEGRI,
TERESA DEI POVERI.
A colloquio con la Madre
di Calcutta,
Editrice Àncora, pagg. 140,
lire 13.000
DR. PIERRE GALIMARD,
DA 11 A 15 ANNI.
Mutamenti, conflitti e scoperte
dell'adolescenza,
Editrice Àncora, pagg. 103,
lire 15.000
JOHN S. MBITI,
OLTRE LA MAGIA.
Religioni e culture nel
mondo africano,
Editrice SEI, pagg. 320,
lire 35.000
1 MARZO 1993 - 29

3.10 Page 30

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PROTAGONISTI
LUIGI PAPAIZ
HA SALDATO IL CONTO
di Angelo Montonati
Luigi Papaiz, un friulano
di 68 anni ed exallievo,
è il primo cittadino
italiano residente
all'estero a essere
diventato cavaliere
del lavoro. Il suo «sogno
brasiliano» è iniziato con
l'aiuto di Don Bosco.
Salesiani dove si diplomò perito
meccanico. «L'ambiente», dice,
«mi piaceva moltissimo. Ancora
oggi, quando torno in Italia, passo
a salutare il ''maestro'' Colussi e il
suo aiutante Collina. Nel collegio di
via Jacopo della Quercia si è forma-
to il mio carattere, ho imparato a
prendere sul serio la vita, a "pensa-
re in grande"».
Ottenuto il diploma, Luigi pensò
di emigrare: una antica tradizione
di famiglia. Anche suo padre, Sera-
fino, a undici anni era già in Roma-
nia a fabbricare mattoni in una for-
nace, poi si era trasferito in Germa-
nia, quindi in Canada e negli Stati
Uniti, in California. Tornava di
tanto in tanto per portare i. suoi ri-
sparmi in famiglia: Luigi conobbe
suo papà nel 1930, all'età di sei an-
ni, e soltanto nel 1947 (a causa della
guerra) i suoi tre fratelli maggiori,
che erano emigrati in Canada col
padre. «Forse anche per questo il
viso di Don Bosco mi restò sempre
S i chiama Luigi Papaiz, un friu-
lano di 68 anni molto ben por-
tati, il primo cittadino italiano resi-
dente all'estero al quale il Presidente
della Repubblica ha conferito l'ono-
rificenza di Cavaliere del lavoro. Per
l'occasione, Papaiz è venuto in Italia
con tutta la famiglia, la moglie An-
gela, i figli Sandra, Paolo e Roberta.
Ma perché ne parliamo? Perché
due ore prima dell'appuntamento
con il Presidente della Repubblica,
Papaiz ha voluto recarsi alla Casa
Generalizia dei Salesiani, in via del-
la Pisana, per salutare i Superiori
Maggiori: «Con Don Bosco», ci ha
detto in quell'occasione, «ho un
conto aperto, che ho saldato solo in
parte».
Exallievo di Bologna
Nato 68 anni fa a Sesto al Réghe-
na (allora, provincia di Udine, oggi
di Pordenone), il giovane Luigi fu
mandato a studiare a Bologna dai
Il grande stabilimento
Papaiz a Diadema.
30 · 1 MARZO 1993

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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nel cuore; in un certo senso sostitui-
va l'immagine paterna che mi era
mancata da piccolo» .
Le prime esperienze di lavoro,
Papaiz le aveva tentate in Italia, nel
I947, avviando una fabbrica di ferri
elettrici a vapore («fummo i primi»,
dice, «a lanciarli sul nostro merca-
to»), ma pian piano il "sogno brasi-
liano" si era impossessato di lui.
Nel maggio '52 si imbarcò su una
vecchia nave "liberty'', residuato di
guerra, per il porto di Santos.
rifiutarono ·di sdoganarla, deciden-
do di venderla all'asta. Il "sogno
brasiliano" moriva sul nascere.
E qui Papaiz pensò a Don Bosco:
«Sapevo», racconta, «che i Salesia-
ni avevano delle case anche in Brasi-
IN LI RERI
Don Bosco in Brasile
Al suo arrivo, entrò in scena Don
Bosco. Il mese prima un suo cugi-
no, Giovanni Brunetta, aveva prov-
veduto a portare con sé, come ''ba-
gaglio appresso", alcuni tornii e
fresatrici che sarebbero serviti per
impiantare l'officina laggiù. L'elen-
co di queste macchine era stato ap-
provato dal consolato brasiliano· in
Italia, ma a nome di Luigi Papaiz,
anziché del Brunetta. Così a Santos
le autorità - temendo che si trat-
tasse di merce contrabbandata - si
Diadema. Inaugurazione della
cappella Don Bosco.
Rivista di archeologia
e storia biblica,
in grande formato,
con foto documentarie
in bianco e nero, e a colori
IL PROGRAMMA 1993
La parte monografica svolge nei
cinque numeri dell'anno i seguenti
temi:
1. Beth-Shan: città-satellite
dell'Egitto
2. Il Louvre e la Bibbia
3. Deserto di Giuda: le città
monastiche
4 . Gerico: l'enigma della sua
. conquista
5. Cappadocia: splendore degli
affreschi bizantin i
La seconda parte, Intitolata
«La Bibbia oggi», comprende
rubriche di attualità, con
particolare attenzione alle
scoperte archeologiche, ai
protagonisti della ricerca biblica e
alle novità librarie del settore.
ABBONAMENTO 1993
Italia Lire 32.000
Estero Lire 40.000
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN - TO
Tel. 011/95.91.091
c/c Postale 8128
1 MARZO 1993- 31

4.2 Page 32

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le. Rintracciata quella di San Paolo,
mi presentai al direttore come exal-
lievo, narrandogli la mia disavven-
tura. Bastarono un paio di telefona-
re a Santos e l'equivoco fu chiarito.
In quel momento dissi a Don Bo-
sco: "Se le cose andranno come de-
sidero, Ti pagherò il debito con gli
interessi"».
Sistemate le sue macchine, man-
dò una cartolina alla fidanzata, An-
gela Morisi, invitandola a San Pao-
lo: «Vieni presto, che mettiamo su
casa». Qualche giorno per pensarci,
ma neanche tanto perché in fami-
glia stimavano Luigi come un bravo
ragazzo, e Angela partì. Arrivò in
Brasile il 2 agosto 1952, una setti-
mana dopo si celebravano le nozze.
Oggi, i Papaiz hanno tre figli: San-
dra, di professione avvocato; Pao-
lo, ingegnere; e Roberta, studentes-
sa universitaria . prossima alla
laurea.
Gli inizi a Vila Prudente (perife-
ria di San Paolo) furono duri: «Mi
ero comprato una Lambretta e con
quella giravo per la città, l'automo-
bile era ancora un lusso. Lasciati da
parte i ferri da stiro, che non si
adattavano alla realtà brasiliana,
decisi di puntare sui lucchetti, che si
rivelarono la strada giusta. Poi pas-
sammo ai cilindri e alle serrature
per mobili e in breve diventammo
fornitori della principale fabbrica di
mobiH in acciaio, la "Securit". Dai
primi venti dipendenti, passammo a
cinquanta, poi a cento, infine a due-
cento. Nel 1959 traslocammo nel
nuovo stabilimento dove ricavai an-
che un appartamento per la fami-
glia».
Pian piano il nome "Papaiz" di-
ventò familiare a tutti i brasiliani
(anche per una riuscita campagna di
marketing condotta per televisio-
ne), tanto che oggi viene immedia-
tamente identificato coi suoi pro-
dotti, così come Agnelli richiama
subito la Fiat.
Nonostante il grande sviluppo de-
gli impianti di Vila Prudente, a cau-
sa del nuovo assetto urbanistico del-
la zona, l'azienda dovette traslocare
a Diadema, un quartiere moderno
situato nei pressi dell'autostrada de-
gli "Immigrantes" . Oggi, nel gran-
de complesso sorto su oltre 120 mila
metri quadrati, il Gruppo Papaiz dà
lavoro a circa 1800 persone, garan-
tendo loro un corredo di servizi al-
32 - 1 MARZO 1993
IRoma, Casa Generalizia:
Luigi Papaiz con il direttore
don Bruno Bertolazzi
e Angelo Montonati davanti
al monumento a Don Bosco.
l'avanguardia: ristorante, asilo nido
e scuola materna per i bimbi dei di-
pendenti, assistenza medica, attrez-
zature ricreative e sportive.
Una chiesa
e una scuola professionale
Nel 1988, centenario della morte
di Don Bosco, Papaiz ha fatto co-
struire all'interno del suo complesso
una cappella dedicata al santo dei
giovani. La linea avveniristica, do-
vuta all'architetto Ruivo, lo stesso
che ha progettato la fantastica villa
di Pelè e la "Terrazza Italia" a San
Paolo, è stata arredata da due noti
architetti oriundi giapponesi, Mari-
na Youri Kuzuhara e Ademar Sono-
da. All'inaugurazione, oltre alle
massime autorità civili e all'amba-
sciatore italiano in Brasile, c'era il
vescovo salesiano monsignor Ca-
milla Faresin, un grande amico di
casa Papaiz. Una peculiarità: la
cappella, un tronco di cono aperto
su un lato che si avvita quasi a pro-
lungarne il movimento verso l'infi-
nito, poggia su una piattaforma in-
teramente circondata dall'acqua.
«Ora sto pensando», aggiunge Lui-
gi, «ad alcune opere sociali, tutte
intitolate a Don Bosco, per i figli
dei miei dipendenti: è in progetto
una grande scuola professionale che
sia per questi ragazzi ciò che Bolo-
gna è stata per me».
Fuori pioviggina, ma Luigi Pa-
paiz prima di recarsi al Quirinale ci
tiene a far~i fotografare accanto al-
la statua di Don Bosco con alcuni
salesiani: «Peccato·», aggiunge,
«che il Rettor Maggiore sia assente.
Ma spero di incontrarlo la prossima
volta al mio arrivo in Italia, dove
torno regolarmente almeno due vol-
te all'anno».
È capitato invece a chi scrive di
aver visitato alcuni mesi fa, a Dia-
dema, il complesso industriale Pa-
paiz. Dietro la scrivania del
"boss"; manco a dirlo campeggia
un quadro di Don Bosco. E nel cor-
ridoio di accesso agli uffici, ci si im-
batte in un busto del santo: «Lo tro-
vai», ha spiegato Luigi, «da un ri-
gattiere qualche anno fa. Qui è al
suo posto, è di casa... ». A pochi
metri di distanza, fanno bella mo-
stra di sé il primo tornio - uno di
I Luigi Papaiz, 11uovo Cavaliere
del lavoro (alla sua sinistra,
la moglie Angela).
quelli che non gli volevano sdoga-
nare - e la ormai leggendaria Lam-
bretta usata durante i primi anni.
Sopra c'è scritto: «Per i figli che
vanno avanti». «Sono bei ricordi»,
ha commentato, «che mi aiutano a
non montarmi la testa, a ricordare
che nulla al mondo si ottiene senza
fatica e sacrificio. Ma anche questa
è una lezione salesiana, no?».
Angelo Montonati

4.3 Page 33

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di Jean-François Meurs
RAGAZZI
Venerdì sera. Esco da scuola alle
E RAGAZZE
passa la storta che ho preso.. .». Le
sedici e un quarto. Non è ancora
ragazze vengono colte di sorpresa,
scuro e mi fermo al Polo per farmi
e mordono la guancia per non ride-
una pasta al cioccolato. La commes-
re. Carlo mi fa l'occhiolino. ,ifutto
sa è carina con tutti, ma non si ac-
Per gli adolescenti l'amore è
bene!».
corge mai di me. Penso che questa spesso la prima preoccupazione
Poi dice: «Vi dispiace se il mio
notte farà freddo, il cielo è tutto blu.
e la principale fonte di ansia. Per
amico mi porta il toast? Diventa fred-
Tanto meglio. È preferibile alla piog-
loro l'amore è narcisismo, è sfida,
do!». E mi chiama. Glielo porto e an-
gia. Mi seggo al tavolo del Mac Do- è scuola per diventare accoglienti che i bicchieri. Carlo continua la sua
nald. Non mi dà fastidio il freddo. Mi e capaci di farsi accogliere. Ci so- sceneggiata mentre io vorrei dire
bevo una coca, lentamente. Non ci
no adolescenti che hanno biso-
qualcosa, ma non ci riesco. Allora
sono le stelle, ma ci sono tante ra- gno di sbloccarsi, perché troppo Carlo inventa che io ero norvegese e
gazzine interessanti che passano.
timidi e riservati; e ci sono gli esi-
che da poco tempo ero in Italia e che
Sfortunatamente per loro, non si in- bizionisti e i superficiali, che non avevo una gran voglia di conoscere
teressano di me.. . Arriva Carlo, il so- sanno cogliere i valori del rappor- qualche ragazza italiana. E finge di
lito pazzo. Ma l'incanto non si è an-
to amichevole e costruttivo; inca-
tradurmi in norvegese le sue parole,
cora guastato. Se ne va senza nem-
meno sedersi. Passano delle colle-
giali con la divisa blu ed è come se
paci di conservare il rapporto su
un piano di correttezza e di ap-
prendere la lezione dell'amore.
con un pasticcio di "Olaf glukte stru-
gudu opte gorg...". Le ragazze scop-
piano a ridere, ma non dicono nien-
il tempo scorresse all'indietro. Ma
te. Allora esagera: «Vi supplico, non
ecco Giulia. Lei mi vede, lei mi vuol
mi dite che siete mute! Per una volta
bene. Ecco, il cielo adesso è pieno
che riesce a trovare delle ragazzine
di stelle che mi guardano.
splendide come voi e simpatiche,
Sabato sera. Aspetta-
vo Giulia insieme a Car-
lo. Lui non ha la ragazza
I
) , ~tto UNA·
· ~I,,.•· -~ Buo__rvt4 ft5éA/1
parlategli! Cosa pense-
rà dell'Italia? Addio
ospitalità!». Loro dicono
''ciao' ', e io rispondo
e faceva un sacco di ge-
" ciao". «Avete visto?
sti per farsi notare. È il ti-
po che esagera sempre.
V6D
~~-· ':-"
Grazie a voi, lui fa pro-
gressi rapidissimi! Co-
E dice che le ragazzine
raggio, sbilanciatevi un
per averle in pugno devi
po', ditegli che ci trovate
riuscire a farle ridere.
,,
simpatici!». La cosa sta-
Può darsi che alle volte
riesca, ma se fosse vero
sempre, Carlo dovrebbe
0;; . .
I
va ormai andando per le
lunghe. Fortunatamente
arriva Giulia, insieme a
averne ormai almeno
un altro ragazzo. Que-
una dozzina di ragazze.
sto mi ha un po' scoc-
Quando sono con lui, a
ciato. Giulia ha detto:
volte andrei a nascon-
«Ma guarda, vi conosce-
dermi. Davvero mi ver-
te?». Era l'amico della
gogno, e vorrei essere
Jç_ (O,_µ
ragazza ok. Mi sono
lontano un chilometro.
sentito un po' meglio. Il
C'erano delle ragazze
ragazzo si è seduto al
vicino a noi. Come sem-
fianco della sua ragaz-
pre, una era davvero straordinaria, Grida come se si fosse fatto male e za, io con Giulia e Carlo ha dovuto
l'altra un po' meno. Allora Carlo si al- afferra la caviglia con le due mani. mettersi accanto all'altra, che ha co-
za come per andare alla toilette. Si alza e saltando su un piede va a minciato a fargli delle domande. Ma
Passando davanti al loro tavolo, fin- rannicchiarsi accanto alla ragazza, lui non aveva più tante cose da dire,
ge di inciampare in una sedia e sci- quella fortissima. «Scusatemi», dice, e non rideva più tanto.. .
vola lungo e disteso in terra.
«sto qui un momento, appena mi
1 MARZO 1993 33

4.4 Page 34

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IL BEATO MICHELE RUA
IL PRIMO PRETE
SALESIANO
di Teresio Bosco
Don Bosco lo chiamò a
«fare a metà» con lui,
e a condividere lavoro,
fede, amore e povertà.
Vent'anni fa ha condiviso
con Don Bosco anche la
gloria dei Beati.
L'incontro
con Don Bosco
Nella prima metà del 1800, a nord
di Torino, poco lontano dai prati di
Valdocco, sorgeva solitaria la Fuci-
na delle Canne (cioè la fabbrica d'ar-
mi) degli Stati Sardi. Lì, il 9 giugno
1837 nacque Michele, da Giovanni
Rua, impiegato nella Fucina, e da
Giovanna Ferrero. Aveva poco più
di sette anni, Michele, quando un
giorno vide al collo di un suo com-
pagno una cravatta fiammante.
- Dove l'hai comprata?
- L'ho guadagnata alla lotteria
dell'Oratorio.
- E che cos'è l'Oratorio?
- È l'Oratorio di Don Bosco, al
Rifugio.
N ell'estate del 1910, Don Rua,
primo Successore di Don Bo-
sco alla testa della Famiglia Salesia-
na, avrebbe celebrato i 50 anni di
Messa, la sua "Messa d'oro". I Sa-
lesiani preparavano grandi feste.
Il Bollettino Salesiano preparò un
"Profilo di Don Rua" in tre punta-
te, che sarebbero state pubblicate nei
numeri di marzo, aprile e maggio.
Per deferenza, e per l'esattezza, il te-
sto fu fatto rivedere dallo stesso
Don Rua. Il 16 febbraio in Don Rua
si manifesta una malattia gravis-
sima.
Le prime due puntate del "Profi-
lo" vengono pubblicate in marzo e
aprile insieme a notizie sempre più
allarmanti. Il 10 aprile Don Rua
muore. La terza puntata del ''Profi-
lo", profondamente rielaborata, vie-
ne pubblicata solo nel mese di giu-
gno, in pagine listate a lutto.
Nel tracciare un rapido profilo di
.Don Rua per questo numero del
Bollettino, seguo la traccia di quelle
dodici antiche pagine. La revisione
personale di Don Rua, se non ne ga-
rantisce ogni particolare (la memo-
ria può sempre fare degli scherzi),
dà al tutto un'autorità indiscutibile.
I Don Michele Rua in un adattamento
fotografico a cura dei salesiani
di lingua tedesca.
34 · 1 MARZO 1993

4.5 Page 35

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La domenica dopo, Michele corse
al Rifugio (l'Opera caritativa della
Marchesa di Barolo), e vide molti
giovani giocare su una striscia di ter-
ra attorno a un giovane prete. Quel
prete si avvicinò anche a lui, gli mise
la mano sul capo, e gli disse alcune
buone parole che gli andarono al
cuore. Erano gli anni dell'Oratorio
migrante, da un ospedale a un muli-
no, da un cimitero ad un prato. I to-
rinesi guardavano quel prete circon-
dato da tanto chiasso e scuotevano
la testa. Un giorno il Direttore della
Fucina domandò a Michele:
- Vai ancora all'Oratorio di
Don Bosco?
- Qualche volta.
- Povero Don Bosco... Non lo
sai? È diventato matto ...
In quel tempo, Michele cominciò
a frequentare le scuole elementari a
Porta Palazzo, che erano state affi-
date dal Comune ai Fratelli delle
Scuole Cristiane. Don Bosco vi si
recava sovente a confessare, a pre-
dicare e anche a fare il catechismo .
I ragazzi, appena lo vedevano, gli si
affollavano intorno. Michele non
amava spingersi tra gli altri, ma sor-
rideva da lontano a Don Bosco, e si
sentiva pieno d'allegria quando
Don Bosco lo guardava e sorrideva
anche lui.
A 9 anni Michele (già orfano di
padre) fu ammesso alla prima Co-
munione. Si manifestava un ragaz-
zino pio, serio e diligente, e i Fratel-
li speravano che diventasse uno di
loro . Andando o tornando da scuo-
la, Michele incontrava qualche vol-
ta Don Bosco. Gli correva incontro
con gioia, gli baciava la mano (co-
me allora si usava con i sacerdoti) e
gli domandava: «Me la dà un'im-
magine?». Don Bosco, come se non
avesse sentito, gli metteva sorriden-
do la sua berretta da prete in testa,
gli porgeva la palma sinistra della
mano, e con la destra faceva unge-
sto come per tagliarla a metà:
«Prendi, Michelino», gli diceva,
«prendi!». Michelino rimaneva
sconcertato. Stringeva quella mano
e pensava: «Che vorrà dire?».
Alla fine delle elementari, Don
Bosco gli domandò:
- Ti piacerebbe diventare sacer-
dote?
- Molto.
- Allora preparati a studiare il
latino.
Cappella di San Francesco di Sales. Qui don Rua ha celebrato la sua
prima messa assistito da Don Bosco.
Lo iscrisse alla scuola privata del
prof. Bonzanino per i tre anni del
ginnasio inferiore. Poi a quella di
Don Matteo Picco per il ginnasio
superiore. Michele continuava ad
abitare con la mamma e i fratelli.
Solo alla sera di ogni giorno e alla
domenica andava all'Oratorio. Alla
domenica Don Bosco lo mandava
ad aiutare il chierico Ascanio Savio
(il primo chierico cresciuto a Val-
docco) all'Oratorio di S. Luigi, a
Porta Nuova.
Nel settembre 1852, Don Bosco
mandò Michele da Don Cafasso (il
grande consigliere spirituale di To-
rino), perché si consigliasse con lui
sulla sua vocazione. Ricevuto un
parere pienamente positivo, Miche-
le il 22 settembre lasciò la sua casa
ed entrò definitivamente all'Orato-
rio. Aveva 15 anni. Il giorno dopo,
con Don Bosco, mamma Margheri-
ta e 26 compagni, partì a piedi per
i Becchi di Castelnuovo. Andava a
passare alcuni giorni di vacanza, e a
ricevere l'abito nero dei chierici. Là
infatti, il 3 ottobre, festa della Ma-
donna del Rosario, Michele ricevet-
te la divisa ecclesiastica dalle mani
di don Cinzano, parroco di Castel-
nuovo. Durante il pranzo, sentì
quest'ultimo dire a Don Bosco:
«Quando eri ancora chierico mi di-
cevi: io avrò dei chierici, dei preti,
dei giovani studenti e dei giovani
operai, una banda musicale e una
bella chiesa. E io ti rispondevo che
eri matto. Adesso invece, vedo che
sapevi quello che dicevi!».
Tornato all'Oratorio, Michele
domandò a Don Bosco:
- Ricorda i nostri primi incon-
tri, quando andavo a scuola dai
Fratelli? lo le chiedevo un'immagi-
ne, e lei mi faceva segno di volermi
dare metà della mano. Che cosa vo-
leva dirmi?
- Ormai dovresti averlo capito
- gli disse serio Don Bosco-. Vo-
levo dirti che con te avrei fatto tutto
·a metà.
1858. Don Bosco si reca per la
prima volta a Roma, a chiedere il
consiglio del Papa sulla fondazione
dei Salesiani. Si fa accompagnare
da Michele Rua.
18 dicembre 1858. Nasce ufficial-
mente la "Congregazione Salesia-
na". Direttore spirituale è eletto il
suddiacono Michele Rua.
29 luglio 1860. Michele è ordina-
to sacerdote. Il giorno seguente,
senza speciale solennità, dice la sua
prima Messa assistito da Don Bo-
sco. La grande festa fu celebrata
nella dpmenica seguente, festa della
Madonna della Neve. Don Rua rin-
graziò tutti, e li supplicò di pregare
il Signore per lui, perché potesse vi-
vere da degno sacerdote.
Copiare Don Bosco
1863 . Si apre la prima casa sale-
siana fuori Torino: il piccolo semi-
nario di Mirabello Monferrato.
Don Bosco manda a dirigerla il gio-
vanissimo Don Rua (26 anni). Per-
ché non si perda di coraggio, lo ac-
compagna con due aiuti preziosis-
simi.
Prima di tutto manda con lui la
sua mamma, Giovanna Ferrero, che
da sette anni ha preso all'Oratorio il
posto della mamma di Don Bosco,
Margherita. Inoltrata negli anni,
ma robustissima, assennata, di pa- ·
zienza mirabile, fu per il suo Miche-
le un aiuto inestimabile.
1 MARZO 1993 - 35

4.6 Page 36

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Il secondo aiuto (che diventerà un Quando salì alla stanza di don Rua,
piccolo tesoro per tutti i Salesiani) si senti dire con un fil di voce: «Mi
sono alcune pagine di consigli scrit- dia l'Olio santo e la sua benedizio-
te per lui. Nelle prime righe, Don ne, che mi sento morire». E Don
Bosco gli dice: «Siccome non posso Bosco, assolutamente. tranquillo:
sempre trovarmi al tuo fianco, sti- «Stai sereno. Tu non partirai senza
mo farti cosa grata scrivendoti alcu- il mio permesso. E non sai quante
ni avvisi che potranno servirti di cose devi ancora fare!». Tre setti-
norme nell'operare» . Il "nocciolo mane dopo, don Rua era guarito e
aureo", Don Bosco lo raggiunge in riprendeva il suo posto di lavoro.
queste parole, che racchiudono il
metodo educativo salesiano: «Stu-
dia di farti amare prima di farti te- Le due mani
mere. Nel comandare e correggere benedicono insieme
fa sempre conoscere che tu desideri
il bene e non mai il tuo capriccio.
Tollera ogni cosa quando si tratta di
impedire il peccato. Ogni sforzo sia
diretto al bene delle anime de' gio-
vanetti a te affidati. Fa quanto puoi
per passare in mezzo ai giovani tut-
to il tempo della ricreazione. La ca-
rità e la cortesia siano le note carat-
teristiche di un direttore».
Ottobre 1865. Muore Don Alaso-
natti, primo prefetto dell'Oratorio.
8 dicembre 1885. Poiché la sua
salute sta rapidamente declinando,
Don Bosco nomina don Rua suo Vi-
cario Generale: «Di qui innanzi -
comunica ai Salesiani - egli farà le
mie veci nel pieno ed intero governo
della Pia Società Salesiana; e tutto
ciò che posso far io, potrà farlo an-
ch'egli con pieni poteri».
Nella notte tra il 30 e il 31 gen-
naio 1888, Don Bosco sta morendo.
Accanto a lui si affollano i Salesiani
Don Bosco richiama al suo fianco in preghiera. Don Rua si china al
Don Rua. È in piena costruzione il suo orecchio e gli dice: «Ci dia an-
Santuario di Maria Ausiliatrice. Ac- cora una volta la sua benedizione.
canto a Don Bosco occorre uno che Io le condurrò la mano e pronunce-
sappia occuparne serenamente -il rò la formula». Alza la destra para-
posto, quando egli deve allontanar- lizzata di Don Bosco e invoca la
si per cercare soldi per la grande protezione di Maria Ausiliatrice sui
chiesa. Don Rua si vede affidare i Salesiani presenti e su quelli sparsi
laboratori dei 350 piccoli artigiani, i nelle varie regioni della terra.
cantieri del Santuario, la pubblica- Don Rua veniva ricevuto da papa
zione delle Letture Cattoliche (12 Leone XIII, che gli disse marcando
mila abbonati), la maggior parte bene le parole: «Voi siete il Succes-
della corrispondenza con i salesiani sore di Don Bosco. Egli era un santo
fùori Torino, i benefattori, gli amici
dell'Opera Salesiana.
L'eccesso di lavoro finì per svuo-
tare di energie il suo organismo. Il
29 luglio 1868 cadde letteralmente
nelle brnccia di un amico, sulla por-
ta dell'Oratorio. Trasportato in ca-
mera, venne il medico e si mostrò
allarmato: si trattava di peritonite
in stato avanzato e allora le opera-
zioni chirurgiche per questo tipo di .
male non si tentavano nemmeno.
Don Bosco era assente. Rientrò alla
sera tardi. I giovani gli si affollaro-
no intorno e gli dissero che don Rua
era gravissimo, un prete aveva già
portato accanto al suo letto l'olio
sacro per l'Unzione degli infàmi.
Don Bosco, stranamente, si mise a
scherzare: «Prima vado a far cena.
Don Rua non parte senza il mio per-
messo». E scese nel refettorio.
I Don Rua nella piena maturità,
primo successore di Don Bosco,
autore del consolidamento
dei salesiani nel mondo.
36 · 1 MARZO 1993
e dal Cielo non mancherà di assi-
stervi».
Successore di Don Bosco. Era la
sintesi dell'opera che doveva svolge-
re. Tracciò il suo programma con
poche parole: «Continuerò l'opera
di Don Bosco, specialmente a van-
taggio dei giovani poveri e abban-
donati, e delle missioni». Anche
nella sua maniera di parlare non di-
rà mai: «Io vi dico, io vi consiglio»,
ma «Don Bosco c'insegnava, Don
Bosco voleva, 'Don Bosco diceva» .
Per 22 anni fece vivere ancora
Don Bo~co con il suo cuore grande,
senza contraffazioni, senza incer-
tezze. Gli Oratori si arricchirono di
palestre e circolì sociali, le scuole
professionali ebbero programmi di-
dattici teorico-pratici di grande
apertura alle esigenze dei tempi. A
Iato dei èollegi volle i pensionati.
Migliaia e migliaia di poveri emigra-
ti in terre straniere videro arrivare
loro accanto i figli di Don Bosco. I
lebbrosi, in quel tempo abbandona-
ti, videro accanto a sé decine di sale-
siani e di Figlie di Maria Ausiliatri-
ce. Le opere salesiane passarono da
64 a 341 . Le missioni furono tripli-
cate. Dal 1890 riprese l'attività eh.e
Don Bosco aveva con pena esercita-
to negli ultimi anni: viaggiare in Ita-
lia e all'estero per avvicinare e inco-
raggiare i salesiani, per chiedere l'e-
lemosina per le opere salesiane. Nel
1890 Don Rua percorse la Spagna,
la Francia, il Belgio, l'Inghilterra.
Nel 1891 la Francia e la Svizzera.
Nel 1894 la Germania, il Belgio e
l'Olanda. Nel 1895 la Palestina. Nel
1899 la Francia, la Spagna, il Porto-
gallo e l'Algeria. Nel 1900 la Sicilia
e la Tunisia. Nel 1904 la Polonia, la
Svizzera e il Belgio. Nel 1906 l'In-
ghilterra, la Francia, il Portogallo e
Malta. Nel 1908 compì l'ultimo
viaggio: Austria, Turchia, Palesti-
na, Egitto. In questo viaggio, com-
piuto come sempre negli scomparti-
menti più poveri dei treni, contrasse
un'infezione che lentamente l'a-
vrebbe portato alla tomba, rivelan-
dosi gravissima solo nei primi mesi
del 1910.
La sua caratteristica rimase la po-
vertà. Chiese tanto, ma per sé non
chiese, non volle mai nulla. L'ulti-
mo posto, l'ultima veste, l'ultimo
pane gli bastarono sempre.
Per questo, il 29 ottobre 1972, il
Papa Io proclamò "Beato".
Teresio Bosco

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MOVIMENTI GIOVANILI
GLI AMICI
DOMENICO SAVIO
di Umberto De Vanna
Dopo un periodo
di grande fioritura,
il movimento «Amici
Domenico Savio» (ADS)
sembra vivere un periodo
di ripensamento.
La sorprendente vitalità
dei gruppi ADS fondati
da padre Delhaye
in Belgio.
A sfogliare lo schedario del Bol-
lettino Salesiano degli ultimi
cinquant'anni, la voce Amici Dome-
nico Savio ritorna spesso. Soprattut-
to negli anni 1960-'75. In un artico-
lo del febbraio 1960 si legge: «Il mo-
vimento Amici Domenico Savio è
sorto in Italia il 9 ottobre del 1956,
alla vigilia del primo centenario del-
la morte di Domenico Savio, quasi
fiore sbocciato sul terreno caldo di
entusiasmo per le recenti feste di
beatificazione e di canonizzazione».
E si diceva che nelle varie province
d'Italia erano state distribuite 35
mila tesserine, mentre il giornale
dell'associazione stampava 12.500
copie. Sotto questa spinta, il movi-
mento aveva cominciato a diffon-
dersi in Francia, Belgio, Olanda, In-
dia, Portogallo e Australia.
Nel 1977 don Clemente!, che per
vari anni ha dato impulso e organiz-
zazione al movimento, citava cifre e
iniziative e affermava che esistevano
in Italia 250 club ADS organizzati
da salesiani e Figlie di Maria Ausi-
liatrice e 200 animati dai cooperato-
ri. Fuori dall'ambito salesiano era-
Il foglio mensile di grande diffusione Dominique, fondato in Belgio
35 anni fa.
1 MARZO 1993 37

4.8 Page 38

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Fatti&
Persone
GERUSALEMME. A don Janos (Gio-
vanni) Anta!, ispettore salesiano in Un-
gheria e poi catechista generale della
congregazione, è stato conferito il titolo
di Righteous Among the Nations (Giu-
sto nelle Nazioni). Riconoscimento che
include il diritto a una medaglia e il pri-
vilegio di avere il suo nome scritto nel
Garden of the Righteous a Gerusalem-
me. L'iniziativa è partita da Istvan An-
halt, ex professore alla Queen's Univer-
sity (Canada), che ha voluto riconoscere
l'eroismo di don Anta! che nel dicembre
del 1944 gli salvò la vita insieme a nume-
rosi altri ebrei ai quali aveva dato asilo
nella casa salesiana di Budapest.
VATICANO. Tra i membri della Com-
missione Teologica Internazionale, Gio-
vanni Paolo II ha nominato don Seba-
stiano Karottemprail, dell'Università
Salesiana di Shillong (India).
ROMA. Dal 1990 si è costituita in Italia
l'Associazione Mariologica Interdisci-
plinare Italiana (AMI). Tra gli obiettivi
espressi nello statuto la scientificità e
l'interdisciplinarietà, l'apertura ecclesia-
le, il dialogo con il mondo contempora-
neo. Ora l'associazione ha una rivista
semestrale di ricerche interdisciplinari
dal titolo Theotokos. Nel numero zero
vi sono contributi dei salesiani Manlio
Sodi, che ne è anche il direttore respon-
sabile, Angelo Amato ed Enrico dal Co-
volo.
TORINO. Il nuovo Catechismo della
Chiesa Cattolica promulgato da Gio-
vanni Paolo II nel dicembre scorso, è di-
ventato un successo editoriale. Una do-
cumentazione del lavoro fatto e una pre-
sentazione dei contenuti la si può avere
ora in videocassetta. Il filmato è prodot-
to in coedizione dal centro televisivo va-
ticano e dalla editrice LDC di Torino-
Leumann.
ROMA. Le Edizioni Logos hanno pub-
blicato un'opera in tre volumi di don
Giovanni Fagiolo: La Costituzione della
Repubblica Italiana. Frutto di un accu-
rato lavoro di ricerca, l'Autore riporta di
ogni articolo i singoli contributi dati dai
diversi oratori, mettendo in evidenza le
diversità di opinione, le precisazioni e lo
sforzo per giungere a una conclusione
concordata. Ma anche il modo con cui
gli articoli furono approvati, nomi dei
votanti e quanto può servire,a documen-
tare l'andamento dei lavori. Per ulteriori
informazioni, rivolgersi all'Autore, via
Marsala, 42/00185 Roma.
38 - 1 MARZO 1993
I Nelle foto, momenti di vita di gruppo. I ragazzi amano stare insieme
e scoprire insieme il valore della scelta cristiana. (Foto De Marie)
no numerosissimi i club ADS sorti
nelle parrocchie, soprattutto tra i
chierichetti e i cantori. Scriveva don
Clemente!: «Oggi il movimento è
diffuso nei cinque continenti: dagli
Stati Uniti alla Patagonia, dall'Etio-
pia a Macau e alla Korea del Sud».
Gli ADS in Belgio
Secondo padre Arthur Delhaye,
in Belgio gli ADS .sarebbero sorti
probabilmente sin dall'anno in cui
Domenico Savio è stato dichiarato
santo, anche se l'organizzazione ha
preso sviluppo soprattutto dal 1959
in poi. Padre Delhaye, in barba ai
suoi 75 anni, è un salesiano che non
si è stancato di vivere con i giovani.
Per loro da 30 anni manda avanti il
movimento ADS in Belgio. Orga-
nizza campeggi durante le vacanze
(«Quindici giorni di vita cristiana
intensa per i ragazzi e quindici per le
ragazze», afferma, «con attività e
momenti di preghiera e di riflessio-
ne su un tema specifico. Campeggi
caratterizzati da un grande spirito
di fraternità e da tanta gioia»). E

4.9 Page 39

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durante l'anno organizza per i gio- presenza di questo tipo tra i giova- di fare una brutta fine". Ora ha tra-
vani ADS otto corsi di esercizi spiri.- ni, e per me gli ADS sono sempre sformato anche la vita della sua fa-
tuali ...
stati un'occasione per guidare i gio- miglia».
Padre Delhaye, quali sono le atti- vani sulla strada della santità e di A che età si diventa ADS?
vità più significative che ha organiz- aprirli alla vocazione e alla forma- «Li invitiamo attorno ai nove-
zato per gli ADS in questi anni? zione di famiglie profondamente dieci anni. Ma ve ne sono che conti-
«Ricordo prima di tutto il pelle- cristiane».
nuano fino ai vent'anni e oltre. Un
grinaggio a Torino-Valdocco degli Non si rischia di dare vita in que- ADS farà quest'anno per la ventu-
ADS di Francia, Belgio e Svizzera: sto modo a un movimento di élite? nesima volta il campeggio con me. I
eravamo in 2000. E poi gli incontri «È in questo modo che Don Bo- nuovi arrivati seguono i più grandi.
di cinque settimane che ho avuto in sco ha formato Domenico Savio, Gli animatori vengono preparati
con incontri speciali che si conclu-
dono con una specie di brevetto o
diploma».
È attuale la proposta ADS per i
ragazzi del nostro tempo?
«Ai giovani piace quel che a loro
appare vero, anche se è esigente.
Quando si chiede poco, si ottiene
ancora di meno. Quando si chiede
molto, si ottengono trasformazioni
che sanno di miracolo. Se tanti gio-
.vani non si sentono più attirati dalla
fede è perché gli educatori non inse-
gnano più le verità profonde, le me-
raviglie della fede e della vita cri-
stiana. Non conoscono più nulla:
come potrebbero innamorarsi della
vita cristiana? Per Don Bosco erano
importanti il catechismo, i sacra-
menti, la devozione alla Madonna».
E per questo che nei suoi gruppi
sono nate numerose vocazioni?
«I nostri gruppi tutto sommato
sono poco numerosi. Eppure qual-
che tempo fa sei ADS (tre ragazzi e
· tre ragazze) hanno cominciato il lo-
ro cammino verso il sacerdozio o la
vita religiosa. Dopo le ultime vacan-
ze due sono entrati in seminario e
una sta per entrare nel Carmelo».
·Può riassumerci in poche parole
qual è l'identikit spirituale del giova-
Ragazzi ADS del Belgio durante un pellegrinaggio.
ne ADS?
«Prima di tutto una forte amici-
zia per Gesù e Maria; rifiuto del
peccato; pietà, gioia, fedeltà al pro-
Rwanda e in Zaire nel 1992: per due
volte ho passato una giornata intera
con#400 ADS di Lubumbashi!».
Non le pare, padre, che nonostan-
te tutto il movimento abbia cono-
sciuto in questi ultimi anni un mo-
mento di stanchezza e un rallenta-
mento?
«La ragione potrebbe essere quel-
la "superficialità spirituale" sotto-
lineata spesso da don Viganò, per
cui non si ha più il coraggio di pre-
sentare ai giovani un ideale cristia-
no esigente e profondo. Don Bosco
Michele Magone e tanti altri giova-
ni. Con gli opportuni adattamenti,
il suo metodo vale anche per oggi.
Pochi sono i ragazzi che quando so-
no venuti con noi la prima volta po-
tevano considerarsi una élite. Ma
dopo si sono trasformati. Non mol-
to tempo fa ho battezzato tre ragaz-
zi e una ragazza nel corso degli eser-
cizi spirituali ADS. Una ragazza è
arrivata tre anni fa. Era tanto diffi-
cile, ora è un modello per le altre.
Mi ha scritto: "Quando sono venu-
prio dovere, purezza, impegno apo-
stolico; frequenza regolare e fervo-
rosa dei sacramenti' delJa penitenza
e dell'Eucarestia; guida spirituale di
un sacerdote».
Si tratta certamente di un pro-
gramma in perfetta linea con le più
genuine tradizioni salesiane. Ne
prendiamo atto. Così come ci pare
di dover sottolineare che le linee di
pastorale giovanile attuali ci invita-
no a essere rispettosi e attenti nello
stesso tempo ai ritmi di maturazio-
ne di ogni giovane.
voleva che i salesiani fossero una ta per la prima volta, ero sul punto
Umberto De Vanna
1 MARZO 1993 39

4.10 Page 40

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Borsa: Maria Ausiliatrice, a cu·ra
di Zanini Maria, L. 5.000.000 -
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Trotta Marta, L. 2.600.000 -
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di e per protezione dei figli , a cu-
ra di Enolina Qualdi Pesenti - L .
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liatrice e Don Bosco, ringrazian-
do per la protezione sulla fami-
glia, a cura di Scolari Giuseppe,
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sco, in memoria di Don Franco
Delpiano e in suffragio di Franzi-
no Romolo, a cura di Franzino
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Don Bosco, in memoria della
mamma e per ringraziamento e
protezione, a cura di N .N., L.
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cura della Fam. Colombo Elio,
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Salesiani, in suffragio dei defunti
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cura di Comaschi Egle - Borsa:
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a cura di Dulio Carla.
40 - 1 MARZO 1993

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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BONIFACIO sac. Enrico, salesiano, t Torino il
171911992 a 80 anni.
Entrato giovanissimo nell'istituto salesiano di
Ivrea, i::onobbe e conversò più volte con il beato
Filippo Rinaldi. L'amicizia con il servo di Dio don
Giuseppe Quadrio, suo compagno di scuola, raf-
forzò rr,aggiormente il desiderio di servire Dio con
Don Bosco. Lavorò nella case salesiane di Gaeta,
Bagnolo, Torino-Rebaudengo, Foglizzo, dove in-
segnò filosofia ai giovani salesiani. Nel 1954 en-
trò con incarichi di resporisabilità nell'editrice
LDC. In questo lavoro mise tutte le sue energie,
manifestando un Interesse particolare per la dif-
fusione della Sacra Scrittura. Collaborò tra l'altro
alla traduzione interconfessionale della Bibbia.
Un pastore valdese alla sua morte scrisse: «È sta-
to un grande servitore della parola e ha contribui-
to grandemente alla traduzione comune della
Bibbia con la sua precisione e cordialità" -
CONTI sac. Calogero, salesiano, t Messina il
221711992 a 78 anni.
Nacque in una famiglia molto religiosa, che die-
de alla Chiesa e alla congregazione salesiana an-
che il fratello don Gaetano. Compiuti gli studi di
filosofia e teologia a Roma, dal 1944 visse con gli
studenti teologi a Pedara, Citali, S. Gregorio e
Messina-San Tommaso. Qui fu insegnante e dal
1958 anche direttore. Nel 1963 venne eletto
ispettore. L'ispettoria Sicula in quegli anni aveva
550 salesiani (oltre ai cento chierici dello studen-
tato). Gli ultimi anni li trascorse ancora nello stu-
dentato di Messina, come docente e confessore .
Intellettualmente preparato, pastoralmente zelan-
te , discreto e esperto, don Conti maturò una per-
sonalità armonica fatta di paternità, di attacca-
mento al carisma salesiano e di sensibilità alle
esigenze dei confratelli ..
PANE sac. Danilo, salesiano, t Torino il
411211992 a 59 anni.
Don Danilo si è sempre distinto per la sua fe-
deltà alla Chiesa e alla congregazione, per la sua
gioia di essere salesiano e sacerdote. Educatore
sensibile e simpatico, ha amato i giovani con il
cuore di Don Bosco e a essi (allievi ed exallievi)
dedicava tempo , attenzione, premura e amicizia
sincera e ne era cordialmente ricambiato . Dispo-
nibile, accogliente, dimentico di sé, preoccupato
dei bisogni degli altri, specialmente dei confratel-
li, dei quali è stato amico sincero. Nutriva grande
affetto per i suol famigliari. La sua laboriosità e la
fedeltà al suoi impegni hanno fatto di lui l'uomo
"feriale", del quotidiano, che badava essenzial-
mente alla sostanza. Ha attinto energia dalla pre-
ghiera costante e dall'incontro quotidiano con il
Signore e con Maria Ausiliatrice. La morte lo ha
colto lmprowlsamente, dopo aver iniziato rego-
larmer,te Il suo lavoro.
IVALDI Maria In Pesce, exallleva e cooperatri-
ce, t Acqui Terme il 61711992 a 80 ann i.
Per tanti anni fu consigliera ispettoriale dell'U-
nione exallleve delle Figlie di Maria Ausiliatrice e
attivissima cooperatrice salesiana.
DANSE sac. Hubert, salesiano, t Lubumbashi
(Zaire) il 91811992 a 80 anni.
È rimasto sempre fedele al suo Ideale missio-
nario a servizio dei più poveri. Lui i poveri li cono-
sceva bene e li chiamava per nome, cercava di
correggere i loro difetti, li consigliava e incorag-
giava. Faceva progetti per n,igliorare· 1a loro con-
dizione sociale. Sacerdote missionario, è rimasto
fedele al.proposito scout: Sempre a servizio degli
altri. Era un uomo riservato, discreto, di preghie-
ra, fedele al rosario quotidiano. ·
COVA Luigina, cooperatrice, t Padova a
91 anni.
Nell'omelia, il sacerdote salesiano l'ha definita
" donna dell'accoglienza" . Gestiva un esercizio
pubblico e sapeva dare ai suoi clienti e a quanti
incontrava ristoro al corpo, ma soprattutto un
buon pensiero per l'anima. Iniziava la sua giorna-
ta con la santa Messa. Donna di fede e di gioia
anche nei momenti bui, era sensibile e attenta ai
bisogni altrui; dava ascolto e, se necessario, aiu-
to materiale. La serenità con cui si è preparata al-
l'incontro con Il Signore è stata di esempio a
quanti le sono stati vicini.
ABATTI suor Margherita, Figlia di Maria Ausi-
liatrice, t Campo Grande (Brasile) il 1911011992
a 79 anni.
È difficile dimenticarla. Lei e la storia della sua
famiglia. Partl per le missioni del Brasile nel 1938
e la sua passione per il Regno di Dio le fece ac-
cettare il grandissimo dolore della morte del fra-
tello, missionario della Consolata, ucciso nelle
rappresaglie della Cina rivoluzionaria.' Infermiera
forte· e dolce, fu nell'ospedale di Corumba una
presenza che sarà difficile colmare. Le sue brac-
cia raccolsero i più poveri e i martiri di un sistema
che uccide chi si schiera con coraggio dalla parte
dei miserabili.
MALGRATI suor Iside, Figlia di Maria Ausilia-
trice, t Cinisello Balsamo (Milano) Il 2911011992
a 78 anni.
L'ha caratterizzata un grande intuito e un gran-
de spirito di iniziativa. Fu lei a fondare, prima di
tutte le leggi scolastiche, una scuola europea. Fu
lei a intraprendere l'awentura di dirigere un gior-
nale per adolescenti, Primavera, che continua a
diffondere il suo messaggio tra i giovani. Fu lei a
iniziare anche la rivista Da mihi animas, che è og-
gi l'organo con cui le Figlie di Maria Ausiliatrice
mantengono un collegamento di riflessione con
tutto il mondo. Le spine sono state l'altra faccia
di questa vita vissuta in prima linea con passione.
ROL Duilio, exalllevo e cooperatore, t Perosa
Argentina (Torino) il 2111111992' a 83 ann i.
A Valdocco, come allievo della scuola profes-
sionale (falegnami e ebanisti) negli anni 1923-28 ,
attinse l'amore a Don Bosco e a Maria Ausiliatri-
ce, che poi testimoniò nell'operosità onesta e in-
stancabile, nella fede semplice e perseverante,
crescendo nello stesso spirito la sua famiglia, do-
ve due del quattro figli maturarono la vocazione
tra FMA e SDB. Affezionato all'ambiente salesia-
no, era lieto di poter mettere a disposizione delle
case e delle opere la sua competenza professio-
nale. Si gloriava di avere più volte servito la santa
Messa al beato don Filippo Rinaldi, come cerimo-
niere del :piccolo clero della basilica di Maria Au-
siliatrice , e di essere stato il prediletto accompa-
gnatore di don Angelo Calmo nella visita al poveri
delle soffitte di Torino . La recita del rosario in fa-
miglia fu la sua forza.
RUSPA ing. Carlo, exalllevo e cooperatore,
t Torino a 88 anni.
Exalllievo di Penango e Novara, fu cooperatore
e prezioso collaboratore del compianto don Carlo
Beffa nell'organizzazione della segreteria ispetto-
riale. Conferenziere ricercato, tra i suol onerosi
impegni di direttore di stabilimento e degli im-
pianti della Società Burgo, trovò tempo per tra-
smettere al cooperatori con la parola e l'esempio
il suo amore a Don Bosco e alla sua opera. Si
spense serenamente sopportando con religiosa
rassegnazione i limiti dell'età e offrendo al Signo-
re quanto di bene aveva fatto nella sua vita.
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridi..:amente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
«... annullo ogni mii}
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure 11stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
1 MARZO 1993- 41

5.2 Page 42

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r NON C'ERA
SPERANZA
DI GUARIGIONE
Fui colta da erpete alla gamba e
ciò produsse al nervo sciatico
un'infiammazione che si pro-
trasse al calcagno procurando-
mi in esso dolori lancinanti. Il
medico non mi dava speranza di
guarigione, data la mia tarda
età. Mi è venuta incontro la po-
tente Ausiliatrice liberandomi
da quelle sofferenze. La ringra-
zio pubblicamente.
Pizzino Gaetana,
Capo d'Orlando (ME)
r PER RINGRAZIARE
IL SUO PICCOLO
AMICO
Il piccolo Charles Cleal, di otto
anni, aveva una cisti di crescen-
za ossea che esigeva un inter-
vento chirurgico. Vi erano motivi
per essere preoccupati. La so-
rellina Anna sentendo parlare
all'Oratorio della particolare
protezione di Domenico Savio
sui bambini , fa sì che la mamma
procuri l'abitino di Domenico
Savio e lo faccia indossare al
fratellino. L'intervento riesce
molto bene e il piccolo Charles
guarisce perfettamente. Questi,
insieme ai genitori, desidera,
per mezzo mio, ringraziare il
suo Piccolo Amico. ·
Sac. Natale Zuccaro, Marsala
r DOPO TANTA
TREPIDAZIONE
Durante la sua terza gravidan-
za, mia nuora ha accusato nu-
merosi disturbi che, secondo
HANNO OTTENUTO «GRAZIE»:
Luisa Pirola, Castel Roz- di Don Bosco - G.A., Vi-
zone (BG) per intercessio- gnale Monf. (AL) per inter-
ne di Domenico Savio - cessione di Don Bosco -
Giuseppina Mele, Sava K.C., .Udine per interces-
(TA) per intercessione di sione di Don Bosco -
Domenico Savio - Pierina M.T., Poirino (TO) per in-
Mingardi, Palavero (BS) tercessione di Don Bosco
per intercessione di Dome- - Elena Ferraris, Borgo-
nico Savio - A.M ., Lodi sesia (VC) per intercessio-
(MI) per intercessione di ·ne di Don Bosco - Elsa
Don Bosco - Teresa La- Cavallari, Torino per inter-
pegna, Carbonara (BA) cessione di Maria Ausilia-
per intercessione di Dome- trice - Paola Bardonec-
nico Savio - L.F., Ferrara chia, Torino per interces-
per intercessione di Dome- sione di Maria Ausiliatrice
nico Savio - Eufrosina - L.G., Trecate (NO) per
Rovelli , Pontirolo M. (BG) intercessione di Maria Au-
per intercessione di Dome- siliatrice - Renata e Do-
nico Savio - Rosy Spa- menico, Ozegna (TO) per
gnol, Colcellalto (AR) per intercessione di don Rinal-
intercessione di Domenico di - Silvia Giovinazzo, To- ·
Savio - Grazia Russo, rino per intercessione di
Acireale (CT) per interces- don Rinaldi - Beatrice
sione di Domenico Savio Bazzanella, Laives (BZ)
- Benedetta Rinaldi, Puti- per intercessione di Dome-
gnano (BA) per interces- nico Savio - Domenica
sione di Domenico Savio T., Ribera (AG) per inter-
- Irene Calvetti, Saluzzo cessione di Domenico Sa-
(CN) per intercessione di via - Tiziana Zucchetti,
Domenico Savio - Franca Cazzano S. Andrea (BG)
Mazza, Buscate (Ml) per per intercessione di Dome-
intercessione di Domenico nico Savio - M. Luisa Ce-
Savio - Stefania Notari rutti , Leinì (TO) per inter-
Marzi, Reggio E. per inter- cessione di Don Bosco -
cessione di Domenico Sa- Patrizia Avidano, Asti per
vio - Maria lvaldi , Gama- intercessione di Don
lero (AL) per intercessione Bosco.
il ginecologo, potevano mettere
in forse la vita del nascituro. Do-
po alcuni mesi trascorsi quasi
sempre a letto con tanta trepida-
zione da parte di tutta la fami-
glia, grazie all'aiuto di San Do-
menico Savio di cui mia nuora
portava l'abitino, grazie alle pre-
ghiere di tante persone, è nata
Maria Valeria. Ringrazio Dio per
aver accolto anche le mie umili
preghiere, per aver donato una
sorellina ai miei due nipotini e
tanta gioia a tutti noi.
Luciana Grosso, Torino
r Ml SONO
TOTALMENTE
AFFIDATA A LUI
Avevo tredici anni quando mi
sono ammalata di pleurite. Ero
molto debole, non riuscivo a re-
spirare bene, mi sentivo saffo,
care. Credevo ormai di non far-
cela più, quando la mamma un
giorno mi mise al collo l'abitino
di Domenico Savio. Da quel
giorno mi sono totalmente affi-
data a lui. Sono guarita, ho ri-
preso la scuola riportando buoni
risultati.
Dopo alcuni anni si è presentata
una malattia ancor più grave.
Ho cominciato a rifiutare qual-
siasi cibo, arrivando così ad un
gravissimo deperimento organi-
co. Avevo diciotto anni e pesavo
ventotto chili. Anche in tale cir-
costanza ho pregato San Do-
menico Savio e mi sono abban-
donata con fiducia a lui. Ho co-
minciato pian piano a ristabilir-
mi . Ora sto bene e ringrazio
pubblicamente il mio grande
Protettore .
Raneri Pina, Messina
r PREVISIONI
NEGATIVE
Mia figlia, Emiliana Usseglio, di
41 anni, sposata e con un figlio
di 15 anni in grave handicap,
nella primavera scorsa fu presa
da fortissimi dolori al capo. Ri-
coverata all 'ospedale civile di
Pinerolo e inviata agli esami
TAC e di risonanza a Torino, fu
trattenuta per 35 giorni per "pa-
ralisi abducente DX con cefa-
lea" . Il muscolo dell 'occhio era
stravolto e la vista distorta. Una
paresi alla bocca e un dolore
acuto nel profondo della nuca.
Dopo vari esami , i dottori riten-
nero sconsigliabile un'operazio-
ne alla nuca per affrontare il nu-
cleo oscuro sospettato con tu-
more. Con adeguate medicine
fu rinviata a casa in attesa di svi-
luppi e con previsioni negative.
Intanto io mi recai al Colle Don
Bosco e invocai Mamma Mar-
gherita, in cui ho posto, come
mamma, la mia fiducia. Feci ce-
lebrare una santa Messa «per la
guarigione della figlia e per la
protezione sulla mia famiglia» .
Nella settimana seguente mia fi.
glia iniziò a sentirsi meglio, e
gradualmente a vederci bene.
Si ricompose il muscolo facciale
e l'occhio riprese a vedere. Alla
radiografia di fine giugno risultò
"tutto pulito", senza più ombra
oscura alla nuca. Il 23 settem-
bre gli esami medici conferma-
rono la quasi completa guarigio-
ne, senza più alcuna macchia
tumorale. Ringrazio il Signore e
Mamma Margherita per la sua
intercessione. Spero nella defi-
nitiva guarigione della figlia e
prego Mamma Margherita per-
ché continui a proteggere tutta
la nostra famiglia.
Teresina Barbero Usseg/io,
Vigone (TO)
r DIAGNOSTICAVANO
COSE SERIE
Desidero segnalare una grande
grazia che il Signore mi ha con-
cesso per intercessione del bea-
to Filippo Rinaldi. Nei primi me-
si della mia gravidanza, i dottori
avevano diagnosticato cose se-
rie nella testa della creaturina
che portavo in grembo. Allora io,
insieme a tutta la mia famiglia,
iniziai a pregare ricorrendo all'in-
tercessione di don Rinaldi. Dopo
tanta preghiera e tanta fiducia,
mi è nata una bellissima bambi-
na che ora gode perfetta salute.
Famiglia Nico/etto, Padova
Per lopubblicazione non
si tiene conto delle lette-
re non firmate e senza
recapito. Su richiesto si
potrà omettere l'indica-
zione del nome.
42 · I MARZO 1993

5.3 Page 43

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Nome: suor Maria Esther Posada
Nata a: Socorro (Colombia)
nel 1936
Attuale residenza: Roma
Altre notizie utili: è in Italia da 30
anni. Insegna spiritualità all' Auxi-
lium e all'Ateneo salesiano di
Roma.
Quando sono nate le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice? E quante sono og-
gi nel mondo?
Nella mente di Don Bosco sono
nate attorno agli anni 1850; come
gruppo primitivo di figlie dell'Im-
macolata (al quale apparteneva
Maria Mazzarello e dal quale sor-
sero le Figlie di Maria Ausiliatrice)
nel 1851. Come data di fondazio-
ne, il 5 agosto 1872, a Mornese, in
provincia di Alessandria. Attual-
mente siamo oltre 16.000, distri-
buite in 1559 case presenti in 78
nazioni.
In questi ultimi decenni c'è stata
una notevole evoluzione culturale
tra le Figlie di Maria Ausiliatrice.
A questa è seguita anche una mi-
gliore presenza pastorale nella so-
cietà?
Penso di sì, anche se ritengo che
per una migliore presenza pastora-
le nella società, si richieda alla reli-
giosa, assieme a una seria profes-
sionalità, una migliore qualità di
vita evangelica, e nel nostro caso,
«salesiana».
Lei spesso incontra le FMA in va-
rie nazioni del mondo per corsi di
aggiornamento. Di che si tratta?
Si tratta di "Corsi di formazione
permanente" che mirano a una
migliore conoscenza e assimilazio-
ne del carisma dell'istituto in ordi-
ne a una memoria di futuro più vi-
va e più piena.
Come vede dal suo speciale osser-
vatorio le FMA oggi?
Il mio vero "osservatorio" è l'in-
contro personale con ogni sorella.
Pur tra difficoltà e diversità di si-
tuazioni, mi pare di vederle sem-
pre più impegnate in una dinamica
di crescita come donne consacrate,
chiamate a essere segno dell'amo-
re proveniente dal Padre nel mon-
do giovanile e missionario.
Ci può raccontare com 'è nata la
sua vocazione?
Premetto che non ho studiato con
le FMA. Ero insegnante, dirigente
dell'Azione Cattolica e fidanzata,
quando nel 1956 conobbi le FMA.
Già sentivo dentro la spinta a cer-
care un amore più grande e mi si
rivelò nella vocazione a essere con-
sacrata a Dio per il ministero edu-
cativo salesiano nella Chiesa.
Il vostro fondatore è Don Bosco.
E Maria Mazzarello la confonda-
trice. Quali sono a suo parere gli
elementi di maggior attualità di
questi due santi?
Sono le stesse sfide dei giovani
d'oggi che rivelano, più di ieri,
l'attualità di un uomo e di una
donna come Don Bosco e la Maz-
zarello: autentici educatori, intre-
pidi, forti, creativi. Ma è soprat-
tutto la consistenza del loro essere
e la verità del loro esistere che li
rende attuali . Nel 1987 ho curato
un libro sulla Mazzarello al quale
diedi il titolo: Attuale perché vera.
Dei suoi libri, quale ha scritto con
più soddisfazione?
Le "Lettere" di Santa Maria Maz-
zarello (ora alla seconda edizione).
Nell'ambito ispano-americano ha
avuto fortuna un mio saggio sulla
figura spirituale di Madre Mazza-
rello.
HANNO DETTO
«È dolce e cinico come solo
un ragazzino sa essere».
(John Hughes, autore di
Mamma ho riperso l'aereo,
a proposito del piccolo Kevin)
«I naziskin sono giovani senza
nessuna prospettiva di lavoro, di
awenire, con una profonda
ignoranza, perché nessuno ha
mai raccontato loro la storia».
(Sandro Curzi,
direttore del TG3)
LA BUONA NOTIZIA
«Mi chiamo Tatiana. Vengo dal-
la Russia e abito a Mosca. Studio
all'università e fino a un anno fa
non avevo mai parlato con un pre-
te o una suora. Per la prima volta
ho parlato con un sacerdote il 5
agosto dell'anno scorso andando
in pellegrinaggio a Czestochowa
per partecipare all'incontro con il
Papa. Non c'ero andata per motivi
religiosi, ma per curiosità, per ve-
dere la Polonia e quell'avvenimen-
to. Ma già facendo la strada co-
minciai a pensare a Dio, parlavo
con i sacerdoti, con le suore, con i
giovani. Ho vissuto intensamente
l'incontro con il Papa. Ho comin-
ciato a pensare al cristianesimo.
Una suora mi ha preparata al batte-
simo e sono stata battezzata il 14
settembre dell'anno scorso. Mi
hanno mandato qui le suore salesia-
ne che lavorano a Mosca da un an-
no. Vi porto i saluti dei giovani rus-
si. Spero che al prossimo incontro
ci siano anche loro» (testimonianza
raccolta al «Confronto '92»).
«Non riprendiamoci
ciò che una volta abbiamo
donato al Signore»
Don Bosco
1 MARZO 1993 43

5.4 Page 44

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO C.M .P.
Rivista per la Famiglia Salesiana
e gli Amici di Don Bosco
Inoltrare le richieste - Cambio di indirizzo - Corrispondenza a:
IL BOLLETTINO SALESIANO - Via della Pisana 1111
Casella Post. 9092 - 00163 Roma-Aurelio
Un SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
L. Ciotti
Chi ha paura
delle mele marce?
Giovani, droghe, emarginazione...
pag. 224 , L. 15.500
Lettere e storie raccontate in
prima persona che parlano di
carcere , di tossicodipendenza,
di sieropositività, di disagi sociali
vari . Le commenta un testimone
d'eccezione, che a questi
problemi ha consacrato la vita.
Lo scopo è aiutare tutti , ma
soprattutto i ragazzi , a capire
le persone che stanno dietro a
queste tristi esperienze e le cause
profonde del loro malessere.
Volume realizzato in collaborazione
con Edizioni Gruppo Abele - TORINO
Giovani, droghe,
emarginazione ...
c:?:n soclETÀ
Z / EDJTRICE
INTERNAZIONALE
TORINO