Bollettino_Salesiano_199203


Bollettino_Salesiano_199203



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8il =J
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Roma-
Aurelio - Tel. 06/65.92.915 - Fax 06/65.92.929.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione
Generale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo De Nicolò -
Eugenio Fizzotti - Francesco Motto .
Collaboratori: Teresio Bosco - Michelino Davico -
Monica Ferrari - Sergio Giordani - Pierdante Giordano -
Margherita Maderni - Antonio Mélida - Jean-François
Meurs - Gaetano Nanetti - Nicola Palmisano - Angelo
Paoluzi - Cosimo Semeraro - Silvano Stracca - Stelvio
Tannini .
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri , eccetto agosto)
per tutti.
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Testi
e materiali inviati non vengono restituiti .
Edizione di metà mese. A cura dell ' Ufficio Nazionale
Cooperatori (Pasquale Massaro) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 44.60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 40 edizioni nazionali e 19 lingue
diverse (tiratura annua oltre 1Omilioni di copie) in : Antille
(a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Austria -
Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Canada -
Cecoslovacchia (in slovacco) - Centro America (in
Guatemala) - Cile - Cina (a Hong Kong) - Colombia -
Ecuador - Filippine - Francia - Germania - Giappone -
India (in inglese, malayalam , tamil e telugu) - Irlanda -
Gran Bretagna - Italia - Jugoslavia (in croato e in
sloveno) - Korea del Sud - Lituania (edito a Roma) -
Malta - Messico - Olanda - Paraguay - Perù - Polonia
- Portogallo - Spagna - Stati Uniti - Thailandia -
Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede .
Copie arretrat~ o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vecchio.
2 - I MARZO 1992
SOMMARIO
3 IL RETTOR MAGGIORE
Intervista a Don Bosco 150 anni dopo
di Angelo Montonati
10 SALESIANI NELL'AMERICA LATINA
I ragazzi di Raimundo Mesquita
di Umberto De Vanna
14 RELIGIONE A SCUOLA
Ora di Religione: la responsabilità
di essere scelta
di Silvano Stracca
19 DOSSIER MISSIONARIO
Sri Lanka: un 'antica cristianità
che si rinnova
di Lucian Bernard Fernando
Ceylon nei piani missionari
di Don Bosco
di Sextus Don
Kandy: una scuola e un focolare
per i ragazzi
Negombo: preparare tecnici
e cristiani
Palliyawatta-Wattala:
una parrocchia innovatrice
Dankotuwa: vivaio di nuovi salesiani
27 VOLONTARIO GIOVANILE
Solidarietà oltre ogni frontiera
di Graziella Curti
30 EVANGELIZZAZIONE
Nel quartiere-ghetto di «La Mina»
di Juan Val/s
34 PROBLEMI GIOVANILI
Cambia il rapporto di coppia
di Elvira Bianco
37 SUOR MARIA TRONCATTI
Dio chiama nella Selva
di Teresio Bosco
RUBRICHE
BS Attualità, 6 - Lettere, 8 - Prima Pagina, 9 -
BS Domanda, 13 - Come Don Bosco, 17 - Li-
bri , 18 - Osservatorio , 29 - Il Diario di An-
drea, 33 - Solidarietà, 40 - I Nostri Morti , 41 -
I Nostri Santi, 42 - In Primo Piano, 43
1 Marzo 1992
Anno 116
Numero 5
In copertina:
A pag. 3
Angelo Montonati
presenta il
libro-intervista
di don Viganò,
settimo successore
di Don Bosco
(foto di Franco Marzi).

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.,.-------------BS-
IL RETTOR MAGGIORE
INTERVISTA
A DON BOSCO
150 ANNI DOPO
Al Sinodo Europeo tenuto a Roma nel dicembre scorso, don Viganò con gli altri superiori generali.
di Angelo Montonati
Il libro-intervista «Don Bosco ritorna», delle
edizioni Paoline. Il settimo successore di Don Bosco
affronta le tematiche più attuali sulla presenza
e le speranze dei salesiani d'oggi nel mondo.
T, 8 dicembre di 150 anni fa, nel-
.L la sagrestia della chiesa torin·e-
se di San Francesco, Don Bosco,
prete da pochi mesi, incontrava
Bartolomeo Garelli e dava il via alla
sua imponente opera educativa.
Una data importante per i Salesiani,
e insieme un'occasione per guardar-
si allo specchio e verificare se sono
ancora come li volle il fondatore.
Per questa «verifica» abbiamo
scelto la strada del libro-intervista
1 MARZO 1992- 3

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con il settimo successore di Don Bo-
sco, don Egidio Viganò, l'unico au-
torizzato a rispondere a nome del-
l'intera congregazione.. Sottoposto
al fuoco di fila di oltre 150 doman-
de, molte delle quali giudicate un
po' «cattive» e graffianti, ma co-
munque da lui non eluse, il Rettor
Maggiore ha tracciato un grande af-
fresco in cui la storia si intreccia con
l'attualità e con la profezia. Il di-
scorso sui Salesiani non poteva non
coinvolgere nei giudizi, nelle valuta-
zion,i e nelle previsioni le realtà
complesse della società in cui vivia-
mo, coi suoi problemi e con le sue
sfide, e la stessa Chiesa che in tale
società è immersa per il suo servizio
all'uomo.
Fedeli in una nuova società
Si comincia dalla storia: don Vi-
ganò ripercorre brevemente le tappe
salienti della congregazione, l'apice
del successo e i momenti inevitabili
della crisi, per approdare alle do-
mande di fondo: siete rimasti fedeli
al fondatore? ... Don Bosco si rico-
noscerebbe in voi oggi? Come at-
tualizzare, «reinterpretare» il cari-
sma salesiano in questa società
post-moderna?
La risposta è positiva, ma senza
trionfalismi, con la realistica co-
scienza delle difficoltà e degli errori
che lungo il cammino si possono
commettere:«Penso - dice don Viga-
nò - che si è avverato in questi de-
cenni (il riferimento è soprattutto al
post-Concilio, ndr) ciò che Don Bo-
sco stesso aveva predetto a Don Giu-
lio Barberis, allora maestro dei novi-
zi: «Vedi, io faccio la brutta copia
della Congregazione: voi la mettere-
te in bella con i colori e con i perfe-
zionamenti richiesti dai tempi». Lo
si è cercato di fare: nella identità co-
stituzionale, nella qualità pastorale e
missionaria, nella difficile e mai
conclusa riubicazione sociale».
La parte più corposa dell'intervi-
sta è quella che affronta i problemi
dei giovani. Chi sono i Bartolomeo
Gare/li di oggi, i «senza parroc-
chia», i «senza famiglia» e i «senza
scuola», in altre parole i «nuovi po-
veri»? Un discorso che offre il pre-
testo per una radiografia della con-
dizione giovanile odierna, fatta non
4 - 1 MARZO 1992
Dall'intervento di Nucclo Fava:
«Le risposte più giuste agli interro-
gativi dei giovani».
La lettura di queste belle pagine
mi ha fatto sentire nostalgia, so-
prattutto enorme gratitudine, per
quegli anni ormai lontani, trascorsi
all'oratorio, alla scuola di Don Bo-
sco. Il Rettor Maggiore con imme-
diatezza ed efficacia riassume il bi-
lancio di centocinquant'anni e indi-
ca l'urgenza e la passione con cui
bisogna più che mai porsi oggi al
servizio dei giovani. Urgono anche
continua ricerca e approfondimen-
to scientifico per una conoscenza
non superficiale dei termini nuovi
e, non sembri retorico, per molti
versi drammatici con cui i giovani
interpellano la Chiesa e la società
in una stagione di straordinaria ac-
celerazione della storia.
L'universo giovanile appare più
che mai non compreso, non rispet-
tato, non correttamente aiutato nel-
le sue esigenze di fondo.
Una società ricca, egoista e piso-
rientata come la nostra, anche
quando mostra di occuparsi dei
da un sociologo, ma da chi ha la re-
sponsabilità di un'azione diretta tra
i giovani, di un progetto educativo
cristiano del quale si sente più che
mai il bisogno. Sono i temi del «vis-
suto» quotidiano di tante famiglie,
magari alle prese con figli senza
ideali, vittime della droga, del sesso
e della violenza, terreno di verifica
quotidiana della validità del proget-
to salesiano. È ancora attuale il si-
stema preventivo? Quali priorità si è
data la congregazione nel suo lavo-
ro? Quali gli strumenti educativi?
Come educare alla fede in una società
secolarizx,ata in cui si vive come se
Dio non esistesse? L'Oratorio resiste
o va rifondato, e secondo quali linee?
Seguire Don Bosco oggi
Se parliamo delle opere, come di-
menticarne i protagonisti? Ed ecco
le domande sul Salesiano in quanto
tale: chi è, come nasce, come si for-
ma? Come vanno le vocazioni? Do-
ve la crisi può dirsi superata e dove
no? Che cosa significano oggi i tre
classici voti di povertà, castità e ob-
giovani, rischia sempre di farlo in
termini inadeguati, oscillando di
continuo tra permissivismo e spin-
te repressive, perchè finisce col
guardare ai giovani essenzialmen-
te per blandirli e scimmiottarli, per-
chè incapace, in fondo, di conside-
rarli diversamente da consumatori
perennemente insoddisfatti e delu-
si. Del resto qual è la condizione
prevalente della famiglia, della
scuola e dell'università, del mondo
del lavoro e della produzione, dello
sport e degli stessi mass media,
nei confronti dei giovani? Quale
spazio, quali responsabilità, quale
autonomia, quale protagonismo
sono correttamente riconosciuti ai
giovani?
Si tratta di interrogativi terribil-
mente impegnativi e presenti
drammaticamente, pur con le ine-
vitabili differenze, in tutte le aree
del mondo. Il Rettor Maggiore, con
la sua intervista, ci dice che alla se-
quela di Don Bosco non solo tutte
questa domande sono presenti,
ma che si prega e si opera instan-
cabilmente per trovare le risposte
più giuste.
bedienza? Che cosa può spingere og-
gi un giovane a seguire Don Bosco?
L'intervistatore, a questo punto,
ha cercato di fare anche un'opera-
zione di immagine (questo era del
resto uno degli scopi dell'intervi-
sta), presentando alcuni aspetti me-
no conosciuti della Congregazione,
ma che sono di importanza vitale
per essa: la Pontificia Università
Salesiana, ad esempio, l'Osservato-
rio della Gioventù, L'Istituto di
Scienze della Comunicazione socia-
le, il Dipartimento di Pastorale gio-
vanile e di Catechetica, espressioni
di un modo tutto salesiano, moder-
no, di essere presenti nel mondo
della cultura.
I salesiani sono una delle più im-
portanti congregazioni religiose: era
interessante sentire dal loro capo
qualche giudizio su alcuni temi at-
torno ai quali oggi maggiormente si
discute all'interno della Chiesa. Il
rapporto fra teologia e Magistero,
ad esempio, un giudizio sul presun-
to clima di «restaurazione» o «nor-
malizzazione» che secondo molti
caratterizzerebbe l'odierna realtà

1.5 Page 5

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----------BS-
- L'impegno per l'Africa ha avuto un grande impulso negli ultimi quindici anni.
ecclesiale. La domanda si ricollega
a certi tormentosi trascorsi sessan-
totteschi che coinvolsero in prima
persona note personalità dell'allora
Ateneo Salesiano (Don Girardi,
don Lutte ecc.), fino al recentissimo
caso di Don Aristide, diventato pre-
sidente di Haiti; o a certe accuse di
Dalla prefazione del cardinal Pio
Laghi, prefetto della Congregazio-
ne per l'educazione cattolica:
Dalla lettura di questa ampia in-
tervista a don Egidio Viganò , Ret-
tore Maggiore dei Salesiani, che
ha voluto con squisita sensibilità
farmi introdurre, mi piace mettere
in evidenza anzitutto la valorizza-
zione di una eredità preziosa. Egli
ci offre una lettura attualizzata del-
la figura di Don Bosco coniugando-
la continuamente con la sorgente
da cui tutto proviene: l'esperienza
cioè del santo e del suo tempo. Del
resto, questa preoccupazione di fe-
deltà da una parte e di attualizza-
collateralismo piovute su alcunì sa-
lesiani argentini al tempo della dit-
tatura dei generali . È il problema
delle appartenenze e delle scelte po-
litiche consentite ai religiosi di' Don
Bosco in aree del mondo dove l'in-
giustizia istituzionalizzata spinge a
un certo tipo di impegno nel sociale.
zione dall'altra è apertamente pro-
fessata fin dall'inizio dell'intervista,
quando viene affermato che occor-
re essere «con Don Bosco e con i
tempi, e nori con i tempi di Don
Bosco».
Le pagine dell'intervista di don
Viganò sono, inoltre, pervase di un
coinvolgente senso di progettuali-
tà. Con il tono sereno e sincero del
dialogo familiare, pervaso di una
fede profonda nella mano di Dio e
nella materna protezione di Maria
Ausiliatrice , il Rettor Maggiore non
solo rivisita i temi tipici delle fonti
salesiane, ma salda insieme l'ere-
dità preziosa proiettandola in un
progetto più ampio che risponda
all'oggi e prepari il futuro .
Una /onte di prima mano
Naturalmente, non poteva man-
care un capitolo dedicato alla di-
mensione missionaria, soprattutto
in un momento che vede la Congre-
gazione proiettata verso la realizza-
zione del «progetto Africa», e alla
Famiglia Salesiana.
Nel complesso, trovano posto do-
mande più strettamente personali,
accanto ad altre che hanno lo scopo
di sfatare alcuni luoghi comuni cari
a certa pubblicistica laica: le asserite
ricchezze faraoniche dei Salesiani,
accusati addirittura di «trionfali-
smo» (ma non sarà per caso invi-
dia?) ... Questo e altro, insomma,
per chi voglia saperne di più, da una
fonte di prima mano, sulla realtà
salesiana.
Il libro-intervista si intitola «Don
Bosco ritorna» : un riferimento
esplicito al famoso inno che tutti
conosciamo, e insieme un augurio-
invito ad una presenza sempre più
incisiva dei Salesiani nella società
italiana e mondiale.
Angelo Montonati
1 MARZO 1992 5

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ttualità
ALBANIA
IL PICCOLO
LUSTRASCARPE
Sono ormai da alcuni mesi
a Scutari le Figlie di Maria
Ausiliatrice. per ora abitano
presso una signora che ha già
la famiglia in Italia e aspetta
di poter emigrare. Si scopre
che in quella casa le FMA
hanno già gestito una casa tra
il 1908 e il 1916! L'oratorio è
presso una grande stanza
messa a disposizione dal par-
roco. Ali' apertura dell' orato-
rio le ragazze erano oltre 200.
La foto presenta Raffaele. un
piccolo lustrascarpe di Scuta-
ri. Il fratello, vicino, taglia
un po' di legna per alimentare
un fuocherello che ripari dal
freddo i clienti e se stessi. La
suora gli è diventata amica e
gli ha regalato una scatola di
lucido. «Lo vuoi nero o mar-
ron?», gli ha chiesto. «Meglio
di tutti e due i colori!», ha ri-
sposto.
Scutari (Albania). Raffaele, il piccolo lustrascarpe.
I RAGAZZI
DI NAPOLI
A «CANALE
Il complesso Bandistico del
Centro Sociale Don Bosco di
Napoli ha partecipato con
successo nel gennaio scorso
alla trasmissione televisiva
«Maurizio Costanzo Show».
La banda è formata da una
quarantina di elementi dagli 8
ai 16 anni. Il Centro Sociale
Don Bosco di Napoli ospita
ragazzi affidati dal Tribunale
dei Minorenni e dai servizi so-
ciali dei Comuni vicini distri-
buendoli in comunità-fami-
glia o in gruppi di intervento
diurno . E c'è anche un fioren-
te oratorio-centro giovanile a
servizio del quartiere. La ban-
da musicale è diretta con com-
petenza dal salesiano Corrado
Guercia . Il laboratorio musi-
cale-strumentale si pone ac-
canto a un ventaglio di interes-
si giovanili e di itinerari educa-
tivi che mirano al recupero
della personalità dei ragazzi.
6 - 1 MARZO 1992
I ragazzi del CeDtro Sociale Don Bosco di Napoli.
GUINEA
EQUATORIALE
VISITA DI DUE
PRESIDENTI
Il presidente del Governo
spagnolo Felipe Gonza-
les ha visitato il Centro
Salesiano . di Bata, ac-
compagnato dal Presi-
dente della Repubblica di
Guinea Teodoro Obiang
Nguema. I due presidenti
hanno visitato la scuola
professionale e la esposi-
zione dei lavori eseguiti
dagli allievi, e si sono det-
ti interessati all'anda-
mento della scuola agri-
cola. Attraversando i
campi da gioco e incon-
trando i 300 ragazzi che
si preparavano alla cele-
brazione domenicale, i ·
due presidenti hanno di-
mostrato una cordiale fa-
miliarità con i ragazzi e i
loro educatori.
POLONIA
LA CAUSA DI
CANONIZZAZIONE
DEL CARD. HLOND
Nella cattedrale di Varsavia
si è svolta la cerimonia del-
l'introduzione della causa di
canonizzazione del cardinale
salesiano polacco Augusto
Hlond . Erano presenti, con il
card . Glemp, primate di Po-
lonia, e alcuni altri vescovi, il
postulatore don Fiora e don
Dziedziel, delegato del Rettor
Maggiore per la Polonia.
Giunto in Italia giovanissimo
come aspirante salesiano, Au-
gusto Hlond fu tra gli inizia-
tori dell'opera salesiana in
Polonia. Fu ispettore a Vien-
na e amministratore apostoli-
co per incarico di Pio XI, che
lo volle poi Vescovo e Prima-
te della Polonia e nel 1927
Cardinale. Pastore zelante, fu
amatissimo dal suo popolo.

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l:===;::===::::=====:::::::::::=::=;::::::;;:=:==::;;::::::=:=========================~K S -
Il presidente della Guinea Equatoriale accompagna Felipe Gonzales nella visita
al Centro Salesiano di Bata.
I 48 partecipanti al Cam-
po Scuola VIS di Roma-
Cinecittà si sono lasciati
con il proposito di veder-
si riconoscere un ruolo
di maggior responsabili-
tà a livello locale, ispet-
toriale e nazionale. E
lanciando l'invito a coo-
peratori ed exallievi per
un collegamento sem-
pre più stretto tra la loro
attività e l'animazione
missionaria.
Obiettivo del campo è
stato anche quello di
elaborare un quaderno-
guida per l'itinerario for-
mativo dei gruppi che
intendono prepararsi a
un'esperienza estiva nei
l?aesi in via di sviluppo.
E stato detto tra l'altro
che la preparazione dei
giovani volontari deve
durare almeno 6 mesi e
prevedere alcune gior-
nate di convivenza.
ramente lunga e forse com-
plessa, proprio per il difficile
periodo storico che lo ha avu-
to come protagonista.
SPAGNA
ALL' «EXPO-JOVE»
DI VALENCIA
Per il terzo anno consecuti-
vo la Federazione dei Centri
Giovanili Don Bosco di Va-
Il card. J6zef Glemp.
lencia ha partecipato all'«Ex-
po-Jove», una manif~stazio-
ne che vuole favorire )'anima-
Per la cura pastorale dei po- ·zione socio-educativa dei ra-
lacchi all'estero, fondò la So- gazzi e dei giovani della città.
cietà di Cristo Re. Oggi con i Lo stand salesiano, di mille
salesiani, la Società di Cristo metri quadrati, ha ottenuto
Re è direttamente impegnata un grandissimo successo, con
nella promozione della causa una media giornaliera di
di canonizzazione. Sul card. 8.000 presenze. Nel giorno di
Hlond sono già stati raccolti maggior affluenza i ragazzi e
100 grandi volumi di docu- i giovani presenti sono stati
menti, ma la causa sarà sicu- più di 70.000.
BORGO
SAN MARTINO
RICONOSCENTE A
DON BOSCO
Festa del ringraziamento a
Borgo San Martino (Alessan-
dria). Dopo la Messa celebra-
ta dal vicario generale, il sin-
daco ha dedicato a Don Bo-
sco la nuova piazza, conside-
rata ora il salotto di Borgo, e
un magnifico monumento. La
pop·olazione ha voluto questo
gesto di riconoscenza al Santo
che ha portato nel paese oltre
120 anni fa la scuola salesiana
e con essa lustro, fama e lavo-
ro. Don Silvio Silvano, ·che
rappresentava il Rettor Mag-
giore, ha tenuto l'orazione uf-
ficiale. Egli è stato chierico,
professore e direttore del col-
legio San Carlo di Borgo, e ha
potuto parlare oltre che con la
consueta arguzia anche con
un'ottima conoscenza storica,
ricordando la pr~senza e i mi-
racoli compiuti da Don Bosco
in quel paese. A Borgo San
Martino, che aveva la como-
dità della ferrovia, era stata
trasferita nel 1870 la vicina
scuola di Mirabello, prima
opera di Don Bosco fuori To-
rino. Il monumento al Santo è
opera di Alberto Sparapani:
Don Bosco appare accoglien-
te, e il bassorilievo riproduce
una selva di giovani festanti.
1 MARZO 1992 - 7

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PARLATE DI PIÙ DI NOI.
«Ho la fortuna di ricevere da
circa un anno il BS. Lo trovo
interessante e bello, anche se
«migliorabile»_. Ho 20 anni e
frequento l'oratorio salesiano
della mia città da almeno die-
ei anni. Ho fatto parte di tan-
tissimi gruppi e associazioni.
Vivo intensamente da un paio
di anni, anche a livello orga-
nizzativo, la bellissima espe-
rienza della realtà del «Movi-
mento Giovanile Salesiano».
In Sicilia il MGS è una realtà
viva, nella quale centinaia di
giovani credono fermamente.
È un peccato che questo no-
stro entusiasmo non si espan-
da di più in tutta l'Italia. Vi
chiedo di parlare del Movi-
mento Giovanile Salesiano,
magari dedicando anche delle
pagine fisse. Noi giovani che
viviamo l'esperienza associa-
tiva nelle céfse salesiane ci sen-
tiamo parte della Famiglia Sa-
lesiana. Io non sono 1,1n con-
sacrato, però mi sento salesia-
no forse più di qualche sale-
siano».
Massimo, Alcamo (Tp).
IL CARD. TROCHTA. «A
proposito dell'articolo «Per
la Slovacchia è tempo di rico-
minciare», scritto da E. Ma-
cak (BS/settembre '91). Co-
me mai non si è parlato del sa-
lesiano card. Stefano Troch-
ta? Compagno di mons. Be-
ran nei lager nazisti, poi nel
'47 vescovo di Litomerice, nel
'53 fu condannato dal regime
a casa mia arriva il BS lo leg-
go ·molto spesso. Mi è passato
tra le mani anche questa volta
e mi ha interessata molto l'ar-
ticolo sulle letture dei ragazzi.
La cosa riguarda anche me,
perchè anch'io leggo Dylan
Dog e quello che avete scritto
non mi sembra giusto perchè
noi non leggiamo Dylan Dog,
Satanik, Diabolic ecc. per al-
nunciare a confrontare sem-
pre quello che leggi con quello
che vivi, a verificare le no-
tizie... ».
QUEL GIORNO NON PIO-
VEVA. «Nel numero del di-
cembre '91 vi è sfuggito un er-
rore maiuscolo. È pubblicata
la fotografia della processio-
ne del 9 giugno del '29 scatta-
fa- ta sotto una pioggia assai
stidiosa e ricorrente. In realtà
in quel giorno vi fu un sole
terso e luminoso. Partecipai
pure io, novizio a Villa Mo-
glia (Chieri): ci recammo a
Torino a piedi, andata e ritor-
no. Invece la sfilata per la
santificazione avvenuta pochi
anni dopo, nel 1934, fu infa-
stidita dalla pioggia, che ave-
va posto in forse la stessa pro-
cessione».
Don Giuseppe Marocco,
SDB, Lombriasco (Torino).
Grazie della segnalazione. La
svista «maiuscola» è dovuta a·
uno scambio di diapositive in
fase di lavorazione.
NON È SOLO NOSTAL-
GfA. «Ho trovato due Bollet-
tini Salesiani tra un mucchio
di riviste mondane . E mentre
sbirciavo qualche figura di
bella ragazza, Don Bosco mi è
venuto incontro e ho sentito
nostalgia di lui e della mia
gioventù. Sono cresciuto in
un oratorio e ho mandato mia
figlia, ora dottoressa in psico-
logia, a studiare dalle suore
salesiane. Desidero ricevere la
rivista. Ultimamente ho ascol-
tato con grande piacere la vi-
ta di Don Bosco a Radio
Maria».
Lettera firmata,
O/ate di Lecco (Como).
8 · 1 MARZO 1992
a 25 anni di lavori forzati. Nel
'68 fu rimesso ìn libertà e nel
'69 creato cardinale in pectore
da Paolo VI, che lo pubblicò
nel '73. Morì l'anno dopo in
seguito ai maltrattamenti rice-
vuti. Ricordo che don Ricceri
scrisse un bel profilo di que-
sto cardinale».
Robert Dias,
Nairobi (Kenya).
CON GLI OCCHI DELLA
FANTASIA. «Sono una ra-
gazzina di 12 anni e visto che
lontanarci dalla realtà, ma
per vederla con occhi diversi,
quelli della fantasia. Noi li
leggiamo per trovare altre ri-
sposte alle nostre infinite do-
mande, non tanto per rifiu-
tarci di parlare con i nostri ge-
nitori ecc. Che ne dite?».
Erica, Torino.
Ti risponde Margherita Dal
Lago. «È vero, Erica, che le
ragazze e i ragazzi cercano su
molte strade. Ed è vero anche
che il mercato usa i foro sogni
come crede meglio. Non ri-
È IL MOMENTO PIÙ GIU-
STO? «Abbiamo voluto pro-
porre ai giovani di Novara,
con l'aiuto di un seminarista,
un cammino di preghiera set-
timanale. Pur avendo fatto
conoscere a molti l'iniziativa,
al primo incontro non si è
presentato nessuno. Oggi, a
distanza di quasi due mesi,
siamo in sei. Ci troviamo la
domenica dalle 16 alle 17.45 .
Chi fosse interessato, mi tele-
foni».
Piera Milanino,
Romentino (Novara),
Te/. (0321) 86.05.32.

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ESISTE ANCHE OGGI
IL BUON TERRENO
«Non ci sono formule magiche.
Ogni vocazione è un dono di
Dio», ha detto Juan Carlos Pérez
nell'incontro dei delegati di pa-
storale giovanile e pastorale vo-
cazionale d'Europa e del nord-
America, tenuto a Roma nel me-
se di gennaio. Una settantina di
persone che hanno voluto verifi-
care la qualità della loro pastora-
le giovanile, che dovrebbe avere
come normale sbocco anche la
scelta vocazionale.
Il programma si è sviluppato in
tre giornate di studi, narrazione
di esperienze e laboratori di ricer-
ca. «Abbiamo preferito affrontare
il tema in modo molto concreto
ed esperienziale», ha detto don
Van Looy, consigliere generale
per la Pastorale Giovanile e pro-
motore dell'incontro. E le temati-
che si sono snodate con estrema
concretezza e realismo. Molti
hanno messo il dito sulla piaga. I
gruppi hannp elencato tra le nuo-
ve difficoltà della scelta vocazio-
nale: il disorientamento culturale,
il distacco dalla Chiesa da parte
dei giovani, la paura del celibato,
la mancanza di fede, l'esistenza
di famiglie che non trasmettono
più valori profondi, la secolariz-
zazione e il consumismo. Il qua-
dro si faceva più completo con la
conferenza dell'irlandese Mi-
chael Smyth. Egli affermava che
i giovani d'oggi sono troppo sen-
sibili alla loro libertà per affronta-
re le restrizioni della vita religio-
sa, e appaiono poco disponibili a
impegnarsi per tutta la vita. inol-
tre non trovano facilmente ac-
canto a sè persone significative,
«modelli» capaci di affascinarli.
UN VENTAGLIO DI PROPO-
STE. Juan Carlos Pérez ha de-
scritto le linee di intervento so-
prattutto in chiave propositiva. E
ha presentato un elenco di realtà
tipiche della pastorale giovanile
che possono favorire la scelta vo-
cazionale. In particolare: la pre-
ghiera, come occasione di appro-
fondimento spirituale e di unità
interiore; il servizio e l'apostola-
to, che sono occasioni di impe-
gno e fanno percepire la forza del
messaggio evangelico; il gruppo,
poichè l'esperienza insegna che
è dalla vita di un gruppo significa-
tivo che diventano possibili espe-
rienze alternative e nasce la vo-
I Don Luc Van Looy,
· promotore del convegno
romano .
glia di uscire dalla mischia; il cli-
ma di famiglia e di accoglienza,
dove il giovane possa sentirsi co-
nosciuto, valorizzato, amato. E fi-
nalmente l'esperienza dell'ac-
compagnamento, cioè l'esigenza
che i giovani incontrino qualcuno
con cui entrare in dialogo e che li
aiuti a programmare un cammino
spirituale. È quanto aveva già
detto con efficacia lo stesso don
Van Looy introducendo i lavori:
«Carta vincente è certamente il
rapporto personale. Mettendo in
gioco tutta la carica e l'intensità
vocazionale propria, accompa-
gnando il giovane nella matura-
zione umana, sociale, spirituale
e nell'impegno personale per il
bene comune».
Il salesiano padovano sac. Giuseppe Fo-
ralosso è stato nominato Vescovo di
Guiratinga, in Brasile. Succede al Ve-
scovo salesiano mons. Camillo Faresin.
Missionario dal 1969, mons. Foralosso
fu parroco nella diocesi di Tres Lagoas,
a Araçatuba, a Campo Grande e a
Cuiaba. Negli ultimi anni era professore
presso la Facoltà Salesiana di San
Paolo.
Don Joan Godayol i Colom è stato elet-
to Vescovo della Prelatura territoriale
di Ayaviri, nel Perù. Nato a Matar6
(Barcellona, Spagna), mons. Godayol
parti missionario giovanissimo e compì
gli studi in Perù. Fu più volte direttore
nelle opere salesiane. Ultimamente era
di rettore della grande opera in Are-
quipa.
Don Cosimo Semeraro, direttore del-
1' Archivio Storico e docente di Metodo-
logia critica e Storia all'Università Sale-
siana è risultato vincitore di una borsa
di studio riservata a ricercatori e.titolari
di cattedra delle università straniere
messa in palio dal Ministère de la Cultu-
re et de la Communication del Governo
Francese. Tale risultato gli consente di
essere ammesso con gli altri selezionati
25 ricercatori allo Stage Internazionale
di specializzazione nella ricerca storica
presso gli Archives Nationales di Parigi,
con conseguimento del relativo titolo
accademico.
È morto a 85 anni il maestro don Luigi
Lasagna. Diplomato al conservatorio
musicale di Parma, è stato maestro di
musica prima a Faenza e poi a Torino-
Valdocco, dove per quasi 50 anni ebbe
l'incarico di maestro e organista nella
Basilica Maria Ausiliatrice. Fu direttore
della rivista «Voci Bianche» e fecondo
compositore. È suo il famosissimo inno
a Don Bosco «Sapientiam» e l'inno po-
lifonico alla Vergine Akàtistos, su sug-
gestivo testo bizantino strutturato a
stanze e tradotto in italiano .
La musica del maestro Lasagna ricalca
il suo temperamento: uno stile sobrio,
di particolare finezza e sensibilità. Le
sue composizioni, in gran parte destina-
te alla liturgia, gli procurarono una me-
ritata notorietà, offuscata dall'imporsi
anc.he in chiesa della musica ritmica.
Visse con grande discrezione, ma occu-
perà sicuramente un posto nella storia
della musica sacra.
1 MARZO 1992- 9

1.10 Page 10

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SALESIAN.
NELL'AMEfllCA
LATINA
I RAGAZZ·I DI
RAIMUNDO MESQUITA
di Umberto De Vanna
Vent'anni di iniziative
senza respiro per
la difesa e la promozione
dei ragazzi a rischio
del Brasile. Protagonista
è un salesiano laico,
premio Unicef 1990.
N el 1988 a Belo Horizonte, un
mese prima che il Congresso
Nazionale discutesse la legge 227 ri-
guardante i ragazzi e gli adolescenti
brasiliani, il salesiano Raimundo
Mesquita, ha guidato una manife-
stazione al centro della città con
4.500 ragazzi della strada. Forse per
la prima volta quei raga7'.zi diventa-
vano protagonisti. «Grazie alla tele-
visione, la manifestazione fu segui-
ta in tutto il Brasile», dice oggi il si-
gnor Mesquita. «Siamo riusciti a
bloccare il traffico a Belo Horizon-
te, imponendo una sosta di rifles-
sione a una città di tre milioni di
abitanti. E la popolazione è stata
_con noi». Dimostrazioni simili fu-
rono organizzate a Rio de Janeiro,
a San Paolo, a Recife, a Porto Ale-
gre. E nel giorno in cui cominciava
la discussione sulla legge, il Con-
gresso Nazionale a Brasilia fu cir-
condato da diecimila ragazzi. Il ri-
sultato fu l'approvazione della leg-
ge con 384 voti favorevoli e solo 5
contrari.
10 · 1 MARZO 1992
Raimundo Mesquita è nato 58 anni fa a Oliveira, nello stato di Minas_Gerais.
Ragazzi e adolescenti'
in Brasile
In Brasile i ragazzi abbandònati o
in via di abbandono sono 36 milio-
ni. Il gruppo più numeroso è quello
che vive nelle favelas. Sono ragazzi
che normalmente hanno i genitori,
. ma quasi sempre il padre abbando-
na la f~miglia e dopo un po' ne
compare un altro, che è il padre del-
l'ultimo nato. Ogni famiglia ha in
media sei, sette figli. I ragazzi per
qualche anno frequentano la scuola
il mattinq o il pomeriggio e nel tem-
po libero gironzolano per le vie del-
la favela, perchè la loro non può
considerarsi. una vera e propria ca-
sa. Vivono in una poverissima ba-
racca che serve da camera da letto e

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - - - - - - - - - - , - - - - B S.-
In basso. Nell'88 Mesquita
ha ricevuto dal giornale
«Estado di Minas» il premio
«il migliore dell'anno» per le attività
sociali. Nella foto, con gli altri premiati,
è il sesto da destra.
A Brasilia 10.000 ragazzi
della strada hanno circondato
il palazzo del Congresso Nazionale
per l'approvazione della legge
a difesa dei ragazzi
e degli adolescenti.
supermercati per aiutare le casalin-
ghe a portare le borse della spesa.
-- Aiutan-o ·-a: caricare i paèc hi•- nelle
macchine, vendono i giornali, fan-
no i lustrascarpe, inventano ogni ti-
po di attività che renda qualche
spicèiolo. Se gli affari vanno male,
però, si vergognano di tornare a ca-
sa a mani vuote e cominciano a sta-
re fuori qualche notte. Ritornano
soltanto quando hanno dei soldi da
dare all'uomo di casa. Sono ragazzi
in situazione di pericolo: se oggi af-
frontano ogni giorno i pericoli della
strada, domani varcheranno la so-
glia dell'emarginazione. Questi ra-
gazzi saranno dai sette ai dieci mi-
lioni.
Da ultimo vi è il gruppo dei «ra-
gazzi della strada». Quelli che non
tornano più a casa e fanno 'qelle
strade e delle piazze là loro abitazio-
ne. Dormono sotto le automobili,
vivono di espedienti e di illegalità,
«si fanno» coi vapori di benzina o
della colla per non seNtire i morsi
della fame. Si uniscono in bande di
10-15 ragazzi attorno a un capo
adulto che li organizza e lì sfrutta.
Questi ragazzi rappresentano evi-
dentemente anche un grande perico-
lo ·sociale.
da cucina. Molto presto questi ra-
gazzi sono costretti ad andare in
cyrca di un lavoro qualsiasi per con-
tribuire all'andamento della fami-
glia. Sono una moltitudine. Forse la
metà dei 36 milioni di ragazzi a ri-
schio brasiliani.
'
È un gruppo comunque che vive
ancora in qualche modo attorno al
nucleo familiare. E se si vuole cam-
Protagonista
nelle strade
biare la sìtuazionè alla radice, sì dea
ve partire da questi ragazzi, ìnterve~
nendo anche sulle loro famiglie. Al~
trìmenti il loro futuro non potrà es-
sere diverso da quello dei genitori.
Il secondo gruppo deriva da que-
sto. Li chiamano «ragazzi nella
strada». Sono quelli che scendono
per le strade della città a vendere
frutta di stagione o che vanno nei
Raimundo Mesquita ha comin-
ciato il suo lavoro vent'anni fa a Be-
lo Horizonte in una favela di 40.000
abitanti chiamata «Cabana do Pai
Tomaz» (Capanna dello_ zio Tom) .
Si trattò davvero di un «lavoro di
prevenzione», secondo lo stile sale-
siano. «Abbiamo cercato di trovare
ai ragazzi un posto di lavoro prima
che andassero nelle strade», dice
Mesquita. «Garantivamo loro un
1 MARZO 1992 - 11

2.2 Page 12

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I Mesquita è salesiano da 38 anni, trenta dei quali li ha spesi per
i ragazzi poveri di Sao Joao del-Rei, Para de Minas e Belo
Horizonte. Nel 1972 ha fondato il Centro Salesiano do Menor.
piccolo guadagno sia per mantener-
si negli studi che per contribuire al-
i'andamento della famiglia ». In
questi vent'anni di attività sono sta-
ti avviati al lavoro circa 12.000 ra-
gazzi ed è stato completamente tra-
sformato il volto della favela, che
era una delle più squallide e perico-
lose del Brasile. Lo stesso lavoro si
è poi esteso per tutto il Brasile. A
Brasilia, a Goiania, Rio de Janeiro .
I risultati furono così positivi, che
vennero additati come esempio, so-
prattutto perchè si partiva dalla va-
lorizzazione delle risorse dei ragaz-
zi. Non si volle cioè soltanto susci-
tare un'iniziativa caritativa, ma
un'attività di vera promozione so-
ciale. Nella convinzione che una
specializzazione nel lavoro era la so-
la cosa che potesse garantire il loro
futuro.
Ma la crescente tragicità della si-
tuazione dei ragazzi della strada, re-
sa più grave dalla presenza di adulti
senza scrupoli che li avviavano alla
delinquenza, al furto e a ogni espe~
rienza di miseria umana, spinse Me-
squita e altri salesiani a impegnarsi
anche a livello di piazza. Girarono
di notte a trovare gruppi e bande, si
cominciò a parlare con i ragazzi, a
diventare loro amici, a convincerli
singolarmente a entrare nel Centro
Salesiano do Menar, dove avrebbe-
ro trovato un' ospitalità familiare e
12 - 1 MARZO 1992
l'avviamento a un lavoro . In alcuni
casi si è dovuta aprire una vera e
propria lotta con gli adulti capo-
banda. Mesquita ricqrda un mo-
mento drammatico, quando uno di
questi è corso al Centro do Menor
con un coltello e si voleva buttare su
un giovane che aveva abbandonato
la sua banda. E sono frequenti le
minacce prepotenti degli stessi poli-
ziotti che aggregano e sfruttano ira-
gazzi.
ll movimento per il
«menino da rua»
L' accordo e la solidarietà della
Chiesa è totale. L'arcivescovo ha
incaricato i salesiani di coordinare
tutta la pastorale dei ragazzi della
strada. Due anni fa la Chiesa brasi-
liana ha promosso uno studio sulla
situazione dei ragazzi e adolescenti
nel Paese. Lo sforzo è stato notevo-
le e preparò una presa di posizione
coraggiosa e concordata. Soprattut-
to per promuovere la nuova legge a
difesa dei ragazzi e lo speciale «Sta-
tuto a difesa dei ragazzi e degli ado-
lescenti». E poichè la risposta delle
autorità fu alquanto debole, si deci-
se di mobilitarsi attraverso televisio-
ne, radio e giornali. Furono denun-
ciati il governo e i militari. Furono
realizzati documentari e interviste
con ragazzini vittime di militari, che
furono bastonati perchè si rifiuta-
vano di compiere illegalità. Sensibi-
lizzarono le scuole e le università.
Riuscirono a fare diventare il pro-
blema dei ragazzi della strada un
problema nazionale. Grazie al con-
senso popolare, qualcosa cominciò
a cambiare.
Naturalmente si arrivò a questi
obiettivi anche attraverso il lavoro
di sensibilizzazione internazionale.
Una documentazione scritta e fil-
mata fu inviata a tutti i governi eu-
ropei e fu denunciata la situazione
di sterminio dei ragazzi della strada
da parte del governo brasiliano. E
la denuncia partiva da un dato terri-
ficante: nel solo 1989 erano stati uc-
cisi 457 ragazzi: ufficialmente assas-
sinati da sconosciuti, dalla polizia,
dagli squadroni della morte. È stata
presentata una denuncia al parla-
mento europeo. Suppllicarono: non
offrite crediti al Brasile se prima
non risolve il problema dei ragazzi
della strada.
Per questa attività nel 1990 Me-
squita ha ricevuto dall'UNICEF il
premio «Criança e Paz», che viene
conferito ogni anno a due persona-
lità che in Brasile si sono distinte
nella difesa dei diritti dei ragazzi e
degli adolescenti. L'altro premiato
è stato il presidente Collor, per aver
emanato lo «Estatuto da Criança e
do Adolescente». La cerimonia si è
svolta alla presenza dei rappresen-
tanti della Chiesa brasiliana, dei
consolati di dieci nazioni, delle au-
torità municipali, provinciali e sta-
tali. Del premio naturalmente han-
no parlato giornali e televisione.
Nel suo discorso il presidente del-
l'UNICEF, riferendosi all'intensa
attività di Mesquita, disse:«Davanti
ai bisogni drammatici dei ragazzi e
degli adolescenti del Brasile, i Sale-
siani, cercando non solo di fare ciò
che fece Don Bosco, ma avvertendo
il «segno dei tempi» aprirono gli oc-
chi e le orecchie, il cuore e le braccia
e hanno realizzato ciò che Don Bo-
sco farebbe se vivesse il nostro tem-
po» . Anche per Mesquita in Brasile
è il momento di Don Bosco. «C'è
bisogno di lui. Spinti dal suo stesso
amore verso la gioventù dobbiamo
trovare il coraggio di continuare a
lottare per far cambiare la cose».
Umberto De Vanna

2.3 Page 13

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tJomanda
Parroco di S. Maria della speranza in Roma
a cura di don Stelvio*
«PERCHÉ I PRETI
E LE SUORE
CHIEDONO SOLDI
PER LE LORO
SCUOLE?»
Che cosa succederebbe se la
scuola cattolica desse forfait? Con
le scuole che gestisce e la massa di
allievi che la frequenta, sarebbe ve-
ramente un brutto guaio. Bisogna ri-
flettere. I preti e le suore a chi li chie-
dono i soldi? allo Stato, perchè in
democrazia è un diritto dei cittadini
scegliere la scuola per i propri tigli.
Le tasse che si pagano comprendo-
no anche il servizio scolastico. Si dà
il caso che i genitori che vogliono
mandare i tigli alla scuola cattolica
pagano due volte: allo Stato e alla
scuola cattolica. Sì, perché torse
non si sa che preti e suore non rice-
vono nulla dal Ministero della Pub-
blica Istruzione. In Europa noi italia-
ni brilliamo per questa ingiustizia: le
altre Nazioni concedono sostanziosi
sussidi, spesso c'è l'equiparazione
finanziaria tra la scuola statale e
quella cattqlica. La CEI (Conferenza
Episcopale Italiana) ha organizzato
un convegno a Roma su questo ar-
gomento. Oltre 900 partecipanti da
più di 150 Diocesi: insegnanti , geni-
tori , gestori, studenti, sacerdoti, e
suore. Si è ribadito l'impegno di li-
bertà e qualità della scuola cattoli-
ca. Il Cardinal Ruini ha guidato un
corteo di oltre 100.000 persone che
in Piazza S. Pietro hanno ascoltato
il discorso del Papa: un riferimento
chiaro e preciso da parte dei cattoli-
ci a «non mollare» questa presenza
cosi significativa. E di esigerne il ri-
conoscimento a tutti gli effetti. I sa-
lesiani e le Figlie di Maria Ausiliatri-
I
QVALcoJA D{ f;E,ll,o
Vr' {AP/mRIJ.' .
f)OMI/-NI
ce sono al primo posto come gestio-
ne di scuole e numero di allievi. Fe-
deli a Don Bosco tanno della scuola
uno strumento di crescita umana di
formazione morale e religiosa d~lla
gioventù.
Credo che non chiedano troppo
preti e suore se dallo Stato esigono
il riconoscimento del loro qualificato
servizio e quindi anche il giusto sti-
pendio per i docenti in modo da non
gravare sulle famiglie e non preclu-
dere agli studenti meno abbienti l'in-
gresso alle scuole cattoliche. È pro-
prio l'AGESC (Associazione Genito-
ri Scuole Cattoliche) che ha messo
ufficialmente in atto la rivendicazio-
ne di questi diritti rivolgendosi alla
corte di Strasburgo.
«È SUPERSTIZIONE
FARSI FARE
LE CARTE?»
Ultimamente un caro giovane
amico mi diceva: «Frequentemente
alla rad io, in TV, e sulla stampa si
propongono temi sul diavolo, occul-
tismo, magia: perché?». Gli tacevo
notare che l'avvicinarsi del terzo
millennio suscita nuove speranze
ma an,che strane inquietudini «magi-
che». Nel mio lavoro pastorale ho vi-
sitato tante famiglie e qualche volta
purtroppo mentre stavo per benedi-
re la casa, con meraviglia, dietro la
porta, ho visto appeso un corno o un
ferro di cavallo, insieme all'immagi-
ne di un santo. «Cara signora, non
posso benedire la casa se non leva
i segn i della superstizione» . Rispo-
sta: «Che vuole, padre, se non fun-
ziona uno, funzionerà l'altro!».
Una brava signora mi confidava il
suo «segreto». «Padre, commetto
peccato se taccio le carte a chi me
lo chiede? Sa, io ci vivo; personal-
mente non ci credo, perchè, lei lo
sa, io vengo a Messa e mi accosto ai
Sacramenti. .. Gli altri però ci credo-
no e dicono che io ci indovino, porto
loro contorto, li aiuto ... ». Cosa ri-
spondere a questa persona in buo-
na ted,e?
Se Dio ha voluto nascondere il fu-
turo all'uomo un motivo ci deve es-
sere. Lasciamoci guidare da lui:
ogni giorno il suo affanno, il domani
è nelle sue mani.
Spesso l'arte dei chiromanti è tonte
di ingenti guadagni. Si calcolano in
miliard i e magari sono esenti da tas-
se. Ora però una legge finanziaria
prescrive che maghi e maghesse,
fattucchiere, esperti dell'occulto do-
po le loro prestazioni debbano rila-
sciare regolare ricevuta! Visto che si
dichiarano «professionisti», paghino
come tutti gli altri cittadini!
Come fidarsi di simili persone?
Non lasciamoci ingannare e non de-
leghiamo alle carte il ruolo di orien-
tamento e di contorto. Dove finisce
la religione , incomincia la supersti-
zione . Una semplice preghiera e il
ricorso a Dio daranno certamente
più serenità alla vita. Basta provare .
1 MARZO 1992- 13

2.4 Page 14

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RELIGIONE A SCUOLA
ORA DI RELIGIONE:
LA RESPONSABILITA
DI ESSERE SCELTA
di Silvano Stracca
Smussate le polemiche
e voluta dalla quasi
totalità delle famiglie
e degli studenti, l'ora di
religione continua
tuttavia a ricercare
la propria identità.
I risultati di una ricerca
nazionale curata
dall'Ateneo Salesiano.
lastico da quello ecclesiale.
Il processo di differenziazione è
andato avanti sino alla tappa fon-
damentale della revisione del Con-
cordato, avvenuta nel 1984. La fir-
ma del nuovo· accordo fra Stato e
Chiesa ha segnato una "svolta"
nell'insegnamento della religione
nella scuola, che diventava una "di-
sciplina" scolastica completamente
distinta dalla catechesi.
Più di sette anni sono ormai tra-
scorsi da questa radicale trasforma-
zione. La "svolta" si è realizzata
nella prassi quotidiana o è rimasta
semplicemente sulla carta? E, più in
«e inzia cantava le sue canzoni
e si scriveva i testi sul dia-
rio ... e proprio nell'ora di religione
quando tutto il mondo sembrava
buono, anche il professore... », di-
cevano le parole di un fortunato
motivo di Antonello Venditti, frut-
to dell'esperienza personale del no-
to cantautore romano in un famoso
liceo qella capitale.
Quel testo è un piccolo "spacca-
to" di un'ora di religione in una
scuola italiana negli anni sessanta.
Proprio in quello stesso periodo co-
minciavano però a delinearsi i germi
di un cambiamento. E fino ad allo-
ra l'insegnamento di questa materia
era stato una sorta di appendice e di
prolungamento della catechesi. Ma
il progredire della secolarizzazione e
l'emergere di una certa «istanza di
laicità» nella scuola stavano indu-
cendo a distinguere il momento sco-
14 · 1 MARZO 1992

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - B S -.
generale, qual è oggi la situazione
dell'insegnamento della religione?
È un'ora di studio seguita con at-
tenzione e partecipazione dai ragaz-
zi o continua ad essere ' 'ora di eva-
sione" come nella canzone di Ven-
ditti?
A questi interrogativi ha cercato
di rispondere una «ricerca naziona-
le» curata dai professori Guglielmo
Malizia e Zelinda Trenti degli Isti-
tuti di catechetica e di sociologia
della Facoltà di Scienze dell'Educa-
zione dell'Università Salesiana di
Roma. Quest'ampia indagine, svol-
ta nell'anno scolastico 1989-90 in
dieci regioni, ha fornito una serie di
indicazioni attendibili non solo sul-
l' insegnamento della religione, ma
anche su ciò che sta avvenendo al-
l'interno del mondo della scuola.
Una "scelta di fondo" della ri-
cerca è stata l'identificazione di tre
I Quasi i due terzi degli insegnanti
di religione ritengono più
importante il ruolo dell'educatore-
formatore a quello di insegnante.
grandi aree tematiche: il perché del-
la scelta di avvalersi dell'insegna-
mento della religione cattolica; la
disciplina di tale materia; la figura
dell'insegnante di religione.
Un 'ora da scegliere
Il problema della scelta riporta
ali' «Intesa» del dicembre 1985 fra
Stato e Chiesa, che rivoluzionò
quella che era stata sino ad allora la
prassi normale. L'ora di religione
diveniva infatti da materia obbliga-
toria - da cui chi voleva, poteva
chiedere di essere esonerato - una
disciplina che doveva essere "scel-
ta" con un sì o con un no da genito-
ri ed alunni all'inizio di ogni anno
scolastico. Quello che ha sorpreso
notevolmente, perché impensabile
quando si era deciso di porre l'alter-
nativa, è stata l'altissima percentua-
le - il 94% nel 1989-90 - che ha
optato per il «sì».
La ricerca si proponeva dunque
di capire il "perché" di tale scelta.
Ad una domanda precisa al riguar-
do, pur essendovi una vasta gamma
di possibili risposte, il 700Jo dei geni-
tori ha detto «perché sono creden-
te» . Quindi ha scelto di avvalersi
dell'insegnamento della religione
non per una ragione di ordine scola-
stico, ma per una scelta personale di
vita.
La seconda ragione della scelta è
più legata alla disciplina scolastica.
Oltre il 500Jo dei genitori - esatta-
mente il 520Jo nelle elementari e il
580Jo nelle medie - fa la sua scelta
perché ritiene l'insegnamento della
religione molto importante dal pun-
to di vista "formativo". Altra mo-
tivazione addotta da circa un terzo
del campione intervistato (il 300Jo
nelle elementari, il 350Jo nelle medie)
è che l'insegnamento religioso, e
quindi il cattolicesimo, costituisce
un "patrimonio culturale impor-
tante".
In sintesi, si può clire che i genito-
ri decidono di far seguire l'ora di re-
ligione ai loro ragazzi perché spinti
dalla propria fede e dal fatto di rite-
nere comunque importante che, nel-
la formazione spirituale e culturale
dei loro ragazzi, giochi un ruolo
fondamentale la religione cattolica.
Vediamo ora l'atteggiamento de-
gli studenti delle scuole superiori. Il
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2.6 Page 16

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60% sceglie l'ora di religione "per-
ché credente", ma anche perché lo
ritiene formativo ed importante per
la propria vita (43%). Naturalmen-
te, accanto alla gran massa che opta
per il sì, vi è un piccolo gruppo con-
trario all'insegnamento della reli-
gione nella scuola per diversi moti-
vi. Alcuni pensano, per esempio,
che non si possa "insegnare" una
cosa così personale come la religio-
ne. Altri preferirebbero un corso di
"storia delle religioni" all'insegna-
mento puro e semplice della religio-
ne cattolica.
Ruolo dell'insegnante
Quali metodologie seguono gli in-
segnanti? Un primo gruppo si attie-
ne all'esposizione dei concetti fon-
damentali del cattolicesimo, presen-
tandoli con chiarezza ai ragazzi af-
finché questi possano comprenderli
e farli propri. Un secondo gruppo
preferisce piuttosto prendere una
fonte biblica od ecclesiale ed analiz-
zarne diffusamente i contenuti. Ma
il metodo più diffuso consiste nel-
l'affrontare le situazioni reali vissu-
te dai ragazzi - dalla cronaca quo-
tidiana ai problemi personali - per
discuterne con loro e vedere quali
risposte la religione cattolica può
dare alle domande vitali dei giovani
d'oggi.
Che cosa pensano i ragazzi del-
l'insegnante di religione? I giovani
amano soprattutto l'insegnante che
sa comprendere i ragazzi (72%) e
che sa dialogare con loro (71 %).
Apprezzano poi l' insegnante che ha
maturità ed equilibrio e che ha una
sua coerenza professionale e di fe-
de. Altre qualità tenute in conside-
razione: la preparazione pedagogica
adeguata e la capacità di saper di-
fendere e garantire i giovani.
In sostanza, la ragione per cui i
ragazzi apprezzano di più l'inse-
gnante, sono centrate fondamental-
mente sulla sua disponibilità a con-
frontarsi con loro, a ripensare insie-
me i loro problemi ed a cercarne in
qualche modo una soluzione.
E quale ruolo si attribuisce a sua
volta l'insegnante? Nel complesso,
quasi i due terzi degli insegnanti, sia
delle elementari e delle medie sia
delle scuole superiori, preferiscono
il ruolo di educatore-formatore e
16 - I MARZO 1992
Uscita della scuola. La firma del Concordato del 1984 tra Stato e Chiesa
ha segnato una svolta nell'insegnamento della religione nella scuola.
mettono soltanto al secondo posto
il ruolo di insegnante. In altre paro-
le sono più interessati alla forma-
zione e all'incontro coi giovani che
non specificatamente alla "profes-
sionalità" della loro disciplina. Il
terzo ruolo di cui si sente investito
l'insegnante, è la capacità di com-
prendere veramente i ragazzi.
C'è da dire, sempre a proposito
della figura dell'insegnante, che la
sua "professionalità" spesso viene
"incrinata" sia daJ!e esigenze dei
ragazzi che continuamente lo pro-
vocano con le loro domande esi-
stenziali, sia da quelle dei genitori
che si preoccupano molto meno di
vedere nell'insegnante il "professio-
nista rigoroso" e preferiscono mol-
to più di avere in lui !"'amico", il
"confidente" del loro ragazzo, che
l'accompagna progressivamente
nella sua maturazione.
Sotto questa duplice spinta dei ra-
gazzi e dei genitori, l'insegnante ten-
de ad avvalersi della materia che in-
segna per sollecitare una maturazio-
ne basata sulla consapevoiezza che
nasce dai contenuti della proposta
religiosa. Così l'ora di religione vie-
ne a configurarsi come una specie di
"disciplina-cuscinetto" che integra
quello che di fatto la scuola trascura
e va incontro alle esigenze di forma-
zione complessiva, molto sentite dai
genitori ,ed avvertite in maniera ab-
bastanza forte anche dai ragazzi.
In conclusione, l'insegnamento
della religione come "disciplina
scolastica" resta profondamente se-
gnato dalla provocazione esistenzia-
le. Nonostante tale accentuazione e
tali attese da parte dei genitori, l'in-
segnamento religioso tende a confi-
gurarsi come "disciplina scolasti-
ca" a pieno titolo. Sotto questo
profilo, gli insegnanti si preoccupa-
no di programmare correttamente i
loro interventi, di elaborare i conte-
nuti secondo un disegno organico e
di valorizzare metodologie didatti-
che coerenti con la scuola.
C'è, dunque, una spinta che gli
studenti accolgono con sufficiente
disponibilità, a fare dell'insegna-
mento della religione una "discipli-
na scolastica" che si colloca nel
quadro delle varie "discipline"
orientate al progetto educativo pro-
prio della scuola italiana.
Naturalmente rimane una certa
ambivalenza dovuta all'accentua-
zione messa sul "vissuto" . Il "vis-
suto" non si lascia facilmente ricon-
durre a regole e criteri di program-
mazione scolastica. L'esperienza si
impone per la sua immediatezza,
imprevedibilità e carica emotiva. E
ha naturalmente il vantaggio del-
l'interesse, del coinvolgimento, del-
la partecipazione attiva.
Silvano Stracca

2.7 Page 17

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di Nicola Palmisano
IN LIBRERIA - - - - - - .
L'ORATORIO O LA DISCOTECA?
MEMORIE
DELL'ORATORIO
Sempre più spesso le notizie di
cronaca registrano incidenti sulle
strade di cui rimangono vittime gio-
vani frequentatori di discoteche, tra-
volti dalla «febbre del sabato sera»,
incidenti che non possono lasciare
indifferenti per la loro continuità,
gravità e numero. E gli italiani danno
l'impressione di semplificare, come
al solito, la questione dividendosi in
due partiti: i moralizzatori del tempo
notturno e i suoi spensierati sosteni-
tori. Gli uni sembrano pensare che
basti un provvedimento amministra-
tivo ad impedire o a distogliere i gio-
vani ·dal godimento selvaggio del
tempo notturno, non rendendosi an-
cora conto che l'efficacia nel nostro
tempo non è più cosa dell'etica
o dell'amministrazione giudiziaria,
sempre necessarie, ma oggi decisa-
mente insufficienti, per la ragione
che i nostri tempi non sono più tem-
pi solo da amministrare e governa-
re, ma da costruire dinamicamente.
Gli altri , perlopiù i giovani stessi e i
padroni delle discoteche, sembrano
non considerare che una tale strage
di giovani meriterebbe un più serio
ripensamento su come oggi si con-
sumi il tempo libero.
I La «febbre del sabato sera,,,
È possibile vivère meglio
la «magia" della notte.
GODERSI LA MAGIA DELLA NOT-
TE. E conviene aggiungere che un
certo impulso suicida, o quanto me-
no la tendenza alla dissipazione del-
la propria esistenza, è proprio dell 'e-
tà giovanile, in tutte le epoche. Ja-
mes Dean , con la sua tragica morte
su un bolide lanciato a tutta velocità,
è dell'inquietudine e dell'insicurez-
za degli anni Cinquanta, simbolo
d'una gioventù «bruciata» e ribelle e
triste che finisce con lo scegliere
l'autodistruzione come estremo
mezzo di affermazione di sè. Anni
Cinquanta che anticipavano il diso-
rientamento e la «struggente» cultu-
ra di morte della modernità avanza-
ta, del nichilismo e del consumismo
di oggi.
Don Bosco, con l'opera dell'Ora-
torio, intuisce le sfide dei tempi nuo-
vi e in brutta copia offre già una ri-
sposta- adeguata.
Umberto Eco, ex allievo salesiano
di Nizza Monferrato e docente di
scienze della comunicazione, defini-
sce l'oratorio «la grande rivoluzione
di Don Bosco. Don Bosco la inventa-
ta, poi la esporta verso la rete delle
parrocchie e l'Azione Cattolica, n:a
il nucleo è là, quando questo gema-
/e riformatore intravvede che la so-
cietà industriale richiede nuovi me-
todi di aggregazione, prima giovani-
le e poi adulta, e di comunicazione
dal gioco alla musica, dal teatro alla
stampa[...}».
E allora comprendiamò davvero
che non sono una sorpresa, ma frut-
to di un preciso progetto educativo e
pastorale, quei gruppi di giovani che
in mezzo a questa patologia ende-
mica ne rimangono immuni , non so-
lo, ma riescono anche a godersi la
magia della notte e sanno gustare i
suoi silenzi, la sua intimità e la con-
centrazione del pensiero, le letture,
le riflessioni, i canti e la musica, i
profumi e la risonanza che solo essa
consente all'insegna della gioia del
p"ensare e fare «tutto quello che è
vero, nobile, giusto,, puro, amabile,
onorato, quello che è virtù e merita
lode» (Fil. 4,8).
D
MEMORIE
DELL'ORATORIO DI
SAN FRANCESCO
DI SALES
GIOVANNI Bosco
In troduzione e note di Antonio da
Si/va Ferreira
Pag. 235, Lire 20.000
L'IMPEGNO
NELL'EDUCARE
(a cura di)
JOSÉ M ANUEL PRELLEZO
Studi in onore di Pietro Braido
Pag. 258, Lire 50.000
Una lunga e feconda vita dedicata
alla ricerca, alla docenza e all' eser-
cizio di responsabilità nell' Univer-
sità Salesiana quella di don Brai-
do. Colleghi e amici gli hanno de-
dicato questo volume, che si suddi-
vide in tre parti: Questioni di storia
della pedagogia e dell'educazione;
Discorso pedagogico e proposta
educativa; Un settore particolare:
Don Bosco e pedagogia salesiana.
TEOLOGIA
DELL'EDUCAZIONE
GIUSEPPE GROPPO
Origine, identità, compiti
Pag. 504, Lire 50.000
Il libro non ha come destinatari
teologi di professione, ma futuri
pedagogisti o studiosi interessati ai
problemi dell'educazione e aperti
al dialogo con la teologia .
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
EDITRICE LAS
P.iazza dell'Ateneo Salesiano, 1
00139 ROMA
Tel. (06) 88.12.140
c/c Postale 57492001
1 MARZO 1992 - 17

2.8 Page 18

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a cura di Eugenio Fizzotti
Pt\\TRICK Df: I ~UBIEP.
_J IDEE SOCIALI
L'origine delle correnti
pa al servizio dell ' unità, la fun-
zione del vescovo nella sua dio-
cesi e nel più vasto esercizio
della sua responsabilità pasto-
rale, il ministero del sacerdote
_volumetto li aiuta proprio in que-
sto cammino, permettendo loro
di affrontare con serenità e con
entusiasmo le difficoltà della
gravidanza e di favorire notevol-
fondata sul rispetto e delinea
ancora una volta l' attualità della
proposta educativa salesiana.
sociali contemporanee
nella direzione di una più viva mente alla salute fisica ed emo-
spiritualità personale ed eccle- tiva del loro bambino.
-
PAOLO SCONOCCHINI
siale, il ruolo del laico chiamato
a maggiore responsabilità e for-
La Bibbia dei Testimoni di
za di testimonianza.
Geova.
Il taglio degli interventi è squi-
Traduzione o manipolazione?,
sitamente teologico, ma ciò non JEAN-MARIE PETITCLERC
tog lie che il linguaggio usato li
Leumann, Elle Di Ci, 1991,
pp. 128, lire 10.000
MASSIMO
renda accessibili a ogni genere
di lettore.
Rispettare il fanciullo.
Riflessioni sui diritti
I Testimoni di Geova afferma-
dei fanciulli , no di fondare la loro dottrina uni-
-
PATRICK DE LAUBIER
Idee sociali.
I FRANCIS e JUDITH
Leumann, Elle Di Ci, 1991,
pp. 127, lire 1O.000
MacNUTT
camente sulla Bibbia. In realtà
la loro versione della Bibbia è
manipolata in modo da farle dire
appunto quello che i Dirigenti di
Brooklyn vogliono.
L'origine delle correnti
Tessuto nel grembo.
Lo studio di Sconocchini , con-
sociali contemporanee,
Guida alla preghiera per
dotto con metodo rigorosamen-
Milano, Massimo, 1991,
genitori in attesa,
te scientifico e senza un atteg-
pp. 154, lire 20.000 Milano, Editrice Ancora, 1991,
giamento pregiudiziale, mette a
pp. 190, lire 19.000
confronto la traduzione geovista
Le idee sociali presenti nel
con altre traduzioni, riporta il te-
mondo d'oggi non hanno avuto La psicologia ci ha insegnato
sto greco traslitterato con la sua
origine nel secolo scorso e nem- che per poter elaborare una
traduzione esatta e fa emerge-
meno nell 'ultimo millennio. Bi-
sogna risalire all 'antichità per
seguire i loro percorsi impreve-
dibili. E De Laubier lo fa con
competenza e accurata metodo-
buona visione della vita e un
rapporto sereno con la realtà so-
no fondamentali non solo i primi
anni di vita, ma anche il periodo
di gestione, quando i genitori vi-
U.U-r.t(Jf
Ire, chiarissima, la m~nipolazio-
ne che ne viene fatta .
logia scientifica, indicando le vono con trepidazione l'evento
fonti delle sue ricerche e i colle- della nascita e si preparano al-
gamenti con le situazioni ormai l' ingresso della loro creatura
nuove e insperate dei paesi del- nella comunità dei credenti.
l' Est e soprattutto dell'ex Unio- In tale periodo è utile per i ge-
ne Sovietica.
nitori ritrovarsi insieme per pre-
L'opera costituisce un utile gare e vivere, alla luce della pa-
testo-base per i corsi di dottrina rola di Dio, l'evento stupendo di
I JUDITH MacNUTT e per la pastorale sociale.
cui sono protagonisti. Questo
-
JOSEPH RATZINGER
La Chiesa .
Una comunità sempre in
FRANCISe
TESSUTO
cammino, Milano, Edizioni
Paoline, 1991, pp. 146,
~N,~ErL..~Gt~:Rt EMBO
Ulllf1!'llt
Mentre nel bicentenario della
Rivoluzione francese il mondo
ha celebrato l'anniversario della
prima dichiarazione dei diritti
dell'uomo, e nonostante il testo
definitivo di una convenzione in-
ternazionale dei diritti del fan-
ciullo sia stato approvato dal-
l'assemblea generale dell'ONU,
i diritti del fanciullo continuano a
essere in molte parti del mondo
sistematicamente calpestati e
violati. Urge una presa di co-
scienza delle situazioni che di-
LA
DIDDIA
DEI TESTIMONI
! DIGEOVA
I
TRADUZIONE
OMANIPOLAZIONE?
Se è vero che «ignorare la
Scrittura è ignorare Cristo», co-
me scrive san Girolamo, a nes-
lire 15.000
sturbano gravemente la crescita suno sfugge l'importanza di una
e lo svilUppo dei fanciulli e con- ricerca come questa, che offre a
Raccoglierido vari interventi
temporaneamente l'elaborazio- sacerdoti, catechisti , insegnanti
tenuti in diverse circostanze, il
ne di interventi educativi fondati di relig ione, comunità religiose
Card . Ratzinger offre con que-
sul diritto al rispetto.
un sussidio validissimo per una
sto volumetto una riflessione in-
Il volume di Petitclerc, sale- conoscenza dei testi biblici e
cisiva su alcuni temi fondamen-
siano francese , da anni impe- per saper rispondere alle obie-
tali per la concezione e la vita
gnato sul fronte educativo con zioni più frequentemente avan-
cattolica: l' unità e universalità
giovani in difficoltà, sviluppa le zate da parte dei Testimoni di
della Chiesa, il ministero del pa-
grandi linee di una pedagogia Geova.
18 - 1 MARZO 1992

2.9 Page 19

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DOSSIER
MISSIONARIO
SRI LANKA:
UN'ANTICA CRISTIANITA' CHE
SI RINNOVA
di Lucian Bernard Fernando
Palliyawatta (Sri Lanka). Festa del Corpus Domini (in primo piano un sacerdote novello).
Lanka la "Fulgida"
è una stupenda isola che
si trova a sud-est
del continente indiano.
L'impegno missionario,
iniziato quasi
cinquecento anni fa,
continua oggi attraverso
il clero locale. Con
un'attenzione speciale
per i movimenti
giovanili.
L'isola-stato conosciuta oggi con
il nome di Sri Lanka, e che Marco
Polo definì nella sua grandezza la
più bella isola del mondo, in tempi
passati ebbe diversi nomi. I com-
mercianti greci e arabi la chiamaro-
no "Taprobane" e "Serendib" . In
seguito, le varie nazioni europee co-
lonizzatrici la battezzarono nella loro
lingua: i portoghesi la chiamarono
Ceilao, gli olandesi e gli inglesi usaro-
no le derivazioni da Ceylan Ceylon.
Ma per gli abitanti dell'isola rimase
sempre "Lanka". Nel 1972, quando
lo stato fu dichiarato repubblica, vi
aggiunsero la parola sanscrita "Sri" ,
che vuol dire " Fulgida".
Le radici culturali dell'isola
La storia dello Sri Lanka si snoda
lungo i secoli attraverso la predica-
zione dei monaci buddisti. Nello Sri
Lanka infatti il 700/o sono buddisti,
circa il 120/o hindu, il 70/o mussul-
mani e solo il 70/o cristiani. Due so-
no i gruppi etnici: il Sinhalese, di
razza ariana, proveniente dal nord
dell'India, e il Tamil, di razza dravi-
dica, che proviene dal sud dell'India
e che si stabilì a nord dell'isola. Tra
i due gruppi ci fu sempre una certa
rivalità, ma dopo l'indipendenza le
cose di aggravarono al punto che fe-
cero ricorso alle armi. Dal 1983 il
1 MARZO 1992- 19

2.10 Page 20

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-DOSSIER MISSIONARIO---------------
conflitto armato continua senza so-
sta. Oltre a questi due gruppi etnici
ci sono anche i Vaddahas che sono
i più antichi abitanti dell'isola. Un
altro gruppo, che è minoranza, è
composto dai discendenti europei, e
sono chiamati Burghers. Le usanze
degli abitanti si rifanno in gran par-
te alla mentalità orientale e alla filo-
sofia buddista. Questi due elementi
hanno dato vita a varie forme di ar-
te, culto e usanze anche culinarie
che si sono sviluppate attraverso i
secoli fino a creare il modo di vivere
degli abitanti di oggi. Essi si lascia-
no guidare dal fato, e si sentono
condizionati dal favore e dalla osti-
lità degli dei o dal sistema planeta-
rio che governa il mondo. Ma per
capire veramente la mentalità e il
senso delle usanze di questi abitanti,
si dovrebbero vivere dall'interno le
loro esperienze e condividere i valo-
ri che essi ritengono sacri. Usanze
per più versi rispettabili e affasci-
nanti.
Mezzo millennio
di presenza cristiana
La storia della cristianità in Sri
Lanka risale alla colonizzazione
dell'isola. Una sistematica opera di
evangelizzazione fu intrapresa dai
portoghesi quando nel 1505 conqui-
starono la zona costiera. Con l'arri-
vo degli olandesi, che succedettero
ai portoghesi, fu introdotto il Calvi-
nismo. I riformisti protestanti
espulsero tutti i sacerdoti cattolici
dell'isola. Durante questo periodo
l'indomito coraggio dei cattolici e
l' avventurosa attività apostolica di
padre Joseph Vaz e dei suoi compa-
gni, non solo aiutarono a conserva-
re il cattolicesimo, ma fecero au-
mentare il numero delle conversio-
ni. E questo impegno ebbe un pro-
lungamento anche a Goa (India),
che fu evangelizzata dallo Sri
Lanka.
Con il declino della potenza olan-
dese in oriente, giunsero gli inglesi.
Pur essendo anglicani, essi si dimo-
strarono più preoccupati dei loro
commerci che della religione e fini-
rono per favorire un clima di mag-
gior libertà.
La Chiesa universale intanto si
andava orientando in modo più de-
20 · 1 MARZO 1992
terminato nella sua m1ss10ne ad
gentes e anche le Indie orientali fu-
rono strutturate con una gerarchia
regolare. Nel 1887 le tre diocesi del-
lo Sri Lanka celebrarono il primo
sinodo nazionale. Colombo, la ca-
pitale, era l'arcidiocesi, Jaffa al
nord e Kandy sulle colline erano le
due diocesi suffraganee. Da quel
momento la formazione del clero
divenne prioritaria, ma anche l'i-
struzione e la catechesi. Kandy fu
scelta per il seminario papale delle
Indie orientali, dove si era anche
stabilita la Nunziatura.
Le scuole parrocchiali diedero un
grande contributo alla crescita dello
Sri Lanka. I missionari si preoccu-
parono che ovunque vi fosse una
chiesa sorgesse anche una scuolet-
ta. Scuole aperte a tutti, non come
quelle dei buddisti, che si rivolgeva-
no esclusivamente ai benestanti. Le
scuole parrocchiali furono a pqco a
poco sostituite da complessi più
La squadra di pallacanestro
dell'oratorio di Negombo.
Lo Sri Lanka salesiano appartiene all'ispettoria indiana di Madras.
L'isola è per il 70% buddista. Sono cristiani solo il 7%.
INDIA
OCEANO INDIANO
SRI LANKA
®Colombo
• Dankotuwa
• Kandy
Negombo

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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~--------___:__---BS-
grandi e meglio organizzati, gestiti
dai religiosi e dalle religiose. L'indi-
pendenza del 1948 e le trasforma-
zioni culturali d'Europa, arrestaro-
no l'arrivo dei missionari europei in
oriente. Ma nel frattempo il clero
locale si coinvolse più direttamente
nell'opera di evangelizzazione e nel-
l'impegno catechistico. Si giunse a
dover aumentare il numero delle
diocesi. Oggi sono dieci, e sono go-
vernate da dodici vescovi nativi.
Missionari e animatori
dei giovani
Lo Sri Lanka oggi gioca un ruolo
importante nell'India orientale cat-
tolica. E il suo contributo missiona-
rio, specie per il Pakistan, non è co-
sa da poco. Tuttavia, nonostante
questi suoi meriti, le conversioni so-
no ancora difficili e la percentuale
dei cattolici continua a rimanere del
7%. Ma ciò non significa che l'in-
fluenza della Chiesa sia di poco
conto. Impegnata a penetrare nella
cultura locale, la Chiesa cerca di
orientalizzarsi per costruire un dia-
logo vivo con la popolazione. Non
è tuttavia preoccupata tanto della
conversione con "acqua", quanto
di quella del "cuore", cosi come
Cristo stesso ha insegnato.
Nello Sri Lanka la gioventù costi-
In alto pregiati lavori in ferro eseguiti dai giovani di Dankotuwa.
Sri Lanka. Stazione missionaria a Palliyawatta.
tuisce la spina dorsale della società.
Il 60% circa della popolazione è al
di sotto dei 25 anni. C'è quindi un
ampio campo aperto alle attività
giovanili. Ed è proprio a causa di
questo fermento giovanile che na-
scono spesso i conflitti armati. Lo
stesso governo centrale ha creato il
Ministero degli Affari Giovanili, in-
troducendo modi e mezzi per lavo-
rare tra loro. Purtroppo sappiamo
che lo zelo e l'interesse dei politici
non sono sempre ben motivati e di-
sinteressati. C'è posto sicuramente
per il lavoro educativo e pastorale
salesiano. I salesiani si sono inseriti
in questo movimento a favore dei
giovani e lo hanno fatto con il loro
stile "preventivo": accoglienza in-
condizionata e apertura a tutti gli
interessi giovanili.
Naturalmente in questo paese è
molto importante un lavoro missio-
nario in senso stretto, dal momento
che i cattolici sono soltanto il 7%. Il
messaggio dell'amore di Dio e del
prossimo deve essere ancora annun-
ciato alla maggior parte della popo-
lazione. La trasformazione del cuo-
re di questa gente non verrà infatti
senza pagare un alto prezzo, cioè
senza una viva testimonianza perso-
nale e un impegno missionario par-
ticolarmente dinamico.
Lucian Bernard Fernando
Direttore a Negombo
1 MARZO 1992 21

3.2 Page 22

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Sri Lanka. Don Van Looy in un gesto simbolico. È con lui don Luclan Bernard.
CEYLON
NEI PIANI MISSIONARI
DI DON BOSCO
di Sextus Don
La storia salesiana dello Sri Lan-
ka risale in qualche modo fino a
Don Bosco, anche se nell'isola i sa-
Dalle prime trattative
lesiani arriveranno soltanto nel
1956. Padre Louis Piccinelli, uno
con Don Bosco ai
zelante missionario del posto, fece
difficili inizi nel 1956.
L'eroico impegno di
visita a Don Bosco nel 1876 e chiese
di mandare i salesiani a Colombo.
Egli parlava a nome del vescovo
don Rémery, coronato
dalle prime vocazioni
mons. Sillani, il quale aveva biso-
gno di professori per le scuole supe-
riori che erano state fondate a Co-
e dallo sviluppo dell'opera lombo. Don Bosco promise di pen-
salesiana, che conta oggi
quattro significative
sarci seriamente e di fatto scrisse a
mons. Cagliero, allora nel Sudame-
rica, perché visitasse Ceylon. Ma al-
presenze e nutre
lora questi sforzi non produssero i
la speranza di ulteriori
sviluppi.
desiderati frutti. Nell'archivio sale-
siano di Roma sono conservate
quattro lettere scritte da vari missio-
22 · 1 MARZO 1992
nari di Ceylon a Don Bosco. Duran-
te il suo rettorato, don Rua ricevette
inviti dal vescovo di Kandy, il bene-
dettino mons. Pagnani, per aprire
orfanotrofi con scuole tecniche a
Badulla. Gli sforzi di questo dina-
mico vescovo e le lettere (più di die-
ci) scritte dai missionari di Ceylon
non riuscirono tuttavia a portare i
salesiani nell'isola. Nel 1903 anche
il vescovo gesuita di Galle, mons.
Van Reeth scrisse a don Rua con ri-
chieste specifiche, ma purtroppo a
quel tempo si preparava la spedizio-
ne dei salesiani in India, dove ap-
punto arrivarono nel 1906.
Nel 1927 don Rinaldi, terzo suc-
cessore di Don Bosco, veniva pun-
tualmente richiesto dall'allora ve-
scovo di Galle il gesuita mons. Ro-

3.3 Page 23

▲back to top


----------BS
bichez, ma la risposta fu negativa,
per l'impossibilità di coprire tutte le
richieste di personale missionario.
Anche don Carrefio, allora provin-
ciale di Madras, dopo aver visitato
Ceylon inviò una relazione pregan-
do di considerare la possibilità di
aprire una presenza salesiana nell'i-
sola. Ma anche lui non ottenne i ri-
sultati sperati.
La caparbietà di don Rémery
Nel 1956 provvidenzialmente don
Archimede Pianazzi, incaricato delle
missioni salesiane, inviò a Ceylon il
salesiano francese don Henri Réme-
ry, che cercò di dare inizio a una
scuola tecnica a Prince of Wales in
una zona paludosa donata dall'arci-
vescovo di Colombo. Con don Ré-
mery vi erano due altri salesiani, che
non resistettero però a lungo in Sri
Lanka. Don Rémery continuò iri so-
litudine caparbiamente la sua opera
con alcuni aspiranti. Agli inizi del
1960 da Colombo dovette trasferirsi
a Negombo, perché la municipalità
aveva richiesto quel terreno paludo-
so per allargare l'adiacente stadio.
Su un appezzamento di terreno di
dodici acri alla periferia di Negom-
di ritornare, gli fu consigliato di
non farlo per motivi di salute. Oggi
dirige con uguale zelo la Procura
Missionaria di Marsiglia.
Oggi vi sono quattro opere
L'opera a Negombo tirò avanti a
mala pena con un salesiano perma-
nente, ma nel 1974 ebbe la soddisfa-
zione di assistere alla ordinazione
del primo sacerdote salesiano. Nel
1976 l'aspirantato fu trasferito a
Kandy e di qui, nel 1987, in una ci~-
tà vicina, Dankotuwa. Nello stesso
anno i salesiani accettarono la pd-
Nego!l:bo. Il direttore don Lucian
Bernarù Fernando.
Sri Lanka. Tra le palme
si innnL!:ano le nuove opere.
bo ebbe inizio nel 1962 la Scuola
Tecnica Don Bosco. Subito a fianco
di questa attività, sorsero un centro
giovanile e un aspirantato. Durante
questo difficile periodo iniziale, fu
coadiuvato da un altro sacerdote sa-
lesiano, don Berti.
Gli inizi furono veramente diffi-
cili. La mancanza di personale, so-
prattutto di personale qualificato,
avevano fatto da freno allo svilup-
po, limitandone così l'espansione.
La nascente opera subi un grave
colpo quando nel 1972 don Rémery
dovette fare ritorno in Francià per
curarsi. Sebbene avesse l'intenzione
ma parrocchia in Sri Lanka a Pal-
liyawatta.
Oggi i salesiani sono presenti in
quattro centri: Negombo (scuola
tecnica, centro giovanile e quasi
parrocchia), Kandy (orfanotrofio),
Dankotuwa (aspirantato per futuri
salesiani) e Palliyawatta-Wattala
(parrocchia, stazioni missionarie e
due ospedali) . L'intenzione però è
di aprire una quinta presenza: una
scuola agricola su un terreno di cin-
quanta acri, che è già in possesso
dei salesiani.
Sextus Don
Direttore a Dankotuwa
1 MARZO 1992 23

3.4 Page 24

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-DOSSIER MISSIONARIO---------------
KANDY: UNA SCUOLA
E UN FOCOLARE
PER I RAGAZZI
La storia dell'opera di Kandy ha
subito molte trasformazioni. Prima
fu aspirantato e anche filosofato per
i giovani chierici salesiani (erano
cinque) e oratorio per i ragazzi e gio-
vani della città. Nel 1987 andò in-
contro per così dire quasi a una nuo-
va fondazione , diventando la Don
Bosco Boys' Home, una casa-foco-
lare nella quale furono accolti orfani
e ragazzi della strada, prevalente-
mente quelli che lavoravano al mer-
cato della verdura di Kandy.
Nel 1990 la casa poté fare qual-
che ampliamento e assunse un
aspetto più confortevole: si potero-
no così ospitare 40 ragazzi. Nello
stesso tempo furono fissate norme
più rigorose a proposito dell'ammis-
sione. Si decise di accettare esclusi-
vamente ragazzi poveri , orfani di al-
meno un genitore o provenienti da
famiglie disgregate.
I ragazzi di Kandy lavorano attual-
mente nelle varie autorimesse della
città. Qualcuno impara il mestiere di
sarto o di tipografo. Il periodo di ap-
prendistato è di due anni, dopo i ra-
gazzi devono ritornare alle loro case
e villaggi per intraprendere un lavo-
ro in proprio o in collaborazione. In
questi casi i loro tutori o gli stessi sa-
lesiani li aiutano in qualche misura
ad awiare l'attività.
Kandy. Gli ospiti più giovani.
24 - 1 MARZO 1992

3.5 Page 25

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----------BS
NEGOMBO:
PREPARARE TECNICI
E CRISTIANI
I Kandy. Ragazzi dell'oratorio
con il direttore dell'opera,
padre Stanislaus Peires.
·Attualmente i salesiani di Kandy
stanno cercando di iniziare un cen-
tro di apprendistato professionale in
proprio. Le strutture già esistenti so-
no state rinnovate e ha già comin-
ciato a funzionare un corso per mo-
toristi. Funziona già una sezione
con un buon istruttore, frequentata
da otto ragazzi interni e sei esterni.
Presto verrà aggiunto il corso di sal-
datura e trafilatura.
Esiste inoltre a Kandy un oratorio
quotidiano frequentato anche dai ra-
gazzi delle altre religioni. Nelle ore
serali i ragazzi e le ragazze dell 'ora-
torio hanno l'opportunità di impara-
re l'inglese, la matematica e la reli-
gione. Questi incontri culturali sono
utili per i ragazzi ma anche per gli
stessi salesiani , che vengono a co-
noscere meglio la mentalità della
popolazione, che è in gran parte di
religione buddista.
L'opera ebbe inizio nel 1956 per gere un maggior numero di ragazzi
iniziativa di don Rémery, che diede e favorire nuove possibilità di occu-
vita e una scuola tecnica anche su pazione. La preparazione tecnica è
sollecitazione del governo. L'opera una necessità particolarmente senti-
era collocata a Prince of Wales, vici- ta dalla società dello Sri Lanka,
no all'attuale stadio Sugathadasa, aperta a un veloce sviluppo.
nel cuore della capitale Colombo. I giovani del Centro Giovanile pra-
Fu poi trasferita a Negombo, dove ticano l'attività sportiva e imparano
don Rémery e gli aspiranti furono al- in questo modo a vivere insieme.
loggiati in un primo tempo nella ca- Ma ci si cura anche della loro educa-
sa parrocchiale e poi in un terreno zione culturale e morale. Negombo
messo a disposizione dell'arcive- è abitata in prevalenza da cattolici,
scovo .
ma è una zona molto vulnerabile a
La scuola tecnica, così come l'a- causa dell 'industria del turismo, che
spirantato e il centro giovanile ebbe- fa balenare davanti agli occhi dei
ro il loro vero inizio praticamente sei giovani facili guadagni e vita mon-
anni dopo, nel 1962. La strada adia- dana. Il Centro Giovanile aiuta que-
cente porta oggi il nome di Don Bo- sti giovani a soppesare con maggior
sco, quasi segno di riconoscimento consapevolezza i rischi a cui vanno
per lo sforzo compiuto per inserirsi incontro.
nella città e per le iniziative intrapre- I salesiani hanno qui una quasi-
se a favore della gioventù.
parrocchia, dove, oltre alle funzioni
La scuola tecnica lungo gli anni religiose, si fa catechesi e istruzione
organizzò corsi di avviamento al la- religiosa. Sono quasi 300 ragazzi
voro di aggiustaggio, tornio, salda- che vi partecipano e vi sono catechi-
tura a gas, falegnameria, e addirittu- ' sti preparati che li seguono. Dopo la
ra per qualche tempo, di guida del messa domenicale si fa il "Daham
trattore e sua manutenzione. Di re- Pasala", un momento di catechesi
cente , si sono aggiunti nuovi corsi di che si tiene spesso all'esterno, sotto
motoristica e di elettronica. C'è nei gli alberi di mango.
salesiani il desiderio di aprire la
scuola a indirizzi nuovi per raggiun-
Il laboratorio di Negombo.
1 MARZO 1992 25

3.6 Page 26

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c---DOSSIER M I S S I O N A R I O - - - - - - - - - - - - - - -
PALLIYAWATTA-WATTALA:
UNA PARROCCHIA INNOVATRICE
Nel 1987 i salesiani dello Sri Lan-
ka vollero aggiungere un 'altra espe-
rienza alla loro già molteplice attivi-
tà: quello de,ll'impegno pastorale
parrocchiale. L'invito venne dall'ar-
civescovo di Colombo mons. Nicho-
las Marcus. L'intesa previde che si
accettasse la parrocchia con un im-
pegno di cinque anni. Ma sicura-
mente i salesiani dopo il 1992 conti-
nueranno a lavorare in quest'opera,
anche per non lasciare a metà le
molte iniziative intraprese.
Oltre alla chiesa parrocchiale, de-
dicata a Nostra Signora del Monte
Carmelo, ci sono altre due cappelle,
una a Hekitta e l'altra a Dikowita. Il
compito pastorale si estende anche
a due ospedali governativi che si
trovano entro i confini della parroc-
chia: uno per malati di mente e un
altro per i lebbrosi.
I bisogni materiali della gente so-
no una croce quotidiana per la par-
rocchia, che si sente interpellata a
dar vita a opere di carità e di assi-
stenza. C'è da parte dei laici un
Palliyawatta-Wattala. Chiesa parrocchiale.
grande spirito di collaborazione. Ul-
timamente sta prendendo forr:na an-
che il centro giovanile. La comunità
cresce e matura spiritualmente. E
questa è una realtà ben più preziosa
e importante delle molte innovazioni
organizzative e strutturali che si so-
no realizzate con l'arrivo dei sale-
siani.
DANKOTUWA:
VIVAIO DI NUOVI SALESIANI
Canti e musica nell'aspirantato di Oankotuwa.
26 · 1 MARZO 1992
A Dankotuwa vi è l'aspirantato,
che ebbe gli inizi nel 1956 a Colom-
bo e che subì poi vari spostamenti,
fino ad approdare qui nel 1986, do-
ve è stata iniziata la nuova costru-
zione. Già nel 1987 vi era un piccolo
nucleo di aspiranti salesiani. Oggi
sono 35. Metà della costruzione è
stata ultimata, ma una volta che l'o-
pera sarà interamente in funzione
potrà accogliere fino a 70-80 aspi-
ranti. Da questi ragazzi dipenderà il
futuro dell'evangelizzazione del
paese e i salesiani lo sanno bene e
si impegnano con slancio in un lavo-
ro delicato e generoso.
Sta facendo capolino l' idea di dar
vita a un oratorio festivo per animare
i fine settimana dei giovani della zo-
na. Questo aiuterebbe anche gli
aspiranti a formarsi allo stile salesia-
no sin da giovanissimi.

3.7 Page 27

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----------BS-
VOLONTARIATO GIOVANILE
SOLIDARIETÀ OLTRE
OGNI FRONTIERA
Duecento volontari
provenienti da tredici
nazwm europee.
Rappresentate anche
l'A merica Latina e
l'Asia. Questa
la geografia umana
dell'Incontro Europeo
del « Vides».
di Graziella Curti
Servizio fotografico di Jean-François Meurs
I ncontro suor Maria Grazia Ca-
puto, fondatrice del VIDES, nel
suo ufficio. La sua professione è
quella di insegnante di pedagogia
all'Università Pontificia Salesiana,
ma le sue giornate e le sue notti so-
no in gran parte dedicate al VIDES,
a questa creatura viva che ha visto
la luce il 30 novembre 1987, ma che
è cresciuta in fretta e va allargando-
si a vista d' occhio.
Nata in Italia, come ONG (Orga-
nizzazione non governativa), il 23
aprile 1991 è stata riconosciuta dal
Ministero degli Affari Esteri come
Rete Europea. Per questo, nell' ulti-
mo iricontro svoltosi a Natoye (Na-
mur), Belgio, nel novembre 1991, i
ragazzi presenti venivano dalla Spa-
gna, dal Portogallo, dalla Polonia,
dall' Inghilterra, dall'Europa del-
l'Est ecc.
«Si parlavano lingue diverse -
dice Sr. Maria Grazia - ma ci si in-
tendeva. È stato un convegno nato
dalla base in cui i giovani hanno
scoperto alcuni valori essenziali: 1)
il vero sviluppo non è quello econo-
mico, ma quello che viene dalla pro-
mozione delle risorse; 2) il vero svi-
luppo inizia con il nostro cambio di
Natoye (Belgio). Incontro Volontari Vides.
mentalità; 3) la solidarietà, pur rea-
lizzandosi in maniera più evidente
in un periodo vissuto nei Paesi più
poveri, deve concretizzarsi dove
uno vive». La proposta di solidarie-
tà, hanno detto e dimostrato i gio-
vani, si contagia attraverso la testi-
monianza di vita, non attraverso le
parole. Per questo sono arrivati in
Belgio viaggiando per lunghe ore, in
treno. Hanno dormito nei sacchi a
pelo, si sono sentiti a loro agio in
uno stile di vita austero, si sono au-
totassati per favorire quelli tra loro
che non avevano mezzi, specie gli
amici dell'Est-europeo. Proprio là,
al Convegno, tra le varie testimo-
nianze, narrate o visualizzate, una
ragazza ha detto: «Urta nave non è
costruita per stare nel porto, ma per
navigare... ». Semplicemente ha
riassunto la scelta del volontario.
1 MARZO 1992 27

3.8 Page 28

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Suor Maria Grazia Caputo,
fondatrice del Vides,
con un gruppo di giovani volontari.
Giovani Vides. Un momento
di volontariato tra i ragazzi.
A destra Natoye (Belgio). Incontro
Volontari Vides. Si parlavano
lingue diverse, ma ci si intendeva.
Volontariato, perchè?
Ormai•le esperienze realizzate so-
no molte. I quartieri più emarginati
di alcune città italiane sono sede di
operazioni Vides. Trovi volontari
alle Vallette di Torino, allo Zen di
Palermo, al Monte Ruscello di Na-
poli. Le ragazze e i ragazzi sono ~n-
dati anche all'estero, per esperienze
a breve termine in Asia, in Africa e
in America Latina e per esperienze
a lungo termine nelle Filippine..Pri-
ma di partire, oltre ad un periodo di
servizio prestato localmente per va-
lutare le proprie capacità e le pro-
prie forze, hanno partecipato anche·
a campi di formazione veri e propri.
La selezione preventiva è seria e
coinvolgente. Suor Maria Grazia mi
mostra una delle tante lettere che le
arrivano. Questa è di Gina, una ra-
gazza appena laureata in medicina,
che tenta di esprimere le motivazio-
ni della sua volontà di partire per un
certo periodo di servizio nel Terzo
Mondo: «Ho lavorato molto e mi
sono impegnata per raggiungere de-
terminati risultati; ho creduto in
quello che facevo e cosl voglio con-
tinuare. In questo momento, in
questa società, ho paura di perdere
il sale della vita, di allontanarmi dal
vero e dalla semplicità, di non tro-
vare più me stessa. Io non voglio
che questo succeda e quindi le chie-
28 - 1 MARZO 1992
do di darmi l'opportunità di fare
un'esperienza che davvero deside-
ro». Accanto a questa c'è la lettera
di Isa, che è già tornata da un'espe-
rienza di volontariato in Africa e
scrive: «È proprio l'entusiasmo che
mi ha colpito di più nei giovani
zambiani: entusiasmo nella fede,
nel gioco, nel modo di affrontare la
quotidianità. Ti ringrazio davvero
tantissimo per avermi proposto di
fare questa esperienza (e per avermi
aiutato a realizzarla) . Penso che mi
abbia aperto un pò la mente. Mi ha
fatto molto riflettere sull'essenziaU-
tà. Molte cose per cui mi affanna-
vo, riviste ora con «nuovi occhi»
sembrano così inutili ...altre invece
hanno assunto maggior rilevanza.
Anche i miei rapporti con le persone
ne hanno guadagnato in schiettezza
e serenità. Sì, sono proprio con-
tenta».
Anche le testimonianze che arriva-
no dai luoghi di lavoro dei volontari
sono molto belle: questi giovani di-
mostrano volontà di inculturazione,
generosità e forte apertura all'altro,
al più povero. E questo non solo in
luoghi lontani o in situazioni di
emergenza, ma anche nella ferialità,
in un quartiere cittadino, tra ragazzi
che puoi incontrare tutti i giorni.
Alla radice della loro scelta c'è
davvero il desiderio di gratuità che
sensq al volontariato .
Per una donna in piedi
C'è un poeta che dice che la per-
sona prende coscienza della propria
statura soltanto quando si alza in
piedi. E noi donne, in tutto il mon-
do, ma specialmente in alcuni con-
testi, siamo chiamate ad alzarci per
prendere coscienza delle risorse del-
la nostra femminilità. Per questo è
nato il VIDES, un'associazione in~
ternazionale che si occupa dell'edu-
cazione e dello sviluppo dell'altra
«metà del cielo». I progetti presen-
tati ai vari Ministeri sono stati ac-
colti con particolare interesse pro-
prio per lo specifico intervento che
presentavano. Sappiamo infatti che
nel mondo la donna, tra i poveri è
doppiamente povera; tra gli emargi-
nati è più emarginata. Per evitare le
piaghe della prostituzione, dello
sfruttamento è necessaria una pre-
venzione, una promozione umana

3.9 Page 29

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che ricuperi tutte le energie femmi-
nili e valorizzi le capacità di lavoro
e di_ relazione che la donna può
espnmere nell'ambito familiare e
sociale.
C'è in agenda il «Progetto Ecua-
dor» dove, per la provincia di Boli-
var, è stato chiesto un programma
di intervento per la promozione
economica, sociale, umana della
donna campesina attraverso manu-
faarttti.ig.iaarntaigtoiamnam.lior(em..a.g).liAonlli''intiazpioicesas-,
ranno coinvolti 45 gruppi di donne,
sparse per tutta la provincia, per un
totale di settecento'. Nel giro di tre
anni si pensa di arrivare a coinvol-
gere un centinaio di gruppi, per un
totale di circa duemila donne. In
questo modo la condizione femmi-
nile di quella provincia dell'Ecua-
dor verrebbe promossa e alle donne
verrebbe assicurata maggior auto-
nomia.
·
Sono già rientrate volontarie che
hanno svolto attività di promozio-
ne: Maria Grazia di Cagliari, inse-
gnante, che ha trascorso un mese e
mezzo nelle Filippine; Barbara di
Milano, che è tornata dal Brasile
(Petroliha) dopo un'esperienza di
sei mesi; Federica e Lucia di Parma
dopo mesi di servizio a Calcutta e in
alcuni villaggi del Sud e Nord Ben-
gala; Suor Carmelina con alcune ra-
gazze di Napoli dalle missioni del
Guatemala. E l'elenco delle realiz-
zazioni attuate potrebbe continua-
re, ma ci interessa indicare i possibi-
li campi di servizio per la promozio-
ne femminile.
Da un foglio informativo del VI-
DES apprendiamo che c'è possibili-
di fare esperienza di volontariato
socio-educativo o sanitario in Haiti
Colombia, Malì, Angola, Ecuador:
Costa d'Avorio, Filippine, Thailan-
dia, Zambia. E si può dire che la li-
sta d'attesa dei Paesi che chiedono
aiuto si allunga ed emergono via via
le condizioni di sfruttamento della
donna, che benché abbia iniziato da
tempo un cammino di autocoscien-
za, in alcuni contesti è tuttora con-
dizionata ed emarginata.
Il cammino non è semplice, ma si
rifà allo stile di Don Bosco e Madre
Mazzarello: raggiungere i giovani
attraverso i giovani, invitare la don-
na a levarsi in piedi per prendere co-
scienza della propria statura.
Graziella Corti
sserva:torlo
È ormai al terzo numero il nuo-
vo Bollettino S_alesiano unghe-
rese (Szalézi Ertesfo), nato nel
nuovo clima quasi di rifondazio-
ne sorto nel Paese. Nell'articolo
di apertura del primo numero l'i-
spettore don Havasi J6zsef si ri-
volge ai cooperatori, ai benefat-
tori e a tutti gli amici: «Siamo qui
per consegnare lo spirito di Don
Bosco alla gioventù ungherese»,
dice. E ringrazia tutti coloro che
anche nei tempi difficili si sono
mostrati fedeli e saldamente at-
taccati alle loro radici spirituali.
«Conto su tutti per la ripresa delle
attività», aggiunge, «ed esorto al-
la collaborazione, perché solo in-
sieme possiamo riuscirci».
I chierici salesiani polacchi
che vivono in Italia sono stati ri-
cevuti da G.iovanni Paolo Il. At-
tualmente sono ospiti delle ispet-
torie italiane per compiere le pri-
me esperienze di impegno diret-
to tra i giovani. L'idea di far veni-
re i chierici polacchi in Italia è na-
ta nel 1983 da un'intesa tra don
Dziedziel, superiore delegato
della Polonia e l'allora regionale
d'Italia don Bosoni, per offrire lo-
ro la possibilità di conoscere un
ventaglio piu ampio di esperien-
ze e di opere. È nato dunque così
un simpatico e fruttuoso gemel-
laggio, perché le opere salesiane
italiane sono state investite da
una benefica ventata giovanile.
La Sicilia è stata la prima regione
a ri_spondere all'appello.. Oggi
praticamente sono presenti in
tutta la nazione. Sono 66 i giova-
ni salesiani polacchi venuti in Ita-
lia negli ultimi otto anni.
Brno, 8 dicembre 1991. La
semplicissima cerimonia ,si è svol-
ta a Praga, nella cappella San
Carlo Borromeo: suor Alena Vo-
stkova' ha emesso, finalmente, i
suoi voti perpetui, dopo... 42 an-
ni. Era novizia del secondo anno
quando le suore furono disperse.
L'anno successivo, dopo essersi
messa in contatto con la sua
maestra di noviziato, ha emesso
i primi voti. Poi, di anno in anno
li ha rinnovati come ha potuto,
Sui giovani si deciderà il futuro
della nuova Europa.
privatamente. Ora che le Figlie di
Maria Ausiliatrice anche in Boe-
mia cominciano a mettere virgulti
nuovi suor Alena ha vissuto co-
me un grande dono la possibilità
di emettere i voti perpetui. Erano
presenti i due Salesiani che l'a-
vevano aiutata, giovanissima, a
conoscere lo spirito di don Bosco
e a scegliere la missione educati-
va. Ora vive a Brno e aiuta la co-
munità che si occupa della casa
famiglia.
Per iniziativa di don Domenico
Britschu, Regionale del Centro
Europa, si sono ritrovati a Roma
presso la Casa Generalizia i con-
sigli ispettoriali di Bratislava e di
Praga. Lo scopo è stato quello di
favorire un contatto più immedia-
to con il Rettor Maggiore e il suo
Consiglio, ma anche di conosce-
r~ più _da vicino la struttura orga-
nizzativa della Congregazione.
Si è trattato di un utile incontro di
forr11azione e di aggiornamento
soprattutto sui temi dell'anima-
zione e del governo nella Con-
gregazione, improntati oggi sem-
pre più a una conduzione corre-
sponsabile e comunitaria.
1 MARZO 1992 - 29

3.10 Page 30

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EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
NEL QUARTIERE-GHETTO
di Juan Valls
Barcellona si fa bella per
offrire una degna cornice
alle Olimpiadi del '92.
Ma ai 16. 000 spagnoli
del quartiere-ghetto
di La Mina
non arriveranno
nemmeno le briciole.
B arcellona è al centro dell'atten-
zione mondiale. Le Olimpiadi
del '92 hanno trasformato la città:
ardite e fantasione costruzioni,
grandi vie di comunicazione, spetta-
coli culturali. È la Barcellona che si
fa bella, il volto ufficiale di una cit-
tà che vuole presentarsi al mondo
con il motto olimpico «amici per
sempre».
Dietro questa Barcellona moder-
na e progredita, si nascondono però
quartieri pieni di problemi, di gente
che non riesce a tirare avanti. È la
Barcellona che non fa notizia e di
cui nessuno vuole parlare.
I Nel quartiere di «La Mina», in questi scatoloni di 10-12 piani,
vivono 16.000 persone di cui oltre 5.000 giovani, carichi di problemi
e con un futuro incerto.
n Quartiere di La Mina
Uno di questi quartieri è quello di
La Mina. Sorto all'inizio degli anni
'70, di fianco al mare, in una zona
fino allora semiabbandonata -
proprio vicino a noi vi sono due
centrali termiche, un depuratore di
acqua residua e un inceneritore di
rifiuti - vivono oggi 16.000 perso-
ne. Il quartiere fu voluto di proposi-
to per ripulire Barcellona dalle ba-
racche. E si creò una baraccopoli-
alveare di cemento armato . È stata
ripulita la città e sono state concen-
trate in una sola zona tante persone
di estrazione diversa, per lo più im-
migrati. Scatoloni di 10, 12 piani,
30 · 1 MARZO 1992
con scale di 80 famiglie, con una canza o la precarietà del lavoro (il
densità di 4,6 persone per piano, tasso di disoccupazione è del 54%),
ben superiore alla media spagnola. oltre al fatto di avere molti figli.
Tutto ciò non ha favorito evidente- Povertà culturale, con un alto livel-
mente la sistemazione e il ricupero lo di analfabetismo: sono il 34% i
di questa gente. La Mina, al contra- ragazzi e i giovani che non vanno a
rio, è diventato oggi uno dei quar- · scuola. Mancanza di educazione e
tieri più difficili della città. Dire La di comportamenti civici. Povertà
Mina per la gente di Barcellona è di- morale, con lo sfaldamento della vi-
re delinquenza, droga, pericolo . ta familiare, problemi gravi di dro-
Vuol dire taxi che si rifiuta di venir- ga e delinquenza. A questo si deve
ci, vuol dire non trovare lavoro ap- aggiungere che quasi un terzo dei
pena sanno che abiti in questo quar- suoi abitanti sono zingari fino a ieri
tiere. Significa essere segnato a nomadi e che mal sopportano gli
dito.
ambienti chiusi. Tutto ciò ha creato
La prima caratteristica che balza un ambiente di sub-cultura e di
agli occhi è quella di una grande po- emarginazione che rende pratica-
vertà: povertà materiale per la man- mente quasi impossibile la strada

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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----------BS-
IN LIBRERIA - - - -
DI <<LA MINA>>
Sei forte, papà!
dello sviluppo e della promozione
della gente.
A questo si deve aggiungere la
minaccia della demolizione del
quartiere - per le Olimpiadi, dato
che si trova in posizione favorevole
ed è diventata una zona di grande
valore commerciale - con l'inevita-
bile trasferimento in altra zona de-
gli abitanti del posto.
Questo ha fatto crescere il livello
di preoccupazione e di angoscia tra
la gente. E all'incertezza del trasfe-
rimento si unisce il fatto che ovun-
que si proponga di trasferire la gen-
te di questo quartiere si ottiene una
reazione di netto e violento rifiuto
da parte di chi già vi abita.
Coinvolti nella realtà
del quartiere
Noi salesiani siamo arrivati a La
Mina nell'ottobre del 1975. La deci-
sione era stata presa dal Capitolo
lspettoriale di quell'anno, per ri-
spondere a una richiesta della Chie-
sa locale. Da allora c'è una parola
chiave che riassume la nostra pasto-
rale: «presenza». Presenza fisica nel
quartiere vivendo tra loro come
"vicini di casa", condividendo le
loro lotte e problemi. "Presenti"
nelle istituzioni educative, sociali e
nella parrocchia. "Presenti" tra gli
oltre 5.000 giovani del quartiere, ca-
richi di problemi e senza futuro .
Presenza, dando vita a una comuni-
tà che renda possibile l'aggancio per
l'evangelizzazione .
Questa presenza ci ha segnati, ci
ha interpellati, ci ha entusiasmati, ci
ha fatto soffrire, ha messo in di-
scussione il nostro essere cristiani e
salesiani. Ci ha portati a mettere a
fuoco i problemi e la vita a partire
dal mondo dell'emarginazione. Ci
siamo trovati davanti a un mondo
per noi totalmente nuovo: la fame,
i disturbi della personalità, la droga
Collana «Mondo Nuovo»
Con i suoi opuscoli di 32-48 pagine,
diffusi in oltre 4.500.000 copie, la col-
lana costituisce una piccola «enciclope-
dia della fede».
Ultimi volumi pubblicati:
121. Aborto: il punto di vista
cristiano
Una scelta convinta e appassionatr'
per la dignità della persona e la
cultura della vita. Di PIERO BAR-
BERI.
122. Vivere le Opere
di Misericordia
«Fin che nel mondo c'è la possibi-
lità di compiere un'opera di miseri-
cordia, la vita è bella e vivere è di-
vino» (Cesare Angelini) Di ENZO
BIANCO .
123. Cristiani e fame nel mondo
Il sottosviluppo è segno di crisi di
civiltà. La fame si vince cambian-
do la vita. Di PIERO GHEDDO.
124. Famiglia, sei stata
pensata da Dio
Un vescovo ricorda ai cristiani la
centralità della famiglia per la
Chiesa e per il mondo. Di mons.
E NRICO M ASSERONI.
125. Sei forte, papà!
Il ruolo educativo del padre. Di
UMBERTO DE V ANNA .
Prezzo degli opuscoli: Lire 850 - 1000
I
.J
~
/I
Barcellona. La città ha rinnovato le vie di comunicazione e
gli edifici sportivi per ospitare degnamente i giochi olimpici.
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN - TO
Tel. 011/95.91.091
c/c Postale 8128
1 MARZO 1992 31

4.2 Page 32

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Presenti tra la gente e tra i giovani, vivendo come "vicini di casa".
e l'aids, la rabbia e l'impotenza che
portano alla violenza e alla delin-
quenza. Una lunga lista di problemi
che portano i giovani troppe volte
alla degradazione personale.
Di qui l'urgenza di lavorare con-
tro questa povertà, soprattutto nel
campo educativo. Ma come lavora-
re in questo campo senza emargina-
re nessuno, tanto meno chi ha più
difficoltà? Come far prendere co-
scienza di questi problemi a questi
ragazzini senza portarli allo scorag-
giamento? Come cominciare un
processo di evangelizzazione - ai
poveri è destinata la "lieta noti-
zia"! - tra questi poveri concreti?
Il lavoro della nostra presenza parte
dall'urgenza di queste e altre do-
mande.
Nelle strutture esistenti
Anzitutto ci siamo inseriti e ci sia-
mo impegnati in strutture che non
sono gestite da noi: dalla scuola sta-
tale e dall'istituto professionale, fi-
32 · 1 MARZO 1992
no alle organizzazioni di quartiere.
Dal coordinamento della gioventù
- ente che associa tutti i gruppi
giovanili del quartiere -, al movi-
mento dei giovani disoccupati; dalle
varie organizzazioni del tempo libe-
ro, alle iniziative pre-professionali
per portare all'occupazione i giova-
ni svantaggiati.
Tutto ciò collaborando con gli al-
tri, a volte come responsabili, altre
volte inserendoci per collaborare,
incontrando difficoltà e problemi di
ogni tipo, però volendo fare un la-
voro educativo e di promozione in-
tegrale delle persone. Lottando per
creare un tessuto sociale che per-
metta la formazione di una comuni-
tà umana in cui poter crescere.
Correlativo e complementare vi è
anche il lavoro più specificamente
di evangelizzazione. Nella parroc-
chia, di cui uno di noi è vice-
parroco, dove cerchiamo di offrire
una nuova immagine di Chiesa, più
accogliente e aperta alla gente. In
collabor/izione col parroco, con le
altre comunità religiose e alcuni lai-
ci in una parrocchia molto povera
per numero e qualità.
Nella catechesi della zona, nei va-
ri movimenti giovanili ecclesiali:
Joc, Azione Cattolica Giovanile;
come consiglieri, anche di zona. E
questo in un ambiente in cui essere
cristiano o prete è molto poco ap-
prezzato. È appassionante collabo-
rare con gli altri affinché alia fine
cresca tra i giovani il Regno.
Così viviamo tra i più poveri il
nostro essere Chiesa e la missione
educativa ed evangelizzatrice che ci
caratterizza come salesiani. A volte,
tra queste persone, scopriamo me-
glio la figura di Cristo. Precisiamo
in modo più chiaro a noi stessi l'i-
dentità salesiana e sperimentiamo la
gioia di vivere insieme. Nella pover-
tà e nelle tensioni, a volte con incer-
tezza e paura, però anche nella gioia
e nella fiducia. Coscienti del fatto
che vivere tra questa gente è un
grande dono .
Juan VaJis

4.3 Page 33

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di Jean-François Meurs
Mercoledì 6 novembre. Domeni-
ca, come facciamo una volta al me-
se, siamo andati a pranzo dalla non-
na. Lei vive con lo zio Enrico e la zia
Rina. Ne ha avuto del coraggio! La
nonna è gentile, ma da quando ha
perso i denti, sorride facendo una
smorfia, e soprattutto fa tritare tutto
ciò che si mangia. Per me è come se
tutto perdesse il sapore. Comunque
ho chiesto alla zia se potevo avere
della noce moscata. Lo zio Enrico,
che stava iniziando la sua seconda
bottiglia di verdicchio, è diventato
tutto rosso (di solito, è verde, per via
del fegato. Quando ride, gli occhi
lampeggiano) e ha cominciato a far-
mi la predica. Ha sentito dire che la
noce moscata accumulata nell'orga-
nismo può provocare degli effetti in-
controllabili al sistema nervoso e far
vedere colori incredibili che ballano
e dei suoni psichedelici.
- D'altra parte i giovani d'oggi
esagerano sempre. Basta guardarli,
son9 tutti drogati!.
- E vero, è intervenuta la zia, spe-
gnendo la sua decima cicca. Ho let-
to nel giornale che al liceo tre allie-
vi ... e così di seguito con le solite
cose.
i
v
A PROPOSITO
DI DROGA
A volte i giovani sono stufi di ve-
der presentare la droga come
un fatto che riguardi soprattutto
loro. Sanno bene che il proble-
ma non è solo dei giovani. Il su-
perconsumo di farmaci, per
esempio, è una prova che è un
fenomeno più esteso. È tutta la
società che è alla ricerca di ec-
citanti, che non accetta più la
sofferenza e lo sforzo, e che
crede di riempire il vuoto dell'a-
nima attraverso il consumo faci-
le o ingoiando una pillola.
, La zia Rina ha le dita tutte gialle.
E l'unica che ho visto in foto da spo-
sa con il fumo della sigaretta che le
usciva dal naso!
Papà ha lanciato uno sguardo
strano al mazzo di fiori bianchi eros-
si, perché un suo collega gli aveva
detto qualcosa a proposito di canna-
bis e del papavero. Ma io penso che
non avevo ancora raggiunto l'over-
dose di noce moscata, perchè i fiori
non mi raccontavano poesie e io li ·
vedevo normali, come si vedono
sempre. Non più suggestivi del soli-
to, comunque!
Ho provato a spiegare:
- Sì, ne ho sentito parlare come
tutti, e io stesso ne ho visti, ma.. .
- Ah, vedete!
Mia cugina Lucia ha preso il suo
tubetto di aspirina perché queste di-
scussioni le fanno venire il mal di te-
sta. È figlia di zio Enrico e di zia Ri-
na. Da quando suo marito è morto,
lei lo ha rimpiazzato con un piccolo
cane puzzolente. Si è messa a scio-
gliere la sua quinta pastiglia.
Fabiano mi è venuto in aiuto, e
dato che è felice di gettare olio sul
fuoco, ha chiesto allo zio dove ave-
va raccolto i funghi che stavamo
mangiando, perché aveva visto un
documentario sul Messico, dove vi
sono dei piccoli ortaggi allucinogeni
e dei funghi che producono gli stes-
si effetti. Zio Enrico ne ha preso uno
per darglielo al gatto:«Non si sa
mai ...» . Dato che Fabiano fa l'uni-
versità, lo ha preso sul serio. Il gatto
ha giocato un po' con il fungo. Tutto
lì. In quel momento, un attimo di pa-
nico: Lucia di colpo si era addor-
mentata. Aveva preso un sonnifero
al posto di un'aspirina... Con tutto
ciò che prende! Lei ha delle medici-
ne per tutto, e ne ha sempre qualcu-
na da consigliare agli altri. Poi, papà
e zio hanno acceso la tele. Come
dei veri sportivi, si sono impadroniti ·
per tutto il pomeriggio delle poltro-
ne, facendo indigestione di calcio e
scolando cognac.
.
lo ne ho approfittato e siccome
ero stufo dei loro sogni artificiali, ho
detto che andavo a fare un gfro in bi-
cicletta. In fatto di sogni, io preferi-
sco gli alberi, il cielo e i sorrisi di
Giulia.
- Hai ragione, ha detto mamma,
che aveva la testa stordita per l'in-
terminabile chiacchiera della zia
Rina.
1 MARZO 1992 33

4.4 Page 34

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PROBLEMI GIOVANILI
CAMBIA
IL RAPPORTO
DI COPPIA
di Elvira Bianco
«Com 'è cambiato oggi
tra i giovani il rapporto
di coppia? Cos'è che
porta i giovani a
rimandare il matrimonio
e a vivere più a lungo
in famiglia?». È su questi
temi che abbiamo
intervistato Xavier
Thévenot, noto
professore di morale
a Parigi, tra i maggiori
esperti di questi
problemi.
«o i fronte alla gioventù, io la
penso come Don Bosco, che
diceva che non si deve gemere sul
proprio tempo, ma si deve trovare il
punto di aggancio per trasmettere i
valori evangelici. La gioventù d'og-
gi non è peggiore di quella di un
tempo. Sono semplicemente cam-
biati i suoi valori di riferimento»,
dice il salesiano Xavier Thévenot,
professore all'Università cattolica
di Parigi, dove insegna teologia mo-
rale e bioetica.
Mai come oggi la gioventù fa pro-
blema. Spesso giudicati severamen-
34 · 1 MARZO 1992
te, abbandonati a se stessi, appaio-
no talvolta disorientati. Ma molti
imparano a vivere in questa società,
magari con superficialità e calcolo,
addirittura con cinismo. «Eppure
anche i giovani d'oggi sono portato-
ri di valori, magari diversi dai no-
stri», insiste il professor Thévenot.
«Ciò che sembrava importantissimo
in passato, come la fedeltà coniuga-
le, il "sì per sempre", il lavoro ben
fatto e quindi la coscienza profes-
sionale, oggi per loro è diventato se-
condario, mentre appaiono più di-
sponibili al pluralismo, all'acco-
glienza dell'altro, alla creatività.
Dimostrano una certa sensibilità
verso gli stranieri, e spesso sanno
impegnarsi nel lavoro. Anche se
non manca una variopinta frangia
di giovani poco socializzati».
n rapporto di coppia
L'attività principale del professor
Thévenot è quella di dialogare con
persone che hanno difficoltf!, psico-
affettive o sessuali per aiutarle a
leggere la loro vita alla luce del Van-
gelo. Su questi temi ha scritto varie
opere importanti, quasi tutte tra-
dotte in italiano.
Tra di esse: « Vita sessuale e vita
cristiana» e «Bioetica», edite dalla
Queriniana; «Princìpi etici di riferi-
mento per un mondo nuovo» e vari
altri, pupblicati presso la LDC. Ed
I Ragazzi e ragazze sono portatori
di valori, anche se diversi da quelli
del mondo degli adulti.
è su questi temi di sua competenza
che continuiamo la nostra conversa-
zione. Gli chiediamo: «Com'è cam-
biato oggi il rapporto di coppia tra i
giovani?».
«Ciò che mi pare caratterizzi i
giovani, almeno in Francia, ma
penso che sia la stessa cosa in Italia,
è che essi comprendono il ruolo del-
1' istituzione in molti settori della vi-
ta. Per esempio accettano che il la-
voro intellettuale sia regolato da
un'istituzione scolastica e che ci sia-
no degli esami; che la salute sia assi-
stita da un'istituzione medica, che
esista la protezione civile ecc. Ma
curiosamente essi affrontano la vita
coniugale con una mentalità pura-
mente intimista e non comprendono
che ci debba essere una regolazione
istituzionale della vita affettiva. Og-
gi, tutti gli specialisti e gli antropo-

4.5 Page 35

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----------BS-
1ogi, cristiani o no, affermano che
la vita affettiva e sessuale è certa-
mente una realtà che tocca l'intimi-
tà delle persone - niente è più inti-
mo della sessualità - ma che è an-
che realtà senza dubbio tra le più
sociali dell'esistenza umana. La ses-
sualità infatti è all'origine della so-
cietà attraverso la procreazione,
mentre il rapporto uomo-donna at-
traversa tutta l'organizzazione so-
ciale.
Mi sembra che i giovani non ab-
biano accolto questa necessità e toc-
ca agli adulti far comprendere come
la sessualità e la vita affettiva abbia-
no bisogno dell'aiuto dell'istituzio-
ne: È vero che l'istituzione è spesso
vista come una "matrigna" che fru-
stra le persone e impedisce di vivere
nella spontaneità. Ma è anche più
vero che, quando l'istituzione fun-
ziona bene, è realmente di aiuto per
far sì che il desiderio duri nel tempo
e divenga più vero: inserisce nel tes-
suto sociale, evitando così di accon-
Foto De Maria
tentarsi di vivere semplicemente lo
stato d'animo del momento. Questa
mi pare la prima caratteristica dei
giovani d'oggi: avere privatizzato
troppo la vita affettiva e sessuale.
Cogliere l'attimo
Direi inoltre che molti giovani
hanno un cattivo rapporto rispetto
al tempo. Da anni in Francia, non
so se sia la stessa cosa in Italia, si
nota una crisi nell'insegnamento
della storia. Non si sa più come tra-
smettere ai giovani il senso della du-
rata. Credo che molti giovani non
siano capaci di "memoria". Essi vi-
vono in una società dove si valoriz-
za l'istante. Siamo in una società
dove la televisione occupa un posto
importante. Vi è un'usanza televisi-
va che si chiama lo "zapping", che
consiste nel passare da una scena a
un'altra senza fermarsi, per tentare
di vivere il più intensamente passi-
bile le immagini; e non si tollera che
vi siano momenti che non siano vis-
suti con intensità. E io direi che
molti giovani fanno dello "zap-
ping'' con la loro esistenza: cambia-
no sequenza, e dal momento in cui
una sequenza esistenziale non è più
interessante, provano a passare a
un'altra. Tutti ci accorgiamo subito
che la vita affettiva è sovente vissu-
ta a bocconi e che fa fatica a durare.
È come se i giovani pensassero che
la durata sia soltanto una degrada-
zione delle esperienze gratificanti
della scoperta affettiva. Ma se è ve-
ro che la durata è -in parte un qual-
cosa che spegne le illusioni dell'ini-
zio della vita affettiva, è però anche
la durata che permette, nella lentez-
za del tempo, di comprendere dal-
l'interno cosa significhi amare, cosa
vuol dire credere nell'altro, scoprire
il perdono.
Aggiungerei una terza caratteri-
stica: si programma il futuro della
vita affettiva con comportamenti
attinti dalla mentalità economica.
Oggi è l'economia che diventa la re-
gola della qualità di una vita socia-
le. Ora nell'economia occorre piaz-
zare il proprio capitale dove rende
di piu, e quando il capitale non ren-
de più, lo si disinveste per investirlo ·
altrove. Io ho l'impressione che so-
vente oggi vi sia chi vive l'affettività
come un capitale. D'altra parte in
francese si dice: "Investo la mia af-
fettività nella coppia, in una rela-
zione''. E così, in un momento di
crisi, l'affettività non sembra rende-
re piu, non produrre più i frutti de-
siderati: allora si ritira il capitale af-
fettivo, lo si investe altrove. Tanto
che si assiste nella nostra società a
una sorta di poligamia nel tempo. Il
termine non è eccessivo, perché in
fin dei conti si tratta di una vera po-
ligamia: si vive con una sola donna,
con un solo marito, ma si sta insie-
me per qualche anno e dopo si cam-
bia partner.
Bisogna allora rendersi conto che
l'affettività non è un capitale che si
possiede, ma una dimensione della
nostra persona che coinvolge tutte
le nostre esperienze umane.
Don Bosco lo aveva capito bene e
ha messo al cuore del suo sistema
educativo l'amorevolezza, una qua-
lità relazionale che crea affetto tra i
giovani e l'educatore per far cresce-
, MARZO 1992 35

4.6 Page 36

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Vivono intensamente il presente, fanno dello "zapping " con la loro vita. È così che il rapporto
di coppia fa fatica a durare.
re in umanità e i giovani e l' educa-
tore. Ma aveva anche capito che l'e-
ducazione si realizza soltanto su
tempi lunghi, in un lento confronto
con la durata e la fedeltà e che è co-
-struttiva soltanto una vita che trovi
sostegno in una istituzione. Perché
è tutta l'istituzione salesiana che è
educatrice dell'affettività, e non
semplicemente di relazioni indivi-
duali » .
«Come mai alcuni giovani non
vogliono sposarsi o rimandano il
matrimonio il pùJ tardi possibile?
Che cosa li spinge a rimanere a lun-
go in famiglia?».
«Gli psicologi ci insegnano che
oggi si trova in molte famiglie una
carenza educativa che nasce dal non
voler imporre nulla al fanciullo. Va-
le a dire, la famiglia ha separato l'a-
more verso il fanciullo da ciò che
noi chiamiamo legge. E tutti gli psi-
cologi, in modo particolare gli psi-
canalisti, ci insegnano che la perso-
nalità di un fanciullo non può co-
struirsi se non si scontra con dei di-
vieti molto chiari, molto netti, che
36 · 1 MARZO 1992
portano i figli ad assumere una pro- bino non è un adulto. E in nessun
pria identità, distinta da quella dei caso si deve trattare un fanciullo co-
genitori. Molti genitori oggi hanno me un amico, ma quando si è geni-
troppo paura di dare delle indica- tori, bisogna agire da genitore che
zioni ferme . È questo il motivo per ha messo al mondo chi gli s.ta di
cui oggi molti giovani hanno delle fronte, accettando la differenza ge-
patologie di tipo narcisistico : essi nerazionale. Ancora una volta,
non sono capaci di trovare la loro quando si guarda a Don Bosco, si
identità interiore e non possono vi- capisce come attraverso l'amorevo-
vere che rimanendo attaccati a dei lezza, egli abbia adottato il metodo
genitori forti, che essi considerano · giusto. Ha voluto aiutare i giovani a
tutto sommato meravigliosi. E pro- superare le difficoltà facendo leva
prio quando si tratta di lasciare que- su un buon rapporto di amicizia.
sto mondo familiare, a loro sembra Ma mentre viveva questa amicizia
molto difficile.
con i giovani, egli restava un adul-
I genitori dovrebbero ricordare to, e aveva lo sguardo attento alla
bene quello che gli psicanalisti con- loro educazione. Don Bosco non ha
siderano le due fondamenta roccio- giocato a fare l'adolescente, pur es-
se della realtà, sulle quali si fonda sendo sempre in mezzo a loro . È si-
l'esistenza umana. La prima è la gnificativo che la Chiesa gli abbia
differenza dei sessi: i genitori devo- dato il titolo di " Padre e maestro
no dimostrare col loro modo di fare dei giovani" : Don Bosco era certo
che un uomo non è una donna, e "amico dei giovani", ma non per-
che una donna non è un uomo; che ché si comportava come loro».
il padre non è la madre e la madre
non è il padre. La seconda è quella
della differenza generazionale: un
Elvira Bianco
adulto non è un bambino, un bam-
(continua)

4.7 Page 37

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----------BS-
· SUOR MARIA TRONCATTI
Matrimonio tra Tibi e Clelia, due giovani
cristiani shuar educati alla missione.
A sinistra Macas (Ecuador). Suor Troncatti con un bambino che le
suore hanno accolto mentre era quasi moribondo.
DIO CHIAMA
NELLA SELVA
Cent'anni fa, a Corteno
di Brescia, una bambina
sentì leggere le vicende
dei missionari sul
Bollettino Salesiano
e decise di diventare
anche lei missionaria.
Si chiamava Maria e gli
indios l'avrebbero
chiamata «madrecita».
A Corteno di Brescia, nel 1892,
arrivava il Bollettino Salesia-
no, e la maestra, al termine della le-
zione, lo leggeva alle sue scolarette
e ai suoi scolaretti. Leggeva le lette-
re dei missionari, le loro avventure
nei Paesi poverissimi delF America
del Sud, il loro lavoro tra gli emi-
grati e gli indios. Tra le scolarette
che ascoltavano incantate c'era Ma-
·di Teresio Bosco
tia Troncatti, nove anni e l'innocen-
za che fioriva negli occhi chiari.
Maria avrebbe voluto partire subito
per le misssioni, ma c'era altro da
fare nella casa di papà Giacomo e di
mamma Maria. C'era da arrampi-
carsi, tutte le estati, sull'Alpe insie-
me alle capre, fino alla baita. C'era
da rimestare la polenta per il papà e
i fratelli, che custodivano le mucche
nei prati alti, e mungevano il latte e
faq:wano i formaggi.
Nel 1900 Maria compì 17 anni, e
radunò il coraggio di confidare a
qualcuno il suo grande desiderio.
Lo manifestò prima alla sorella
maggiore, Caterina, poi al parroco.
La difficoltà enorme fu dirlo a pa-
pà, un uomo rude e dall'amore te-
nerissimo per le sue figlie. Un lam-
po severo dei suoi occhi e un lungo
silenzio corrucciato chiusero il di-
scorso ... per quattro anni. Maria
pregò, continuò obbediente e serena
la vita di tutti i giorni. Il parroco
ogni tanto veniva a parlare, al padre
e alla figlia . Nel 1904 Maria Tron-
catti compiva 21 anni, ed era sem-
pre decisa nella sua scelta. E papà
diedé il suo consenso. Le diede tutto
l'occorrente per prepararsi il corre-
do, non disse una parola di disap-
provazione. Ma quando la baciò
sulla porta di casa, cadde svenuto.
La guerra e il tornado
La prima obbedienza la mandò a
Rosignano Monferrato, cuoca e ca-
techista tra le fanciulle, che subito
le vollero un gran bene. Da Rosi-
gnano a Varazze, mentre scoppia la
prima guerra mondiale. Suor Tron-
1 MARZO 1992 - 37

4.8 Page 38

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ca,tti partecipa a un corso di infer-
miere, mentre il collegio sales\\ano si
trasforma in ospedale militare. Ha
32 anni quando comincia a girare
per la corsie, tra i soldati dilaniati
dalle granate. Il 25 giugno di quel-
l'anno, 1915, un violento tornado si
abbatte su Varazze. L'acqua del
torrente Teiro invade il collegio, ab-
batte i muri. Suor Troncatti si trova
non sa come su una tavola del refet-
torio portata via dalla corrente tra
gorghi e rottami. Si rivolge alla Ma-
donna, e le promette che se avrà sal-
va la vita partirà per le missioni, tra
i lebbrosi. Si salva afferrandosi a
una ringhiera, mentre un'altra suo-
ra è travolta. Alla Madre Generale
scrive una lunga lettera, narrando
ciò che è accaduto e facendo la sua
domanda per le missioni, tra i leb-
brosi. Passano sette anni, e la do-
manda dorme nei cassetti della Su-
periora.
Una ragazzina, Marina Luzzi, nel
marzo 1922 sta morendo per una
polmonite doppia. Suor Maria le è
accanto. Entrambe sanno che non
ci sono più speranze. A un tratto
suor Maria bisbiglia: «Tu presto ve-
drai la Madonna. Dille che mi ot-
tenga da Gesù di andare missionaria
trfl. i lebbrosi». Marina la guarda,
sorride, e riesce a bisbigliare la ri-
sposta: «Lei andrà missionaria in
Ecuador». «Ma io ho chiesto di an-
dare tra i lebbrosi». Marina sorride
sempre, e ripete: «In Ecuador».
Marina Luzzi, un'anima trasparen-
te che aveva chiesto come ultimo re-
g<l,lo di morire nella «casa della Ma-
donna», va incontro a Dio in quella
stessa notte. E tre giorni dopo Ma-
dre Daghero chiama suor Troncatti.
«Hai chiesto di andare in missione
sette anni fa. Ma come facevo a
mandarti durante la guerra? Ora i
mari sono tornati tranquilli. Andrai
in Ecu.ador».
Marsiglia, stretto di Gibilterra,
Oceano Atlantico, stretto di Pana-
nia, Oceano Pacifico. La nave co-
steggia la Colombia, scende lungo
l'Ecuador e s'infila nella baia di
Guayaquil. Nella periferia della cit-
tà c'è una casetta di legno con alcu-
ne Figlie di Maria Ausiliatrice, e nu-
goli di ragazze che cantano, studia-
no, giocano. Suor Troncatti passa
il suo primo Natale missionario. E
impara le prime nozioni sulla sua
38 - 1 MARZO 1992
nuova patria. L'Ecuador aveva sei
milioni di abitanti, con questa c4-
riosa distribuzione: il 490Jo della
gente abitava lungo le rive del mare;
un altro 490Jo abitava nelle province
che si arrampicavano dal mare fino
alle cordigliere delle Ande: erano
bianchi e indigeni che lentamente si
erano mescolati; il 20Jo abitava inve-
ce nelle vaste e sconosciute terre del-
l'Oriente, oltre le altissime e invali-
cabili Ande. Questo 20Jo era costi-
tuito da coloni e avventurieri bian-
chi (giunti in gran parte da Perù e
Colombia) e dalle tribù di indios
Shuar e Achuar. Tra bianchi e in-
dios c'erano incontri e scontri conti-
nui, e tutti abitavano immersi nella
«selva». Tra quel 20Jo i missionari e
le missionarie salesiane tentavano di
inserirsi e stabilirsi.
Grande spedizione alla terra
degli Indios
Dopo qualche tempo di «acclima-
tazione» a Chunchi, una cittadina
arrampicata sul dorso della cordi-
gliera, e abitata in prevalenza da in-
digeni (dove fu medica nell'ambula-
torio e farmacista nel piccolo spac-
cio di medicine chiamato botiquin),
il vescovo missionario Domenico
Comin arrivò e disse: «È ora di par-
tire». Prese avvio la grande spedi-
zione che doveva varcare l'altissima
cordigliera andina e poi scendere
nella foresta, fino alla terra degli in-
dios Shuar.
Padre Albino Del Curto, che
avrebbe guidato la spedizione, ave-
va percorso per primo quella zona
inesplorata, e insieme ad alcuni
operai aveva tracciato un sentfero e
costruito alcune baracche che sareb-
bero state il loro rifogio durante il
viaggio.
A Cuenca, 2000 metri di altezza,
l'ultima sosta tra persone amiche,
nella casa dedicata al «Cuore di
Maria». Suor Troncatti, le du~ gio-
vanissime sue compagne suor Do-
minga Barale e suor Carlotta Nieto,
insieme aWispettrice e alla novizia
che le accompagnavano (e che sa-
rebbero poi subito tornate indietro)
si attrezzarono per il viaggio tra le
piante della selva, infittite da liane,
rami intricati, erbe gigaqti. Incjossa-
rono un grembiulone cji tela, uno
spolverino, un cappello a tesa \\arga,
degli stivaletti a metà gamba. S'in-
camminarono con il Vescovo, due
ccMadrecita». Suor Troncatti appoggia maternamente le mani
sulla fronte della ragazza shuar dur1:1nte un'estrazione dentaria.

4.9 Page 39

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----------BS-
salesiani, dodici robusti portatori .
In testa a tutti don Albino Del Cur-
to, e in coda gli uomini di scorta ve-
nuti da Cuenca a cavallo, costeg-
giando torrenti che apparivano e
sparivano tra abisssi paurosi e pic-
chi di cui non si vedeva la cima, sali-
rono fino ai tremila metri di Pailas.
Quella località si sarebbe cercata in-
vano sulle carte geografiche, perché
l'aveva costruita poco prima don
Albino: una costruzione in legno
con tre stanzette. Poterono riposare
una notte al riparo. Al mattino il
Vescovo disse la Messa, mentre sul-
la foresta scendeva una pioggia tor-
renziale. Quando la pioggia, che
sembrava non finire mai, ebbe una
pausa, gli uomini della scorta sella-
rono i cavalli e iniziarono il ritorno.
Le missionarie e i missionari avreb-
bero continuato a piedi, per il sen-
tierino che s'arrampicava senza fine
tra gli alberi della foresta. S'incam-
minarono pregando, tra rami stil-
lanti e foglie viscide. Suor Troncatti
non ricordava quanto era durato il
viaggio: ricordava che aveva prega-
to, pianto, che aveva perso i tacchi
degli stivaletti ed era svenuta. Don
Del Curto, in testa a tutti sempre,
cantava le lodi della Madonna, e
suor Maria cercava di unirsi almeno
col cuore, Eppure ricordava che in
quell'interminabile viaggio le era
entrata dentro la paura: una paura
invincibile per quella marea verde
che non finiva mai, e che l'avrebbe
accompagnata per mesi ed anni.
Operazione chirurgica col
temperino
Un colpo di fucile spazzò il brut-
to incantesimo. Un colpo di fucile
sparato da padre Corbellini·, che era
venuto incontro con alcuni Shuar,
aveva visto dall' alto la carovana e
dava così il benvenuto . Si abbrac-
ciarono. Percorsero in canoa un
tratto del fiume Paute. Ed ecco
Mendez, il centro del Vicariato apo-
stolico affidato a monsignor Co-
min. Ebbero una brutta sorpresa: la
missione era occupata da un centi-
naio di Shuar armati e minacciosi .
In uno scontro tra due tribù, la fi-
glia di un capo era stata colpita da
una pallottola che le aveva trapassa-
to il braccio e s'era conficcata nel
seno . Il capo si avvicinò a padre
Corbellini e nel poco spagnolo che
sapeva fu brutalmente esplicito:
«Tu curando , noi aiutando. Tu non
salvando, noi a tutti morte dando».
Il Vescovo si rivolse a suor Troncat-
ti: «Lei è l'unica che sa di medicina.
Se la sente?» «No». «Operi lo stes-
so. Noi pregheremo». Con un po'
di tintura di iodio e un temperino
sterilizzato sulla fiamma, suor Ma-
ria affrontò l'ascesso che in quattro
giorni s'era formato attorno alla
pallottola. Incise a fondo dicendo:
«Maria Aiuto dei Cristiani!» La
pallottola balzò fuori e andò a cade-
re ai piedi degli Shuar, che scoppia-
rono a ridere contenti. La indigena
tredicenne, dopo tre giorni, potè
tornare con i suoi nella selva.
Dopo la sosta a Mendez, la caro-
vana proseguì per Macas, a quattro
giorni di cammino, risalendo il cor-
so del fiume Upano. Macas era un
villaggio di coloni, circondato da
Kivarìe, le abitazioni collettive degli
Shuar. La missione, con la casetta
delle suore sorgeva su una collina.
L'accoglienza fu cordialissima. La
gente venne a portare i suoi doni:
galline, bottiglie di miele, uova,
grappoli di banane. Suor Troncatti
abbracciò tutti, pianse un'ultima
volta quando l'ispettrice e la novizia
ripartirono insieme al Vescovo. Poi
si asciugò le lacrime, si rimboccò le
maniche, e alle due giovani missio-
narie restate con lei disse: «E adesso
lavoriamo. La Madonna ci aiute-
rà». Aveva 42 anni. Ne avrebbe
passati altri 44 in quella selva, nel-
l' ambulatorio e nella scuola, sui
sentieri e sulle canoe con cui rag-
giungeva le Kivarìe, tra quella gente
dalla pelle bianca e scura, che inco-
minciò in quei giorni a chiamarla
«madrecita» piccola madre, e non
smise più.
I 44 anni di madrecita
Come raccontare quei 44 anni,
fitti di giorni e di avvenimenti di sa-
crifici e di successi, di lacrime e di
salvezza? Maria Troncatti si logorò
come una moneta passata di mano
in mano, che tutti spendono e tutti
consumano. Gli episodi, tutti gli
episodi di bontà e di carità forte, li
ha registrati soltanto il Signore.
Lui ha visto Yampauch, la picco-
la shuar di undici anni, fuggire da
casa dove la mamma si era impicca-
ta dalla disperazione, e rifugiarsi da
Suor Troncatti dicendo: «tienimi
con te». Ha visto la mamma bianca,
picchiata dal marito ubriaco, fuggi-
re nella notte insieme ai suoi bambi-
ni e bussare alla casa delle suore:
«Madrecita, se non ci tieni con te,
quello ci ammazzr1». Ha visto suor
Maria adottare il figlio illegittimo di
una povera serva, che tutti volevano
uccidere, e che lei mise in una culla
vicino al suo letto, chiamò Josè Ma-
ria e allevò come suo figlio.
Dopo dieci anni di lavoro, suor
Troncatti scrisse nella relazione an-
nuale: «Abbiamo 70 alunne nelle
classi elementari: 80 ragazze, fidan-
zate o spose nel laboratorio per
esterne; 20 piccole shuar e 8 bianche
orfane interne; 200 shuar al catechi-
smo». Valeva la pena piangere sul
sentiero che saliva verso la Ande,
per piantare in questa selva il Regno
di Dio. Lo pensava, la Madrecita!,
mentre ogni sera faceva la Via Cru-
cis e aggiungeva un'ora di adorazio-
ne alle preghiere che faceva con la
sua piccoJa comunità. Nel novem-
bre del 1947 l'isolamento della selva
è rotto di colpo: piccoli aerei riesco-
no a collegare Mendez alla capitale
dello stato, Quito. Il 27 agosto 1948
suor Troncatti sale su uno dei picco-
li aerei e va alla capitale a fare gli
Esercizi Spirituali. Ha 65 anni. Ne-
gli anni seguenti vede arrivare la lu-
ce elettrica, la stazione radio, il mu-
lino, la trebbiatrice, persino una
jeep. Vede nascere, come un mira-
colo, la Federazione Shuar, che di-
fenderà le famiglie indigene dalle
prepotenze dei bianchi.
25 agosto 1969. Suor Troncatti
ha 86 anni e le gambe gonfie. Non
la chiamano più «madrecita» ma
«abuelita», che significa «nonni-
na». Sale ancora su un piccolo ae-
reo per recarsi agli Esercizi Spiritua-
li. Pochi minuti dopo, la radio della
Federaciòn Shuar interrompe la tra- ·
smissione e una voce concitata co-
munica: «Oggi, alle ore quindici, un
aereo è caduto poco dopo la parten-
za. La nostra madre, suor Maria
Troncatti, è morta» . Era rimasta di-
stesa sull'erba a braccia spalancate.
L'ultimo gesto riassumeva tutta la
sua vita: aveva spalancato le braccia
a tutti, in nome di Dio.
Teresio Bosco
1 MARZO 1992 - 39

4.10 Page 40

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olidarietà
Borsa: In memoria di Ottavio
Maggi e Albina Silvestri, a cura
della nipote Maria Maggi Ana-
stasi L. 5.000.000 - Borsa Ma-
ria Ausiliatrice e Don Bosco, in
suffragio di Elen,a De Bernardi,
a cura della sorella L.
2.000.000 - Borsa: In memo-
ria e suffragio della madre An-
na, a cura della figlia Maria
Imperati di Agerola L.
I .50Ò.000 - Borsa: Maria Au-
siliatrice e Don Bosco, ringra-
ziando e invocando continua
protezione su me e la famiglia,
a cura di Angelo Gaetano L.
1.000.000 - Borsa: Maria Au-
siliatrice e Beato Filippo Rinal-
di, a cura di N.N. L. 1.000.000
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
Beati Versiglia e Caravario, a
cura di N.N . L. 1.000.000 -
Borsa: S. Giovanni Bosco, a
cura di Ceschi Irma Broseghini
L. 1.000.000 - Borsa: In suf-
fragio dei nostri fratelli Ilio e
Rino Parlanti, a cura di Ines e
Amelia Parlanti L. 1.000.000
- Borsa: In suffragio dei no-
stri genitori Rutilio Parlanti e
Ines Marinari, a cura di llia e
Amelia Parlanti L. 1.000.000
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, in suffragio
dei miei morti e invocando pro-
tezione e grazie, a cura di M.
Derobertis-Bari L. 500.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, San-
ti Salesiani, in ringraziamento e
protezione delle nostre fami-
glie, a cura di N .N. L. 500.000
- Borsa: In memoria e suffra-
gio di don Luigi Lasagna a cura
della famiglia Garelli L.
500.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e S. Giovanni Bosco,
ringraziando e invocando pro-
tezione per la famiglia, a cura
di C.A. L. 300.000 - Borsa:
Don Filippo Rinaldi e Sr. Euse-
bia, in ringraziamento, a cura
di Adele e Franco Coveney L.
300.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, Don Bosco, Don Rinal-
di invocando protezione sui fi-
gli e nipoti, a cura d.i Magnoni
C. L. 260.000 - Borsa: Sacro
Cuore, Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, per protezione, a cura di
Musso Giuseppe L. 250.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, per protezione su tutti i
miei cari, a cura di Mastranto-
nio Albina L. 250.000 - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per rin-
borse di studio
per giovani missionari
pervenute
alla direzione
opere Don Bosco
.,
I Coloane (Macau). Cappella del lebbrosario «Our Lady's
Village». Quattro giovani hanno appena ricevuto il
battesimo. La cappella è stata donata dal papa Paolo VI .
graziamento e protezione della
famiglia, a cura di Scagliotti
Esterina L. 200.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in suffragio di Gaetano e
Raffaella Derobertis, a cura di
M.D. - Bari L. 200.000 - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, proteggeteci sem-
pre ed esaudi teci, a cura di
M.C. - Roccella J . L. 200.000
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
Don Bosco, invocando prote-
zione e salute per sé, la figlia e
la famiglia, a cura di Roggero
Battista L. 200.000 - Borsa:
Don Bosco per ringraziamento
e protezione, a cura di Marnet-
to Pierino L. 200 .000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice e S. Giovan-
ni Bosco, in suffragio del fra-
tello Aldo , a cura di Tempi Ma-
risa e fratelli L. 200.000 - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, in suffragio di Balocco
Antonia e per protezione di An-
drea e Daniele, a cura di N.N.
L. 200.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice e S. Giovanni Bo-
sco, a cura di Tonoli Francesco
L. 200.000 - Borsa: Don Bo-
sco, a cura di Spartà Diego L.
200.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, a cura Spartà Diego L.
200.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Santi Salesiani, a cura
di Scortegagna Bruno L.
200 .000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco, in suffra-
gio dei miei defunti e per prote-
zione, a cura di Rota Angelo L.
120.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco, per rin-
graziamento e protezione, a cu-
ra di Potetti Rosa Guidetti L.
120.000 - Borsa: Don Rua, in
memoria dei genitori, a cura di
Zavarise M. Carmela L.
120.000
Borse Missionarie da
L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco, in suffragio
dei miei defunti, a cura di N.N.
- Vigone - Borsa: In memoria
del fratello Giuseppe sdb, a cu-
ra di Primo Teresa - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per aiuto e protezione, a
cura di Castagno Valerio Enri-
co - Borsa: Maria Ausiliatrice
e Santi Salesiani, invocando
protezione, a cura di Bressan
Anna - Borsa: Maria Ausilia-
trice, Don Bosco, Domenico
Savio, implorando protezione e
salute, a cura di B.C. - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio, in ringrazia-
mento e invocando lavoro, a
cura di Paolo - Borsa: Maria
Ausiliatrice, S. Giovanni Bo-
sco, ringraziando e invocando
salute e protezione, a cura di
Maria Angela - Borsa: Maria
Ausiliatrice e S. Giovanni Bo-
sco, in memoria di Zagaria
Francesco, a cura di Zagaria
Angela - Borsa: Maria Ansi-
liatrice e Don Bosco, per prote-
zione, a cura di Maria Apollo-
ne - Borsa: Maria Ausiliatri-
ce, S. Gaspare del Bufalo, per
protezione, a cura di N.N. -
Borsa: S. Giovanni Bosco, per
protezione delle Famiglie
Ruffinella-Fino e Gambino, a
cura di Ruffinello Carmelina
- Borsa: S. Domenico Savio
per protezione Famiglia Gam-
bino e piccolo Matteo, a cura di
nonna Elsa - Borsa: Maria
Ausiliatrice e S. Giovanni Bo-
sco, per grazia ricevuta, a cura
di Avezza Giorgio - Borsa:
Don Luigi Cocco, a cura di
Renzo e Maria Luisa - Borsa:
Madonna del Rosario-
Ausiliatrice, a cura di Bertero
Teresa - Borsa: Maria Ausi-
liatrièe e S. Giovanni Bosco,
per grazia ricevuta, a cura di
Alifredi Edoardo - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Santi Sale-
siani, proteggete mia figlia e la
nipotina, a cura di M.B . -
B9rsa: S. Giovanni Bosco, in-
vocando protezione e aiuto per
fratello ammalato, a cura di
Pellegrino Giancarlo - Borsa:
Maria Ausi'liatrice, Beato Filip-
po Rinaldi, in ringraziamento,
a cura di Caranzano Rosa -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, in ringraziamento, a cu-
ra di Franco Anna - Borsa: S.
Giovanni Bosco, per grazia ri-
cevuta, a cura di Sangiusti Sias
Marja - Borsa: S. Cuore di
Gesù, Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, a cura di Fedrigo Maria
Letizia - Borsa: Gesù Bambi-
no, a cura di N.N. - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
a cura di Rina Maria Serra -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, Mons. Lasagna, in rin-
graziamento, a cura di F.M .
Montemagno - Borsa: SS.
Cuori di Gesù e Maria, a cura
di N.N . - Borsa: S. Giovanni
Bosco e Sr. Eusebia, in ringra-
ziamento, a cura di Laura Bar-
beris - Borsa: Maria Ausilia-
trice e Don Bosco, per grazia ri-
cevuta, a cura di Vercellin Ro-
mano - Borsa: Maria Ausilia-
trice, S. Giovanni Bosco, invo-
cando protezione, a cura di
Prato Mario.
40 · I MARZO 1992

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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FANTOZZI sac. Aldo, salesiano, t Roma
1' 8/11/1991 a 76 anni.
t MELE sac . Pietro , salesiano, Castellammare
di Stabia (Napoli) il 5/8/1991 a 86 anni .
Era nato a Treggiaia (Pisa), ma a sei anni si era
trasferito a Torino. Scrisse nel suo diario: «Con la
mamma e i miei fratelli giunsi a Torino in una mat-
tinata pioviginosa: eravamo una famiglia di emi-
grati dalla Toscana». A 12 anni fece amicizia con
un ragazzino che lo condusse all'oratorio salesia-
no del Richelmy. Quando ci andò la prima volta,
l'oratorio era in festa per l'arrivo di don Rinaldi. L1
conobbe la rivista Gioventù Missionaria, dove les-
se: «Per informazioni rivolgersi a don Filippo Ri-
naldi». lncuriosto si recò a Valdocco. L'addetto al-
la portineria lo condusse al primo piano e don Ri-
naldi lo ricevette. Lo fece sedere e lo guardò. Pri-
ma che il ragazzo parlasse gli disse: «Vuoi farti
missionario?» . Il piccolo Aldo pensò: qualcuno lo
avrà avvertito. Rispose: «Si». E don Rinaldi :
«Nooo.. .Tu .farai il missionario in Piazza Castel-
lo!». Aldo sorrise, non comprendendo. E don Ri-
naldi prosegui : «Farai il missionario qui!». A otto-
bre entrò nell'aspirantato di Penango e al termine .
del ginnasio i suoi compagni partirono per varie
destinazioni missionarie. Lui non partl. Divenne ·
salesiano e sacerdote , si laureò in teologia e inse-
gnò dogma ai chierici salesiani fino al 1950. Poi
abbandonò i libri e divenne parroco. Sarà parroco
per 28 anni. Prima a Marina di Pisa e poi a Tori-
no. È impossibile riassumere la sua preziosa atti-
vità di parroco in zone di periferia, in quegli anni
di trasformazioni culturali, di una pastorale se-
gnata dal post-Concilio. Anni che lo videro pasto-
re generoso, intelligente e aperto.
Dal 1978 don Fantozzi fu direttore di alcune co-
munità a Roma: prima dei sacerdoti studenti a
San Tarcisio, poi al Testaccio. Nel 1987 divenne
direttore della Casa Generalizia e dal '90 , ancora
direttore al Gerini. Qui fu pastore buono per le
centinaia di giovani della scuola professionale.
Disse: «Forse si poteva fare di più . Ma quel che
potevamo fare lo abbiamo fatto».
Don Fantozzi è stato un salesiano che ha amato
la Chiesa e si è sentito sempre operaio e servitore
della Chiesa. Ha scritto: «La Congregazione mi
ha fatto studiare, ha scusato i miei gravi difetti di
carattere, ha perdonato i miei sbagli, ha compre-
so i miei limiti• . In realtà è stato un salesiano
amabile e cordiale, accogliente e buono. Fu un
predicatore ricercato per la qualità, l'etticacia e la
piacevolezza dello stile. Le sue erano omelie
esperienziali, vissute sulle corde della sua vita.
Fu anche autore di libri pastorali di successo.
Scrisse la biografia di don Rinaldi per un debito
di riconoscenza. La sua ultima fatica (ma lo scri-
vere gli riusciva piacevole e lo riteneva qualifican-
te) fu la biografia di Mamma Margherita. Temeva
di non riuscire a portarla a termine , ma il libro,
stampato dalla LDC, uscirà tra breve. I proventi
del libro volle che fossero destinati al nuovo Cen-
tro di Accoglienza per i minori nella casa che ver-
rà intestata a Mamma Margherita. È andato al Si-
gnore senza dare fastidio a nessuno, dopo una
mattinata laboriosa e faticosa, non ultima la visita
a un confratello ammalato, e sul tavolo gli appunti
di teologia.
·
Educatore di grande talento, si è servito della
musica, della lingua francese e del suo ministero
sacerdotale per guidare i giovani verso il loro in-
serimento nella società. Giunto nella comunità di
Taranto nel 1970, fu stimato per le sue doti di
confessore esperto e profondo. Ragazzi, giovani,
confratelli, e sacerdoti diocesani trovarono in lui
una guida sicura e amica. Ha scritto qualcuno:
«Da confessore, presto diventava direttore spiri-
tuale, maestro di vita e amico dell 'anima». Negli
ultimi tempi, durante la malattia, ricordava volen-
tieri di aver avuto dei superiori che gli fecero co'
noscere Don Bosco quasi dal vivo, di aver cono-
sciuto Don Eugenio Ceria e di aver ricevuto la ve-
ste clericale dal card. Giovanni Cagliero.
DAL TETTO suor Pierina, Figlia di Maria Ausl-
t llatrlce, Las Piedras (Uruguay) a 72 anni .
Naia a S. Stefano Roero (Cuneo), arrivò in Uru-
guay che non aveva ancora 30 anni. Qui donò tut-
to quello che aveva nella scuola e nelle case di
formazione . Nel 1967, dopo un grave incidente
stradale, cominciò il suo calvario. Semplice , ama-
bile, generosa, continuò a sorridere e a contem-
plare la natura. Affidando il suo corpo alla terra,
pensiamo che sia un gesto di totale offerta, da cui
nascerà per l'Uruguay una fecondità nuova.
t VALLA sac. Héctor José, salesiano a Rosario
(Argentina) il 3/10/1991 a 68 anni.
Parroco della chiesa Maria Ausiliatrice nella cit-
tà di Rosario , fu consigliere ispettoriale, direttore
della rivista «Didascalia» e diresse il seminario
diocesano di Catechesi per molti anni. Come par-
roco diede molto impulso all'azione parrocchiale,
attento agli ammalali e agli anziani. Favorl le atti-
vità giovanili . Fu professore di teologia e autore di
molti testi di catechesi, particolarmente apprez-
zati. La sua predicazione era sapiente e semplice
allo stesso tempo. Fu un sacerdote zelante e uri
confessore esperto.
GALLENCA sac. Antonio, salesiano, t Torino
1'1/11/1991 a 68 anni.
La sua attività educativa si esplicò soprattutto
nel settore della scuola, prima come insegnante
e poi , dal 1985, come delegato regionale per i
Centri di formazione professionale del Piemonte.
In questa attività manifestò passione e competen-
za, incoraggiando e stimolando il personale do-
cente a partecipare attivamente ai corsi di aggior-
namento, invitando allo spirito di iniziativa e di
apertura. Divenne nel suo campo un punto di rife-
rimento prezioso. Fu direttore delle case salesia-
ne di San Benigno, Fossano, Lanzo e Bra . Per il
suo carattere conciliante, buono e sereno, riusci-
va a creare anche nei momenti difficili collabora-
zione e coesione, costruendo con la sua presen-
za un clima rassicurante e positivo.
MARCHIORO Angela, cooperatrice , t a Malo
(Vicenza) il 10/3/1991 a 88 anni.
Fedele e convinta cooperatrice, visse la santa,
gioiosa e dolorosa esistenza al servizio degli altri,
sempre dimentica di se stessa. Assistette e curò
in modo materno il fratello don Beniamino, che
ebbe da lei conforto e coraggio , meritandosi gli
elogi del nostro Vescovo.
MORINO sac. Cesare, salesiano, t a Torino il
21/10/1991 a 80 anni.
Svolse il suo ministero sacerdotale e di educa-
tore nelle case dell'ispettoria Novarese-Elvetica.
Il periodo più lungo e più ricco di bei ricordi coin-
cide con i quindici anni trascorsi a Novara come
incaricato ispettoriale degli exallievi e dei coope-
ratori, con i quali dispiegò doti di squisita umanità
e cordiale affabilità.
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure all'lstilu,to
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
«... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti ·
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
1 MARZO 1992 - 41

5.2 Page 42

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l
r Ml INFUSE SUBITO
FIDUCIA
Ho conosciuto casualmente la
Venerabile Suor Teresa Valsè
Pantellini, attraverso un volanti-
no e subito mi sono sentita ani-
mata a rivolgerle una calda pre-
ghiera per mio marito, da due
anni alla ricerca di una sistema-
zione lavorativa. Verso la fine di
luglio iniziavo una novena alla
Venerabile e ai primi giorni di
settembre ricevevamo la telefo-
nata di una ditta alla quale ci
eravamo rivolti un anno prima.
Mio marito si presentò subito e
venne assunto immediatamen-
te, senza il consueto previo pe-
riodo di prova. La sua sistema-
zione ormai è definitiva, grazie
all'intercessione della dolce
suora nostra protettrice.
Maria Narese,
Settimo Torinese {TO)
r L'ABBIAMO
CHIAMATA
ALESSIA
DOMENICA
Ero alla mia terza gravidanza.
Questa mi spaventava ma deci-
si di affidarmi a Domenico Sa-
vio perché mi sostenesse. L'ho
pregato intensamente con una
novena. Mi sono fidato cieca-
mente di lui quando, a fine gra-
vidanza, mi dissero che il bimbo
era molto piccolo. Finalmente
nel marzo del '90 è nata una
stupenda bambina di 4 Kg che
abbiamo chiamato con infinita
riconoscenza Alessia Dome-
nica.
Norma Caronia,
Torino
r CAPIVO CHE
SAREBBE
STATA COSA
IMPOSSIBILE
Una notizia aveva portato lo
scompiglio in famiglia. Uno spo-
stamento di ruoli creava tanta
incertezza. Mi rivolsi con fiducia
a d. Rinaldi. Feci una novena
con tutta l'anima: capivo infatti
che, naturalmente parlando, la
cosa sarebbe stata impossibile.
Avvertivo però interiormente
che d. Rinaldi non mi avrebbe
delusa. Improvvisamente tutto è
andato nel senso giusto, grazie
a d. Rinaldil
S.A., Ragusa
r UNA BAMBINA E
TANTA PACE
Ero alla mia prima gravidanza.
Per un insieme di circostanze io
rishiavo un esaurimento nervo-
so. Una situazione che peggio-
rava di giorno in giorno e un fu-
turo molto buio. Mi si consiglio
di rivolgermi a Domenico Sa-
vio, ciò che io feci molto volen-
tieri. Cominciai a sentirmi più
serena. mi è nata una bambina
talmente sana, robusta e bella
che tutti ne rimangono commos-
si e - per quanto riguarda me
- ho trovato una pace impaga-
bile e una forza d'animo inegua-
gliabile.
Stefania Mannucci, Roma
r UNA GRAZIA IN
VISTA DI UNA
MISSIONE
Ho ricevuto da Maria Ausiliatri-
ce, alla quale mi ero rivolta con
fede, una grazia da me molto
desiderata: accedere alla scuo-
la per infermieri professionali.
Chiedo ora ali' Ausiliatrice di
darmi la salute e la forza per
compiere bene quella che repu-
to una missione prima ancora
che un lavoro.
Stefania Tempesta,
Vittorio Veneto (TV)
r ERA IL 31
GENNAIO
Mio marito, cooperatore salesia-
no, era gravemente ammalato
da due anni e cristianamente
rassegnato alla volontà di Dio.
Una mattina mi disse: «Muoio!
Chiamami il confessore e dam-
mi il mio Crocifisso». Vi era ap-
pesa una piccola reliquia di S.
Giovanni Bosco che egli baciò
devotamente. Ricevuti i sacra-
menti si sentì meglio e visse an-
cora un anno. Quel giorno era il
31 Gennaio 1988.
Rosa CavagQa, Milano
r ORA SONO
FELICE
Desidero esprimere il mio pro-
fondo ringraziamento per l'aiuto
offertami da San Domenico Sa-
vio nei nove mesi di gravidanza
e ora in veste di mamma di un
meraviglioso bambino. Ho pre-
gato con fede in questo periodo
a causa dei profondi problemi
che mi impedivano di vivere con
serenità e gioia la mia gravidan-
za. Ora sono felice e confido in
Domenico Savio.
Paola Sfoggia,
Biadene di Montebelluna (TV)
r GRAZIA
O MIRACOLO?
Nel 1989, in seguito ad un inter-
vento chirurgico, mi venne sco-
perto un grosso carcinoma mali-
gno con diffusione secondaria
peritonale e pleurica. Non sto a
fare la cronaca delle lunghe e
dolorose cure a cui fui sottopo-
sta. Persa ogni speranza uma-
na, mi rivolsi con fiducia al Ser-
vo di Dio don Luigi Variara. Per
l'inutilità di ogni intervento fui
dimessa dall'ospedale, ma con
meraviglia, appena rientrata in
comunità, mi sentii improvvisa-
mente moltq bene. Ritornai al-
l'ospedale, fui sottoposta a nuo-
vi esami e i medici constatarono
la scomparsa di ogni male. «Lei
ha un santo che la protegge», fu
il loro commento. Grazia o mira-
colo? lo sento il dovere di rin-
graziare il Servo di Dio.
Sr. Edvige Rosa FMA, Torino
r SENZA VIA
D'USCITA
Dopo aver pregato tutto il giorno
per una necessità urgente e
senza via d'uscita, alle cinque
del pomeriggio la situazione si è
miracolosamente risolta per l'in-
tercessione di suor Eusebia Pa-
lomino. Ho promesso che sa-
rebbe stata pubblicata la grazia
sul Bollettino Salesiano .
A.M., Stresa (NO)
r ERA UN CASO
DISPERATO
È stata una grazia strepitosa di
Maria Ausiliatrice. La nostra
mamma venne colpita da una
malattia molto grave. Il medico
disse chiaramente che solo un
miracolo poteva salvarla. Ci ri-
volgemmo con fiducia a Maria
Ausiliatrice e la mamma guarì
completamente.
L.R., Torino
r L'HO
CONOSCIUTO
PERSONALMENTE
Desidero esprimere tutta la mia
gratitudine a don Quadrio che
ho avuto la fortuna di conoscere
personalmente e accompagna-
re tante volte per le cure in
ospedale. L'ho pregato per un
disturbo di otite cronica e più
ancora perchè si risolvesse una
situazione di lavoro completa-
mente nuova, che mi dava mol-
ta preoccupazione. Invio una
modesta offerta perchè presto
siano realizzate le condizioni
per la sua glorificazione.
Lorenzo Ode/lo,
Nichelino (Torino)
r SCARAVENTATO
A TERRA MA
INCOLUME
Desidero rendere pubblica la
grazia ricevuta da Maria Ausi-
liatrice nei giorni scorsi. Mentre
transitavo in bicicletta, venivo
scaraventato a terra dall'im-
provvisa apertura dello sportello
di una macchina. La caduta è
stata molto pericolpsa ma io ne
sono uscito illeso. E una grgazia
di Maria Ausiliatrice che io pre-
go ogni giorno.
Giorgio Fontana,
Cesena (FO)
Per lapubblicazione non
si tiene conto delle lette-
re 11011 firmate e senza
recapito. Su richiesta si
potrà omettere l'indica-
zione del nome.
42 - 1 MARZO 1992

5.3 Page 43

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Nome: Hubert D'Rosario
Età: 73
Attività: Arcivescovo
di Shillon-Gauhati
Città dé'll'attuale residenza: Shillong
(India)
Altre notizie utili: vescovo dal 1964
Una caratteristica del suo tempe- La più bella qualità di una ra-
ramento:
gazza?
Lo sforzo di diventare un vero pa-
store, secondo il «Da mihi ani-
mas» di Don Bosco.
La virtù che più apprezza in chi le
sta vicino:
L'umiltà. Se c'è, ci sono anche le
altre virtù.
Servire specialmente i poveri.
Quale periodo della sua vita ricor-
da con maggiore soddisfazione?
I 16 anni. Mi incontrai con un sa-
lesiano spagnolo che mi colpì mol-
to e mi aiutò a orientarmi. Non
avevo nessuna idea del sacerdozio
Il difetto che perdona più f acil-
mente:
La debolezza umana.
e della vita religiosa.
Cosa avrebbe fatto nella vita se
non si fosse fatto sacerdote?
Qual'è il periodo storico in cui le Pensavo di diventare ingegnere,
sarebbe piaciuto vivere?
come mio padre.
In realtà l'ho vissuto. Quando
l'India si è preparata a raggiunge-
re l'indipendenza. È stato un mo-
mento di grande cambiamento de-
gli animi e di maturazione.
La sua diocesi in cifre:
17.400 Kmq, 250.000 cattolici, 30
centri parrocchiali e missionari.
Quali i problemi principali?
Se per un giorno fosse Dio...
Cambierei il cuore dell'uomo . Ma
l'uomo è libero ...
Un motto per la sua vita:
«Adveniat regnum tuum».
Gli animisti si convertono facil-
mente e bene, ma poi ci si deve
prendere cura di loro interamente,
anche sul piano del progresso
socio-culturale. Con la fede, devo-
no trovare le medicine, le scuole,
Una frase che vorrebbe sentirsi . tutto.
dire:
Ha f andato una congregazione di
Cristo ti ama . Quando sei nella suore...
gioia o quando attraversi momenti
difficili ...
Si, nel 1983: le Suore della Visita-
zione di Don Bosco. Sono 23 e
Qual'è l'invenzione tecnica che più raggiungono con la loro opera
ammira?
molti villaggi.
Tutte quelle che favoriscono la
scomparsa del sottosviluppo, so-
prattutto dell'analfabetismo.
Qual'è il maggior problema dei
giovani d'oggi?
Non avere padri, consiglieri, punti
di riferimento.
Cosa si augura per l'India di oggi?
Due cose: che non perda le sue ra-
dici: il rispetto, la tolleranza, la
pace; e che riesca a superare l'a-
nalfabetismo, altrimenti chi è po-
vero rimarrà sempre povero.
HANNO DETTO
«E se in carcere me lo rovinano
il mio ragazzo?». «Mio figlio è il
miglior ragazzo d'Italia» (rispet-
tivamente la mamma e il padre
di due tifosi condannati a 2 anni
e 3 mesi per gli incidenti allo
stadio di Verona).
«Attualmente risiedono nelle
nostre comunità italiane circa
3.000 tossicodipendenti, di cui
1.800 sono sieropositivi».
(don Piero Gelmini)
«Basta col mettere sulla vetta
dei nostri pensieri solo le fore-
ste, l'ossigeno e l'inquinamento
del mare. Pensiamo alla pover-
tà e alla sofferenza dell'uomo».
(Bernard Kouchner,
ministro francese per
l'azione umanitaria)
LA BUONA NOTIZIA
Padre Augusto Gianola è un mis-
sionario del PIME, morto un anno
fa. Enzo Biagi lo aveva intervistato
in Amazzonia. «Finalmente ho
trovato un uomo felice», aveva
detto il giornalista. Riportiamo
due passaggi dell' intervista:
San Francesco abbraccia il lebbro-
so: lei li abbraccia?
«Certo, non si può stare lontano
da un lebbroso, bisogna sempre
fargli una carezza, almeno dargli
una mano».
E di questa carezza non le è rima-·
sto un segno?
«Io sono lebbroso. Sono contento
di esserlo, sono felice di essere leb-
broso. Non so perché, ma quando
ho saputo di essere lebbroso una
grande felicità ha invaso il mio
cuore. Vorrei morire lebbroso:
non come medico o missionario, '
ma come un lebbroso in mezzo a
altri lebbrosi».
«In alcuni paesi della nostra
stessa Italia nei giorni /estivi
non si dice neanche Messa
·per mancanza di sacerdoti».
Don Bosco.
1 MARZO 1992 43

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO FERROVIA
c7n SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
Paul Baudiquey
Vangelo
secondo Rembrandt
Capolavori della fede ,
pag . 112, rii. , L. 40.000
L'opera di Rembrandt è una
straordinaria proposta
artistica il cui vertice
è costituito dalla eccezionale
produzione a soggetto
religioso .
Una profonda confidenza
con la Bibbia permette
al pittore di creare
delle sintesi stupende del
messaggio cristiano, come
«Stampa dei cento fiorini ».
Commento e riproduzioni
artistiche, curate al meglio,
fanno del volume
una raffinata proposta.
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