Bollettino_Salesiano_197205


Bollettino_Salesiano_197205



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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVI N. S 1• MARZO 1972
Spediz. in abbon. post. - Gruppo 2• (70) - 1 quindicina

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IN QUESTO NUMERO
Un uomo per la risurrezione
del mondo
Don Alberione, un piccolo
prete piemontese
Il rinnovamento dei Salesiani
secondo il Capitolo Generale
Speciale
Il perché di un sottotitolo
Anzitutto... educare I
Educhiamo come Don Bosco:
Insegnategli a puntare verso
una meta
Le Figlie di Maria Ausiliatrice
negli Stati Uniti d'America
Profeta della povertà
Brasilia, città sognata da Don
Bosco
« Essi vi condurranno alla luce»
Rubriche
Mondo Salesiano
Documenti senza commenti
Grazie di Maria Ausiliatrice
Grazie di altri Servi di Dio
Salesiani e Cooperatori defunti
Borse Missionarie
In copertina
PASQUA : « Il pane che io dar ò è la
m ia came par la vita del mondo »
(Giov. 6, 52)
BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVI - N. 5 - Marzo 1972
Direz.iona
DON PIETRO ZERBINO
Redazione
DON PIETRO AMBROSIO
DON TERESIO BOSCO
OON CARLO DE AMBROGIO
Direzione a Amministrazione
Via Maria Ausilialrlce, 32
10100 Torino
Offlcln e Grafiche SEI
COOPERATORI SALESIANI
Chi sono
Fedeli che tendono con particolare impegno alla per-
fezione cristiana nel proprio stato e si mettono a servi-
zio della Chiesa nell'apostolato prevalenterntnte gio-
vanile, con lo spirito e il metodo educativo di Don
Bosco, con responsabilità proprie, ma in unione con
l'intera Famiglia Salesiana.
Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, Cooperatori
Salesiani: tre espressioni di un'unica Famiglia.
Essi hanno in comune: il Fondatore Don Bosco, il
carisma e lo spirito che li anima, il fine a cui tendono,
la missione (la gioventù).
I giovani e gli adulti che, mossi dalla grazia divina,
si impegnano a vivere un cristianesimo integrale nello
spirito salesiano e ad educare i giovani, divengono
Cooperatori Salesiani. Essi recano al mondo una testi-
monianza cristiana autentica con lo stile di un Santo,
che ha fatto della gioia una via alla santità, e servono
Cristo nei giovani e nei ragazzi.
m egni
I Cooperatori non hanno molti << impegni >>, ma debbono
<< impegnarsi molto>> per gli altri, specialmente per i
giovani bisognosi. Essi fanno proprio il motto del
Fondatore: << Da mihi animas >>, cioè: << che io possa
aiutare gli altri a salvarsi >>.
Si alimentano spiritualmente nel Ritiro mensile, e
si rinnovano annualmente con gli Esercizi spirituali.
La Liturgia e la meditazione della Parola di Dio sono
l'anima di tutto il loro apostolato.
Dallo studio della vita del Fondatore e del suo metodo
educativo, e dalla lettura del Bollettino Salesiano trag-
gono ispirazione e stimolo per il loro apostolato.
Iscr izione t1·a i Coope1·atm·i. Clzi desidera essere iscritto tra
i Cooperatori può rivolgersi alla più vicina Casa dei Salesiani
o delle Figlie di Maria Ausiliatrice e attenersi a quanto il
Delegato o la Delegata dei Cooperatori· gli indicherà.

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Un uomo per la
risurrezione del mondo
La sera in cui gli Apostoli si trovarono p er la prima volta soli,
i loro occhi si fissarono sul posto vuoto a capotavola: il p osto di Gesù.
Gli occhi di tutti si volsero a Pietro. Ed egli prese il posto
di Gesù, e fu a capo della prima comunità cristiana. Da quel giorno,
in ogni comunità cristiana del mondo, c'è sempre un uomo
che tiene il posto di Gesù: il sacerdote
In due sezioni di un liceo scienti.fico di Torino, fu fatta recentemente un'inchiesta. Uno dei tanti quesiti
domandava: << Che cosa ti viene in mente quando senti la parola prete? >>.
Le risposte di quei ragazzi di 16 anni sono sconcertanti: «Solitudine, rinuncia, collegio, chiesa, nero,
ipocrisia, uomo, religione, colore scuro>>.
Nel volume << Dialoghi con Paolo VI» di Jean Guitton, il Papa conferma l'esistenza diffusa d1: queste
opinùmi sconcertanti. Lo scrittore francese ad un tratto gli dice: << Valéry ha detto che il prete è un uomo
incomprensibile, ta,lvolta assurdo, persino irritante >>. E Paolo V 1 continua : << Erede di un medioevo pol-
veroso, alleato dell'egoismo e del conservatorismo, bonzo di una liturgia che ha fatto il suo tempo, staccato
dalla vita. Per molti il prete è questo. Lo so. Lo so. lvla lei crede che questo turbamento che la presenza
del prete portlì. nel mondo noi non lo avvertiamo, non lo sentiamo, noi, i preti di Gesù Cristo? >>. Il Papa.
continua : << Questo travolgente processo di desacralizzazione, di secolarizzazione che invade e trasforma
il mondo moderno, questa società tutta rivolta a scopi temporali e immanenti, sembra non lasciare spazio,
non concedere ragion d'essere al prete, rivolto a scopi trasce11denti, escatologici e così estranei all'esperienza
propria dell'uomo profano >►. Con parole profonde ed essenziali, Paolo VI conclude: << La situazione del
sacerdote sarà sempre una situazione paradossale e incomprensibile agli occhi di chi non ha la fede>>.
J? solo la fede che ci rivela l'identità del prete, di questo segno vivo dell'amore di Cristo verso
l'umanità.
Un uomo che sta cd posto di Gesù
La sera in cui, dopo l'ascensione di Gesù al Cielo, gli Apostoli si trovarono per la prima 'Volta soli, i loro
occhi si fissarono su quel posto vuoto, a capotavola. Il- poJto di Gesù.
Egli aveva detto : «Farete questo in memoria di me>>. Ora uno di loro doveva mettersi a capotavola,
ripetere le parole di Gesù, spezzare il Pane Eucaristico e distribuirlo ai fratelli. Occorreva insomma che
«uno » prendesse il posto di Gesù nella comunità.
Gli occhi di tutti si volsero a Pietro. A lui Gesù aveva detto: «Su di te fonderò la mia Chiesa. Sii pastore
del mio gregge>>. Norz molti giorni prima, Pietro aveva rinnegato tre volte 1:t Signore, aveva avuto paura
di patire con Lui. Ma questa sua fragilità non toglieva nulla alla missione che Gesù gli aveva affidato. E
Pietro prese il posto del Signore, e fu a capo della prima comunità cristiana.
Da quel giorno, in ogni comunità cristiana che si formò nel mondo, c'è sempre un uomo che sta al posto
di Gesù.
Un uomo debole, fragile come tutti gli altri uomini, al quale Cristo ha detto, come a Pietro : << Sii pastore
del mio gregge>>. Quest'uomo che sta al posto di Gesù, che nella comunità cristiana fa la parte di Gesù,
oggi lo chiamiamo il sacerdote, il prete.

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La m.issione di Gesù continua
Gesù, fra gli Apostoli e i discepoli, era contemporaneamente colui che
serve e# centro di autorità. Sul Calvario offrì. al Padre il suo sacrificio
per espiare i nostri peccati e renderci Figli di Dio. Divenne così il grande
e unico Sacerdote della Nuova Alleanz a.
Quando chiamò gli Apostoli perché fossero suoi continuatori sulla terra,
ti fece partecipi della sua missione. La sera del Giovedì Santo, dopo
aver celebrato il primo Sacrificio Eucaristico, li fece partecipi del suo
Sacerdozio. Disse loro: << Fate questo in memoria di me i>. Per questo
il Giovedì Santo è la Festa dei sacerdoti.
E dopo la Risurrezione appare agli Apostoli e dice: <• Come il Padre
ha mandato me, anch'io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo: co-
loro ai quali perdonerete i peccati, saranno perdonati>>.
E prima dell'Ascensione, agli Apostoli radunati dice: << A me è stato
dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque, insegnate a tutte
le genti, battezzatele nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo, insegnate loro ad osservare tutto quello che vi ho coman-
dato>>.
Gli Apostoli si preoccuparono affinché alla loro morte la loro 1m,sswne
fosse trasmessa. Paolo scrive a Tito: << Ti ho lasciato a Creta con l'in-
carico di completare L'organizzazi.one delle Chiese, stabilendo ovunque
dei presbiteri, conformemente alle direttive che già ti ho dato». E ai capi
delle comunità dell'Asia Minore lo stesso Paolo dice: «Ed ora io so che
voi non vedrete più il mio viso... Abbiate cura di voi stessi e di tutto il
gregge di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti pastori perché custodiate
la Chiesa di Dio •►.
Servire, insegnare, celebrare il Sacrificio Eucaristico, amministrare
i Sacramenti del Signore: questa ~ la mim:one dei sacerdoti, di coloro
che nelle comunità dei fratelli continuano la missione di Gesù.
Un messaggio che sv ela il senso d ella vita
Il sacerdote ha la missione di insegnare. Non la scienza o la tecnica,
ma il messaggio perenne che Cristo ha portato sulla terra: T u sei un
figlio di D io. Gli uomini che ti stanno attorno non sono tuoi rivali
ma tuoi fratelli. Non sei destinato a morire, ma a vivere per sempre
nella Casa di Dio, che ti attende. H ai una grande missione da com-
piere: non vivere nell'egoismo, ma servire i tuoi fratelli, e trasfor-
mare con la tua azione la Terra in un mondo più giusto, più libero,
più pacifico e più santo. Il mondo deve diventare con la tua collabo-
razione una casa degna di essere abitata dai figli di Dio.
È questo il messaggio che Cristo ha portato sulla terra, che sta racchiuso
nelle pagine del Vangelo, e che il sacerdote deve insegnare ai suoi fratelli
uomini per alirnentare la loro speranza, per svelare loro il senso della
vita. << Sino a quando vivranno uomini mlla terra - hann0 scritto i
Vescovi della Germania - il ministero affidatoci non sarà mai superfluo
o privo di senso. Non possiamo dedicare la nostra vita a imprese pz"ù
significative e importanti di quella di annunciare il Signore che confe-
risce l'tlltimo significato ad ogni umana esistenza l).
L'Eucm"istia, il p erdono d ei p eccati e il servizio
Il sacerdote rinnova il sacrificio di Gesù nella celebrazione dell'Euca-
ristia. Con esso il popolo cristiano rende grazie a Dio, e Dio lo nutre, lo
trasforma in ttnità e lo unisce più strettamente a Sé.
Il sacerdote perdona i peccati. In nome di Dio egli può dire ai suoi
2 fratelli: « I o ti assolvo».

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Il sacerdote ha la mùsione di sen1ire. È molto significativo che ogni
sacerdote e ogni vescovo venga ordinato in primo luogo <<diacono», ossia
«servitore >>. Essere il più umile, a vantaggio di tutti, resta un elemento
fondamentale di tutta la sua opera.
Papa Giovanni, alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale, scriveva
sul suo diari.o: << Non mi faccio prete per complimento, per far quat-
trini, per trovare comodità, onori e piaceri. Guai a me! Ma piuttosto
e solo per fare del bene in qualunque modo alla povera gente>>.
E Don Bosco, nella stessa occasione, più brevemente proponeva: << Pa-
tire, fare, umiliarsi in tutto e sempre quando si tratta di salvare
anime>>.
Questa missione di << servizio >>, a volte spinge il prete a fare scelte dram-
matiche. Chiamato a parlare di pace e di giustizia, molte volte è costretto
ad essere duro con alcune persone, è costretto a schierarsi con i deboli
contro i più forti, contro coloro che rifiutano di realizzare la giustizia
e la pace, e considerano il suo messaggio come sovversivo.
Quando il prete si accorge che la verità di Cristo, che egli deve annun-
ciare, non può essere accolta perché gli uomini sono troppo sfruttati,
perché non hanno il necessario, allora il prete deve mettersi con loro a
lavorare, a lottare per una maggior giustizia.
<• 1 presbiteri unitamente a tutta qttanta. la Chiesa - ha affermato il
11I Sinodo dei Vescovi - sono obbligati a scegliere nella misura mas-
sima delle loro forze, una ben determinata linea di agire quando si tratta
di difendere i diritti fondamentali dell'uomo, di promuovere integral-
mente lo sviluppo delle persone, di favorire la causa della pace e della
giustizia, con i mezzi che sono in accordo con il Vangelo >>.
Sacerdoti per doniani
La vita di un prete è una vita giocata su un atto di fede. Per amore di
Di.o e dei suoi fratelli egli rischia la.solitudine, l'insicurezza economica,
l'incertezza del domani. In che consisterà fa vita di un prete? Nessuno
può preventivarlo. Ad esempio, colui che viene consacrato nel 1972, sara
ancora prete nell'anno 2000. In quali circostanze dovrà svolgere allora
il proprio servizio? Non è possibile saperlo. E parecchi sacerdoti, rivol-
gendosi a Dio nei momenti difficili, potranno gridare con il profeta
Geremia: <i Tu mi hai sedotto ed i.o mi sono lasciato sedurre ».
Propri.o così. Sedotto da Dio, perché è stato Dio a chiamarlo. In che
modo? Come può un uomo sapere che Dio lo chiama? Attraverso la gioia.
Allorché la prospettiva di diventare prete suscita in qualcuno gioia e
pace, una gioia profonda e rasserenante, esistono valide ragioni per
ritenere che Dio chiami. La gioia profonda ha funzione di bussola, anche
se indicasse la rotta che appare più dura, più difficile.
Nel mondo occidentale, oggi i sacerdoti vanno paurosamente diminuendo.
Paol-0 VI si è rivolto in nome di Cristo ai giovani del nostrn tempo:
<< A voi, gi.ovani credenti, vogliamo ripetere le parole della parabola:
"Perché ve ne state oziosi?". Non di parole vi è bisogno oggi, ma di
opere. Non di velleità ma di generosità concreta, che paghi di persona.
Non di contestazioni sterili, ma di sacrificio personale, che, impe-
gnandosi direttamente, trasformi il mondo fatiscente. Solo i gio":ani
possono comprendere questa necessità: ed ai migliori tra essi si ,può
aprire il campo sterminato dell'apostolato sacerdotale, missionario,
di cui abbisognano i fratelli. Ascoltate la voce di Cristo, che vi chiama
tra i suoi operai: date un senso alla vita>►•
Il sacerdo_te è necessario al mondo di oggi, anche se il mondo non lo com-
prende. E necessario perché il messaggio di Crt'sto continui ad essere
annunciato sulla terra, per svelare agli uomini il senso profondo della
loro vita.
3

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N ell'aula di prima elementare <li
C:herasco c'era una folla di 80
alunni, ma la maestra Rosa Cardonc
\\ i regna\\la sorridente e tranquilla co-
me una regina. Un giorno domandò
al suo piccolo esercito:
- C'è qualcuno che ha pensato
a cosa farà da grande ?
J piccolini in grembiule nero la
guardarono sbalorditi: • da grande
era una stagione cosi lontana. 1\\1a
un affarino di sette anni si alzò e di-
chiarò con tranquilla sicurezza:
- Io mi farò prete, signora
maestra.
Si chiamava Giacomino Alberionc.
Non era, il suo, un entusiasmo im-
provviso e passeggero. Era una deci-
sione, che non ebbe mai crii.i
tentennamenti.
16 anni. Giacomo Alberione è nel
seminario di Alba. È la sera del 31 di-
cembre , 899. Muore un secolo e ne
nasce un altro. Pnpa Leone Xl Il ha
invitato tutti i cristiani q a pregare
per il nuovo secolo e a prepararsi per
costruirlo crislia11ame11tt> •· • Occorrerà
- ha detto il Papa - opporre orga-
11izzazio11e a organfazazio11e, stampa
a stampa, per far pe11etrare il l' angelo
nelle masse adoperando i mezzi stessi
ifmttati dagli avversari>>. 11 chierico
Alberione ha chiesto il permesso di
passare in preghiera la notte in cui
nasce il nuovo secolo. Quattro ore
in ginocchio nella cattedrale. Prega
e riflette sul messaggio del Papa.
« Missionario qui »
29 giugno 1907. Prima Messa di
don Giacomo. Sull'immaginetta-ri-
cordo ha scritto le parole che Dio
rivolse ad Abramo: Esci dal tuo
paese, dal tuo parentado e dalla casa
di tuu padre». l\\lichcle e Teresa, i
genitori contadini, le leggono con
un po' di apprensione. Che il loro
figlio voglia partire missionario ?
Don Giacomo sorride nel rassicu-
rarli. Yuol essere missionario, certo,
ma senza salire su una nave o su un
aereo. Missionario qui.
23 anni. Il giovanissimo prete è
mandato viceparroco a Narzole. Po-
chi mesi. Poi una lettera del vescovo
lo richiama ad Alba. Mons. Giuseppe
Re gli affida la direzione spirituale
del seminario e il settimanale della
diocesi, la Gazzetta di Alba. Don Gia-
como per la prima volta si trova tra
le mani un giornale. Ne esamina a
fondo tutti i meccanismi, poi la
sua prima decisione) stabilisce di
migliorarne la stampa e di lanciarlo
con più decisione. Contrae un de-
bito di 70 lire. Pensa sorridendo che
4 un altro sacerdote piemontese, cin-
Sull'immaginetta-ricordo della prima Messa
scrisse le parole che Dio rivolse ad Abramo: « Esci dal tuo paese,
dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre». Ai genitori
che con apprensione gli domandavano se volesse partire per
le missioni, rispose sorridendo: «Non salirò su nessuna nave e
nessun aereo. Sarò missionario qui ». La splendida
avventura cristiana del piccolo prete che fondò la Congregazione
dei Figli e delle Figlie di San Paolo.
Don Alberione
un piccolo prete
piemontese

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quant'anni prima, ha iniziato un
tempio alla Madonna versando un
acconto di 8 soldi. A quel suo con-
cittadino, Don Bosco, le cose sono
andate bene. Perché non dovrebbero
andare bene anche a lui? In fondo,
sta lavorando per lo stesso scopo:
il regno di Dio e la salvezza delle
anime.
L'Ordine degli Zoccolanti
Ma il lavoro della tipografia pesa
sempre di più sul modesto bilancio
del giornale. Don Alberione pensa
di reclutare tra i giovani poveri della
città e della diocesi dei giovani che
credano nella diffusione della stampa
cristiana come in una missione, a cui
si può dedicare la vita come a un
ideale.
Il 20 agosto 1914 entrano nella
casa di don Alberione due ragazzi,
che cominciano a lavorare accanto ai
tipografi come apprendisti. In pochi
anni i giovani crescono di numero,
diventano parecchie decine. Don
Albedone costruisce una casa per
loro. Durante i gelidi inverni di Alba,
i ragazzi calzano pesanti zoccoloni
che rimbombano sui selciati e sui
marciapiedi. Gli albesi vedendoli
passare li clùamano l' << Ordine degli
Zoccolanti 1>. È il primo nome che
si appiccica addosso alla sua opera.
Lui sorride, lascia dire e tira avanti.
Il « boom » e le suore
1920. Alba assiste impressionata
al boom dell'opera di don Albe-
rione. Quel pretino che parla poco
e sorride sempre ci sa fare sul serio.
Ha acquistato un ampio prato alla
periferia della città e vi costruisce
una casa capace di ospitare 100 ra-
gazzi, con aule scolastiche, ampi cor-
tili per correre e giocare, saloni per
i pasti e per gli studi, una chiesa gran-
diosa. Ad un certo punto le fornaci
dei dintorni non hanno più mattoni
da vendere al prete, e lui si costruisce
una fornace tutta sua. In un locale
vastissimo arrivano le macchine tipo-
grafiche comprate a Sesto San Gio-
vanni.
Dalla nuova tipografia non esce
più soltanto la Gazzetta d'Alba, ma
Vangeli, cateclùsmi, libri di vita cri-
stiana, e i celebri romanzi di Ugo
Mioni, che è addirittura andato a
stabilirsi ad Alba per sfornare a getto
continuo le sue pagine avventurose.
È in questi anni che don Albe-
rione dà un nome alla sua famiglia.
La clùama ~ Pia Società San Paolo »,
dal nome dell'apostolo che divulgò
il Messaggio cristiano in tutto l'Occi-
dente con grande energia e lavoro
instancabile.
Ma ora che la tipografia produce
con ritmo crescente, don Alberione
si trova davanti al grande problema
che ogni industria tipografica deve
affrontare e risolvere, se non vuol
morire. Non basta stampare. Occorre
vendere, divulsare. I libri e le riviste
non devono fìmre in magazzino: devo-
no essere portate a contatto col pub-
blico, entrare nelle case, nelle famiglie.
Don Alberione risolvé il problema
con un'intuizione genialissima, che
però fa storcere il naso a un sacco
di gente. Fonda una famiglia di reli-
giose e le manda di casa in casa con
la borsa piena di libri e di giornali.
Nascono così le<< Figlie di San Paolo>>.
Un lavoro duro, faticoso, a volte
umiliante, che occorre reggere con
fede e preghiera. Molte persone per
bene si scandalizzano a vedere le
suore in un simile mestiere. Man-
dano lettere accorate e preoccupate
al pretino di Alba. Lui, al solito,
lascia dire e tira avanti.
Dice alle sue suore e ai suoi reli-
giosi: (< Fate, fate, fate. Non abbiate
paura. Niente è impossibile se la vostra
disponibilità è totale. Dovete imparare
dalla gente com:une. La gente comu,ze
deve lavorare per vivere, deve fati-
care, deve guadagnarsi il pa11e 1>. Ai
suoi preti che indossano la tuta e
scendono in tipografia dice: <i Non
crediate che il •oostro lavoro non sia
sacerdotale. Le tipografie sono le
nuove chiese, le macchine da stampa
i nuovi pulpiti i>.
I successi e gli insuccessi
Nel 1931 lanciò la rivista che
avrebbe riscosso il maggior successo,
Famiglia Cristiana. Dopo qualche
alto e basso, essa è oggi la più dif- 5

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fusa rlVl.sta italiana. Ha superato di
molto il milione di copie settimanali.
Non tutte le iniziative del pretino
piemontese, però, furono successi.
Dottrina e f al/i, una rivista di pen-
siero cui don Alberione teneva
molto, morì dopo pochi anni. La
domenica illustrata che si trasformò
prima in Focolare e poi in Ori:::::onti,
dovette cessare le pubblicazioni al-
cuni anni fa. Nemmeno La produ-
zione di film propri, in cui i Paolini
si ~ettarono coraggiosamente negli
anm trenta, ebbe successo. Don Al-
berione dovette riconoscere di essersi
avventurato in quel campo tremen-
damente minato con eccessiva inge-
nuità, totalmente privo di quella
raffinata malizia commerciale che è
necessaria per sfondare. l\\la non si
arrese. Si limitò, per quegli anni,
ad acquistare e a distribuire film
prodotti da altri e considerati cri-
stianamente costruttivi, alle sale par-
rocchiali. Non tutto andò liscio, ma
fu un servizio prezioso. Solo in
questi uJtimissimi tempi pare tor-
nata l'occasione di produrre film
in proprio, e i Paolini hanno ri-
tentato.
r
La « Pia S ocie t à S a n Paolo »: prima gra nde reall:uar:ione d i don Alberione da cui t rassero
lspinl%ione e a limento tutte le altre . A des tra : Fin dall'lnl•io , pur n ella pove rtà d i me n i
ma cchinari, don Albe rione lmpos t l, Il lavoro apostolico a u ■ollda basi, legando assieme
r■dazione, produ:Jone, diffusione, a c hiamando tuttJ, dal p p lcc:1>10 aspira nte a l s upe-
riora dalla ca■a, a dare il proprio contributo.
La stampa e il denaro
Il punto dove don Alberione spese
il meglio di se stesso fu la stampa.
Molti sostengono che lo spazio per
un giornale cattolico oggi non esiste.
Lui fu dell'opinione contraria. ~ L'u-
nico p roblema - diceva - è di ren-
dere giornalistica fa religione. D(Jf)e
essere trattata in modo da /arsi pre-
ferire ad altre Letture, e riwlgersi olla
mente, al cuore, alla volontà, per ele-
vare i lettori a Dio. Tuttavia - ag-
giungeva - una rivista cattolica ispi-
randosi al principio religioso d(Jf)e toc-
care la politica, inquadrare le perso-
11alità del tempo, trattare di sport,
arte, scienza, argome'1ti vari».
Per il denaro, don Alberione aveva
idee molto concrete. Quando gli par-
lavano delJa grandiosità delJe sue
tipografie, dei suoi impianti edito-
riali, citava un brano del documento
conciliare Inter Mirifica: ~ Sarebbe
vergognoso per i figli della Chiesa tol-
lerare che la parola della salvezza
resti inceppata e impedita dalle dif!i-
coltò tecniche e dalle spese, certo m-
gentisnme, che questi strumenti richie-
dono ». E aggiungeva: • li dmaro
dobbiamo usarlo, ma non lasciarci mai
dominare da lui. Occor,e stare attenti
all'economia, usare tutti i mez:d per
impedire le passività. D'altra parte è
bene che i debiti ci siano sempre. Non
dobbiamo acc,1m1tlare, ma reinvestire
6 sempre in opere di apostolato"·
Nel nascondimento
Don Bosco non esitò a mettersi
in primo piano per attirare gli sguardi
sulla sua Congregazione. Si fece
conoscere e apprezzare perché la
gente conoscesse e apprezzasse i
Salesiani. D on Alberione ebbe uno
stile totalmente diverso. Volle opere
grandi, esplosive, ma lui si nascose.
Pochissimi lo conoscevano. J gior-
nali parlarono raramente di lui. «Lo
vedo ancora nell'AuJa conciliare -
racconta padre Baragli - nella tri-
buna dei Padri Generali. Arriv.tre
quando la tribuna era ancora semi-
deserta, tirar fuori dalla borsa nera
la cotta, indossarla e sedersi al suo
posto, all'angolo destro della tribuna.
Pregare raccolto durante Ja l\\lessa,
ascoltare in silenzio 1~ discussioni,
di tanto in tanto prendere qualche
nota. A seduta inoltrata, spesso dei
vescovi, per lo più del Terzo Mondo,
salivano dalla navata in tribuna a
confabuJarc con l;uno o con l'altro
dei capi delle famiglie religiose. Sol-
lecitavano, penso, aiuti per i loro
ospedali, orfanotrofi, scuole... Ma
non cercavano né notavano, nel suo
angolino, don Alberione. NeHa gran-
de piazza, i fotografi. sparavano i loro
flas.h sul flusso policromo dei vescovi,
e lasciavano passare inosservato il
vecchio prete, un po' curvo, che li
seguiva appartato •·
« Nel mondo ma non
del mondo»
•elle Regole che don AJbe-
rjone scrisse per i Paolini, si lige:
« Usare i mezzi più celeri e pùì e caci
per la diffusio11e della parola di io~-
Questi mezzi, per il pretino piemon-
tese, erano tutti gli audiovisivi, anche
quelli che venivano ancora guardati
con sospetto dagli altri preti. Stampa,
cinema, televisione, radio, dischi.
Fu il primo a mettere il telefono ad
Alba. Fu tra i primi a comprare una
rotocalco. Appena la TV arrivò nelle
famiglie italiane, impose l'acquisto
di 20 televisori per la sua casa, e si
stupl che si tardasse ad eseguire il
suo ordine: , Dobbi.amo co11oscere i,i
fretta questo 11uovo mezzo per usarlo
alla diffusione del regno di Dio •·
Ma chi credesse che per questo
ideale, don Alberione spingesse i
suoi figli spirituali a un attivismo
sfrenato, sbaglierebbe di grosso.
~ Dobbiamo Jondare il 11oslro lavoro
sulla pre!f_hiera e mila m.ortificazio11u,
diceva. E ripeteva le raccomanda-
zioni del documento pontificio sui
mezzi di comunicazione sociale: • Il
sacerdote deve conoscere tutti i pro-
blemi che il ci11ema, la radio e La tele-
visione propongono alle anime dei Je-
deli, ma quando ne usi per s!, il suo
esempio d,: prude11.za, di temper(lJ1:.ta
e di se11so di respo11sahilità riesca di
edificazio11e a tutti i fedeli •·

1.9 Page 9

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Il 15 giugno 1915 don Giacomo Alberlone dava vita al ramo f e mminile dalla Famiglia P•o•
lln•: le figlie di San Paolo. A destra : don Alberione, durante un viaggio In America Latina,
al intrattie.n e con I bimbi di una scuola mate rna diretta dalle Suore di Gesù Buon Pas tora
Eili voleva attuare per i suoi figli
il difficile equilibrio che Cristo do-
mandò al Padre per i suoi Apostoli:
«Non ti chiedo di toglierli dal mondo,
ma che restino 11el mondo senza es-
sere del mondo •·
Da parte sua, don Alberione pre-
gava con la tenacia e l'instancabilità
dei santi. Si alzava abitualmente alle
4,30, e quando gli altri iniziavano la
loro giornata, aveva già dedicato alla
preghiera alcune ore. Volle elle un
gruppo di suore, le « Pie Discepole del
D ivin Maestro », si avvicendassero
giorno e notte davanti all'Eucarestia,
a pregare per la Famiglia Paolina e
specialmente per i sacerdoti.
Morire in silenzio
Negli ultimi quattro anni della sua
vita, un accentuato declino fisico lo
sigillò ancor più nel suo silenzio. La
corona del rosario passava e ripas-
sava instancabilmente tra le sue dita,
mentre l'indebolimento della vista,
dell'udito, della stessa parola, lo
accompagnavano lentamente verso
l'ultimo giorno.
In quei lunghi giorni di silenzio
scrisse il suo testamento spirituale,
semplice e limpido come la sua vita.
Dice tra il resto: 1s Cari Membri della
Famiglia Paolina, ci separiamo lem-
pora11eo111ente, in fiducia di riunirci
elernammte tutti. Ringrazio tutti e
tutte della pazimza usata con mt;
chiedo perdono di quanto 110n fatto
o fatto male. S0110 tuttavia sicuro che
tutto l'indirizzo dato all'Opera è
sostanzialmenlt: conforme a Dio e
alla Chiesa ,1.
Paolo '-7 andò a visitarlo negli
ultimi tempi, e si meravigliò della
povertà che riempiva il piccolo stu-
dio, dove don Alberione si stava
preparando all'incontro con Dio.
Si spense il 26 novembre 197.t,
all'improvviso, senza disturbare nes-
suno, senza interrompere nemmeno
per un giorno l'attività delle iraodi
opere da lui fondate, che OrmaJ mar-
ciavano senza di lui.
Queste grandi opere testimoniano
per lui, davanti al mondo e davanti
a Dio. Solo il loro elenco fa sbalor-
dire: 8 famiglie religiose fondate,
viventi e rigogliose; 1500 religiosi;
6ooo religiose; 150 milioni di libri
diffusi nel mondo; 20 milioni di. copie
del Vangelo stampate e diffuse; un
milione di Bibbie nella edizione com-
pleta e popolare «da mille lire*·
Il piccolo rrete piemontese fu
sepolto come i buon chicco di fru-
mento. Ma i frutti, attorno a lui,
erano già maturati per il Regno di
D~
« LA ll!IIA SPERANZA È CRISTO»
C'è ancora spazio per la speranza dei giovani in un mondo secolarizzato»? Questo il tema dell'11 l11contro di
Spiritualità per Giovani Cooperatori•• tmutosi a Pompei /'11 e il 12 dicembre scorso, con la parltcipazi011e di
4r giovani di I r centri della Camp011ia.
La riflessio11e comunitaria e personale, guidata da don Palllmbieri, approfondi alcune i.dee forti: l'uomo oggi vive
disperato all'insegna del progresso. - Le soluzioni prese11tate dallo stoicfrmo, dalla contestazione globale~ dalla
droga e ànche dalla magia odierna, 11011 soddisfano l'uomo, perché il male oscilro è dentro di lui. - Cristo ha la sua
proposta : essa nasce dall'anwre fiducioso tra Lui e noi, e ci -porta alla liberazume totale, che nasce dalla storia e
si realizza pienamente nella metastoria. - La spera11za è capacità di rùmovamenlo, di liberazione dai condizio-
110111e11ti i11tertti ed esterni.
A11cl1e 11el cin~forum e nella celebrazione della Parola don Camite presentò la speranza nel suo triplice aspetto :
come attesa fiduciosa, come impegno per realizzare presto cieh nuovi e terra 1111ova », e come realtà presente in
continuo dive11ire, perché «il Regno di Dio è qui, cd è giustizia, pace e gioia & (Rom. 14).
Nella riflessione comunitaria si cercò di calare questi principi nella realtà quotidiarza, con lo spirito di Don Bosco.
L'ispettore do11 Aracri nell'omelia della celebrazione liturgica illllStrò la parola della l\\lfaddaìena : ~La mia spe-
ranza è Cdsto •·

1.10 Page 10

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Il RINNOVAMENTO DEI SALESIANI
Il Capitolo Gener ale Speciale, chiusosi a Roma nel gennaio scorso,
ha iniziato il profondo rinnovamento della Congregazione Salesiana.
Tracciamo qui le linee fondamentali di questo rinnovamento
Do ,in/stra in basso:
Don Bernardo Tohlll, Consi-
gltere per le Missioni
Don Giovanni Ralnerl, Consi-
gliere per la pa$1orale dagli 1d111ti
Don Gae~no Serlvo, Vicano
Don LUIGI RICCERI, Reuo,
Magg,o,e
Don Egidio Vigenti, Consi-
gliare per la fo,mazione del sa-
lesiani
Don Rosalio C<11atlllo, Consi-
gliere per la pastorale g,ovonile
Don Ruggiero PIiia, Economo
generale
Don Tlbunio Lupo, Segrelorio
generale
D• sinlffra in alto:
Don Antonio M i llda, Consi-
ohere regionale per la Spagna
Oon luigi Fiora, Con•~tere
i~~~~=le per l'Italia e Il edlo
D on Giuseppe Henrlquez,
Consigliere regionale del Pacifico
Don G iovanni T er Schure,
Consigliere regionale Europa cen-
tro-orientale
Oon Giorgio Willi1m1, Consi-
glloro reg,onale nazioni di lingua
inglese
Don Giuseppe Gottardl, Con-
slghere regionale dell'Atlanbco
È impossibile condensare in poche pagine il lavoro
che il Capit0l0 Generale Speciale ha portato a termine
per rinnovare la Congregazione Salesiana.
Crediamo però utile tracciare le linee fondamentali
di questo rinnovamento, per dare a tutti gli amici di
Don Bosco un'idea di come i Salesiani intendono pre-
sentarsi alle generazioni future della Chiesa e del mondo.
Le linee {ondam1!11lali del rim1ovamento ci pare siano
tre: approfondimento della missione e dello spirito
della Congre~ione Salesiana; fedeltà a Cristo e ai
giovani; convinzione che si deve lavorare non • ognuno
per sé• ma • tutti insieme in comunità>>.
Approfondimento della missione
e dello spirito dei Salesiani
Don Bosco e i suoi figli hanno avuto da D io e da
Maria Ausiliatrice il compito di lavorare per delle ca-
tegorie di persone ben precise: ili adolescenti e i gio-
vani, di preferenza quelli poven e abbandonati. Oggi
la parola << povertà >> ha assunto diversi significati: anche
il giovane che è ricco di beni materiali ma che vive in
una famiglia dissestata viene, a ragione, chiamato povero.
1 Salesiani, dopo aver attentamente studiato D on Bosco,
affermano di essere chiamati anzitutto tra i giovani che
8 soffrono di povertà economica, sociale e religiosa.
Anche tra gli adulti i Salesiani possono essere chia-
mati ad c.-scrcitare la loro missione. In questo caso la
scelta dei figli di Don Bosco dev'essere per i ceti popo-
lari, e per coloro che non sono ancora stati evangeliz-
zati. Quesli ultimi sono sempre stati considerati da
Don Bosco <1 poveri tra i poveri ».
Giove11tù-PQVertà. D i fronte a questa doppia com-
ponente della propria missione, i Salesiani intendono
verificare (e se è il caso rettificare) la loro attuale linea
di servizio.
Verso i giovani e i poveri, Don Bosco rivolgeva la
sua «ca.rità spirituale e corporale, per formare onesti
cittadini e buoni cristiani•· Negli anni e nelle condi-
zioni che stiamo vivendo, pare che questo impegno
fondamentale i Salesiani debbano esprimerlo cosi:
Lavorare per un'opera globale di salvezza, di liberazione
totale dei giova11i e dei poveri, co11 un forte impegno per
eva11geli::::::are e catechizzare, e per realiz:::are la giusti:::ia
nel mondo.
L'attività evangelizzatrice e catechistica è la dimen-
sione fonùameotale della nostra missione, ma il Capi-
tolo ha rivolto un'attenzione speciale all'impegno so-
ciale della Congregazione, chiamandolo più opportu-
namente « impegno per la giustizia nel mondo 1>.
La salvezza dei ~iovani e dei poveri non è missione
esclusiva dei SaleSJ.ao.i nella Chiesa. Ciò che ci carat-
terizza è lo spirito che, a imitazione di Don Bosco, noi

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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secondo il Capitolo Generale Speciale
portiamo in questa missione. Può essere riassunto in
poche parole: carità pastorale caratterizzata da dina-
mismo giovanile. È questo spirito che dà uno stile par-
ticolare alla nostra azione, alle nostre relazioni, alla
nostra pre.ghiera.
Fedeltà a Cristo e ai giovani
Le nuove Costituzioni si aprono con una solenne
affermazione: << Noi crediamo che la Società Salesiana
è nata non da solo progetto umano, ma per iniziativa di
Dio... La presenza dello Spirito è il sostegno della nostra
speranza e l'energia per la nostra fedeltà >>.
Se la Congregazione è opera di Dio, il Salesiano
dev'essere anzitutto un uomo di Dio, un uomo <t spi-
rituale >>, e non uno che conta su mezzi di potenza umana.
Per questo la vita dei Salesiani dev'essere intessuta di
ascolto della parola di Dio, di preghiera, di fiducia nel-
l'azione di Dio, di comprensione dei segni di Dio visi-
bili nelle vicende umane, di docilità alla sua voce.
Come uomo di Dio, il Salesiano realìzza la sua vita
diventando come Don Bosco un Annunciatore e un
Realizzatore del regno di Dio, un Buon Pastore che
vive e dà la vita per il gregge di Dio. La fedeltà a Cristo
è il fondamento della sua fedeltà ai giovani d'oggi. Egli
vive per salvarli.
Fedeltà ai giovani significa innanzi tutto conoscere i
giòvani d'oggi: il mondo -in cui vivono, le influenze che
subiscono, la loro miseria e le loro risorse, i loro pro-
blemi e le loro aspirazioni. Soltanto una comprensione
profonda ci permetterà di <• trovare la chiave per entrare
r,el/a psicologia contorta e avviluppata di questa nuova
generazione>>, come disse Paolo VI ai capitolari1 i me-
todi adatti per la sua evangelizzazione progressiva e il
nuovo linguaggio della fede che essa esige.
Ma non basta conoscere i giovani d'oggi. Occorre
adattare le nostre attività e le nostre opere ai bisogni
concreti dei diversi luoghi. Per questo è necessario il
coraggio di decentralizzare e di creare, inventare opere
nuove. In una parola: non è il Salesiano che impone
ai giovani di adattarsi a lui, ma è lui che si adatta ai
bisogni concreti e vari dei giovani. Li raggiunge nel
loro ambiente naturale e nel loro stile di vita spontaneo,
rinunciando, se necessario, a opere di struttura troppo
pesante che impediscono un successivo adattamento
alle circostanze.
La società civile, con ritmo sempre crescente, s'in-
carica della scuola, del tempo libero, dell'assistenza
sociale. Questo potrebbe privarci delle nostre opere
~ tipiche >>. Dovremo allora semplicemente esercitare
un'azione di animazione cristiana della vita dei giovani,
nelle forme che ogni comunità ispettoriale giudicherà
opportune nelle circostanze concrete.
La fedeltà a Cristo e ai ~o-van.i è straordinariamente
esigente. Solo la vita religiosa vissuta nella castità,
povertà e ubbidienza, ci può rendere completamente
disponibili per un'opera apostolica che abbia stabilità,
durata ed efficacia.
Ma la nostra vita religiosa non sarà soltanto una con-
dizione che ci rende maggiormente disponibili: essa
stessa sarà la prima forma della nostra testùtwnianza
evangelica. Vivendo casti, poveri e obbedienti noi pro-
clamiamo con la nostra stessa vita l'esistenza di Dio,
la speranza nella Resurrezione, l'attesa della Vita futura.
Convinzione che si deve lavorare non
« ognuno per sé», ma « tutti insieme»
Le nuove Costituzioni dichiarano: << La missione è
affidata in primo luogo alla comunità... Vivere e lavora~e
insieme è per 1wi un'esigenza fondamentale e una via
sicura per realizzare la nostra vocazione >>.
È questo uno dei tratti caratteristici della vita sale-
siana, di quella << vita di famiglia » che Don Bosco ci ha
lasciato in eredità.
Per realizzare sul serio questo valore occorre anzi-
tutto superare la << vita comune >> per arrivare alla << vita
comunitaria>>: dall'abitare, vivere, lavorare insieme,
all'incontro di persone nella loro identità, alla parte-
cipazione reale dei beni, delle ricchezze spirituali, delle
esperienze di cui ogni persona ~ ricca.
,. . .
In secondo luogo è necessario superare 1mdiv1dua-
lismo apostolico per portare insieme il peso della mis-
sione: cercare insieme, prendere insieme le decisioni,
condividere la responsabilità delle conseguenze che ne
derivano. In una parola: dialogare sul serio.
Essere così corresponsabili non semplifica le cose:
ma sviluppa la maturità, le virtù sociali, fa approfon-
dire lo spirito di fede e di carità, fa sentire l'esigenza
di trovarsi uniti attorno all'Eucarestia per ricevere
l'ispirazione e la forza.
..
Si delinea così un volto nuovo della comurutà: cia-
scuno conserva la sua funzione e il suo ruolo, ma si
sente complementare e corresponsabile. Il direttore
resta un << fratello tra i fratelli >>, più che << sopra ►>, «al
centro)), segno di unità e guida riconosciuta.
Ne!Ja comunità, i doni personali, le vocazioni perso-
nali dei singoli salesiani sono favoriti, ricordando però
che essi sono dati << per il bene comune ».
<< Lavorare insieme •> vuol anche dire coordinare il
lavoro dei Salesiani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice
e dei Cooperatori, la cui presenza nel mondo offre
risorse apostoliche troppo poco sfruttate sino a questo
momento; significa .pure che i Salesiani non. h~o l_a
pretesa di risolvere da soli il problema dei g1ovan1.
Essi sono coscienti che devono inserirsi umilmente
ne!Ja << pastorale d'insieme ►> delle diocesi e de!Je chiese
regionali e nazionali, pur restando genui~a_mente Sale-
siani per offrire la ricchezza del loro spmto.
I 202 membri del Capitolo Generale Speciale sono
tornati alle Case salesiane disseminate in ogni parte
del mondo. H anno portato con sé la volontà e la fiducia
che i fermenti di rinnovamento producano molto presto
una fioritura salesiana in ogni continente.
9

2.2 Page 12

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Il perchè di un sottotitolo
In uno storico incontro con gli exallievi dei primi tempi, Don Bosco fu interrogato
da uno di loro: - Dica Don Bosco, come potremo ricompensarla di quanto
ha fatto e patito per noi? - E Don Bosco: « Chiamatemi sempre padre.
e io sarò felice» (M. B., XVII, 174)
Il lettore atteuto avrà notato che nella testata del nostro Bollettino qualcosa è cambiato. Prima si leggeva
questo sottotitolo: « Organo dei Cooperatori Salesiani»; ora si legge: « Organo della Famiglia
Salesiana ». È uno dei frutti maturati nel clima caldo di salesiam:tà del recente Capitolo Generale Speciale,
che lza voluto sottolineare la volontà di Do1i Bosco circa L'unità dello spirito della sua tnplice Famiglia.
Citia11w dal!e <1 Costituzioni>>, dai <1 Regolamenti>> e dalla «Dichiarazione del Capitolo Generale Speciale
ai Cooperatori» i passi più significativi.
Dulle « Costituzioni della Società Salesiana»
La nost·,·a Società nella FamigUa Sales'iana
Art. 5. Lo Spirito Santo ha suscitato altri gruppi di battezzati che, vivendo lo spirito salesiano, realizzano
la missione di Don Bosco con vocazioni specifiche diverse: le Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) e i Coopera-
tori furono fondati da Don Bosco stesso; più tardi sono nate altre istituzioni e altre ne potranno sorgere.
Questi gruppi, insieme a noi, formano la Famiglia Salesiana. In essa abbiamo particolari respon-
sabilità: mautenere l'unità dello spirito e promuovere scambi fraterni per un reciproco arricchimento e una
maggiore fecondità apostolica.
Gli E.xallievi vi appartengono a titolo dell'educazione ricevuta, che può esprimersi in veri impegni apostolici.
Dai « Regolamenti clella Società Salesiana»
VI. n se1·vizio alla Famiglia Salesiana
Art. 30. Nel rispetto della loro autonomia e secondo le richieste ed esigenze, offriremo il nostro servizio spi-
rituale di prefe,·enza ai gruppi che compongono la Famiglia Salesiana: anzitutto alle Figlie di Maria Ausilia-
trice e ai Cooperatori. Lo offriremo anche agli altri istituti religiosi e secolari o a eventuali gruppi !aie-i, che
si uniscono nello spirito di Don Bosco e sono riconosciuti dalla nostra Società.
Art. 32. Il Bollettino Salesiano è la pubblicazione uffiéia.le per la Famiglia Salesiana. Redatto secondo le
direttive del Consiglio Superiore, esso ha lo scopo di diffondere lo spirito di Don Bosco, di far conoscere
L'opera salesiana e le sue necessità, di collegare e animare i diversi gruppi della nostra· Famiglia e di pro-
muovere vocazioni.
Dall.a « Dichicn·ciz ione del Capitolo Gene1·ale Speciale ai Coope1•a,tori »
Nella mente e nel cuore di Don Bosco la Famiglia Salesiana è UNA. L'unità originale di questa famiglia
ha la sua radice ultima nella comtmanza dello spirito e della missione a servizio totale della gioventù e del po-
polo. Realizza, così, a livello superiore, una vera comunità nella quale tutti i membri sono integrati secondo
i propri doni, le loro specifiche jutizioni e le diverse forme di vita possibili in seno alla Chiesa.
Il Cooperatore, perciò, nel pensiero primigenio di Don Bosco, è un vero Salesiano nel mondo, cioè 1111
cristiano, laico o sacerdote, che - anche senza vincoli di voti religiosi - risponde alla propria vocazione alla
santità, impegnandosi in una missione giovani:Le popolare secondo lo spirito di Don Bosco, al servizio della
Chiesa l-Ocale e in comunione con la Congregazione salesiana.
Questa riscoperta deve oggiportare voi (Cooperatori) - come anche noi- ad un cambio radicale di mentalità.
I11fatti bisogna prendere coscienza chiara che impegnarsi come << Salesiano Cooperatore>> è un rispondere a
una vera <1 chiamata»: è dunque accettare una autentica vocazione salesiana, è rispondere a una vera vo-
10
cazione apostolica.

2.3 Page 13

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ANZITUTTO ••• EDUCARE!
Coincidenza o Provvidenza? Men-
tre il Capitolo Generale si preparava
a discutere il Documento sui Coope-
ratori, nel quale l'idea dell'unica
famiglia salesiana torna di frequente,
l'organo più responsabile dei Coo-
peratori d'Italia, l'Assemblea Nazio-
nale dei Cooperatori Salesiani, si
riuniva per la prima volta al completo.
Già nell'omelia della prima con-
celebrazione fu rilevato come l'As-
semblea, composta di Delegati Sa-
lesiani, di Delegate Figlie di Maria
Ausiliatrice e di Cooperatori, fosse
segno eloquente di quel progetto
vagheggiato da Don Bosco, che pre-
vedeva un'unica famiglia in un plu-
ralismo di forme. Erano Il salesiani
consacrati e salesiani cooperatori,
tutti attorno allo stesso altare e allo
stesso tavolo di lavoro, con i mede-
simi obiettivi da raggiun~ere, mossi
da un unico desiderio: ricercare vie
e mezzi nuovi per servire meglio la
gioventù. La scritta-slogan dcli'As-
semblea lo indicava chiaramente:
n« Cooperatore è w1 educatore con
lo stile e il metodo di Don Bosco •>.
L'Associazione dei Cooperatori
sente clte è necessario rendersi (< esper-
ta in umanità giovanile e in peda-
gogia salesiana >>. Occorre fare delle
scelte e queste debbono essere le
scelte di Don Bosco: soprattutto i
giovani. Ma questi non vanno delusi
o traditi: sono materia «fragilissima »
e, nel trasporto per le strade della
vita, chi la tratta deve saperci fare.
È così che la relazione di fondo
ha posto il quesito: È valido e attuale
il metodo educativo di Don Bosco per
i giovarli di oggi? Ha svolto il tema
don Gennaro Luce del Centro na-
zionale di Pastorale Giovanile, che
ha fatto un raffronto tra le esigenze
dei giovani degli anni 70 e le risposte
che Don Bosco offre. Se al centro
degli interessi c'è sempre )'educando,
se il rispetto che si deve alla sua cre-
scita, graduale e non forzata, è sem-
pre tenuto presente, se si concilia
l'apparente antinomia autorità-liber-
tà, se infine il dialogo autentico,
l'amore profondo e l'interesse per il
bene supremo dell'educando, che è
la sua santificazione, non vengono
mai meno, allora sì - è il caso di
affermarlo - << Don Bosco ritorna
tra i giovani ancor•>.
Il tema fu approfondito in tre
gruppi di studio, che si erano pre-
fissi di studiare come si deve agire
perché il metodo educativo salesiano
entri nel mondo della scuola, della
famiglia, del lavoro, allo scopo di
fornire indicazioni pratiche ai 580
centri di Cooperatori sparsi in Italia
su ciò che essi possono fare, ossia per
non restare in romantica contempla-
zione di una gioventù che va alla
deriva.
Nella scuola
Quali indicazioni sono state for-
nite? Anzitutto sensibilizzare i Coo-
peratori insegnanti. Conoscono bene
il metodo educativo di Don Bosco?
Lo attuano? Se si pensa che ogni
insegnante opera tra un numero di
VIENNA• UN PREMIO
AI GIOVANI
COOPERATORI
D'ITALIA
La Delegazione ufficiale di
Giovani Cooperatori, che a
Vienna, nella sede dell'Ac-
cademia Nazionale, ha ri-
cevuto il premio Albert
Schweitzer 1970 •·
La motivazione, già pub-
blicata nel numero di gen-
naio, diceva: « In zone
particolarmente biso-
gnose :i:96 giovani Coo-
peratori prestarono -
nell'estate :i:970 - la loro
opera gratuita per l'ele-
vazione culturale e sociale
di gruppi di fanciulli e
giovani, combattendo
l'analfabetismo, la man-
canza d'igiene e di edu-
cazione civica. Essi hanno
sostenuto personalmente
il notevole onere finan-
ziario necessario per i
campi cli lavoro ».
Nella foto il quarto da sini-
stra è il senatore Montini,
fratello del Papa.
11

2.4 Page 14

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ché manca in Italia una voce che si
faccia sentire, forte e alta, a pro dei
giovani, che richiami alla necessità
di educarli veramente e di difenderli
dalle « intemperie morali •• non si
potrebbe stampare una serie di fogli
periodici, vivaci e ben fatti, accessi-
bili nel prezzo e nella forma, da dif-
fondere tra la gente a largo raggio ?
Don Bosco l'avrebbe fatto. Dovrebbe
però essere un'opera dei Cooperatori
affiancati dai Salesiani e non vice-
versa.
Nel mondo del lavoro
Na poli. I Con siglieri locali d el Co operatori a conve gno n e lla sede iapettorial•
E qui le difficoltà crescono di pari
passo con Je necessità. Non si sono
an1ti molti interventi atti a orientare
i nostri Centri. È un'amara consta-
tazione che ci impegna ancor più a
fare qualcosa. Comunque sarebbe
già molto - è stato affermato -
dare quella testimonianza cristiana
che il mondo attende, fatta di com-
prensione e di giustizia. J Coopera-
tori che sono datori di lavoro sono
tutti a posto con la propria coscienza,
specialmente riguardo ai giovani ap-
prendisti e ai manovali? L'esempio
deve partire da noi, educatori per
vocazione.
giovani che può raggiungere il cen-
tinaio, appare chiaro quale vasto
campo di azione è aperto agli inse-
gnanti Cooperatori.
Si è parlato anche di curare gli
exaJlievi dei Cooperatori che inse-
gnano nelle scuole statali. Alcuni
esperimenti si stanno s-ià facendo
qua e là, ma bisogna intensificarli
perch~ rer il Cooperatore che è vero
educatore non suona mai il campa-
nelJo di fine scuola.
Nella fanùglia
Anche le Cooperatrici che sono
mamme casalinghe debbono impa-
rare a educare salesianamente. Già
questo sarebbe un buon passo avanti.
Ma perché non pensare a corsi in
preparazione al matrimonio e per
coniugi, organizzati dai Cooperatori,
nei quali battere su quelle che erano
le idee di Don Bosco, cresciuto aJla
scuola di ì\\Iamma \\larghcrita ?
t: stata anche avanzata una pro-
12 posta che sarà meglio studiata. Poi-
FIORETTI
l
DI DON BOSCO
t: uscito Fioretti di Don
Bosco, primo volume della
« Biblioteca del Tempio di
Don Bosco», nella collana
« La vita di Don Bosco in
fatti». Seguiranno i volumi:
I carismi di Don Bosco
I miracoli di Don Bosco
Gli incontri di Don Bosco
Don Bosco inedito
I Bosco di Chieri ·
Sono stati preparati da Don
Michele Mohneris, redanore
del mensile del Colle Il Tem-
pio di Don Bosco».
« Fioretti di Don Bosco» è un
libro che riposa, diverte, edi-
fica.
Ottimo per parlare ai ragazzi,
per «buone notti», conferenie,
letture per gruppi giovanili ecc.
Rteh1edello a, Salealanj
14022 Castelnuovo Don Boaco
(AsuJ. 01111,ungendo te spesa postali
(L 150). Il volume è di 460 pagine
e costa L. 1500.
Il c. c. p. 6 21321 52.
La seconda parte dei lavori fu
dedicata a un primo abbozzo di pro-
gramma 1972-73 e alle prossime sca-
denze: Giornate di studio sullo spirito
salesiano - la beatificazione di Don
Rua - la •verifica• in atto - l'ap-
poggio al quotidiano cattolico Av-
t:n1ire - il centenario delle Figlie
di :\\Iaria Ausiliatrice.
Cosa ba distinto questo incontro
dai precedenti ?
Anzitutto Ja compresenza di larghe
rappresentanze dei tre modi di es-
sere salesiani.
li tema trattato.
La presenza della l\\Iadre del Con-
siglio Generalizio delle Figlie di
;\\}aria Ausiliatrice incaricata dei Coo-
peratori, Madre Letizia Galletti, per
tutto il tempo dei lavori, a testimo-
niare l'impegno delle Suore salesiane
per i Cooperatori.
La presenza del Direttore Gene-
rale uscente, don Luigi Fiora, e del
neo-eletto, don Giovanni Raineri.
Ambedue con il loro intervento e
la loro parola hanno dato testimo-
nianza dell'interesse che la Congre-
gazione ha per i Cooperatori sale-
siani.

2.5 Page 15

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Educhiamo
cato, insopportabile. Tre pericoli lo fortissimo e ardente. Deve crearlo e ali-
minacciano: l'inerzia (o pigrizia), la mentarlo con l'immaginazione che ha,
come
mancanza di volontà e la sfiducia in se per natura, fosforescente. La chiarezza
stesso.
dei propositi e l'intensità del desiderio
Don Bosco
Occorre insegnargli un metodo di auto- sono gli ingredienti principali della for-
disciplina che, a dire il vero, esige sa- mula numero uno per realizzarsi. Oc-
crificio e volontà.
corre trasmettere al proprio inconscio gli
Insegnategli
a puntare
verso
una meta
Don Bosco fin da fanciullo carezzò un
grande sogno: diventare prete. «A Ca-
stelnuovo - scrisse pili tardi nelle sue
memorie - io da ragazzo vedevo pa-
recchi buoni preti che lavoravano nel
sacro ministero, ma non potevo con-
trarre con loro alcuna familiarità...». Se
ne sfogava spesso con la mamma:
- Se io fossi prete, non farei cosi. Mi
awicinerei ai ragazzi, li riunirei, li amerei
e mi farei amare...
Insegnategli a stabilire in modo
specifico la meta o il traguardo a
cui vuole arrivare. Non basta dire:
«Voglio farmi una posizione», o «Voglio
conseguire un diploma, una laurea». Il
giovane deve stabilire con esattezza la
meta da raggiungere e il tempo entro il
quale la vuole raggiungere: «Voglio di-
ventare elettrotecnico entro cinque anni»,
o «Voglio conseguire il titolo di perito
in tre anni di scuoia serale». Un siste-
ma pratico è quello di scrivere su un
cartoncino il traguardo da raggiungere
nel tempo stabilito e tenerselo ben in
vista sul tavolo di studio: uno stimolo
quotidiano alla volontà.
Insegnategli a servirsi dell'im-
maginazione per potenziare le pro-
prie decisioni e la volontà di riu-
scire. I sogni a occhi aperti e i pii de-
sideri non bastano; bisogna che il ra-
gazzo accenda dentro di sé un desiderio
impulsi giusti. L'inconscio è una grande
dinamo, ma è anche un computer che
deve essere debitamente programmato.
Se all'inconscio arrivano di continuo
paure, incertezze, esitazioni, dubbi, scon-
forti, è difficile che esso risponda con
qualcosa di costruttivo. Ma se a livello
del pensiero cosciente sarà sempre man-
tenuto un obiettivo chiaro e distinto,
prima o poi l'inconscio lo accetterà e
comincerà a fornire idee, intuizioni e
tutta l'energia necessaria.
Insegnategli che un grande ideale
può influire sulla realtà. Per la mag-
gior parte dei ragazzi è molto difffoile
capire che la forza più poderosa del
mondo è un'idea che abbia messo ra -
dici nella mente umana. Eppure è cosi.
Papa Giovanni alla gioventù st udentesca
romana disse: "La vita è il compimen-
to di un sogno di giovinezza. Abbiate
ciascuno II vostro sogno da portare a
meravigliosa realtà».
- Che ci possiamo fare, Giovanni 7
- gli ribatteva la mamma. - Pensa che
i preti di Castelnuovo hanno tante altre
cose da fare. Vorresti che perdessero
tempo anche con i ragazzi 7
- E Gesll lo perdeva forse con i fan-
ciulli che si raccoglievano attorno a
lui 7 Se un giorno sarò prete, i ragazzi
non mi vedranno mai passare cosi, ac-
canto a loro, ma sarò sempre il primo a
rivolgergli la parola.
Nell'agosto del 1831, Giovanni ebbe un
sogno che gli riaccese tutti i suoi ideali.
Raccontò: «Vidi venire una grande Si-
gnora che pascolava un gregge nume-
roso. Mi chiamò per nome e mi disse:
"Vedi questo gregge, Giovannino 7 lo te
lo affido". " Ma come farò, Signora, ad
allevare tante pecore e tanti agnelli?
Non ho un pascolo dove possa con-
durli". "Non temere, Giovanni. lo ti aiu-
terò". Detto questo, scomparve».
*
Don Bosco realizzò il suo ideale per-
ché sin da fanciullo lo aveva coltivato
nel cuore. Insegnate a l ragazzo che
se non realizza in pieno le sue ca-
pacità, la vita gli diventerà an-
nebbiata, sfocata, priva di signifi-
13

2.6 Page 16

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Le Figlie di Maria
negli Stati Unit
I
Inserite nel sistema scolastico parrocchiale, componente educativa essenziale negli Stati Uniti,
le Figlie di Maria Ausiliatrice vi lavorano da oltre 60 anni,
confermando con la loro testimonianza la forza educativa della Scuola parrocchiale.
Segreto del successo: il metodo di Don Bosco.
Dire Stati Uniti d'America è pensare a un mosaico
svariatissimo e ricco sotto ogni aspetto. Istituzioni socio-
culturali imponenti, organizzazioni e movimenti di
carattere vario, non mancano di pullulare nel clima
democratico che contraddistingue la vita civile dei
popoli statunitensi.
Unico del genere, nel mondo cattolico, è il sistema
scolastico parrocchiale, riconosciuto negli Stati Uniti
come una delle maggiori componenti in campo edu-
cativo.
14 Aggiornate costantemente alle più recenti conquiste
didattiche, le scuole cattoliche serbano coerente fedeltà
all'esortazione Paolina: << Omnia probate, quae bona
sunt, retinete ». Una più ampia adesione alle discipline
considerate <<tradizionali» e una più disciplinata libertà
ne sono le caratteristiche più evidenti.
Le statistiche parlano di 175.000 Religiose presenti
negli Stati Uniti, ma è praticamente impossibile preci-
sare il numero di quelle impegnate attualmente nel-
l'educazione dei 5.500.000 studenti che frequentano le
to.ooo scuole elementari e medie, le 2300 scuole supe-
riori cd i 300 Colleges e Università distribuite in 23.000

2.7 Page 17

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Ausiliatrice
i d'America
I scuola superiore e un <t Junior College>>, cost1tU1sce
l'apporto delle Figlie di Maria Ausiliatrice che, attra-
verso queste attività, da oltre 60 anni si adoperano alla
formazione della gioventù, in risposta alle attese della
Chiesa.
Le continue suppliche provenienti dal sud degli
USA, le ha rece-11temente portate dove il problema
razziale è più sentito. La risposta a un altro insistente
appello, le ha condotte nel centro della nazione l'anno
scorso, formando cosi una rete apostolica distribuita
in nove Stati. Gli inviti rivolti alle Suore per ottenerne
la cooperazione, sono molto più numerosi delle loro
possibilità. Ognuno di essi è un «Credo >> al metodo
di Don Bosco, che è il segreto del successo educativo
e apostolico delle nostre scuole.
Una Superiora, nel visitarle, cost si esprimeva: (< Le
vostre scuole cattoHche mi damw l'impressione di quelle
sorgenti sotterranee che porla110 vitalità e ricchezza
ovunque esse scorrono •>.
Port Chester, N. V.
Scuola Corpus Christi,
sezioni elementari
parrocchie e missioni negli Stati Uniti. È certo che
sulle Suore - più che sul personale laico insegnante -
gravano le responsabilità e i lavori più ardui, e che la
Chiesa non esita ad attribuire all'opera solerte e silen-
ziosa di queste anime generose, una grande parte del
suo sviluppo.
Una rete apostolica tesa su nove Stati
In questa vasta organizzazione un complesso di
14 scuole materne, 22 elementari, 21 scuole medie,
La Scuola parrocchiale negli Stati Uniti
Già sullo scorcio del XVIII secolo l'esigenza di una
<• pia e cattolica educazione della gioventù •> fu sentita
in termini di urgente problema. II vescovo John Carroll
rivolgeva nel 1792 un appello ai laureati della giovane
Università gesuita di Georgetown, quali futuri inse-
gnanti delle scuole annesse alle parrocchie. L'appello
fu accolto.
Sacerdoti, Religiosi venuti successivamente dall'Eu-
ropa per l'assistenza ai connazionali emigrati, si asso-
çiarono a questa nascente attività che produsse presto
un fiorire delle scuole annesse alle parrocchie, nono-
stante difficoltà d'ogni genere.
Il sistema scolastico parrocchiale venne a trovarsi in
fase di promettente evoluzione, allorché la r.eligione
veniva esclusa dalle materie d'insegnamento nelle
scuole pubbliche perché l'eterogeneità dei gruppi etnici
non consentiva una comune base d'accordo.
Ma fu il metodo <• progressivo >> penetrato rapida-
mente nelle scuole dello Stato a persuadere i genitori
cattolici - anche i meno sensibili al problema religioso -
ad affidare i propri figli alle scuole parrocchiali.
A chi non conosce il sistema scolastico viene spon-
tanea la domanda: « Chi sovvenziona le scuole catto-
liche?». L'enorme spesa che esse comportano costitui-
sce un aggravio per i cattolici, in quanto le diocesi e le
parrocchie le devono sostenere con gestione propria.
A livello parrocchiale, mediante tasse scolastiche o
altre iniziative adeguate alle possibilità della C•Jmunità
locale, il parroco provvede al completo finanziamento
della scuola, garantendone la funzionalità di attrezza-
ture e l'efficienza di metodo.
15

2.8 Page 18

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Bellflowe r, California. Scuola materna diretta dalle Figlie di M. A.
A livello diocesano, un apposito << Centro Q è respon-
sabile delle direttive didattiche, del calendario scola-
stico e della gradualità degli stipendi al personale in-
segnante.
Sul piano nazionale, i centri diocesani fanno capo
alla NCEA (National Catholic Educational Associatìon),
la quale prende parte attiva al movimento educativo
americano e mondiale.
Il contributo delle Figlie
di Maria Ausiliatrice
L'apostololato delle Figlie di Maria Ausiliatrice ini-
ziatosi nel 1908 con le prime quattro Suore giunte a
Paterson, si svolge oggi su larga scala per la dedizione
e lo zelo di 275 Suore, in 30 case. Dalla iniziale attività
scolastica che tuttora costituisce il campo base di lavoro
assai fecondo di bene, la partecipazione a una aperta
<< pastorale d'insieme 11 esige la loro presenza fatta di
testimonianza e di azione apostolica in molteplici settori:
nei catechismi settimanali agli alunni delle scuole
statali. Qui avviene sovente il contatto con quella por-
zione di cattolici - alunni e genitori - forse meno
vicini alla Cltiesa;
nei raduni festivi aventi lo scopo di preparare alla
recezione dei Sacramenti i bambini che non hanno la
possibilità di frequentare la scuola cattolica;
nella catechesi quaresimale giornaliera per i suddetti
bambini;
a quella serale per giovani studenti che trovano
conveniente venire a quel tempo;
nella catechesi serale per gli adulti che per svanat1
motivi non hanno avuto modo cl.i prepararsi alla rece-
zione dei Sacramenti;
alle attività parascolastiche dove lo sport - nelle
sue diverse forme - trova impegnati sia i nostri alunni
16 come quelli delle scuole pubbliche;
nei doposcuola per gli alunni i cui genitori tornano
tardi dal lavoro;
nelle scuole estive e nei camps, dove l'insegnamento,
lo sport e il lavoro permeati cl.i catechesi, si alternano
per quasi tutto il giorno;
negli oratori, chiamati in USA con i più svariati
appellativi;
come organizzatrici di Esercizi Spirituali per ragazze;
tra gli emigrati Portoricani e i rifugiati Cubani.
L'apostolato più recente
L'assistenza a questi ultimi gruppi è la più recente
forma cl.i apostolato esercitato dalle Figlie di Maria
Ausiliatrice; ma forse è anche una delle più rispondenti
ai bisogni sociali e religiosi: vero assillo per i Vescavi
e le autorità civili delle grandi metropoli. Sbocciata
una quindicina d'ai1ni fa da un soccorso sollecitato dal
Vescovo di Paterson, l'opera ha assunto una sua forma
organizzativa. Una comunità cl.i parecchie migliaia di
cattolici vanta la propria chiesa e scuola materna dove
la lingua spagnola è usata e la vita cristiana vissuta.
Il qu.idro assistenziale provveduto dalle Suore include
la catechesi settimanale per adulti e quella giornaliera
per la gioventù frequentante scuole governative.
Molto corrisposte sono pure le attenzioni rivolte al
miglioramento della condizione della donna nell'am-
bito sociale e familiare. Nozioni orientative per una
rapida assimilazione delle caratteristiche ambientali,
sono impartite a ogni livello.
Il patrimonio folcloristico, sociale c culturale di
queste popolazioni, è mantenuto nei fiorenti clubs
serali e festivi e nei camps estivi organizzati dalle Suore
con la collaborazione cl.i efficienti exallieve ed exallievi.
Per una più fattiva integrazione nella compagine dio-
cesana e nazionale, ogni scuola delle Figlie di Maria
Ausiliatrice accoglie un nucleo di Portoricani e rifu-
giati Cubani.
La collaborazione dei genitori
La PTA (Parents, Teachers Association), associa-
zione dei genitori ed insegnanti, fa parte ciel sistema
educativo a ogni livello, con la precisa finalità di favorire
il progresso individuale degli educandi e quello del-
l'istituzione educativa. La prassi consueta prevede un
incontro mensile, ma i genitori hanno molte altre pos-
sibilità di contatto con gli insegnanti.
Gli stessi genitori sono i primi ricettori del bene che
le Suore si propongono di fare. Conferenze, tavole
rotonde, interviste, referendum, ecc., sono altrettanti
veicoli cl.i informazione e di formazione cristiana cl.i cui
si vuol impregnare la vita dei 48 milioni cl.i cattolici
statunitensi. L'opportunità per un approfondimento
della loro fede, è offerto da 1.m corso parallelo a quello
dato ai loro figli in preparazione alla prima Comunione
e alla Cresima.
A sessantaquattro anni dalla prima fondazione,
l'opera delle Figlie di Maria Ausiliatrice risulta molti-
plicata dalla cooperazione delle migliaia di exallieve ed
exallievi. Essi portano dovunque, col fermento della
vita cristiana coerente e impegnata, la devozione a
Maria Ausiliatrice che qui, come altrove, << è Lei che
ha fatto tutto >>, infondendo nelle sue Figlie una dina-
mica sensibilità alle esigenze dell'evolversi della società
in ogni campo.

2.9 Page 19

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Il 25 febbraio I97I è morto nel<• Cen-
tro Giovanile di Spiritualità & di Avi-
gliana (Torino) Bartolomeo Lovera
al!'età di 50 anni. Era nato a Cuneo
11el I9ZI. Fu trovato nell'orto adia-
cetite all'i,stiluto, schiacciato sotto 1m
motocoltivatore, coperto di lividi, con
il petto squarciato e le braccia spa-
lancate in un ampio gesto significativo,
cosl come Cristo sul Golgota.
Ogni volta che cambiava casa, sulla
sua lettera di ubbidienza c'era inva-
riabilmente la qualifica di factotum.
Per lui però quel <•factotum o aveva
un significato ben preciso: fare tutto
quello che gli altri non potevano o non
volevano fare.
Bartolomeo Lovera fu un vero << pro-
feta~ della poverlà: totalmente di-
staccato dai beni della terra, nel co-
stante rifiuto di ogni agiatezza e co-
modità. Di poche parole, predicò con
la vita, l'ur1ico linguaggio capace di
mettere in crisi anche le coscienze im-
borghesite. Aveva un solo timore:
quello di essere destinato ad una casa
ricca. Gli bastava un solo vestito e
due camicie 1m po' decemi per i giorni
festivi. Il resto del suo corredo era
composto da quello che gli altri smet-
tevano o rifiutavano. Rifiutò con osti-
nazione l'uso di una camera. Le poche
ore di riposo, nella buona stagione,
le passava nella cascina, sul fieno o
sulla paglia; d'inverno, in uno sgabuz-
zino sopra la stalla.
Nel cibo la sua scelta cadeva sempre
sulla porzione più piccola, sulla
confezione più scadente. Durante
tutti i venerdì dell'anno non assag-
giava vino.
Non prendeva mai nulla fuori pasto,
nemmeno rm sorso d'acqua, anche
quando nei campi il sole e l'afa gli
inaridivano la gola.
Sembrava che il denaro gli bruciasse
tra le mani; non teneva neppure una
lira in tasca. Nel suo vecchio porta-
foglio, dopo la morte, fu trovata la
patente di guida, una fotografia del-
l'ispettore, un'immagine di Cristo, op-
presso sotto il peso di una grande
croce.
<<Profeta>>
della
povertà
« Si direbbero
cose del medioevo
e accadono oggi »
DON BOSCO (Mem. Biogr., X , 39)
«Pane, lavoro, paradiso », soleva n:pe-
tere. Se si volesse descn:vere l'impo-
nente mole di lavoro compiuta dal
nostro Lovera, facilmente si potrebbe
essere fraintesi o non creduti. Le
giornate per lui erano sempre troppo
corte.
La sua attività cominciava regolar-
mente alle 5 del mattino e si concludeva
"tra le IO e le II di sera. Le sole ùz-
terruzioni erano quelle necessarie per
compiere le pratiche di pietà e consumare
due pasti. Questo era l'orario nonnale;
sovente però faceva lo 6 straordinario ».
Se in paese c'era qualche malato grave
da vegliare, era sempre pronto. Tra-
scorreva tutta la notte al suo capezzale
e al mattino n·entrava per ricominciare
il suo lavoro ili casa, come se nulla
fosse stato. Nei giorni festivi, dopo
aver servito almeno quattro messe,
occupava il pomeriggio nell'apostolato
spicciolo. Ricreazioni e vaca11ze non
sapeva nemmeno cosa fossero. Qualche
breve e rara visita ai parenti. Qualche
pellegri11aggio, naturalmente a piedi,
ai Santuari mariani dei dintorni.
Tutto qui!
Quando nel I954 fu destinato, come
soleva dire, «all'ombra dell'Ausilia-
trice)), fu tanta la sua gioia che lasciò
subito Cuorgné dove abitava e, con
le scarpe a tracolla e il rosari-O in
mano, percorse a piedi nudi la distanza
che separa Cuorgné da Tonno. Il fatto
si ripeté otto anni dopo. Destinato
all'istituto che sorge presso il San-
tuario della Madonna dei Laghi di
Aviglia11.a (Torino), vi gi11nse a tarda
sera, molle di pioggia.
Paiono storielle di un santo medievale
e invece sono realtà di ieri. Bartolomeo
Lovera 1wn era un vecchietto aggrap-
pat.o q forme di vita sorpassate; 11,011
era neppure un igrzorantello per cui
la v ita religiosa si è trasfannata in
,ma forma dì vita da «barbone di
Dio».
Egli seppe vedere nel fondo delle cose;
e le sue scelte le seppe sempre spiegare
e giustificare con semplicità e chia-
rezza, nella luce di Dio e delle anime. 17

2.10 Page 20

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Il 30 agosto tutta Brasilia va in pellegrinag-
gio alla << Ermida Dom Bosco >>. Vescovi, au-
torità politiche, muratori, venditori ambulanti,
scolari, vanno a pregare il Santo che ha visto
in sogno la nuova capitale del Brasile. Il
30 agosto 1883, infatti, Don Bosco vide dal-
['alto l'America del Sud e disse : << Tra il
grado r5 e 20 apparirà la terra promessa>>.
Brasilia è esattamente collocata tra il 15° e
il 20° grado di latitudine. I figli di Don Bosco
lavorano nel centro della città e tra i I oo
mila baraccati della periferia.
BRASILIA
città sognata
da Don Bosco
DON TERESIO BOSCO
Brasilia, città-miracolo sorta dal
nulla. 5814 chilometri quadrati dj
terra rossa, strappati dalle ruspe al
deserto verde del Planalto Central.
Capitale a 1000 metri d'altezza, a
900 chilometri da Rio de Janeiro.
Nata per volontà cocciuta e infles-
sibile di un Presidente, Juscelino
Kubitschek, che volle sradicare i
Brasiliani dalle coste atlantiche e
spingerli verso l'interno inesplorato.
Costruita dall'ingegno di due dei
più grandi architetti del mondo:
Lucio Costa e Oscar Niemeyer, che
la edificarono su misura per l'uomo
moderno. Costruita dal lavoro duro,
continuo, ossessionato da scadenze
inesorabili, di legioni di operai, nor-
destini, arabi, italiani, greci, musul-
mani, francesi, spagnoli, portoghesi,
argentini. Lavoratori che mangia-
vano in piedi, s'addormentavano in
piedi. Città-contrasto che mette in
18 vetrina gli edifici modernissimi che
fanno scattare le cineprese dei turisti,
ma nasconde nel silenzio degli iso-
lati (battezzati super quadre) le solu-
zioni più rivoluzionarie per l'urba-
nistica futura: ogni isolato fasciato
di silenzio, fornito di scuola, asilo,
negozi, ampi spazi verdi per i bam-
bini, strade studiate con tali eleganti
trabocchetti che le macchine non
possono viaggiare che a venti all'ora.
Città-contrasto che al termine delle
avveniristiche super quadre, vede al.-
lungarsi a perdita d'oççhio la città
dei bandeirantes, le baracche caotiche
dei pionieri nordestini, arabi, ita-
liani, greci che banno costruito la
città e ora vivono aggrumati nella
babele del ghetto di legno, aspet-
tando che anche per loro si apra una
soluzione umana nella super-capitale.
Abbiamo viaggiato 14 ore sul na-
stro d'asfalto che congiunge Belo
Horizonte con la nuova capitale del
Brasile. Ai margini della strada, rari
ragazzi offrivano grossi cristalli affio-
rati nella terra del Planalto. Uomini
ossuti e bruciati dal sole porgevano
tazze ricolme di succo di canna da
zucchero. Dai finestrini della Volks-
wagen abbiamo visto il tramonto,
che ha riempito di sangue e di oro
le nubi dell'orizzonte. Un tramonto
veloce, seguito dalla notte che venne
giù a picco dal cielo. Fu allora che
vedemmo Brasilia. Una scacchiera
immensa di case, di palazzi, di strade,
che s'incendiò di colpo di centomila
luci balenanti. Le amplissime strade
investite di violenti luci al neon bril-
larono come fossero di vetro nero.
Nella Piazza dei Tre Poteri, fari
giganteschi investirono la doppia
torre del parlamento e del senato,
fecero ardere come una torcia l'altis-
sima antenna televisiva, mentre la
cattedrale, fasciata di luce gialla, sem-
brava un mazzo di fiori stilizzati sor-
montati da una minuscola croce d'oro.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ro110 in altri luoghi. N/a ciò non era
t1,tto. Tra il grado I5° e il 20° (di lati-
tudine) vi era un seno assai Ìargo e
assai lungo che partiva da un punto
ove f onnavasi un lago. Allora una
voce disse ripetutamente: "Quando si
verranno a scavare le miniere nascoste
in mezzo a questi monti, apparirà q_ui
la terra proniessa fluente latte e miele.
Sarà una ricchezza inconcepibile" >).
Alla domanda precisa su1 tempo
in cui si sarebbero verificati gli a\\TVe-
nimenti che Don Bosco vedeva nel
sogno, la sua guida rispose: << Prima
che sia compiuta la seconda genera-
zione i>. << E quale sarà la seconda
generazione? )), replicò Don Bosco.
E la guida: « Questa presente non
conta. Sarà un'altra e poi un'alqa.
Ognuna di queste generazioni com-
prende 60 anni•>.
La nuova capitale del Brasile è
esattamente collocata tra il I e il
zoo grado di latitudine, e la seconda
generazione che dovrà portare a com-
pimento il sogno è iniziata, più o
meno, verso il 1945, e si protrarrà
fino all'anno 2000.
È notevole il fatto che Don Bosco
previde scoperte di grandi giacimenti
di petrolio, quando quest'olio mine-
rale aveva nemmeno un decimo del-
l'importanza economica che ha nel-
l'industria moderna. Era unicamente
usato per l'illuminazione. Il rapporto
del famoso geologo Linch, molto
posteriore alla visione di Don Bosco,
escluse in maniera categorica la pre-
senza di petrolio in Brasile. Ora in-
vece i grandiosi giacimenti rinvenuti
a Bahia (sul 1 grado di latitudine),
in Mato Grosso (tra il 15° e il 20°
grado), e nell'Amazonia, fanno toc-
care con mano che Don Bosco vide
chiaro nelle profondità della terra
Prima Messa sul Planalto
Sedici anni fa, su questo alto-
piano, non c'era nulla. Non si
era nemmeno scelto il nome della
futUia capitale. Giunse una carovana
sulla carta del Brasile, e concluse
che con la costruzione di Brasilia
s'iniziava l'avveramento della sua
profezia. Un opuscolo con la tradu-
zione del sogno fu rapidamente esau-
rito, e provocò stupore grande negli
brasiliana. E la presenza di Brasilia
in questa fascia profetizzata fa spe-
rare a molti brasiliani l'avveramento
dell'ultima parte della predizione del
santo: «ApparÌià qui la terra pro-
messa i>.
di salesiani dall'ateneo di Goiania ideatori della città.
e dal ginnasio di Silvania. Pianta-
rono quattro pali, vi stesero sopra
Don Bosco raccontò il sogno nella
mattinata del 4 settembre 1883 ai
Il primo cemento di
un tendone, e su un altarino da membri del Capitolo Generale. Don Brasilia è per Don Bosco
campo padre Cleto Caliman disse Lemoyne ne prese rapidamente nota,
la prima Messa. Era il 24 febbraio e Don Bosco stesso rivide da capo a Il presidente della NOVACAP,
1956.
fondo lo scritto, apportando modi- l'impresa che iniziò i lavori di Bra-
Sette mesi dopo, il 19 settembre, fiche e particolari. Ecco le dieci silia, fu Israel Pinheiro. Ha una sto-
Senato e Camera di Rio de Janeiro righe che interessano direttamente il ria strana, quest'uomo. Non è mai
approvarono la legge 2874. Decre- Brasile e Brasilia: « Vedevo nelle vi- stato a scuola dai salesiani eppure si
tava la costruzione di Brasilia e il scere delle montagne e nelle profonde proclama exallievo. Perché 1ìn da
trasporto della capitale nella nuova latebre delle pianure. Avevo sott'oc- bambino vide nello studio di suo
città.
chio le ricchezze incomparabili di que- padre (governatore dello Stato) il
In quello stesso mese un salesiano sti paesi che un giorno verranno sco- quadro di Don Bosco, e quel prete
lesse attentamente il sogno di Don perte. Vedevo miniere numerose di gli fece sempre simpatia. Quando un
Bosco sull'America Latina, riportato metalli preziosi, cave inesauribili di disastro finanziario travolse suo pa-
dal 16° volume delle Memorie Bio- carbon fossile, depositi di petrolio cosi dre, l'Ispettore salesiano offrì un
grafiche, ne verificò ogni particolare abbondanti quali mai finora si trova- posto nelle nostre scuole per Israel. 19

3.2 Page 22

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Non poté accettare, ma solo per quel-
l'offerta s'è infilato all'occhiello il
distintivo di exallievo.
Il primo ferro e il primo cemento
arrivato a Brasilia, lsrael Pinheiro
non li destinò a costruire la sede della
sua impresa, ma una piccola chiesa
votiva dedicata a Don Bosco. La
chiamano «Ermida 1>. Sono andato a
vederla. S'affaccia sul lago artificiale
che circonda tre lati di Brasilia, e
davanti alla statua del santo in marmo
di Carrara (inviata dall'Italia) ci sono
sempre fiori freschi. Perché Brasilia
vuol bene a Don Bosco, è fanatica
per Don Bosco. Ho visto dedicati a
Don Bosco un ospedale, una farma-
cia, un collegio, una parrocchia, una
panetteria e una lavanderia. E il 30
agosto, anniversario del sogno pro-
fetico, tutta Brasilia va in pellegri-
naggio all'Ennida. Vescovi, autorità
politiche, muratori, venditori ambu-
lanti. C'è andato anche il Presidente
della Repubblica.
Kubitschek, per Brasilia, voleva
specialmente la velocità. Bisognava
disegnare in fretta, costruire in fretta,
andarvi ad abitare in fretta. Sapeva
che se il nucleo della città non fosse
già stato operante al termine della
sua presidenza, Brasilia sarebbe morta.
I tentennamenti, gli indugi, i ripen-
samenti, l'avrebbero uccisa. Per que-
sto nei cantieri di lavoro si usò «lo
stile Brasilia ». Voleva dire niente
ferie e niente feste, voleva dire tre
turni di lavoro di giorno e di notte.
Tra quei bandeirantes di ogni co-
lore e di ogni razza, Israel Pinheiro
chiese un salesiano come cappellano
dei lavoratori. Gli mandarono padre
Osvaldo L obo. L'ho incontrato, coi
capelli bianchi e il volto rude, al col-
legio Don Bosco. Ricorda quei primi
mesi come un vecchio sceriffo ricorda
il Far West. Arrivò su una camio-
netta, e rimase per 20 ore bloccato
sulla strada in terra battuta, sotto un
diluvio di pioggia, perché 18 camion
carichi di cemento s'erano impanta-
nati fino al mozzo delle ruote. Do-
vettero arrivare tutti i trattori dispo-
nibili di Brasilia per tirarli fuori da
quel pantano d'inferno. Le baracche
dei suoi lavoratori si estendevano in
un diametro di 300 chilometri. Lui
andava da una baracca all'altra a
cavallo, finché la bestia ce la faceva.
Poi usava l'autostop. Una mano in
aria col pollice rove$ciato, e l'altra
a reggere la valigia in cui aveva l'al-
tare portatile. La prima Messa, ogni
domenica, la diceva in un cinema
costruito a metà. Girava per le strade
scuotendo un campanello, per chia-
mare i suoi rudi fedeli.
Gli domando com'erano quei pio-
20 nieri, se c'erano teste calde, avven-
turieri, attaccabrighe. Capita in ogni
zona di frontiera. Scuote il capo.
<< Tutta gente seria - mi dice. - La-
voravano fino all'esaurimento per
mettere da parte un piccolo gruzzolo».
Nelle osterie dove si beveva casha,ça,
volava anche qualche coltellata, ma
la polizia era severissima nell'allon-
tanare i disturbatori. Brasilia doveva
crescere velocemente, sempre più
velocemente, e non c'era tempo per
le risse.
Arriva « don Camillo »
Nel 1957, Brasilia fu divisa in
varie parrocchie. Il (( Nucleo Ban-
deirante >>, cioè le baracche e le casu-
pole dei muratori, fu chiamato << par-
rocchia S. Giovanni Bosco ►> e affidata
al salesiano padre Roque Vagliatti.
Forte, tarchiato, capelli rossicci,
mani grosse come pale da sabbia,
padre Roque conquistò immediata-
mente il rispetto e la simpatia dei suoi
difficili parrocchiani. E si conquistò
anche un soprannome che gli è ri-
masto appiccicato come un'etichetta:
don Camillo.
Lo vado a trovare nella sua chiesa
di legno, all'ombra di un campanile
quadrato, pure di legno. Lo trovo
davanti al portale della chiesa in cotta
e stola. Gli domando se sta per ini-
ziare un battesimo o un funerale.
Mi risponde ridendo di no : <• Io sono
sempre vestito cosi, figliolo. Sono
sempre al servizio del buon Dio e
deHa mia gente>>, e mi batte sulle
spalle con le sue manone. La sagoma
forte si è appesantita, e fili bianchi
chiazzano abbondantemente il rosso
dei capelli. Ragazzi scalzi giocano
alla pelota sul piazzale, sono agili e
di una gioia esplosiva. Ragazzine si
avviluppano il capo in veli leggeri ed
entrano in chiesa salutando: «Buon
giorno, padre Roque ». Ricambia il
saluto col suo vocione che si fa gen-
tile. Dalla porta aperta intravedo la
chiesa: ha qualcosa di rozzo come
tutte le chiese popolari e provvisorie,
ma l'altare è tutto splendente di orna-
menti dorati, di volute barocche e
complicate, che fanno come una nu-
vola lucente attorno alla statua della
Madonna. E ci sono tanti fiori agresti,
a fasci, ammucchiati sui gradini del-
l'altare. Entriamo a pregare qualche
minuto. Chiedo a padre Roque
qualche ricordo dei primi tempi. Si
sforza pescando in fondo alla me-
moria episodi lontani e frasi italiane
più lontane ancora. S'interrompe
solo per allungare qualche pedata
al pallone, quando capita nei paraggi.
<• C'erano poche case qui, quando
arrivai. Poche case e tanti uomini.
Io ero a disposizione di tutti, amico
di tutti. Venivano da me i nuovi ar-
rivati, a cercare lavoro, abitazione,
cibo per i primi giorni. Ricordo una
famiglia di nordestini. Padre, madre,
tredici figli . Avevano fatto 1000 chi-
lometri in camion, Dio sa come. Era
un brav'uomo il padre. Un falegname
eh.e sapeva il fatto suo e aveva voglia
di darsi da fare. Gli trovai subito
lavoro. La madre fece la lavandaia.
Trovare la casa fu una faccenda dif-
ficile, ma alla fine qualcosa trovai.
I figli più grandi furono assunti dalla
NOVACAP, i più piccoli riuscirono
tutti a trovare un posto a scuola, per-
ché la scuola la dirigevo io. Scuola
parrocchiale semigratuita con 1ooo
posti, dentro baracche di legno... >>.
Anche questa chiesa parrocchiale
la volle e la costrul lui. La iniziò un
mese dopo il suo arrivo, il 4 novem-
bre 1957. Quegli operai stanchi, nelle
poche ore di riposo venivano a dargli
una mano. Vi celebrò la prima Messa
il dicembre, e l'inaugurazione
ufficiale fu un mese dopo, in gen-
naio.
Doveva essere demolita, insieme
alla scuola popolare, quando le grandi
chiese e le grandi scuole di Brasilia
cominciarono a funzionare. Ma padre
Roque le difese accanitamente, e
continuano a prestare il loro ono-
rato servizio anche oggi, tra i barac-
cati di Brasilia.
La storia singolare della
« Scuola Don Bosco »
Anche la scuola salesiana di Bra-
silia, monumentale e bellissima, ha
una storia singolare. Me la racconta
padre Vasconcelos, che lavora da
anni al Ministero della Pubblica
Istruzione. << Erano i primissimi tempi.
Si gettavano le prime fondamenta di
Brasilia. Il presidente Kubitschek
mi mandò a prendere con l'aereo,
insieme all'Ispettore salesiano. Ci
attendeva in un salotto insieme a
Israel Pinheiro. Saltò ogni preambolo
e disse bruscamente: «Ho bisogno
subito di una scuola provvisoria per
i figli degli ingegneri, degli impiegati,
dei lavoratori di Brasilia. I Salesiani
devono farla entrare in funzione
entro tre mesi ~- Ci lasciò tirare il
fìato, perché la scadenza che ci im-
poneva era tale da strozzarci. Poi
aggiunse: «Voi mi fate la scuola
provvisoria funzionante, e io_vi faccio
assegnare 240.000 metri quadrati di
terreno su cui costniiremo una splen-
dida scuola in muratura e una chiesa
a Don Bosco, che sarà la più bella di
Brasilia>>. Sembrava tutto un sogno.
E invece tutto divenne realtà. La
prima scuola costruita in legno iniziò

3.3 Page 23

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La chiesa di Don Bosco in Brasilia
è un autentico monumento tra i più
balli della città.
Il primo ferro e il primo cemento ar-
rivati a Bras ilia furono destinati a
costruire una piccola cappella votiva
dedicata a Don Bosco# l'u Ermida».
a funzionare entro tre mesi: nel
marzo 1957. Un anno e mezzo dopo,
D on Bosco aveva in Brasilia una
chiesa splendida, un autentico mo-
numento tra i più belli della città, e
la scuola salesiana definitiva (inau-
gurata alla presenza del presidente
Kubitschek e del Rettor Maggiore
don Ziggiotti) era pronta a ospitare
in due edifici, architettonicamente
perfetti, 700 alunni.
Un canto bello e selvatico
come i fiori del Mato
Ogni giorno che passa, Brasilia
diventa sempre più la capitale effet-
tiva del Paese. I ministri e il Presi-
dente vi hanno dimora stabile per
6 mesi all'anno. Vi hanno preso sede
definitiva 15.000 ditte commerciali
e industriali. Funzionano 72 alberghi,
65 banche, 25 ospedali, 189 scuole,
15.000 apparecchi telefonici.
Ma come ogni grande città non
riesce a eliminare i baraccati che si
aggrumano alla sua periferia. La
parrocchia di padre Roque ha oggi
100 mila abitanti. È gente buona,
volenterosa, ma che dal rallentamento
dei lavori edilizi (avvenuto inesora-
bilmente alla fine della presidenza
Kubitschek) ha perso la fonte sicura
di lavoro, e deve adattarsi a mille
espedienti per tirare avanti.
Prima di partire da Brasilia tomo
a salutare padre Roque. Lo trovo
ancora in cotta e stola, tra la chiesa
e il campanile. Mi dice delle missioni
predicate recentemente dai Reden-
toristi tra i suoi baraccati: 15 giorni
di lavoro apostolico, con il risultato
di 20.000 comunioni, 4 .000 confes-
sioni, 60 matrimoni regolarizzati.
Sono le 17,30 del pomeriggio. La
chiesa è stipata di ragazzi per la Messa
della gioventù. Mi stringe in fretta
la mano e corre all'armonium, piaz-
zato davanti all'altare, a dare il via
al canto. Mi inginocchio sull'ultimo
banco. Lascio che quel canto di
ragazzi, bello e selvatico come i fiori
che sono presso l'altare, Ini penetri
dentro. L'autista mi tocca la spalla.
Bisogna ripartire. Faccio la genu-
flessione e accenno con la mano un
saluto verso padre Roque. Conti-
nuando a cantare vigorosamente alza
la mano destra dalla tastiera, e Ini
saluta con un gesto ampio e gioioso.
Forse un giorno dimenticherò la
bellezza incantata del monumento al
bandeirante, sul limite della Piazza
dei Tre Poteri, ma il gesto fraterno
cli questo prete dai ;apelli rossi, che
pesta l'armonium e canta a squarcia-
gola fra trecento ragazzi baraccati,
non lo dimenticherò mai.
21

3.4 Page 24

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NEL
MONDO
SALESIANO
Da 75 anni i Salesiani a lntra
L'Opera salesiana di Verbania lntra (Novara) ~
ricorda il suo 75° di vita. La data riveste parti-
colare impo1tanza anche per la città, dove la
presenza educativa e pastorale dei figli di
Don Bosco ha assunto un rilievo sempre mag-
giore. Nel 1896, il prossimo Beato Don Mi-
chele Rua firmava il contratto di compera del
(( Collegio Municipale)) di l ntra, che diventava
il «Collegio San Luigi» con le elementari, il
convitto e l'oratorio festivo. L"opera, interrotta
dalla prima guerra mondiale, andò incremen-
tandosi sempre più sino a raggiungere le pro-
porzioni attuali, che hanno richiesto la costru -
zione di una nuova ala per la cresciuta popola-
zione scolastica. Nel 1962 fu pure inaugurato
il tempio di Maria Ausiliatrice, oggi parrocchia
e centro religioso dei nuovi quartieri di lntra.
(Nella foto, in primo piano, la nuova ala del-
l'Istituto).
Shillong (Assam - India)
Bimbi salvati dalla carità dei buoni
«Ho il piacere di accludere alcune fotografie ~
dei nostri rifugiati dal Pakistan. Sono casi pie-
tosi di mancanza di proteine. Portati all'ospedale
di Shillong e affidati alle nostre Suore, rispo-
sero subito e bene alle cure mediche. Era un
piacere vedere sorridere di nuovo quei poveri
bambini e anche le povere mamme. Le Suore
lavorano con dedizione totale e buoni risultati.
Siamo però una goccia nel grande oceano delle
sofferenze di questi nostri fratelli» (da una
lettera del procuratore salesiano don Ignazio
Rubio).
Belluno. Mostra Missionaria
all'Istituto Agosti
Fu allestita in occasione della Giornata Missio- ~
naria mondiale. Rimase aperta per oltre tre
settimane e, nell'ambito di essa, furono tenuti
alcuni incontri di preghiera, illustrati da fil-
mine e diapositive sui problemi delle missioni,
della fame e della lebbra. Tali incontri si segui-
rono in quest'ordine: incontro con il gruppo
Patronesse e conferenza e visita alla Mostra,
incontro con i ragaui della Scuola media, con
i Cooperatori, con gli studenti di scuole supe-
riori, con i ragazzi delle scuole elementari; in
fine incontro con tutta la gente interessata alle
missioni. La Mostra è stata preparata dai gio-
vani dell'Oratorio e dell'Istituto sotto la guida
del delegato Cooperatori e del direttore del-
l'Oratorio. Erano esposti, tra l'altro, venti pacchi
di vestiario di 1O chili l'uno, confezionati dal
Laboratorio locale "Mamma Margherita", di-
retto dalla benemerita signora Bridda Maria, di
84 anni, che da 25 anni lavora a questo scopo,
impiegando anche parte della sua pensione.
Il numero dei pacchi confezionati e spediti lo
22 scorso anno fu di 150.

3.5 Page 25

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San Justo
(Buenos Aires - Argentina)
Un tempio al Sacro Cuore di Gesù
Nel 1875 giungevano in Argentina i primi Sa-
lesiani. Nel prossimo 1975 si inaugurerà un
tempio dedicato al Sacro Cuore di Gesù, che
sarà un cent ro spirituale di lode, ringrazia-
mento, espiazione e propiziazione per le atti-
vità dei Salesiani in Argentina e per la popola-
zione. Nel costruirlo sono rispettate le dispo-
sizioni della Costituzione Liturgica del Vati-
cano Il, che invita a « ricercare piuttosto una
nobile bellezza che una mera sontuosità» e
a «far si che le cose appartenenti al culto sacro
splendano veramente per dignità, decoro e
bellezza, segni e simboli delle realtà sopranna-
turali». Scopo non secondario del tempio è
quello di tener viva la devozione al Sacro Cuore
di Gesù, secondo l'esempio di Don Bosco, che
negli ultimi anni della sua vita si addossò
l'onerosa impresa della costruzione della Basi-
lica del Sacro Cuore in Roma.
Missione di Fuiloro (Timor)
Una cooperazione di viva attualità
Questa Missione sperduta nell'Oceania dà già ~
le sue vocazioni indigene. Un chierico sale-
siano ha fatto la professione religiosa a Ma-
nique (Portogallo) lo scorso agosto; quattro
giovani studiano filosofia in preparazione al
noviziato; altri cinque aspiranti sono accolti
nel seminario diocesano. Vari benefattori ne
finanziano gli studi, lieti di contribuire a dare
alla Chiesa e alle Missioni nuovi apostolì della
gioventù nello spirito di Don Bosco.
« HO CONOSCIUTO
DON BOSCO»
RACCONTA MONS.
GIUSEPPE GAMBINO
<e Non cerchi nemmeno di di-
ventare prete. Lei è troppo
malato. Non ce la farà». Fu-
rono queste le parole che il
medico disse al giovane Giu-
seppe Gambino che, aJ ter-
mine dei suoi studi nella
scuola di San Giovanni Evan-
gelista a Torino, aveva inol-
trato domanda per il sacer-
dozio. Così racconta monsi-
gnor Gambino che vive al-
l'Ospedale San Giuseppe a
Southern Pines nel Nord Ca-
rolina, in America.
Mons. Gambino non fa mi-
steri della sua longevità: 92
anni suonati. C< Tutti i miei
compagni di classe in semi-
nario sono morti. E io che
ero il più rovinato di tutti
sono ancora in vita ,1. Poi'
racconta di aver conosciuto
Don Bosco, a cui lo presentò
un suo zio, coadiutore sale-
siano. « Ricordo ancora il volto
soave e affascinante di Don
Bosco. Mi fece un bel sor-
riso, mi mise la mano sulla
testa e mi chiese: « Sei un
tu-avo ragazzo 7 ,,. Poi mi dette
la sua benedizione. La sua
benedizione mi ha accompa-
gnato per tutta la vita e ha
illuminato il mio sacerdozio».
Ordinato prete nel 1903, don
Gambino entrò in serv1z10
nella Propaganda Fide e fu
incaricato dell'assistenza agli
emigrati italiani nella diocesi
di Buffalo in New York. Anni
durissimi. Miseria, ripulse,
scoraggiamenti. Un giorno non
ne poté più. Andò dal suo ve-
scovo, mons. Colton, e si
sfogò: cc Torna fra i tuoi ita-
liani emigrati - gli sussurrò
irliuvsecisrcaoiv,1o.
-
Il
e sopporta. Ci
successo arrivò
ma molto lentamente.
Come Don Bosco, mons. Gam-
bino si mostrò realista, otti-
mista, fiducioso nella Prov-
videnza e in .Maria Ausilia-
trice. Fondò due chiese e due
parrocchie. Spesse volte ri-
schiò la vita. Gli giunse la
minaccia di morte. C< Non ho
paura - disse un giorno dal
pulpito. - Potete spararmi
anche qui». Aggiunse: <e Don
Bosco è stato sempre il mio
modello: era, lo ricordo, un
uomo coragg oso, un forte
lavoratore, un prete compren-
sivo. Ho sempre cercato di
imitarlo,,.
23

3.6 Page 26

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NEL
MONDO
SALESIANO
San Paulo (Brasile)
11 figlio battezza i suoi genitori
li giorno di Natale. nella parrocchia lituana di
Vila Zelina in San Paulo (Brasile), recentemente
affidata ai Salesiani, si svolse una cerimonia
eccezionale: il Battesimo di due coniugi, am-
ministrato dal loro figlio. Il battezzante era il
giovane seminarista Evaristo Higa, salesiano.
Ottenuto il permesso dall'arcivescovo di San
Paulo. rigenerava in Cristo i suoi genitori: i
giapponesi Pietro e Monica Higa, immigrati
nel Brasile e dimoranti nel barrio di Vila Ze-
lina, proprio accanto alla chiesa. Prendendo
in prestito la terminologia paolina, il figlio
avrebbe potuto dire ai suoi genitori; «Voi
siete figlì miei perché io vi ho rigenerati in
Cristo».
Pescara
Una via intitolata a Don Bosco
La Giunta Municipale di Pescara con delibe-
razione del 29-9-1971 , ha deciso di intitolare
una via cittadina a San Giovanni Bosco, «fon-
datore della Congregazione salesiana, patrono
degh apprendisti e creatore del sistema peda-
gogico preventivo, che tanto ha influito sulla
educazione dei giovani, positivamente 11. Il
Sindaco, prof. G. D' lnzecco. nel dame notizia
all'exallievo cav. Angelo Colltti. promotore del-
l'iniziativa, aggiungeva: e La decisione della
Giunta vuol essere anche un riconoscimento
all'opera altamente meritoria svolta fino ad
oggi dai Salesiani nel mondo».
Da Krishnaga_r (Bengala - India)
« Siamo dolorosamente
preoccupati per i bambini... »
«È sempre uno spenacolo straziante visitare i ~
campi di profughi, e vien subito da pensare
alle persone responsabili di tante sofferenze,
che dovranno rendere un conto terribile a Dio.
Stiamo facendo sforzi veramente sovrumani
per stabilire in ogni campo una " cucina" ,
dove dei volontari e volontarie preparano in
continuità latte caldo, semola e focacce per
i bambini. Infatti siamo dolorosamente preoc-
cupati per i bambini, che muoiono di denutrì-
zione con facilità estrema...
I dieci milioni di profughi che sono con noi
ritorneranno un po' alla volta nei loro paesi.
Un po· alla volta, dato il foro numero. Si cree-
rebbe confusione e un disastro se ritornassero
in massa. li loro paese devastato non può of-
frire loro da mangiare e sarà un problema
riprendere possesso delle loro proprietà. In-
tanto il Bengala è rimasto impoverito dall'au-
mento della popolazione e noi abbiamo da-
vanti alle nostre porte giorno e notte lunghe
file di affamati...» (da una lettera del nostro
missionario F. Pancolinl, Krishnagar. West
24 Benga/, India).
.........
Beirut (Libano} • Inaugurato un nuovo complesso
alla Scuola Salesiana
L'on. Aldo Moro, ministro degli Esteri d'ltatia, in v1s1ta ufficiale nel
Libano, lo scorso dicembre ha Inaugurato Il nuovo complesso della
nostra Scuola di Beirut, che accoglie un numero considerevole di
alunni, suddivisi in tre sezioni: le sezione italiana (dalle elementari
al liceo scientifico). la sezione libanese e quella anglo-americana.
I Salesiani. giunti a Beirut nel 1952, successero ai Padri Domenicani
nella direzione della «Scuola Italiana Maschile», affidata loro dal-
l'A.N.M.I. Gli alunni erano in maggior parte italiani, le cui famiglie
erano dislocate nelle varie regioni del Medio Oriente. Al nucleo pri-
mitivo italo-libanese, per impulso del Vicario apostolico Mons. E. Smlth,
si aggiunse una sezione per i figli delle famiglie cattoliche americane,
con ordinamento e programma americano. La Scuola ora è vera-
mente ecumenica perché accoglie ragazzi di ogni religione: ed è
internazionale perché gli allievi appartengono a 34 nazioni. I locali,
divenuti stretti per I 650 allievi, hanno richiesto nuove costruzioni.
I Salesiani, con un atto di coraggio e di fede nella Prowidenza si
sono accinti a ingrandire e ad ammodernare la Scuola. Per comple-
tare il complesso occorrono ancora un'ampia chiesa in onore di San
Domenico Savio e una palestra-teatro per le attività scolastiche arti-
stico-sportive. La meta è ardua. ma i Salesiani del Libano confidano
che la Provvidenza susciterà ancora generosi benefattori.

3.7 Page 27

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Il vecchio Ekuréu con don Albisetti in una delle sue ultime visite
alla Residenza Missionaria.
Essi vi
condurranno
alla luce
Don Cesare Albisetti, il veterano delle Missioni
tra i Bororo del Mato Grosso (Brasile), autore della
grande << Enciclopedia Bororo >>, c'invia
questo prezioso contributo alla storia dell'incontro
dei missionari salesiani con i feroci Bororo
nel lontano 1902. Noi siamo grati a don A/bisetti
- che sta conducendo in porto il terzo
grosso volume della << Enciclopedia Bororo >> -
per questa ben documentata relazione,
che conferma tra l'altro la materna bontà
della Vergine verso i suoi missionari del Mato Grosso
fin dagli albori della Missione.
11 18 gennaio del 1902 i Missio-
nari salesiani, dopo un mese di viag-
gio a cavallo per le foreste del Mato
Grosso (Brasile), dalla città di Cuiaba
erano arrivati a una località chiamata
Taxos e si erano attendati. Quello
era il luogo prescelto per iniziare
una missione a vantaggio di un gruppo
di indi Bororo, che desolavano le
terre dell'altipiano matogrossense a
est di Cuiaba. L'attesa fu snervante
perché il primo incontro con i ter-
ribili indi avvenne solo il 7 agosto,
i.n un punto che i Bororo chiama-
vano <( Tori po>>.
Don Giovanni Balzola, capo del
valoroso drappello, ne dava l'annun-
zio al Rettor Maggiore don Rua,
presentando l'avvenimento a tinte
rosee: il buon missionario non co-
nosceva i complotti e le macchina-
zioni feroci dei Bororo, pieni di odio
mortale contro i « bianchi».
Negli annali della Società Sale-
siana don Ceria racconta il fatto ba-
sandosi sulla relazione di don Bal-
zola. L 'incontro è cosi ridotto a un
amichevole abbraccio. Solo più tardi
un altro grande missionario, don An-
tonio Colbacchini, fece conoscere
la tragica realtà dei fatti con una
narrazione viva e attraente, ma al-
quanto romanzata nel volumetto delle
Letture Cattoliche Uké-Waguu (anno
1931, n. 944).
25

3.8 Page 28

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Non molto tempo fa parlai di que-
sto storico incontro con un Bororo
il quale affermò che anche lui cono-
sceva quella storia, ma che era al-
quanto differente da quella che aveva
sentito narrare.
- Allora - russi - tu conosci
il fatto come Lo narrava iJ capo dei
Bororo, Meriri Otoduia?
- Se lo conosco! L'ho ancora
udho dalla sua bocca, perché quando
mori io avevo piL1 cli otto anni. E
poi quante volte l'ho sentito da mio
padre, che lo ricordava ai Bororo
nei discorsi notturni !
- Allora, mio caro, all'opera e
scrivi quanto sai.
- Lo farò volentieri anche per-
ché non molti anni fa ne rinfrescai
la memoria nei frequenti incontri
con il mio amico Kiégbe Et6re, il
quale ebbe gran parte nello svolgi-
mento di quei fatti.
li nome bororo di questo mio amico
è Mano Kuriréu, ora }osé-Maria:,
ed è nato e vissuto sempre nella
missione; è uno cli quelli che più e
meglio assimilò la nostra civiltà e
cultura. Egli dunque si mise all'opera
e ne venne fuori un racconto molto
particolareggiato, del quale mi servo
come cli falsariga per la ricostruzione
del fatto. Questo racconto si scosta
un poco da quello di don Colbaccbini,
col quale però concorda perfetta-
mente su due punti centrali: la vo-
lontà decisa dei Bororo di massa-
crare i missionari; l'intervento so-
prannaturale che impedl la realizza-
zione dell'eccidio.
Questo nuovo documento, men-
tre conferma la verità storica di
quanto divulgò don Colbacchini,
serve a commemorare il 70° anniver-
sario dell'incontro e vuol essere un
atto di riconoscenza a Maria Ausi-
liatrice, che venne in aiuto ai missio-
26 nari in <i T ori po >>, dove vivevano
Indi Bororo, t ra I
primi a vvicina ti da
don Ba lzola e dagli
al tri missionari nel
1902.
nel tormento della snervante attesa
dell'incontro con i Bororo.
Mentre i missionari preparavano
le loro capanne e clissodavano un po'
di terreno per le p rime piantagioni,
La Madonna preparava il cammino
per avvicinare quei poveri Bororo
con un incontro pacifico. In un sogno
nùsterioso Ella fece vedere a Meriri
Otodwa quel drappello di m issionari
accampati nella località (< Tori po >>,
dandogli anche l'ordine di recarsi
colà al più presto.
Quel sogno impressionò fortemente
il capo, che -meclitava il modo cli co-
noscere quegli strani civilizzati senza
allarmare i suoi. Quando si decise
di rivelare che in sogno aveva visto
dei bianchi attendati nel t T ori po >>,
fu un allarme nel villaggio. I più
scalmanati nenùci dei civilizzati si
unirono a un tal Jirie Ekuréu, uomo
assai crudele, che subito avrebbe
voluto fare un assalto e trucidare
quegli odiati bianchi. Merfri Oto-
duia cercò di persuaderlo a non pre-
cipitare le cose perché quei bianchi
non erano come gli altri. Suggerì
quindi che prima cli agire si facesse
qualche esplorazione. U suo consiglio
{u accettato. In una riunione di tutti
i capi fu stabilito di mandare dieci
esploratori al << T ori po» ·con l'ordine
di non fare alcun male alle persone,
anzi cli non destare neppure il so-
spetto della loro presenza.
I dieci eseguirono il loro mandato.
Da esperti esploratori, videro tutto
e tutti a più riprese senza essere visti
e ritornarono a informare i capi.
Questi furono lieti di avere gli ele-
menti sicuri per una prossima spe-
clizione che avrebbero imposto a
Merfri Otoduia, le cui pacifiche in-
tenzioni avrebbero perso La loro forza
davanti alla legge dell'odio e della
vendetta.
Mentre i dieci compivano la loro
missione, Meri'.ri Otodwa nei di-
scorsi notturni aveva narrato per
intero il suo straordinario sogno.
- Mi sembrò - aveva detto -
di trovarmi in un luogo a me ben
noto, quando mi apparve una signora
di straordinaria bellezza. Su cli una
lunga veste bianca cingeva una fascia
azzurra; i suoi capelli erano levigati
e belli come le penne del «marréco )>
(uccello); la sua bellezza era quella
di un «aroe » (spirito celeste); il can-
dore della <•garza» (uccello) non ha
nulla a che fare col candore della
sua lunga veste; ella stava davanti a
me con la bellezza della sclùuma del
fiume. Parlando la nostra lingua mi
disse: «Esci dalla nebbia fitta che ti
avvolge e con te esca tua madre, tuo
padre, i tuoi fratelli maggiori e minori,
e tutti i tuo'i parenti; uscite dalle te-
nebre che vi circondano. Osserva bene
il Luogo che ti indico e vedi quei, bianchi
che puoi riconoscere per la veste bianca
lunga fino a.i piedi; essi vi toglieranno
dall'oscuro di questa nebbia ; vi con-
durramw alla luce».
- Clù sei tu che mi parli cosi?
- Io sento grande compassione di
voi, per questo ti parlo così. In verità,
io sono la vostra Madre. Fate presto
(a venire qui).
Noto cli passaggio che il nome di
<< Madre », come si defini la Madonna
nella visione, si radicò talmente nella
tribù dei Bororo che ancora oggi
non lo separano mai da quello di
«Maria•>. Per i Bororo la Madonna
è «Nostra JWadre Maria>).

3.9 Page 29

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Il sogno impressionò assai I Bororo. Immaginarsi: una
«signora •> che parla bororo e si dice loro madre I
TI ritorno degli esploratori troncò ogni commento. L'atten-
zione di tutti si volse ai discorsi dei reduci. Ne avevano delle
cose da dire! Ma tutto l'insieme non era allarmante. Meriri
Otoduia rimase molto soddisfatto dell'esito dell'esplorazione
perché confermava quello che gli aveva rivelato il sogno:
quei bianchi dalla veste lunga fino ai piedi, erano dunque
diversi dagli altri bianchi.
Gli esploratori ben presto cominciarono a insinuare che
era necessario fare una nuova esplorazione, e insistevano col
loro capo, che si mostrava alquanto riluttante. Ma le insi-
stenze furono tante che Meriri Otoduia acconsentì; anzi raf-
forzò la spedizione con nuovo personale. Partirono con vive
raccomandazioni di rispettare quei civilizzati cosi diversi dagli
altri.
Arrivarono a << Tori po l) sul mezzogiorno. Con ogni cir-
cospezione si avvicinarono all'accampamento dei missionari.
Con loro stupore lo trovarono deserto. Lasciàti a poca distanza,
nascosti nel bosco, i compagni aggiunti, i dieci della prima
esplorazione con cautela si approssimarono alle capanne e
non tardarono a scoprire che i missionari erano tutti insieme
a pranzo.
- La sorte ci favorisce - bisbigliò il capo Kiéghe. Et6re.
- Entriamo. Ciascuno andrà incontro a uno di questi bianchi
e lo abbraccerà; poi, a un mio segnale, li uccideremo tutti.
Al loro apparire i missionari andarono loro incontro sor-
ridenti, accogliendoli con un abbraccio. Scena ben singolare.
Tutti erano contenti: i missionari, che finalmente abbraccia-
vano i J3ororo attesi da tanti mesi, ignorando di trovarsi fra
le braccia dei loro carnefici; contentissimi i Bororo che ave-
vano nelle loro mani l'odiato bianco in attesa del segnale
della carneficina. Ma il segnale non venne. Venne invece un
segnale e una parola di amicizia, perché il capo, battendo
amichevolmente la mano sulla schiena della vittina che aveva
tra le braccia, gridò: << kamdra, kamdra, kamdra •> ( dal por-
toghese camarada, amico). I compagni subito imitarono il
loro capo e gridando «kamara, kamdra! •> si posero a riab-
Don Balzola al lavoro con i suoi uomini par disboscare la foresta.
DON CESARE
ALBISETTI
Il 10 giugno del 1969 il Parla-
mento di CuiaM, capitale dello
Stato del Mato Grosso in Bra-
sile, era riunito per una solenne
cerimonia.
Tutte le autorità civili e religiose
erano là radunate per dare a
Padre A/bisetti, un vecchio mis-
sionario salesiano, la «cittadinan-
za» del Mato Grosso. Tra i discorsi
di elogi e di riconoscimento per
la sua grande opera di missio-
nario e studioso, quello che più
impressionò l'assemblea e che
diede grande soddisfazione a Pa-
dre A/bisetti fu il discorso pro-
nunciato da un indio Bororo. Nel
suo discorso disadorno, ma spon-
taneo e genuino, l'indio espri-
meva la riconoscenza della sua
tribu «al piu Bororo dei civili-
zados ».
P. A/bisetti è nato a Terno d'Isola
(Bergamo) nel 1888, frequentò il
ginnasio a Torino nella casa Ma-
dre dei Salesiani, fu ordinato
Sacerdote nel 1912, e partì per
la missione del Mato Grosso alla
vigilia della prima guerra mon-
diale nel novembre del 1914.
Da allora tutta la sua lunga vita
è stata vissuta tra gli indi Bororo.
Da parecchi anni lavora instanca-
bilmente alla sua -grande opera:
/'Enciclopedia Bororo. (C. A/-
bisetti - J. Venturef/1: Enciclope-
dia Bororo - Voi. 1: Vocabolarios
e etnografia. pag. XXVIII, 1048 -
Voi. 2: Lendas e antroponimos,
pag. Xl, 1269 - L.D.C. - Via M.
Gioia, 62 - 20125 Milano).
Lévi Strauss, il grande antropologo
francese, ebbe parole di elogio
quando il secondo volume venne
presentato a Parigi. Lo chiamò
«opera monumentale», e ag-
giunse che «tutta la cultura mon-
diale è debitrice a P. A/bisetti
per questa opera unica nel suo
genere e che fornisce a studiosi
di varie discipline una materia di
prima mano per ulteriori e fecondi
studi, una ricchezza umana che
solo la vita di una persona acuta
e intelligente come P. A/bisetti ha
potuto salvare».
P. A/bisetti è un vecchietto di
83 anni, dalla barba bianca, occhi
vivacissimi, dafla battuta pronta
e intelligente, arguto; una di quelle
persone che non sanno invec-
chiare, perché non disarmano mai;
sempre pronto a ricominciare, a
iniziare cose nuove, a fare pro-
grammi non per uno «scorcio di
vita» ma per una vita ancora tutta
da fare.
De L'O sservatore Romano
del 12-13 luglio 1971
27

3.10 Page 30

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bracciare i missionari che, attoniti, non sapevano come
spiegare quella nuova manifestazione di amicizia. AI ter-
mine dell'incontro, come riferl Kiéghe Et6re, i missio-
nari si trovarono più rossi di uruku degli stessi Bororo.
Quandò entrò in refettori.o un missionario con un
pacco di regali, cessarono gli abbracci e tutti si strinsero
attorno a don Balzola, che li distribuì; poi li licenziò
invitandoli a ritornare presto con molti altri. Contenti
del ricevimento e più ancora dei regali, si allontanarono
dai missionari con il cuore mutato. L'odio s'era cambiato
in affettuosa ammirazione per quei bianchi dalla veste
lunga fino ai piedi. La spedizione preparata per un ec-
cidio era terminata con un abbraccio di amicizia.
Sul cammino del ritorno i dieci esploratori incon-
trarono i compagni rimasti nel bosco, che si mostra-
rono assai scontenti per non aver partecipato alla -distri-
buzione dei regali.
Per un poco camminarono in silenzio, poi Kiéghe
Et6re prese a parlare per scolparsi dell'accusa di tra-
ditore. Riferisce il nostro Mano Kurireu che Kiéghe
cominciò a dire:
- Tutti voi conoscete come io non abbia mai avuto
compassione per questi odiati civilizzati. Ma questa
volta ho sentito in me qualcosa che non so spiegare per
queste vesti bianche che mi abbracciavano con tanto
affetto; nello stesso tempo mi sentivo mordere dalla
vergogna per le mie crudeltà passate. Per questo non
ebbi il coraggio di dare il segnale di morte. Ora, arri-
vando al nostro villaggio, mostratevi contenti deL rice-
vimento e dei regali; dite che quei bianchi non sono
come gli altri. Meriri Otoduia ne godrà più di tutti e
ci loderà.
Il nostro informatore narra anche un particolare in-
teressante che Kiéghe Et6re aggiunse nel 1956 quando
in Sangradouro rìevocava questi avvenimenti.
Diceva Kiéghe Et6re: «Adesso so spiegarmi il mu-
tamento che avvenne in me e che mi trattenne dal dare
il segnale di morte. Nelle mani di una di quelle vesti
bianche vidi la corona di nostra Madre Maria. Allora
non sapevo che cosa fosse, ma adesso posso affermare
che fu la nostra Madre Maria a cambiare i miei senti-
menti per salvare i missionari. Come è stata buona!
Spero che mi sarà ancora buona Madre nell'ora délla
mia morte che sento vicina».
Il valente Bororo, nonagenario dai capelli bianchi
come la neve, cessava di vivere tra le braccia del mis-
sionario nel novembre dello stesso anno.
I discorsi notturni dei reduci dalla spedizione erano
ascoltati con viva soddisfazione perché avevano dissi-
pato l'incubo della vicinanza di quei bianchi. Più di
tutti gioiva Merfri Otoduia nel costatare la verità di
quanto la bella signora gli aveva fatto vedere e udire
nel sogno.
Sulla via dell'amicizia, apertasi in modo cosi straor-
dinario, a poco a poco s'incamminarono i Bororo, ac-
colti sempre a braccia aperte dai missionari. Per primo
vi andò Merfri Otoduia col fratello Merfri Okw6da e
con le rispettive famiglie. Quando il buon capo fu in-
trodotto nella piccola cappella, rimase colpito alla vista
di un quadro della Madonna di Lourdes e disse al fra-
tello che lo accompagnava: «Guarda: quella è la Signora
che io ho visto nel sogno». E rimase come estatico a
fissarla a lungo. Nella sua fantasia forse riudiva le parole
della bella Signora: << Fate presto a venire qui: troverete
i bianchi dalla lunga veste; essi vi condurranno alla luce>>.
Sangradouro (Mato Grosso) dicembre 1971
DON CESARE ALBISETTI
28
Missionario nel Me10 Grosso dal 1914
I VESOO VI FRANCESI
DENUNCIANO
LO « SCATENAMENTO
DELL'EROTISMO»
La Commissione episcopale della Fami-
glia e delle Comunità cristiane ha reso
pubblica, ìl 6 gennaio, una nota sul-
l'erotismo e il senso dell'uomo.
La Nota dell'Episcopato precisa che si
è passati da una super-valutazione del
«peccato della carne» quale si può rite-
nere avvenisse nel secolo scorso, ad un
eccesso opposto, per cui molti finiscono
oggi « col pensare che il peccato d'im -
purità non esista più».
«Sembrerebbe pure che, per certi cri-
stiani, la Chiesa non abbia più nulla da
dire in proposito per educare le coscien-
ze. Che taccia San Paolo che dichiara:
"Il corpo non è per la fornicazione, esso
è per il Signore..., non sapete forse che
i corpi sono le membra del Cristo?"
(1 Cor., 6, 13-15). "Giacché, sappiatelo
bene, né il fornicatore, l'impudico, né
Il cupido, che è idolatra, hanno di-
ritto all'eredità nel regno di Cristo e di
Dio" (Èf. 5-5). "Mortificate dunque le
vostre membra terrestri: fornicazione,
impurità, passione colpevole, cattivi de-
sideri, e questa cupidità che è una ido-
latria. Ecco, quindi, ciò che auira la
collera divina" (Col. 3, 5) ».
La Nota dei Vescovi prosegue:
«Ogni uomo, se vuol restare degno
della sua condizione d'uomo, e a più
forte ragione ogni cristiano, se vuol re-
stare fedele alla vocazione di figlio di
Dio deve assumere la padronanza della
sua sessualità. È a cotesta condizione che
la sessualità partecipa allo sviluppo ar-
monico della personalità. Vi occorre
questa igiene che una volta si chiamava
l'ascesi della mortificazione: saper do-
minare certi desideri, rifiutare certe sol-
lecitazioni, astenersi da letture e spetta-
coli licenziosi.
«In una parola, bisogna smascherare
la tentazione e dire no al peccato. Non
v'è vita cristiana senza lotta, una lotta
che si appoggia sulla preghiera e trova
la sua forza nell'amore di Gesù Cristo.
«Questa lotta è tanto più necessaria
alla nostra epoca in cui la provocazione
erotica prende proporzioni allucinanti. Il
teatro va di audacia in audacia, il cine-
ma non conosce limiti, la strada imita
lo schermo. Infine la televisione, che può
anche essere uno strumento meraviglioso
di educazione, fa penetrare nel focolari
delle scene che un galantuomo non può
accettare. Ne risulta una vera ossessione
del sessuale che degrada il cuore, avvili-
sce la ,Jielicatezza dei sentimenti e scar-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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DOCUMENTI SENZA COMMENTI
dina ogni mutuo rispetto tra l'uomo e la
donna.
~ la donna è in particolare la vittima.
Essa vi smarrisce quel senso della sua
dignità che si esprime col pudore e di-
viene, sempre più, per l'uomo, un og-
getto di godimento. Si calpesta la sua
nobiltà di essere umano e ancor più di
figlia di Dio.
La psicologia come l'esperienza ce lo
insegnano: è una legge costante che un
istinto abbandonato a se stesso diviene
invadente e riduce colui che vi si abban-
dona ad una schiavitù sempre più Im-
periosa. t vero del bisogno di bere e di
mangiare, è per lo meno altrettanto vero
dell'istinto sessuale. Con l'impadronirsi
del campo della coscienza, esso diventa
l'idolo al quale si sacrifica tutto: la gio-
vinezza, la fortuna, la salute. il proprio
focolare, i figli, la propria anima: non vi
è più alcun posto per Dio.
«Quando un cristiano si abbandona alla
"passione avvilente", la vita spirituale
gli diviene ardua, pedino insopportabile,
egli si rinchiude nel suo egoismo, e finirà
per rinnegare i suoi impegni più sacri,
e un po' alla volta la fede sembrerà
non aver più alcuna forza su di lui.
Certi vorrebbero lasciar credere che gli
adulti sono poco sensibili a codeste ag-
gressioni dell'immoralità: basta che si
abbiano diciotto o ventun anni, e si
potrà veder ogni cosa e tutto esperimen-
tare. Ciò è un'ipocrisia evidente. Ma
resta nondimeno vero che i giovani sono
più vulnerabili. Quale sarà l'avvenire dei
giovani dei quali lo spirito e i sensi sono
stati ingannati e pervertiti? Quale foco-
lare potranno erigere quelli o quelle?
Quale fedeltà potranno assicurarsi? Quali
impegni saranno capaci di mantenere?
Saranno forse domani degli adulti pre-
parati a costruire un mondo di giustizia
e di amore?
nudità e il vizio. Anche certa pubblicità
commerciale sembu• che non possa pro-
porre un prodotto qualunque senza una
Immagine più o meno provocante. t il
regno di Eros e di Mammona coniugati
per ridurre l'uomo in schiavitù.
<< Tutt'altra è la visione della sessua-
lità e dell'amore in una prospettiva
pienamente umana e cristiana. Cosi co-
me lo ricordava il Papa Paolo VI an-
cora poco tempo fa a coppie di sposi.
«"l'amore umano è buono sin dal/' ori-
gine e, se è, come tutto ciò che è nel-
!'uomo, ferito e deformato dal peccato,
trova in Cristo la sua salvezza e la re-
denzione..." La dualità dei sessi è stata
voluta da Dio, perché insieme, l'uomo e la
donna siano immagini di Dio, e come
lui fonte di vita...
«Questa dualità non si riduce al desi-
derio fisico e al'attività genitale; essa si
realizza in tutto l'amore coniugale.
«l'amore è in effetti il cemento che
dà solidità alla Comunità di vita e di
slancio che la trascina verso una pie-
nezza sempre più perfetta. Ogni essere
vi partecipa, nelle profondità del suo mi-
stero personale e delle sue componenti
affettive, sensibili, carnali come pure spi-
rituali, fino a costituire sempre meglio
l'immagine di Dio che la coppia ha la
missione d'incarnare, giorno dopo giorno,
intessendola di gioie e di prove, tanto
è vero che l'amore è più dell'amore. Non
vi è alcun amore coniugale che non sia,
nella sua esaltazione, slancio verso l'in-
finito.
È in queste prospettive che il desiderio
trova Il suo pieno significato, mezzo di
espressione come di conoscenza e di
comunione; l'atto coniugale conserva,
fortifica l'amore, e la sua fecondità con-
duce la coppia al pieno germoglio: di-
venta a immagine di Dio, sorgente di
vita». (Alla Equipe Notre Dame, 4 mag-
gio 1970).
·
UN'AZIONE POLITICA
NECESSARIA
«La crisi moderna del'amore e lo stra-
ripamento d'un aberrante erotismo non
sono forse il segno di una civiltà che
ha perduto il senso di questi valori?
Tutto un habitat, un "environnement"
avvilisce l'uomo, più grave dell'inquina-
mento del paesaggio e del clima».
i< Che cosa fare contro tale aggressione?
È evidente che chi vuol salvare la sua
dignità di uomo e di cristiano non può
accettare una simile alienazione. Bisogna
avere il coraggio di rifiutare questa vio-
lazione della personalità. Ma la respon-
sabilità non si ferma qui; "Caino, che hai
fatto di tuo fratello?". Noi siamo tutti
responsabili della città nella quale vivia-
mo. Non abbiamo il diritto di limitarci
alla nostra sola difesa. Noi tutti abbiamo
il dovere di lottare affinché la strada sfa
pulita e che gli svaghi non siano degra-
danti. Le organizzazioni familiari hanno,
in questo campo, una particolare re-
sponsabilità: non appare che esse abbia-
no l'ascolto che loro spetterebbe di di-
ritto, né che la stampa che si sforza di
educare abbia il sostegno che essa si
merita. Infine, noi dobbiamo lottare affin-
ché gli strumenti culturali che dipendono
dai pubblici poteri - e dunque dagli
elettori - siano al servizio dell'uomo e
delf'intero suo sviluppo.
«t un'azione politica che occorre con-
durre. Chi avrà il coraggio di prendere
posizione contro una tale degradazione
della pubblica moralità ?
«Che ci si rifletta: si tratta del senso
della dignità umana. La decadenza mo-
rale fu sempre una fra le cause determi-
nanti della rovina delle civiltà».
«Non vi è qui per ogni uomo materia
di riflessione?».
«E il cristiano può dimenticare forse
che il Cristo, nel Vangelo, condanna lo
scandalo e proclama la beatitudine dei
cuori puri?».
UNA QUESTIONE DI DANARO
« Due/ che è rivoltante, è che tutta co-
testa impresa di depravazione appare
come una questione di danaro. I mer-
canti di erotismo sanno perfettamente
che quanto più si esaspera l'istinto, tanto
La pornografia non offende soltanto la morale, il co-
stume, il buon gusto e la civiltà stessa di un popolo:
offende e viola, in particolare, il sacrosanto diritto-
dovere dei genitori nella educazione dei figli. I giovani
esso è insaziabile. Donde le vergognose
non sono merce per gli industriali della pornografia:
"botteghe del sesso" la cui apparizione
i giovani sono uomini e cittadini da educare e da rispet-
disonora la nostra civiltà. Da tutto ciò
questa scalata di un'audacia pornogra-
fica che va fino agli spettacoli più sfron-
tare, anche se oggi la società contemporanea e lo Stato
sembrano aver dimenticato questi essenziali doveri.
tati: non occorre molta arte, bastano la
(da L' Osservatore Rom.ano, 21 gennaìo 1972)
29

4.2 Page 32

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PER INTERCESSIONE
DI MARIA
AUSILIATRICE
E DI SAN
GIOVANNI BOSCO
LA MACCHINA L'AVEVA
SBATTUTA CONTRO UN MURO
Per intercessione di Maria Ausiliatrice,
mia figlia Caterina di 15 anni, exallieva
delle Suore Salesiane, il 29 agosto in
un incidente stradale fu strappata dalla
morte. Mentre scendeva dal pullman,
una macchina, giunta all'improvviso die-
tro di lei, la investiva in pieno. Caterina
si trovò distesa sul cofano della mac-
china, che dopo una brusca frenata di
una ventina di metri, la gettò svenutll
contro un muro. Soccorsa dalla brava
gente del paese, fu portata a casa. Il
dottore dichiarò che aveva riportato
solo uno strappo alla caviglia e una
piccola rottura guaribile senza ingessa-
tura. Grazie all'intervento di Maria Au-
siliatrice e di San Domenico Savio, che
noi abitualmente preghiamo con tanta
fede e dei quali mia figlia portava l'imma-
gine sulla sua persona, guarl in quindici
giorni, mentre è voce comune che l'inci-
dente poteva essere mortale.
Tonengo Mazzé (Torino)
FAM. LUIGI AGNESE BURDINO
C<PER VALENTIM
NON c•~ SALVEZZA»
anche Valentim. La sua guarigione e
quella dei compagni senza conseguenze
indubbiamente è dovuta all'intervento di
Maria Ausiliatrice. A Lei tutta la nostra
riconoscenza.
Chl ure (Mozambico)
Sr. ANNA BONFANTI
« BISOGNA AVER FIDUCIA
IN MARIA AUSILIATRICE
Dovetti subire una operazione chirurgica
che portò complicazioni e conseguenze
allarmanti, tra le quali l'intolleranza per
qualunque cibo. Venne a trovarmi un
sacerdote salesiano che mi disse: « Bi-
sogna aver fiducia in Maria Ausilia-
trice I». Mi diede la « Benedizione di
Maria Ausiliatrice>> e mi lasciò un'imma-
gine con la novena consigliata da Don
Bosco. Ci assicurò che anche lui l'avrebbe
fatta con mio figlio, allievo delle Scuole
professionali salesiane della città. Il
giorno dopo ebbi un deciso migliora-
mento, che continuò tino a guarigio-
ne completa. Attribuisco la salute che
godo alla miracolosa Madonna di Don
Bosco.
Oviedo (SpBgna)
ANTONIO GARCIA
La sera del 4 ottobre due nostri alunni,
Cassiano di 17 anni e Cornelio Manuel
di 18, si misero a letto con forte mal
di testa e febbre alta. Subito si pensò a
due casi di "paludismo" tanto comune
da noi. Ma verso le 3,30 di notte la feb-
bre di Cassiano saliva a 41 gradi e lui
entrava in coma. Solo Dio può com-
L'Eiu1lllevo M .C. (Torino) scrive; «·Da d iverso
tempo in famiglia ci siamo rlvohi con fiducia a
Maria Ausilia trice e ai grandJ Santi salesiani per
ottenere il ritorno alle pratiche religiose di un
parente provato da moltf dolorf e malattie. Ora si
sta riprendendo nell'anima e nella salute fisica,
per cui ne rendiamo pubblica testimonianza. Al-
leghiamo offerta per le vittime del Pakistan».
prendere la nostra angustia al pensiero
che il medico distava 150 chilometri.
Il direttore della Scuola sistemò alla
meglio il camioncino per condurre Cas-
siano a Porto Amelia. Ma dopo poche
ore si ripeté il caso per Cornelio. Ebbi
il dubbio che si trattasse di meningite,
e purtroppo non mi sono sbagliata. Nel
giro di 15 giorni cinque alunni vennero
colpiti da questa terribile malattia. La
Eba Ca~ierl Guerra (Manfredonia) scrive: ~ Il
24 magg,o 1971. festa di Maria Ausiliatrice, fui
operata d"urgenza per occlusione intestinale, e a
di~tanza di quindici giorni fui rioperata. L' unico
m,o. ~ostegno fu la grande fiducia da me riposta
noli aiuto della Madonna e nei Santi salesiani.
Grazie al loro intervento, Dio mi ha conservata ai
miei c atf•.
Angiolina Ronza (Casalcermelli - Alessandria)
sente il dovere di ringraziare Mà ria Ausiliatrice,
San G, Bosco e tutti i Santi salesiani con Papa
Giovanni per diverse grazie ricevute,
mancanza di rimedi specifici ha reso la
sjtuazione gravissima. Ci affidammo a
Maria Ausiliatrice, che ci fece la prima
grazia di poterli trasportare all'ospedale
in tempo; l'altra grazia fu che guarirono
tutti senza conseguenze. Miracolosa ve-
Giorgio Schiffo (Martignacco - Udine) desidera
che vengano rese pubbliche queste grazie della
Vergine Avsilia1riç e; 1) usci indMne da una ca-
duta con la Vespa sul ghiaccio, passando sopra
un ponte; 2) la moijlie fu operata felicemente di
calcoli al fegato; 3) per l'aiuto sensibile avuto
nelle nascita d i Piera Anna.
ramente fu ritenuta la guarigione di Giuseppina ~caglia Plsciotta (Agrigento) In
Valentim, che ebbe ben tre ricadute. Il un momento d1 ebbattimento si è rivolta a Maria
medico non faceva altro che ripetere: Ausiliatrice con tanta fiducia ed è stata esaudita.
«Per Valentim non c'è salvezza, impos- Maria Giotto (Valle Sauglio - Torino) attraversò
sibile, impossibile I». Rimase in stato di
coma per 15 giorni, durante i quali si
un periodo di affanni, di pene e di dolori. Invocò
M. A,. i Santi salesiani e le anime del purgatorio
e fu ascoltata.
continuò a invocare Maria Ausiliatrice,
30
che ancora una volta ha dimostrato il
suo affetto per la Scuola guarendo
Maria Rlboldi (Bressano - Milano) invia una
offe,:ta <,li ringraziamento a Maria Ausiliatrice per
grazia ncevuta.
LA NOVENA
A MARIA
AUSILIATRICE
Il giovane Domenico Battagliotti era
caduto dal fienile battendo la testa sul
selciato. Guari, m.a con dolorose con-
seguenze: mal cli lesta, ottusità intel-
lettuale e perdita della memoria. ·
« Un mattino - racconta egli stesso
- mi presentai a Don Bosco e dando
in dirotto pianto gli dissi:
- Don Bosco, m.i faccia guarire dal
mio mal cli capo!
- Caro figlio, - egli mi rispose com-
mosso - vorrei saperti suggerire
qualche rimedio efficace, m.a... hai
già fatto ricorso a Maria, Ausiliatrice
dei Cristiani ? Hai fiducia nella bontà
del Signore e nella potenza dell'au-
gusta sua Madre, Maria Santissima?
- Si che l'ho, e faccio tutto quello
che posso per acci-escerla.
- Fa' una novena, recita tutti i giorni
tre « Pater, Ave e Gloria» a Gesù
Sacramentato, con tre « Salve Regina »
alla Madre di Dio con la giaculatoria
« Maria, Auxilium Christianoru.m, ora
pro nobis ». Se guarisci dal tuo male
riconoscilo dalla protezione di Mari~
Ausiliatrice e per la grazia ottenuta
farai qualche oblazione per i lavori
della chiesa che in onore cli Lei si va
qui costruendo.
- Farò quanto mi dice riguardo alle
preghiere, ma essendo povero, non
posso fare alcuna oblazione.
- Tu farai oblazione cli preghiere
affinché la SS. Vergine•ispiri qualche
s uo devoto a fare oblazioni cli altro
genere; e per gratitudine verso la tua
celeste benefattrice racconterai la
grazia ricevuta.
Tutto promisi, e io sentivo in quel
momento una fede così viva che già
mi sembrava cli essere guarito... ».
Al termine della novena, nulla! Bat-
tagliotti si presenta a Don Bosco e
gli dice cli aver perduta ogni speranza.
Don Bosco risponde: « Ragazzo che
sei, perché dubitare? Va' a fare la se>-
lita preghiera, riponi piena confi-
denza in Maria Ausiliatrice e spera ».
« Feci quanto m.i veniva proposto;
dopo andai a riposo. Mentre addol-
civo i miei dolori con la speranza,
senza sapere se dormissi o fossi desto,
mi parve che una mano mi spingesse
sollevando tutta la mia persona.
- Io sono guarito, - dissi tosto sen-
tendomi pieno cli vigore. - Io sono
guarito!. ..
Colmo cli gioia, a stento potei chiudere
occhio in quella notte. Ma questa
gioia crebbe mille volte cli più, quando
fattosi giorno e aperti i libri cli scuola,
potei studiare la mia lezione, com-
piere i miei doveri scolastici, capire
tutta la spiegazione del mio maestro.
L'allegria mi inondava il cuore e mi
moveva alle lacrime. Andai a ringra-
ziare Maria Ausiliatrice e racconterò
sempre la grazia che, per la potente
intercessione di Lei, ho ricevuto ».
(Mem. Biogc. VIrf, 496)

4.3 Page 33

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Don Michele
Rua
Suor
Teresa Valsè
Zeffirino
Namuncurb
PER
INTERCESSIONE
DI ALTRI
SERVI
DI DIO
L' ULTIMO GIORNO
DELLA NOVENA
BUTTA VIA IL BASTONE
PER cm HA CONOSCIUTO DON RUA
Nel maggio 1971, mentre già godevo per
l'avvicinarsi degli Esercizi Spirituali, vi
dovetti rinunziare a causa di un improv-
viso malessere. Nel giugno seguente mi
assalirono dolori a una gamba cosi forti
da non poter più fare un passo da sola.
Questi dolori passarono all'altra gamba,
poi ai reni, alla spina dorsale. Il dottore
mi ordinò delle punture. ma non ne
ebbi alcun miglioramento; neppure ri-
sultò efficace la cura Marconi, quella
delle erbe e quella del sole.
Il venerabile don Michele Rua è tornato a Dio il 6 aprile 1910.
Non è infrequente incontrare qualche anziano che l'ha cono-
sciuto. In vista della sua Beatificazione, saremo grati a quanti
vorranno comunicarci impressioni, detti, episodi del Vent>
rabile. Le loro testimonianze vive avranno un interesse parti-
colare e potranno essere utili per arricchire il numero del no-
stro Bollettino che dedicheremo esclusivamente al novello
Beato.
Indirizure al Direttore del Bollettino Salesiano
Via Maria Ausiliatrice, 32, lOlOO Torin,o
Data la mia età avanzata (85 anni)
nessuno mi incoraggiava a sperare una
guarigione. Anche io ne avevo perduto
del tutto la fiducia e mi rassegnavo con
pena alla Volontà di Dio, perché mi ve-
devo divenuta di peso alle mie sorelle,
già tanto cariche di lavoro.
Mi venne però l'ispirazione di fare una
novena al Venerabile Don Rua, perché
- se cosi fosse Volontà di Dio - mi
aiutasse ad ottenere da Gesù Sacramen-
tato e da Maria Ausiliatrice la tanto
sospirata grazia. L'ultimo giorno della
novena mi sentii sciolta dai dolori e
buttai via il bastone, con meraviglia di
tutti. Ciò che più fa stupire è il fatto
che mi scomparvero anche vecchi di-
sturbi che da lungo tempo sopportavo.
termine della novena era già in grado di
star seduta sul letto e di conversare,
cose che da un mese non riusciva più
a fare. Cosi in breve poté essere dimessa
dall'ospedale e riprendere le sue con-
suete faccende. Ora è passato più di un
anno e continua ben~
Viverone ( Verca//1)
CARLO ROSSO
ALLO SVEGLIARSI
SI SENTE GUARITA
La nostra alunna Florence Lauture di
dieci anni fu colpita da un male strano
TENENTE DEI GRANATIERI
GUARITO DA ENCEFALITE
Mio figlio, tenente dei granatieri, trovan-
dosi in una fattoria presso San German
(Buenos Aires), contrasse un virus che
gli portò l'encefalite. Quando i medici
lo dichiararono spedito, lo raccomandai
a Zeffirino Namuncura' ed ebbi la
gioia di vederlo superare il male e gua-
rire. Ora tutti, senza eccezfane, inclusi
i medici e le infermiere dell'ospedale,
sono d'accordo che si tratta di un mi-
racolo. Per questo sono venuta in pelle-
grinaggio alla tomba di Zeffirino in
S. Salvatore Monf. (Alasssndria)
che nessun medico riusci a diagnosti- questo Santuario di Fortin Mercedes con
Suor MODESTA FRASCAROLO F.M.A. care. Il collo le si era gonfiato enorme- in cuore la riconoscenza che solo una
mente, per cui non poteva muovere il madre può provare.
capo né riusciva a inghiottire se non Fortln Mercedes M. MERCEDES E. DE JANZA
un po' di liquido, e passava le notti
IL MIGLIORAMENTO
PROSEGUE CON LA NOVENA
Per una complicazione d'influenza, mia
completamente insonni e piangendo.
Dopo una settimana di ospedale, i ge-
nitori, vedendo che i medici non riusci-
vano a darle alcun sollievo e non po-
Sr. Maria F.M . A. (Peveragno - Cuneo) co-
munica che suo fratello Ferdinando Clerico da
anni era sofferente di ulcera gast,ica. All'improv-
moglie venne a trovarsi, a detta del me-
dico, in fin di vita. Chiamai subito
presso di lei i nostri quattro figli, tra i
qu!tli una Figlia di Maria Ausiliatrice.
Tutti insieme decisero di ricoverare la
mamma in ospedale, mentre il medico
curante declinava ogni responsabilità.
All'ospedale le riscontrarono focolai a
entrambi i polmoni, scompenso cardiaco
e atrofizzazione degli arti, per cui - ci
tendo sostenere maggiori spese, deci-
sero di ricondurla a casa.
Durante il tragitto la fanciulla volle fer-
marsi da noi un momento per chiedere
preghiere. La incoraggiammo dandole
un'immagine con reliquia di Laura Vi-
cui'ia, mentre le sue compagne ave-
vano già incominciato una novena alla
Serva di Dio. Giunta a casa, Florence
si addormentò. Allo svegliarsi si accorse
viso sopraggiunsero dolori e vomito. Il profes-
sore giudicò Il caso gravissimo con tendenza a
emorragia. Fu sottoposto a intervento. La sua
comunità, unita ai tamillarl, affidò il caso al ve-
nerablle Don Rua. Nonostante le circostanze
sfavorevoli, tutto andò bene e In breve li fratello
fu libero da ogni disturbo.
Nina Bachlddu (Roma) per lunghi mesi aveva
fervidamente Invocato Il venerabile Don Rua
per una grazia che le s1ava profondamente a
cuore. Don Rua l'ha esaudita ed essa adempie
la promessa di pubblicarla. grata e commossa.
dissero - non c'era che da aspettarsi con stupore e gioia che poteva muo- Piera Bernardin (S. Fior - Treviso) ringrazia il
da un momento all'altro la fine.
Passarono giorni di ansia. Un mattino
vere liberamente la testa perché il collo
era ritornato del tutto normale. Nel po-
venerabile Don Rua, al quale attribuisce la llrazia
della guarigione da una sordità che lo specialista
aveva dichiarato inguaribile.
la figl ia Suora mi disse che aveva inco-
minciato una novena afla Serva di Dio
meriggio uno zio salesiano, che andò a
visitarla, la vide corrergli incontro tutta
Sr . Rachele Lupano, Suora del Preziosissimo
Sangue di Monza, scrive: «Vorrei portare a co-
Suor Teresa Valsé Pantellini, invi- contenta per dirgli che era guarita. E il noscenza la grazia concessa a una mia conso•
tandomi a pregarla anch'io. Lo feci su-
bito con fede. La stessa mattina il pro-
lunedl seguente poteva riprendere la
scuola, accolta con festa dalle compa-
rella ricoverata d'urgenza all'ospedale in fin di
vita e poi quasi lmprowisamente fuori di pericolo
dopo aver invocato Il santo salesiano Don FI-
fessore, dopo aver visitato l'inferma, mi gne, come miracolata di Laura Vicuiia. iippo Rina/di. Anch'io dichiaro che sono guarita
venne incontro tutto festante per dirmi Port-au-Prince (Haiti)
da pericolosi disturbi causati da una cadute.
Ho promesso che avrei reso pubbliche queste
che mia moglie era molto migliorata. Al LE FIGLIE DI M . AUSIL. dell'Istituto , Vincent » due grazie.
31

4.4 Page 34

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1111 PREGHIAMO PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Sac. Giovanni Slosarc:syk t a Kopiec (Polonia) • 76 anni.
Era noto in Polonia come« Salesiano zchintissì.mo e di vita csempla.ri,s-
sima •· Resse l' lspettoria di Cracovia per quindici anni nel periodo
estremamente difficile per la Polonia della sCCQnda guerra mondiale
e nell'immediato dopoguerra. Toccò a lui dare al lavoro dei Salesiani
una organizzaz-ione nuova quando. abolite dal governo le case, le scuole.
lfli orfanotrofi e kH oratori dei Salesiani. dovette impiegare i confratelli
nel lavoro pan:occ.hiale e catechistico. Lusciata la ca.-ica, si occupò a
scrivere la storia documentata delle nostre case della Poloni'1 e opere
oaaeticlie. Nei 5Blesiani polaccb.i laacia il ricordo vivo dell• sua vita
sante e deJ suo grande amore a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco.
Sac. Giovanni Demarla t • Jntra (Novara) a 59 anni.
Diresse per rre anoi la nostra casa dj Alessandria e per cinque quella
di Marof!gio. Colpilo do infarto nel 195S, appena poté riprendere il
lavoro s1 dedicò con zelo alla cura dei Cooperatori dell1 [spe.ttoria No-
vares-e- Alessandrina. Prudenz:a, semplicftA amabile, tratto fine e deli-
calo hanno creato attorno a lui amicizie profonde e sincere, delle quali
si serv\\ pe.r portare le anime a Ojo e per arricchi.rie con la sua intensa
spiritual!ta sacerdotale e salesiana.
Coad. Carlo Montecchio t Torino a 80 anni.
Dn.11a nn:tin Padova venne a V:aldocco come aspirante i:n età già maturn.
Compiuto H novì~ialo n. FogJizzo, vi tomb sales.fono nel 1923, e vi rimase
fino alla morte. Per oltre 40 nnni fu 1! ''Pos-tino'' dei Superiori maggiori
e della Dlrcr.ione Generale. Ogni giorno, con qualunque tempo, percotreva
in bicicletta con la borsa rigonfia di letteré e di stampe i chilòtnetri che
separano VaJdoçco dalla Posta Centrale. Poi con pazienza e precisione
smistava ln posta in arrivo, lo distribuiva, affrBncava la post.a in partenza,
sempre disponibile ad ogni orn e a tutte Je urgenze. Meritò la fiducia d1
rutti i Superiori, • cominciare d•l servo di Dio Don llinaldi, perché realiz-
ZRVa in l'ideale di D011 Bosco: il coadiutore è una persona di fiduci•
a cui si affidano Je eose di margior confidenza.
Sac. Riccardo Banca t Klagenfurt (Austria) a 73 anni.
Sac. GiuUo Martini t a Buenos Aires (Argentina) a 65 anni.
Coad. Carlo Cucco t a La Plata irgenrina) a s8 anni.
Sac. Mlcbele MoUftskl t • Cie5"kow (Polonia) a 34 anni,
COOPERATORI DEFUNTI
Mons. Dionisio Borra t a Ivrea a 86 anni.
Durante gli anni di insegnamento nel liceo e nel seminario d'Ivrea, si
distinse per intelligenza, t.ultura, bontà cU cuore. Parroco della Cat-
tcdrAle d 'lvrea e poi per -vent'anni Vescovo di Fossano, spiccò per la
soda formazione ecclesiastica, pc:r la pieti e lo zelo pastorale nella
cura delle anime.
Ai figli di Doa Bosco volle sempre un gran be.ne. O.iovane a.accrdotc,
si prestava con umile cordialità a coadiuvare i salesiani nell'Oratorio
vescovile San Giuseppe, affidato do mons. FilipeUo alla loro di rezione,
non solo per il S3cro ministero, ma nnche per la direzione della banda
musicale.
Squisito senso d'arte e buona vena poetica e musicale gli consentirono
amicizie benefiche con distinte personalità della cultura e deU'arte.
Lascia pregevoli composiz.ioni poetiche e studi letterari, ma soprat-
tuuo un caro ricordo di bontà sacer dotale, di dedizione: pastorale e di
commovente c<>nformitii allo volontà di Dio ne11e cresoe.ntì sofferenze
dell'afonia e dell'affievolimcnio della vista, che sostenne con fede in
Questi ultimi anni.
Canonico Giuseppe PI.rozzi t ad Aversa (Caserta) a 69 anni.
Cooperatore sffe.zionnto a Don Bosco e alle sue opere, si offriva genero-
sa m.ente per ogni iniziativa di bene. Godcvu immensamente qu.nndo
poteva ospitare nella sua easa qualche s alesiano di passaggio e sentire
parlare delle nostre Opere. Di famiQ:ba distinta, seppe conservarsi sem-
plice e pio, e intessé tutta la sua vita dj ~erenib\\ e giofa1 affrontando il
dolore con serenu fiducia sull'esempio di Don Bosco.
Erminio Pettenuz,.., t a San Giorgio in Bo•co (Padova) a 90 anni.
Zelante Cooperatore salesiano fin dal 1930, propagandò la divozione a
Maria Ausiliatrice e a San G. Bosco. Leggeva e faceva leiigerc la vita del
nostro Santo e si compiaceva di raccontarne gli episodi salienti. Da
Don Bosço aveva appreso che la cos.a più importante è salvare l'anjma •·
Questo fu il auo costante pensiero. Da dive:rsi anni a tutti coloro che
andavan<>: a fargli vis-ita diceva: Pregate che possa. fare una buona
mone •· n suo maggior conforto fu aver d()nitto a Dio la figlia
Alfonsina ncll"Istitllto dello Consolata e il figlio don Eugenio nella
Congregazione salesiana.
Paolo Dall'Agata t a Conegliano (Treviso) a 67 anni.
Cooperatore esemplare, presidente dcli"A.C. in parrocchia e membro
della San Vincenzo, feu della preghiera e dell'apostolato l'essenza della
sua vita. Cortese neJ crono, sempre a servizio del prossjmo, avrebbe
voluto far parre di tutte le opere di bene. Circondò di schietta e fattiva
amicizia i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice. Accettb con serena
conformità alln volonU\\ di Dio la dolorosa malattia che lo condusse
an•incontt:o coJ Rede_ntore, che tanto aveva aI118tO.
Annunciata Moronl in Grassi t a Dorsano di Busto Arsizio (Varese)
a 83 anni.
Laboriosa e pia. dcdicb la sua vita alla famh:lìa con sen.so di cristiana
responsabilità. Devotissima di Maria Ausilintrice, offe.ne genex:osa-
mente alla Congregazione il figlio don Giovanni.
Agata PenniSI t a San Gregorio dì Catania a 75 anni.
Madre forte e affettuosa, si dedicò con amore all'educazione er1st1a..na.
dei suoi sette figli. Grande de.vota di Maria Ausiliatrice e di San Giovanni
Bosco, donò con gioia alla Congregazione due figJì: don Antonio. mis-
sionario nel Ma.to Grosso, e don Concetto. Affezionata Cooperatrice.
segujva con entusiasmo le opere di Don Bosco ed ebbe una filiale
venerazione per i Salesiani della casa di San Gregorio. Visse nell'umiltà
e nel sacrificio, esemplarmente fedele ai doveri religiosi.
Margherita Grassa t a Giaveno (Torino) a 78 anni.
Donna d'in·telligenza fervida, si dedicò con vero amore .\\l prossimo in
ognl opera di carità. specie a favore delle Missjoni salesiane. Seppe
accettare le tante sofferenze dclla vita, sorretta da una (cde viva che
l'ha man mano maturata per il giorno in cui serenarnente entrb nel.a
pace dei giusti.
Maria Luisa «:angianJ Battiste! t a Conegliano (Treviso) a 62 anni.
Degna Cooperatrice salesiana, si donb aJ prossimo, lavorando per i
poveri, visitando i baraccati, aiutando i giovani a teTminare i corsi
della loro istruzione scolastica. Fu modello di madre cristianB per i
suo.i figliuoli, e consigliera saggia per quanti ebbero la gioia di avvici-
na.ria. Sofferse molto durante la sua vita, ma tutto santificò sorretta.
da una fede viva.
Dr. Diomede Dama t a Milano a 89 anni.
Frequentò l'Oratorio di ValsaJice ai tempi del ven , don Rua. In quel-
l'ambiente saturo di salesianità Strinse unJaff~ttuosa e benefica amicizia
con mons. Cimarti, il futuro apostolo del Giappone, che seivl a legarlo
sempre più strett-amente alla li'nmiglia Salesiana e a una pratica di vita
esemplarmente cristiana.
Maria Assauto t a Torino.
Angelica di costumi e forte nella fede. fu Cooperatrice e Dam• Patro-
nessa con la mamma per olrre 50 anni, nutrendo per Maria Ausiliatrice
e per Don Bosco un amore e una fiducia senza limiti. Sensibile e ricca
di bontà verso tutte le soffer enze umane, cercò di sollevarle con seg-reta
e delicata carità.
Teresa Bassanln t a Conegliano (Treviso) a 93 anni.
Donna forte e madre affettuosa. si dedicò ad ogni opera di bene e fu
benefattrice dello parrocchia e dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausi-
liatric~.
Giuditta Mazza t a Concgli•no (Treviso) a 84 anni.
M-adre ammirevole e pia, donò uno. figlia a Dio nell'Istituto delle Figlie
di Maria Ausiliatrice.
AL.TRI COOPERATORI DEFUNTI
Allocca Concetta - Fabbrocini Elisa - Oraglia Occelli Cate rina - Lunati
Maria ved. Ronco - Mura Maria Anna Vittoria • Pesce D. Lodovico -
Prisco D. Luigi - Rallo Fernanda - Viale Annibale.
L"ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, ereuo in ~le Morale con Decreto 12 gennaio 1924, n. 22, può legalmente rice-
vere Legati ed Eredità. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: e ... lascio atrlstftuto Saloslano per le Missioni con sede in Torino a titolo di legato la gomma di lire... (oppure) l"immobile
sìto in... ».
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanu rtstituto, la formula potrebbe essere questa:
«.••Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale l"Istituto Salasiano por fa Missioni con sede In Torino
lasciando ad esso quanto ml appanlene a quatsìàtl titolo•·
(luogo e data)
32
(firma par asraso)

4.5 Page 35

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CROCIATA
MISSIONARIA
TOTALE MINIMO PER BORSA
L. 60.000 Avvertiamo che la
pubblicazione di una Borsa In•
completa si effettua quando Il
versamento lnli.lale raggiunge
la somma di L. ZS.000, ovvaro
quando tela somma viane rag-
giunta con offerte suecessl11e.
Non potendo formare una Borsa, si
può contribuire con qualsiasi som-
ma o completare Borse giè fondato
BORSE COMPLETE
Borsa: Don Natale Ciitnatta, p,r un<1 <Ja<azione
indiana, ml so0 dtl/,a sua professione salesiana, a
cura dell'Unione Exallievj del 1• Oratorio di Don
Bosco (Torino), L. 100.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in rmgraziammto
in suffragio d,i mi& cari defunti, a cura di S. A.,
L. 200.000.
,,.1 Borsa: San Domenico Savio. in memon'a è
suffragio dtl <a<J. Amaranto Sae<httti
primo
annitimario della moru, a cura della moglie Cate-
rina Audisio (Torino), L. 100.000.
Borea: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di N.N., L. 100.000.
Bona: Maria Ausillatrlce e S. G. Bosco,
p.,.r. e invocando ançora protezion~, a cura di
Addolorata Serafini (Lecce), L. 100.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cu.m di Mario e Alberto Besozzi, L. 100.000.
Bo.rsa: Don FIiippo RinaldJ, a cun della famiglia
Bergaodi, L. 60.000.
Borsa: Maria Ausillatrlco e S. G. Bosco,
in ri1111'anàm.m.to e ,'mxx;ando prouzirm,, a cura
di Pierino Ibertis (Tricerro. Vercelli), L. 6o.ooo.
Borsa: Maria Ausiliatrice, p.g.r. e in suffragio dri
miti <ari defunti, cura di E. Cassinelli (S. Fran-
cisco Calif. USA), L. 60.000.
Borsa: San Domenico Savio e Ven. D. M.
Rua, in ringra~iamn1to p.g.r., a cura di Caterina
Audisio (Torino), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, per imp,trare una
gro.:ia importante, a cura di N.N.1 L. 50.000.
Borsa: San Giovanni Bosco, per impetrar, una
grazia importante, a cura di N.N., L. 50,000.
Borsa: San Domenlco Savio, p,r impttrare
una grazia imporiantt, a cura di N.N.J L. 50.000.
Borsa: Linda Toffalonl Rossl, a cura di N.N.,
L. 52.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in
ringraziamento t ìntJ()(Ondo continua prMezione
su di ~ t1 1.ui mi~ cari1 a cura di Carlo Zaffaroni
(Legnano Milano), L. 50.000.
Borsa: Ma.ria Ausiliatrice, S. G. Bosco e S.
D. Savio, in suffragio d,n ttli,i ,ari tù/unti irroo-
cando grtui~ A curn di Luigia Ravelli Moretti
(Milano), L. 50.000.
Borsa: San Giovanni Bosco e Papa Giovanni,
in ringraziamento p.g.r., a cura cli :M.aria Cordano
Fçrrctti (L9niça • Oen9Vll), L, 59,000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco, Ven.
D. M. Rua e Papa Giovanni, in ringra:danumto
p.g.r., a cura di Dante Baldovin (Lozzo di Cadore -
Belluoo), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, prouuid sempr•,
a cura di N .N., (Turbigo • Milano). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrlce e S. G. Bosco,
r'nvotando sal~te e protU'Wn~ per noi e per le nf)Jtre
famigli,, a cura di Giwieppina 1: Riccardo Delmonrc
(Castialione Tinella • Cuneo), L. 50.000,
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di Giuseppina Daverio ved. Salmoinghi
(Castelletto Ticino • Novara), L. 50.000.
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in rendimento di grazie, a cun di Elda Nigra
(Torino), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
curodi Cecilia Cardona (Chieri• Torino), L. 50.000.
Borsa: Santi Saleslanl, Graziel, in suffragio
da miLi cari defunti. cura dell'ins. Lina Pucci
(Saasi • Lucca), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Salesiani,
ml metto sotto la Vostra protezione!. o cura
di Paolina Tomnis (Cuneo), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di N.N. (Dopna . Repubblica di S. Marino),
L. 50.000.
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a CW-J di N. N., L. 50.000.
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XXlll e D. F. Rinaldi, in ringraziam,nto p.g.r.,
a cu.ra di N.N. (Pallanzeno • Novara), L. 50.000.
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in ringrazr'am1,ttto e 1".nvoc.ando ancora prot~n•one
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in ·n·ngrazianumto, in suffragio
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S.
miei
G.
cari
Bosco,
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e ìnuocm,do aru::ora protaione, a cura di Carolina
Giazzi (Bollate Milano), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in
sqffragio di mio marito e invocando grazie, a cura
di Clara Franzonì (Modena), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausillatrlce, S. G. Bosco, S. D.
Savio e D. M. Rua, invocando prote%Wm pt.r
Jutto. la mia famiglia, cura di Anna Broglia (S.
Benedetto del Tronto - Ascoli Piceno), L. 50.000.
Borsa: San Giovannj Bosco, in ruffragio di
(;aspar~ Follù, a cura della moglie Omolina (Reg-
gio Emilia), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringraziamento
invocando continua prote.zitme, a cura di Marin
On.zia Silvano (Rivoli • Torino), 1... 50.000.
Bona: Marla Ausiliatrice, S. G. Bosco e Santi
Salesiani, invocando protezione mlla mia famiglia
e sui parurti, a cura di Alfio P_atane (Catania),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in
ringraziam"1Jto e inwcando a.ne.ora prot~::ione, a
cura di Cesare Mezzadri (Piacenza), L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore di Gesù, Maria Ausilia•
trlee, S. O. Bosco e S. D. Savio, in ruffra,io
dei mUi g,mitori e supplicando grazia per la Jortlla
1.utia, a cura di Franco Achini (Castellanza •
Varese), L. 50.000.
Borsa: Gesù Eucaristico, Maria Ausiliatrice
e S. G. Bosco, i11t1rxa11do protezio11e s.u. una /)fir•
sono a me eora, a cura dj Andrea Manfroni (Roma),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco,
im;oeando protezimitt sulla mia famiglia, con pre-
ghiera di assiuumi quando dovrò pruenta.rmi a Gtsù
Cnsto Giudie,, cura di N. N. (Aosta), L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore dJ Gesù, Maria Ausilia•
trice e S. G. Bosco, i.t, t1'f/rafi,o llli mi~i cari
d~Junti e ìnvoca,ulo prottzfo'tie. m di mi t sui 'tm"ei
cari, a cur.a d.i Rina Ceppi (Sernio - Sondrio),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausillatrlce e S. G. Bosco, in
n'ngraziamento e invocando prot.ezionel • cura del
dott. Fnncesco Antolini (Borgo Va di Taro •
Parma), L. 50.000.
Borsa: Don Bosco e S. D. Savio. in ri11graziamn1to
p.g.r., a cura delle sorelle A. E. Alby (Issime
Aosta), L. 50.000.
Borsa: Maria AusUialricc e S. G. Bosco,
cun di N.N., L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e
Papa Giovanni, in ruffragi'o dei miri ctD"i defunti
t i.nVO<Saml.o protuione sulla mia famigUa1 a cura
di M. F., L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice. in ringra..-immmto
p.g.r. e -Ìttf}(Jcando proteZWne, a cura cli Maria
Grazia Merlino in Macaluso (Moru,o Milano),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco, S.
O . Savio e Santi Salesiani, supplicando grazia
p,r mia figlia e itmocando prot.enone per tutti i
mùi cari e l}t.r mt, a cura di A.A., L. 50.000.
Borsa: Maria AUSi.Uatrlce, S. G. Bosco, Santi
Salesiani, L. Vlcuna e Papa Giovanni, ìn
ringraziamento p.g.r. t im1ocando ,m&tJra prote•
zì.one, a cura d1 N.N., L. 50.000.
Borsa: Don Francesco Trlcerrl, a cura del-
l'Unione Exallievi di Trino (Vercelli), L. 50.000.
Borsa: Maria AusUlat.,ce e S. G. Bosco, i,,
memoria dti miti genitori~ a cura di Dario Blua,
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrlce e S. G. Bosco,
proteggetemi!, • cura di Antonio Mantova_n
(Bertiolo • Udine), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco,
in memoria dt/Ja sig.na Anita Fisie.tuo. a cura dei
pa.renti (Catania), L. 50.000.
Borsa: Don Bosco e S. D. Savio, a cura di
A. S., L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in n,jjra,io tki miei
cari d•funti, a cura di N.N., L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore dJ Gesù, Maria Ausilia•
trlce e Santl Salesiani, in steffragio dti miti geni-
tDri, nonni e zii, e in.vacando protu:ion~ su tu.tt.a la
fan_1iglia, a cura di E. P., L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco,
in n·ngrai:ia:mento t invocmuJ.o pro,e.::i-01.1,1 a C\\10! di
Virgini,, G. C., L. 50.000.
Borsa: Don Bosco. salva il mio Giacinto!1
a cura di N.N. (Piacenz~), L. 50.000.
Borsa: Don Stefano Fantini, Don Giuseppe
Glovanninl e Don Natale MastaiU, a cura del
J5rof. Mario Ruffini (Torino), L. 50.000.
Borsa: Casa Salesiana dJ Varese, a cura di
don Angelo Begni (Milano), L. 50.000.
Borsa: Maria AusillaLrlce, in suffragio di A !ice
Argtntlna Pantera, a cura del prof. Piero Argen-
tina (Fraocavilla Fontana Brindisi), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, bene-
dite e proteggete ltll exallievi e le loro fami-
11Ue, a cura di do.n Natale Li Vigni Deleguto
E1eallievi (Trapani), L. 50.000.
(co11mfu•)

4.6 Page 36

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oe
~
Spedlz. in abbon. postale • Gruppo 2• (70) - t quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
Si pubblica Il 1• del mese per I Cooperatori Salesiani: Il 15
del mese per i Dirigenti del Cooperatori
S'invia gratuitamente ai Cooperatori, Bene•
fattori e Amici delle Opere Don Bosco
Direzione e amministrazione: via Maria Au-
siliatrice, 32 • 10100 Torino • Tel. 48.29.24
Direttore responsabile Don Pietro Zerbino
Autoriz. del Trib. di Torino n. 403 del 16 febbraio 1949
Per Inviare offerte servirsi del e.e. Postale n. 2-1355
Intestato a: Direz. Generale Opere Don Bosco• Torino
Percambio d'Indirizzo inviareanche l'indirizzo precedente
L'uomo non è frutto del caso
La scienza non è l'unica fonte di verità
Pag. 107 - L. 1.200
Chi non vuole trovare Dio non lo
trova, perché Dio non è al servizio
dell'orgoglio.
La biologia può spiegarci la genesi
della vita ma non può cogliere il
senso profondo e misterioso dell'esi-
stenza. Il pensiero che indaga sulla
vita dell'uomo non è dello stesso
ordine di quello che indaga sulla
natura.
L'amore, il dubbio, l'arte, il dolore,
la visione della morte sono espe-
rienze tipicamente umane:, Non pos-
sono essere ridotte a un fatto pura-
mente scientifico.
Un'autorevole testimonianza di un
uomo di fede, medico e psicologo,
considerato una delle figure più emi-
nenti della cultura cattolica francese.
~ Spett. SEI: Speditemi contrassegno ( più spese postali)
o n. _ _ copie di:
~oz
oa:
Mare Oraison
IL CASO E LA VITA
O Nome e cognome
o
:az<::;
Indirizzo
C.A.P.
Città
~ Firma
BS /3/72
~ ~oErn~il!;~~gll:!~Rs;e~i~e ~1!:ii?ndo a:
~ SEI . Società Editrice Internazionale
UFFICIO COMMERCIALE
Casella Postale 470 (Centro)
10100 TORINO