Bollettino_Salesiano_199310cooperatori


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ANNO 117 - N. 15 • 2• QUINDICINA 15 OTTOBRE 1993 SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70)
SUSSIDIO
FORMATIVO
I
~~ ~ oi~~~~ o~~
[f)~l~ffe\\~ ~~i~
~~~~~ ~~~~@~~~
· 1. La ncchezza della famiglia
2 v'!'vere ecomumcare
3. Fecond!là deltamore e
apertura alla v!la
4. Il valore delle cose edel tempo
5. Tempi familiari eimpegni esterni
6. La presenza del Signore
7. La famiglia, luogo di vocazioni
1/ 81

1.2 Page 2

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Il valore delle cose
e del tempo
Partiamo dai fatti
Dalle cronache dei giornali:
- Cinque giovani morti in un
incidente stradale la domenica
mattina all'alba al ritorno da
una serata in discoteca!
- Lunghe code sull'autostra-
da al ritorno dalle vacanze.
- Finisce in ospedale per
una dieta.
- Uccide il padre perché gli
nega i soldi per comprare la
macchina .
COMMENTO: È il sabato per
l'uomo o l 'uomo per il sabato?
*
Corpo della lezione
Può sembrare paradossale, ma è un
fatto da tutti sperimentato e riconosciu-
to che ogg i l' uomo, pur disponendo di
maggior tempo libero, almeno dal lavo-
ro , ri spetto al passato, vive co ntinua-
mente assillato da l tempo , incalzato
dal tempo, incapace spesso di esserne
padrone. Ed è pure un fatto co nferm a-
to dal l'esperienza di tutti che egli , pur
vivendo irJ genere in situazio ni di be-
nessere econom ico, o comunque di
maggiore benessere rispetto al passa-
to, sente che gli mancano semp re tante
cose, sen te il bisogno di sempre nuove
cose da possedere.
Il rapporto con le cose e con il tempo
è un aspetto da consid erare attenta-
mente, perché è un fattore che incide
notevolmente su l tenore dell a vita fami-
liare e sulla quantità e la qualità delle
relaz ioni .
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Il rapporto
con le cose
La cultura soc iale in cu i ogg i vivia -
mo, e da cu i tutti, in varia misura , ve-
niamo condizionati, è fortemente se-
gnata da una visione edon istica che
pone il piacere, nelle sue varie forme, al
vertice della gerarchia dei valori e fa,
conseguentemente, del possesso delle
cose la co ndizione necessaria per il
raggiungimento del piacere.
Possedere più cose, procurarsi il
magg io r numero possibile di beni, è
gara nzia. per provare e raggiungere
una quantità semp re maggiore di pia-
cere e di piaceri.
Si viene a determinare così , con le
cose, un rapporto quasi idolatrico, che
risch ia di trasformare il possesso delle
cose in dipendenza dalle cose: senza
cose da possedere e da procurarci non
sapre mmo vive re, perché verrebbe
meno la fonte del ·piacere.
È dunque una corsà ad avere sem-
pre di più, perché il piacere che le cose
ci procurano non è permanente, ma è
limitato nel tempo, per cui, per provare
altro piacere, ci vog lion o altre cose.
Da questa visione edonistica discen-
dono anche altri attegg iamenti, menta li
e pratici , quali il mito del successo e il
consum ismo. «Ave re successo » è oggi
la preoccupaz ione, l'ob iettivo forse so-
cialmente più diffuso. Il senso dell'e-
sp ressione è, però , tutto materialistico:
sign ifica buon inse rimento nella socie-
tà; un posto di lavoro o una occupa-
zione che consenta guadagni elevati ,
possib il mente anche di un certo presti-
gio; una rete di relazioni e di «a micizie»
importanti, di quelle che contano nella
soc ietà; una carriera in crescendo, in
sa lita, che consenta di raggi ungere li-
velli più alti nel la scala sociale. È pie-
namente inteso, il successo, nella logi-
ca dell'avere, non dell'essere.
E della logica dell'avere, poi, il con-
sum ismo rappresenta il trionfo. Il co n-
sumismo è la degenerazione del con-
sumo. Mentre il cons um o è in funz ione
de l sodd isfacimen to dei bisogn i, veri,
reali, il consumismo è in funzione del
consu mo, e perciò «inventa» i bisogni
pur di consumare, perché consumare
produce piacere.
Nel consumo, la causa è il bisogno e
il consumare un effetto; nel consum i-
smo, il consumare è la causa e il biso-
gno un effetto. Quanti di quelli che
ogg i diciamo bisogni o esigenze de ll a
vita moderna sono in realtà esigenze e
bisogni indotti dal consumismo!
È, quella dei bisogni ind otti, una ca-
tena inarrestabile, ch e rischia di asser-
virci, se no n sia mo atten ti a spezzarla.
In questa corsa ad avere e a consu-
mare di più, i bisogni e le esigenze, per-
sonali e familiari, si moltiplicano e, per
poterli sodd isfare, occorre guadagnare
di più . Lo stipendio, il salario, le entrate
ord inarie non bastano più. Ci vuole qual-
che altra entrata: il lavoro dell a donna,
allora, diventa una necessità, il doppio
lavoro un'opportunità da non perdere.
Questo, naturalmente, significa anche
tempo, tempo da dedicare al lavoro e da
sottrarre perciò ad altre esigenze.
Il rapporto
con il tempo
Il rapporto con il tempo è, dunque,
per molti aspetti, una variabile del rap-
porto con le cose, un riflesso cioè del-
l'importanza che attribuia mo all e cose:
se per noi contano certe cose , gestia-
mo il nostro tempo in maniera da po-
terne ad esse dedicare.
L'importanza, perciò, che attribu ia-
mo al lavoro (perché significa guada-
gno, che a sua vo lta sign ifica consu-
. mo) ci induce a sottrarre tempo ad al-
tre cose e magari non ne troviamo , o
ne troviamo poco, per la famig li a e per
noi stessi.
L'esperienza, infatti, che in genere
oggi abbiamo al rigu ardo, è quella di
sentirci schiavi, non padroni del tempo.
Oltre che di lavoro, le nostre giornate
sono ogg i piene, sempre più piene di
preoccupazioni e impegni vari: visite me-
diche per la cura e la prevenzione delle
malattie, riunioni a scuola per conferire
con gli insegnanti dei propri figli, scaden-
ze per il pagamento delle bollette ENEL o

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SIP, rinnovo della polizza di assicurazio-
he o del bollo della patente, appunta-
menti con il consulente per la dichiara-
zione dei redd iti, riparazioni di guasti agli
elettrodomestici o alla conduttura del-
l'acqua, e tanti, tanti altri impegni.
È un correre dietro ad appuntamenti
e a scadenze che, oltre a sottrarre tem-
po, stanca e logora fisica men te e men-
ta lmente e compromette qu indi a vo lte
anc he il tempo de l riposo
A questo va aggiunto l'uso «consum i-
stico », non personalizzato, che spesso
facciamo del tempo libero: lo riempiamo
non di hobbies o di occupazioni che
corrispondono ai nostri interessi, ma di
passatempi preconfezionati, di diverti-
menti offerti dall 'industri a del tempo li-
bero, o di ore di programmi televisivi
fruiti a volte ind iscriminatamente.
Riguardo alla televisione, essa ha
una presenza genera lmente «invaden-
te» nel le fam iglie: resta accesa per ore,
ruba ndo al dia logo e all'i ntimità fami-
liare tempi prez iosi, qua li quell o dell a
cena o del dopocena. Il telecomando è
stato poi la trovata più «geniale»: ci ri-
sparmia di alzarci dalla poltrona e così
possiamo comodamente passare dal
varietà al telegioco di Mike Bongiorno
o all a 249" puntata del la telenovela.
È una specie di dipendenza, per cu i
accend iamo il televiso re anche se non
ci sono progra mmi che ci in te ressa no.
C'è po i una man iera di trascorrere il
tempo li bero che diventa una nuova
forma di impegno: è il tempo dedicato
a corsi di sport, di danza , di musica,
che sono sì espressione e frutto di inte-
ressi persona li, ma che assumono in
genere la rego larità e il ritmo dell' impe-
gno e perdono quindi la spontaneità
dell'occupazione «li bera ».
Padroni del tempo
e delle cose
Abbiamo presentato gli aspetti forse
più accentuatamente problemat ici e
pregiudizievoli per la famiglia del rap-
porto co n le cose e co l tempo. Ma sono
queste delle rea ltà e delle tendenze
che, con il peso del le menta lità e dei
comportamenti soc ia lmente diffusi,
co nd izionano le fam iglie, anche quelle
crist iane, e ne mettono a dura prova la
determ inazione di esse re una «comun i-
di persone ».
Si tratta di rendersi pienamente con-
to che la gestione de lle cose e del tem-
po non è indifferente per la qualità del-
la vita fami liare e che il rappo rto co n le
cose e con il tempo è positivo, se l'uo-
mo riesce ad esserne padrone.
PAROLA DI DIO
Le 16,9-11
«lo vi dico: ogni ricchezza
puzza d'ingiustizia: voi usate-
la per farvi degli amici; così,
quando non avrete più ric-
chezze , i vostri amici vi acco-
glieranno presso Dio.
Chi è fedele in cose di poco
conto e fedele anche nelle
cose importanti. Al contrario ,
chi e disonesto nelle piccole
cose e disonesto anche nelle
cose impo rtanti.
Perciò, se voi non siete stati
fedeli nel modo di usare le ric-
chezze di questo mondo chi vi
affiderà le vere ricchezze?».
Mt 6,19-21.25
«Non accumulate ricchezze
in questo mondo. Qui i tarli e
la ruggine distruggono ogni
cosa e i ladri vengono e por-
tano via. Accumulate piutto-
sto le vostre ricchezze in cie-
lo. Là, i tarli e la ruggine non
le distruggono e i ladri non
vanno a rubare . Perché, dove
sono le tue ricchezze , là c'è
anche il tuo cuore ».
«Perciò io vi dico: non
preoccupatevi troppo del
mangiare e del bere che vi
servono per vivere , o dei ve-
stiti che vi servono per coprir-
vi. Non è forse vero che la
vita è più importante del cibo
e che il corpo è più importan-
te del vestito? ».
Rm 12,2
«Non adattatevi alla menta-
lità di questo mondo, ma la-
sciatevi trasformare da Dio
con un completo mutamento
della vostra mente. Sarete co-
sì capaci di comprendere
qual è la volontà di Dio, vale
a dire quel che è buono, a lui
gradito, perfetto ».
Ml 5,1-12: Le beatitudini : valori
cri stian i
Ml 25,14-29: Parabola de lle mo-
nete d'oro
PAROLA
DELLA CHIESA
Gaudium et Spes 61,1-2
Oggi vi è più difficoltà di
un tempo nel ridurre a sin-
tesi le varie discipline del
sapere e le arti. Mentre in-
fatti aumenta il volume e la
diversità degli elementi che
costituiscono la cultura, di-
minuisce nello stesso tempo
la capacità per i singoli uo-
mini di percepirli e di armo-
nizzarli organicamente, co-
sicché l 'immagine dell 'uo-
mo universale diviene sem-
pre più evanescente. Tutta-
via, ogni uomo ha il dovere
di tener fermo il concetto
della persona umana inte-
grale, in cui eccellono i va-
lori dell'intelligenza, della
volontà, della coscienza e
della fraternità, che sono
tutti fondati in Dio Creatore
e sono stati mirabilmente
sanati ed elevati in Cristo.
La famiglia anzitutto è
come la madre e la nutrice
di questa educazione; in
essa i figli, vivendo in un'at-
mosfera d 'amore, apprendo-
no più facilmente il retto or-
dine delle cose, mentre col-
. laudate forme culturali ven-
gono quasi naturalmente tra-
sfuse nell'animo dell 'adole-
scente che si sviluppa.
*
3/83

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PAROLA
DI DON BOSCO
MB 15,525-526
Conferenza ai Cooperatori di
Lucca (8 aprile 1882).
... Ma veniamo un tantino alla
pratica. Uno avrà mille franchi di
. rendita e di ottocento può one-
stamente vivere; orbene i due-
cento che avanzano cadono sot-
to le parole: Date eleemosynam.
- Ma una necessità impre-
veduta, una fallanza nel raccol-
to , una disgrazia nel commer-
cio ... - ma sarete ancora in
vita allora? E poi lddio, che al
presente vi aiuta, non vi aiuterà
specialmente se avrete dato
per amor suo? lo dico che chi
non dà il superfluo, ruba al Si-
gnore e, con San Paolo , re-
gnum Dei non possidebit.
- Ma la mia casa è povera;
ho bisogno di rinnovare certe
suppellettili già troppo vecchie
e non più secondo il gusto che
corre. - Se permettete, entro
con voi nella vostra casa . Veg-
go là suppellettili molto ricerca-
te, qui una tavola fornita di ric-
chi servizi, altrove un tappeto
ancor buono. Non si potrebbe
lasciar di cambiare questi og-
getti , e invece di ornare i muri
e la terra, coprire tanti poveri
giovanetti , che soffrono e che
pure sono membra di Gesù Cri-
sto e tempio di Dio? Veggo là
risplendere argento e oro e or-
namenti tempestati di brillanti.
- Ma sono una memoria...
- Aspettate voi che vengano i
ladri a rubarveli? Voi non li
usate, nè vi sono necessari.
Prendete questi oggetti , vende-
teli e datene il prezzo ai poveri:
voi li date a Gesù Cristo, ed ac-
quistate una corona in cielo. In
questo modo non isquilibrate
punto le vostre sostanze , nè vi
levate il necessario .
MB 4,439
- Non mandate al domani il
bene che potete fare oggi, per-
chè forse domani non avrete
più tempo.
- Facciamo in guisa di star
bene in questo mondo e nell'altro.
4/84
Si tratta anche di puntare ad un te-
nore di vita familiare (non solo econo-
mico) che privi legi le persone rispetto
alle cose, le relazion i ri spetto al pos-
sesso e al consumo, l'essere rispetto
all 'avere.
Certo, non si possono formulare pre-
scrizion i o ricette sulle cose da posse-
dere o da consumare o su come impie-
gare il tempo. Ognuno , og ni famiglia
farà le scelte che riterrà opportune .
L'importante è, però, anche in questo
campo, avere deg li orientamenti di fon-
do, che non potranno non tradursi in
alcune sce lte piuttosto che in altre.
E il primo orientamento è quello di
considerare le cose non come un fine,
ma come un mezzo. Non si tratta certo
di demonizzare le cose: le cose hanno
un valore, ma un valore strumenta le;
sono mezzi per vivere, per vivere anc he
bene, ma mezzi , non possono essere
elevate all 'ordine dei fini. È l'avere per
avere, l'avere fine a se stesso , che co-
stitui sce una degene razione morale;
ma l'avere in funzione dell 'essere è una
sagg ia impostazione del rapporto con
le cose.
Più che all 'avere, qu in di (ed è questo
un secondo orientamento), si tratta di
essere attenti e di puntare alla qualità
della vita, che dipende sì dall 'avere il
necessario per vivere, dipende da certe
situaz ioni esterne, ambienta li , di mag-
giore o minore vivibi lità, ma dipende
soprattutto dal la ricchezza interiore
del le persone, dag li interessi che si co l-
tivano, dai va lori in cu i si crede e per
cui ci si impegna, dal le relazion i con gli
altri, da l significato che si dà alle espe-
rienze e al rapporto con la realtà.
Qualità della vita significa anche sti-
le di vita. Un positivo rapporto con le
cose porterà ad educarsi e ad orien-
tarsi a un tenore di vita (econom ico)
che eviti lo spreco e il co nsumo smo-
dato. C'è parecch io da rivedere nell o
sti le di vita delle nostre famiglie. Tante
spese e consum i sono spesso superflui
e li facciamo o per conform ismo o per
stup ida o~tertaziqn.e Lo ,. spreco, so-
prattutto, è uri peccato sO:ciale che
suona come sch iaffo a coloro che .sof-
frono la fame , e che nessuna coscien-
za, perciò, può accettare o giustificare.
Le cose che possed iamo , anz i (an-
co ra un orientamento), oltre che servire
per la nostra fam iglia, possono anche
diventare occasione di solidarietà e di
condivisione con ch i è nel bisogno. Si
tratta di guardare e di aprire il cuore a
ch i vive in condiz ioni pegg iori delle no-
stre. E questo non è un discorso che
vale solo per i ricchi: qualsiasi famiglia
(a meno che non versi in situ azioni di
particolare disagio) può destinare, pro-
PREGHIAMO
S ignore, è un uomo
che vuole parlarli di molti
che stanno percorrendo
l'ultimo tratto
della loro vita terrena .
Con Te non possiamo dire
«ai miei tempi le cose
erano diverse».
Tu sei il Tempo e non hai età.
Tu sei la Vita
e la doni sempre a piene mani.
E l'uomo nonostante i millenni
è sempre lo stesso.
Anche se è facile per noi
lamentarci di qualche cosa,
ora non vogliamo farlo;
ma vogliamo solo pregarli
di farci sentire viva
la presenza di Maria,
Tua Madre in questi anni difficili
della nostra esistenza.
Per quelli che
non sanno trovare consolazione.
Per quelli che sono abbandonati
dai familiari.
Per quelli che,
pieni di acciacchi,
non possono uscire di casa.
Per quelli che
ancora si rendono utili
alla società umana
e con la loro esperienza
sono portatori
di serenità e di pace.
Per quelli di noi
che non hal'.'no un nipotino
da accompagnare a scuola.
Per questi e
per tutti gli altri ancora.
grammaticamente, una parte anche
piccola dei suoi beni, de lle sue entrate,
al l'aiuto a favore di frate lli in difficoltà,
vicini o lontani.
Anche il rapporto con il tempo richie-
de qualche preciso orientamento.
Anzitutto gestire in maniera saggia il .
tempo, programmandone e razional iz-
zandone l'impiego in funzione delle cose
che per noi contano, che riteniamo im-
portanti: in funzione, per esempio, del le ,
nostre esigenze personali (qualche hob-
by, qualche interesse, la lettura), delle
nostre esigenze spirituali (la contempla-
zione, la meditazione, la pregh iera), dene
relazioni con i nostri cari.
Evitare, quindi, lo spreco del tem-
po, quella maniera oziosa di trascorre-
re il tempo o di occuparlo in una ma-
niera qualsiasi, senza una scelta moti-
vata, co rri spo nd ente a nostre esigenze,
permanenti o momentanee.

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Imparare, infine, a fare dono del pro-
prio tempo ag li altri. Donare il nostro tem-
po è una delle cose che più ci costano
(soprattutto oggi che il tempo è diventato
così prezioso), perché non è donare qual-
cosa, ma è donare noi stessi. Il tempo do-
nato, però, non è un tempo perduto, ma
un tempo pienamente valorizzato: forse
non ne vediamo subito i frutti, ma è certa-
mente un tempo fecondo.
..--~ - .-. ~
-~
-- Per un cammino .
-..L"
(\\
-
Qualche indicazione ci sembra ora
opportuna perché l'impegno di conver-
sione diventi un cammino, personale e
fa miliare, di maturazione e di cresc ita.
1) Saper discernere i bisogni reali
dai bisogni indotti: è questa un 'esigen-
za per la quale tutti, in famig li a, ci si
deve aiutare a far luce. Ovviamente
non c'è un elenco di bisogn i indotti che
possiamo consu ltare: stare a noi valu-
tare e capire qua li bisogni sono veri e
quali no.
2) Scoprire e fare proprio il valore
evangelico della povertà, come impe-
gno e capac ità di rin unc ia al superfluo
e come scelta di maggiore li bertà. La
povertà di cui parla il Vangelo («Beati i
poveri ») non significa miseria, ma un
tenore di vita dignitoso e al tempo stes-
so semplice, nel quale non manchi il
necessario per vivere ma in cui si rico-
nosca che i ve ri beni sono que lli pro-
messi dal Sign ore. È, dunque, uno stil e
di vita semp lice, che porta ad apprez-
zare (per sè e per gli altri) il bene delle
cose tempora li sape nd o che esistono
beni più grand i.
3) Liberarsi dai condizionamenti del
conformismo e della moda, abituarsi
cioè a fare le cose, a fare de lle scelte, a
prendere del le decisioni, senza badare
a quello che pensa o dice la gente. Si
tratta di ed ucarsi al co ragg io delle pro-
prie scelte, a fondarle su lle proprie
convin zioni e non sul co nsenso degli
altri.
4) Vivere il senso cristiano del tempo
come «Kairòs», come opportunità of-
ferta all 'uomo per rea lizzare la sua vo-
caz ione. Il tempo storico non è una
quantità di anni, di mesi o di giorni da
riempire co munque; è un'occasione,
anzi una serie di occasioni che dob bia-
mo saper valorizzare per realizzarci
pienamente co me persone, co me figli
di Dio, come sposi, come genitori,
co me fratelli. Il tem po è il nostro, quello
a noi concesso , con la varietà delle cir-
costanze nelle quali e grazie alle quali
possiamo rea lizzare quello a cui siamo
ch iamati. È il ka iròs, il tempo che urge
e che ci in segna a non sprecare le op-
po rtun ità che quotidianamente il Si-
gnore ci offre per farc i cooperatori del
Suo Regno.
E ORA...
LA PAROLA
AL CENTRO
Riferendoti all 'ambiente in cui
opera il tuo Centro :
Vedere: rendersi conto della
situazione
Giudicare: come giudicarla.. .
Agire: cosa pensi di fare?
Ten1pi fan1iliari e
in1pegni esterni
Partiamo dai fatti
Recenti ricerche hanno dimostrato
che la televisione, la baby-sitter del
2000, uccide il cervello dei bambini.
Le capacità intellettive diminuiscono
in maniera direttamente proporziona-
/e al tempo trascorso davanti al tele-
visore che inoltre, secondo studi fatti
negli Stati Uniti, non ha assolutamen-
te potere catartico nei confronti della
violenza (come alcuni sostenevano),
ma anzi la stimola.
Le nuove generazioni cresciute da-
vanti al video, educate non più dai ge-
nitori, ma da questo elettrodomestico,
rischiamo di rimanere eterni bambini
incapaci a prendere decisioni e re-
sponsabilità autonome.
Avremo un futuro senza più adulti e
genitori?
~/=~--:-··~w:-: ~~~:~~
Cof.po-:·delia~lezfonè~)/~
-._ .ou .k~.~r: ~=- __ I • ~ • i ~ J.- "':
8 ... ~...,-i...:.~-~'-' .
_:: :".:.' . : ~ __i_~
Abb iamo in precede nza accenna-
to ai fattori soggettivi, personali , che
possono rendere problematico il dia-
logo all 'intern o della famig lia. Ma ol-
tre a questi, ci sono anc he dei fattor i
oggettivi, riconducibili a certe situ a-
zioni reali nel le quali ci troviamo a vi-
vere e che non poco con di zionano il
dialogo e le relazioni familiari.
Si tratta di situ az ioni per lo più
«nuove», frutto cioè dell'evoluzione
del costume e de ll 'impostazione della
vita od ierna , ne lle quali ci troviamo
dentro e di cu i non riu sciano fo rse a
vede re piename nte le ripercussioni, i
ri flessi , su ll a vita dell e persone e del le
famiglie.
È facile oggi, da parte di tutti , co n-
statare (e lo facc iamo magari con di-
spiacere, con un senso di rammarico)
ohe trascorriamo poco tempo insieme
come famiglia. Ci viene difficile ritro-
varci tutti a casa in una stessa frazio-
ne della giornata. Lo facc iamo, in ge-
nere, a pranzo e a cena, ma questi
tempi, spesso, vuoi per la stanchezza
vuoi perché preferiamo accendere il
televisore, non li dedichiamo all'inco n-
tro fra noi, al dialogo in fam iglia.
Stiamo poco insieme come fami-
gli a, e le ragioni sono natura lm ente
molteplici; ma alcune situazio ni ogg i
abbastanza diffuse e frequenti costi-
tuiscono dei fattori determ inanti.
5/85

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Ogg i co nduciamo tutt i un ritmo di
vita piuttosto frenetico: le cose da
fare so no se mpre tan te e il te mpo a
nostra disposizio ne non ci basta. È
vero che ab biamo più mezzi rispetto
al passato, che con l'automobi le,
co n l'aereo, co l telefo no e co l com-
puter faccia mo molto più rap id amen-
te cose che un a vo lta ri chiedevan o
più tempo; ma è pur vero che , sapen-
do di disporre di questi mezz i, facc ia-
mo ogg i e ci pe rm ettiam o molte più
cose che in passato non potevamo
nea nche immaginare. Pre ndiamo pi ù
impegni, fissiamo più appunta men ti
pe rché sapp iamo che i mezzi ce lo
conse nto no; ma intanto le nostre
giornate si fanno semp re più pie ne e
il ritmo più acce lerato.
Il lavo ro , come abb iamo avuto oc-
casione di notare, comporta oggi più
impeg no e più ded izio ne, ma anche
le es igenze perso nali e fa mili ari sono
cresc iute e vo lerle soddisfare richie-
de tempo ed energi e.
Il vivere di ogg i, poi , si è fa tto più
comp licato, più denso di occupazio-
ni e di preoccu paz ioni , da quell e pe r
la sa lute a quelle per il fisco, e una
crescente buroc ratizzaz ione assil la
di se mpre nuovi adempim en ti le per-
sone. Ci troviamo a dovere sbrigare
se mp re tan te· facce nde e gli impeg ni
este rni all a fam ig lia si fann o se mpre
più numerosi e più pressanti.
Fra le situ azioni che non agevol a-
no e che anzi fo rtemen te cond iziona-
no il ritrovarsi insieme come fam igli a,
un'attenzione partico lare merita il la-
voro extradomestico della donna.
Anc he se la disoccupazione, seco nd o
le statistiche, raggiunge pe rce ntu ali
maggiori fra la popolazione femmini -
le, la donna che lavora fuori casa, a
tem po pieno o pari -ti me, è un dato di
fatto che riguarda oggi moltissime fa-
miglie. È anche questo un «seg no dei
temp i», fru tto e riflesso del l'emancipa-
zione del la donna, dell a presa di co-
sc ienza dell a pa ri dignità sociale dell a
donna rispetto all 'uomo.
Il lavoro extradomestico è certa-
mente, pe r la donna, occas ione e
fonte di realizzazione personale:
essa si es prime att raverso il lavoro,
mette a frutto le sue doti e le sue ca-
pac ità, porta nel l'ambiente di lavoro
le dimensioni dell a sua fe mminilità, si
riconosce utile all a soc ietà e sen te di
valere anc he al di fuori delle mura
domestic he. Co l suo lavoro la don na
co ntribui sce al sosteg no economico
della fam iglia e anche questo con-
corre a farla sentire più rea lizzata.
Ma è innegabile che il lavoro fuori
casa della donna è fonte di disagi per
la vita familiare. La sua presenza ridot-
ta a casa impone una ri distribuzione di
compiti fra tutti i membri della famig lia,
cosa non sempre agevole. Al lavoro
fuo ri casa si aggiunge, per la donna, il
lavoro domestico, la cui conduzione,
anche se collaborata a casa dal marito
e dai fi gli, grava soprattutto su di lei,
per cu i, quando è a casa, ha sempre
tante cose da fare e a cui pensare.
Se la do nna ha, poi, un lavoro a
tempo pieno , la sua presenza a casa
è ancor più ridotta e il cl im a di fam i-
glia ne ri se nte: dive nta più arido, più
freddo , più teso . Ne risentono anche
le pe rson e, i fig li in pa rticolare, per la
cui cresc ita la presenza fisica dell a
madre, soprattutto nell 'età infantile, è
fo ndamentale.
Il disag io, d'altra parte, non è dato
so lo dal la quantità (ridotta) di te mpo
di spo ni bile per la fa mi gli a; è dato an-
che dal la qual ità del la prese nza dell a
donna in famigl ia. Se, quand o è a
casa, essa è ass il lata dalle cose da
fa re o si porta dietro e dentro i pen -
sie ri e i pro blemi del suo lavo ro extra-
domestico, diffi cil mente avrà tempo
dispon ibi le, serenamente disponibile,
da ded ica re ai suoi ca ri.
Un fattore ancora, strettame nte le-
gato alle situazioni di cui abbiamo
detto, è il frequente verificarsi, in fa -
mig lia, di impegni paralleli. Il marito
da una parte, la moglie dall 'a ltra, ora
per es ig enze pe rso nali, di relazione o
di altri interessi soc iali, si ritrovano
spesso , con temporanea mente o in
orari dive rsi, im peg nati in ambi en ti
diversi. Anche i figli , man mano che
cresco no, so no presi dai loro «im pe-
gni »: si tratta, magari, prima delle
semplic i festiccio le a casa dei com -
pagnetti , po i degli impegni di studi o,
di pa rtecipazione a un gruppo, del -
l'attivi tà sport iva o del corso di dan-
za, ma anche loro hann o le loro ra-
gioni e le loro «necessità» di uscire di
casa in certi orari, co in cidenti o non
co n quel li dei gen itori.
Comporre tutti questi impegn i e
co nciliarli co n l'esig enza di stare in-
sieme come famigl ia diventa oggi
sempre più prob lematico.
6/86
PAROLA DI DIO
Le 10,38-42
«Mentre era in camm ino
con i suoi discepol i Gesù en-
trò in un villaggio e una don-
na, che si chiamava Mar ia, lo
ospitò in casa sua.
Marta si mise subito a pre-
pa rare per loro, ed era molto
affaccendata. Sua sorella in-
vece , che si chiamava Maria,
si era seduta ai piedi del Si-
gnore e stava ad asco ltare
quel che diceva.
Allora Marta si fece avanti
e disse:
- Signo re, non vedi che
mia so rel la mi ha lasciata da
so la a servire? Dil le di aiuta r-
mi!
Ma il Signore le rispose:
- Marta, Marta, tu ti affan-
ni e ti preoccupi di troppe co-
se! Una sola cosa è necessa-
ria . Maria ha sce lto la pa rte
migliore e nessuno gliela por-
terà via ».
At 2,42-47 : Vita de lla prima comu-
nità cri stiana
Fi l 1,12-21: S. Pao lo in carcere
evangel izza
Mt 12,46-50: I veri parenti d i Gesù
-- .
- ~-
. La sfida dei
«tempi familiari» .
È, perciò , una vera sfida per le fa-
mig lie quella di trovare , nell 'odierno
teno re di vita, dei tempi da ded icare
alle relazioni fami liari. Tante situazio-
ni, come abb iamo visto, cond izio na-
no o compro mettono questo biso-
gno: situazioni che spesso ci supera-
no o che non possiamo fac ilmente
ca mbiare come vo rremmo.
Non dipende da noi, per esemp io,
se il lavo ro ri ch iede oggi più ded izio-
ne e più competenza; non dipende
da noi se il vivere civile è oggi co m-

1.7 Page 7

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plicato da una crescente burocratiz-
zazione.
Se non possiamo sfuggire a ce rte
situ2zioni, comunque, possiamo però
propo rci deg li orie ntame nti chiari ed
educarci a gestire i nostri impegni
esterni in mani era ocu lata, program -
mandoli e coordinandol i con quel li
dei nostri cari , in maniera da ricerca-
re degl i spaz i agl i incontri famil iari.
Il primo sforzo da compiere in que-
sta direzione è certamente di natu ra
mentale: si tratta di convincersi che le
relazioni familiari esigono dei tempi
da dedicare specificamente ad essi
(cosa su cu i abbiamo in genere una
convinzione superficiale, per cui la-
sciamo al caso, all'intreccio delle cir-
costanze, la possibilità di ritrovarci in-
sieme come famig lia). Le relazioni fa-
miliari esigono dei tempi di presenza in
famig lia: una presenza anzitutto quali-
tativa, non steri le, non disattenta, fatta
di vero incontro interpersonale, di viva
com unicazione; ma una presenza an-
che quantitativa, non veloce, non rara,
non limitata a qualche ritag lio di tem-
po, una presenza che non sia e non
sembri casuale, ma voluta, intenziona-
le, perché collocata in un tempo per
essa appositamente previsto.
Sia la relazione di coppia, sia la re-
lazione genitori-figli hanno bisogno di
tempi specifici di incontro. Sarà be ne,
allora, programmarli questi tempi, non
lasciarli al caso, fissando magari degli
appuntamenti col marito, con la mo-
glie, con i figli, co n i genitori, così come
fissiamo appuntamenti con il medico o
con il consulente.
Fra i tempi famil iari, non sono da
trascurare i tempi della distensione.
Ritrovarsi tutti insieme come fam igli a
a trascorrere spensieratamente qual-
che ora è un'espe rienza davvero bel-
la, gratificante per tutti, adu lti e ra-
gazzi, un'esperienza che apre i cuori,
infonde fiducia e gioia, fa crescere la
comunione familiare. Ne era profon-
damente convinto Don Bosco, quan-
do agli educatori suggeriva di essere
presenti e di partecipare all a ricrea-
zione, ai giochi dei loro ragazzi , ben
sapendo che tal i mome nti sono de-
terminanti per creare un rapporto di
fiducia fra educato ri ed educandi.
Se questo vale per gli educatori in
genere, quanto più è valido per i geni-
tori! Si può scegliere di vedere insieme
un fi lm o di fare un gioco ideato dai
figli, di effettuare un 'escu rsione in
montagna o al lago o di fare una par-
tita al monopo li o a ca rte: l'importa nte
è stare insieme in maniera spensiera-
ta e gioiosa.
E non sono da trascurare nemme-
no i tempi della festa. Le varie ricor-
renze familiari (compleanni, onoma-
stici, anniversari di matrimonio o di
battesimo) o altri eventi lieti sono le
occasioni più propizie per far festa in
fam iglia. Una festa che dica e che si-
gnifichi quanto sono importanti per
noi i nostri cari , quanto ci senti amo vi-
cini alle loro cose e al le loro vicende.
Una festa, perciò, ricca di cuore, di vi-
vac ità, di segni, di gesti di attenzione
(sorprese, pensieri ni, omagg i floreali,
il pranzo o la cena preparati secondo
il gusto del festegg iato, addobbo fe -
stoso della stanza da pranzo, chitar-
ra, gioc hi, canzon i e quanto la nostra
fantasia riesce ad escogitare). Non
una festa consumistica, convenziona-
le, fredda, fatta so lo di regal i e della
cena in pizzeria o al ristorante.
Anche i tempi della festa consoli-
dano i legami famil iari, riempiono e
uniscono i cuori, creano un clima fa -
mi liare sereno e gioioso.
Un altro sforzo e impegno sarà
quello di fare atte nzione a che i ritmi
del proprio lavoro non compromet-
tano le relazioni familiari . Certo non
sempre possiamo regolare o determi-
nare noi la quanti tà o l'intensità del
nostro lavoro: ci sono, in genere, dei
periodi più pesanti ed altri più legge-
ri. Ma, specia lmente se facciamo un
lavoro indipendente o un doppio la-
voro, possia mo programmarlo in
modo da evitare ritmi stressanti, proi-
bitivi, co ndizionan ti ogni altra esi -
genza; possiamo, soprattutto, evitare
di prende re tropp i impegn i di lavoro,
magari per la facile tentazione di
guadagnare di più.
Per quanto ri guarda, in partico la-
re, il lavoro extradomestico della
donna, è opportu no in pri mo luogo
considerare in che misura esso con-
dizioni le relazio ni fam il iari e l'eserci-
zio della maternità. Considerato, in-
fatti , il valo re pos itivo che il lavoro ha
per la donna, si tratta in genere di
impostare la vita fami li are (cond ivi-
dendo alcuni comp iti domestici) in
maniera che il ruolo che la donna ha
nella famig lia risul ti co ncili ab ile co n il
suo lavoro. Qua lora, però, il lavoro
PAROLA
DELLA CHIESA
Farniliaris Consortio 22,4-5
Se dev'esser e ricono-
sciuto anche alle donne,
come agli uomini, il diritto
di accedere ai diversi
compiti p ubblici, la società
deve però strutturarsi in
maniera tale che le spose
e le madri non siano di fat-
to costrette a la vorare fuo-
ri casa e che le loro fami-
glie possano dignitosa-
mente vivere e prospera-
re, anche se esse si dedi-
cano tota lmente alla pro-
pria fa miglia.
Si deve inoltre supera-
r e la men ta lità secondo la
quale l 'onore della donna
deriva più dal lavoro
esterno che dalla attivi tà
familiare. Ma ciò esige
che gli uomini stimino ed
am ino veram ente la don-
na con ogni r ispetto della
sua dignità personale, e
che la società crei e svi-
luppi le condizioni adatte
per il lavoro domestico.
La Chiesa, col do vuto ri-
spetto per la di versa voca-
zione dell 'uomo e della
donna, deve promuovere
nella misura del possibile
nella sua stessa vita la
loro uguaglianza di diritti e
di dignità: e questo per il
bene di tutti, della fam i-
glia, della società e della
Chiesa.
7/ 87

1.8 Page 8

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PAROLA
DI DON BOSCO
I genitori, assieme ai figli,
nel sistema di Don Bosco
mettono in moto tutta una
serie di attività che vivaciz-
zano la famiglia, e invitano
amici, parenti e vicini alla
partecipazione. Organizzano
e animario i giochi e i diver-
timenti più vari; o almeno ri-
conoscono ai giovani il dirit-
to di essere giovani e perciò
di amare l'allegria e il dina-
mismo, e in concreto li aiuta-
no fornendo loro mezzi, tem-
po, ambienti per divertirsi .
Perciò di volta in volta una
famiglia di spirito salesiano
sa cogliere tutte le occasioni
(onomastici , compleanni , an-
niversari, matrimoni, nasci-
te, feste religiose e civili. ..)
pe r fare (non solo per consu-
mare) divertimenti, per pro-
durre attivamente giochi,
scherzi , mimi , scenette, reci-
tazione, canti e cori, musi-
che e danze, passeggiate,
gite, pratica delle discipline
sportive. Così mettono in
pratica quel che scrive Don
Bosco: «Si dia ampia libertà
di saltare, correre, schia-
mazzare a piacimento. La
ginnastica, la musica, la de-
clamazione, il teatrino, le
passeggiate sono mezzi effi-
cacissimi per ottenere la di-
sciplina, giovare alla morali-
tà ed alla sanità. Si badi sol-
tanto che la materia del trat-
teni mento, le persone che
intervengono, i discorsi che
hanno luogo non siano biasi-
mevoli. Fate tutto quello che
volete, diceva il grande ami-
co della gioventù S. Filippo
Neri, a me basta che non
facciate peccati».
(N. Palmisano
Un cammino di semplicità - pag. 61)
8/88
dell a do nna si a tale da co mpro met-
tere notevolm ente la sua prese nza in
fami gli a e l'esercizio della sua mater-
nità, bisog nerà ridim ensio nare (o an-
che lasc iare per un cert o periodo) il
suo lavoro e non sacrifi ca re ad esso
il ruolo fam iliare. ovvio che il di-
sco rso si ap rirebbe anche a con sid e-
razioni politiche, circa possibili inter-
ve nti dello Stato a sostegn o delle la-
voratrici-m adri, ma non possiamo
qu i dare spazio ad esse) .
I
Per crescere
come famiglia
La sfid a dei temp i fami liari e dell a
loro armo nizzaz ione co n gli impeg ni
estern i esige delle co nvinzioni e dei
proponimenti precisi.
PREGHIAMO
S ignore, è una mamma
che vuole parlarli delle mamme.
Tu sai che spesso dobbiamo
coprire molte cose,
capire molte altre,
soffrire dubbi e incerteze.
Tra le nostre braccia
accogliamo i piccoli
e non di rado i grandi.
Ma a volte siamo deboli
e non riusciamo
a stringere tutto e tutti.
Ci assale lo scoraggiamento
e la delusione,
e quando arriva lo sconforto
possiamo spingerci fino
alla spregiudicatezza.
Ma noi vogliamo donare
vita e gioia
e abbiamo bisogmo di un po'
del coraggio della Tua Mamma,
come quando ce la donasti
sotto la croce.
1) Confermarci nella convinzione
che l'amore del prossimo ha i suoi
primi destinatari nei nostri cari.
So no i nostri ca ri il nostro prossimo
più prossimo: ve rso di loro, in prim o
lu ogo, siamo chi amati a vivere la ca-
ri tà cri sti ana, qu ell a pienezza di
amore che vuole il be ne totale dell'al-
tro. Ma non sem pre, nei fatti , siamo
coe renti con questa ve ri tà: a vol te ve-
diamo più le ragioni deg li altri che
quelle dei nostri ca ri , più i biso gni di
altri che quel li dei nostri fami liari; gli
al tri non li fa cc iamo aspettare, i no-
stri ca ri invece sì. È, invece, anzitutto
nei nostri ca ri che dobbi amo vede re
il vo lto di Gesù che chiede di essere
amato .
2) Educarci al senso della fami-
glia, sv il uppan do dentro di noi quel-
la prospettiva, quell 'ottica familiare ,
nell a quale va lutare i rifl essi dell e no-
stre scelte e dei nostri impeg ni . Sen-
so dell a famigl ia è prese nza dei no-
stri ca ri in noi, attitudin e e di sponibi-
lità a cogliere imm ediatamente le ri-
pe rcussioni familiari di qu ello che
facc iamo o pensiamo di fare, è su pe-
ra mento della pros pettiva individua-
le. In questa prospettiva fa miliare,
che ovviamente non mortifica qu ella
pe rso nale, dovremo abi tuarci a va lu-
tare i nostri im pegni (a nche quel li ec-
clesiali), le nostre sce lte, le nostre esi-
genze di relaxe e di dive rtimento.
3) Proporci dei periodici momen-
ti di verifica dell a relazione co niuga-
le e dell e relazioni fa mili ari. In una fa-
miglia che vuole cresce re nell a co-
muni one c'è bi sog no, di quando in
quando, di fa re il pu nto , di vedere
co me sta nn o and ando le cose. Ne
han no bisog no i co niugi, per ve ri fi-
care il loro rapporto di cop pia; ne
hann o bisog no genito ri e figl i pe r ve-
rificare l' in sieme delle relazio ni fam i-
liari . Son o momenti di verità, momen -
ti in cui ci si aiuta a prendere co-
scienza delle nostre carenze, dell e
nostre imperfezi oni nell 'amore, e ci si
impegn a a migli ora rci con l' aiuto e la
comprensione dei nostri ca ri .
E ORA...
LA PAROLA
AL CENTRO
Riferendoti all 'ambiente in cui
opera il tuo Centro:
Vedere: rendersi conto della
situazione
Giudicare: come giudicarla...
Agire: cosa pensi di fare?

1.9 Page 9

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La presenza
del Signore
Partiamo dai fatti
Corpo della lezione
Sono stato stimolato a scri-
vere da un articolo sulla reli-
giosità dei giovani appa rso
sulla vostra rivista . Ecco la
mia esperienza. Inizio subito
con il dire che non frequento
la Chiesa, nè mi interessa ap-
profondire il discorso religio-
so, non ci credo più! Da picco-
lo (ora ho 20 anni) come quasi
tutti i bambini ho frequenta to
l'oratorio della mia parroc-
chia, ci stavo bene, giocavo
a pallone, mi incontravo con
gli amici, facevo delle gite.
Quando ho iniziato a crescere
e a pormi i primi interrogativi
sulla vita, sull 'esistenza di
Dio, su chi era questo Dio,
sono venute le crisi. La mia fa -
miglia è una famiglia cosìdetta
cristiana, i miei vanno a mes-
sa tutte le domeniche, «santifi-
cano le fes te» come si dice,
ma tutto finisce qui. Quando
dicevo a mio padre che volevo
fare il medico per curare i leb-
brosi in Africa mi rispondeva
che dovevo piuttosto pensare
a un posto sicuro, così mi assi-
curavo l 'avvenire. E così per
tante altre cose. Alla fine mi
sono chiesto: ma perché allora
va in Chiesa se poi vive come
se Dio non esistesse? Forse
Dio non esiste ed è una favola
che raccontano ai bambini per
farli stare buoni! E così ho
smesso di credere e di andare
in Chiesa.
Fra le re lazio ni che fondano la vi ta
fam iliare, ce n'è una che può alimen -
tare e dare significato a tutte le altre:
è la relazione col Signore.
Quell a del Signore è una presenza
spec iale nell a famig li a: Lui non siede
a tavola con noi , non Lo abbraccia-
mo, non Lo inco ntri amo nel co rri-
doio, ma se Lui c'è (e che ci sia di-
pe nde so lo da noi, pe rché Lui vuole
esserci), miste ri ose energ ie vivificano
la nostra capac ità di amare, di do-
narci, di fare comunione.
È una presenza spec iale la Sua,
perché la relazione con Lui non so lo
non diminuisce le altre re lazioni, ma
le permea , le arri cc hisce, le dil ata, le
eleva alla potenzia lità massima. È
una prese nza miste riosa, ma reale,
ve ra, come l'ossigeno che non vedia-
mo ma intanto riempie i nostri po l-
moni . È una presenza discreta, che si
offre ma no n si impone, pron ta a
mettersi da parte se da noi rifiuta ta.
È una presenza da scoprire, ma an-
che da co ltivare.
Quale
Testimonianza
Epp ure questa presenza non sem-
pre brill a, non sempre si percepisce
nel le fa miglie. Anche ne lle fam iglie
cri stiane, ne ll e fam iglie praticanti , lo
stile di vita, molte vo lte , no n è profon-
damente e vivibilm ente seg nato dall a
presenza del Sig nore.
In tante cose, in tante occasioni,
questa prese nza non si intravede o
resta opaca. Nel valutare, per ese m-
pio, le cose (fatti, esperie nze, situa-
zioni) , nel program mare e nel fa re
delle sce lte (nel ca mpo del lavoro,
dei consumi , delle re lazioni) , ci la-
sciamo facilmente guidare da ca lcoli
e da criteri esclusivamente umani ,
da considerazio ni e rag ioni con for mi
al pensa re degli uomini ma poco
pe rm eate di visio ne evangel ica, di vi-
sio ne cristi ana. Stentiamo a capire
che anche in certe cose (due esemp i
veloci: il modo di vestire, il ce none di
Capoda nn o) c'e ntra il Vangelo, c'e n-
tra la nostra fede.
Presi e gui dati da cri te ri umani,
che spazio lasciamo nella nostra vita
alla fiducia nella Provvidenza? Con
la nostra menta lità educata all a log i-
ca, nel fare le cose ca lco liamo, con-
sid eriamo mezzi e fo rze, preved iamo,
programmiamo (tutte cose legittim e,
ovviamente) , ma poco ci so rregge
poi la fiducia nel l'aiuto del Sig nore.
Se si verifica un imprevisto, se le cose
vanno diversamente da come noi ci
as pettavamo, ci manca quell a sag-
gia e santa «audacia» di crede re che
il Signore ci è vicino, che ci sostiene
e vuole semp re il nostro bene.
E come viviamo in fam iglia alcuni
privilegiati momenti dello Spirito,
quali il Battesim o, la Prima Co muni o-
ne, la Cresim a? Li viviamo nella fede
come occasioni partico lari in cui la
Graz ia visita le nostre famiglie o ci la-
sciamo prende re dal le co nsuetu dini
soc ial i e dalla laicizzazione consumi-
stica, per cui le preoccu paz ioni dei
vestiti , dei festeggiamenti , dei regali,
prendo no il sopravvento sull 'evento
sp iritua le? Ci prepar iamo, pe r esem-
pio, con qualche momento di pre-
ghiera e di med itazione famil iare, a
vivere co me famig lia queste occasio-
ni dello Spi rito?
E la preghiera? Troviamo deg li
spazi per la preghiera personale e
familiare? È vero che inco ntria mo
oggi ob iettive diffico ltà a preg are
(tempo che non basta, mancanza di
silenzio, impeg ni, co ntrattemp i che
fan no sa ltare i prog rammi) ; ma è pe r
noi la pregh iera una esigenza viva
pe r cui, anche se in maniera non
prowio regolare, ci sforziamo di co-
gli ere le più varie occasio ni pe r en-
trare in dialogo co l Signore? Ci aiu-
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tiamo, in famiglia, a procurarci degli
spazi di asco lto inte ri ore nei quali
cercare di discernere, anche nel quo-
tidiano intreccio delle vicende, la vo-
lontà del Signore?
Forse ci capita anche di provare ·
un certo disag io, un certo imbarazzo
nel testimoniare la nostra fede di
fronte ag li altri. Ci si presentano cer-
tamente varie occasioni, a casa no-
stra o altrove, per esprimere co n i se-
gni o con le parole la nostra fede;
ma a volte, o per ri spetto umano o
per paura di essere criticati o non
capiti, diamo una testimon ianza mol-
to timida o addirittura preferiamo
non esporci.
Eppure nella famiglia è presente e
operante il Sacramento del matrimo-
nio, quel l'az ione sopran natura le del-
la Grazia che consacra l'amore uma-
no, lo alimenta e lo consolida, lo ele-
va seco ndo il model lo dell'amore di
Cristo.
La Grazia opera invisibilmente e
modella la comunità fam iliare come
«chiesa domestica», come comunità
in cui circola la salvezza di Cristo e
la forza rinnovatrice dell o Spirito.
Il Sacramento ha una sua efficacia
oggettiva: la Grazia, cioè, opera ind i-
pendentemente dai meriti dellE'l._ per-
sone; non è un prem io, bensì un
dono del Signore. Ma il Sacramento
non ha effetti magici: esso esige la
disponibilità soggett iva, l'impegno
dei membri della famiglia a viverne e
a metterne a frutto la ricc hezza. I
doni del Signore impegnano sempre
i fede li a cui ve ngono elargiti. Essi ri-
schiano di restare inefficaci , di resta -
re un capita le morto, se non vengo-
no coltivati , sviluppati, messi a frutto.
La presenza del Signore, nella fa-
miglia, dunque, è un dono che ci im-
pegna. Ci impegna a scoprirla in
partico lari eventi fami li ari, a custod ir-
la con la vita di fede , a testimoniarla
e comunicarla ag li altri.
Una certezza, anzitutto, se vog li a-
mo vivere la presenza del Signore
nella nostra famiglia, dobbiamo por-
tare e coltivare dentro di noi: che il
Signore, famig lia di Persone (Padre,
Figli o e Spirito Santo), ha progettato
PAROLA DI DIO
Mc 3,31-35
«La madre e i frate lli di Ge-
sù erano venut i dove eg li si
trovava, ma erano rimasti
fuori e lo avevan o fatto chia-
mare . In quel momento molta
gente stava seduta attorno a
Gesù . Gli dissero:
- Tua madre e i tuoi fra-
te ll i sono qui fuori e ti cerca-
no.
Gesù rispose loro:
- Chi è mia madre e chi
sono i miei fratelli?
Poi si guardò attorno , e os-
servando la gente seduta in
cerchio vicino a lui disse:
- Guardate: sono questi .
mia madre e i mie i frate lli.
Perché, se uno fa la vo lontà
di Dio, è mio fratello, mia so-
rella e mia madre».
Gv 14,23
«Se uno mi ama, metterà in
pratica la mia paro la, e il Pa-
dre mio lo amerà . lo verrò da
lui con il Padre mio e abitere-
mo con lui ».
Et 1,3-14: Dio ci ha chiamati, per
mezzo di Cristo, all a san tità
At 18,1-11: Aquila e Priscilla
e benedetto la famiglia e in essa vuo-
le esse re presente co n la ricchezza
dei Suoi doni.
Il Signore è presente nella nostra
famiglia, se noi non diciamo di no. È
Lui , prim a che lo vogliamo noi , che
vuole essere presente. Ad ogni fami-
gli a il Signore ripete: «Non voi avete
scelto me, ma io ho sce lto voi» (Gv
15,16). E la Sua è una prese nza be-
nefica e operosa. Il Signore non sta a
guardare. Ce lo insegna lo stesso
Gesù: «Il Padre mio opera sempre»
(Gv 5,17). E il Signore opera sempre
per il bene, per la sa lvezza, perché
cresca il Suo Regno in noi.
Forse noi non compre ndiamo le
rag ioni del l'operare del Signore (a
volte restiamo anche smarriti}, ma
certamente Egli opera per il nostro
bene più grand e.
Questa certezza non può non ali-
mentare un atteggiamento di fiducia
e di abbandono alla Provvidenza del
Signore: quel che il Signore ope ra
per noi è dono Suo, non corrisp onde
ai nostri meriti, li supe ra anzi e li pre-
cede. Tante cose, nella vita familiare,
so no doni del Signore, e vivere la
presenza del Signore sig nifica saper
riconosce re tal i don i e la loro sor-
gente divina, sig nifica provarne me-
raviglia e gratitudine.
È dono del Signore la nascita di
un bambino, è il miracolo della crea-
zione che si rinno va. Si, sono loro, i
genitori, a metterlo al mondo, ma
essi ci metton o solo il loro amore.
Non sono loro a progettare la fecon-
dazione, non son o loro a mettere in
moto lo svi lu ppo intrauterino , non
sono loro a decidere e a determinare
il momento della nascita. I genitori
vengo no res i capaci di genera re, ma
il processo generativo li supera, su-
pera infinitamente le loro forze, come
supera ogni capacità di progettazio-
ne e di inve nzione del la men te uma-
na, anche del più grande scie nziato.
La nascita di un bambino sa di mi-
racolo. Basta solo pensare che nella
cellula feco nd ata, così infinitamente
piccola, c'è gi à potenzialmente tutto
lo sviluppo successivo del bambino,
per dover necessariamente esclama-
re: qui c'è una Man o, un a Mente più
grande!
È un dono di Dio un bamb ino che
nasce, così come è un dono di Dio la
ca pacità generativa dei genitori. E di
fronte a do ni così grandi non possia-
mo non se ntire gratitudine. La grati-
tudin e al Signore è il più «logico» at-
teggiamento spirituale che in una fa-
migl ia si possa vivere.
Oltre al dono della vita, infatti, e
della capac ità di dare la vita, altri
doni del Signore sperimentiamo nella
vita fami liare: la salute, i be ni del
creato, l'amore, il perdono.
Questa consapevo lezza dei don i
del Signore porterà la famiglia a
più coere nti atteggiamenti e sce lte di
fede.
Cercherà essa, in primo luogo, di
non trascurare la preghiera. Oltre ai
momenti pe rsona li, marito e moglie
ce rcheran no di trova re anc he dei
momenti per la pregh iera e la medi-
10/90

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2.1 Page 11

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PAROLA
DELLA CHIESA
Familiaris Consortio 56,3
La vocazione universale
alla santità è rivolta anche
ai coniugi e ai genitori cri-
stiani: viene per essi speci-
ficata dal sacramento cele-
brato e tradotta concreta-
mente nelle realtà proprie
dell'esistenza coniugale e
familiare. Nascono di qui la
grazia e l'esigenza di una
autentica e profonda spiri-
tualità coniugale e familia-
re, che si ispiri ai motivi del-
la creazione, dell'alleanza,
della Croce, della risurre-
zione e del segno, sui quali
più volte si è soffermato il
Sinodo.
sane care), nelle quali fare ricorso
alla Misericordia del Signore.
Cercherà, ancora, di vivere nella
fede alcuni particolari momenti del-
la storia familiare (battesimi, prime
comunioni, cresime, matrimoni), pre-
parandosi spiritualmente ad essi
come ad importanti eventi di Grazia
che riguardano tutta la famiglia. Cer-
cherà, appunto, di prepararsi come
famiglia , per non sci upare l'occasio-
ne spirituale, sfidando anche contra-
stanti consuetudini sociali pur di pri-
vilegiare il significato religioso rispet-
to ad aspetti secondari.
Sentirà infine il bisogno , la fami-
glia, di riflettere all'esterno la presen-
za del Signore: ci si comunicherà, al-
lora, il coraggio di convinte scelte
familiari che testimonino una fede
condivisa. Si potrà istituire una «cas-
sa familiare per i poveri», si potrà
«adottare a distanza » un bambino in
un paese del Terzo Mondo, si potrà
devolvere in beneficenza il costo di
un festeggiamento familiare a cui si
decide di rinun cia re.
Una simile scelta famil iare, mentre
rispecchia la presenza del Signore,
ne prolunga i frutti oltre la famiglia.
tazione di coppia: non lo potranno,
forse, fare ogn i giorno, ma studieran-
no le più varie occasioni per farlo. E
cercheranno di avere, quotidi ana-
mente, dei momenti anche brevi di
preghiera con i figli: al mattino, du-
rante i pasti , alla sera.
La sera, poi, un bel momento di
preghiera-meditazione può essere la
«buona notte», come nella migliore
tradizione salesiana: genitori e figli
insieme a rivedere la giornata, a trar-
re ammaestramenti da qualche fatto
o episodio, a chiedersi scusa recipro-
camente e a chiedere perdono al Si-
gnore per ciò che non è andato.
Cercherà , poi, la famiglia di coglie-
re e di testimoniare contenuti e valo-
ri di fede nelle varie circostanze
della vita familiare: in circostanze
liete (compleanni, onomastici, pro -
mozioni, diplomi) , che offrono motivi
di ringraziamento e di lode al Signo-
re (perché, per esempio, festeggian-
do un compleanno, non fare una
preghiera di ringraziamento al Si-
gnore?); ma anche in circostanze tri-
sti o luttuose (disgrazie, morte di per-
Alcune esigenze
Vivere la presenza del Signore in
famiglia, oltre agli atteggiamenti e
ag li impegni di cui abbiamo detto,
comporta anche del le esigenze.
1) Credere che il Signore è la
sorgente dell'Amore. Dio «è Amo-
re», non solo ha Amore, perciò ogni
amore umano (coniugale, pater-
no/materno, filiale, fraterno) può at-
tingere forza ed energia all'Amore di-
vino. Questo è motivo di fiducia per
noi, perché spesso sperimentiamo la
limitatezza delle nostre forze; ma il
Signore ci viene incontro, ce le vivifi-
ca e le rinnova.
2) Custodire il senso del mistero
di fronte ad eventi quali la vita e la
morte. Spesso l'uomo oggi presume
di poter essere padrone della vita e
del la morte, solo perché è in grado di
intervenire scientificamente. Ma mor-
te e vita sono eventi che superano di
gran lunga l'uomo e perciò è sag-
gezza (umana e cristiana) nutrire un
religioso rispetto davanti ad essi.
PAROLA
DI DON BOSCO
Il ruolo che la religione svol-
geva nel sistema educativo di
Don Bosco - e può svolgere
ancora oggi - è sottolineato
da un curioso episodio accadu-
to nel 1863 all'Oratorio di Val-
docco.
Due signori inglesi , uno dei
quali era ministro della regina
Vittoria, accompagnati da un
patrizio di Torino , vennero in
visita all 'oratorio. Dato uno
sguardo alla casa , furono con-
dotti da Don Bosco nella sala
ove facevano studio circa cin-
quecento giovani. E si meravi-
gliarono non poco vedendol i in
perfetto silenzio. Crebbe anco-
ra la loro meraviglia quando
seppero che forse in tutto l'an-
no «non avevasi a lamentare
un motivo di infliggere o minac-
ciare castighi ».
«Come è mai possibile - do-
mandò il ministro - di ottenere
tanto silenzio e tanta discipli-
na? Ditemelo. E poi - aggiun-
se rivolto al compagno che era
il suo segretario - scrivete
quanto dirà questo sacerdote».
«Signore - rispose Don Bo-
sco - , il mezzo che si usa tra
noi non si può usare tra voi.
Sono arcani solamente svelati
ai cattolici: la frequente Confes-
sione e Comunione, e la Messa
quotidiana bene ascoltata».
«Avete ragione - osservò il
ministro -, noi manchiamo di
questi mezzi. E non si potrebbe
supplire con altri?».
«Se non si usano questi ele-
menti di religione - rispose
Don Bosco -, bisogna ricorre-
re alle minacce e al bastone-.
«Avete ragione! - concluse
il ministro con larghi segni di
assenso - . O religione o ba-
stone. Voglio raccontarlo a
Londra!».
11 /91

2.2 Page 12

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3) Recuperare una visione crea-
turale del mondo. Il potere della tec-
ni ca ci sta facendo illudere che tutto
dipenda dall'uomo, che tutto sia pro-
dotto dall'uomo. Ma se il computer è
un prodotto della tecnica, e dunque
dell'uomo, la materia prima di cui è
fatto il computer è un bene del Crea-
to e l'intellig enza dell'uomo che l'ha
prodotto è un dono di Dio. Ri scop rire
la dimensione creaturale dell 'es isten-
te, dunque, è un'operazione contro-
corrente, ma può costi tuire e produr-
re un notevole recupero di valo ri reli-
giosi .
4) Volersi santificare attraverso
le esperienze, le relazioni e gli im-
pegni della vita familiare. Santità,
secondo una definizione conciliare, è
«la perfezione della ca rità ». Se, allo-
ra, nei quotidiani impegni familiari
tendia mo a un di più di ca rità , a un
di più di amore donativo (e co l Suo
aiuto lo possiamo) , camm ini amo nel-
la via della santità e realizziamo una
più piena unione con Dio.
E ORA...
LA PAROLA
AL CENTRO
Riferendoti all 'ambiente in cui
opera il tuo Centro :
Vedere: rendersi conto della
situazione
Giudicare: come giudicar/a...
Agire: cosa pensi di fare?
PREGHIAMO
S ignore, è un padre
che vuole parlarli dei papà.
Non tutti sono buoni, bravi,
comprensivi, tolleranti, discreti
o controllatamente severi.
Non tutti sanno sorridere
e qualcuno sembra
perfino cattivo.
C'è chi si accontenta
e chi si dispera.
Chi lotta per arrivare
molto in alto
e chi per arrivare a fine mese.
Chi è noncurante di molte cose
e chi esaspera quanti
gli sono vicino.
Quanti papà diversi, Signore!
Perché non dare a tutti
un po' di quella Mamma
che Tu hai avuto?
La faniiglia,
luogo di vocazzonz
Partiamo dai fatti
Marcello Candia, milanese,
nato a Portici, fin da piccolo
impara ad interessarsi degli
altri e dei loro problemi. Dal
padre apprende l 'impegno e la
managerialità; dalla madre
l'attenzione ai poveri e biso-
gnosi. Due lauree - in chimi-
ca e in biologia - e poi, dopo
la morte del padre, la direzio-
ne delle sue industrie chimi-
che. Va spesso all'estero e
qui, specialmente in Brasile,
l'impatto con la miseria nera e
con l 'ingiustizia bieca. Con i
fondi delle sue industrie co-
struisce un ospedale su un ter-
reno che il governo brasiliano
12/92
gli concede: il migliore ospe-
dale del Brasile. Poi fonda
scuole per infermieri, ambula-
tqri di villaggio, scuole... Alla
fine decide di fare qualcosa di
sconvolgente: vende tutte le
sue industrie e ne converte il
ricavato in altrettante realizza-
zioni umanitarie. Pianta tutto
in Italia e si stabilisce definiti-
vamente in Brasile, condivi-
dendo la vita con i più poveri
tra gli ultimi.
Il giovane ricco del Vangelo
non accettò l 'invito di Gesù,
perché non voleva rinunciare
alle proprie ricchezze. Marcel-
lo dà non solo gli averi, ma
tutta la propria vita per la cau-
sa del Regno.
Corpo della lezione
C'è una re laz ione ogg i facilm en-
te trascurata e che può cond izionare
le altre: è la relazione profonda con
se_ stesso, quel ri trovarsi in dialogo
con la propria coscienza per cono-
scersi pienamente, per maturare
scelte convinte, per chiedersi e capi-
re a che cosa si è ch iamati dal Si-
gnore.
È una relazione fondamen tale per
ognuno di noi, perché è dentro que-
sta relazione che si co ll oca no le più
importanti scelte della nostra vi ta.
Eppure tante cose ogg i distraggo-
no da essa, la società dà poco va lo-
re a questa relazione, e forse solo la
comunità ecclesiale, che fa pastorale
vocaziona le, si attribuisce la giu sta
importanza.

2.3 Page 13

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Ma anche per questa relazione,
per curarla e promuoverla, è la fam i-
glia l'ambiente più naturale e favore-
vo le, perché è nell a fa mig li a, prim a
che altrove, che ad essa ci si educa.
Il «disorientamento»
vocazionale oggi
della valorizzazione e messa a frutto
delle capacità e dei talent i pe rso nali,
della realizzazione di un progetto di
vita a cu i ci si se nte ch iamati .
Influisce pure, per quel che riguar-
da l'orientamento vocazio nale nell a
scelta del lavoro, l'oggettiva difficoltà
od ierna di trovare lavoro, la min accia
del la disoccupazione, che induce
molti a cercare e ad acco nten tarsi di
un'occupazione qualsiasi, purché
consenta di vive re.
E invece la fam iglia ogg i spesso
trascu ra questa relazio ne, è latitante
in fatto di orientamento vocaz iona le.
Famiglia, scuola e altre agenzie edu-
cative, anzi , sembrano farsi comp lici
di un generale disorientamento in
fa tto di vocazione.
Si preferisce non porsi il prob lema
o ci si sente più sicuri adeguandosi e
invitando ad adeguarsi alle scelte
che fanno gli altri , a quello che gli al-
tri dicono e pensano. Si tende a con -
formarsi a parametri estern i, a cri teri
socialmente condivis i e legittimati
dalla prassi diffusa, laddove invece
dovrebbero prevalere solo i criteri
personali di un progetto di vita orien-
tato vocaz iona lmente.
Nelle più importanti sce lte di vita ,
che passano attraverso la famigl ia
(studio, lavoro, professione, matrimo-
nio o celibato , impegno sociale, etc.),
preva lgono in ge nere - lo abb iamo
già notato in precedenza - criteri
ispirati alla ricerca del successo, del
prestigio sociale, dell'affermazione
personale del guadagno facile e
con sistente.
Non è importante, nell a considera-
zione comune, se attraverso le pro-
prie scelte ci si riesce ad esprimere
come persona e che cosa si riesce
ad esprimere di sè, se ci si realizza in
profo ndità, se si riesce a dare il me-
glio di sè agli altri; conta, invece,
quello che si riesce a rea lizzare este-
riormente, nel senso dell 'avere e del-
l'affermazione sociale.
Anche la preoccupaz ione del la
«sistemaz ione» viene per lo più vis-
suta in termini di adeguamento a
schemi soc iali prestab iliti (studio, di-
ploma o laurea, posto di lavoro, affit-
to o acquisto del la casa, fidanza -
men to e matrimon io, etc.) più che nei
term ini dell a risponde nza dell e sce lte
a una visione personale delle cose,
Quale concetto
di vocazione'?
Ma come intendere, pe r prima co-
sa, la vocazione? Prevale ancora,
purtroppo, per molti una visione ri -
duttiva del la vocazione, a cui viene
attribuito so lo un sign ificato religio-
so. È vocazione, seco ndo questa vi-
sione, solo quella del sacerdote e
del la suora. Poche persone, all ora,
sarebbero interessate alla vocazione
e si tratterebbe so lo di individ uare
qua li.
Ma la Chiesa ci insegna che lavo-
cazione riguarda tutti gli uomini, per-
ché la vocazione è la ch iamata del
Signore. E il Signore chiama tutti alla
vita e al l'amore.
Ci chiama tutti a spendere, a do-
nare la nostra vita, a non viverla
egoisticamente, e ci dà anche i doni ,
di natura e di Grazia, per rendere
concreta tale vocaz ione.
I talenti della famosa parabo la
sono appunto dell e risorse che il Si-
gnore ci dà perché noi possiamo do-
narci, possiamo metterci a servizio
degli'altri. Tutti riceviamo dei ta lenti,
in misura e di natura diversa, pe rché
tutti siamo chiamati , svi luppandol i e
mettendoli a frutto , a donarci.
La chiamata all'amore è la stessa
per tutti , ma le vie per vivere ta le
chiamata e rispondervi sono diverse.
E la diversità delle vie e delle risposte
si traduce, in primo luogo, in diversi-
di stato di vita: c'è chi è chiamato
a donarsi nella vita matrimoniale e
familiare, chi nella vita consac rata,
chi in un ce libato di sce lta.
Dentro questi stess i stati di vita,
poi, il Signore ci chiama, attraverso
PAROLA DI DIO
Mt 25,14-30
«Così sara il regno di Dio.
«Un uomo doveva fare un
lungo viaggio: chiamò dun-
que i suo i servi e affi dò loro
i suo i sol d i. A uno co nsegno
cinquecento monete d'oro,
a un altro duecento e a un
altro cento: a ciascuno se-
condo le sue capaci tà. Poi
pa rtì. 11 servo che aveva ri-
cevuto cinquecento monete
andò subito a investire i sol-
d i in un affa re, e alla fine
guadagnò altre ci nquecento
monete.
Quelle che ne aveva rice-
vute duecento fece lo stes-
so, e alla fine ne guadagno
altre duecento.
Quel lo invece che ne ave-
va ri cevute soltanto cento
scavò una buca in ter ra e vi
nascose i sold i del suo pa-
drone.
Dopo molto tempo il pa-
drone torn ò a casa e comin-
ciò a fare i conti con i suoi
servi .
Ven ne il primo, quello che
aveva ri cevuto ci nquecento
monete d'oro, portò anche
le altre cinquecento e disse:
- Signore, tu mi avevi
consegnato cinquecento
mon ete. Guarda; ne ho gu a-
dagn ate a ltre cinquecento.
E il pad rone gli disse:
- Bene, sei un servo
bravo e fedele ! Sei stato fe-
de le in cose da poco , ti affi-
derò cose più importanti .
Vi e ni a partecipare al la
gioia del tuo signo re!
Poi venne quello che ave-
va ricevuto duecento mone-
te e d isse:
- Signore, tu mi avevai
co nseg nato duecento mone-
te d 'oro. Gu a rda ne ho gua-
dagnate altre duecento.
13/93

2.4 Page 14

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E il padrone gli disse:
- Bene, sei un se rvo
bravo e fedele! Sei stato fe-
dele in cose da poco, ti affi-
derò cose più importanti.
Vieni a partecipare alla
gioia del tuo signore!
Infine venne quel servo
che aveva ricevuto sola-
mente cento monete d'oro e
disse:
- Signore, io sapevo
che sei un uomo duro, che
raccogli anche dove non hai
seminato e che fai vendem-
mia anche dove non hai col-
tivato. Ho avuto paura, e al-
lora sono andato a nascon-
dere i tuoi soldi sotto terra.
Ecco, te li restituisco.
Ma il padrone gli rispose:
- Servo cattivo e fannul-
lone! Dunque sapevi che io
raccolgo dove non ho semi-
nato e faccio vendemmia
dove non ho coltivato. Per-
ciò dovevi almeno mettere
in banca i miei soldi e io, al
r itorno, li avrei avuti indie-
tro con l'interesse.
Via, toglietegli le cento
monete e datele a quello che
ne ha mille. Perché, come
dice il proverbio, chi ha mol-
to riceverà ancora di più e
sarà nell'abbondanza; chi ha
poco, gli porteranno via an-
che quel poco che ha. E que-
sto servo inuti le gettatelo
fuori, nelle tenebre: la pian-
gerà come un disperato».
1 Cor 14: Doni dello Spi rito per il
bene della comunità
la varietà dell e situ azion i, dell e storie
personali, del le necessità e dei biso-
gni in cui ci imbattiamo, a divers i im-
pegni e comp iti. Due sacerdoti, due
suore, due persone sposate , pur vi-
vendo lo stesso stato, saranno chia-
mati a donarsi in modalità diverse,
per la diversità delle loro situazion i
personali ed esterne.
14/ 94
La vocazione ancora, oltre a
comportare uno stato di vita, ab-
braccia vari ambiti e aspetti. Scelte
vocaziona li poss iamo comp iere nel
campo dello studio, della spec ializ-
zazione , del lavoro , se ci la sc iamo
guidare dal le nostre inclinazioni e
dai nostri talenti e obbed iamo alla
logica del serv izio più che a que lla
de ll' utile.
Sce lte vocazionali possiamo pure
compiere nel socia le, optando, pe r
esempio, per l'obiezione di coscienza
laddove confl itti etici dovessero pors i
fra le nostre convinz ioni profonde e
le leggi o le istituzioni civili.
La via
della vocazione
È chiaro, da quanto detto, che dire
«vocazione» equiva le a di re progetto
di vita fatto su misura personale ,
equivale a dire piena rea lizzaz ione
della persona.
È in un certo senso un diritto, allo-
ra, essere aiutati a scoprire e a vive re
la propria vocazione, perché co rri -
sponde al bisogno più profondo del-
la persona , che è quello di real izzarsi
pienamente.
Ma è un diritto che si traduce im -
mediatamente in un dovere: tutti ab-
biamo il dovere di aiutare gli altri a
scoprire e a vivere la loro vocaz ione.
Questo dovere, in pa rticolare, riguar-
da gli educatori, i formator i, e perciò
in primo luogo i genitori. È, dunque,
la famiglia il primo ambiente in cui si
eserc ita questo diritto-dovere di gui-
da e di sostegno nella via del la voca-
zione.
Ma cosa significa , in concreto , so-
steners i nella via dell a vocazione?
Significa, anzitutto, aiutarsi a
scoprire i propri talenti. E non è
faci le questo in una società carat-
terizzata da ll a massificazione degl i
obiettivi e del le scelte: richiede at-
tenzione e rispetto massimo dell 'o-
riginalità de lle persone e senso del-
la rea ltà e del limite. Occorre, inf at -
ti , evitare sia di sottovalutare sia di
sopravva lutare, error i ug ualm ente
possib il i e ugua lme nte condiz io-
nanti negativamente.
Significa , po i, orientarsi ed ori-
entare verso scelte di vita corri-
spondenti ai propri talenti (ne ll o
stato di vita , nello studio, nella pro-
fessione , etc.). Non sempre e non
da tutti si viene cap it i in queste
scelt e: occorre , perciò, prepa rarsi ,
mettere in conto possibili incom-
prensioni e non lasciarsi da esse
condiz ionare.
Significa , qu in di , sostenersi a
mettere pienamente a frutto i pro-
pri talenti, a servizio degli alt ri . Pu ò
capitare di incontrare delle difficol-
tà ne llo svi luppare i propr i ta lenti e
di essere tentati di fermarsi o di
cambiare d irezio ne. È pure faci le la
tentazione di sviluppare sopra ttutto
in ch iave di affermazione personale
i propri ta lent i. In questi casi può
essere decisivo il sostegno dei pro-
pri cari a perseverare nell'impegno
o nella scelta e a mantene re la coe-
renza di orientamento. Vocaz ione
significa chiamata , e dunque la
scelta vocaz ionale presuppo ne l'a-
sco lto di Colui che chiama. Soste-
nersi nella via de lla vocaz ione, al lo-
ra , significa anche educarsi ed
educare a pensare davanti al Si-
gnore il proprio futuro. È il Sig nore
la sorgente del la vocazione: è, dun-
que , nell 'asco lto interiore de lla me-
ditazione e del la preghiera che
possiamo capire cosa il Signore ci
chiede. Quando ci interroghiamo e
ci pon iamo in attegg iame nt o di ri-
cerca riguardo al nostro fu tu ro ,
mettersi nell'ascolto dei sug ger i-
menti interiori del lo Spirit o è la più
sicura via di riuscita.
Una tale capac ità, naturalmente,
non si im provvisa: rich iede un certo
tirocinio, una educazione, appunto,
all'ascolto interiore.
Sostenersi nella via della vo-
cazione sign ifi ca , infine , aiutar-
si a leggere le necessità e i biso-
gni che urgono attorno , per la-
sciarsi da essi interpellare. Non
sempre sono bisogni tangibi li, vis i-
bili ; spesso si ann idano nel c uore
de lle persone e non vengo no co-
municati perché magari si riti ene
che non ci sia qualcuno a cui pos-
sano interessare. Cog li ere e la-
sciarsi interpel lare dai bisogni aiu-
ta a individuare la via de l propr io
imp egno e a maturare del le sce lte
vocazionali.

2.5 Page 15

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Le esigenze
I
Gli atteggiamenti precedentemente
descritti hanno bisogno di essere
sorretti da alcuni precisi convinci-
menti.
1) Credere che la persona si rea-
lizza attraverso il dono di sè. È vero
che le soddisfazioni più profonde, le
gratificazioni più intime le proviamo
quando ci rendiamo utili agli altri,
quando ci mettiamo a servizio, quan-
do ci doniamo. È una verità scolpita
dentro di noi che, come ci insegna
Gesù, «c'è più gioia nel dare che nel
ricevere» o che, come insegna il Con-
cil io Vaticano Il, «l'uomo non può ri -
trovare se stesso se non mediante un
dono sincero di » (Vat. Il, GS, 24).
2) Credere che la vocazione vie-
ne da Dio. La vocazione non viene
dall 'uomo, è frutto di un calcolo
umano. Essa è una voce misteriosa
che interpella nell 'intimo le perso ne,
che è eco della volontà di Dio e per-
ciò esige il massimo rispetto , soprat-
tutto da parte di co loro che poss'ono
influenzarla.
3) Essere convinti che nessuno
può forzare o condizionare le scelte
di vita di un altro, anche di una per-
sona cara. Proprio perché la voca-
zione viene da Dio, nessuno può pre-
tendere di sostituire ad essa i propri
consigli o il proprio modo di vedere. I
consigli possono valere dopo aver
fatto spazio alla vocazione, dopo
che essa sia stata accolta: possono
valere «nella» via della vocazione,
non «cdntro » (o al di fuori) la via del-
la vocazione.
4) Conservare in se stessi e fa-
vorire negli altri una profonda liber-
tà interiore, capace di resistere ai
condizionamenti e al conformismo.
Vocazione equivale a libertà: presup-
pone libertà e produce libertà . Liber-
tà come facoltà di decisione, ma pri-
ma ancora come forza interiore,
come sicurezza di orientamento,
come capacità di non dar peso ai
condizionamenti. Far crescere negli
altri una tale libertà è vera promozio-
ne della persona, è vero voler bene,
ed è perciò la famiglia, per prima,
chiamata a far fiorire questa libertà.
PAROLA
DI DON BOSCO
Al mattino ho subitò rac-
contato il sogno, prima ai
fratelli che si misero a ride-
re, poi alla mamma e alla
nonna. Ognuno diede la sua
interpretazione. Giuseppe
d isse: «Diventerai un peco-
raio». Mia madre: «Chissà
che non abbia a diventare
prete». Antonio malignò:
«Sara i un capo di briganti».
L'ultima parola la disse la
nonna, che non sapeva
niente di teologia, che non
sapeva né leggere ne scri-
vere: «Non bisogna credere
ai sogni ».
lo ero del parere della
nonna. Tuttavia quel sogno
non riuscii più a togliermelo
dalla mente. Ciò che espor-
in queste pagine dirà il
perché.
Non ho mai raccontato in
giro queste cose, e i miei
parenti le dimenticarono.
Ma ecco che nel 1858 andai
a Roma per parlare col
Papa della fondazione dei
Salesiani. Egli volle che gli
esponessi minuziosamente
ogni cosa che avesse anche
solo l'apparenza di sopran-
naturale. Raccontai allora
per la prima volta il sogno
fatto tra i nove e i dieci anni.
Il Papa mi raccomandò di
scriverlo diligentemente
con tutti i particolari. Sareb-
be stato - mi disse - un
incoraggiamento per i Sale-
siani.
(Da «Memorie dell 'Oratorio»)
PREGHIAMO
S ignare, è un figlio
che vuole parlarTi dei figli.
L'essere figlio sembra proprio
un brutto mestiere.
Spesso non riusciamo ad avere
quello che vogliamo e
quelle concessioni
che ci sono accordate
non ci soddisfano quasi mai.
Si fa appello all'esperienza,
alla serietà, all'obbedienza.
Ma cosa sono, Signore!
Possibile che noi giovani
parliamo un linguaggio
così diverso?
Non capiamo il compromesso
e vogliamo agire
senza mezzi termini.
La vitalità che è in noi
ci· spinge verso orizonti lontani
e spacciamo i grandi
come pezzi da museo.
Ma è proprio un'utopia la nostra?
E così molti si fanno portatori
di ideali diversi
dove trovano posto
i profeti della materia
i venditori di fumo
e i cultori dell'eros
in un'atmosfera
di assordante rock.
Insegnaci, Signore,
ad amare di più
e a desiderare di meno.
Ad ascoltare il suono
delle Tue parole
e a sentire il dolce richiamo
di una Mamma come la Tua.
E ORA...
LA PAROLA
AL CENTRO
Riferendoti all'ambiente in cu i
opera iI tuo Centro:
Vedere: rendersi conto della
situazione
Giudicare: come giudicarla.. .
Agire: cosa pensi di fare?
15/95

2.6 Page 16

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PAROLA DELLA CHIESA
Il ministero di evangelizzazione dei genitori cristiani è
originale e insostituibile: assume le connotazioni tipiche
della vita familiare, intessuta come dovrebbe essere d'a-
more, di semplicità di concretezza e di testimonianza quo-
tidiana.
La famiglia deve formare i figli alla vita, in modo che cia-
scuno adempia in pienezza il suo compito secondo la vo-
cazione ricevuta da Dio. Infatti, la famiglia che è aperta ai
valori trascendenti, che serve i fratelli nella gioia, che
adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consape-
vole della sua quotidiana partecipazione al mistero della
Croce gloriosa di Cristo, diventa il primo e il miglior semi-
nario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno
di Dio.
(Familiaris Consorti o 53, 1-2)
***
I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e te-
stimoni della fede reciprocamente e nei confronti dei fi-
gli e degli altri familiari. Per i propri figli, sono essi i pri-
mi araldi della fede e gli educatori; li formano alla vita
cristiana e apostolica con la parola e con l'esempio, li
aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e
favoriscono con ogni diligenza la sacra vocazione even-
tualmente in essi scoperta.
Sono sempre stati doveri dei coniugi, ed oggi sono la
parte principale del loro apostolato: manifestare e com-
provare, con l'esempio della propria vita, l'indissolubili-
tà e la santità del vincolo matrimoniale; affermare con
fortezza il diritto e il dovere che spetta per natura ai ge-
nitori e ai tutori di educare cristianamente la prole; di-
fendere la dignità e la legittima autonomia della fami-
glia. Essi dunque e gli altri fedeli collaborino con gli uo-
mini di buona volontà, affinché nella legislazione civile
siano sanciti e difesi questi sacri diritti; nel governo del-
la società si tenga conto delle esigenze familiari per
quanto riguarda l 'alloggio, l'educazione dei fanciulli, le
condizioni di lavoro, la sicurezza sociale ,e gli oneri fi-
scali; nella regolazione dell'emigrazione sia messa as-
solutamente al sicuro la convivenza domestica.
(Apostolicam Actuositatem 11,2)
16/96
Quindicinale di informazione
e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana
di San Giovanni Bosco
Anno 117 - N, 15 - 2• Qu indicina
15 OTTOBRE 1993
SOMMARIO
2 IL VALORE DELLE COSE
E DEL TEMPO
4a Lezione
5 TEMPI FAMILIARI
E IMPEGNI ESTERNI
5• Lezione
9 LA PRESENZA
DEL SIGNORE
5a Lezione
12 LA FAMIGLIA
LUOGO DI VOCAZIONE
7a Lezione
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Registrazione:
Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
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