Bollettino_Salesiano_197305


Bollettino_Salesiano_197305



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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVII , N . 5 , 10 MARZO 1973
Spediz. in abbon. post.• Gruppo 2° (70) • 1• quindicina

1.2 Page 2

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IN QUESTO NUMERO
2. Una lunga sosta nel deserto
5. Tra le macerie di Managua
6. Una scuola che non è da buttare
8. Piccoli uomini bruni
9. I poveri se ne vanno in silenzio
1 O. Panini e teologia
13. Cominciò con lo sciopero
fame
16. Morire alle porte della Cina
20. F.M.A. in Belgio:
Inviate speciali di Dio
22. Domenico Savio:
Un ragazzo parlava con Dio
26. 13 domande al Presidente degli
Exallievi
Rubriche
15. Pubblicazioni Salesiane
29. Educhiamo come Don Bosco:
Accettateli cosl come sono
30. Nel mondo salesiano
32. Grazie per intercessione di Maria
Ausiliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
In copertina
Gioventù cinese oggi (foto San-
dro Paternostro). Vedi servizio
«Morire alle porte della Cina» a
pag. 16.
BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVI I - N. 5 - Marzo 1973
Direttore Responsabile
DON TERESIO BOSCO
Redazione
0
DON PIETRO AMBROSIO
DO N CARLO DE AMBROG IO
I m p a g i n a zi o ne
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Amministrazione
Via Maria Ausiliatrice. 32
10100 Torino
Officine Greflche SEI
Tirò la jeep controven-
to, scaricò il « ghess »,
cercò l'ombra di una
roccia. Gli diede il ben-
venuto il sibilo sottile
di due vipere. 11 deser-
to vecchio di 350 mi-
lioni d'anni parlò al-
1'uomo del « Luna Park»
L a pista, bianca di sole, si sno-
dava dinanzi a me con trac-
ciato incerto. I solchi nella sab-
bia, fatti dalle grandi ruote delle
cisterne dei "petrolieri", m'obbli-
gavano a una ginnastica continua
per mantenere la direzione della
jeep.
Il sole era alto e mi sentivo
stanco. Solo il vento che soffiava
sul muso della macchina permet-
teva ancora alla jeep di procedere,
benché la temperatura fosse in-
fernale e l'acqua bollisse nel radia-
tore. Di tanto in tanto il mio
sguardo si posava sull'orizzonte.
Sapevo che nella zona c'erano
grossi blocchi di granito emer-
genti dalla sabbia: ricercatissimi
luoghi d'ombra per fare il campo
e attendere la sera per proseguire
il viaggio.
Difatti, verso mezzogiorno, tro-
vai ciò che cercavo. Grosse rocce
apparvero sulla sinistra della pista;
e io mi avvicinai, sicuro che avrei
trovato un po' d'ombra.
Non ne fui deluso. Sulla parete
nord dell'immenso macigno alto
una decina di metri, una lama di
ombra si proiettava sulla sabbia
rossa. Misi la jeep contro vento
per raffreddare il motore e scari-
care il "ghess", cioè l'indispen-
sabile per fare il campo: una
stuoia, il sacco dei viveri, due co-
perte e il treppiede per il fuoco.
Ma, avvicinandomi alla roccia
in ombra, mi accorsi che c'erano
già ospiti : due vipere se ne stavano
raggomitolate nella sabbia, e mi
sorvegliavano senza muoversi. Feci
un salto indietro, m'avvicinai alla
jeep senza perdere di vista le due
serpi velenose, presi il fucile (un
vecchio aggeggio che un indigeno
m'aveva prestato per aiutarlo a
liquidare gli sciacalli che attac-
cavano i suoi greggi).
Misi una cartuccia con piombo
medio. Cercai di colpire le due
vipere d'infilata, per non sprecare
un altro colpo. Tirai e vidi i due
rettili sai.tare in aria tra un nuvolo
di sabbia.
Ripulii la zona dal sangue, stesi
la stuoia che nel deserto è tutto:
cappella, stanza da pranzo, camera
da letto, salotto di ricevimento,
e mi sedetti.
Era l'ora di sesta, e presi il
breviario >>.
Silenzio nel deserto,
silenzio nella grotta,
silenzio nell'Eucarestia
Chi racconta questa avventura
nel deserto non è un nuovo Law-
rence d'Arabia avvolto in un ba-
raccano bianco gonfiato dal vento
sahariano. È Carlo Carretto, uno
dei p dinamici presidenti della
Gioventù Cattolica Italiana, di-
ventato uno dei <( Piccoli Fratelli »
di De Foucauld: nel deserto, dice,

1.3 Page 3

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ha ritrovato se stesso, il senso
della vita, la misura vera delle cose.
Grande scuola, il deserto. Scuola
aspra, palestra dura e sconfinata
per gli allenamenti dello spirito.
«La grande ricchezza del de-
serto sahariano - nota ancora
Carretto - è senza dubbio la soli-
tudine e la gioia della solitudine,
il silenzio. Un silenzio che penetra
per ogni dove, che invade tutto
l'essere, che parla all'anima con
una forza meravigliosa e nuova
non certo conosciuta dall'uomo
distratto.
Per imparare a vivere questo
silenzio, a scadenze ben fisse, noi
"piccolifratelli" partiamo per qual-
che giorno "di deserto".
Una sporta di pane, qualche
dattero, dell'acqua, la Bibbia. Una
giornata di marcia, una grotta.
Un sacerdote celebra la Messa;
e poi parte lasciando nella grotta,
su un altare di sassi, l'Eucarestia.
Cosi, per una settimana, si resterà
soli con l'Eucarestia esposta giorno
e notte.
Silenzio nel deserto, silenzio
nella grotta, silenzio nell'Euca-
restia >).
In quella immensa solitudine
millenaria, è facile ritrovare il
senso delle dimensioni dell'uomo,
della sua nullità, della grandezza
immensa di Dio.
350 milioni di anni
«Questa sabbia che tocco con
le mie mani, che scorre tra le mie
dita, appartiene al primario. Un
qualunque geologo mi direbbe
che è vecchia di 350 milioni di
anni.
I grandi rettili che popolarono
questi luoghi e di cui ho visto i
resti nelle fosse sahariane appar-
tengono al secondario: 130 mi-
lioni di anni.
Quei cammelli che portano il
sale nel Niger e che mi passano
davanti in carovane lunghe ed
eleganti, annoverano i loro pro-
genitori nel lontano terziario : 70
milioni di anni.
E l'uomo, questo uomo così
grande e nello stesso tempo così
piccolo, con quanta lentezza marcia
sui cimiteri di animali che l'hanno
preceduto I È del quaternario, di
ieri: 500 mila anni i>.
Sembra di vivere in un altro
pianeta. Tutto acquista un sapore
nuovo, il giorno con la vampa del
sole che batte a picco arroventando
le sabbie e il cervello. La notte col
suo freddo strano, col suo silenzio
sconvolgente.
<< Quando venni nel Sahara -
confessa Carretto - non amavo
la notte. Essa era in me troppo
legata al modo di vivere europeo.
In quella immensa solitudine millenaria, è
facile ritrovare Il senso delle dimensioni
dall'uomo, dalla sua nullità, della grandezza
immensa di Dio.
3

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Notte significa, per molti, fatica
da aggiungere a quella del giorno;
per altri ancora dissipazione, per
altri ancora insonnia, noia e cose
del genere: il tutto sotto la grande
insegna estenuante delle luci arti-
ficiali.
Qui la notte è tutt'altra cosa.
La notte è innanzi tutto riposo,
vero riposo. Al tramontar del sole
la natura si placa, si distende come
sotto l'azione di un improvviso
cenno divino.
Il vento che ci ha accompagnato
col suo u rlo e la sua rabbia quasi
tutto il giorno, cessa, il caldo si
mitiga, l'atmosfera si fa chiara e
tersa, e ovunque si stende una
grande pace, come se elementi e
uomini volessero rifarsi dopo la
gran battaglia del giorno e del sole.
Fermata la carovana, ti stendi
sulla sabbia con una coperta sotto
il capo e resti cosi a respirare lun-
gamente e saporosamente la brezza
che ha preso iJ posto del vento in-
fuocato e arido del giorno.
Poi ti allontani dall'accampa-
mento e vai sulle dune per la pre-
ghiera. Il tempo passa non tur-
bato dalla fretta né dall'orologio.
Nessun impegno ti assilla, nessun
rumore ti disturba, nessun im-
portuno ti attende : il tempo è
tutto tuo. Ti sazi così di preghiera
e di silenzio, mentre nel cielo si
accendono le stelle.
4
Chi non ha visto non può cre-
dere ciò che sono le stelle per il
deserto. Sarà anche la mancanza
di luci artificiali e la vastità im-
mensa dell'orizzonte ad aumen-
tarne il numero e il fulgore: è certo
che è uno spettacolo impressio-
nante.
Solo il focherello dell'accampa-
mento sul quale bolle l'acqua per
il e sotto il quale cuoce il pane
per la cena s'inquadra con una
luce discreta e guizzante in tutto
quello scintillio del cielo •>.
Il nostro deserto
senza cammelli
Siamo tutti ammalati di Luna-
Park : di sarabande di voci, di
sventagliate di luci artificiali. Per-
diamo inavvertitamente il senso
di Dio, della preghiera, ci intos-
sichiamo dolcemente di veleni an-
ticristiani che intorpidiscono la
nostra anima, il soprannaturale di-
venta lontano, sbiadito, noioso.
E la Chiesa allora ci prende
energicamente di petto, e ci invita
ogni anno a una rude esperienza
di deserto. Non fisicamente, d'ac-
cordo, perché non possiamo pren-
dere un jet, sbarcare al Cairo e
arrampicarci sulla gobba di un
cammello i.n cerca di calde dune
sabbiose. Ma un'esperienza inte-
riore di deserto, cioè di spoglia-
zione, di rinuncia al comfort, alle
La Quaresima è
un lungo sifen.zio,
che prepara Il grido
gioioso di Pasqua:
u Cristo è risorton .
A Taizé due ragazzi
l'hanno scritto
sulla loro auto,
come messaggio
pubblicitario.
comodità, al trantran quotidiano
di una vita mediocre e dissipata,
per rinnovarci interiormente, per
tonificarci nel silenzio, nel con-
tatto con Dio, per disintossicarci
e riacquistare la vigoria asciutta
nella nostra muscolatura spirituale.
Ed è un'esperienza lunga: qua-
ranta giorni. Come quelli passati
da Gesù nel deserto. Come i qua-
ranta giorni di Mosè solitario sul
desertico Sinai, e di Elia in marcia
estenuante verso la montagna dove
doveva incontrarsi con Dio. Come
i quarant'anni di deserto del po-
polo ebraico in marcia verso la
Terra Promessa.
Un'esperienza che si chiama
Quaresima.
Sl, la Quaresima è proprio que-
sto: un prolungamento dei qua-
ranta giorni trascorsi dal Signore
nel deserto in lotta contro Satana.
Tutta la Chiesa, in questi giorni,
riprende e rivive l'esperienza del
suo Capo, il suo misterioso ap-
puntamento con il deserto: si
apparta in un deserto spirituale
per immergersi nel silenzio, nelll!
preghiera, nell'ascolto della Parola
dj Dio, per riaprire, come Gesù,
le ostilità contro le forze del male:
una battaglia che attraverso i giorni
violenti della Passione, sfocerà nella
vittoria di Pasqua.
Questo è il significato della tua
Quaresima: una grande esperienza
spirituale che può dare un'im-
pronta nuova alla tua vita.
Giorni di deserto: cioè di rac-
coglimento, di silenzio, di pre-
ghiera più convinta. Giorni di
«digiuno»: di rinuncia a tante
cose inutili, assorbenti, distraenti,
piccole golosità e comodità, -per
una vita più rude e sobria, più
stile <• pane e acqua >} del deserto
che .stile «salatini e Coca-Cola~
del Luna-Park, con gli occhi più
aperti sulle stelle di Dio che sulle
girandole di luci artificiali, con le
orecchie più dischiuse alla voce
di Dio e al vento dello Spirito che
all'urlo del juke-box.
Pronti cosi alla grande· offen-
siva che ci aspetta ogni giorno,
contro l'egoismo e il male, perché
insieme a Cristo tutti gli uomini
possano risorgere, in un mondo
che sia finalmente, anche per il
nostro impegno, una <i casa degna
di essere abitata dai figli d i Dio •>.

1.5 Page 5

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di
brevi corsi di elettricità, saldatura, fa-
legnameria, pronto soccorso, per la
classe operaia.
Il terremoto ha paralizzato la no-
stra opera sociale in Nicaragua. Ora
noi salesiani siarno disseminati nei
rioni vicini e dirigiamo i comitati
di emergenza per facilitare la distri-
buzione dei viveri, dell'acqua e delle
medicine più urgenti. La casa sa-
lesiana è diventata un centro di cura
e di vaccinazione, cli distribuzione di
acqua e di viveri per i rioni vicini.
I grandi capannoni, metri ,oo X 35,
dove funzionavano le officine, sonori-
tralee
A ll'alba del 23 dicembre 1972 la
città di Managua, capitale del
Nicaragua, 450.000 abitanti, fu sor-
presa da uno spaventoso terremoto.
Il centro della città fu completa-
mente distrutto, con danni superiori
a ogni informazione radiotelevisiva
internazionale. I quartieri attorno al
centro furono seriamente danneggiati,
anzi, alcuni del tutto cancellati dalla
mappa cittadina.
Equipes specializzate degli USA fe-
cero saltare con la dinamite il centro
urbano e diedero fuoco alle rovine,
poiché i cadaveri rimasti sepolti
minacciavano un'epidemia generale.
Cominciarono ad arrivare ceoti-
naià di aerei con viveri e medicinali.
Tuttavia, la fame, la sete e la dispe-
razione diventarono presto un fla-
gello, anche per la disorganizzazione
e la cattiva distribuzione dei soccorsi
in momenti così cruciali.
Al flagello del terremoto si aggiunge
una siccità non meno spaventosa a
raggio nazionale, che rende impossi-
bile ai contadini ricavare un raccolto
nor.male dalla campagna. Queste due
calamità fanno presagire per il Ni-
caragua mesi neri e duri, se la mano
di Dio non ci protegge ampiamente.
L'opera salesiana
Il nostro Centro Giovanile e 10-
serito in un quartiere popolare sot-
tosviluppato. Era frequentato da qua-
si r500 ragazzi. I laboratori di mec-
canica, tipografia e falegnameria pre-
paravano un buon numero di gio-
vani apprendisti. Una scuola gratuita
apriva le sue aule a quasi 200 ragazzi
delle scuole primarie; alcuni di essi
entravano poi in Seminario.
Per la vicina festa di Don Bosco
si dovevano inaugurare il Dispen-
sario medico, ìl gabinetto dentistico,
l'aula di psicologia, l'ufficio di pro-
mozione umana e di collocamento
al lavoro, biblioteca e salone di let-
tura, Direzione e Amministrazione
del Centro Giovanile. Insieme a que-
ste opere incominciavano a funzio-
nare corsi di orientamento morale,
di meccanografia, corsi di cucina e
pasticceria, lezioni di karaté e solle-
vamento pesi. Si progettavano pure
masti fortemente danneggiati. I danni
ammontano all'incirca a 150.000
dollari. Per fortuna, i macchinari
in complesso si sono salvati, e sono
pronti a riprendere il lavoro non
appena i clienti faranno le loro
richieste.
Aiuti solleciti
I danni sono molto gravi. Questa
circolare vorrebbe destare i buoni
sentimenti e il cuore di coloro che
possono mandarci qualche aiuto. La
nostra Comunità salesiana è stata
fino ad ora centro di propulsione
sociale in questi quartieri. L'efficienza
del nostro lavoro futuro dipenderà
assai dagli aiuti che riceveremo in
founa urgente e risoluta. La ricono-
scenza, i sacrifici e le preghiere di
questa nostra Comunità sarà la ri-
compensa che offriremo a coloro che
vorranno aiutarci.
Aff.rno in Cristo e S. G. Bosco
P. ANTONIO MARTIN
SDB, Direuore
5

1.6 Page 6

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A« volte i salesiani sono come
i romani nella notte di c::ipo-
danno: bulterebbero tutto dalla
finestra I), dice il salesiano laico
Gino Cacioli della Scuola 1\\Iedia
inferiore << Gerini » di Roma. Per
lui la scuola invece non è affatto
da buttare. Almeno, certe scuole
e un certo metodo di far scuola.
Toscanaccio dalla battuta rude,
56 anni e capelli bianchi, il prof.
Cacioli ha saputo suscitare nella
sua Scuola l\\Iedia (per ragazzi Jcl
popolo: due su tre sono figli di
operai) una intensa collaborazione
tra insegnanti, allievi e famiglie.
I genitori in questa scuola non
sono degli intrusi, ma si sentono
responsabilizzati e parte attiva.
Essi hanno - com'è naturale -
gli incontri periodici con gli edu-
catori dei loro :figli, le riunioni
plenarie trimestrali, ecc. Ma so-
prattutto operano attraverso il
«Consiglio dei genitori ».
In ogni classe all'inizio dell'anno
vengono designati tre genitori come
membri del Consiglio, e non per
assumere una posizione cli p1c-
~Ligio o in \\ista di un più compia-
cente trattamento verso i loro figli,
ma per una esplicita assunzione
di impegni a servizio della scuola.
una scuola
chenonè
d

1.7 Page 7

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per due ore (e non di rado vengono
posti sul tappeto non solo i pro-
blemi scolastici ma anche quelli
della famiglia, sovente delicati,
ma in clima di piena fiducia).
N e lla pagina precedente : mostra didattica al Gerini. Giudici implacabili sono fratelli e
sorelle. Sopra: la Scuola non chiude il ragauo, ma lo stimola ad inserirsi nella vita par-
rocchiaJe, a diventare sensibile ai poveri che non abitano tanto lontano.
li << Consiglio dei genitori,) non
parte da regolamenti o programmi
precostituiti, ma inventa di volta
in volta i suoi progetti: le manife-
stazioni, le gite, le fefte, le pre-
miazioni, ecc.
Le gite, è stato deciso, non de-
vono essere dei soli ragazzi con
qualche insegnante che li sorvegli,
ma devono essere familiari perché
i ragazzi non vanno separati dai
genitori proprio in quell'unico
giorno (la festa) che possono tra-
scorrere per intero con loro. Per-
ciò tutti insieme vanno sulla neve,
alla scampagnata, alla gita tllii-
stica. Anche alla beatificazione di
Don Rua, il <e Gerini >> è stato pre-
sente non con una rappresentanza
di allievi, ma con quaranta gruppi
familiari.
I genitori organizzano il carne-
vale della scuola. Assistono ai
giochi, fanno da arbitri e da giuria.
In teatro, mentre gli insegnanti
col cerone sulle guance recitano
l'operetta, i genitori sorvegliano,
lanciano la lotteria per le missioni
della Corea, dirigono la sfilata delle
<e mascherine)) e assegnano i premi.
Un mazzo di garofani bianchi
per le mamme dei Salesiani
Ogni anno ha luogo la << festa
della mamma >>, diventata - dopo
le proposte dei padri (<< E noi, dob-
biamo solo sborsare?>>) - la << fe-
sta della famiglia •>. Quel giorno
i genitori prendono possesso della
scuola. Dopo la messa comuni-
taria, l'inaugurazione della mostra
didattica e la visita ai laboratori.
Poi le attività sportive, con i padri
che fanno da arbitri, giurie e spet-
tatori. L'immancabile foto-ricordo
e poi il pranzo, anch'esso organiz-
zato dai genitori: essi hanno com-
pilato il menù, fissato la quota di
partecipazione per coprire le spese,
abbellite le mense.
Alla fine comincia il «tratteni-
mento >> in cui si esibiscono gli
allievi, i loro fratelli e sorelle, e i
genitori. Tutti hanno molto da
dire e da fare. Nascono i gesti
commoventi (ogni alunno conse-
gna una rosa alla sua mamma e al
suo papà; una mamma offre un
mazzo di garofani bianchi agli
educatori per le loro mamme).
Quindi la lieta baraonda prosegue
nei cortili, e si conclude in teatro.
<e Ci siamo sentiti veramente in
famiglia >>, dicono i genitori alla
fine. E che al << Gerini 1> la scuola
non sia qualcosa di separato dalla
vita di famiglia lo dicono tante
altre cose. C'è la scheda personale
di ogni ragazzo, che rispecchia la
situazione familiare per poterlo
valutare non tanto in voti decimali
quanto nella sua crescita umana.
C'è il telefono di casa che squilla
quando il ragazzo è malato, o per
il suo onomastico o compleanno.
Il prof. Cacioli si mette a dispo-
sizione dei genitori ogni giorno
« I ragazzi sono i nostri
padroni»
I rappresentanti dei genitori a
fine anno possono assistere agli
scrutini e rendersi conto di tutti
gli elementi - scolastici, fami-
liari e sociali - che per ogni ra-
gazzo vengono presi in considera-
zione: giungono cosl ad accettare
(a volte perfino ringraziando) i
verdetti negativi.
La scuola «Gerini >> stimola i
suoi ragazzi a portare il loro nuovo
modo di vivere anche nelle par-
rocchie, diventando elementi utili
ai parroci e ai compagni. Alcuni
di questi ragazzi, e perfino qualche
loro mamma, hanno costituito
l'APE («Attività Parrocchiale
Evangelica >>), un gruppo di cate-
chisti attivi soprattutto per la
preparazione dei bambini alla pri-
ma Comunione.
Le conseguenze del nuovo clima
- favorito dall'appoggio del di-
rettore de!J'opera e da una cre-
scente intesa fra gli insegnanti -
sono intuibili. Nel luglio scorso le
iscrizioni alla Scuola Media erano
complete dopo una decina di
giorni. La Scuola, che qualche
anno prima per la scarsità degli
allievi aveva chiuso una sezione,
quest'anno ha dovuto riaprirla in
fretta.
<1 Qualunque iniziativa proponia-
mo - dice il prof. Cacioli - sem-
bra di bussare alla porta nostra >>.
Per tutto questi ci sono moti-
vazioni di fondo. « Le famiglie -
spiega il prof:Cacioli - mandano
a noi i loro tesori. Tesori non in
senso astratto, ma reale: per questi
figli sono capaci di dare la loro
esistenza ». E per quel che con-
cerne gli educatori che lavorano
con lui, egli ricorda le parole di
Don Bosco: \\< I ragazzi sono i nostri_
padroni>).
Cosl nella misura in cui si sal-
dano questi due atteggiamenti -
dei genitori e degli educatori -
nasce una scuola che non è per
nulla da buttare. Una scuola in
cui si può credere.
7

1.8 Page 8

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A vete una carta geografica del-
!'India? A sud del bianco e
ghiacciato Tibet, lungo la verticale
che scende dal Sikkim a Calcutta,
puntate un dito sulla pianura
creata dal vasto delta del Gange:
è Cbapra. La missione di Chapra
non ha mai fatto la sua com parsa
sul (< Bollettino >>. Permettete che
timidamente si presenti.
La nostra zona è un laborioso
formicaio umano. I piccoli uomini
bruni lavorano sodo nei loro campi,
o nei campi altrui, o come porta-
tori. Ma il loro guadagno giorna-
liero non oltrepassa le 200 lire
italiane, e le famiglie da mante-
nere sono numerose assai. Anche
i 2500 cattolici, che fanno capo a
dieci centri missionari, apparten-
gono all'ultimo gradino dei lavo-
ratori.
La grande maggioranza delle
famiglie vive in capanne dalle pa-
reti e dal pavimento in fango pres-
Sl!to. Il tetto è normalmente di
paglia, e protegge a mala pena
dal!'umidità durante la stagione
delle piogge e dal freddo in-
vernale.
La spaventosa inondazione del-
l'anno passato diede inizio a un
periodo nero per il nostro popolo.
L'acqua sciolse e lavò via un gran
numero di capanne, lavò via anche
le strade, costruite in fango bat-
tuto, leggermente;: rialzate rispetto
alla pianura circostante. Si do-
vette circolare i.n barca, per por-
tare cibo a gente letteralmente
priva di tutto.
Questa situazione coincise con
la fiumana di sfollati che la guerra
del Ilangladesh spinse verso i no-
stri villaggi. Sfollati alla ricerca
disperata di riso, di una casa. Gli
alluvionati sparsi in 65 villaggi
sommavano a 30 mila persone. Gli
sfollati, nella stessa zona, erano
r5 mila.
A questo punto giunse il colera.
L'epidemia scavò vuoti paurosi
tra quelle masse. I morti venivano
abbandonati sull'orlo delle strade,
mentre le doloranti carovane dei
profughi proseguivano il loro cam-
mino verso altre zone meno di-
sastrate.
Per noi missionari quello fu un
tempo di lavoro urgente e pres-
sante, senza un attimo di tregua.
Bisognava seppellire i morti e iniet-
tare il vaccino anticolera a quante
più persone possibile, passando
di villaggio in villaggio a bordo
di una jeep. Le suore cooperarono
in modo eroico, maneggiando si-
ringa e zappa.
Il problema del cibo per far
sopravvivere la gente, fu affron-
tato con l'imponente aiuto di or-
ganizzazioni caritative, che man-
darono ingenti quantità di viveri.
Si può affermare che quasi tutti
furono salvati dallo spettro della
fame.
Quando la terra si prosciugò
Quando la terra si prosciugò,
i nostri sforzi si concentrarono
sul problema della ricostruzione
di casette a basso costo. Fu deter-
minante l'aiuto del Catholic Relief
Service, col quale tracciammo un
piano di lavoro: costruzione di
2000 casette dai muri di terra
Dall'alto in basso, a da sinistra a destra:
la nascita di una delle 2000 casette dai muri
di fango pressato. Don Mattaucci che ha
diretto I lavori, è finito, festeggiatissimo,
su un tetto.

1.9 Page 9

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inMri se nevanno al buio
Sono parecchio stanco, Signore.
Forse è per questo che sto volen-
tieri qui seduto a parlare con Te.
Par nascere la tua Chiesa fra que-
sta gente che ancora non ti conosce.
Com'è pesante questo lavoro. E hai
chiamato me, in queste vallate dove
l'elefante è ancora padrone, e le belve
si fanno ancora temere.
Perché hai scelto me per questo
lavoro? Possibile che non abbia
trovato un prete migliore per pren-
dere il tuo posto fra queste tribù?
Io sono contento della mia vocazione,
ma un'altra volta ti suggerirei di
guardare un po' più in ~ro. Trove-
rai dei più bravi e dei più degni.
È domenica sera. Splende la luna
piena. Penso alla vita di noi missio-
nari: non ti pare un po' strana? Si
parla bene di noi. Si ri pcte che siamo
persone ~ fuori serie >l. lo fuori serie?
Ricordi come mi ricevevano in certe
case in Europa ? Mi trovavo non
<< fuori serie ~, ma i< fuori posto
Forse si parla troppo della poesia
delle missioni. Io ancora non l'ho
trovata. È dura, e tu lo sai.
La mia chiesa. Tu la conosci bene.
Una capanna di 50 piedi. Era zeppa
questa mattina, come al solito. Hai
sentito i nostri canti. Siamo ancora
rozzi, abbi pazienza. E la croce?
Due pezzi di legno con un bel chiodo
in mezzo. Credo sia molto simile alla
tua, quella vera.
Da una settimana c'è con me
Monden, il catechista nuovo. Non
è uo prodigio di intelligenza, ma è
pio, e la sua famiglia è sana. Questa
mattina ho benedetto la sua capanna.
Mi sono accorto che non hanno niente.
L'ho aiutato perché compri del riso
per i bambini. Ce ne sono 26 cate-
chisti, qui attorno. Più o meno
tutti cosi.
Ho fatto il catechismo ai ragazzi.
Semplici e innocenti. Non ti pare
che capiscano bene? Poi agli adulti.
La lavagna dietro l'altare si è riem-
pita dì disegni. Non è molto liturgico,
ma voglio che la gente capisca.
Ho scelto i più poveri di tutta la
missione come mia parte. Mi annun-
ciano ora che è .morta Sofia, 7 anni.
Due giorni fa ho detto Messa nel
suo villaggio. Ho pregato nella sua
capanna. Era buio e non si vedeva
niente. I poveri se ne vanno al buio.
Anche le lacrime sono scarse in
queste capanne. Nella settimana altri
due bambini sono morti nel villaggio.
Angeli che pregheranno per noi,
certo, ma anche piccoli uomini che
Tu ci avevi affidato, e che noi non
siamo stati capaci di far crescere
alla vita.
Ti prego per le vocazioni missio-
narie, Signore. Chiama giovani ge-
nerosi, uomini generosi, che siano
rnissionàri al di qua e al di del-
l'oceano. C'è posto per tutti. C'è
urgenza per tutti.
Buona notte, Signore.
Padre ROBERTO PERNIA
Missionario tra I Bhoi • Maghalaya (India)
secondo l'antica tecnica contadina
bengalese, ingaggiando al lavoro
migliaia di disoccupati, retribuiti
con cibo e vestiti.
C'era ancora il problema delle
strade lavate via dall'inondazione.
Con la cooperazione dei capi vil-
laggio e dei catechisti, si tracciò
un piano per la costruzione di
strade tra i 65 villaggi, strade che
funzionassero anche nei tempi di
pioggia. Prima che arrivasse la
stagione dei monsoni furono co-
struite circa I oo chilometri di
strade.
Ce l'abbiamo messa tutta, e
nonostante serissin1e difficoltà fi-
nanziarie abbiamo apportato un
deciso miglioramento a questa po-
polazione, non solo economico, ma
psicologico e spirituale. È conso-
lante sentire non solo dai cristiani
ma da ogni abitante della zona:
<e La missione e il Padre hanno
salvato dalla morte sicura le nostre
famiglie •>.
Il beneficio più grande l'hanno
ricevuto le famiglie alle quali ho
potuto completare la casa con un
tetto di bambù e di regole. Feci
una « campagna privata » tra amici
e compaesani, e con il loro aiuto
riuscii a coprire r20 casette. Un
capofamiglia mi ha detto: <1 Ora
mi sento un uomo, perché i miei
figli non tremano quando arriva
la pioggia >).
Abbiamo fatto una festa per
quelle 120 case. Una festa molto
simile alla Pasqua, perché per
q_uelle ~amiglie fu un giorno di
risurrezione.
Ma il programma è ancora molto
lontano dal compimento. Riman-
gono più di 1 800 casette ricoperte
di paglia che attendono migliaia e
migliaia di tegole. Abbiamo biso-
gno dell'aiuto di tutti: del Signore
e degli uomini. Sono sicuro che la
Provvidenza non abbandonerà né
me, né il mio popolo.
Padre GIULIO MATTEUCCI
salesiano
bruni
9

1.10 Page 10

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Ogni lunedì sera 85
giovani si danno con-
vegno, nel salone par-
rocchiale di Valdocco.
Vengono dalle scuole
superiori, dall'officina.
Non vengono per il ci-
nema, o per sentire
dischi, ma per studiare
teologia. Com'è nata
l'iniziativa. Cosa ne
pensano ragazzi e ra-
gazze.
A Ile 19.30 di ogni lunedì arrivano.
Capelloni e quasi rapati, giub-
b:1stri e bisacce alla Che Guevara,
ampi rifornimenti di sigarette, ragaz-
Z<: e giovanotti dai 1.7 ai 24 anni .
Ven~ono dalle scuole superiori,
dall'officina, qualcuno al lavoro andrà
dopo, col turno di notte. Entrano nel
salone parrocchiale di Valdocco. Fra
trenta minuti tutto sarà molto sirnile
a un accampamento e la lavagna sarà
ingombra di schemi, parole-giganti,
segni indecifrabili.
Ogni lunedl tre ore di teologia: i
grandi temi della fede, la Bibbia,
la legge, il peccato, la coscienza.
Tra la prima e la seconda orn, alle
20,151 un intervallo di 20 minuti per
buttar giù un panino e un c;iffè: b1
cena della grande maggioranza. Poi
avanti, fino alle 23.
<( La prima volta che abbiamo visto
questa specie di folla - mi dice <lon
Tonelli , uno degli organizzatori del
corso - abbiamo dilatato gli ocd1i:
"Non può durare - ho detto. - Alla
ter.r.a lezione saranno la metà". Alla
terza lezione da 76 erano passati a 85.
E don Gozzelino aveva attaccato a
fondo i grandi temi di Dio, Cristo,
la Chiesa. E don Bartolini svolgeva
molto seriamente l'antropologia teo-
logica della Gaudium et Spes ».
L'idea di questo corso annuale di
teologia per giovani nacque al Campo
Scuola di Ulzio. Lassù, quest'estate,
un centinaio di giovani passò una
fetta delle ferie studiando <( Fede
Cristiana e impegno politico >>. Ma
in dieci giorni, anche mettendocela
tutta, si può far poco. Qualcuno pro-
pose che a Torino si continuasse,
anzi, che si ricominciasse da capo,
mettendo solide basi teologiche.
r Salesiani del << Centro di Pasto-
rale Giovanile>>, insieme ai respon-
sabili delle due ispettorie con sede
in Torino, studiarono un programma
1O nutrito e denso:
Visione cristiana dell'uomo e della
storia (8 ore);
Sintesi dell'aspetto teologico (12
ore);
Introduzione alla Bibbia (8 ore);
Sintesi dell'aspetto liturgico (6 ore);
Sintesi dell'aspetto morale (6 ore);
Introduzione alla sociologia fon-
damentale (4 ore);
Introduzione alla dinamica di grup-
po (8 ore);
Metodologia dell'animazione cul-
turale (6 ore);
Metodologia della pastorale gio-
vanile (4 ore).
In più, tavole rotonde e gruppi di
riflessione su temi monografici.
Il ciclostilato che portava il pro-
gramma si rivolgeva ai <• giovai1i ani-
matori di gruppi ecclesiastici ». Tra
il resto diceva: <( L'animazione, nel-
l'attuale contesto culturale, richiede
una precisa qualificazione ''professio-
nale", secondo due direttrici : un appro-
f 011dimento culturale sulla linea della
propria identità cristiana e una preci.sa
formazione tecnica, per possedere gli
strumenti di questa animazione. Il
corso risponde alle due esigenze. Mira,
in sintesi, alla qualificazione e forma-
zio11e di giovani animatori di gruppi
giovanili ecclesiali >>.
Si annunciava l'inizio del corso per
la metà di ottobre, e la fine per la
metà di aprile 1973. Si chiedeva una
quota di iscrizione di lire 7 .mila.
Docenti: don Tonelli, don Galizzi e
don Bartoliru, del Centro di Pasto-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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E.
raie Giovanile; don Gozzelino, del-
1'Ateneo Salesiano; don Mosso e
don Tuninetti del Seminario Mag-
giore; Mario Pollo dell'Università
di Torino.
A dicembre la sorpresa: i giovani
stessi propongono di dedicare le ferie
natalizie all'approfondimento di un
tema assai importante: 1 << giovani
e la Chiesa: quale Chiesa, chi è
Chiesa, come essere Chiesa ». Dal
26 al 29 dicembre, 95 giovani salgono
a Peveragno (Cuneo), tra i campi di
sci, si chiudono nella Casa Salesiana,
e sotto la guida di padre Giacomo
Grasso dedicano 7-8 ore giornaliere
a lezioni, dibattiti, lavoro di gruppo,
riflessione.
Una sera di dicembre ho affron-
tato alcuni di questi ragazzi. Tra
panini, biscotti e bicchieri di vino
(era una sera mo.lto fredda) è nata
un'intervista volante, che rivela, mi
pare, la concretezza lucida di questi
giovani.
DOMANDA Chi torna a scuola di
sua iniziativa, è perché sente elle gli"
manca qualche cosa. Cosa 111a11cava
a voi?
PIERMARIO: Io ho sempre sentito
l'esigenza, lavorando con i giovani
in gruppi socia.li, di saperne un po'
di più sulla fede e sui metodi di lavoro
all'interno dei gruppi. Ho cercato di
aggiustarmi da solo, m.a concludevo
abbastanza poco. Mi mancava una
base generale di psicologia e di teolo-
Dal 26 al 29 dicembre sono saliti a Peve-
ragno. tra i campi di sci. Si sono chiusi
nella Casa salesiana, e per 7 ..3 ore giorna•
liere hanno studiato il tema: "t giovani e
la Chiesa: quale Chiesa, chi è Chiesa, come
essere Chie.sa».
T
11

2.2 Page 12

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gia. Sono venuto qui a cercare una
base di lavoro.
MARILENA: Invece io cercavo qual-
cosa per me, non per glj altri. Un
chiarimento teologico delle mie posi-
zioni personali. E cercavo anche un
dialogo in campo religioso con altri
giovani, perché sono in un periodo
di <• chiusura facile ,1.
EMANUELA: Mi sorprendevo a dire
certe cose agli altri che non sapevo
bene cosa significassero. Per questo
sentivo l'esigenza di chiarire a me
stessa tante cose.
CARLO: Io sento molto la frattura
era fede e impegno politico. L'av-
verto nell'attività che cerco dì svol-
gere nella vita di ogni giorno. Cerco
in questo corso un aiuto per scoprire
il superamento di questa frattura.
Non credo che troverò la soluzione
bell'e fatta. Sarebbe da bambini cre-
derlo. Ognuno la soluzione deve in-
ventarsela nella realtà, giorno per
giorno.
DOMANDA: Com'è venuta a cono-
scenza di questo corso?
MARILENA: Ero alla ricerca di qual-
cosa di sjmile. Diciamo che stavo
*con le orecchie tese >1. Sarei andata
anche altrove, se allrove avessi tro-
vato una scuola così. In tutta Torino
ho trovato solo questo corso. Se avessi
voluto diventare dattilografa, avrei
trovato cento scuole a contendersi
la mia domanda. Per un approfon-
dimento cristiano, invece, ho trovato
solo questo, e dopo molto cercare.
DOMANDA: Allora voi proponete ai
preti di moltiplicarli questi corsi liberi
di teologia?
CARLO: lo ai preti propongo innan-
zitutto una testimonianza maggiore
del fatto che sono preti. Questo si
trasforma nel dire più esp!jcitamente
qual è il loro modo di credere e di
vedere la vita. Subito dopo, certo,
proporrei di moltiplicare scuole di
cristianesimo strettamente legato con
la politica e l'economia, che sono
tanta parte della nostra vita.
EMANUELA: 1 on credo che molti-
plicare queste scuole sia una specie
di bacchetta magica. Tutto sta nella
gente che la fa, questa scuola. Se è
gente che afferma autoritariamente:
<• È così e basta 1), allora è meglio che
non ci siano. Non desideriamo geme
che «tenga cattedra », ma che «fac-
cia ricerca di religione con noi ~-
DOMANDA· Tra le taute, quale le-
zione vi ha chiarito veramente qual-
cosa di essenziale?
MARILENA: Cito a modo di esem-
pio la tavola rotonda ili martedì, sul
peccato originale. Non ho assoluta-
mente risolto il problema, ma è stato
12 un chiarimento di idee.
PIERMARIO: Ciò che mi ha messo
davvero a mio agio è la dinamica
gruppo e l'antropologia, materie che
per me erano nebbia. Ma poi, in ge-
nerale, tutte le lezioni di teologia mi
hanno soddisfatto finora, perché mi
hanno costretto a uscire dall'indif-
ferenza. Dopo certi approfonilimenti,
il Cristianesimo ~i può prendere o
lasciare, rna non si può rimanere
indifferenti nei suoi riguardi.
CARLO: Ritengo interessante tutta
l'impostazione che don Gozzelino
ha dato alle lezioni di dogma. Resta.no
molti problemi, e alcune cose non le
condivido affatto. Ma l'impostazione
è veramente interessante, perché se
a livello di dichiarazione di fede espli-
cita non ci sono delle cose credibili,
il discorso cade in pieno.
DOMANDA: Il discorso religioso eh.e
state facendo, .,i ricollega a quello che
avete fatto nella scuola di religione
delle medie superiori, o riparte da zero?
CARLO: Non riparte da zero, ma
non si ricollega affatto alla scuola di
religione. Ho frequentato medie in-
feriori e superiori in case religiose.
Ma è stata un'esperienza neutra,
forse anche negativa. Tutto ciò che
posso aver acquistato deriva dall'aver
vissuto in ambiente di oratorio, e poi
da discussioni e ricerche personali.
nERMARlO: Ho avuto degli inse-
gnanti di religione di buona volontà.
Ma il livello era quello delle doman-
dine del catechismo di Pio X. Il re-
parto *cultura religiosa •> ho dovuto
farmelo da solo.
DOMANDA: Che cosa sacrificate per
venire a questo corso?
MARILENA: Voglia di dormire.
PlE.RMARIO: Sonno, sacro sonno
meritato lavorando. Subito dopo le
lezioni devo iniziare il turno di notte.
E poi hobby vari e compagnja con la
ragazza.
EMANUELA: Qualche ora rubata
allo studio e pace in famiglia.
DOMANDA: Perché pace in famiglia?
EMANUELA: trattasse di andare
a vedere un film, mia madre capi-
rebbe berussimo. Ma un corso di
teologia non lo capisce assolutamente,
non si rende conto del perché. Ho
cercato di spiegarglielo, inutilmente.
DOMANDA: Su una rivista di n·so-
nanza nazionale, un illustre giorna-
lista ha scritto alcuni giorni Ja : « La
teologia è una scienza inventata dai
preti, che interessa soltanto loro. H un
ltmgo g<1rgarismo ». Ora che conoscete
almeno qualcosa della teologia, come
giudicaIP queste ptlrole?
EMANUELA: Forse avevo anch'io,
fino a qualche tempo fa, questa im-
pressione. NeUa mentalità comune
non si crede che la teologia sia una
scienza. Le cose di Dio sono per lo più
cose romantiche, consolatorie. Oggi
invece capisco che al problema di
Dio si può rispondere sì o no, ma
prima bisogna cercare.
MARlLENA: Sinceramente, se mia
madre mi dicesse che la teologia è
una cosa solo dei preti, non oserei
darle torto al cento per cento. Spesso
si ha l'impressione che il teologo sia
una persona che parla dall'alto, a se
stesso, che si compiace, che crede a
determinati princìpi e li difende con-
tro chiunque, solo perché vive in
essi come in una roccaforte. E allora
mi domando: a mia madre, a certi
gerurori che non hanno una forte base
culturale, che cosa può dire la reo-
logia? Per loro· ·non è qualcosa di
molto simile a un gargarismo?
CARLO: Io penso che quel giorna-
lista non abbia capito molto che cosa
vuol essere la teol.ogia. Essa vuole
capire qualcosa di più dei rapporti
tra l'uomo e Dio. Allora, o sono
uomiru soltanto i preti, e allora la
teologia è solo affar loro. O sono
uomini tutti, e allora è affare di tutti
capire qualcosa in quel senso. Par-
lare delle possibili deformazioni della
teologia è un altro discorso. Però ne-
garne la validità mi pare sciocco.
DOMANDA: Passare le ferie natalizie
in montagna, n.011 a sciare, non a di-
vertirsi con la ragazza, ma a studiare
teologia. Se la gente <• normale 1> sa-
pesse una cosa simile la giudicherebbe
una pazzia, In fo11do, 11011 puzza di
pazzia anche a voi?
MARILENA: A me, in famiglia, lo
dicono_ tutti i giorni. Dicono: ti pas-
serà. E una malattia, curabile col
tempo. E penso veramente che se-
condo la <• norma comune 11, giovani
che facciano ciò che noi stiamo fa-
cendo, siano giudicati ~ anormali ».
Ma sempre secondo la «norma co-
mune» sono giudicati anormali an-
che moltissimi altri: dai santi ru rivo-
luzionari, dagli onesti agli idealisti.
~on so dove andrebbe a finire un
mondo con una gioventù tutta pe-
corescamente a seguire la << norma
comune,>.
PIERMARIO: È molti anni che faccio
in estate campi di lavoro e in inverno
corsi di studio. Eppure mi piace mol-
tissimo sciare e stare con la mia ra~
gazza. Però c'è una scala di valori
in cui credo, e che io rispetto. Impe-
gnarsi a vivere e imparare a vivere
in questo mondo così stranamente
pieno di sfruttatori e di sfruttati,
rru pare molto più valido socialmente
che il solito sciare e il solito filare
ciloi nanloarmraaglaitzàzaru.
Giro perciò l'accusa
ragazzi che sprecano
i giorni e 8 mila lire al giorno per
scendere in sci e risalire in sciovia.

2.3 Page 13

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sciop•·ercoiò conio
della
Capelli radi e bianchi, occhi ir-
requieti nella faccia volitiva,
parola instancabile come i brasi-
liani di razza. Si chiama José
Vieira Vasconcellos, e ride a piena
bocca raccontando la sua storia:
<1 La mia vocazione di educa-
tore è di origine alquanto dubbia.
Per due volte di seguito, da ra-
gazzo, riuscii a fare infuriare a tal
punto i religiosi miei educatori,
che mi cacciarono dal collegio.
Mio padre, giunto alla dispe-
razione, fece il terzo tentativo
portandomi dai Salesiani a Ca-
choeira do Campo. Senza che io
ne sapessi niente, stipulò con i
miei nuovi educatori un patto di
ferro con clausole segrete.
Freddamente deciso, cominciai
a · porre in atto il mio "piano di
lavoro" per raggiungere la terza
espulsione. Avrei fatto salire l'an-
sietà dei superiori fino al livello
di esplosione. A quel punto avrei
piazzato la botta di una mancanza
clamorosa, e avrei fatto le valigie.
Una delle carte che giocavo
sempre con esito sicuro era lo
sciopero della fame. L'iniziai il
secondo giorno. Uno sciopero truc-
cato, naturalmente. Mi ero por-
tato da casa qualche provvista,
e di notte mi calavo dal dormi-
torio nel frutteto.
Ma i giorni passarono, e l'an-
sietà dei superiori nei miei ri-
guardi non saliva affatto. Ero alle
ultime scatole di biscotti e dovevo
inventare qualcosa di nuovo. Que-
sta volta però era intervenuto un
fattore imprevisto: il collegio sa-
lesiano era assai diverso dai pre-
cedenti, e mio malgrado mi ci
trovavo bene.
Fu a questo punto che la botta
segreta me la piazzò il consigliere
scolastico. Mi chiamò, e con calma
olimpica mi disse: "A proposito,
ho saputo che fai lo sciopero della
fame e ne combini di tutti i colori
perché vuoi farti cacciare. Devo
confessarti un particolare: ho dato
la parola d'onore a tuo padre che
non ti caccerò neanche se rompe-
rai tutte le vetrate del collegio".
Mi misi a ridere, e firmai la resa
senza condizioni 1>.
Al termine dell'anno scolastico,
però, José fece sobbalzare sul
serio suo padre e i suoi educatori:
presentò regolare domanda di di-
ventare salesiano.
Il padre non volle credere che
fosse una cosa seria (o forse vo-
leva prendersi una ironica ven-
detta). Pretese prima che finisse
gli studi.
Dopo tre anni, José ripresentò
la domanda, questa volta contro-
firmata dal padre. Fu accettato, di-
venne sacerdote e per lunghi anni
formatore di giovani che si pre-
paravano al sacerdozio. << Ho avuto
sempre una predilezione - con-
fessa - per quei giovani che appa-
rivano più inquieti e difficili )).
A questo punto, nella vita di
padre José Vasconcel1os entra il
paradosso: viene nominato presi-
dente della Federazione brasiliana
dei Collegi Cattolici. Io credo
nell'umorismo di Dio ►>, dice). Vie-
ne pure chiamato a posti di gran-
dissima responsabilità nelle orga-
nizzazioni educative del Brasile e
dell' Unesco. Fra l'altro, nel 1970-
71 presiede i.n Brasile la commis-
sione di studio che elabora la
nuova legislazione scolastica del
Paese. Confessa con semplicità:
<< Consacro volentieri tutte le mie
energie alla progettazione di una
scuola futura migliore, e mi appas-
siono in questo lavoro, perché
credo veramente nella scuola ».
Don Enzo Bianco l'ha intervi-
stato recentemente a Roma. Pre-
sentiamo alcuni interventi che in- 13

2.4 Page 14

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" La scuola à la realt'11 più impegnativa e più delicata del nostro mondo, - afferma padre
Vasconcellos. - I giovani di oggi saranno i protagonisti della civilt'11 di domani. Occorre,
nella nostra scuola. fare dalle persona umana il centro delle preoccupa~ioni e dal progresso».
14
quadrano il lavoro e il pensiero
di questo grande salesiano.
DOMANDA. Le scuole salesiane
souo scuole private. Secondo lei, la
scuola privata ha. un avvenire, o è al
suo inevitabile tramonto?
R1SPOSTA. Vedo un avvenire po-
sitivo per la scuola privata. Però
non per tutte le scuole private
operanti oggi, ma solo per quelle
che si collocano a un livello di
eccellenza. Una scuola privata me-
diocre non serve: tanto vale man-
dare i ragazzi a una scuola statale
mediocre, che ha il vantaggio per
le famiglie di essere totalmente
gratuita.
A mio parere, le Congrega-
zioni religiose insegnanti dovreb-
bero rivedere con coraggio e libertà
di spirito tutte le opere esistenti.
Cna parte notevole di esse è sorta
per motivi del tutto episodici.
Una benemerita signora che pos-
siede un terreno fuori mano e
vuole perpetuare il suo nome,
costruisce una scuola e la dona
ai religiosi. Per testamento essi
sono condannati a celebrare la
memoria di questa signora con un
lavoro a volte sterile e dimezzato,
per mancanza di locali, di respiro,
di contatti, di molti elementt es-
senziali per la piena educazione
dei ragazzi.
DOMANDA. Ritiene il messaggio
di Don Bosco valido oggi in Ame-
rica Latina?
RISPOSTA. È sempre più attuale.
Parlo del messaggio, non neces-
sariamente delle opere salesiane
esistenti. Credo che in più di un
luogo le istituzioni col tempo si
siano logorate, come tutte le cose
umane. Soprattutto, ciò che fu
chiamato <, collegializzazione della
Congregazione)) l'ha allontanata
da quel lavoro educativo extra-
scolastico che, soprattutto nel-
1'America Latina, è urgente ri-
prendere. Sono sicuro che Don
Bosco, se fosse vivo, lo avrebbe
fatto da anni. Noi invece facciamo
appena qualche timido passo. Il
che lascia veramente disperati molti
giovani salesiani.
In questo contesto gioca un
ruolo decisivo la tradizione : le
<< venerabili ·tradizioni >l. Sembra
che si sia smarrito il senso vero di
questa parola, la sua etimologia,
che indica 11 qualcosa che si con-

2.5 Page 15

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segna perché altri la portino più
oltre >l. Da molti oggi la tradizione
è vista sol.o come qualcosa che si
conserva, ma non si porta più
avanti.
Tradizione non deve significare
che i vivi sono morti, ma che i
morti sono vivi. Io personalmente
ho adottato come programma di
lavoro questo slogan di un politico
americano: <1 Levarsi il cappello
davanti al passato, e levarsi la
giacca davanti al futuro >>.
DOMANDA. Come presidente dei
Collegi Cattolici e membro di Orga-
nizzazioni educative internazionali,
ha qualche osservazione da fare ai
sacerdoti e religiosi insegnanti?
RISPOSTA. C'è una forma di se-
paratismo, tra Congregazioni in••
segnanti e Organizzazioni educa-
tive, che è assai dannosa. Le Orga-
nizzazioni promuovono giornate di
studio, congressi, seminari, ma vi
prendono parte soprattutto i reli-
giosi più giovani, quelli che sen-
tono la necessità di rendere la
scuola più efficace. Quasi mai vi
partecipano gli effettivi responsa-
bili, coloro che potranno poi cam-
biare veramente le cose, cioè i
superiori religiosi. Nelle loro agen-
de personali sembra che non ci sia
posto per i convegni, i seminari di
studio, i congressi sulla scuola.
Succede cosi che i progressi
compiuti dagli sperimentatori in
campo didattico restano senza ap-
plicazione, che le decisioni ap-
provate dai convegni vari cadono
come lettera morta.
DOMAJ.'<DA. Nelle nostre scuole
quale 1.tso si fa degli strumenti di
comunicazione sociale?
RISPOSTA. Qualche passo avanti
è stato compiuto, ma il cammino
da percorrere resta ancora lungo.
L'educatore deve avere una pre-
parazione speciale per questo set-
tore. Una volta acquisita, troverà
piacevole il suo lavoro tra i ragazzi.
Al contrario, se vuole mantenere
l'insegnamento tradizionale con i
metodi tradizionali, con certi ma-
nuali che hanno celebrato le nozze
d'argento di pubblicazione, la scuo-
la diventerà un tormento.
Qualcuno ha detto che i costrut-
tori degli edifici scolastici fanno
le porte di uscita più larghe di
quelle d'entrata, perché quando i
ragazzi escono da certe scuole si
verifica un'esplosione di gioia. È
una battuta triste, che deve far
riflettere tutti noi educatori e inse-
gnanti. Gli educatori devono pre-
pararsi alla loro missione vivendo
immersi nella realtà della comuni-
cazione sociale, e non solo rasse-
gnandosi a sopportarla.
DOMANDA. Molti sacerdoti 1i-
mangono perplessi da•vanti agli orien-
tamenti della scuola moderna. Lei
che ne pensa?
RISPOSTA. Bisogna sgombrare il
campo da certi malintesi. L'edu-
cazione e la cultura stanno incam-
minandosi sempre più verso un
indirizzo tecnico. Un primo ma-
linteso consiste nel credere che le
materie dj cultura generale per
loro natura perfezionino l'uomo,
e che quelle tecniche lo deformino.
In realtà le une e le altre perfezio-
nano l'uomo se lo servono, e lo
deformano se fanno di hù uno
strumento. Un secondo malinteso
consiste nel legare strettamente
cristianesimo e cultura classica,
come se educazione tecnologica
fosse uguale a paganesimo, e edu-
cazione classica uguale a cristia-
nesimo. La verità è un'altra. Il
rinascimento della cultura classica
fu ben poco cristiano. E d'altra
parte, la teoria che <• il lavoro delle
mani è indegno dell'uomo libero )),
è del pagano Aristotele. Cristo fu
operaio.
Fare cultura cristiana non vuol
dire schierarsi per la tecnica o per
la classicità, ma per l'uomo. Fare
della persona umana il centro delle
preoccupazioni e del progresso.
DOMANDA. Padre Vasconcellos,
lei ora vive in una maniera strana
per un salesiano. Non in un oratorio
o in una scuola, ma nelle grandi
aule dei' Congressi internazionali,
nelle sale delle commissioni parla-
mentari, balzando da un· aereo al-
i' altro. Come << salesiano itinerante ))
prova qualche profonda soddisfa-
zione?
RISPOSTA. Mi considero in una
situazione privilegiata di salesia-
nità. Posso mettere a vantaggio di
persone altamente responsabili
tutta la ricchezza dello spirito sa-
lesiano. Per me è entusiasmante
scoprire che certe formule primi-
tive di Don Bosco risultano ge-
niali ancora oggi, e in molti casi
decisive e risolutive.
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
NOVITA LDC
Card. M. Pellegrino, Prete oggi.
le tensioni nella vita del prete.
Pag. 248. L. 1380
È un corso di Esercizi spirituali al
clero in 14 meditazioni. Esposizione
ampia e organica dei più scottanti
problemi del preti nell'ora attuale,
come: Interiorità o impegno este-
riore? - Come gli altri o diversi dagli
altri? - Vivere e godere o rinun-
ciare e mortificarsi ? - Azione o
contemplazione? - Parola o testi-
monianza? - Pastorale religiosa o
pastorale sociale 7
La soluzione è cercata alla luce della
parola di Dio, in piena fedeltà alla
Chiesa, nello sforzo di rinnovamento
a cui l'ora presente impegna ogni
sacerdote.
J. Guichard, Uomini nuovi, nuovi
cristiani 7 Pag. 1 52. L. 1200
Si rivolge agli adulti invitandoli a
una presa di coscienza di fronte al
fenomeno «gioventù>>, perché si
sforzino di trovare un punto di con-
tatto. Si rivolge a genitori, insegnanti,
sacerdoti, invitandoli a riflettere sulla
novità dell'atteggiamento giovanile.
NOVITA SEI
Roberto Bosio, Un cuore per vi-
vere. Pag. 304. L. 3500
L'autore, ingegnere elettronico, è in-
ventore del primo cuore artificiale
costruito in Italia, ora in sperimen-
tazione presso la Clinica Universitaria
di Zurigo. Il libro, accessibile anche
ai «non addettì al lavori». ricorda
la verità statistica del detto « Il
cuore è l'assassino numero uno», e
la necessità di comprendere il suo
funzionamento per una vita umana
migliore.
NOVITA PAS-VERLAG
Piazza Ateneo Salas,ano 1, 00139 Roma
A. Ronco, Introduzione alla psi-
cologia
1. Psicologia dinamica
Pag. 224. L. 200
2. Conoscenza e apprendimento
Pag. 168. L 1600
Nati da una lunga esperienza di in-
segnamento, questi due volumi of-
frono un corso completo di psico-
logia. Diamo i titoli dei principali ca-
pitoli: 1. la motivazione; i processi
affettivi; conflitto e adattamento; la
personalità: la psicanalisi freudiana;
teorie della personalità. 2. sensazione
e percezione; la memoria; la condotta
simbolica; gli istinti; l'apprendimento;
condotte intelligenti.
15

2.6 Page 16

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N 0lle del 14 settembre 1954. fm-
provviso e furioso abbaiare di
cani. Cinquanta poliziotti cinesi hanno
sfondato le finestre della facciala e
penetrano all'interno della casa sale-
siana, in Shanghai. Al portinaio si
ordina bruscamente di far tacere i
cani e di aprire il cancello.
Il direttore dei Salesiani. don Mi-
chele Suppo, sta per uscire dalla
camera per darsi conto di éib che
succede, quando irrompe un plotone
di poliziotti . Rivoltella in pugno, gli
pongono le manette ai polsi e gettano
sottosopra la stanza. Manifestano
chiara soddisfazione quando nescono
a mettere le mani su un manuale
della IAJgio11e di Maria tradotto in
cinese, e su un pacco di fogli con la
dichiarazione dei vescovi -della Cina
contro la <• Chiesa scismalica delle
tre indipendenze~-
Due poliziotti lo accompa~nano
giù per le' scale, lo fanno salire su
un'auto che aspetta. Senza poter dire
una parola ai confratelli e ai ragazzi
della scuola viene condotto alla se-
zione di polizia Sin Cheng, di fronte
al Consolato Generale d'Italia.
Iniziano cosl i quindici mesi di
prigione di don Michele Suppo,
missionario salesiano in Cina.
nati avvolti in poveri cenci, che· sta-
vano morendo di freddo e di fame.
Le mamme non avevano il coraggio
di vederli morire, e li lasciavano alla
porta di qualche pagoda, o di qualche
chiesa. Le suore andavano a racco-
g lierli, a volte riuscivano a salvarli.
Ne ho battezzati tanti, da prete, di
quei bambini... •·
· Ordinato sacerdote, don Suppo
prende residenza a Shanghai: inse-
gnante, educatore, poi direttore della
grande opera salesiana.
Le armate giapponesi
e la guerra civile
Intanto sulla Cina si abbattono
avvenimenti giganteschi, che la scuo-
tono come terremoti. Dal 1929 al
1933, il generale Chiang Kai-shek
conduce quattro <1campagne di ster-
minio ~ contro i comunisti di Mao,
che hanno fondato una repubblica
sovietica nel Kiangsi. Con 100 mila
uomini, l\\lao rompe l'accerchiamento,
e con una leggendaria marcia di die-
cimila chilometri raggiunge lo Shensi.
1937. Dalla Manciuria le armate
giapponesi puntano a sud, roto-
lando come una valanga verso il cuore
Nel pomeriggio del 1° ottobre
1949, sulla piazza Tien An-men di
Pechino davanti a 300 mila persone,
Mao alza Le mani, e nel silenzio teso
scandisce: • Per la prima volta, dopo
tanti anni in cui gli stra·nieri hanno
calpestato la nostra terra, la Cina è
dei cinesi! •·
Gli ordini «fondamentali»
Novembre 1949. Arrivano da Pe-
chino i prirni ordini «fondamentali,:
in ogni scuola cinese si deve insegnare
il marxismo, dalle elementari all'Uni-
versità. Anche nella scuola salesiana
di Shanghai entra il maestro poli-
tico it che insegna le nuove idee. Con-
temporaneamente è abolita la «libertà
di informazione D. Giornali e radio,
d'ora innanzi, riporteranno soltanto
le notizie .approvate dal partito •·
I quattro anni che seguono ven-
gono chiamati dagli esperti gli anni
del maoismo moderato •· Ma la lotta
contro tutti gli stranieri cbe hanno
sfruttato la Cina• è spietata. Anche
la Chiesa Cattolica è vista come
un'opera di stranieri. Il governo di
Pekino lancia il «movimento delle
tre indipendenze»: si vuole formare
I neonati
alla porta della chiesa
Era arrivato nell'aspirantato di
Ivrea nel lontano 1923, giovanotto
solido che guardava la vita dall'alto
dei suoi 21 anni. Aveva in tasca il
diploma di ragioniere e il congedo
ricevuto pochi giorni prima, al ter-
mine del servizio militare. Chiede,•a
di poter partire per le missioni della
Cina.
Dodici mesi di preparazione. :--:cl-
l'autunno del 1924 l\\lichcle Suppo
raggiunge Macao, e parte con altri
salesiani verso l'interno. Pochi mesi
dopo arriva l'ordine cli tornare i11-
dietro: nelle province dell'interno
si sta manifestando per la prima
volta una minaccia comunista. « Ri-
cordo come fosse ora quel viaggio
di ritorno verso la costa - raccon-
terà don Suppo. - Yiaggiavamo
mescolati a gente poverissima nei
vagoni merci scoperti. Quando pio-
veva ce la prendevamo tutta, fino
all'ultima goccia. I cinesi avevano
un imprcssionante fatalismo: pren-
deva no la pioggia in silenzio, con
quella loro faccia triste, senza mai
una protesta, un'imprecazione. Ed
erano tanto gentili con noi ... In quei
primi tempi di Cina l'impressione
più forte mc la diede l'esposizione
dei bambini. Ogni mattina se ne lro-
16 vava qualcuno alla nostra porta, neo-
della Cina. Shanghai resiste tre mesi,
ma deve capitolare sotto un terribile
bombardamento che de.,.11sra i quar-
tieri popolari e fa strage della"popo-
lazione.
Agosto 194-5. li Giappone, colpito
dalle atomiche americane, si arrende.
Il generale Chang Kai-shek, capo
del governo legittimo, tenta ancor:i
campagne militari contro Mao, ma
la Cina precipita nella miseria nera.
Una spaventosa inflazione rende im-
possibile la vita. Da lontano, i co-
munisti di !\\lao promettono benes-
sere e pace.
All'inizio del 1949, :\\1ao-Tse-tung.
lancia l'offensiva finale. f n maggio
i comunisti entrano in Shanghai.
in Cina lmn ~ Ctiiesa cristiana. na-
zionale D, indipendente dal Papa di
Roma. li nunzio pontificio, mons.
Riberi, in una circalare a tutti i sa-
cerdoti, chiarisce che • aderire al
movimento delle tre indipendenze
significa aderire a uno scisma •·
Viene espulso.
195+. Il « maoismo moderato» ter-
mina bruscamel1lc. Con il ~ primo
piano quinquennale n vfone abolita
In proprietà pri\\'ata .1i;tricola. La terra
diYcnta propnetà ddlo Stato. La
resistenza dei contadini a questa ri-
forma i! dura e tenace: solo quattro
anni dopo La collcuinzzazione sarà
un fatto compiuto. Contemporanea-
mente si scatena una violenta perse-

2.7 Page 17

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si può pretendere di essere trattati
come in un hotel. Per i vestiti stavo
molto male. Col caldo del settembre
shanghaiese, che è autunno solo di
nome, i miei poveri abiti furono
presto madidi di sudore, con non
piccolo tormento per me e per i miei
compagni.
11 15 settembre ebbi il primo inter-
rogatorio. I comunisti hanno un loro
sistema, basato sull'inganno e la
bu~ia. Lo scopo dell'interrogatorio
è ' dare al colpevole il mezzo di ri-
conoscere le proprie colpe e pen-
tirsene".
La prima domanda fu: "Perché
sei stato arrestato?". Risposi che
non lo sapevo. Cominciò allora la
predica: "Come, non lo sai ? E vuoi
che il governo faccia arrestare un
cittadino, anzi uno straniero. se non
fosse colpevole di gravi delitti? Pen-
saci bene e confessa". Protestai vi-
vacemente, ma mi fu ordinato: "Tor-
na in cella e pensaci bene".
La cella era larga circa tre metri,
e lunga quattro e mezzo. Dopo la
levata e la pulizia sommaria, alcuni
giri rasente ai muri, per sgranchirsi
le gambe. Dopo una piccola cola-
zione, primo tempo di rieducazione'
fino a pranzo. Altre due ore di 'rie-
ducazione' del pomeriggio. Per il
DEl)TA
cuzione contro la piccola minoranza
cattolica, l'unica che resiste ancora
alle pressioni di Pekino. Chiese e
scuole vengono requisite.
È in questo contesto politico e so-
ciale che si verifica l'arresto di don
Michele Suppo e il suo internamento
nelle prigioni di Sba.nghai.
Quindici mesi di
« rieducazione m.ar:xista »
I quindici mesi di carcere, don
Suppo li narrò per il 1< Bollettino
Salesiano >> subito dopo aver riac-
quistato la libertà. Condensiamo dal
suo lungo racconto:
« La prigione è prigione, e non
per
compagnarono giù
fecero salire su
ava. Iniziarono cosi
ere duro, sotto
istanza di 20 anni
to e riesaminato
icenda. Stava
rte della Cina.
17

2.8 Page 18

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riposo, ci coricavamo sul pavimento,
più o meno stretti a seconda del nu-
mero degli inquilini.
Le sedute di 'rieducazione' avve-
nivano tra i prigionieri stessi. Il capo-
gruppo, in genere un prigioniero
anziano che si era arreso alle nuove
idee, proponeva il tema, quasi sem-
pre uguale: bontà del nuovo governo
comunista, riconoscimento e penti-
mento delle proprie colpe. A turno,
gli altri prigionieri dovevano esporre
il proprio punto di vista, cioè lodare
la prigione come luogo di rieduca-
zione, lodare i grandi capi della na-
zione, riconoscere di essere stati
sporchi capitalisti aI servizio dello
straniero.
Se qualcuno (come io facevo rego-
larmente) si ribellava a questa litania
puerile, ed esponeva sul serio le
proprie idee, veniva sommerso da
critiche, esortazioni, rimproveri, fin-
ché, per avere un po' di pace, quel
poveretto inventata qualche sua colpa
e se ne dichiarava pentito.
Una sera un mio compagno di
cella, mentre eravamo coricati faccia
contro faccia, mi sussurrò: "Perché
sei cosi stupido ? Devi fare come
facciamo noi. Adesso tutti lodano il
partito comunista, e anche tu devi
fare altrettanto. Dentro di te, pensa
ciò che vuoi, chi se ne accorge? L'im-
portante è riacquistare la libertà".
Subii molti interrogatori, ma tutti
vaghi. Non riuscivo a capire i veri
capi d'accusa per cui mi trovavo in
carcere.
Solo nel marzo del 1952, dopo
essere stato trasportato insieme al
mio confratello don Cuomo in un
altro carcere, conobbi le due princi-
pali accuse che mi venivano rivolte.
In un interrogatorio mi fu rinfac-
ciato di aver ospitato nella scuola,
per una notte, al tempo della con-
quista di Shanghai da parte dei co-
munisti, due giovani soldati dell'eser-
cito nazionalista. Un giovane catto-
lico inoltre mi aveva accusato falsa-
mente di averlo istigato ad entrare
nella Gioventù Comunista per spiarne
i programmi.
In un altro interrogatorio si tentò
in tutti i modi di strapparmi denunce
a carico dei miei confratelli della
casa di Nantao. Fui insultato pesan-
temente e a lungo perché ero supe-
riore, e non avevo ceduto la carica
ai cinesi.
Il 30 dicembre (erano passati
quindici mesi dal mio arresto) fui
sottoposto agli ultimi interrogatori.
li 31 dicembre mi chiesero di fir-
mare una dichiarazione: che non ero
stato maltrattato, non avevo patito
la fame, avevo risposto di mia volontà
18 agli interrogatori. Era vero, e firmai.
Il 1 ° gennaio ci fu comunicata la
semenza : espulsione perpcrua dalla
Cina. I motivi elencati erano dieci.
Alcuni erano esatti : mi ero opposto
alla raccolta di firme per la cacciata
dell'Internunzio pontificio mons. Ri-
beri, mi ero opposto al movimento
della Chiesa nazionale delle tre indi-
pendenze, avevo parlato male del
comunismo e del Governo comu-
nista, li avevo chiamati demoni e
alleati del diavolo. Se tutto questo
era una colpa, accettavo la pena>>.
Il ponte cli Lo Wu
congiunge due mondi
Subito dopo, il lungo viaggio in
treno per Hong Kong. A Hong
Kong c'è un ponte rudimentale e
scalcinato. Si chiama Lo Wu: cin-
quanta metri di ferraglia che sosten-
gono due binari sopra un fiumiciat-
tolo giallo di fango . Quei cinquanta
metri di ferro rugginoso sono, da
25 anni, l'unico punto d'incontro di
due mondi lontanissimi: di qua l'in-
glese, tumultuosa Hong Kong, città
a venti piani come un mostruoso
formicaio; di là la sconfinata Cina
di Mao.
Don Suppo vi giunse tra quattro
soldati. <1 I militari inglesi mi accol-
sero gentilmente - raccontò. - Mi
fecero accomodare e mi dissetarono.
C'era un missionario cattolico con
loro, padre Poletti. In quei giorni
l'espulsione di missionari era fre-
quentissima, ed egli andava ogni
giorno alla frontiera per accoglierli.
Mi accompagnò in jeep fino alla fer-
rovia. Sessanta chilometri, e potei
abbracciare i miei confratelli sale-
siani di Hong Kong».
Sette domande dopo vent'anni
Ho incontrato don Michele Suppo
nell'estate del 1972, a Valdocco.
Erano passati vent'anni dai giorni
della sua prigionia, e nella Cina e
nell'Occidente la storia aveva cam-
minato in maniera spesso impreve-
dibile. Nixon, il presidente degli
Stati Uniti, si era recato a Pekino e
aveva stretto la mano a l\\llao Tze-tung.
Paolo VI, nel suo viaggio in Asia,
aveva manifestato l'intenzione di ri-
volgere un messaggio al popolo cinese.
Anche nel piccolo mondo salesiano
la storia aveva camminato. I missio-
nari espulsi dalla Cina si erano sparsi
nelle nazioni confinanti: nelle Filip-
pine, nel Vietnam, nella Corea, erano
sorti fiorenti nudei di vita cristiana.
Don Michele Suppo aveva lavo-
rato per lunghi anni a Taipei, nel-
l'isola di Formosa, e poi nelle grandi
opere salesiane di Hong Kong. Era
tornato in Italia per rafforzare con
una cura energica la saJute che stava
declinando.
Lo volli intervistare. Ero curioso
di sentire quali erano le sue idee, i
suoi sentimenti a vent'anni dalla sua
drammatica avventura.
Gli feci rileggere la lunga relazione
che egli aveva scritto per il << Bollet-
tino Salesiano >> del 1953, poi gli
domandai:
- Se questa relazione la dovesse
scrivere oggi, modificherebbe qualcosa?
- Non cambierei nemmeno una
parola. Quando l'ho scritta, non ho
voluto fare della propaganda anti-
comunista, ma raccontare ciò che
era accaduto. E le cose accaddero
proprio così, per filo e per segno.
- In quella relazione, lei dava dei
giudizi drastici sui comunisti cinesi.
Diceva tes11,almente : I<< comunisti
hanno un loro sistema basato sull'in-
ganno e la bugia 1>; <• fu un'azione vile,
quale solo i comu11isti s0110 capaci di
compiere •> ; << il loro sistema è quello
di basare tutto su.I falso >>. Parole molto
pesanti. Frutto dell'amarezza di quei
primi mesi, o sentimenti clze condi.vide
ancora oggi?
- Questi sentimenti espressi al-
lora, in me rimangono inalterati.
Quello che dissi sui comunisti con-
tinuo a dirlo. Lei ribatterà che gior-
nalisti ed esperti sono stati nella Cina
comunista, l'hanno visitata, e banno
riportato impressioni molto diverse
dalle mie. Lo so. Ma ciò che vede
un giornalista in quindici giorni,
condotto per mano dove vogliono
loro, euna cosa. Ciò che vede uno che
vive costantemente tra i comunisti
(e io ci ho vissuto per quattro anni),
e tutta un'altra cosa, mi creda.
- Ricorda ancora i ragazzi che
ebbe come almmi negli ultimi anni di
Shanghai? Cosa peuseranno di lei,
oggi? Come la giudicheranno?
- Quei ragazzi li ricordo, e li
ricorderò sempre. Anche perché sono
stati i miei giudici. Subito dopo il
mio arresto, la scuola era stata as-
sunta da insegnanti governativi. Tre
mesi dopo, se ricordo bene, con le
manette ai polsi fui condotto davanti
a tutti i ragazzi della mia scuola, quasi
trecento. Era il cosidetto <• giudizio
del popolo ». Furono invitati ad al-
zarsi e ad accusarmi. Si alzarono in
tre. Elencarono accuse generiche, a
occhi bassi: imperialismo, spia degli
stranieri, oppressione. Poveri ragazzi,
chissà cosa avevano subito per essere
costretti a quella parte. Ma subito
dopo vennero avanti altri quattro,
e con coraggio mi difesero. Sapevano
di firmare la propria condanna, ep-
pure dissero tutto il bene che avevo

2.9 Page 19

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loro faLto, le attenzioni che avevo
avuto per i più poveri. Parole nobili
e coraggiose che non dimenticherò
mai. Ho saputo da persone fidate che
quei ragazzi sparirono nei giorni se-
guenti. La massa stava zitta. Un si-
lenzio di paura e di pena.
- Crede in un futuro salesiano
in Cina?
- Sì, e non solo perché è stato
predetto da Don Bosco. La storia
insegna che le vicende cinesi sono
passeggere, e i cinesi, malgrado ciò
che si dice, non sono marxisti : sono
cinesi. Questo regime potrà durare
molti anni, ma passerà. Quindi, un
futuro salesiano in Cina, ma non
nella Cina comunista.
- Eppure in Polonia e in Jugo-
slavia si sono trovati dei compromessi
per vivere, e le vor:azioni salesiane
sono numerose.
- Si potrebbe pensare a dei com-
promessi a livello politico se la Cina
fosse in maggioranza cattolica, come
la Polonia e la Jugoslavia. Ma tra i
700 milioni di cinesi, i cattolici erano,
nel 1954, 3 milioni. Una goccia nel
mare.
« Discutiamo sui fatti,
non sulle parole »
- Qualcuno vi accusa di non aver
capito la situaziolle. È normale che
una nazione, nei primi decenni della
sua indipendenza, veda come il fumo
negli occhi ogni straniero. È una con-
seguenza del colonialismo. Si trattava
di comprendere, di cercare la collabo-
razione. Voi invece avete cercato lo
scontro frontale con le nuove autorità.
- È falso. Noi abbiamo cercato
la collaborazione, fino oltre i limiti
del possibile. Pensavamo anche noi
che, passato il primo momento d'in-
transigenza, si sarebbe trovato un
sistema per vivere. Invece furono
loro a volere lo scontro frontale, a
cercare la rottura, con gli arresti e le
espulsioni. D'altra parte, di fronte al
movimento della Chiesa nazionalista
non si poteva che scegliere: o rima-
nere fedeli al Papa o aderire allo
scisma.
- Chi ha visto la Cina negli ultimi
anni racconta che c'è povertà, ma che
nessuno muore più di fame, che i vecchi
e i bambini sono curati a spese della
comunità. Qualcuno afferma che que-
sto sistema di vita è più. vicino alla
{< giustizia i> predicata da Cristo che
quello precedente. Lei che ne pensa?
- Penso che non si deve discu-
tere sulle parole o sulle impressioni,
ma sui fatti. Un mese fa, quando
ero a Hong Kong (non a,mi fa, ma
un mese fa), c'erano in media cento-
venti cinesi che ogni giorno fuggi-
vano d;illa Cina e si rifugiavano da
noi. E questo nonostante la polizia
cinese che controlla i confini e spara
su chi scappa, nonostante le reti me-
« lo pongo interrogativi su tutto il sistema.
E credo di averne il diritto».
talliche poste dagli inglesi che non
vogliono accogliere altri profughi.
Fuggire vuol dire fare a nuoto un
lungo tratto di mare, rischiare la
morte propria e quella dei propri
figli. Eppure continuano a fuggire.
Mi sa dire quanti sarebbero, invece
di 120 al giorno, se soltanto si to-
gliessero le alti reti metalliche che
bordeggiano tutto il confine ? Questo
è un fatto, non un'impressione. E
altri fatti sono le decine e decine di
comunisti << deviazionisti i> prelevati
dalla prigione dove mi trovavo, e
fucilati senza processo; sono i ragazzi
che mi difesero nel <1 giudizio popo-
lare )), e che pagarono con la vita il
loro atto di coraggio. Dar da man-
giare ai vecchi e ai poveri è un'azione
vicina al Regno di Dio. Ma se il
prezzo di questo pane è la riduzione
dell'uomo a strumento inerte nelle
mani delle autorità politiche, è la
mancanza totale di libertà, allora io
pongo grossi interrogativi su tutto
il sistema. E credo di averne il diritto.
Don Michele Suppo si è spento
a Hong Kong all'alba del 13 novem-
bre scorso. E stato sepolto in un an-
golo di quella terra cinese che aveva
sognato nella giovinezza, e a cui re-
galò tutta la vita.
19

2.10 Page 20

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C'era un vecchio ca-
stello, dimora di fate e
di gnomi. Arrivò un
drammatico telegram-
ma: « O venite voi o il
castello chiude ». Le
F.M .A. andarono, e il
castello comincio ad
essere abitato da bam-
bini felici.
U n regno con caratteristiche total-
mente diverse tra fiamminghi e
vlllloni; un regno, fondato nel 1830,
saldato a una casa reale che, in Bal-
dovino V e Fabiola dei Mora y Aragon
di Spagna, offre l'esempio d'una fede
profonda e coraggiosa, e basa la sua
forza sulla fedeltà di dieci milioni di
abitanti: questo è il Belgio.
Nel 1887 Don Bosco ebbe un sogno
rivelatore. Lo spiegò così: <• Piace a
Dio e alla Beata Vergine Maria che
i Figli di San Francesco di Sales va-
dano ad aprire una casa a Liegi, la
città del Santissimo Sacramento... •>
(M.B. XVIII, .43~). Nel 1891,. a) se~
guito dei Sales1aru, anche le Fighe dt
Maria Ausiliatrice entravano nel Bel-
gio. Ogg~ esse vi hann<? 25 case..
li movimento separatista fiammingo
ha ottenuto l'espulsione dall'Univer-
sità Cattolica di Lovanio della sezione
francophona, causando (nel 1968)
la caduta del governo. Le F.~.~.,
più semplicemente, hanno d1vtso
l'lspettoria belga in base ai due gruppi
linguistici. Le case del Congo ch'e-
rano nate sul ceppo belga vennero
rese autonome. Nel 1966 un grup-
petto di Suore, Oblate di San Bene-
detto, domandavano ed ottenevano di
fondersi con le F.l\\11.A., facendo una
famiglia unica a servizio del prossimo.
Lavoro tra due fiumi
Siamo andati a curiosare tra l'Es-
caut e la Meuse, i due fiumi che non
hanno né la sorgente né la foce in
Belgio. Si lavora sodo, salesianamente
in tutti e due i gruppi linguistici.
20 «Per le nostre scuole (materne,
elementari, secondarie, professionali,
superiori) abbiamo la fortu!)a di poter
contare su di un laicato cristiano ve-
ramente impegnato, che esce dalle
scuole cattoliche o dall'università di
Lovanio - ci dice suor Ivonne,
l'Ispettrice. E, senza lasciarci il tempo
per la domanda-chiave, aggiunge:
«Noi integriamo l'attività di questi
laici nella comunità educativa, for-
mandoli secondo il "metodo preven-
tivo" e lo spirito di Don Bosco >>.
Gli Oratori funzionano a ritmo ser-
rato. Sono tutti parrocchiali, affiliati
alla<< Federazione nazionale degli Ora-
tori •>. Tra le due ispettorie vengono
assistite oltre 100.000 iscritte. Le
F .M.A. creano sempre nuovi gruppi
nelle diverse parrocchie; formano le
dirigenti laiche. Il Bollettino Salesiano
francese ha scritto di loro: «Queste
salesiane sono sempre pronte a creare
un nuovo centro giovanile con un di-
namismo capace di trasportare le
montagne •>.
Nel lontano r935 il Vescovo di
Gent consigliava ad un gruppo di gio-
vani di A.C. di acquistare un terreno
«sul monte •> con un vecchio castello
al centro: roba da fate e gnomi. Con-
cluso l'affare, il vecchio castello vide
per molte stagioni estive turni di ra-
gazze e di ragazzini in vacanza. Nel
1 966 l'opera era in gravi difficoltà.
Vennero chiamate le F.M.A. con un
invito perentorio: «O venite voi o
chiudiamo 1>. Andarono. Ridimensio-
narono un po' tutto. J bambini dai
tre ai sei anni vennero chiamati << mio-
sotidi •>, le bambine << violette». E poi:
rose e margherite, nani e ~iganti, pro-
prio come nel gio~o.. Oggi _Merc_lbeke
è una grande fam1gha bene ordmata.
Legget~ il prog:amma d~~'anno ~cor-
so: <e Prima settunana: C1 mcontnamo
(interessarsi gli uni degli altri). Sv
conda settimana: Ci conosciamo (la-
vorare, pregare, giocare insieme).
Terza: Ci rispettiamo (gentilezze re-
ciproche). Quarta: Maria, castellana
«Sul Monte». Quinta: Ci amiamo
(volersi bene a parole e... a fatti).
Sesta: Ringraziamo... Una ragazzina
l'inizio alla giornata in colonia con
questa preghiera: << Siamo qui da-
vanti a Te, Signore. E siamo ~o~to
felici di poter stare con Te. T1 nn-
graziamo di questa occasione che ci
dài per credere al tuo amore. In sin-
cerità vogliamo cercare di realizzare
il sogno che Tu hai sulla nostra vita ~-
Chiamate 26.22.90
li Concilio era in corso, le F.M.A.
preparavano il Capitolo Generale del
1964 con raduni incentrati special-
mente sul catechismo, e l'ispettoria
belga, sebbene a corto di personale
specializzato, si mise al lavoro senza
scoraggiamenti e senza accantonare
nulla. Creò una nuova forma di ca-
techesi: raggiungere tutte le suore e
tutte le exallieve con un corso cate-
chistico triennale per corrispondenza.
Ottenute le debite approvazioni dal-
l'autorità ecclesiastica, il corso venne
lanciato in due lingue.
Al Centro di Jette-BruxeUes piov-
vero lettere da tutte le parti e il tele-
fono divenne persino petulante. «So-
no un p:d-e di famiglia: potete iscri-
vermi al corso?... Sono una suora
carmelitana, sono un professore, sono
un missionario... Vi scrivo dalla Da-
nimarca, dalle isole Faroer, dall'Islan-
da, dal Congo, dal Libano... ».
Oggi finisce il terzo corso triennale.
Dunque, da uove anni la stessa sor-
In 1utta la scuola, a nche profe ssionali, si
mira innanzitutto a formare un laicato cri•
stiano impegnato.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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prendente storia: sete di catechismo. così pregnanti da togliere il fiato.
Sfogliando i registri che suor Char- E allora torniamo a sederci: «Non
lotte mette a nostra disposizione, tro- vuole spiegarcele?». ,Condividere: La
viamo che dal 1964 al 1967 gli iscritti Chiesa è una società fondata sull'amo-
furono 728. Dal 1968 in avanti ab- re e governata dall'amore (Paolo VI).
biamo sott'occhio soltanto la sezione Primo punto: Lascia la tua offerta e
francese, data la separazione delle va' a riconciliarti col tuo fratello.
ispettoric. Ebbene: 148 iscrizioni per · Secondo punto: Chi dice d'amare Dio
i tre ·anni. Non tutti arrivano al Bre- e odia il fratello è un bugiardo. Terzo
vet. Le carmelitane, per esempio, non punto: La comunione dei santi nella
lasciano la loro santa clausura, si sa. Chiesa. Unificare... t. Quando questa
Padri e madri di famiglia non mirano piccola suora finisce ci guardiamo in
al titolo. l\\Iadame Simonat invece ha faccia: perbacco, fa sul serio!
sostenuto la prova. Perché? :Perché
mi sentivo impegnata ». Tanto impe-
gnata che ora va alla ricerca dei po- Idee chiare sul Cristianesimo
veri come si va a pescare perle...
Anche il parrucchiere,monsieur Pierre
Sima\\, ha voluto il diploma, e non
dubitiamo che tra un colpo di pettine
e uno spray faccia passare Dio. Il
signor l\\1crckex Jean dovèva erepa-
rare tre bambini alla p rima Comu-
nione. Ha fatto il corso. E siccome
da cosa na:;ce cosa, è diventato colla-
A ~r?ot-Bij~arden in Brus~el-
straat c1 mcontnamo con una ventina
di ragazze dai diciassette anni in su.
Stanno facendo una «tre giorni di
riflessione personale. Domandiamo a
una: «Che cosa aspetti dal cristiane-
simo? •· Risposta: «Voglio un cri-
stianesimo dove tutti, sull'esempio di
boratore del parroco e ha fondato un
oratorio... Suor Charlotte ci dice che
anche a corso finito la corrispondenza
continua. Quest'anno ha lanciato un
Gesù, vivano gli uni per gli altri, dove
le gioie e le pene di uno siano le gioie
e le pene di tutti~- Insisto: « Cosa
fate per realizzarlo ? ». Loro: «Cer-
supplemento di corso sull'Apocalisse. chiamo di vivere il Vangelo, di amare
Ha avuto 35 iscrizioni.
col cuore di Cristo, non a parole,
Dom:indo a bruciapelo: ~ Può dirci
in tre parole il programma d'un anno, I bambini vengono chiama ti con I nomi d i
per t-scmpio del terzo ? •·
Parto.,:er, unifier, c:ollaborer, pro-
pager ~- Le parole sono quattro, ma
nani e di gi ganti, com e I n un gioco. Formano
u11a f ami glie ben or-dlnata ch e ha come pro-
gramma : incontrarsi. conoscersi. ris pet•
tarsi. amarsi.
niente di sentimentale: un amore
forte fino a dare la vita, perché Gesù
ha dato per primo la sua vita per
noi •·
E perché avete scelto una casa
delle F.~LA. per rimeditare la vita?•·
« È molto semplice: lo spirito di Don
Bosco ci attira. Quj troviamo sempre
le porte e i cuori aperti. C'è tanta fa-
miliarità e nello stesso tempo una de-
licatezza e un riserbo che mostrano il
rispetto per l'individuo. Ci sentiamo
a nostro agio. VO$liamo tornare per
un tceek-e11d di informazione sulla
vita religiosa salesiana •·
Suor '.\\,1. Luisa è in~egnante. il
problema • rinnovamento investe lei
e la sua scuola.
« l.vli sono soffermata a riflettere
sulla missione della religiosa-inse-
gnante. Mi sono domandata che cos'è
per me l'insegnamento e se risponde
alle esigenze dell'apostolato nella mia
vita di consacrata. Ed ho visto chia-
ramente che la missione dell'inse-
gnante cattolica trova origine nelle
parole di Gesù: "Andate, insegnate a
tutte le genti... Rendete miei disce-
poli tutti gli uomini". Si tratta, mi
sono detta, di mettere il sigillo di Cri-
sto su ogni vita, per il tempo e per
l'eternità. Noi siamo degli " invmti
speciali". Dobbiamo portare un mes-
saggio di vita cristiana al mondo.
Nella nostra missione di insegnanti
il Signore ci offre ogni giorno un me-
raviglioso campo di apostolato ove,
attraverso l'Amore, la sofferenza e la
gioia, possiamo dire con Bernanos:
"Tutto è grazia" ».
Nel 1940, il 16 maggio, le bombe
cadevano a grappolì sulla città di
Tournai. La distruzione fu tale che
non si riconoscevano più le vie. Le
suore de-1 quartiere Don Bosco e la
gente ch'era corsa al loro rifugio in-
vocavano incessantemente :\\laria Au-
siliatrice. Quel quartiere fu salvo.
L ' unico. Da allora, quanti potevano
accorrevano al Don Bosco non ap-
pena l'aria era lacerata dall'urlo delle
sirene... Nel 19-141 a Courtrai, le suore
e 220 bambim raccolti nel rifugio in-
vocavano tremando la l\\fadonna. Il
bombardamento durò 3:S minuti. La
casa sobbalzava dalle fondamenta.
Quando uscirono, la trovarono in
piedi, sola, tra cumuli di rovine. Qual-
cuno accorse gridari<lo: ~ Abbiamo
visto la Vergine sopra la vostra casa:
~tendeva· il manto e alzava il braccio
in segno di protezione ,>.
Allucinazione?
Siamo piuttosto propense a pen-
sare che la i\\ladonna di Don Bosco
- visibile o invisibile - continui an-
che oggi a stendere il manto sulle sue
Figlie che hanno appena celebrato il
loro primo cen~enano.
21

3.2 Page 22

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Nell'estate una notizia
paurosa si diffuse per
Torino: era scoppiato
il colera. Mentre il re
e la sua famiglia fug-
givano da Torino, 44
ragazzi si offrirono a
Don Bosco per curare
i malati. Tra essi un
ragazzino pallido di 14
anni: Domenico Savio.
Il 9 marzo 1857 egli
diede addio alla terra.
Estate 1855. Mentre su Torino
grayava un caldo opprimente, si
diffuse rapida una notizia paurosa:
e scoppiato il colera. Forse il con-
tagio era stato portato a Genova da
qualche reduce dalla guerra di Cri-
mea. Dalla Liguria il morbo stava
dilagando a macchia d'olio verso il
Piemonte. Il colera, in quegli anni,
era una parola terribile. Quando si
abbatteva sulle città e sulle campa-
gne, le spopolava come una guerra
atomica.
Il re Vittorio Emanuele II, e tutta
la famiglia reale, lasciarono precipi-
tosamente Torino e in carrozza chiusa
si rifugiarono nel solitario castello
di Caselette.
Il sindaco lancia un appello ai
coraggiosi: bisogna entrare nelle case,
portare i malati al lazzaretto, cura:rli.
Occorre rischiare la vita per salvare
la città.
Don Bosco, nel quartiere di Val-
docco, ha l'Oratorio abitato da più
di cinquecento ragazzi. La sera del
5 agosto li raduna e dice:
- Il sindaco ha lanciato un ap-
pello alla gente coraggiosa. Se qual-
cuno di voi si sente di uscire con me
per soccorrere i colerosi, io garan-
tisco in nome della Madonna che
nessuno di noi sarà colpito. Purché
ognuno conservi la grazia del Signore
e porti con sé una medaglia della
Vergine.
Quarantaquattro tra i ragazzi più
grandi si offrono quella sera stessa.
Tra. essi, un ragazzino pallido che
non ha ancota compiuto quattordici
anni, Domenico Savio.
22

3.3 Page 23

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Furono giornate di lavoro pesan-
tissimo. Si aveva appena il tempo
di prendere un po' di cibo, poi si
andava per le strade, per le case.
8 settembre. Con l'attenuarsi del
caldo, anche il colera sembra cal-
marsi. I colpiti ormai sono pochi.
La città ricomincia a vivere. Passando
per via Cottolengo, Domenico Savio
fissa la facciata di una casa, e come
se una voce lo chiamasse, infila le
scale e sale rapidamente. Senza esi-
tare, bussa a una porta. Si affaccia
il padrone di casa.
- Scusi - dice Domenico - non
c'è per caso qui una persona colpita
dal colera che ha bisogno di assi-
stenza?
Il padrone sbarra gli occhi:
- No, qui non c'è proprio nes-
suno. Ci mancherebbe altro I
- Eppure lei si sbaglia. Permette
che dia uno sguardo ?
li brav'uomo vorrebbe protestare,
ma quel ragazzino insiste tanto che
finisce per cedere.
- Va bene, eotra. Andiamo a
dare un'occhiata. Ma vedrai che ti
sbagli.
Girano le stanze, !a cucina, il ma-
gazzino. Ed ecco una piccola porta
alla sommità di una breve scala:
. - Lo sgabuzzino! - fa il padrone
battendosi una mano suUa fronte.
- Che ci sia la Maria ?
Salgono, aprono la porta. Rannic-
chiata in un angolo, con la faccia
contratta dall'agonia, una povera don-
na sta morendo.
- Presto, chiami un sacerdote -
sussurra Domenico, e si mette veloce
a svolgere la sua opera di infermiere.
- La Maria! Ma chi ci avrebbe
pensato? - continua a ripetere il
brav'uomo mentre corre giu per le
scale a chiamare il parroco. Quella
povera donna, che andava a fare le
ore di servizio in alcune famiglie, gli
aveva chiesto di poter dormire in
quello sgabuzzino. Siccome partiva
al mattino presto e lomava alla sera
tardi, lui non se ne ricordava quasi
più.
Viene il parroco e amministra,
appena in tempo, gli ultimi sacra-
menti alla moribonda. In un angollf,
col cappello in mano, il padrone di
casa continua a ripetersi: <i Povera
l'vlaria !... Ma quel ragazzo come
avrà fatto a saperlo?)),
Con l'arrivo dell'inverno il colera disgrazia di abbandonare la fede tanti
scompare. I cinquecento ragazzi di anni fa. Adesso sta morendo e chiede
Don Bosco, lra cui nessuno è stato per pietà di potersi confessare.
colpito, tornano tranquilli al loro Don Bosco si reca al letto dell'am-
studio.
malato, e trova un pover'uomo spa-
ventato e sull'orlo della disperazione.
Lo confessa, gli dà l'assoluzione ri-
« Di notte?
conciliandolo con Dio. Pochi minuti,
Do-ve mi vuoi portare ? »
e quell'uomo wuore.
Passa qualche giorno. Don Bosco
Dicembre. Le strade di Torino è ancora impressionato di ciò che è
sono già spruzzate dalla prima neve. accaduto. Come ha potuto Domenico
È notte ormai, e per le vie si accen- Savio sapere di quel malato? Lo av-
dono i fanali a petrolio. Don Bosco, vicina in un momento in cui nessuno
come ogni sera, è curvo al suo tavolo li ascolta:
di lavoro davanti a un mucchio di - Domenico, quella sera che sei
lettere che attendono risposta, e che venuto nel mio ufficio a chiamarmi,
l'impegneranno fin oltre inezzanotte. chi ti aveva parlato di quel mal2to?
Ma ecco un discreto bussare alla Come hai fatto a saperlo?
porta:
Allora succedette una cosa che
- Avanti. Chi è?
Don Bosco non si aspettava. Dome-
- Sono io - dice Domenico nico lo guarda con aria mesta e si
Savio entrando rapido. - Presto, mette a piangere. Don Bosco non
venga con me, c'è un'opera di bene osa fargli altre domande, ma capisce
da fare.
che nel suo Oratorio c'è un ragazzo
- Adesso, di notte ? Dove vuoi che parla con Dio.
portarmi?
- Faccia presto, Don Bosco, fac-
cia presto.
Otto minuti per de_cidere
Don Bosco esita. Ma guardando
Domenico vede che il suo volto, di
solito sereno, è molto serio. Anche
le sue parole sono decise come un
comando. Don Bosco si alza, prende
il cappello e lo segue.
Domenico scende precipitosamente
le scale, esce dal cortile, infila deciso
una via, poi volta in una seconda,
in una terza. Non parla né si ferma.
I n quel dedalo di vie e viuzze buie,
scantona sicuro, come se fosse gui-
dato da un radar. Ora, lungo la strada,
le porte si succedono alle porte. Do-
menico si ferma davanti a una di
esse. Non ha letto il numero, nem-
meno si è guardato intorno per orien-
tarsi. Sale deciso la scala. Don Bosco
lo segue: primo piano, secondo, terzo.
Domenico si ferma, suona un campa-
nello. Prima che qualcuno venga ad
aprire, si volta a Don Bosco e dice:
- È qua che deve entrare. -
Senza aggiungere altro, scende e
torna a casa.
.
La porta si apre. Si affaccia una
donna scarmigliata. Vede Don Bosco
Don Bosco aveva conosciÙto Do-
menico Savio appena 1111 anno prima.
Un giorno che stava dirigendo un'ac-
canita partita dei suoi birichini di
Valdocco, vide venirsi incontro un
prete che lo salutò agitando il cap-
pello. Gli corse incontro e gli gettò
le braccia al collo. Era un suo vecchio
compagno di seminario, amico per
la pelle:
- Caro, vecchio don Cugliero,
che piacere rivederti! Cosa sei venuto
a fare da queste parti ?
- Sono venuto a vedere come stai,
tra questi birbanti. E sono venuto a
farti un regalo coi fiocchi.
- Che razza di regalo ?
- l\\1i hanno detto che, insieme
ai piccoli barabba, nel tuo Oratorio
accetti anche dei ragazzi in gamba,
che diano speranza di diventare sa-
ceTdoti. E allora ho pensalo di man-
darti un ragazzo anch'io. È di Mon-
donio. Si chiama Domenico Savio.
Non ha molta salute, purtroppo, ma,
quanto a bontà, sono pronto a scom-
e alza le braccia al cielo:
- È il Signore che lo manda.
Presto, presto, altrimenti non fa più
in tempo. JV[io marito ha avuto la 1
PARLAVA
23

3.4 Page 24

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mettere che non hai mai conosciuto
un ragazzo così.
Don Bosco sorrise:
- Esagerato! Ad ogni modo, per
me va bene. Verrò a Castelnuovo
con i miei ragazzi in ottobre, per la
festa del Rosario. Fammi incontrare
questo tuo Domenico e suo padre.
2 ottobre 1854. Nel cortiletto da-
vanti alla casa del fratello di Don
Bosco avvenne il primo incontro.
Don Bosco ne fu così impressionato
che lo narrò nei minimi particolari
come se l'avesse registrato. La lingua
è qudla del 1800, ma la scena è vi-
vace, sembra dì vederla.
i, Era il primo lunedì. di ottobre di
buon mattino, allorché vedo un fan-
ciullo accompag11ato da mo padre che
si avvicina per parlarmi. li volto suo
ilare, l'aria ridente ma rispettosa, tras-
sero verso di fai i miei sguardi.
- Chi sei, gli dissi, donde vieni?
- Io sono, r,ispose, Savio Dome-
nico, di cui le ha parlato don Cugliero,
e veniamo da Mo11donio.
Allora lo chiamai da parte, e mes-
sici a ragio,wre dello studio fatto, del
tenor di vita fino allora praticato,
siamo tosto entrati in piena confidenza,
mente studiato la pagùza assegnata,
ma che comprendeva benissimo il senso
delle cose i11 essa contenute.
- Bravo, gli dissi, tu hai amici-
pato lo studio della tua lezione ed io
egli con me, io con lui.
auticipo la risposta. SI, ti condurrò a
Conobbi in quel giovane 1m animo Torino, e fin d'ora sei armove1·ato tra
tutto secondo lo spirito del Signore e i miei cari figlioli; corm:ncia anche tu
rimasi 110n poco stupito considerando fin d'ora a pregare Id.dio, affinché
i lavori che la grazia divina aveva aiuti me e te a fare la sua santa volontà.
operato in così tenera età.
Non sapendo egli come esprimere
Dopo im ragionamento alquanto meglio la ma contentezza e la .ma gra-
prolungato, prima che io chiamassi il titudine, mi prese la mano, la strinse,
padre, mi disse queste precise parole: la baciò più volte e in fine mi disse:
- Ebbene, che gliene pare? Mi - Spero di regolarmi in modo che
condurrà a Torino per studiare?
non abbia mai a lamemarsi della mia
- Eh, mi pare che ci sia buona condotta>>.
stoffa.
-
-
E a che può servire questa stoffa?
A fare 1m bell'abito da regalare
Il cartello misterioso
al Signore.
Il 29 ottobre di quell'anno, Do-
- Dunque io sono la stoffa, ella menico baciò a lungo la mamma e
ne sia il sarto; dunque mi prenda con i fratellini, mise in spalla il fagottino
lei e farà un bell'abito per il Signore. di biancheria e stringendo la mano
- Ma quando tu abbia terminato al papà si incamminò verso Torino.
lo ~1rtdio del latino, che cosa vuoi fare? La capitale del piccolo regno sardo-
- Se il Signore mi concederà tanta piemontese venne incontro a Dome-
grazia, desidero ardenter,1ente di di- . nico con lo strepito dei sonagli di
ventare sacerdote.
cento carrozze, le insegne colorate
- Bene : ora voglio provare se hai dei suoi negozi, il frastuono allegro
bastante capacità per lo studio. Prendi dei baracconi di Porta Palazzo.
questo libretto (era un fascicolo delle Giunsero alla porta dell'Oratorio.
Letture Cattoliche}, quest'oggi studia Attraversarono un prato rigurgitante
questa pagina, domani ritornerai per di ragazzi che correvano, schiamaz-
recitarmela.
zavano, ridevano. Salirono una pic-
· Ciò detto lo lasciai in libertà di an- cola scala e bussarono all'ufficio di
darsi a trastullare con gli altri gio- Don Bosco. Mentre il papà e Don
vani, indi mi posi a parlare col padre. Bosco parlavano, Domenico diede
Passarono 11011 più di otto minuti, uno sguardo attorno: era una camera
quando ridendo si avanza Domenico e povera ma pulitissima. Uno scaffale
mi dice:
di libri, un tavolo ingombro di lettere
- Se vuole, recito adesso la pagina. e di carte, e un cartello con una mi-
Presi il libro, e con mia sorpresa steriosa frase latina scritta a grossi
24 conobbi che non solo aveva lettera!- caratteri: Da mihi animas coetera tolle.
...4rob.Cap.SuJ'
é L -·················
Un compito di latino di Domenico Savio,
conservat o nell'archlvlo dei Salesiani.
Quando papà parti, superata la
prima esitazione, Domenico domandò
a Don Bosco che cosa significassero
quelle parole appese al muro. Don
Bosco l'aiutò a tradurre: << O Signore,
dammi le anime e prenditi tutto il
resto*· Era il motto che Don Bosco
si era scelto per il suo apostolato.
Quand'ebbe compreso, Domenico si
fece per un istante pensieroso, poi
disse:
- Ho capito: qui non c'è com-
mercio di denaro, ma di anime. Spero
cbe l'anima mia farà parte di questo
commercio.
Cominciò così per Domenico la
vita di tutti i giorni, la vita un po'
grigia di un piccolo studente, con
compiti, lezioni, scuola, professori,
compagni. Don Bosco, che lo seguiva
giorno per giorno, scrisse di lui:
« Dal gi.orno della sua entrata egli
ebbe nell'adempimento dei suoi do-
veri un'esattezza che difficilmente si
può superare >>.
Cinque pietre e venti passi
Un giorno due ragazzi si scam-
biarono titoli pesanti, si pestarono
un po\\ e sicco1ne non ne avevano
ancora abbastanza, uno gridò:
- Ti sfido a duello con le pietre.
C'erano attorno degli <<amici»,
che invece di buttare acqua sul fuoco
li incitarono ancora di più. Si spo-
starono in fondo al prato. Misura-
rono venti passi di distanza. Ognuno
dei due raccolse cinque grosse pietre.
Attorno ai duellanti si raccolse una
piccola folla di spettatori. Domenico

3.5 Page 25

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era in un'alLra zona del prato, ma un
suo amico corse a chiamarlo:
- Vieni anche tu, Domenico,
laggiù c'è un duello.
Domenico corse e al primo sguardo
capì che si trattava di una faccenda
pericolosa : una pietra hen azzeccata
poteva spaccare una testa. Non sa-
peva che pesci prendere: quei due
erano suoi amici, ma cosa fare per
far smettere quella sfida stupida e
pericolosa ? Si fece largo. Entrò nello
spazio lasciato lihero per i duellanti.
Tirò fuori il piccolo Crocifisso che
ponava al collo e corse dal più vicino,
che aveva già in mano una grossa
pietra:
- Guarda il Crocifisso! - gli
ordinò Domenico. E adesso ripeti
con me: « Gesù i? morto perdonando
i suoi crocifissori lo invece non vo-
glio perdonare, voglio fare una so-
lenne vendetta! •>.
Il ragazzo lo guardò e borhottò:
- Ma cosa c'entra ?
Domenico fece i venti passi che lo
separavano dal secondo e ripeté anche
a lui in tono di comando:
- Guarda il Crocifisso! E adesso
e ripeti con me: 1< Gesù morto per-
donando i suoi crocifissori. lo invece
non voglio perdonare, voglio fare
una solenne vendeLta ! •>.
Era un bravo ragazzo, questo se-
condo, e rimase senza fiato. Allora
Domenico lo prese per mano e lo
trascinò vicino all'altro:
- Ma perché volete farvi del
male? Perché volete dare un dispia-
cere al Signore e a Don Bosco ? Gesù
ha perdonato chi l'uccideva, e voi
non siete capaci di perdonarvi un
insulto, uno spintone dato in un mo-
mento di rabbia ?
Ora Domenico taceva, ma conti-
nuava a fissare con tristezza i due
nemici. Le pietre caddero, e il duello
non si fece.
Tre ingredienti per una formula
Il 24 giugno era il giorno onoma-
stico di Don Bosco. Si fece festa so-
lenne, ognuno volle dire il suo affetto
per lui. E Don Bosco. per ricam-
biare, disse:
- Ognuno scriva su un biglietto
il regalo che desidera da me. Vi assi-
curo che farò tutto il possibile per
accontentarvi.
Quando lesse i higlietti, trovò do-
mande serie e pensate, ma trovò
anche domande stravaganti. che lo
fecero sorridere: qualcuno chiedeva
cento chili dj torrone! Sul biglietto
di Domenico Savio c'era scritto:
<• Mi aiuti a farmi santo ,>.
Don Bosco prese sul serio queste
parole. Chiamò Domenico e ~li disse:
- Ti voglio regalare la formula
della santità. Stai bene attento. Primo :
allegria. Ciò che ti turba e ti toglie
la pace non viene da Dio. Secondo:
i tuoi doveri di studio P. di pietà. At-
tenzione a scuola, impegno nello
studio, impegno nella preghiera.
Tutto questo non farlo per ambi-
zione, per farti vedere e lodare, ma
per amore del Signore e per prepa-
rarti a diventare un vero uomo.
Terzo; far del hene agli altri, cioè ai
tuoi compagni. Aiutali sempre, anche
se ti costa sacrificio. La santità è
tutta qui.
Nel far hene i suoi doveri, Dome-
nico non poteva fare di più. Ma nel-
l'aiutare i suoi compagni, qualcosa
poteva fare, pensare, inventare. E
da quel giorno ci provò.
Un giorno un ragazzo portò al-
i'Oratorio un giornale illustrato con
figure poco pulire. Suhito gli si radu-
narono intorno cinque o sei. Guarda-
vano, ridacchiavano. Domenico si
avvicinò. Prese dalle mani del pro-
prietario il giornale e lo fece in pezzi.
li ragazzo si mise a protestare, ma
Domenico protestò anche lui, a voce
aJ1cora piÌI alta:
- Belle cose poni dentro l'Ora-
torio! Don Bosco si affatica rutto il
giorno per allevarci buoni cittadini
e buoni cristiani, e tu gli porti in
casa questa roba! Quelle sono figure
che offendono il Signore, e qui dentro
non devono entrare!
Se c'era un malato da assistere, un
compagno che avesse bisogno di ri-
petizioni, una stanza da rimettere in
ordine, era sempre pronto. Arrivò
a prestare i suoi guanti di lana a un
piccolino che tremava dal freddo.
Un giorno gli venne un'idea gran-
diosa. C'erano anche altri giovani,
accanto a lui, che si sforzavano di
far del bene agli altri. Si chiamavano
M.ichele Rua, Giovanni Cagliero,
Giuseppe Hongioanni, Celestino Du-
rando : Lutti nomi che sarebbero cìi-
venuu celebri nella Congregazione
Salesiana. Ma ognuno lavorava per
conto suo. Perché non unirsi, tutti i
giovani più vol.:nterosi, in una specie
di << società •>, per lavorare insieme,
per organizzare il bene che ognuno
faceva per suo conto ?
Ne parlò con alcuni amici. L'idea
piacque. Anche a Don Bosco il pro-
getto sembrò buono. Domenico Sa-
vio stese un breve regolamento della
società, che si chiamò <• Compagnia
dell'Immacolata•>. Gli iscritti s'im-
pegnavano a diventaxe dei piccoli
apostoli tra i compagni, a diffondere
gioia e serenità attorno a sé.
La <• Compagnia>> fu inaugurata
solennemente 1'8 giugno 1856. Do-
menico Savio non sapeva di aver
realizzato il suo capolavoro. Egli
aveva ormai soltanto pi t'1 nove mesi
di vira, ma la sua <<Compagnia» sa-
rebbe durata più di cento anni, e
avrebbe fatto un gran bene in tutte
le opere fondate dai salesiani.
Addio alla terra
Nei primi mesi del 1857, Dome-
nico Savio si fece più pallido. Le
sue forze diminuivano lentamente.
Don Bosco ne fu preoccupato. Chia-
dei buoni medici perché lo visi-
tassero. Il professor Vallauri, dopo
una lunga visita, disse:
- La gracile complessione, l'in-
telligenza precoce e la continua ten-
sione di spirito sono come lime che
gli rodono insensibilmente la vita.
- Che cosa posso fare per lui ? -
insistette Don Bosco.
- Lo rimandi all'aria nativa, e gli
faccia sospendere per un po' di
tempo gli studi.
Quanè:lo Domenico seppe la deci-
sione, si rassegnò. Ma gli rincresceva
moltissimo lasciare gli studi, gli amici,
e specialmente Don Bosco. Don Bo-
sco dovette quasi rimproverarlo:
- Ma perché non vuoi andare a
godere la compagnia dei tuoi geni-
tori ?
- Perché vorrei finire la mia vita
qui, nell'Oratorio.
- Ma non di re così! Tu adesso vai
a casa, ti rimeaì in salute e poi torni.
- Questo no - sorrise Domenico,
scuoLendo la Lesta. - Io me ne vado
e non tornerò più. Don Bosco, è
l'ultima volta che po:;siamo parlarci.
Mi dica: cosa posso fare ancora per
il Signore?
- Offrirgli spesso le tue soffe-
renze.
- E che cos'altro ancora?
- Offrirgli anche la tua vita.
li saluto più commovente lo diede
agli amici della << Compagnia •>. Poi
arrivò il calesse del babbo che do-
veva condurlo a Mondonio. All'an-
golo della via agitò ancora la mano a
salutare il suo Oratorio, gli amici,
il suo Don Bosco, che rimase a guar-
dare la carrozza che spariva con un
dolore profondo. Era partito il suo
alunno migliore, il santino c he la
Madonna aveva regalato per tre
anni al suo Oratorio.
Si spense quasi all'improvviso il
9 marzo 1857. Gli era accanto suo
papà. Ebbe appena la forza di mor-
morare:
- Addio, papà... Il parroco mi
diceva... ma io non ricordo... che
bella cosa io vedo mai ...
Pio XII lo dichiarò santo il 12 giu-
gno 1954. li primo santo di quindici
anni.
25

3.6 Page 26

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INTERVISTA ALL'AVV.
TABOADA LAGO
di ENZO BIANCO
« Le differenze di men-
talità e di stile tra gio-
vani e meno giovani ?
È naturale che esista-
no. Ma tra noi non
sono allarmanti. La
cordialità salesiana
consente una vera uni-
tà. Ci sentiamo 11sale-
siant' e rispettiamo il
pluralismo».
I . Che impressione le fa es-
sere Presidente confederale de -
gli Exallievi di Don Bosco, cioè
di un'organizzazione che conta
un migliaio di Associazioni in
tutto il mondo?
Un'impressione molto forte. Es-
sere Presidente di una Confede-
razione estesa ai cinque continenti,
oltre alla coscienza della respon-
sabilità che comporta, mi offre la
possibilità eccezionale di contri-
buire all'animazione cristiana del
mondo e alla diffusione dello spi-
26 rito di Don Bosco nella società.
Questo mi riempie di controllato
entusiasmo.
2. Quali sono secondo lei le
novità più importanti introdot-
te dal Capitolo Generale Spe-
ciale nel mondo degli Exallievi?
Sono molte, ma mi limito a
indicare le tre più importanti e
significative.
Prima: gli Exallievi sono rico-
nosciuti e proclamati ufficialmente
membri integranti della grande Fa-
miglia Salesiana.
Seconda: si è pure riconosciuto
e proclamato che « tutta la Comu-
nità (salesiana) come tale è re-
sponsabilmente interessata a tutti
gli Exallievi, associati o no•>.
Terza: la fiducia concessa alJa
nostra organizzazione. Gli Exal-
lievi infatti sono chiamati ad assu-
mere con spirito e decisione cri-
stiana le proprie responsabilità
nella vita della Chiesa e nella vita
pubblica, sul piano individuale e
sul piano sociale. Sono chiamati
ad impegnarsi in modo più pro-
fondo neUa missione che è pro-
pria della Famiglia Salesiana.

3.7 Page 27

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3. Come vanno preparati gli
allievi perché diventino buoni
Ex al l ie vi?
Penso che debbano vivere in un
ambiente di vero affetto e rispetto
della loro persona, e trovare nei
loro educatori l'invito esemplare a
far bene mediante la parola e la
testimonianza personale.
D'altra parte il D ocumento del
(< Congresso mondiale•> su «Gli
Exallievi nelle associazioni locali,
con speciaJe riguardo ai problemi
dei giovani >> contiene tutto quanto
si può fare in questo senso, in
stretta collaborazione tra Salesiani
ed Exallievi.
4. Si parla della partecipa-
zione di Exallievi dirigenti all~
, programmazione delle case sa-
lesiane: lo si fa? come?
Si è cominciata questa presenza
di alcuni Exallievi nella Comunità
educativa, per la programmazione
di attività. Ma con una certa timi-
dezza, e non senza qualche evi.-
dente resistenza. Spero che con
una maggior conoscenza - attra-
verso i documenti del CGS -
dei propri diritti e doveri, timidità
e resistenze scompariranno.
5. Che differenza di stile e
m entalità trova fra Exallievi
giovani e m eno giovani?
Oggi è di moda parlare di que-
ste differenze. È naturale che esi-
stano. Non possiamo negarle, ma
tra noi non sono allarmanti. La
cordialità salesiana impedisce che
queste necessarie e legittime diffe-
renze producano divisioni o scis-
sioni, e consente una vera unità
fraterna fra tutti. Tutti ci sen-
tiamo «salesiani i>, e rispettiamo il
pluralismo che ci differenzia.
6. Che cos'hanno da imparare
gli Exallievi giovani da quelli
meno giovani, e viceversa?
La cordialità salesiana, di cm
parlavo prima, quando è debita-
mente incarnata negli Exallievi.
permette in primo luogo che gli
tini e gli altri (uomini maturi e
giovani) abbiano la santa libertà
di parlare e la grande capacità di
ascoltare.
Ciò fa sl che, tra noi, i giovani
ricevano i valori positivi della tra-
dizione, e che i più anziani non si
rinchiudano in un brutto immobi-
lismo. Questo ce lò insegna l'e-
sperienza. Se non esistesse t ra noi
questa ricchissima base della cor-
dialità, non si produrrebbe l'in-
tesa necessaria e di conseguenza
non si potrebbe fare nulla.
rn pratica i giovani apportano
un certo impeto e una certa vee-
menza. Una maggior sincerità.
Amore alla verità cristiana e alla
vita. Impegno ed esigenza.
Gli uomini maturi offrono: per-
severanza. Prudenza e moderazione
(adattamento alle possibilità, ai
mezzi e alle circostanze). Espe-
rienza. Fedeltà: alla verità cri-
stiana, all'educazione ricevuta, ai
valori della Congregazione (Euca-
ristia, Maria Ausiliatrice, il Papa).
Fedeltà a D on Bosco e alla sua
Congregazione.
Tutte cose che gli uni hanno
da imparare dagli altri.
7. In che modo si può attuare
la partecipazione delle fami-
glie degli Exallievi alla vita
delle loro associazioni?
Il Congresso Europeo stabilì il
principio della partecipazione delle
famiglie degli Exallievi alle asso-
ciazioni. Tocca ai dirigenti, nei
diversi livelli, concretizzare que-
sta partecipazione.
In molte associazioni, alle feste
dell'Unione, alle recite, ai circoli
di studio, alle conferenze formative
suJJ'educazione dei figli, sull'edu-
cazione sessuale prematrimoniale,
già intervengono i familiari degli
Exallievi. Famiglie di Exallievi
inoltre soggiornano insieme in re-
sidenze estive, si riuniscono per
studiare e vivere la vita sacramen-
tale matrimoniale. Il movimento
spagnolo « Focolari D on Bosco >>
realizza ogni anno un intenso pro-
gramma per le famiglie degli Ex-
allievi.
8. Quale ruolo possono svol-
gere oggi gli Exallievi nella
Chiesa e nel mondo?
La Confederazione, attraverso i
congressi, le assemblee e le riu-
nioni, sta spingendo gli Exallievi,
come individui e come associa-
zioni, a prendere coscienza dei
problemi del mondo moderno. Li
esorta a porre i doni e le qualità
di cui sono dotati, al servizio di
tutti gli uomini, alla costruzione
di un mondo miglio:e: difesa dei
diritti umani, promozione totale
di ogni uomo, denuncia delle in-
giustizie, condanna di ogni tipo
di violenza, lavoro per la pace. È
la linea di azione apostolica e so-
A destra: « I g iovani a ppo rta no un certo i m -
pet o e una certa veemenza.. Una m ag gio r
sincerità » . Nella pagi na segue nte: il P resi-
dente con don Giovanni Raineri, Cons igliere
per In pastorale degli adulti.

3.8 Page 28

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ciale che il Concilio Vaticano 11
ha tracciato.
9. Una questione discussa: gli
Exallievi e 1a politica. Vuole
impostare il problema e dire
come viene risolto dagli Ex-
allievi?
Sl, la ritengo davvero una que-
stione discussa, finché esistono uo-
mini che pensano e maneggiano
idee che non si possono sottomet-
tere a misurazioni matematica-
mente esatte.
Mi pare di poter dire che la
posizione della Confederazione è
chiara: sì alla formazione politica.
Cioè assimilazione dei grandi prin-
cipi della responsabilità politica:
ricerca sincera del bene comune;
promozione della giustizia fra tutti
gli uomini; conoscenza della storia
del proprio Paese; liberazione per-
sonale da ogni disordinata ambi-
zione- di potere, di accumulazione
di ricchezza, di dominio; oggetti-
vità nell'esame di situazioni, per-
sone, programmi ; esercizio consa-
pevole del diritto democratico al
voto (solo così è un gesto civile,
cqn vero senso di responsabilità);
28 rinuncia all'uso di minacce e coa-
lizione nel difendere posizioni po-
litiche; rispetto delle idee altrui ;
capacità di riconoscere i propri er-
rori; accettazione del pluralismo
ideologico.
Approfondire ed accettare questi
principi significa per noi maturare
la propria formazione politica.
Ciò significa che la Confedera-
zione accetta e diffonde questi
principi. Ugualmente si astiene,
in maniera assoluta, dalla politica
di partito.
10. Quali Exallievi, che lei
conosce, sono oggi inseriti in
posti di responsabilità nella so-
cietà?
Moltissimi. Direi che. è impos-
sibile contarli. In ogni campo e in
ogni attività. Ritengo prudente non
fare nomi, per non incorrere in
omissioni.
In campo ecclesiastico: sacer-
doti, vescovi, arcivescovi, qualche
cardinale.
In campo politico: deputati, se-
natori, ministri. Nel Centro Ame-
rica anche capi di Stato. Stesso
discorso nel campo dell'industria,
del commercio, delle attività pro.:.
fessionali.
11. Se il Papa le concedesse
di far santo un Exallievo, chi
sceglierebbe?
Gli chiederei di non fare un
santo solo ma parecchi: Gastini,
Poesio, Garcia de Vinussa, Maf-
fei, Vidili...
u . Quali idee-chiave lei è
solito proporre agli Exallievi
quando parla?
Parecchie. Le accenno appena.
Unione con la Congregazione.
Per gratitudine. Per fedeltà agli
insegnamenti ricevuti. E per aiu-
tarla, ora che siamo adulti e molto
possiamo fare.
Necessità di unirci tutti, noi
Exallievi, per realizzare gli ideali
di Don Bosco.
Incarnare la semplice e pro-
fonda frase di Don Bosco: <1 Siate
buoni cristiani e onesti cittadini 1>.
<< Essere onesti cittadini >> è facile
da capire. Ma «essere buoni cri-
stiani>> Jo si capisce a metà, e
ognuno a modo suo. Oggi non si
può essere buoni cristiani che alla
luce del Vaticano Il.
Mettere le nostre forze, come
individui e come associazione, al
servizio di ogni uomo, della so-
cietà e della Chiesa.
13. Il suo lavoro di Presi-
dente confederale viene a in-
tralciare la sua professione e la
sua vita io famiglia?
Fin dai miei anni di gioventù
ho preso chiara coscienza che la
mia vita era di Dio, e che dovevo
spenderla per la gloria sua nel-
l'adempimento dei miei doveri fa-
miliari, professionali ed ecclesiali.
Presto imparai anche che una
parte del mio tempo, poco o molto,
dovevo metterla al servizio dell'a-
postolato associativo della Chiesa.
In un primo tempo mi impegnai
con l'Azione Cattolica, ora mi de-
dico con tutte le mie forze alla
Confederazione mondiale degli Ex-
allievi di Don Bosco.
Io non riesco a capire gli uo-
mini di spirito cristiano che non
dedicano un paio d'ore alla setti-
mana all'apostolato associativo.
Non voler dare un po' di tempo
può essere, a volte, espressione del
peccato di individualismo che ab-
biamo com.messo per tanto tempo.■

3.9 Page 29

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Era un ragazzaccio, straccione e arro-
gante. Don Bosco lo t'ncrociò a Torino
nell'attuale via Garibald,;- lo salutò e lo
fermo.
- Chi sei tu? - gli chiese gentilmente.
- Chi sono io? - gli rispose il ragano
alzando le spalle. - E lei che cosa vuole
da me? Chi è lei7
- lo vedi bene, - replicò Don Bo-
sco, - sono un prete che vuol tanto
bene ai giovani e li raduna la domenica
in un bel posto vicino al fiume Dora, e
do loro tante cose belle: li faccio diver-
tire e loro mi amano: io sono Don Bosco.
- lo sono... - e qui il ragazzo co-
minciò a sgelarsi, - sono orfano, senza
padre e senza madre; cerco un lavoro.
- Ti voglio aiutare... Come ti chiami? -
Il ,agazzo subito gli disse il proprio
nome e cognome. - Bene, ascolta:
domenica ti aspetto tra i miei ragazzi.
Vieni: ti divertirai, poi ti cerche1ò un la-
voro... ti farò stare allegro. D'accordo?
L'adolescente fissò per qualche istante
il prete; poi bruscamente scattò:
- Non è vero.
Don Bosco allora sfilò di tasca un bi-
glietto di denaro e glielo pose in mano
dicendoglf:
- Sì che è vero; vieni e vedrai.
Il ragazzo strinse commosso la moneta
e poi:
- Don Bosco, si. ci verrò. Se dome-
nica dovessi mancare. mi consideri pure
un mascalzone bugiardo.
Ecco un segreto educativo di
Don Bosco con gli adolescenti: ac-
cettare la loro iniziale repulsività,
il loro fare scorbutico, la loro ir-
requietezza e insoddisfazione. L'ado-
lescenza non è davvero un periodo di
felicità liscia; è piuttosto un'età dila-
niata da momenti di incertezza, di dub-
bio e di sofferenza. È l'età degli aneliti
cosmici e contemporaneamente dei tor-
menti silenziosi e profondi; è l'età del-
l'interessamento per tutto ciò che ac-
cade nella società e contemporaneamente
della più angosciosa solitudine indivi-
duale. È l'età dell'ìncoerenza.
• Don Bosco sottoscriverebbe in pieno
ciò che con indovinata intuizione scrisse
Anna Freud a proposito dell'adole-
scem:a: << È normale che un adole-
scente si comporti in modo in-
coerente e imprevedibile; che com-
batta contro i propri impulsi e li accetti;
che si vergogni di riconoscere l'autorità
della madre di fronte agli · altri e poi
improvvisamente senta il bisogno di
confidarsi con lei; che viva imitando e
identificandosi con modelli di sogno e
nello stesso tempo sia incessantemente
alla ricerca della propria identità; che
sia idealista, generoso e disinteressato
come non lo sarà mai più nella vita e
che sia anche l'opposto: egocentrico,
egoista, calcolatore. Queste continue
fluttuazioni da un estremo all' altro sareb-
bero del t utto anormali rn un altro pe-
riodo della vita; ma in questo momento
stanno a indicare che il ragazzo si
trova in fase di sperimentazione».
Don Bosco intuiva benissimo che
i bisogni dell'adolescente sono ur-
genti e indilazionabili; ma sapeva
anche che come la fame e il dolore
sono pi,, facili da provare che da
esprimere. Che cosa possono fare al-
lora i genitori e gli educatori? Possono
aiutare i loro ragazzi assumendo un at-
teggiamento morbido e tollerante di
fronte alla loro inquietudine e arroganza
e accettandone il malessere e il mal-
contento. In definitiva: occorre as-
sillarli di meno e aiutarli di più.
Un ragazzo di sedici anni si è
fotografato cosi: « Sono costantemente
frustrato. Mi sento oppresso al punto
da scoppiare e non riesco a sfogarmi.
Ho fame di esperienze e i miei non
fanno che seccarmi con un mucchio di
spiegazioni l>.
Una ragazza di diciassette anni
si faceva l'autocritica cosi: « Ogni giorno
mi chiedo perché non sono la persona
che vorrei essere. Ho un carattere in-
stabile. perciò fingo. cosi la gente non
se ne accorge. Ma questa è appunto
la cosa che io detesto di più. Agisco
sempre 111 contrasto con la mia vera
natura. Quando mi trovo con delle per-
sone che hanno fiducia in me. faccio
tutto bene; ma quando mi trattano come
l'accessorio di una macchina, divento
letteralmente stupida. Tutto quello che
chiedo è di trovare qualcuno che mi
accetti come sono>>.
• Don Bosco ripeteva: « Conquista-
tevi i cuori dei giovani per mezzo
dell'amore».
29

3.10 Page 30

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NEL MONDO SAlESIANO
È
ROMA
ha
iniziato la sua
«Centro di Spiritualità e cultura» che
i Salesiani hanno eretto accanto alla
Casa Generalizia, in zona verde, appena
oltre il raccordo anulare in direzione di
Fiumicino (Via della Pisana, 1111,
tel. 64.70.241 ).
Chiamato più brevemente «Salesia-
num », il Centro utilizza le strutture ora
ultimate che nel 1971 servirono già ai
salesiani per lo svolgimento del loro
Capitolo Generale Speciale.
Esso è in grado di ospitare 145 per-
sone in camere singole, munite ciascuna
di bagno e servizi. È dotato di un sa-
lone-teatro con 300 poltroncine a gra-
dinata, ha impianto per traduzione si-
multanea in cinque lingue e impianto
per votazione elettronica.
Il Salesianum di Roma non limiterà
la sua attività alla sfera della sola Con-
gregazione salesiana, ma svolgerà un
servizio ecclesiale in favore di quanti
vorranno utilizzarlo per giornate di stu-
dio, convegni, esercizi spirituali e simili.
L'attuale responsabile del Centro, don
Pietro Schinetti, ci ha precisato in me-
rito: «Il Salesianum, ultimo arrivato e
senza pretesa di scendere in concor-
renza con nessuno. vuol essere un con-
tributo al movimento di spiritualità e di
cultura di cui Roma è al centro: un con-
tributo che intende dare specialmente
nell'interpretazione e applicazione delle
direttive conciliari sul piano ecclesiale.
e delle direttive capitolari sul piano sa-
lesiano. In una prospettiva meno im-
mediata guardiamo al prossimo Anno
Santo, e al centenario delle missioni sa-
lesiane, nel 1975 ». (ANS)
Il salesian n
cis Desramaut è
docente di Storia Ecclesiastica all'Uni-
versità e all'Istituto Pastorale di Lione.
Oltre al lavoro scientifico. conduce espe-
rienze pastorali in quattro parrocchie
della periferia.
In una breve intervista ha parlato delle
iniziative che si stanno attuando nella
sua zona per far fronte a una situazione
locale di emergenza.
Domanda: Qual è la situazione attuale
del clero in Francia?
Risposta: Il clero da noi non si rin-
nova, piuttosto diminuisce. E anche i
religiosi sono sempre di meno. All'Istituto
Pastorale siamo evidentemente preoc-
cupati di quanto accade. Ma ci diamo
da fare. Formiamo laici e religiosi. non
tanto per supplire il clero. quanto per
assicurare un servizio, per suscitare un
ministero. Formiamo degli incaricati del-
l'insegnamento relig ioso per diocesi in-
tere. Formiamo professori di religione.
animatori di comunità parrocchiali. di
comunità cristiane. Lavoriamo non solo
per la Francia ma anche per l'estero:
vengono a noi dal Canada, dalla Sviz.-
zera ...
I preti delle parrocchie con cui io la-
voro, sono preoccupati del futuro, com'è
logico. di quel che potrà accadere quando
loro non ci saranno più e magari nessun
sacerdote li avrà sostituiti. E lavorano a
formare dei laici in vista di questo fu-
turo incerto. Realisticamente pensano a
come i laici possono assumere in parte
il ministero. Giungono cosi a sollecitare
il servizio dei laici già per molte attività.
Ad esempio per fare I catechismi: ab-
biamo più di quaranta catechiste, ge•
neralmente madri di famig lia; abbiamo
alcuni uomini incaricati di distribuire la
comunione ai malati. Il canto nelle
chiese è diretto da laici. I laici assicu-
rano l'organizzazione delle funzioni ; le
varie messe per i ragazzi sono preparate
dalle catechiste. La contabilità e l'am-
ministrazione delle parrocchie è nelle
mani di ragionieri competenti. All'occa-
sione i laici prendono parte alla predi-
cazione, nelle funzioni della domenica.
Domanda: Che interpretazione dà lei
a questi fatti?
Risposta: Siamo in una situazione
molto f luida, e si deve essere prudenti
nel generalizzare.
Quel che è certo è che le comunità
hanno bisogno di servizi. D'altra parte
constatiamo che i sacerdoti con la loro
progressiva diminuzione, non li assicu-
rano più. Ma la comunità cristiana con -
tinua ad avere bisogno di tutti quei ser-
vizi. È quindi na1ura!e che se li organizzi.
Domanda: Non pensa, padre Desra-
maut, che l'assunzione di servizi e mi-
nisteri da parte dei laici finirà per of-
frire dei vantaggi, sia al laicato che al
clero?
Risposta: È evidente che dei vantaggi
esistono. Le comunità cristiane sono
obbligate a non essere più passive, a
non accettare più tutto dal clero, a
prendere su di sé delle responsabilità,
a rendersi più «adulte».
Aldo Angelini, presidente nazionale
degli Exallievi Salesiani. è stato nomi-
nato anche Presidente della Confederex,
l'organismo di collegamento fra le varie
organizzazioni di Exallievi delle scuole
30 cattoliche italiane. (ANS)

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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« Le scrive don Fogliati. dal suo di-
spensario per giovani lebbrosi, in Thai-
landia. Dal mio ritorno dall'Italia, i leb-
brosi sono aumentati: ora sono 426.
Ma molti sono guariti. i giovani guari-
scono in fretta I Dei 42 venuti in questi
pochi mesi, 15 sono sotto i vent'anni.
Se avessimo tempo e mezzi per andarli
a cercare nelle case, i lebbrosi giovani.
nello spazio di una generazione questo
terrìbile male scomparirebbe.
Al mio ritorno dall'Italia ho trovato
tanto lavoro urgente: la scuola con 14
maestri e 450 allievi da mandare avanti.
12 nuove aule in costruzione che ospi-
teranno altri 160. Aspettiamo con fiducia
!"arrivo delle Suore dalla vicina missione
di Chankhabury. Intanto sono solo : da
tre anni attendo il sospirato viceparroco,
ma 1 sacerdoti mancano...
Dal mio ritorno datrltalia. come de-
nari, ho vissuto di rendita. Ci sono
state delle persone cosi generose con
me I Ora, si sa, le strettezze cominciano
di nuovo a farsi sentire..• e quando la
preda sta per finire, il lupo deve uscire
dalla tana... Aiutatemi ad aiutarli, questi
poveretti. Il Signore vi ricompenserà.
Nei miei 32 anni di sacerdozio ho
lavorato molto. E posso dire che li
Signore non solo pagherà dopo, ma mi
ha già pagato qui, con tanta gioia che
mi dà ogni giorno. È generoso il Signore,
con tutti quelli che sono generosi con
i poveri.
Sono le 23, basta! La giornata è
stata lunga e non ce la faccio più a
tenere gli occhi aperti. Saluti cordiali a
tutti. Pregate per noi davanti all'Ausilia-
trice».
SAC. LUIGI FOGLIATI
Si chiam « oli 1età Fraterna»: è
un'iniziativa proposta nel 1969 dal Rettor
Maggiore Don Luigi Ricceri ai Salesiani
perché affrontassero - soprattutto nei
tempi forti dell'Awento e della Quare-
sima - qualche rinuncia comunitaria
a vantaggio dei confratelli impegnati in
opere particolarmente bisognose.
L'iniziativa, lasciata alla libera deci-
sione dei Salesiani, è stata raccolta con
molto favore, e le offerte come piccoli
rigagnoli hanno preso a fluire dalle
Case ai Centri ispettoriali e da questi al
Rettor Maggiore.
In quattro anni sono stati raggranel-
lati, e subito ridistribuiti, più di 170 mi-
lioni di lire: il Rettor Maggiore ha cosi
potuto portare .aiuti in 148 casi.
Sono aiuti che ricordano da vicino
le « microrealizzazioni » dei movimenti
per il Terzo mondo: ìl denaro è stato
impiegato ad esempio per ì pasti di
bambini poveri di Haiti. per un gruppo
elettrogeno in una missione dell'Ecua-
dor. cinque casette alla periferia di Cal-
cutta, una piccola tipografia missionaria
in Assam. banchi di scuola nel Mozam-
bico, una pompa d'irrigazione nel Ben-
gala, una stazione radio nella foresta del
Brasile, per mantenere al lavoro quattro
missionari laici.
È cosi che ragazzi poveri, primitivi
nella foresta, profughi e sinistrati e ba-
raccati (sono i destinatari più frequenti)
vengono soccorsi - come ha scritto
Don Ricceri - da una «povertà vissuta
più generosamente. da un'amministra-
zione più oculata e attenta, da un'econo-
mia intelligente e saggia, dalla rinuncia
a cose superflu e e forse a volte inoppor-
tune... >>. (ANS)
Nel l ' o t t o b r
Rua stabili di mandare il primo gruppo
di salesiani nel Messico. Erano soltanto
cinque. guidati da un dinamico diret-
tore, don Angelo Piccono. Furono ac-
colti con simpatia, grazie a un gruppo
di animosi cooperatori che avevano
p_reparato la loro venuta. Troppo pochi
cinque, per la mole di lavoro che li at-
tendeva. Ma erano pieni di entusiasmo
e di amore per i giovani. Figure come
quella di mons. Piani diedero un contri-
buto decisivo al successo della loro
azione nella generosa terra messicana.
Vennero anni difficili, i Salesiani fu-
rono dispersi e la loro opera parve mo-
rire. Ci volle dell'autentico eroismo per
resistere e sopravvivere. Poi la provç1
passò, e la vita riprese più fiorente e
vigorosa.
Oggi il Messico è in fase di sviluppo
vertiginoso. Partecipando alla gioia dei
suoi, figli, il Rettor Maggiore Don Rie -
ceri li ha invitati a rinnovarsi nella linea
della vocazione salesiana, che è essen-
zialmente giovanile, popolare e missio-
naria, vissuta in un clima dì famiglia
ricca di calore umano e di generosità
evangelica.
Con una la fes i famiglia orga-
nizzata dai suoi confratelli di Vibo Va-
I.entia. il salesiano don Giovanni Battista
Nobile è entrato nel centesimo anno
di età. Nato il 27 novembre 1873 a
Montescaglioso (Potenza), nel 1901
entrò come «vocazione tardiva» nel
collegio salesiano di Ivrea. Ricevette
dal beato Don Rua la veste religiosa nel
1905, e nel 191 2 divenne sacerdote.
Scrive il cronista della « Gazzetta del
Sud»: « Don Nobile gode ottima salute
e ricorda avvenimenti della vìta citta~
dina con perfetta lucidità di mente. Per
la sua lunga permanenza a Vibo Va-
lentia è un po' il padre spirituale di gran
parte della popolazionei>. (ANS)
31

4.2 Page 32

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DISSE Al SUOI BIMBI :
•< VADO A PREPARARVI UN POSTO »
Una giovane exalheva delle Fighe di M. A .. stroncata nel-
l"agosto scorso da un male incurabile. ha saputo fare della
sua morte uno stupendo atto di fede e di amore. La più bella
grazia che la Madonna possa ottenere a chi la prega con
fiducia.
Il suo nome era Silvia Regina Bertoldo Moreira. Nel 1967
aveva terminato gli studt magistrali nel collegio che le Figlie
di Maria Ausiliatrice hanno a Ponte Nova (Brasile). riuscendo
abilitata a pieni voti. Timida e riservata, ma tenace e con
le idee chiare, si era tuffata nella vita per viverla in pienezza.
Insegnava nelle scuole elementari, proseguiva gli studi uni-
versitari decisa a laurearsi in lettere e filosofia. Dato il suo
nome all"Unione Exallieve di Ponte Nova, sI vedeva asse•
gnare incarichi di responsabilità · diventava vice presidente
e delegata regionale per l"isrruz1one. Intanto si sposava. e
presto due bambini venivano ad allietare la sua casa. La
sua vita era piena, ma d'improvviso qualcosa in lei si spezzò.
Nel maggio scorso Silvia accusa qualche malessere. sem-
bra cosa da nulla. Invece i medici scoprono la realtà tremenda
e irreparabile. Silvia è costretta a fermarsi. Anna Cristina e
Afranio. i suoi bimbi, vedranno la loro mamma a poco a
poco consumarsi e sfiorire.
« Pregate Maria Mazzarello - dice loro -. pregatela per-
ché avete ancora bisogno della vostra mamma». Ma agli
altri confida: «Il disegno di Dio mi pare un altro. Ma neppure
in questo caso possiamo mettere ostacoli ai suoi piani. è
sempre la mano provvida di un Padre che conduce i nostri
avvenimenti».
Ora sente di dover preparare i suoi bambini. Un giorno
di luglio dice loro: « Ecco, bambini miei, la vostra mamma
fra non molto farà un viaggio. Un viaggio lungo, e non tor-
nerà Ma andrà a prepararvi un posto. E dirà alla Madonna
di prendere lei il suo posto vicino a voi. Vi lascio nelle sue
mani» I bambini non riescono a capire perché la mamma
non potrà tornare più.
A fine luglio la catastrofe si approssima. e Silvia chiede
di vedere ancora una volta tutti i suoi. «Coraggio! - mor-
mora al marito -. anche dopo io resto con voi». Poi stringe
a sé Anna Cristina e Afranlo.
Sul comodino accanto al letto c'è un vaso di fiori. Silvia
ne toglie una rosa e la presenta ai suoi bimbi che guardano
smarriti « Ecco - dice - . vedete questa rosa. Oggi è bella
e fiorita Ma domani sarà appassita. Morirà. Perché tutte le
cose nascono, vivono e muoiono. Ma per rinascere pIu
belle. Anche per la vostra mamma sarà cosl. perché è ve-
nu10 iI suo momento. Ecco, 10 vado, ma poi... ».
Il 3 agosto scorso, a 27 anni. Silvia è entrata per sempre
nella luce
LA MADONNA ERA LA SORRIDENTE
Come gli anni scorsi. anche quest'anno le Figlie di M . A.
erano state invitate dal signor Arciprete a preparare l'altare
di Maria Ausiliatrice per la funzione del Giovedi Santo.
La notte del Giovedi un gruppo di fedeli vegliò in ado-
razione davanti al Santissimo fino alralba del Venerdl: poi
32 si avviarono per la processione al Calvario.
Rimase soltanto una donna in preghiera. A un tratto.
essa avverti un crepitio Improvviso dietro l'urna del Santis-
simo. Era Il fuoco, lo intul immediatamente. Si precipitò fuori
a gridare aiuto. I vicini accorserÒ, appena in tempo a sof-
focare le f iamme prima che tutto s'incendiasse. Quando le
fiamme furono spente, tra i pochi tizzoni neri vedemmo la
statua di Maria Ausiliatrice. li cristallo si era frantumato. il
cornicione carbonizzato, ma la Madonna era là sorridente,
accanto al quadro di Don Bosco, anch'esso intatto. Abbiamo
ringraziato Dio, e rinnovato con più fiducia la nostra preghiera
alla Madonna e a Don Bosco.
Caria ( Catanzaro)
Sr M ROSA PUGLIESE, D11e1trlce F.M.A.
OLTRE OGNI SPERANZA
Il medico disse a mia zia che si trattava di un tumore
canceroso e che bisognava operarla immediatamente. Ci
rivolgemmo con fiducia a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco.
L'operazione riusci bene, ma l'anno dopo i dolori ritornarono.
Il medico disse che non c'era più speranza. Ma noi confi -
dammo -ancora in Maria Ausiliatrice, e ci rivolgemmo a un
medico di Barcellona. Questi prescrisse una serie di inie-
zioni per calmare i dolori. Continuammo a pregare con fede,
e dopo qualche tempo non fu più necessario tornare dal
medico: la zia sta benissimo. Confidiamo che la Madonna
abbia ascoltato la nostra preghiera, e le rendiamo pubbliche
grazie sul Bollettino.
Las Palmas
Lettera firmata
Suor Biagina Longhitano (Brente, Cetanra) ringrazia Mar/11 Ausiliatrlce
pet la guarigione della sorella, rido11a In gravi condizioni per una lesione
alla testa; e per 11 miglioramento del padre, colpito da infarto cardiaco.
TANTI BAMBINI PREGAVANO
Mia nipote Paola di anni 5 da un po' di tempo soffriva di
forte mal di capo. Sottoposta a esame radiologico. appren-
demmo costernati che si trattava di un tumore. Affidammo
subito la grazia a S. Domenico Sa vio: tutta- la comunità
con i bambini della Scuola Materna pregava e sperava nel
miracolo.
La piccola fu portata a Zurigo e sottoposta a un delicato
intervento. L'operazione è riuscita bene. La bambina ha ri-
preso il suo peso normale e l'abituale vivacità. A nome dei
genitori riconoscenti.
S. Sttlvatore Monferrato (A/assand11s)
Sr. LUCIA NEGRO F.M.A.
LA FEBBRE RIVELA UN GRAVISSIMO MALE
Un giorno di ottobre mio nipotino di 9 anni si mise a letto
con forte mal di testa e febbre alta. Si pensò a una forma
di Influenza, ma verso sera la febbre saliva e il mal di testa
si faceva sempre più forte. li dottore, chiamato d'urgenza,
pensò che si trattasse di meningite, e purtroppo non si sba-
gliò. Solo Dio può comprendere allora la nostra angoscia.
Lo affidai a S . D. Savio, che mi aveva già dimostrato l'effi-
cacia della sua intercessione alla sua nascita. Potei traspor-
tarlo subito all'ospedale, ove rimase tre giorni in pericolo.
Continuammo a invocare con fiducia S. D. Savio, e la gua-
rigione venne, completa, senza conseguenze.
A$IÌ
EXAlL/EVA IRMA MAGGIORA SCHIAV/NO

4.3 Page 33

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LA FEDE Cl CONFORTA NEL DOLORE
Mia sorella si ammalò gravemente e dovene essere rico-
verata in ospedale. Una mattina fummo avvertiti per telefono
di correre subito al suo capezzale. perché sembrava alla
fine. Ma né io né i suoi figli eravamo rassegnati a perderla.
Leggo sempre sul Bollettino Salesiano le grazie che Dio
concede per intercessione dei suoi Santi, e cosi raccomandai
di cuore l'ammalata a San Domenico Savio.
Ma i dottori curanti dicevano che ormai non c·era più
niente da fare. Allora ci siamo rivolti a un altro medico. Questi
provò nuove c ure. In poco tempo !"ammalata si ristabill e
poté tornare in famiglia tra la gioia dei suoi cari.
Purtroppo. quest'anno mia sorella tornò ad ammalarsi in
forma molto grave. A l vedere che soffriva tanto, ci siamo
rassegnati alla volontà di Dio. Abbiamo solo chiesto che
potesse morìre attorniata da tutti i sttoi cari. e con i conforti
della Fede. Riteniamo che questa santa morte sia stata una
grande grazia, e desideriamo rendere pubblica la nostra ri-
conoscenza
Mog liano Veneto ( Treviso)
ANASTASIA ROSSATO
UNA SPLENDIDA BAMBINA
VIVE PER DOMENICO SAVIÒ
La mamma, signora Luciana Butta. era al terzo mese di
gravidanza quando sopraggiunse una pericolosa epatite vi-
rale. Il medico cominciò a scuotere la testa. La signora Lu-
ciana però fu decisa nel difendere il frutto del suo amore.
I l parto fu prematuro e molto travagliato. La bambinetta
che nacque stava morendo soffocata. Fu posta in incubatrice,
ma l segni dell'asfissia progressiva erano imponenti. Il padre,
disperato, corse a Valdocco a cercare una reliquia di San
Domenico Savio, e la portò con angoscia e con fede alla
clinica.
La dottoressa ebbe fede anche lei. Disse: « La disinfetto
per bene, e la introduco accanto alla bambina». Al contatto
della piccola reliquia avvenne q ualcosa che lasciò tutti sba-
lorditj: la bimba ebbe un piccolo colpo di tosse. si liberò
di ciò che la soffocava. e riprese a dormire tranquilla.
I signori Luciana e Massimo Buffa sono venuti all'altare
di San Domenico Savio a ringraziarlo.
« Ho superato molte difficoltà prima e in seguito àlla na-
scita del mio Mariano. Ora con l'aiuto di Domenico Savio
tutto è risolto, il bimbo cresce bene ed è la gioia di tutti»
(Exallieva Angela Ponte, Campoligure, Genova)
« Dopo una maternità delusa mi sono affidata con fede a
S.D.S. e ho avuto il conforto e la gioia di un bel bambino,
Vito Domenico)) ( Gagliano Amactia Lo Giudice. Sambuca,
Agrigento).
« Eravamo presi da profondo sconforto: dopo cinque anni
la nostra unione non era ancora allietata dal sorriso di un
bimbo. Ma la nostra preghiera non cessò mai. Ed arriva il pic-
colo Gaspare Domenico Giovanni. nostra splendida gioia»
(Mimma e Giuseppe Riggio. Mussomeli. Caltanissetta).
Ml HA RIDATO LA GIOIA DI LAVORARE
Da parecchi anni soffrivo disturbi allo stomaco che anda-
rono via via accentuandosi, nonostante mi attenessi scrupo-
losamente alle cure prescritte dal medico.
Nell"agosto del 1971 fui ricoverata in ospedale e, sotto-
posta a diversi esami, si diagnosticò un'ulcera gastro-duo-
denale. Subii l'intervento chirurgico.
Il caso si presentò grave sia per ulcerazione a.vanzata,
come per le condizioni generali di estrema debolezza fisica.
Dopo l'intervento sorsero gravi complicazioni che mi ridus-
sero ben presto in fin di vita.
Alla dichiarazione allarmante del chirurgo: «Abbiamo ten-
tato tutto, ma purtroppo non v"è alcuna speranza di ripresa».
le Superiore affidarono la grazia al Servo di Dio Don Filippo
Rinaldi. Da tutta l'lspettoria Suore, alunne. exallieve, bimbi
della scuola materna, s' innalzò un' incessante supplica per
ottenere la grazia. Furono tre lunghi mesi di un continuo
alternarsi di timori e speranze. Finalmente fui dichiarata fuori
pericolo. Potei lasciare 1·ospedale ormai avviata verso la
guarigione.
Ora, a un anno di distanza, rendo pubblica la grazia rice -
vuta, in riconoscenza a Don Rìnaldi che mi ha ridato la gioia
di lavorare nella Congregazione che ho sempre amato, ma
che ora mi è doppiamente cara.
Novara
Sr. MAf/lA MIGLIOR!NI F.M,A.
QUEL VOLTO BUONO E SORRIDENTE...
Ero molto preoccupata perché avrei dovuto subire una
operazione all'occhio sinistro, quando sul Bollettino Sale-
siano vidi l'immagine di Don Rinaldi. Quel volto buono e
sorridente, quello sguardo che Invitava alla confidenza apri
immediatamente i l mio animo alla fiducia. Lo supplicai di
evitarmi l'operazione e di conservarmi sano l'occhio destro.
Don Rinaldi mi ha esaudita· nonostante l'età avanzata sono
in grado di leggere e scrivere senza occfiiali. Di cuore prego
per la sua glorificazione.
Torino
Lettera firmata
Temevo proprio di non farcela più in quelle condizioni
di salute. Allora pregai con tutta la fiducia possibile Don
Rinaldi, e fui esaudita. I dottori trovarono finalmente la causa
dei miei mali. e ora sono completamente guarita (Sr. Maria
Berg~llo, F.M.A., Asti).
In due occasioni diverse mi rivolsi con fiducia a Don Ri-
naldi per un male che mi tormentava, e in entrambi i casi
Egli esaudì prontamente la mia preghiera. Voglio esprimere
tutta la .mia gratitudine (Sregoli Giovan Maria, Stravignino,
Brescia) .
·
11 Salesiano D . Do menico Bertetto (Crem,san) nngrazia Simone Srugi
per due Importanti favori ottenuti per sua intercessione.
Silvia Crosio (Trino Vercellese) ha pregato con fiducia Simone Srugl,
ed è stata aiutala in momenti mollo d1fficllL ·
Emilietta Franc hetti rìngmzia Suor Maddalena Morano per una grazia
importantll ottenuta a favore di una sua nipote,
Maria Bussano per intercess,one delle serve di Dio Carmen Moreno a
Ampsro Carbor,el/ è stata aiutata ,n gravi d1fficollà
33

4.4 Page 34

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PREGHIAMO PER I NOSTRI MORTI
I
SALESIANI DEFUNTI
Sac. Pi etro Bolognani i • Messina a 92 anni.
Ordinato sacerdote, parti per le missioni di
Orienre. Tornò per la guerra , Q, 5- 18 e prestò
servizio in Sanito.. Finirn la guerra, ripartì per
l'Oriente, e per ben 34 anni fu direttore in
varie case., tra cui quelle. di Betlemme e di
Gerusalemme.
Nel 1952. tornò nuUtt s ua Sicilin, logorato
nel fisico ma ancor valido nello spiritç,, cd
esercitò il ministero sacerdotale a vantaRgio
di confrutelli, giovani e suore, finché si s p cn,se
carico di 11nni e di opère buone.
Sac. Benigno Vacca t a Fossombrone (Pe-
saro) n 84 annL
Primo dl dieci fratelli, imparò in famiglia
Pamorc allo povertà e al lavoro. Poi, alln ~cuoia
salesiana dei tempi di Don Rua, si formò un
carattere volitivo e dinamic.o, unimato di
spirito apostolico. Edu cò schiere di salesianj e
di giovnni delle ispettorie Romana e Adriaticn
con la scuola e. con la ,n,usì<:a vocale e stru-
mentale.
Si è oddorme.nt.ato neJln pace del t: servo
fed ele• · che lasci.a in erediu\\ una testimonianza
di lavoro, di fede, di povertà e di semplicità.
Sac. VUo campobasso t a Lanuvio (Roma)
a 64 anni.
Dotato di ·intelli~enza non comune e di memoria
eccezionale, si dedicò con e.ntusjasn10 alla
scuola per molti anni, finché le forze fisiche
glie.lo permisero. Poi sopraggiunsero onzit:empo
malanni ostinati, che accettò con fortezza,
rendendosi utile nel ministero sacerdotale.
Era un uomo mite e umile: l'invito o tornare
allo casa del Padre ~li giunse proprio In vigil.ia
della beatificazione di Don Rua.
Coad. Angelo Fossati t • Torino • 72 anni.
Dopo aver diuo gli !lnni mjgliori della sua vit11
al lavoro nelle missioni del Brasile, cOntinub
n prestare la .sun opera in patria. Bra prezioso
perché sapeva fare di tutto. 1\\la in modo pani-
colare fu il ministro• fedc.:lc del .Rettor
Maggiore, dalla Messa del mattino al servi-
7..io di anti camera. li suo ristoro era la preg hiera,
a cui dedic::ava tutto il tempo d.isponibHe,
specie nei giorni di fesrn.
Coad. Silvio Fontana t a Fossano (Cuneo) o
69 anni.
Si offerse al Signore nellu giovinezza.. Per 4r anni
ru missionario 11el JVloto Grosso (Bns-ilc),
poi continuò o lavornrc: in patria. Concluse ln
sua vi ta dopo un pellegrinaggio al Santuario
muri-nno di )..1ondovì.
Coa d. Bernardo Ruà t a Bagnolo (Cuneo) a
92 a.nni.
Entrò nella Congregazione già adulto, disposto
aUo più u_mile obbedienza, pur di potersi
rendere utile in qunlsiasi mansione. Con
questo stile di generosa disponibilità fu sale-
siano per quasi cinquant'anni; il lnvoro in-
11tnncabilc fu J'csprcssione concreta della sua
scelta di povertd. La sua pietà a\\reva unn $pic-
cata coloritura ma.rfann: trn le sue mani, n ei
momenti liberi, e soprattutto nelln lunga i n.
va.lidit"d senile, c'era sempre l::t corono dcl ro-
sa.rio.
Sac. Giovanni Mctagu e t a
((ngbilteua) a So anni.
Sac. Gug lielm o Renshaw
(Inghilterra) a 53 anni.
Farnborough
t Chertsey
Ss~ac.anLnui.igi R lpuJa t • Corxientes (Argentina) a
Sa c . Francesco Vogrin eic t a Kapela (Ju-
goslavia) a 77 snni.
Coad. Michele Hatsuo lwata t n Tokio •
56 anoti.
Coacl. Emanuele Bae,;a, t a Carmona (Spa-
gna) a 87 anni.
Coad. Giuseppe BucheJ, t a Kraiburg (Ger-
mania) a 64 anni.
Sac. Nicola Endres, t • Benediktbeuern
(Germania) 67 anni.
Coad. Melnrado Frey, t • Benediktbeuern
(Germania) 73 anni.
Sac. Giuseppe Geder, t a Hong Kong, 7 t anni.
Sac . casto Guede, t a Arcos (Spagna) anni 73.
Sac. Luigi Hernàndu Ledesma t • Scvilla
(Spog-na) 67 anni.
Sac. Antonio Macàk t a Muran - Roznava
(CS) 64 anni.
Sac. Giuseppe Mar ti Serra t a Algeciras
(Spagna) 89 anni.
COOPERATORI DEFUNTI
S. Em. Card. Fernando Cento t a Roma a
89 anni.
La famiglia salesiana prende viva parte aJ
lutto della Chiesa per la morte d.i questa no-
bilissimo figura di prelato. Ha s-yolLo per molti
anni incarichi ahissima fiducia in varie
nazioni del sud America e dell'Europa: ero.
membro dì molte Congregazioni rQmane. Lo
aveva e-reato cardin~lc Papa Gio\\.·anni. Pnolo VL
ho se.ritto di lui questo elogio: Ha sempre
speso il meglio di sé negli alri ulliéi affidatigli,
servendo con profondo amore e con esem-
p lare dedizione. la Chiesa•· Noi lo ricordfomo
per lo. sincera, profonda e inalterabile amicizia
che portò a Doo Bosco e aUn sua opera. Non
ho l'onor e di essere stato vostro aJHevo •, di-
ceva, ma voleva. un gran bene ad salesiani,
c he frequentava. aiutava e invitavo ad :J:iutarlo
ovunque li trovasse. A Macc:rat-a, an:dtutto:
]a prin'la e la più cara. forse, delle comunità
salesiane d.a. lui conosciute: a RandazzoJ nella
sua diocesi di Adrcnle; in Venezuela, ove
ott.t:.nnc che fosse affidata ai salesia..ni la missione
<lcWnlto Orino.e.o; e cosi in ·Ecuador-, Perù,
Belgio e Portogallo. Ora lo pensiamo nella
felicità del Cielo con Don Bosco, che cgH
definì , {lloria purissima dell'1talia e del
mondo -t.
Ros a GasUnl t a Torino a 78 •nni.
Era ulesiana ftn daUc- radici. Suo n·onno fu
Carlo Gnsrlni, il , menestrello dì Don Do-
se.o •, fonda1ore dell'unione Exallievi. Su11
madre, Felicina, fu allieva delle prime suore
salesiane a Ni:z.z.11. Per 58 nnni lavorò nlla SEl
( Fin dai primi tempi, ricordava. Eravamo
io dicci. cucivamo ll Bollettino Salesiano a
mano•). ft~U fatta , cavaliere del lavor o• e
ondò in pensione. Visse di preghiera ( • ma
non bigottnJ I bigotti 1ni fanno paura •) e
dl bontà ( :"loo sono istruita, dlce\\·a. ma
penso che. la cosa più import-a!lte s:hl àvc.re
un r.o' di bontà!,). Messa nella Basilica della
Ausiliatrice tutti i giorni; e attenta a non ln•
sciare mancare i fiori freschi aJJ'immagine
dell• :Vladonna sul pianerottolo della ,cala che
zz
un giorno Don Bosco usava per recarsi nella
suo cameretta. Fin che poté. La morte la
trovò preparata, desiderosa di ricongiungersi
con la grande famiglia salesiana del Cielo.
Lea BonalU ved. Venosta t • Cremono a
86 anni.
Voleva molto bene a Don Bosco. e aiutava le
missioni in Giappone con generosità. Con-
servava con c ura gelosa le lettere dei superiori
salesiani: un ricco epistolario con autografi
d! D. Ricaldone. D. Ziggiotti, D. Ricceri,
Mons. Cimarti, D. Liviabella e altri.
La sua cosi.ante auiviti di cooperatrice era
alimentnt.a da fede profonda, preghiera in-
ten&.a, e soprattutto dall'assidua freque.nza
all'Eucarestia.
Can. Giuseppe Tagliabue t Como a 69 anni.
Coi salesiani era di famiglia. Partecipava a tutti
gJi avvenimenti, lieti e tristi, della Congrega-
zione. e specialmente delltUnione Cooperatori.
Nellu sua attività catechistica presso l'Ufficio
Diocesano e nel suo minìatcto tra le sordomute
portò l'amore di Maria Ausiliatrice e la sa~gezza
podagogicn di Don Bosco.
Paolo Vignarca t a Miaz,ino (Novara) a
91 anni.
Ha dedicato la sua vita al lavoro, prendendosi
qualche sollievo nello sport della caccia e del
ciclisn\\o: da giO\\•ane. aveva pnrtecipato alle
primissime gare ciclistiche italiane in Sardegna.
In questi ultimi anni akuni a.miei gli avevano
fatto conoscere Don Dosco, ie sue opere, e
specialmente 1e missioni, che egli poi segul con
crescente interesse e aiutò generosamente.
Già in e.n\\ avanzata, fu afflitto da varie sofferen-
ze: le accettò con fede, santificandole con la
preghie.ra e con unn graduale e cosciente
prcpant.zione nll.n morte.
Ida Solera t a Osasco (Torino).
Rimasta. Orfana in giovane età, dedicò tutte le
sue encrgje al bene deUa famiglia. Jl Signore
la p rovò cQn unn maJ.nttia dolorosa, a cui i_o
u.n primo tempo la sua natura si ribellò. Si
recò n LouTde.s per ottenere la gutirigione.
Ottenne la grazia di capire il valore della su.a
sofferenza, di occettarln con fiduciB e con ìl
conforto di sentire l'aiuto materno della ~1a-
donna, dì cui era sempre stata devota, come
Figlia di Maria,, co1nc Exallieva e come
Cooperatrice.
Giovann.l Ram.elio t n Osasco (Torino).
Lavorò per molti anni n,ell'Jstituto delle F'.M.A.
di Osas-co come ortofa-no, con generosità e
sacrificio. Amava le orfanelle, a cui in oc.casione
dj qua.Jche festa offriva, sempre gradite, le
caramelle. Fu u.n cooperatore attivo, stimato da
tutti per la sua bontà e onestà. Una breve
ma.lattin lo portò al premio d.i Dio.
Natale Cordero t a Priocca (Cuneo) a 79 •nni.
Cavaliere di Vittorio Veneto, padre di otto
figli, tra cui due Figlie di M. A., Sr. Piexina e
Sr. Palmiro:, condusse una vita di laboriosit:i
onesta e serena, dedicata al bene della famiglia.
Gli ultimi anW accettò la sofferenza con pazienza:
e an,ore.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Drena Ermenegildo - Bois Cipriano - Camat-
tini Erminia - Ferr-ario Giuseppinn - Negri
Giorgio - Vergnano Ros3 .. Vinnnte Pierina.
L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISS ION I con sede in TORINO, eretto in Ente Morale con Decreto 12 gennaio 1924, n. 22, può legalmente ricevere
Legati ed Eredità. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato:« •.. lascio all'Istituto Sa/6$/ano per le Missioni con sede in Torino a titolo d i legato la somma di Lire... (oppure) l'immobile sito in... ».
Se trattasi, Invece, di nominare erede di ogni sostanza l'Istituto, la formula potrebbe essere questa:
«... Annullo ogni mie precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, lasciando
ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo•·
34 (luogo e data)
(firma per esreso)
_J

4.5 Page 35

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BORSE COMPLETE
Borsa: Beato Don Michele Rua,
u suffragio e ric()rdo dei miei cari
r dt.i de/imti di molti! famiglie nfferettti,
11 cura di Teresa Fcrrero, l\\1orenn
(Cuneo) L. 50.000.
Borsa: In onore del Beato Don
Michele Rua, perché mi 11umtmga
la sua protezione a cu.ra di Francesca
Bosco_ Torino, L. 50.000.
Borsa: IN SUFFRAGIO DI DON G IO-
VANN I O.EM.AlUA, n curn di una Co-
opén:ttrice, L . 50.000.
Borsa: Don Michele Rua, per gra::ìa
n"c.tvuta cd impt!trazioru di aiuto, a
cura di Don Giovanni Guberti,
Me=ano di Primiero (Trento), Lire
50.000.
Borsa: In Onore di Don Michele
Rua, i11 suffragio di TI.re.sa Obbt!.rmito,
a curn di N.N.. L. 50. 000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
SaoU Salesiani, in ringratl:ia-mtr,l(J
ptr grazia rù~tJu-ta, a c.ura di Carlotta
Basetta, Mede Lomellina {Pavio),
L. 50.000.
Borsa: Don Angelo Amadei, n
cura di Guido Rizzoglio, Rivoli
Torinese, L, 50.000.
Borsa: Pm C.RAZI.A RICEVTJT-A e invo-
cando ancora prott.zione sulla mia
/amt'glia1 3 cura di Giovanna Mignone
Ravern, Silvano d'Orba (Alessondria),
L. 50.000.
Musso ved. Va•saUo (Chiusa Pesio -
Cuneo), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco e Beato Don Mi-
chele Rua, i11 ringraziamento tli aiuti
t'icevuti, itt trA/fragio dti mie.i defunti
ed in at.tesa di gra;;,~, a cura di Bice
Camatrini (Parma), L. 50.000.
Borsa: In suffragio di mio marito
Gaspare Follis, a cura di Orsolina
Aimino ved . Follis (Reggio Emilia),
L. so,ooo,
Borsa: In onore di Maria SS. Au•
siliatrice e di S. Giovanni Bosco,
in suffraaìo del mio defut1ta man·tc, e
per impitrare grazie, a cura di Clara
Franzoni (Modena), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di Bianca
Maria Beltramelli Bclcari (Bologna),
L. 100.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco., in n'ngrazinmenJo
dei benefici ricevuti e, pu il complttta-
ment.o d~lla guarigione di,. mio nipote,
a cura di Ouavio Borgatello (Livorno
Ferraris - Vercelli), L. 50.000.
Borsa: Beato Don Michele Rua e
Don Bertuzzl, a cura di N.N. {Bcl-
lngio - Como), L. 50,000.
CROCIATA
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Glovanni Bosco, chiedendo pre-
glzìire per una gra,.,"'1.a che ci sta. tant.o
a cllQre, a curn di N.N. (Vignale Mon-
forrato - Alessandria), L. 100,000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, S. Maria
MazzareUo, Beato Don Michele
Rua. prottggeum,· in tJita per esure
degno dd Paradiso, a cura di Alvise
Bosio (S. Cristoforo - Alessandrfa),
L . 50,000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice, San
Giovanni Bosco e S~ Domenico
Savio, per impf.orar, il loro ofuto s11
nostro figlio ~ /ami'glia, in particola.re
sulla ttipot~ Elvira, o. cura di Pietro e
Alceste Taddei (Provnglio d'Iseo •
Brescia), L. 50.000.
Borsa: Papa Giovanni XXlll, Maria
SS. Ausiliatrice, S. Giovanni Bosco
e Santi salesianJ, in ringra$"ÌOmento
Pt!-r beni!/ici ottenuti e per ottenere gra-
TOTALE MINIMO PER BORSA L. 60.000
Avvertiamo che la pubblicazione di una
Boraa incompleta si effettua quando il
versamento iniziate raggiunge la somma
di L. 26.000, ovvero quando tale somma
viene raggiunta con offerte successive.
Non potendo fondare una Borsa. si può con-
tribuire con qualsiasi somma a completare
Borse già fondate
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice, S.
Glovannl Bosco e S. Domenico
Savio, per co111inun prou::ione sulla
nostra fmniglin, a cura di Angela
Siti, L. 50.000.
Borsa: GORA VINCENZO, a cura
di Oiuseppirui e VaJet\\t.ino Lazzarone,
Torino, L. 50.000.
Borsa: DON CARLO Dm'l'A, a curo
dell'Unione Don Bosco frn Educatori,
'rorino, L. 50.000.
u. Boraa: ESAUDITA IL StGNORB
t,;OSTRA TNVOCAZTONE DI AlUTO E
Dt A.SSJSTru.:ZA, contimurrà a uolerci
bmt!, a cu:rn dj Pina Sr.arita Amalfi,
Ca,tellommare di Stabia (Nopoli),
L. 50.000.
Borsa: Beato Don Michele Rua,
per otltntre grozit!, a cura di Ferrc.ro
famiglia, L. 100.000.
Borsa: Bealo Don Michele Rua,
a cura degLi Ex Allievi dell' lspettoria
Centrale {Torino), L. 50.000.
Borsa: Beato Michele Rua, imp/o.
rando la sua protezimus sui familiari
vivi e wjJragi ai e.ari d~/imti, a cura
di Assunto Pnlmieri (Bevngn., -
Pe.rugia), L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore, Maria SS. Au•
siliatrice e S. Giovanni .Bosco, per
cJ,itu:l.ue protezione i graz,.c, a cura di
Carmelina Durante (Bagheria - Pa-
lermo), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a curo. di Maria
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
coniugi Mereu, a cura di Maria
Mcreu (Oorgnli - Nuoro), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, in suffragio dei
mùi cari defunti, a cura di Orsola Rosi
(Gualdo Tadino - Pérugia), L. 50,000.
Borsa: Gruppo filatelico Don Bo-
sco, o cura di Don Celso Masper, Isti-
tuto S3.lesfa.no di .Anconu, L. 50.000.
Borsa: In memoria e suffragio di
Achille e Romano Glanoll, a cura
di Alberto Besozzi (Casrelveccnnn -
Varese)., L. :100.000,
Borsa: Beato Michele Rua, coro
del Rev.mo Mons. Giovanni Dacchille
(Troia - Foggia}, L. 50.000.
Borsa: Beato Michele Rua, a curo
d<ll'ing. dott. Carlo Bellocch i (Picua-
santa - Lucca), L. 50.000.
Borsa: M:arla SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni .Bosco, a curn di Anto-
nio Mantovan, L. 200.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice, ptr
grazia n"c.e1.m10 e ÌtttJ()CLlndo proleJ:ione
s11i figli mli• loro /amig/ù,, n cu.rn di
Giuseppina M arras {Cnserto), Lire
50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco e Santi salesiani,
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