in questa relazione che, più che de-
cidere, vuole seminare una sana in-
quietudine e concrete esigenze; più
che concludere con delle risposte ben
precise calate dall'alto, vuole aprire un
discorso, critico e sereno, in funzione
di impegni operativi per il futuro, scelti
congressualmente.
«Con Don Bosco e con i tempi. è
l'impegno di un carisma e non lo slo-
gan di una pubblicità, del resto ormai
stanca.
• Una alntesl da ricomporre: buon
senso e senso del rischio
Va subito detto che è necessario
evitare due opposti eccessi: muoversi
nella realtà senza un progetto, in ter-
mini tradizionalistici e ripetitivi o
spontaneistici e alla cieca, e, dall'altra
parte, progettare a tavolino, in maniera
astratta, senza tener conto del criterio
pastorale dell'integrazione tra fede e
vita, fede e cultura, fede e storia.
Questi due eccessi contraddicono
l'unità e /'equilibrio tipico dell'azione
apostolica del nostro Fondatore, Don
Bosco: la sintesi tra buon senso e
senso del rischio, la ricerca costante
della composizione tra sogno e realtà,
tra il fascino dell'utopia e /a forza del
realismo, tra carisma e istituzione, zelo
e pazienza, profezia e pastoralità. In-
somma, occhi in avanti e in alto e piedi
ben piantati sulla terra...
A mio avviso, nel movimento sa-
lesiano, storicamente quella sintesi
armonica di realismo e di utopia è sta-
ta infranta a spese de/l'utopia, del
senso del rischio. Siamo diventati
troppo paghi del nostro lavoro, troppo
pieni di «buon senso» e di ras-
segnazione apostolica, troppo riversati
su noi stessi, sui nostri gruppi, nelle
feste del nostro calendario, quando
addirittura non abbiamo dato spazio,
dentro, ad uno spirito di resa. Sintesi
infranta a spese della nostra re-
sistenza, della nostra missionarietà...
• La nostra Identità è la nostra mls•
slone: sua attuaUzzazlone
Che i gruppi della Famiglia Sa-
lesiana siano «tanto bisognosi di rin-
novamento» (Atti Cap. gén 21 , 516) è
un'affermazione del nostro Rettor
Maggiore.
E il rinnovamento della missione
potrà partire con il piede giusto se è un
fedele e dinamico ritorno alle sorgenti
dove è chiara la nostra identità di mis-
sionari dei giovani.
• Rlublcarcl nalle • ValdOCCO•
d'oggi
«Destinatari». Brutta parola. Sono
coloro cui ìl Signore ci invia: sono la
10
nostra missione! Sono coloro at-
traverso cui il Signore ci fa sentìre la
sua voce che ci chiama: sono la nostra
vocazione!
Anche qui abbiamo un paradigma:
« Valdocco»! L'«Oratorio• è il nostro
concreto modello evangelico di campo
di missione.
·
«E la prima ora dell'Oratorio di Val-
docco non è tanto da concepirsi come
l'inizio di questa o quella «istituzione»
(anche se non la esclude), ma come
l'espressione più chiara e la con-
crezione primigenia della carità pa-
storale di Don Bosco» dice il Rettor
Maggiore (Atti Cap. Gen. 21, 567).
E mi pare di poter dire che questo è
il senso dell'intero libro «Memorie del-
l'Oratorio•, scritte da Don Bosco nel
periodo della sua piena maturità e
dell'assestamento della sua opera,
negli anni '70, con chiari intenti pa-
radigmatici di Fondatore.
Nostro impegno prospettico è di
riubicarci nelle Valdocco d'oggi: «La
riattualizzazione del sistema Pre-
ventivo ci richiede, tra le priorità d'im-
pegno, un proposito di riubicazione
concreta tra i ragazzi e i giovani più
bisognosi del popolo» (E. Viganò, Il
progetto educativo salesiano).
Don Bosco è il prete dei «Barabba»
(ctr M.B. 3, 395) e avrebbe potuto
esclamare: «La strada è la mia chie-
sa!».
...Pur nell'attuale marginalità com-
plessiva della condizione giovanile, i
giovani «poveri,. «abbandonati", «pe-
ricolanti» costituiscono una priorità
nella priorità.
E, a titolo esemplificativo, oggi po-
trebbero essere
- giovani di cui le strutture edu-
cative e pastorali normali, di fatto non
si occupano o se ne occupano in mi-
sura scarsa; giovani con una in-
sufficiente educazione di base, sog-
getti alla selezione ed esclusione sco-
lastica, all'analfabetismo dì ritorno;
- giovani irraggiungibili con i nor-
mali sistemi educativi e pastorati; dro-
gati, tossicodipendenti in genere, ex-
carcerati, ragazze-madri, emigrati,
terremotati, apprendisti, borgatari.
emarginati in genere. Giovani bi-
sognosi di tutto: di famiglia, di so-
stentamento, di istruzione, di lavoro, di
tempo libero adeguato, di Vangelo, di
senso della vita, di fede.
In ogni caso «Valdocco» è i giovani
«senza famiglia» «senza parrocchia»,
...senza Chiesa».
• Con I giovani In dlffl~oltà
Chi sono ì giovani di Valdocco?
giovani per i quali Maria, per grazia
dello Spirito di Dio ha suscitato Don
Bosco e tutti i gruppi della Famiglia
Salesiana?
I benpensanti della classe borghese,
per certi aspetti privilegiata? Gli stu-
dentì di estrazione media? I gruppi di
élites culturali e religiose? I figli di
operai occupati e quindi per certi
aspetti sicuri?
Don Bosco ama tutti i giovani, ma
non tutti ugualmente: fare parti uguali
fra persone disuguali non è giusto.
Don Bosco ha delle preferenze, ha i
«suoi• giovani.
La formula notissima «giovani poveri
e abbandonati» non va elusa con
acrobazie esegetiche e con un al-
largamento Indebito del campo che
svuota di ogni mordenté salesiano la
formula stessa rendendola co-
modamente generica.
Chi sono dunque i «preteritì » di Don
Bosco?
Sine glossa. Quelli che hanno poco
o niente: i «poveri». Quelli che non
hanno nessuno: gli «abbandonati».
Quelli che rischiano il carcere o altre
esperienze traumatiche (droga...) i
«pericolanti» (ctr M.B. 14,662).
Sono i senza-sorriso, I senza-spe-
ranza, i senza-avvenire, perché senza
amore. Ad essi Don Bosco ricostruità il
sorriso e si porrà vicino a loro, a ga-
ranzia fattiva.
• Coraggio e dinamismo apostolico:
centro dello spirito salesiano
Cooperatore Salesiano è passione
apostolica, è zelo ardente per il Regno
che viene; è fretta salesiana perché
non sia vanificato il sacrificio di Cristo
e non continuino a perdersi nella tri-
stezza del peccato e del non-senso
milioni di vite sbocciate per la gioia e
per la festa; è convinzione profonda
del valore della mediazione umana
nell'oper.a di salvezza del Padre. Sia-
mo Cooperatori di Dio, perché cosi ha
voluto Lui.
• Congresso Nazionale:
proposito di conversione
Ogni Centro e ogni Cooperatore è
chiamato a ritrovare il coraggio e lo
«zelo» del Fondatore e la sua «amo-
revolezza,., a rinverdire questo di-
namismo nella mitezza e nella gioia, ad
assumere un 'atteggiamento profondo
di simpatia e di dialog9 con i giovani
d'oggi, a creare una mentalità d'in-
contro con giovani che sembrano o
sono «lontani».
È necessario un woposito serio di
autocritica, o. megliÒ, di «conversio-
ne» e «ogni conversione è opera del-
l'intelligenza della fede, vissuta con il
coraggio della speranza e attuata con
la praticità della carità» (Atti Cap. gen.
21 , 563).
(La relazione tenuta a/ Congresso - a richiesta del
partecipanti - è stata pubblicata per intero in fa-
scicolo a parte. Richiesta presso /'ufficio lspettorlale
e quello Nazionale. L. 250 la copia).