Bollettino_Salesiano_199202


Bollettino_Salesiano_199202



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sil i=
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito dal-
la Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Roma-
Aurelio - Tel. 06/65.92.915 - Fax 06/65.92.929.
Conto corr. post. n. 46 .20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo De Nicolò -
Eugenio Fizzotti - Francesco Motto.
Collaboratori: Teresio Bosco - Michelino Davico - Moni-
ca Ferrari - Sergio Giordani - Pierdante Giordano - Mar-
gherita Maderni - Antonio Mélida - Jean-François Meurs
- Gaetano Nanetti - Nicola Palmisano - Angelo Paoluzi -
Cosimo Semeraro - Silvano Stracca - Stelvio Tannini.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri , eccetto agosto)
per tutti.
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a pub-
blicarle relativamente alle esigenze redazionali. Testi e
materiali inviati non vengono restitu iti .
Edizione di metà mese. A cura dell ' Ufficio Nazionale
Cooperatori (Pasquale Massaro) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 44.60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 40 edizioni nazionali e 19 lingue
diverse (tiratura annua oltre 1Omilioni di copie) in: Antille
(a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Austria -
Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Canada - Ce-
coslovacchia (in slovacco) - Centro America (in Guate-
mala) - Cile - Cina (a Hong Kong) - Colombia - Ecuador
- Filippine - Francia - Germania - Giappone - India (in
inglese, malayalam, tamil e telugu) - Irlanda - Gran Bre-
tagna - Italia - Jugoslavia (in croato e in sloveno) - Korea
del Sud - Lituania (edito a Roma) - Malta - Messico -
Olanda - Paraguay - Perù - Polonia - Portogallo - Spa-
gna - Stati Uniti - Thailandia - Uruguay - Venezuela -
Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vecchio.
2 - 1 FEBBRAIO 1992
SOMMARIO
3 IL RETTOR MAGGIORE
La nuova Europa
di Don Egidio Viganò
1O TERZO MONDO
La stampa missionaria in Italia
di Gaetano Nanetti
14 PROTAGONISTI
Il parà don Claudio tra i profughi curdi
di Elvira Bianco
18 PROBLEMI SOCIALI
Cresce l'impegno per i «Ragazzi Fuori»
di Umberto De Vanna
22 Una scuola a misura di ragazzo
di Monica Ferrari
26 FOTOSERVIZIO
Il museo naturalistico di Valsalice
di Giuseppe Brocardo
28 EDITORIA
L 'epistolario di Don Bosco
servizio redazionale
30 I 500 ANNI DI COLOMBO
Per una chiesa dal volto indio
di Juan Bottasso
34 INTERVISTA
Salesiano si, ma non prete
di Menico Corrente
37 I NOSTRI SANTI
Muàllem Srugi, servo di tutti
di Teresio Bosco
RUBRICHE
Lettere , 4 - Prima Pagina, 5 - BS Attualità, 6 -
BS Domanda, 8 - Come Don Bosco , 9 - Li-
bri, 13 - Dalle Missioni , 17 - Il Diario di An-
drea, 25 - Solidarietà, 40 - I Nostri Morti , 41 -
I Nostri Santi, 42 - In Primo Piano, 43
1 Febbraio 1992
Anno 116
Numero 3
In copertina:
Alle pagg. 18-24
i nostri servizi
sull'emarginazione
e il disagio
giovanile
(Foto Scalabrino)

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----------BS-
IL RETTOR MAGGIORE
I
Don Egidio Viganò
La nuova Europa
La recente assemblea speciale del Sinodo dei Vesco- immagine di Dio, con le immortali qualità della perso-
vi europei ci ha fatto meditare sul crollo del muro di na e con i diritti e doveri della convivenza sociale.
Berlino e sulla caduta del comunismo. Non è stata
una riflessione «politica» o «sociologica», ma una
«considerazione di fede» circa la presenza operante I dinamismi della fede come fermento. La sconfitta
nella storia dei due risuscitati: Cristo e Maria. Un ve- del socialismo reale appare come un appello del Si-
ro «segno dei tempi» offerto non solo all'Europa gnore della storia - accompagnato visibilmente da
centro-orientale, ma a tut-
Maria - «ad abbandonare
ta l'Europa e al mondo in-
ogni espressione di pensie-
tero. Un «segno» per l'uo-
mo di oggi.
t
ro che creda di potei com-
prendere l'uomo soltanto
come un insieme di condi-
zionamenti interni o ester-
Ritornare all'integrità del-
ni», ignorandone la libertà
l'antropologia cristiana. Il
e la capacità di dare forma
marxismo si era presentato
alla cultura. Urge far capi-
come un punto d'arrivo di
re a tutti che è la verità a
certa cultura europea: un
giudicare la storia, e non
tentativo di sintesi tra posi-
viceversa. È stata smasche-
tivismo francese, ideali-
rata una grande menzo-
smo tedesco ed economia
gna. Il Vangelo è davvero
politica inglese. Aveva
Parola di Dio sulla verità
aperto brecce in tutto il
mondo. Quanti tentativi di
una sua applicazione nella
ricerca di liberazione dei
popoli del terzo mondo!
Quanto entusiasmo di sco-
perta pseudo-scientifica!
Quanta utopia politica per
la ristrutturazione delle
istituzioni! Di riflesso, il
dell'uomo.
Alla sua luce appare og-
gi come messaggio di
straordinaria attualità l'in-
segnamento sociale del
Magistero ecclesiale. C'è,
senza dubbio, in Europa
un'eredità cristiana, ma i
credenti sono chiamati a
ripensare i dinamismi della
fede come fermento: un
«segno» porta con sé an-
compito esigente per un'e-
che una acuta critica al li-
beralismo capitalista; ce lo
Ci apriamo a un'Europa tutta da costruire. Nella foto,
una giovane coppia dell'Est in pellegrinaggio.
poca storica ancora ine-
dita.
ha ricordato la «Centesi-
Nel Sinodo, i rappresen-
mus annus».
tanti dell'America, dell' A-
Si assiste a una vera catastrofe antropologica: un sia e dell'Africa hanno ringraziato i missionari euro-
disfacimento della persona e una militarizzazione o pei che portarono la fede ai loro continenti.
decomposizione della società. Urge ritornare all'inte-
Facciamo voti che anche i credenti di oggi, dal Por-
gralità dell'antropologia cristiana. Le culture sono togallo agli Urali, aiutino a presentare al mondo
molteplici: è vero. Ma l'uomo non procede dalle cul- un'Europa nuova, la quale, senza nessuna pretesa di
ture; sono esse che procedono dall'uomo. L'uomo eurocentrismo, offra ai popoli un modello di umane-
racchiude in sé, ovunque, la natura ineliminabile di simo autentico, ispirato al Vangelo.
1 FEBBRAIO 1992- 3

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UNA PROFEZIA SULLA HOBBY. «Sono un collezio- i salesiani prendono il nome), tinuo a non stare mai fermo.
RUSSIA. «Leggo sul BS di nist~ di cartoline illustrate, a sinistra un cuore infiamma- Dòpo 12 anni di ricerche, ho
novembre un interessante ar- santini e francobolli nuovi o to, sormontato da una stella: scritto la storia della mia
ticolo sulla Russia. Mi stµpi- usati. Faccio anche scambi. fanno riferimento alle altre Chiesa locale, dopo aver mes-
sco che tra le notizie storiche Quasi tutto andrà in opere due virtù teologali, rispettiva- so su una radio trasmittente e
manchi un riferimento alla missionarie. Vorrei riceverne mente la carità e la fede. Sot- automatizzato il sistema tele-
profezia di Don Bosco del tantissirni dai lettori del BS. to è disegnato un bosco con lo fonico di questa città. Le stra-
1884: "lo vedo dinanzi a me il Mi sono abbonato al vostro sfondo di alte montagne. La de del Signore non sÒno sem-
progresso che farà la nostra
pre quelle conosciute ufficial-
congregazione. Dall'America
mente. Come Bongioanni
del Sud passerà a quella del
(l'ho sempre chiamato cosi)
Nord, ali'Austria, alla Rus-
anch'io ho "subito scossoni e
sia... " (Memorie Biografiche
di Don Bosco, volume XVII,
pagg. 31-32, 347-348). Tanto
più mi stupisco in quanto a
j SALES l,t:\\ NI SONO At\\ltv:-\\1Ì )
ANCl-+E A HoSCA ... j
,,
mutamenti di rotta". Ma si va
avanti».
Vittorio Ugo,
Porto Ve/ho, Brasile
pag. 347 si parla anche della
:--'
penetrazione del Bollettino
Salesiano in Russia attraverso
~
la Polonia».
CERCHIAMO CIÒ CHE CI
D. Giuseppe Terzuolo,
UNISCE. «Finalmente posso
SDB, Torino
scrivervi due righe per dirvi
che siete persone speciali, ma
È vero. Nel 1884 erano
non mandatemi più la vostra
giunte addirittura i:Jue richie-
ste per l'apertura di nuove
gg
rivista perché la mia è una re-
ligione diversa dalla vostra,
opere in Russia, a San Pietro-
ma vera. Dio vi benedica.
burgo e a Odessa. A pag. 347
Grazie di tutto . Con affetto».
si dice poi che disposizioni
Olimpia Antonetti,
poliziesche vietavano l'ingres-
L'Aquila
so del Bollettino Salesiano in
Russia, che veniva sequestra-
Non sappiamo altro di te,
to alla frontiera; ma vi entra~
va ugualmente di contrabban-
,,, ,L:JR.R./11/
ma l'affetto che ci dimostri ci
fa sentire più ingiusto il non
do appunto attraverso la Po-
poter continuare a parlarti.
lonia.
Riceviamo la tua lettera nella
mensile con gioia, grazie a un fascia svolazzante porta la settimana di preghiera per l'u-
amico un anno fa, e lo trovo scritta «Da mihi animas, coe- nità di tutti i credenti. Davve-
sempre giovane e attuale». tera tolle», un motto sempre ro non possiamo continuare a
CHIARIRSI LE IDEE. «rn
Rosario Amendola, caro a Don Bosco sin dall'ini- rimanere amici?
seguito alla lettura del BS ne-
Piazza del Popolo, 1 zio della sua opera.
gli anni della mia fanciullez- 87031 Aiello Calabro (CS)
za, mi venne il grande deside-
rio di diventare medico e di
ANCORA SU DON MARCO SOLIDARIETÀ. «Ringrazio
recarmi in aiuto al terzo mon- LEGITTIMA CURIOSITÀ. BONGIOANNI. «Sono stato lei, il BS, ringrazio tutti i let-
do . Purtroppo non ho potuto «A pag. 2 del BS a sinistra c'è salesiano, e qualcuno dice che tori e le lettrici che mi hanno
realizzare il mio sogno e nep- lo stemma dei salesiani. Pote- lo sono più di prima! Ero scritto. Ho ricevuto una mon-
pure quello di potermi fare te spiegarmi dettagliatamente compagno di Marco Bon- tagna di lettere dopo il mio
salesiana, a causa dell'età (ho il significato?».
gioanni a Bagnolo nel lontano appello (BS/ luglio '91). Non
ormai 40 anni) . Mi è stato
Giuseppe Vaccarino, 1935. Cercavo di emularlo nei posso descrivere la gioia e l'e-
consigliato di partire per l'A-
Porto Empedocle (AG) componimenti: arrivava al mozione che ho provato. Pur-
merica Latina come volonta-
nove e io solo al sette-sette e troppo non posso rispondere,
ria. A causa dei genitori an- Lo scudo ha una grande an- mezzo! In tanti aspetti mi sen- perché dispongo di scarse ri-
ziani ho rimandato, ma spero cora in mezzo, simbolo della to vicinò a.Don Marco, come sorse economiche. Cari saluti
di trovare la via aperta anche speranza. Prosegue in alto quando lei scrive: "Avrebbe a tutti, con amicizia».
più avanti».
con una croce. A destra vi è voluto giocare sempre d'anti-
Mario Massaria,
Lettera firmata, Roma San Francesco di Sales (da cui cipo''. A 70 anni suonati con-
Vibo Valentia (CZ)
4 - 1 FEBBRAIO 1992

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FAMIGLIA SALESIANA
DI CALABRIA
Giovani cooperatori di Calabria a Righio (Cosenza).
1898: Bova; 1904: Vibo Valen-
tia; 1907: Soverato istituto; 1968:
Soverato parrocchia; 1978: Locri.
Da poco meno di cento anni il
successore di Don Bosco, il bea-
to Michele Rua, ha mandato i sa-
lesiani tra i giovani di Calabria.
Sono migliaia gli exallievi di ieri,
gli allievi, gli oratoriani e i parroc-
chiani di oggi. Oltre 500 sono i
giovani e gli adulti impegnati nei
14 centri dell'associazione dei
cooperatori .
Le Figlie di Maria Ausiliatrice in
Calabria hanno due ispettorie: di-
pendono dall'ispettoria di Napoli
le case di Bova, Villa S. Giovan-
ni, Rosarno, Melito Portosalvo,
Gallico, Cannitello, Caria, Lame-
zia Terme. Sul versante ionico in-
vece, dipendono dall'ispettoria di
Taranto: Satriano, Spezzano Al-
banese, Soverato, Fagnano Ca-
stello, Petrizzi e Bianchi. Le FMA
dirigono scuole di ogni ordine e
grado, dalle materne alle supe-
riori, dai centri di formazione pro-
fessionale al quinquennio speri-
mentale con indirizzo psico-
socio-pedagogico.
Le strutture extrascolastiche
per ragazzi e giovani hanno il ful-
cro nei numerosi oratori-centri
giovanili, che sono anche qui le
opere più caratteristiche.
La presenza salesiana in Cala-
bria si completa con l'opera di tre
congregazioni che appartengono
alla Famiglia Salesiana: le Sale-
siane Oblate del Sacro Cuore,
fondate nel 1933 da mons. Giu-
seppe Cognata, vescovo di Bo-
va, hanno ben 18 case-comunità
inserite nelle strutture ecclesiali
di piccolissimi paesi; le Apostole
della Sacra Famiglia, fondate nel
1889 dal card. Giuseppe Guari-
no, arcivescovo di Messina e
cooperatore salesiano, hanno tre
case che, attraverso i bambini,
puntano sulla formazione umana
e cristiana della famiglia. Le Fi-
glie di Maria Corredentrice, fon-
date da don Dante Forno nel
1956, sono impegnate nella vita
contemplativa-oblativa e nel ser-
vizio al ministero sacerdotale: so-
no presenti a Reggio Calabria
con una casa-famiglia per mino-
renni bisognosi, un pensionato
universitario e la promozione del-
l'adorazione eucaristica.
Potrebbe sembrare questa una
rapida e arida carrellata conosci-
tiva, ma dietro ogni città o paese,
dietro ogni opera, chi legge può
intuire quanta gioventù calabre-
se ha incontrato attraverso Don ·
Bosco la presenza viva della
Chiesa.
Una sola ultima considerazio-
ne. La Strenna '92, che chiede
alla Famiglia Salesiana di diven-
tare più attivi e significativi sul
piano sociale, non può non coin-
volgere direttamente chi è chia-
mato a operare in una regione
quotidianamente presente nella
cronaca per i suoi gravi problemi;
anche a livello giovanile.
Come· una rete benefica una
presenz·a salesiana così vasta
non potrà non lasciare il segno.
Mario Cogliandro
Il Bollettino Salesiano esce dalla ti-
pografia dieci giorni prima del nuovo
mese e viene spedito con sollecitudi-
ne. Sappiamo purtroppo di notevoli ri-
tardi e di copie che vanno smarrite.
Ogni mese le poste ci restituiscono
alcune centinaia di copie che non so-
no state recapitate ai destinatari.
Questo causa a volte l'interruzione
dell'abbonamento, nonostante la no-
stra buona volontà.
Se qualcuno si vedesse interrom-
pere l'arrivo della rivista per due nu-
meri consecutivi, sarà sufficiente che
ce lo faccia sapere e.rimetteremo im-
mediatamente in corso l'abbona-
mento.
Chi fosse a conoscenza di copie
che vanno smarrite o che non sono
desiderate; di doppioni; di lettori che
hanno cambiato indirizzo o che sono
deceduti, ci aiuti a risparmiare e ce lo
faccia sapere. Ci rimandi per favore
l'etichetta accompagnata dalla ne-
cessaria segnalazione.
Il Bollettino Salesiano viene invia-
to gratuitamente a chi ne fa ri-
chiesta. Dal 1877 è un dono di
Don Bosco a chi segue con sim-
patia il lavoro salesiano tra i gio-
vani. Diffondetelo tra i parenti e
gli amici. Comunicate subito il
cambiò di indirizzo (mandando
sempre la vecchia etichetta).
Scrivete a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
1 FEBBRAIO 1992 - 5

1.6 Page 6

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ttualìtà
FRANCIA
SULLE TRACCE
DI DON BOSCO
Oltre 200 giovani dai 15 ai
17 anni della Francia del nord
hanno passato cinque giorni
tra Torino e i Becchi, con un
nutrito programma itineran-
te. Coprendo spesso la distan-
za a piedi, sono andati alla
Cascina Moglia, dove Gio-
vannino fece il garzone di
stalla per due anni, a Chieri,
dove studiò e lavorò per di-
ventare prete. Pur non essen-
do né allievi, né exallievi, sa-
pevano già tante cose della vi-
ta di Don Bosco, grazie al lo-
ro quaderno di marcia dal ti-
tolo «A Torino con Don
Bosco» .
Il santuario del
Colle Don Bosco.
Mosca. Il vescovo mons. Kondruslewlcz davanti alla nuo-
va parrocchia dell'Immacolata affidata al salesiani. Sono
con lui Il parroco don Zanlewskl, alla sua sinistra, e don
Cuslnato, dell'lspettorla Veneta est, In Russia per le trat-
tative per l'apertura delle nuove opere a San Pietroburgo
e nella stessa Mosca.
VATICANO
UDIENZA
MOVIMENTATA
È stata una bella sorpresa.
Don Franco Solarino in occa-
sione dei suoi 50 anni passati
all'oratorio ha portato i suoi
cento ballerini siciliani e alcu-
ni dirigènti delle TGS (Turi-
smo Giovanile Salesiano) al-
l'udienza generale in Vatica-
no. Dopo l'udienza un vesco-
vo si avvicina e gli dice: «Il
Papa desidera fare una foto
con lei e i suoi ballerini» .
Commozione e gioia. Il grup-
po esplode in canti folkloristi-
ci, mentre il Papa abbraccia le
più piccole, Cristina e Linda,
di soli quattro anni e si con-
gratula con don Franco che
appare commosso. Un rico-
nascimento meritato per un
prete dalla gioiosa vocazione
oratoriana. ·
Don Franco Solarino e i ragazzi dell'oratorio di Ragusa ricevuti dal Papa.
6 · 1 FEBBRAIO 1992
ANDREOTTI
A TREVIGLIO
Con la conferenza: «Ruolo
dei giovani nella società di do-
mani», Andreotti ha aperto le
manifestazioni per il centena-
rio dell'opera di Treviglio. La
grande moderna palestra Za-
novello si è presentata gremi-
ta di giovani, genitori e auto-
rità. Oltre al sindaco rag. Mi-
nuti, vi era l'ispettore don

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ARGENTINA
L'ASSOCIAZIONE
ITALIANA
PER DON BOSCO
Buenos Aires. L'arcivesco-
vo della città e primate del-
1'Argentina card. Antonio
Quarracino, ha benedetto una
bella immagine della Madon-
na cli Lujan, che l'Associazio-
ne Italiana ha deciso di dona-
re alla parrocchia del S. Cuo-
re di Roma. La chiesa è stata
scelta per l'amore che l'italia-
no Don Bosco ha avuto per
l'Argentina. Così la basilica La Madonna di Lujan.
del Sacro Cuore in Roma ha
due notevoli ricordi argentini: vi argentini nel 1929, e questa
il gigantesco Sacro Cuore del- bella immagine della Madon-
la cupola, regalo degli exallie- na di Lujan.
Bolivia. Il gruppo del «bailarines" di El Alto (La Paz), 41 oo
mt, con don Beppe Gallo, delegato della Pastorale Giova-
nile (secondo a sinistra in alto).
UNGHERIA
Budapest. La Casa
del Giovane ha organiz-
zato un vasto program-
ma per la gioventù ,
comprendente manife-
stazioni cittadine sporti-
ve e culturali, ed è stato
offerto per la prima vol-
ta uno stand ai salesia-
ni. I cartelloni e i sussidi
audiovisivi esposti nel
rione Ujpest hanno atti-
rato molti giovani e
adulti.
ITreviglio (Bergamo).
Il presidente Andreotti
ha parlato sul tema:
«Ruolo dei giovani nella
società di domani».
Scaglioni. Di fronte all'entusia-
smo dei presenti, il presidente
Andreotti ha detto: «Qualche
volta vorrei per un attimo non
essere cattolico praticante per
poter dire bene dei salesiani
senza essere sospettato di soli-
darietà religiosa» .
Kalulo (Angola). Il Rettor Maggiore benedice la tomba del
missionario Padre Marco Aurelio Fonseca, assassinato
dal guerriglieri un anno fa. Nato In Costa Rica nel 1949,
padre Fonseca si trovava In Angola dal 1984. Sorridente
e dinamico, era diventato l'animatore di un grande movi-
mento pastorale In parrocchia e tra I giovani.
1 FEBBRAIO 1992 - 7

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a cura di don Stelvio*
1\\1110 FRATELLO
SPACCIA
DROGA
Credo che l'interlocutore mi
interpelli non tanto sul proble-
ma importante della droga,
ma sulla componente ancora
più drammatica che coinvolge
un rapporto familiare tra fra-
tello-sorella o fratello-fratello.
Però per dare un risposta che
tenga conto delle due compo-
nenti debbo cominciare dal fe-
nomeno «droga». I giornali so-
no pieni, la televisione ne par-
la. Ultimamente anche il Vati-
cano ha promosso un impor-
tante simposio con studiosi Si può rimanere indifferenti di fronte
provenienti da ogni parte del
a queste tragedie?
mondo sul tema droga e al-
coolismo. Le statistiche si co-
noscono: migliaia di morti ogni an- Cosa fare allora? tuo fratello forse
no; le classifiche della morte si rin- è insocldisfatto, non si sente integra-
corrono da Milano a Roma, da Na- to nella famiglia, è entrato nel giro di
poli a Palermo in una hit parade ma- strane amicizie? Bisogna dare delle
cabra e impressionante. Immagini risposte a queste e ad altre doman-
raccapriccianti, giovani accasciati de, intensificare il rapporto di amici-
nei luoghi più impensati con ancora zia con lui, fargli sentire affetto e
il laccio emostatico e l'ago iniettato comprensione. Molto dipende se
nelle vene. Tuo fratello può rimane- anche lui è vittima oppure un profit-
re indifferente dinanzi a queste tra- tatore. Prova a dirgli: «Tu non puoi
gedie? Aiutalo a capire l'assurdità e essere cattivo, perché io ti voglio be-
la grave responsabilità della sua at- ne. L'amore può tutto; devi farcela».
tività criminosa: il quinto comanda-
mento dice: «non uccidere».
Come è arrivato a diventare spac-
ciatore tuo fratello? Spaccia droga
perché deve procurarsi la sua «dose
quotidiana»? oppure è caduto nella
miserabile condizione di chi pur di
fare soldi passa sopra i cadaveri dei
tossicodipendenti?
OGNI QUANTO
TEMPO DEVO
CONFESSARMI?
Nella mia zona in questi ultimi tem-
pi due giovani fratelli a distanza di sei Comincerei a chiedermi: ci si con-
anni uno dall'altro si sono perduti la- fessa ancora? Ultimamente i Vesco-
sciando i genitori nell'angoscia. Al fu- vi italiani osservavano che nelle no-
nerale del più giovane c'era in terra stre chiese è aumentato il numero
un cuscino di fiori con la scritta «gli delle comunioni, ma è diminuito
amici». Nell'omelia ho chiesto a tutti quello delle confessioni. Per una
se quegli amici avevano aiutato il de- certa pratica pastorale posso ag-
funto a vivere o a morire!
giungere «particolarmente tra i gio-
8 · 1 FEBBRAIO 1992
vani». Serpeggia una certa
mentalità protestante: «Mi
confesso direttamente con
Dio». S. Giovanni Evangelista
ci ricorda le parole del Cristo
rivolte agli Apostoli : «A chi ri-
metterete i peccati saranno ri-
rriessi , a chi non li rimetterete
resteranno non rimessi». S.
Agostino raccomandava: «Se
sei sano va dal medico perché
ti aiuti a conservare la salute,
se sei malato va dal medico
perché ti guarisca».
Ma veniamo alla domanda:
«con quale frequenza confes-
sarsi?» Prima di tutto direi:
«tutte le volte che ci si ricono-
sce in peccato». Dice S. Pao-
lo: «non tramonti il sole sulla
vostra ira». Se è importante ri-
conciliarsi con i fratelli, voglia-
mo poi rimanere a lungo nella
inimicizia con Dio? È bello ad-
dormentarsi in pace con Dio e con
gli uomini!
Un ritmo normale per alcuni po-
trebbe essere la confessione mensi-
le, per altri ogni quindici giorni. Don
Bosco soleva dire: «Vedi, il vestito,
anche se non è sporco è impolvera-
to. È bene quindi dargli spesso una
spolveratina». Potrà essere più
esplicito il nostro confessore: chie-
diamolo a lui con quale frequenza è
bene confessarsi per il nostro pro-
gresso spirituale. Occorre sempre
evitare i due estremi: andare alla
Confessione con troppa frequenza,
o troppo raramente. Don Bosco an-
dava tutte le settimane alla Consola-
ta dal Cafasso, lo stesso faceva Pa-
pa Giovanni con il suo ben noto con-
fessore padre Bevilacqua, futuro
cardinale.
Ma mi piace qui finire ancora con
Don Bosco.
Ad un penitènte che ripeteva le
sue confessioni senza correggersi
disse: «Amico, più che moltiplicare
le tue confessioni cerca di fare pro-
positi più seri». Penso che questo
valga per tutti.

1.9 Page 9

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di Nicola Palmisano
I
CHI È AMATO
OTTIENE TUifTO
Che non sia facile intendersi fra
giovani ed adulti lo sanno un po' tut-
ti. Mai come oggi la cultura dell'a-
dulto e la cultura del preadolescente
e dell'adolescente si presentano,
generalmente, in un vero e proprio
regime di «separatezza», più che in
un clima necessariamente conflit-
tuale. Le due culture non comunica-
no, non sono in osmosi e tantomeno
si alimentano reciprocamente. Ep-
pure i ragazzi imparano immediata-
mente le parole e la musica delle
canzoni, che pure sono un prodotto
di una cultura di adulti; si adeguano
alle mode, che pure sono inventate
e lanciate da una cultura di adulti.
Perché? Per · un meccanismo di
identificazione. I ragazzi si identifi-
cano . con alctmi adulti, come per
esempio con i loro cantanti.
In inconscia collaborazione con la
cultura degli adulti dei mass-media,
ne fanno dei leaders, delle figure ca-
rismatiche, delle stars. Li ammirano
e poi li seguono.
Questo meccanismo vale in tutti
gli ambiti e a tutte le età. Vale anche
nel mondo della scuola. Uno dei più
elementari e saggi consigli di chi mi
insegnava metodologia della ricerca
fu questo: fatti dare la tesi di laurea
da un docente che ti è simpatico.
L'allievo impara se riesce ad avere
stima, simpatia, apprezzamento,
ammi~azione e fiducia nel suo inse-
gnante. Se lo teme, se è convinto
che non vale nulla, allora anche la
sua mente si blocca.
C'è uno stretto rapporto tra cono-
scenza ed amore, rispetto, ammira-
zione. Nella conoscenza giocano
notevolmente dei fattori emotivi , dei
«feeling» che permettono di capire
più facilmente e più facilmente rite-
nere e ricordare.
E il termine stesso «ricordare» non
coinvolge nella «memoria» anche il
«cuore»? «Ri-cordo»: è qu_alcosa che
hai a cuore, che ha le radici nella
sfera della tua affettività ed emotivi-
. tà, è qualcosa cui tu tieni , che coin-
volgi nella tua vita. Il contrario è
«scordarsi» e cioè far «yscire dal
cuore».
ALBERONI SUL CORRIERE DEL-
LA SERA. A volte non è Ùragazzo
che non ha memoria o inti,illigenza:
piuttosto è l'insegnante ere non è
I
Fondamentale la sjrnpatia
nel rapporto educativo. '
riuscito a diventare persona «signifi•
cativa» del suo mondo interiore, o
ha un cattivo rapporto con lui. Ha ra-
gione il prof. Alberoni in un suo arti-
colo dal titolo «.Ideologo o scrittore,
se lo ammiri gli perdoni tutto» . Se
questo è valido in tutti gli ambiti e a
tutte le età, vale specialmente nel-
l'età evolutiva e negli ambiti educati-
vi (famiglia, scuola, gruppo.. .).
Siamo al criterio-principe della pe-
. dagogia di Don Bosco, espresso
nella famosa lettera da Roma
dell'84: «I giovani non solo siano
amati, ma conoscano di essere
amath,.
«Se uno è visto predicare solo dal
pulpito - e se uno insegna solo
stando in cattedra con il registro in
mano o alla lavagna con il gessetto
tra le dita - si dirà che fa né più né
meno del proprio dovere, ma se dice
una parola in ricreazione è la parola
di uno che ama, e chi è amato ottie-
ne tutto, specialmente dai giovani.
Questa confidenza mette una cor-
rente elfJttrica fra i giovani e i supe-
riori. I cuori si aprono e fanno cono-
scere i loro bisogni e palesano i loro
difetti» .
Ecco il «cortile» del metodo edu-
cativo salesiano, dove animatamen-
te e allegramente si incontrano e
scambiano e giocano insieme adulti
e ragaai. Il cortile non solo è una
parte integrante di edifici legati alla
tradizione costruttiva salesiana, ma
è soprattutto una dimensione essen-
ziale di una metodologia pedagogi-
ca o, in altre parole, è amicizia che
attira i ragazzi e i giovani. Il «cortile»
è il luogo, anzi è il simbolo dell'alle-
gria, della festa, della simpatia, del-
l'amicizia. È il modo di essere dell'e-
ducatore, secondo lo spirito di Don
Bosco. Qui nasce quell'amicizia che
permetterà al ragazzo di «capire» e
di «vivere» e perciò di ricordare, sia
negli itinerari scolastici che sui per-
corsi della vita e della fede.
1 FEBBRAIO 1992 - 9

1.10 Page 10

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TERZO MONDO
LA STAMPA MISSIONARIA
IN ITALIA
di Gaetano Nanetti
In Italia quaranta riviste
diffondono
la conoscenza della realtà
di Paesi e di popoli che
i mass-media tradizionali
continuano a ignorare.
«T ra il Nord e il Sud del mondo
non c'è scambio di noti-
zie. Quotidianamente in Africa rice-
viamo immagini, commenti, servizi
dall'Europa, senza riuscire a dar vi-
ta a un interscambio». L'amara
constatazione è di Bakhouche Han-
na, direttore del notiziario della TV
algerina. A raccoglierla sono stati i
partecipanti alla Conferenza delle
televisioni europee e africane del
Mediterraneo, svoltasi a Palermo in
occasione del «Premio Italia». En-
trando nello specifico del suo Pae-
se, Hanna ha aggiunto, rivolto ai
suoi colleghi europei: «In Algeria
sappiamo tutto dei vostri governi,
dei vostri campionati di calcio, della
vostra cronaca, mentre da voi non
si sa nulla o quasi della nostra cul-
tura».
Informazione a senso unico
Assolutamente vero. I Paesi afri-
cani che si affacciano sul Mediterra-
neo, in particolare Tunisia, Algeria,
Libia, ricevono senza difficoltà le
TV italiane e francesi, pubbliche o
private che siano. Chi ha un mini-
mo di conoscenza della lingua può
seguire i notiziari, mentre non c'è
bisogno di sapere l'italiano o il
10 · 1 FEBBRAIO 19f12

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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----------BS-
francese per guardare gli spettacoli,
nei quali si esibiscono cantanti, bal-
letti, orchestre. Per non parlare del-
la pubblicità, autentica vetrina di
società consumiste con abbondanza
di prodotti proibiti per gente che vi-
ve spesso in condizioni economiche
a dir poco disagiate. Per contro, i
telespettatori italiani o francesi so-
no tenuti totalmente all'oscuro .di
ciò che accade sull'altra sponda del
Mediterraneo.
Ma il disinteresse dei mass-media
del mondo industrializzato per gli
avvenimenti dei Paesi in via di svi-
luppo non è solo della TV. Si esten-
de difatti alla carta stampata quoti-
diana e periodica, che sul Terzo
Mondo continua a dare una infor-
mazione scarsa, spesso approssima-
tiva, saltuaria. Nella stragrande
maggioranza dei casi i giornali rac-
colgono avvenimenti disastrosi:
guerre, rivolte, colpi di Stato, care-
stie, quasi che nel Terzo Mondo
non accada mai nulla di positivo
che valga la pena di essere segnalato
ai lettori. A chi legge con continuità
i quotidiani non può essere sfuggito
che sul Terzo Mondo le notizie sono
più abbondanti durante i mesi esti-
vi, e ciò per la semplice ragione che
in luglio e agosto i giornali, a causa
delle vacanze e della ridotta pubbli-
cità, stentano a riempire le pagine.
È una situazione che penalizza il
Terzo Mondo. Tuttavia bisogna
onestamente riconoscere che c'è il
rovescio della medaglia. Lo ha mes-
so in evidenza, sempre al Convegno
di Palermo, il direttore del TG 1,
Bruno Vespa, quando ha detto che
in molti Paesi il giornalista trova
spesso ostacoli allo svolgimento del
suo lavoro: non è raro il caso che gli
venga impedito di visitare i luoghi
che desidera vedere, di parlare con
certe persone, di riprendere con le
telecamere certi avvenimenti. In al-
tri termini, la libertà di stampa non
è garantita ovunque.
Questi indubbi condizionamenti
non assolvono la stampa del Nord
dall'accusa di trascurare la realtà
Idel Sud nel suo complesso o di rap-
Gli italiani sono poco informati su
quanto avviene al di là del
Mediterraneo. Una corretta
e ampia informazione è il primo
passo per aprirci ai problemi
dei paesi in via di sviluppo.
presentarla in modo parziale, pres-
soché tutta in ombra. Anche quan-
do taluni fatti trovano spazio sui
giornali perché di segno negativo, le
redazioni si stancano presto di se-
guirli nel loro svolgimento. Per fare
solo un esempio, è sempre più raro
trovare informazioni sulle guerre
che si combattono in Angola e in
Mozambico. Eppure si tratta di
guerre spaventose. Secondo cifre
ufficiali, in Angola, dall'inizio dei
combattimenti (1975) sono morte
341 mila persone e altrettante sono
rimaste mutilate. In Mozambico,
pur non essendoci cifre certe, si cal-
cola che le vittime non siano meno
di un milione. E qui, si badi bene,
non è in gioco soltanto la comple-
tezza dell'informazione. Se un pro-
blema viene tenuto vivo all'atten-
zione della gente, se si crea intorno
ad esso un movimento di opinione
pubblica, si può sperare di spingere
coloro che ne hanno il potere ad af-
frettare i tempi della sua risolu-
zione.
Più in generale, il mondo ha oggi
bisogno di dialogo per superare le
divergenze e ha bisogno di solidarie-
tà e di cooperazione per vincere la
miseria e il sottosviluppo. Ma il dia-
logo presuppone la reciproca cono-
scenza. Attualmente, come diceva-
mo, la conoscenza scorre a senso
unico. E rischia di consolidare que-
sto orientamento quando i Paesi
tecnologicamente avanzati avvie-
ranno su scala planetaria i loro pro-
grammi di trasmissioni TV via satel-
lite. Si realizzerà allora, e in concre-
to, quel «villaggio globale» di cui
tanto si parla. Solo che il «villag-
gio» sarà inondato di informazioni
provenienti dai detentori dei mezzi
di comunicazione di massa più po-
tenti.
Stampa controcorrente
È un panorama poco rassicuran-
te, destinato inevitabilmente a per-
petuare e forse ad approfondire il
solco che già oggi divide il Nord e il
Sud del mondo.
C'è però un settore della stampa
che - e non da oggi - va contro-
corrente, cioè si sforza di fornire il
massimo di informazione proprio
sul Terzo Mondo. Ed è la stampa
missionaria. La sua finalità rimane
A Sucre (Bolivia) le Figlie di Maria
Ausiliatrice hanno inaugurato la Casa
Madre Mazzarello. Era un Orato-
rio-Centro giovanile gestito insieme ai
salesiani, ma con il passare degli anni
si è fatta urgente la necessità di dare
accoglienza a ragazze campesine che
venivano verso la città, diventando
spesso vittime di una precoce prostitu-
zione. L'intraprendenza di suor
Amaya Rasquin ha vinto molte diffi-
coltà. A Oggi la casa c'è, ed è prevista
anche una scuola.
Chieri (Torino). Anche i salesiani del
San Luigi hanno festeggiato recente-
mente i 100 anni di fondazione dell'o-
pera. Ai festeggiamenti hanno preso
parte il card. Castillo Lara e il vescovo
di Vercelli mons. Tarcisio Bertone ed
erano presenti ben quattro sindaci del-
la città, tutti exallievi. Anche il parro-
co del Duomo don Gianni Carrù ha
scoperto la sua vocazione all'oratorio
salesiano.
Schio (Vicenza). L'Istituto e l'Orato-
rio «Don Bosco» hanno ricevuto il
premio Claudio Menin, riconoscimen-
to che viene attribuito ogni anno a una
persona o a un'associazione partico-
larmente meritevole a favore della cit-
tà. Questa la motivazione: «In 90 anni
di continua presenza tra noi, i salesia-
ni sono stati una vera e propria bene-
dizione per la nostra comunità. La lo-
ro opera è stata animata da una note-
vole capacità di iniziativa, dedizione e
disponibilità affinché le nuove genera-
zioni sapessero far fronte alla vita.
Anche chi si trovò successivamente su
sponde lontane, non ha mai dimenti-
cato di manifestare stima e affetto per
i figli di Don Bosco, che marcarono.la
loro fanciullezza e adolescenza». Dal
canto loro i premiati intendono tra-
sformare il premio in auspicio, affin-
ché con la loro attività sappiano sem-
pre meglio interpretare le esigenze e le
attese giovanili della città.
Roma. Don Raffaele Farina è il nuovo
Rettor Magnifico dell'Ateneo Salesia-
no. In precedenza aveva già ricoperto
questa carica dal 1977 al 1983. Ordi-
nario di Storia della Chiesa, dal 1986
don Farina era sottosegretario del
Pontificio. Consiglio per la Cultura.
Succede come Rettor Magnifico a
mons. Tarcisio Bertene, ora arcive-
scovo di Vercelli.
1 FEBBRAIO 1992 - 11

2.2 Page 12

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quella per cui è nata e si è sviluppata
negli anni, e cioè il sostegno dell'e-
vangelizzazione, il coinvolgimento
del maggior numero possibile di
persone attorno all'opera dei mis-
sionari impegnati in prima linea nel-
1'annuncio del Vangelo. Ma nel de-
scrivere la vita e l'azione dei missio-
nari sparsi in tutto il mondo, la
stampa missionaria fornisce al let-
tore la più ampia informazione su
decine di Paesi e di popoli, sui loro
costumi, le tradizioni, la cultura.
In Italia sono quaranta le testate
associate nella Fesmi, _la Federazio-
ne della stampa missionaria italia-
na: trenta mensili, quattro bime-
strali e altrettanti trimestrali, con
milioni di copie. Ciascuna rivista,
ovviamente, si presenta con.una sua
ben definita fisionomia, non tutte
hanno lo stesso peso sul versante
dell'informazione collaterale all'im-
pegno missionario. Nel complesso,
comunque, esse veicolano una mas-
sa enorme di conoscenze sulla realtà
del terzo mondo. Quale altra pub-
blicazione, fra le migliaia edite in
Italia, propone ai lettori dossier
tanto completi sui singoli Paesi afri-
cani come quelli pubblicati da
«Africa», la rivista dei Padri Bian-
chi, o come quelli che compaiono
mensilmente, con profili monogra-
fici, su «Gentes», la pubblicazione
della Lega missionaria studenti di-
retta a gruppi universitari? Oppure
come quelli - sotto forma di «spe-
ciali» - di «Continenti», mensile dei
frati Cappuccini?
l problemi sociali e politici del
Terzo Mondo hanno largo spazio,
naturalmente accanto ai temi dell'e-
vangelizzazione e di spiritualità mis-
sionaria, nel mensile «Mondo e mis-
sione», edito dal PIME, il Pontifi-
cio istituto missione estere, cui fa
capo anche l'agenzia «Asia News»,
che fornisce notizie e documenta-
zioni sulle Chiese e i Paesi asiatici.
I quaderni monografici trimestrali
«Afriche» della Società missioni
africane propongono l'approfondi-
mento della cultura africana e del
suo evolversi in rapporto col mondo
occidentale e il cristianesimo. Parti-
colare attenzione è dedicata ai pro-
blemi dello sviluppo e della promo-
zione umana da «Messis», la rivista
dei Dehoniani e da «Missione Og-
gi», il mensile dei missionari save-
12 - 1 FEBBRAIO 1992
Le agenzie cattoliche internazionali alimentano
un'informazione puntuale e alternativa sui problemi del Terzo Mondo.
riani. «Popoli», mensile dei gesuiti
missionari, si occupa di ogni aspet-
to dei Paesi in via di sviluppo, cosi
come la rivista «Missioni Consola-
ta». Tutta puntata sull'Africa con
lo sguardo rivolto anche alle conse-
guenze che sulle condizioni di quel
Continente hanno le decisioni e il
disinteresse del mondo industrializ-
zato, è. «Nigrizia>>, il mensile dei
Comboniani. Testimonianze, servi-
zi, informazioni sul mondo missio-
nario nonché un quadro amplissimo
dei problemi ad esso direttamente e
indirettamente collegati (alfabetiz-
zazione, droga, condizioni generali
ecc.) compaiono ogni mese su «Po-
poli e missione», la rivista di quella
che può considerarsi la «centrale»
missionaria, cioè le Pontificie Ope-
re missionarie, cui fanno capo altre
pubblicazioni destinate ai ragazzi e
agli adolescenti per educarli a una
visione globale del mondo.
ll «BS», rivista missionaria
In questo quadro - e ci ~iamo li-
mitati a citare solo alcuni esempi -
si colloca, come i nostri lettori san-
no, il «Bollettino Salesiapo», che
della dimensione missionaria colle-
gata alla conoscenza delle terre di
missione ha fatto fin dalla sua na-
scita, voluta da Don Bosco, un co-
stante punto di riferimento. Già nel
secolo scorso, attraverso le lettere
inviate ·dai missionari, i lettori del
«BS» conobbero paesi, popoli, vi-
cende di cui nessuno parlava e che
quindi erano ignorate dai più. Sotto
questo profilo si può anzi afferma-
re, in pieno rispetto della verità, che
il «Bollettino Salesiano» ha fatto da
battistrada a molte riviste missiona-
rie. Le lettere dalla Patagonia, dalla
Terra del Fuoco, dalla Cina e da
tante altre regioni del mondo erano
autentiche miniere di informazioni,
specie in un'epoca che non conosce-
va né radio né TV e vedeva una mo-
desta diffusione della stampa.
Ogni mese, dunque, un flusso im-
ponente di notizie e di approfondi-
menti culturali parte dal Terzo
Mondo per raggiungere milioni di
lettori italiani. In questo senso si
può a ragione sostenere che la stam-
pa missionaria svolge un ruolo di
supplenza per coprire le carenze del-
la stampa italiana. Certo, nessuno
si nasconde i problemi della stampa
missionaria, si può discutere sulla
impostazione di questa o quella rivi-
sta, si possono lamentare mancanza
di coordinamento e di scambio reci-
proco. Ma quella corrente di infor-
mazione rimane un costante, serio,
costruttivo invito alla mondialità.
Gaetano Nanetti

2.3 Page 13

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a cura di Eugenio•Fizzotti
-
GIOVANNI ALBANESE
Dialoghi dello spirito,
Il volto di Dio e Il volto
dell'uomo nella preghiera dei
salmi, Assisi, Cittadella, 1991,
pp. 199, lire 10.000
I salmi, che da trenta secoli
esprimono l'anelito e il senso re-
ligioso dell'uomo nei suoi senti-
menti di gioia e di dolore, di pen-
timento e di fiduciosa richiesta,
vengono commentati in un lin-
guaggio aderente ai problemi di
oggi, calati nella realtà della no-
stra vita quotidiana. Non si trat-
ta quindi di un commento ese-
getico, ma di una rilettura esi-
stenziale, in forma di riflessioni
e di dialoghi con Dio, di cin-
quanta tra i più bei testi del sal-
terio. Ne è autore Giovanni Al-
banese, già noto per altre pub-
blicazioni di largo successo nel
campo della spiritualità e della
formazione giovanile.
ELIO BROMURI
L'ecumenismo.
Chiese in cammino verso la
piena comunione,
Milano, Editrice Ancora, 19_91,
pp. 301, lire 26.000
A venticinque anni dalla fine
del Concilio Vaticano Il il mes-
saggio ecumenico stenta anco-
ra a penetrare nella massa del
popolo di Dio. I motivi sono mol-
teplici , ma quello che appare
più decisivo è legato a una serie
di equivoci e pregiudizi che con-
tinua a trascinarsi dietro lo stes-
so termine «ecumenismo». È ur-
gente quindi una chiarificazione
per comprendere cosa voglia di-
re tollerare il diverso, dialogare
con le altre religioni, rispettare
la libertà di coscienza,.rifiutare il
settarismo.
Il volume intende essere una
presentazione accurata dell'e-
cumenismo come cammino di
tutti i battezzati verso la piena
comunione in Cristo ed è visto
soprattutto nella sua dimensio-
ne storica. Inoltre offre precise
indicazioni delle prospettive
aperte e rivolge lo sguardo al
lettore italiano e alla situazione
religiosa del nostro paese.
- JEAN-MARIE LIJSTIGER
Grazie a Dio,
i diritti dell'uomo,
Milano, Massimo, 1991,
pp. 288, lire 34.009
«I suoi diritti - scrive l'autore,
ebreo convertito, oggi cardinale
e vescovo di Parigi - l'uomo li
possiede attraverso Dio Padre,
che per amore ha inviato sùo fi-
glio, il Cristo, ad incarnarsi. È
Cristo che fa acquistare a tutti
noi il diritto di avere dei diritti». E
lo dimostra attraverso la raccol-
ta di articoli , conferenze, ome-
lie, interviste che, snodandosi
lungo il quinquennio 1984-1989,
intervengono nei maggiori di-
battiti in cui la società affronta le
sfide poste dall 'epoca contem-
poranea.
I
Interessanti le riflessioni sulla
scuola e sui pericoli che minac-
ciano la nostra società e che de-
notano una notevole sensibilità
e una forte aderenza al reale.
PGS-UPS,
A che gioco
giochiamo?
Edizioni PGS,
Roma, 1991,
pp. 199, lire 20.000
Le Polisportive Giovanili Salesiane hanno realizzato,
in collaborazione con l'Istituto di Sociologia dell'Uni-
versità Salesiana di Roma, una ricerca-sperimen-
tazione che riprendesse precedenti ricerche sulla va-
lenza educativa dello sport, verificasse la possibilità
di un processo educativo che, partendo dal gioco,
avviasse a un comportamento agonistico non solo
accettabile ma autenticamente educativo della per-
sonalità in una società solidarista.
La ricerca è stata condotta su circa 600 alunni di IV
e V elementare di scuole cattoliche, diffuse in tutt'lta-
lia, ed ha avuto la durata di un biennio. Oltre ai risul-
tati presentati nella seconda parte del volume, di no-
tevole interesse per gli educatori risulteranno gli
strumenti utilizzati e alcuni giochi inventati dai bam-
bini e riportati in appendice. Il libro va richiesto a:
Cooperativa Editrice Juvenilia, via Andrea del Sarto,
3 - 10144 Torino.
- ARMANO LE BOURGEOIS
Cristiani divorziati risposati ,
Milano, Edizioni Paoline, 1991,
pp. 148, lire 14.000
Punto di partenza del volume
sono numeros1ss1me lettere
scritte da cristiani divorziati ri-
sposati e che ripropongono
un'unica domanda: «11 . nostro
nuovo matrimonio è proprio una
colpa imperdonabile, dal mo-
mento che veniamo esclusi dal-
l'eucarestia?».
Pubblicando con il consenso
degli interessati un certo nume-
ro di tali lettere, il vescovo eme-
rito di Autun offre a queste cop-
pie «irregolari» l'opportunità di
far sentire alla Chiesa la loro vi-
va fede, espone con precisione
la dottrina della Chiesa cattolica
confrontandola con quella della
Chiesa ortodossa e delle Chiese
protestanti, non ri esce ad aste-
nersi dal chiedersi pure lui, ve-
scovo: «Bisogna proprio esclu-
dere sistematicamente dai sa-
cramenti tuttii cristiani divorziati
risposati?».
Il libro è coraggioso ed equili-
brato, ed esorta alla compren-
sione e alla misericordia.
1 FEBBRAIO. 1992 - 13

2.4 Page 14

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PROTAGONISTI
IL PARA' DON CLAUDIO
TRA I PROFUGH'I CURDI
di Elvira Bianco
Il capitano don Claudio
Gioppo, cappellano
militare a Pisa, ha
ricevuto la croce di
bronzo per la generosità
con cui si è prodigato a
favore dei curdi nel
contesto del!'operazione
umanitaria «Airone I»:
I n una zona impervia a nord del-
1' Iraq e al confine con la Siria e
la Turchia gli uomini del contingen-
te Airone, parà della Folgore, han-
no vigilato giorno e notte per quasi
ottanta giorni. Il loro compito era
quello di difendere i profughi curdi
dall'assalto dei soldati di Saddam
Hussein che si erano ritirati oltre il
fiume Tigri, ma che erano sempre
pronti a compiere feroci rappresa-
glie. È stato un lavoro duro. In soli
quattro giorni nella grande vallata
di Zakho i parà, guidati dal genera-
le Monticone, hanno montato oltre
duemila tende che hanno ospitato a
rotazione circa duemila curdi. L'o-
spedale da campo ha effettuato 150
interventi chirurgici, numerosissime
medicazioni e 22.000 vaccinazioni.
Ma il maggior successo non è dato
dai numeri, perché i giovani soldati
hanno portato il sorriso in Iraq tra
i bambini e i profughi curdi. Ab-
bandonando ogni formalismo, quei
soldati di leva sono entrati nei cam-
pi profughi aiutando tutti a ritrova-
re fiducia nella vita.
14 · 1 FEBBRAIO 1992

2.5 Page 15

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----------BS-
Tra questi parà vi era il salesiano
don Claudio Gioppo, da quindici
anni cappellano militare, prima a
Bolzano, tra gli alpini, oggi alla
Scuola di paracadutismo di Pisa,
dove ha conseguito i brevetti di
IDon Claudio tra i ragazzini curdi.
In quattro giorni sono state
montate duemila tende.
Tutta l'acqua di scorta
è servita a dissetare
i bambini.
istruttore. La scuola ospita un bat-
taglione reclute, circa 1700 uomini.
Tra le reclute e il cappellano si è in-
staurato un ottimo rapporto. Ogni
mese don Claudio organizza uno
spettacolo per i nuovi arrivati. E i
soldati non sono mai meno di
500/600 alla sua messa domenicale.
L'avventura irachena
I primi giorni in Iraq erano stati
impegnati a sistemare l'accampa-
mento, soprattutto per la difesa,
perché non si sapeva come la potes-
sero pensare gli iracheni. A una
ventina di chilometri dall'accampa-
mento infatti c'era ancora la guar-
dia nazionale di Saddam e sicura-
mente dei suoi infiltrati gironzola-
vano qua e là. Poi don Claudio ha
trasformato i due mesi di presenza
nell'Iraq in un'esperienza di solida-
rietà. Ogni sera passava molte ore
all'ospedale tra i medici e le croce-
rossine e aiutava gli alpini nei lavori
di corsia. «Questa "Operation Pro-
vide Comfort"», dice, «ha avuto ri-
sonanza presso gli altri stati che col-
laboravano con noi. Direi che noi
italiani ci siamo fatti notare soprat-
tutto per il "conforto" attivo, spic-
ciolo, immediato alle persone». E
poi l'esperienza caritativa. Per sei-
sette ore al giorno, sotto un sole an-
che a 55 gradi, coadiuvato da una
decina di soldati distribuiva ai curdi
vestiti e viveri. E dopo una giornata
massacrante il gruppetto ritornava
all'accampamento con il cuore con-
tento e con il cassone del camion
vuoto, cantando di gioia in mezzo a
sobbalzi e scossoni, con la bocca
riarsa, perché tutta l'acqua di scorta
era servita a dissetare i bambini.
Con i ragazzini il loro intervento
si era trasformato praticamente in
una esperienza di oratorio. «Abbia-
mo organizzato per loro i giochi tra-
dizionali e si divertivano moltissi-
mo», racconta don Claudio. «Si
premiavano con un biscotto, una
bustina di zucchero, una cosetta
qualunque, che tutti gradivano vo-
lentieri. Mi sono trovato circondato
più volte da centinaia di curdini!
Bastava dare a un bambino un bi-
scottino perché di Il a due secondi te
ne arrivavano duecento! Inutile cer-
care di organizzarli: tutti si affolla-
vano e stendevano la loro manina
AFRICA IL MIO PAESE
Classif. EMSGA / Durata: 34'
La vita di ogni giorno in un angolo
dell'Africa oggi.
CITI'A DON BOSCO
Classif. ASM / Durata: 25'
Iniziativa sociale per i giovani emar-
ginati di Corumbti (Brasile) .
DILLA E ZWAY
Classif. OMS / Durata 26'
Lavoro in Etiopia dei salesiani del/'i-
spett. Lombardo-Emiliana .coadiuva-
ti dagli amici di SIDAMO.
PAPUA
Classif. EMSGA / Durata 26'
Usi, costumi, folklore in Papuasia.
PIÙ DEL PANE
Classif. ASM / Durata 14'
Recupero dei ragazzi «delinquenti» a
Belém.
PALUDE AMARA
Classif. MSGAE / Durata 30'
100 anni di lavoro apostolico in Bra-
sile con i ragazzi della strada.
Le indicazioni (AMSGE) sono orien-
tative : 3 = elementari; M = medie;
S = superiori ; A= adulti; G = gruppi.
Disponibili in pellicola 16mm e in vì-
deocassetta.
Ogni videocassetta Lire 25.000.
Per l'acquisto o noleggio,
rivolgersi alla:
SAF
Via Maria Ausiliatrice, 36
10152 TORINO
Tel. (011) 52.24.310
1 FEBBRAIO 1992 15

2.6 Page 16

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"piuttosto sporchetta". La man-
canza di igiene è certamente una
delle principali cause di tante malat-
tie. A parte la magrezza e la denu-
trizione, tra di loro c'è tanta scab-
bia, pidocchi, malattie degli occhi.
«Davanti a giornalisti e operatori
TV abbiamo organizzato i nostri
megalattici girotondo, il tiro alla fu-
ne e simili. Si giocava a "piripic-
chio-piripacchio", che qui diventa-
va "picchio-pacchio", per la diffi-
coltà della lingua. E cantavamo "O
sole mio, sta in fronte a me!" E lo
cantavano di gusto e a pieni pol-
moni!
«Come capitò a Don Bosco, ci
hanno poi rubato tutto, soprattutto
le corde. Dalla tenda-infermeria
hanno portato via i lettini. Poveret-
ti, non hanno assolutamente nulla.
Un giorno, non avendo altro, ab-
biamo distribuito un quarto di mela
a testa e avevamo un'intera cassa di
mele. I bambini sbucavano da tutti
gli àngoli come funghi».
L'esperienza di don Claudio Gioppo cancella il falso clichè del cappel-
lano militare prete guerrafc;mdaio e fa emergere quella del sacerdote,
sostegno a quanti, militari e non, soffrono a causa della guerra. Tra le
norme di comportamento desunte dalle varie convenzioni di Ginevra,
a partire dal 1864 sino alle ultime del 1949 e 1977, recepite 11ei regola-
menti militari italiani, ne vogliamo segnalare due particolarmente rile-
vanti. Il cappellano militare, come il personale sanitario, è considerato
dalle parti in conflitto un «neutrale» con le conseguenti prerogative.
Può bensì portare un'arma personale, di cui però potrebbe servirsi so-
lo per difesa personale e dei feriti che gli fossero affidati. Qualora ve-
nisse meno a questa norma, prendendo parte attiva nel conflitto, per-
derebbe lo status di «neutrale» e le relative prerogative. Particolarmen-
te significativa è la norma che fa obbligo al cappellano (come agli altri
militari) di «disobbedire ed opporsi ad ordini manifestamente criminali
che potrebbero essere impartiti dal Comandante» (R.D.M.-25). La
guerra è senza dubbio una sciagura ed una stupidità esecrabile. Ma
sarebbe ingiusto estendere tale giudizio a quanti, come il personale
militare sanitario e 'religioso, partecipano sì alla guerra, e con grave ri-
schid della propria vita, ma solo per lenire le sofferenze e portare il
conforto morale e religioso a quanti nei conflitti rimangono feriti o soc-
combono.
L'apostolato fra i militari non è sempre guardato da tutti con simpatia;
anzi, da qualcuno è stato guardato con un certo sospetto, quasi fosse
un'attività aliena dalla nostra pastorale.
La vicenda di don Claudio prova invece come l'azione dei nostri cap-
pellani militàri sia consona all'ambito e allo stile dell'apostolato sale-
siano. Ciò non solo in una congiuntura particolare, vissuta da don
Giopl,o nel Kurdistan, ma anche nella quotidianità di routine.
Un popolo senza identità
Le mamme e i papà dei piccoli
curdi apparivano molto riconoscen-
ti e dignitosi. L~ mamme avevano
quasi tutte un bimbetto lattante in
braccio e anche loro stendevano la
mano quando don Claudio distri-
buiva un biscottino cosparso di latte
condensato. Con la borraccia dava-
no c;ia bere a migliaia di boccucce. Il
caldo là si faceva sentire presto.
Di tanto in tanto don Claudio ve-
niva chiamato, anche di notte, per
dare i conforti religiosi e per dire
una preghiera per qualche moribon-
do. Una hotte fu chiamato .verso le
«Il lavoro per la pace produrrà i suoi frutti: la pace sarà
l'ultima parola della storia" (Giovanni Paolo Il).
16 - 1 FEBBRAIO 1992
24 per un vecchietto che era già
morto. Pur essendo musulmano an-
che quella volta hanno pregato con
i medici e hanno alzato le mani al
cielo con il figliolo sconsolato.
«Là ci sarebbe davvero da starci
per almeno due anni», dice adesso
don Claudio, «sempre sperando che
la situazione politica andasse in fa-
vore di quella popolazione. Oggi
come oggi quei poveri curdi preve-
dono un domani molto triste. Non
riescono a organizzarsi perché pra-
ticamente non hanno una unità né
etnica né territoriale. Chi vive in un
villaggio poco si interessa degli al-
tri. Sono uniti solo tra clan. Gli uo-
mini poi non lavorano e i giovani li
imitano, facendo la vita degli sfac-
cendati.
«A Zakho ho cercato di essere
cappellano militare e salesiano, an-
che se la gente mi chiamava ·"pira-
mero", cioè "anzia:no". Avrei vo-
luto tanto poter appoggiare sulle lo-
ro lingue non solo il latte condensa-
to che spremevo dai tubetti, ma la
Particola. Credo però che il Signore
sia entrato in loro anche attraverso
questo gesto di carità».
Elvira Bianco

2.7 Page 17

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JEAN HA DATO
LE SUE MANI
Scrive Don Marius Calemard dal-
la Costa d'Avorio:
«L'africano vive intensamente
una relazione molteplice con un uni-
verso abitato da forze spirituali. È to-
talmente indenne dal rispetto uma-
no, dal secolarismo, dal laicismo.
Un giorno un direttore didattico di
una scuola statale mi presenta ai
suoi allievi. Dice: "Cantate per il pa-
dre uno di quei canti cristiani che vl
ho insegnato". I bambini appaiono
per un momento esitanti, alla ricer-
ca di qualche motivo. Poi uno di loro
finalmente lo trova ed esclama can-
tando: "Onore a Gesù Cristo! Gloria
a Gesù Cristo!". "Bravo!", gli dice il
maestro, che non confonde l'essere
laici con il laicismo.
Lo Spirito Santo è pienamente a
suo agio tra i giovani pagani. Ecco
Michele. Ha 20 anni, non ha seguito
nessun corso .catechistico e non ha
mai messo piede in una scuola. Tut-
to a un tratto gli piomba addosso il
desiderio di diventare prete. Questo
nel 1986. Subito impara a leggere
frequentando un corso serale. Ora
frequenta la sesta. È un ragazzo af-
fabile. Già due volte una ragazza gli
domanda di sposarla. Con delica-
tezza lui ha fatto capire a tutte e due
che questa non è la sua strada. Spe-
riamo che niente fermi il suo lungo
cammino! E Pierre? È un giovane
pagano catecumeno di 10 anni. Non
dorme mai tra il sabato e la domeni-
ca. Sveglia di continuo suo padre
per chiedergli il permesso di partire
per la Messa.
"No, figlio mio! il gallo non ha an-
cora cantato!". Una lunga pausa..
"Papà, il gallo ha appena cantato
per la terza volta!".
"Va bene, ora puoi metterti in
viaggio''.
Il ragazzino esce di casa e se ne
va tutto solo nella notte buia. Dieci
chilometri a piedi. Da piccolo ha fat-
to la poliomielite, ha qualche proble-
ma nel camminare. Finalmente arri-
va alla chiesa prima della levata del
sole e... del padre missionario. Tutto
preso dal desiderio di dare la sua vi-
ta al Signore, non ha mai osato dir-
lo, per paura di essere preso in giro.
Ora è un catechista felice. Quanto a
suo padre, è sempre un buon pa-
gano.
YAYA E JEAN. Yaya ha 17 anni. Ap-
partiene a una famiglia di undici figli
che è emigrata verso Abidjan. Ma
Yaya non riesce ad adattarsi all'am-
sue braccia, sulle estremità delle
braccia: la lebbra s'è portato via an-
che i metacarpi! E io che avevo ap-
pena pregato il Signore di servirsi
delle mie mani per donare! Jean ha
dato anche le sue mani e dona an-
cora. "Veramente, devo proprio dir-
lo, ci sono degli ultimi che saranno i
primi!".
"O Africa dall'anima mistica,
esplosione di giovinezza! Per tante
Un grande avvenire per la giovane Africa.
biente della grande città e rientra
nel villaggio, dove insegna a leggere
agli analfabeti. Anche lui fa progetti
sul suo awenire.
Quando arrivai a Napie, il primo
che mi offrì un regalo di benvenuto
(una dozzina di uova) fu Jean, un
giovane di un villaggio vicino. La do-
menica seguente, lo vedo venire
avanti li)ella chiesa tutto concentrato
e devoto per prendere l'ostia sulla
lingua. Il mio sguardo si posa sulle
tue caratteristiche fai pensare al-
1'Europa dell'epoca dei monaci e
delle cattedrali. La tua vitalità giovia-
le e ottimistica, il tuo carattere pa-
ziente e tollerante riservano un -
grande ·awenire alla Chiesa sulla
tua terra. Onore a Gesù Cristo! Glo-
ria a Gesù Cristo!"».
Marius Calematd
Mission Catholique Don Bosco
B.P. 367 Korhogo
Costa d'Avorio
1 FE:BBRA/O 1992 - 17

2.8 Page 18

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PROBLEMI SOCIALI
CRESCE L'IMPEGNO
PER I ccRAGAZZI FUORI>>
di Umberto De Vanna
«Emarginazione e disagio
giovanile» è stato il tema
di una tre giorni tenuta a
Roma per gli operatori
salesiani impegnati nel
settore. Presentata la
mappa delle opere
salesiane a servizio dei
«ragazzi difficili» in
Italia.
D urante la messa vespertina di
un gr1,1ppo giovanile, dopo
aver speso tutta la giornata sotto
l'afa a raccogliere carta per aprire
una scuola in Brasile, alla preghiera
dei fedeli uno di loro dice: «Pre-
ghiamo per quei giovani che questa
sera dormiranno sulle panchine del-
la stazione férroviaria». La preghie-
ra·colpisce tutti duramente e si fa un
imbarazzante silenzio. Avevano ap-
pena parlato della condivisione,
dell'aiuto concreto che bisogna of-
frire, qui e là, a chi è nel bisogno. Il
prete sbloccò la sitùazione: «Se ci
sono queste persone, valle a prende-
18 · 1 FEBBRAIO 1992

2.9 Page 19

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----------BS-
re e le facciamo dormire qui». Poco
dopo, quel ragazzo ritorna con un
altro giovane che viene ospitato su-
bito alla meno peggio. Il giorno do-
po saranno già 17. Era il 1972. Ini-
ziò in questo modo la Comunità dei
Giovani a Verona.
È la storia che si ripete. Più di
cento anni fa Don Bosco e Mamma
Margherita aprivano la loro casa al
quindicenne della Valsesia che ba-
gnato e intirizzito chiedeva ospitali-
tà: «Faccio il muratore», aveva det-
to, «ma non ho ancora trovato la-
voro. Ho freddo e non so dove an-
dare. Avevo tre lire quando sono
arrivato a Torino, ma non ho più
niente. Non mandatemi via... ».
Una richiesta così carica di attuali-
tà, pensando ai giovani immigrati di
oggi, ai tanti disadattati, tossicodi-
pendenti, alcolisti del nostro tempo
immersi in situazioni forse più
drammatiche di quelle di ieri.
TOSSICODIPENDENTI:
COMUNITÀ GESTITE
DAI SALESIANI IN ITALIA
L'Associazione di solidarietà contro la droga
di Viagrande (Catania).
COMUNITÀ DEI GIOVANI
Verona. Prevenzione, cura e reinserimento dei tossicodipendenti , ma aperta
anche a altre marginalità giovanili. Varie sedi per servizi specializzati e le esi-
genze giovanili.
COMUNITÀ GIOVANILE
Conegliano (Treviso). Ricupero e riabilitazione dei giovani tossicodipendenti.
ASSOCIAZIONE PICCOLA COMUNITÀ
Conegliano (Treviso). Per tossicodipendenti e disadattati. Animazione, sensibi-
lizzazione e prevenzione sul territorio.
COMUNITÀ GIOVANILE «LA VIARTE»
Santa Maria la Longa (Udine). Giovani tossicodipendenti con programma tera-
peutico residenziale. Iniziative per giovani a rischio e animatori.
CEIS LIVORNO
Livorno. Sei sedi. Comunità terapeutica per la riabilitazione dalle tossicodipen-
denze, prevenzione secondaria, assistenza malati Hiv.
COMUNITÀ DI ACCOGLIENZA «SOGGIORNO PROPOSTA»
Ortona (Chieti). Per giovani dediti alla tossicodipendenza, disadattamento, al-
colismo .
COMUNITÀ SULLA STRADA DI EMMAUS
Foggia. Accoglienza residenziale per giovani tossicodipendenti e in difficoltà;
giovani che intendono fare un'esperienza di vita alternativa non violenta.
ASSOCIAZIONE DI SOLIDARIETÀ CONTRO DROGA
Viagrande (Catania). Ospitalità residenziale e di ricupero per giovani e ragazze
tossicodipendenti, alcolizzati, provenienti dal carcere. Accolti dopo una fase di
pre-accoglienza (17 centri in Sicilia).
1 FEBBRAIO 1992 19

2.10 Page 20

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Una mappa significativa
Il punto sulla presenza dei sale-
siani tra i giovani emarginati e i di-
sadattati è stato fatto in una tre
giorni romana alla quale hanno par-
tecipato i maggiori operatori del
settore, I?resenti tutti gli ispettori
d'Italia. E stato emozionante trova-
re insieme salesiani e laici che da de-
cenni si sono esposti in prima perso-
na in operazioni coraggiose; giovani
preti che parlavano di «comunità di
accoglienza» quando ancora in Ita-
lia non ne esistevano e che hanno
conosciuto anni duri di incompren-
sioni e di lavoro oscuro.
Domenico Ricca, cappellano del
carcere minorile Ferrante Aporti di
Torino ha presentato la mappa delle
presenze. In un volume di oltre cen-
to pagine, frutto di un lavoro di ri-
cerca durato un anno, sono state
descritte le opere, la loro storia, la
struttura e gli obiettivi di ciascuna.
Impossibile descriverle qui tutte
anche in modo sommario. Nei due
riquadri presentiamo le principali.
non si accenna ai cappellani delle
carceri: del Ferrante Aporti di Tori-
no, del San Vittore di Milano, di La
Spezia-Canaletto e di Catania. Si
tratta di sei salesiani che vanno nel
carcere con la sensibilità giusta, dal
momento che molti detenuti sono
giovani. Al San Vittore di Milano il
60% ha un'età compresa tra i 19 e
22 anni. Don Biagio Vella, che ope-
ra nel carcere di Catania, è stato
spesso l'unico a poter parlare con i
detenuti nelle ricorrenti rivolte. A
Torino don Ricca si è fatto promo-
tore di inizia..ive di vario genere per
favorire l'integrazione del dopo car-
cere. Dante Dossi, un salesiano lai-
co, è ormai un'istituzione e sin dal
1968 è un punto di riferimento sicu-
ro e amichevole per i detenuti della
Lombardia.
Una sensibilità crescente
Molte scuole salesiane hanno
aperto le loro porte ai ragazzi del bi-
sogno, modificando in parte o to-
talmente l'indirizzo educativo. La
scuola di Foglizzo (Torino), diretta
dallo psicologo don Gianfranco Ca-
vicchiolo, si è trasformata in un
centro educativo di avanguardia per
20 · 1 FEBBRAIO 1992
ragazzi caratteriali segnalati dalle
strutture sociali. La scuola si è orga-
nizzata in piccoli gruppi-famiglia di
dieci ragazzi per facilitare un rap-
porto personalizzato. A Castel De'
Britti, il Centro Gavinelli dal 1989
ha cambiato finalità e oggi insegna
un mestiere a ragazzi pluri-ripetenti
demotivati e con profitto sc.olastico
scadente. A San Gregorio di Cata-
nia sono accolti un centinaio di ra-
gazzi dagli 11 ai 16 anni con disturbi
temperamentali, presentati dal Tri~
bunale dei Minori. E sono costretti
a respingere più dell'800Jo delle ri-
chieste. Ma ormai tutte le scuole sa-
lesiane fanno posto a un numero
crescente di ragazzi che si trovano
in difficoltà per motivi familiari o
per la situazione di povertà.
Le scuole professionali salesiane
accolgono complessivamente circa
200 portatori di handicap, inse-
I Giovane albanese. Non è mancata
la prima accoglienza, ma il bisogno
non è solo del pane quotidiano.
OPERE SALESIANE
PER IL DISAGIO GIOVANILE
E IL DISADATTAMENTO IN ITALIA
CENTRO EDUCATIVO FAMILIARE DON BOSCO
Foglizzo (Torino). Opera per minori in difficoltà inviati da Usi, comuni e
provincia.
CENTRO ACCOGLIENZA DON BOSCO
A Torino, nel quartiere popolare Barriera di Milano-Regio Parco. Punto di
accoglienza e di ascolto delle situazioni di emarginazione, soprattutto di
tossicodipendenza. Presenza nelle carceri del Piemonte.
CASA DI ACCOGLIENZA «SANTA TERESA»
Casale Monferrato (Alessandria). Centro di prima accoglienza per immigrati.
Vengono ospitati gratuitamente per un periodo di cinque mesi.
CENTRO DI ACCOGLIENZA
lntra (Novara). Opera di accoglienza per extracomunitari. Attualmente ospita
una trentina di cinesi bisognosi oltre ad alcuni marocchini, senegalesi e
albanesi.
CENTRO SALESIANO SAN DOMENICO SAVIO
Arese (Milano). Casa per trattamento educativo di ragazzi dai 12 ai 17 anni,
mandati direttamente dalle famiglie, da enti pubblici, su segnalazione del
Tribunale dei Minori.
CENTRO GAVINELLI
Castel de' Britti (Bologna) . Centro di pf evenzione sociale. Accoglienza e
sperimentazione di vari mestieri per giovani che non hanno terminato la scuola
dell'obbligo o pluri-ripetenti, con profitto scarso e demotivati.
CENTRO AUXILIUM
Chiari (Brescia). Centro di prima accoglienza e ascolto per senza fissa dimora,
ex-carcerati, zingari, extracomunitari e giovani in difficoltà.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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----------BS-
IN LIBRERIA - - - -
li libro delle domande-
[-stfif ·1
I
. _~ Q
~
I Scuola media di Arese.
Dalla gioia di stare insieme, al
ricupero.
CNOS CARCERE
Venezia, Vicenza, Verona. Corsi professionali riconosciuti dalla regione per
detenuti e detenute. Attenzione al dopo carcere e alle famiglie dei detenuti.
CASA MAMMA MARGHERITA
Badia a Settimo (Firenze). Accoglie minori con gravi problemi o disagi
esiste"riziali, affidati dal Tribunale dei Minori e comunque ragazzi di strada.
ISTITUTO SALESIANO «NICOLA COMI»
Corigliano d'Otranto. Acc;oglienza a minorenni segnalati e affidati dal Tribunale
dei Minori.
CENTRO SOCIALE DON BOSCO
Napoli. Apcoglienza di ragazzi affidati dal Tribunale dei Minori e dai servizi
sociali comunali, distribuiti in sei comunità-famiglia.
CENTRO ORIZZONTE- LAVORO
Catania. Ufficio di accoglienza-informazione, ufficio stampa, centro studi,
banca dati e banca lavoro per giovani della città, particolarmente per i giovani
a rischio.
«CASA DI NAZARETH»
éatania. Prevenzione e accoglienza di ragazze/i in difficoltà, in attesa di
entrare in comunità.
CENTRO SOCIALE DON BOSCO
Camporeale (Palermo). Quattro centri. Ragazzi e ragazze affidati dal Ministero
di Grazia e Giustizia, raccolti dalla strada, ecc. In collaborazione con le Figlie
di Maria Ausiliatrice.
COMUNITÀ PER RAGAZZI A RISCHIO
San Gregorio di Catania. Per ragazzi dagli 11 ai 16 anni in gravi difficoltà
familiari e sociali.
CENTRO PREVENZIONE COMUNITÀ EDUCATIVA
Catania. Minori a rischio dai 6 ai 14 anni che devono ancora percorrere il ciclo
della scuola elementare.
CENTRO SOCIALE POLIAMBULATORIO
S. Chiara, Palermo. Vari tipi di intervento: ambulatorio per immigrati, scuola di
italiano, di tamil e inglese, accoglienza generica, ospitalità.
Il libro delle domande
Quiz sulla Bibbia
Pagine 48. Lire 5.000.
Il libro offre \\,lna serie di questio-
nari sulla Sacra Scrittura (Antico e
Nuovo Testamento), che il fanciul-
lo potrà risolvere con l'aiuto del-
l'insegnante e di una Bibbia.
La Bibbia ·dei ragazzi
Raccontata da ANNE DE GRAAF e
i/lustrata a colori da JOSÉ PÉREZ
MONTERO .
Pagine 400. Lire 28.000.
Trecento «storie bibliche» riscritte
per i giovanissimi. L'agilità del
racconto e la vivacità delle illustra-
zioni fanno di questo volume la
migliore introduzione per fanciulli
e ragazzi, alla storia della salvezza.
Presso le librerie cattoliche .
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN - TO
Tel. 011/95.91.091
c/c Postale 8128
1 FEBBRAIO 1992 21

3.2 Page 22

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gnando un mestiere anche a ragazzi
con gravi deficit e che vivono spesso
l'emarginazione.
UNA SCUOLA
Ritornare ai «poveri»
Un capitolo a parte è quello del-
l'accoglienza agli extracomunitari,
ai giovani senza fissa dimora e simi-
li. Il Poliambulatorio di Palermo ha
visto passare, anche più volte, in tre
anni circa 1500 immigrati, offrendo
assistenza medica e igienica, acco-
gliendoli per le loro feste, facendo a
loro scuola di italiano. Il «Centro
Orizzonte Lavoro» a Catania si av-
vale di banca dati e banca lavoro
per progetti occupazionali partico-
larmente per i giovani a rischio.
Le comunità per i tossicodipen-
denti sono numerose, sia al ·nord
che al sud. Passate da una fase di
rodaggio e di prima accoglienza,
oggi hanno allargato e specializzato
il loro intervento, attraverso un per-
sonale più adeguato e strutture dif-
ferenziate. La comunità di Viagran-
de a Catania conta 17 centri di pri-
ma accoglienza dislocate in tutta la
Sicilia, e un'azienda agricola per fa-
vorire il reinserimento nel mondo
del lavoro. La comunità di Ortona
(Chieti) ha tre centri e ospita 46 gio-
vani. Tre distinte comunità collega-
te ha anche l'associazione «Sulla
strada di Emmaus» di Foggia.
Don Vecchi, vicario generale,
concludendo i lavori della tre giorni
ha ricordato che la missione salesia-
na ha avuto inizio tra i giovani «più
poveri». «Dall'incontro con i giova-
ni poveri é nata la nostra pedago-
gia. Dalla situazione dei giovani po-
veri sono state suggerite le iniziative
e .i programmi che attraversano la
tradizione salesiana». Ritornare ai
poveri, considerandoli i primi desti-
natari dell'opera salesiana, è un'o-
perazione che riporta alle radici del-
la nostra identità.
Il convegno è risultato molto po-
sitivo. Si è percepita distintamente
la voce di Don Bosco che chiedeva
di mettersi anche oggi al fianco dei
giovani in difficoltà. Molti dei pre-
senti hanno detto che si potrebbe
fare di più, e hanno chiesto a più
voci che venisse coinvolta maggior-
mente l'intera famiglia salesiana.
Umberto De Vanna
22 - 1 FEBBRAIO 1992
A MISURA
DI RAGAZZO
di Monica Ferrari
La risposta
ali'emarginazione
comincia dalla scuola.
proseguono fino al diploma supe-
riore, dieci raggiungono la laurea,
tutti gli altri, vale a dire la metà, ab-
bandonano gli studi.
E' possibile creare una scuola che
sia veramente a misura di ra-
gazzo? Questo è il sogno che ha so-
stenuto il lavoro degli educatori e
degli insegnanti della scuola media
statale del centro salesiano S. Do-
menico Savio di Arese. Nèlla citta-
dina dell'hinterland milanese è nato
così un progetto di sperimentazione
della scuola media che vuole essere
una risposta concreta al fenomeno
dell'abbandono scolastico. Sono
quarantamila in Italia i ragazzi che
non completano la scuola dell'ob-
bligo. Su cento ragazzi che iniziano
la scuola media, quarantacinque
Avvicinare la scuola
alla realtà
Quali le cause di questo allonta-
namento dall'istituzione scolastica,
il cosiddetto «drop-out»? Forse uno
dei nodi da risolvere è proprio quel-
lo su cui la scuola media di Arese ha
impostato il progetto di sperimenta-
zione: avvicinar~ la scuola alla real-
tà, stimolando nei ragazzi la curio-
sità per il sapere. Il terreno di par-
tenza non era facile: gli alunni era-
no adolescenti già segnati da espe-
rienze di emarginazione. La scuola
media è infatti inserita nel Centro
Salesiano che dal 1955 ospita giova-

3.3 Page 23

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----------BS-
I Arese. Il Centro salesiano è da 35
anni al servizio del ricupero e
della formazione dei ragazzi.
(Servizio fotografico di L. Merisio).
servizi domestici, oppure di salute,
come le norme di prevenzione e il ri-
spetto di un equilibrio alimentare, o
di burocrazia personale, come l'uso
dei servizi comunali, postali e ban-
cari. Si è trattato, in pratica, di re-
cuperare realtà che la scuola, per
tradizione o per negligenza; consi-
dera «altro» da sé e che invece fan-
no parte dell'esperienza più diretta
dei ragazzi. Le si è poi inserite al-
l'interno delle discipline di studio.
Gli insegnanti hanno cercato
quindi di aiutare i ragazzi a misu-
rarsi col mondo, facendo prevalere
un concetto di cultura nuovo, diver-
so. Non più quella asettica della
scuola né quella della strada in cui i
ragazzi sono cresciuti, ma una cul-
tura che li aiutasse ad integrarsi in
quel mondo che loro avevano re-
spinto e che a sua volta li aveva
ni in difficoltà, inviati dagli enti so-
ciali e con alle spalle problemi che
vanno dal furto al disadattamento
scolastico, dalle fughe da casa a
esperienze precoci di droga. «I no-
stri ragazzi», afferma la preside del-
la scuola, prof. Tina Del Ninno,
«sono i più dispersi tra i dispersi,
fanciulli che la vita ha segnato come
diversi e dinanzi ai quali la scuola
ha già dichiarato la propria inade-
guatezza».
Per gli insegnanti s1 è trattato al-
lora di una sfida, «una scommes-
sa», continua la preside, «da gio-
carsi sul piano dell'impegno perso-
nale e sopq1ttutto professionale». I
ragazzi avevano tutti ripetuto una o
più volte la prima media ed erano
nel comple~so demotivati di fronte
a qualsiasi . proposta che avesse
«sentore» di studio. Una situazione
che gli insegnanti di tutte le scuole
conoscono bene: sono i cosiddetti
«ragazzi difficili», nei quali sembra
impossibile ·suscitare un minimo in-
teresse. Ecco perché l'esperienza di
Arese, beni;hé calata in una situa-
zione specifica, può essere un valido
strumento di confronto per tutti gli
operatori della scuola. Gli insegna-
menti sono partiti" dai Nuovi Pro-
grammi ministeriali e specialmente
dall'affermazione che la scuola
«concorre a promuovere la forma-
zione dell'uomo e del cittadino». È
stata allora stilata una «Mappa del
cittadino» che suddivide quelli che
sono i compiti, i diritti e le funzioni
del cittadino, inserendoli in specifi-
che aree tematiche (salute, burocra-
zia, microeconomia, tempo libero e
sport, alimentazione, ecc.).
Nella «Mappa» sono compresi,
ad esempio, problemi di economia
familiare, come la salvaguardia del
risparmio e la conoscenza e l'uso di
emarginati. Ad esempio, come far
avvicinare i giovani al mondo
economico-bancario, approfittando
per una spolverata di concetti mate-
matici? Ogni classe è stata istituita
come una piccola cooperativa a cui
è stata accreditata una certa somma
su un libretto di risparmio. Ogni
due mesi, a rotazione, vengono elet-
ti un segretario, un cassiere e un ap-
plicato che gestiscono questa som-
ma destinata ad attività ricreativo-
culturali su cui però incidono le spe-
se della classe per quaderni e penne.
1 FEBBRAIO 1992 - 23

3.4 Page 24

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Questo deve insegnare ai ragazzi an-
che la cura per le proprie cose, al di
là di certe forme di assistenzialismo
a cui sono stati abituati. Occasioni
di feste e ricorrenze sono motivo
per ulteriori applicazioni pratiche
della «Mappa del cittadino». Per la
festa del 30° anno del Centro Sale-
siano i ragazzi hanno disegnato e
,poi prodotto premi per le partite e
òmaggi per le signore e si sono im-
pegnati attrezzando impianti antiin-
fortuni. Hanno così toccato varie
sezioni della Mappa, come la salute,
le responsabilità sociali, l'uso di
procedure tecniche e la microeco-
nomia.
Espressività corporea
Una delle novità più particolari
della sperimentazione è stato l'aver
affiancato alle materie «tradiziona-
Il Centro Salesiano di Arese da
trentacinque anni si pone al servi-
zio del recupero e della formazione
di ragazzi. Nel 1955 l'istituto, ala
staccata del carcere.minorile di Mi-
lano, venne ·affidato ai salesiani
che con un gesto «provocatorio» in-
vitarono i «barabitt» (i piccoli Ba-
rabba) a buttare le chiavi delle cel-
le in un tombino. Iniziava così la
trasformazione da riformatorio in
casa di Don Bosco. Oggi nel Cen-
tro oltre alla scuola sono presenti
un centro di formazione professio-
nale per qualifiche nel settore grafi-
co, meccanico, elettromeccanico e
del legno, un convitto per adole-
scenti articolato in otto gruppi-
comunità di ragazzi, una comunità
alloggio per giovani lavoratori ex-
allievi con situazioni familiari disa-
giate e un centro psicopedagogico
e di orientamento scolastico-pro-
fessionale.
Arese. Centro professionale.
Il settore grafico.
Arese. I giovani in difficoltà sono i primi destinatari dell'opera salesiana.
24 - 1 FEBBRAIO 1992
Ii» un seminario di espressività cor-
porea.
Nella parte un po' atipica di do-
cente, un vero e proprio clown, che
ha insegnato ai ragazzi un nuovo
linguaggio, a giocare col proprio
corpo, a fare la «marionetta», a
produrre imitazioni sonore di vari
rumori. I ragazzi hanno imparato
nel frattempo anche a stare ins-ieme
e a socializzare. Alla fine dell'anno
hanno prodotto uno spettacolo, to-
talmente ideato da loro, una paro-
dia delle pubblicità televisive dal ti-
tolo «Storia di Biancaneve». Lo
spettacolo, destinato a parenti ed
amici, è approdato poi al festival
nazionale dell'Unicef del teatro nel-
la scuola. Ed è questa l'esperienza
che più è rimasta nel cuore ai ragaz-
zi, come si può intuire dai loro com-
menti: «La cosa che mi piace di più
nel fare il clown è quella di portare
felicità e allegria alla gente» (Car-
mine, 15 anni). «Questa esperienza
mi ha fatto capire una cosa: la vita
trova un senso se si è disposti a fare
qualcosa per gli altri» (Gianluca, 16
~nni). Commenti che sono la testi-
monianza di come un sogno, una
sfida quasi impossibile come quella
di creare una scuola capace di riav-
vicinare ragazzi giudicati ormai di-
spersi si siano invece trasformati ad
Arese in una solida realtà.
Monica Ferrari

3.5 Page 25

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di Jean-François Meurs
SPIRITO,
Cl SEI
Lunedì 14 ottobre. Abbiamo fatto
dello spiritismo. Sono ancora tutto
eccitato. Eravamo in dieci, nel gra-
naio di Carlo. Già soltanto questo
era grande. Avevamo messo dei
drappi neri alle finestre dell'abbaino
e vi era soltanto una candela. È giu-
sto e normale: uno spirito si può ve-
dere solo dove non si può vedere
niente. Logico. C'era una piccola ta-
vola, non era rotonda, ma ben liscia.
Abbiamo rovesciato un bicchiere di
vino , il piede in alto, e abbiamo mes-
so dei pezzi di carta con le lettere
dell'alfabeto, e anche un sì e un no,
altrimenti dura troppo tempo quan-
do bisogna passare da una lettera
all'altra. Ho notato che gli spiriti non
hanno bisogno di punti e di virgole.
Beppe doveva prendere nota dei
messaggi e ci siamo messi in quat-
tro, io, Marco, Stefano e Gianni, a
posare un dito sul bicchiere. Le ra-
gazze non osavano farlo. Gianni ri-
Che cosa cercano davvero i
giovani quando si danno per gio-
co alla magia e allo spiritismo?
Una risposta al problema dell'al-
dilà? O vogliono addirittura esor-
cizzare la paura della morte che
si portano inconsciamente den-
tro? Forse però cercano sempli-
cemente di fa.re qualcosa di di-
verso per sfuggire alla monoto-
nia: vogliono provare il brivido
della paura per fare un'esperien-
za eècitante in più.
deva e faceva lo scemo e abbiamo
dovuto calmarlo. Faceva così per-
chè era nervoso.
Abbiamo voluto parlare con un
giovane motociclista che si era am-
mazzato la settimanà prima. Non lo
conoscevamo , ma lo avevamo letto
sul giornale. Ne avevamo parlato
perché lui aveva poco più della no-
stra età e perché tutti vorremmo
avere una moto.
Abbiamo quindi discusso per un
po' di cilindrata e di marche di moto
e di campioni. Poi abbiamo comin-
ciato a fare domande sugli spiriti e
sulla morte, e gli abbiamo chiesto
ciò che aveva provato. Egli ci ha det-
to di non fare gli stupidi quando si
guida. Le ragazze erano tutte palli-
de e devo dire che anch 'io ero im-
pressionato. La conv~rsazione an-
dava avanti sempre più veloce. A un
certo punto il .bicchiere si è mosso,
come se non sapesse da che parte
andare. Si è girato ed è andato a
rompersi per terra. Questo ci ha pro-
vocato un grande spavento e ci sia-
mo fermati.
In seguito ne abbiamo parlato con
Marco, Stefano e Carlo. Il messag-
gio era: «Pruden ...». lo dicevo che
dovevamo fare una «zeta» e una «a».
Enrico e Marco invece dicevano che
finiva con «ti». È strano, perché si
sarebbe detto che il bicchiere fosse
esitante. Ne abbiamo parlato con il
nostro professore di lettere. Ci ha
detto che era la forza dei muscoli
delle dita che faceva muovere il bic-
chiere. Basta che ce ne sia uno che
spinga un poco, a caso o perché si
è stancato di attendere, e gli altri
credono di andare indietro e invece
aiutano a spingere! È vero che que-
sto comincia molto lentamente, ma
quando tutti hanno capito come la
parola o la frase deve finire, si va più
in fretta.
È stata un'esperienza straordina-
ria. In fondo, basta stare al gioco e
crederci per lì. Credo che lo rifarei
per riprovare la stessa emozione e
anche per vedere se è proprio come
dice il professore.
1 FEBBRAIO 1992 25

3.6 Page 26

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FOTOSERVIZIO
IL MUSEO
NATURALISTICO
DI VALSALICE
E ra l'autunno 1878 quando un
calesse partiva da Torino diret-
to a Rivalta per caricare una colle-
zione di uccelli acquistata da Don
Bosco. Egli intendeva cosi facendo
ricambiare i proprietari, suoi bene-
fattori, che erano incorsi in forte
dissesto finanziario, e arricchire
nello stesso tempo con materiale di-
dattico la sua scuola di Valsalice.
Don Bosco, abitualmente senza un
soldo in tasca e carico di debiti, sa-
peva giungere a queste finezze per
ricambiare la carità ricevuta e tra-
sformava tutto ad utilità dei suoi
giovani.
La collezione era stata allestita
tra gli anni 1850-1871 da Gian Bat-
tista Giordano, insigne prelato tori-
nese. Avendo la passione per gli uc-
celli, li catturava e li imbalsamava
nella sua casa di campagna a Rival-
ta. Poiché faceva anche scambi con
l'estero, la collezione comprendeva
pure due .uccelli estinti, preziosissi-
26 - 1 FEBBRAIO 1992
mi, provenienti dalla Nuova Zelan-
da. Trattandosi di circa 1300 esem-
plari, il calesse, in quell'autunno,
dovette fare parecchi viaggi. La rac-
colta ha un grande valore ecologico,
essendo la maggior parte degli uc-
celli catturata in Piemonte circa un
secolo fa.
Il 5 luglio 1879 Don Bosco in per-
sona inaugurava in Valsalice questa
collezione con un ristretto pubblico
di amici e benefattori. C'era anche
il senatore Siotto Pintor, il quale fe-
ce un violento discorso contro il go-
verno che pochi giorni prima, con
decreto del ministro Coppino, cer-
cava di ostacolare le scuole sale-
siane_
R museo attuale
Questa collezione è il nucleo cen-
trale del museo che, col trascorrere
degli anni si è accresciuto notevol-
mente mediante f'apporto di mate~
IMordenite in sferule (Poona, India).
In alto. Impronte crinoidi risalenti
all'epoca paleozoica. Il fossile
è stato rinvenuto nella zona
del Mississipi.
riale nei vari settori naturalistici.
Nel 1969 il vario materiale trovava
definitiva sistemazione e da allora il
museo è aperto gratuitament,e al
pubblico tutte le domeniche, mentre

3.7 Page 27

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----------BS-
IN LIBRERIA - - - -
Tribù Yanomani, piume
ornamentali e perizoma maschile.
Strigope, Nuova Zelanda.
In via di estinzione.
nei giorni feriali è a disposizione
delle scuole su prenotazione. Si tro-
va nella prosecuzione di corso Vit-
torio, verso la collina, in viale Tho-
vez 37. Si estende su un'area di 750
metri quadri. E nel suo genere è un
gioiello. Vi si trovano esposti per
esempio l'Ocydromo e lo Strigope,
due uccelli di valore inestimabile or-
mai scomparsi dalla faccia della ter-
ra. Tra i rettili, due esemplari di
Hatteria, vero fossile vivente, una
lucertola lunga al massimo settanta
centimetri che ha un terzo occhio
sulla fronte. Vive solo più in Nuova
Zelanda, mentre gli antenati si
estinsero 80 milioni di anni fa. Tra
i trofei, la Capra delle nevi, un
mammifero dal pelo morbido, bian-
chissimo. Duemila esemplari vivo-
no nelle Montagne Rocciose, ma è
in via di estinzione. Nel corridoio
etnografico si ammirano molti ci-
meli degli Yanomani, una tribù che
vive alle sorgenti dell'Orinoco tra
Venezuela e Brasile. L'ingresso alla
sala dei fossili è dominato da una
superba palma fossile, la Latanites
Massimiliani del monte Bolca, che·
risale a oltre 40 milioni di anni or
sono. Al piano inferiore è ospitata
una ricca collezione mineralogica e
petrografica. È una visione piacevo-
lissima, imprevista, ricca di interes-
se. Sono esposti 4000 campioni mi-
nerali appartenenti a circa 1500 spe-
cie, e 500 campioni di rocce.
La cosa più simpatica di questo
museo è però senza dubbio il grup-
po dei 150 giovani liceisti, gli «amici
del museo», che da anni lo gestisco-
no, aprendo le porte ai visitatori e
trasformandosi in autentiche guide
specializzate.
Giuseppe Brocardo
1. Preghiere illustrate
Pagine 64. Lire 3.000.
Le comuni preghiere del buon cristiano
in caratteri grandi.
2. Preghiere a catechismo
Pagine 32. Lire 2.000.
Per far pregare i fanciulli e ragazzi ne-
gli incontri di catechesi.
3. Preghiere di Madre Teresa
Pagine 16. Lire 1.400.
Testo e illustrazioni sono ricavati dal
programma in diapositive «Madre Te-
resa ci insegna a pregare» (Dc 12).
4. Preghiere di Raoul Follereau
Pagine 16. Lire 1.400.
5. Preghiere in vacanza
Pagine 32. Lire 2.000.
6. Preghiere a Maria
Pagine 16. Lire 1.400.
7. lo prego Gesù
Pagine 16. Lire 1.400.
8. lo prego con i Salmi
Pagine 32. Lire 2.000.
9. Preghiamo il Vangelo
Pagine 96. Lire 7.000.
Preghiere scritte da ragazzi e da gio-
vani.
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN - TO
Tel. 011/95.91.091
c/c Postale 8128
1 FEBBRAIO 1992 27

3.8 Page 28

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EDITORIA
U n lavoro monumentale: !'«edi-
zione critica» dell'epistolario
di Don Bosco, quasi un'«edizione
nazionale» che ha comportato da
parte di don Francesco Motto una
ricerca previa di sette anni, volta a
ritrovare gli attuali custodi degli au-
tografi di D. Bosco. Più volte in Ita-
lia e all'estero TV, radio, giornali
nazionali, regionali e locali hanno
lanciato il suo appello. Ha condotto
ricerche in decine e decine di archi-
vi, biblioteche, diocesi, seminari,
parrocchie. Le riviste storiche han-
no fatto circolare la notizia fra gli
addetti ai lavori. Risultato: oltre un
migliaio di lettere inedite, un altro
migliaio identificate nella loro at-
tuale ubicazione, per cui al momen-
to dispone di circa 5.000 lettere, un
terzo dei quali inedite. Le pubbli-
cherà in 8 volumi, al ritmo di uno
ogni due/tre anni, per complessive
5/6.000 pagine.
Mentre conduceva l'indagine (che
ovviamente non ha ancora conclu-
so) il segretario di coordinamento
dell'Istituto storico salesiano ha pre-
parato il primo volume dell'Episto-
lario, di 714 pagine (formato supe-
riore al normale), che racchiude 730
lettere scritte da Don Bosco nel
trentennio 1835-1863 . Trattandosi
di un'edizione «critica» il curatore
garantisce l'attendibilità assoluta
del testo che riproduce, mentre of-
fre al lettore una mole di dati archi-
vistici, linguistici, editoriali, storici,
che permettono a chiunque di com-
prendere fatti, situazioni e problemi
inerenti al testo. In aiuto al lettore,
vengono anche dati brevi dati ana-
grafici delle centinaia di persone ci-
tate, appartenenti a tutti i ceti socia-
li: dal re e dagli imperatori, all'umi-
le popolano, al povero orfano, alla
ricca contessa; dal Papa alla sempli-
ce mamma di famiglia. Avvicinia-
mo don Motto.
Prete nuovo, originale
D. Quale volto di Don Bosco
emerge da queste 700 lettere?
«Direi che già da questo primo
voh.une delle lettere emergono vari
volti di Don Bosco (non si dimen.ti-
28 - 1 FEBBRAIO 1992
L'EPISTOLARIO
DI DON BOSCO
Nel primo
volume
dell'edizione
critica
curata da
Francesco Motto,
alcune
lettere inedite
Le lettere del 1835-1863 abbracciano uno dei
periodi più caldi della storia d'Italia.
chi che ci sono 30 anni di mezzo ed
i 30 anni che hanno partorito l'Ita-
lia): il Don Bosco educatore, il Don
Bosco costruttore, il Don Bosco sa-
cerdote fedele al Papa e alla Chiesa,
il Don Bosco questuante, il Don Bo-
sco scrittore, editore, politico ·ecc.
In sintesi direi un Don Bosco dal-
1'attività prodigiosa, instancabile
nel fare e realizzare progetti a servi-
zio dei giovani "pove~i ed abbando-
nati" e del "basso popolo" per dir-
la con le sue parole. Un Don Bosco
sempre a "rischio" di bancarotta,
di essere lasciato solo, di completo
fallimento. Un prete mentalmente
su posizioni non all'avanguardia e
intransigente sui principi cristiani
che credeva fossero gli unici a poter
salvare il mondo ed educare l'uo-
mo; ma nello stesso tempo un prete
concretamente avanzato, in un cer-
to senso rivoluzionario, un prete
nuovo, originale, perciò da tener
d'occhio, ma anche da ringraziare
per quello che faceva di socialmente
utile: in definitiva un cittadino
pro~videnziale, un benemerito della
società».
D. Lei ha parlato di un Don Bo-
sco «questuante». Molte delle lettere
pubblicate nel suo volume sono pro-
prio delle richieste di denaro. Non le
pare che Don Bosco al riguardo sia
stato un terribile seccatore?
«Don Bosco cercò sempre soldi e
non gli bastavano niai. Ne ebbe tan-
ti, ne spese un'infinità. Li prendeva
da una sola banca: la generosità di
coloro che apprezzavano il suo la-
voro. Ma siccome non tutti sapeva-
no, dovette informarli e chiedere.
«Occorre essere molto prudenti
prima di condannare questo atteg-
giamento di "seccatore", stando
racchiusi nelle nostre belle case, ric-
che di ogni confort, con un bel con-
to in banca, con tutte o quasi le ga-
ranzie sociali: dobbiamo calarci nel-
le sue quotidiane preoccupazioni di
dover provvedere tutto, dico tutto,

3.9 Page 29

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a centinaia e centinaia di ragazzi. Il
suo è il coraggio della necessità. Sa
che Dio benedice le sue opere, ma sa
pure che Dio ha bisogno degli uo-
mini».
«Funerali a corte»
D. La vita di Don Bosco è intrisa
di sogni, di visioni, di elementi pa-
rapsicologici sempre difficili da in-
terpretare. Questo primo volume
de/l'epistolario aiuta a capirci un po'
di più?
«Di tutto quello che lei ha detto,
nell'epistolario non c'è praticamen-
te nulla. Mai o quasi mai che si parli
di sogni, di visioni, di angeli e de-
moni, e così via. Questi aspetti che
pure sono una parte cospicua della
visione tradizionale di Don Bosco,
vengono ad essere notevolmente
contenuti, se non pressoché elimi-
nati. Il Don Bosco delle lettere è il
Don Bosco pragmatico, del quoti-
diano visibile, quello diurno e non
quello notturno (anche se molte let-
tere le ha scritte di notte!). Dunque
il Don Bosco uno di noi, alle prese
coi problemi quotidiani di sopravvi-
venza. Una sola eccezione: la famo-
sa profezia dei "funerali a corte",
di cui finalmente siamo riusciti, con
un po' di fiuto e tanta fortuna, a
rintracciare almeno una parte».
Documenti inediti
D. Visto che parla di inediti, quali
sono le scoperte più importanti?
«Nel volume ci sono molte lettere
inedite, ce ne sono per tutti i gusti e
per tutti i generi: politico, religioso,
educativo, scolastico, massmediale,
ecc. Due le chiamerei le "scoperte"
più importanti. Anzitutto direi che
la prima "sèoperta" è quella di con-
fermare una volta per sempre con
documenti ineccepibili molte assèr-
zioni che spesso si sono fatte sulla
Al presidente del Consiglio Camillo Denso di Cavour (1858)
«Eccellenza, mentre godo del buon ritorno di V.E. alla nostra Capitale,
mi faccio animo a raccomandarmi, che nella moltitudine e nella gravità
degli affari cui deve attendere non dimentichi quanto riguarda a questa
nostra povera diocesi. Pronto a quanto sono capace per la mia patria e
per la mia religione, le auguro ogni bene dal cielo».
Al signor Conti (1853)
«Car.mo Sig. Conti, è tutto aggiustato pel nostro Paolino; venga pure
quando che sia.
I O Si porti un letterello piccolo quanto può!
2° I libri che ha già usato nella scuola.
Una buona dose di volontà di stµdiare e vivere da buon cristiano.
Siccome io mi trovo nelle spese fino al collo, cosi venendo mi porti quel
danaro che può, andando avanti il Signore ci aiuterà».
Al cardinale Giacomo Antonelli (1850)
«Prego intanto V.E. (se ben lo giudica) di partecipare al Santo Padre che
io e li miei artigianelli siamo riconoscentissimi pel dono ricevuto, e che
la gioventù torinese in numero di oltre tre mila che frequenta·gli oratori
ha un cuor solo ed un'anima sola pel rispetto dovuto al Supremo Gerarca
del}a Chiesa: e checché si dica e si faccia per allontanarli dall'unità catto-
lica tutti si rifiutano con onore disposti a qualsiasi frangente anziché dire
o fare cosa contraria a quella religione di cui è capo il Romano Pontefice:
e passa per proverbio ne' laboratori, questo sia detto a maggior gloria di
Dio,: zitto non parlare male del papa, là c'è uno dell'Oratorio».
Alla marchesa M~ria Fassati (1862)
.
«Benemerita Sig.ra Marchesa, questa mattina mi trovo in un vero imba-
razzo. Ho bisogno di pagare una somma pel cui totale mi mancano quat-
trocento franchi, e non ne posso differire il pagamento. Se mai Ella po-
tesse dire una parola al sig. Marchese perché me li volesse o dare in limo-
sina o semplicemente imprestarli farebbe una vera opera di carità».
base' della tradizione, del sentito di-
re, e pertanto "sospette". Il che,
per chi conosce la storia di Don Bo-
sco, non è poco. Nello stesso tempo
però si è potuto dimostrare che tan-
te altre affermazioni non corrispon-
dono ai fatti, che talune letture di
Don Bosco sono azzardate, prive di
riscontro, frutto di suggestioni, di
posizioni "ideologiche" preconcet-
te o, preconfezionate. Con volumi
come questi si vorrebbe sperare di
contribuire ad eliminare quel gap
pers~stente tuttora fra la cultura po-
polare, le ''leggende agiografiche''
su Don Bosco e la ricerca scientifi-
ca. In questo senso già il primo vo-
lume mostra un "vero" volto di
Don Bosco, un volto così come era,
non come da taluni si vorrebbe che
fosse stato. Per cui credo non sareb-
be improprio parlare di "svolta".
«ùn solo esempio: il "mito" del-
l'ostilità delle autorità torinesi, sa-
baude prima, italiane dopo. Certo
non ,furono tutte rose e fiori, Don
Bosco una ne pensava e due ne face-
va, qualche volta esagerando e pre-
tendendo troppo, più del dovuto, e
per di più prete più papalino del Pa-
pa in tempi spesso di feroce anticle-
ricaljsmo: nell'insieme però ha go-
duto dell'appoggio di tanti, autorità
politiche comprese. Certo il merito
fu anche suo, che riuscì a dimostra-
re coi fatti l'utilità ed il valore di ciò
che faceva.
D. Quali le analisi che della socie-
tà fa Don Bosco?
«Per Don Bosco i giovani'"pove-
ri ed abbandonati", sono il filtro,
lo specchio, con cui vede la società
del suo tempo. Non gli interessano
di per sé i problemi politici, sociali,
economici, filosofici, teologici, cul-
turali se non nella misura in cui tut-
to dò si riflette sulla gioventù e sul-
la fede delle masse popolari. Non si
schiera per una parte o per l'altra;
non si mette a discutere. In mezzo a
I
tutte le sensibilità va avanti per la
sua strada: lui è ·per il Papa, per la
parte più debole e vulnerabile della
sociçtà, per l'istruzione da imparti-
re, per le scuole di arti e mestieri da
gest~re, per lo spirito di famiglia da
· costruire. Sono questi i mezzi con
cui tenta di perseguire l'obiettivo
che ha ben chiaro in mente: la sal-
vezza dei suoi giovani».
1 FEBBRAIO 1992 - 29

3.10 Page 30

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I 500 ANNI
DI COLOMBO
PER UNA CHIESA
DAL VOLTO l·NDIO
di Juan Bottasso
Il lavoro salesiano
tra i popoli amerindi.
117 anni di presenza
e di servizio.
è stata pioniere, non solo in Ecua- assumere un gran numero di respon-
dor ma nel Continente. Non c'è nes- sabilità che prima erano a carico dei
suno che abbia seguito negli ultimi missionari. Il vero successo della pro-
decenni la problematica indigena in mozione è proprio questo: non che
America Latina, che non conosca la qualcuno arrivi a posti o titoli elevati
Federazione Shuar.
(e ci sono Shuar medici, veterinari,
All'interno di questa organizzazio- piloti, laureati in pedagogia.,.) ma
ne gli indigeni hanno cominciato ad che tutto un popolo avanzi.
e osa fanno adesso i missionari
salesiani in America Latina?
Cominciamo col dire che sono
pochi. Su oltre 4000 salesiani che la-
vorano nel continente sudamerica-
no, non arrivano a 200 quelli che si
dedicano in forma diretta, totale ed
esclusiva agli indigeni. Quasi altret-
tante sono le Figlie di Maria Ausi-
liatrice. Poca gente davvero, se si
pensa che gli Amerindi sono 40 mi-
lioni. Nonostante questo limite e
nonostante il forte aumento dell'età
media, bisogna dire che, nel post-
concilio, lo sforzo di rinnovamento
è stato enorme: quasi dappertutto i
missionari si sono collocati nei pun-
ti strategici delle nuove frontiere.
Insegnare a pescare
Prendiamo il problema dell'auto-
gestione. Se si vuole finirla con il
paternalismo, se si vuole davvero
che gli indios prendano in mano il
loro destino di popoli, non c'è altra
strada che passare dal modello di
missione protettrice-benefattrice al
fomento dell'organizzazione, in cui
il missionario non è più il «padre»
eh~ dirige, concede e decide, ma il
compagno di strada.
In questo la Federazione Shuar,
iniziata nel 1964 dal p. Juan Shutka
30 · 1 FEBBRAIO 1992

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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------------BS-
Buenos Aires. «La Boca», dove ebbe inizio l'impresa
salesiana in Sudamerica.
La prima battaglia che la Federa-
zione ha ingaggiato è stata quella
della difesa della terra. Senza uno
spazio vitale, senza un supporto fi-
sico, la cultura di un popolo non so-
pravvive ed il popolo stesso soc-
combe. Il confronto intrapreso dal-
la Federazione fu piuttosto deciso.
La missione, evidentemente ne fu
coinvolta, al punto che i bianchi in-
i cendiarono la residenza di Sucua
con l'intenzione di farla finita con
Padri.
L'Ecuador non è l'unico caso.
Nel 1976, il tedesco p. Rodolfo
Lunkenbein fu abbattuto davanti
alla missione di Meruri da un pisto-
lero che avevano assoldato gli inva-
sori delle terre dei Bororo. Accanto
a lui cadde crivellato il Bororo Si-
m6n, che aveva cercato di fargli da
scudo con il suo corpo.
Negli ultimi anni i missionari del-
la Patagonia hanno concentrato i
aloi r!o"fasfpourczhi eneill
progetto di
titolo legale
assicurare
della pro-
prietà della loro terra. Anche i mis-
sionari dei Mixes (Messico) ne san-
no qualche cosa delle resistenze che
si trovano se si vogliono aiutare i
nativi a difendere il loro spazio.
Indiani Colorados (Ecuador).
Cultura e culture
Tutti i gruppi umani hanno ela-
borato una loro maniera peculiare
di collocarsi nel mondo e di orga-
nizzare l'esistenza. , È la cultura.
Ogni bambino, crescendo, assimila
quella del suo gruppo ed essa diven-
ta per lui la regola di vita, la fonte
9i sicurezza e la norma di identità.
E per questo che i gruppi umani so-
no tanto attaccati alla loro cultura.
Diamo uno sguardo a quanto avvie-
ne in giro per il mondo e ce ne con-
vinciamo. Ricordiamo il popolo
ebreo, disperso in tutto il mondo
decimato da vari olocausti, che so:
pravvive attorno al suo Libro e alla
sua tradizione. Per due millenni è
vissuto senza la sua terra, ma il so-
gno di riconquistarla è stato l'ele-
mento più tenace di coesione. Molti
popoli si sono «lasciati morire»,
hanno smesso di lottare quando
hanno perso il legame con il loro
passato. Un popolo senza memoria
è un albero senza radici: non ha fu-
turo.
Nel passato la mentalità corrente
non favoriva le iniziative in questo
campo, ma non mancarono missio-
nari salesiani che si misero all'op'era
senza attendere il Concilio. Quando
don_Cocco nel 1972 (il Concilio era
1 FEBBRAIO 1992. 31

4.2 Page 32

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già finito, ma le sue ricerche erano
iniziate molto prima) mandò a
Claude Lévi Strauss il suo libro su-
gli Yanomami, l'antropologo, sicu-
ramente uno dei maggiori tra quelli
viventi, gli scrisse queste parole:
«Ho ammirato la ricchezza delle il-
lustrazioni e soprattutto la prodi-
giosa quantità di informazioni etno-
grafiche, che una permanenza di
quindici am;1i tra gli Yanomami le
ha permesso di raccogliere. Si tratta
di un vero tesoro scientifico che lei
mette a disposizione degli etnologi.
Questa "summa" è paragonabile
all'Enciclopedia Bororo del suo
confratello Padre Albisetti. Ancora
una volta i Salesiani danno a cono-
scere il loro spirito scientifico nello
svolgimento del loro ministero a fa-
vore dei gruppi sociali particolari. Il
suo libro un giorno sarà un "classi-
co" dell'etnografia sudamericana».
L'Enciclopedia Bororo (C. Albi-
setti e A. Colbacchini) che Lévi
Strauss nomina non è ancora com-
pleta. Ne sono usciti tre volumi a
cura di J. Venturelli. Ed i missiona-
ri del Mato Grosso hanno dato alle
stampe altri lavori molto apprezzati
sui Bororo (Ochoa) e sui Xavante
(Giaccaria, Heide, Lachnitt, Bordi-
gnon).
Una zona ancor più isolata del
Brasile, il Rio Negro, è stato teatro
dell'attività di un altro manipolo di
missionari che hanno dato un con-
tributo decisivo alla conoscenza del-
le lingue e delle culture locali. Su di
loro, alla fine degli anni settanta, si
è abbattuta una campagna di criti-
che, abbastanza malevola. La bufe-
ra è passata, ma restano, tra le altre
prove della loro benefica attività, i
lavori linguistici di K. Beksta, A.
Giacone, E. Lagorio; le pubblica-
zioni etnografiche di A. Bruzzi da
Silva, i lavori storici di V. Ugo.
In Venezuela, sulla scia di don
Cocco, si sono pubblicate ricerche
di etnografia (J. Finkers, I. Eguil-
lor, FMA) e di storia (R. Iriber-
tegui).
Nel campo dell'antropologia lo
sforzo più grande si sta portando
avanti in Ecuador. L'Editrice
Abya-Yala è diventata la maggiore
del suo genere nell'America Latina,
arrivando a pubblicare una media
di due libri la settimana.
Il 5 aprile ùltimo C. Lévi Strauss,
32 · 1 FEBBRAIO 1992
al ricevere gli ultimi libri che gli ave-
vo mandato, mi scriveva: «Queste
opere sono per me della più grande
importanza. Le leggerò con tutta
l'attenzione che meritano e sono
sicuro che ne trarrò grande pro-
fitto».
Se torno a citare l'illustre maestro
strutturalista, non è perché sia il
Le pubblicazioni, del resto, non
sono l'unico strumento che i Sale-
siani hanno utilizzato per valorizza-
re e salvare le culture. Nei quattro
angoli del Continente sono sorti
musei specializzati. Quello di punta
Arenas, in Chile, ha un valore incal-
colabile e quelli di Campo Grande,
Quito e Puerto Ayacucho (Venezue-
Yanomami. Sono circa 400 i salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice
che lavorano tra gli Indi.
solo ad esprimere il suo apprezza-
mento per queste iniziative, ma per-
ché non è sospetto di avere un debo-
le per i missionari. Chi ha letto i
suoi «Tristi Tropici» (e sono moltis-
simi) ne sarà convinto.
la) contengono le maggiori collezio-
ni esistenti di oggetti delle culture di
una dozzina di popoli. Di tutto ri-
spetto sono anche i musei di Asun-
ci6n, Ranaus e San Pedro Carcha,
in Guatemala.

4.3 Page 33

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----------BS-
A Buenos Aires padre Baratta ha possono anche arricchire e rafforza-
organizzato un centro di documen- re il senso di appartenenza.
tazione impressionante sulla storia e · I missionari del Venezuela, che
le culture della Patagonia e della lavorano tra gli Yanomami, i Pia-
Terra del Fuoco. Il nome di padre roa, i Guajibo, i Baré... , assistiti
Alberto De Agostini credo dica anche dall'antropologo Jaques Li-
qualche cosa a parecchia gente; a zot, si sono impegnati a fondo per
Buenos Aires c'è moltissimo del suo elaborare testi scolastici che parta-
materiale fotografico.
no dalle rispettive culture e non solo
dai programmi che arrivano da Ca-
racas.
Lo stesso stanno facendo i mis-
sionari del Mato Grosso. In questo
momento padre Giaccaria è il mag-
giore specialista esistente della lin-
gua Xavante, come il colombiano
padre Ochoa lo è di quella Bororo.
Tra gli Shuar sono molti missio-
nari che si sono impegnati nel cam-
po della scuola rinnovata. Basti fa-
re, tra tutti, il nome di padre Alfre-
do Germani, uno dei principali arte-
fici dell'organizzazione delle scuole
radiofoniche, che raggiungono 5000
· allievi sparsi nella foresta, dalle ele-
mentari alle medie ed oltre.
I missionari della Bolivia hanno
fatto della radio lo strumento privi-
legiato per educare e promuovere i
minatori Aimara di Kami, come al-
tre comunità Quechua dell'Altopia-
no e delle zone di recente colonizza-
zione.
I Tribù della Terra del Fuoco
di fine '800
(la foto è del missionario
don Alberto De Agostini).
Non si lavora
solo per gli archivi
Il destino di tante ricerche non è
solo la biblioteca o il museo. Nep-
pure si studia e si documenta per far
piacere a degli specialisti installati
in lontane cattedre universitarie. Le
ricchezze culturali di un popolo si
riscattano per rimetterle in circola-
zione. Tutto il materiale raccolto bi-
sogna riprenderlo in mano e riela-
borarlo per renderlo accessibile ai
giovani dei gruppi stessi, che sono
esposti al pericolo di staccarsi dal
loro passato.
' La scuola e la radio sono stru-
menti ìmbattibili per alienare, ma
Preti e Vescovi indi
Potrebbe sembrare che, con tutto
questo interesse per le culture, i mis-
sionari si siano convertiti in studiosi
dedicati alla ricerca. La realtà è
un'altra. Ma se anche fosse vero che
si trovassero tutti su questa linea,
starebbero facendo un lavoro che li
colloca esattamente nel quadro del-
la loro missione. Questa è infatti la
strada maestra per conoscere l'ani-
ma di un popolo cui si vuole pro-
porre il messaggio di Cristo. Ap-
prezzare la varietà e la ricchezza
delle forme di vita che l'uomo ha
elaborato sulla faccia della terra è
una maniera per rendere omaggio
all'intelligenza umana e alla bontà
del Creatore. ·
Sono cinquecento anni che si pre-
dica in America Latina. Quasi tutti
i suoi abitanti sono battezzati, ma la
situazione non è ideale. La teologia,
la liturgia, gli stessi quadri pastora-
li, sono ancora troppo europei. Le
radici amerindie ed afroamericane
stanno cercando la strada per espri-
mersi a tutti i livelli.
Quando il Papa parlò a 300.000
indigeni riuniti a Latacunga (Ecua-
dor) strappò uno scroscio di ap-
plausi al dire loro che il più bel gior-
no per la Chiesa sarà quello in cui
avranno i loro preti ed i loro vesco-
vi. Dappertutto si stanno moltipli-
cando gli sforzi per affrettare l'arri-
vo di quel giorno. Non basta che ci
siano delle comunità: devono essere
convocate e presiedute da pastori
sorti dal loro seno.
Qui un elenco delle iniziative in-
traprese non finirebbe. Si possono
fare degli esempi, come quello del-
l'indiano padre J. Puthenpura e
dell'australiano A. de Groot che
hanno dato inizio a forme di vtta re-
ligiosa totalmente inculturate tra in-
digeni Ketchies del Guatemala, co-
me quello degli «etserin» (ministri)
tra gli Shuar e dei catechisti di Si-
miatug (Ecuador).
Tante liste e tanti esempi proba-·
bilmente cominceranno a stancare.
Facciamo il punto.
In questi centovent'anni (117 per
l'esattezza) i missionari salesiani
hanno dato il loro contributo di ser-
vizio ai popoli amerindi. Saranno
stati a volte condizionati da schemi
ed idee discutibili. E chi non lo è?
Ma non è su questo che vanno giu-
dicati.
Un giorno padre Cocco stava
parlando a dei liceisti di Torino e
raccontò loro che, in vent'anni, non
aveva battezzato un solo indio. Una
ragazza lo interruppe: «Ma non ha
l'impressione di aver perso vent'an-
ni?». Lui vide che il senso delle sue
parole non era stato capito e si limi-
tò a rispondere: «Quando si ama
non si perde tempo».
L'essenziale non è dare un giudi-
zio sui missionari. A che cosa serve?
Quello che importa è che ci siano
dei giovani disposti a dare loro il
cambio, perché invecchiano e se ne
vanno. Se poi questi giovani riusci-
ranno ad essere più bravi di loro gli
indios di America gliene saranno
grati.
Juan Bottasso
Fine.
(la prima parte
è stata pubblicata nel numero
di gennaio)
1 FEBBRAIO 1992 33

4.4 Page 34

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INTERVISTA
SALESIANO S'I,
MA NON PRETE
èhr !lnil!! i!rlrtir111.1h MAP OF AFRICA
Per l'argentino José Trigona dèstinazione Africa.
Servizio fotografico di Piero Scalabrlno
di Menico Corrente
L'originale chiamata
alla vita religiosa
di José Trigona,
che volle essere salesiano,
laico e missionario.
34 · 1 FEBBRAIO 1992
J osé ha trent'anni ed è nato a
Buenos Aires. Sono nati in Ar-
gentina anche i suoi genitori, figli di
italiani. Durante le classi elementari
José si trasferì con la sua famiglia al
nord del paese, dove frequentò la
scuola elementare salesiana di Sal-
ta, trovandosi immediatamente a
suo agio. Sin da bambino ebbe sim-
patia per la vita salesiana, ma con
uguale chiarezza senti di non volersi
fare prete.
«Nulla di ragionato», dice ades-
so. «Forse non mi pensavo istintiva-
mente degno o non mi vedevo parti-
colarmente portato per le cose sa-
cre». Sta di fatto che resistette sin
da allora alle richieste del direttore,
che vedeva in lui la buona stoffa.
«Perché non ti fai salesiano?», gli

4.5 Page 35

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----------BS-
diceva. Ma pèr José farsi salesiano
e diventare prete era un tutt'uno e
non gli pareva la sua strada.
Tutto il giorno a scuola
l
L'ambiente della scuola gli piace-
va tantissimo. Dopo le ore di lezio-
ne andava a casa per un boccone, e
poi di corsa tornava dai salesiani,
dove tutto gli sembrava familiare.
Dava una mano nell'assistenza, or-
ganizzava i giochi per i compagni.
Praticamente stava tutto il giorno a
scuola. Così fino ai 15, 16 anni.
C'era soprattutto un prete che lo in-
curiosiva, un prete che trafficava
con le biciclette e con mille altre dia-
volerie che montava e smontava per
la gioia dei ragazzi.
«A 16 anni mi inserii nel gruppo
dei giovani più alti e mi impegnai
anch'io come gli altri in qualche at-
tività di servizio». A Salta la scuola
ospitava durante il giorno una qua-
rantina di ragazzi della strada, che
dopo aver fatto i lustrascarpe o i
venditori di giornali, andavano dai
salesiani. «Feci per loro il catechi-
smo. Pranzavo con loro, li servivo a
tavola. Ed era un lavoro che mi pia-
ceva moltissimo».
Al termine della scuola media,
presa la maturità, quattro suoi com-
pagni decisero di farsi salesiani.
Uno di questi era stato con lui da
sempre ed erano amicissimi. Gli dis-
se: «Perché non vieni anche tu? Vie-
ni con noi almeno per il periodo
estivo, poi deciderai». José era cer-
to che se fosse andato con loro si sa-
rebbe trovato talmente bene che
non avrebbe più avuto il coraggio di
tornare. E non raccolse l'invito.
Intanto i salesiani, contenti di lui,
lo assunsero stabilmente come
assistente-educatore nella scuola.
«Passavo con i giovani tutto il tem-
po che mi era possibile, anche fuori
dell'orario scolastico». E si iscrisse
all'Università, nella facoltà di lin-
gue moderne. Fu nel frattempo sor-
teggiato per il servizio militare e fe-
ce 14 mesi in marina, nella zona del-
1'Antartide. Un'esperienza che lo
aiutò a maturare e a riflettere. Al
1 FEBBRAIO 1992 35

4.6 Page 36

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per me. C'è un termine con cui i ra-
gazzi chiamano i loro amici più
stretti in Argentina, ed è quello di
hermano (fratello): ed è precisa-
mente il modo con cui viene chia-
mato il salesiano laico. Penso che
essere un laico mi faccia sentire più
vicino ai ragazzi.
«Avere un segno o una divisa
crea più facilmente una barriera. È
vero che anche il prete-salesiano fa
pendere la bilancia sempre dalla
parte del "salesiano", ma mi pare
che un laico viva tra i ragazzi e la
gente in modo più normale, condi-
videndo più facilmente la loro vita.
E magari solo dopo si accorgono
che sei un religioso».
Nigeria. cela vocazione missionaria è qualcosa di speciale».
termine del militare, riprese la sua
attività nella scuola e continuò l'U-
niversità. Il direttore lo invitò a oc-
cuparsi più da vicino dei ragazzi
della strada e José si improvvisò per
loro istruttore di falegnameria. 'Con
quei ragazzi ci mise il cuore e il tem-
po non gli bastava mai. Pensò dav-
vero che farsi salesiano gli avr~bbe
permesso di occuparsi meglio di lo-
ro. Tanto più che aveva ritrovato
uno dei suoi amici che lo aveva in-
coraggiato a decidersi: «Pensi trop-
po a quello che lasci», gli aveva det-
to, «non pensi invece abbastanza a
ciò che troverai!». E questo ritor-
nello gli ronzava nella testa.
Due incontri decisivi
Un giorno nella scuola venne il
salesiano Esteban Burja, un missio-
nario del Kenia, che fece vedere ai
ragazzi delle diapositive. José aveva
avuto l'incarico di accompagnàre i
ragazzi, ma il più coinvolto fu pro-
prio lui. Il fuoco che già covava,sot-
to la cenere, a contatto con quel
missionario prese vigore. Tanto più
che Esteban Burja era un salesiano,
ma non era un prete. E fu una sco-
perta che lo riempì di gioia. Dunque
si poteva passare tutta la vita tra i
giovani senza doversi fare prete!
Nessuno glielo aveva mai detto. In
36 · 1 FEBBRAIO 1992
quello stesso periodo si imbatté an-
che in un altro salesiano laico. Lo
vide andare e venire, fare scuola,
stare con i giovani amichevolmente.
Si capiva che era salesiano, ma si
vedeva anche che non era prete.
«Gli parlai e mi spiegò in modo
chiaro in che cosa consisteva la sua
vocazione.
Questa volta mi decisi: parlai al
direttore e al mio amico sacerdote
(quello delle biciclette) e andai a
Cordova per prepararmi al novizia-
to. Non sapevo bene che cosa voles-
si, ma capivo ormai chiaramente
che quella vocazione era qualcosa di
diverso e di originale e che faceva
per me». Al nuovo direttore disse di
voler fare il salesiano, ma di voler
essere un "salesiano laico". Il diret-
tore gli rispose: «Qui si viene per di-
ventare salesiani. Il resto lo si deci-
derà al termine del noviziato» . A 22
anni aveva lasciato l'Università. I
suoi genitori capirono e lo lasciaro-
no fare. Al termine del noviziato la
sua domanda venne.accolta e diven-
ne salesiano laico.
Gli chiedo: «Cos'è che ti attirava
tanto della vocazione religiosa lai-
cale?». «Non so. Io non capivo co-
sa volesse dire essere religioso e na-
turalmente non ho mai avuto nulla
contro i preti. Ma, come ho detto,
quella del sacerdote mi è sempre
sembrata una vocazione non fatta
La vocazione missionaria
Gli argentini sono molto legati al-
la loro terra e alla loro famiglia. So-
no attaccati anche alla loro fede e
hanno dato molte vocazioni. Ma le
vocazioni religiose e missionarie so-
no più rare e incontrano delle diffi-
coltà, perché si tratta di lasciare
davvero tutto ciò a cui sono più at-
taccati. José è da sempre convinto
che la vocazione missionaria è qual-
cosa di più e di speciale. È un dono.
E sin dall'inizio, da quando volle
diventare salesiano, chiese anche di
poter essere missionario. Ora da
qualche mese vive in Nigeria ed è
contento. «Sapevo o immaginavo
che sarebbe stato bello fare il mis-
sionario», dice, «però quello che ho
trovato supera la realtà. Sono dav-
vero felice di trovarmi in Africa, fe-
lice come un bambino davanti agio-
chi nuovi».
A Ondo José ha subito dovuto
fare il "provveditore" della comu-
nità e il dover andare al mercato o
alla posta, l'incontrare per le strade
la gente lo ha inserito subito nel-
1'ambiente africano. «Anche i viag-
gi più lunghi ti fanno sentire il calo-
re della popolazione. Non essendo
conveniente tornare di notte, la gen-
te ti offre un posticino nella propria
casa e moltiplica il proprio riso. Per
loro è una grande gioia poter divi-
dere quel poco che hanno».
José ha dunque ottenuto quello
che voleva: è salesiano, laico e mis-
sionario.
Menico Corrente

4.7 Page 37

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- - - - - - - -ì- - - B S -
I NOSTRI SANTI
MUA' LLEM SRUGI,
SERVO .DI TUTTI
di Teresio Bosco
~~\\~hll~~~:
~1 : .
'\\
-~ 7::!..
J,
~ I,
(
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I.
'
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-_. :~.:~1;: : .
...;::.:•.·..~.';':; ~,,-i~--,i-~(~)_i::
L'orfanotrofio di don Belloni in una stampa del tempo.
Simone vi fu accolto a 11 anni.
Era un ragazzo esile
come un filo d'erba.
Nato nel paese di Gesù,
Nazareth, come Gesù fu
«il servo di tutti».
Dissero di lui: Dopo
Allah c'è Srugi.
È un mare di carità.
N ella casa di Aazar Srugi veniva
conservata tra i documenti
preziosi la "genealogia", come
quella di Gesù che si legge nei Van-
geli. È un'usanza rispettata dalle fa-
miglie palestinesi. Si leggeva: Aaz
figlio di Tannus, figlio di Faddùl,
figlio di Gìrges, figlio di Jùssef...
La genealogia risaliva fino a Fa-
raòn, che aveva abitato nella Siria
meridionale nel 1550, ed era emi-
grato con la famiglia verso la Pale-
stina. Nell'ultima riga della genea-
logia si leggeva: «Aazar ha sposato
Dàlleh, ed hanno generato Simàan
il 15 aprile 1877, a Nazareth».
Sinìàan (che noi all'europea chia-
meremmo Simone) ricevette il Bat-
tesimo a Nazareth il 10 maggio df
quell'anno: concittadino di Gesù, e
da quel giorno anche suo fratello.
Solo tre anni dopo, Simone ebbe la
più grave disgrazia che possa tocca-
re a un bambino: nello spazio di po-
chi mesi perse H papà e la mamma.
Fu accolto dalla nonna, e venne su
esile come un filo d'erba, con
un'ombra di tristezza in fondo agli
occhi, e con un prepotente bisogno
di amore.
Di orfani, in quel tempo, ce n'e-
rano tanti in Palestina. Affollavano
le viuzze di ogni villaggio. L'Impero
Turco, a cui la Palestina appartene-
va da milleduecento anni, non ma-
nifestava molto interesse per loro .
Un prete italiano, don Antonio Bel-
loni, che si trovava a Gerusalemme,
cominciò ad aprire case per quei
"ragazzi di nessuno". Amico e imi-
tatore di Don Bosco, don Antonio
nelle sue case dava agli orfani, scuo-
la, mestiere, catechismo, e tanta
tanta bontà. Fu ribattezzato dalla
gente Abuliatama, padrè degli or-
fani.
Nel 1888 Simone compiva 11 an-
ni, ed entrò nella casa dell'Abuliata-
ma aperta a Betlemme. Dopo aver
dato addio al papà e alla mamma,
aveva dato addio anche alla faccia
buona e rugosa della nonna. Ma
trovò la faccia buona e gentile di
don Antonio, che in poco tempo Si-
mone sentì come un nuovo papà.
Andò a scuola, imparò a impastare
la farina nella panetteria, a gover-
nare il forno.
Nel 1891 succede un avvenimento
grande, che influenzerà tutta la vita
di Simone Srugi. Don Antonio Bel-
Ioni e tutti i sacerdoti che l'aiutano
nella cura degli orfani, divèntano
"salesiani": entrano nella congre-
gazione di Don Bosco. Simone, che
proprio in quell'anno si era deciso a
restare con don Antonio per metter-
si come lui al servizio degli orfani,
diventò "di Don Bosco, per sem-
pre". Aveva 17 anni quando andò
nell'Orfanotrofio-scuola agricola di
Beit Gemàl, fondato da don Anto-
1 FEBBRAIO 1992 - 37

4.8 Page 38

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nio Belloni sulle ultime colline della
Giudea, che vanno declinando nella
pianura di Shefèlah.
Le file rumorose dei contadini
Vi andò come "aspirante salesia-.
no". Vi completò i suoi. studi, nel
1895 fece il noviziato, e nel 1896 si
consacrò al Signore con i voti di po-
vertà, castità e obbedienza, diven-
tando salesiano. Aveva 19 anni.
La casa di Beit Gemàl era collo-
cata in alto sul colle come un'antica
abbazia, ed era autosufficiente in
tutto. Aveva il mulino, il forno, il
torchio per le olive, le cantine, i gra-
nai. Alla sua imponente costruzione
si aggrappavano le casette dei con-
tadini musulmani, che si appoggia-
vano•alla grande casa per.poter vi-
vere. Wella grande pianura che si
spalancava davanti si erano svolte
gigantesche battaglie: era passato il
turbine distruttore dei Persiani, poi
erano arrivati i terribili eserciti mu-
sulmani. Ora sui fianchi delle colli-
ne e in qualche campo della pianura
minacciata dalla malaria, i piccoli
contadini facevano crescere il gra-
no, gli olivi, la vite. E in file sempre
rumorose e litigiose entravano nella
grande casa perché il mulino tra-
sformasse il grano in farina bianca,
le olive in olio profumato ...
Quel ragazzo .mite e gentile arri-
vato da Betlemme cominciò a tra-
sportare, curvo e silenzioso, taniche
d'olio, sacchi di grano e farina. Era
gracile, ma faticava volentieri.
Quello sguardo profondo e vivace
sorrideva appena incrociava un al-
tro sguardo, e la sua voce esile salu-
tava con parole gentili e scherzose.
Cominciò cosi (e continuerà per
45 anni) la vita del salesiano Simone
Srugi, servo di tutti. Fu incaricato
di moltissime cose. Sembravano in-
compatibili tra loro, ma la sua bon-
tà.riuscì a metterle in fila quasi tutti
i giorni della sua vita. Al mattino
serviva la Messa, guidava la medita-
zione dei salesiani, assisteva i ràgaz-
zi orfani in chiesa, in cortile, faceva
scuola. Contemporaneamente tro-
vava il tempo di mettersi al banco di
una botteguccia dove i contadini ve-
nivano a comprare le cose di prima
necessità. Era anche l'infermiere
per chi si ammalava, badava al for-
no e al mulino (l'unico nel raggio di
38 · 1 FEBBRAIO 1992
Simone Srugi, salesiano laico,
concittadino di Gesù.
trenta chilometri). In tutte queste
occupazioni che bruciavano ogni at-
timo del suo tempo, Simone seppe
unire sempre due cose quasi incon-
ciliabili: la laboriosità instancabile e
la gentilezza delicata. Un ragazzino
musulmano che veniva a scuola
scalzo e denutrito, durante la lezio-
ne di arabo verso mezzogiorno si
addormentò profondamente sul
banco. Neanche la campana che se-
gnava la fine delle lezioni riuscì a
svegliarlo. Il dito sulle labbra di Si-
mone fece uscire gli altri ragazzi in
punta di piedi. Quando il ragazzino
si svegliò non riusciva a capire do-
v'era, e come mai il maestro Srugi
gli era accanto e gli porgeva i panini
del pranzo.
Le mani bianche di farina
1915. L'Italia entra nella prima
Guerra mondiale contro Austria,
Germania e Impero Turco. I Sale-
siani italiani, poiché la Palestina fa
parte dell'Impero Turco, vengono
imprigionati il 23 agosto. I ragazzi
sono inviati dal governo in un orfa-
notrofio musulmano.
Nel 1917 la Palestina è conquista-
ta dalle truppe inglesi. I Salesiani
possono tornare al loro lavoro. Si-
mone ha 40 anni. Comincia per lui
il periodo luminoso della piena ma-
turità. Gli viene affidato in maniera
totale il mulino. Stare al mulino
vuol dire stare nel cuore della zona.
Ogni giorno dai cinquanta villaggi
intorno vi sale una carovana di muli
e ·di cammelli carichi di sacchi di
grano. Nel cortile, durante l'attesa
o prima di ripartire, si combinano
gli affari; si comunicano le notizie,
scoppiano anche litigate solenni.
Srugi macina la farina di tutti, in-
contra tutti, parla con tutti, sorride
a tutti. Durante le liti più clamorose
esce con le mani bianche di farina e
si caccia tra i contendenti col rischio
di prendersi una coltellata. Riporta
la pace. A volte rimprovera con pa-
role forti, ma non se la prendono:
«È come il padre di tutti», dicono.
E si fidano. La farina che mette nei
sacchi è la razione giusta che spetta
a ciascuno, nessuno discute. Dico-
no: «Dopo Allah c'è Srugi». Simo-
ne vede in loro i suoi fratelli. Anche
dei più litigiosi, maneschi, ladri, di-
ce: «Anche loro sono figli di Dio».
Poco per volta viene ribattezzato
Muàllem, cioè maestro. I suoi con-
sigli sono il condensato del Vange-
lo. Comincia quasi sempre: «Gesù
dice... », «Maria SS. ti direbbe... ».
Si giunge al punto che sulla bocca di
quei musulmani i nomi di Gesù e di
Maria diventano familiari.
Da Muàllem ad Haqìm
Molte di quelle persone accocco-
late al sole in attesa del loro turno al
mulino erano scosse dai brividi del-
la malaria, soffrivano per piaghe
aperte e non curate. Muàllem Srugi,
infermiere nella casa salesiana, co- ·
minciò a diventate l'infermiere di
tutti. Iniezioni, pomate, medicine
fatte con le erbe. E cosi, accanto al-
la fila dei muli che portavano i sac-
chi di grano al mulino, cominciò a
salire un'altra fila, più lenta, più si-
lenziosa. Uomini, donne, bambini e
vecchi, vestiti in tutte le fogge, col
volto contratto dalla sofferenza.
Arrivarono a cento, centoventi al
giorno. Muàllem divenne Haqìm, il
medico. Non avevano ·molte medici-
ne i salesiani in quegli anni. Haqìm
Srugi metteva a disposizione il poco
che c'era: alcool per disinfettare,
tintura di iodio per pulire, bende

4.9 Page 39

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----------BS-
per fasciare, medicine ricavate da della Palestina la " patria ebraica" Così dobbiamo comportarci anche
piante e da erbe. Chi poteva gli da- per gli ebrei di tutto il mondo. Len- noi». E curò il ferito.
va un soldo, chi non poteva sussur- tamente cominciò l'immigrazione Nel 1939 il mondo fu travolto
rava «Viva Gesù!», il suo saluto ebraica da ogni nazione. Nel 1923, dalla seconda guerra mondiale. Il
preferito. Sovente le mamme gli dopo aver occupato militarmente la 10 giugno 1940 anche l'Italia entrò
portavano i loro bambini, che sta- Palestina per sei anni, l'Inghilterra in guerra contro Francia e Inghilter-
vano bene. Ma volevano che lui la proclamò suo "mandato". S'in- ra. I salesiani italiani furono arre-
mettesse la mano sulla testolina, di~ tensificò l'immigrazione degli ebrei, stati, e gran parte del lavoro piom-
cesse una preghiera. E andavano via e iniziarono gli scontri violenti tra bò sulle spalle stanche di Simone
contente. I salesiani costruirono un arabi ed ebrei. Nel 1936 gli arabi si Srugi. Aveva ormai 63 anni, e un
dispensario. Ma sovente più che di ribellarono all'amministrazione in- anno prima era stato colpito dalla
cure, quella gente aveva bisogno di glese, e iniziarono la guerriglia con- malaria e da una doppia polmonite.
cibo. Haqìm Srugi distribuiva il pa- tro le installazioni ebraiche. L'In- Il progresso aveva camminato,
ne fragrante del forno agli "amma- ghilterra intervenne militarmente, e attorno, nei villaggi, c'erano ormai
lati di fame''. Ai bambini portava i tentò di imporre la spartizione della medici, farmacie, ospedali. Ma la
dolci e lé3. frutta a cui i confratelli ri- Palestina in due stati. L'intransi- gente veniva ancora da Haqìm Sru-
nunciavano per loro.
genza delle due parti fece fallire gi, perché «le sue mani avevano la
Qualcuno gli confidava che nelle ogni tentativo .
potenza e la dolcezza dì Allah».
case vicine alla sua c'erano altri ma- Nel 1938 anche la casa salesiana Nell'ottobre 1943 la tosse e l'a-
lati, e Srugi andava a cercarli. Un di Beit Gemàl fu coinvolta nella sma lo sigillarono nella sua came-
giovane Yemenita, povero in canna, guerriglia. Sospettando che con il retta. Dopo una crisi disse: «È terri-
stava morendo nella sua stanza
sporca, abbandonato dà tutti. Ha-
qìm Srugi andò a trovarlo, fo per-•
suase ad andare con lui, nella casa
salesiana gli fece le cure necessarie e
lo nutrì. Nella lunga convalescenza
persuase l'economo a tenerlo come
domestico, poi ad assumerlo defini-
tivamente come pastore. Il direttore
lo trovava sovente a notte alta nel
dispensario a preparare le medicine
con le erbe, e anche a vegliare quei
poveretti che per qualche giorno
non potevano tornare a casa. Un
giorno gli portarono un malato così
grave che solo all'ospedale poteva
essere curato. Ma l'ospedale era
lontano, gestito da stranieri, e quel-
la povera famiglia aveva paura, non
ne voleva sapere. Allora Simone
dette qualche medicina che sapeva
insufficiente, e mormorò: «Pregate
Sitti Màriam. Se lei vuole, Dio lo
guarirà». Tornarono qualche gior-
no dopo a ringraziare, con il malato
perfettamente guarito. E lui disse:
«Ringraziate Sitti Màriam, la Vergi-
Il «dott. Srugi». Al suo dispensario di Beit Gemàl, facevano la fila per essere
curati da lui. «Medica e Allah guida la sua mano», dicevano gli arabi.
ne Maria. È lei che ottiene da Dio felefono il direttore salesiano tenes- bile quando manca il respiro. Ma se
ciò che vuole».
se contatti con gli inglesi, i guerri- il Signore vuole, va bene». Morì da
glieri palestinesi lo sequestrarono e solo, nel silenzio della sua cameret-
lo uccisero. Al dispensario, Srugi ta, durante la notte tra il 26 e il 27
La storia camminava tra
il bene e il male
vide arrivare giovani armati e vio- novembre. I contadini musulmani
lenti che portavano un loro ferito sporchi, rissosi, accorsero con le la-
da arma da fuoco. Urlavano a Srugi crime agli occhi, con i bambini in
Mentre Haqìm Srugi lavorava e di curarlo subito, una suora inter- braccio, perché vedessero ancora
serviva in quel cantuccio dimentica- venne per rimproverarli, nel parapi- una volta Haqìm Srugi. Lo portaro-
to della Palestina, la storia andava glia Simone fu gettato per terra. Si no loro al cimitero. Mormoravano:
avanti, con il suo bene e il suo male. alzò con calma dicendo: «Suora, «Dopo Allah c'era Srugi. Era un
Dal 1897 si _era costituito il ''movi- Gesù ha detto: Padre, perdona loro mare di carità».
mento sionista", che intendeva fare perché non sanno quello che fanno.
Teresio Bosco
1 FEBBRAIO 1992 - 39

4.10 Page 40

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Borsa: Don Bosco, a cura di un
Exallievo riconoscente L.
1.200.000 - Borsa Missionaria
in memoria di Panfilo Roberto
e Stocchi Achille, a cura di
Stocchi Virgilio, Milano, L.
1.000.000 - Borsa: Maria Au-
siliatrice e S. Giovanni Bosco,
implorando la grazia della gua-
rigione, a cura di Bonati Paola,
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Ausiliatrice: mi affido al tuo
materno aiuto, a cura di N.N.,
L. 1.000.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice e Don Bosco, in
memoria di Francesco e Cateri-
na Giudici, invocando prote-
zione, a cura dei figli G.A. e
M., L. 1.000.000 - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice, S. Giovanni
Bosco e ~- Domenico Savio a
cura di Caterina e Aldo, L.
1.000.000 - Borsa: In memo-
ria e suffragio di Alfredo La-
vacchielli, a cura di N.N., L.
1.000.000 - Borsa: Maria Au-
siliatrice, Don Bosco e Don
Rua, invocando protezione, a
cura di Don Luigi Frassy, L.
1.000.000 - Borsa: Don Bo-
sco, a cura di Piera Zordan Pe-
senti, L. 1.000.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco: proteggeteci sempre, a cu-
ra di Musuraca Veneranda, L.
500.000 - Borsa: S. Domenico
Savio: perché sempre protegga
i miei nipotini, a cura della
nonna Renata Martini, L.
500.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e S. Giovanni Bosco,
per grazia ricevuta, a cura di
Galli Teodora, L. 500.000 -
Borsa: Don Bosco, per ringra-
ziamento e protezione della fa-
miglia, a cura di Farro Mario,
L. 500.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice, a cura di Terraz-
zoni Anna veci-. Ornano, L.
300.000 - Borsa: In suffragio
di Lodovico Fontana e Nicolao
Giacobba, a cura di Fontana
Rag. Ezio, L. 300.000 - Bor-
sa: Santi Salesiani, per favore
ricevuto e continua protezione,
a cura delle Famiglie B. e G.,
L. 300.000 - Borsa: S. Maria
delle Pertighe, in suffragio dei
familiari defunti, a cura di
Bracciali Ugo, · L. 300.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice e
Santi Salesiani, a cura di Ex Al-
lieva F.M.A., L. 200.000 -
Borsa: S. Giovanni Bosco, San-
ti Salesiani, pregate per noi, a
cura di N.N., L. 200.000 -
Borsa: In suffragio di Madda-
lena Agabio, a cura di Agabio
borse di studio
per giovani missionari
pervenute
alla direzione
opere Don Bosco
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del popolo
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Don Bosco, a cura di Pastorino
Pierina, L. 200.000 - Borsa:
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Don Rinaldi, a cura di Vacca
Angela, L. 200.000 - · Borsa:
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ni Bosco, in ringraziamento, a
cura di Spartà Diego L.
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liatrice, a cura di Anna De Pace
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sco per protezione e aiuto della
mia famiglia, a cura di Pessina
Luciana - Borsa: Beato Don
Filippo Rinaldi, a cura di Ri-
naldi Lodovico e Aprà Angelo,
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sco, in memoria del Padre Bo-
naccorsi Cirino , a cura di Bo-
naccorsi Lidia e Famiglia, L.
200.000 - Borsa: S. Domenico
Savio, a cura di Caretta Giu-
seppina, L. 150.000 - Borsa:
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ni Bosco, invocando aiuto e
protezione, a cura di V.B., L.
150.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, S. Giuseppe, ringra-
ziando e invocando protezione
in vita e in morte, a cura di
N.N., L. 150.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, invocando protezione, e
in suffragio dei defunti, a cura
della Famiglia Sodano, L.
150.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco, a cura di
Cominetto Jole, L. 150.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cu-
ra di Meschi Guerrina, L.
150.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, Santi Salesiani, implo-
rando protezione sulla fami-
glia, a cura di Pecchioli Lucia
Mancini, L. 150.000 - Borsa:
Papa Albino Luciani, a cura di
Piera Piccaluga Rima, L.
126 .000
Borse Missionarie da
L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, Domenico Savio, a cura
di Piero e Eugenio Venera -
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cu-
ra di G.P.D. - Borsa: Maria
Ausiliatrice e Don Bosco, in
memoria di Giacomo Monta-
gna, a cura di Montagna Ennio
- Borsa: Maria Ausiliatrice, a
cura di ·calovi Anna - Borsa:
Maria Ausiliatrice e DoQ Bo-
sco, per grazia ricevuta, a cura
di Clemente Nerina - Borsa:
Don Bosco, a cura di Cappe!-
letti Olivo - Borsa: Maria Au-
siliatrice, a cura di Tagliamonte·
Anna - Borsa: Maria Ausilia-
tri.ce, Don · Bosco, Domenico
Savio, ringraziando e invocan-
do protezione, a cura di M.G.
- Borsa: S. Domenico Savio, a
cura di Mario Palanca - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando prote-
zione, a cura di T.C. - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Santi Sale-
siani, per ringraziamento, a cu-
ra di Parlani Giorgina - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Don Rinaldi, a cura di Ra-
gosta Miche! e Anna - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Santi Sale-
siani, a cura di Rallo Grazia -
Borsa: Maria Ausiliatrice e
Don Bosco, per ringraziamen-
to, a cura di Tirendi Nunziata
- Borsa: Don Bosco, Domeni-
co Savio, Don Rua, a cura di
Lantermo Ebe - Borsa: Maria
Ausiliatrice e Don Bosco, a cu-
ra di N.N. -Borsa: Mari!l Au-
siliatrice, a cura di Balbiani Eli-
sabetta - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Santi Salesiani, in rin-
graziamento, a cura di Marcuz-
zi Annamaria - Borsa: Don
Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Fiora Emanuela - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Cremonesi Erminia
Ventura - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, per grazia ricevuta, a
cura di Chiofalo Maria - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Pagnutti Laura - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice e Don Bosco,
invocando protezione sulle fa-
miglie Vasco G. - Vasco R. -
Calella G. a cura di Vasco G. e
Calella G. - Borsa: Maria Au-
siliatrice e Santi Salesiani, invo-
cando aiuto e protezione, a cu~
ra di N .N. Ex allieva di Faenza
- Borsa: Maria Ausiliatrice,
per protezione aiuto, a cura di
N.N., Tolmezzo - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice e Don Bosco,
invocando preghiere, a cura di
Fiacca Vera - Borsa: Maria
Ausiliatrice e S. Giovanni Bo-
sco, in suffragio dei miei de-
funti e invocando protezione, a
cura di Bramati Luigia - Bor-
sa: Beato D. Filippo Rinaldi,
ringraziando e invocando pro-
tezione, a cura di N.N., Asti -
Borsa: Maria Ausiliatrice, S.
Giovanni Bosco, per grazia
ricevuta e invocando guari-
gione per il nipotino, a cura
della nonna Vai, Marmorito.
40 · 1 FEBBRAIO 1992

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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GAMBIRASIO sac. Emilio, salesiano, t Arese
(Milano) il 2/8/1991 a 69 anni.
Il papà Pietro invitava i figli alla sera alla recita
del rosario, la mamma riempiva la casa con la
sua vitalità premurosa e il suo sorriso. In questo
clima maturarono le vocazioni di Giacomo e Giu-
seppe, che andranno missionari in Ecuador; di
Maria, che entrò tra le suore di Maria Bambina, e
di Emilio, che è l'ottavo dei dieci figli. Il padre,
quando Emilio gli chiese il permes.so di farsi sale-
siano, gli disse: «Sono felicissimo di donare al Si-
gnore un terzo figlio. Bada bene a non fare le co-
se alla leggera. lo non posso far altro che pregare
e offrire a _questo scopo le mie fatiche e benedir-
ti•. Diventato sacerdote, don Emilio partl missio-
nario per l'Ecuador. Ll diventò preside di facoltà,
rivelando un temperamento umanamente ricco e
sereno. Fondò un centro medico psico-pedago-
gico per i giovani, costruì quattro chiese, con an-
nesse opere oratoriane. Nei 1986 ricevette l'ob-
bedienza di trasferirsi in Argentina e obbedl sere-
namente. Ritornerà poi in Italia a causa della ter-
ribile ultima esperienza della malattia, che affron-
terà però con il suo solito senso positivo. Era un
salesiano di buon umore e accogliente, e sapeva
cogliere il iato positivo delle persone. A un giorna-
lista aveva detto: «Se vuoi essere contento fai del
bene agli altri, e se vuoi dare tutto, "fatti missio-
nario" .
MASPER sac. Celso, salesiano, t a Civitanova
Marche il 24/7/1991 a 78 anni.
È stato un uomo semplice e lineare, fedele al
lavoro e alla sua vocazione. Nate a Mapello di
Bergamo, la sua terra gli diede una sorta di serie-
tà. Entrato da ragazzo nella casa salesiana di Mi-
lano, la sua vita fu tutta e solo salesiana. Dopo il
periodo di formazione, venne inviato a Faenza e
trascorse tutta la vita nell'ispettoria Adriatica. A
Rimini viene ricordato come organizzatore di ga-
re di catechismo nelle scuole. Visse 30 anni nella
casa di Ancona. Amò e si interessò delle cose dei
giovani e della congregazione salesiana. Coltivò
la musica e il canto liturgico. Raccolse milioni di
francobolli, che trasformò in offerte per i missio-
nari. Anche nel declino della salute emersero le
sue convinzioni profonde.
MUKHIM suor Cecilia, Figlia di Maria Ausiliatri-
ce, t a Shillong (India) il 13/10/1991 a 47 anni.
Fu molto apprezzata come insegnante elemen-
tare, ma la sua caratteristica fu l'oratorio. Da 11
anni tutti i giorni ragazzi e ragazze della strada ar-
rivavano sapendo di trovare in lei la paziente ani-
matrice, la persona che parlava con Dio e che da-
va loro qualcosa da mangiare. Ogni settimana
era lei a distribuire ai più poveri una razione di ri-
so e lenticchie. La domenica andava in un villag-
gio vicino per stare con i giovani. Mentre molti si
aspettavano ancora la sua presenza benefica, il
Signore l'ha voluta nel suo Regno di amore.
RIVOLTA sig. Vincenzo, salesiano, t a San Do-
il 24/9/1991 a 66 anni.
Conobbe i salesiani a Torino-Rebaudengo, do-
ve tornerà dopo il noviziato. Lavorò nelle scuole
professionali di Chieri, Catania e del Veneto. Di-
venne quindi segretario della scuola di Mogliano,
economo a Gorizia e ancora segretario a San Do-
nà. Era esigente e preciso, ma anche cordiale
con i numerosi amici ed exallievi. Aveva avuto un
infarto alcuni anni fa e aveva sempre presente il
pensiero della morte. Morl all'improvviso, ma non
impreparato, durante una passeggiata tra i colori
della campagna autunnale.
DELLE DONNE-MASOERO Giuseppina, coo-
peratrice, t Torino a 53 anni.
Trovò nella Associazione dei Cooperatori un
modo concreto di vivere la propria fede, che testi-
moniò con un servizio disinteressato, umile e ge-
neroso operando nella spedizione della rivista
«Maria Ausiliatrice», nell'accoglienza dei pellegri-
ni a Valdocco per il Centenario di Don Bosco, nel-
la preziosa vigilanza in portineria nei giorni di fine
settimana o di ferie . Non disse mai di no alla ri-
chiesta di aiuto, anche se le costava sacrificio.
BONSIGNORE sac. Giuseppe, salesiano t
Messina il 20/5/1991 a 80 anni.
Prestò il suo servizio apostolico ai giovani nel-
1'animazione oratoriana e nell'amministrazione
(fu costruttore impareggiabile e apprezzato), ma
anche nell'assistenza e nell'insegnamento delle
materie letterarie. Colpiva per il suo attaccamen-
to alla vita salesiana, per la sua costante presen-
za tra i giovani. Scrisse: «Farsi amare per condur-
re i ragazzi a Dio e per fare amare Dio. Guada-
gnarsi la fiducia per giungere alla .persuasione».
MELE sac. Pietro, salesiano, t Castellammare
di Stabia il 5/8/1991 a 86 anni.
Educatore di grande talento, Don Mele si è ser-
vito soprattutto dell'insegnamento della musica,
della lingua francese e del suo ministero sacerdo-
tale per guidare una moltitudine di giovani verso
il loro inserimento nella società con atteggiam·en-
to cristiano. Dei suoi 58 anni di sacerdozio, venti
li trascorse nella Casa Salesiana di Taranto, dove
si distinse in particolare per le sue non comuni
doti di confessore esperto e profondo. I ragazzi,
i giovani, i confratelli, le FMA e i sacerdoti dioce-
siani trovarono in lui una guida sicura ed amica.
BONGIANINO suor Felicita, Figlia di Maria Au-
siliatrice, t a Fortaleza (Brasile) a 90 anni.
Nata a Borgo d'Ale (Novara), crebbe in una fa-
miglia di agricoltori e maturò la sua vocazione nei
vigore della sua giovinezza. Dopo la professione
religiosa partl per il Brasile e, subito dopo aver
imparato la lingua, fece parte del primo gruppo di
missionarie chiamate a fondare un collegio nei
Nordest. Affrontò disagi e fatiche con quell'ardo-
re apostolico tipico dei missionari intrepidi. Per
molti salesiani fu sorella e madre, per molte sorel-
le fu esempio di vita semplice, povera, allegra.
GUERRINO sac. Germano, sacerdote, t Torino
il 10/5/1991 a 75 anni.
Fu consacrato sacerdote nel 1940 nella Basili-
ca di Maria Ausiliatrice a Torino, mentre l'Italia
entrava nel vortice della seconda guerra mondia-
le. Negli anni tribolati della guerra svolse la sua
attività a Cuneo, Cuorgnè e Lanzo. A Lanzo don
Germano giovane sacerdote ogni fine settimana
raggiungeva per sentieri difficili, controllato e
spiato, la gente dei paesini per celebrare l'Eucari-
stia, sentendosi fratello di tutti. Nel 1950 partì
missionario per l'ispettoria Orientale. Lavorò a Il
Cairo e a Beirut, dove dirigerà la scuola italiana,
con vivo apprezzamento. Nel 1961 ritornò in Ita-
lia, dove ben presto passerà al Liceo Valsalice.
Qui fu insegnante sicuro, preparato, efficace. Gli
allievi lo hanno stimato. Capivano che sotto la
scorza ruvida e la parola autoritaria si nasconde-
va la bontà del cuore.
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'JSTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«-- lascio alla Direzione Generale
Opere Don·Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istit~to
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire..., (oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
«... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure 11stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
1 FEBBRAIO 1992 41

5.2 Page 42

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l
r GRAZIE ALLA
FEDE DI MIO
PADRE
Invio questa piccola somma per
ringraziare S. Giovanni Bosco.
Per un incidente stradale, awe-
nuto qualche tempo fa, si è te-
muto che le conseguenze si sa-
rebbero fatte sentire per tutta la
vita. Ed invece si è risolto nel
migliore dei modi, grazie alla fe-
de di mio padre (exallievo sale-
siano) in Don Bosco.
re e a pregare e dopo due mesi
di atroci sofferenze, ho elimina-
to spontaneamente il calcolo».
Caterina Vilma Villa, Genova
Teresa 'Giovanna Carusone,
Petrulo (CE)
r MIO FIGLIO
HA TROVATO
LAVORO
«Ho ricevuto dal Beato Don Rua
una grande grazia: mio figlio
Antonio ha trovato un lavoro do-
po tanta attesa. È stato chiama-
to proprio il 29 ottobre, festa di
Don Rua. Desidero che questa
grazia sia pubblicata sul Bolletti-
no Salesiano».
Anna D'Apote, Roma
r È ANDATO
TUTTO BENE
Ho raccomandato mia figlia, fin
dai primi mesi della sua difficile
gravidanza, a Maria Ausiliatri-
ce. Ha avuto una bellissima
bambina sana e tutto è andato
bene. Desidero ringraziarla
pubblicamente e chiedo che
continui a proteggerci come ha
sempre fatto.
Mina Fazzini, Pavia
HANNO OTTENUTO «GRAZIE»:
Punzi Maria Antonietta -
Piacenza ·(per intercessio-
ne di Domenico Savio) -
Cazzolo Angelina - Malo
(per intercessione di Don
Bosco) - Roberto Cateri-
na - Costanzana (per inter-
cessione di Don Rinaldi) -
Lippi Naduo - Pontedeci-
mo (per intercessione di
Don Bosco) - Colombo
Domenico - Molteno (per
intercessione di Domenico
Savio) - Palizzi Rita - Ca-
tania (per intercessione di
Domenico Savio) - Zausa
Federica - Tessera (per in-
tercessione di Don Bosco)
- Cannata Maria Gabriel-
. la - Palermo (per interces-
sione di Laura Vicuiia) -
Pulvirenti Daniela - Gravi-
na (per intercessione di
Don Bosco) - Vergori Pal-
ma - Salice (per interces-
sione di Domenico Savio)
- Toro· Maria Antonella -
Palagonia (per intercessio-
ne di sr. E'usebia) - Bri-
schetto Maria Rosaria -
Stazzo (per intercessione
di Maria Ausiliatrice) -
Speranza Anna - Ruvo
(per intercessione di sr.
Eusebia) - Giovinazzo
Silvia - Torino (per inter-
cessione di Maria Ausilia-
trice) - Lunardon Laura -
Rosà (per intercessione di
sr. Eusebia) - Crisafulli
Alessandro - Palermo (per
intercessione di Don Qua-
drio) - Carpone Emanue-
le - Barcellona (per inter-
cessione di Don Bosco)-
Campolmi Lionello - Roma
(per intercessione di Don
Bosco)'- Ba,rbero Giovan-
na - Moncrivello (per in-
tercessione di Maria Ausi-
liatrice) - Verdiglione An-
na - Stilo (per intercessio-
ne di Maria Ausiliatrice) -
Barbero Rina - Gabiano
(per intercessione di Don
Bosco) - Brandone Carlo
- Torino (per intercessione
di Don Bosco) - Capezzo
Maurizio - Portici (per
intercessione di Don
Bosco) - Cerutti Maria
Luisa (per intercessione di
Maria Ausiliatrice) - Tu-
veri Patrizia - Viareggio
(per intercessione di Don
Bosco).
r GRATA AL
PICCOLO GRANDE
SANTO
Ho affidato a S. Domenico Sa-
vio la malattia di mia sorella.
r
Cl È NATO
RICCARDO
r SCIOLGO LA
PROMESSA FATTA
-r RICONOSCENTE
Ora sta meglio e ringrazio il pic-
colo grande santo; così pure Lo
ringrazio per il bimbo, con fidu-
cia di completa guarigione. La
mia offerta per un ambulatorio
antitubercolare in missione.
GIOVANNI
Desideravamo tanto avere un
bimbo. Abbiamo pregato con fi-
ducia S. Domenico Savio. Ci è
nato Riccardo Giovanni e con
infinita gioia ringraziamo e be-
«Da mesi avevo un disturbo tra il
collo e l'orecchio che mi preoc-
cupava. Era come una ghiando-
la emigrante che mi procurava
formicolio e calore intenso. Feci
una novena a Don Rinaldi: non
A MARIA
e.o., Torino nediciamo il Signore.
solo, gli dissi che l'avrei pregato
AUSILIATRICE E
A DON BOSCO
«Sono un'exallieva e cooperatri-
ce dell'Istituto Maria Ausiliatrice
di Genova e desidero che sia
pubblicata la grazia che Maria
Ausiliatrice e Don Bosco mi
r HO LA GIOIA
DI ESSER MAMMA
Come da promessa fatta, desi-
r
Piera e Guglielmo Saglio,
Frassinella (AL)
ORA STA
fino a quando non mi avrebbe
guarito e misi ogni sera la sua
reliquia sul male. Ora non ho più
nulla e sto bene, senza medici e
medicine. Già in passato Don
Rinaldi, che ho avuto la fortuna
di conoscere, mi aveva fatto al-
cune grazie».
hanno voluto concedere. Sono der-0 render nota la grazia rice-
stata colpita da una violenta co- vuta per intercessione di Dome-
BENE
Maria Santi, Torino
lica renale causata da un grosso
calcolo. Si trattava di un calcolo
di cistina, che non sarebbe stato
possibile frantumare. Il calcolo
era incuneàto nell'uretere "da
dove poteva essere rimosso so-
lo dalle mani dell'uomo", come
mi disse un medico di chiara fa-
ma internazionale. Cionono-
nico Savio. Per mezzo di una
mia zia suora, ho avuto l'abitino
del Santo che ho sempre porta-
to con me. Dopo sette anni di
matrimonio, avendo iniziato la
novena, ho avuto la gioia di di-
ventare mamma. A Domenico
Savio tutta la mia riconoscenza.
Mentre entrava in sala operato-
ria, il medico mi chiamò e mi
disse: «Suo fratello ha un tumo-
re e dagli esami risulta mali-
gno» . Allora mi venne sponta-
neo affidarlo a Don Bosco, con
tutta la mia fede. Ora mio fratel-
lo sta bene, lavora ed è sereno.
Per lapubblica.done non
si tiene conto delle lette-
re non firmate e senza
recapito. Su richiesta si
potrò omettere l 'indica-
zione del nome.
stante io ho continuato a spera- Luigina Prando, Noventa (VI)
T.G. , Latina
42 - t FEBBRAIO 1992

5.3 Page 43

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~=====::::::::;::.::=~ =====.tJ..&.=::======::::=:::::- - - B S -
1n
Nome: Suor Rosalba Perotti
Nata a: San Paolo (Brasile)
Età: 57
Attività: Vicaria Generale delle
Figlie di Maria Ausiliatrice
Attuale residenza: Roma
Il ricordo più bello della sua in-
fanzia.
Scoprire che papà e mamma pre-
paravano insieme i regali di Na-
tale.
Una caratteristica del suo tempe-
ramento.
Dicono che io sia una persona
«tranquilla», ma alle volte le ap-
parenze ingannano ...
Una virtù che apprezza particolar-
mente.
La capacità di sdrammatizzare le
cose.
Come brasiliana certamente le pia-
ce l'oggi della storia. Ma c'è un
periodo che le è particolarmente
caro?
Ogni epoca della storia ha il suo
interesse. Tuttavia mi incantano i
primi tempi dell'espansione del
Vangelo , la formazione delle pri-
me comunità cristiane.
Il personaggio storico che ammira
di più.
Dom Luciano Mendes de Almei-
da, Presidente della Conferenza
dei Vescovi del Brasile: sintesi di
tenerezza e forza, coraggio e umil-
tà. Pastore, padre e fratello. Per
me è un santo dei nostri giorni.
La seconda figura che ammiro è
una donna sconosciuta: mia zia
Gina, di 93 anni, che abita, sola, a
Torino. È una donna nel senso più
vero della parola.
Cosa sta leggendo o ha letto recen-
temente?
«Suore» di Maria Pia Bonanate.
C'è uno scrittore che preferisce?
Il Card. Carlo Maria Martini.
Una qualità umana che vorrebbe
avere.
La capacità di intuire e accogliere
ciò che va al di là delle parole.
L'invenzione tecnica che ammira
di più.
Ammiro i progressi della scienza
medica. Penso, per esempio, ai
trapianti di organi . Ho conosciuto
un ragazzo cieco, che ha riacqui-
stato la vista per un trapianto di
cornea. È qualcosa di meravi-
glioso!
Secondo lei qual è il più grave pro-
blema dei giovani d'oggi?
È la mancanza di una qualifica
professionale.
La più bella qualità di una ra-
gazza.
Direi: disinvoltura e semplicità,
capacità di essere se stessa.
Cosa vorrebbe augurare alle fami-
glie di oggi?
Il lavorn, il pane, l'affetto.
C'è un periodo della sua vita che
ricorda con più soddisfazione?
Sono gli anni che ho vissuto nel
«Colegio do Carmo» in Brasile.
Se non si fosse fatta Figlia di Ma-
ria Ausiliatrice cosa avrebbe fatto
nella vita?
Penso che mi sarebbe piaciuto la-
vorare come assistente sociale.
C'è un 'idea che riassume la sua
vita?
Cercare di approfondire e di vive-
re la Parola di Maria: «Fate ciò
che Egli vi dirà».
Come Vicaria Generale ha ora
un 'idea diversa dell'istituto nel
suo insieme?
Ho l'impressione (e il fiato cor-
to ... ) di chi sale in montagna esco-
pre che l'orizzonte si allarga sotto
i suoi occhi man mano che sale.
L'immagine rende lo stato d'ani-
mo. Una visione più ampia fa per-
cepire che anche i problemi sono
più grandi, ma l'Istituto ha una
grande forza spirituale, una forza
più grande di noi, che viene dal
suo carisma.
HANNO DETTO
«Offriamo ai giovani l'astinen-
za assoluta della TV, un certo ti-
po di vita semplice, un po' rude
e un forte contatto con la natu-
ra. .. Li vedo arrivare con lo
sguardo vago/ante in una gran
nebbia di paure; li vedo ripartire
più sereni».
(Maria Pia Giudici)
«Sono un uomo comune.. .
Non ero preparato per assu-
mermi grandi compiti, ma la vi-
ta mi ha messo in questa situa-
zione e io devo fare del mio me-
glio».
(Lech Walesa)
«/ giovani sono disperati. An-
che se eliminassimo la droga, si
inietterebbero maionese».
(d. Mario Picchi)
LA BUONA NOTIZIA
Il 25 novembre 1989, anniversa-
rio della morte di Mamma Mar-
gherita, in Uruguay è nata l'idea di
dar vita a una associazione di
mamme dei salesiani. E 1'8 dicem-
bre seguente, giorno dell'Immaco-
lata, nasceva ufficialmente. Per
ora l'associazione è composta sol-
tanto dalle mamme dei salesiani
dell'Uruguay, ma è desiderio delle
fondatrici che si espanda in tutto il
mondo, e tra tutti i consacrati. Di-
ce la signora Carmen Lasarte: «Il
mondo ha molto bisogno di operai
per la vigna del Signore, soprattut-
to in questi momenti. Le mamme
sono una forza con la loro preghie-
ra: credo che se tutte le mamme si
uniranno con un unico obiettivo,
implorando come mamme, non so-
lo per i loro figli, ma per tutte le
vocazioni che già ci sono e che sor-
geranno, sarà una cosa molto posi-
tiva».
Chi fosse interessato all'iniziati-
va scriva a: Carmen Lasarte, José
Ellauri, 647/302 - 11300 MONTE-
VIDEO (Uruguay).
«I familiari a volte sono quelli
che mettono davanti le più
grandi difficoltà a chi vuol dar-
si tutto a Dio». (Don Bosco)
1 FEBBRAIO 1992 - 43

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO FERROVIA
~.INTERVISTE
T VBBITA'
Il settimo successore
di Don Bosco traccia
un coraggioso bilancio
di 1SO anni di storia
e di vita salesiana.
Egidio Viganò
DON BOSCO RITORNA
pp. 248
L. 20.000
Con cinque cardinali, un'ottantina
di vescovi; case, istituti, oratori,
scuole professionali, parrocchie in
ogni parte del mondo, i Salesiani -
dal 1841, quando Don Bosco
incontrò il primo dei suoi ragazzi -
sono una forza nella Chiesa. Il loro
Rettor Maggiore, in questa
intervista/verità, passa in rassegna
luci e ombre del mondo giovanile,
problemi della scuola, educazione
cristiana, missioni... ribadendo
l'attualità del carisma: "Siamo con
Don Bosco e con i tempi - non
con i tempi di Don Bosco - per
evangelizzare educando ed educare
evangelizzando".