Bollettino_Salesiano_197204


Bollettino_Salesiano_197204



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BOLLETTINO
Vogliamo portare I Cooperatori Salesiani
a diventare collaboratori coscienti,
integrali, a fianco di noi, non sotto di noi:
non solo, quindi, fedeli e docili esecutori,
ma capaci di responsabilità apostoliche,
pur sempre d 'accordo e in sintonia col Sacerdote.
DON LUIGI RICCERI
SALESIANO
Spedizione in abbonamento postale • Gruppo 2° (70) • 2a quindicina
EDIZIONE PER I DIRIGENTI
A . XCVI. N. 4 FEBBRAIO 1972 DIREZIONE GENE•RALE 10100 TORINO VIA M. AUSILIATRICE, 32 T E L. 48.29 .24
Parole di saluto
del nuovo Direttore Generale
dei Cooperatori
Cari fratelli cooperatori,
ai Salesiani dj tutto i.I mondo giun-
gono in questi giorni le Costitu-
zioni e i Regolamenti rinnovati e
gli orientamenti dottrinali cd ope-
rativi del Capitolo Generale Spe-
ciale della nostra Congregazione.
In tali documenti, oltre la risco-
perta dell'identità e della missione
salesiana, tra quelle che il Rettor
Maggiore chiama «le strutture por-
tanti del rinnovamento», vi è la
<• valorizzazione ed il rilancio della
Famiglia Salesiana 1>, ili cui i Coo-
peratori sono una componente es-
senziale direttamente voluta da Don
Bosco.
Le nuove Costituzioni codificano 1a
riscoperta del disegno primigenio del
Fondatore in un articolo approvato
a larghissima maggioranza dai Capi-
tolari la vigilia della Festa dell'Im-
macolata, evocatrice dell'insostitui-
bilt;; presenza di Maria nell'opera
salesiana.
Il Capitolo Generale ha messo cos.ì
i presupposti per rispondere agli
interrogativi che voi gli · rivolgeste
nel messaggio del 2 luglio.
E la risposta si trova in due <e dichia-
razioni capitolari >> che insieme for-
mano i.I «documento r8° 1) degli Atti
del Capitolo, e che potete leggere in
questo stesso numero.
La prima è rivolta a voi, per definire,
come da voi chiesto, la vostra voca-
zione salesiana e la vostra speci-
fica identità nella Famiglia di Don Bo-
sco; la seconda si rivolge ai Sale-
siani per delineare il lavoro di ani-
mazione spirituale dei gruppi di
tale famiglia e per dire che in esso
i Cooperatori devono godere della
priorità che viene loro dal fatto di
esser << anima della nostra congrega-
zione 1>, << nostri fratelli >), <• correspon-
sabili con noi >> - secondo la loro
specifica vocazione - <• dei destini
della Famiglia salesiana 1>, con una
spiritualità, quindi, in massima parte
comune, che deriva dall'identica mis-
sione e dallo stesso spirito, sia pure
nel pluralismo delle situazioni.
Ringraziamo il Signore per questo
felice ritorno al pensiero di Don Bo-
sco, frutto del lavoro avviato a suo
tempo da don Ricceri e appassio-
natamente condotto avanti da
don Fiora, insieme a tutti voi.
Rendiamoci insieme disponibili per
donare alla Chiesa tutta i frutti del
carisma salesiano, per rinsaldare i
vincoli fraterni a tutti i livelli della
nostra comune famiglia, in unione di
preghiera e in volonterosa collabo-
razione con profonda fede nell'at-
tualità di una delle più feconde ed
anticipatrici intuizioni di Don Bosco.
Vostro don Giovanni Raùzeri
Torino, 3r gennaio 1972.
NUMERO SPECIALE
Il presente numero contiene nella prima parte quanto il Capitolo ha detto sui Coope-
ratori; nella seconda gli Atti dell'ultima Assemblea Generale.
Per questo può considerarsi un sussidio indispensabile ai Delegati e ai Consiglieri.
17

1.2 Page 2

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Messaggio dei Cooperatori
al Capitolo Generale speciale
Per una migliore comprensione della <<Parola>> del
Capitolo Generale sui Cooperatori, riportiamo nuova-
mente il testo del Messaggio formulato con il contributo
di alcuni consigli nazionali, al quale fanno spesso riferi-
1nento i documenti capitolari.
Carissimi,
I Cooperatori Salesiani, memori dell'originario
progetto del santo Fondatore e pertanto correspon-
sabili con voi dei destini della grande famiglia
salesiana, dopo aver invocato la più larga assistenza
dello Spirito Santo per i lavori che vi apprestate
ad intraprendere, rivolgono - per nostro tramite -
al Sesto Successore di Don Bosco, don Luigi Ric-
ceri, e a tutti voi, componenti il Capitolo Generale
Speciale, riunito nella nuova sede di Roma, più
vicina al cuore del Romano Pontefice tanto amato
da Don Bosco, il fervido, affettuoso e fraterno
saluto.
Noi, Cooperatori Salesiani - vorreDllllo meglio
dire Salesiani Cooperatori - desideriamo riaf-
fermare con questo messaggio la nostra rinnovata
presa di coscienza degli impegni ecclesiali che la
realtà sociale ci impone, non solo come battezzati,
ma anche come membri di una Unione che Don
Bosco volle al servizio delb Chiesa locale e del
Papa.
Consapevoli di appartenere per il comune Fon-
datore, per il fine cui tendiamo, per l'oggetto
precipuo dell'apostolato, per la comunione dei
benì spirituali e per gli stessi Superiori all'unica
famiglia salesiana, rinnoviamo la nostra completa
disponibilità, sulla scia e sull'esempìo dei primi
collaboratori di Don Bosco, e assicuriamo l'im-
pegno di rivitalizzare la nostra Associazione perchè,
finalmente, si completi il geniale progetto, tanto
caro al Fondatore.
Comprendiamo che la nostra forza e la nostra
efficacia apostolica dipendono esclusivamente dal
carisma proprio dell'intera famiglia salesiana,
accolto e vissuto in costante testimonianza di
carità, per l'animazione del temporale e per la
18
evangelizzazione di tutti gli uomini, ma special-
mente dei giovani.
Crediamo, alla luce di quanto sopra, che i tempi
siano maturi perchè tra i Salesianì religiosi e i
Salesianì Cooperatori si instauri, a ogni livello,
un rapporto vicendevole di vera fraternità, che
costituisca, d'ora in poi, il nuovo stile di vita sale-
siana all'interno delle comunità educative, oppor-
tunamente aperte ai Cooperatori, e al di fuori di
esse.
Attendiamo, pertanto, dal Capitolo indicazioni
chiare sulla esatta collocazione dei Cooperatori
nell'ambito della famiglia salesiana; la definizione
dei rapporti giuridici tra i Cooperatori e la Con-
gregazione salesiana, nella prospettiva di una con-
veniente autonomia per la nostra Associazione;
l'avvio di un serio studio che fornisca le basi teo-
logiche della figura del Cooperatore; l'esame della
bozza del nuovo « Regolamento dei Cooperatori >>
e l'autorizzazione a esperimentarlo; un autore-
vole invito ai Salesianì sacerdoti perchè, come
maestri di spirito e di dottrina, si rendano comple-
tamente disponibili per la formazione e la guida
spirituale dei Cooperatori.
Inoltre, diteci con chiarezza cosa la Congrega-
zione vuole oggi da noi per la Chiesa; come ci
vorrebbe Don Bosco se fosse tra noi in questo
tempo; riaffermateci la validità e l'attualità della
<< Cooperazione salesiana», nel solco del Vati-
cano II.
Carissimi confratelli, noi siamo in un certo modo
esistenzialmente coinvolti e compromessi nei
problemi della Congregazione. Sappiate che vi
siamo vicini e con.dividiamo le ansie dell'attuale
vostra ricerca. Non sentitevi soli, ma non venite
meno alla fiducia che riponiamo in voi. Per la
nostra Associazione questo Capitolo è di impor-
tanza storica; è il caso di dire: « O adesso o mai
più»·
Vi farà piacere sapere che nei nostri centri si
prega con questa intenzione: Che non venga meno
la vostra fede nei valori salesianì e « non si turbi
il vostro cuore », Auxiliatrice adiuvante.
Roma, 2 luglio 1971

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Costituzioni, regolamenti, orientamenti operativi, documenti:
sono il risultato più fecondo del Capitolo Generale, un prezioso materiale
frutto di mesi di appassionata ricerca, un vero atto
di amore a Don Bosco e all'intera Famiglia Salesiana.
Benchè in prevalenza essi riguardino la Congregazione, non son tuttavia
pochi i brani e gli articoli - oltre alcuni documenti specifici -
che hanno come oggetto diretto i Cooperatori o di riflesso li coinvolgono.
È sembrato utile riportare qui appresso gli uni e gli altri,
essendo questi ultimi a far luce sui primi.
DICHIARAZIONE
DEL CAPITOLO
GENERALE SPECIALE
AI COOPERATORI
in risposta al Messaggio
del 2 luglio 1971
Carissimi,
abbiamo ricevuto il Messaggio sincero ed accorato,
che avete voluto indirizzare a noi, membri del Capi-
tolo Generale Speciale. Abbiamo accolto il Messaggio
con soddisfazione e con interesse: ve ne ringraziamo.
>l"clla vigilia della Festa dell'Immacolata, a r30 anni
dall'inizio della nostra Opera, il Capitolo Generale
Speciale ha approvato un documento sulla identità e
sulla vocazione della Società Salesiana oggi.
Questo documento, che porta il titolo (( I Salesiani
di Don Bosco nella Chiesa )l ha trattato ampiamente il
tema della Famiglia Salesiana in genere e dei vari
gruppi che in diversa forma ed a diversi livelli di im-
pegno la compongon_0.
Fra questi gruppi vi trovate in modo t:1.ltto parti-
colare voi, Salesiani Cooperatori.
Ora vogliamo, alla luce del vostro Messaggio e del
Documento da noi approvato, darvi la nostra risposta
franca ed aperta.
Quello che vi offriamo non è un documento, ma un
insieme di riflessioni sui principi dri noi esposti ed
approvati, per arrivare, assieme a voi, a conclusioni e
impegni concreti.
1. Il contesto storico attuale
Innanzi tutto vi possiamo dire di essere coscienti
come voi del nuovo contesto sociale cd ecclesiale in
cui ci troviamo e deUe conseguenze decisive che da
esso dovranno derivare per le nostre reciproche re-
lazioni:
a) il contesto sociale particolarmente sensibile al
processo di socializzazione ci porta alla necessità di
evitare qualsiasi fo□na di isolamento, di autosuffi-
cienza cd ali'urgenza di unire tutte le forze per conse-
guire più sicuramente e più efficacemente le mete a
noi proposte;
b) il contesto ecclesiale, da parte sua, con la risco-
perta del Popolo di Dio come grande protagonista della
storia della salvezza e, conseguentemente, della promo-
zione del laicato, che prende nella Chiesa il proprio
posto in piena corresponsabilità con la Gerarchia e
con i Religiosi, ci offre la possibilità di realizzare il
grande progetto di Don Bosco: l'uni011e di tutti coloro
che si sentono di lavorare nel suo spirito per la gio-
ventù.
Crediamo che il contesto sociale ed ecclesiale in cui
ci avete chiesto di aiutarvi a scoprire la vostra identità
nel seno della Famiglia Salesiana, non soltanto non
nega la geniale .intuizione, il progetto originale di
Don Bosco, ma lo rende ancora attuale cd urgente.
2. Alla scoperta della vostra identità
Se vogliamo sul serio scoprire la vera identità del
Coopi;:ratore, problema che urge e rende ansiosi anche
noi, bisogna andare necessariamente alla ricerca del-
1'idea primigenia di Don Bosco.
Di fronte alle molteplici forze del male, innegabil-
mente efficaci perché 1111ite, di fronte alla messe abbon-
dante che si presentava agli occhi e, più ancora, al
cuore di Don Bosco, egli volle preparare una vera
schiera di apostoli, strettamente uniti e disciplinati in
un lavoro deciso ed efficace per la salvezza della gio-
ventù pericolante.
A.lcu11i di questi apostoli, rispondendo ad un dono
partico.lare del Signore, decisero <li rimanere <i stabil-
mente nell'Oratorio, facendo vita comune con Don Bo-
sco, sempre pronti ai suoi comandi•> (P. STELLA, Don Bo-
sco, voi. I, p. I 40).
19

1.4 Page 4

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.4/tri invece, sentendo di do\\·er seguire la strada
comune a tutti i cristiani, << dimoravano a casa loro~
impegnandosi sul scrio, secondo il proprio stato, le
proprie possibilità, i propri doni personali, ad una
,•ira apostolica che in qualche modo rispecchiasse,
completasse cd arricchisse quella dei primi_ Tutti però,
in quanto rispondenti ad una comune vocazione di
servizio a favore dei giovani, si impegnavano a vivere
e praticare *tutto lo spirito dei Salesiani,, (cfr. l Capit.
Gen. 1877), in un pluralismo di forme, secondo la
situazione concreta di ognuno ed i bisogni reali ddla
gioventù in un determinato luogo, in una determinata
ora.
1'ella mente e nel cuore di Don Bosco, dunque, la
Famiglia Salesiana è U, Al L'unità originale di questa
famiglia ha la sua radice ultima nella comunan?.a dello
spirito e della missione a servizio totale della gioventù
e del popolo. Realizza così, a livello superiore, una vera
comunità ne.Ila quale tutti i membri sono integrati
secondo i propri doni, le loro specifiche funzioni e le
diverse forme di vita possibili in seno alla Chiesa.
Il Cooperatore, perciò, nel pensiero primigenio di
Don Bosco, è 1111 vero Salesiano nel 1rw11do, cioè un cri-
sùa.no, laico o sacerdote, che - anche senza vincoli
di voti religiosi - realizza la propria vocazione alla
santità impegnandosi in un:i missione giovanile popo-
lare secondo lo spirito di Don Bosco, al servizio della
Chiesa locale ed in comunione coo la Congregazione
salesiana.
Questa riscoperta deve oggi portare voi - come
anche noi - ad un cambio radicale di mentalità.
Infaui bisogna prendere coscienza chiara che impe-
gnarsi come t Salesiano Cooperatore è rispondere ad
una vera o chiamata •: è dunque accettare una autentica
vocazione salesiana, è rispondcre ad una vera vocazione
apostolica. « Voi siete illuminati e chiamati per grazia
divina a partecipare della missione del Fondatore,
secondo differenti stati di vita e richiamandovi al suo
spirito>> (Documento 1 ).
Una vocazione che Don Uosco andò esplicitando
sempre di più. :-.ei diversi suoi scritti espresse con
parole ardenti ed incisive il suo pensiero.
La vocazione del Cooperatore è essenzialmente 1111
appello a servire nella Chiesa. Il Cooperatore non è
stato pensato per servire la Congregazione Salesiana,
ma per servire la Chiesa nei molteplici bisogni che sor-
gono incessantemente in essa. Il vostro «vero scopo
diretto è quello di prestare aiuto alla Chiesa, ai Vescovi,
ai Parroci, sotto l'alta direzione dei Salesiani•. Voi
siete «strumenti nelle mani del Vescovo (.l1B, XVll, 25).
Il servizio richiesto dalla vostra vocazione è agile
ed opportuno, va verso la gioventù in pericolo con mo,•i-
mcnti rapidi e mezzi efficaci. Esso risponde audace-
mente alle urgenze da cui è sollecitato. Saranno i bi-
sogni a determinare di volta in volta le forme di servizio
da rendere, senza mai retrocedere davanti a difficoltà
di sorta.
Lo stile salesiano implica normalmente la preuuz<, di
chi offre un servizio accanto a colui cui il servizio è
diretro. Bisogna trovarsi sempre là dove c'è un male
da impedire od un bene da promuovere tt (Bolletti110
Saluia110, gennaio 1878). Ed è appunto il carattere
laicale della maggior parte dei Cooperatori che per-
mette di assicurare, in qualsiasi luogo, una efficace
20 presenza cristiana, oggi più che mai necessaria...
F inalmente il servizio salesiano è realizzato 11ell'u11ità.
È veramente impressionante la insistenza di Don Bosco
nell'inculcare a lutti i suoi :,eguaci il bisogno asso-
luto dell'unione: • se in ogni tempo fu giudicata uulc
l'unione tra i buoni cristiani per promuo,•crc e sostenc::re
e il bene, per impedire e distruggere il male, oggidì
necessaria cd indispensabile •.
Bisog11a «unirci tra noi e tutti con la Congregazione::.
Uniamoci dunque con il mirare allo stesso fine e con
l'usare gli stessi meizi per conseguirlo... Uniamoci
dunque come una sola famiglia con i vincoli della fra-
terna carità ,i (lvi).
In quesro movimento di unità, preoccupnzione assil-
lante nel pensiero di Don Bosco, c'è un demento vera-
mente fondamentale che garantisce in modo partico-
lare l'unione di tutti noi e l'efficacia apostolica da essa
derivante: il Rcmor Maggiore, Supcriore e Padre co-
mune dei Salesiani e dei Cooperatori. In lui, come
Succcsson: di Don Bosco, troviamo il vincolo esterno
più stabiJe, la garanzia più sicura di una unità organica
ed efficace (cfr. Regol., 1876, V, 3).
3. Chl s iamo noi per v oi
Siamo i « vostri fratelli ['eligiosi •. Ce lo avete ricor-
dato nel vostro ;\\lessaggio e noi lo riconosciamo con
tutta chiarezza e gioia, perché è stato Don Bosco per
primo a volerlo e rammentarlo: <i i membri della Congre-
gazione salesiana considerano tutti i Cooperatori come
altrettanti fratelli in Gesù Cristo* (Regolam., 1963,
p. 13).
Abbiamo poi prt-so coscienza del nostro ruolo vera-
mente specifico e decisi\\"o in seno alla Famiglia sale-
siana:
1) pensiamo di essere il vincolo sicuro e stabile voluto
espressamente da Don Bosco a garanzia di unità nello
stesso spirito, di efficacia apostolica nella comune mis-
sione, di vitalità perenne nell'Opera da lui fondata, di
forza ed cntusia:::rno vocazionale nel rilancio d'un vasto
ed organico mO\\'Ìmento di salvezza della gioventù povera
o pericolante .. ( \\JB, \\ ' , 692; Y II, 61 r; X, 663; X f, 85);
2) pensiamo di dover essere sempre più il centro
propulsore di questo movimento apostolico di battezzati,
che, nello spirito di Don Dosco, si mettono comple-
tamente al servizio della Chiesa per la salvezza della
gioventù.
Vi sentiamo, in conseguenza, impegnati concreta-
mente con noi nei problemi e nelle ansie apostoliche
dèUa Congregazione, fino al punto di pensare che,
senza di voi, non soltanto non potremmo assolvere in
pienezza la missione affidataci dal Fondatore e per
mancanza di ml·zzi personali o materiali* (Capitolo
Generale I, 1877), ma nemmeno saremmo quello che
Don Bosco h~ pensato e voluto che noi fossimo.
4. Chi siete voi per noi
' cl progetto di deliberazioni preparato personal-
mente da Don Bosco per il Primo Capitolo Generale
della Congregazione del 1878 (di cui si conserva ancora
il manoscritto), si leggono delle parole che mettono
in piena luce la natura della vostra Associazione nei

1.5 Page 5

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riguardi della Congregazione Salesiana: <• una associa-
zione per noi importantissima, che è l'anima della nostra
Congregazione è l'Opera dei Cooperatori salesiani~.
Noi non potremmo pronunciare parole più profonde
e più impegnative nei vostri riguardi. Pensiamo perciò
che l'unica cosa da fare, affinché queste parole non
restino nella retorica, sia quella di prenderle sul serio
e trarne rinnovatrici conseguenze.
Alla luce di questa affermazione èi sentiamo obbli-
gati ad essere sempre più noi stessi, cioè sempre più
salesiani e più religiosi.
La vostra presenza così vicina ci sprona ad una mag-
giore e più dinamica fedeltà alla comune vocazione
salesiana, che noi vogliamo vivere da religiosi, cioè do
Abbiamo preso coscienza chiara che sarebbe un vero
tradimento se non riuscissimo a fare questo lavoro, e
crediamo che a ragione voi lanciate il vostro appello.
In fedeltà dinamica dunque al Fondatore ci dichia-
riamo desiderosi e pronti a rivitalizzare la vostra
associazione, perché, finalmente si completi il geniale
progetto tanto caro aJ Fondatore• (Messaggio 2 lu-
glio 1971).
Questa stessa fedeltà ci porta a fare si che voi pos-
siate «diventare collaboratori coscienti, integrali, a
fianco a noi, non sotto di noi; non solo quindi fedeli e
docili esecutori, ma capaci di responsabilità apostolica»
(D. R1ccER1), sempre nel contesto ecclesiale di una
pastorale d'insieme.
Del resto questo lavoro ci permetterà di , instaurare
ad ogni livello, come suggerite anche voi, un rapporto
vicendevole di vera fraternità, che costituisca d'ora in
poi un nuovo stile di vita salesiana all'interno delle
comunità educative e al di fuori di esse>► (Messag-
gio v.s.).
Il Retto, Maggior■ Don Luigi Rlccerl eonsegna la « Dichiara•
zlone del Capitolo Generala sp.eclale al Cooperatori II e due rap-
presentanti del Cooperatori Salesiani.
battezzati che si propongono un ideale di vita evange-
lica: castità verginale, distacco assoluto nella povertà,
disponibilità totale nell'obbedienza.
D'altra parte, nel pensiero di Don Bosco, voi Coope-
ratori siete corresponsabili con noi, nell'ambito della
vostra specifica vocazione, dei destini della famiglia
salesiana. Siete i nostri primi e necessari collaboratori,
specificamente diversi da altri collaboratori laici: «i no-
s tri collaboratori, in quello che si presenta da fa re per
la maggior gloria di Dio, ma per cui a noi mancano
i mezzi materiali o personali » (fvi.).
5. Il nostro impegno oggi
In quest'ora decisiva di rinnovamento, che ci avvi-
cina alle ore febbrili sofferte da Don Bosco nella Pon-
dazione della sua FAMIGLIA, noi tutti ci sentiamo
chiamati ad un impegno moltt:plicc e ben definito verso
di voi.
Pensiamo anzitutto, con voi, che «i tempi siano
maturi•· Crediamo di dover coltivare iJ germe che Don
Bosco ha seminato da 100 anni; di dover avanzare
decisamente per redigere, particolarmente in questo
campo, la bella copia~ di quel progetto veramente
geniale di cui Don Bosco ha potuto appena fare l'ab-
bozzo (cfr. MB, XI , 309).
6. Come si articola e concretizza questo impegno
Analogamente a quanto dovremo fare con i nostri
Confratelli, la vostra formazione salesiana sia spirituale
che apostolica costituirà la nostra prima urgenza pasto-
rale. Crediamo così di soddisfare il vostro desiderio,
di fare cioè «un autorevole invito ai Salesiani sacer-
doti perché come maestri di spirito e di dottrina, si
rendano completamente disponibili per la formazione
e la guida spirituale dei Cooperatori •·
l\\leta di questa formazione dovrà essere il pieno rag-
giungimento dell'impegno specifico che spetta alla mag-
gior parte dj voi, come laici: l'animazione cristiana delle
realtà terrestri in spirito salesiano (cfr. LG, 36-37;
AA, 7).
Noi non possiamo e non dobbiamo prendere il vostro
posto, sostituendovi nei compiti che sono specificamente
vostri (cfr. GS, 4-3 b). Vogliamo perciò essere accanto
a voi, per aiutarvi senza paternalismo a prendere e
ponare avanti il vostro ruolo nel comune dovere di
edificazione della Chiesa (cfr. AA, 25; AG, 21).
un passo successivo, in fedeltà al geniale progetto
tanto caro al Fondatore, sarà il vostro inserimento, con
tutte le conseguenze che ne derivano, nella programma-
zione, realizzazione e valutazione del piano pastorale
delle Comunità salesiane cui appartenete.
Il Delegato locale, vi sarà sempre accanto. Ma vo-
gliamo ribadire, con particolare forna, che, secondo
il pensiero di Don Bosco, deve essere tutta la comunità
a prendersi l'impegno di essere vocazionalmente fe-
conda anche nei vostri riguardi. La Comunità deve
essere sinceramente interessata a formare e vincolare
i salesiani Cooperatori, per assicurare più efficacemente
la salvezza della gioventù, motivo essenziale della nostra
presenza in un determinato luogo.
Per concretizzare questa rinnovata visione ed assicu-
rare la comune efficacia apostolica, il Capitolo Generale
Speciale stabilisce che una Commissione composta di
Salesiani e Cooperatori, prepari una bozza di nuovo
Regolamento da sperimentare localmente, che sia sin-
tesi del Regolamento di Don Bosco e dell'attuale visione
del laico nella Chiesa.
Ma dobbiamo pure ricordare che, al di sopra di qual- 21

1.6 Page 6

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s1as1 p reoccupazione organizzativa, pur sempre neces-
saria, daremo la priorità pastorale alla formazione degli
uomini.
7. Alcuni campi del vostro lavoro nella comune
missione
Le riflessioni che abbiamo condotto ci portano a
segnalarvi alcuni campi della missione salesiana che dob-
biamo condividere in una forma sempre più organica,
anche se con diversa specificità.
1) L'impegno nei settori e nei problemi in cui si
trova socialmente e spiritualmente più bisognosa la
gioventù di oggi (cfr. GS, 7; AA, 12; Regolam. 1876,
IV, 4).
2) La preoccupazione per i problemi riguardanti la
famiglia in genere e in specie l'educazione dei figli e la
preparazione dei giovani al matrimonio (cfr. GS, 52;
AA, rr; GE, 3).
3) Il serio lavoro catechistico nelle forme attuali e
con i mezzi corrispondenti alle esigenze della nostra
società secolarizzata (cfr. LG, 35; GS, 62; CD, 30;
AA, 10; Regolam., t876, IV, 1).
4) La ricerca e la promozione delle vocazioni sacer-
dotali, religiose e laicali, specialmente xnissionarie (cfr.
PO, 11; OT, 2; Regolam., 1876, IV, 2).
5) L'impegno per la giustizia nel mondo, attuato
opportunamente e nelle diverse forme politicamente e
socialmente possibili (cfr. LG, 36; GS, 75, 88, 90;
AA, 13).
6) La piena inserzione nei movimenti apostolici
mondiali, specialmente in quelli che hanno di xnira il
servizio della gioventù.
7) La promozione e valorizzazione cristiana dei
mezzi di comunicazione sociale (cfr. IM., r3; Regolam.,
1876, I V, 3).
Tutti questi compiti ed altri che sorgeranno certa-
mente, a seconda dei bisogni, nei diversi luoghi e nei
diversi tempi, potranno essere disimpegnati da voi
nell'ambito delle opere educative della Congregazione,
come anche in opere ed ambienti non propriamente
salesiani.
In particolare, sarà nostra preoccupazione inserirvi
più pienamente, secondo le vostre possibilità e la vostra
preparazione, nelle opere educative nostre e studiare
il modo di affidarvi altre opere apostoliche più confa-
centi al vostro carattere laicale.
Saluto finale
Carissimi, noi vi siamo riconoscenti della vostra vici-
nanza, del vostro affetto, della vostra fiducia.
Vi sarà gradito sapere che il Capitolo Generale Spe-
ciale ha lanciato un appello altrettanto sincero e con-
creto a tutti i Confratelli. Siamo sicuri che esso sarà
accolto anche dalle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Ci ritroveremo sempre nella preghiera e nel comune
amore al nostro Fondatore, con l'aiuto di Maria.
22 Roma, nella festa del Natale 1971.
DICHIARAZIONE DEL
CAPITOLO GENERALE
SPECIALE
SUI COOPERATORI
« ...direttive pratiche per ridestare
nei SALESIANI l'interesse e l'im-
pegno verso i COOPERATORI... ».
Carissimi,
il Capitolo Generale Speciale, nel documento sul-
l'identità e vocazione della Società Salesiana oggi, docu-
mento che porta il titolo «I SALESIANI D I DON
BOSCO NELLA CHIESA 1> ha trattato nelle sue linee
generali della Famiglia Salesiana in genere e dei vari
gruppi che in diversa forma e a diversi livelli la com-
pongono.
Precedentemente il Capitolo Generale Speciale aveva
ricevuto un Messaggio, datato da Roma il 2 luglio,
inviato da un gruppo qualific"ato di Cooperatori appar-
tenenti a ben 9 Nazioni. II Messaggio è veramente sen-
tito e vivo; prima di concludere assicurano che è il
caso di dire: «O ADESSO O MAI PIÙ 1>.
Noi abbiamo dato a questo Messaggio una risposta
franca e aperta. Ora sentiamo il bisogno di rivolgerci
a tutti voi per dirvi la nostra parola fraterna ma ugual-
mente franca e impegnativa. E vi presentiamo alcuni
sviluppi, sul piano operativo, dei principi contenuti nel
documento da noi approvato, nella speranza di poter
arrivare ad alcune conclusioni e precisaz.ioni concrete.
Vi esprimiamo anzitutto la nostra preoccupazione in
questo momento. Il Capitolo Generale X IX aveva
emesso il proprio documento sui Cooperatori, docu-
mento approvato per acclamazione in omaggio al nuovo
Rettor Maggiore Don Ricceri, ma i risultati di esso, a
di.re il vero, non sono stati molto incoraggianti.
D'altra parte in Congregazione, stando ai dati J_)erve-
nutici dai diversi CI S, di fronte a questo tema s1 sente
una vera inquietudine, un certo disagio, insieme al
desiderio di una vera e definitiva riscoperta della figura
del Cooperatore secondo il progetto ben preciso e
pensato da Don Bosco. Si sente l'ansia di arrivare final-
mente a un rilancio decisivo di questi veri <t salesiani
nel mondo•>.
Ci domandiamo il motivo di questa situazione e
crediamo di dover rispondere quanto segue: la geniale
intuizione di Don Bosco sui Cooperatori non è ancora
stata capita da tutti noi, in tutta 1a sua profondità e
in tutte le sue conseguenze. Bisogna dunque riandare
all'idea primigenia del nostro Fondatore per poter
scoprire la vera identità di questi confratelli Segna-
liamo alcune tracce.
Di fronte alle molteplici forze del male, innegabil-
mente efficaci perché unite, di fronte alla messe abbon-
dantissima che si presentava agli occhi e, più ancora,
al cuore di Don Bosco, egli volle preparare una vera
schiera di apostoli, strettamente uniti e disciplinati, per
un lavoro deciso ed efficace per la salvezza della gìo-
ventù pericolante... (cfr. Bollettino salesiano, agosto-
settembre, 1877).
Alcuni di questi apostoli, rispondendo a un dono par-
ticolare del Signore, decisero di rimanere «stabilmente

1.7 Page 7

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nell'Oratorio, facendo vita comune con Don Bosco,
sempre pronti ai suoi comandi• (P. STELLA, Don Bosco,
voi. 1, p. 140, nota 34). Altri i.nv~<:e, s~n~en~o di_ dover
seguire la strada comune a tu t ti I cristiani, «dimo ra-
vano a casa loro», impegnandosi sul serio, secondo il
proprio stato, le_ p roprie p_ossibilit~, i propri doni pe~-
sonali ad una \\'lta apostolica che m qualche modo ri-
specchiasse, completasse ed arricchisse quella dei p rimi.
Tutti p~rò, i~ 9uanto rispond~n~ ad ~na. C?mune voca-
zione d1 serv1z10 a favore dei giovani, s1 impegnavano
a v-ivere e a praticare «tutt_o lo spirito. dei sa)esiani »,
(10 Capitolo Gencr., r877), in un . pluralismo ~1 f?rme!
secondo la situazione concreta d1 ognuno e I bisogni
reali della gioventù, in un determinato luogo, in un.a
determinata ora.
Nella mente e nel cuore di D. Bosco dunque la Fami-
glia Salesiana è UNA I L'unità originale di questa Fa-
e miglia ha la sua radice ultima nella comunanza dello
spirito e della missione cd indir~zzata a ,scrvi~io totale
della gioventù e del po~lo. Realizza cosi, a_ l_1vello su:
periore, una vera comu_nità nc!la q~ale tutti I m<:IDbri
sono integrati secondo I propri_doni, le . l?ro spec1~che
funzioni e le diverse fom,e d1 vita poss1bt!1 nella Chiesa.
Questo vuol di re, e bisogna riconoscerlo con tutta
chiarezza
prima di'
che
essere
la~
vocazione
religiosa h.
salesiana
Vuol dire
è «salesiana"
che il carisma
salesiano si estende oltre i confini della sola nostra
Congregazione. Il Cooperatore perciò, nel pensiero
primigenio di Oon Bosco, è un vero sal,ma11_n nel mn~1dn,
cioè un cristiano chc risponde alla propria ,7ocaz1one
alla santità, impegnandosi anche senza vincoli <li
voti religiosi in una missione giovanile o popolare
secondo lo spirito di Oon Bosco al serviz)o del~a C~iesa
locale e in comunione con la Congregazione Salesiana.
È quc,m1 la realtà veramente rinnovatrice di cui dob-
biamo prendere coscienza sul serio se vogliamo pen-
sare ad un rilancio vero e impegnativo det Coopcratori.
Ci vuoh: un cambio radicale di mentalità o tutti i livelli.
I nfatti, finché i Cooperatori restano come qualcos~
di estraneo a noi, come dei collaboraton occas1onalt,
come dei laici che ci sono in verità molto utili, ma non
t essenzialmente indispensabili •. come dei laici di c~i
in definitiva non possiamo fare a meno per svolgere, m
pienezza, la nostra opera apostolica, noi dimostrere~10
di non aver capito il pensiero di Don Bosco né riu-
sciremo a realizzare il suo genuino e primitivo progetto.
Chi son o i Cooperatori per noi
Don Bosco preparò per il Capitolo Generale della
Congregazione Salesiana ( 1877) un progetto di deli-
berazioni in cui affermava schiettamente che l'asso-
ciazione dei Cooperatori è <( l'anima della nostra Con-
gre,gazione ~-
Questa affermazione veramente ardita del nostro
Fondatore pensiamo abbia un ,,alore concreto per noi
anche oggi.
.
, ..
La figura del Cooperatore, infattt, come I ha intuita
Don Bosco non solo non svuota il contenuto della
nostra realtà come <• Sulesi:rni >> e come << Religiosi>> ma
ne richiede una autenticità ancor più profonda.
a) Come Salesiani -tucstJ figura deve far prendere
alla nostra vocazione un dinamismo e un vigore tuuo
particolare. Infatti, se i Cooper~tori! co~~ • SalC:si~i
esterni » devono essere fervorosi, dmam1c1, effic1ent1,
quanto più dovremo esserlo noi che, nella mente del
nostro Padre, siamo chiamati ad essere come il motore,
il centro propulsore, la garanzia di questo dinamismo
apostolico?
b) Come Religiosi, il valore di • segno e di testimo-
nianza)) propri della nostra vocazione specifìctl, potremo
e dovremo · offrirlo anzitutto e soprattutto a questi
nostri veri fratelli esterni.
Essi dovranno a loro volta sentirsi spinti e incorag-
giati ad una vita apostolicamente e fortemente impe-
gnata, guardando noi, che di questo impegno aposto-
lico siamo stati talmente presi da arrivare ad una con-
sacraziot1e in castità verginale, in povertà generosa, in
obbedienza agile e disponibile.
rei pensie~o di O. Bosco, espo_s~o in mol.teplici, scri~i.
i Cooperatori sono corresponsabili con 001, nell ambito
della loro specifica vocazione, dei destini della Fami-
glia Salesiana. Essi lo hanno intuito e ce l'hanno ricor-
dato nel loro Messaggio. Questo vuol dire che sono i
nostri primi, diretti, necessari collaboratori, specifi-
camente diversi da altri collaboratori laici: , i nostri
collaboratori in quello che si presenta da farsi per la
maggior gloria di Dio, ma per cui a noi mancano i
mezzi personali e materiali~ (DON Bosco, Progetto
I Capit. gener., 1877). Senza questi collaboratori, pos-
siamo dirlo, noi non saremmo quello che Don Bosco ha
pensato e voluto che noi fos$imo.
D'altra parte, il Vatj~ano Il c! ha. inse~nat<;> che. i
laici devono apportare 81 Sacl·rdoti e 81 Rehg1os1, parti-
colarmente se appanengono in qualsiasi maniera alla
stessa famiglia religiosa (cfr. PC, 22; AA, 25), una
visione più realista, in ordine all'efficienza del lavoro
pastorale da svol~ere (cfr. LG, 30, 3~ 1 36, 37; PO, ~;
GS, +3; AA, 25). Don Bosco, con linguaggio proprio
della sue epoca, scrisse che i Cooperatori danno alla
Congregazione la sicurezza di • combattere più auda-
cemente le battaglie del Signore (Bollettino salesiano,
genn. 1878).
I Coopcrat~ri dunque. sono chiamati _a dar~i un con-
tributo essenziale e specifico perché noi possiamo com-
prendere pii1 realisticamente il mondo e lavorare in
esso in chiave salesiana.
Chi siamo noi per i Cooperatori nella m ente di
Don Bosco ?
Siamo i loro fratellj religiosi. «I Membri della Con-
gregazione Salesiana considerano tutti i Coopcralori
come altrettanti fratelli in Gesù Cristo... (RegtJLa-
me11to, IV). È veramente interessante vedere come t:ss1
lo hanno intuito profondamente e come lo mettont>
ripetutamente in rilievo nel loro l\\lessaggio.
La· Congre;azione,. in c~ns~~ucnza, ha, un _ruolo ~uo
proprio, specifico e insost1tu1bt!c. Essa e chiamata a~
essere il Centro di unità tutti quelli che sentono d1
doversi impegnare nel lavoro apostolico giovanile, se-
condo lo :::pirito di Don Bosco; il principio clinamirn
di quella , unità che fu una idea veramt:nll" ;1,~11lantc
nella mente <lei Fondatore e si present~ anchi: a noi
come uno dei bisogni più urgenti e decisivi m nostri
tempi (cfr. M/.J, X, 1311; Boli. sai., agosto-otl. _1877).
« Dobbiamo unirci tra noi e tutti cCJn la C'ongreg:monc...
Uniamoci dunque col mirare allo :::tesso fint: t coll'uo;art·
gli stessi mezzi per consc~uirlo... Uniamoci come in
una sola famiglia, con i ,•incolt della carità fraterna
che ci sproni ad aiutarci e sostenerci vicendevolmente
a favore del nostro prossimo» (Bollettino salesiano,
gennaio r878, p. 1-3).
23

1.8 Page 8

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La Congregazione dun4.ue è per i Cooperatori il
vincolo sicuro e stabile, voluto espressamente da
Don Bosco come garanzia inequivoca di unità e fedeltà
nello stesso spirito, di efficacia apostolica nella comune
111issio11e da lui affidataci, di tempestività apostolica,
di risposta ai bisogni sempre nuovi, di vitalità perenne
nell'opera da lui fondata, di forza nel rilancio di un
vasto ed organico movimento di salvezza della gioventù
povera o in pencolo (cfr. MB, V, 692; VII, 622; X, 663;
Xl, 85).
Il nostro impegno
In quest'opera decisiva di rinnovamento, che ci
avvicina alle ore febbrili sofferte da Don Bosco nella
fondazione della sua Famiglia, noi tutti siamo chiamati
ad un impegno molteplice e ben definito verso i Sale-
siani Cooperatori:
a) innanzitutto impegno di vivere pienamente e
coltivare con serietà la nostra spiritualità salesiana, per
essere in grado di risvegliare e sviluppare p rofonda-
mente nei Cooperatori la comune vocazione apostolica
salesiana;
b) impegno di studiare nella sua linea più genuina
questa figura, come Don Bosco l'ha intuita, per poter
arrivare anche i.n questo, a redigere la (1 bella copia *
del progetto appena abbozzato dal Fondatore (cfr.
MB, XI, 309);
e) impegno di rivitalizzare l'Associazione perché fi-
nalmente si completi (( il geniale progetto tanto caro al
Fon<latore ~ (:.VIessaggio v.s.);
d) impegno di portare i Cooperatori a « diventare
collaboratori coscienti, integrali, a fianco a noi, non
sotto di noi: non solo quindi fedeli e docili esecutori, ma
capaci di responsabilità apostoliche * (Do:-i Rrccruu),
sempre nd contesto ecclesiale di una pa~torale d'insieme.
Questi impegni ci permetteranno di «instaurare ad
ogni livello un rapporto di vera fraternità, che costruisca
d'ora in poi il nuovo stile di vita salesiana all'interno
delle comunità educative e al di fuori di esse (i\\Ies-
saggio v.s.).
Come si articola e concretizza questo impegno
a) Analogamente a quanto dovremo fare tra noi, la
nostra prima urgenza pastorale sarà curare la forma-
zione salesiana degli uomini, sia spirituale che aposto-
lica. Al di sopra di ogni preoccupazione organizzativa,
pur sempre necessaria, la nostra priorità pastorale sarà
la formazione degli uomini. _ el loro Messaggio i Coo-
peratori chiedono da noi esplicitamente questo impegno
formativo. Con parole vive ed incisive, ci chiedono di
renderci , completamente disponibili per la loro forma-
zione e la loro guida spirituale».
b) Una seconda urgenza dobbiamo sentire. Inserirli
sul serio, con tutte le conseguenze, nella programma-
zione, realizzazione e valutazione del piano pastorale
della comunità salesiana a cui apeartengono.
La loro presenza, in alcune parucolari circostanze e
per determinati problemi, nei Consigli sia locali che
Jspettoriali e Superiore, mentre arricchirà certamente
le nostre deliberazioni, sarà allo stesso tempo un segno
efficace della serietà con cui abbi.amo preso il rinnova-
24 mento.
e) Perseguire, anche a loro riguardo, una vera pasto-
rale vocazionale in modo particolare nel settore giova-
nile. infatti impegnarsi come Salesiano Cooperatore è
rispondere a una vera chiamata; è dunque accettare
un'autentica vocazione apostolica. Bisogna badare per-
ciò fondamentalmente alla qualità dei candidati, piut-
tosto che alla loro quantità.
Anche se la loro crescita sarà lenta, non di.rninui.rà
il nostro entusiasmo, perché il nostro lavoro ne acqui-
sterà in efficacia e sicurezza.
d) Meta della loro formazione è aiutarli a mettersi
in grado di poter adempiere in pienezza e con compe-
tenza il loro impegno specifico di animazione cristiana
del temporale (cfr. LG, 36-37 - ilA) in spirito sale-
siano, che essi donanno assolvere sia che lavori.no
assieme a noi in opere nostre, sia che lavorino in opere
dirette da loro stessi.
e) Per assicurare la maggior efficacia apostolica e
pastorale al lavoro dei Cooperatori sarà sempre accanto
ad essi il Delegato locale. Riconosciuta l'importanza
di tale settore, è evidente che il Delegato dei Coopera-
tori sarà membro del Consiglio, a norma degli articoli
188- 189 delle Costituzioni. .Ma vogliamo ribadire con
particolare forza che, secondo il pensiero di Don Bosco,
deve essere tutta la comunità a prendersi l'impegno di
<;:ssere feconda vocazionalmente anche nei loro riguardi.
E la comunità che dev'essere sinceramente interessata
a formare c impegnare i Salesiani Cooperatori come
una longa manus ll per assicurare più efficacemente la
missione di salvezza della gioventù, motivo essenziale
della nostra presenza in un determinato luogo.
Prima di finire vogliamo ancora una volta rinnovare
il nostro accorato appello:
- riscopriamo il pensiero di Don Bosco, ardito ne,
disegni e audace nelle realizzazioni...
- diamo vita rinnovata a questa associazione, se-
condo il genuino pensiero del Fondatore...
- rilanciamo questo nostro movimento da lui vo-
luto, unendo con pari audacia ed entusiasmo anomo a
noi e 1st1ani veramente impegnati nella salvezza della
giovcn1i1 e del popolo.
Non ci risulterà strano, del resto, il fatto che forse
non tutti noi riusciremo a comprendere pienamente la
portata di quest'appello e l'atteggiamento veramente
rinnovalo da prendere d'ora in poi. Lo stesso Don Bo-
sco ha già riscontrato tra i suoi primi collaboratori una
vera e propria incomprensione... Infatti, quando nel
1874 comunicò il suo progetto sui Cooperatori ai mem-
br~ del Capitolo, vari opposero difficoltà, ritenendo
l'Associazione una confraternita e una semplice com-
pagnia di devozione, come le tante già esistenti, e quindi
di poco e di nessun vantaggio. Don Bosco sorrise a
quelle osservazioni e infine esclamò: • Voi non avele
ben compreso il mio pensiero (MB, X, 1309).
A 100 anni di distanza, dopo lo studio accurato dei
documenti del Vaticano 1T vorremmo meritare anche
noi lo stesso rimprovero ?
Cari Confratelli, in questo rilancio, che è risposta
pienamente aderente alle esigenze della Chiesa e ai
segni dei tempi ed insieme vero arto di fedeltà a Don Bo-
sco, ci assista Colei che è stata e rimane sempre la
Fondatrice e Ausiliatrice di tutta la nostra opera.
Roma, Natale r97r.

1.9 Page 9

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DALLE cc COSTITUZIONI»
DELLA SOCIETÀ
DI S. FRANCESCO DI SALES
L - I SALESIANI DI DON BOSCO NELLA CHIESA
~ I o stesso avrò cura del mio gregge...
lo susciterò un pastore che grtiderà le mie
pecore ai pascoli e lo metterò alfa loro
testa, (Ez., 34, I I .23)
x. L'Azione di Dio nella fondazione e nella vita
della nostra Società
Con senso di umile gratitudine crediamo che la
Società salesiana è nata non da solo progetto umano,
ma per iniziativa di Dio.
Per la salvezza della gioventù, « la porzione più
delicata e preziosa dell'umana società » (Piano di
Regol. per l'Oratorio, Introd.), lo Spirito Santo
suscitò, con l'intervento materno di Maria, Sa.o Gio-
vanni Bosco. Gli diede cuore di padre e di maestro,
capace di una dedizione totale : « Ho promesso a
Dio che fin l'ultimo mio respiro sarebbe stato per
i miei poveri giovani » (MB, 18, 258). Per prolun-
gare nella storia questa xnissione lo guidò nel da,·
vita a numerose forze apostoliche, prima fra tutte
la « Società di San Francesco di Sales>>,
La Chiesa ha riconosciuto l'azione di Dio,
soprattutto approvando le nostre Costituzioni e
canonizzando il Fondatore.
Questa presenza attiva dello Spirito è il sostegno
della nostra speranza e l'energia per la nostra
fedeltà.
2. Natura e xnissione della Società
Noi, Salesiani di Don Bosco (SDB), formiamo
una comunità di battezzati che, docili all'appello
dello Spirito, intendono realizzare, nella consa-
crazione religiosa, il progetto apostolico del Fon-
datore: essere, con stile salesiano, i segni e ì por-
tatori dell'aro.ore di Dio ai giovani, specialmente
ai più poveri. Nel compiere questa missione al
seguito di Cristo, troviam.o la via della nostra
santità.
5. La nostra Società nella Faxniglia Salesiana
Lo Spirito Santo ha suscitato altri gruppi di bat-
tezzati che, vivendo lo spirito salesiano, realiz-
zano la missione di Don Bosco con vocazioni
specifiche diverse: le Figlie di Maria Ausiliatrice
(FMA) e i Cooperatori furono fondati da Don Bosco
stesso, più tardi sono nate altre istituzioni e altre
ne potranno sorgere.
Questi gruppi, insieme a noi, formano la Fami-
glia salesiana. In essa abbiamo particolari respon-
sabilità: mantenere l'unità dello spirito e promuo-
vere scam.bi fraterni per un reciproco arricchi-
.mento e una maggiore fecondità apostolica.
Gli ex-allievi vi appartengono a titolo dell'edu-
cazione ricevuta, che può esprimersi in vari im-
pegni apostolici.
6. La nostra Società nella Chiesa in caro.mino
La vocazione religiosa apostolica ci situa nel
cuore della Chiesa e ci pone intera.mente al servi-
zio della sua .missione. Col nostro spirito e la nostra
azione contribuiamo a edificarla come Corpo di
Cristo, affinchè, anche per mezzo nostro, si mani-
festi al mondo come il sacramento universale della
salvezza.
La stessa esenzione è ordinata a rafforzare la
nostra unità e a metterci più ampiamente a servi-
zio di tutta la Chiesa.
7. La nostra Società nel mondo contemporaneo
La nostra vocazione richiede che siam.o « inti-
mamente solidali alla storia» (Cfr. GS, x) del
mondo, alle sue speranze e alle sue angosce, affin-
chè, nei paesi in cui siam.o mandati, le necessità
dei giovani e degli ambienti popolari muovano e
orientino la nostra azione concreta, per l'avvento
di un mondo più giusto e più fraterno in Cristo.
8. I patroni e i protettori della nostra Società
Come membri della Chiesa pellegrina, ci sen-
tiamo in comunione con i fratelli del Regno celeste,
e bisognosi del loro aiuto.
Don Bosco ha affidato la Società in modo tutto
speciale alla Vergine Immacolata, Ausiliatrice dei
cristiani, a San Giuseppe e a San Francesco di
Sales. Da lui, dottore della carità, prendiamo il
nome di Salesiani.
Veneriamo pure come protettori particolari,
oltre al nostro -Fondatore e Padre, San Domenico
Savio, segno delle meraviglie della grazia negli
adolescenti, e gli altri glorificati della nostra Fami-
glia.
Il. - I DESTINATARI
DELLA NOSTRA MISSIONE
« Vedendo le folle, Gestì ne ebbe compas-
sior1e, perché erano abbattute e spossate
come pecore senza pastore• (Jvlt. 9, 36).
9. Gli adolescenti e i giovani. Impor~ della
xnissione giovanile
Gli adolescenti e i giovani sono i primi e princi-
pali destinatari della nostra xnissione. Con Don Bo-
sco riafferxniam.o l'estrema importanza della mis-
sione verso di loro: le tappe dell'adolescenza e
della giovinezza hanno un valore decisivo nella
vita di un uomo; ogni ,generazione nuova ravviva 25

1.10 Page 10

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le speranze della Società e della Chiesa. In un
mondo in evoluzione il problema giovanile assume
proporzioni nuove e di particolare urgenza.
10. I giovani poveri e abbandonati
Don Bosco si è sentito mandato di preferenza
alla gioventù povera, abbandonata, pericolante
(cfr. Cost. ed. 1966, a. 4; cfr. MB, 14, 66z). Con vera
priorità ci rivolgiamo ai giovani poveri:
• anzitutto ai giovani che, a causa della povertà
economica, sociale e culturale, a volte estrema,
non hanno normali possibilità di riuscita;
e ai giovani poveri sul piano affettivo, morale e
spirituale, e perciò esposti all'indifferenza, all'atei-
smo e alla delinquenza.
La carità di Cristo e la fedeltà a Don Bosco ci
spingono a salvare questi giovani che hanno mag-
gior bisogno di essere amati e evangelizzati; lavo-
riamo quindi di preferenza nei luoghi di più grave
povertà.
25. U nostro metodo pastorale
Per rendere questo servizio educativo e pasto-
rale Don Bosco ha ideato un metodo adatto: il
« Sistema preventivo », che riceviamo in preziosa
eredità. « Questo sistema si appoggia tutto sopra
la ragione, la religione e sopra l'amorevolezza »
(Regol., ed. 1966, a. 87): fa appello cioè non alle
costrizioni, ma alle sorgenti vive della ragione,
dell'amore, del desiderio di Dio, che ogni uomo
porta nel profondo di se stesso.
Imitando la pazienza di Dio, incontriamo i gio-
vani al punto in cui si trova la loro libertà e la
loro fede. Fraternamente presenti perchè il male
non domini la loro fragilità, li aiutiamo, attraverso
il dialogo, a liberarsi da ogni servitù. Moltipli-
chiamo gli sforzi per illuminarli e stimolarli ri-
spettando il delicato processo della fede.
La nostra arte educativa tende a che siano pro-
gressivamente responsabili della loro formazione.
V. - I CORRESPONSABILI DELLA MISSIONE
Vi sono poi diversità di doni, ma ~ iJ
medesimo Spfrito; e diversità di servùzi,
111a è il medesimo Sig11ore; e diversità di
operazio11i, ma è il medesimo Dio, che
opera lutto in tutti. A ciascu110 però la
manifestazione dello Spirito è data per la
utilità com u11eo (I Cor., rz, 4-7).
33. Solidali con la Chiesa locale
La nostra missione si compie all'interno e al
servizio delle Chiese locali. Ci inseriamo con un
lavoro specializzato nella pastorale di insieme, che
ha nel Vescovo il suo primo responsabile e nelle
direttive delle Conferenze episcopali la sua orga-
nizzazione a più largo raggio. Per la nostra azione,
quindi, una delle leggi principali è collaborare
con i diversi organismi di apostolato e di educa-
2 6 zione.
39. I laici associati alla nostra missione
Spesso i laici sono direttamente associati al nostro
lavoro educativo e pastor ale. Danno un contri-
buto originale alla formazione dei giovani, alla
preparazione dei militanti laici, al servizio della
parrocchia e delle missioni. La lealtà e la fiducia
sono alla base dei nostri mutui rapporti; offriamo
loro la testimonianza di una vita evangelica e l'aiuto
spirituale che attendono.
Tendiamo inoltre a realizzare nelle nostre opere
giovanili la « comunità educativa » che accoglie
con la presenza attiva i genitori, primi e princi-
pali educatori, e i giovani stessi, invitati al dialogo
e alla corresponsabilità. Nel nostro clima di fa-
miglia, la vita di questa comunità diventa un'espe-
rienza di Chiesa, rivelatrice del disegno di Dio.
VI. - LO SPIRITO SALESIANO
t L e cose che avete imparate e ricevute e
udite e viste in me, queste praticatele: e il
Dw della pace sarà con voi• (Fil. 4, 9).
40. La carità apostolica centro del nostro spirito
Alla nostra missione corrisponde lo stile di vita
e di azione che ci ha insegnato Don Bosco. Il cen-
tro dello spirito salesiano è la carità pastorale,
caratterizzata da quel dinamismo giovanile che si
rive lava coì forte nel nostro Fondatore e alle ori-
gini della nostra Società. E uno slancio apostolico
che ci fa « cercare le anime e servire solo Dio »
(cfr. Messa in onore di S. G. Bosco).
La santità personale e il bene dei giovani richie-
dono che rimaniamo fedeli a questo spirito e che
lo diffondiamo a vantaggio della Chiesa.
49. Don Bosco, nostro modello concreto
Il salesiano studia e imita più da vicino Don Bosco,
datogli come padre da Dio e dalla Chiesa. Ammira
in lui uno splendido accordo di natura e di grazia;
profondamente uomo, ricco delle virtù della sua
gente, egli era aperto alle realtà terrestri; profon-
damente uomo di Dio, ricolmo dei doni dello Spi-
rito Santo, viveva « come se vedesse l'invisibile»
(Eb. u, 27). Questi due aspetti si sono fusi in un
progetto di vita fortemente unitario: il servizio dei
giovani. Lo realizzò con fermezza e costanza fra
mille ostacoli e fatiche, e con la sensibilità di un
cuore generoso. « Non diede passo, non pronunciò
parola, non mise mano ad impresa che non avesse
di mira la salvez.za della gioventù. Realmente non
ebbe a cuore altro che le anime » (Don Rua, Let-
tera circ. 29 gennaio 1896).
141. Il Consigliere per la pastorale degli adulti
promuove, a livello mondiale, l'impegno sale-
siano nelle parrocchie e nel settore delle comuni-
cazioni sociali; promuove inoltre l'organizza.zione
e le attività dei Cooperatori ed Exallievi e il colle-
gamento con altri Movimenti di ispirazione sale-
siana.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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DAI «REGOLAMENTI»
DELLA SOCIETÀ
SALESIANA
II. - PASTORALE GIOVANILE
3. Nel trattare con i giovani si seguano i princìpi edu-
cativi ereditati dal nostro Padre e dalla tradizione sale-
siana, i quali si trovano specialmente nell'opuscolo sul
Sistema Preventivo e nella lettera di Don Bosco scritta da
R oma il IO maggio I884.
4. L'applicazione del nostro sistema educativo richiede
la formazione della Comunità Educativa composta di
salesiani, laici, giovani e loro genitori o responsabili.
Tutti i membri di essa devono sentirsi in clima di famiglia,
corresponsahili e solidali nella programmazione e nella
revisione delle mete da raggiungere e delle attività da
1·ealizzare, partecipando a esse secondo le possibilità e i
ruoli di ciascuno.
Le modalità concrete dell'orgariiz~azione della Comunità
Educativa vanno studiate nelle Ispettorie, per essere vera-
mente aderenti alle situazioni locali.
V. - GLI STRUMENTI
DI COMUNICAZIONE SOCIALE
27. Uno dei fini principali della Congregazione, da
attuarsi con tutti i mezzi suggeriti da un'ardente carità,
è la diffusione della stampa di ispirazione cristiana.
Per raggiungere pienamente questo scopo, i salesiani che
ne abbiano attitudine, secondo le esigenze del nostro apo-
stolato, si impegneranno a scrivere e a pubblicare Ubri e
riviste a carattere religioso, culturale e scolastico, de.rti-
nati alla gioventù. e al popolo.
VI. - IL SERVIZIO ALLA
FAMIGLIA SALESIANA
30. Nel rispetto della loro autonomia e seco11d-O le ri-
chieste ed esigenze, offriremo il nostro servizio spiri-
tuale di preferenza ai gmppì che compongono la Famiglia
Salesiana: anzitutto alle Figlie di Mt1ria Ausiliatrice e
ai Cooperatori. Lo offriremo anche agli altri istituti reli-
giosi e secolari, o a eventuali gruppi laici, che si uniscono
11ello spirito di Don Bosco e sono riconosciuti dalla nostra
Società.
32. I l Bollettino Salesiano è la pubblicazione ufficiale
per la famiglia salesiana. Redatto secondo le direttive
del Consiglio Superiore, esso ha lo scopo di diffondere lo
spirito di Don Bosco, di far conoscere l'opera salesiana e
le sue necessità, di collegare e animare i dzversi gruppi
della nostra Famiglia e di promuovere vocazioni.
DA « ORIENTAMENTI
OPERATIVI>>
7. La pastorale di ogni Ispettoria nel contesto della
Chiesa locale
Il servizio ecclesiale reso da D on Bosco al Papa e ai
Vescovi, il valore conferito alle Chiese locali nel rinno-
vamento attuale, ci inducono a considerare la consi-
stenza pastorale originale di ogni Ispettoria.
Un inserimento più adeguato del servizio pastorale
salesiano nella pastorale d'ogni Chiesa locale esige che
ogni ispettoria, e, ancor più, ogni gruppo di ispettorie
studino il modo di presenza originale richiesto.
Ne conseguono per le comunità ispettoriali l'impegno
di un accordo più organico con gli altri organismi locali,
soprattutto con quelli che concorrono all'evangelizza-
zione dei giovani, e un'attenzione speciale agli orien-
tamenti dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali
interessate. Si rendono indispensabili organi tecnici,
come ad esempio un'équipe di intercomunicazione e
di informazione, con ruolo di animazione e di scambio.
Questo legittimo pluralismo richiede maggiore impegno
per coltivare l'unità, quali il senso della missione e
dello spirito comuni, scambi fraterni e frequenti fra le
varie comunità ispettoriali e con il Rettor Maggiore,
segno sensibile della nostra unità.
8. Centro di salesianità
Consapevoli quanto la conoscenza approfondita dello
«spirito salesiano » sia di aiuto per il rinnovamento della
Congregazione, auspichiamo la creazione di un Centro
di Salesianità, dove vengano studiati i vari aspetti dello
<< spirito salesiano ~ (storico, pedagogico, spirituale,
ascetico ...).
L'attività scientifico-pastorale del Centro tenderà ad
offrire ai confratelli, particolarmente ai confratelli m
formazione, una dottrina che alimenti e consolidi la
loro vocazione e ispiri la loro azione apostolica.
10. Presenza educativa tra i giovani
Poiché Don Bosco è stato Padre e Maestro dei gio-
vani facendo sue le loro angosce, le loro speranze e le
loro gioie, la fedeltà al sistema preventivo ci domanda
di continuare lo stile di vita iniziato da lui: vivere con
i giovani, in mezzo a loro e per loro; è un impegno di
presenza tra i giovani.
Nei cambiamenti attuali si sappia restare fedeli al
«sistema preventivo >>, che esige una presenza costante.
Nelle situazioni dei giovani d'oggi il «sistema pre-
ventivo•> esige che si ricerchi una presenza «nuova».
L'efficacia nostra educativa è legata alla fedeltà rin-
novata al <( sistema preventivo >> di D on Bosco.
27

2.2 Page 12

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11. I Salesiani per la famiglia Salesiana
Esse.ndo i Salesiani, per volontà e desiderio di
Don Bosco come il vincolo, la stabilità e l'elemento
propulsore della Famiglia, ci impegniamo a pro-
muovere in spirito di servizio scambi fraterni, nei
modi e nei tempi ritenuti più opportuni, per un
reciproco arricchimento e per una maggiore colla-
borazione e fecondità apostolica.
Ci impegniamo a studiare insieme, nell'accettazione
corresponsabile della pastorale della Chiesa locale, le
condizioni concrete per un'efficace evangelizzazione e
catechesi; di studiare insieme le strutture di informa-
zione e di formazione che ci rendono abili per questo
servizio ecclesiale e i mezzi più idonei a realizzarlo.
12. I Salesiani per i cooperatori
Accogliendo fraternamente il << Messaggio dei Coo-
peratori >> ai membri del Capitolo Generale Speciale,
proponiamo un lavoro d'insieme per la redazione di
un programma di formazione laicale salesiana e per la
compilazione di un volume di letteratura salesiana per-
tinente.
Proponiamo che un gruppo di esperti, Salesiani e
Cooperatori, rediga il loro nuovo Regolamento, dove si
precisino, alla luce della dottrina conciliare e del pen-
siero di Don Bosco, i rapporti ai vari livelli tra l'Asso-
ciazione e la Congregazione Salesiana.
DA "DOCUMENTI»
LA «FAMIGLIA »
SALESIANA OGGI
x. N ecess ità del tema « Famiglia » nel rinnova-
m ento salesiano
I Salesiani non possono ripensare integralmente la
loro vocazione nella Chiesa senza riferirsi a quelli che
con loro sono i portatori della volontà del Fondatore.
Per questo ricercano una migliore unità di tutti, pur
nella autentica diversità di ciascuno.
2.· Il termine « Famiglia »
La parola evoca il fatto di relazioni interpersonali e
anche un certo stile proprio a queste relazioni in coloro
che hanno lo «spirito salesiano >>, che è appunto «spi-
rito di famiglia >>.
Il termine è continuamente adop~ato nella tradi-
zione salesiana per indicare, in forma generica, i legami
cr,e intercorrono tra i Salesiani, le FMA, i Cooperatori,
gli allievi e gli exallievi.
Da un esame attento si arriva alla conclusione che il
28 concetto di «famiglia>> si applica in modo diverso ai
vari gruppi a seconda della natura del loro rapporto.
I Cooperatori, per es., appartengono alla Famiglia
salesiana perché come associazione e personalmente
assumono l'impegno di attuare nel mondo la missione
che il Fondatore ha loro affidato, in unione con la Con-
gregazione e secondo il suo spirito. Gli allievi e gli
ex-allievi invece appartengono alla Famiglia salesiana
ad altro titolo, soprattutto in quanto sono stati o con-
tinuano ad essere i destinatari del!'educazione sale-
siana che può suggerire loro vari tipi di impegno apo-
stolico.
A) IL FATTO E IL PROBLEMA DELLA
FAMIGLIA DA DON BOSCO FINO AD OGGI
Il problema sorge a partire da un dato storico com-
plesso. Don Bosco per attuare la sua vocazione di sal-
vezza della gioventù povera e abbandonata, cercò una
ampia unione di forze apostoliche nell'unità articolata
e varia di una « Famiglia•>.
1 . Don Bosco fondatore carismatico
Nel fondare i Salesiani, le Figlie di Maria Ausilia-
trice e i Cooperatori che lavorassero nella missione
secondo il suo spirito, Don Bosco diede alla Congre-
gazione salesiana un ruolo speciale.
D al 1841 al 1888 manifestò, pur nella complessità
delle scelte diverse, una omogeneità d'intenzione: quella
di riunire, in qualche modo, in un vasto insieme tutti
coloro che accettavano di lavorare con lui. << ...Dobbiamo
unirci in questi difficili tempi... •> (dal Regolamento dei
Cooperatori, Introduz. anno 1876). «Unirci tra noi e
tutti con la Congregazione... Uniamoci (dunque) col
mirare allo stesso fine e con ]'usare gli stessi mezzi per
conseguirlo... Uniamoci come in una sola famiglia coi
vincoli della carità fraterna che ci sproni ad aiutarci
e sostenerci vicendevolmente a favore del nostro pros-
simo» (Bollettino Salesiano, genn. r8781 pp. r-3).
Questo sforzo di riunione e di comunione prese, ancora
vivente il Fondatore, forme diverse a seconda del grado
di partecipazione e dei servizi a cui si impegnavano i
membri. Ricordiamo per titoli: servizio dell'Oratorio
di San Francesco di Sales; dopo il 1850 partecipazione
ìn forme diverse alla Società Salesiana fin dalle sue prime
origini (1855-1858); partecipazione giuridicamente pos-
sibile, ma non chiaramente definita attuata di fatto,
di «membri esterni » <1 affiliati» a questa Società tra il
1864 e il I 874; unione spirituale con le Figlie di Maria
Ausiliatrice, attraverso la persona del Rettor Maggiore,
fino agli inizi del ventesimo secolo, e già dal 1872 circa;
partecipazione, infine, come Cooperatori, laici o eccle-
siastici, a partire dal 1874.
Esiste una celebre pagina di Don Bosco che esprime
questo disegno: << Ma un'associazione per noi importan-
tissima, che e l'anima della nostra congregazione e
che ci serve di legame ad operare il bene d'accordo e
con l'aiuto dei buoni fedeli che vivono nel secolo, è
l'opera dei Cooperatori Salesiani. Abbiamo la pia So-
cietà Salesiana per coloro che vogliono vivere ritirati
e consacrati a Dio con la professione religiosa. Abbiamo
l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice per le gio-
vani che vogliono imitare i Salesiani, per le persone di
altro sesso. Ora è necessario che noi abbiamo nel secolo
degli amici, dei benefattori, della gente che praticando
tutto lo spirito dei Salesiani, vivano in seno alle pro-

2.3 Page 13

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prie famiglie, come appunto fanno i Cooperatori Sale-
siani; sono essi il nostro aiuto nel bisogno, il nostro
appoggio nelle difficoltà; i nostri collaboratori in quello
che si presenta da farsi per la maggior gloria di Dio, ma
che a noi manca nei mezzi personali o materiali. Questi
cooperatori devono moltiplicarsi quanto è possibile... ~
(Progetto di dellbcrato per il Capitolo Generale I , 1877;
Manoscritto di Don Bosco).
Il pensiero di Don Bosco sui Cooperatori è da com-
f.leta.re con un'altra visione: quella che li colloca nel-
insieme della Chiesa locale, rimanendo fedeli allo spi-
rito salesiano. e Ho studiato molto - avrebbe detto a
Don Lemoync il 16 febbraio 188+ - sul modo di fon-
dare i Cooperatori Salesiani. Il loro vero scopo diretto
non è quello di coadiuvare i Salesiani, ma di prestare
aiuto alla Chiesa, ai Vescovi, ai Parroci sotto l'alta direzio-
ne dei Salesiani nelle opere di beneficenza, come i cate-
chismi, educazione di fanciulli poveri e simili. Soccor-
rere i Salesiani non è altro che aiutare una delle tante
opere che si trovano nella Chiesa Cattolica. È Vero che
ad essi si farà appello nelle urgenze nostre, ma essi
sono strumento nelle mani del Vescovo... nòn si deve
aver gelosia dei Cool?cratori Salesiani, poiché sono cosa
della diocesi, e tutti i parroci dovrebbero con i loro
parrocchiani essere Cooperatori• (MB XVII, 25, ci-
tato in P. STELLA, Do11 Bosco ne.Ila storia della religiosità
cauolica, PAS Verlag, I, pp. 220-221).
2 . I diversi gruppi e la loro storia: coscienza di un
bene comune salesiano e di una reale unità
a) APPARTENfu'ITI «IN SENSO STRETI'O >> ALLA FAMIGLIA
SALESIANA
, ) I Cooperaturi. Nella storia trascorsa, a parte un
certo travaglio per assestare entro regole giuridiche
l'appartenenza dei Cooperatori alla famiglia salesiana,
non è mai venuta meno sostanzialmente la coscienza
del fatto dell'appartenenza: i Cooperatori sono illu-
minati e chiamati, per grazia divina, a partecipare
della missione del Fondatore, secondo differenti stati
di vita, e richiamandosi al suo spirito.
Questa coscienza vive nel Regola111e11to della loro As-
sociazione: ~ Associazione che ha per fine principale la
vita attiva nell'esercizio della carità verso il prossimo e
specialmente verso la çioventù pericolante» (Regola-
menti, I, I963, p. 8). A1 Cooperatori Salesiani si pro-
pone la stessa masse della Congregazione di San Fran-
cesco di Sales cui intendono associarsi (I vi, p. 9). it I
membri della Congregazione salesiana considerano tutti
i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo
e a loro s'indirizzano... Colla medesima libertà, i Coo-
peratori si rivolgeranno ai membri della Congregazione
Salesiana» (foi, p. 13).
Pio XII nel discorso del 12 settembre r952 indiriz-
zato ai Cooperatori in occasiol'le del loro 75° di fonda-
zione afferma una loro identità salesiana: «Coopera-
tori Salesiani, ausiliari efficacissimi dell'Azione Cat-
tolica... nuovo provvidenziale movimento del laicato
cattolico... Intimamente impregnati dello spirito sale-
siano... Uomini e donne che attuino appieno l'ideale
salesiano... L'urgenza stessa del vostro molteplice
lavoro... vi obbliga alla più gelosa cura della vostra
vita interiore, di quella vita a cui ben provvide la sa-
pienza del Santo dcll'azi011e1 dettando a voi non mmo
d,e alla sua duplice famiglia dei Salesiani e delle Figlie
di Maria Ausiliatrice una regola di vita spirituale., ordi-
nata a/ormarvi, pur s~a la t1ita comune, alla religiosità,
interna ed estema di chi seriamente fa sua l'opera della
perfezione cristiana• (Regolamento, I, r963, p. 28).
I Cooperatori oggi manifestano questa loro chiara
coscienza di vera appartenenza alla famiglia salesiana
persino nel loro «Messaggio ai membri del Capitolo
Salesiano Speciale 1>: «Consapevoli di appartenere per il
comune Fondatore, per il fine a cui tt:ndiamo, per l'og-
getto precipuo dell'apostolato, per la comunione dei
beni spirituali e per gli stessi superiori all'unica fami-
glia salesiana •·
2) Le. Figlie di Maria Ausiliatrice. Anche le vicende
che coprono l'arco di tempo 1872-1969 vedono da una
parte variare le forme giuridiche del rapporto con le
FMA dalla dipendenza dal Rettor Maggiore alla loro
autonomia, ma insieme rivelano la preoccupazione di
Don Bosco, dei suoi successori e delle stesse F.MA,
che pur con queste variazioni, fosse sempre possibile
salvaguardare e alimentare uno spirito evangelico par-
ticolare, quello salesiano, per la missione a cui erano
chiamate.
3) Altri membri. Anche altri Istituti religiosi e seco-
lari (ad es. le VDB), o gruppi organizzati che, in linea
con l'ispirazione di Don Bosco, sono chiamati a realiz-
zare la sua missione secondo il suo spirito, apparten-
gono in senso stretto a questa Famiglia.
a) APPARTENENTl «A TITOLI DIVERSC t E t IN SENSO
LARGO ALLA FAMIGLIA SAL.ESIANA
1) Gli Allievi e gli Exallievi. li modo di apparte-
nenza degli Allievi e del Movimento degli exallievi
alla F amiglia salesiana sorge, ordù1an·ame11te., come si
è accennato, soprattutto dal fatto che essi sono o sono
stati i • destinatari della nostra educazione nel clima
tutto particolare dello spirito di famiglia. Gli edu-
catori dovranno curare la permanenza di questi legami;
in tal senso si esprime la Dichiarazione sulla Educa-
zione cristiana 1>: «continuino una volta terminati i
corsi scolastici ad assistere gli alunni con il loro con-
siglio, con la loro amicizia e anche promuovendo asso-
ciazioni di ex-alunni in cui aleggi il vero spirito eccle-
siale• (GE, 8). t quanto ci chiedono i nostri ex-allievi
ed è quanto si prefigge l'attuale Confederazione mon-
diale degli exallievi di Don Bosco (Cfr. Statuto art. 7).
È auspicabile, comunque, che all'interno del l\\Iov1-
mento exallievi per l'educazione salesiana che essi
hanno ricevuto, quelli che ne abbiano il dono e la vo-
lontà si impegnino o come Cooperatori o in gruppi
apostolici per una più intima partecipazione allo spirito
e all'azione della Famiglia salesiana nelle opere che le
sono proprie e nella Chiesa locale.
2)-Si può parlare poi di appartenenza «in senso largo~
alla Famiglta di quanti, simpatizzanti e benefattori,
mantengono qualche legame con l'Opera salesiana.
3. Le urgenze attuali pongono in termini nuovi il
problema dell'unità e della comunione
a) LA POSrzrONE DEI CAPITOLI !SPETTORIALI SPECIALI
(CIS)
I CIS in genere hanno auspicato un rinnovato im-
pegno dei Salesiani nel promuovere maggiore unione
e più stretta collaborazione tra quanti partecipano allo
spirito di Don Bosco e condividono la stessa missione
(Cfr. l e li CIS).
29

2.4 Page 14

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b) LA REALTÀ ECCLESIALE DELLA FAMIGLIA SALESIANA
Il contesto infatti in cui si muove oggi la realtà della
Famiglia salesiana e di cui devono avere coscienza i
membri che la compongono è che:
- la Famiglia salesiana è una realtà ecclesiale che
diventa segno e testimonianza della vocazione dei suoi
membri per una missione particolare, secondo lo spi-
rito di Don Bosco;
- la Famiglia salesiana esprime - sulla linea di
quanto la Chiesa ha detto di se stessa - la comunione
tra i diversi ministeri al servizio del popolo di Dio; e
integra le vocazioni particolari perché sia manifesta la
ricchezza del carisma del Fondatore;
- la Famiglia salesiana sviluppa una spiritualità
originale di natura carismatica che arricchisce tutto il
Coipo della Chiesa e diviene un modello pedagogico
cristiano tutto particolare.
La << Famiglia salesiana •> dunque, vista nel mistero
della Chiesa, dovrà definire la sua identità, la sua mis-
sione e le sue forme alla luce delle dimensioni essen-
ziali della Chiesa; ciò richiede che si parli di vocazione,
missione, servizio, testimonianza, comunione, storicità
e rinnovamento permanente come di altrettante com-
ponenti essenziali di questa famiglia.
c) I SEGNI DEI TEMPI
L'ampiezza straordinaria e la complessità dei pro-
blemi giovanili odierni sprona il nostro zelo ad accentuare
le forme di ripartizione delle forze operanti in questo
settore e la loro mutua collaborazione. Non si tratta
soltanto di una semplice << strategia dell'azione>) a livello
wnano, ma di costruire insieme un << futuro il alla luce
del Vangelo, con il dinamismo della speranza cristiana
(LG, 10 a; 35 a; 48 b; UR, z e; 12 a; GS, 93 a) e sotto
la spinta dell'azione di Dio che realizza nella storia
umana il suo Regno (LG, 5; 9 b; 35 b; 36 a; AG, 42 b;
GS, 38 a; 39 b).
B) L'UNITÀ E LA COMUNIONE DELLA
FAMIGLIA (in senso stretto) NELLA SUA
DIVERSITÀ (Un solo corpo con diversi
membri complementari)
1 . Gli elementi comuni
Volendo rintracciare gli elementi che sono comuni
tra i vari gruppi della famiglia salesiana, bisogna r icor-
dare che essi fondamentalmente si riducono al fatto di
essere chiamati per l'Uilica missione salvatrice propria
di Don Bosco da realizzare secondo il suo spirito.
Si può dire che la missio,ie sia umca, quella ispirata
a Don Bosco, ma anche che si realizza in una grande
diversità di pastorale e di iniziative apostoliche.
Vediamo brevemente prima gli elementi comuni:
a) La consacrazione battesimale (e cresimale) è l'ele-
mento base comune a tutti i membri della Famiglia
salesiana. In forza di questa consacrazione essi sono
30 chiamati da D io alla santità cristiana: << Tutti i fedeli
di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza
della vita cristiana e alla perfezione della carità>> (LG, 41).
I n questo senso tutti i cr istia.ni sono chiamati a con-
dividere lo spirito dei consigli evangelici (LG, 42),
traducendolo ed incarnandolo nel proprio stato di vita.
Per i Salesiani e le FMA ciò è evidente professando
essi i voti religiosi, ma questo spirito anima pUie la
vita dei Cooperatori. Nel loro Regolamento Don Bosco
r ichiama una certa similarità e reciproca attrazione tra
la vita dei religiosi salesiani e quella dei Cooperatori:
<< Ai Cooperatori salesiani non è p,escritta alcuna opera
esteriore, ma affinché la loro vita si possa in qualche
modo assimilare a quella di chi vive in comunità religiosa,
loro si raccomanda la modestia negli abiti, la frugalità
nella mensa, la semplicità nel suppellettile domestico,
la castigatezza dei discorsi, l'esattezza nei doveri del
proprio stato... ». In altre parole (( facendosi Coopera-
tori salesiani, possono continuare a stare in mezzo alle
loro ordinarie occupazioni, in seno alle proprie famiglie,
e vivere come se di fatto fossero in Congregazione»
(Regolamento, VI, p. 16).
b) La comune vocazione e missione. Tutti i membri
della Famiglia salesiana ricevono dallo Spirito Santo
una grazia speciale di illuminazione e di decisione di
fronte alle urgenze concrete della gioventù povera e
abbandonata. Questi due movimenti della << vocazione>>
e della << missione >> sono correlativi e sostengono la deci-
sione concreta di chi risponde positivamente a questa
grazia. Va subito notato che questa risposta si articola
diversamente a seconda dello stato di vita del singolo
(religioso, religiosa, membro di Istituto secolare, o
semplice battezzato).
Questa comune vocazione si indirizza (in tutti i
gruppi suddetti) agli stessi destinatari. Basti riportare
poche parole del Regolamento per i Cooperatori: << Ai
Cooperatori Salesiani si propone la stessa messe della
Congregazione di S. Francesco di Sales, cui intendono
associarsi» (lvi, p. 13).
c) Il comune << spirito salesiano>>. È l'aspetto tipico e
lo stile speciale con cui, nella Chiesa di Dio, i Salesiani
portano ai giovani di oggi. l'amore pienamente salva-
tore di Cristo. Era questa la volontà del nostro santo
Fondatore che scriveva: << Ora è necessario che noi
abbiamo nel secolo degli amici, dei benefattori, della
gente che praticando tutto lo spirito dei Salesiani, vivano
in seno alle proprie famiglie, come appunto fanno i
Cooperatori Salesiani... >> (Manoscritto citato).
d) Secondo una forma di fraternità apostolica che
parte dal comune zelo per la salvezza dei giovani e che
si differenzia nelle sue espressioni. L'azione di tutti i
membri della Famiglia Salesiana (intesa come promozio-
ne integrale ed educazione alla fede dei giovani poveri)
assume un indirizzo comunitario fraterno e si muove in
una linea di corresponsabilità comune; però le espressioni
di questa complessa azione apostolica saranno diverse
a seconda dei tempi, delle persone e dei luoghi. Questa
varietà è richiesta considerando, all'interno del movi-
mento stesso, la diversità dei gruppi che lo compon-
gono e quella delle loro mutue relazioni; all'esterno,
l'inserimento dell'azione salesiana nella pastorale di
insieme a Livello parrocchiale, diocesano e regionale.

2.5 Page 15

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Pur in tanta varietà di espressioni lo «stile familiare•>,
caratteristico di Don Bosco, sarà elemento di unità
nei rapporti fra i membri della Famiglia salesiana e
nota tipica del loro apostolato.
2. Le differenze
Il tipo di consacrazione e la forma di vita concreta
propria di ogni singolo membro della Famiglia sale-
siana danno origine ai modi diversi secondo cui si
realizza la missione salesiana e si vive lo << spirito sale-
siano•>.
Fa parte, infatti, della cattolicità della Chiesa una
pluralità di grazie, di ministeri e di operazioni (cfr. LG,
32 c) in vista della missione comune; così è all'interno
della Famiglia salesiana. Alla sorgente ritroviamo sem-
pre una differente vocazio11e concreta.
a) I Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, avendo
ricevuto da Dio il dono della vocazione religiosa, sono
tenuti ad un impegno maggiore, corrispondente al loro
tipo di consacrazione, nella realizzazione della mis-
sione salesiana. La loro castità, abbracciata per il Regno
dei cieli e segno palese di un amore indiviso al Cristo,
diventa «stimolo della carità e speciale sorgente di spi-
rituale fecondità •> {LG, 42 c) nel mondo giovanile di
oggi. L'appello di Dio alla povertà, che ricorda agli
uomini come il loro ultimo progresso consiste nel << par-
tecipare come figli alla vita del Dio vivente>> (PC, 13),
li rende anche grati e sensibili all'appello dei giovani
<(poveri». Finalmente con la professione dell'obbe-
die1iza «sull'esempio del Cristo, venuto ad adempiere
la volontà del Padre e in comunione con Lui, ... sono
vincolati più strettamente al servizio della Chiesa e
dei fratelli >> (ET, 23), realizzato nella vita ùi comune.
All'interno della Congregazione salesiana e rispetto
alle FMA l'unica vocazione religiosa riceve un'ulteriore
diversificazione dal fatto che essa è vissuta in base alla
consacrazione battesimale-cresimale e sacerdotale op-
pure battesimale e cresimale soltanto.
b) Così è anche per gli altri Istituti religiosi femminili,
mentre gli Istituti secolari, le Volontarie di Don Bosco
per es., portano a maturità la loro consacrazione batte-
simale-cresimale con la professione dei consigli evange-
lici, unite, ne!Ja particolare esperienza di carità a cui
si dedicano, dallo spmto salesiano. E realizzano ciò
non a partire dalla vita in comune, ma come dall'in-
terno delle strutture del mondo, immerse in esse come
il fermento che anima e incrementa il Corpo di Cristo:
<< Nell'attuazione di questa consacrazione secolare, le
Volontarie si ispirano al messaggio spirituale di Don Bo-
sco, al quale si ricollegano idealmente attraverso il
Servo di Dio Don Filippo Rinaldi » (Costituzioni delle
VDB: Volontarie D on Bosco, art. 5).
c) I Cooperatori Salesiani. Gli impegni cristiani che
scaturiscono dalla consacrazione battesimale-cresimale,
orientati dalla vocazione a far parte dell'Associazione
dei Cooperatori Salesiani, vedranno questi ultimi, im-
mersi nelle attività temporali (cfr. GS, 43), orientati
alla promozione integrale dei giovani poveri e abban-
donati, pur senza l'impegno specifico di una consacra-
zione religiosa e secolare.
d) Altri gruppi possibili che si organizzino in linea
con la ispirazione di Don Bosco, a seconda della fisio-
nomia che si danno e che è loro riconosciuta dalla
Congregazione, potranno essere efficacemente presenti
in questa Famiglia coi loro valori e i loro preziosi mini-
steri.
3. La comunione nella stessa vocazione di base
e il minimo di unità istituzionale
a) Lo Spirito Santo tiene unùi questi << con-vocatii>.
Alla base della nostra salcsianità c'è La chiamata dello
Spirito Santo per la realizzazione organica, pur nella
sua complessità, della salvezza dei giovani poveri e
abbandonati secondo lo spirito di D on Bosco. In que-
sto senso tutti i membri della Famiglia salesiana sen-
tono autentici i loro legami reciproci. Don Bosco espri-
meva ciò nel Regolamento dei Cooperatori: q l membri
della Congregazione Salesiana considerano tutti i Coo-
peratori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo... >) (Re-
golamento, IV, p. 13).
I Cooperatori Salesiani sono coscienti di questa
vocazione comune e la esprimono nel << lVIessaggio ai
membri del Capitolo Generale Speciale>): (( Crediamo...
che i tempi siano maturi perché tra i Salesiani religiosi
e i Salesiani Cooperatori si instauri, ad ogni livello,
un rapporto vicendevole di vera fraternità, che costi-
tuisca, d'ora in poi, il nuovo stile di vita salesiana all'in-
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31

2.6 Page 16

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terno delle comunità educative, opportunamente aperte
ai Cooperatori, e al di fuori di esse».
b) l'unità istituzio11ale. I diversi elementi :he com-
pongono la Famiglia Salesiana richiedono tutti qualche
espresrio11e esterna cd istituzionalizzata. Sappiamo con
quale insistenza Don Bosco voleva riunire pubblica-
mente (anche se con molta flessibilità) le forze dei suoi
diversi collaboratori. Non è qui il luogo di determinare
i modi concreti di questa unità visibile e di questa orga-
nizzazione. Basta affermare il principio indiscutibile.
Va garantita l'autonomia di ogni gruppo della Fami-
glia, perché ogni gruppo possa esprimere integralmente
le proprie ricchezze; ma va parimenti riaffermato il
legame esterno e funzionale dei gruppi, espressione
di una comune vocazione salesiana.
e) Il ruolo particolare della Soci'età Salesiana. A par-
t ire dalla iniziativa dello Spirito Santo che ha ispirato
a Don Oosco di compiere una determinata missione
con un determinato spirito, vediamo il ruolo dei Sale-
siani nella Famiglia Salesiana.
Essi hanno innanzitutto una funzione di •stabilità•:
vivono la missione e lo spirito salesiano nella consacra-
zione religiosa, secondo la pienezza desiderata da Don
Bosco. La loro professione dei consigli evangelici
fornisce gli aiuti necessari per la stabilità e la coerente
creatività (nei confronti della missione e dello spirito
salesiano) all'esterno nella Chiesa, e all'interno nei
confronti dei gruppi che compongono la Famiglia.
Essi hanno inoltre una funzione di &animazione •· I
Salesiani realizzando in se stessi la pienezza della con-
sacrazione (battesimale, cresimale e per alcuni anche
sacerdotale), sono i portatori e gli animatori, nella
Chiesa e nella stessa Famiglia Salesiana, della missione
vista nella sua integralità: dalla promozione umana fino
alla pienezza della vita cristiana.
Infine essi svolgono una funzione di «unione~, sia
all'interno dei vari gruppi in virtù dell'animazione di
cui sopra, sia all'esterno perché in spirito di servizio
propongono i legami con i singoli gruppi e con i gruppi
fra Joro.
C) L'INTERCOMUNICAZIONE E LA
COLLABORAZIONE
1. Ragioni profonde e scopi da perseguire
Le riflessioni precedenti devono necessariamente por-
tare a comunicare le ricchezze di ciascun gruppo perché
possano diventare le ricchezze di tutti.
È fedeltà dinamica allo Spirito e ai suoi doni, perché
il modo originale ed inventivo di ciascun gruppo rea-
lizzi la «causa comune• della Famiglia salesiana. Per
tale intercomunicazione saremo rutti più illuminati
sulla verità altuale e sulJa autmticità del dauo fatto a
Don Bosco e dei doni che, in linea con quello, lo Spirito
elargisce anche a noi; percepiremo meglio la forza e la
fecondità apos!olica della nostra missione e del metodo
32 da adottare; giungeremo a vivere l'esperienza evange-
lica che comunicando tra noi e collaborando nell'azione,
«ci» arricchiamo reciprocamente.
La fedeltà dinamica a Don Bosco nell'intercomunica-
zione e nella collaborazione farà dilatare lo spazio della
sua intuizione pastorale e della paternità, che splenderà
più luminosa perché ogni aumento di sentimenti fra-
terni, di unione e di impegno, tra coloro che si ricono-
scono suoi «figli» ne esalterà la dimensione. Questa
paternità acquisterà dimensioni ecclesiani: Don Bosco
infatti è sorgente di religiosi, religiose, laici impegnati
e consacrati secolari che sono diretta emanazione del
suo lavoro o scaturiti dalla santità dei suoi figli.
Attraverso la corresponsabilità e il dialogo le insop-
primibili doti dei singoli e le indispensabili varietà dei
ministeri, da un lato faranno superare l'uniformità,
dall'altro realizzeranno e rafforzeranno l'unità.
Coloro che hanno il servizio dell'autorità hanno il
dovere di stimolare tale contributo utile all'edificazione
del Corpo di Cristo (cfr. AA, 3 d; PO, 9 b).
z . Contenuti e modi dell'intercomunicazione e
della collaborazione
a) I co11te11uti. La mutua collaborazione e l'interco-
municazione tra i vari gruppi salesiani potranno avere
per oggetto: 1) la situazione concreta nel settore della
evangelizzazione giovanile e popolare secondo le mo-
dalità della nostra missione (cfr. cap. II, nn. 58-84);
2) i rapporti con le organizzazioni \\.'Sterne nella visione
di una pastorale d'insieme della Chiesa locale; 3) i
mer:zi utili per una informazione e una formazione co-
mune in ordine alla missione da compiere.
b) I modi. L'intercomunicazione e la collaborazione
non sono da identificarsi con la dipendenza dei vari
gruppi dalla Congregazione salesiana. Riaffermiamo,
invece, la loro autonomia, sia pure in forme diverse,
nella conduzione interna, come anche nel settore am-
ministrativo.
L'intercomunicazione e la collaborazione deve avve-
nire nel seuore dell'apostolato salesiano inserito nella
Chiesa locale. Le modalità di questo interscambio
(rapporti) saranno quindi dettate, di mutuo accordo,
dalla realtà della pastorale della Chiesa locale e dalla
natura specifica dell'apostolato salesiano.
3. Conclusioni
La capacità di evidenziare l'unità della mtss1one e
dello spirito salesiano nella pluralità delle forme e delle
espressioni, la creatività e l'inventiva proprie di ogni
gruppo a vantaggio degli altri, ci renderanno più cre-
dibili nella Chiesa, comunione di salvezza, più efficaci
nel concreto lavoro apostolico, più ricchi nelle realizza-
zioni personali.
L'apostolato associato corrisponde felicemente alle
esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso
si mostra come segno della comunione e dell'unità della
Chiesa in Cristo che disse: D ove sono due o tre riuniti
in mio nome, io sono in mezzo a loro~ (Mt., 18, 20;
AA, 18).

2.7 Page 17

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ATTI DELL'ASSEMBLEA
NAZIONALE
Grottaferrata, 27-29 dicembre 1971
ORDINE DEL GIORNO
27 DICEMBRE
ore 17,30: Introduzione ai lavori
(Giannantonio)
« t ATTUALE E VALIDO IL
METODO EDUCATIVO DI
DON BOSCO ? » (Don Gennaro
Luce, del Centro nazionale di
Pastorale giovanile).
ore 19,30: Incontro di preghiera
Dopo cena: Incontri spontanei
(per conoscerci meglio...)
28 DlCEMBRE
ore 8,oo: S. Messa concelebrata.
ore 9115: Ripresa dei lavori. Grup-
pi di s tudio sul tema:
« IL METODO EDUCATIVO DI
DON BOSCO, REALTÀ »
• nel mondo del lavoro
nella famiglia
• nelle scuole (con indicazioni
pratiche da offrire ai centri).
ore 15,30: R e lazione de i gruppi di
studio e riflessione
ore 17,00: I RISULTATI DELLA
CONSULTAZIONE SUL REGO-
LAMENTO DEL CONSIGLIO
NAZIONALE
(Esame delle proposte di mo-
difica).
29 DICEMBRE
ore 9,00: Ripresa dei lavori.
• INDICAZIONI per il PRO-
GRAMMA 1972-1973 (discus-
sione, proposte, scelte).
VERIFICA (i primi risultati
parziali).
I NOSTRI PROSSIMI
IMPEGNI
Il Centenario dell'Istituto delle
Figlie di M. Ausiliatrice.
« Avvenire»·
Convegno nazionale per la Bea-
tificazione di Don Rua.
Giornate di studio sullo SPI-
RITO SALESIANO.
Referendum - Propaganda <<Bol-
lettino Salesiano ».
Congresso eucaristico nazionale
(Udine 3-10 settembre 1972).
La trallazione dtl tema ce11trale ha
lo scopo di se11sibiliz:::ore i respo11sa-
bili dell'Associazione allo studio e alla
J,ratica del Jlfetodo educativo di Don
Bosco.
·
Durante l'assemblea daremo il sa-
luto ufficiale a don Luigi Fiora, che
lascia la carict1 di Dirett&re Generale
dei Cooperat1Jri pere/il eletto Presi-
dente della Co11/ere11ztt degli Ispettori
d'Italia (CISI) e mremo onorati dalla
visito del neo eletto Direttore Gene-
rale don Giovanni Raineri.
I LAVORI
Con la partecipazione di quasi tutti i delegati e le
delegate ispcttoriali e di numerosi consiglieri nazionali
- convenuti da ogni parte <l'Italia - la prima assem-
blea nazionale dei Cooperatori, scaturita dalle deci-
sioni dell'ultimo consiglio nazionale, ha svolto i suoi
lavori dal 27 al 29 dicembre u. s. a Grottaferrata (Roma).
DON BOSCO EDUCATORE
PER I GIOVANI D'OGGI
La qualificata riunione è stata aperta da una serrata
relazione del salesiano Don Gennaro Luce, del Centro
nazionale di Pastorale giovanile, a cui era stato asse-
gnato il tema: «I:: ancora valido e attuale il sistema edu-
calivo di D011 Bosco? •• in armonia con il tema annuale
di studio. li relatore, dopo aver esaminato in concreto
il fatto educativo, come una realtà complessa per la
molteplicità delle componenti che entrano in gioco
(educando, educatore, valori che si vogliono trasmettere, 33

2.8 Page 18

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istituzioni}, ha presentato il frutto della sua appassio-
nata ricerca, dalla quale è risultato inequivocabilmente
che Don Bosco intuì e adoperò un metodo educativo
ancora valido e attuale nlla luce delle più avanzate acqui-
sizioni della pedagogia moderna.
Per Don Bosco, come per i pedagogisti d'oggi, !'edu-
cando è al centro del fatto educativo. Tutto - educa-
tore, valori, istituzioni - converge nell'educando, che
va sempre considerato e rispettato come persona libera.
Un altro aspetto importante della pedagogia moderna
è il carattere unitario dell'educazione, perché uno è
!'educando, superando il dualismo di alcune filosofie.
Don Bosco, pur vivendo in pieno clima giansenista,
volle che l'azione educativa, impartita da Lui e dai
suoi primi cooperatori, fosse diretta all'educando nella
sua integralità, incidendo sulla sfera fisica (il gioco,
l'allegria, il teatro), religiosa (inculcando l'onestà, la
sincerità, la santità) e intellettuale (promovcndo lo studio
serio). Ed ancora. Oggi si parla di aprire i gio,·ani al
dialogo, ai rapporti interpersonali, alla dimensione so-
ciale. Cosa fece Don Bosco ? Tutta la sua vita è stata
improntata al continuo dialogo, al continuo rapporto
con i giovani, favorendo la costituzione delle <1 compa-
gnie~ o gruppi, nei quali i giovani erano avviati alla
comunicazione con gli altri per realizzare se stessi.
.:\\la in questa realtà pedagogica Don Bosco non poteva
escludere b necessità dell'educatore, in quanto porta-
tore di valori, di contenuti. Se nell'educando ci sono
delle potenzialità, è l'cc.Jucatore che l'aiuta a scoprirle,
per farlo crescere, per farlo maturare, presentandosi a
lui come modello di comr,onamento credibile e auten-
tico. Così Don Bosco voleva che fossero gli educatori:
individui consacrati al bene dei propri allievi. In questa
prospettiva si comprende bene il concetto salt:siano di
<<assistenza)>, intesa come presenza educativa ininte(-
rotta, come servizio per aiutare a far crescere, rispet-
tando sempre le radici della pianta.
i\\la l'educatore deve possedere un numero di qualità,
senza delle quali - è generalmente ammesso da quasi
tutti i pedagogisti moderni - non può esercitare respon-
sabilmente la sua missione. Una di esse è l'amore pe-
dagogico, che è il sentimento cardine che muove l'edu-
catore verso la realizzazione del suo compito. Chi
conosce Don Bosco sa come questo suo amore peda-
gogico sfociasse in una continua «opera di carità spi-
rituale e corporale verso i giovani, specialmente i più
poveri)>. Amore imparziale. Amore che implica per
l'educatore benevolenza, reciprocità.
Un'altra qualità è il tatto pedagogico, cioè quella
particolare sensibilità, quella ricerca del tempo giusto,
del momento opportuno che accompagna l:i riuscita
del momento educativo. Squisite sfumature psicolo-
giche che in Don Bosco diventano la sintesi tra la teo-
rfa e la pratica, tra la ragione e l'amore pedagogico. È
lo stesso clima di famigli:i, che informa tutta In peda-
gogia salesiana, a suggerire il tatto pedagogico. Don Bo-
sco vuole che i suoi educandi comprendano la ragione-
volezza c.Jell'ordine impartito, vuole che si persuadano.
34 E questo avviene anche perché l'educotore deve posse-
dere l'autorità. Non un'autorità nemica della libertà,
ma un'autorità che completa, che incoraggia la libertà,
la maturazione dell'educando, sino a scomparire.
L'ultima qualità dell'educatore, deve essere la reli-
giosità. <• Eccellenza - scrive Don Bosco al ministro
Rattazzi - la forza che noi abbiamo è una forza morale;
a differenza dello Stato, il quale non sa che comandare
e punire, noi parliamo al cuore della gioventù, e In nostra
parola è la parola di Dio~- Dio non può essere escluso
nell'azione educativa, perché in Lui si realizza il fine
ultimo di ogni educazione.
UN PO' DI CRONACA
Nella seconda giornata i gruppi di studio, in cui si
sono articolati i lavori dell'assemblea, hanno avuto i]
compito di applicare i principi della relazione al mondo
del lavoro, della scuola e della famiglia, avendo cura
di indicare lince pratiche operative ai Centri Coope-
ratori.
A sera un incontro degli interessati per la program-
mazione dei «Campi di lavoro e dì animazione cristiana
1972 ».
Alla ripresa dei lavori del terzo giorno, l'assem-
blea ha ascoltato la parola del dott. Angelo Paoluzi,
capo della redazione romana di «Avvenire il quale,
dopo aver parlato degli sforzi di adeguamento che il
giornale cattolico sta compiendo per una più incisiva
presenza nella società, ha ringraziato i Cooperatori
dell'impegno :issunto di sostenere e diHonJerc sempre
più il giornale, sull'esempio di Don Bosco, che fu anche
apostolo della stampa e giornalista.
Subito dopo Giovanna Albert ha esposto il programma
delle oGiomate di studio sulla Spin·tualitti salesiana•>,
che si sarebbero tenute a Grottaferrata, dal 9 al 13 feb-
braio p.v., chiedendo ai prcsc.:nti la più attiva colla-
borazione per la riuscita dell'importante e qualificante
iniziativa.
Successivamente Di Tommaso ha esposto i primi
dati provvisori della <<Verifica•> dei Cooperatori e i
risultati della consultazione sulle proposte di modifica
al Regolamento del Consiglio nazionale, che saranno
esaminate nella prossima riunione del consiglio stesso.
1\\ladre Galletti ha poi presentato il programma del
centenario dcli'istituto delle Figlie di Maria Ausilia-
trice. L'assemblea, infine, ha approvato le proposte
presentate dalla Giunta esecutiva per ciò che riguarda
l'indicazione d el tema di studio per l'anno 1972-1973.
Don Luigi Fiora, presidente della Conferenza degli
Ispettori italiani e don Giovanni Raincri, neo eletto
Direttore generaJe dei Cooperatori, hanno voluto por-
tare ai presenti il loro caloroso saluto, che riportiamo
a parte.
La liturgia, vero centro degli interessi di ognuno, e
il caratteristico clima di famiglia, questa volta più accen-
tuato, hanno collaudato questo primo esperimento di
assemblea.
SALVATORE 01 TOMMASO

2.9 Page 19

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LA PAROLA A DON FIORA
In una breve pausa dei lavori del Capitolo
il Direttore Generale si reca a Grotta-
/errata a dare il saluto ufficiale del cambio
di guardia e a presentare il 11eoeletto
successore.
Dopo il saluto rivoltogli da Salva-
tore Fanali a nome dcli'Assemblea,
cosl si esprime:
«Vi porto anzitutto il saluto e il
messaggio del Rettor Maggiore, e
voi sapete quale può essere il mes-
saggio di Don Ricceri: un messaggio
di affetto, un messaggio di interessa-
mento, un messaggio di speranza
per quello che potete fare. Io re-
cherò a lui, interpretando il vostro
sentimento, il calore e l'entusiasmo
salesiano che voi portate a lui in
questo momento soprattutto che sta
concludendo il Capitolo Generale
(vivissimi applausi).
Ho sentito che avete intonato
l'inno a Don Bosco: segno è che
avete intuito una realtà che è al di
sopra di tutti i fatti che riguardano
la Congregazione salesiana, che cioè
gli uomini possono cambiare ma
che c'è Uno che resta sempre a
unire i cuori, le volontà e le nostre
azioni: e questi è Don Bosco. Quindi
sia che il Superiore dei Cooperatori
si chiami don Fiora o sia che si
chiami don Raineri, è sempre don Bo-
sco a cui noi guardiamo con tutto il
nostro animo e con cui vogliamo
collaborare continuando la sua opera.
Sono particolarmente contento che
don Raineri sia stato chiamato a
questo compito, prima di tutto per
un motivo sentimentale, e, se mi
permettete, personale. Con don Rai-
neri sono stato compagno di novi-
ziato, con lui ho fatto gli studi di
filosofia e di teologia e gli sono stato
vicino anche il giorno della sua prima
Messà, per non parlare di tanti altri
contatti, e quindi conosciamo a
vicenda tutte le nostre virtù e tutti
i nostri difetti. Siamo degli ottimi
amici ed e anche per questa ami-
cizia che ci sarà una continuità asso-
luta di lavoro e voi non troverete
difficoltà per il vostro ambienta-
mento, anche perché don Raineri
- voi vi accorgerete di questo - ha
fatto una lunga e preziosa esperienza
nel campo dell'apostolato dei laici;
anzi, a questo riguardo, la sua espe-
e n enza stata molto più valida e
molto più ricca della mia, e potrà
metterla a vostra disposizione. Penso
quindi che dobbiate rallegrarvi in
tutti i modi per questa scelta che
ha fatto il Capito.lo generale. Se poi
tenete conto dell'amicizia che ab-
biamo fra noi due dovrete andare
incontro a lui con la stessa cordialità
con cui siete venuti incontro a me.
Voi mi direte: - E lei lascia
volentieri il campo dei Coopera-
tori è degli Exallievi ? - Quando
I: stata fatta l'elezione al nostro
capitolo generale, io ho fatto il mio
atto di accettazione ufficiale perché
l'obbedienza e la consuetudine im-
pongono quello, ma poi ho chiesto
venia all'assemblea a cui mi rivol-
gevo e ho detto che, nel lasciare,
provavo una grande nostalgia (e
questa nostalgia la sento veramente
nel cuore), anzi mi son permesso di
aggiungere una preghiera: che il
Capitolo generale speciale si occu-
passe in una maniera impegnativa e
seria dei Cooperatori e degli Exal-
lievi, in modo tale che la collabora-
zione che la Congregazione deve
stabi'lire tra salesiani e cooperatori
sia veramente efficace.
Ecco: la nostalgia che sento nel
lasciare in questo momento i coope-
ratori si deve al fatto che voi mi siete
venuti incontro con tanta cordialità,
con tanto affetto e con tanta simpa-
tia che io mi sono sentito sempre
molto bene tra di voi. Si dice, ed è
una realtà questa, che i salesiani e i
cooperatori fanno una sola famiglia.
Io vi posso garantire con tutta
schiettezza che durante questi sei
anni tutte le volte che ho dovuto
trattare con voi, sia in questi orga-
nismi•a carattere nazionale sia anche
negli incontri nei singoli centri, ho
proprio sentito sempre intorno a me
una famiglia salesiana, la· quale mi
ba fatto apprezzare molto di più la
vocazione a cui avevo detto di sl
un giorno, quando Don Bosco m.i ha
chiamato nella Congregazione. Ho
trovato una corrispondenza di idee
e una corrispondenza nell'organizza-
zione e nell'attività, di modo che
questa incoraggiava il mio aposto-
lato, anche se venivo con una espe-
rienza molto esigua e molto debole
nel campo dell'apostolato dei laici.
Ora voi comprendete che, se non
ci fossero altri motivi di carattere
anche superiore, questo solo fatto
umano è una ragione, mi pare, per
dirvi la mia riconoscenza, per rin-
graziarvi di tutto quello che avete
fatto e per dirvi di continuare ancora
con questa generosità e con questa
stessa comprensione per gli altri
nel cammino che cosl bene insieme
abbiamo instaurato.
Il ringraziamento che faccio a
voi, se mi permettete, desidero esten-
derlo a coloro che sono stati più
vicini come collaboratori. In parti-
colare alla Madre Galletti che, vera-
mente, non I: collaboratrice, è sopra
un'altra linea, ma I: sempre stata
tanto vicina a noi e al nostro lavoro,
e che tutte le volte che abbiamo fatto
una proposta o mandato avanti una
iniziativa, immediatamente ha com-
preso e messo a disposizione le
Suore. L'ultima e più bella espe-
rienza che abbiamo fatto a questo
riguardo è stata la serie di incontri
avuti con le di rettrici e delegate in
tutta Italia. Don Buttarelli, facen-
domi una relazione, mi diceva: <t Ho
trovato una corrispondenza che più
generosa non potevo vcramenk desi-
derare )). Quindi desidero dire alla
Madre che si faccia interprete presso
la Madre Generale di questo senti-
mento di riconoscenza.
Se permettete un ringraziamento
va anche a don Buttarelli e a tutti
gli altri delegati per la collaborazione
che hanno dato con cordialità e in
spirito fraterno, in modo che io
raccoglievo degli allori per il lavoro
che era stato fatto, ma il riconosci-
mento andava ad altri. Per esempio:
il nostro caro amico che ha parlato
ha voluto usare una parola di rin-
graziamento per quello che riguarda
i Giovani Cooperatori. Veramente
devo dire che questo settore mi ha
subito interessato. Mi ricordo che
fin dai primi giorni ho detto: « Que-
sto dovrà essere il campo che noi
dobbiamo in particolar modo arare•>.
L'ho detto per i Cooperatori e l'ho
detto per gli Exallievi. Ma se l'idea
è stata lanciata e favorita da parte
del superiore, coloro che l'hanno
realizzata sono stati i nostri dele-
~ati, dal delegato nazionale a tutti
1 delegati ispettoriali... >>.
35

2.10 Page 20

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CI PARLA IL NUOVO
DIRETTORE GENERALE
Dopo aver ringraziato don Fiora per le parole di presentazione,
don Raineri esprime la fiducia che i presenti avrebbero conti-
1ltlato con lo stesso impegno a lavorare per i Cooperatori. Q11i11di
cosi prosegue, in un conversare 1110/to familiare:
« Vi assicuro che è questa speranza che mi dà ani-
mo a incominciare questo lavoro perché quando penso a
quello che la Congregazione aspetta da me, trovo vera-
mente molti problemi, molte cose, di cui dovrò impra-
tichirmi, lentamente, per quanto è possibile; quindi,
se agli inizi, qualche volta vi deluderò un poco, vi
domando scusa. Cercherò, però, di fare il possibile per
capire, per cercare di venirvi incontro, o per lo meno
di non frenare i vostri slanci e di lasciarvi lavorare sul
serio.
Don Fiora ha detto molte cose: delle nostre relazioni,
e della nostra fraternità. Ma io ne voglio dire 1,m'altra:
man mano che cerco di vedere cosa devo fare, quali
sono le attività a cui mi devo dedicare, mi accorgo di
alcune cose molto belle di cui voglio e devo testimo-
e niare in vostra presenza. La prima cosa che quando
parlo con i collaboratori di don Fiora, con quelli che
l'hanno conosciuto, che l'hanno avvicinato o sono stati
chiamati da lui, o in qualsiasi modo l'hanno avvici-
nato, confermano l'impressione che porto con me da
molto tempo, da quando (don Fiora se ne ricorderà)
eravamo gomito a gomito. H o sempre ammirato in
lui alcune di quelle qualità che poi lungo la vita
mi hanno servito moltissimo: la sua carica umana, la
sua capacità di vedere e di risolvere certi problemi,
di avvicinare le persone, d'infondere ottimismo e so-
prattutto l'entusiasmo salesiano che egli ha sempre
messo in tutte le sue attività. Io spero di poter imitare
_i suoi insegnamenti e il suo esempio.
Un secondo rilievo che debbo fare in questo primo
incontro mi sembra debba essere questo: che cosa
dovreste domandare voi a noi salesiani, che cosa vi
ispira la nostra presenza qui ?
lo ero avviato nel campo della Storia ecclesiastica da
cui poi le vicende mi hanno allontanato, ma ricordo
che una delle cose che mi colpirono fu questa: come i
grandi Fondatori di Ordini Religiosi - pensate a Bene-
detto, a Francesco, a Domenico - erano diventati
veramente delle punte avanzate della Chiesa, dei fari
di luce. Avevano iniziato dei grandi movimenti non
quando loro si erano fermati ai religiosi della loro fa-
miglia spirituale ma da quando avevano iniziato il movi-
mento dei laici attorno a sé. Ora io ho pensato sovente
a questo, e ciascuno di noi ha in mente che nella Chiesa
Don Bosco certamente rappresenta una di queste punte
36 che diventerà efficace se si avrà veramente un movi-
mento spirituale nella Chiesa che arricchirà di nuovi
carismi e di nuovi fermenti la Chiesa stessa, se ci
sarà una forza anche di laici che si incaricherà di far
penetrare dappertutto questo suo spirito. Gli stud.i che
state facendo in questi giorni mi pare che siano vera-
mente su questa linea.
Quando nelle famiglie, nella scuola, dove si creano
veramente i destini dell'uomo, quando nello stato del
lavoro, che oggi è determinante per la storia, per la
civiltà e per la s toria della Chiesa, fosse penetrato lar-
gamente lo stile, il pensiero e lo spirito di Don Bosco,
io penso che veramente noi potremmo dire che la Chiesa
ci attiverebbe accanto alle altre grandi correnti di spi-
ritualità. Quindi prima di tutto la speranza nel vostro
lavoro e la gioia di poter collaborare con voi mi diranno
questo pensiero: possiamo tentare veramente lavorando
insieme a tutti gli altri che sono nell'ambito dello spi-
rito di Don Bosco, di portare umilmente e prudente-
mente nella Chiesa, col nostro lavoro e con la vostra
collaborazione, la spiritualità salesiana che ha operato
per cento anni e che, forse, e anzi senza forse, ha ancora
qualche cosa da dire.
Ho però ancora un'altra cosa da aggiungere, e
permettetemi cl.i sottolinearla perché credo sia attua-
lissima. Io sono un po' partito nella mia vita dall'apo-
stolato dei laici... Vorrei dirvi una cosa, carissimi amici,
e, così tra amici, ci si può anche fare una confidenza.
A un certo momento la mia vocazione sacerdotale si è
salvata attraverso l'apostolato dei laici. :\\'Ii ricordo
quando, giovane chierico, cercavo in qualche maniera
uno sfogo, e non riuscivo a trovarlo; mi pareva di essere
come colui che sul mercato, al mattino, ha della bellis-
sima merce da vendere, merce che lui apprezza molto,
perché l'ha coltivata lui, l'ha costruita lui, è diventata
qualcosa di se stesso, ed è per lui qualche cosa di umi-
liante quando non riesce a vendere.
Quando, assistente, mi fu affidata I'A.C., mi accorsi
che qualcuno poteva comperare questa ricchissima
merce che mi veniva dal fatto di essere salesiano, di
avere un'azione sacerdotale, c'era qualcuno che l'aspet-
tava ed erano questi laici con cui mi mettevo a contatto.
Perciò, vi dico che una delle più grandi funzioni che
voi Cooperatori potete fare è quella di dare ai .figti di
Don Bosco questa consolazione., direi, di vendere, di
portare sul mercato - per continuare nella metafora -
questa ricchezza che Don Bosco ha portato e porta
a voi. Noi ci impegnamo proprio nel suo stile, come
siamo capaci, di trasmettere agli altri, e voi ci aiuterete.
Quindi la collaborazione, prima ancora di avere motivo
di efficienza, è un motivo di vita per noi Salesiani. l o

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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credo che (per avere un'idea d quel che volevo dire
ai nostri Delegati e a coloro che si occupano dei Coope-
ratori perché un certo pessimismo che circola qualche
volta qua e là, possiamo dircelo in famiglia, potremo
vincerlo) voi ci aiuterete a dare la ricchezza della voca-
zione salesiana, Io spirito di Don Ilosco. È una voca-
zione anche la vostra; quindi, la prima opera, direi,
la prima cooperazione è proprio questa: lavorare salc-
sianamente, e dalla fiducia e dall'entusiasmo evidente-
mente potrebbero nascere moltissime cose. E vorrei
dire che voi, proprio voi mi ti.ate questa speranza.
Il lavoro che v oi state facendo aucsso è un lavoro
molto prezioso e questo trovarci insieme nel pluralismo
della nostra situazione è l'unità interiore della stessa
vocazione di testimonianza e di lavoro nella Chiesa.
Per quello che riguarda a mc, voglio dirvi questo: ho
moltissimi limiti, non ho potuto fare grandi esperienze,
però nelle cose che vi ho <letto credo davvero. Vi posso
dire questo: non so quali siano le mie forze esigue,
comunque so che queste forze d'ora in avanti cercherò
di dedicarle anche a voi nel limite delle mie possibilità;
e farò tutto quello che potrò per venire incontro ai vostri
desideri, alle vostre aspirazioni. Però (e adesso faccio
un certo discorso che mi ha fatto il Rettor .Maggiore:
<< bisogna che tu guardi le cose da un certo punto di
vista internazionale, dal punto di vista Capitolare•>),
il Capitolo Generale parla di decentramento e quindi
anche i Consiglieri regionali., che hanno il Javoro più
concreto, sotto un certo punto <li vista, saranno quelli
che dovrarrno occuparsi di questo solco di attività che
la Congregazione fa suo. E credo che per quel poco che
potrò fare mi gioverà anche la vicinanza di don Fiora,
perché vedrò quello che egli ha fatto, che sta facendo
con voi, e diventerà anche per me una ricchezza.
Al Capitolo abbiamo sentito quello che voi
avete chiesto. Non sappiamo però fino a che punto
vi abbiamo accontentati, ma credo che il documento
sui Cooperatori sarà di vostro gradimento. ti Capitolo
Generale lancia l'idea dell'unica Famiglia Salesiana, di
tutti coloro cioè i quali condividono in qualche modo
l'ansia di Don Bosco. E io devo mettermi al servizio di
questa idea e portarla avanti fìno al Capitolo seguente.
Sono contento di incontranni per la prima volta con
un gruppo cosi qualificato di Cooperatori, di prendere
l'impegno di portare avanti quest'idea, perché mi pare
un'idea veramente feconda: più i fraklli e le sorelle
crescono, più grande e più gioiosa diventa la famiglia,
come più efficiente e più grande diventerà l'apostolato
che noi compiamo.
Ultimo pensiero che riguarda me, se permettete.
Sono contento di essere \\'enuto qui, ma quando sono an-
dato a Genova la prima volta dopo questa mia elezione,
m'incontrò una persona che mi disse; <•Ah!, don Gio-
vanni! L'hanno fatto Consigliere dei vecchi? >>. [o mi
sono sentito sgomento, ma poi mi è venuto in mente:
no, io non sono Consigliere <lei vecchi perché ci sono i
Giovani Cooperatori e gli Ex:allicvi. Io mi sento soprat-
tutto al loro servizio, perché i vecchi, più o meno, la
loro vocazione la conservano, l'atteggiamento che
hanno preso più o meno lo conducono fino al termine.
Invece sono i Giovani quelli che danno efficienza a
certi ì\\1ovimcnti e sono i GioYani quelli che hanno più
bisogno. Sono anche i giovani che danno più gioia.
Cosl voi mi aiutate anche ad essere non solo Consi-
gliere degli anziani ma anche ad essere Consigliere
dei Giovani. Essendo sempre stato con i giovani, mi
sento pronto a prendere l'impegno per fare quello che
potrò... •>.
Parteciparono
all'assemblea nazionale:
oltre a Madre Letizia Galletti del Consiglio Generalizio
delle FMA, e don A. Buttarelli: i Delegati lspettoriali :
A. Broggiato (Campania), G. Busato (Veneta-Verona).
M. Cogliandro (Sicìfia Occ.), R. Coin (Calabria).
A. Fallica (Sicilia Or.), G. Ferri (Marche), E. Maxia
(Sardegna), C. Morino (Novarese), A. Sala (Centrale),
T. Strappazzon (Lombardia). F. Tassello (Veneta-Vene-
zia), O. Traversa (Pugliese), S. Tannini (Romana);
le Delegate lspettoriali: P. Amadorl (Livorno),
M. Ariano (Genova), G. Broggi (Parma), C. Cardani
(Lecco), E. Castano (Novara), G. Catalano (Palermo).
D. Cavalli (Alessandria), M. A. Fiorenza (Ali Terme),
E. Gattulli (Soverato), M. Giannantoni (Roma). C. Gian-
nini (Napoli). M. Messina ( Torino), P. Pellizzari (Nizza
Monferrato), E. Petrinetto (Varese), O. Pennazio (To-
rino), M. Pironti (Catania), C. Quarleri (Vercelli),
F. Ragosta (Taranto ), R. Tosi (Milano), C. Kreutzer
(Conegliano V.), E. Zoso (Padova); i Consiglieri Na-
zionali: P. Aiello (Palermo), P. Bellocchi (Catania),
R. Dal Checca ( Torino), G. De Martino (Napoli),
Oddino Denti (Reggio E.), S. Fanali (Roma), F. Ferrua
(Todno), G. Guerzoni (Torino), G. Marchitelli (Roma),
M. Piatto (Ancona), A. Rini (Bologna), L. Sarcheletti
(Verona), M. T. Sartori (Verona), A. Tamburrini (V.D.8.);
la Giunta Esecutiva: G. Albert (Formazione), G. Co-
stantini (Famiglia), R. Dambra (Vocazioni e Missioni),
S. Di Tommaso (Strumenti della comunlcazione so-
ciale). G. Giannantonio (Segreteria), E. Montano (Or-
ganlzzazione e amministrazione), M. Pia Onofri (Gio-
ventù). Furono presenti anche: don Angelo Pandimiglio,
dell"Ufficio nazionale, Sr. Maria Rampini, Giovanni
Denti, A. Racidi.
37

3.2 Page 22

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AL LAVORO IN GRUPPI DI STUDIO
Primo Gruppo
IL METODO EDUCATIVO 01 DON
BOSCO, REALTÀ NEL MONDO DEL
LAVORO
Traccia
Prima parte:
1 . L' uomo (((giovane-lavoratore») in
quanto persona ha il primato sulla mac-
china.
Esperienze personali... ·
Do B
) ragione
n osco religione
) che appel-
/ lano alla
usa
amorevolezza \\ coscienza
2. 11 giovane-lavoratore è allo stesso
tempo un tecnico, un uomo, un cristiano.
l Esperienze personali...
Don Dosco \\bpeuroitnii cristiani
unità
farmava 1 buoni cittadini
3. Il giovane- lavoratore deve realizzare
le sue aspirazioni ( = sviluppo della per-
sonalità).
Esperienze personali...
l Don Bosco
studio (= verità)
allegria (= bello)
bontà ( = buono)
4 . Il giovane- lavoratore deve essere por-
tato ali'« integrazione sociale>>.
Esperienze personali...
l Don Bosco
forma gruppi giovanili
teatro
collegio-famiglia
colloquio
Seconda parte:
1 . a) Il dirigente (esperto, padrone, coa-
diutore, laico...) aiuta il giovane a creare
(creatività, iniziativa...).
b) Il maestro è (<modello» di comporta-
mento (esempio concreto di vita).
Don Bosco: assistenza intesa come
«azione pedagogica».
·2 . Il dirigente intuisce con una grande
personalità scientifica, umana, e cristiana.
a) l'amore pedagogico
b) il tatto pedagogico
c) sana autorità
d) Dio
Esperienze.
Don Bosco («Amore»).
Conclusioni
L'opinione corrente è quella che con-
sidera il mondo "posto nel maligno» e
nella sfiducia reciproca. ma che vogliamo
alimentato nella speranza. Ognuno rico-
nosce lo stato di fatto, ma non ha la forza
sufficiente di andare controcorrente, sia
perché si creano situazioni difficilissime
per i cristiani impegnati e sia perché la
propria formazione morale, professionale
e cristiana non è sufficientemente salda e
sempre disposta al sacrificio.
Purtroppo, l'esagerato clericalismo di
certe correnti ha provocato una crisi nel-
l'integrazione della gioventù, degli uo-
mini e delle donne nel mondo del lavoro,
nel quale si crede oggi che i suoi pro-
blemi p/ù scollanti debbano essere risolti
solo dai gruppi sociali di sinistra; e ciò
per sfiducia nei valori dell'insegnamento
sociale cristiano. Di fronte a tale situa-
zione il cooperatore che occupa un posto
qualificato (esperto, datore di lavoro, col-
laboratore, ...) dovrà:
1. conoscere a fondo gli insegnamenti
sociali cristiani elaborati dal Magistero
ecclesiastico (Lumen Gentium, terza
parte; Populorum progressio; Octogesima
adveniens) per attuarli;
2. avere grandi capacità di ascolto e
un atteggiamento di grande apertura per
poter cogliere i lati positivi della odierna
realtà sociale e le giuste esigenze del
mondo giovanile nel lavoro;
3. intensificare sul piano personale lo
spirito di preghiera affinché il Vangelo
possa essere realizzato nella vita e possa
dare frulli di santità;
4. impegnarsi sia sul piano personale
che ne/l'ambito della propria influenza di
lavoro a vivere a fondo il senso evange-
lfco della giustizia e dell'Amore;
5. sviluppare la propria personalità e
quella della gioventù lavoratrice attraverso
un colloquio sereno, spontaneo e sincero,
sul piano umano e cristiano.
Pertanto, cosi formato, ·dovrà dedicarsi
ai giovani lavoratori. soprattutto nel de-
licato periodo del/'apprendistato con im-
pegno personale:
1. per aiutarli, come facevano i primi
cooperatori con Don Bosco, ad inserirsi
nel mondo del lavoro. possibilmente se-
condo le proprie attitudini, nello spirito
di Don Bosco; sostenerli nella ricerca
della prima occupazione, nel loro svi-
luppo tecnico e professionale, e nella
loro formazione culturale, morale e reli-
giosa;
2. per seguirli nella loro ulteriore far-
mazione, favorendo il sorgere di g1uppi
giovanili (o appoggiarli a quelli esistenti
presso i Salesiani) capaci di stimolare i
loro interessi vitali - religiosi, ricreativi
e culturali - e promovendo la loro inte-
grazione sociale attraverso una sana uti-
lizzazione degli strumenti di comunica-
zione sociale.
D'altra parte i giovani cooperatori del
mondo del lavoro devono:
1. testimoniare il loro impegno cri-
stiano allraverso una realistica presa di
coscienza dei limiti della propria situa-
zione, ed esplicare con competenza /'at-
tività lavorativa;
2. vivere con umiltà la dura vita del la -
voro, per sapere affrontare e risolvere
tutti quei problemi che sono di loro com-
petenza;
3. saper ascoltare e dialogare con i
propri dirigenti, nel rispetto della propria
e altrui personalità, con ragione, religione
e amorevolezza.
Indicazio ni pratiche
Corsi di istruzione sulle dottrine eco-
nomiche, sindacali, politiche.
Corsi attitudinali di psicologia sociale.
Corsi di orientamento vocazionale.
Creazione di uffici di consulenza per
la tutela dei diritti dei giovani lavoratori.
Studio dei problemi sociali degli operai.
Incontri e lezioni di educazione civica,
negli istituti ed 01atori.
Secondo Gruppo
IL METODO EDUCATIVO DI DON
BOSCO, REALTA NELLA FAMI -
GLIA
Prima parte:
1 . Il figlio (nella famiglia) in quanto per-
sona in crescita è il centro della sua cre-
scita.
l Esperienze personali.
Don Bosco RRaegligioionnee
usa
Amore
che appellano
alla
coscienza
2. Il fig lio deve essere considerato e visto
dai genitori nella sua formazione totale
(uomo, professione, cristiano) .
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3.3 Page 23

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Esperienze personali.
l Don Bosco
giovani «colti»
onesti cittadini
buoni cristiani
3 . Il f iglio deve rea lizzare le sue aspira-
zioni (sviluppo della personalità).
Esperienze personali.
l Don Bosco
studio (verità)
allegria {bello)
bontà (bontà)
4 . Il figlio deve essere facilitato dai geni -
tori per la sua «integrazione nel mondo
sociale i>.
Esperienze personali.
dava responsabilità
DB
appellava alla libertà
on osco ) clima di fiducia
amicizia positiva
Seconda parte:
1. a) I genitori che si suppongono maturi
aiutano ìl figlio a «creare» (iniziativa,
spontaneità, ricerca);
b) I genitori sono «modello di compor-
tamento» per i figli (esempio concreto
di vita).
Don Bosco riassume questo contenuto
attraverso l'assistenza. intesa come azio-
ne pedagogica.
2. I genitori influiscono con la loro per-
sonalità (umana, scientifica, cristiana)
che si manifesta praticamente:
a) nell'amore pedagogico Don Bosco
)'"''" •"'"" b) nel tatto pedagogico
c) attraverso una sana
autorità
riassume
nel concetto
d) attraverso la loro
di «amore-
esperienza di Dio
volezza»
Conclusioni
La realtà sociale di oggi evidenzia una
certa immaturità dei genitori nell'opera
educativa dei figli; di qui si rende neces-
saria - perché la loro presenza educativa
sia modello di comportamento - una
specifica formazione nel settore educa-
tivo.
Tutto questo risulta dall'esame della
situazione sociologica di oggi che è con-
dizionata da numerose spinte. che stimo-
lano eccessivamente le istanze econo-
miche, e riducono il tempo di presenza
educativa in famiglia.
Ne deriva un notevole distacco psico-
logico ed affettivo fra genitori e figli, ag-
gravato dalla incidenza negativa dell'am-
biente sociale e dagli strumenti della co-
municazione sociale,
I genitori, pertanto, sono generalmente
impreparati a trasmettere i valori educativi
ai loro figli. Non pochi avvertono queste
lacune e sono quindi desiderosi di essere
aiutati a superarle.
Posta questa rea/lii, suggeriamo che i
Centri Cooperatori diventino centri di ir-
radiazione della pedagogia salesiana me-
diante alcune formule orientative pra-
tiche:
a) corsi per fidanzati;
b) corsi per genitori su argomenti pe-
dagogici impostati con formule serie, ma
facili, e tali che abbiano una continuitii
di discorso;
c) partecipazione ad analoghi corsi giii
avviati da altre istituzioni indirizzandovi
amici, cooperatori ed exallievi, in fun-
zione di presenza animatrice;
d) /'Ufficio nazionale provveda alla
pubblicazione di appositi opuscoli a li-
vello divulgativo, i quali trasmettano i
contenuti del sistema educativo di Don
Bosco, validi oggi.
Terzo Gruppo
IL METODO EDUCATIVO DI DON
BOSCO, REALT A NELLA SCUOLA
Prima parte:
1 . L'allievo, in quanto persona, viene a
essere il Centro della sua ricerca.
Esperienze personali.
che appel-
ragione
lano alla
Don Bosco religione
coscienza
) amorevolezza ( di ogni in-
dividuo
2. L'allievo è, allo stesso tempo, un uomo,
un professionista, un cristiano.
Esperienze personali.
Don Bosco ) giovani colti
I buoni cittadini
unità
3. l'allievo deve realizzare le sue capa-
cità (sviluppo della sua personalità).
Esperienze personali.
l Don Bosco
studio {verità)
allegria (bello)
bontà {buono)
4 . L'allievo deve essere aiutato a inte-
grarsi nella società.
Esperienze personali.
gruppo giovanile
lI teatro
Don Bosco collegio = famiglia
colloquio
Seconda parte:
1. a) Il maestro aiuta il giovane a creare
(= creatività, iniziativa, ricerca...).
b) Il maestro è modello di comporta-
mento attraverso l'esempio concreto di
vita.
Esperienze personali.
\\ si serviva dell'Assistenza,
Don Bosco I intesa come azione peda-
gogica
2. Il maestro influisce con la sua grande
personalità (scientifica, umana e cri-
stiana) attraverso
a) l'amore pedagogico
b) il tatto pedagogico
c) fa sana autorità
d) il concetto di Dio
Don Bosco si serviva delf' «Amore».
Conclusioni
1. Si sottolinea la necessita di dedicare
una cura specifica ai Cooperatori che
sono insegnanti o educatori in genere,
favorendo presso Il Consiglio nazionale
il coordinamento dei loro gruppi (locali
e zonali) per promuovere una attivitii di
studio e lo scambio di esperienze ai fini
di una loro presenza attiva nella scuola
pubblica, secondo lo stile di Don Bosco;
2. si coglie /'occasione per rivendicare il
diritto in Italia alla libertà scolastica, pre-
supposto per la vita della scuola cattolica;
3. si auspica che i Cooperatori preparino
gli animatori per le associazioni scuola-
famiglia, capaci di assumersi anche re-
sponsabilità direttive;
4. si promuovano incontri tra insegnanti
di religione {sia salesiani che diocesani,
soprattutto cooperatori) e insegnanti coo-
peratori per cercare insieme una unità di
indirizzo educativo, nello stile di Don
Bosco;
5. si rende quanto mai necessaria la
presenza dei giovani cooperatori per vi-
vificare i gruppi giovanili costituitisi nelle
scuole;
6. si preparino particolari sussidi per i
cooperatori impegnati nel campo della
scuola e per alimentare /'atlivitii dei gruppi
giovanili;
7. si sensibilizzino i Cooperatori inse-
gnanti a quella presenza di amore educa-
tivo, che Don Bosco chiamava assistenza,
che va anche o/tre f'orario scolastico;
B. i Cooperatori insegnanti sentano la
responsabilità dell'educazione sociale del-
/'educando per attuare l'insegnamento di
Don Bosco di formare « onesti cittadini
e buoni cristiani11;
9. si raccomanda la partecipazione, ove
possibile, alle attività del gruppo educa-
tori dell'Azione Cattolica Ragazzi (ACR)
e di Gioventù Studentesca (GS);
10. i Cooperatori insegnanti potrebbero
organizzare, in seno alla scuola, giornate
di studio sul metodo educativo di Don
Bosco:
11. si organizzino convegni di exallievi
degli insegnanti cooperatori.
39

3.4 Page 24

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