Bollettino_Salesiano_197203


Bollettino_Salesiano_197203



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1.1 Page 1

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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DEI COOPERATORI SALESIANI
ANNO XCVI N. 3 • 1° FEBBRAIO 1972
Spediz. ln abbon. post.• Gruppo (70) 1 • quindicina

1.2 Page 2

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IN QUESTO NUMERO
Paolo VI ai membri del XX0
Capitolo Generale
Austerity cristiana
Don Giuseppe Kowalski:
N. 17350
Educhiamo come Don Bosco:
fate attenzione ai sogni
Rio de Janeiro: Maria Ausi-
liatrice in vetta alla favela
Il nuovo Catechismo antico
Dal 1° gennaio una lampada
arde e splende
Che ragazzi, i venti paulisti del
Mato Grosso I
Meditazione quaresimale
Don Boffa:
salesiano semplice
Le Figlie di Maria Ausiliatrice
da vent'anni in Mozambico
Rubriche
Documenti senza commenti
Grazie di Maria Ausiliatrice
Grazie di San Domenico Savio
Salesiani e Cooperatori defunti
Crociata missionaria
In copertina
20 dicembre 1971: Paolo VI, dopo
l'lndlmentlcablle udienza conces.sa ai
membri del Capitolo Generai• Spe-
ciale, si compiace di posere in mazzo
ad essi nella Sala dal Concistoro.
IL PADRE IN MEZZO Al FIGLI: Il Santo Padre Paolo VI con paterna
benevolenza s'intrattiene con i membri del Capitolo Generale, interes-
sandosi della loro provenienza e delle attività che svolgono.

1.3 Page 3

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PAOLO VI AI MEMBRI DEL CAPITOLO GENERALE
ATTUALITÀ
DEGLI INSEGNAMENTI
E DEGLI ESEMPI
DI DON BOSCO
Paolo VI, il lwiedl 20 dicembre 197T., riceveva in udienza nella Sala del Concistoro i membri
del Capitolo Generale Speciale. Il Santo Padre , dopo aver ascoltato l'indirizzo di omaggio che
don Ricceri gli ha rivolto a nome del Capitolo, ha pronunciato il seguente discorso:
Salutiamo con affettuosa riverenza i membri del Capitolo Generale Speciale Salesiano, riuniti in
Roma per l'aggiornamento delie loro Costituzioni e desiderosi , prirna di ripartire per le rispettive
sedi, di prestare la testimonianza della loro filiale devozione al Vicario di Cristo.
Vi ringraziamo di cuore, figli carissimi! È sempre motivo di gioia per noi, ogniqualvolta ci è data
la possibilità d,i incontrarci coi figli di San Giovanni Bosco. L'odierna visita, tuttavia, in una cir-
costanza solenne come questa che ci fa vedere presenti qui davanti a noi i rappresentanti delle set-
tantatre lspettorie salesiane sparse in ogni parte del mondo, richiama alla nostra mente, più vivo e
commovente che mai, il significato, il ruolo e l'impegno che la vostra grande famiglia religiosa
svolge in seno alla Chiesa di Dio. Pensiamo all'immensa fioritura di opere e di attività dovute allo
zelo e ai sacrifici talvolta eroici dei vostri confratelli. Pensiamo a tanta gioventù bisognosa che trova
nei vostri Istituti una educazione sana e la possibilità d ' inserirsi degnamente nella vita civile. Pen-
siamo al vasto campo delle Missioni, dove il vostro Istituto si è reso cosl altamente benenierito .
Quanti motivi per ringraziare il Signore e felicitarci con voi! Siatene benedetti, figli carissimi.
La Chiesa di Dio si onorn della vostra diffusione, del vostro evangelico esempio, della vostra gene-
rosa dedizione apostolica.
Ma è chiaro che la continuità e l'efficienza del vostro lavoro non si conseguono senza una messa
a punto coraggiosa, un ddattamento serio delle vostre Costituzioni, per dare alla vostra Congre-
gazione quella fisionomia aperta e aggiornata che è richiesta dalle istanze di rinnovamento conci-
liare e dalla necessità dei tempi.
Precisamente questo è il compito a cui da un semestre siete applicati. Sappiamo che nelle lunghe
e laboriose discimioni del _vostro Capitolo voi avete gicì elaborato i canoni del vostro aggiornamento .
Sappiamo con quanta ampie-a.a e competenza avete trattato i diversi problemi; e a noi non resta
che raccomandarvi di far tesoro di tanto studio e di dare volonterosa applicazione alle prescrizioni a
cui vi siete impegnati.
Ma l'affetto che portiamo alla vostra Congregazione e l'importanza della su.a missione in seno
alla Chiesa di Dio ci spingono a manifestarvi alcuni pensieri che la vostra visita sveglia nel nostro
spirito. Non si tratta di riflessioni nuove, perché sono già state trattate nel corso delle vostre riu-
nioni; ma ripetute da noi in questo significativo incontro, potranno dare a voi e ai vostri confra~
telli il conforto di sapere che il Papa è in consonanza dì spirito con le vostre direttive.
Indubbiamente voi vi siete prefisso - come il Concilio prescrive e come vuole la ragion d'essere

1.4 Page 4

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di ogni Istituto religioso - di ripensare alle origini,
prima di tutto . Questo è il primo rinnovamento:
una più sentita esigenza di vive-re autenticamente
la propria vocazione religiosa in conformità allo
spirito primitivo. L'albero vive delle sue radici .
E non vi è dubbio che la vostra più vitale radice
sono gli esempi e gli insegnamenti di San Gio-
vanni Bosco. Ogni opportuno adattamento non
mai deve dimenticare, o peggio, alterare la fisio-
nomia caratteristica che il vostro Fondatore ha
voluto fin dall'inizio imprimere al vostro lstituto.
E perciò: l'educazione della gioventù, l'evangeliz-
zazione degli infedeli, l'apostolato catechistico,
l'amore del Papa, la devozione alla Vergine San-
tissima restano i tratti caratteristici della vostra
Congregazione . Abbiateli cari, così cari da consi-
derarli come prezioso retaggio, di cui dovete essere
legittimamente fieri, e che vorrete conservare in-
tatto, oggi specialmente che una mentalità eversiva
tenta di sottomettere al vaglio di una critica cor-
rosiva e dì una revisione totale e impietosa ogni
istituzione, anche la più sacra.
A questo punto, per l'affetto che abbiamo sem-
pre portato alla gioventù e ora ancor più per la
2 carità patema e pastorale del nostro apostolico
ufficio, non possiamo non rallegrarci nel vedere
da voi riconfermata la sollecitudine per i giovani,
specialmente i più poveri e bisognosi . Nello stesso
tempo però sorge spontaneamente la domanda
circa l'attualità della tradizione educativa di
Don Bosco, vissuto in tempi così diversi dai nostri;
se abbia qualche cosa ancora da dire il suo me-
todo ai nostri giorni, e se risponda ai bisogni
della gioventù. di oggi, così precocemente svegliata
alla sensibilità, alla coscienza, alla scelta dei
valori della vita, e neLlo stesso tempo così piena
di difficili e complessi problemi. A questo dubbio
su'bito risponde un fatto -reale, che è la presenza
dei vostri oratori, delle vost-re scuole, de i vostri
istituti professionali, dovunque diffusi ed ancora
così vivi e fiorenti . Ciò significa che i princìpi
umani e cristiani sui quali si basa la sapienza
educatrice di Don Bosco, portano in sé valori che
non invecchiano. Non è difficile scoprirne il se-
greto, giacché tale incomparabile esempio di uma-
nesimo pedagogico cristiano, come già a'11emmo
occasione di dirvi in un altro memorabile incontro,
« affonda le sue radici nel V angelo , dove vediamo
Cristo abbassarsi per innalzare la creatura a
Dio, fa1'Si debole coi deboli per elevare l'uomo

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alla Verità e alla Bontà non con l'autorità estra,
nea di chi impone pesantemente la legge, ma di
chi con gravità e mitezza espone la legge di Dio
come espressione del suo amore e condizione della
nostra salvezza, e insieme con l'educanda alla
stessa legge ubbidisce. In altre parole, Don Bosco
trovò il suo segreto nella carità, che è come il
compendio della sua opera educativa» (Discorso
al Pontificio Ateneo Salesiano, 26 ottobre r966).
Un'ultima raccomandazione abbiamo da farvi.
Di fronte ai rischi dell'eccessivo attivismo e all'in,
flusso della secolarizzazione a cui oggi più che
mai sono esposte le comunità religiose, fate in
maniera che occupino sempre il primo posto nella
vostra esistenza la cura della vita interiore, la
preghiera, lo spirito di povertà, l'amore al sacri,
ficio e alla Croce . Se il desiderato aggiornamento
non riconducesse {l dinamismo apostolico ad un
più intimo contatto con Dio, ma portasse a cedere
alla mentalità secolaresca, ad assecondare mode
ed atteggiamenti effimeri e mutevoli, a mimetiz,
zarsi col mondo nelle sue forme e senza discer,
nimento, allora sarebbe il caso di riflettere seria,
mente sulle severe parole del Vangelo: « Se il
sale diventa scipito, non vale più a nulla, serve
solo per essere buttato via e calpestato dagli
uomini » (Mt. 5, 13). Lo spirito del vostro santo
Fondatore, che in vita fu così aperto ai bisogni
delle anime giovanili ma sempre così unito con
Dio, sembra a noi che oggi vi chieda soprattutto
questo particolare impegno; e siamo certi che voi,
come sempre, più di sempre, ne asseconderete
l'impulso.
Ed ora un augurio e una preghiera. Che Maria
Santissima Ausiliatrice, la buona stella di Don
Bosco, l'ispiratrice la guida il conforto di ogni
sua impresa, irraggi della sua luce la grande
fam~glia salesiana, rinnovata non solo nelle strut,
ture esteriori, ma ancor più. nel suo spirito genuino;
Ella vi accresca sempre più, figli carissimi, l'amore
per le anime; Ella vi faccia conoscere l'urgenza e
la molteplicità dei bisogni della Santa Chiesa;
Ella vi guidi sul sentiero di nuove ascensioni
spirituali. Ella vi introduca un giorno nel pos,
sesso di Cristo e della sua gloria, a cui tutta la
vostra vita vuole essere fin d'ora consacrata.
E su ognuno di voi, sui vostri lavori, sull'intera
vostra Congregatione discenda, larga e confor,
tdtrice, l'Apostolica Benedizione che in questo
momento di gran cuore vi impartiamo.
3

1.6 Page 6

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La cornice del quadro
Questo il discorso ufficiale, ma prima
il Santo Padre aveva salutato affa-
bilmente i capitolari, prendendo a
conversare con loro con squisita f ami-
liarità. Tra l'altro aveva detto:
Venerabili confratelli, figli di
Don Bosco, a doppio titolo noi vi
potremmo parlare. Il primo sarebbe
quello personale: memorie, incontri,
relazioni, .. . obbligazioni, che uni-
scono la mia persona, la mia memoria
alla vostra famiglia spirituale. E
l'altro, per l'ufficio che la Provvi-
denza ci ha dato, in virtù del quale
vi rivolgeremo alcune parole, che
non possono altro che far rima con
quelle pronunciate testé dal Rettor
Ma~giore. E se la nostra parola
dell incontrò precedente fu quella
di progredire, la seconda parola
può accordarsi con questo che sto
per dirvi e adesso con maggior
cognizione di causa, perché negli
anni che sono passati, tante volte
ho avuto modo di conoscere la vostra
attività e le vostre degne persone:
parola che sarà perseverare, perse-
verare, essere fedeli.
Non posso rinunciare, però, anche
al primo titolo, cioè ai ricordi che
affiorano alla memoria pensando a
Don Bosco, e che potrebbero for-
mare l'oggetto di una pagina - come
dire? - autobiografica.
Quando ho conosciuto Don Bo-
sco? Non l'ho conosciuto personal-
mente, perché vecchio sì, ma non
tanto! (risata). Bambino, ricordo che
nello studio di mio padre, proprio di
fronte alla sua scrivania, in un an-
golo c'era un quadretto per vedere
il quale noi bambini montavamo
su un:; , edia per vederlo da vicino,
ed era ùn ritratto di Don Bosco che
aveva scritto sotto queste parole,
credo autografe: << In fin di vita si
raccoglie il frutto delle opere buone •>.
Quante volte, quante volte abbiamo
visto questo quadretto, conoscendo
appunto la firma di questo che non
era ancora né beato né santo, ma
era già celebre e già conosciuto; e
di più conosciuto nell'ambiente della
mia famiglia! lo ho avuto uno zio,
anclie questo abbiamo impresso nei
ricordi personali e marginali, che
aveva studiato medicina a Tori_no;
e questo, sì, conobbe Don Bosco.
E Don Bosco gli avrebbe detto que-
ste parole: *Tu sarai il medico del
mio corpo; e io sarò il medico della tua
anima >>. Sono parole che sono passate,
diciamo, nel patrimonio di memoria
della nostra famiglia e che han.no
4 sempre fatto impressione anche a me.
E poi vennero le conoscenze per-
sonali, su cui sorvolo, a cominciare
da q1.1ella carissima di don Cojazzi
che fece amicizia con un nùo nipote.
Si chiamava Luigi. Non so come
avvenne che conobbe in una escur-
sione don Cojazzi. Da qui nacque
nientemeno che una vocazione sale-
siana. E io lo accompagnai a To-
rino, e lui fìnl che stette 17 anni
a Macao.
Mi ricordo quando ritornò, dopo
17 anni. Suo padre era ormai vec-
chio, ma aveva per il figlio un'af-
fezione che si ern accresciuta, con-
densata in questi 17 anni strappato
dalla famiglia, dalla casa... Rien-
trando a Ciampino, ricordo che
don Luigi aveva cambiato com-
pletamente fisionomia. Era arrivato
un uomo, aveva anche la barba. E
suo padre non lo riconobbe: << È
Luigi questo? È lui ?1>. Dire cosl e
scoppiare in pianto, come può essere
in un incontro in queste circostanze
e con questo affetto e con questi
sentimenti, fu la stessa cosa.
Ma dobbiamo andare avanti, se
no, non la finiremo più.
Qui rientrano incontri personali
romani. Voi sapete che sono stato
Assistente ecclesiastico del Circolo
degli Universitari Romani. Chi era
il mio predecessore? Era don Mune-
rati, fatto allora vescovo di Volterra;
e tanto bastò perché noi si facesse
recapito a San Giovannino della
Pigna, che è diventata la chiesina
degli Universitari Romani.
Io ero il loro Assistente e ab-
biamo sentito tante vicende dell'as-
sistenza del mio grande predeces-
sore, che era don Munerati, poi
vescovo di Volterra, grande giurista,
molto conosciuto, veronese, veron,
veron ! (risata). Ma che aveva anche
lui le sue Regole -era un salesiano -
e gli premeva, a un certo momento
della sua assistenza al Circolo di
Roma - cosa che raccolgo da tesri-
moni oculari e auricolarì - di finire
alle ore otto, perché alle ore otto e
un quarto lui doveva essere a tavola
(risata).... Non erano tempi tem-
pestosi, come questi press'a poco;
non c'era contestazione, ma non· si
andava mai d'accordo... E una volta
ebbe la felice idea, ma ahimè! un
po' ingenua, di dire: (< Sentite, figlioli,
finiamo; guardate, andate da Bene-
detto - Benedetto era iI sagrestano,
un ometto tanto caro - portategli
questo biglietto )>. E scrisse: << Date
ai datori di questo biglietto due
bottiglie di vino perché finiamo fa-
cendo un brindisi alla nostra adu-
nanza•>. Partirono come frecce; in
un istante ritornarono; ma non
ritornò il biglietto, che rimase in
tasca agli studenti (risata), i quali,
di tanto in tanto, senza dir niente a
don Munerati, tornavan.o da Bene-
detto, il quale in perfetta buona
fede dava il vino. Arrivò un momento
che Mons. Dante l\\1unerati se ne
accorse e... « Ma cosa succede? •>. E
l'episodio finì.
Ma gli episodi non sono finiti,
perché ho avuto tante occasioni poi
di incontrare vostri confratelli. Ac-
cenno a don Biavati, per esempio;
ecco, bravo! Accenno a don Sini-
strero, tanto bravo ed è a ViJla Sora,
mi pare, no ? Non parliamo di
don Tomasetti, compianto, molto
bravo ; e il suo successore don Ca-
stano. E così via.
Ma dato che don Ricceri ha
detto che uno dei segni distintivi
della vostra vocazione è di occu-
parvi dei poveri, dei giovani, di quelli
che non hanno altra assistenza -
siete dei supplenti per l'assistenza
normale che la Società e la Chiesa
non possono dare a certe categorie
della nostra società - vi dirò uno
degli ultimi incontri di cui ho scol-
pita nell'anima ancora la commo-
zione, la gioia, nel quartiere famoso,
più celebre, più misero di Manila;
come si chiama, Tondo? Tondo.
Feci una Yisita proprio passando
sopra un pantano; una cosa... I
Salesiani erano là. Io rimasi estre-
mamente colpito di questa dedi-
zione cosl eroica e così efficace e
così sapiente, e data proprio ad un
livello dove sarebbe difficile tro-
varne un altro inferiore. È onore a

1.7 Page 7

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Strano, ma bello: per trovare la
giovinezza di un Istituto bisogna
risalire alla sua vecchiaia, cioè ai
suoi princ:pi che alcune volte sono
distanti di secoli. :\\la è così con le
cose del Regno di Dio: le sorgenti.
Quando il Papa venne a parlare del-
la nostra missùme specifica: « i giovtmi,
specialmente i più poveri e bisog11osi ••
usci in questa stupendo npologia dei gio-
vani e della pedagogia di Don Borco:
Bas ilica di San Pietro. Alla conceleb,a·tlono do i membri d e l Capitolo Ge nerale
hanno assistito ,appreHntaMi delle Famiglie Salesiane a molti e Hlllavl a ami-
cl di Don Bosco.
voi, quindi, carissimi confratelli e
carissimi figli di Don Bosco. Siete
sopra una grande strada maestra ed
ecco perché la mia parola d'ordine,
questa volta, è questa: Progredire e
proseguire, persrol'rare, perché dav-
vero siete sopra la via tracciata dal
vostro Fondatore, c he è poi quella
tracciata da Nostro Signore Gesù
Cristo.
Anche nel corso dell'allocu.zio11I' il
Papa di tratto i11 tratto scendroa n
digressioni che gli 11scivm10 dal more.
Eccone alcune, rivelatrici della sua
patema be11evole11za.
Dopo aver parlato de/L'« immensa
fiorilllra di opere e di attività dovute
allo zelo e ai sacrifici talvolta eroici
dei figli di Do11 Bosro, interromproa il
discorso per fare questo co111111e11to:
Proprio quando ci si sente q uasi
soffocati da tante difficoltà, da tanti
dispiaceri, da tante infedeltà, da
tante gratuite contestazioni, comun-
que da tante miserie, perché siamo
uomini, e s i sente quasi mancare il
respiro, unico conforto del Papa é
quello di aprire la finestra, dico la
finestra metaforica, e guardare il
panorama e vedere appu.nto dei campi
coltivati come il vostro. Ci sono i
Siilesìani nella Chiesa! Ci sono altre
famiglie religiose, ma non parliamo
di loro adesso. Ah! Davvero si sente
la fiducia e il respiro, e si ha la prova
quasi sensibile che Ì I Signore è con
noi, che lavora davvero con le mani
della sua Chiesa per questa opera di
evangelizzazione che non ha mai
fine e che non lo a,•rà che alla fine
del mondo...
l\\la lo vediamo sotto un aspetto che
mette la gioia e la gratitudine nel
cuore. TI lavoro è fiorente, l'opera si
estende, gli operai sono bravi, sono
fedeli, sono uniti, sono veramente
rappresentativi d1 questa tradizione
su cui tutti adesso hanno qualche
cosa da dire, una tradizione che
parte da Cristo, che ha trovato in
Don Bosco un interprete e un rin-
norntore, che continua attraverso di
noi. Deo gratias, Signore! E si
riprende il lavoro proprio con nuova
fiducia e di questo devo ,·era.mente,
Rettor Maggiore primo, Rettor Mag-
giore emerito, e tuui voi altri, cor-
dialmente, in nome di Cristo, rin-
graziarvi.
Pensando aflll ,:ioventù che frO'IJa
nelle case di D011 Bosco una ed11ca-
:::io11e sano e la possibilità di inst'rirsi
deg11am1mtl' 11ello villi civile •>, ricor-
dava il periudo passato a Mila110:
Sono stato anche vescovo a Mi-
lano e so qualche cosa di voi, no?
Sant'Agostino, e poi la bella e grande
Istituzione di S,-sto San Giovanni.
Oh che bellez7.a, tutti i giovani operai
che si awiano al lavoro, temprati
come l'acciaio buono, per affrontare la
vita da uomini e da cristiani.
Abbiamo avuto la gioia d i darvi
anche una grande noia partendo,
quella di fondare una parrocch.iu,
Domenico $a\\iO, decretata, ma non
l'ho vista costruita; per dire quanta
stima e quanti saJ:(gi noi possediamo
della rnstra attività: la testimonianza
viva e operosa che voi date al Van-
ge lo .
Pélrfando della fedeltà al Fondatore,
ve,me spo11ta11eo al Santo Padre questo
rilievo:
Sono inquieti, sono, non si sa
come, o ribelli o stanchi. Comunque
sia, deve crescere il nostro amore
per i giovani. Non frenarlo, non
diminuirlo! Dobbiamo essere così
saggi e così sapienti da trovare la
chiaYe per entrare nella psicologia
contorta e avviluppata di questa
nuova gioventù; e averne l'ami-
cizia e la pazienza per rifarli nel-
l'ordi ne, quell'ordine della grazia
e della sapienza anche umana dei
giovani di una generazione degna
di stampare nella storia un huon
ricordo e una buona risultanza. Si
potrebbe fare qui una divagazione
importantissima, ma non ne avele
bisogno; e cioè, se dopo cent'anni,
non ci sia ormai da abba ndonare le
posizioni iniziali, cioè se sia anacro-
nistico il vostro modo di educare,
di avvicinare i giovani, di la,·orare.
:--on lo è! Giovanni Bosco è stato
profeta, ha anriveduto i bisogni, vi
ha-messi su una via che sfida i tempi!
E oggi voi vi trovate all'avanguardia
della pedagogia c ristiana e civile per
fare dei giovani uomini buoni e
forti.
l:11'11/tima digressio11e. Verso il ter-
mine del discorsfJ, dopo m;er affermato
che artestam, /'attualità di Don Bosco
gli oratori e gli istituti, <1 dovu11q11t>
diffusi e ancora rosl vivi e fiorenli •►,
commentò:
Un piccolo episodio. Quando noi
siamo andati, l'anno scorso, nel
lungo viaggio verso l'Estremo Orient1:,
abbiamo fatto scalo durante la notte
a Teheran, perche; doveva l'appa-
recchio rifornirsi di carburante. E
ricordo benissimo, passando dal-
l'aereo attraverso le ali di popolo che
ci circondava, a un certo punlo
sento dirmi in italiano: «Oh, Don
Montini, l'Assistente dei giovani! •·
Erano i vostri giovani della Scuola
Salesiana di Teheran. Anche laggiù!
Sono piccole cose per dirvi che ab-
biamo nel cuore una grande gioia e
grande commozione che per noi
sono una tcstimonian~a di quello
che siete e di quello che sapete
fare.
5

1.8 Page 8

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L'indirizzo
del Rettor Maggiore
Ed ecco l'illdirizzo di omagçio che
il Rettor Maggiore do11 Ricceri aveva
rivolto al Sa11to Padre a nome dei
membri del Capitolo Genero/e.
Beatissimo Padre,
sci anni fa - prima che il Conci-
lio Vaticano Secondo celebr.1sse l'ul-
tima Sessione - la Santità Vostra
si degnava accogliere i membri del
Capitolo Generale Salesiano XIX e
rivolgere ad essi una preziosa esor-
tazione. Ci è parso, allora, che l'idea
centrale fosse il ripetuto invito a
«progredire •· In questi sei anni -
certo non sempre facili - quella
parola è stata per noi guida e sprone.
Anche le direttive inviale nell'aprile
scorso al nostro Capilolo Generale
Speciale, che oggi ho la gioin di pre-
scntafc a Vostra Santità, e:: in parti-
colare l'Esortazione Apostolica Eva1t-
gelica testificatio, pervenutaci in un
momento quanto mai propizio, e
recentemente i documenti sinodali
ci· hanno illuminato e sorrcuo ndle
nostre fatiche.
Tuttavia nell'animo di tutti i mem-
bri dell'Assise Capitolare era virn
il desiderio di un incontro con Vo-
stra Santità, per senti.re ancora una
parola di luce e di incoraggiamento
nel lavoro che stiamo ultimando e
in quello non meno impegnativo che
ci anende dopo il Capitolo, per con-
fermare al Papa la nostra filiale ob-
bedienza e devozione, per riceverne
l'apostolica benedizione.
In nome dei presenti, e dell'intera
Congregazione che essi rappresen-
tano, ringrazio Vostra Santità per la
benevolenza che ancora una volta
ha voluto dimostrare agli umili figli
di San Giovanni Bosco.
I nostri laYori, preparati da am-
plissima e, direi appassionata parte-
cipazione di tutri i Salesiani dei \\.ari
continenti e nazioni, durano da oltre
sei mesi, e solo adesso, con l'ele-
zione dei membri del nuovo Consiglio
Superiore, sono entrati nella fase
conclusiva. Li abbiamo condotti a.e!
solco degli insegnamenti della Chiesa,
del Concilio e del Magistero Eccle-
siastico. Abbiamo avuto la preoccu-
pazione fondamentale di operare,
nell'ambito della nostra vita reljgiosa,
quel rinnovamento di cui Vostra
Santità offre alla Chiesa il più alto
esempio e le vie più sicure e feconde.
6 Il nostro impegno costante durante
tutti i lavori è stato quello della fe-
deltà a Don Bosco, alla nostra mis-
sione, nella consacrazione al Papa.
Innanzi tutto fedeltà a Don Bosco,
uomo di Dio e instancabile uomo di
azione. Siamo persuasi che il mi-
racolo delle sue opere ha una sola
sorgente: la sua fede, vissuta secondo
una spiritualità wnto semplice quan-
to profonda ed efficace; una fede
cristocentrica, e perciò stesso ar-
dentemente eucaristica e filialmentc
mariana.
La fedeltà al Fondatore ha neces-
sariamente postulato la nostra fe-
deltà alla missione che Dio gli ha
affidato, e che noi ereditiamo dal suo
zelo: i giovani, specialmente i più
poveri, e i ceti popolari. Qui affio-
rano tutte le implicanze, i problemi
e gli impegni del nostro servizio
educativo ed apostolico nella Chiesa
e nel mondo d'oggi.
È noto poi a Vostra Santità l'amore
di Don Bosco al Papa e alla Chiesa,
della quale in tutte le circostanze
volle essere obbediente e fedele ser-
,ritore. J membri del Capitolo Gene-
rale Speciale hanno inteso fare propri,
in questo noslro tempo, gli atleggia-
menti e i sentimenti del Padre c
Fondatore.
Ancorata a questi princìpi la Con-
gregazione potrà osare nuove vie e
nuovi strumenti di azione, col corag-
gio e l',I\\Jùacia di Don Bosco, per
svolgere nel mondo moderno quella
azione cristianizzatrice e salvatrice
ch'egli svolse in altro contesto so-
ciale. E questo soprattutto in favore
della gioventù, oggi specialmente og-
getto di tante speranze, anche se
talora miste ad ansie e perplessità.
Padre Santo, prima di concludere,
pennetta che le presenti una duplice
filiale offerta che però ha un unico
sentimento e significato. Questa mat-
tina abbiamo avuto la gioia di con-
celebrare neUa Basilica di San Pietro:
tutti noi concelebranti abbiamo voluto
applicare il santo sacrificio secondo le
Sue intenzioni.
Le presento pure un'offerta per
Paesi più bisognosi e situazioni più
dolorose che toccano il cuore di
\\'ostro Santità. Essa è frutto dei sacri-
fici, delle rinunce di tanti salesiani
sparsi nel mondo, che vogliono far
sentire, come i concelebranti di sta-
mane, tutta la loro filiale adesione
alle Sue ansie di Supremo Pastore,
di Padre e di Operatore di Pace e di
Unità.
Accetti, Padre Santo, questa du-
plice offerta come nostro filiale omag-
gio natalizio.
Ora attendiamo dalla parola di
Vostra Santità e dalla Benedizione
Apostolica, che vorrà impartirci, la
luce e il conforto per la fatica che ci
attende.
Questa speciale benedizione la chie-
do, Beatissimo Padre, sulla mia per-
sona, sentendo in questo momento
tutto il peso della rinnovata fiducia
del Capitolo Speciale per il governo
della Congregazione; la chiedo sul
venerando Don Ziggiotti, Rettor Mag-
giore emerito; sui membri del nuovo
Consiglio Superiore, che rispettosa-
mente presento, e su quelli che, dopo
lunghi anni di generoso servizio, la-
sciano l'incarico; su tutti i Capitolari

1.9 Page 9

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presenti, e sull'intera Famiglia Sale- Cristo, e desiderosa di attuare il suo
siana, spiritualmente unita in questo rinnovamento nello spirito e sotto
atto di devota adesione al Vicario di gli auspici della Chiesa.
La concelebrazione nella
Ba~lica ili San Pie~o
Prima dell'udie11za pontifici.a i mem-
bri del Capitolo Generale avevano
concelebrato una santa Messa nella
Basilica Vaticana, presenti i delegati
delle tre Famiglie salesiane: le Figlie
di Maria Ausiliatrice col Comiglio
generalizio e un folto stuolo di suore,
i Cooperatori e le Volontarie di Don
Bosco, insieme con molti exallievi e
amici della Congregazione.
Il Rettor Maggiore don Ricceri, che
presiedeva la concelebrazione, all'i11izio
della Messa ha sottolineato il signifi-
cato del rito che si stava compiendo in
quel momento: quello di esprimere pres-
so la Tomba di San Pietro la devozione
profonda della Congregazione salesiana
per la Chiesa e per il Sommo Ponte-
fice, e di rinnovare l'ùnpegno di dedi-
care tutte le sue forze al servizio della
Fede nell'apostolato specifico salesia11'o
a favore della gioventù. All'omelia, il
Rettor Maggiore lza ricordato l'anwre
di Don Bosco per il Papa e la
Chiesa, della quale fu sempre obbe-
diente e fedele servitore. I capitolari
salesiani volevano seguire l'esempio
e Lo spirito del santo Fondatore.
Il canto del Credo davatiti all'altare
della Confessione e una lode a Don
Bosco davanti alla sua statua mar-
morea, che sovrasta quella dì San
Pietro, confermarono la volontà della
Famiglia salesiana di proseguire in
questa inalterabile devozione e sot-
tomissione al Papa.
Si chiude il
Capitolo Generale
Il 5 gennaio scorso, la giom«ta con-
clusiva del Capitolo Ge11erale Speciale
ebbe due momenti essenziali: nell'Aula
Magna e nella Cappella.
Nell'Aula Magna, alle ore Io,30,
con i Capitolari c'erano anche i rap-
p,esentaTlfi dei principali rami della
Famiglia Salesiaua: Figlie di M . A .,
Cooperatori, Volontarie di Don Bo-
sco ed Exallievi.
Il Rettor Maggiore do11 Ricceri
iniziò il suo discorso rilevando questa
circostanza significativa e consegna11do
ai Cooperatori il Messaggio del Capi-
tolo Generale Speciale in risposta al
/aro Messaggio del 2 luglio r97r, e
agli &,allievi, rappresentati dal Presi-
dmte Nm:fonale Prof. Angeli11i, il Do-
cmne11f11 capitolare preparalo per loro.
Proseguì rivolgendosi ai Capitolari,
e in essi a tutta la Congregazione,
incitandoli alla esecuzione pronta e
generosa di quanto era stato discusso
e deciso in tanti mesi di lavoro.
Alle II,T5 il Regolatore don Scrivo,
Vicario del Rettor Maggiore, · diede
solenne lettura della dichiarazione uf-
ficiale di chiusura del XX Capitolo-
Generale della Congregazione, che i
Capitolari conférmarono con un ap-
plauso scrosciante e convalidarono con
le loro firme.
Alle II,JO i Capitolari sfilarono
nella cappeila con i paramenti litur-
gici per la solenne Co11celehrazio11e,
tutta orientata al ringraziamento a
Dio e all'impegno del ri1111ovamento.
Su queste idee i11sistette nell'Ome-
lia il Rettor Maggiore, chiamm1do
emblematico e profetico il gesto che
all'Offertorio compirono i Capitolari:
la rinnovazione della consacrazione re-
ligiosa e salesiana con la nuova for-
mula costituzionale. La Comunione
Eucaristica suggellò il lungo periodo di
convivenza fraterna, dedicata alla ri-
cerca di una più autentica fedeltà al
Vangelo e a Don Bosco.
Poi venne il banchetto di addio,
pieno di commozione e di speranze,
e lo sfollame,ito rapido dei Capitolari
non se11za aver prima lanciato a tutta
la Famiglia salesiana un messaggio,
in cui tra l'altro si afferma: «Abbiamo
cercato vie nuove : ma ogni giorno ci
siamo accorti di riscoprìre lentamente
e con gioia il volto del nostro Fon-
datore Don Bosco e la sua idea ge-
nuina sulla Congregazione Salesiana>).

1.10 Page 10

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AUSTERITY
CRISTIANA
prie responsabilità di fronte a questo
problema. Gli uomini politici sanno
di dover esaminare in profondità la
loro coscienza alla luce del Vangelo:
perché la fame nel mondo è spesso
un risultato di scelte economiche e
politiche, in cui il debole che non
ha voce viene sacrificato al forte che
può farsi sentire. Gli uomini della
scuola devono portare questo pro-
blema a livello delle loro classi: farne
prendere coscienza, farlo discutere,
perché la nuova generazione sappia
quali sono le sue responsabilità. I
padri e le madri devono parlarne
ai loro figli: perché i bambini che
muoiono in India sono nostri fra-
telli, e non si può ballare nella pazza
gioia quando un nostro fratello sta
morendo <li fame.
Quaresima
La scoperta più drammatica del
nostro secolo non è l'energia atomica
né lo sbarco sulla luna. Ce lo ha
detto Paolo VI: è la scoperta scien-
tifica della fame. Per la prima volta
nella storia umana sappiamo con ri-
gore scientifico che due terzi del
genere umano non si cava la fame o
muore di fame. E sappiamo che la
situazione, anziché migliorare, tende
a peggiorare: perché i popoli ricchi
(e noi siamo nel mazzo) tendono a
diventare sempre più ricchi e a but-
tar via sempre più miliardi, e i po-
poli poveri a diventare sempre più
poveri, sempre più morti di fame.
Le conseguenze della fame sono
disastrose: miseria, mortalità infan-
tile, sfruttamento, malattie, analfabe-
tismo (un miliardo di uomini sono
oggi analfabeti), inattività, droga,
di chiusura. Poi il volto sorridente-
gentile dell'annunciatrice che scan-
disce: « Vi trasmettiamo ora un pro-
gramma a cura dell'Abbé Pierre: Il
problema 11umero u110: LA FAME>>.
<< Appena sentito il titolo - rac-
conta Tibor-Mende - nella sala si
diffuse un gran brusio, metà dei
clienti si alzarono pigramente, anno-
iati, le signore raccolsero le pellicce.
Iniziò il programma. Una sfilata di
volti emaciati, di baracche tetre, di
bambini denutriti. Immediatamente
anche l'altra metà dei clienti si alzò,
ondeggiò verso l'uscita che immet-
teva nel bar, sparì. Davanti al video,
a tenermi compagnia, restò soltanto
una vecchia signora, che fissava irri-
tata quella sfilata di miseria e quel
frate dalla funga barba che parlava
come un profeta 1).
tempo di digiuno
Ma al di là della nostra pos1z1one
sociale, il tragico problema della
fame nel mondo ci tocca anzitutto
come uomini e come cristiani. Se
ne torna a parlare in Quaresima,
perché la Quaresima per i cristiani
è il tempo più adatto.
i< In Quaresima si digiuna >> dice-
vano i nostri vecchi. Ed erano ca-
paci, lo,o che mangia'vano carne sì
... i nnocen~a e miseria
guerre.
Qualche lettore, a questo discorso,
sarà tentato di girare i fogli pensando:
«La solita musica! Possibile che non
si. riesca a parlare <li qualcosa di
più allegro?».
È sempre così. Con lo stomaco
pieno e la coscie,12a più o meno ad-
dormentata, come si fa ad assistere
a una sfilata di modelli di alta fame?
Capitò più o meno così a Tibor- Assumersi
Mende, un famoso giornalista fran-
cese. A Parigi era ospite dell'Hotel
le proprie responsabilità
Lutetia, uno dei più lussuosi <ldla
capitale. Fatta la cena e non sapendo
come ammazzare la serata, scese nella
grande hall dell'albergo, e si mescolò
tra i clienti assorti davanti a un ap-
parecchio TV che stava trasmet-
tendo uno spettacolo leggero, qual-
cosa come il nostro << Canzonissima •l.
Quando Tibor-Mende si allungò su
una soffice poltrona blu, Jo spettacolo
Coloro che in questo tempo tor-
nano a parlare della fame nel mondo
non sono un gruppo di picchiati: sono
milioni di uomini di buona volontà
decisi a fare qualcosa per liquidare
il problema più tragico del nostro
secolo.
In testa a questo gruppo c'è il
Papa, Paolo VI.
era quasi alla fine. Gran girotondo << Fare qualcosa•> vuol dire innanzi-
8 finale, sfilata di volti allegri, sigla tutto assumersi interamente le pro-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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e no una volta alla settimana, di
starsene senza mangiare tutto il
giorno, prendendo una povera cena
di fagioli solo alla sera.
Oggi la Chiesa non ci chiede
questo energico tiro della cinghia:
ne saremmo atterriti, noi, i fieri uo-
mini dei cinque pasti al giorno, del
t toast - al - prosciutto - ma - non -
troppo - grasso - perché - soffro •·
Ci chiede però uno stile nuovo di
digiuno: la rinuncia al superfluo, alla
bottiglia raffinata, al pacchetto in
più di sigarette, nl pranzo al risto-
rante tipico, e per i ragazzi rinuncia
al torroncino vcrniciaLO di cioccolato,
al pop-com. È la Quaresima dei cri-
stiani nuovi, che sanno tirare un
frego rosso su ogni spesa non neces-
saria e instaurano un vero regime di
austerity. Giovani sposi capaci di
saltare la cena, di rinunciare alla
gita domenicale e al cinema di prima
visione. Giovanotti che dimer~zaoo
il consumo di sigarette, che lasciano
in silenzio il ;uke-bo:c, che girano
al largo dal bar, che non comprano
il disco reclamizzato da Hit-parade.
E tutto questo per mettere da parte
i soldi risparmiati per chi ha fame:
per un missionario che sta tra i leb-
brosi, per una miéro-realizzazionc nel
Terzo :\\fondo, per una famiglia nu-
merosa e povera che sta a pochi
isolati da casa nostra.
genialità per iniziare cento lavori, ma
mancano di costanza e di forza per
portarli a termine. Di fronte a una
seria difficoltà ammainano le vele e
si arrendono. Paolo V f ci ammonisce:
(( Per vivere, una certa gioventù ha
bisogno di sottrarsi ad ogni impegno,
ad ogni servizio, a ogni vero amore,
per ripiegarsi in una libertà irrespon-
sabile, in un egoismo capriccioso •·
E il giornalista Enzo Biagi continua:
« Occorre riportare questi ragazzi con
i piedi sulla terra, far loro capire
che la vita richiede lavoro, pazienza,
sforzo».
La Quaresima ci dà questa occa-
sione. La vista dei nostri fratelli mi-
serabili e la possibilità di far loro
del bene concreto e immediato può
far tornare d'auualità, all'interno delle
nostre famiglie, una •parola cristia-
nissima, e purtroppo passata di moda:
la mortifica:sione, che vuol dire *dare
la morte alla parte peggiore di noi
stessi (l'egoismo, la sensualità, la go-
losità, la poltroneria) per dare vita-
lità alla parte migliore della nostra
persona: la generosità e l'amore•.
Per cambiare la faccia a questo
mondo, per trasformarlo da feroce
in cristiano, occorrono entrambe que-
ste cose: gettare mille lire in ti// snl-
vada.11aio, ma soprattutto gettare il
nostro egoismo dalla .fi11estra, per pen-
sare di meno a noi stessi e più ag-li
altri.
UN PUGNO DI MILIARDI
Miliardi, miliardi e ancora miliardi. Blocchetti di zero
che sembrano i vagoni di un treno merci. Gli Italiani,
per divertirsi, polverizzano ogni anno la bellezza di
4276 miliardi di lire. Molto di più di ciò che spendono
per le abitazioni, per il vestire, per l'igiene e per la sa-
lute. 2181 miliardi spesi per "andare in vacanza", 368
miliardi per cinema e sport, 335 miliardi per giochi e
concorsi, per la schedina del Totocalcio e la cartolina
di .. Canzonissima " ...
Una parola
passata di moda
In tutto il mondo cattolico la Qua-
resima sta prendendo questa carat-
teristica: un grande sforzo collettivo
per dare una mano ai poveri.
In testa vengono I cattolici degli
Stati Uniti: gente concreta, che ha
la macchina lunga di qui a là, ma
che si è cavata di tasca, in questi
ultimi anni, oltre un miliardo di
dollari. Anche i cattolici tedeschi ci
sanno fare: hanno studiato una cam-
pagna quaresimale, la 111isereor, che
con una organizzazione quadrata e
minuziosa ha m1::sso insieme in cin-
que anni 250 milioni di marchi, circa
35 miliardi di lire.
Anche i cattolici italiani si stanno
movendo, ma se consideriamo le
cifre, dobbiamo dire che stanno an-
cora facendo pochino.
Dobbiamo metterci sotto: per far
del bene agli altri e per fare del
bene a noi. Molti dei nostri giovani
sono vivaci ma molli, allegri ma po-
chissimo resistenti allo sforzo. Hanno
I giovanissimi gettano nel divertimento un mazzo di
400 miliardi. Quasi cento miliardi in dischi, giradischi,
juke-box. Ottanta in hobby e sport: la partita, le gite,
i francobolli, il go-kart... Sessanta miliardi in moto,
motorette e bici. Altri sessanta in macchine fotogra-
fiche, cineprese, pellicole, registratori, transistors. Cin-
quanta miliardi in liquori, bibite, gelati, sigarette...
È vero che il ritmo della vita moderna ci logora, ci
stressa, ci deprime. Lo dicono gli psicologi, ce lo ri-
petono decine di migliaia di manifesti a tinte accese
e calde: abbiamo bisogno di aria pura, di sabbie dorate,
di mari azzurri, di musica allegra e di bibite supe rvi-
taminizzate.
Ma dobbiamo fare il conto anche con altre cifre.
Secondo le ultime statistiche della FAO (Food and
Agriculture Organization) nel 1970 sono morti di fame
oltre 35 milioni persone, cioè più di 100.000 al giorno.
Piò di quanti ne ha uccisi l'ultima guerra, con le sue
distruzioni massicce, i suoi bombardamenti a tappeto
e le sue atomiche. Appena. un quarto degli uomini oggi
viventi dispone delle 2700 calorie necessarie alla vita
umana. Nel 1972 gli affamati (meno di 2200 calorie al
giorno) e i malnutriti (fra le 2200 e le 2700 calorie)
sono nel mondo 2 miliardi e 600 milioni, cioè il 70%
dell'umanità.
9

2.2 Page 12

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Don Giuseppe Kowalski
N. 17350
t939. In Germania marciano le << cam1c1e brune>>.
Ai microfoni della radio il dittatore nazista Adolf Hi-
tler rovescia torrenti di minacce sul mondo. Egli
guarda con occhi di rapina il territorio polacco e pro-
clama al mondo che quc!Jo è il (( territorio vitale ►> as-
segnato dal destino all'espansione della privilegiata
razza germanica.
settembre 1939. Duemila aerei con la croce unci-
nata sulle ali bombardano Varsavia e i nodi ferroviari.
La Polonia è praticamente paralizzata, mentre le di-
visioni corazzate penetrano profondamente nel suo
territorio. È l'inizio della seconda guerra mondiale.
In quattro settimane la Polonia è in ginocchio.
1940. H itler progetta l'invasione della Russia. Per
questa grande operazione militare, i suoi eserciti hanno
bisogno di poter disporre pienamente del territorio
polacco. «11 popolo polacco - afferma Hitler con ci-
nismo - è un popolo di schiavi, destjnato da!Ja storia
a servire la razza germanica. I tedeschi combatteranno,
i polacchi lavoreranno nelle fabbriche e nelle miniere
al loro posto».
È l'inizio della grande deportazione del popolo po-
lacco. La Gestapo penetra nelle case alle prime luci
dell'alba. P er prima cosa arresta gli intellettuali e le
persone influenti che potrebbero organizzare una re-
sistenza qualsiasi.
23 maggio. È la vigilia della festa di Maria Ausilia-
trice. La Gestapo penetra nella casa ispettoriale dei
Salesiani di Cracovia e nello Studentato T eologico.
Undici sacerdoti e un coadiutore sono arrestati. Tra
essi c'è un sacerdote dalla faccia serena e dagli occhi
chiari: don Giuseppe Kowalski. Ha servito in Con-
gregazione con umiltà, sbrigando i lavori di segreteria
nel centro ispettoriale.
Se qualcuno nutre ancora delle illusioni, la giornata
del 27 giugno giunge brutalmente a dissiparle. Quattro
sacerdoti salesiani di Cracovia sono giustiziati.
Negli stessi giorni, gli altri arrestati vengono inter-
nàti nel triste campo di eliminazione di Oswiecim,
che i tedeschi chiamano Auschwitz. Sulla grande porta,
una scritta vivamente illuminata: <t Arbeit macht /rei:
il lavoro rende liberi >l.
Il marchio tatuato sul braccio sinistro
È noto che, per il funzionamen·C"'I dei <1 campi di
eliminazione >>, i capi del nazismo non scelsero uomini
normali, ma delinquenti tirati fuori dalle carceri, con-
10 dannati per sadismo, anormalità, delitti comuni. Questi
sono, dal giugno del I94r, i <<superiori ►> di don Giu-
seppe e dei suoi infelici compagni di pena.
Nel campo sono denudati e spinti in uno stanzone
per la disinfezione. Scrive un sopravvissuto: << Improv-
visamente l'acqua scaturisce bollente dalle docce; ma
subito dopo irrompono quattro che, con urla e spin-
toni, ci cacciano, bagnati e fumanti, nella camera attigua,
che è gelida; qui altra gente urlante ci butta addosso
non so che stracci, e ci schiaccia in mano un paio di
scarpacce a suola di legno, non abbiamo tempo di
comprendere e già ci troviamo all'aperto e, scalzi e nudi,
con tutto il corredo in mano, dobbiamo correre fino
a un'altra baracca, a un centinaio di metri. Qui c'è
concesso di vestirci. Quando abbiamo finito, ciascuno
di noi è rimasto nel suo angolo, e non abbiamo osato
levare gli occhi l'uno sull'altro. Non c'è ove specchiarsi,
ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso in cento
visi lividi, in cento pupazzi miserabili e sordidi. Allora
ci siamo accorti per la prima volta che la nostra lingua
manca di parole per esprimere questa offesa, la demo-
lizione di un uomo. Siamo arrivati in fondo. Condizione
umana più misera non c'è, non è pensabile».
A questi uomini viene tolto tutto: gli abiti, le scarpe,
i capelli. Tolgono anche il nome. I l nome di don Giu-
seppe, d'ora innanzi, sarà 17.350. Finché vivrà, porterà
il marchio tatuato sul braccio sinistro con un timbro
a spilli e inchiostro di china sfregato sopra. Un mese
prima, ad Oswiecim è arrivato padre Massimiliano
Kolbe, e sul suo braccio è stato marchiato il numero
16.670.
Al di dei camini fumanti, la chiesa di
Mària Ausiliatrice
Ad Oswiecim si lavora. fl lavoro ha un ritmo infer-
nale. Al mattino prestissimo, prima dell'alba, risuona
breve la parola Wstawac; alzarsi. Comincia un'agi-
tazione frenetica: si balza dalla tana di legno e di pagLia,
si corre, ci si veste, ci si precipita al lavatoio e alle la-
trine in una furia disumana, perché tra cinque minuti
inizia la distribuzione del blocchetto grigio di brot,
pane. Chi arriva tardi non ha niente, e sentirà la fame
dei cani nello stomaco fino a metà della giornata.
Si lavora dalJ'alba fino al tramonto. Si va in colonna
ordinata, a pa$SO veloce, si torna quasi a passo di corsa.
È una farsa tragica vedere quelle lunghe file di uo-
mini vestiti a strisce, rigidamente incolonnati, tornare
a passo di corsa, saltando sugli zoccoli duri, mentre

2.3 Page 13

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Sfiniti per la fame, Il lavoro e le torture, I prigionieri
morivano una dopa l'altra. Il lager-fuhrer Slpp sghi-
gnazzando addlt6 a don Giuseppe I suol compagni:
« Le anime ti scappano, prete I Sali su quella batte
e dii /'ultima benedizione alle tue pecoreI». Don G fu-
seppe vi si lnglnocch/6 e lnton6 Il Padre Nostro con
voce forte e serena. - La passione e la morte di
don Giuseppe Kowelskl, salesiano, nel campo di eli-
minazione di Oswleclm-Auschwltz. - In Polonia si
lavora per Introdurne /a causa di beatificazione.
fino all'imbocco del fomo crematorio. Il colonnello
Fritsch che comanda il campo ha loro detto ridendo:
«Voi uscirete di qui per la canna del camino>>.
Ma don Giuseppe Kowalski non guarda i camini
fumanti. Fissa, tra i \\·apori che si alzano dalla cam-
pagna, la chiesa di Maria Ausiliatrice, distante due
chilometri dal campo. Tra le lacrime che non riesce a
frenare, ricorda gli anni felici della sua vita salesiana.
Proprio in quella chiesa era entrato per la prima volta
diciannove anni prima. Aveva undici anni, in tasca una
lettera del parroco che garantiva la sua • buona con-
dotta •· Si era inginocchiato ai piedi della Vergine, e
l'aveva pregata pensando a sua madre, che aveva la-
sciato a casa, poche ore prima, dopo averla baciata a
lungo.
Cinque anni dopo, era ancora entrato in quella chiesa
con in tasca un'altra lettera: era la sua domanda di en-
trare nella Congregazione Salesiana. La veniva a «far
vedere» alla Madonna prima di presentarla.
Una volontà forte e perseverante
L'anno dopo aveva pronunciato i suoi primi voti.
Nel suo taccuino spirituale, poco tempo dopo, aveva
scritto con l'entusiasmo e l'impegno <lei diciottenni:
<< Gesù, concedimi una flolo111à forte, ferma e perseve-
rante. Devo essere sa11to. Se11:1a di te 11011 posso far nulla,
ma co11 te che mi ami posso far tutto •·
La volontà perseverante gli servì alcuni anni dopo,
al termine della «prova pratica)> compiuta in una casa
salesiana. Soffri una grave crisi spirituale che lo portò
sul punto di abbandonare la Congregazione. Ma un
approfondimento dei suoi ideali, compiuto sotto la
guida di un valido consigliere spirituale, gli fece supe-
rare la crisi.
1938. Prima santa .l\\lessa. L'ispettore salesiano lo
cb.iama accanto a sé, a sbrigare il lavoro umile ma pre-
zioso dì SC!Iretario ispettorialc. Tra le lettere da com-
pilare, le circolari da spedire, le cifre da incolonnare,
don Giuseppe non dimentica il suo sacerdozio: ne
fanno fede i quaderni che contengono i suoi schemi
di omelie, diligentemente lavorati ogni settimana. E
non dimentica neppure di essere figlio di Don Bosco:
appassionato di musica, raduna i ragazzi e organizza
una vivace scuola di canto.
Ma la seconda guerra mondiale è ormai nell'aria,
e Dio sta battendo alla porta.
u Ho visto solo due uomini nel campo che hanno tenuto duro
nel terribill patimenti, senza venir meno alle loro convinzioni
rellglose: don Kowalakl e un prete ortodosso. Andarono en~ram•
bi alla morte con ammirevole calme e dignità ».
Prof. Si9ismondo Kolakowskl dell'Unlversll~ di Varsavia
un'assurda banda costituita da altri uomini a strisce
suona marcette allegre sul piazzale deJ campo.
Laggiù, al di là delle baracche, fuma perennemente
il lungo camino dei forni crematori" Chi cede alla fa-
tica, chi non difende ferocemente la sua razione, cbi
rita.rda nella corsa e scivola a terra, sa che finirà laggiù.
Verrà gettato su un carrello da miniera, morto o mo-
rente poco importa. Il carrello scivolerà sulle rotaie
19 lettere tra i fili spinati
·e1 campo di Oswiecim, il colonnello Fritsch ha defi-
nito i preti «esseri inutili e parassiti della societil •·
Li ha radunati in un blocco speciale, il numero 17.
Assegna loro i lavori più disumani. Devono spingere di
corsa pesantissimi carichi di ghiaia, abbattere alberi,
trascinare tronchi per sentieri accidentati.
Un t estimone riferisce: In quell'ambiente disu-
manizzante, don Giuseppe riusci a conservare la sua
dignità umana, e si sforzò di far fiorire il regno di Dio~-
Si conservano come una reliquia le diciannove lettere
scritte da lui tra i fili spinati. Sono lettere che dove-
vano passare attraverso la censura, e perciò necessa-
riamente ottimistiche. Ma si riesce a leggere tra le
righe la forza dell'anima di quel sacerdote. Il 12 feb-
braio 1942 scrive: • Ad ogni passo sento la pote11::a di 11

2.4 Page 14

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/
« Don Kowalski dal campo d i ellmina~ione guarda la chiesa di Maria Ausiliatrice di Oswiecim, distante
due chilometri. Tra le lacrime che non riesce a frenare, ricorda gli anni felici della sua vita salesiana n.
Dio. Ovunque mi trovi, qualunque cosa mi capiti, so110
nelle mani della Pr0'1JVide11za, che veglia sulle nazioni
e su ogni uomo•>.
Qualcosa nella mano
2 giugno 1942. È giunto un ordine dal comando su-
premo dei campi di concentramento. Sessanta sacer-
doti devono lasciare Oswiecim e raggiungere Dachau.
è un altro campo di eliminazione, dove sono am-
massati tremila sacerdoti. Don Giuseppe Kowalski è
tra i selezionati per il viaggio. I sessanta sacerdoti sono
stati stipati in un bagno per la disinfezione prima della
partenza. La scena che si svolge !'ba raccontata sotto
giuramento don Corrado Szweda: <1 Eravamo radunati
nel bagno, in attesa del turno per la disinfezione. Entra
Palitsch, il più spietato dei carnefici di Oswiecim. Si
accorge che don Kowalski ha qualcosa nella mano:
- Che cos'hai ? - domanda bruscamente.
E senza attendere risposta gli colpisce con la frusta
la mano, da cui cade una corona del Rosario.
- Calpestalo! - grida.
Don Giuseppe rimane immobile. Viene immediata-
mente separato dal gruppo e trasferito alla compagnia
di disciplina». Non partirà mai per Dachau. Sarà tor-
turato e morirà nella sua Oswiecim.
La crudeltà usata verso la compagnia di disciplina è
letteralmente feroce. Si paga tutto, e a un prezzo al-
tissimo. Ogni minimo ritardo, ogni indugio viene pu-
nito con sferza, pugni e calci.
r 1 giugno. Alcuni prigionieri tentano la fuga e fal-
liscono. La punizione dei fuggitivi non basta. Tre-
cento prigionieri sono destinati, come << lezione», al
crematorio. Fra essi c'è don Giuseppe Kowalski. Gli
vengono legate le mani con filo spinato.
Ma non è ancora giunta fa sua ora. Senza alcun motivo
apparente, con altri dieci viene separato dai condannati
12 a morte e destinato ai lavori forzati.
La preghiera dei disperati
I forzati sono una compagnia di disperati. Per loro
non c'è più speranza, e ancbe gli aguzzini li trattano
come cose. Il professor Giuseppe Kut, che fu testimone
di quei giorni crudeli, racconta:
<1 Sfiniti per la fame, il lavoro e le torture, i prigio-
nieri morivano uno dopo l'altro. Il lager-fiihrer Sipp
un giorno si mise a sghignazzare davanti a don Giu-
seppe, e additandogli i suoi compagni di pena disse:
- Le anime ti scappano, prete! E senza i1 tuo pas-
saporto non saranno accettate lassù. Sali su quella
botte, e dai l'ultima benedizione alle pecorelle, come
viatico per il cielo !
C'era una botte rovesciata in quel punto del campo.
Don Giuseppe prese quelle parole sul serio. Salì, s'in-
ginocchiò, e fatto il segno di croce iniziò il Padre nostro
con voce forte e serena. Qualche suo compagno lo guardò
stralunato, e continuò con lui la preghiera. Poi don
Gil_lseppe monnorò: "Ed ora preghiamo per gli ago-
nizzanti e i perseguitati". E intonò la Salve Regina.
La sirena di mezzogiorno troncò la preghiera.
4 luglio r942. 11 professor Sigismondo Kolakowski
racconta: << Ogni giorno i capi del campo sceglievano
alcuni prigionieri della compagnia di disciplina. Li
torturavano e poi li 1,_1ccidevano nel cortile. Quel giorno,
dopo l'appello serale, i prigionieri erano già coricati
sui loro pagliericci. Il kapo Mitas chiamò all'improv-
viso: "Esca don Giuseppe Kowalski". Passandomi vi-
cino, don Giuseppe mi porse il suo blocchetto di pane,
e mi disse: "Prendilo, Sigismondo. Io ormai non ne
ho più bisogno>>. Poi disse ad alta voce a tutti: "Pre-
gate per me e per i miei persecutori". Non l'ho più
visto vivo. E non ho più visto neppure il suo corpo.
Siccome, dopo la torture, era ancora vivo, lo immer-
sero in una cloaca e lo affogarono•>.
Aveva trentun anni.

2.5 Page 15

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Educhiamo
come
Don Bosco
Un'ultima, quella che gli svelava le vi-
cende future della Chiesa e delle na-
zioni: era la categoria dei sogni profetici.
Una sera Don Bosco raccontò che gli
era apparso un meraviglioso ragazzo,
Luigi Colle, morto a 17 anni il 3 aprile 1881 ,
e gli aveva indicato una regione del-
di noi si troverebbero in prigione.
Nessun'altra attività umana è dominata
da una gamma di possibilità cosi varia
e bizzarra.
Nella maggior parte dei casi, , ra-
gazzi che evitano di affrontare le
Fate
attenzione
anche ai sogni
I l momento più atteso dai ragazzi e da
Don Bosco era la cosiddetta "buona-
notte". Alla sera tardi, dopo la cena e
la recita delle preghiere, i ragazzi prima
l'America del Sud, dove Don Bosco
stava per inviare i suoi missionari. Il
ragazzo era stupendamente bello: abba-
gliava di luce. Disse a Don Bosco :
«Bisogna che i fanciulli si comunichino
spesso: e voi dovete ammetterli presto
alla prima Comunione. Dio vuole che si
cibino presto del Pane eucaristico...
Quando hanno 4 o 5 anni, bisogna
mostrar loro /'Ostia Santa e invitatli a
pregare Gesù, rimirandola. Bisogna che
i ragazzi comprendano bene queste tre
cose: Dio, la frequente Comunione e
l'amore al Sacro Cuore di Gesù: ma il
Sacro Cuore di Gesù racchiude le altre
due».
dure realtà e gli spinosi doveri da
svegli (per indolenza e inerzia) si
trovano poi a doverlo fare nei
sogni. Per esempio, è provato che l'al-
coolizzato il quale beve per sfuggire ai
propri guai e per dimenticare, se li ri-
trova davanti, ines~~ durante il
sonno.
\\
• I ragazzi che ricordano i propri
sogni di solito riescono meglio
nelle attività creative e hanno mag-
giore consapevolezza dei loro senti-
menti più riposti. I ragaui che soltanto
di rado ricordano i propri sogni hanno
tendenza a reprimere i propri sentimenti
di recarsi a dormire si raccoglievano
attorno a Don Bosco. Tutto l'ambiente
stava per essere fasciato dal grande si-
lenzio notturno. Le anime giovanili,
sottratte al frastuono dei giochi e del
lavoro, erano quanto mai disposte a
captare le parole che Don Bosco vi
avrebbe gettato come dei semi. Don
Bosco saliva su una specie di piccolo
pulpito: gli occhi di tutti convergevano
a lui. Egli raccontava qualche episodio
della giornata, ma soprattutto raccontava
i suoi sogni. I ragaui stavano attentissimi
ad ascoltarlo. Don Bosco fu visitato
spessissimo dai sogni, fin da quando
aveva nove anni. I "sogni" (che egli
non esitò a chiaml:lre ''doni celesti")
gli dicevano tante cose sui suoi ragazzi.
« La sera del 7 dicembre 1873 - scrisse
il suo segretario Don Berto - stavo
accompagnando Don Bosco a riposo.
*
Perché Don Bosco non perdeva occa-
sione per raccontare ai suoi ragazzi i
"sogni" straordinari al commiato serale
della buonanotte? Per il semplice fatto
che era quella l'ora più opportuna per
gettare il seme di Dio nei solchi delle
anime giovanili.
Bisogna fall'e molta attenzione
alle ultime impressioni che si de-
positano nelle anime dei ragazzi
prima che vadano a dormire. I loro
sogni (e tutti noi si sogna durante il
sonno) non fanno altro che sviluppare
e amplificare le ultime parole udite e le
immagini viste. Come ha detto uno psi-
cologo, se dovessimo venire arrestati
per il contenuto dei nostri sogni, molti
e a essere emotivamente inibiti.
• I sogni non sono altro che una
fase dell'attività che il cervello
svolge quando noi dormiamo. Ac-
cade spesso che una persona, sveglian-
·dosi, si trovi ad avere in mano la solu-
zione di un problema che non riusciva a
risolvere prima di addormentarsi. Du-
rante il sonno i nostri processi mentali
sono talmente attivi che uno studioso
autorevole in questo settore definl il
sonno semplicemente come «una forma
diversa di veglia». Ecco perché Don Bo-
sco era interessato a depositare, me-
diante la buonanotte, le parole e i suoi
racconti meravigliosi preternaturali nelle
anime sensibilissime dei suoi ragazzi,
immediatamente prima del loro sonno.
Era quello il tempo " optimum" della se-
minagione spirituale.
Giunto in camera sua, lo pregai di dirmi
confidenzialmente come facesse a co-
noscere la coscienza dei ragazzi, spe-
cialmente i loro peccati. Don Bosco con
la solita sua bontà mi rispose: - Vedi,
SEIMILA COPIE ESAURITE IN POCHI GIORNI
quasi tutte le notti io sogno che vengono
dei ragazzi a confessarsi, mi chiedono
di fare la confessione e mi raccontano
L'Ufficio lnterispettoriale dei Cooperatori Salesiani di Torino, in via Maria Au-
siliatrice, ha raccolto in volume le pagine educative del Bollettino Salesiano
che daanni venivano pubblicate sotto la rubrica EDUCHIAMO COME DON BOSCO.
ogni peccato. Quando poi al mattino
vengono veramente a confessarsi da me,
Il libro ha quattro parti : « I. Educare non è un problema ma un atto d'amore;
Il. Al di là della cose: lii. Perché il mondo non sia una solitudine popolata; IV. La
legge del progresso e del lavoro».
si può dire che io non abbia più altro
da fare che rivelargli tutti gli imbrogli
che pesano sulla loro coscienza».
I sogni di Don Bosco furono assai nu-
merosi e si possono raggruppare in di-
verse categorie. I più meravigliosi furono
quelli che gli additavano le iniziative da
Come prefazione è stata riportata una pericope ampia di un discorso del cardinal
Montinl, oggi Paolo VI: t10on Bosco tir6 fuori l'uomo dai suol ragazzi. Tlrd fuori
ruomo come era GesU~· ambivalente, che vuol dire dalle due facce, o meglio.
dalla due nature. TirlJ fuori l'uomo e il cristiano, l'uomo umano e l'uomo dl11/no,
l'uomo della terra ,. l'uomo del cielo, l'uomo completo. È questo il segreto di
Don Bosco ed è quest~arte che rentusi11smò~e furono i suoi ragazzi che lo resero
folle di passione e capace di tutti i sacrifici per quest'opera grande chs non ha
l'eguale: quella di cavare dai piccoli uomini d19/Je statue perfett,. e del/e crea-
ture come Dio le ha concepite: figli d191/a terra e figli d19I cie/011.
compiere e gli indicavano il cammino
Gli argomenti disseminati nel libro sono allettevoli e quanto mai utili ai genitori
e agli educatori. Ecco alcuni titoli: « Come bisogna parlare ai ragazzi. Come ca-
da seguire per realizzarle. Un'altra cate-
stigare a come perdonare. Educateli alla gioia. Insegnategli ad ascoltare. Edu-
goria fu quella tlei sogni che gli sve-
cateli a dire il Rosario. Esponeteli all' entusiasmo. Invitateli all'attenzione. Sal-
vateli dalle band8 giovanili. Crisi di opposizione: come fare 7 Allenateli al sacri-
lavano lo stato di coscienza del suoi
ficio. Non impeditegli di giocare. Fatevi ubbidire davanti al televisore. Insegna -
ragazzi, le vocazioni dei giovani, le
tegli a prendere buon,. abitudini. Attenzione alle crisi scolastiche. Nove segreti
per riuscire a scuola 11. E molti altri argomenti.
morti imminenti. Una terza categoria fu
Il volume costa appena 500 lire. La prime seimila copie sono già esaurite. Lo
quella dei sogni cosiddetti didattici.
stile narrativo è facile, gli argomenti catturano il lettore fin dalle prime battute.
13

2.6 Page 16

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Rio de Janeiro:
Maria Ausiliatrice
in vetta alla favela
DON TERESIO BOSCO
L'aereo scende su Rio de Janeiro. Gli oblò inqua-
drano la città stellare, una delle più belle del mondo,
dove vivono, lavorano, danzano, ridono 5 milioni di
carwcas. C'è un'aria purissima intorno, un azzurro dif-
fuso e liquido. Mare blu e monti verdi si mescolano
nella splendida Baia, vegliata dal Cristo del Corcovado
e dal Pan de Azucar.
Le favelas, viste da lontano, sembrano macchie colo-
rate sulla parte alta dei monti verdi. Gli aquiloni, che
ogni ragazzo di Rio lancia nel cielo ventoso, oscillano
come stelle colorate.
Questa è Rio, capitale del Brasile fino al 1960: 5
stazioni televisive, 23 stazioni radio, 165 biblioteche,
20 teatri, 162 cinema, 28 musei, 300.000 automobili.
La città, attraversata dall'Avenida Vargas come da
14 una lama di spada, si distende pigramente sulle spiagge
di Copacabana, Ipanema e Leblon, si ammassa impe-
tuosa nello stadio di Maracana (il più grande del mondo)
per gli infuocati derby stracittadini tra Fluminense e
Flamengo, che sono l'Inter e il Milan di Rio. Se t'in-
fili nelle viuzze laterali, trovi milioni di cariotat che si
agitano a ritmo di samba negli innumerevoli mercatini
rionali. Solo nel centro, tra gli alti e rigidi palazzi delle
banche, si respira un clima tedesco. Ll si ammassa la
ricchezza, aggrumata nelle 77 banche internazionali e
nella costellazione di 635 agenzie.
Questa splendida, imprevedibile città, esplode ogni
anno nel carnevale più pazzo e pittoresco del mondo.
Un proverbio che qui passa di bocca in bocca dice:
«A Porto Alegre si produce, a S . Paulo si risparmia,
a Rio si vive i>.
In questi mesi, sulla splendida Baia di Rio, si sta

2.7 Page 17

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L'Ispettoria salesiana di Belo Horizonte -
Rio de Janeiro è collocata nel cuore del
Brasile. Il- nostro inviato ha visitato la
città, dove il 14 luglio 1883 sbarcarono
i primi salesiani. Nei quartieri di Rocha
Miranda, Jacarezinho, Riachuelo, i sa-
lesiani dell'ultima generazione continua-
no in silenzio una grandiosa azione di
promozione umana e cristiana, dando
vita a una rete di opere sociali e popolari.
gettando un ponte sospeso che diventerà una delle
meraviglie della città. Congiungerà Rio a Niteroi, la
città che Rio sta inghiottendo con la sua esplosione edi-
liz_ia. Si collocherà tra i più giganteschi ponti del mondo,
tra il ii Verrazzano >> di New York e il (( Goldcn Gate ~
di San Francisco. Passeranno cosl al museo i pittoreschi
traghetti che ogni ora imbarcano i turisti a Rio per
sbarcarli a Niteroi.
Cent'anni fa uno di quei traghetti imbarcò i primi
salesiani, giunti qui da Torino, mandati da Don Bosco
in persona. Dove oggi si distendono le spiagge in-
cantevoli e i palazzi superbi di Ni_teroi, erano alJora
paludi e foresta. Nella loro prima giornata brasiliana
(era il 14 luglio 1883), presero alloggio in una mode-
stissima casa, e si cibarono di formaggio e rapadura,
che è zucchero compatto non raffinato, di color mar-
rone. Senza le chiavi di casa, uscivano ed entravano
per la finestra. Eppure in poche settimane diedero
inizio alla prima scuola, e il 6 dicembre 1884 inaugu-
rarono i primi laboratori per i ragazzi poveri di Niteroi.
Ancor oggi, ricordando quel primo giorno, il 14
luglio nelJa casa salesiana di Niteroi si serve a tavola
formaggio e rapadura. Ma gli alunni si sono moltiplicati:
tzoo nella scuola salesiana di Niteroi e 500 in quella
di Rio.
Rocha Miranda non è più una favela
La principale opera salesiana di Rio sorge in rua
Luiz Zancheta, ed è comunemente chiamata <• Ria-
chuelo >>. È un normale collegio che ospita 500 alunni.
Ma da esso, come da un tronco pieno di linfa, si sono
diramate altre opere come rami rigogliosi.
Rocha Miranda, dove i salesiani cominciarono a sta-
bilirsi nel 1957, era una fave/a. Ora sarebbe offensivo
chiamarla cosi: è un rione popolare dove sorge un
complesso di opere salesiane sociali davvero imponente.
Il primo salesiano che vi si recò per radunare i ra-
gazzi in un prato, comprò ro.ooo metri quadrati di
terreno per una cifra irrisoria: 4000 cruzeiros (un mi-
lione di lire circa). Da quel momento le opere creb-
bero come per miracolo. La chiave di tutto furono
1 5 laici che si misero alla testa di 1200 uomini di buona
volontà, e decisero di programmare un piano di pro-
mozione umana per la zona circostante. Con un solo
sacerdote salesiano come assistente e revisore generale,
sorsero i laboratori di sartoria e calzoleria, l'ambula-
torio medico e quello dentistico, l'asilo-nido, la scuola
elementare e quella ginnasiale, il campo sportivo per
il calcio, la grandiosa, splendida chiesa dedicata a Don
Bosco, i clubs giovanili e la << Corale Don Bosco>>. 15

2.8 Page 18

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Nella scuola elementare sono ospitati gratuitamente
300 ragazzi figli dj lavoratorj, nelle ginnasiali 167.
Nel laboratorio di sartoria sono attualmente impegnate
I 18 ragazze di famiglie povere, che al terrrune del corso
ricevono un diploma di valore governativo.
L'anima di tutto questo movimento è l'avvocato
Orlando Gonçalves: trent'anru e un'energia che sba-
lordisce. Dopo il suo jrirno incontro con un salesiano,
rimase ipnotizzato da nostro sistema educativo. Di-
chiarò: << G li unici educatori a cui affiderò i miei figli
siete voi>>. È a capo del comitato laico che programma
i layori, e ba diretto personalmente la costruzione di
ogru opera.
Padre Cleto Caliman, che con altri due salesiani
risiede e dirige le opere di Rocba Miranda, mi con-
fida: (< Spesso con Orlando facciamo delle baruffe co-
lossali. E un idealista, vuole tutto in fretta e tutto per-
fetto. Vorrebbe che tutti avessero la sua energia e la
sua capacità di azione. Ed è difficile persuaderlo che
dagli altri non si può pretendere troppo, a rischio di
scoraggiarli. Meno male però che c'è lui. Senza la sua
presenza, qui a Rocha Miranda saremmo ancora agli
inizi>).
Maria Ausiliatrice in vetta alla favela
Jacaré, in brasiliano, significa <•coccodrillo•>. Alla
periferia nord di Rio scorre un fiumiciattolo che porta
questo nome, e che non ha nulla da invidiare ai ri-
gagnoli delle nostre città occidentali: la poca acqua
serve da scolo di immondizie, che vi vengono buttate
dalle tnnumerevo]i e variopinte baracche che accompa-
gnano le sue rive. [I rigagnolo è attraversato da tanti
piccoli ponti senza sponde, formati spesso da un solo
asse traballante, su cui i ragazzi compiono di corsa
miracoli di equilibrio. Le ~ponde del Jacaré sono af-
follate come un mercato, risuonano delle grida di un
diluvio di bambini seminudi, di tutti i colori. E su,
in alto, è tutto un intrecciarsi di aquiloni variopinti.
Saliamo per una stradina stretta stretta, che si fa
largo a stento tra baracche di ogni foggia e dimen-
sione. È la fave/a chiamata Jacarezinho. Quando piove,
l'acqua deve trascinare giù al fiume parecchie cose...
Al vertice della favela svetta la chiesa dei salesiani,
e sul campanile la bellissima statua di Maria Ausilia-
trice.
La zona di Jacarczinho ospita 70.000 persone. Dieci
anni fa arrivavano specialmente dal Nord-est, cacciati
dalla siccità. Oggi lo scadimento del prezzo del caffè
sul mercato internazionale ha portato la rovina in molte
famiglie agricole di Minas Gerais e di Santo Spirito.
Normalmente arriva per primo il capo famiglia. Si
costruisce una baracca, cerca un posto di lavoro in
città, poi torna a prendere la famiglia e la porta a vi-
vere nella baracca.
Dieci anni fa, aggirarsi nella favela dopo le dieci di
sera era pericoloso. L'alcool scorreva facile, e anche
la coltellata poteva scappare nel corso del1e liti furi-
bonde. Ora, alle nove di sera, quasi tutti sono ritirati
nelle loro casupole. l bar e i ristoranti sono chiusi. I
fattori che hanno portato questo cambiamento sono
due: il lavoro (sono ormai tutti occupati in città) e i
salesiani che li hanno avviati al lavoro e a una più
coerente vita cristiana.
[I lavoro c'è ed è abbondante. Quaranta fabbriche,
alla periferia della città, cercano mano d'opera. Spc-
16 cialmente le donne hanno grande facilità di essere occu-
pate come esperte di cucito industriale. La maggior
difficoltà è che nessuno può essere accettato senza il
diploma di scuola elementare, e che le donne non
hanno possibilità di specializzarsi per mancanza di scuole
di cucito.
I tre salesiani, che Javorano a Jacarczinho ormai da
quattordici anni, hanno perciò puntato i loro sforzi
su questi due settori. È sorta da anni una scuola ele-
mentare gratuita per adulti. Le spese della scuola sono
in parte sostenute dalle fabbriche che assorbiranno gli
operai, poiché per legge ogni fabbrica che impiega
più di cento operai deve finanziare una scuola elemen-
tare o costitwrne una in proprio.
Nel settembre del 1970, poi, quarantadue alunne
hanno dato inizio alla «Scuola di cucito industriale».
È stata ottenuta dal Dicastero Iazionale del Lavoro
alle seguenti condizioni: le alunne devono aver compiuto
diciotto anni di età, devono risultare disoccupate e·
fornite di diploma elementare. Il corso dura sessanta
giorni, è condotto da professoresse stipendiate dallo
Stato, e si conclude con l'assegnazione del d.iplonia
di << operaia specializzata 1>, con posto di lavoro assicu-
rato.
l\\fa il lavoro dei salesiani, che inizia da questa neces-
saria promozione sociale dei loro parrocchiani, non si
ferma qui. Il lavoro più specificamente religioso si
svolge a fondo, e dà frutti controllabili ogni giorno.
Nell'assemblea dei padri di famiglia è stata accolta la
proposta del parroco di non dare il battesimo ai bam-
bini prima che genitori e padrini abbiano partecipato
a un corso di dieci giorni sulla vita cristiana. Ogni
sera, nella grande sala dove si tiene il corso in ciclo
continuo, sono presenti 60-70 persone.
È stata la stessa assemblea dei padri di famiglia che
decise 1a costruzione della grande chiesa parrocchiale.
Si trattò di affrontare una spesa ingente. Ogni famiglia
contribui nelle sue possibilità. Il pavimento, per esem-
pio, fu diviso in metri quadrati, e ogni famiglia se ne
assegnò un metro. Il Rettor .Maggiore don Ricceri,

2.9 Page 19

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in v1s1ta a Jacarezinho, sottoscrisse generosamente per
e 200 metri quadrati: « La famiglia salesiana è molto
numerosa» disse, « quindi giusto che i metri assegnati
a noi siano più di uno >l.
Letture Cattoliche brasiliane:
80 anni di lavoro sfibrante
• ella biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofi.a
di Lorena, c'è una fila di volumi rilegati, custoditi
con venerazione. Apro il primo. Contiene dodici
piccoli fascicoli: poche pagine, nessuna illustrazione.
li fascicolo numero uno porta su I frontespizio la data
«gennaio-febbraio 1890 ». È intitolato O catliolico
,w mu11do. L'autore è P. Joao Bosco, cioè San Gio-
vanni Bosco.
Sono le e Letture Cattoliche• del Brasile, un altro
ramo rigoglioso germogliato sul tronco delle opere sa-
lesiane di Rio de Janeiro. Ribattezzate Nosso Seculo
nel 1962, sono arrivate alla veneranda età di ottant'anni
nel 1970. Ora è allo studio una ristrutturazione e un
rilancio secondo una formula più corrispondente ai
nuovi tempi.
Il primo direttore delle Leituras Catolicas ~ fu don
Pietro Rota, italiano, nato a Lu Monferrato. Ma l'anima
della pubblicazione, il grande diffusore che smistò i
fascicoli in ogni angolo del Brasile fu don Luigi Zan-
cheta, pure lui italiano. La via che conduce alla Casa
Salesiana di Riachuelo porta oggi il suo nome, come
omaggio a questo pioniere della stampa cattolica.
L'anno fiù duro, per le Letture Cattoliche brasi-
liane, fu i 1923. In aprile, un incendio distrusse la
tipoçrafia. Il direttore di Niteroi chiese udienza al
Presidente della nazione, Artur Bernardes. Il Presi-
dente gli strinse la mano dicendo: • Sono un abbo-
nato alle Letture Cattoliche, che leggo e apprezzo da
molto tempo. Lei compri immedjatamente le mac-
" Saliamo per una s tra-
dina stretta st,,e tta, c he
si fa largo a s tento tra
baracche di ogni foggia
a dimensione. ~ la fa-
t1a /a chiamata Jac:are-
zlnho ··· " ·
chine che occorrono per riattivare la tipografia. l\\Ii
farà avere la nota della spesa. Voglio saldare io il conto,
non con il denaro della nazione, ma con un'offerta
personale».
Per quel gesto di magnifica bontà, le Letture Cat-
toliche ripresero le pubblicazioni. -ci primi trent'anni
furono diffusi nel Brasile 6 milioni di volumetti. Un'opera
monumentale di cultura eopolare, realizzata con mezzi
minimi, e con un dispendio di energie che solo Dio può
aver valutato.
Ogni anno delle Leituras Catolicas e di Nosso Sec11/o,
ha una storia di fatiche nascoste e di sofferenze segrete
comune ad ogni pubblicazione che non cerchi di tar
denaro ma di far del bene.
<< Se facessimo una rivista di foot-ball - mi ha
confidato don Duarte Costa, l'ultimo direttore di Nosso
Seculo - faremmo mucchi di denaro. Ma una rivista
che parli di Dio all'uomo d'oggi, col\\tituisce un pro-
blema, esige grandi sforzi. :\\la è questa la missione
che ci ha lasciato Don Dosco, e a questa missione siamo
rimasti fedeli •>.
Su una panchina, la radiografia
di una Congregazione
Parto questa notte in aereo per Belo Horizonte. È
la sede dcli' lspettoria centrale del Brasile. È un altro
grappolo di opere al servizio dei poveri e dei lavora-
tori.
Su una panchina di Riachuelo, mentre scendono le
prime ombre della sera, ho una rapida intervista con
padre Vasconcelos, presidente della Federazione Na::io-
11ale delle Scuole Cattolicl1t1 e sottosegretario della Con-
ferenza Episropale Brasiliana. Domando il suo parere
di esperto sui salesiani di questa ispettoria. Risponde
lentamente, misurando ogni parola:
«C'è un autentico spirito ecclesiale, salesiano, frn-
tcrno, comunitario. Abbiamo confratelli preparati e
pronti all'apostolato in ogni campo. Padre Nelson,
direttore di Jacarezinho, tanto per fare un nome, è
stato sollecitato più volte a presentarsi come deputato.
Lo coprirebbero di voti. :\\1a ciò che più deve farci
piacere è che si ama la Congregazione di Don Bosco,
non arrestandosi alle formalità. Ci si vuole bene. Ogni
problema è discusso vivacemente. Si prospettano con
chiarezza tutte le difficoltà, e ci si tro\\'a uniti nell'a-
zione.
l\\Ia non tutto è luce, e\\'identemente. In questi ul-
timi anni abbiamo avuto una perdita di confratelli.
È un fenomeno che s'è verificato in ogni congrega-
zione. e in ogni diocesi, ma non per questo diminuisce
il dolore. Papa Giovanni, del resto, l'ave, a predetto
con quelle parole scherzose: "Il Co11ci/io sarà come u11
'1.'ettto gagliardo: rafforzerà i forti e farà girare fa tesla
ai deboli". Debbo però dire, mettendomi una mano
sulla coscienza, che tutto questo non mi ha turbato.
Per vent'anni sono stato direttore dello Studentato
Filosofico, e conosco i salesiani dell'I spettoria come il
palmo della mia mano. E debbo dire che più che una
perdita, è stata per noi una purificazione e un rassoda-
mento. stata una presa di coscienza dei problemi
nuovi e formidabili della vita religiosa e dell'apostolato.
E sono sicuro che porterà, come risultato finale, una
spinta di rinnovamento nella missione che attende i
Salesiani del Brasile nei difficili anni che si stanno
spalancando davanti a noi t.
17

2.10 Page 20

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IL NUOVO CATECHISMO ANTICO
Perché questo libro? • Per chi questo libro?
Esso si presenta, semplicemente, come un catechismo. Ora, per catechismo sempre
si è inteso una esposizione della dottrina cristiana. dell'insegnamento comune nella
Chiesa cattolica. Di una simile esposizione oggi più che mai si sente il bisogno, per-
ché più che mai è preoccupante lo smarrimento dottrinale nel popolo di Dio.
Il Pontefice stesso lo denuncia accorato: cc La verità cristiana subisce oggi scosse
e crisi paurose... Vi è chi cerca una fede facile, altri cercano una fede nuova,
altri vorrebbero fidarsi di una fede naturalistica e filantropica, altri vor-
rebbero legittimare espressioni ambigue e incerte della fede o domandare
all'opinione d ei fedeli che cosa vogliono credere... n. In questa situazione
il Papa richiama i fedeli alla fermezza nella professione della fede: cc L'ora presente
esige da tutti i figli della Chiesa un grande coraggio, e in modo tutto spe-
ciale il coraggio della verità ».
«11 nuovo catechismo antico II si sforza appunto dì presentare «con coraggio» la
verltA cristiana, rivolgendosi particolarmente alle persone che hanno qualche pre-
parazione culturale.
Come ogni catechismo, anche questo dev'essere insieme antico e nuovo. Antico.
non vecchio, cosi come cc la Chiesa - dice Paolo VI - non è vecchie, è antica».
Il vecchio è inattuale, l'antico continua a essere attuale. Un mobile vecchio lo si buua
via, un mobile antico lo si acquista a caro prezzo. Ora, il catechismo è antico perché
la dottrina sua non è una novità di oggi: è quella medesima che Gesll Cristo insegnò
e che. attraverso il magistero degli Apostoli e dei loro legittimi successori, i Vescovi,
è giunta sino a noi nella tradizione della Chiesa.
Deve quindi riferirsi costantemente tanto alla Sacra Scrittura, quanto agli atti del
Magistero. Tra questi hanno la precedenza i documenti del Concilio Vaticano 11.
Di Paolo VI sono citati anche i discorsi tenuti nelle udienze generali, poiché in essi
il Papa fa, e come un parroco ai suoi fedeli, dell'umile catechismo». Ora quale mi-
gliore catechista del Vicario di Cristo 7
Questo catechismo è anche nuovo non già nel senso che dica cose nuove. ma che
risponde alle esigenze e ai problemi di oggi e viene incontro alle caratteristiche della
mentalità dell'uomo d·oggi.
Tali caratteristiche sembra si possano ridurre a due fondamentali: l'esigen7.a scienti-
fica e l'esigenza esistenziale.
Quanto alla prima è esigenza di ragionevoleua, di criticità o, pili semplicemente,
chiarificazione, approfondimento. organicità. Vi si richiama Paolo VI quando per il
catechismo esige cc uno studio, uno sviluppo, un approfondimento II che ne fac-
ciano una <e esposizione più completa e più organica della verità della fede».
L'altra esigenza, quella esistenziale, premunisce contro il pericolo che il messaggio
cristiano appaia qualche cosa di astratto, disincarnato, utopistico. Esso appare in-
vece. com'è, adeguato alle aspirazioni profonde dell'animo umano. ai bisogni, anche
attuali. del singolo e della società; appare la risposta più efficace, anzi la sole effi-
cace, all'invocazione che dal cuore dell'uomo si sprigiona oggi in maniera anche più
drammatica che un tempo. Risulta cosi anche l'adeguatezza della teologia all'antro-
pologia. del cristianesimo all'umanesimo, della dottrine divina al dramma dell'esi-
stenza umana.
Ecumenismo, missione. demitizzazione, generazione spontanea, celibato ecclesia-
stico, morte di Dio, transtinalizzazione, strutturalismo, educazione sessuale, e tante
altre questioni, oggi vive e brucianti, irovano il loro posto in questo catechismo «an-
tico e nuovo».
·
L'Autore, che è un saggio dalla forte quadratura intellettuale e morale, termina la sua
presentazione con queste parole: «L'autore per parte sua non avrebbe altra ambi-
zione che quella di potersi amibulre - con verità, per quanto in maniera infinita-
mente lontana da quella di San Paolo - ciò che lo stesso apostolo dice della pro-
pria catechesi: " Noi non adulteriamo, come tanti e tanti, la Parola di Dio,
ma la predichiamo come è nella sua purezza, come viene da Dio, davanti
a Dio, in unione con Cristo" (Il Cor. 2, 17): al quale sia gloria e onore nei se-
coli dei secoli».
Franco della Fiore
IL NUOVO CATECHISMO ANTICO
Pagine 918 - L 4000
18
Società Editrice Internazionale Torino

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Dal 1° gennaio
una lampada
arde e splende
Il ro gennaio scorso nella Basilica di Valdocco, con l'ac-
censione di una lampada simbolica, si è aperto il primo ·
centenario delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
La lampada votiva dovrà rimanere accesa presso la
statua di Maria Ausiliatrice durante tutto l'anno cen-
tenario. La scritta dice: Nel Tempio che Don Bosco
innalzò a Maria - questa lampada arde e splende - in
riconoscenza e amore - per i cento anni di grazie -
all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice - invoca-
zione di nuova forza e santità.
Presenti le Ispettrici dell'Ispettoria Centrale, Madre
Pierina Magnani, e dell'Ispettoria Piemontese, Madre
Maria Bongianino, e numerosissime Suore, il Diret-
tore della Casa Generalizia don Ai;igelo Zannantoni
compi la cerimonia dell'accensione con una formula di
benedizione che ricorda alle Figlie di Maria Ausi-
liatrice la loro dignità di pietre vive del << Monumento
vivente » eretto da Don Bosco a Maria Ausiliatrice,
le invita a rendere più splendente in quest'anno
centenario la fiaccola della devozione a Maria Ausilia-
trice nei loro cuori e nelle anime che avvicinano e invo-
ca su tutto l'Istituto l'aiuto materno di Maria Ausi-
liatrice e la protezione della confondatrice Santa Maria
Mazzarello.
Al canto di una lode mariana, la lampada venne portata
processionalmente dinanzi alla statua di Maria Ausi-
liatrice per rimanervi accesa fino all'8 dicembre 1972,
data della chiusura delle celebrazioni centenarie.
Il Celebrante disse quindi parole di circostanza nelle
quali mise in risalto lo sviluppo prodigioso dell'Istituto
nel primo secolo di vita e invitò le Suore a una respon-
sabile e concreta gratitudine alla Vergine Ausiliatrice,
attraverso una fedeltà che - come ha detto Paolo VI
. ai membri del Capitolo Generale - affonda le sue radici
in quella vitale radice che sono gli esempi e gli insegna-
menti di Don Bosco.
Terminò con un richiamo alla strenna del Rettor Mag-
giore, che propone a tutta la Famiglia salesiana quella
sincera rinascita interiore che è condizione indispen-
sabile di qualsiasi rinnovamento.
La funzione si concluse con l'adorazione, seguita dalla
benedizione eucaristica e dal canto dell'antifona << O
Maria, Vergine potente&.
SI accende la lampada e si colloca davanti al quadro
di Ma ria Ausiliatrice.

3.2 Page 22

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Che ragazzi,
i venti paulisti
del
DON CARLO DE AMBROGIO
Mato Grosso!
Desideravo da tempo sentire che timbro concreto
e che risonanza traessero dalle anime dei migliori gio-
vani brasiliani le seguenti parole di un messaggio del-
l'arcivescovo di Recife, Helder Camara, che mi ave-
vano co.lpito: «Il giovane cristiano post-conciliare è
un giovane senza paura. La gioventù non è una semplice
assenza di rughe e di capelli bianchi, e la vecchiaia non
e è un puro avanzare negli armi. Voi sapete che essere
giovani avere una causa alla quale dedicare la vita.
E noi abbiamo una triplice causa cui dedicare la nostra
vita generosa: vivere, come Brasil.iani, la giovinezza del
Brasile; vivere, come uomini, la giovinezza de.I mondo;
vivere, come cristiani (e Cristo non è monopolio di nes-
suno, è venuto per tutti), la giovinezza eterna del Cristo>>.
Indubbiamente è un messaggio al fosforo. Avrebbe
trovato un arco voltaico giovanile su cui scoccare scin-
tille di luce? L'ho scoperto: almeno così mi pare, nel
Mavime11to giovanile per le Missioni. Ho saputo che un
gruppo di giovan.i di San Paolo, nel Brasile, sta vi-
vendo esattamente la giovinezza del Brasile, la gio-
20 vinezza del mondo, la giovinezza eterna del Cristo.
I nuovi leaders
lVIe ne parlava con semplicità l'ispettore salesiano di
San Paolo, don Sa.lvatore De Bonis. Mi mostrava a
conferma anche un fascio di lettere che gli erano giunte
da 'quella grande metropoli sudamericana. La cosa era
nata così. TI Servizio di Pastorale Giovanile dcll'lspet-
toria di San Paolo da qualche anno si è messo a orga-
nizzare raduni e incontri giovanili, a livello spirituale,
tra gli alu1mj delle classi superiori, tra i giovani exal-
lievi, tra i più promettenti ragazzi delle parrocchie
sa.lesiane; la stessa cosa in mezzo alle giovani studentesse
e exaJlieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Un con-
centramento di forze spirituali per riscoprire e appro-
fondire la fede e la vita cristiana.
Base di studio è il Vangelo: ma il Vangelo riscoperto
dai giovani, visto con occhi nuovi, ascoltato col cuore
di ragazzi che banno vent'anni. Il Vangelo entra a.llora
nella vita di ognuno come un ciclone; fa sentire tutta
l'urgenza dell'ora zero, l'ora della decisione urgente,
del a Cristo, prima che sia troppo tardi. 11 Regno

3.3 Page 23

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sacerdoti, due chierici e una suora. Era un primo ten-
tativo di aiuto aUe missioni di Porto Velho nelle Amaz-
zoni~ A capo di quel gruppetto di missionari nuovo-
tipo era don Antonio Sarto. Quasi un anno dopo, quel
prete-guida diventava l'ausiliare di mons. Costa, ve-
scovo di Porto Velho. Avevano un programma preciso
di evangelizzazione, non di avventure, di costruzioni
o peggio di pionierismo folcloristico. I nove sacerdoti
dell'ispettoria salesiana di San Paolo offrivano di
dare il cambio per un mese di riposo e di vacanze ai
missionari che da anni erano ininterrottamente sulla
breccia: era logico che quegli infaticabili missionari
dovessero un po' ricuperare il fiato dopo tanto lavoro.
1 giovani laici invece si proponevano di vivere accanto
ai ragazzi di Porto Velho, per <1 essere come loro 1>, per
condividere con loro le ansie spirituali e i loro pro-
blemi e soprattutto per agganciarli psicologicamente
e portarli a un incontro vitale col Cristo. Volevano ri-
petere a Porto Velho la loro esperienza di San Paolo:
era un processo di gemmazione, noi diremmo con lin-
guaggio scientifico.
di Dio è v1cm1ss1mo, proclama Gesù. I giovani ne
rimangono abbagliati. Gli incontristi (cosi sono chia-
mati questi giovani d'impegno) subiscono un battesimo,
cioè un'immersione nella Parola di Dio che li pu-
rifica totalmente ((< Le mie parole vi hanno reso puri ,1,
diceva Gesù); un battesimo che li rovescia come un
guanto. Da li, il passo è facile a diventare dei leaders,
cioè dei capi-cordata, delle guide per altri loro compagni.
Chi possiede la verità, è impaziente di comunicarla,
di spartire con altri il suo pane. Questi ragazzi conqui-
stati da Cristo diventano a loro volta conquistatori:
sono gli animatori dei propri compagni. Ben formati,
saranno domani il fermento di una nuova società ve-
ramente cristiana.
Primo esperimento
La prin:1.a esperienza di apostolato giovanile ebbe luogo
nel 1970. Un giorno, tredici giovani di San Paolo parti-
rono per la lontanissima Rondonia insieme con nove
Una s pedizione-esperienza
Un anno dopo, il raggio di azione si spostò nelle mis-
sioni salesiane del Mato Grosso: aiuto materiale, sì,
ma soprattutto aiuto spirituale e culturale. Nel giorno
programmato, dopo un'intensa preparazione di raccogli-
mento, di pietà e di esercizi spirituali, un sacerdote,
un chierico e dieci giovani (ragazzi e ragazze) dettero
l'addio alla granùe metropoli di San Paolo e si avventu-
rarono nell'immenso hiuterla11d brasiliano. La loro meta:
Meruri, una zona missionaria dove vivono gli indi
Bororos.
La finalità principale del Movimento Missionario
era quella di dare ai Bororos di Meruri un'autentica
e convincente testimonianza di come si possa essere
buoni cittadini e ottimi cristiani. Lo scopo venne rag-
giunto quando tra gli indi e i giovani si avviarono i
primi incontri spirituali e comunitari. Sull'arco voltaico
giovanile scoccavano le scintille della luce vera <( che
illumina ogni uomo>>. Quei primi contatti servivano a
rodare le future leve di laici desiderosi di mettere in
pratica l'invito del Concilio nel Decreto Ad ge11les
sulle missioni. L'invito era partito dal direttore della
missione di Meruri. Sul filo del telefono e a mezzo di
lettere si era raggiunto un· accordo tra i due Ispettori
salesiani, rispettivamente di San Paolo (don De Bonis}
e del Mato Grosso (don Pompeo dc Campos). Poi il
Servizio di Pastorale aveva deciso di inviare (signifi-
cativo questo tcnnine carismatico rispolverato dall'età
apostolica della Chiesa) un sacerdote e uno studente
di teologia, sei ragazze e quattro giovanotti, scelti negli
ambienti e nei vivai salesiani degli Incontri di Gioventù,
per un lavoro missionario di venti giorni tra gli Indi
della missione. li lancio missionario venne preceduto
da tre giorni intensi di ritiro spirituale e di briefing
(direbbero gli inglesi), cioè di sensibilizzazione secondo
!e più sviluppate tecniche attuali perché i giovani si
rendessero pienamente conto del loro impegno cri-
stiano. I giovani erano dell'età oscillante tra i sedici e
i ventotto anni. La preoccupazione di don De J3onis
era che quel gruppo fosse imbevuto di spiritualità e
di coscienza missionaria. Il lavoro qu ·odi doveva pog-
giare essenzialmente sul Vangelo e sul documento
conciliare Ad gentes e essere ossigenato dJ. molta pre-
ghiera, comunitaria e personale.
21

3.4 Page 24

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Un'altra finalità era di sondare le possibilità di una
simile azione così nuova in piena zona missionaria.
Fu una spedizione-esperienza.
Una giornata a Meruri
- E come lavoravano durante il giomo ? - chiedo
a don De Bonis. Mi racconta con disinvoltura, quasi
sgelandosi da un lungo periodo di assenza dal suo campo
di lavoro (sono sei mt:si che è qui in Italia per i lavori
del Capitolo Generale Speciale). Mi specifica:
- Al mattino due ragazze e due giovani visitavano
le famiglie degli indi. La preoccupazione principale
dei primi giorni fu di catturare l'amicizi'a e la simpatia
di quei primitivi, il che non è facile perché sono per
natura diffidenti e refrattari, direi quasi scorbutici.
In seguito, conosciuta la mentalità degli indigeni, si
cominciava il nostro apostolato specifico, parlando
suJla necessità del lavoro, sull'igiene, sull'educaziont:
dei figli, sulf'armonia del focolare, sulla vita cristiana,
valorizzando in tutto la cultura indigena. Con sem-
plicità e umiltà. Gli indi si illuminavano di gioia.
Alla sera, si dava il via ai lavori manuali. Le ragazze
aiutavano le suore missionarie e le donne indie a cuci-
nare, a lavare la biancheria, a rigovernare la casa, con
esempi pratici di puericultura. I ragazzi aiutavano a
costruire un ambulatorio. Questo risultò importante
perché era un esempio concreto per gli indi di lavoro
manuale.
Quando poi calavano le prime ombre allora avevano
luogo gli incontri sociali e culturali: l'alfabetizzazione,
l'insegnamento elementare. Poi riunione di indi, mu-
sica: che ritmi di carioca, shows musico-recitativi, film
e filmine! A chiusura, la messa comunitaria, con let-
tura _dei salmi, liturgia della parola e liturgia eucaristica.
Ultimo atto: il gruppo missionario si riuniva e faceva
una revisione di vita e una programmazione per il
giorno seguente. Intensa la spiritualità del gruppo,
animata dalla messa e dalla comunione quotidiana, da
frequenti omelie, da riflessioni comunitarie, dalla me-
ditazione e dalle visite eucaristiche. Gli Indi rimanevano
beneficamente shoccati: dall'amore fraterno e dall'alle-
gria festosa di quei giovani paulisti.
Risultati positivi
Prima di rientrare a San Paolo il gruppo fece una
breve capatina ad altre due missioni: quella di S. Marcos
e quella di Sangradouro e in due città di caboclos, cioè
di bianchi addetti ai lavori della terra, a puro titolo di
ricognizione, per eventualmente studiare altre possi-
bili spedizioni missionarie in quelle zone.
Risultato positivo: un risveglio di fiamma missio-
naria e di vita spirituale sia nei missionari che negli
indi. Occorreva rompere la terribile monotonia che si
era instaurata da anni. Di fronte agli indi quei giovani
dettero testimonianza di preghiera e di bontà.
Il direttore della missione di Meruri ebbe una bat-
tuta felice prima di dare l'ultimo addio a quel gruppo
simpatico di giovani: «Quando io - interloqul -
dovrò dire ai Bororos le parole di Gesù: "Amatevi gli
uni gli altri" come veri fratelli, non ci sarà bisogno
che ricorra a esempi presi dai libri. Mi basterà dire:
"Siate fratelli e amici come lo furono quei giovani di
22 San Paolo che trascorsero qui venti giorni con voi"».
IN MARGINE
A UN DIBATTITO
AMARE
I GIOVANI
Eravamo in molti nella ,m/;r
"Cesàri11, presentì al dibattito
organizzato dai Cooperatori
Salesiani e dagli ex alunni di
Don Bosco, sul tema $< Attua-
lità del metodo preventivo».
Ed eravamo tutti - genitori e
insegnanti, educatori. religiosi
e laici - persone interessate,
appassionate, impegnate a fon-
do sul problema educativo,
nel rapporto quotidiano col
mondo giovanile. Tutti consa-
pevoli della gravità del pro-
blema e dell"urgenza di un8'
soluzione positìva del rapporto
coi giovani. che sembra farsi
sempre più difficile.
Forse alcuni fra noi erano ve-
nuti al dibattito portandosi
in cuore un'amarezza pesante,
altri spinti dal desiderio d;
sentire un consiglio, altri sem-
plicemente incuriositi da quelle
parole, «metodo preventìvo »,
che se da una parte suggeri-
vano la rigidità di un sistema,
aprivano dall'altra la prospet-
tiva di un orizzonte spalan-
cato sul domani.
E questa prospettiva si è mani-
festata subito nella relazione
del salesiano don Giano/a. Me-
todo, sicuramente, fu quello di
Don Bosco, per la chiarez_za con
cuiil Santo piemontese lo deli-
neò e per la concretezza con
ci.Ji lo realizzò. Metodo però
fondato sul/"amore, e quindi
suscettibile di tutte quelle «in-
venzioni» che «intelletto d'a-
more» continuamente sugge-
risce. E altumile prete venuto
dai campi, uomo dalla stoffa di
organizzatore, sacerdote fedele
al Dio che ama, quante «in
venzioni» suggeri l"amore!
A metà dell"Ottocento, in un
periodo storico non meno dif-
ficile del nostro, agitato da
fermenti politici e sociali, ca-
ratterizzato da idee e da azio-
ni rivoluzionarie, nella Torino
in cui si avvertivano i pro-
blemi delle prime industrie.
dell"urbanesimo, dello sfrutta-
mento economico e dell'insi-
curezza dei poveri, Don Bo-
sco fece sua la causa dei gio-
vani. Di fronte a tanti ragazzi
esposti a tutte le incertezze,
non di rado emarginali, ab-
bandonati a una assistenza
insufficiente o destinati a fi-
nire in prigione, Don Bosco
intul - per cosi dire - i
giovani come categoria sociale

3.5 Page 25

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DOCUMENTI SENZA COMMENTI
e ne sostenne i diritti. I gio-
vani hanno diritto al calore
di una famiglia, a una edu-
cazione presentata come una
situazione vissuta, come un
amore capace di costruire o
ricostruire I"uomo a tutti i li-
velli. Convinto che i giovani
non sono cattivi, e che si può
e si deve prevenire in loro il
male, Don Bosco ideò e rea-
lizzò le opere che «in situa-
zione » gli apparivano neces-
sarie come risposta ai pro-
blemi dei giovani. Diede loro
lavoro e cultura, li aiutò a
essere giovani, ne comprese
le esigenze, gli interessi, i
gusti, ne accettò e condivise
lo stile, volle essere non ac-
canto ma in mezzo a loro, ma-
nifestando il suo ottimismo e il
suo affetto, assumendo in una
Fede convinta e vissuta tutti i
loro valori umani. «Amate ciò
che i giovani amano, affinché
essi amino ciò che voi amate».
Queste parole, poste da don
Giano/a a sintesi del metodo
educativo di Don Bosco, si-
gnificano non certo che gli
adultidebbano indulgere scon-
sideratamente ai capricci o
alle stoltezze dei ragazzi, ma
piuttosto che debbono andare
incontro ai giovani senza pre-
venzioni, a cuore aperto, in
un atteggiamento non di aprio-
ristica condanna, ma di com-
prensione sincera, con quel-
/'affetto che schiude alla con-
fidenza prima, e porta poi alla
fiducia completa. È quanto
ha ben espresso la professo-
ressa G. Denti: oggi minacce
e punizioni non servono, ma
i giovani non diffidano di chi
dimostra loro sollecitudine e
affetto, e si aprono facilmente
al colloquio con chi sa per
primo avvicinarsi a loro. Oggi
i nostri giovani, precocemente
autonomi o almeno deside-
rosi di autonomia, vivono in
una società dominata dal-
/'egoismo, dal materialismo,
in qn benessere che ha por-
tato anche molta corruzione.
Per questo si sentono moral-
mente disorientati, disperdono
le loro energie, soffrono la noia,
tentano evasioni che a loro
paiono logiche e sono disastro-
se, giungono persino alla di-
sperazione. A tali conseguenze
li conduce l'abuso della libertà,
la presunzione, la sfiducia nel
prossimo. Quali mezzi usare
per prevenire tali mali, di cui
spesso la colpa risale al com-
portamento degli adulti e alfa
corruzione diffusa nella so-
cietà ? I mezzi possono essere
molti. secondo le circostanze e
le personalità dei ragazzi. Per
esempio, educando i giovani
all'uso saggio del tempo libero,
si suscitano entusiasmi e spe-
ranze, si evitano dispersioni di
forze buone, si facilitano vin-
coli di amicizia.
Promovendo in tutti i modi il
senso della responsabilità per-
sonale, si dà ai giovani co-
scienza dei loro doveri troppo
spesso dimenticati e li si educa
al rispetto dei diritti altrui. I gio-
vani sono più buoni di quanto
sembra: spetta agli educatori,
con coraggio ed energia, sfor-
zarsi di migliorare la società
e insieme stimolare le forze
spirituali dei giovani. Occorre
aver fede profonda nei valori
dello spirito umano, che ha
ricchezze imprevedibili anche
per i più esperti educatori
e per gli psicologi più acuti.
Certo, educare è una soffe-
renza continua. Lo ha detto
nel dibattito una mamma, che
è pure maestra, la signora
A. M. Fracassi. La sua espe-
rienza in famiglia ed a scuola
le ha dimostrato che per pre-
venire nei fanciulli difetti, ec-
cessi, errori, ci si deve preoc-
cupare molto più di loro che
di noi stessi. Creare intorno
ai bambini un ambiente di
buone abitudini significa dare
sempre loro buoni esempi,
con costanza e sacrificio. Per
farsi obbedire occorre farsi
amare, non cedendo alla fa-
cile tentazione di un'accondi-
scendenza comoda forse per
noi, ma dannosa per i fan-
ciulli, bensl dimostrando fi-
ducia, ammonendo, premian-
do, correggendo con compren-
sione. I figli non devono mai
sentirsi trascurati, mai messi
da parte. Anche se il lavoro
occupa per molte ore i geni-
tori, i fanciulli hanno bisogno
di sentire che nei momenti
liberi papà e mamma si de-
dicano completamente a loro,
stanno con loro il più pos-
sibile. La scelta degli svaghi,
la ricerca costante delle atti-
tudini dei figli, la disponlbi-
lità al dialogo, l'approfondita
conoscenza del loro animo,
tutto questo è metodo pre-
ventivo tradotto in concreta
esperienza d'amore. Senza que-
sto amore ci sarebbero sem-
pre gli «orfani spirituali», ab-
bandonati a se stessi, incapaci
di difendersi dal male interno
ed esterno.
Anche il dottor M. Manto-
vani. ponendosi le domande:
«Prevenire o reprimere? E
prevenire che cosa ?» ha affer-
mato che la risposta positiva
della psicologia è: « Prevenire:
prevenire le situazioni di di-
sadattamento, perché non esi-
stono dei ragazzi disadattati,
ma esiste una società disa-
dartante ». Le istituzioni nor-
mative si trovano oggi sem-
pre in arretrato rispetto alla
evoluzione della società. Le
strutture spesso si dimostra-
no non valide e devono essere
mutate. Sarebbe grave errore
considerare una realtà dina-
mica come conclusa, e pre-
tendere di trasmettere come
immutabi/1 e sicuri nella ioro
staticità quegli elementi del
nostro mondo che già si ri-
velano criticabili. C'è un tipo
di rinnovamento che non de-
ve essere condannato, ma anzi
preparato. Prevenire oggi si-
gnifica preparare i giovani ad
affrontare e superare ogni si-
tuazione: significa insegnare
loro ad assumere un atteggia-
mento critico e renderli ca-
paci di autodeterminazione.
Oggi i mass-media ci tolgono
il tempo libero e impongono
come primarie scelte del tutto
secondarie: oggi i mezzi di
comunicazione moltiplicano la
loro influenza e i loro poteri
di persuasione occulta. Da
tutte queste suggestioni gli
educatori debbono preventi-
vamente liberare i giovani.
Occorre presentare loro una
vastissima gamma di interessi,
che poi costituiscano la base
di valori da disporsi gerarchi-
camente; assumendo perso-
nalmente tali valori, i giovani
saranno in grado di rinnovare
la società e di vivere in un
mondo che non superi e non
soffochi l'uomo. ma lo faccia
veramente libero.
Cosi. nelle parole dei quattro
relatori, il «metodo preven-
tivo» di Don Bosco è ap-
parso ancora validissimo per
tanti aspetti: attualissima si è
manifestata l'urgenza del pre-
venire con amore nell'opera
educativa. Ed è questo ciò
che Mons. Astori nel presen-
tare il dibattito a, eva detto:
«seminate nella speranza».
Da La Vita Cattolica di Cremona
del 5 ,12- 1971
23 I

3.6 Page 26

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3.7 Page 27

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DON BOFFA
salesiano semplice
L'anno 1971 si è chiuso a Torino con
la perdita del Delegato ispettoriale dei
Cooperatori don Carlo Boffa, un sale-
siano che il Superiore ha definito «fi-
gura semplicissima eppure meravigliosa».
« Un attaccamento speciale a Don Bosco
e alla Congregazione)> era stato il pro-
posito della sua consacrazione perpetua
a Dio, e fu la caratteristica della sua vita
e del suo apostolato tra i giovani prima,
tra i novizi poi e in fine, per 17 anni,
tra i Cooperatori Salesiani. L'ultima sua
fatica fu proprio una pubblicazione su
Don Bosco, che egli curò per offrirla
alle famiglie dei Cooperatori, e fu felice
quando, già infermo. vide le prime
copie del volumetto « Educhiamo come
Don Bosco».
Suo stile: semplicità e umiltà, bontà e
spirito di servizio. Don Botta era il sa-
lesiano sorridente e amabile, sempre a
servizio di tutti, paziente, costante. fidu-
cioso nella efficacia del suo lavoro, ba-
sata sulla preghiera.
Dopo la riscoperta e la rivalutazione d ei
laici fatta dal Concilio, don Boffa di-
venne l'apostolo della promozione au-
tentica del laicato nella Chiesa. Tutto
il suo lavoro, faticoso e senza soste,
che lo portò a immolarsi sulla breccia,
fu in questa direzione: fare dei Coopera-
tori salesiani laici coscienti e attivi nella
missione salvifica della Chiesa, a co-
minciare dai giovani in cui aveva tanta
fiducia.
E desiderava che tutti i salesiani pren-
dessero coscienia di questo momento
storico per la Chiesa e per la Congre-
gazione, perché aiutassero i laici - per
noi i Cooperatori - a diventare i veri
animatori della società in tutte le strut-
ture profane, dove al sacerdote è pre-
cluso o difficile l'accesso: fam iglia,
scuola, ufficio, officina, bar, stampa,
cinema ecc. E tutto questo con spirito
missionario, preoccupandosi di avvici-
nare i lontani in forme semplici, umane e
delicate.
Don Carlo Boffa con la zia Cooperatrico
salesiana, signora Annunziata Artusio ved.
Boffa, il giorno in cui e.ssa, vegeta e sana,
compiva i 100 anni (20 gennaio 1969). Oggi
la zia u ltracentenaria è rimasta a pianger&
ramato nipote sales iano.
Sull'esempio di Don Bosco, don Boffa
non conobbe limiti nel lavoro e nel sa-
crificio di sé, ma fu anche, come il
Padre, uomo tutto di Dio. Lo rivelò
soprattutto quando dovette fermarsi,
esausto di forze e consumato da un
male misterioso. Anche allora parlava
continuamente dei suoi Cooperatori. ma
con serenità e pieno abbandono alla
volontà di Dio. Confidò a un suo intimo
che in un primo tempo, quando sperava
fortemente di guarire e riprendere la sua
attività, pregava cosi: « Signore, non
ricuso di soffrire ma chiedo di lavo-
rare>>. Poi, quando la malattia si aggravò,
preferl quest'altra preghiera: « Mio Dio,
voglio fare perfettissimamente la tua va-
/onta» .
Per Maria Ausiliatrice don Botta ebbe
un affetto filiale nel senso pieno della
parola. Era felice che la sua lspettoria
(la Subalpina) fosse dedicata a Maria
Au~i liatrice e soleva consacrare a Lei
ogni suo piano di lavoro, offrendole
tutte le sofferenze che la scarsa salute
e lo zelo senza limiti gli procuravano.
Ogni giorno realizzava in sé quanto
aveva chiesto a Maria Ausiliatrice il
giorno della sua festa (24 maggio 1936),
scrivendo nella domanda per l'Ordine
del Presbiterato: « O Maria, tu che mi
sei stata aiuto nella giovinezza e lungo
tutta l'irto cammino che mi ha portato
alla mela..., stendi ora la tua mano,
conducimi a/l'altare santo di Dio e fa
che io sia degno di offrire con l'Ostia
divina, tu/lo me stesso ogni giorno».
Con la Vittima divina don Botta offrl
realmente tutto se stesso ogni giorno,
fino alla fine. Alla vigilia di Natale offri
tutte le sue sofferenze per la Congrega-
zione, per il Capitolo Generale e per i
Cooperatori Salesiani. Pare anzi che
per questi fini abbia offerto la sua vita,
dal momento che Dio lo prese con
pochi giorni dopo.
Ormai prossimo alla fine, giaceva tutto
raccolto nella sua piccola cella della
infermeria del «Gottolengo>>, quando un
confratello, con pensiero delicato, gli
disse: «lo canterò "Andrò a vederla un
di", e lei accompagni il canto col pen-
siero». Don Boffa si illuminò in volto
e quando il canto giunse alle parole:
«Al Ciel, al Ciel, al Ciehl, si unl anche
lui al confratello e cantò con gioia:
«Al Ciel, al Ciel, al Cieh>.
«Beati i miti perché possederanno la
terra l>. Questo salesiano semplice e mite
possedeva il cuore dei suoi Cooperatori,
che lo amavano come un padre. Per
questo la sua scomparsa ha destato in
tutti il più vivo rimpianto.
Fin che la Provvidenza suscita uomini,
apostoli, sacerdoti della tempra di don
Boffa, possiamo guardare con ottimi-
smo pieno di speranza all'avvenire della
Chiesa e della nostra Famiglia.
25

3.8 Page 28

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Le Figlie di Maria
da vent'anni in
A dieci gradi sotto l'equatore, di frante all'immensa isola Madagascar, si affaccia sull'oceano
Indiano il Mozambico. Sette milioni di abitanti su un terri:torio due volte e ·mezzo l' Italia,
quasi tutti negri, quasi tutti pagani e aualjabeti. I Salesiani e le Figlie di Maria Ausi-
liatrice vi lavorano da un ventennio. Qui presentiamo solo le opere delle Suore, e il nostro vuol
essere un omaggio alla seco11da Famiglia di Don B osco in quest'anno centenario (1872-1972).
Le Figlie di Maria Ausiliatrice - ci ricorda la Dele-
gata, Madre Maddalena Mazzonc, che ha steso per
noi un'ampia relazione rubando le ore a1 sonno - sbar-
carono a Lourenço Marques nel 1952. All'arrivo ci
fu chi andò a visitarle e suggeri loro di fare dietro-
front: «Così giovani!... \\'i consiglio di alzar le tende
prima cbe la bufera vi porti via •· La direttrice rispose:
• Siamo venute nel nome di i\\laria Ausiliatrice. Prefe-
riamo fare fiasco con la Madonna che mancare di fi-
ducia in lei ».
Questo articolo parla appunto del «fiasco 11 delle
Figlie di Maria Ausiliatrice nel :Mozambico.
L'Assistenza pubblica portoght.'Se che si occupa del
26 :\\Iozambico (per i Po rtoghesi è una «provincia d'oltre-
mare»), offerse· alle Suore salesiane un grandioso edi-
ficio a Namaacha, tra il verde profumo dei pini e degli
eleganti eucaliptus. L'aspetto claustrale della costruzione
lasciò interdette le prime ragazze che vi si affacciarono,
ma l'affettuosa accoglienza delle suore dissipò presto
ogni timore.
Il numero delle piccole ospili crebbe rapidamente,
Oggi sono più di duecento: facce bianche, facce nere
e, in mag~1oranza, facce color cioccolato, le meticce,
I loro genitori sono morti, oppure le hanno abbando-
nate; in ogni caso, sono poverissime.
È una realtà che le fa soffrire e le rende talvolta
irrequiete e ribelli. Bisogna spiegare Joro che scorag-
giarsi non serve, che la vita va affrontata con coraggio.

3.9 Page 29

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t\\usiliatrice
Mozambico
L
A sinistra: I bambini gradiscono non
solo le caramelle, ma anche la me-
daglia della Madonna, che si appen-
dono al collo, se non per devozione,
come ornamento grazioso. Sopra : ~
domenica e I bimbi delle exallieve di
Macomia sono sempre i più puliti e
I più ben vestiti.
Frequentano gli studi elementari e medi, imparano
a confezionare abiti, a cucinare, a tenere in ordine la
casa, e perfino a usare la macchina da scrivere. Quan-
do se ne vanno, a diciotto anni, posseggono una
buona formazione umana e cristiana, possono eserci-
tare una professione.
Ogni tanto ritornano a rivedere le loro educatrici, a
raccontare quello che fanno, a dimostrare con la loro
gioia e la loro riconoscenza che il lavoro delle Suore
non è stato vano.
Nella stessa città e da.Ilo stesso anno lavorano pure i
Salesiani con la gioventù maschile. Risultato non ul-
timo, frequenti matrimoni tra exallievi ed exallieve
danno origine a nuove famiglie cristiane.
Il cane Regolo
Nove anni dopo, le Figlie cli Maria Ausiliatrice la-
sciano il centro abitato e si inoltrano nella boscaglia
ove sono disseminate le capanne degli indigeni. Con
l'aiuto dei missionari portoghesi Cucujaes, fondano la
nuova missione (< Santa l sabel 1> nel villaggio di Chiure.
11 compito più importante che le attende è piuttosto
insolito: convincere le mamme a ritardare il matrimonio
delle figlie a un'età ragionevole, cioè almeno a sedici
anni, e dopo un minimo indispensabile di prepara-
zione. Perché laggiù alla donna non viene riconosciuto
alcun diritto, alcun valore, salvo quello di mettere
al mondo il maggior numero cli figli. La prima preoccu-
pazione di una mamma è quella di sposare la figlia al
più presto, anche a 12-13 anni, non importa a chi; e
la maggior soddisfazione è sapere che la sua bambina
(spesso è proprio così) sta per avere un figlio.
Un giorno la suora stava facendo il giro dt:lle ca-
panne con una ragazza che le faceva da interprete,
quando incontrò una mamma che stava parlando ani-
matamente alla sua piccola, appesa alle spalle, mentre
indicava con insistenza un bimbetto intento a giocare.
- Ma che cosa dice ? - domandò la suora alla ra-
gazza.
- «Figlia mia - tradusse quella - figlia mia, n-
peti: questi è mio marito, questi è mio marito»!
Le conseguenze di matrimoni così prematuri sono
facilmente immaginabili, eppure non è facile ottenere
dalle madri che le ragazze prima di sposarsi passino
qualche mese di preparazione nella missione. Ora sono
già abbastanza numerose quelle che vengono, ma i
primi giorni li trovano durissimi. Star sedute anche
solo qualche momento con un ago in mano per impa-
rare a cucire, per loro è un martirio; abituarle alla pu-
lizia della persona, degli abiti e della capanna, è una
vera impresa. Invece ascoltano volentieri insegnamenti
religiosi e morali. Le suore non si fanno illusioni:
quelle ragazze tornando nel loro ambiente dimentiche-
ranno molte cose. Ma non tutte: parte del seme germo-
glierà e darà il suo frutto.
A << Santa I sabel l> le missionarie hanno anche un pic-
colo dispensario, insufficiente e mal fornito. Eppure
è frequentatissimo: alcuni percorrono magari 60 e 70
chilometri a piedi per farsi curare <(all'ospedale>>, come
essi dicono. Talvolta arrivano io condizioni disastrose,
perché prima sono ricorsi alle arti dei loro stregoni,
o hanno perduto tempo prezidso nel tentativo cli sco-
prire lo spirito maligno che, secondo loro, sarebbe
la causa della malattia.
Questa degli spiriti maligni, e d_i quelli rinchiusi nel
corpo di animali in espiazione ddle loro colpe, è una
credenza radicatissima.
27

3.10 Page 30

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L'anno scorso moltissimi cristiani erano affluiti alla
missione per le funzioni della settimana santa. Proprio
il giorno di Pasqua, nell'ora del pranzo, scoppiano
all'improvviso grida e urla minacciose. Le suore si pre-
cipitano fuori: i loro cristiani stanno inseguendo un
cane, ma~ro t: spaurito, gridando e cercando di ucciderlo
con una fitta sassaiola, finché la pO\\'cra hestia soccombe
frncassata. • Era il cane Regolo, i;pit.>ga alle suore alli-
bite un giovanotto e,•identtmcnte soddisfatto. Aveva
in l'anima del Regolo, il capo di una trib1'1 morto
tempo prima. Fra qualche giorno risusciterà, e bisognerà
ucciderlo di nuovo, se non vogliamo essere castigati.
Così fino a quando l'anima del Regolo non avrà finito
di scontare le sue colpe •·
Le suore si guardano in faccia: c'è un fondo di ve-
rità in (Jl.lesta superstizione primiti,·a; sarà loro com-
pito farla emergere purificata.
Nel 1963 le missionarie avanzano nel cuore della
foresta fino a 173 chilometri dn Porto Amelia, a Ma-
comia, su una ridente colli11a, e fondano il centro
« Santa Filomena>). La pos1zicnc è bellissima, una ri-
gogliosa vegetazione verde cupo difende dal calore
tropicale; ma è una zona completamente sdvaggia, e
i neri ci vivono allo stato primitivo. Sono quasi tuni
pagani, salvo un certo numero di musulmani e alcuni
cristiani. La missione ha la stessa struttura della pre-
cedente: chiesa, residenza per i missionari portoghesi
e per lt: suore, ambulatorio, scuola, preparazione delle
11oi'1.'tLS (fidanzate) aJ matrimonio. fl sabato e la dome-
nica le suore si recano in visita ai villaggi, curano gli
an1malati, insegnano il Vangtdo, li aiutano a migliorare
il tono di vita, li fanno cantare. Accettano quello che
viene offerto loro, compresa l'ospitalità notturna in
letti improvvisati e impossihili, mentre gli uomini vi-
e gilano per tenere lontane le bestie feroci. Tah·olta
difficile prendere sonno in quei giacigli. :.\\la alle prime
luci dell'alba energici chicchirichì danno la sveglia
anche a chi si era appena assopito...
progetti per l'avvenire: sognano un grande oratorio,
in cui accogliere cd educare tanta gioventù abbando-
nata...
Lo stesso anno le figlie di ~laria Ausiliatrice hanno
aperto un centro a Porto Ame lia, graziosa cittadina
che si affaccia sull'oceano Indiano in una splendida
baia. Aiutano i sacerdoti della parrocchia, dirigono un
oratorio affollatissimo, fanno scuola al • liceo o, organiz-
zano attività di ogni genere tra i giovani. La popolazione
è qua<;i tutta pagana o musulmana, ma l'idea cristiana
penetra, sia pure lentamente.
e Nel '65 aprirono una casa a Brentwood Park (Sud
Africa). Non nel l\\lozambico, ma l'hanno accettata
perché si tratta di una parrocchia di emigrati porto-
ghesi, clic costituisce un'oasi cattolica tra protestanti
e musulmani. :{ella parrocchia, oltre la cura di un
mo,·imento religioso-sociale as.~i fiorente, tengono un
piccolo collegio per i figli dei coloni, che \\>Ì\\·ono iso-
lati e nella impossibilità di mandare i figli alle scuole
pubbliche. Con la scuola elementare quotidiana ai
ragazzi offrono la catechesi cattolica, necessaria in un
paese protestante. Tra le attività parrocchiali non manca
naturalmente l'Oratorio festivo, che è come l'altro
polmone dello casa.
« E adesso cèrcati un'altra sposa »
Dopo tredici anni dalla prima fondazione, le missio-
narie aprono a Namaacha il collegio <1 Maria Ausilia-
trice o. L.: ospiti oggi sono un centocin4uanta: bianche,
nere, meticce; delle più d.ispamte classi sociali. Prima
e più ancora dt:ll'btruzione elementare e media, irnp:i-
rano a conoscen.i e a volersi bene senza badare al colore
della pelle o all.1 pro,·erucnza sociale. Le più adulte
frequentano corsi di teologia, di pedagogia e didat-
tica, per aiutare le suore nella catechesi agli indigeni
delle palhotas. capanne di bambì1 e di paglia.
Nel « cimitero dei bianchi »
La città di Tete, capitale della bassa Zambesia, è pi-
gramente sdraiata suJ pendio di una brulla e sassosa
colJina sulla sponda <lei g:randc Rio Zambesi. Dista
quasi 1300 chilometri da Lourcnço :.\\larques, la capi-
tale:, in un clima torrido e malsano che le ha meritato
il poco allegro appellativo di (< cimitero dei bianchi ,1.
e N<:gli ultimi anni, tuttavia, ci sono stati promettenti
segni di risveglio: si sono costruite strade, si im-
piantata qualche industria che lascia spernre in un
avvenire migliore. Gli abitanti sono ormai 50.000. 'd
196+ l'Assistenza pubblica portogh<:se ha affidato alle
Figlie di '.\\laria Ausiliatrice il Lar de criança •, cioè
una casa famiglia per fanciulle pon•re. Sono tutte me-
ticce, orfane o abbandonate, e hanno bisogno di tutto:
cibo, vestito, educazione, e sopraltutto affetto. I.Jn anno
fa il vescovo di Tetc, mons. Felix Nisa Ribeiro, ha
affidato alle missionarie una nuova attività: il Centro
sociale Sar1tn Teresina per la promozione della donna
indigena. L'opera sorge tra le capanne della ptrifcria,
ove la gente VÌ\\e nella piì1 rcpugnante miseria materiale
e morale·. Cn nugolo di bambini da sottrarre all'ozio
e al vizio; e perfino un piccolo nido•• z5 culle per
bambini che il- mamme non possono sor"egliarc.
L'nn mole di lavoro troppo superiore alle forze delle
missionarie, che al più possono contare sull'aiuto gc-
28 neroso di qualche buona signora. Eppure, fanno ancora
Sopra: Le e<nolvas», fldanz:ate interne di Chlure, alla domenica
s ono visita te dal fidanr:ati, e passano qualche ora ln allegra
compagnia . A des tra : Cos l la mamma s i portano I b imbi sulla
s chiena, e con questo dolce peso sbrigano le loro faccende.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Vi si recano ogni domenica, portando viveri, indu-
menti e medicinali, che sono frutto delJe loro economie
o dono di fratelli d'oltremare.
Da tre anni funziona pure l'oratorio. Ha cominciato
con otto bambini, oggi conta più di duecento giovani,
spesso accompagnati dai pal?à .e dalle mamme. _Si ~i-
vertono insieme, ascoltano ms1eme la parola d1 Dm,
imparano a conoscere il Salvatore. La loro maturazione
cristiana è lenta, ma dopo il battesimo sono fedeli
alle promesse fatte. Giovanotti e uomini_ sono capaci
di venire ogni mattina alla messa delle sei, e a recitare
il rosario alle sette di sera. Durante le vacanze, quando
le interne sono assenti, sostengono loro tutte le parti
del servizio liturgico, dalla lettura della parola d i Dio
all'offerta dei doni per il Sacrificio.
I Sacramenti, specialmente il Battesimo e il J\\,1.atri-
monio, vengono conferiti con grande solennità. Parenti
e amici accorrono anche da lontano e allietano la festa
con i loro canti caratteristici e le danze eseguite nei co-
stwni tradizionali.
Talvolta l'mto tra la concezione pagana e quella cri-
stiana del matrimonio crea situazioni difficili. Una
madre, rimasta vedova, aveva promesso sua figlia, già
cristiana, a un giovane ragano, e questi, secondo l'uso
locale, aveva sborsato i (1 lubolo •i, una somma che gli
garantiva il diritto di convivere con la fidanzata ancor
prima del matrimonio. La ragazza si oppose con fer-
mezza, disposta anche a rinunciare alle nozze se il
giovane avesse insistito nelle sue pretese. lV[a questi
si faceva forte del diritto acquisito col denaro, e non
di.mostrava nessuna intenzione di cambiare le sue idee
pagane. AUora la ragazza prese una decisione corag:-
giosa. Poiché sua madre aveva ormai consumato 11
~ lubolo •>, si mise a servizio presso una buona fam iglia,
ne acquistò la piena fiducia e ottenne un generoso sLi-
pendio. Nel giro di pochi mesi fu in grado di restituire
la somma, e rompere un fidanzamento contrario alle
sue convinzioni cristiane. Consegnò la somma al gio-
vane dicendo: ~ E adesso cèrcati un'altra sposa! ,1.
Gustosissima la frittata di formiconi
G li indigeni del Mozambico sono in maggioranza
analfabeti, il che costituisce un grave ostacolo alla loro
elevazione umana. Le f.M.A., in collaborazione con
i missionari Cucujàes, si sono assunte il compito di pre-
parare i futuri insegnanti per le scuole disseminate
nella foresta. A Chiure, che dista un chilometro dalla
missione presentata sopra, sorgono due edifici con
la Chiesa al centro: è una scuola frequentata da ragazzi
e da ragazze che studiano per diventare maestri, ca-
paci di trasmettere a loro volta non solo l'istruzione
elementare, ma anche il messaggio evangelico.
È un'impresa ardua. Si parte da zero, sembra di tro-
varsi tra uomini preistorici. Vengono dalla foresta ove
vivono allo stato primitivo. Tutta la famiglia, sempre
nwnerosa, abita in una sola capanna, il cibo è poveris-
simo, non possiedono abiti, al più uno straccio alla
cintola, non hanno nulla di quello che a noi sembra
indispensabile. Per di più (e hanno le loro buone ra-
gioni) non amano i bianchi; <e bianco ,1 per loro è un
titolo offensivo, un insulto. Ma i missionari fanno ec-
cezione. « l i vostro cuore non è uguale a quello degl_i
altri bianchi>>, dicono alle suore.
Non solo il cuore, ma anche... lo stomaco. Bisogna
assuefarlo a cibi molto lontani dal gusto europeo, e
non di rado anche a certi condimenti t utt'altro che
appetitosi. Quando comincia la stagione delle piogge,
succede una taJe invasione di fonniche con le aLi da
far pensare alle piaghe d'Egitto. Si cacciano ovunque,
e naturnlmente mentre si mangia cascano nel piatto.
La prima volta che si presentò la non desiderata sor-
presa, le suore pensarono di ricorrere all'aiuto delle
ragazze per cacciare le intruse. Cacciarle? Al contrario,
le stavano catturando tra grida di gioia, perché pensavano
già alla gustosissin1a frittata che avrebbero fatto con
quei formiconi dall'addome così grasso...
Ma la difficoltà più grave è convincere quelle giovani
che un minimo di istruzione è indispensabile. Non
·riescono a capire a che cosa serva lo studio; poi sono
convinte che la donna non abbia le doti per riusci.re,
e che ad ogni modo è impossibile stare quattro 'anni
lontane dalla famiglia, aspettare fino a sedici o dicias-
sette anni per sposarsi. Su dodici o tredici ragazze che
cominciano il primo anno, soltanto una o due arrivano
alla fine del (juarto.
Il « Lar Dona Cristina »
Non mancano tuttavia le ragazze che maturano al
punto da desiderare di continuare gli studi fino al con-
seguimento di un diploma. Molte di queste si recano
allora nella capitale, Lourenço Marques, ove hanno
la fortuna di poter essere accolte io un'altra casa delle
Figlie di [\\/[aria Ausiliatrice. t il <e Lar Dona Cristina 1>,
una moderna costruzione voiuta anch'essa dall'Assi-
stenza pubblicà portoghese, e inaugurata soltanto l'anno
scorso. Può ospitare un'ottantina di giovani, che cosi
completano la loro formazione umana e cristiana sotto
la guida di quelle suore che da tempo hanno imparato
a conoscere e ad amare; di quelle suore venute di lon-
tano, da tanti paesi diversi, sempre cos] serene e sorri-
denti, nonostante le fatiche e i sacrifici.
<e È la gioia - conclude la missionaria che ha steso
questa relazione - di poter donare agli altri quelle ric-
chezze spirituali che Dio ha donato prima a noi senza
nessun nostro merito•>.
29

4.2 Page 32

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PER
INTERCESSIONE
DI
MARIA
.AUSILIATRICE
E DEL
SUO APOSTOLO
SAN
GIOVANNI
BOSCO
OGGI IL BAMBINO
NON ZOPPI CA PIÙ
Lo scorso luglio mi accorsi che mio
nipotino zoppicava senza che avesse
riportato alcun trauma agli arti inferiori.
Preoccupato, sottoposi il piccolo a in-
dagini e a visite specialistiche. Due
specialisti sospettarono una grave le-
sione all'articolazione coxo-femorale de-
stra e consigliarono il ricovero per delle
cure e l'applicazione di un apparecchio
gessato che avrebbe costretto il nipo-
tino per diversi mesi a una assoluta
unicamente riportato una leggerissima
grattiatura alla mano destra, che poi
spari in due giorni. Non avevo perduto
la mia serenità perché sentivo la potente
protezione della mia Mamma celeste,
che anche in quel viaggio per regioni
sconosciute, sembrava mi avesse attesa
per prendermi tra le sue braccia, affinché
non mi facessi alcun male.
Grazie, Maria Ausiliatrice, siimi sempre
sostegno nel cammino alla santità.
Quito (Ecuador)
LA MAESTRA DELLE NOVIZIE DELLE F.M.A
Agnese Serge (Torino) è riconoscente a M. A.
per la grazia dell'ottima riuscita di un intervento
chirurgico e invia offerta per le Missioni salesiane.
Silvio M ontai (Trento) esprime anche con una
offerta la sua gratitudine a M. A. per essere stato
esaudito In c ircostanze che potevano essere fatali
per la vita delta mamma.
Sec. Antonio Pozzuoli (Casalvieri • Frosinone)
ringrazia S. G. B. e S. D. S. che, da lui invocati,
mostrarono la lo ro valida e pronta intercessione
presso Dio nella guarigione del fratello da ema-
toma cerebrale conseguente a una caduta.
Une Exallieva (Rivarolo - Torino) ringrazia M. A
e S. G. B. per la protezione accordala alla mamma
In una serie di ricadute che potevano essere
pericolosa e fatali.
immobilità. Già si era deciso il ricovero.
Vi scrissi allora per impetrare la grazia
e nello stesso tempo appesi al collo L' OCCHIO RITORNA NORMALE
del piccolo una reliquia ex ossibus di
San Giovanni Bosco. Prima del rico-
v ero volli sottoporre il bambino a una
altra visita specialistica. Furono ese-
guite altre indagini e il terw specialista,
exallievo come me. escluse le altera-
zioni ossee temute e ci consigliò di ri-
tornare a casa. Oggi il bambino sta
bene. Ringrazio l\\,\\aria Ausiliatrice, Don
Bosco e Domenico Savio, ai quali af-
fido tutta la mia famiglia.
Caste/termini (Agrigento)
Dott. GAETANO ARNONE (medico condotto)
Verso i primi del novembre u. s. notai
una strana alterazione visiva allo stesso
occhio che era stato colpito da "glau-
coma acuto" e già graziato, come ri-
sulta dal Bollettino Salesiano del no-
vembre 1968. La prima cosa che feci,
quale exallievo salesiano, fu di raddop-
piare le mie povere preghiere, ponendo
la causa nelle mani della Vergine Ausi-
liatrice, tramite !"intercessione dei caris-
simi San Giovanni Bosco e San Do-
menico Savio, dei quali sono assai devoto.
Data l'età di 85 anni e ripensando al
male già sofferto in precedenza (nel 1939
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
A brate Anna-Albini Maria -Alessi Malta Marianna
- AnsaJdi Maria - Audi$io Giovanna - J\\zzolini
Ernesto - Barotto Pina - Raccaris T<µ",:sa - Bellini
Elsa - Benasso Luigi - Beserini 1mm v. Perfetti -
Boccassino Antonio - Bolognn AngloLina - Ron:lti
Mariucci.n - Bordone Maria - Borfo Maria Grnz.ia
- Bossot.ti Domenica - .Botcero Ncvfo - Brune:,
Pietro Luigi - Brusati Mnda - Caccfolan7,.,a Luigia. -
- Calnmern Cristofo1u - Canova M-trio - Cap-
ptllini Emmn - Carnbba Raffaella - Cnrnevnli
Flora .. Ca.ronna Ciuliamt - Casetta Andrea -
CavaJtlino Domenico - Ceramì Maria Santa
- Cervio Giuseppino - Cirruto Michele - Ciulla
Rina - Coniglio Vincenzo - Crosio Silvfa - D'Am...
brosio lccardo - D'Andreiis Pierina - De Cataldo
Rosetta - Dc Luca Le.tizia - Demartini Orsola -
Direttrice; i:·. M. A. - Donalisio Maddalena -
I MEDICI NON SPERAVANO
DI POTERLO S ALVARE
avevo perduto l"altro occhio), quale non Uuno Giuseppe - Eçino Mo.riu - Eusebìone
fu la mia gioia nel costatare che dopo
Letizia - Facchini Rosa - Fallmni Sernfino - Fan-
toni Giulio - Favre Palmira - Ferraro Angela
pochi giorni l'occhio cominciò a mi- - Ferrnrso Cristina - Ferri Gino • Foco Maria •
Due mesi or sono mio marito si trovava
ricoverato in ospedale in gravi condizioni
e i medici non speravano di poterlo sal-
vare. lo, Cooperatrice salesiana, mi sono
rivolta a San Giovanni Bosco e ben pre-
sto mio marito è migliorato ed ora è
completamente guarito. Per tale motivo
ho inviato in data odierna a mezzo conto
corrente postale un'offerta per le Opere
Salesiane.
gliorare, fino a scomparire !"alterazione
di cui sopra I Nella visita di controllo
11 professore confermò che la vista era
tornata allo stato normale.
Ritengo senz'altro che quanto è avve-
nuto sia un particolare favore di Maria
Ausiliatrice, di Don Bosco e di San Do-
menico Savio, ai quali esprimo tutta la
mia riconoscenza e in onore dei quali
invio la mia devota offerta.
Fran Giuseppina .. Fnngia Antonia - Frassnle
Carlo - Gabba Mario - Gaido Pietro - Gallo
Bue Anna - Garbena Silvio - Gargano Francesca -
Gaudio Agostirni - Ghiani Maria - Giacoma Gianni
- Gionnrtinì. Claudina - Giotto Nl'aria - Gofo
Giuseppina - Grnffeo Sara - Guarducci Bruna -
leardi Rina - lsMrdi C:u-la - ~rian.i Ra.imondo -
Lerd;.\\ Antonietta • Lo Cicero Cristina - Lo Presti
Pietro - Lornno .r\\deJe - Lorenzi Bi,:mça . Luciana
Paola - Macchello Delfina - Maggi Elvia - :.1airano
Fam. - Manca Ange1o - MancineUi Lucia - Man-
gano Natale - Mnng-Jni Gfonfronco - Marchica
Moria - Matenco Maria - Mariano Anna - Mano
Margherita - Masiero Federioo - Mauri Adolfo -
Roma
Melegnano (Ml) LINDA PASTORE IN PAVESE
UMBERTO GIACHI
(exallievo - cooperatore)
Mazza Anna - Mazzola Concetta - Melato Ago-
stina - Meriano Michele - Messina Francesca -
Modena Ad" - Molinero Laurn - Monti Elena -
Marosso Caterina - Mo$$ano Francesco - Nnvonc
Livia - Ncmber Emilia - Nus Bruno - Olivero
INCO LU M I TA
Ba.rt,.ista. - Olivcro Gio-v11nni .. Pncca Secondina -
UMANAMENTE INSPIEGABILE
Pag)jno Gina - Pantano Gaetano - Papetti Anno ..
Parisi Lucia - Pedron Jda - Pcrino Anna - Perni-
Il 24 dello scorso giugno viaggiavo in
Dagnes D elia in Rossi (Chatillon - Aosta) I,
riconoscente a M. A. per la grazia ricevuta quando
gotto Luigin - Perucca Roselide - Pettinelli Emilia
- Pisano Gian Luigi - Pompeo Lina - Prati Gìu-
auto, quando improvvisamente in una la bimba Tiziana dì due anni ebbe la manina *eppina - Prette Secondo - Radici Antonio -
discesa e in piena cwva si aperse una
porta e io fui sbattuta fuori. Istintivamente
invocai la Madonna. ricordando che in
tasca avevo la sua statuetta, che porto
sempre con me nei viaggi un po' più
presa nella portiera della macchina e non ne
riportò le temute conseguenze.
I coniugi DI T ommaso, abruzzesi. si sono re-
cati a l Colle Don Bosco a rfngraziare S. G. B.
per la guarigione quasi miracolosa del loro figlio
Giovannino Bosco.
Rainero Fam. • Ra.ndi Concetta - R.uvera Maria -
Reano Natalina - RinaJdi Angela - Risso Lucfr1. -
Riua Conee1ta - Rizo,o Ca.ria - Rodano Clarina -
R,,mbolà Umberto - Ronsecco Alma - Rossi
Amalia - Saocilotto Luigi - Salazar Maria - Snndri
Fam. - Sanmartino G. Adolfo - Savarro Cova
Paol" - Sciacca Alberto - Scilona Marco - Sfer-
lunghi. Dopo vari ruzzoloni, mi alzai; Eliana Ferrando (Montoggio - Genova) sì rac- ruzza Maria - Signorelli Linn - Simonini Oreste ...
nel frattempo si fermò l'automobile e
andai io stessa incontro alle suore, che
comandò a M. A. e a S. G. B. e ottenne la gua-
rigione del padre.
Stupone Moria - Suquet lrma - Tavella Eliso. -
Tc.,ldi Eva - Testa Garrone Maria - Torchio
Adelaide - -rrecarico Costanzo - Trida Virginia -
si avvicinavano ancora tremanti: esse Rosa Beffa ved. Bava (Montechiaro d"Asti) Trinchcro Angela - Truffa Luigia - Vavassori
30
avevano pensato di trovare un cadavere.
rende pubblica la grazia della sua incolumità
nello scoppio e incendio di una bomba a gas,
Silvio - Verri Elena - Viot Marino - Visca Elena -
Vittoni Anna - VVhite Bir;anco - Zonìn Cesare -
Non potevano quindi credere che avessi ottenuta Invocando Maria Ausiliatrice.
Zucal Elda.

4.3 Page 33

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PER
INTERCESSIONE
DI
SAN DOMENICO
SAVIO
SOLTANTO DIO LA PUO SALVARE sato. versò sudori abbondanti. Da quel Nello. stesso periodo anche mia madre
A quaranta giorni di età la mia bambina
Monica, nonostante le cure del pediatra,
continuava a recere e a diminuire di peso.
La diagnosi la diceva affetta da piloro-
spasmo. Abbiamo tirato avanti così per
un mese, poi l'abbiamo ricoverata in due
successivi ospedali. Ma le osservazioni e
le cure non approdarono a nulla. Dalla
radiografia dell'apparato digerente risultò
che Monica aveva una stenosi pilorica
congenita e doveva essere operata d'ur-
genza. Il giorno dopo la trasportammo
all'ospedale Regina Margherita, dove sa-
rebbe stata operata subito dal celebre
momento incominciò a migliorare. In se-
guito lo trasferii al Policlinico di Bari
dove per quattro volte furono in procinto
di operarlo, ma l'operazione venne sem-
pre rinviata. Penso che quell'ispirazione
venisse ai dottori da San Domenico
Savio, perché oggi, senza operazione, mio
figlio, che ha già 18 anni, sta bene e si
sente bene. Vi prego di pubblicare questa
grazia, che per me ha i caratteri di un in-
tervento miracoloso di San Domenico
Savio.
Vernale (Lacce)
/TAL/A TOMMASI
è ricorsa all"intercessione di San Dome-
nico Savio per guarire da una grave
forma di pleurite. Ora anch'essa sta bene
ed è tornata alla sua laboriosa missione
di madre.
Grazie all'aiuto del piccolo Santo, oggi
nelle nostre case è tornata la felicità e
noi abbiamo imparato ad apprezzare
maggiormente i doni del Signore e a
fare di tutto per meritarli.
Torino
LILIANA TARARBRA
ASMATICO A UN MESE DI ETA
prof. Solerio. Prima egli venne a parlare
Il figlio di una mia amica, il piccolo
con noi e ci disse: « La piccola avrebbe BIMBA DI 5 ANNI CHE PRECI PITA Fabio Celi, si era ammalato a un mese
dovuto essere operata almeno un mese DAL SECONDO PIANO
appena dalla nascita. I diversi specialisti
fa. Comunque tentiamo l'intervento, tànto
cosl non può vivere. Ma io non vi garan-
tisco nulla, soltanto Dio la può salvare)).
E Dio la salvò per intercessione di San Do-
menico Savio, il cui abitino era stato ap-
peso alla culla della degente. Mattina e
sera avevamo pregato il piccolo Santo
che ce la guarisse. Adesso Monica sta
veramente bene.
Asti
GIOVANNA e GIUSEPPE ADIPOD
VUOLE UN VESTITO UGUALE A
QUELLO DI DOMENICO SAVIO
All'età di 9 anni mio figlio Santino ebbe
occasione di assistere a un incidente e ne
riportò un'impressione enorme. Nella
notte gli venne un febbrone e dolori for-
tissimi in tutta la persona. All'ospedale di
Lecce riscontrarono un soffio al cuore con
reumatismo, lo curarono, ma la malattia
si aggravava sempre più, finché le forti
medicine gli lesionarono la valvola mitra-
lic_a e la vena aorta con doppio vizio.
Ormai i medici davano poche speranze e
mio figlio si aggravò a morte. Allora gli
appesi al collo l'abitino di San Domenico
Savio pregandolo con tutto il cuore. Un
giorno, verso le ore due, mentre era gra-
vissimo e io piangevo perché stavo per
Era il Venerdì Santo del 1971 « Papà
- aveva detto la piccola Sabrina di
5 anni - andiamo a dare un bacio a
Gesù>>. Mentre il babbo si disponeva ad
accompagnarla, la bimba si era portata
sul pianerottolo situato al secondo piano
di un grosso condominio. Risonava an-
cora l'eco delle parole della bimba, quando
il babbo sente un tonfo improvviso; ac-
corre veloce sulla scala e vede la sua
creatura giacente a pianterreno. Più
svelto del pensiero, scende a raccogliere
quel corpicino che non dà più segni di
vita. La bimba viene portata subito in
sala di rianimazione, accolta dai medici
con tanta sfiducia. « Vediamo se sarà
possibile fare qualcosa>> aveva detto un
dottore guardando quel corpo ormai ina-
nimato. Frattanto il papà, disperato, era
accorso dalle Suore per raccomandarsi
alle loro preghiere. Subito ci rivolgemmo
a San Domenico Savio. I bimbi dell'asilo,
compagni di Sabrina, pregarono con
tanto fervore che dopo breve tempo la
bimba diede segni di vita e dopo quindici
giorni poté uscire dall'ospedale comple-
tamente guarita. Ora Sabrina è ritornata
sorridente tra i suoi compagni di scuola
per ringraziare con loro il piècolo grande
Santo che l'ha salvata.
chiamati a visitare il bambino avevano
concordemente diagnosticato che si
trattava di asma e che il piccolo ne
avrebbe avuto fin verso i sette anni. A
quattro mesi il bambino si aggravò e si
temette dì perderlo. lo, con mia sorella,
Figlia di Maria Ausiliatrice, nel vederlo
in quello stato, promettemmo di far
pubblicare la grazia se San Domenico
Savio, al quale avevamo affidato il pic-
colo, ce lo avesse salvato e guarito.
Oggi il bambino ha due anni. sta bene
e cresce che è un amore, con grande
gioia dei genitori e di quanti avevano
trepidato per lui.
Messina
ROSA BONURA
GENITORI PREMIATI
NELLA LORO FEDE
Rendiamo grazie a Maria Ausiliatrice, a
San Giovanni Bosco e a San Domenico
Savio per aver ottenuto che venisse fe-
licemente portata a termine una difficile
maternità, resa tale da frequenti epistassi
e soprattutto dalla presenza di una
anemia perniciosa. I genitori ricono-
scenti mandano un'offerta per una
Borsa Missionaria e invocano l'assistenza
di San Domenico Savio per la crescita
perdere mio figlio, vedo che stringe fra le Brescla
braccia l'abitino di San Domenico Savio
in atto di parlare col Santo. Dopo un mo,
LA DIRETTRICE DELL'ISTITUTO tisica e spirituale del loro bambino.
DELLE FIGLIE DI M , A.
San Vendemmiano (Trsvlso)
A nome dei genitori ls zia MARIA CAPPELLAZZO
mento. mi chiama e mi dice: « Mamma.
mi fai un vestito uguale a quello di Do-
menico Savio 7 ». « Figlio mio, risposi.
io te lo faccio il vestito, ma poi tu non
lo indosserai». E lui disse: (( Mamma, ti
prometto che lo metterò se vivrò, se no
me lo metterete appena muoio». Il giorno
stesso incaricai mia sorella di comperare
l'occorrente, la notte seguente il vestito
fu confezionato e all'indomani me lo por-
I MEDICI PRONOSTICAVANO
UN AVVENIRE DA SPASTICO
Marcellino, il primogenito di mia sorella,
nacque con una emorragia cerebrale, a
motivo della quale i medici pronostica-
vano per lui un avvenire da spastico.
Disperati, lo abbiamo consacrato a San
Domenico Savio. Verso il quarto mese
Dopo tre maternità deluse, su segnala-
zione di amici cooperatori, la signora
De Cia si è affidata con piena fede alla
protezione di San Domenico Savio, e
ha avuto il conforto della nascita di
una bambina, alla quale è stato messo
il nome di Daria Domenica. Felice per
la grazia ottenuta, invia a mio mezzo
tarono all'ospedale. Santino lo volle in- di vita, Marcellino dal pediatra fu di- l'allegata offerta.
dossare subito. Appena lo ebbe indos- chiarato perfettamente guarito.
Lamon (Belluno)
Prof. ANTONIO GIANOLI 3 1

4.4 Page 34

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- PREGHIAMO PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Sac. Erminio Rosuttl t a Losbona (Portogallo) a 97 anni.
(di lui paTl~r,mo fo 11/tro m.1tn~ro)
Sac. Enrico Tlttarelll t a Costell•mmore di Stnbin (Nnpoli) e 86 "n ni.
Educator e dnlla me.nt~ ele.ua e dal cuore Qtntih.•, tr■scor.ce I~ sua l unga
\\'ltlL in meno ai RÌOvilni, spc.d.a.tm~nl<' tra gli adolc.att:nti, $tguend(')
con amore, d1 vero fia:Jio di Don Bosco, i loro problemi e cerca.odo
di rcnd~rne forte la. volont.ì.
Diresse gli import•nti l nituti di C:a,tdlammarc, Tonno-Valselice.
Ltolol!'fla. Frascati. Caserta. bpcuore del Veneto dal 194z al 1948,
atTtont6 con 1 11alo1ani dei ,en11qua1tru 1n1tuti dell' l1pttturi1 1 d1&agì
e , pericoli dcli■ ace.onda guerra mondfale. E quando 1ornò )a pace,
ravvivò le spcranxe e rianimò iuui lllln ripresa Uello proprie ntu vit.n:
e con il valido con,ooo dc.i confrntdli ridiede v1t~ nuova ngli i:stitu1i
ri•par miari dallu. wu,:rra, iniz.ib prn1kh1.· ptr la ricugtrut.ionc degli ìitti•
turi di.scnuti e ontnne- la parific11zionc dei licei-J.!innu, di Pordenone
e di FJte e della ""uula media d1 Ro\\cn:to. Ebbe pur.: il conforto d1
tondare l"aspir•ntoto di Castel d, God~,.,, (Pado,al e di trur..-rirc 11
noviziato salesiano J:a Esce •d .\\1barC' Jt Costttmano.
\\mante esimio della cultura clo.UJU, insegnò con c-ompc-tt-nza ed en•
tu1ia1mo per mohi anni, formtindo unu largb..isi.1111n c,hicrn di affu.io-
nati alunni. Ne aono te:sl'imoniant.n i vori suoi libri e in pnrticolare
un'apprezzata ~rnmma tico e im11u,ai lntinn, che ha nvut.o parecohje
edizioni. li PrcaiJcntc dt.lla Repubblica gli conferi I~ medaglia d'orn
del benemeTiti dell• scuola, della cuh uro e dell'orto.
\\ la resa sopnittuuo 11 ricordo d<lla .uo bontà p,ct~ oacudotale. Il
auo u111mo saluto. ripetuto piU \\'"lte nelle uhime ore. fu queUo Ja
Don Bosco: Arru nlèrri in Parodi10 ,.
Sac. Luciano Mafcbrzycld t o Kutno (PolonUI) • 84 nnm.
Sac. Ludovico Rupala 1 a Sokul<>w (Polonia) • ~..., nni.
Sac. Rodolfo Dttesen t i'eerprh (U•lgio) • 8~ •nni.
Sac. Giuseppe Jany t a Toqu•rl (Uruile) • 80 enn,.
Sac. Giuseppe Sc:beuermann t a Wuld"1nkel (Cc.rman,a) a 76 anni
n Coad. Adolfo Bocwlnski t a Clo•k,m (Poloni■) .a anni.
Sac. Antoruo Ku-rowskl t • C,mpo Grande (Br..Jlé) u 7:1 a.nni.
Sac. Antonio Tlet:r; t o Cerolstow (Gcrmonrn) 71 0 11111.
Sac. Giuseppe Kle.novsek t o. lvnnovo Sdo (lu,io•lu,•io) 7 1 anni.
Sac. Glacomo Gunnlng t • K,ln Greco (lnl!tulrcrrt) a 71 annru.
Sac. Lodovico Grtma.n t • c,~zin (Polonia) a. 10 ■no,.
Sac:. Antonio Welss t a Penzborir (Ccrnlllnia) a (1ti ann,.
Coad. Cataldo Giunta t a Cnton,a • 68 anni.
Coad. Giuseppe Hundmeier 1 n V ienno (Au.otr/o) n 67 onni.
Sac:. Mariano del l\\lo t a Medellln (C:Olombia) • 65 anni.
Sac. Ippolito Wladarz t a S%e~yrk (Polonia) a 64 onni.
Sac. Giovanni Bodensc.einer t • l\\l~mmingcn (Germania) a 63
anru
Sac. Bernardo Herr t a J\\t onaoo (Germonfa) • 6; nnn!.
Sac. Giuseppe Kery:r;aouen ·t n C~cn (Francia) • 57 nnn,.
Sac. Ladislao BaJon t a Sep1>p11I (Pulonùi) n 56 •Mi.
Coad. Bastian! AJdo t o. Siena • S1 anni.
Sac. Giuseppe Murphy t a Tiru11•11ur (India) a 51 anni .
Coad. Robe.reo S. Angus t a Sunbury ( \\wrtral.Ùl) H anni.
Sac. Antonio Tiranti t a RoSlt.rH> (Ari:entina) a 43 nnni.
Sac. Antonio Leo t a Mndre• (Indi•)" H ann,.
Ch. Gianni Brandatue t a 'rorlno a 27 anni.
Cb. Scan.lslao Plctrylca t • J\\lielec (Polonia) • 26 onn,.
COOPERATORI DEFUNTI
Don Luigi Prisco, parroco dì Tor,iuno (Napoli) 1 a 60 onni.
PAltore. zelante c. fervente cooperatore. era fiero Ji 1,ppnrtenerc al-
i' \\1$oci■~òne d.. molti anni. S<>st<n<>a l"opera del C•nrro Coopera-
tori di ·rtt'Xiano. p.irtccipava att1v1,1m~nt~ alle conf~rt"n:r~ annuali e
,·i•• 1ppoinz.iava con ,i.\\J •~rtJ.1.bilità i ft-stt-1,Utiame-nti in unort da S1n Giov11nnà
IJ~<10. La sua impru,1 scompau,.. h-1 colpito profondamence b po..
poluione di Tor,i11nQ e li Centr() JQr•i• deì Cooponitorl.
Marchese comm. Claudio cavalcabll MlsuraccbJ Fratta t • Roma
o 8s nnni.
t:!(..llicvo S31.csbno d1 P1.1nna, conservò acmpre un gruto ricordo dei tuoi mBe•
ltn C" UJl3. a.ffe:ttU0611,11m.1 aimp.Ltia per I~ f-·amiRlia s-alt."Sinn.a. &bbc- rapporti di
mud:r.ia sopn.uuuo u>n i salesiani di Parm.m ~ i Su-penori ~bQ'R.lOri e pr-es:tò 12
32
sua generosa ed ~pena collaborazioneallc noure opere. Scrittore e ([Wm•hst",
(u lieto ru11e le ,-ohe ~hc pot~ scrin,n: dì Don Bosco, della •"• uìonc tr:a gli
uomini pili cn1inen1i del .secolo ICOr90, dtl suo sist('ffla t"d.ucativo e dtllA tu::l
opeu. :-.obillà1mo nclla penona o di amnde bontl d'animo, diede u.n,, 1pon-
unc,i ed =mplan, nstimoni:uua d1 """ criJri:ma. AII• fomìa}ia le , ive condo-
glùmze del Bo/l,ttino Solniano.
Cesarina Verslgtla ved. l"aravelU t o Pietr.1 dc' Ciorgi (Pavia).
Era oooper.urictJdnl IQ2S e ai ert1 i.scrittu nlla lc..ttD 1:amiRlia aalesianu per invi...
U> del Frotcllo, il pn>tomutirc sok,.iano mons. Luigi Vcniglia, trucidato dal
p1nui comunisti in Cina nel If.>30, LI: 1.uo. vib è &tata vernmcntc esemplare
aotto l'upc,110 11• d1 $posa cbc di m•drc. La aua piu ~Il• ~ (u I•
p:aienZ;t. O!Trl al Signore l"acuto dol<m: caus,,tok, dalla u-airiao morte dd fra.
tcllo minionuio mnns. \\'utriRli, e quollo nan mi,no arnc d,elb perdita del
mnrito. D• alll)ra vine C<'ln il tìwlk> Mori<> e cnn la auu famiglia, insegnando
ct>n l'esernpio con1r si samifiat(10 lo 11vven-ità de.Jlu vit1:1 e eoo'le- ci si vuole bene
e si vive inumto.rncmre In vita m,-tiann.
Rita Zagato ved. Fogagnolo t a Occhiobello ( HoviRo) a 88 anni.
t\\t-amm.a buonm. acrificat'A, ric:cct di rede. tra~cortt ltl sua lunga ,ita in
una pratica cr1iuian-a che la portat:a • ••nti6ca.r-e ni,rru sua sttiviti. Soprat•
tutto seppe santificare il dol(lr< che la colpi quando. a breve d,.tanu
l"uno datl"alL.ro. le monrono due figli, di cui uno chierico nel Seminario
di Ro,-igo. e quando più tardi pcrdcnc ,J mariro. Tc•timonianza ,ivcnH
della sua wr"ndc fede sono i tre fii:li cofWlcrnti u Oio: don Gìutrppe,
P?rroco d i Occhìobcllo, Frn Cesnrc frnncc1cano e Paolo ul..lano.
Come l\\1n1n1m1 l\\hirgherita, volte $ture act:■nlu ul figlio parroco, " c:ui
0fni ~orno rhJ.onnv:a il colore c:onforte,·olc dt.•Utt Amorosa prcacn:ztt
matel'"oa. sunto necessaria a.I cuore d1 un s accrdou:.
Nella Bdtrame di Fulvio t a Roma a 68 onni.
Z~lante Coopcntrice. si er11 dc.dicarn con tutte le sue eneraic a.I ri-
cupero morale e •p1n1ualc dcllc detenute e delle hbc.rate dal carcere.
Compì sino all'ultimo per amore:- d1 Oto e delle anunc questo apostol:no
•ociale di I ul •ontlvo arJe,ucmcnte l'urgenza e la necessità. 11 i)lrot-
torì: t.lcl c-orcrre femminile hn af(ermuto che t..!itm metteva nel suo lavoro
un profondo ont11ito di fetle e d1 bont.\\.
Maria Manano t • :-<sp01i a 6◄ anni.
Visse con st.mpHcita. Zcll, con amore I■ gloria di [);o. Fece della aua cau
!"altare della ftdè. Si dedicò •I sollievo dei fratelli bisognosi con lo
•ririto cJ1 Don Bosco, che 1Umenta,1a con l'auidua J?a_rtecipaz,ore
n mensile E<trd,ln d•lla Buona Morte e •gli F.aorri~ì spirituali annuah.
Soffrl sercnD., offrendo ln sutl vito in o locausto ptr 11 bene delle ani1ne.
Italia Zuccolotto ved. Loschi t • Colfoseo (Tr~\\>i•o).
Ero. Coop~r1.t rie~ molto dt:,·ot.:a d, '\\.hria Ausiliuricè e e.li Sa.n Gio\\·nnni
Bos-co. Pi:ca e cantatevole. non d1 mcnticava le !\\11u1oni e 1e Opere ulc•
$Ì•ne. .:'\\cl t1uo lunao caJ-çfflo d1 sofferenze si mostrò sempre rasscu--nau
e. 1)'1:ziènt~ C tanto riconotcente 11 fa.m.llia.ri che l'a.,surc\\---a.n.O. La r-lCa
comandiamo Alle preghierr da, buoni. insieme col ma.rito e c:on un
fii:110 che d, poco In prtccdcltNO.
t • Maria Pastorlno Campo Li"urc (Genovn) n 86 ~nni.
Fervente C.:onpcrulriec fin do quando l'opero 1.detiane. venne con()..
1duta in pa,:1c, l1worò e prt.q:b per 11 suo 1ncr~rnento. Anima ricco di
fede e di Qentro,i1-à, sa:nrificò l'in(trm.ità che I... tenne per 1-f anni scdu111
•u di una tcJi1:1. L.;i devoi.ìont • 1\\ltiria Am.ilialric.c, a Don Bosco e ai
nostri Sc"·t di O,o. le dovono auenial e pace e quel aorrlso buono che
ne rivelava la profonda intc.rioritA.
Caterina RIUO t n Vercell i.
Assidua e pii\\ ("()c,pcratricc. lrnsc:.or.se la sun lun.cim vitA nelle ape.re di
be.ne e ncll"cduouxione cristiona doi figli. ~·rcqucntava con el&iduitA
il lobonHorio liturgico miuion•rio delle Cooporatrlci.
Butea Margjltrlta ved. l\\olfo t a Osasco (Torino) a 57 anni.
Fervente cti~ti.;ana e Cooper-•u·k~ entusiasta, nutri\\·• una specia.le dc\\'Oa
z.ione a Mari• \\miliauice • • Don lloSCD. Dalla prerhien e dalla fre-
quenza :a.i S,lLtartt~nti tras.sc luce , conforto nclle durie prove de.li• viha.
Marina Torrlanl t a Pavio 87 onni.
Era molto stimato per la pcri:<i• o Il profondo sensQ di rede c.he metteva
ii nel ,uo delicato lttvoro di ottt.trica. Schiva di ogni riconoscimtnto
quando dovettie ctntbrc a riposo. 1i dedicò alla. prc11hicra, 1lte:rna.ndo
colloquio col Sianorc eon la vi1ita agli ammalati della purocchi•.
Teresa ZunlnJ ved. BaravaJle t • Pavia a 83 1nn1,
Con impegno ailenzio,o e cc>&tonte ai prodi!lò ncllo sua famigw per
I'alfcrmnionc dr! princ:lpi educa11vi dr Don Bosco, chll seppe tradurre
in nor ma <,li vito per i suoi setto figli. SI s r,onso lo J<:ril della resto del
Rosario, che era 1rnto i) dcleo vunic:o drl suoi .11iorlU laboriosi.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Oatocchl Fo•cn Oonnccorso Ciovtu1111 • llurgio Snvnstn Amoninn • C.bdln
cnv. Edgardo - Cnntoni Muro:1 Come Cirolamn Cuo11lio Ag1)$1.ino -
Cnrpa.rt!lli G.ì,unbt1.ttista - Dc M,;.\\rtino An1anfo ... D,wccchì Mari.l - Fe.ma.l.ttco
I.aura - G,n~ni Adelaide • Crinti D;,ma • Marchi•io Angela - M•rrhi•io
Gma - J\\b«h1s,o Lirui - :'1-l•nnucci pror. Ensico • Man-oni Sac. Adcln,o
\\ 1- u i ct.,udi.t - \\figru,co Morio - Xc.i Afbertin• • Rubini Antonio •
Vnnlli 1-"l'Dncct<a.

4.5 Page 35

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CROCIATA
MISSIONARIA
TOTALE MINIMO PER BORSA
L. 60.000 Avvertiamo che la
pubblicazione di una Borsa in•
completa si effettua quando il
versamento iniziale raggiunge
la somma di L. 2S.000, ovvero
quando tale somma viene rag-
giunta con offerte successive.
Non potendo formare una Borsa,
può contribuire con qualsiasi som-
ma a completare Borse già fondate
BORSE DA COMPLETARE
Borsa: Maria Auslllatrice e S. G. Bosco, in
ringraziamt.nto , invocando prottzi~ a cu.rn di
Giuseppe Mezzadri (Spilamberto • Modena)
L. 25.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di Giannina Cerini ved. Borroni (Castel-
lanza • Varese), L. 25.000..
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don M. Rua, in
ademp-imento di promeua, a cura di Giuseppina
Baré CornoUo (Vercelli), L. 25.000,
Borsa: Emilio Rossi: a curo di Laura Brocco
ved. Ro..i (Viola-Cuneo), L. 40.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Doo M. Rua,
P~g.r. i invocando ancora I! 1e1r1pre aiuto s bene-
dizione per "" • famiglia, a cura del Dott. C""are
Mancini (Porto S. Giorgio Ascoli Piceno),
L. 35.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in
rendimento di grazie, a cura di Zaira Gnddoni
(Faenza Ravenrnt), L. 27.000.
Borsa: San Giovanni Bosco, aiutami!, a curn
di Maria Marchesi (Torino), L. 30.000.
l!òrsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, in suffra.
gio dei mili. d~funt:i ~ per le mie ,recessitQ, a cura di
Adele Invernizzl (Truccnzzano - Milano), L. 31.000.
Borsa: Don P ietro Berruti, a cura di lafelice
Carmela (San Severo • Foggia), L . 35.000.
Borsa: Oon Bosco, proteggi la mia famiglia!,
a cura di Clotilde De Micheli Curonc (Roma),
L . 40.000.
Borsa: San Giovanni Bosco_, aiutami sempre!,
in ruffragi(J dei miei cari d.efunttt a cu.ra di Giovanni
Chiodini (Gallarate Varese), L. 35.000.
Borsa: Fa1niglia Martino_, per i miei cari vivi
4 d•funti, a cura di Carmela Mnrùno in Urso
(Messina), L. 30.000.
Borsa: •Sacro Cuore di Gesù, Maria Ausilia•
trlce e S. G. Bosco. aiutate.mi!, a cura di LeLìzia
Bolla (Son Bonifacio - Verona), L. 30.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di Cecilia Cardonn (Chieri Torino), L.
30.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura dell'Unione Exallievi San Giovanni Evan---
gelista , (Torino), L. 46.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringrazi.amento a
implorando protezio11e sulla mia fann"glia, a cura
di Rosetta Dolza in Berruto (Torino), L. 25.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di Paola e Aquilino Gi.anazza (Legnnno-
Mlliwo), L. 25.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, i'n ringrazia"'ento e
it1vo,:andQ prot;,::i<me, a cura della famiglia Ferruc-
cio L:tntieri (Torino), L . 25.000.
Borsa: San Giovanni Bosco, implorando grtuit,
• cura dì Francesco Gualini (Torino), L. 33.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a cura
di A. B. (Govone- Cuneo),L. 25.000.
(OO><'ml'l»)
BORSE COMPLETE
Borsa: Mons. Domenico Mondlni, per 25
nnni parroco in San11 Agostino di Fa~n::a (Rawnna),
I parrocchiani a ricordo e •uflragio. L. 50.000.
Borsa: L.inda Toffalonl Rossi, a cura di N. N.,
L. T50.ooo.
Borsa: Cuore Sacratisslmo di Gesù, p.g.r,
a cura d i Calcedonia Patern.iti (Gioiosa Marea •
Messina), L. 150. 000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S . G. Bosco, in
ricordo suffragio di Emilia Antonio Gilardini,
a cura dclla figlia Camilla (Maggiora • Novara),
L. 1·00.000.
Borsa: Santino Casanova, i11 rù:ordb suffragio,
a cura deJla moglie Gemma (Crocefieschi - Ge-
nova), L. 100.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, i11-
vocando prote:iiottt-, salilt~ e pat:t iri Jawiglia, a
cura di M. C. R., L. 80.000.
Borsa: SS. Annunzlat<i, ili suffragio dei miei
e.ari de/ta,ti ~ ÌttrJOCarido prot.e~ione, a cura di Nun-
2iata Nicolosi (Pedon,. • Cntnnia), L. 50.000.
Borsa: San Giuseppe, per la prot..-.ion, dei •o-
cerdoti, a cura del sac. Giuseppe Nicolosi (Pedara -
Caµnia), _L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, i11 ricordo 1uffragio
dei miti cari de/uHti, a cun di Maria Tricarìco
ved. Man:ano (Gallipoli • Lecce), L. 50.000.
Borsa: Lucio Pollio, in memoria e suffragio, :1
cura di Italia Pollio (Napoli), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffragio del
cap. Prospero Bertolorto, a cura della moglie
Luisa (Camogli • Genova), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di Cateòna Croveri (Torino), L. 50.000.
Borsa: Don Pietro Berrutl, a cura di M. S.
(Valsalice - Torino), L. 50.000.
Borsa: Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice
e Papa Paolo VI, in tuffeagio d,i miei cari dt/1mti,
a cura di Teresa Gobbi (Modena), L. 50.000.
Borsa: _Maria Ausillah'.lce, i,, ,u/fragio dei m~icari
dt/unti, a cura di Guido Belli> (Treviso), L. 50.000.
Borsa: Pietro Durigo n, in memoria e ruffragìo,
a cura deUa nipote Ardemia (Milano), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice, a cura di Carla
Iannaco (Compiobbi • -f'iren:,e), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausillatrlce e S. D. Savio, i,,
riconoscen::a p.g.,., a cura di S. E. (Palermo),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in
ringraziamento e supplitando prot~:rione, a cura
di Anna Colonnello Brofll (Mii.ano), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giobbe e S, G.
Bosco, a cura di M. D. (Carrù - Cuneo), L. 50.000.
Borsa: San Giovanni Bosco, in ,,iffragio delle
a,ùnù di M. Giuseppe, B•11inmi1,o t Achille, o
curo di Anna Masai• (Bosa Nuoro), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in
m]fragio di Raffade Caputo, a cura della moglie
Luisa (Nice Fnncia), L . 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. BoscoJ n cura
di Elvini e Giacomo Ghellioni (Villaraspa • Vicen-
za), i11 ouasion~ del 50• di matrimonia, L. 50.000.
Borsa: San Domenico Savio, invoc.ando prote-
zione, a cura (\\i N. N .• L. so.ooo,
Borsa : Guido Saccardi, in meuu;ria ~ mflrogio,
a curn di don Atùlio Testcilini (Breganze Vi-
cenza), L. 50.000.
Borsa: Marianna Furcas Putzolu (Terralba -
Cagliari), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Domenico
= Savio. fo ricordo ~ $t4/ragio dti cari ,wn11i. Frai
Pini, a
di Silvana e Notale Negri (Fetino -
Parma), L. 50.000.
Borsa· Mamma Margherita e Santi SalesianJ,
inrx>tarzdone l'interc.tdiont perché la mia sm,ta
manuna Jia p,,esto accolto in Paradlso,•· a cura di
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