Bollettino_Salesiano_197309


Bollettino_Salesiano_197309



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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVII N. 9 1° MAGGIO 1973
Spediz. In abbon. posL • Gruppo 2• (70) • 1• quindicina

1.2 Page 2

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IN QUESTO NUMERO
2. Maria in cammino con noi
5. Lettera a tutte le mamme
6. Dossier: Salesiani-Africa Centrale
Una terra giovanissima
Kumbalesa. fulmine di Dio
9. Esercizi Spirituali 1973
1O. Il cardinale segreto di Paolo VI
14. M io fratello è in carcere
18. Ariari, Far West della Colombia
21. Mons. Coronado, vescovo a Gi-
rardot
22. Il suo nome era Silenzio
24. Giocare a calcio in Paradiso
31. Estate 1973 con I Giovani Coo-
peratori
C1nOctlDmDmO1,wI-
Rubriche
13. Educhiamo come Don Bosco:
Capiamoli questi ragazzi
28. Nel mondo salesiano
31. Pubblicazioni Salesiane
32. Grazie per l'intercessione di Ma-
ria Ausiliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
In copertina
Una mamma dell'Amazzonia (foto
SAF). Vedi «Lettera a tutte le
mamme» a pag. 5.
BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVII - N. 9 - Maggio 1973
Direttore Re■ponsablle
DON TERESIO BOSCO
Redaiione
DON PIETRO AMBROSIO
DON CARLO DE AMBROGIO
I m pa g i n a z i o n e
Luigi ZonIa Ufficio Tecnico SEI
Dlrezion• Ammlnl■traziona
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
Officine Graflch■ SEI
Maggio è il mese dedicato a Maria SS. La Famiglia Salesiana,
seguendo l'esempio dolcissimo di Don Bosco, la venera con
il titolo di Ausiliatrice. In questa linea presentiamo una pro-
fonda meditazione su Maria che cammina con noi e davanti a
noi sulla strada che Cristo ha tracciato per la liberazione del-
l'uomo. la densità dell'argomento e il deciso taglio teologico
e sociale può rendere forse un po' difficile la lettura. Ma ab-
biamo fiducia nell'intelligenza e nell'impegno dei nostri lettori.
La storia dell'umanità, di questo
pianeta affollato di uomini, e di
ogni singola persona, è un cammino
verso la liberazione. Liberazione dal-
l'ignoranza, dalla malattia, dallo sfrut-
tamento, dall'egoismo. Solo con la li-
berazione totale è possibile la rea-
lizzazione di sé e della comunità
umana.
l\\ia ognuno scopre che il cammino
in avanti, verso la liberazione, è reso
difficile, faticoso, da una batteria di
ostacoli. Molte volte le strutture so-
ciali frenano e arrestano questa mar-
cia. :\\la non sono 'l'unico ostacolo.
Ci si accorge presto che non sono
le cose «fuori >l che bloccano, ma
quelle ll dentro •: il rifiuto di sacri-
ficarsi per gli altri, di buLtare la
eropria vita, di pagare di fersona.
E, pi.ù ancora alla radice, i rifiuto
di Dio: il voler far tutto da solo.
In una parola: il peccato. Il cammino
in avanti di ogni uomo e di tutti
gli uomini è frenato dal peccato:
chiusura, isolamento, solitudine, non
volontà di collaborazione.
Anche l'uomo più chiuso porta in
una nostalgia, spesso nascosta e
mascherata, di essere diverso: un
grande desiderio di essere liberato,
di essere amato e di essere capace
di amare.
Sono molte e diverse le espres-
sioni dell'umanità in cammino verso
la liberazione. Un corteo di operai
che marciano, che cosa cercano ? Sono
il segno vivo, talvolta scomodo, di
una ricerca affannosa, di un'ansia di
giustizia sociale, di eguaglianza, di
rapporti più umani, dì una vita
meno selvaggia. Come in ogni ri-
cerca umana, anche qui il bene è
impastato con il male: il desiderio
di • essere di più• si frammischia,
spesso è addirittura soverchiato, dalla
voglia di «avere di più»...
Si cammina verso la liberazione
sporcandosi le mani, stringendosi le
mani. Assieme. Perché senza soli-
darietà e senza sacrificio la storia
non cammina, la liberazione non si
realizza.
Ce la portiamo dentro,
come il nostro vero progetto
Ma sono condizioni sufficienti per
la liberazione totale? Nel profondo,
è presente una tensione verso una
giustizia più vera, più sicura, più
impegnativa: una giustizia interiore.
Che nessun corteo di uomini, anche
il più solidale e disponibile, riuscirà
a conquistare...

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la certezza che i sogni, sofferti o
neppure avvertiti, saranno felice pos-
sesso.
Maria brilla dinanzi a noi come
segno di sicura speranza e di conso-
lazione, fino a quando non verrà il
giorno del Signore.
Qual è il senso di Maria in questo
cammino di liberazione dell'uma-
nità? Che cosa dice a noi il suo mi-
stero, la sua persona ?
Maria Immacolata, la << nuova crea-
tura>> liberata dal male prima che il
peccato le sfiorasse, grida a1to che
c'è una prima liberazione. L'uomo ha
bisogno di essere liberato dal pec-
cato con un intervento diretto di
Dio. Essa fu liberata prima che il
male la sfiorasse. Noi, invece, dob-
biamo essere liberati dal peccato che
ci portiamo dentro.
La liberazione è prima un dono
che un impegno: bisogna avere le
mani e il cuore aperto ad accogliere
questo dono. Solamente quando l'a-
vremo accolto, quando avremo ac-
cettato cll essere liberati da Dio,
potremo diventare liberatori degli
altri.
Gravi interrogativi
Ogni uomo, anche senza saperlo,
guarda a Maria come a colei che ci
assicura, nella sua persona, che quello
che cerchiamo di realizzare senza
ancora riuscuc1, esiste. Maria ce la
portiamo dentro come il nostro vero
progetto.
Gli occhi dai bambini sono
un'annunciazione che con•
t lnua. Chiedono di a uiere
liberati dall'ignoran:ra,
dalla m alattia, dallo s frut•
tamento, dall'egoismo.
Il cammino in avanti dell'umanità
si scontra ogni giorno con gravi in-
terrogativi. Chi garantisce che la
marcia in avanti avrà successo ? Lo
stroncamento, l'involuzione, è spesso
totale e imprevedibile: la liberazione
dell'uomo si realizzerà, o rimarrà
una splendida utopia? Che ne è delle
sterminate turbe d.i uomini morti
nell'attesa vana della liberazione, af-
fogati nella schiavitù, sfruttati dai
tiranni antichi e moderni ? Metà dei
sepolti nell'America Latina, dice una
statistica, non hanno toccato i quat-
tro anni di vita...
Maria è la risposta a questi in-
terrogativi. Essa è per l'umanità se-
gno di speranza, in quanto in lei
si è realizzata la liberazione nella sua
pienez.za. Essa è la creatura piena-
mente riuscita, totalmente permeata
della luce d.i Dio. Ogni uomo, di
ogni tempo, a qualsiasi livello abbia
vissuto la sua umanità, in lei ritrova
Annunciazione:
l'uomo chiamato a cooperare
Il racconto evangelico dell'Annun-
ciazione ha sempre ispirato gli ar-
tisti, favorendo una trascrizione ma-
teriale e letteraria della pagina di
Luca.
Ma l'immagine può diventare
schermo opaco invece che strumento
per penetrare i significati del fatto.
Oltrepassando la rappresentazione gra-
fica, possiamo chiederci: quali sono
questi significati? Qual è il cuore
del mistero ?
L'Annunciazione ci ricorda che
Dio non opera la salvezza dell'uomo
senza la sua piena e responsabile
cooperazione. L'Annunciazione è la
chiave di comprensione di questo
mistero.
Gli occhi dei bambini sono un
appello d.i Dio, un'annunciazione
che continua. Che cosa chiedono se
non di potersi realizzare pienamente
come uomini, se non di essere li-
berati dall'ignoranza, dalla malattia,
dallo sfruttamento, dall'egoismo?
Chiedono di trovare un senso alla
lor o esistenza.
Il rifiuto, il no secco, è una reale
possibilità, che continua il primo
no di Adamo. Maria ha risposto sì.
Il suo si si è incarnato nella storia,
ha regalato al mondo il Salvatore,
ha dato il via alla liberazione.
L'uomo vive in un contesto so-
ciale. La sua vita è intessuta e con-
dizionata dai rapporti strutturali. La-
vorare per la liberazione dell'uomo
comporta quindi un continuo lavoro
nelle strutture, per modificarle, uma-
nizzarle. L'amore oggi o è anche
sociale e politico o non è amore.
La vocazione di Dio si innesta qui:
l'impegno sociale e politico è una
incarnazione nell'oggi del sì di Ma-
ria nell'annunciazione.
Scrive Arturo Paoli: «L'amore che
non si impegna ad abbattere o a
cambiare le strutture che opprimono
la libertà e la dignità dell'uomo, è
un amore da burla. Un disimpegno
sociale e politico può essere am-
messo... fino ai sette anni •J (Dialogo
della liberazione, Morcellia11a).
Ma non sempre l'impegno sociale
e politico è amore. Non sempre
l'azione strutturale nasce dagli im-
pulsi dell'amore. C'è quindi bisogno
di qualcuno che testimoni esplicita- 3

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mente l'amore. Che proclami, con
la sua vita buttata nel servizio um.ile
al povero, all'ultimo, al sofferente,
la priorità dell'amore nel servizio
alle persone.
L'Annunciazione è la scelta della
persona, prima di tutto e soprattutto.
E comporta immediatamente un ser-
vizio gratuito: su questa linea Maria
corre immediatamente da Elisabetta
che ha bisogno di lei. L'Annuncia-
zione porta alla Visitazione.
L'amore alla persona concreta chie-
de di cominciare subito a liberarla
dalle alienazioni di cui è vittima
(malattia, sfruttamento...), rinuncian-
do al facile applauso che scaturisce
dai gesti clamorosi. Non c'è libera-
zione vera, se non attraverso piccole,
quotidiane liberazioni.
Non la professione più s icura
ma quella più urgente
In una società come la nostra in
cui la tecnica è sempre più raffi-
nata, non c'è posto per l'improvvi-
sazione e per la buona volontà ge-
nerica. L'impegno di servizio diventa
quindi scelta professionale, compe-
tenza e preparazione specifica.
Scegliere l'Annunciazione, scegliere
la strada di Maria, significa scegliere
non la professione più sicura e più ri-
munerata, ma quella più urgente e
più « di servizio,>.
Nascono molti interrogativi:
Cultura e scienza al servizio per
liberare dall'ignoranza o come nuovo
strumento di dominio del più forte,
del più sapiente, sul più debole?
Professione come mezzo di so-
stentamento, di guadagno, come po-
sizione sociale... o come vocazione,
risposta d'amore?
Un impegno per la liberazione
dell'uomo deve attaccare l'egoismo,
lo sfruttamento, la disuguaglianza
alle sue radici, se non vuol essere
in efficace.
Ma è sufficiente il cambio delle
strutture, per progettare un uomo
nuovo ? Basta liberarlo dalla fame,
dall'ignoranza per farne un uomo
libero?
Maria Immacolata ci immerge nel
cuore della liberazione, per ricor-
darci che I.a radice di ogni schiavitù
dell'uomo sta nel peccato. L'Annun-
ciazione è appello ad una liberazione
radicale e completa, che dev'essere
condotta insieme da Dio e dall'uomo.
L'uomo che risponde sl all'invito
C'è bisogno di qualcuno che procla mi, con la s ua vita buttata nel servizio u mile al povero,
la priorità d ell' amore nel servi zio alle persone.
di Dio alla conversione, diventa un
liberatore dei suoi fratelli, come l\\ifa-
ria. Il sacramento della penitenza,
della conversione, è perciò all'im-
bocco di ogni progetto di libera-
zione totale.
Il sacerdote è l'uomo disponibile
a farsi strumento di Dio in questo
piano di liberazione totale dell'uomo.
E l'uomo dell'Annunciazione. Colui
che, come Maria, ha risposto al-
l'invito dj collaborazione. li suo «sÌ»
è una scelta (< professionale)), qualifi-
cante: collabora alla liberazione del-
l'uomo nella storia, perché ricorda e
realizza l'urgenza di lasciarsi libe-
rare, per essere dei liberatori.
Cristo è il liberatore
L'uomo non è stato progettato
bisognoso di liberazione. È uscito
dalle mani di Dio già libero. Il pec-
cato fu una rottura di rapporti, l'i-
nizio di ogni schiavitù, di ogni alie-
nazione. Per questo, fin dagli albori
dell'umanità, Dio ha chiamato l'uomo
alla sua alleanza, a collaborare per
la restaurazione del suo progetto di
uomo libero.
Cristo è il liberatore, colui che rea-
lizza l'alleanza con Dio, che ricol-
lega i fili spezzati, che nella sua Pa-
squa rifà l'uomo libero.
L'Eucaristia è il segno della li-
berazione realizzata, parzialmente ma
realmente; ed è insieme la sorgente
di un sempre nuovo impegno di li-
berazione.
Scrive ancora Arturo Paoli: << È
vero che la liberazione dell'uomo si
fa in strutture politiche, con stru-
menti tecnici, attraverso l'indagine
scientifica; ma la forza mistica della
liberazione è il sacrificio della croce.
Se credo in Cristo ed egli è per me
non solamente un maestro, un te-
stimone, ma l'Uomo Dio morto e ri-
suscitato, e se credo che la morte e
la risurrezione di Cristo è la forza
nascosta che ieri, oggi e domani ha
mosso, muove e muoverà verso la
liberazione, non posso separarmi né
dal mondo né dalla Messa ►> (Un in-
contro difficile, Gribaudi).
La liberazione, che qui pregu-
stiamo nei segni, è la comunione
beatificante dell'uomo con l'uomo e
con tutti gli uomini e di tutti con
Dio. È una festa senza fine. È la
realizzazione di ciò che Dio ha co-
minciato a realizzare in Maria.
BARTOLINO BARTOLINI
adan d, T BOSCO
L'editrice salesiana LDC su questo stesso
11rgome11to ha preparato 1111 sussidio audio-
v isivo per i giovani: Maria i11 cammino
4
co11 11oi verso la liberazione•.

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bl)JJJ[,tn.e 1l/,OIIIIII/J
posate (il coltello papà lo vuole
affilato, altrimenti si indispetti-
sce...), e cominciano ad arnvare i
vostri cari, mettete in tavola una
bella dose di buon umore, di se-
renità, e anche se avete ancora
preoccupazioni, siate la donna più
felice del mondo. Momenti cosi
mtimi, cosi • caldi ,, la vita ne re-
gala pochi. E non sarà certo una
bona, un paao cli scarpe, un anello,
una pell1cc1a a regalarvi una gioia
paragonabile a quella che vi la
vostra famagha.
N01 cerchiamo dt insegnare que-
ste cose ai vostri figli: cerchiamo
dt dire loro che la gioia vera non
la troveranno nelle • cose •• nelle
automobili rombanti o nelle pel-
licce di visone, ma nel darsi agli
altri con generosità, nella famiglia
che un giorno s1 formeranno, nel-
l'amicizia, nell'impegno professio-
nale, civile, politico intrapreso non
per far soldi, ma per fare un mondo
più giusto e più degno di essere
abitato dai , figli di Dio,.
Dite ai vostri ragazzi
di ricordare tutte
le mamme del mondo
un'alluvione di manifesti colo-
rati, di vetrine scintillanti, ci vo-
gliono persuadere che il 13 mag-
~io prossimo è la festa dei baci
Perugina e dei cioccolatini. In-
vece è la vostra festa, la festa di
tutte le mamme d'Ttalia. Nel mese
dedicato alla Madre di Gesù, si è
voluto scegliere un giorno per
dedicarlo a voi, per dirvi grazie.
Anche noi Salesiani, che pre-
stiamo il nostro servizio tra i ra-
gazzi, vi diciamo grazie. Grazie
per aver regalato alla vita Pierino,
Paolo, Gianni, Andrea, Gino..•
Grazie per tutti i ragazzi che affol-
lano i cortili degli oratori e i banchi
dellt: scuole, che nella faccia por-
tano la vostra fisionomia, che sono
la gioia rumorosa di oggi, e sa-
ranno gli uomini responsabili e
forti di domani.
Diceva un antico sapiente che
le ginocchia della mamma sono il
primo altare deJla vita. Ce ne ac-
corgiamo tante volte in una gior-
nata. Quel ragazzo è ubbidiente e
generoso, quell'altro prega e studia
\\'Olentieri. Come mai? Basta pen-
sare a sua mamma: la fisionomia
della donna che ci ha dato la vita
non la portiamo solo in faccia, ma
specialmente nell'anima.
La famiglia è la realtà
meno contestata dai giovani
Vi possiamo dire una cosa: i.
vostri figli vi vogliono bene. Forse
non ve lo dicono, forse davanti
agli a.miei vogliono fare lo j( scappa
di casa•· Ma voi e la famiglia siete
tutto per loro. Una recentissima
inchiesta condotta con ogni me7.ZO
moderno e finanziata da una grande
editrice italiana, ha scoperto che
la famiglia è la realtà meno • con-
testata » dai nostri giovani. Solo il
tre per cento di essi danno della
loro famiglia un giudizio negativo.
Possiamo suggerin·i una cosa ?
Gustate la gioia di uovarvi tutù
insieme. È la gioia più grande del
mondo. Quando distendete la to-
vaglia (oh, quella macchia di salsa
,·crsata ieri da quello sbadatone
di Alberto, e siamo appena a mar-
tedì!), quando mettete i piatti e le
Ma le vere maestre siete voi. Le
nostre parole non valgono un de-
cimo del vostro esempio, del vo-
stro modo di pensare e di vivere,
che ogni giorno «fanno scuola,; ai
vostri ragazzi.
Vi auguriamo di cuore • buona
festa •· Una festa vissuta nel ca-
lore della vostra famiglia, magari
con una torta in meno ma con un
sorriso in più. E dite ai vostri ra-
gazzi di ricordarl' tutte le mamme
del mondo: non tanto quelle tclc-
\\'isive e cinematografiche, molto
n.-clamizzate dai rotocalchi e tanto
poco mamme. ma quelle che sof-
frono, che anche nel giorno della
loro festa non potranno nvcrc
nemmeno un fiore da mettere in
ta\\'ola. Ce ne sono tante, anche in
Italia. E ricordiamo insieme an-
che le nostre mamme •• le nonne,
che sono un po' dimenticate,
messe in un canto della nostra
società rumorosa ed • efficiente 11.
Consideniteci un po' della vo-
stra famiglia, e gradite il regalo
nella nostra povera preghiera.
I SALISIANI 5

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« Alcuni nomi, cari ai
missionari anziani, sono
spariti dalla carta geo-
grafica salesiana. Ogni
abbandono è doloroso,
ma non ci è parso op-
portuno bloccare pa-
recchi missionari al
servizio di una popo-
lazione rada e sparsa,
mentre in altri posti
masse di gente restano
senza pastore». - Pre-
sentiamo in due brevi
articoli la situazione
attuale dei Salesiani in
Africa Centrale: una
presenza limitata, umi-
le, ma decisa a servire
questa terra giovane e
povera.
Una terra
giovanissima
A frica. Un continente in cammino,
in piena evoluzione. Una Chiesa
giovane, viva e fantasiosa, che traccia
vie nuove, che cerca strutture che
non opprimano la sua originalità.
Salesiani in Africa. Nessun trion-
falismo è possibile. Una presenza
]imitatissima, umile, pienamente co-
sciente dcli.a propria esiguità. L'u-
nica ispettoria salesiana africana ha
sede nella terra bantù. I SaJesiani
sono 130. Il loro campo d'azione
si limita ad una fettina di territorio
nell'immenso Zaire (ex Congo), e
più precisamente alle diocesi di Sa-
kania e di Lubumbashi situate in
quelJa zona che viene chiamata • la
cassaforte del Katanga 11 (oggi ri-
battezzata Shaba). È una specie di
corridoio che s'infila nella Rhodesia
del Nord, grande come tre volte il
Belgio, che racchiude a nord la
città di Lubumbashi e a sud quella
di Sakania.
Lubumbashi è una città giovane,
è stata fondata nel 1910 in p rossi-
mità di una ricca miniera di rame,
a 1500 metri di altezza suJ livello
del mare. Ha raggiunto i 300 mila
abitanti, ed è uno dei maggiori centri
minerari del mondo. I Salesiani deJ-
1'Africa centrale hanno in questa
città il loro centro ispettoriale, di-
6 rigono tre parrocchie, e vi hanno
aperto collegi, centri giovanili e ora-
tori.
La diocesi di Sakania ha una po-
polazione molto instabile: 90 mila
persone sparse nella boscaglia, che
si agglutinano attorno ai vari centri
minerari, che si organizzano in co-
munità di pescatori e in gruppi di
commercianti, che vagano da un mer-
cato all'altro.
Al di fuori dello Zaire, i Salesiani
hanno due parrocchie e due scuole
nel Rwanda, un collegio e una par-
rocchia nel Burundi.
Tutta qui la geografia delle opere
salesiane nelt'Africa centraJe. Al-
cune opere sono state fondate tanto
tempo fa. Le più vecchie risalgono
al 19u.
Ci sono stati molti cambiamenti
e non occorre essere profeti per pre-
vedeme altri in avvenire. Quella
missione è scomparsa. . Quell'altra è
nata all'improvviso e si sviluppa
vertiginosamente.
C'è un fatto che colpisce in ma-
niera violenta, e che, a ben pensarci,
insegna tante cose: nei Paesi ove
la cristianità è giovane e nei Paesi
in via di sviluppo, non si hanno esi-
tazioni ad adattare rapidamente e to-
talmente le opere alle situazioni
nuove, alla società in movimento.
Si punta ad una efficacia maggiore,
e non ha paura di cambiare, modi-
ficare, provare. Tutto questo è dif-
ficile immaginarlo nei nostri vecchi
Paesi.
I muri hanno meno importanza
delle persone
AJcuni nomi car i ai missionari an-
ziani, sono spariti dalla carta geo-
grafica salesiana: Tera, l\\lusoshi. Al-
tri forse Jj seguiranno. Ogni abban-
dono è doloroso per chi sa che
cosa significa, in concreto, abban-
donare un posto di missione. A Mu-
soshi, per esempio, si sono abbando-
nati una chiesa, un insieme di case
e di scuole. A chi si sono abbando-
nati? Alle termiti. Gli abitanti del
luogo, infatti, non sono in grado di
riparare i guasti continui che la na-
tura apporta alle grandi costruzioni.
La missione sarà invasa da una ro-
vina progressiva.
Fa pena a pensarci. :'.\\1a i muri
hanno meno importanza delle per-
sone, e non ci è parso opportuno
bloccare parecchi missionari aJ ser-
vizio di una popolazione rada e sparsa,
mentre in a ltri posti masse di gente
restano senza pastore.
e In altri posti• significa :\\-lo-
kambo, affollatissimo centro di scambi
commerciali tra lo Zambia e lo Zaire;
significa Kasumbalesa, una collina
di ferro e di rame sulla frontiera dello
Zambia. Si sapeva che da quelle parti
c'era una r icchezza favolosa di mi-
nerali, ma nessuno ancora aveva
condotto una vera esplorazione. Ora
vi si sono stabiliti i Giapponesi,
che quattro anni fa vi hanno portato
i loro ingegneri, i loro tecnici, i
loro capomastri: più di trecento

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persone attorno alle quali gravitano una vera massa di giovani : 1200 terra. E Ja gente qui non ha la capa-
già dieci-dodicimila indigeni. I Giap- alunni delJa scuola primaria e 430 cità di sfumare i problemi. Li assorbe
ponesi, con la loro tecnica e iJ loro della secondaria.
con violenza. Mentre i livelli sociali
rigore organizzativo, hanno trasfor- Occorrerebbe parlare e fornire ci- ed economici si delineano in maniera
mato Kasumbalesa in un importante fre anche per ciò che riguarda le più netta che nella società europea,
centro minerario, destinato ad un parrocchie affidate ai Salesiani, la gli slogan.s sovversivi trovano acco-
progressivo e grandioso sviluppo. Oc- <• Città dei Giovani 1>, le scuole e le glienze entusiastiche.
~orr~v~ che. in un posto come q~esto par rocchie del Rwanda e del Burundi.
J ffi1ss1onan non fossero assenti.
Un altro centro che sta esplo-
dendo è Samwa. È stato organizzato
Ma iJ discorso si farebbe lungo.
Sono tutte situazioni nuove, a cui
occor re far fronte con fantasia e
Un nuovo Spirito:
quello di agilità
a i< Centro di sviluppo ruraJe )), e
chiama gli indigeni a dedicarsi scien-
tificamente all'orticultura e alla col-
tivazione dei campi. NeJla zona ci.r-
costante si dovrebbe presto sen-
tirne i benefici effetti, nel tono ge-
nerale della vita e nell'alimentazione.
È un esempio abbastanza perfezio-
nato di autentica lotta contro la fame
nel mondo.
Nel centro minerario di Ruwé, la
popolazione scolastica si è improv-
visamente raddoppiata. Ci sono più
di 500 aJunni tra esterni ed interni.
La scuola tecnica di Lubumbashi ha
buona volontà. È tutta una massa
di popolazione instabile, che prende
su ed emigra con facilità verso nuovi
centri, che scopre ogni giorno bi-
sogni nuovi, mobilissima nella sua
mentalità e sensibiJità religiosa.
La gente dell'interno, quella della
boscaglia e delle campagne, è ri-
masta più o meno quello che era
all'inizio dell'indipendenza cçngo-
lese: un terzo di battezzati, due terzi
di animisti o legati a qualche setta.
Nei centri, invece, la situazione è
completamente diversa. Qui bisogna
parlare non di evoluzione ma di ri-
Tutti gli annunciatori del Vangelo,
dagli Apostoli in avanti, hanno avuto
bisogno dello Spirito di forza, di
saggezza e di prudenza. Oggi hanno
bisogno di uno Spirito in più: quello
di agilità, per capire e adattarsi a
situazioni sempre nuove, che a volte
mutano radicalmente daJl'oggi aJ do-
mani.
L'adattamento delle istituzioni non
basta. Ci vuole quello delle per-
sone. Questo si può operare sol-
tanto con l'apporto di sangue nuovo,
cioè di apostoli giovani e preparati.
già toccato la cifra imponente di voluzione. I problemi che agitano la
650 aJunni. IJ Collegio S. Francesco
nostra società ~ civilizzata ,1 si riper-
L'accampament o di Kesumbalesa, ai primi
d i settembre, trabocca di bambini. Ogni
di Sah:s, pure a Lubumbashi, ospita cuotono profondamente in questa soluzione à provvisoria.
7

1.8 Page 8

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La g e nte, q ui, n o n ha la c apacità di sfumare
I problemi. Li assorbe con viole nza. Gli
s logans sovvers ivi trovano accoglienze en..
tusiast iche.
Presto o tardi (e meglio presto che
tardi) qui bisognerà passare le con-
segne al clero indigeno. È questione
di vita o di morte per la Chiesa,
e si sta realizzando. Per quanto ri-
guarda i salesiani dell'Africa cen-
trale, sedici sono africani. Cinque di
essi sono sacerdoti appena ordinati.
È interessante rilevare che due di
questi nuovi preti sono allievi delle
scuole tecniche, che in due anni di
scuola specializzata sono riusciti ad
assorbire una solida formazione filo-
sofica e teologica.
Accanto ai Salesiani lavorano ses-
santa suore, di cui dicci sono indi-
gene.
ì\\Ia sangue nuovo non vuol dire
soltanto clero indigeno. Vuol dire
volontari laici, giovani famiglie e gio-
vani che devono ancora sposarsi,
che vengono a servire nelle missioni
KASUMBAI ESA: FULMINE
È una piccola località situata ai
pi.cdi di una collina a cento chilo-
metri da Lubumbashi, sulla strada
di Sakania. Letteralmente Kasum-
balesa significa: (< Il fulmine di Dio,,.
Senza dubbio perché da queste parti
i temporali sono furiosi, e il fulmine
scoppia con violenza sulla collina
imbott ita di minerali.
Qui sono arrivato il 22 dicembre
1970, in compagnia di un altro sale-
siano. Ci siamo sistemati sul bordo
della fo resta, in vecchie case abban-
donate durante gli sconvolgimenti
del '60.
Abbiamo rivissuto qui l'epopea dei
pionieri: niente elettricità, niente ac-
qua, non un vetro alle finestre né
un frammento di hattente alle porte.
Tutto era nel più completo sfacelo.
Ogni giorno facevamo la corvée per
l'acqua fino alla sorgente più vicina,
e di sera, la corvée al lume di camicia,
che aumentava il fascino misterioso
della foresta. Ci vollero sei mesi per
aggiustare alla meno peggio le ve,.;-
chic case.
Poi abbiamo avuto un piccolo mo-
tore e una pompa. Una condotta
d'acqua e una linea elettrica vennero
presto sistemate, e noi allora... ri-
cademmo nella civilizzazione! Ka-
8
sumbalesa deve la sua vitalità odierna
ai Giapponesi che vi hanno installato
due miniere di rame: una a 20 km. da
noi, l'altra a 25 km. Il campo dei giap-
ponesi è ad appena t re chilometri.
La miniera più vicina è stata inau-
gurata il 2 ottobre 1972: per l'oc-
casione venne il Presidente Mobutu
Sese Seko in persona. Splendida ac-
coglienza, discorsi, visite agli edi-
fici più importanti, ai macchinari.
Alla fine grande banchetto per oltre
quattrocento invitati, senza contare
quelli che non erano stati invitati.
La miniera è modernissima e si
estende per parecchi chilometri. Quat-
tro anni fa era tutto foresta; era
fantastico passeggiare a_Ll'ombra dei
grandi alberi, ascoltare lo stormire
del vento e il canto degli uccelli,
spiare il lavorìo incessante della na-
tura sempre in risveglio e sempre
generosa!
Ma ecco che le grandi ruspe giap-
ponesi sono venute a sconvolgere il
panorama. Costruzioni d'ogni genere,
vasche, cinghie convogliatricì, mac-
chine rombanti, strade asfaltate, un
grande ospedale, le scuole, il mer-
cato, e alla fine ~li accampamenti
per i lavoratori. L industria avanza,
la natura indietreggia e scompare!
La vita della popolazione è altret-
tanto sconvolta: nei grandi accam-
pan1enti non regna più lo spirito dei
piccoli villaggi. Le attrazioni e il
senso del nuovo attirano una quan-
tità di giovani e di disoccupati.
Nello scorso aprile i giapponesi
sono stati invitati a chiarire la si-
tuazione nell'accampamento della mi-
niera. Molti abusivi vi si erano
intrufolati e Il vivevano (ci si do-
manda di che). Approfittavano della
tradizionale ospitalità bantù. Furono
rutti ricacciati a quattro o cinque
chilometri dal campo, in piena fo-
resta. G rossi Caterpillar hanno trac-
ciato alcune strade, e poi la gente
ha dovuto arrangiarsi per co~truirsi
le case, che appaiono in una varietà
mai vista di modelli e di fogge:
tetti di latta, cartone, plastica, pa-
glia... secondo il coraggio e l'abilità
dei costruttori. È molto pittoresco,
ma quanto umano?
Sono così in cinquemila. Si sfor-
zano di organizzare una loro vita,
perché non vogliono saperne di rien-
trare nel Kasai (di dove provengono
quasi tutti).
l n questa città che si potrebbe
chiamare la Citta Forestiera, non ci
sono scuole. Sono mancati tempo e

1.9 Page 9

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e nelle opere salesiane. Ce ne sono
attualmente trentasei. La maggior
parte è belga, ma ci sono anche
svizzeri, olandesi, tedeschi.
Tutti questi volontari sono di-
plomati, o almeno qualificati in un
determinato settore. L'organizzazione
ITECO, che ha la sua centrale a
Bruxelles, in rue Guimard, seleziona
e prepara questi volontari, da cui di-
penderà in futuro gran parte della
nostra attività.
:Bisognerebbe parlare anche dei
membri attivi dell'Azione Cattolica.
Questi cristiani vivono la loro fede
integralmente, nella gioia e nel fer-
vore, sono lievito nella pasta. Ap-
par entemente sembrano sperduti, inu-
tili nella massa dei grandi agglome-
rati africani. E invece la massa fer-
menta per la loro azione unita al-
l'azione dello Spirito.
Nell'Africa centrale la Chiesa è
in cammino. Un cammino tortuoso,
con sbandamenti ed arresti. Ma anche
qui essa ha parole di vita eterna.
OIDIO
mezzi per farle. Seicento bambini
van no a scuola nell'accampamento
giapponese. Sono state aperte venti-
sette nuove classi nell'accampamento,
ai primi d i setti>mbre, m a traboccano
di bambini e la soluzione non può
essere che provvisoria.
Non c'è una cappella e tanto meno
una chiesa. La messa è celebrata
alJ'aria aperta, e la volta degli al-
beri sostituisce la volta della catte-
d rale. È molto poetico certamente,
molto più vicino alla natura, e forse
anche più vicino a Dio. D urante la
stagione secca non ci sono difficoltà,
ma q uando arrivano le piogge...
Mosè nel deserto percuoteva la roc-
cia per avere un po' d'acqua; il mis-
sionario che va a dire la messa !aggiù
la percuoterebbe perché l'acqua ces-
sas-se, ma tante volte l' unica cosa da
fare è tornare inzuppato come un
pulcino.
La cosa che più addolora il mis-
sionario è la povertà, la miseria, l'ab-
bandono in cui vivono tutti questi
sradicati. A volte succede al missio-
nario di mettersi a piangere con lor o,
in silenzio.
MONS. MARCEL ANTOINE
Vicario Generale
ESERCIZI SPIRITUALI 1973
PER COOPERATORI
PIEMONTE
Caselette (Torino) ; 29 maggio-2 giugno
Caselette (Torino): 16 agosto-19 agosto
VENETO
Monterrico di Monselice (Padova); 30
agosto•2 sellembre
Verona S. Fiden:r.io: 20-23 settembre
Altipiano di Tone zza : 16-22 luglio
LOMBARDIA
Como: 28 giugno-1 ° luglio (anche coniugi)
Como : 6-9 settembre
EMILIA
S . Luca (Bologna): 27-30 giugno (cooperatori
ed exallievi)
MARCHE
Loreto (Ancona): 1-5 settembre (cooperatori
ed exallievl)
LAZIO
Frascati (Roma) Vllla Tuscofana: corsi misti e
apert a tutti: 28 g iugno-1• luglio
Fra■cati (Roma) VIiia Tuscolana: corsi misti
e aperti a tutti: 14-17 senembre
CALABRIA
Bova: 6-9 senembre
Soverato: 27-30 settembre
VIiia S. G. : 13-16 settembre
Rosarno e Fagnano C : 20-23 senembre
Spanano Albanese : 13-16 settembre
SICILIA
Zafferane (Catania): 30 maggio - 3 giugno
(cooperatori o cooperatrici)
Zafferana (Catania): 24-28 senembre (lami-
glie di cooperatori ed exallievi)
SARDEGNA
Vlllaslmlus (Cagliari); 13-16 aprile (coope•
ratorl e cooperatrici)
PER COOPERATRICI
PIEMONTE
Muzzano (Vercelli): 29 lugllo-2 agosto; 3-7
agosto; 7-11 agosto; 2-6 settembre
Roccavione (Cuneo) ; 31 agosto-3 settembre
Caselette (Torino): 9-13 settembre
LOMBARDIA
Comò: 12-16 agosto (Signore e Signorine)
Varese: 3 -7 settembre (Signore e Signorine)
Zoverallo di Verbania: 9-13 settembre e
17-21 settembre (Signore e Signorine)
VENETO
Cesuna - Altopiano di Asiago:
luglio
Affi (Verona) : 3 -6 settembre
18-22
EMILIA
S. Luce (Bologna): 23-26 giugno
MARCHE
Loreto (Ancona); 26-30 agosto
LAZIO
Fras~ti (Roma) Villa Tuscolana: corsi misù
e aper1i a tutti : 28 giugno-1 ° luglio; 14-17 set·
tembre
SICILIA
Zafferana (Catania): 25-29 giugno (coope-
ratori e cooperatrici)
SARDEGNA
VIiiasimius (Cagliari): 13-15 aprile (coope•
ratori e cooperatrici)
PER CONIUGI
PIEMONTE
M unano (Vercelli): 12- 16 agosto
LOMBARDIA
Como: 30 agosto-2 settembre
EMILIA
Villa S. M aria di Tosslgnano (Bologna);
2-4 ottobre
PER GIOVANI
MARCHE
Loreto (Ancona): 23-27 settembre (Signorine)
PER EXALLI EVI
TOSCANA
Pietrasanta ( Lucca): 2-5 agosto
CAMPANIA
Soverato: 28-30 settembre
ORIENTAMENTO
VOCAZIONALE
SICILIA
Zaffera na (Catania) ; 17-21 settembre
9

1.10 Page 10

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Nei registri del lager
di Dachau, il nome di
Trochta fu segnato con
la sigla « R U » (Riick-
kehr unerwiinscht):
« ritorno indesiderato »,
qualifica che nel gergo
poliziesco equivaleva
alla condanna a morte.
La drammatica storia
del secondo cardinale
salesiano vivente:
mons. Stefano Trochta.
A Ile 9,30 del 5 marzo, nella Sala
del Concistoro a Roma, venne
intimato l'e.<1:tra omnes (fuori tutti!).
Nella sala rimasero il Papa e i Cardi-
nali. Paolo Vl recitò l'Adsumus, an-
tica invocazione allo Spirito Santo,
poi cominciò a parlare, in un'atmo-
sfera quasi di suspet1se per via della
sorpresa che, si sentiva nell'aria, il
discorso del Papa avrebbe contenuto.
Dopo l'annuncio di importanti no-
vità sulle future elezioni del Papa,
Paolo VI aggiunse: <• Un altro an-
nuncio singolare noi dobbiamo ora
proferire... •>, e passò a parlare dei
due «Cardinali in pectore » che a\\'eVa
nominato quattro anni prima, e di
cui nessuno ancora conosceva l'iden-
tità.
Uno di essi, disse, purtroppo era
già deceduto. Ma l'altro era ben
vivo, e solo due giorni prima in Ce-
coslovacchia aveva partecipato a un
evento storico per la sua Chiesa
martoriata: alla consacrazione (dopo
che dal 1949 non se ne vedevano
più) di quattro vescovi per le dio-
cesi da tempo senza pastori. Questo
cardinale segreto del Papa era « il
venerando fratello Stefano Trochta,
vescovo di Litomerice, fedele e ze-
lante•>.
Nella lista nazista
delle « cento persone»
Stefano Trochta nacque il 26 marzo
1905 a. Francovà Lhota, in Mora-
via orientale, da una famiglia di po-
veri contadini. A otto anni perdette
il padre. Soltanto con gravi diffi-
coltà poté cominciare gli studi nel
piccolo seminario della diocesi per
seguire la. vocazione sacerdotale, alla
quale si sentiva chiamato. Le continue
rinunce e i non lievi sacrifici tempra-
rono fin ù'allora il suo carattere.
Fu costretto a lavorare per aiutare
1O la famiglia e per procurarsi i mezzi
per studiare. Poi, per una grave ma-
lattia della mamma, dovette interrom-
pere gli studi.
Nel r922 viene a conoscere i Sa-
lesiani e può riprendere gli studi
con loro, Nel 1923, a 18 anni, viene
a Torino per compiere gli studi fi-
losofici e poi quelli teologici presso
l'Ateneo Salesiano. Nel 1932 si
laurea in teologia e viene ordinato
sacerdote.
Subito dopo torna in patria, e
diviene uno dei fondatori dell'opera
di Don Bosco per la salvezza della
gioventù in Boemia e Moravia. È
dapprima professore di filosofia a
Frystak, poi si trasferiace a Ostra-va
(centro industriale della Moravia set-
tentrionale, con molte miniere ed
altiforni). Qui fonda un'opera so-
ciale per la gioventù operaia. Poco
dopo, a Praga, dà vita alla «Casa
dei giovani ».
Esperto di problemi giovanili e
di questioni sociali, don Trochta di-
venta presto una personalità di primo
piano nella vita cattolica del Paese:
oratore ricercato, Assistente generale
degli Esploratori cattolici. Nel 1939
partecipa ai lavori del Comitato na-
zionale per organizzare la. gioventù
in Boemia e Moravia.
In alto : mons. Trocht a fotografato nel tem-
po in cui faceva il manovale e l'aggiusta-
tore di ascensori. In basso: vestito dagli
abiti eccleslastJci, benedica la tomba di un
s acerdote morto in campo di concentra-
mento tedesco.
Ma inizia la seconda guerra mon-
diale, e la Cecoslovacchia è invasa
dai nazisti di Hitler. li suo nome
finisce sulla lista delle cento persone
più influenti di Praga che gli occu-
panti hanno deciso di far sparire
per prevenire possibili opposizioni
interne. Nel 1940, subisce lunghi e
umilianti interrogatori dalla polizia
nazista. Nel 1942 viene deportato nel
campo di concentramento di Terz-
zin, e subito dopo a Dachau.
Una sigla misteriosa
accanto al nome
Nel campo d.i sterminio di Dachau
sono stati concentrati 3000 sacer-
doti. Ogni mattina essi guardano
la lunga baracca situata all'estremità
orientale, l'unica sormontata da un
alto e nero camino che fumiga giorno
e notte. Davanti, ammucchiati alla
rinfusa, più di cinquecento cadaveri
attendono di essere introdotti nel
forno crematorio.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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il
cardinale
seureto
DI PAOLO VI
Racconterà don Trochta che in
uno dei primi giorni, dopo il suo
arrivo al lager, un altro detenuto
intento al trasporto di materiale, lo
chiamò e gli disse: <• Dammi una
mano a tirare la carretta•· Si mi-
sero alle stanghe. L'altro era don
Beran, rettore del seminario teolo-
gico di Praga. Diverrà vescovo e car-
dinale, suo predecessore. Anche in
seguito avrebbero « tirato la car-
retta •► insieme.
Nei registri del lager di Dachau,
il nome di Trochta fu segnato con
la sigla « RU » (Rii.ckehr zmerwi.inscht):
<• ritorno indesiderato•>, qualifica che
nel gergo poLlziesco equivaleva alla
condanna a morte. Venne perciò ad-
detto ai lavori pesanti, aggregato a
gruppi destinati a essere eliminati
durante il lavoro, battuto e torturato
dai sorveglianti.
l\\lla tra le sofferenze e le torture,
il detenuto Trochta mostrò la forza
e la nobiltà del suo carattere. Quando
fu trasferito al campo di Mauthausen,
alla vigiLla di Natale del 1943 orga-
nizzò una festicciola per i compagni
di prigionia del suo blocco n. 9.
Era l'unico sacerdote in questo du-
rissimo campo di eliminazione, e in-
tendeva usare ogni mezzo per solle-
vare i suoi compagni di sventura.
Una guardia delle SS entrò nel
blocco e vide il piccolo albero di
Natale. Lo rovesciò con un calcio e
proibì tutto. Nel corridoio incontrò
don Trochta che aveva appena finito
di confessare un seminarista polacco.
Lo lasciò passare, poi lo chiamò so-
spettando in lui l'organizzatore della
festa. Lo mise sull'attenti e con fi[j
di ferro lo batté in faccia fino a
farlo sanguinare. Don Trochta si
lavò, e con volto sorridente andò ad
augurare ai suoi compagni il buon
Natale.
La « buona azione»
dell'aguzzino
Era dì complessione grande e ro-
busta, ma negli stenti del lager la
sua salute si sgretolò. Un giorno
si sentiva sull'orlo dello sfinimento, e
quel giorno ci fu una decimazione
di prigionieri. Dopo l'esecuzione,
Trochta con altri infelìci fu costretto
a caricare i cadaveri sui carri e a tra-
sportarli verso i forni crematori. Un
aguzzino, vedendo Trochta trasci-
narsi stremato, estrasse la pistola e
gli sparò.
Era una prassi normale in simili
situazioni, una << buona azione•► da
aguzzini, un farla finita subito con
prigionieri condannati ormai a una
atroce agonia. lVIa Trochta, ferito,
non morì. Ripresi i sensi, s1 trovò 11

2.2 Page 12

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in un groviglio di cadaveri, caricato
come loro sopra un carro e avviato
semivivo al forno crematorio. Ebbe
la presenza di spirito di fingersi
morto. Spostandosi a poco a poco
raggiunse il bordo del carro e s i
lasciò scivolare giù. Rorolò sul ci-
glio della strada, si nascose, t:: at-
tese. Un medico del campo, uno
jugoslavo, lo trovò. Saputo che era
un sacerdote cattolico lo curò e lo
salvò.
Nel 1945, terminata la lunga e
terribile guerra, don Stefano poté
tornare nella sua patria. A Praga,
dagli amici (e si stupì di averne
tanti) si trovò accolto con lo stu-
pore riservato ai resuscitati. Praga
era un cumulo di rovine. l soprav-
vissuti vivevano nella miseria più
nera, in cantine, in baracche. L'Ar-
mata Rossa occupava iJ territorio na-
zionale.
Il 29 settembre 194-7, Pio Xll lo
nominò vescovo di Litomerice, nella
diocesi più devastata della Boemia
settentrionale. La situazione era cri-
tica: il seminario distrutto, il 70 per
cento delle parrocchie senza sacer-
doti. All'entrata nella diocesi, gli
andò incontro un vecchio canonico,
l'unico membro del Capitolo che
fosse ancora in sede. Mons. Trochea
si mise subito, senza lamenti, al la-
voro, fedele al motto scelto per la
consacrazione episcopale: (1 Actio, Sa-
crificium, Charitas •>, Azione, Sacri-
ficio, Amore. In un anno riuscì ad
aprire un seminario, ricostruì l'A-
zione Cattolica, si mise a visitare
tutta la diocesi per rendersi conto
delle rovine e provvedert:: ai bisogni
più urgenti.
Di nuovo il carcere
Purtroppo solo per due anni poté
lavorare liberamente nella sua <t terra
cli missione i>. Bastarono però a gua-
dagnargli i cuori dei suoi pochi sa-
cerdoti e di tutto il popolo. Ricorda
un sacerdote che fu con lui in quegli
anni: «Sapeva parlare con ciascuno
nel suo linguaggio e di ciò che lo
interessava, disposto a sentire "il
punto di vista" anche delle persone
più semplici. Sempre di buon umore,
comprensivo per lt:: mancanze appena
constatava buona volontà, severo dove
trovava ipocrisia. Di gusti semplici,
preferiva nascondere le sue virtù
t:: la ricchezza della sua vita spirituale.
Non amava il linguaggio fiorito e il
st::ntimentalismo vuoto».
Nel 1949 cominciò la lotta dello
Stato comunista contro la gerarchia
cattolica. [I poco tempo che gli ri-
mase, mons. Trochta lo dedicò a
12 organizzare saldamente l'Azione Cat-
tolica e a preparare i futuri sacer-
doti. Poi fu arrestato.
Scriveva l'Osservatore Romano nel
marzo del 1955: « I delitti di cui lo
incolpa il tribunale di Praga sono
questi: spionaggio per il Vaticano e
istituzione di un circolo cattolico
clandestino. Era prevedibile che una
personalità di questa portata dovesse
essere elinùnata al più presto>>.
Gli venne proibito di esercitare
le sue funzioni episcopali e per tre
anni venne tenuto agli arresti do-
miciliari nella sua stessa sede. Nel
gennaio del 1953 fu trasferito nel
carcere d1 Ruzin; qui, dopo 19 mesi,
condannato a 25 anni di prigione.
Leopoldov, Ruzin, Pankrac, Kar-
tou.zy. Sono le prigioni dove sconta
i suoi <1 delitti ,1. Nel 1960 viene gra-
ziato, ma invitato ad assumere un
lavoro manuale. Trova impiego come
manovale muratore, e addetto alla
manutenzione cli serrature, ascenso ri,
impianti igienici.
Ricordando quel periodo, mons.
Trochta sorride stancamente: « Nean-
che a lm vescovo - dice - può
nuocere l'imparare ad aggiustare le
cose. Ho conosciuto l'ambiente ope-
raio e la mentalità di quegli uomini;
ho avuto con loro buoni rapporti di
amicizia. Peccato che le circostanze
fossero quelle che erano: poco sim-
patiche e spesso umilianti».
« Il vino che fermenta
è torbido»
Gli fu negato il permesso di par-
t.:cipare al Concilio Vaticano Il.
Colpito da infarto, venne ricoverato
in una casa di carità della Boemia.
Il 3 agosto 1968, dopo r8 anni di
assenza, ebbe il permesso di ripren-
dere iJ governo della sua diocesi.
Rientrò nella sua terra la sera del
20 agosto; in quella stessa notte
avvenne l'invasione sovietica ddla
Cecoslovacchia.
Il settembre 1968, risalendo :;ul
pulpito della sua cattedrale, disse ai
feddi che assiepavano la chie:;a:
<1 Dopo molti terribili ànni mi trovo
nuovamente sul suolo della mia dio-
cesi, sotto iI tetto di questa catte-
drale. 1\\li guardo attorno e vedo
molte facce note; molte non le trovo
più, molte le vedo per la prima volta,
io che sono il vostro vescovo già da
21 anni ..
Forse oggi vi posso proporre al-
cuni valori nuovi. Anzitutto il mio
amore di padre, purificato, santifi-
cato e intensificato da lunghe soffe-
renze e riflessioni. Metto a vostra
disposizione la mia esperienza di
vita, attinta alle più svariate situa-
1.ioni e occasioni. Penso di portarvi
una più profonda conoscenza del-
l'uomo, che mi si è rivelato tante
volte e senza riguardi fin nel più
profondo dell'animo. Ho gettato lo
:..guardo negli abissi della malvagità
e della miseria umana, ma so anche
e di quali miracoli capace la gene-
rosità del cuore dell'uomo.
Viviamo in un'epoca rivoluzionaria.
Con insolito vigore s i affinano le idee,
si ridestano e si plasmano i senti-
menti sociali. E anche la Chiesa si
apre da questo punto di vista ai
bisogni del mondo, ammoderna le
forme del suo lavoro, depone l'osten-
ta2ione delle sue vesti e indossa,
vorrei dire, la tuta dell'operaio. Si
rinnova, si volge alle sue ori~ini,
scruta la limpidezza e la semphcità
della Chiesa apostolica e della Chiesa
perseguitata.
li vino che fermenta è torbido e
non lascia indovinare il sapore defi-
nitivo. Qualcosa di simile accade
oggi nella Chiesa. [l Concilio ha
messo in fermento molte cose, ma
questo è segno di vita. Non temiamo
se essa si trova in difficoltà o in croce.
Essa prende respiro per nuovi compiti
e nuovi destini o,
Quando il ghiaccio si rompe
L'anno seguente Paolo VI lo no-
minava consultore della <t Commis-
sione per il Codice di Diritto cano-
nico» e membro del «Segretariato
per i non credenti 1>. E poi lo nomi-
nava Cardinale in pectorf.
Ora, a 68 anni, questo uomo che
ha la salute scossa ma la tempra
salda, vede con gioia la Chiesa della
sua Patria aprirsi ad un futuro meno
buio. Con la nomina cli quattro
nuovi vescovi - ha detto nel suo
discorso Paolo VI - lo sforzo da
anni in corso per avviare alla norma-
lità la situazione della Chiesa nella
Repubblica Cecoslovacca ha rag-
giunto proprio in questi giorni qualche
risultato, sia pure iniziale e incom-
pleto.
<1 È avvenuta una rottura del ghiac-
cio >> ha detto monsignor Casaroli,
inviato del Papa a Praga. E il vec-
chio Cardinale, che di ghiaccio ne
ha visto tanto, a Dachau, a :Nlau-
thausen, nelle prigioni comuniste,
mentre avvitava i bulloni degli ascen-
sori e portava il secchio della calce
sui palchi dei muratori, sorride nel
volto scavato e stanco. Ouando il
ghiaccio si rompe, l'acqua torna a
scorrere, i prati ritornano verdi, e da
lontano si annuncia la primavera.
lina primavera aspettata tanto, dalla
Chiesa della Cecoslovacchia.

2.3 Page 13

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11 Una signora di Marsiglia - raccontò un
giorno don A lbera, che fu il secondo suc-
cessore di Don Bosco alla guida dei Sa-
lesiani - aveva gravissimi dispiaceri da
parte di un suo figlio studente di 17 anni.
La signora venne a sapere che in quel
tempo Don Bosco era giunto a Marsiglia.
Col suo ragano e con altri suoi figli si
reco allora al collegio San Leone, dove
alloggiava Don Bosco. Immaginava che
fosse molto facile presentarsi a Don Bo-
sco e parlargli. Invece le si disse di atten-
dere che Don Bosco finisse di celebrare
la messa; poi le avrebbe parlato. Finita
la messa, un'onda di gente la tenne lon-
tana da Don Bosco. A mezzogiorno suo-
nato venne il suo turno. Proprio in quel
momento io, che ero direttore del col-
legio. mi presentai per invitare Don Bosco
a venire a pranzo. A questo annuncio la
povera donna scoppiò in pianto e co-
mincio a lamentarsi di non venire nem-
meno ascoltata dopo cinque ore di at-
tesa. Don Bosco, come se le lamentele
della povera m1;Jdre non fossero nem-
meno rivolte a lui. puntò diritto verso il
ragazzo diciassettenne e. ponendogli la
mano sul capo. gli disse: "Carlo, è tempo
che tu dia qualche consolazione alla tua
mamma". La signora a quelle parole tra-
sali. Come aveva facto Don Bosco a in-
dovinare il suo desiderio segreto ? e come
aveva fatto a chiamare per nome il figlio
senza che alcuno glielo avesse detto?
Don Bosco si volse verso di lei, la con-
solò e le assicurò che suo figlio avrebbe
mutato condotta. Poi gli diede la bene-
dizione della Madonna. Tre anni dopo
quell'incontro il giovane. diventato buo-
no e irreprensibile. rivelò a un salesiano
che. nell'atto di parlargli in quel giorno
Indimenticabile, Don Bosco gli aveva ri-
volto uno sguardo cosi penecrante che
l'aveva conquistato: Don Bosco mi aveva
di colpo perfettamente capito 11.
Perché oggi c'è tanta incompren-
sione tra genitori e figli? I genitori
temono che i figli deludano le loro
speranze. S1 spaventano. per esempio,
per le agghiaccianti statistiche sul com-
portamento dei giovani: delinquenza mi-
norile. fattacci, violente. Li amareggia il
fatto di ricavare frutti tanto irrisori dal ca -
pitale di tempo, di denaro e di affetto che
hanno investito in questi ragazzi. I loro
sacrifici nell'educarli e allevarli non sono
minimamente apprezzati. Ne deriva un
senso di irritazione nei loro confronti.
L'atteggiamento che giova di più è quello
di dire a se stessi : << SI. a volte mi faccio
prendere da un senso di angoscia e di
rabbia di fronte al contegno dei giovani,
perché può mettere a dura prova la mia
pazienza. Ma devo impedir~ che questi
sentimenti mi allontanino rea lmente da
loro».
D'altra parte molti adolescenti,
sentendosi incompresi, reagiscono
come se fossero dotati di una spe-
cie di radar che li mette in grado di
scoprire subito che cosa fa irritare
maggiormente i genitori o gli edu-
catori. Se i genitori tengono molto alla
pulizia e all'ordine. il ragazzo si vendica
diventando sciatto e straccione, avrà
sempre la camera a soqquadro, andrà ve-
stito in un modo impossibile e che dà
ai nervi. si terrà i capelli lunghi e arruf-
fati. Se i genitori desiderano vivere in
pace. lui troverà il modo di litigare con
i vicini. molesterà i loro cani e farà il
prepotente con i loro bimbi. Se deside-
rano per lui una brillante carriera scola-
stica. lui sarà l'ultimo della classe. I ge-
nitori In un primo tempo assumono un
atteggiamento inflessibile. Quando si ac-
corgono di non ottenere nulla, diventano
di colpo affettuosi e arrendevoli. Visto
che anche questo non funziona, si sfor-
zano di ragionare. Quando vedono che i
loro prudenti tentativi di persuasione ca-
dono nel vuoto, ricorrono ai commenti
ironici e ai rimproveri; oppure tornano
alle minacce e ai castighi. Che fare per
non esaurirsi? Un famoso proverbio
orientale consiglia di rilassarsi di fronte
all'inevitabile. Don Bosco suggerisce di
più : «Capiamoli, questi ragazzi».
Occorre accettare il fatto che i
giovani di oggi sono veramente
« qualcosa di nuovo sotto il sole».
Si sviluppano molto prima fisicamente e
talvolta la loro maturità psichica non va
di pari passo con quella fisica. I giovani
d'oggi ci dicono in cento modi che si
sentono esclusi, messi da parte, incom-
presi o ignorati da quelle persone che
per loro sono importanti: vale a dire.
dagli adulti. Vogliono far valere la pro-
pria identità personale, la propria impor-
tanza. in questo mondo travagliato. Tre
secoli fa un filosofo inglese. John Locke,
a un padre che gli chiedeva qualche con-
siglio per il suo ragazzo, rispondeva:
«Quanto prima tu lo tratti da uomo,
tanto prima lui diventa uomo l>.
CARLO DE AMBROGIO 13

2.4 Page 14

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2.5 Page 15

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A rrivò la notizia che Giulio, un
ragazzo uscito pochi anni prima
dalla Casa di Rieducazione, era stato
internato in carcere. Appena ebbe
mezza giornata libera, il signor Dante
partl per andarlo a trovare. Rac-
conta: << Quando lo vedo, mi ab-
braccia a lungo. Nei suoi occhi c'è
una sofferenza profonda, che sembra
scomparire lentamente nella gioia
dell'incontro. Come una nuvola nera
che stenta a sciogliersi •>.
Giulio mormora parole stentate,
che vengono su ad una ad una, con
fatica: «Ora ho ritrovato te, un ca-
rissimo amico. Stammi vicino, per
favore. Non devo più sentirmi solo.
Ho bisogno di non sentirmi solo».
Il signor Dante lo r1arda per-
plesso. Capisce che dev essere suc-
cesso qualche cosa di drammatico,
che ha segnato profondamente quel
ragazzo. Giulio finisce per raccon-
tare, come per liberarsi da un in-
cubo:
«Sai, sono giovane, 19 anni. Chiuso
in un carcere. Lo sai cosa vuol dire?
Ero triste e depresso nella cella. Sa-
pevo che nessuno pensava a me. Ho
provato a pregare ma non ci sono
riuscito. La disperazione andava giù,
la testa scottava, sudavo. Proprio
così, sai ? Allora ho preso la lametta
e ho tagliato profondamente la vena
dei polsi. Mentre il sangue veniva
fuori ho avuto paura che qualcuno
mi salvasse, mi riportasse indietro
a questa sporca vita, e allora ho
rotto quella lametta, e tutte quelle
che avevo, le ho messe in bocca,
e con una nausea che non ti dico
le ho ingoiate. Almeno così è fi-
nita, pensavo. Sono svenuto. E mi
sono svegliato legato a un letto. Ci
sono rimasto venti giorni. Piangevo
perché non ero riuscito a morire...
Ma adesso ho ritrovato te, un amico.
Se mi stai vicino, se mi scrivi, sento
che mi tornerà la voglia di vivere.
Scrivi anche a mia mamma. Sarà
contenta, povera donna. Deve aver
pianto parecchio 1>.
Dante Dossi strinse forte le mani
al ragav.oo: «Ora è tutto passato,
Giulio. Sei vivo, sei giovane e in-
telligente. Fra un anno esci e avrai
due buone braccia per lavorare. Dio
ti vuol bene. Siamo tutti responsa-
bifi di quanto hai sofferto. Ci devi
perdonare >).
Una mamma, in Toscana
Un mese dopo, in Toscana. Una
mamma entra nel carcere e comincia
a piangere. Un pianto silenzioso,
quasi vergognoso di recare disturbo.
Dante Dossi è ll anche lui. Si av-
vicina e balbetta qualche parola di
conforto. Quella donna gli chiede
se ha anche lui un figlio in carcere.
<< No, signora, non ho un figlio,
ma tanti figli, tutti giovani che non
hanno più una mamma. Mi sforzo
di comprenderli nella loro debolezza,
di amarli, e di cercare ciò che c'è
di buono nel loro animo. E di bontà
ce n'è tanta. Basta saperla scoprire>►.
Quella donna, asciugandosi gli oc-
chi, gli racconta con voce stanca il
dramma di suo figlio. E poi sussurra:
«Si prenda cura anche di mio figlio,
gli voglia bene. È giovane, e lei saprà
dirgli quelle parole che possono aiu-
tarlo a diventare un altro. La prego,
si intere~Ri anche di mio figlio•>.
« Io non sono un ·elinqut:nte »
Indfrizzata << Al signor Dante Dossi -
Salesiani - Nave (Brescia)•>, è giunta
questa lettera:
<• Caro signor Dante. Ho ricevuto il
suo fogli.o, e confesso che mi ha fatto
ta11to piacere. Lei mi ha aiutato e
io non glielo avevo chiesto. Anche se
ho sempre avuto bisogno di tutto e
di tutti, 110n ho mai chiesto aiuto a
nessuno, e le poche volte che ho chie-
sto un aiuto me lo sono visto rifiutare:
da allora non ho più voluto chiedere
niente... Caro signor Dante; non si
illuda troppo nello sperare 11ella mia
completa redenzione, anche se io ne ho
la volontà. Purtroppo ci ho già pro-
vato una volta, e ho di nuovo infilato
la strada sbagliata. Non cerco scuse
né attenuanti, ma dico solo che è
difficile reiTtSerirsi nella società per
uno come me.
La mia esistenza è stata un'ama-
rezza continua, ho perso la mamma
da piccol.o, il papà non l'ho 11emme110
conosciuto. Si può dire che sono solo
dalla nascita, non uu affetto vero, non
uria famiglia, non una parola d'amore
e di comprensione. Da qui è derivato
il mio carattere ribelle. lo non sono un
delinquente, ma un povero ragazzo che
dalla vita ha avuto solo amarezze...
... E 11011 mi venga a dire di pre-
gare. È facile pregare per uno che
sta bene, o che almeno _ha qualche
cosa dalla vita. Ma per me che non
ho mai avuto niente, mi ribello anche
a Dio, e dico che è ingiusto anche
lui. lvii perdoni lo sfogo e gradisca i
miei saluti, e gli auguri di ogni bene».
Chi firma la lettera ha 23 anni.
È in carcere per la seconda volta,
dopo essere stato da ragazzo in Casa
di Rieducazione.
Ragazzi maturati violentemente
Chi è Dante Dossi? Lo dice con
semplicità lui stesso: e Sono un re-
ligioso salesiano laico. Vivo con degli
studenti di liceo in un paese indu-
striale poco fuori di Brescia. La
mia attività principale è l'assistenza
ai giovani carcerati. Ho amici in
varie carceri d'Italia».
Nell'ormai lontano 1955 l'arcive-
scovo di Milano, Giovanni Battista
Montinì, affidò ai Salesiani la Casa di
Rieducazione di Arese. Dante Dossi
fu tra i primi salesiani ad entrare
in quella casa. Scrive: << Conobbi
tanti poveri ragazzi dai 12 ai 20
anni che la società puniva per i loro
sbagli. Erano chiamati "delin9iuenri",
"gioventù bruciata", "ladri'. In-
vece erano solo poveri ragazzi che
nella vita non erano mai stati amati
da nessuno. Mi accorsi subito che
la cosa di cui sentivano più urgente
bisogno, l'unica che li avrebbe ve-
ramente aiutati a redimersi era la
comprensione, l'affetto. Divenni così
loro amico e confidente>>.
Dodici anni ad Arese. Centinaia
di ragazzi maturati violentemente
nella tristezza, nel dolore, con un
bisogno fortissimo di affetto.
Usciti dal Riformatorio, alcuni ce
la fecero a reinserirsi dignitosamente
nella vita, a costruirsi una famiglia
e un avvenire. Altri non ci riusci-
rono. Finirono in carcere.
cr Sentii il bisogno di andarli a
trovare - dice il signor Dossi -
per riconfermare loro il mio affetto
e la mia fiducia. Fu cosi che iniziai
la mia missione in carcere. Con l'a-
iuto di questi giovani ne conobbi
altri, ugualmente soli, senza fami-
glia. E da un carcere all'altro estesi
così la mia opera un po' in tutta
l'Italia>>.
Una . agnatela di speranza
Il mezzo più economico e più va-
sto per riannodare queste amicizie
fu la corrispondenza. È incredibile
come le lettere siano di conforto a
chi trascorre lunghe e monotone ore
in carcere. Vengono lette più e più
volte, spesso vengono passate agli
amici. Le lettere di Dante Dossi
hanno lentamente tracciato una ra-
gnatela di speranza e di fiducia su
tutta l'Italia degli esclusi.
<< Ma non basta la corrispondenza
- dice. - Appena posso mi metto
in viaggio per far loro visita. Questi
contatti vivi mi servono per cono-
scerli meglio, per chiarire e puntua-
lizzare situazioni e problemi. Una
visita vuol dire per i miei giovani
carcerati una carica di coraggio e di
fiducia ».
Dossi parla in maniera semplice
e sincera. Ma il suo affetto non fa
velo alla fermezza. Egli desidera non 15

2.6 Page 16

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dare una facile consolazione, ma
porre le basi di un costruttivo la-
voro di riabilitazione.
«Non sempre mi è possibile - con-
fessa - restare fedele alle date che
ho fissato per far loro visita. Spesso
impegni imprevisti buttano all'aria i
miei piani. È allora che mi accorgo
del valore di questo contatto umano.
Subito mi arrivano lunghe lettere
accorate, in cui mi domandano come
mai non sono arrivato, se li ho di-
menticati... E quando poi li incontro,
intuisco dal loro sguardo la gioia
che la mia visita procura. Il tempo
passa velocissimo. Non si riesce mai
ad esaurire tutto ciò che vorremmo
dirci•>.
Un ragazzone di 29 anni gli scrive:
«Mio caro Dante, la tua visita im-
provvisa che ti ha fatto attraversare
quasi tutta l'Italia per venirmi a tro-
vare, mi ha fatto un piacere ùnmenso.
Non ti posso esprimere quello che ho
provato nel vederti e nel sentire il
calore delle tue parole. Hai saputo
penetrare nel più profondo, vedere den-
tro di me, e valutare tutto con umilta
e semplicità... i>.
Un altro di 24 anni scrive: << Avrei
voluto stare con lei tutta la giornata
a parlare, ma il tempo era limitato.
Il fatto che più mi ha colpito è stato
il suo sorriso, che mi è rimasto nella
mente e nel cuore. Caro Dossi, vo-
glio lottare per vivere, non voglio più
pensare alla morte. Viva la vita
Un inter~_gruppo di giovani riem-
pie un foglio di scritte disuguali. Un
messaggio collettivo, un po' caotico,
ma che sa esprimersi benissimo:
~ Carissimo Dante. Vogliamo dirti che
le tue visite sono per noi un avveni-
mento. Ricorderemo sempre con affetto
e riconoscenza il sollievo che ci hai
dato in momenti tristi come questi. È
raro e difficile per uno sconosciuto en-
trare nel nostro ambiente. Tu invece
ci sei riuscito subito, guadagnandoti
la sù12patia e la fiduci.a di tutti ,ioi.
Ti mandiamo i più sinceri e affet-
tuosi auguri».
Le cifre delPavvocato
La corrispondenza e le v1s1te non
bastano. Dietro le sbarre i ragazzi
hanno sovente bisogno di un con-
creto aiuto economico. La loro prima
e più grande necessità è quella di
pagare l'onorario ad un buon avvo-
cato che li difenda. Le famiglie, se
le hanno, sono quasi sempre poveris-
sime, non ce la fanno.
«Poco tempo fa - racconta -
ero a Milano per un processo: si
trattava di un giovane diciannovenne
senza famiglia, che conoscevo già da
16 un anno. Mentre attendevo fuori
dell'Aula giudiziaria, arrivo l'avvo-
cato il quale, dopo le abituali pre-
sentazioni, mi sparò la cifra... Lo
guardai tra il perplesso e il diver-
tito, e gli dissi quasi sottovoce: " Io
le posso dare solo 20 mila lire, per-
ché sono povero e aiuto i poveri".
L'avvocato non capi la mia situa-
zione, e allora gli dissi che ero sa-
lesiano. "Ah! - esclamò - ma io
sono un vostro exallievo!" Gli re-
plicai immediatamente: "Allora ci
penserà Don Bosco a darle il resto",
e ci demmo la mano con tanta cor-
dialità. Prese a cuore il giovane e lo
difese egregiamente 1>.
Le lirette dei ragazzi
Ma non sempre gli avvocati sono
exallievi, disposti ad aspettare la ri-
compensa di Don Bosco. E allora
bisogna trovare denaro e denaro,
che non basta mai. << L'aiuto più con-
sistente - racconta ancora - me
lo danno i giovani chierici liceali
presso i quali vivo. Organizzano campi
di lavoro e svolgono altre attività
per procurarmi l'aiuto economico in-
dispensabile. Un giorno mi arriva-
rono contemporaneamente due tele-
grammi: erano due giovani carcerati
da me assistiti che chiedevano un
anticipo per l'avvocato, altrimenti ri-
schiavano di restare senza assistenza
al processo ormai imminente. Guar-
dai la cassa: verde pisello!. .. Mi misi
le mani nei pochi capelli che mi ri-
mangono, e a pranzo non riuscivo a
mandare giù un boccone. Continuavo
a ripetermi: " Devo trovare quei soldi.
Non posso lasciarli soli. Guai se li
abbandono adesso. Ma come debbo
fare?" Trovai due chierici e li in-
vitai a venire in chiesa con me: "Ho
bisogno di soldi e non ne ho. An-
diamo a domandarli al Signore".
Si sparse la voce che avevo bisogno
urgente di 60 mila lire. Nel giro
di pochi minuti arrivò un chierico
e mi disse: "li mio gruppo in questo
mese ha fatto un lavoro che ci ha
fruttato 60 mila lire. Li vado a pren-
dere e gliele porto". Lo ;i.bbracciai >>.
Oltre all'onorario per gli avvocati,
occorre denaro per i vestiti dei gio-
vani carcerati, di cui spesso hanno
estremo bisogno. E anche per procu-
rare loro un mezzo di studio e di
lavoro personale: lettura, musica, stu-
dio delle lingue, aggiornamento pro-
fessionale. E anche i viaggi costano.
Dante Dossi a questo punto arros-
sisce, quasi fosse una colpa sua. Ma
nessuno gli ha mai dato un biglietto
ferroviario gratis: non è un deputato,
né uno di quei signori privilegiati
che possono viaggiare in lungo e in
largo presentando solo una tessera.

2.7 Page 17

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Lui deve pagarseli fino all'ultimo
centesimo, e un viaggio Milano-Bari
costa tanto per le sue scarsissime fi-
nanze.
Chi si dimostra sensibile a questa
sua missione sono spesso i ragazzi.
Gli scolaretti della scuola salesiana
di Sesto San Giovanni, scossi da una
sua conferenza, dedicarono tutto il
mese di maggio ai <1 fratelli dietro le
sbarre~- Decine di cartelli e di foto-
grafie esposte nei punti strategici del
cortile, invitavano a rinunciare a qual-
che golosità per gli amici carcerati.
Nella festa di Maria Ausiliatrice, al-
l'offertorio della Messa, i ragazzi
portarono all'altare il frutto delle loro
rinunce.
Quanta fatica c'era in quel gruz-
zolo di lirette! Uno di quei ragazzi
scrisse: (< Caro sig. Dossi, a dirle la
verità, qualche volta davanti a un
bel gelato non riesco proprio a re-
sistere. E allora dico: "Alla salute
dei carcerati!"... Solo qualche volta
però. I n altri momenti so rinunciare 1>.
DON CASTILLO
NOMINATO
VESCOVO
L'Osservatore Romano del
1" aprile scorso ha pubbli-
cato la seguente notizia:
« Il Santo Padre ha nomi-
nato il Rev. Don Rosalio
Castillo Lara, S.D.B., Ve-
scovo titolare di Precausa
e Coadiutore con di ritto di
successione di S/E.Rev.ma
Mons. José Le6n Rojas
Chaparre, Vescovo di Tru-
jillo in Venezuela».
Don Castillo era attual-
mente, nel Consiglio Su-
periore della Cogregazione
Salesiana, Consigliere per
la pastorale giovanile.
La diocesi di Trujillo com-
prende circa 400 mila per-
sone, quasi tutte cristiane.
Il territorio è vasto quanto
un cerzo del Piemonte.
Grazie, don Castillo,
e auguri I
La colpa di tutti
Ma Dante Dossi non parla sol-
tanto ai giovani carcerati. Egli cerca
di parlare dei giovani carcerati a tutti
noi. Vuol farci comprendere a fondo
questo triste fenomeno, vuol con-
vincerci che un po' di colpa per ciò
che sono l'abbiamo tutti.
«L 'opinione pubblica condanna
sommariamente questi uomini - scri-
ve - perché hanno sbagliato contro
la società. Ritiene quindi logico che
non si usino loro tanti riguardi. D i-
mentica però con grandissima faci-
lità il perché di questi errori, non
tiene conto dei fattori ambientali, fa-
miliari e sociali che li hanno favoriti.
Troppe volte sono stati respinti e
de risi dalla società "bene", perché
erano sporchi, stracciati, perché e-
rano poveri, senza cultura; perché
loro malgrado vivevano ai margini
della società. L'ambiente in cui vi-
vevano era di miserie e di abban-
dono.
Ho qui dinanzi a me il diario di
un carcerato: ha 23 anni e dovrà
stare ancora in carcere per un anno.
Dice: " ... l o sono vissuto senza que-
gli _affetti di cui avevo estremo biso-
gno. Ora sono grande e ho sbagliato
di nuovo. Ho sbagliato perché porto
ancora i11 me l'odio verso quelle per-
sone che avrebbero potuto amarmi e
11011 l'lianno fatto. Ora deS1·dero uscire
dal carcere e riprendere la mia vita.
la vita e un calvario, e io devo ri-
cominciarla da capo. Troverò delle
grandi difficoltà, troverò disprezzo e
prevenzioni nei miei riguardi. Ce la
farò?"
Uno dei problemi più gravi è il
loro reinserimento nella società dopo
la scarcerazione. Hanno pagato du-
ramente il loro sbaglio. Perché al-
lora devono continuare nella vita a
portare questo marchio che per al-
cuni termina solo con la morte? È
ingiusto, e scoraggia anche i p de-
cisi e volenterosi che vogliono vivere
onestamente del loro lavoro. Quante
porte vengono chiuse in faccia! Mi
scrive Carlo: "Uscito dal carcere tro-
vai un lavoro come tornitore. Mi pro-
varono e mi assunsero con una buona
paga. Mi misi di buona volontà. Il
lavoro rendeva, e lo stipendio cominciò
a crescere. Ero contento, e il capo era
soddisfatto di me. Ma un giorno mi
chiamò il direttore. Mi disse 'con i do-
vuti modi' elle doveva licenziarmi 'per
via dei miei precedenti', cioe perché
ero stato in carcere. Cercai un altro
lavoro, ma trovai solo porte chiuse.
E cosl tornai alle vecchie amicizie, e
finii di nuovo q11i dentro. Perché la
società non ci lascia vivere e lavorare
come ogni cittadino? Abbiamo espiato.
Ci lascino dimostrare che ora siamo
cittadini onesti".
Mi rivolgo pertanto a tutte quelle
persone che hanno la possibilità di
dare lavoro: non rifiutate un posto a
questi giovani exdetenuti, aiutateli a
riprendere fiducia nella società. Solo
cosi potranno ancora sorridere alla
vita. Troppe volte ci siamo compia-
ciuti di dire: "Hai visto che è tor-
nato in carcere? Lo dicevo io. Ho
fatto bene a non assumerlo". Ma
non siamo per caso anche noi col-
pevoli del suo ritorno al carcere?
Non siamo noi che gli abbiamo ne-
gato la possibilità di un lavoro one-
sto? E come possiamo allora avere la
coscienza tranquilla?».
Girando per le carceri, Dante Dossi
ha conosciuto tante persone oscure,
ignorate da tutti, che spendono la
vita per questi ragazzi. Cappellani,
assistenti sociali e carcerari, uomini
e donne, giovani e signori.ne, persone
umili che lavorano sodo. Nessun
giornalista ha mai parlato di loro.
Sono troppo occupati, i giornalisti,
a inseguire la diva dalla faccia d'an-
gelo e il campione dal p iede d'oro,
per soddisfare la nostra sciocca cu-
riosità. Ma queste persone silenziose
continuano lo stesso a distribuire
aiuto ed affetto a chi ne ha un ter-
ribile bisogno per vivere. La loro
forza non l'attingono dai riconosci-
menti umani, ma da lettere come
questa, scritta su mezza pagina di
quaderno da un ragazzo di 19 anni:
<• Caro signor Dante, in questo posto
non si parla che di crimine, codici,
legge, mai u11a volta che si parli di
coscienza e di Dio. Tutto ciò è terri-
bile e falso. Dio, bontà, misericordia,
tutte parole elle le menti scacciano.
Ma io sento che ho bisogno di tutto
ciò che è bontà, misericordia, che è
fede. Caro Dante, 11011 riesco a pre-
gare e a rivolgermi a Dio, ma spero
di riuscire, spero di trovare anch'io la
via del Signore. Mi rimetto alla sua
preghiera, 11011 mi abban{U)ni, venga a
trovarmi, e parlando con lei forse riu-
scirò a sci.ogliere quel nodo che mi
prende alla gola e non mi lascia più
respirare•>.
17

2.8 Page 18

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<<S opra il mio cavallo io solo. E
sopra di me soltanto il mio
cappello ». Così canta fieramente il
llanero, l'abitante del piano. Lassù,
tra i contrafforti della Cordigliera
non lontana, c'è Bogotà, la capi-
tale, con i suoi 2600 metri di al-
tezza e il suo milione e mezzo di
abitanti. Ma gli occhi del llatzero
non guarda.no verso la Cordigliera,
ma verso la foresta. A sud e a est
essa si stende fitta e inviolata per
migliaia di chilometri. La foresta
è la vita del llanero: a colpi di
machete egli la sottomette, tra-
sformandola a poco a poco in
campi seminati.
Da meno di vent'anni è comin-
ciata la migrazione in massa dei
coloni. Da tutte le parti della Co-
lombia confluiscono nei 35 mila
chilometri quadrati dell'Ariari. Con
canne di bambù, pali e fango riz-
zano le loro case. Le coprono
con tetti di paglia. L'umidità della
zona tropicale è pesante, e rista-
gna nelle baracche. Di notte si
dorme come si può: qualche ma-
terasso, molta paglia.
Gli abitanti dell'Ariari sono già
150 mila. I paesi più antichi por-
tano nomi favolosi: El Dora.do,
Puerto Rico, Fuente de Oro. Ri-
cordano una ricchezza che i primi
coloni avevano sognato e sperato,
ma che questa terra non poté dare
perché non la possedeva. Sotto la
coltre verde c'è qualche giacimento
di calce, forse c'è del petrolio (le
prime trivellazioni sono promet-
tenti). Ma la ricchezza vera è la
vegetazione lussureggiante e la
terra fertilissima, che con l'aiuto
delle braccia umane produce mais,
riso e banane in abbondanza.
La gente che arriva qui è po-
vera. Molti hanno un passato da
far dimenticare. Dopo ogni rivol-
gimento politico, tante persone
fino a non molto tempo fa corre-
vano a nascondersi tra le foreste
dell'Ariari. Una specie di << legione
straniera >> che lavora con il ma-
chete e la vanga.
Ora la vita si va a poco a poco
organizzando. Ci sono quasi tre-
cento scuole elementari (ne sorge
una ovunque è possibile mettere
insieme una ventina di scolaretti).
Si è aperta una scuola magistrale.
Altre scuole seconda.rie preparano
meglio ragazzi e ragazze alla vita
dura del llanero. Non c'è ancora
un giornale locale né una radio.
I cinematografi sono qua.si solo
parrocchiali. La televisione ha riz-
zato la sua prima antenna da tre
mesi appena.
I villaggi sorgono spaziosi. Tra
ba.racca e baracca c'è già il trac-
ciato delle future larghe avenidas
di prevedibili metropoli. Ma la
povertà fa stringere il cuore di
pena. La terra dà riso, banane e
granturco, ma la mancanza di stra-
de rende impossibili i mercati e le
esportazioni. Manca l'assistenza
medica; il lavoro è duro, e ogni
settimana occorre fa.re un lungo
viaggio per andare a comperare
l'indispensabile per vivere e la-
vorare. I ragazzi, per raggiungere
le scuole, devono spesso superare
gravi difficoltà: le piogge torren-
ziali che diluviano per molti giorni
all'anno trasformano strade e sen-
tieri in paludi fangose.
......................................... - ,,,.... .........
........................................................... , ,.. ...........A.......-d■I.....,.._
...._.._ .,.. ■l■■L Il,.,_ •plnh a ._ C■nlWo I■
........................... ferNtlt.
18

2.9 Page 19

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Cristo nell'Ariari
La Prefettma apostolica del-
!'Ariari è stata fondata nel 1964 e
affidata ai Salesiani. Il primo ve-
scovo è stato il salesiano Jesus
Coronado. Salesiani sono i sacer-
d_oti e i religiosi laici (21), sale-
siane anche le suore (16 Figlie di
Maria Ausiliatrice e 3 Suore dei
Sacri Cuori).
E la gente? Nella quasi totalità
è stata battezzata, ma nient'altro.
.,
È in massima parte da recuperare
alla fede.
Serpeggia pericolosissima l'in-
d~fferenza religiosa. La causa prin-
cipale è la mancanza quasi assoluta
di sacerdoti. Molta gente che vive
su questa terra fertilissima dovrà
morire senza aver mai avvicinato
un prete.
Ci sono poi tre forze che si
stanno facendo strada nelle menti
e nella vita di questi pionieri : il
comunismo, lo spiritismo, il pro-
testantesimo.
Per organizzare al meglio il
lavoro apostolico, nel 1967 il ve-
scovo si privò di due dei suoi scarsi
sace~~oti, e li mandò a specializ-
zarsi in pastorale rurale e in cate-
chesi. Un altro ritardò la sua en-
trata nel campo del lavoro per
specializzarsi in liturgia. I frutti
di questi sacrifici si stanno ver.ifì-
cando ogni giorno. La pastorale
nell'Ariari è impostata in maniera
esemplare, e la Chiesa pone salde
radici tra questi villaggi.
Don Enzo Bianco, direttore del-
l'ANS, ha potuto intervistare ul-
timamente don Angelo Bianchi,
Dagli ultimi contraf-
forti della Cordigliera
colombiana si stende a
perdita d'occhio verso
il Brasile la foresta ver-
gine. l\\lligliaia di chilo-
metri. E il FarWest del-
la Colombia. Qui arri-
vano ondate di uomini
decisi a crearsi un av-
venire con il machete
e la forza delle braccia.
Qui, sulla frontiera del-
la civiltà, si gioca l'av-
venire cristiano della
nuova generazione. 1s
lombia

2.10 Page 20

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economo dell'Ariari e parroco a
Canaguaro, che in una franca con-
versazione ha fatto il punto sulla
situazione ecclesiale e salesiana
ai bordi della foresta colombiana.
Don Bianchi è nato a Seregno
(Milano). Ha 42 anni. Cresciuto
in una famiglia operaia, frequentò
l'aspirantato salesiano di Ivrea con
l'aiuto di una borsa di studio messa
a concorso nella fabbrica dove la-
vorava suo padre. Ma le precarie
condizioni familiari lo richiama-
rono a casa. Lavorò in fabbrica
accanto al papà. Solo dopo anni,
superate le difficoltà economiche,
poté tornare dai Salesiani e partire
per le missioni.
Sacerdote, presentando la do-
manda per andare in America
Latina, precisò:
- Non mandatemi in un col-
legio. Altrimenti tomo indietro.
Il superiore che esaminava la
domanda gli rispose:
- C'è una nuova Prefettura in
Colombia. Non so bene cosa sia.
Vuoi andare a vedere se fa per te?
Andò. Faceva per lui.
DOMANDA. Vita avventurosa nel-
!'Ariari?
DON BIANCHI. I primi coloni del-
l'ondata migratoria che da poco
più di quindici anni sta investendo
l'Ariari, erano sovente fuorilegge,
rifugiati politici o gente con i conti
in sospeso con la giustizia. Ricordo
che a Canaguaro, la mia parroc-
c~ia, _c'era un omicidio ogni otto
g1orru.
Ma ora è da tre anni che non ci
sono più delitti. I fuorilegge si
sono eliminati tra loro, o sono
stati costretti ad andarsene altrove.
È rimasta - e continua ad arri-
vare - gente povera ma onesta e
laboriosa, che cerca le terre nuove
per la propria vita e per il futuro
dei suoi figli.
Ho visto nascere molti villaggi
e paesi. I coloni hanno un sesto
senso per l'ubicazione: scovano il
sito giusto, dove c'è l'acqua, il
terreno buono, e la possibilità di
aprire facili vie di comunicazione.
Ma tra i primi ad arrivare sul
posto ci sono sempre i negozianti,
che sovente sono scaltri profitta-
tori intenzionati a vivere alle spalle
dei coloni. Portano birra, alcool e
20 donne di facili costumi.
Oggi l'Ariari conta una tren-
tina di paesi, sui 500, 1000, 2000
abitanti, e una sola città, Granada,
con 1 5.ooo abitanti.
Le terre non sono ancora tutte
assegnate, e la << conquista •> con-
tinua.
DOMANDA. Perché l'Ariari è chia-
mato il << Far West>> della Co-
lombia?
DON BIANCHI. Perché nei miei
primi tempi accadeva ciò che nar-
rano i film western. Non che tutto
capitasse li sotto gli occhi come al
cinema, ma i morti c'erano e lo
so bene perché me li portavano
per il funerale.
Un forte elemento di unione è
stata la scuola per i figli. Il go-
verno costruiva gli edifici, e aveva
affidato a noi salesiani il compito
di organizzare tutto il resto. Nel-
l'interesse dei figli la gente ha co-
minciato ad avvicinarsi, a tolle-
rarsi, a comprendersi, a collaborare.
Era gente di tutte le risme, di-
versa per culture, tradizioni e
mentalità. Aveva - e ha ancora -
da affrontare difficoltà enormi. Ma
le sta superando. Per tutte queste
cose oggi si può parlare dell'Ariari
come di << nuova frontiera>> più che
di Far West.
DOMANDA. Come vede il prete
questa gente ?
DON BlANCHI. Il giudizio è sbri-
gativo e rudimen:ale. Per la gente,
il prete è la religione. Se il prete
fa bene, la religione è buona; se fa
male, la religione è cattiva.
Noi salesiani abbiamo assunto
un atteggiamento di comprensione
verso la gente, abbiamo voluto una
certa apertura verso i problemi
d'oggi, e siamo stati accettati dalla
maggior parte della popolazione.
Hanno visto in noi persone non
compromesse con un certo modo
di fare politica (che magari era
stato il loro, in altri tempi), per-
sone impegnate a fondo nel risol-
vere i problemi concreti della loro
esistenza.
Posso dire che il nostro atteggia-
mento di servizio è stato accettato,
e ciò ha spianato la strada anche
alla fede.
DOMANDA. Che razza di lavoro
state facendo qui?
DON .BIANCHI. Anzitutto rispet-
tiamo molto Ja libertà religiosa di
tutti. Prestiamo il nostro servizio,
senza imporlo, solo alle persone
che lo richiedono. E per di più
non siamo troppo facili nell'am-
ministrare i sacramenti; esigiamo
delle garanzie di vita cristiana.
Ma stiamo anche pensando a
ristrutturare il nostro lavoro. Fi-
nora, data l'urgenza del nostro
intervento, esso era indifferenziato,
rivolto più che altro alla massa.
Ora sentiamo di dover preparare
meglio i singoli. Finora la gente
pensava che << la Chiesa sono i
preti>>; ora è tempo di condurla a
pensare che la Chiesa sono tutti
indistintamente i battezzati. Come
arrivare a questi traguardi ? Ci
orientiamo verso la formazione di
piccoli gruppi di cristiani, che << si
sentono Chiesa ».
In questo senso, per prima cosa,
stiamo ridistribuendo le nostre
forze in modo nuovo. Non ci te-
niamo più sparsi e isolati in tante
parrocchie, l'uno lontano dall'al-
tro, ma ci raccogliamo in comu-
nità, che si assumono la responsa-
bilità di gruppi di parrocchie. Ab-
biamo diviso l'Ariari in cinque
regioni, e abbiamo raggruppato le
nostre forze, prima disperse, in
cinque comunità. Nella mia comu-
nità di Canaguaro presto saremo
in dieci: tre sacerdoti, due religiosi
laici, tre suore in un internato che
prepara le ragazze alla dura vita
del << campo •>, e due collaboratori
laici.
Questo nostro costitwrc1 m co-
munità cristiane darà tra l'altro
alla gente l'idea che si può vivere
in comunità, tra persone che si
vogliono bene, che pregano in-
sieme, che << fanno Chiesa>>. Allora
ci sarà facile promuovere nei paesi
e nelle campagne altre comunità
di cristiani che su questo modello
s'impegnino a vivere la fede anche
in nostra assenza, che a loro volta
i< si sentano Chiesa ».
Speriamo molto nella nuova
pastorale, che tra qualche anno
dovrebbe dare i suoi primi frutti.
Ci attendiamo che la gente non
venga più da noi solo per il batte-
simo e il funerale, ma per essere
orientata nella vita della fede, per
dividere con noi il nostro <( fare
Chiesa>>.
DOMANDA. Su quali forze i sale-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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siani possono contare nel costi-
tuire le Loro comunità?
DON BIANCHI. li Prefetto aposto-
lico in primo luogo conta sulle
suore, che nelle parrocchie e nelle
scuole rendono un servizio de-
cisivo.
Ricordo il primo anno del nostro
lavoro nell'Ariari, quando esse
non c'erano ancora. A,tevamo La
sensazione di non riuscire a com-
binare nulla. Appena giunte, la
gente subito cambiò il suo atteg-
giamento nei confronti della reli-
gione. Sarà anche perché in Co-
lombia c'è una vera venerazione
per la suora, sta di fatto che le
nostre iniziative riescono soprat-
tutto dove vi sono associate anche
le suore.
Per il fenomeno generale della
diminuzione del clero, un po' dap-
pertutto alle suore vengono asse-
gnati nelle parrocchie dei ministeri
sempre più importanti. E queste
prospettive sono incoraggianti per
I'Ariari e le nostre bravissime suore.
Poi abbiamo la collaborazione
dei catechisti, ma siamo ancora
alle prime esperienze. Il loro la-
voro è risultato particolarmente
difficile. In mancanza di vere strut-
ture parrocchiali in cui inserirli,
essi finora hanno corso il rischio
di farsi assorbire e assimilare dal
risucchio dell'ambiente esterno. Ma
abbiamo nuovi progetti già in
corso di realizzazione.
Infine contiamo sull'aiuto di
volontari del servizio civile. Anche
in questo campo abbiamo fatto le
prime esperienze, non del tutto
positive. Si tratta di giovani, e i
giovani sono impazienti. Vogliono
vedere subito i risultati, vogliono
dall'oggi al domani trasformare il
mondo. Mentre la gente per cui
lavorano non ha fretta, non ha
alcuna intenzione di cambiare ve-
locemente.
È un errore di prospettiva che
è successo anche a me: tempo fa
un amico medico, dall'occhio cli-
nico non solo per le malattie, mi
avvertiva: t< Quando camminavi più
adagio, la gente ti seguiva di più;
ora che ti metti a correre, corri il
rischio che la gente ti lasci solo >>.
A parte l'errore di prospettiva
in cui possono cadere i volontari,
l'Ariari offre loro possibilità enor-
mi. Noi cerchiamo questi volontari.
Abbiamo bisogno di loro. In una
terra in cui tutto è da fare, avranno
mille modi di rendersi utili.
DOMANDA. Oltre agli uomini, qua-
li urgenze avete?
DON BJANCHJ. Dobbiamo anche
creare nuove strutture, più com-
plesse e più ricche di possibilità.
Sono in genere queste le due esi-
genze delle chiese nuove: uomini
che si consacrino pienamente al-
i'elevazione e alla costruzione cri-
stiana dell'uomo, e strutture meno
primitive, meno rudimentali.
Le strutture su cui poggia la
vita dell'Ariari sono ancora troppo
elementari. Con i pochissimi mezzi
che il nostro Prefetto apostolico
ha a disposizione, fa miracoli. Ma
solo con le unghie e la forza di
volontà non si può costruire molto.
DOMANDA. Prospettive per jl fu-
turo?
DON BIANCHI. L'Ariari cresce a
vista d'occhio. Anche se il governo
non può fare molto per aiutarlo
nella sua lievitazione, l' Ariari trova
faticosamente nelle proprie viscere
e nella tenacia del suo popolo gio-
vane le energie per realizzarsi.
Personalmente sono convinto che
I'Ariari sarà presto una delle re-
gioni importanti della Colombia.
Dal punto di vista della fede,
molto dipenderà dal nostro lavoro
di questi anni, da quanta fede
riusciremo a infondere in questa
creatura giovane e aperta alle pro-
messe della vita.
Qui sta sorgendo una chiesa
nuova. Questo comporta - fra
tante difficoltà - anche grossi
vantaggi: non abbiamo iJ peso
ingombrante di tradizioni superate.
E c'è una grande volontà in noi
tutti, salesiani, suore salesiane, e
quanti collaborano: quella di fare
- secondo le direttrici tracciate
dal Concilio - qualcosa di bello
e di utile per la Colombia e per la
Chiesa.
MONS. CORONADO
VESCOVO A GIRARDOT
L"« Osservatore Romano» ha recato la notizia che il Papa ha promosso il Pre-
fetto apostolico de-ll"Ariari, il salesiano mons. Jesus Maria Coronado Caro.
alla diocesi di Girardot (Colombia).
Nato 55 annì fa a Cienaga (Boyacà, Colombia), mons. Coronado era stato pro-
fessore allo studentato teologico salesiano, direttore dell'aspirantato di Mosquera,
fondatore del liceo di Duitama e direttore delle scuole di Bucaramanga prima di
essere nominato, nel 1964, primo Prefetto apostolico dell"Ariari.
La lunga fila di bottoni rossi, la valigetta diplomatica e l'incedere pontificante
non fanno parte del suo repertorio. «Lo ricordo sulla sua jeep carica di masse-
rizie (in un viaggio per noi favoloso e per lui di routine) in maniche di camicia
e sombrero calcato in testa, nell'arduo tentativo di caricare sull"auto zeppa tante
cose che non ci stavano più ma di cui la Prefettura aveva assoluto bisogno.
Lo ricordo in mezzo alla sua ruvida gente come uno di loro, fatto oggetto di
poche riverenze, ma di moltissima simpatia», scrive don Enzo Bianco.
La nomina viene a premiare i nove anni di lavoro da lui dedicato alla Prefet-
tura.
Mons. Coronado non risiederà più in una Casa salesiana, ma continuerà a re-
spirare aria di famig lia perché nella sua nuova Diocesi sorgono tre opere sa-
lesiane: l'Istituto tecnico agrario di Silvania, la Casa d, esercizi spirituali di
Tena e il Lazzaretto di Agua de Dios.
21

3.2 Page 22

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1 suo nome era
La storia della prima suora sale-
siana thailandese sconfina nella
poesia orientale. Si chiamava suor
Maria Ngieb Phrathum, era nata
in Thailandia in una famiglia bud-
dista. Il padre era birmano e la
madre cambogiana.
Le fece da cu!Ja una barca gal-
leggiante, ormeggiata alla sponda
del maestoso Mekong, vicino a
Bang-Nok-Kuek. Nella barca, pic-
cola per accogliere tutti, vivevano
i genitori e sei fratelli. Papà e
mamma si erano ridotti così dopo
aver venduto una piccola striscia
di risaia, unica ricchezza della
famiglia.
Ma non c'era cibo per tutti. Un
giorno - Ngieb aveva cinque
anni - una signora cristiana di
Bang-r ok-Kuek, per rendere meno
grave la situazione di quella fami-
glia, chiese di portarsi a casa la
piccola. Sarebbe diventata la com-
pagna di giochi dei suoi bambini.
Siccome sarebbe stata una bocca
in meno da sfamare, la mamma
acconsentì.
Nella nuova casa Ngieb si mo-
strò subito molto giudiziosa, come
capita spesso ai bambini poveri:
ubbidiva, giocava, faceva divertire
gli altri bambini, e soprattutto
osservava e imparava. La sua nuova
famiglia di domenica si recava alla
chiesa cattolica, e portava anche
lei nella ~ casa del buon Dio>>.
Cosi Ngieb imparò a pregare. In
quel tempo non c'erano ancora in
Thailandia i figli di Don Bosco.
La chiesa della missione era tenuta
da missionari francesi.
22 La vita della bimba era felice,
ma un giorno i suoi parenti ven-
nero a ritirarla. Ormai era cre-
sciuta. Le avevano trovato un'al-
tra famjglia dove sarebbe andata
a lavorare come piccola domestica.
Avrebbe così • reso t qualcosa a
suo padre e a sua madre.
Il trapianto fu d uro. La nuova
famiglia era diversa dalla prece-
dente: non pregavano, non si vole-
vano bene. Lei soffriva in silenzio.
Il suo nome • Ngieb • jn thailan-
dese vuol dire silenzio •·
Ma un giorno non ne poté più.
Decise di scappare e di tornare
dalla famiglia che l'aveva ospitata
fino allora. Di buon mattino sgat-
taiolò fuori dell'uscio senza farsi
vedere, corse verso le colline di
Ratburi, le attraversò, scese al
fiume. Da qualche parte lungo il
fiume, sull'altra riva, c'era la casa
che cercava. Si sarebbe orientata
perché essa sorgeva accanto all'alto
campanile della chiesa.
Sulla sponda c'era una barca a
motore carica, che stava per par-
tire. Saltò dentro e si nascose in
un angolo buio. Ogni tanto -
mentre la barca scivolava sull'ac-
qua - faceva capolino dal suo
nascondiglio, e guardava l'altra
sponda. Il campanile non appa-
riva..- Si fece coraggio e domandò
a un passeggero. Sl, la barca sa-
rebbe passata vicino alla missione
dei « Kao-crist 'I/ (i cristiani).
U na barca attrezzata
a botteguccia
Finalmente lo intravide lei stessa
profilarsi fra un ciuffo di palmizi,
il bel campanile, e pregò il barca-
iolo di farla scendere. Ma lw non
diede nemmeno l'impressione di
averla sentita. La barca si accostò
non alla riva ma a un grumo di
barche fluttuanti presso la sponda
del Mekong. Una barca era attrez-
,zata a botteguccia, e iniziò una
fitta conversazione tra il barcaiolo
e la padrona. Ngieb domandò a
quella donna che le inrucasse la
strada per la chiesa dei cristiani,
ma essa, affaccendata a discutere
sul prezzo della sua merce, non
le badò neppure.
Saltando da una barca all'altra
Saltando da una barca all'altra,
la ragazzina riuscl a raggiungere
la riva, voltandosi ogni poco per
vedere se era inseguita. Lo era
davvero. Si accorse a un tratto che
una barca stava per approdare.
Scesero due persone. Le conobbe:
cercavano lei.
Svelta fuggì via, e sj nascose
raggomitolandosi in una macchia
verde dietro una casa. Rimase li
tremante, spiando i passi dei suoi
inseguitori, finché non vide la loro
barca riprendere il largo.
Quando la signora cristiana si
vide davanti Ngieb, furono lacri-
me di gioia. La sistemò nella mis-
sione con altre bambine, e le fece
affidare incarichi di fiducia: dare
il becchime aJle galline, fare la
guardia aj pulcini per difenderli
dai corvi.
Le insegnarono a leggere e a
scrivere, ma non la facevano pre-
gare come lei avrebbe desiderato,

3.3 Page 23

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A s inistra : suor M a ria Ngiab Phrathum. A
destra: I plccoll orfani di Udonthanl (Thai-
landia), nella scuola delle F .M.A.
Sembra un avventuro-
so racconto orientale.
Invece è la storia vera
della prima Figlia di
Maria Ausiliatrice thai-
landese.
e non le insegnavano il catechismo.
Non capiva il perché: nessuno le
diceva che era un rischio condurla
al battesimo: forse la sua famiglia
un giorno l'avrebbe riportata a
casa, e costretta a tornare alle
usanze del suo ambiente, incom-
patibili con la fede cristiana. Ngieb
soffriva in silenzio. Ngieb vuol
dire silenzio.
Ma un giorno andò a trovare il
missionario. «Padre, per favore
dammi il battesimo >>. << Lo vuoi
proprio? i>. << Certo, e da tanto
tempo >>. «Allora studia il catechi-
smo e preparati >l. Al fonte batte-
simale prese il nome di Maria.
Aveva tredici anni.
Un sogno strano: due uomini
e una barca
A diciassette anni le dissero di
pensare al suo futuro. Lei decise
che non avrebbe lasciato la mis-
sione. Il padre missionario le affidò
la scuoletta, che non esigeva molta
cultura, ma grande bontà, amore
e sacrificio. Tutto questo l'im-
provvisata maestrina lo possedeva,
e lo donava senza posa a tan ti bam-
bir)i che la circondavano con affet-
tuoso rispetto. Acquistò ,molto pre-
stigio anche tra le famiglie, che
volevano ricompensarla con doni.
Ma Ngieb non volle mai nulla:
lavorava per le bambine e per il
Signore.
Dai venti ai ventisette anni fu
un validissimo aiuto alla Missione
non soltanto nella scuola, ma nella
chiesa e nella visita alle famiglie,
di cui diventò la consigliera attenta
e delicata nel comporre dissidi.
TI ·vescovo di Bangkok venne
a sapere del prezioso apostolato
che svolgeva, e pensò a Ngieb
come ad un ottimo elemento per
la sua Congregazione di suore in-
digene. Ma la ragazza rimase in-
ce rta.
Aveva 27 anni quando fece un
sogno strano. Vide sulle acque del
Mekong una grande barca: due
sacerdoti europei remavano uno
a poppa e l'altro a prua. D'un
tratto, non sapeva come, si trovò
anche lei su quella barca. Spaven-
tata di vedersi fra gente che non
conosceva, si svegliò.
Poco tempo dopo i missionari
francesi, divenuti ormai insuffi-
cienti all'accresciuto lavoro, deci-
sero di lasciare ad altre braccia il
Vicariato di Ratburi e tutto il sud
della Thailandia. A sostituirli ar-
rivarono dalla Cina i primi due
missionari salesiani. Ngieb si prestò
ad aiutare i nuovi venuti. Li mise
in relazione con le famiglie cri-
stiane, creò un clima di fiducia e
di cordiale intesa. ·
« Non potrei essere come voi? »
Qualche tempo dopo arrivarono
le Figlie di Maria Ausiliatrice:
Ngieb ricordò sempre quella data,
il 14 novembre 1931. Fu la prima
ad andare loro incontro, e si mise
totalmente a disposizione. Le os-
servava di giorno in giorno con
crescente ammirazione. Un giorno
domandò: << Non potrei essere an-
ch'io come Voi?>>. Certo che lo
poteva. Fece due anni di noviziato
in India, e quando tornò era la
prima suora salesiana della Thai-
landia.
Da allora i suoi anni si sono
srotolati nel lavoro e nel sacrificio.
Le venne affidato il catechismo
ai bambini e agli adulti, l'assi-
stenza all'Azione Cattolica, le ini-
ziative della vita parrocchiale. La
sua parola gentile, modesta, tra-
boccante di Dio, si faceva strada
nelle anime.
Aprirono una nuova m1ss1one
a Bang-Pong, e la mandarono là.
Poi aprirono un'altra m issione a
H aat-Yai, e ancora la mandarono,
perché gli inizi sono sempre dif-
fici li e lei aveva lo spirito di sacri-
ficio necessario.
Poi sopraggiunse la malattia,
lunga, dolorosa. Il 28 maggio 1972·
scrisse l'ultima lettera alla Madre
Generale. Disse: << Mi sembra che
questa malattia il Signore me l'ab-
bia mandata per vedere se ho fede
e se sono una vera Figlia di Maria
Ausiliatrice: la Madonna ha sem-
pre avuto una grande parte nella
mia vita... Stiamo celebrando l'an-
no centenario: io come prima
Figlia di Maria Ausiliatrice della
Thailandia mi offro volentieri in
sacrificio per la Congregazione, per
la Chiesa e il popolo thailandese.
Spero che il Signore gradisca que-
sta mia offerta>>.
Se ne andò in punta di piedi
due mesi dopo, nella notte del
agosto. Mormorò a chi l'assi-
steva: <1 La Madonna viene a pren-
dermi il.
23

3.4 Page 24

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«Voglio camminare per
le strade del Cielo. Con-
tro il peccato voglio es-
sere come una roccia,
come un leone». Aveva
17 anni. Era un ragaz-
zone portoghese, suo-
natore di tromba, tifo-
so dello Sporting, in-
namorato di Dio. Si
chiamava Fernando Ca-
lò. Dopo un tempo di
profondo sbandamen-
to, l'amore alla Ma-
donna lo riportò in
alto. A 16 anni fece
voto di castità. A 17
anni scrisse sul diario
tre parole: « Voglio es-
sere sacerdote » . Ma
pochi mesi dopo Dio
lo volle con sé.
vett~ quasi per caso dopo un anno
e mezzo di vita.
11 suo pri1no ricordo: un tappeto
grande, che lo copriva tutto. Era an-
data così: i padroni della mamma,
aJla fine della settimana, erano par-
titi con l'automobile per una gita.
Sarebbero stati vr:i due giorni. Giu-
seppina Perreira allora andò all'orfa-
notrofio a prendersi il suo bambino,
e lo portò nella casa vuota dei pa-
droni. Aveva tre anni, e la mamma
gli disse: Oggi e domani staremo
insieme, Fernando. Preparerò un dol-
ce tutto per te •·
Ma dopo qualche ora, su per il
viale si sentì il rombo del motore.
Forse per un incidente, o per un
contrattempo, i padroni stavano già
tornando. Giuseppina fu presa dal
terrore: non aveva mai detto di avere
un figlio. Se l'avessero scoperto, l'a-
vrebbero certamente licenziata, per
non pagarle gli assegni per il bam-
bino. Non sapendo come cavarsela,
prese il piccolo Fernando, lo ficcò
sotto un tavolino nel salotto coperto
da un lungo tappeto che scendeva
fino a terra, e gli mormorò:
- Zitto, amor mio, per carità!
Stai Il finché la mamma non ti viene
a prendere.
E lui, come un topolino spaven-
tato, stette Il fermo, al buio, per
più di un'ora. Attorno a lui cam-
minavano e ridevano i •padroni• che
non dovevano vederlo, perché la
mamma non fosse licenziata.
gaJo di una cosa che a mamma sua
mancava tanto: il regalo di Dio.
Ogru sera Fernando tornava a dor-
mire nella poverissima casa di mam-
ma. poiché essa, di servizio in ser-
vizio, faceva ora la domestica ad
Estoril. E prima di ficcarsi nel let-
tino, s'inginocchiava e pregava per
sua mamma. Essa lo vedeva, arros-
siva lievemente, e sospirava.
- Mamma, oggi è domenica. Vieni
alla Messa?
- Non pO!ISO, Fernando, vedi
quanto ho da fare. Vai tu...
Passò una settimana.
- Mamma è domenica, vieni alla
Messa con me ?
- Ma Fernando, vedi che piove?
Abbiamo solo un parapioggia...
- E che importa? Andremo tutti
e due sotto quello. Staremo stretti.
Vieni?
E mamma andò, entrò per la
prima volta nella casa di Dio, strin-
gendo la mano del suo piccolo Fer-
nando.
:.\\la dovranno ancora passare otto
anni prima che sua mamma s'ingi-
nocchi alla balaustra a ricevere Gesù.
« Sei un ipocrita! »
Ottobre 1950. Fernando ha finito
li: elementari. Altre scuole obbli-
gatorie in Portogallo non ce ne sono.
E ora, che farà? Se lo domanda
lui, se lo domanda il direttore di
Estoril. Fernando è un bravo ra-
N a~ccndo, trovò la disgrazia più
grande che possa capitare ad un
hamhino: non ebbe mai il calore di
una casa, l'affetto di una famiglia.
Sua mamma, Giuseppina Perreira,
ern una di quelle povere ragazze
scese dalle montagne verso la grande
città, in cerca di «fortuna». Aveva fi-
nito per fare la domestica, in casa
di una ricca famiglia, con un salario
miserabile.
Suo padre, Fernando lo vide solo
qualche rara volta. Fin dai primis-
simi anni fu sballottato da un orfa-
notrofio ad un ricovero per vecchi,
in compagnia della fame e della mi-
seria. Anche il Battesimo, nessuno
24 si preoccupò di darglielo. Lo rice-
« Abbiamo solo un
parapioggia »
A otto anni, cacciato da una zia
bisbetica, stanca della sua vivacità
e della sua manla di tirar calci a
palloni, scatole e sassi, Fernando
entra in un nuovo istituto: dai Sa-
lesiani di F.storil.
Conobbe i primi sorrisi, poté tirar
tanti calci quanti voleva, in un cor-
tile grandissimo. Vide la statua della
l\\ladonna e ne fu ipnotizzato.
Nei lunghi silenzi che seJ?'Uivano
le sue Comunioni, Fernanoo con-
cepì un disegno arditissimo: avrebbe
fatto un regalo a sua madre, il re-
gazzo, ma se finisce iu mezzo alla
strada, tra le , bande» dei senza-fa-
miglia, che sarà di lui ? Per Fer-
nando stanno cominciando gli anni
decisivi dell'adolescenza: può di-
ventare uo giovanotto sano e forte,
ma anche un lazzarone perdigiorno.
li direttore scrive ad un suo con-
fratello, che dirige il Collegio Pro-
fessio11ale Salesiano di Lisbona: <t Ho
un ragazzo buono, che ha bisogno di
essere seguito in questi anni. Non ha
famiglia e logicamente sua madr e non
ha denaro. Vom:i che lo accettassi
lo stesso: faresti del bene ad un
ragazzo che ne ha proprio bisogno •·
li direttore del Collegio Professio-
nale accetta. Fernando va a Lisbona,

3.5 Page 25

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CIOE!JID
Un giorno, in laboratorio, Giuseppe
De Sousa lo urtò involontariamente.
Fernando, seccato, reagì con una
violenta gomitata. De Sousa invipe-
rito, gli gridò sul viso:
- Sei un ipocrita! Un santino di
legno tarlato!
Fernando sentl il sangue alla testa,
lasciò partire una sventola fortissima.
Giuseppe rispose. Si accapigliarono e
se le diedero di santa ragione. Quando
l'assistente riuscì a dividerli si erano
già pestati per bene.
Quella settimana, alla riunione per
i voti di condotta, l'assistente poté do-
cumentare largamente la sua impres-
sione sull'irrequietezza di Fernando.
«Anche nel 'gioco non sa conte-
nersi. Se qualcuno lo urta si ac-
cende, si sfoga con insulti... •>.
Ma il Direttore, che conosceva già
a fondo Fernando, scosse la testa:
<i È impulsivo - disse - ma se
diciamo che è cattivo ci sbagliamo
della grossa. Vedrete più tardi. Que-
sto giovane farà parlare di sé•>.
A costo di fuggire
Era una profezia o soltanto un
buon augurio?
Se era una profezia, per qualche
tempo parve sbagliata.
I I Collegio sorgeva alla periferia
di Lisbona, avvolto dal fumo delle
officine e dalle catapecchie di una
gente poverissima. Nella miseria più
nera dilagavano i vizi più squallidi.
c sceglie come mestiere il composi-
tore tipografo. In gennaio scrive alla
mamma:
«Ti arriveranno i miei voti, sono
belli, ma nei mesi prossimi (assai più
importanti) vedrai che saranno an-
cor.a migliori. Farò da parte mia
tutto il possibile, sebbene abbia una
certa paura per il disegno... Come
il Signore mi ha aiutato in questo
p rimo trimestre, mi aiuterà anche
nel secondo e nel terzo>>.
Fernando cresceva. Si faceva alto
e pallido. Gli anni della «fanciul-
lezza felice »erano ormai passati anche
per lui. Cominciavano gli anni acerbi
ed importantissimi dell'adolescenza.
Mentre si sforzava di trasformare la
di TERESIO BOSCO
sua «bontà pacifica•> in una << bontà
forte, voluta, sofferta>>, Fernando
sentiva dentro di ribollire un tem-
peramento vivacissimo, ribelle. Ogni
rimprovero gli faceva scartare una
molla dent~o: si tratteneva a stento.
Gli pareva a volte che tutti ce l'a-
vessero con lui, che si facessero un
sacco di ingiustizie nei suoi riguardi.
I giovani che frequentavano I' Isti-
tuto venivano da quelle catapecchie,
da quelle viuzze infangate. E gli as-
sistenti dovevano star molto all'erta
perché anche le parole di quei poveri
giovani non fossero infangate.
Ma i giovani erano tanti, una vera
folla.
Giuseppe Alves scrive: <1 Fernando
era di carattere irascibile, si stiz-
ziva con facilità. Mi urtai con lui
e per un anno non ci parlammo.
Quando ricominciammo a scambiarci
qualche parola, mi accorsi che un
compagno cattivo, che io conoscevo
bene, aveva cominciato a incammi-
narlo per brutti sentieri... •>.
Lo stesso Fernando, nel luglio 1954, 25

3.6 Page 26

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aprendo il diario delle sue
scriverà:
<< Il mio confessore mi ha consi-
gliato a venirmene via se avvenisse
quanto avvenne l'anno scorso... An-
che a costo di fuggire per salvarmi
e liberarmi dal male... •>.
Quali lotte si scatenarono nel cuore
di quel tredicenne? Con quale vio-
lenza il male urtò contro quella gio-
vane diga per dilagare, e trasfonnare
la sua vita in una squallida palude?
Ma la Madonna, che all'entrata
nella casa di D on Bosco l'aveva quasi
ipnotizzato, gli porse la mano. E Fer-
nando, che non era nato santo, si
ribellò al richiamo della palude e
tornò in alto.
Lo squillo della riscossa risonò nel-
l'ottobre del 1953. Aveva 14 anni.
Sanno anche cacciars· n.-i guai
Grandi giornate a Lisbona nell'ot-
tobre 1953. << D on Bosco ritorna•>
cantavano mille e mille giovani: nella
persona del suo V successore, don
Renato Ziggiotti, Don Bosco tornò
veramente, fissò Fernando e gli disse:
«Sorgi!».
<< Cari figlioli - lasciò scritto don
Ziggiotti come ricordo della sua vi-
sita al Collegio Professionale - prima
di congedarmi e tornare a Torino,
vi raccomando:
1. Amate la Madonna e ricorrete
a Lei che vi è mamma.
2. Siate amici e imitatori di Do-
menico Savio e dei Pastorelli di Fa-
tima, nell'amore alla purezza e nel
compimento dei vostri doveri.
3. Pensate a formare in voi il
<• buon cristiano )► prima ancora che
il <• buon artigiano ~-
Quelle giornate, quelle parole, fu-
rono l'inizio di una marcia verso la
santità che solo la morte doveva, più
che interrompere, sigillare.
Fernando è un altro, anche se la
fama di indisciplinato è difficile da
cambiare.
Nel vastissimo refettorio ci sono
due monelli che fanno impazzire l'as-
sistente. Nei momenti più impen-
sati c'è sempre un miagolio od un
chicchiricJiì che riga il silenzio. Poi
ricomincia il mistero profondo, men-
tre l'assistente, tra sbuffi di risate,
cerca invano i colpevoli.
I due sono vicini di Fernando, e
gli occhi dell'assistente si fermano,
sempre più inesorabili, su di lui.
Fernando soffre. Non è lui, ma
non dice nulla: vuol pagare per le
tante volte che in passato...
Poiché i due piccoli mascalzoni
non la smettono, le cose pare si met-
26 tano male per lui. La mamma, in

3.7 Page 27

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e una v1s1ta, viene a saperlo <la Fer-
nando stesso, che ne molto addo-
lorato.
- Se vuoi, ne parlo io stessa al
Direttore...
- No mamma. Vedrai che tutto
passerà...
E tutto passa. :VIa certi discorsi
poco puliti continuano a serpeggiare,
a fare del male.
Il Direttore, che ha seguito sempre
con affetto Fernando e lo vede cre-
scere sulla via del bene, lo chiama:
- Sai che tra i grandi non si
parla molto bene, vero ?
- Sì, Direttore.
- Vedi, si potrebbero mandare
via, ma dove andrebbero? E gli as-
sistenti fanno tutto quello che pos-
sono... Ci vorrebbero tre o quattro
giovanotti in gamba che penetrassero
tra loro, che li aiutassero a correg-
gersi. Se in casa ci sono inconve-
nienti, se c'è qualche cosa che dà
fastidio, io sono sempre pronto ad
accettare le proposte di tutti. ::Vla
vorrei che si smettesse di criticare,
e specialmente di parlare male. Ho
pensato a te, Calò. Vuoi cercare tre
o quattro tuoi amici disposti a pro-
vare?
Fernando sentì che da quel giorno
doveva sostituire Domenico Savio.
Era lontano ormai il tempo della
palude...
Due giorni dopo era di nuovo in
Direzione:
- Ce ne sono tre disposti a darmi
una mano - e li nominò.
Il Direttore corrugò la fronte:
- E perché proprio loro? Non
mi pare siano i migliori...
- D'accordo, Direttore. Ma ci
sanno fare. Sanno anche cacciarsi nei
guai, se occorre. Quei che lei dice
<(migliori>>, vede, sono un po'... come
dire... di zucchero. Qui mi pare in-
vece che occorra gente in gamba, ca-
pace magari a menare I.e mani, se
occorre.
E il Direttore accettò.
Un mese dopo, Calò ed i suoi
erano chiamati <i le mignatte•>, pro-
prio come quelle mine magnetiche
che nella guerra venivano attaccate
alle navi d'acciaio, e non c'era forza
capace di staccarle.
Avevano il sorriso sulle labbra, ma
erano resistenti come il caucciù. Non
c'era verso di dribblarli per appar-
tarsi e fare qualche discorsetto fuori
legge.
« Svegliati, ~iorm·glione 1 ,
Dal dicembre del 1954 Fernando
cominciò a scrivere il suo diario. È
scarno come quello di una guida al-
pina. Ma ogni giorno segna un passo,
un balzo, una vittoria verso la vetta
della santità.
1 r dicembre. Un compagno mi pro-
voca continuamente. Mi sento bol-
lire il sangue con una voglia matta di
rispondere. Finora mi sono conte-
nuto; ma se la cosa continua, la situa-
zio11e si farà grave.
l 5 dicembre. Un ragazzo mi ha
chiesto la merenda. 1\\/fangiavo di gu-
sto. Ma offrii il piccolo sacrificio per
la conversione di mia mamma.
j gennaio 1955. Non mi garbava
ajjatto il gioco che l'assiste11te ha co-
mincì.ato in ricreazio11e. Nfa giocai vo-
ientieri e con allegria.
1 1 gennaio. fo laboratorio è già
molte volte che il capo mi dice: «S·ve-
g!iati, dormiglione! >>. .Due volte ero {?ià
per rispondere. 1Wa ho taciuto.
r8 febbraio. Un compagno, dopo
che ci eravamo tirate bucce d'arancio
per scherzo, mi ha sorpreso distratto,
e mi ha colpito all'orecchio molto forte.
Ho provato 1111 dolore fortissimo, e
dentro di me avevo una voglia di ven-
dicarmi... Ma ho soffocato quella vo-
glia.
20 febbraio. Primo giomo di car-
nevale. Per riparare le offese che Gesù
rtceve sono andato in cerca di alcuni
compagni per pregare insieme. Ho
chiesto a Gestì di avere compassione
di tutti quelli che lo offendono con
divertimeuti cattivi.
Fa il tifo per lo Sporting...
l mesi e gli anni passano.
Ora i compagni s'accorgono che
Calò << è un altro >>.
Antonio Rodriguez, scrive di lui:
<< Ha un solo difetto: fa il tifo per
lo Sporting... >>. È la stessa colpa che
un «interista l), a 1\\llilano, troverebbe
in uno che fa tifo per il Milan.
Ma non è solo un << tifoso ~= è an-
che un giocatore, frenetico, vulca-
nico, che scarica sul pallone le ener-
gie esuberanti della sua giovinezza.
E suona la tromba: nella banda dell'I-
stituto se la cava benissimo. Non è
un virtuoso, ma fa degli acuti da
solista.
Marzo r956. Stanno per scoc-
care i 17 anni.
_
Fernando Calò è a Fatima. E una
giornata tremenda: sotto la pioggia
il pullman si ferma cento volte. Il
motore non vuol saperne di funzio-
nare. Ad un certo punto devono
persino scendere e spingerlo, fra la
pioggia e il fango. Eppure c'è un'al-
legria ed un azzurro nelle anime, che
tutto sembra un bellissimo scherzo.
« Ho fatto la mia Comunione - an-
nota nel suo diario. - Sfollati i fe-
deli, ho potuto fare con tranquillità
il mio ringraziamento. Ho pregato
per la mia famiglia, i compagni, i su-
periori, e per me l>,
A casa, l'attende il dono più bello.
Il suo confessore lo vede corrergli
incontro trafelato e festante:
«Padre, mia mamma verrà domani
a confessarsi. La prego, la aiuti con
pazienza e carità... ,>.
Da un anno Fernando, per avere
questo dono, si è donato interamente
alla Madonna, facendo d' accordo
col suo confessore il voto di castità.
« Sono pronto»
Aprile 1956. Scattano gli Eser-
cizi Spirituali. Fernando Calò li si-
gilla con tre «Voglio•> che devono
segnare la strada per tutta la vita:
l. Voglio soggiogare la mia curio-
sità; voglio mortificare la mia vista.
2. Voglio essere 1111 apostolo della
Vergine Immacolata.
3. Voglio essere Sacerdote.
Era nata in cuore la grande voce,
la chi=ta di Gesù: «Vieni e se-
guimi>). Senza lunghi giri di discorso,
senza esitazione, Calò ha tracciato
il suo futuro. Tre parole: Voglio es-
sere Sacerdote.
Ma i disegni di Dio lo chiamano
a continuare quella schiera che porta
i nomi di Domenico Savio, Zefirino
Namuncurà, Giorgio lrisarri.
20 aprile. 1n una partita giocata
con la passione di sempre, Fernando
urta violentemente contro una co-
lonna del porticato. La testa gli ri-
mane stordita e offesa.
Dopo lunghi giorni d'infermeria
ridiscende tra i compagni, ma un
urto violento al capo durante una
ricreazione gli provoca dolori ter-
ribili.
Torna su un lettino bianco. Ri-
coverato all'ospedale perde progres-
sivamente l'udito, mentre i medici
brancicano nel buio. Non riescono
a capire.
Si terne la fine.
- Oh, Fernando! E se morissi?
- Sono pronto - risponde sor-
ridendo. - Si gioca al calcio in
Paradiso no ?
26 luglio, ore 15. In un tentativo
disperato, i medici lo portano in sala
operatoria. Fu l'ultima sofferenza,
che aperse a Fernando Calò le porte
del Cielo.
Per l'ultimo addio i suoi amici lo
rivestirono con la maglia deUa sua
cara squadra di calcio, e gli portarono
tutti i fiori bianchi che riuscirono a
raccogliere nei giardini.
Fernando Calò: suonatore di trom-
ba, tifoso dello Sporting, innamorato
di Dio.
27

3.8 Page 28

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NEL MONDO SIESIANO
Cinquant
come la cort i
Si chiama Ennio Ferrari. ha lo studio in
via Ravenna 11 , a Torino, e sovente
passa. con gli occhiali neri come una
maschera. per , cortili di Valdocco. Le
sue opere, di calda ispirazione classica,
parlano sovente «salesiano». Ha realiz-
zato Il grande portale del tempio dedicato
a Maria Ausiliatrice a El Salvador (sei
giganteschi pannelli con soggetti ma-
riani). 11 portale della chiesa salesiana di
Cuorgné e varie «c rocifissioni >1 e «ma-
ternità 1> per santuari italiani e francesi.
Nel maggio dello scorso anno, a Ro-
ma, gli è stato conferito il <( Premio Eu-
ropa 11.
In questi giorni ha terminato uno
splendido busto di Don Bosco. « Ho
studiato a lungo questo volto che ha af-
fascinato tanti giovani. E l'ho realizzato
con l'affetto di exallievo salesiano». La
figura verrà « gettata in bronzo », e suc-
cessivamente realizzata anche in mate-
riale meno costoso, perché possa diven-
tare per tante persone un'artistica e af-
28 fettuosa presenza di Don Bosco.
L'«Osserva
braio scorso r ortava la notizia che gli
Esercizi Spirituali In Vaticano sarebbero
stati predicati dal Rettore Magnifico del
Pontificio Ateneo Salesiano, don An-
tonio Javierre.
Gli Esercizi hanno avuto luogo dal-
1'11 al 17 marzo nella Cappella Matilde,
e vi prese parte anche Paolo VI.
Alla nostra domanda: « Che impres-
sione le fa l'essere stato chiamato a
parlare al Papa ?». don Javierre ha ri-
sposto sorridendo: « A me nessuna: penso
che anche lui sia un buon cristiano. no? ».
Poi ha aggiunto : «Quando mi hanno
fatto la proposta ho detto subito di no:
ma a quanto pare il no dei Salesiani per
il Papa non conta, e ho dovuto accet-
tare. Del resto nella Santa Chiesa di Dio
è come quando si dice il rosario in fa-
miglia: interessa poco che sia il più
piccolo a intonarlo, dal momento che
gli altri lo continuano per conto loro.
Il più piccolo mette solo una parola.
ma gli altri la interpretano con la loro
profondità ».
Al termine degli Esercizi il Santo
Padre ha ringraziato Il predicatore e ha
avuto parole di affetto per la Famiglia
Salesiana.
Dieci allie
menico Savio di Valenza (Spagna)
d'età fra i 15 e I 22 anni, accompagnati
da un loro professore salesiano. hanno
fatto in bicicletta i 2200 km del percorso
Valenza-Taizé-Valenza. L'impresa degli
studenti-ciclisti-pellegrini aveva tre scopi:
sportivo, di contatto con la gente, e
spirituale.
La loro impresa sportiva è stata note-
vole. Obbedendo a orari rigorosi, si al -
zavano prima delle sei del mattino, e
scortati da un furgoncino con i riforni-
menti percorrevano in media 125 km al
giorno.
Alla sera nella sede di tappa erano
fatti oggetto di molta curiosità e sim-
patia. soprattutto dai giovani del posto.
Ogni volta dovevano raccontare che cosa
facevano e perché, intavolavano discus-
sioni, sovente da ciclisti si trasforma-
vano in cantanti e improvvisavano un
piccolo «show» di folklore spagnolo. Le
autorità locali prendevano interesse alla
loro impresa, il giornale francese « Midi
Libre» ha pubblicato una lunga inter-
vista.
Prima di prendere riposo il gruppetto
si raccoglieva a fare il bilancio della tappa,
e a studiare la tappa del giorno dopo.
L'arrivo a Taizé fu memorabile. Subito
i giovani accampati in questa « cittadina
della gioventù >1 accorsero, presero a in-
terrogarli, li avvolsero nel loro simpatico
cameratismo. Seguirono giornate indi·
mentìcabili, nell'ascolto di friue Roger
Shutz. in preghiera nella mistica chiesa
della Riconciliazione, a discutere in fra-
ternità con i giovani di tanti paesi diversi
sul « Concilio dei Giovani 11 e sui pro-
blemi del mondo.
Per « los Boscos ,, (come li chiama -
vano) sono state 24 giornate indimenti•
cabili.
(ANS)

3.9 Page 29

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ssico si intensificano i
preparativi per il «4 ° Congresso Latino-
americano degli Exallievi salesiani>,, al
quale hanno già dato adesione le Fede-
razioni di 21 paesi (precisamente: Argen-
tina, Bolivia, Brasile, Colombia, Costarica,
Cuba, Cile, Ecuador, El Salvador, Gua-
temala. Haiti, Honduras, Messico, Nica-
ragua, Panamà. Paraguay, Perù, Porto-
rico, Repubblica Dominicana, Uruguay
e Venezuela).
Anima delle varìe attività è il Presi-
dente della Federazione Exallievi messi-
cana, l'avv. José Gonzaler Torres (spo-
sato, sette figli, membro del Consiglio
nazionale messicano, presidente della
Pax Romana, già candidato alla Presi-
denza della repubblica). Insieme al
dott. Valenzuela della Presidenra Confe-
derale (che in questi giorni sta visitando
le varie Federazioni, dal Messico al Cile),
con i salesiani incaricati degli Exallievi
messicani (in particolare il delegato na-
zionale don Gonzales e il sig. Mauro
Colunga). e con una giunta di Exallievi
appositamente costituita, l'avvocato Gon-
zalez Torres sta organizzando le diverse
fasi della preparazione del Congresso.
Per tempo le varie Federazioni erano
state interpellate sulla data più oppor-
tuna per lo svolgimento del Congresso
stesso, e sul tema che avrebbero voluto
dibattere. Ne era scaturita l'indicazione
dei giorni 11 -14 ottobre 1 973 come
periodo adatto, ed enunciato « L' impegno
per la giustizia in America Latina» come
tema da affrontare.
Il Congresso è ora diventato per gli
Exallievi messicani l'occasione per rive-
dete radicalmente le loro strutture e rin-
novarsi, mettendosi in stato di servizio
per accc;,gliere le delegazioni dell'America
Latina e gli osservatori che giungeranno
dalle varie Unioni del mondo.
Intanto le varie Federazioni nazionali
stanno svolgendo i Congressi prepara-
tori a livello locale; e il tema scelto ri-
sulta molto adatto a suscitare un vasto
dibattito e a suggerire la scelta di pro-
grammi operativi concreti.
DI passaggio in Europa, il presidente
Gonzalez Torres ha spiegato la scelta
del tema mettendolo in connessione con
la volontà esplicita di realizzare un Con-
gresso veramente efficace sul piano ope-
rativo. « Fin dal primo momento - ha
detto in un' intervista rilasciata a Ma-
drid - abbiamo lavorato per un Con-
gresso vivo e vitale. Non vogliamo per-
derci negli accademismi. Per questo non
lo abbiamo imposto noi, il tema: se lo
avessimo fatto e a qualche Paese fosse
risultato non interessante, avremmo com-
promesso in partenza l'esito. Di fatto
tutti si sono espressi per una scelta di
carattere religioso-sociale, che è la linea
lungo la quale si muove oggi l'inquieta
problematica dell'America Latina.
Del resto - ha aggiunto - è tempo
che si definisca chiaramente quale deve
essere la partecipazione dell'Exallìevo, sia
a titolo personale che in quanto inserito
in un movimento organizrato, nei con-
fronti di questi scottanti problemi».
E ha concluso: «Vogliamo Exallievi ca-
paci di una riflessione autonoma. Uomini
impegnati a mettere in pratica le loro
conclusioni».
L'importanza di questo Congresso per
la Famiglia Salesiana è stata messa in
evidenza dal Superiore salesiano per la
Pastorale degli Adulti, don Giovanni Rai-
neri, in una lettera che in questi giorni
ha rivolto agli Exallievi stessi. Ricordando
che « non è retorica affermare che nel
sub-continente latino-americano si gio-
cano in gran parte i destini della civiltà
occidentale e le sorti storiche della
Chiesa1>, ha osservato: « Una particolare
grazia del Signore ha voluto chiamare
Don Bosco e i Salesiani a essere opera-
tori di evangelizzazione e promorione nel-
!'America Latina; per questi motivi, nes-
suno di coloro t he si sentono parte della
Famiglia Salesiana si può disinteressare di
quanto avviene in quelle nazioni». E
parlando espressamente del Congresso
latino-americano, ha sottolineato che esso
«è la prima occasione in oui l'impegno
della giustizia - cui sono tenuti gli
Exallievi - viene affermato a cosi alto
livello,>.
( A NS)
Riportiam
«Nella sede della Escuela Tecnica Pa-
pula, Don Bosco, ha avuto luogo i l bat-
tesimo del libro lyewei-Teri - Quince
aifos entre los Yanomamos di padre Luigi
Cocco, missionario salesiano che da oltre
un ventennio vive t ra gli indios dell'alto
Orinoco (Venezuela).
A lla presenza di un folto gruppo di
invitati, tra I quali il vescovo mons. Garcia,
il viceministro di Giustizia, il Console ge-
nerale d'Italia e altre personalità, il
dr. Ramon J. Velasquez, membro della
Acacfemia de Historia de Venezuela, ha
pronunciato un breve discorso per pre-
sentare l'opera di padre Cocco.
«Un'opera duratura - ha detto - , un
lìbro ammirevole che ha unito armonio-
samente due fini: quello di riuscire pia-
cevole e quello d i far riflettere profonda-
mente. Esso costituisce un'autentica sco-
perta per i venezuelani che vivono nelle
città, per gli universitari. per le persone
colte e per gli stessi antropologi che
hanno da oggi il modo di studiare, di
approfondire un capitolo della storia
della patria ancora sconosciuta».
«Padre Cocco - ha aggiunto il
dr. Velasquez - si unisce alla grande
schiera di esploratori italiani, come Co-
dazzi, tedeschi, come Humboldt, e di
altre nazionalità che. innamoratisi del
Venezuela. hanno reso importantissime
testimonianze sulla sua realtà geografica
e antropologica i>.
Purtroppo - ha riconosciuto - di
fronte all'imponente opera europea, fa
riscontro l'assenza dei venezuelani fra
coloro che si dedicano all'esplorazione e
aIla ricerca.
« Padre Cocco con il suo libro - ha
affermato - vuol dimostrare che il Paese,
di fronte alla realtà della Guayana ama-
zonica e alle tribù che in essa vivono.
deve prendere un atteggiamento respon -
sabile».
A questo punto ha citato una frase dì
padre Cocco, nella quale si compendia
tutto lo spirito che ha animato l'opera
missionaria del suo gruppo: ha iniziato
il contatto con gli indios «dispuestos a
reducirse y no a reducir» (disposti a
sottomettersi, non a sottomettere).
Il dr. Ramon Velasquez ha concluso
dicendo la sua illimitata ammirazione per
l'altissimo contenuto sociale dell'opera
salesiana in Venezuela, che giunge indi-
stintamente a tutti i settori della popo-
lazione.
È seguita la cerimonia del « batte-
simo >l. Accompagnato da padre Cocco,
il viceministro di Giustizia ha bagnato
con alcune gocce di champagne lo stu-
pendo volume del venerando missionario
salesiano.
29

3.10 Page 30

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E MONDO SALESIANO
AUTO SCASSATE PER GIOVANI
GUASTATORI, A VERONA
Divenuto esecutivo il divieto di dormire
la notte sui tavolacci della stazione ferro-
viaria, gli emarginati della gioventù ve-
ronese (scappati di casa, ex detenuti,
disadattati delle varie specie) avevano
traslocato nei giardini di Porta Nuova
ed erano diventati protagonisti - e vit•
time nello stesso tempo - di quella squal-
lida vita notturna che infesta un po'
tutte le città del mondo. Che fare?
Stare a guardare?
Don Sergio Pighi, salesiano del « Don
Boscol> di Verona, non la pensava così.
Si fece dare alcuni locali del collegio, li
batten:ò « Casa dell'Accoglienza», e li
aprì a quei giovani sbandati. Di notte
potevano alloggiare meglio che nella
sala d'aspetto di prima classe della sta-
zione. A condizione che non si portassero
dietro né ragazze, né refurtiva, né droga.
Era il luglio-agosto 1972. I salesiani
riuniti per il loro Capitolo lspenonale
Speciale trovarono l'iniziativa salesiana e
l'approvarono all'unanimità. Ma nello
stesso tempo raccomandarono di tro-
varle una sistemazione meno aleatoria.
Non era facile, le difficoltà erano infi-
nite. Quei gIovanI in genere, trovando
a portata di mano la carità pubblica o
privata. di solito la sfruttano senza troppi
complessi, e la sola carità finisce per
diventare addirittura un ostacolo al loro
ricupero. Bisognava dar loro un lavoro,
che fosse compatibi le con la loro con-
genita allergia verso tutto ciò che sa di
impegno continuato. La soluzione di
don Pighi è stata un « centro di demo-
lizione macchine», del tutto rispondente
alla singolare psicologia dei giovani
guastatori.
Nel «Centro demolizione» essi tro-
vano possibilità di guadagnare qualcosa
senza essere legati a orari o a norme
particolari. In pratica don Pighi dice loro:
«Sfasciate queste macchine. e quel che
ne ricavate è vostro».
Questa attività è negli intenti di don Pi-
ghi solo Il primo passo in vista d1 un
inserimento in attività più ordinate e
continue. Ma la « Casa dell'Accoglienza»
offre ai ragatzI altre possibilità di ricupero
Oltre a don P1gh1 e alla sua particolare
clientela. essa accoglie regolarmente una
«comunità ospitante)), formata da gI0-
vanI impegnati. che sI addossano 11 com-
pito di <e legare)) con i nuovi elementi
e di dare a poco a poco alla loro vita
un contenuto più valido.
Insieme, questi giovani cercano un
contatto concreto con la realtà che li
circonda. il quartiere, e scoprono che
per quanto si sia poveri. c'è sempre
qualcuno più povero che abbisogna del
nostro aiuto.
Per simili vie si tenta d1 introdurre ne,
giovani ospitati degli ideali, e di farglieli
realin:are.
La nuova esperienza d1 don Pigh1
presenta molte difficoltà, e passa an
cora attraverso incertezze e rischi Tra
l'altro. glo eventuali reati degli ospiti
(come detenzione di droghe, di refur-
tiva ) potrebbero coinvolgere l'istituto sa -
lesiano e compromettere di fronte alle
famiglie degli allievi quella credibilità che
esso si è conquistata in quasi ottant'anni
Per evitare spiacevoli conseguenze. il
gruppo impegnato dei giovani «ospi-
tanti>, sI è addossato le eventuali respon-
sabilità civili e amministrative; sI è as -
sunto anche per intero il lavoro di condu -
zione materiale della casa, lasciando don
Pighi più libero di dedicarsi ai compiti
formativi.·
L'importante è che i giovani guastatori
di auto scassate trovino l'amicizia e
l'aiuto che avrebbe dato loro Don Bosco.
CORSI DI AGGIORNAMENTO DAL PROSSIMO ANNO
PRESSO IL PAS
La Facoltà di Teologia del PAS in Offre la possibilìtà di scelta fra due set· si colloca sempre più su una linea d1
Roma - d'intesa con il Consiglio Su- tori: «Teologia dogmatica» e «Teologia servizio e di orientamento nei confronti
peri ore salesiano - sta varando per i pastorale». In quest'ultimo settore si della Famiglia Salesiana_
prossimi anni alcune iniziative culturali aprono ulteriori specializzazioni. Morale Il Rettor Maggiore - parlando nel feb-
e d'aggiornamento che rivestono notevole pastorale, Liturgia pastorale, e Spiritua- braio scorso alla CISI - ha sottolineato
lnteresse per la Famiglia salesiana. Ec- lità. Al termine del biennio viene rila- l'importanza di queste iniziative, che egli
cole.
sciata la « licenza in Teologia>,.
vede strettamente collegate con il rin -
Biennio di specializzazione in Spiri-
tualità (1973- 75) : è aperto s1 tutti I
membri della Famiglia di Don Bosco
(Salesiani, FMA, VDB, Copperaton, Ex-
allievi). Titolo di studio minimo richiesto:
licenza dalla scuola media superiore. Al
termine del corso viene rilasciato un
«diploma in Spiritualità»-
Biennio di specializzazione in Teologia
(1973-75) : è aperto a chi abbia com-
piuto gli studi di teologia istituzionale.
Corso annuale di aggiornamento. per
Salesiani che abbiano già svolto alcuni
anni di ministero.
Corsi trimestrali di formazione perma-
nente, per la preparazione di Salesiani
chiamati a essere animatori di spiritualità
nelle singole lspettorie. I corsi si svolge-
ranno presso la Casa Generalizia, e le
lezioni saranno affidate ai docenti del
PAS.
Con queste iniziative il PAS di Roma
novamento della Congregazione: si tratta
infatti di «aiutare i confratelli ad acqui-
stare una fede vissuta, a ricuperare il
senso del raccoglimento, della riflessione
e del silenzio, a divenire al più presto
animatori della preghiera comunitaria
degli altri confratelli e dei giovani».
Per informazioni sui corsi. scrivere
alla Segreteria della Facoltà di Teologia -
Pontificio Ateneo Salesiano Pian:a del-
1'Ateneo Salesiano, 1 • 00139 ROMA).
(ANS)
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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ESTATE 1973
CON I GIOVANI COOPERATORI
Campi di lavoro e di animazione cristiana
« Inseriti in una comunità scelta in zone estremamente isolate e particolarmente
bisognose di animazione cristiana, tentiamo di offrire umilmente un servizio ai
ragazzi e ai giovani del posto, senza pretese, consapevoli dei nostri lfmiti.
Per essi è un servizio da amici; per noi un tirocinio salesiano... 11.
Ecco il programma per la prossima estate:
FOCI ( Isernia) (4° anno - 1° residenziale)
Periodo: 30 giugno-24 luglio.
Disponibilità: piccola comunità di circa 5-6 elementi. excampisti di cui un sa-
cerdote.
Attività: continuazione dell'animazione crist iana e sociale degli anni scorsi, con
l"lnserimento totale tra la gente del luogo, condividendone la vita quotidiana
in paese e in montagna.
PALERMO S. Chiara (1° anno)
Periodo : 3-30 Iuglio.
Disponibilità: 20 elementi.
Attività: animazione cristiana - oratorio soggiorno estivo marino - catechesi
di quartiere - «gruppi» per ragazzi emarginati dalla «missione di Palermo».
MONTALTO ( Fraz. di Rionero Isernia) (1 ° anno)
Periodo: 28 luglio-25 agosto.
Disponibilità: piccola comunità di circa 12 elementi. excampisti. e un sacerdote.
Attività: «soggiorno di vacanza» per circa 25-30 bambini - catechesi a do-
micilio - liturgia - lavoro manuale - ripetizioni.
ACQUAVIVA ( Isernia ) (1 ° anno)
Periodo: 24 luglio-21 agosto.
Disponibilità : 20 elementi.
Attività : « soggiorno di vacanza» per circa 40 bambini - catechesi a domicilio
• liturgia - lavoro manuale - ripetizioni.
PALMA DI MONTECHIARO (Agrigento) (4° anno)
Periodo: 2-30 agosto.
Disponibilità : 20 elementi.
Attività : soggiorno marino di vacanza per 60 bambini - catechesi familiare
ripetizioni - liturgia - servizio sociale.
GRESSONEY (Aosta) (3° anno)
Proseguimento d ell'attività di assistenza estiva a 60 ragazzi bisognosi, in pre-
valenza figli di emigrati del Sud, a tempo pieno.
Periodo: 28 luglio-11 agosto.
TRUNCA ( Reggio Calabria) (1° anno)
Periodo : 3-31 agosto.
Disponibilità : 20 elementi.
Attività : «soggiorno di vacanza» per 40 bambini animazione cristiana e pe•
dagogica (liturgia - incontri genitori, giovani) - ripetizioni - oratorio lavoro
manuale.
BIANCAVILLA (Catania) (2° anno)
Periodo: da definire (in agosto).
Attività: esperienza di « missione nella Chiesa locale» - servizio di animatione
cristiana (catechesi - oratorio - liturgia • incontri genitori).
GALLICI NO (Reggio Calabria) (1 ° anno)
Periodo : 6-27 agosto.
Disponibilità : piccola comunità di circa 5-6 elementi, excampisti di cui un sa-
cerdote.
Attività : animazione cristiana e sociale con inserimento totale nella popolazione
- ripetitioni - incontri giovani e genitori.
ISPETTORIA ADRIATICA (1 ° anno)
Organizzazione e conduzione di due campeggi per circa 60 adolescenti ognuno.
Periodo: da definire.
(Per la SARDEGNA è allo studio un eventuale campo; nulla ancora di definitivo).
Alcune indicazioni pratiche:
La partecipazione ai campi è aperta e riservata ai Cooperatori e a coloro che,
interessati ad un tipo di apostolato giovanile con metodo salesiano, aspirano a
diventarlo. Età 18-28 anni.
Ai campi possono partecipare anche coppie di giovani coniugi cooperatori,
che desiderano dedicarsi ad un apostolato familiare.
I campi di Gressoney, Biancavilla e dell'lspettoria Adriatica sono riservati ai
giovani delle rispettive regioni.
Per le iscrizionirivolgersi al Consiglio ispettoriale cooperatori della propria zona.
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
NOVITA LDC - 10096Toleumenn
C. Perotto, Sesso amore e tabù.
Pag. 144. L 1000
Questo volumetto raccoglie articoli
pubblicati in origine per la rivista
Dimensioni, che suscìtarono vivi in-
teressi. Ecco gli argomenti trattati: la
sessualità e ruomo contemporaneo;
l'alienazione del sesso e le sue ra-
dici sociali; sesso, tenerezza, amore,
tendenze dell'io; la << controsessua-
lità »; le diverse forme di amore e
pseudo-amore; i rapporti prematri-
moniali. Ogni capitoletto è seguito
da una pista di discussione.
U. Pasquale e Collab., Problemi di
educaxione cristiana nella scuola
materna. Pag. 195. L. 1170
Gli atteggiamenti cristiani fondamen-
tali da creare nella prima infanzia.
26 capitoli in cui si affrontano le dif-
ficoltà più imbarazzanti in cui gli edu-
catori sì imbattono nell'annuncio del
messaggio cristiano ai piccoli.
U. Pasquale e Collab., Atti vità ed
esperienxe nella scuola materna.
Pag. 118. L. 750
Un corso di conversazioni religiose
ritmate con le stagioni. Nella seconda
parte alcune educatrici presentano le
loro esperienze scolastiche.
U. Pasquale e Collab., Conversa-
zioni religiose per scuola materna
(2& ed.). Pag. 160. L. 900
Una guida che offre abbondante ma-
teriale e suggerisce svariate attività
per impegnare tutto il bambino.
Maurilio Sacchi, Cristo nella sua
t erra. Filmine. Ciascuna L. 3200.
Delle dieci splendide lilmine che la
LDC presenta sulla vita di Gesù,
segnaliamo specialmente la seconda
(La Palestina al tempo di Cristo) e
la decima (Processo e morte di Cri-
sto, sua Risurrezione).
NOVITA PAS-VERLAG
Piazza Ateneo Salesiano. 1 • 0013S Roma
La psicologia nella scuola e nella
vita, a cura di P. Scilligo. Pag. 426.
L. 4000
È la raccolta di 26 articoli per of-
frire agli interessati alla psicologia
applicata alla scuola e alla famiglia
alcuni orizzonti a livello della espe-
rienza immediata della realtà delle
situazioni. Gli argomenti spaziano da-
gli effetti del comportamento degli
insegnanti sugli alunni al problema
motivazionale della scuola, dalle ca -
pacità intellettive all'efficacia di par-
ticolari metodi di intervento.
N.B. S i preg a di inviare le ordinazioni
direttam ente alle Edi trici interessate. 31

4.2 Page 32

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VENNERO TUTTE, U NA DOPO L'ALTRA
Desidero ringraziare pubblicamente Maria Ausiliatrice e i
nostri Santi per un cumulo di grazie ricevute. Tornata in
patria dopo più di vent'anni, trovai la mia famiglia in brutte
condizioni: la mamma anziana. ammalata e quasi cieca : il
fratello bisognoso di cure speciali, e una situazione finan-
ziaria preoccupante. Pareva impossibile trovare una via di
uscita in tante difficoltà. Ma non mi persi di coraggio: mi ri-
volsi con fede a Maria Ausiliatrice, con la promessa di pub-
blicare la grazia sul Bollettino Salesiano. Con me pregavano
molte altre persone.
Confesso che molte volte dovetti sperare contro ogni spe-
ranza, ma le grazie vennero tutte. una dopo l' altra. Il fratello
poté essere curato, la mamma lentamente andò riprendendosi ,
le questioni legali furono risolte, e tutta la famiglia poté tro -
vare adeguata sistemazione proprio il giorno 24 maggio,
festa della nostra cara Ausiliatrice. Riconoscentissima. im-
ploro altre grazie e favori.
North Ha/edon N. J . USA
Sr. M L F FMA
L'AMORE E LA FE D E HANNO VINTO
Alla fine di luglio del 1972 fui chiamata al capezzale di
mia mamma, perché stava tanto male. Soffriva continui sve-
nimenti, e inappetenza tale da non sopportare nemmeno l'odore
del cibo. Il medico curante consigliò il ricovero in ospedale,
ove fu diagnosticata una cardiosclerosi avanzata. I medici ap-
prestarono le cure del caso. e dopo 15 giorni la rimandarono
a casa. Ma il male non era risolto: gli svenimenti e l'inappe-
tenza assoluta continuavano.
Persa la fiducia nel rimedi umani mi rivolsi all'Ausiliatrice
e incominciai una novena insieme con la mamma.
Un bravo professore che venne a visitarla. consigliò un
secondo ricovero in ospedale sotto la sua diretta sorveglianza.
Di nuovo analisi. accertamenti cure, e dopo 1O giorni il ri -
torno a casa. Ma lo stato di spossatezza e l'inappetenza per-
sistevano. Continuai a pregare con la mamma. sicura che la
Vergine avrebbe esaudito la nostra fiduciosa supplica. Difatti,
poco alla volta cominciò a riprendere forza e a nutrirsi. Alla
fine di Séttembre potei lasciarla e tornare nella mia comu -
nità. Grata alla Vergine. adempio la promessa fatta.
Acireale (Carania )
Sr ANGELA BEN/NATO FMA
V ERRO AL SANTUARIO
Da molti anni soffrivo di artrosi alla spina dorsale, e le
cure ottenevano scarsi risultati. Per di più. un incidente stra-
dale mi paralizzò le gambe al punto che temevo di non poter
più camm inare. Ho pregato tanto la Madonna, e oggi posso
dire di stare discretamente bene. Voglio esprimere pubblica-
mente la mia riconoscenza , e quanto prima verrò al Santuario
dell'Ausiliatrice per ringraziarla.
Trieste
ELISA ZANETTI
LA SERENITA CHE RIUSCII A CONS ERVARE
Il 24 gennaio scorso mi recavo a Bogotà per risolvere il
mio cattivo stato di salute, reso più precario dalla malaria
32 contratta la vigilia di Natale.
La notte fui colto da fortissimi dolori addominali, che niente
riusciva a calmare. Provvidenzialmente mi trovavo nella ca-
pitale, cosi fui subito trasportato all'ospedale. I medici deci-
sero immediatamente per l'operazione, che terminò a mez-
zanotte. La diagnosi: « Peritonite per appendicite purulenta,
operazione urgente su paziente anemico».
La serenità che riuscii a conservare in quel rischio mortale,
il buon esito dell'operazione. la guarigione pronta e completa.
sono una grazia che attribuisco, oltre che alla bravura dei me-
dici, all'intercessione di Maria Ausiliatrice, invocata con tanta
fede.
Granada (Colomb,o)
P. SALVADOR M ARTIZZU. sales/ano
«Avevo affidato con tutta l'anima mio figlio a S. Giovanni
Bosco, e in tre diverse occasioni potei toccar con mano la
sua paterna protezione. Riconoscentissima » (Emma Giardina.
Roma).
«Assolvo il mio debito di riconoscenza a Maria Ausiliatrice
e a S. Giovanni Bosco, a cui ho raccomandato mio figlio
tanto ammalato. Il 31 gennaio sono stata al Santuario per rin -
graziare» (Giovanna Tessaro, Torre Pellice, Torino).
(< Da molti anni soffrivo per un male, per cui sembrava neces-
saria l'operazione. Mi sono raccomandata a Don Bosco, e
dopo molte preghiere sono stata esaudita: sono guarita senza
operazione. Mando un'offerta per le missioni salesiane»
(Maria Albera, Pinerolo, Torino) .
«Sono veramente riconoscente a Maria Ausiliatrice e a S. Gio-
vanni Bosco per una grazia importantissima che ha conso lato
il mio cuore di mamma» (Piera M ., Piscina. Torino).
<< La situazione di mio figlio era precaria sotto tutti i punti di
vista. Ho pregato tanto la Madonna e Don Bosco, e ora tutto
si è sistemato>> (lettera firmata, Roma).
« Desidero ringraziare la Madonna per aver guarito la mia ni -
potina da un male improvviso e inspiegabile» (T. Marchi,
Vigna/e. Alessandria).
«Ero seriamente ammalata. e le medicine non risolvevano
nulla. Allora invocai la cara Madonna, e ben presto fui esau-
dita» (Angela Molta, Sondrio).
«Ringrazio Maria Ausiliatrice e S. D. Savio per la guarigione
di mio nipote che aveva subito un incidente stradale>> (Maria
Bozon, Aosta).
«Dovevo subire un intervento difficile. Mi sono raccomandata
a Don Bosco, e sono migliorata senza operazione. Per questo
e per molti altri favori ottenuti desidero ringraziare Don Bosco»
(Anse/mina Cattana, Lu Monferrato) .
«Desidero esprimere pubblicariente la mia profonda ricono-
scente a Maria Ausiliatrice e a S. Giovanni Bosco perché mio
marito. sofferente di cuore da due anni, ha riacquistato la sa-
lute e può riprendere la sua vita normale>> (Rota Erminia in
Capra, exallieva FMA) .
« Ringrazio tanto la Madonna insieme a mio marito, mia figlia
e mio fratello: tutti e tre erano in cattive condizioni di salute
ma abbiamo pregato tanto e ora stanno bene» (Maria Bon -
ventre. 8 erks, Inghilterra) .

4.3 Page 33

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Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Ahellonio Perucca Orsol• - Achimi Fmnco - Airoldi Paolo - Alba Adam:,
- Albini Maria - Allasi11 Violetl.3 - Allolio Giovanna Maria - Aqusro Rosa
- Arese Lucfo - Arfoui Cristina - Arrvsio Elena - Avallina Graziella • Az-
zaretti Maddalena - Babolin SatQ Gemma - Baldi Franca - 13aldim l\\lti-
cchelirui - Oalocco Sorelle - Do.rbaro Cesarina - Rarhiori Mercedes - Bar-
b!sotto Mari& - Barrnlè M .aria - Bartoli Bianca - Dasso lrala - Bàuducco
Maddalena - Bec:helli Rosinn - Bcdogni lsnbell• - BeJJagi Lina - llennsso
Lui!(i - Ilerrurrd Mugherila - Berra Irene - Berti RO$a - Bestoimo Angela
- Bionco A.Kostina - .Biti Marcella - Bocc-ane.ra Giuseppina. - Boledi Mario
- Bombardieri Marcella - Bonadono Carolina - Boruu-di Caterina vecl Ro-
vere - .Bondoni Laura .. Uoninu Onorina - Dorello Antom.c.tta - Borgonovo
Lujgia - Boriano Giuseppe - llorroni Venusta • Dusetto Irma .. Buttaci
Concettina - Cacch,one Onorino - Coffarena G1sdlo - Colabrò Coppoliru,
Benedetta - Cn!andrn Villata Lotizia - Calò Maria - Cametti Fra,;,cesca -
Cancilhi Rosena - Cnrli EugeuiA - Carone Rosa - Carr:mo Luigi - Ca.rturier
Emma ved. Ch:n:-bonnier - Carullo C.:as,isco - CAvnretta l...nura - Cecì Anita
- Chdlini Rina - Cipollone Nonna - C inito Gandollo - C'..olnneri Gaern-
nina - Congnmo Frnnccsca • Conti don Prancesco - Conlini M'aria - Co-
st.1ntino Arnon10 • Costi Moriett:\\ - Cravotta Conccn1\\ - Cr~pi Gmz.ìeHa
- Croc:c !\\'bria - Cuslnato Marina - Da.meno Sala Roso Damiani Eled.ig
- Decortes Pictrmo - Dcll'Ant(mio l.>. còmm. G t B. Faustino - Del Matto
Ida - De Marchi Maroiini Virginia - Dem•rie F.lia - Oemarse Olgn - De
Medici Marasco Norn - De Rossi Moria - De Sanotis Gabriel• Di Ilari
Cosimo - Di Cilio Posqunle - Di Mari Amedeo Teresa - D i Martino Gau-
denzio - DioJi .Rerug1rn - Oonarelli Nnulina - Elu, Moria - ·Fnt.ns Mana
- F a lcone Rascttn - Falznno Serafino Fo,Te Palmiro - Favro M. Mad-
dalena - Ferrante Lucio.no - Ftrra• i Fcdcrie:t - J~~errari Rosa - Fcrraris An-
tonio - Ferro (HoLett.a - Fino G.iuseppina - Fiorello ùiunninn - Fore-stit:r1
Lina .. Forrnttiie:r .MesLrc oa\\'. Giuseppe .. F oti Graz.in .. Frnncescon! Angela
.. Gaggcna Pierina .. ùarèlli Luigia - GarT& Giampiccolo - Gastaldt Rosina
- Gnttone Tina - Gentile Carmelina • Geraci. Gaetano - Ghirn.rde.lli Bice
- Ghirardclli Giecorno - Gia.mbn Rosa - Ginrdino Orteaia - Giordana Frnn-
C('sco .. Giroudo Ann3 - GoRlio M,inn e Pptri-zi9 - Grk.'Co Michtle - Gri-
solia M1trio - Guadagnmo l\\1ana Hoffrnan Maria • lmmordino Vincen-
~.tinn - lnfrnnco AnJrelll - La Femina (.;olomba L.age C h1uJe (Canada).
« LETIZIA STA PER MORIRE? 11
Nella nostra Missione si sviluppò un'influenza assai grave,
con complicazioni polmonari, bronchiali e viscerali. Una po-
vera mamma mi presentò a mezzanotte la sua piccola di poco
più di due mesi di età, colpita dal male. Giacché il caso era
gravissimo. la battezzammo immediatamente. La povera mam-
ma. fissandomi, domandò con accento di dolore e di speranza
che mi impressionò profondamente: « Suora, Letizia sta per
morire?... ». Ebbi un nodo alla gola. avrei desiderato essere
il Signore per poter consolare quella povera madre, come Lui
consolò quella del Vangelo. Dopo un istante di silenzio, le
risposi; « Preghiamo Santa Maria Mazzarello : essa vuol
molto bene ai piccoli». E cominciammo a pre9are.
Il giorno dopo Letizia era ancora viva. però senza dar segni
di miglioramento. Varie volte la visitai c urandola come sapevo
e potevo, sempre pregando Santa Maria Mazzarello. Quando
tornai alle due del pomeriggio per farle una iniezione. la trovai
in coma ; e solo per accontentare la mamma le feci l'iniezione,
ma non la ricevette più. Vedendo che il caso era disperato,
gridai dal più profondo dell'anima: «Signore, se questa bimba
dovesse offenderti, portala via con te; diversamente, lasciala
alla sua mamma, affinché tutti abbiano sempre fede in te».
Uscii. La fede che strappò il miracolo fu quella della mamma,
perché io avevo già perso ogni speranza.
Quando tornai, un' ora dopo, trovai Letizia placidamente ad-
dormentata e sua madre che, stanchissima, dormiva pure pro-
fondamente. Non credevo a ciò che vedevo. Pensavo: non
sarà forse il miglioramento della morte? Al pomeriggio tornai
e le trovai sveglie. La bimba era tranquilla e la sua respirazione
normale. La mamma, sorridente e felice, mi mostrava la fi-
glioletta. lo la guardavo come fosse risuscitata. Il migliora-
mento di Letizia continuò rapido, e oggi è florida come se
non fosse mai stata ammalata.
Tra tanti ammalati. dieci furono tra la vita e la morte, ma
nessuno morl. cosa veramente prodigiosa perché qui i bimbi
muoiono con molta facilità.
Pu11rro Mario Auxil/adoro (Cocho Paroguayo)
UNA FIGLIA DI MARIA AUSILIATRICE MISSIONARIA
UNA FAMIGLIOLA RICONOSCENTE
Dovetti subire due difficìll interventi operatori, resi p1u in-
certi dalle mie precarie condizioni di salute. Mi sono allora
affidata a Santa Maria Mazzarello, che ho imparato a
conoscere e amare in gioventù, quando frequentavo l'Oratorio
salesiano.
Entrambi gli interventi ebbero esito felicissimo, nonostante
che i medici temessero un collasso delle mie forze. Mio ma-
rito e la mia figliola si uniscono a me nel ringraziare di tutto
cuore.
MIiano
CARMEN COCCATO RICCIOLI
TRE GROSSI FAVORI
Non so come esprimere la mia riconoscenza a Dio per
tre grossi favori che mi ha concesso con l'intercessione di
Don Rua.
Nel mese di giugno scorso mio marito cadde da un al-
bero a quasi sei metri di altezza. Quando sentii quel tonfo
e lo vidi tutto raggomitolato su se stesso ho solo gridato
al Signore di salvarlo. Fu portato subito al pronto soccorso
e sottoposto ai raggi. Fra lo stupore di tutti non risultò nes-
suna rottura, neanche un graffio I
Alla fine di ottobre avvertii un sintomo molto allarmante.
Pensai subito al peggio. I medici mi dissero che era neces-
sario intervenire immediatamente. Il giorno 29 avevo assi -
stito per TV alla beatificazione di Don Rua. Allora pregai
così: « So di non meritare tanta grazia, ma se la mia gua-
rigione è utile per il bene dei miei cari, Don Rua intercedi
per me. E se il Signore dispone diversamente. ottieni a me
e ai miei di accettare con serenità la sua volontà». Andai
fiduciosa sotto i ferrì. Come esprimere la mia gioia quando
Il chirurgo costatò che non si trattava di tumore. ma di una
semplice ciste?
Ma Don Rua mi ha ottenuto ancora un grande favore.
Si trattava di una faccenda materiale tanto complicata che
non si riusciva proprio a trovare il bandolo per risolverla.
Allor,a misi tutto nelle mani di Don Rua: in giornata la situa-
zione si risolse nel modo migliore, che mai più avremmo
creduto possibile.
Tot/no
ESTERINA FORNO
Sr. Fanny Zavattaro F.M.A. (Pavoa) rìngrazia 11 bealo Don Rua al quale
ave""a raccomandato la m-amma ricoverata morente ln ospedale, e prega
che la voglia conservare in salute
Regina Covatto (Alba, Cuneo) guarita da fas1ldiosa malania ringrazia
Don Rua al quale si era rivolta con viva fiducia.
Gianna Cavalli (Alassio, Genova) ha chiesto l'Intercessione d1 Don Rua
per una persona cara ridotta In gravi condizioni per preoccupante carenza
do globuli biancho. Dopo qualche incerteua, i medici hanno trovato la
cura giusta. e ora l' ammalata à tornata a casa con un certificalo madico
che ne attes1a la comple111 guar:gione.
Sr. Franca Bonanno (Catania) scrive di avere, per intercessoone c;!i Don
Rua, r,acqulstaro l'uso di un orecchio gravemen1e minacciato da otita. 33

4.4 Page 34

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PREGHIAMO
PER ---1 N.OSTRI
MORTI
,
::r
SALESIANI DEFUNTI
Sac. Nasareno CanuUerl t • Roma a 65 anni.
Una splendido figura di salesiano e di sacer-
dote.. Dedicò la sua vita all'insegnamento
della teologia nel PAS e alla form.a:tionc delle
anime. Dotato di una profonda carica u:mann
e divina, se.nriva profondamente l'amicizia,
apprezzava la. vita e i valorl umani, prendeva
parte alle aioie e alle pene altrui con squisira
$ensibil.ità.
Era equilibrato e quadrato nel pensiero come
nell'azione, con Umpìda coerenza che non co-
nosce compromessi. Disponiblle sempre, sa-
Pt'va guidare le 11nime con sapienza e fermezza
secondo lo spirito di Dio, nella libertà che è
frutto di fede, distacco, um11t4, abbandono.
La sua morte imprevista e imm.arura lucia un
gran vuoto in tutta ln fa.miglfa saltsianu.
Sac. Ivan Perovsek t a Zagabria (Jugoslavia)
u 93 2nn1.
Dalla nariva S lovenia venne :a Torino, ove si
formò alla scuola di quella eroica gene.razione
che era vi.ssuta con Don Bosco. Ricevt:ttc
rabito sacerdotale da Don Rua, e nelle sue
mani emise la primu professione religiosa.
Tornato in patria. fu tra i fondatori de.ll'opera
salesiana in Slovenia e in Cronzfa. ~ Le vostre
missioni sono nei l3a1c.ani, tra I popoli slavi•,
gli aveva detto Don Rua. Viuc .tli ultimi anni
della sua lunga esistenza nel ~ilcnzio e nella
preghiera.
sac. Riccardo Giovannetto t a Bielbl (Ve,.
ccUI) a 89 anni,
P'u sopra·ttutto un uomo di fede, ,::-rnnde e
semplice come quella tlj un bimbo. Una rede
cbe si tramuta.t•s in speranza e omore, in m_i.
tezza e mansuetudine, al servizio della pace.
ncll'incapacio\\ dì offendere, nella povcrti,
nel prodigarsi per gli altri e nascondere se
stesso, nell'atteu del Regno sentito sempre
p.iù vicino.
Sac. Luigi Fraoceschlnl t a Casale Monf.
(AJ.,,sandria) a 68 anni,
Di lui ricorderemo la vita !!iemplicc e riaer-
vara.. le dedizione senza limiti, e soprattutto
il s:enso umano delle cose, il loro gioioso ri-
ferimento alla bontà e a)la m a gnificenza de.I
Crea1ore. Una meraviglia limpida e fresca
come quella di un fanciullo di fronte a ogni
cosa che naa-ce. o che muore. come que.Ua di
S. Franc~sco davantj e tutte le creature. E
ora « nostra $orella morte corporale» ba dato
all11 su11 con-$acrazione religiosa il compimento
supremo.
Sac. Paolo Basslchl t • Pietnsama (Lucca)
a 84 anni.
Dall'esempio dei suoì cari attinse una spiri-
ru.al.ità solidB fatt.a di fede e d i operosità . L'a -
.more olle anime, discreto e silenzioso, ha ca-
ratterizzato I.a sua lunga vira, che si è chiusa
nella pre11lùera e nell'•bbondono alla volontà
di Dio. Lo ricorderanno innumerevoli txa1-
lievi, e soprattutto l molti sacerdoti che egli
ha aaputo scoprire e coltivare con la parola
e con t•esempio.
Sac. Adolfo VagU t a Ge-Sampierdarena
a 55 anni.
L1 morte lo colse quando stava per ripren-
dere la sua attìvità di insegnante, a cui si era
dedicato coo pr ofond o amore per tanti anni.
Umiltà serena e silcn1:iosa, osservan1:a e svol-
1li mento preoiso e co.stnnte del ministero sacer-
dotale, ci rendono caro il suo ricordo.
Coad. Accunio SchlneW t a Araguaiona
(Brasile) ➔3 anni.
Kon era tr11scouo neanche un anno dal suo
arrivo in M.o.to Crosso. quando perse tragica-
mente la. vita sul lavoro. Ave\\la dedicato tutte
le sue enersde in fa,•ore dcJ. povcn con allegr ia
e ottimismo. Ora riposa accanto a D. Fuch!i
e a D. Saciloni, gli intrepidi missionari dei
Cha,·untes,
Sac. Giovanni Vogdpoth t • Essen (Gc,.
manio.) a 63 anni.
Sac. Jgnas-lo Koslk t a New Roehelle (USA)
a 67 anni.
Sac. FerdJnando Palkovtc t a Marsiglia
(Frnncia) a 64 anni.
Coad. Florenso Celdran t • Vnlencin (Spa-
gnA) • 73 noni,
Coad. Carlo Brys on t a Boston (USA)
44- annL
Coad. Giovanni Ram05 t a Ronda (Spagna)
a Sf) anm.
Sac. Davide Moran t • Ronda (Spagna) •
69 ann,.
Sac. Rober to Tabacco t a Paterson (USA)
a So anni.
Sac. Luigi Uhi t a Los Teques (Vene:tuela)
a 70 anni.
Sa c. Pietro GII t a Madrid (Spagna) a .p anni.
COOPERATORI DEFUNTI
Mons~ Francesco Bottino~ vescovo nusiliare.
di Torino t a 79 anni.
• La sua scomparta - ha scritto il card. Pél-
l"l(rino - è mo1ivo d1 profondo dolore per lo
Chiesa torinesc, alla q ualc ha recato u.n gene-
roso e validissimo contributo in vari campi
del mini.stero pasturale. e soprattutto come
vescovo Ausiliare•· Paolo Vl lo hn detto , se-
reno nelle difficoltà, coerente nell'adempi-
mento del dovere., fautore di pace•. li suo apo-
stolato en fatto dj ~enc,o.. dedizione, di
semplic.ità e di profonda um,-1.nit:\\. Lo possono
attestare, Salcsinni c he Wlnno avuto jn lui un
vero grande: amico, sempre disposto aU'aiuto,
alla collaborazione, in uno stile di fr11ncn
cordialità. Tutt-a la fomigtia salesiana prende
parte al lutto de1lu Chiesa to.r.inese e si unisce
al comune suffragio.
Mons. Oreste Rau.zl, ve~covo ausiliB..fe dj
T,enro t a 85 anru.
Una l unga vita 111 servizio della Chiesti, che
iniziò ancora chierico a Roma. Diventato sa ..
cardotc e vescovo, tradusse con amore nella
realtà con creta la verità appr esa negli studi
severi. Fu prete nelle umili c hie:sette di cam-
pagna come nelle gra.ndì cattedrali, con i sof-
ferenti di ogni genere, e specialmente con i
fanciulli, che amava con )o stile. di S. G. Bosco.
suo speciale protettore, La famiglia salesiana,
in pa rticola.rc q uclla di Trento che ne godette
le predilezioni, si associa al lutto della dio~••i
e al co:mpi.anto che $i traduce in pregbif'r.a di
suffragio.
Maria Mayr ved. MarveW t a Rinùnl a
80 anni.
Questa s-anta mamma dopo anni di acute sof-
ferenze, ha raggiunto il marito e i t re figli,
morti tutti e tre di morte violen ta. 11 suo elo-
gio sj può compendiare cosl: è Stata la mamma
dcll1ing. Alberto, del quele è in corso il pro-
zz
cesso di beatificazione. r figli hanno appre.so
da lei il sens:o della vita, l'amore per gli altri,
specie per i poveri. c.serc.iuto fino all'eroismo.
la fede incrollabile in Dio t! un coraggio a
tutta prova. Sull'esempio di Cristo si era
fatu tutta a tutti. sempre &ercna e: col sorriso
accogliente a ul volto.
lda <:aruggt t a Jeugo (Va.rese) a 83 anni.
Una \\llta semplice e laborioss1 fatta di fede
e di pjeut Amava tento l'Ausiliairice, Don
Bosco e Dome.nico Savio ne diffondeva 1a
devozione e la fiducia. Q uando 1n malattia
paralizzo le sue energie, continuò a donare
gioia e sorriso a quanti J'nvvicinavano. li
trapasso (u il compimento amoroso del suo
grande dcs,dcrio: Incontrarsi con Cristo per
stare sempre con Lui.
Paolo Aspesi t a Cardano •I Campo (Vuese)
n 73 anni.
Tutti lo chi:1mavano papà Paolo •, per il
suo grande cuore che amava tutti senza distin-
zioni. Donò con ~ioia la sua unica figlia An-
gelina a Dìo rra le Suore di Mana Ausiliatrice,
disposto al sacr-ificio di ·rimanere solo. La
fede in Dio e l'amore allo Madonna furono il
1ostegno e il conforto della sua esistenza.
Maddalena Mosca t Busto Armio (Varese).
Fu un'aruma apostolica, nutrita di fede, di
preghitra e di intensa vita &ac.ramencalc. Era
entusiasta di Don Bosco e della sua opcrn
missionaria. Per più di so anni fu delegata par-
rocchi.aie per le missioni. raggiungendo in\\'i.-
dlabilì primati con una serie inesauribile di
rrovate. geniali. Poté cosi aiutnrc e incoraggiare
un gran numero di miss-ionnri, specie quelli che
aveva visto crescere nella sua parrocchia.
caterl,na Morandl t a Schilpario (Bergamo)
a 94 anoL
A chi le domandava da quando fosse coope-
ratrice, rispondeva: • Da sempre! ,. Le sue
prime letture. erano state te let tere dei missio-
nari sul Bollettino Salesiano. Povera, ma ge-
nerosa, specie c:on i bisognosi e i missionari.
buona con una semplicità incantevolt, nella
preghiera trovava ln gioia. GjQ anziana, pensava
di potersi riposare, quando il parroco le disse
che due ra_flazzi e il loro papà avevano bi -
sogno di aiuto, perché la lo-ro giovane mamma
e sposa era morta. Cosl prese il posto della
mamma defunta e tornò a lavorare sacrificando
fn silenzio anche i suoi -risparmi, finché tutti
rurono sistemati. Forse per questo il Signore
aggfunse anni alla suA vita, circondata dal-
l'a.lfetto di tante persone care, rra oui un ni-
pote salesiano.
Virginia Santero veci. Bogllolo t a Torino
u 8s anni.
Cooperatrice generosa e convinta, devotissima
della Madonna e di Don Bosco, ebbe la gioia
di un figlio salesiano, don L,uigi, Tradusse
la 8Ua fede nel lavoro e nella bontà ver..!io tutti
• Siamo fatti gli uni per g.li altri,, furono le
sue ultime parole.
Maria Sot'ato Vtd. Viotti t a Rivalta Bormida
a 85 anni.
Educò nella fede e nell1amore cinque figli,
uno dei quali, don Sebasriano, I; diventato
sacerdote nella famiglia di Don Ilosco. Forte
e buona insieme, pruçiente nel tacere e saggia
ne.1 parlare, generosa nel visita.re e assistere
gli ammalati, visse gli u ltimi anni della sua
l ucida anzianità nella prc,ghiera e nelJ'at tess
della gioia eterna,
L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, eretto In Ente Morale con Decreto 12 gennaio 1924, n. 22, può legalmente ricevere
Le[/Btl ed Eredita, Ad evitare possibili contesta,ionl si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: « ... lascio a11·1stituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino a titolo di legato la somma di Lire,,, (oppure) l'immobile sito in..• •·
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l' Istituto, la formula potrebbe essere questa:
c.,, Annullo ogni mia precedente d isposizjone testamentaria. Nomino mio erede universale l'Istituto Salssiano per le Missioni con sede in Torino, lasciando
ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo»,
3 4 (luogo " data)
(firma per esteso)

4.5 Page 35

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BORSE COMPLETE
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice, San
Glo,rann.i Dosco e S. Domenico
Savio, pu grazia ricevttta e cJri~dendo
proùzion• per i figli, 3 cu.ra di Ugo
Guatelli (Zibello - Parma), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, ajfmehé proteg-
ga11Q ed. aiutino sempre i mi'ti cari\\ n
cura di Pina Gandolfo (Alassio - Sa-
vona.), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Auslllatrice e
S. Giovannl Bosco,, pir gra::ia rict-
1mta1 o cura di Linneo Snntacatte•
rina, Schio (Vicenza), L. 100.000.
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Marianna, Luigi e Luigia Fogli,
a cura dellil defunto. Ma.ri.nnna Fogli,
Comacchio (Ferrara), L. 50.000.
Borsa: S. GIOV'3.nnl Bo•co, a curo
della sig.a Anna Sardelli, Pagilni
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Tinuccia Moggionì, !raz. Montesiro
di Besana in Brianza (Milano),
L . 60.000.
Bor•a: In ricordo dell'adorala sposa
Bianca, o cura del dott. Mnrio Si-
gnorini, Verona, L. 50.000.
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grazia riuvuta, a cura di N. N.,
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vono), L. 50.000.
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Marisa Meria.ni, Novara, L. 50.000.
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Santi Salesiani, in ~uffragio dei de-
/rmti ce-nitori Plac.1'do ~ Auu,it(l. San-
giorgio, a cura di Gerardo Sang_iorgio,
Biancavilla (Cotanin), L. 50.000.
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Bosco, in rù:o"fflza del 111ia 8.Ji.,
compl.eon,10, a cura di Antonio Re.
gano, Andria (Bari). L. 50.000.
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S. Giovanni Bosco, prot~gete i nriei
ragazzi, a cu.ra di Onia Carducci,
Gualdo Caltaneo (Perugia), L. 50.000.
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Bosco e del Venerabile Don An-
drea Beltrami, per ringraziamento t.
per ottener~ pror..uione ed aiuto ·negli
studi, a cUia di N.N., Vicoforte
(Cuneo), L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, per tma
grazia che de,iJero, o. curo di Carmela
:Pino, Furci Siculo (Messina), lire
50.000.
Borsa: Repossl Antonio, in fu/fro-
gia e 1e1npYe vivo rimtn'a,ito del mi.o
caro papà Antonio, o cura di Rosina
Rcpossi, Abbiatègra1So (Milano)., lire
50.000.
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gra.ziomento p~r la guarigione di mia
sortlla e porcl,l C()nfin11i ad ar'utOTla ,
a. cura di Anna Muria ero.vero, Montà
d'Alba (Cuneo), L. 50,000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice, S.
Giovanni Bosco, S. Domenico Sa-
vio e Beato Don Michele Rua,
a cura di Rosa Monsorno, Morchswill
(Svizzera), L. 60.000.
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Giovanni Bosco e S. Domenico
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J'er~nità. gioia ~ lavoro, a e.uni di
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si lialrice, di S. Gio,rannl Bosco
e del Beato Don Michele Rua,
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avviato al sacerdozio, n cura di
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del Beato Don Michele Rua, in
ringra,:iamento ed implor011do dol Si-
grwr~ la completa guarigione di un
familiare, cura di Luigia e Madda-
lena Todcsco fraz. Sorriva di So-
vramonte (Belluno), L. 50.000.
Bona: S. Domenico Savio, o cura
di Vignbto prof.ssa Margherita,
Ronca (Verona), L. 50.000.
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Flllppo Rinaldi, a cura di Not>mì
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d efunti, a cura di No,mi Carlottn
Dugnani, Bussero (Milttno), L. 50.000.
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S. Giovanni Bosco e Beato Don
Michele Rua, a <!-ura di Noemi
Carlotta Dugnnni, Bussero (Milano),
L. 50.000.
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Don Michele Rua, intJocando pro-
tezione pt!r la famiglia, ~d in su/...
CROCIATA MISSIONARIA
TOTALE M INIMO PER BORSA L 50.000 Avvertiamo che la pub-
blicazione dl una Borsa incompleta si effettua quando il versamento
iniziale raggiunge la somma di L 25.000, ovvero quando tale somma
viene raggiunta con offerte successive. Non potendo fondare una Borsa,
si può contribuire con qualsiasi somma a completare Borse già fondate
fragio t:ki miei ,ari Dtfmui, a curo
di P\\3 Maroso, Vicenza, L. 50.000.
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s. Giovan.nJ Bosco e Beato Don
Michele Rua, in suffragio di Wond<1
Fr1ippom, a cura di Piero e Ritn
Stoppani, Ghemme (Novara), lire
50.000.
Borsa: Ma.ria SS. Auslllatrlce,
S. Gio,ranni Bosco e Beato Don
Michele Rua, di/ende.ttmi, n cura
di N.N., Azzano Decimo (Pordenone),
L. 50.000.
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria
SS. Ausiliatrice e S. Gio,ranni
Bosco, in s"ffragio di mio m(lrito
Ji'r011cesco Zaio ,: per me che sono
ottanttmnt. 4- sola, a cu.m di Antonio
Caprino ved. Zaio, •r.icineto (Ales-
sandria), L. 50.000.
Borsa: In onore dl Maria SS. Au-
siUatrice e dei Santi Salesiani,
per grazia rÌCll.Vuta, a curn del dott.
Giancarlo C(espi, Robecchetto (Mi-
lano), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e.
S. Giovanni Bosco, inferma ·invot:a
prote.:Jitme. e Juffragi per i Jamilfori
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e Don
Bosco, in suffragio a memoria di
Corinna ReJJ/t.1 a cura di N.B., lire
50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di N ,N.,
Mirabello Monferrato (Alessandria),
L. 50.000.
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riconosce11za e in.vacando la tua pro-
1uio11e, cura di N.N., Mirobello
M"l1ferrato (Alessandria), L. 100.000.
Borsa: Adozione sacerdotale mis-
s ionaria. n cura di Carmela lnfelice,
S. Severo (Foggia), L. 50.000.
d•fumì, a cura dJ N.N•. Chrunpoluc
(Aosta), L. 100,000.
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Don Michele Rua, in ringraziam,mta
pu I'aui.stem:a ouuta in un momento
difficik tklla mia vita, a cura di Ma-
ria Biglia, Todno, L. 50.000.
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S. Giovanni Bosco e S. Domenico
Savio, per otttit1tre una grazia, a
cùra di N.N., Como, L. 50.000.
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f,mti, cura di N.N., L. 2.000.000
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pani, Ghemme (Novara), L. 50.000.
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del don. A lfonoo Calvi, S. Maria
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Don Bosco, i"n ni,moria e suffragio
di Pelicita R,ali wd. Bor1ni, l.\\1/ar-
tortllì, a cura di N.N., L. 50.000.
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Jtomo MafooU, a cun:a del prof. Snn-
lino Mainoli, Bellano (Como), lire
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SS. Auslllatrice, per grazia suf-
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Roma, L. 50.000.
Borsa: Mari.a SS. Ausiliatrice,
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Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
Don Bosco, a cura di Oiovnnni
Oberto, Ancona, L. 200.000.
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Padre P io, cura di Camilla Ca-
robbio, Colzate {13ergnmo), L. 50,000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
Don Bosco, a cura di Jolanda Longo,
Roma, L. 65.000.
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S. Giovanni Bosco e Be ato Don
Rua, a cura di Silvio Trend, Rin
del Garda (Trento), L. 50,000.
Borsa: In s uffragio di Pasqua/, e
Brtttistino Gallùmt, a cura di N.N.1
L. 50.000.
Borsa: S. Cuore, Maria SS. Ausi-
liatrice e S. Glovannl Bosco, a
curo di N.N"., L. 50.000.
Borsa: In onore di Maria SS. Au-
siliatrice e di Don Bosco, n cura
di Margherita Belletti, L. roo.ooo.
Borsa: Maria SS. Ausiliatr-ice e
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sempre, a curo di P.G.E.C., L. 50.000.
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sorelle Fouani, L. 50.000. (001T1Ku•

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Spedi?. in abbon. postale • Gruppo 2° (70) 1• quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
SI pubblica Il del mese per la Famiglia Salesiana; il 15
del mesa per I Dirigenti dei Cooperatori
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siliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel. 48.29.24
Direttore responsabile: Teresio Bosco
Autorizz. del Trib. di Torino n. 403 del 16 febbraio 1949
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intestato a: Dlrez. Generale Opere Don Bosco - Torino
e C.C. P . 1-5115 lntest. a Dir. Gen. Opere D. Bosco - Roma
Per cambio d'indirizzo inviare anche l'l.ndlrlno precedente
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