Bollettino_Salesiano_198109


Bollettino_Salesiano_198109



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ANNO 105 N .9 1• QUINDICINA 1 GIUGNO 1981
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GAUPPn 2° (701
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877
CHI E' IL SALESIANO
COADIUTORE

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BOLLETTINO SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informazione e cultura religiosa
edito dalla Congregazione Salesiana di sanGiovanni Bosco
DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCO
Collaboratori. Giuliana Accornero - Marco Bongloanni - Teresio
Bosco - Elia Ferrante - Domenica Grassiano - Adolfo L'Arco
Fotografia Fulgenzio Ceccon
Archivio Guido Cantoni
Diffusione Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Torino
Registrazione Tribunale di Torino n. 403 del 16. 2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
- Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto) per la
Famiglia Salesiana;
- il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione. La Direzione Invita a mandare notizie e foto ri-
guardanti la Famiglia Salesiana, e s'Impegna a pubblicarle secondo
li loro interesse generale e la disponibilità di spazio,
Edizione di metà mese. Redattore don Armando Buttarelli. Viale del
Salesiani 9. 00175 Roma. Tel. (06) 74.80.433.
IL BOLLETTINO SALESIANO» NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 40 edizioni nazionali e 20 lingue diverse
(tiratura annua oltre 1O milioni di copie) in:
Antille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Auslrla - Belgio
(in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Canada - Centro America (a San
Salvador) - CIie - BS Cinese (a Hong Kong) - Colombia - Ecuador -
Flllpplne - Francia - Germania - Giappone - Gran Bretagna - India
(In Inglese, malayalam, tamll e telugu) Irlanda Italia Jugoslavia
(in croato e in sloveno)• Korea dei Sud• es Lituano (edito a Roma)
Malta Messico Olanda - Perù Polonia - Portogallo - Spagna -
Stati Uniti - Sudafrica - Thailandia - Uruguay - Venezuela.
DIFFUSIONE E ABBONAMENTI
Il BS è dono di Don Bosco ai componenti la Famiglia Salesiana, agii
amici e sostenitori delle sue Opere.
E' invialo in omaggio a quanti lo richiedono all'Ufficio Propaganda.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nel limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'Indirizzo vecchio.
Per queste operazioni: Ufficio Propaganda Salesiana
Via Maria Ausiliatrice 32. 10152 Torino. Tel. (011) 48.29.24.
I LIBRI PRESENTATI SUL BS vanno richiesti alle Editrici
- o contrassegno (spese di spedizione a carico del richiedente);
- o con versamento anticipato su conto corrente postale (spe-
dizione a carico dell'Editrice):
LAS: Libreria Ateneo Salesiano - Piazza Ateneo Salesiano 1, 00139
Roma, Ccp. 57.49.20.01,
LDC: Libreria Dottrina Cristiana - 10096 Leumann (TO). Ccp. 8128
SEI: Societé Editrice Internazionale - Corso Regina Margherita 176
10152 Torino. Ccp 20.41 .07.
IN QUESTO NUMERO
GIUGNO 1981
ANNO 105 - NUMERO 9
IN COPERTINA
Manaus (Brasile): il Salesiano coadiu-
tore Eugenio Marcon, una «mano lai-
ca di Don Bosco», spiega al ragazzi il
funzionamento del trattore.
Servizio di copertina: pag. 23-31.
LE IDEE
RETTOR MAGGIORE /
Madre Mazzarello prima religiosa salesiana, 6
PROBLEMI EDUCATIVI /
La violenza che viene dai consumi, 7-9
Amici di Don Bosco senza Bollettino?, 9
Fate ai ragazzi il super-dono del perdono, 10
RAGAZZI D'OGGI I
I miei amici del carnevale di Viareggio, 14-15
LE FORZE
MISSIONI SALESIANE /
Sono 1.234 I salesiani italiani per il mondo, 3
IL SALESIANO COADIUTORE I
La mano laica di Don Bosco (prima parte), 23-31
L'AZIONE
GIAPPONE / Cattolica, pazienza. Ma suora no, 2-3
HONDURAS / Diocesi tra i Maya per mons. Rodriguez , 5
INDIA / Padre Schlooz è felice
In mezzo ai «fuori casta», 16-17
ITALIA / .su e zo per i ponti» diventa documentario, 3
Indagine: quale inserimento per gli handicappati? 5
Documentalo l'amore del popolo alla Madonna, 18-19
MADAGASCAR / «Balbettiamo come neonati»,
dicono i due missionari, 12-13
PARAGUAY I In difesa del più poveri del mondo, 5
SENEGAL ; Un sogno di Don Bosco diventa realtà, 20-22
VENEZUELA / Il come e I perché
di un Centro Giovanile, 11-12
IL PASSATO
PROTAGONISTI I Era Gioioso di nome e di fatto. 4
RUBRICHE. Brevi d al mondo, 3 - Il successore di Don Bo-
sc0, 6 - Educhiamo come Don Bosco, 10 - I nostri santi,
32-33 - I nostri morti, 34 - Solidarietà, 35.
VIGNETTA DIECI E LODE»
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
Indirizzo: Via della Pisana 11 11 - Casella Postale 9092
00163 Roma-Aurelio. Tel. (06) 69.31 .341
Conto corrente postale numero 46.20.02 intestato a:
Direzione Generale Opere Don Bosco, Roma.
IL GRAZIE CORDIALE DI DON BOSCO al lettori che
- contribuiscono a sostenere le spese per Il Bollettino,
- aiutano le Opere di Don Bosco nel mondo,
- e soprattutto le Missioni Salesiane.
2 BOLLETTINO SALESIANO 1" GIUGNO 1981

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BREVI DAL MONDO
MISSIONI SALESIANE
1234 I SALESIANI ITALIANI
MISSIONARI NEL MONDO
I salesiani italiani viventi che
hanno lasciato la loro patria e
che lavorano 0991 come mis-
sionari nelle diverse parti del
mondo sono 1234: è questo Il
dato saliente di una statistica
compilata dall'Ufficio Naziona-
le delle Missioni salesiane d,
Torino.
Scendendo al dettaglio, la
statistica diramata dall'Ufficio
colloca al primo posto fra I vari
paesi di maggior accoglienza il
Brasile, poì l'Argentina e quindi
l'area del Medio Oriente. Ma
ecco le singole voci:
attraverso calli, fondamente,
campi e campielli Questa volta
però gli organizzatori hanno
voluto fare qualcosa in p iù:
anche girare un documentario
filmato, che non solo racconti
la marcia ma spieghi dal vero e
dal vissuto che cos'è Il TGS
Il documentario. che porta Il
lltolo primaverile Un giorno di
marzo •, Inquadra le proposte
del TGS attraverso una serie di
flash suggestivi. Quali propo-
ste? Vivere insieme in un mon-
do di gente solitaria; riscoprire
la natura In un ambiente che la
cosiddetta civiltà Industriale
sta compromettendo; parteci-
pare alla vita di quartiere men-
tre si diffonde l'ablludine di
demandare ad altri le proprie
alla gente e prima ancora a se
stessi che si può uscire dalla
sohtudine dell'egoismo, si può
rompere il cerchio dell'emargi-
nazione sI può stare bene In-
sieme.
Perché quel titolo. Un gior-
no di marzo•? Risponde don
Dino Berti, uno dell'organizza-
zione· • Perché 11 TGS vuol es-
sere un giorno di marzo: una
proposta, l'annuncio di una
fresca speranza la promessa
- tra sole e nubi - d1 una
*p r i m a v e r a • .
« Un giorno di marzo••
documentario 16 mm a colori,
durata 35' A cura dei centri
TGS del Veneto e Friuli-Vene-
zia Giulia. Via Marconi 22, Mo-
gliano Veneto (TV).
180 missionari italiani si trova-
no In Brasile,
133 in Argentina,
126 In Medio Oriente (Egitto.
Iran, Israele, Libano, Siria,
Turchia),
90 In Ecuador,
84 in Venezuela,
83 in India,
83 in Stati Uniti e Canada,
65 in Cile,
43 in Thailandia,
41 In Bolivia,
40 nelle Filippine e Timor,
38 In Giappone,
34 nell'America Centrale,
32 In Perù,
27 a Hong Kong, Macau, Tai-
wan.
27 nelle Antille,
26 nel continente africano,
18 In Australia,
18 In Uruguay,
17 in Messico,
12 in Colombia,
12 In Paraguay,
5 In Korea.
L' Italia è stata e rimane an- llalla: «Un giorno d i marzo•, diciottomila nnezlanl partecipano alla
cora oggi il paese col maggiore marcia organizzata dal TGS (Turismo Giovanile Sociale).
contributo di salesiani alle
missioni.
ITALIA
« SU E ZO PER I PONTI ■
scelte e responsabilità. valoriz-
zare gli anziani e i giovani in
una società che Il emargina;
animare il tempo libero che da
troppi è vissuto come tempo
vuoto.. Tutto questo. realizza-
GIAPPONE
CATTOLICA, PAZIENZA.
MA SUORA NOI
DIVENTA DOCUMENTARIO to In chiave salesiana. secondo Limpida storia dt una con-
lo spirito di Don Bosco, viene versione da Budda alla fede, e
Per la seUlma volta nel marzo rappresentato dal documenta- dalla fede alla vita religiosa,
scorso I salesiani e I loro amici rio a partire da esempi concre- d 'una giovane giapponese di
del TGS (Turismo Giovanile ti. di cui la marcia veneziana è nome Mariko. Padre Clodoveo
Sociale) hanno organizzato a un caso fortunato
Tassinari, m1ss1onario a Beppu
Venezia la marcia Su e zo per Il documentario quindi, pre- m Giappone. ha raccolto le te-
i ponti•, e anche quest'anno la sentandosi come disinvolto e stimonianze dirette della pro-
manifestazione è pienamente piacevole resoconto di attività, tagonista. de, suoi geni/or, e
riuscita 18-20 mila erano 1 risulta uno strumento promo- del salesiano che l'ha prepara-
partecipanti. che hanno com- zionale, ma anche un·oc casio- ta al battesimo
piuto la loro allegra sgroppata ne di dibattito per dimostrare « Da ragazza - raccon1a
Mariko - studiavo nella scuola
superiore delle suore a Kago-
shima. Nata in una famiglia
buddista, per la pnma volta
nella mia vita incontravo la re-
ligione cattolica. Cominciai a
frequentare per curiosità le le-
z,om di religione, poi continuai
con interesse; ma questo stu-
dio non suscitò In me alcun
desiderio esplicito di lasciare
Budda per convertirmi a Cristo
Dopo la licenza ritornai al mio
paese, a Usa nella provincia di
Olta, e trovai un buon lavoro in
una ditta di elettrodomesti-
ci... • ·
Marlko non sapeva che a
Usa esisteva la missione catto-
lica. L aveva costruita, qualche
anno prima, il salesiano don
Stefano Foltln.
« Per caso - continua Marl-
ko - un'amica mi parlò della
missione cattolica. Un giorno
mi presentai al missionario e gli
manifestai Il proposito di ri-
prendere lo studio della reli-
gione cristiana. Il desiderio in-
conscio di una vita p elevata
che sentivo dentro di me, a
poco a poco si chiari e mi
spinse a chiedere Il battesi•
mo»
Don Follln spiega. • Quando
Marlko si presentò alla missio-
ne chiese per prima cosa di vi-
sitare la chiesetta, e vi si lrat-
tenne a lungo a pregare. Credo
proprio che In quel colloquio
con Dìo abbia maturato il suo
proposito, molto deciso, d1 ap-
profondire to studio del Cri-
stianesimo. Fissai le lezioni di
catechismo tre volte alla setti-
mana - lei avrebbe desiderato
tutti I giorni - . e poi fui co-
stretto ad anticipare di mez-
z'ora al mattino l'orario della
messa perché essa potesse
assistervi prima di andare al
lavoro. Per se, mesi, ogni gior-
no, non mancò mai all'appun-
tamento Dopo la messa. non
aveva Il tempo di far colazione;
doveva camminare venti minuti
per andare a prendere l'auto-
bus È arrivata at battesimo
molto convinta e preparata•· E
nel battesimo ha preso il bel
nome di Bernadette. Le do-
mando I genitori come hanno
reagito?• • Per loro la mia de-
cIsIone fu una sgradita sorpre-
sa - risponde-; ma presto si
rassegnarono, anche perché
continuavo Il mio lavoro e
sembrava che nulla fosse
cambiato Invece in me qual-
cosa era cambiato • Ero infatti
soddisfatta della mia nuova vita
BOLLETTINO SALESIANO 1' GIUGNO 1981 3

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cristiana, ma non pienamente. desiderio i genitori si allarma- diventare suora era come un Ionio Cavoli).
Ripensavo spesso alle suore rono e mi fecero capire la loro salto nel buio, che noi non po- Fu allora che Padre Foltln
che avevo conosciuto, ml sen- decisa disapprovazione· " Cat- tevamo permettere. E siamo ri- - aggiunge la madre - ci
tivo affascinata dalla loro vita tolica, pazienza; ma suora masti molto amaregglat.i quan- consigliò di andare anche noi a
tutta spesa per gll altri, e m, no'" •
do Mariko fece di nascosto I Miyazaki, per conoscere cosa
chiedevo se anch'io non fossi I genitori, da me incontrati a preparativi e parti per Miyazaki tacevano quelle suore. lo ml
chiamata alla vita rellglosa, dal Usa, spiegano: Non capivamo per provare la vita delle Suore fermai tra loro qualche giorno,
momento che non sentivo in- nulla della vita religiosa. E so- della Carità•· (Queste suore vi ritornai ancora, vidi Il gran
clinazione al matrimonio. pratutto non volevamo perdere sono state fondate nel 1937 dal bene che facevano a quel po-
Quando trapelò questo mio nostra figlia. A nostro giudizio missionario salesiano don An- veri bambini e vecchi, e ml
convinsi che la loro vita era
ammirevole. Se Mariko voleva
PROTAGONISTI AL TRAGUARDO
pre con la più aperta disponibilità.
diventare suora, faceva una
ERA GIOIOSO
DI NOME E DI FATTO
L'lspettoria Centrale ebbe a beneficiare
del suo lavoro, e anche grazie al suo con-
tributo assunse quella caratteristica di
buona scelta " .
• Cosi decidemmo - con-
clude il padre - di lasciarla !I-
In valdostano Joyeusaz, 1n ,tallano Gioio- ispettorla forgiatrice di vocazioni, soprattut-
so, era Gioioso di nome e di fatto. Per Incli- to missionarie, che l'ha resa benemerita
nazione naturale e per scelta di vita. Dalla dell'intera CongregliZione tra gli anni '30 e
bera di scegliere la sua strada.
sua terra (la bella Valle d' Aosta) e dalla sua '70. Il suo amore a Don Bosco lo portò a
famiglia aveva ricevuto un carattere sereno, studiarne e penetrarne la vita come pochi
tenace, volitivo. a cui bene si associava uno hanno tatto· lo studiava di continuo. per
spontaneo senso religioso. I primi studi in scoprirvi sempre nuovi tesori da condividere
ambiente salesiano a Courgnè, poi il novi-
ziato a Ivrea, Il liceo a Valsalice al tempi di
don Clmatt1. Apparve subito salesiano attivo,
dinamico, deciso a vivere la consacrazione
con gli altri. Per questo tornò volentieri nel
1974 al Colle Don Bosco come rettore del
santuario, quella benedetta terra salesiana
era la patria della sua anima. E divenne il
religiosa con la massima fedeltà a Don Bo-
sco e dedizione al giovani. Perciò lo chia-
marono ben presto alle responsabilità della
direzione. Come superiore e formatore ap-
custode dei ricordi di Don Bosco. Li studiava
e approfondiva per conto suo e ne parlava
sul mensile del santuario. Soprattutto acco-
glieva in modo incantevole i pellegrini, li
pariva severo nel chiedere l'impegno di accompagnava in visita a, vari luoghi, si
crescila spirltuate, ma in un clima di com- soffermava a spiegare in lungo e In largo,
prensione e paziente sopportazione, ed con una dovizia di particolari amorevol-
esemplare nell'adempimento del dovere. mente raccolti, e presentati con fascino e
Era l'uomo saggio che aveva raggiunto il sicurezza. Non avrebbe smesso mal di rac-
dominio dì sé sottomettendosi In tutto al
volere di Dio: saggio nel giudicare senza
precipitazione, nel perseguire con costanza
e pazienza il bene, nel saper aspettare
contare. La casetta, Il santuario. I luoghi che
videro le Imprese di Giovannino, I luoghi dei
suoi sogni. Il tempo era sempre troppo bre-
ve. E quando ormai tardi doveva proprio
quando sorgessero difficoltà ma senza per-
dere di vista la meta
Nel 1940 venne aperto sul Colle Don Bo-
sco l'istituto Bernardi Semeria, e I suol su-
concludere. lo faceva con una preghiera
recitata insieme con i pellegrini. e Il acco-
miatava con un confortante - Don Bosco vi
benedica sempre!•
- Suora della Carita di Miyn■kl, nel-
la casa che hanno aperto Roma.
periori, In cerca di un direttore capace e si-
curo, chiamarono lui. Arrivò con 25 giovani
che l'anno dopo salirono a 120, e poi a 250.
Era Il periodo triste e difficile della guerra e
Per sei anni lavorò cosi con i pellegrini,
poi la malattia (un tumore che due opera-
zioni non valsero a estirpare), e poi l'ab-
bandono nelle mani del Signore.
Anche se per noi significava un
grande sacrificio. Avevamo la
sensazione che entrasse nella
vicenda la volontà del Kamisa-
guerriglia partigiana, della penuria di vetto-
na (Dio), e non potevamo con-
vaglie, delle comunicazioni aleatorie. E lui
trariata •·
seppe organizzare le scuole professionali,
Cosi Bernadette Marlko en-
quella agricola, e tenere a battesimo la LDC.
tra tra le Suore della Carità di
Durante i 12 anni della sua direzione al Colle
Mlayazaki. e quando a Tokyo
Don Bosco, centinaia di giovani provenienti
emette I voti religiosi In un'at-
soprattutto da Lombardia e Veneto Impara-
mosfera di gioiosa solennità, I
rono l'arte tipografica, la meccanica, la fa-
genitori vogliono essere pre-
legnameria, l'agraria, molti divenuti salesiani
senti: comprendono la sua feli-
partirono per le mlssioni dei vari continenti.
cità e cominciano a condivi-
e ancora oggi sono il nerbo di tante scuole
derla
professionali.
Suor Bernadette l'ho Incon-
L' obbedienza lo chiamava ai compili più
trata a Tokyo 1'8 dicembre in
svariati. che trovava facili per la sua estrema
mezzo a, bambini della casa-
versatilità e disponibilità. Proprio l'obbe-
nido che le Suore della Carità
dienza era come la nervatura della sua spi-
dirigono nella capitale. Dal suo
ritualità, poggiata sulla consapevolezza che
sguardo luminoso capivo che
solo attraverso la consonanza con I suoi
essa è molto contenta di aver
superiori realizzava la volontà di Dio: una
consacrate a Dio la sua vita.
volta conosciuta questa volontà rispecchia-
ta in quella del suoi superiori, non aveva più
paura delle difficoltà che potessero Intral-
ciare il suo cammino, e procedeva spedito
nelle più diverse occupazioni. Cosi fu diret-
tore a Perosa e Ivrea prima di giungere al
Colle; poi ancora direttore a Canelil, Cu-
miana e Muzzano; fu per alcuni anni mae-
stro dei novizi; fu Ispettore, e da ultimo di-
venne rettore del santuario del Colle, sem-
JOYEUSAZ ( Gioioso} sac. ABELE, sale-
siano. Era nato a Saint-Plerre (AO) Il
31.12. 1903, morto al Colle Don Bosco il
5.4.1981 . Aveva 78 anni di età, 60 di vita
salesiana e 50 di sacerdozio. Era stato per 4
anni maestro del novizi, per 25 direttore, per
5 Ispettore della Novarese Elvetica
(1955-59); da ultimo rettore del santuario
sul Colle e custode della Casetta.
Chiedo infine ai genitori
• Ora che vostra figlia è diven-
tata suora cattolica. cosa pen-
sate del Cristianesimo?• Si
guardano In faccia un po' im-
barazzati, e risponde li padre:
« Noi siamo ancora legati al
nostro tempio buddista, ma
siamo convinti che anche la
religfone Insegnata da Cristo è
buona.
4 BOLLETTINO SALESIANO I GIUGNO 1981

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PARAGUAY
IN DIFESA DEI
PIÙ POVERI DEL MONDO
I più poveri tra i poveri, ave-
vano detto i vescovi a Puebla,
sono gli indlos. E in Paraguay
forse sono quelli della tribù
Toba-Maskoy. Il vescovo sale-
siano mons. Obelar 1n questì
mesi aveva tentato d1 ottenere
rassegnazione di un buon ter-
ritorio in cui potessero soprav-
vivere. Ma le autorità, che in un
primo tempo lo avevano con-
cesso, 24 ore dopo 11 loro in-
sediamento, si sono rimangiate
la parola data E li hanno cac•
ciall dal territorio, trasportan-
doli con Intervento militare In
un terreno Ingrato e inospitale.
I Toba-Maskoy, ridotti ormai
a poco più di 200 lam,glle, vi-
vono con varie altre tribù nella
regione del Chaco Paraguayo.
11 vicariato apostolico affidato
dalla Santa Sede a, salesiani e
retto attualmente da mons.
Obelar. Rientravano quindi
nell'ambito dell'attività missio-
naria salesiana. Erano stanziali
nei pressi di una colonia di
Mennonltas, In stato di emar-
ginazione crescente. senza
fonti di guadagno per la loro
sussistenza. in mezzo a una
precarietà generale •. Occor-
reva fare qualcosa al più presto
per loro. E il vescovo missio-
nario, che è pure presidente
della Commissione nazionale
per le missioni• (un organismo
della Conferenza Episcopale
paraguayana), è intervenuto.
Furono così compiuti I passi
necessari presso il governo per
ottenere l'assegnazione ai To-
ba-Moskoy di 10.000 ettari di
terreno.
Il terreno destinato al nuovo
insediamento si chiama Casa-
nillo, ed era stato l'habitat tra-
dlzJonate di questi indlos fin
dalla notte del tempi. Al mo-
mento era proprietà della so-
cietà latifondista Carlos Ca-
sado S.A. e la Conferenza
Episcopale - grazie ad aiutf
ricevuti dal cattolici tedeschi.
lo avrebbe acquistato. Due or-
ganismi governativi dovevano
favorire la transazione. l'Istituto
d1 Assistenza Rurale e l'Istituto
Nazionale dell'Indigeno. Com-
piuti tutti I passi necessari. Il
20.10.1980 Il governo emise
l'apposito decreto che con-
sentiva finalmente di risolvere
In qualche maniera Il grave
problema che colpisce questi
indios • . Da quel momento sor-
sero te d1ff1coltà.
La società latitondìsta. rite-
nendosi colpita nel suoi inte-
ressi, oppose resistenza all'en-
trata degli lndios; le autorità
emisero ordine giudiziale di in-
gresso, l'lstìtuto d1 Assistenza
Rurale, la Conferenza Episco-
pale e la Società Casado r,di-
scussero l'aspetto economico
e trovarono finalmente un ac-
cordo. Così Il 29 12.1 980 le fa-
miglie degli indigeni poterono
fare 11 loro ingresso, pacifico e
ordinato, nei terreni. I mass
media dell'Intero paese saluta-
rono l'avvenimento come un
,nsperato successo.
Sembrava tutto troppo bello.
E 1nfatt1 non più tardi di 24 ore
l'Istituto Nazionale dell'Indige-
no faceva Inspiegabilmente
marcia indietro e spingeva li
governo a ordinare che gli In-
digeni fossero trasferiti In altra
località. La cosa In sé sarebbe
stata accettabile, ma quell'altra
località. chiamata « Km 220 •·
risultava .1nab1tabile, priva d1
acqua, con terreno argilloso e
quindi Inadatto alla coltivazio-
ne dei campi•· Gli indigeni si
rifiutarono di partire, ma dopo
pochi gmrni arrivarono i milita-
ITALIA
INDAGINE:
QUALE INSERIMENTO
PER GLI HANDICAPPATI?
Un'Indagine scientifica sugli
handicappati In Italia è stata
affidata dal Consiglio Nazlona•
le delle Ricerche al salesiani
del Cospes (Centro Orienta-
mento Scolastico Professiona-
le e Sociale) di Mogliano Ve-
neto. Treviso, L'indagine sì
propone di studiare l'attuale
inserimento scolastico degli
handicappati, e la loro forma-
zione professionale: iniziativa
quanto mai opportuna. perché
la legislazione italiana nel set-
tore risulta « frammentarla,
spesso confusa e caohca, e
per molti versi carente•, e an-
cor più perché la sua applica-
zione nel concreto lascia molto
a desiderare.
L'indagine viene svolta nelle
••
CIie: Il Rettore M aggiore ha la febbrai E I ragaui dell'oratorio di Santiago
- allegramente preoccupati - vogllono aenllre Il potao e quanto ,cotta
la Ironie... (Don Viganò nell'aprile sco,-.o era tn visita 1111·America Latina).
rl. li costrinsero con la forza a
salire sugli autocarri, e Il tra-
sportarono al Km 220.
Subito mons. Obelar fece ri-
corso al tribunali, ma Il ricorso
venne respinto perché nel frat-
tempo il governo aveva ema-
nato un nuovo decreto che
annullava Il primo. I mezzi di
comunicazione sociale, che si
erano rallegrati troppo presto
per il buon es,to dell'iniziativa.
di nuovo Intervennero raccon-
tando in lungo e In largo ciò
che si stava commettendo ai
danni dei Toba-Moskoy, e
prendendo apertamente posi-
zione in loro favore. Anche un
tolto gruppo di intellettuali e
artisti firmò una petlzione. Ma
non c1 fu nulla da fare.
Si chiude cosl per ora Il lriste
caso degli indlos Toba-Ma-
skoy, ai quali i missionari
avrebbero voluto assicurare
condizioni di vita pìù umane
province di Venezia e Treviso,
e dura complessivamente tre
anni (1979-1981 ). Il primo anno
è stato utilizzato per l'imposta-
zione della ricerca; nel secon-
do ha avuto luogo la ricerca
spenmentate vera e propria:
nel terzo - che coincide con
l'anno ln1ernazionate dell'han-
dicappato - si sta compiendo
la valutazione del dati raccolti,
per giungere a una serie di
proposte d'Intervento.
Il Cospes è un'associazione
creata dal salesiani con lo
scopo di svolgere molteplici
attività nel settore educativo
socio-culturale: essa tra l'altro
promuove studi e ricerche che
- come questa - hanno di
mira lo sviluppo integrale dei
giovani nell'attuale società in
trasformazione. L'indagine In
corso viene condotta dal sale-
siano don Severino De Pier!,
psicologo clinico, in collabora-
zione con una qualificata equi-
pe di ricercatori. Primo frutto
del lavoro già svolto è il volume
Handicappali: quale Inseri-
mento?», uscito In questi mesi
a cura del Cospes di Mogllano
Veneto.
- - - -H-ON-DU-R.A-S----
UNA DIOCESI TRA I MAYA
PER MONS. RODRIGUEZ
Il vescovo salesiano mons.
Oscar Rodriuez Maradiaga, fi-
no all'aprile scorso ausiliare
dell'arcivescovo di Tegucigal-
pa, è stato ora chiamato dal
Papa a reggere la diocesi di
Santa Rosa de Copan.
Si tratta di una diocesi im-
portante sotto molti aspetti,
compreso quello storico e ar-
cheologico. Copén, diparti-
mento del moderno Honduras
sul confine col Guatemala, è
nome d'origine Maya che Indi-
cava una valle, un rio, una me-
tropoli. Essa raggiunse un alto
grado di civiltà: del centro abi-
tato sono rimaste rovine impo-
nenti e suggestive, come una
grande piazza. una piramide,
molte statue delle divinità. alte
stele scolpite con arte raffinata
e ncche di ornamenti. All'epo-
ca del conquistadores spagnoli
la civiltà era però scomparsa
già da qualche secolo.
La diocesi, fondata nel 1916,
riveste importanza per la sua
estensione (17.360 kmq) e per
la sua popolazione: 873.000
abitanti (cattolici al 97%), che
equivalgono a un quarto della
popolazione dell'Honduras. Il
rio Copàn con le sue periodi-
che Inondazioni rende fertile la
regione, che trova nell'agricol-
tura la sua unica risorsa. E
gente povera, che ha negli
squilibri sociali e nell'analfabe-
tismo seri ostacoli da sconfig-
gere, e lotta con coraggio per
la propria emancipazione.
Gente che ha ora come gui-
da sptrituale un vescovo gio-
vane (eletto quando non toc-
cava ancora , 36 anni, oggi non
ne ha ancora 39) ma con le
idee chiare. Mons Oscar è na-
to a Tegucigalpa nel 1942, e a
sei anni già correva per i cortili
salesiani. Nel '61 diventava fi-
glio di Don Bosco, nel '70 sa-
cerdote. Completati In Italia gli
studi In teologia morale e psi-
cologia. veniva inviato in Gua-
temala a dirigere lo studentato
teologlcp salesiano. Sulla fine
del '78 il Papa lo chiamava al-
l'episcopato. Ha scarse forze
apostoliche ai suol ordini: 36
sacerdoti (di cui solo 18 dioce-
sani), 21 religiosi laici e 40
suore, per le 27 parrocchie che
formano la sua diocesi.
BOLLETTINO SALESIANO I GIUGNO 1981 5

1.6 Page 6

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IL SUCCESSORE DI DON BOSCO
Madre Mazzarello
prima religiosa salesiana
I n occasione del centenario di santa
Maria Mazzarello. il Rettor Maggiore
ha mviato alle Figlie di Maria Ausilia-
trice una lettera di 64 pagine, molto den-
sa. dal titolo « Riscoprire lo spirito di
Mornese». Stralciamo alcuni brani della
parta centrala.
Quale sia stato il compito di Don Bosco
per il vostro Istituto. e quale Il ruolo di
collaborazione di madre Mazzarello, lo
possiamo vedere riassunto in una prezio-
sa testimonianza lasciataci dal card. Ca-
gliero. « Incaricato da Don Bosco della
direzione del nuovo Istituto - afferma il
Cagllaro - dovevo sovente conferire con
lui per avere sicuro indirizzo nella forma-
zione dello spirito religioso e morale delle
suore. Egli, sempre amabile, ml tranquil-
lizzava con dire: "Tu conosci lo spirito del
nostro Oratorio, il nostro sistema preven-
tivo e il segreto di farsi voler bene. ascol-
tare e ubbidire dai giovani, amando tutti e
non mortificando nessuno, e assistendoli
giorno e notte con paterna vigilanza, pa-
ziente carità e benignità costante. Orbe-
ne, questi requisiti la buona Madre Maz-
zarello Il possiede, e quindi possiamo
stare fidenti nel governo dell'Istituto e nel
governo delle suore. Essa non ha altro da
fare e altro non fa se non uniformarsi allo
spirito, al sistema e carattere proprio del
nostro Oratorio, delle Costituzioni e deli-
berazioni salesiane; la loro Congregazio-
ne è pari alla nostra; ha lo stesso fine e gli
stessi mezzi, che essa inculca con l'e-
sempio e con la parola alle suore. E esse
alla loro volta, sul modello della Madre,
più che superiore, direttrici e maestre
sono tenere madri verso le giovani"».
Che bella e acuta testimonianza questa
del card. Cagliero! In essa si percepisce
chiaramente che don Bosco è fondatore
anche dell'Istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, e che l'esperienza di madre
Mazzarello è tutta illuminata e polarizzata
verso quella del Fondatore, verso Il pa-
trimonio salesiano » che essa vive ed
esprime fecondamente al femminile.
DI UNA STESSA FAMIGLIA
Possiamo qui evidenziare anche un al-
tro aspetto assai importante. La fonda-
zione dell'Istituto delle Figlie di Maria Au-
siliatrice non riguarda unicamente la vita
Indipendente del medesimo In un futuro a
sé stante, ma concerne pure il suo Inse-
rimento nel progetto globale di don Bo-
sco: la sua Famiglia spirituale e apostoli-
ca, quella che allora esisteva.
Egli era stato Ispirato dali'Alto a fonda-
re le due Congregazioni non perché
avessero uno sviluppo e una storia auto-
nomi, ma perché fossero vocazlonalmen-
te, spiritualmente e apostolicamente
consanguinei, membri di una stessa Fa-
miglia salesiana, per percorrere in soli-
darietà di spirito e di missione le strade
del futuro nel servizio alla gioventù.
Ha voluto, perciò, che il vostro Istituto
trovasse una fonte di unità, di sostegno e
di animazione nella Congregazione sale-
siana da lui esplicitamente fondata sul
doni e sulle funzioni del ministero.
Non pensiamo, per carità, a far affiorare
nessun genere d1 dipendenza: La loro
Congregazione è pari alla nostra»! Pen-
siamo piuttosto alla realtà e all'Importan-
za della comunione: « Ha lo stesso fine e
gli stessi mezzi... ha lo spirito, il sistema e
il carattere proprio del nostro Oratorio•
Ieri la nostra mutua comunione si espri-
meva con una determinata modalità giu-
ridica; oggi la forma giuridica è un'altra,
più in consonanza con la promozione
sociale ed ecclesiale della donna. Ciò che
Importa è evidenziare che un fedele
sguardo alle origini cl interpella profon-
damente su una nostra maggiore sensi-
bilità di Famiglia.
SALESIANITA' Al FEMMINILE
Risulta davvero arricchente approfon-
dire la figura di Madre Mazzarello, non
considerandola però in modo isolato e
quasi a sé stante, ma situandola nel gran
quadro di riferimento del , patrimonio sa-
lesiano• di Don Bosco fondatore. Dob-
biamo guardare non solo alle sue virtù e
meriti personali, ma al posto provviden-
ziale che occupa nell'ora della fondazio-
ne, e metterla In relazione anche con la
globalità delle ricchezze spirituali e apo-
stoliche di tutta la nostra Famiglia.
In particolare Madre Mazzarello ci vie-
ne a mostrare come Il carisma salesiano
si è esteso adeguatamente nel mondo
femminile. Il suo ruolo proprio è stato
specialmente quello di collaborare a
creare la « salesianità religiosa femmini-
le•; e cosl essa è divenuta lo strumento
dello Spirito Santo per allargare l'espe-
rienza carismatica salesiana a beneficio
anche della gioventù femminile.
La celebrazione di questo centenario cl
offre un'occasione straordinaria per con-
templare lo specifico e Importante ruolo
di collaborazione di madre Mazzarello
come « prima e tipica religiosa salesiana,.
nella nostra Famiglia, e come attiva Con-
fondatrice dell'Istituto delle FMA.
Il sostanziale intervento di don Bosco
nella sua fondazione non solo .. non ha
fatto violenza al piccolo germe che lo
Spirito aveva suscitato in Mornese per
opera della MazzareIlo., ma ha lasciato
esplicitamente più che sufficiente spazio
per gli apporti della sua creatività.
LEI ERA GIA' A CAPO
Il biografo della Santa conferma questa
affermazione asserendo che Maria Do-
menica, prima ancora di incontrare Don
Bosco aveva già, per impulso divino.
sempre sentita e dimostrata una chiara
inclinazione a occuparsi delle fanciulle;
ancora giovane, nel suo mondo aveva
aperto un laboratorio modello per ragaz-
ze e tondato un fiorente oratorio festivo
senza avere esperienza e forse neppure
conoscenza, o almeno avendone poca, di
laboratori e di oratori; in casa Maccagno
insieme con una compagna aveva già il
minuscolo ospizio; nella casa dell'Imma-
colata aveva accolte altre fanciulle, e si
erano unite a lei per coadiuvarla alcune
sue compagne e l'avevano eletta supe-
riora. Quindi la Mazzarel/o era già a capo
di una comunità quando conobbe Don
Bosco. Il germe della vocazione pedago-
gica che Dio le aveva infuso era già, a sua
stessa insaputa, molto sviluppato e ma-
turo per grandi frutti. Infatti quando co-
nobbe Don Bosco, I suoi programmi e Il
suo metodo, trovò che tutto ciò corri-
spondeva pienamente ai suol sentimenti;
e si era subito sentita presa da vivo desi-
derio di assecondare in tutto il santo sa-
cerdote• (Ferdinando Maccono).
Comprendiamo da questo come la
« naturale attitudine• di Maria Domenica,
di plasmare il nascente Istituto con lo
spirito del Fondatore, quel felice studio
di imitare in tutto don Bosco • osservato
dal Cagliero, non ha nulla del plagio di
una ingenua contadinella. Era l'adesione
cosciente e libera all'interiore chiamata
dello Spirito Santo, che aveva trovalo in
Don Bosco la sua ultima esplicitazione.
Inoltre Madre Mazzarello, in tale creati-
vo e vitale Impegno, portò tutto il peso
della sua ricca e forte personalità, della
sua capacità d'iniziativa, della sua intui-
zione. Più si studia il clima, l'ambiente, Il
tessuto delle origini a Mornese, più si
scorge nitida l'impronta lasciata dalla
Mazzarello, prima religiosa salesiana.
Don Egidio Viganò
6 BOLLETTINO SALESIANO 1• GIUGNO 1981

1.7 Page 7

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-PROBLEMI EDUCATIVI
A ndante con molo, secondo una
lelice battola di spirito. non è
più un Lcmpo mu.\\oicale ma la
La violenza
definizione del giovane d'oggi. C'è poi
la pubblicità che parla di « anni ciao»
che viene dai consumi
e strina l'occhio: neppure ciao è più
un saluto ma un prodouo a due ruote Il consumismo è una delle violenze più subdole che minacciano i
che porta lontano e promette libertà. giovani oggi. La moda, la lv, i dischi, le motorette sono i miraggi da
Comprese certe libertà. li consumi- cui i giovani più facilmente si lasciano Invischiare. Il meccanismo del
smo è diventato ai nostri giorni una consumo non è facile da comprendere, e ancor più difficile da
delle violenze più subdole e più mi-
smontare. Eppure bisognerebbe almeno provarci...
nacciose che ~i possano esercitare
sulla persona, soprallutto se non ha
ancora raggiunto una sufficiente ma-
tura1.ione. Bambini, adolescenti e
giovani ne coi,tituiscono le ritùme
privilegiate. Ma sovente, prima anco-
ra, ha già irretito gli adulti, ha rag-
giunto la famiglia nella sua più inLima
struuura.
I seuori in cui il consumbmo opera
sono tanti, ed esemplificare può di-
\\entare prolisso e noioso.
1 Dove il consumismo
colpisce i gio\\·ani
Auraverso la moda. per c5empio. O
più esattamente le mode. « Avere una
camicictta nuova - si spiegano i ra-
gazzi -. o un jeans nuovo, una gonna
certa età -. riesce perfino a studiare.
E i transistor-.. i mini-rcgbtratori: sta
già circolando per le nostre strade la
nUO\\ a generazione di giovani terrestri
con grossa cuffia (mica soltanto un
impercettibile aw-icolare) calata sulla
testa, il filo esile fino al taschino, e
tanta musica nelle orecchie. La mu-
sica soprauutto deve essere esibita:
gli ullimi dischi, il mangianastri nuo-
vo modello, il giradischi prestigioso,
chi può permeuerselo lo Hi-Fi, tullo
da ostentare con gli amici.
li ragazzo ~egue le mode perché ha
paura di essere giudicaw fuori moda,
non vuole restare out, troglodito,
escluso dal giro degli amici. La moda
casa 15 televisori, di cui scue in ca-
mera da letto. Li tiene sempre accesi,
ma solo per vedere. Audio muto. Gli
basta guardare. Poi citava il caso di
un dirigente di banca milanese che ha
quattro televisori é uno sul tavolo da
pranzo. « Passo la sera a saltabeccare
da un canale all'altro. Non leggo più,
in una settimana non riesco a finire
nemmeno il rotocalco preferito•· Con
la tv - conclude l'ar ticolo - l'italia-
no medio oggi va a tavola (Mio marito
11011 mangia se 11011 c'è il televisore
acceso); sbriga le faccende (Da w1 po'
in qua mia moglie cucina peggio, un
occhio alla pe111ola e l'altro allo
schermo); va a dormire (I miei geni-
nuova, e poi ammirarsi allo specchio,
è come scoprire in sé qualcosa <li
sconosciuto, come rivalorizzare la
proprio persona, imporsi in maniera
pit:1 originale <li fronte ai compagni.
agli amici•·
Accanto al settore dcli'abbiglia-
mento va forte il consumo dei dischi:
il giovane è sempre consumatore di
musica: dovunque va, qualunque co-
condiziona i.cmpre più l'agire dei
giovani e le spese dei genitori, le in-
dustrie puntano su fasce di acquirenti
e consumatori sempre più giovani.
La tivù. È un fenomeno in piena
ascesa. Su un settimanale un anicolo
in1itolato « Tcle\\·edo come un pauo,.
spiegava che il fenomeno • è comin-
ciato con l'arrivo delle 1ivù straniere e
l'esplosione di quelle libere. Televiso-
tori tengono il televisore incollato al
leuo: gli fa da ninna nanna).
Co~ì gli adulti, almeno certi adulti. I
ragaui e i bambini hanno più tempo
libero a dispo!>i1.ione, quindi... Un'in-
dagine del serviiio opinioni della Rai
d ice che 81 bambini italiani su cento
guardano la tv ogni giorno; gli altri
qualche volta a lla settimana, ma or-
mai la guardano tulli. Cene mamme
sa faccia, vorrebbe ascoltare sempre
musica. Immerso nelle canzoni -
cosa incompren1-ibile per chi ha una
ri dappenutto: in cucina, sala da
pranzo, camera da letto». Poi cita\\'a il
caso del pittore Malio Schifano: ha in
ne ~ono felici: «Tu metti il bambino
davanti al televbore, e per tutta la
sera hai la casa in pace». Ma bisogna
mettere in bilancio anche quel che i
ragazzi perdono: il sereno coniatto
con la natw·a. con le cose \\ ere, sem-
plici, pulite; la compagnia dei coeta-
nei. E quel che vedono, poi. Un'altra
stali~tica, compilata negli Stati Uniti,
dice che il ragazzo medio americano
a 18 anni ba già assistito a 19 mila
assassinii televisi\\ i.
E' il prezzo che i nostri ragazzi pa-
gano alla società industriale, che ha
bisogno dei canali tv per far cono-
scere i suoi prodotti e sollecitarne
pesantemente l'acquisto.
Stampa, cinema, teatro. Sono altri
luoghi In cui si consuma un'enorme
violenrn sui giovani, magari in nome
- o col pretesto - della cultura.
'l
della giusti1;ia, dell'amor di velità.
Tanta carta stampata e tante produ-
zioni cinematografiche destinate ai
giovani, ma anche agli adulti, ha co-
me leitmotiv il sc!>so e la violenza, e
Tanti tetevtsori, anche per una certa logica lndu,trlale: per n ndere I prodotti occorre tanta p ul>- come scopo non il servizio all'uomo
bllclt6, e tanta gente seduta davanll al video a guardarla.
ma il denaro, l'ac;servimcnto delle in-
BOLLETTINO SALESIANO / ' GIUGNO 1981 7

1.8 Page 8

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SPUNTI DI RIFLESSIONE
I genitori che Intendono essere
veri educatori cristiani del loro figli
sentono il bisogno di preservarli
dalle pericolose strutture del con-
sumismo, o di liberarli se già vi
fossero invischiati. E prima ancora
- poiché le seduzioni del consu-
mismo non risparmiano nessuno
- sentono il bisogno di chiamarsi
In causa personalmente, di verifi-
care se non siano essi stessi già
vittime. È necessario perciò co-
minciare con una severa verifica
del propri modi di pensare e di
agire all'interno della coppia,
estendere poi l'indagine al figli e
svolgerla con loro.
Alla verifica deve poi seguire un
piano concreto, Insieme ai figli, in
vista di una graduale liberazione
da questa droga. Si tratterà per
esempio di tagliare spese inutili, di
dirottare il superfluo verso iniziati-
ve di solidarietà per i meno ab-
bienti, per il terzo mondo. E non
basta liberare se stessi, occorre
aiutare altre famiglie a percorrere
questo cammino, occorre Impe-
gnarsi nel proprio gruppo sociale.
Domande per uno scambio
di pareri a più voci
* Siamo convinti che Il consu-
mismo rappresenta una delle vio-
lenze più subdole sull'uomo e sui
giovani, perfino sui bambini? Su
quali elementi basiamo le nostre
*persuasioni?
In che rapporto poniamo
consumismo e concezione della
vit*a? In che rapporto poniamo
*consumismo e cristianesimo?
Che cosa possiamo fare per
combattere la droga sottile del
consumismo? (Decisioni pratiche
possono essere prese passando in
rassegna le comuni fonti delle
proposte consumistiche: la televi-
sione, la stampa, il cinema, la
pubblicità... Ci saranno decisioni
che riguardano la nostra vita per-
sonale, altre che vanno estese al
livello dell'intera famiglia, altre an-
cora possono riguardare la nostra
presenza efficace nel gruppo so-
ciale).
8 BOLLETTINO SALESIANO I ' GIUGNO 1981
telligenze a un'ideologia, l'aUarga- a che punto arriverà la manipolazio-
mento del potere.
ne della persona umana?
Certo teatro, detto sovente di
La mercificazione dei giovani si
avanguardia, è affollatissimo dai gio- verif:ica anche neUa moda, dove si
vani, che senza possibilità di dibattito commerciano le modelle che devono
assorbono passivamente insinuazio- rendere apprezzabili e desiderabili i
ni, letture tendenz_iose dei fatti e deUa capi di abbigliamento. Ciascuna ha -
realtà, suasivi ammiccamenti, dissa- riferiva un settimanale - il suo
crazioni. Tutto questo viene esaltato « book », una cartella che raccoglie le
come autentica espressione di libertà sue foto di studio più riuscite. Le
e di verità, mentre in effetti l.ibenà e agenzie internazionali, che fornisco-
verità vengono calpestate.
no alle case di moda e agi.i uffici di
E così, in una società che si dice pubblicità le modelle, con queste foto
civile e democratica, per motivi di riempiono il loro caralogo suddivi-
imposizione ideologica o di avidità di dendo le candidate in base ai requisiti
denaro, viene liberamente consumata fisici più commerciabili. Il catalogo è
la violenza sui giovani, sui ragazzi, molto simile « al campionario di un
perfino sui bambini.
vivaio di fiori o di una fabbrica di
Anche i giovani diventano merce. accessori per auto. Stilisti, pubbl.ici-
La legge del consumismo dice che tari, redattrici di moda lo consultano
luno può e deve essere trasformato in avidamente ogni volta che devono
merce: non solo le cose. anche l'uo- scegliere la modella giusta per un
mo, che diventa cosa e viene messo in servizio». La scelta - ha riconosciu-
commercio. Si mercifica il lavoro, la to amaramente una di esse - « a
bellezza. il sesso, l'agilità, tutto.
volte è anche degradante. Per esem-
Accade nello sport, e le partite
truccate, gli scandali del calcio-
scommesse ne sono la riprova: dove
vanno mai a finire la gioia e l'antica
cavalleria dello sport?
Si dà il caso dei giovani atleti sa-
crificati al patrionismo, sfruttati per
·.·.1.'
il trionfo dell'ideologia. Durante le
grandi manifestazioni sportive -
olimpiadi, campionati del mondo ecc.
-, si leva sempre qualche voce at-
tenta e responsabile a denunciare gli
abusi. Fino a qualche anno fa - d i-
~
i
.
.~ .
cono queste denunce - si mandava-
no sulle pedane del disco e del peso
donne ingigantite nei muscoli, con
facce bambine sopra un corpo da
scaricatore di porto.
I progressi della scienza che prima
fabbricavano giganù femminili, oggi
invece sono orientati a creare lievi
;lit ,~•-~-;;.p
folletti, un po' tristi ma decisamente
agili. Ha scritto un responsabile sani- pio quando si va in 30 o 40 a farsi vi-
tario della squadra italiana alle re- sionare per un lavoro: pigiate in una
centi olimpiadi di Mosca: « Non ave- stanza, a respirare rabbia, invidia e
vo mai visto a un'olimpiade tante ra- rivalità...».
gazzine così paurosamente piccole e
magre. Sono state allevate atlete in-
naturalmente minuscole, che sem-
brano bambine di sette o otto anni.
2 La nefasta dinamica
del consumismo
Il consumismo, così nefasto pro-
Mi fanno pena, soprallutto come pa- prio perché aggredisce perfino i
dre». E di rincalzo una giornalista: bambini, è un fenomeno difficile da
« È inquietante vedere quei faccini definire, perché non presenta note
pallidi e stanchi, non sentirle mai ri- precise di riconoscimento. i:: un fe-
dere, non strappare loro un gesto nomeno che raggiunge il nucleo della
spontaneo». E sfido io con tulio quel personalità, tanto che si può essere
po' di roba: fino a 14 ore asfissianti di consumisti possedendo un solo tele-
palestra, diete rigorosissime, intense visore, e non esserlo possedendone
terapie di gruppo per rendere meno tre. È una specie di « habitus menta-
pesanti i sacrifici a cui vengono sot- le», che pervade la realtà quotidiana
toposte. E tutto questo perché? Per di un uomo in tutti i suoi aspeui, e ne
dare loro il senso del successo, per ispira il comportamento spicciolo. I
coinvolgerle sulla necessità patriotti- suoi effetti sono paragonabili a quelli
ca della vittoria. (Accade soprattutto della « bomba N », la bomba ai neu-
nei paesi del blocco comunista). Fino troni: essa è capace, anraverso il

1.9 Page 9

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flusso violento dei suoi neutroni, di
distruggere il sistema centrale di tutti
i viventi che incontra, senza distrug-
gere però le co!tc. Lascia intatte le
abitazioni, le strade, i ponti, gli im-
pianti industriali, uccide solo... g li
uomini.
Le motivazioni apparentJ. L'aspet-
to più appariscente del consumismo è
la ripetizione (requcnte dei gesti di
consumo. stimolati dall'esterno e ac-
cettati più o meno coscientemente
(ma spesso in modo del tutto incon-
sapevole) dall'interno.
Alla base dei frequenti gesti di
con.sumo si trovano delle motivazio-
ni, molto spesso valide solo in appa-
renza: la promessa di un bene. di una
felicità. Hanno notato gli studiosi che
quasi tutti i cosmc.itici sono a base di
lanolina, ma che nessuna pubblicità
di co!tmetici offre lanolina all'acqui-
rente: si offre invece beUeva. amore
e felicità.
Sotto le moti\\'a1ioni apparenti a
"" Nel 2000, Città del Messico avrà 32 milioni di
abitanti, Tokyo, 26, New York 22. Cosi prev•
dono gli esperti. E che ne sarà dell' uomo?
uso del consumatore stanno però na-
scoste le motivaiioni rcalì, quelle di
chi incoraggia al consumismo. Moli•
,·azioni, come si è accennato, a volte
di carattere ideologico, ma più spesso
di indole economica. In ogni caso si
ha sempre sopraffazione dell'uomo
sull.'uomo. Le conseguenze possono
essere le più svariale, ma tulle hanno
in comune la perdila dei valori au-
tenrici della vita.
La perdita del valori. In chi accetta
la logica assurda del consumismo, il
perché delle a1ioni perde il l>UO signi-
ficato: quel che conta è di !arie, di
l>oddbfare a tamburo battente gli sti-
moli ricevuti.
ln chi si abbandona a questa dina-
mica, il consumismo viene a mistifi-
care i due dati fondamentali dall'e-
sperienza umana: la vita e la morlc.
La fede, gli ideali, lutti i valori della
vita possono essere vissuti consumi-
sticamente, cioè in maniera facile,
senza sforzo. quasi sedutì in poltrona.
Accade quando ci si fa prendere dalla
paura di dover pagare dì persona nel
vivere con coerenza i sacrifici, le ri-
nunce che la fede può imporre: è più
comodo e meno rischioso realli.zarsi
per procura, identi(icandosi nei per-
sonaggi televisivi, o cercando negli
oggetti acquistati - anziché nello
sforzo personale - le qualità che ar-
ricchiscono la persona.
li consumismo poi tenta di elimi-
nare la morte al!Taverso la girandola
delle sollecitazioni a usufruire delle
cose. O banalizza la morte, poiché
quella che propone è sempre la morte
degli altri, come se non appartenesse
al destino anche dell'uomo consu-
matore. Ma poi i nodi vengono al
pettine, e un giorno uno si trova ab-
bandonato a se stesso, non appena la
malattia o l'età avanzata lo escludono
dal banchetto dei prodotti. Ecco
perché gli anziani, che un tempo era-
no il perno della società, ora non
contano più, costituiscono un ingom-
bro da nascondere, una presenza fa.
stidiosa da emarginare.
Ma finché il consumismo è la
mentalità dominante, e la si accetta,
bisogna produrre, guadagnare in tutti
i modi, per poter attingere il più pos-
sibile al mare de!Je cose che non fj.
niscono mai, che appaiono sempre
nuo\\·e, affascinanti, vertiginose. li ci-
clo è semplice: produrre, guadagnare.i.
spendere, consumare; tulio il resto
appare insignificante. Si giunge al-
i'appiattimento della coscienza, all'e-
clil>si del trascendente, alla scompar-
sa o quasi del senso del peccato, alla
graduale auto-distruzione.
Pochi giovani sanno reagire e usci-
re da soli dalla spirale. Tanti facil-
mente capitolano e si arrendono. E se
non rie~cono a guadagnare quanto
basta per partecipare al festino dei
consumi, reagiscono. Denunciano
l'ingiusti1.ia delle strutture sociali,
credono di identificare i colpevoli in
certe persone, e sparano.
Questo già oggi; le prospettive -
per un fenomeno che è soprattullo
urbano - sembrano aprirsi paurose
sul futuro. Nel 2000 gli uomini saran-
no 7 miliardi, e se il fenomeno dcl-
i'urbanizzazione procederà secondo
le proiezioni anticipale dagli studiosi,
Cillà del Messico avrà 32 milioni di
abitanti, Tokyo e Sào Paulo 26, New
York 22, Milano 8. Che ne sarà del-
l'uomo del 2000, se non avrà ritrovato
se stesso e dei valori autentici per cui
vivere?
Libero adattamento dal 1•0/11me
LA VIOLENZA SUI GIOVANI
di Michele Emma
Amici di
Don Bosco
senza
Bollettino.,.
Salesiano f
~~ .
...eppure Il BS è Il dono cor-
diale che Don Bosco dal lon•
tano 1877 Invia ai suol amici.
È la rivista della Famiglia
Salesiana: Informa sul proble-
mi della gioventù nel mondo,
sul lavoro che I figli di Don
Bosco svolgono tra I giovani e
nelle missioni.
• Lei non riceve Il BS? È
Interessato al suol contenuti?
Lo richieda.
• Conosce persone spiri-
tualmente vicine a Don Bosco,
che gradirebbero riceverlo?
Lo richieda.
Scriva chiedendo per sé,
per altrl, l'Invio In omaggio del
Bollettino Salesiano.
Comunichi gli Indirizzi chiari e
completi a:
DIREZIONE
BOLLETTINO SALESIANO
CASELLA POSTALE 9092
00163 ROMA-AURELIO
BOUETTINO SALESIANO 1' GIUGNO 19BJ 9

1.10 Page 10

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EDUCHIAMO COME DON BOSCO
G iuscppc Brosio, allievo di Don Bosco, quand'era all'Oratorio, una <lo-
menica dopo le funzioni cercò Don Bosco e si meravigliò molto di non
vederlo. Lo cercò in tutti gli angoli della casa, perché quell'assenza era
insolita. Finalmente lo trovò: si era ritirato in camera sua, triste e quasi pian-
gente.
A quella scena il ragano rimase come sgomento, perché non sospettava
neppure che Don Bosco potesse cadere in tanta tristezza. E lo i.upplicò di dirgli
iJ motivo della sua angoscia. Don Bosco vinto dalla tenerezza di quel bravo
ragazzo, gli confidò che un suo compagno lo aveva insultalo. Poi gli spiegò:
« Vedi, riguardo a me 11011 me ne imporla. Ciò che mi fa tanto soffrire è sapere
che quel pove1·0 i-agau;o ora si è messo su 1111a cauii•a strada,,.
Mentre Don Bosco parlava, Brusio si sentiva avvampare il volto di sdegno,
e col cuore ferito si disse pronto a far ingozzare allo screan.t.ato tulle le sue
insolenze. Ma Don Bosco lo ferm<), e ripreso l'abituale soJTiso gli disse: « T11
vuoi punire l'offensore di Don Bo:.co, e lwi ragione. Ma fa vendetta la faremo
insieme: sei comemo?» Contentissimo si disi.e Brosio, che non immaginava
come sarebbe andata a finire.
« Aflom Don Bosco - prosegue il racconto - mi in,·itò a fare co11 lui wrn
preghiera per l'insultatore... E credo d1e abbia pregato anche per me, perché
provai 11n impro,,viso cambiamento nelle mie idee. Lo sdegno co111ro quel co111-
pc1gno si mutò presto in wnto a(fe110 per lui, c:'1e se mi fo~!:.e stato Fici,10 gli m,rei
da/o un bacio. Terminaw la nostra preghiera, spiegai a Don Bo.~co il mio cam-
biamento interno, e lui mi disse: « Non st1i? La wmdeua de.I 11ero cristiww è il
perclo110 e la preghiera per la persona che ci offende. Così, tu avendo pregwo per
questo compagno, hai fatto ciò che piace ul Sig11ore, e per questo ora ti /l'Ol'i
conte/Ilo. Se tu farai sempre così, passerai una vira felice».
Fate ai ragazzi
il super-dono del perdono
* Per Don Bosco perdonare s i-
gnifica da dimenticare per sempre.
Egli raccomanda fervorosamente:
«Se volete ouenere molto dai vostri
allievi, non mostratevi mai offesi
contro qualcuno. Tollerate i loro di-
fclli, correggeteli, ma dimenticateli».
Don Bosco vuole che perdoniamo
per davvero, come perdona Dio che
dice: « Io, io cancellerò i tuoi misfatti;
per riguardo a me non ricordo più i
tuoi peccati» (Isaia). 11 Signore i pec-
cati li dis trugge; essi non esistono più
nemmeno nella :,ua memoria.
,. Don Bosco così supplicava i suoi
salesiani: « Vi prego: non solo lasciate
aJ ragazzo la s peranza del voi.tro
perdono. ma ancora quella che egli
possa, con una buona condotta, can-
celJare la macchia a i.é l'atta con i
suoi mancamenti ».
L'animo umano non va paragonato
a un'anfora di squisita fattura greca,
che una volta rotta non potrà mai più
ricuperare la ~ua bellezza antica, per
quanto si ricompongano con peri:1Ja i
suoi cocci. Lo spirito umano va pa-
ragonato piuttosto al fuoco, che se
non è spento del tulio, fosse rimasto
anche solo un piz.z.ico di brace, può
ancora suscitare un incendio dalle
proporzioni smisurate.
« Dove abbondante era il peccato,
ancora più abbondante fu la grazia»,
ci ha clclt<> san Paolo. Se questo è
vero riguardo ai grandi peccatori, è
ancor più vero per i ragazzi, i quali
~ono più sbadati che cattivi.
* Ai nostri allievi e tigli possiamo
fare i doni più preziosi, ma nessun
dono potrà essere più grande de l
perdono cristiano, che come dice lo
stesso nome, è per-dono ossia è un
s uperdo no.
La nostra capacità di amare è pro-
porzionala alla generosità di perdo-
nare. lnvece il iisemimento, l'astio, il
senso di vendeua, anche se diffusi
come una tenue foschia, allontanano
il ragazzo, creano una barriera psico-
logica e arrestano il processo di for-
mazione.
,,_ Il ragazzo s i deve sentire non
solo perdonato, ma anche accettato
ed amato più dl prima. Dopo il per-
dono, accordato con generosità ple-
naria, l'educatore deve ripetergli con
Dante: « Non sbigottir, che vinccrcm
la pro,·a ». Accordando il perdono,
*dobbiamo infondere speranza.
Il perdono degli educatori e dei
genitori deve essere un segno de l
perdono di Gesù, che dice: « Vi assi-
curo che in ciclo si fa più testa per un
peccatore che <;-i converte, che per
novantanove giusti che non hanno
bisogno dj conversione».
Gesù, riferendosi a una peccatrice
di classe, disse: « I suoi peccali sono
molti, ma le sono perdonali perché ha
mostrato un amore riconoscente. In-
vece quelli a cui si perdona poco, so-
no meno ri_conoscenti ».
•* Quando il raga.zzo perdonato s i
mostTa riconoscente, allora c'è s ta to
un meraviglioso salto di qualità nella
sua formazione. Diceva Lacordaire
che chi inciampa senza cadere fa il
passo più lungo. Se il perdono offcrio
generosamente ha su:,citato ,-icono-
;.cenz.a, si può cantare con sant'Ago-
slino: « O felix culpa, o lelicc colpa!»
* Ogni cristiano deve saper per•
donare. Gc:,ù , sollo forma di pre-
ghiera al Padre, ra formulare a noi
!.tessi la nostra condanna: « Rimelli a
noi i nostri debiti, come noi li 1imet-
tiamo ai nostri debitori». Il che ~i-
gnilica: «Signore, se perdono molto,
perdonami molto: se pc1·<lono poco,
perdonami poco: ;.e non pcr<lono, tu
non perdonarmi affatto».
Se questo è veru per ciascun cri-
~tiano. è ancor più vero per i genitori
e per gli educatori, i quali non pos-
~ono formare ~e non sono capaci di
perdonare.
Adolfo L'Arco
1 Q BOLLETTINO SALESIANO 1' GIUGNO 1981

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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VENEZUELA
Il come e i perché
d'un Centro Giovanile
A San Cristobal I salesiani hanno venduto il vecchio collegio e edi-
ficato la nuova opera, per servire in forma più moderna la gioventù e
la pastorale della città
I I presidente della Repubblica vc-
nczuela si trovava a San Ciislu•
bai, e come avrebbe potuto man-
can: all'inaugura:,ionc della nuova
opera salesiana? Di fatto ci andò più
che , olentieri, e , i pre!.C parte con la
mru,-Sima cordialità, perché lui -
doctor Luis H crrcra Campins - è e si
sente exallievo di Don Bosco. (Questa
degli exallicvi che diventano presi-
denti delle repubbliche sta diventan-
do una bella consuetudine in America
Latina, oltre che irt Italia: al momt.'n-
to anche i presidenti dell'Ecuador e
dell'Argentina sono e,allicd).
Così, con l'incoraggiamento del
pre!>idente e delle autorità locali al
completo, con la benedizione del ve-
scovo e la solidarict:ì delle comunità
ecclesiali, con l'esultanza dei quauro
salesiani e la simpatia interessata dei
ragazzi, il Centro Giovanile dedicato a
Don Bosco è stato inaugurato propno
nd giorno della :,ua fcMa liturgica, il
31 gennaio scorso. Ma alla base del-
l'allegria non c'era la facile spemie-
ratezza, bensì un'attenta riflessione e
un approfondito studio della situa-
zione sociale e religiosa, dei suoi
problemi, e delle , ie per rboh erli. In
pratica i quattro salesiani hanno rile-
,·ato quaLtro urgen,e, e se ne sono
fatti carico una ciascuno.
Il coraggio di ricominciare. San
Crist6bal è la capitale del Tachira,
uno dei venti i.tali che formano la
Federazione Venewclaua. Sorge in
una comoda valle andina a 65 km dal
confine con la Colombia, a 850 metri
'iUI li\\cllo del mare, e quindi gode di
un buon clima. Vnnta ormai quauro
i.ccoli di storia (fu londatn ncl 1561 dn
un irrequieto avventuriero spagnolo,
Juan de Maldonado, i.t·mpre in giro a
portare guerra agli indio-, dal Me!>sico
al Perù e ai pal'si limitrofi). Oggi è
una città moderna con quasi 200.000
abttanti e in continua espansione.
Tutto auomo la campagna produce
in abbondanzn tabacco, caffè, cacao,
rrumcnto e .wcchcro. L'industria è in
sviluppo: lavora1ionc del legname e
del tabacco, pastifici, ccc. E ancora
miniere: solo a scrm,tare la terra col
dito - si fa per dire - -.punrano luori
oro. argento, rame, lcrro. carbon fos·
-.ile e petrolio. È chial'O che il futuro
pas~a da queste parti. E quindi anche
i r,roblemi, soprauu110 dei giovani. E
ciò -,piega perché i quattro salesiani !>i
diano mollo da fare.
Già nel 191-t i figli di Don Bo~co
lavora, ano nella città, che allora
conta, a poco più lii I0.000 abitanti;
dal '26 formarono una comùnità r<.'-
golare, con il collegio, l'oratorio, le
scuole diurne e )Cr:ili. Tullo ciò fino
al 1973, quando rima~c !,Olo più l'o-
ra torio, in attesa della nuova svolta. E
la !>\\ olta (ci vok, a un po' di coraggio
a farla) consistcllc, in questa città ch1.1
cambia\\'a, nel vendere lutto e rico-
minciare da capo. per alrrontarc con
la nuo, a gioventù i problemi nuovi.
Le costruzioni <lei Centro sono an-
cora da complclarc. Ci sono già in
pied i le sale pluriuso. la chiesa (ma
!>olo i muri), la biblioteca, la residenza
per la comunità; ma diversi dei
•moduli,. ìn cui si articola il progetto
globale - come il refettorio, i dor-
mitori, gli impianti sporti\\ i - per ora
~ono solo sulla carta. Però la vita in-
calza, non sta ad aucndcre, e biso-
gnava cominciare al più presto.
Quattro aree di Intervento. In pra-
tica il Centro giovanile Don Bosco
intende essere un servizio pastorale
reso alla Chic.,a del Tachira. Un cen-
tro di formazione e orientamenlo
giovanile, che larnra sopraltutlo at•
traverso i gruppi: organizzandone al-
cuni, potenziandone e rilanciandone
altri già esistenti. L'obiettivo di fon~.lo
è quello stesso della Congrega.t.ionc
salesiana nella Chiesa: « L'evangeli1-
1azione liberatrice dei giovani, ac-
compagnnndoli Iìno al conseguimen-
to di una mentalità cristiana di lede
matura che informi tutta la loro , ila,
e li spinga a un impegno d i servizio
nella Chiesa, allraverso una scelta
vocaLionale cristiana... "·
L'auidtà del Centro si realin.erà in
quallro vaste aree di intervento: la
pastorale giO\\ anile. la catechesi, la
ra~torale voca,ionalc, e la pa<;torale
degli adulti. In più il Centro racco-
glierà i diversi rami della Famiglia
salesiana, in primo luogo i Coopera-
lorì e i numerosissimi Exallievi.
Come servi.lio pastorale da rendere
ai giovani, il Centro intende e-.~crc
una comuniLà 1mro!>tala col metodo
educati\\'o di Don Bosco, e orienlata
f,
I
.
Il bel monumento a Don Bosco padre e mae-
stro della gtovenlùa, nel giorno di lneugure-
zlone del Centro Glovanlle. Sopra Il titolo: Il
coro del giovani mentre al H lblsce nella tesla.
BOLI..ETTINO SALESIANO I GIUGNO 1981 11

2.2 Page 12

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all'evangelizzazione e promozione
umana dei singoli e dei gruppi. Da qui
il desiderio di raggiungere il maggior
numero possibile di giovani, perché
attraverso le attività del tempo libero
diventino protagonisti della loro ma-
turazione e del loro accresciuto im-
pegno sociale come uomini e cristia-
ni. Si tratta soprattutto di maturare
dei giovani leaders in mezzo agli altri,
perché si mettano a capo dei loro
compagni e li aiutino nella scoperta
delle proprie capacità e limiti, e nella
costruzione di un progetto di vita
cristiano.
Nell'area catechistica il Centro Don
Bosco intende essere scuola di for-
mazione dei catechisti, per prepararli
a diventare i realizzatori di un mondo
nuovo attraverso l'annuncio coscie,n-
te e responsabile del Vangelo. Il gio-
vane catechista sarà aiutato ad ac-
quistare una coscienza sperimentale
della fede che sia testimonianza di ciò
che annuncia, realizzando in sé l'u-
nità tra fede e vita. li catechista dovrà
anche acquisire tutte le conoscenze
necessarie per meditare e approfon-
dire personalmente il messaggio cri-
stiano, e per spiegare la parola di Dio
agli altri. E lo farà concretamente
realizzando programmi di catechesi
per bambini, per la prima comunio-
ne, con gli adolescenti, i giovani, gli
adulti...
Il Centro poi si propone un inter-
vento nella pastorale vocazionale,
aiutando i giovani a sperimentare e
verificare concretamente nell'attività
apostoHca il loro eventuale orienta-
mento alla vita consacrata e sacer-
dotale.
Sono aree di intervento immense, e
i quattro salesiani avranno il loro da
fare, senza respiro.
La cancellata e l'ingresso. Fra le
parti del progetto globale già realiz-
zate c'è un bel monumento a Don
Bosco: il santo, in marmo bianco,
sorride al suo allievo prediletto Do-
menico Savio e a tutti i ragazzi di San
Crist6bal. Fra le parti del progetto
che restano da reaHzzare, c'è anche la
cancellata di recinzione dell'intera
opera, ma ciò per ora offre il vantag-
gio di facilitare l'ingresso dei ragazzi
nel centro giovanile...
J quattro salesiani non sono soli nel
lavoro: al loro fianco si trovano nu-
merosi laici impegnati, soprattutto
exallievi, e i cooperatori ben affiatati.
E poi le Figlie di Maria Ausiliatrice, in
dieci, presenti in città dal 1928. La
sera del 31 gennaio scorso, all'inau-
gurazione, questi amici di Don Bosco
c'erano tutti, attorno al suo monu-
mento. E all'ombra delle tre bandie-
re: quella gialla rossa e blu del Vene-
zuela, quella bianca e gialla del Papa,
quella bianca e azzurra del centro
giovanile. C'erano le principali auto-
rità di San Crist6bal e i personaggi
importanti, ma il protocollo rigoroso
delle cerimonie è durato poco. Inno
nazionale, poi i ragazzi cantavano
Salve Don Bosco santo / giovane di
cuore», poi l'orchestrina impose il
suo porompompòm. Ed è venuto
fuori il clima di famiglia, l'allegria al-
la Don Bosco, perché tutti si sentiva-
no in casa loro.
Poi il sole è tramontato (laggiù
scompare in fretta), e bisognò la-
sciarsi. Le ultime foto frettolose, tan-
te strette di mano, abbracci e arrive-
derci. A poco a poco i pezzi grossi se
ne andarono tutti, rimasero solo i ra-
gazzi di San Crist6bal. E con loro i
quattro salesiani, per ricominciare
con la nuova generazione.
San Crlst6bal: l'Ispettore padre Odorico presenta Il nuovo . c entro glovanlle Don Bosco• al Pre-
sidente della Repubblica Luls Herrera Campfns, exalllevo salesiano.
12 BOLLETTINO SALESIANO 1• GIUGNO 1981
MADAGASCAR
I primi due missionari salesiani in
Madagascar sono giunti nel paese
il 3.2.1981. Sono don Guido Lem-
ma e don Antonio Gianfelice, dell'T-
spettoria Meridionale. La loro desti-
nazione è la diocesi di Ambanja nella
parte nord dell'isola, ma dedicheran-
no i primi mesi della permanenza allo
studio del malgascio, la dif(icile lin-
gua locale.
Il loro arrivo era stato preceduto da
una visita dell'Ispettore don Alfonso
Alfano, e da un'intensa preparazione:
avevano Erequemato un apposito
corso di missiologia a[Ticana e com-
piuto anche un soggiorno in Francia e
Belgio per perfezionare il francese. Il
31 gennaio poi, a Taranto, avevano
preso parte con le loro mamme alla
festa dell'addio. L'Ispettore aveva let-
to i «ricordi» dati da Don Bosco ai
primi missionari salesiani nel lontano
1875, e consegnato loro una reliquia
di don Bosco stesso che essi avreb-
bero dovuto trapiantare in Madaga-
scar per farlo rivivere con la loro at-
tività fra i giovani. Il crocefisso mis-
sionario poi, lo ricevettero ciascuno
dalla propria mamma.
Viaggio avventuroso. (I viaggio dei
due è stato - come risulta dalle loro
corrispondenze - piuttosto avventu-
roso: i telegrammi inviati per tempo
non erano giunti a destinazione, e
c'era nessuno ad attenderli al.l'aero-
porto della capitale Tananarive. Ma
« la più perfetta agenzia di viaggi è
ancora la Provvidenza», assicura don
Lemma, che all'aeroporto trovò un
sacerdote e una suora che aspettava-
no altri missionari: il sacerdote era
italiano, e li accompagnò alla resi-
denza dell'arcivescovo, dove erano
riuniti per un incontro tutti i vescovi
del paese, e quindi anche il loro. Che
fu ben felice di dar loro il benvenuto.
Quella sera stessa « per la prima volta
abbiamo concelebrato in francese.
Fortuna che il Signore è poliglotta!».
E subito dovettero scontrarsi con la
dura realtà sociale del paese: il giorno
stesso del loro arrivo, ci furono pro-
prio a Tananarive scontri tra giovani
dimostranti e la polizia: il bilancio
ufficiale fu di 6 morti e 45 feriti.
L'indomani i due missionari si tra-
sferirono nella cittadina cli Ambosi-
tra, 250 km a sud della capitale, sul
fresco altipiano, dove si fermeranno
sei o sette mesi per lo studio del
malgascio (che col francese è lingua
ufficiale). Ora stanno conducendo vi-
ta conventuale, « passando dalla
scuola-convento al convento-casa».
La scuola, « un laboratorio linguistko
aurezzatissimo con cuffie e prese di
registrazione e diapositive sonorizza-
te per turti », è diretta da una suora, e

2.3 Page 13

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«Balbettiamo come i neonati»
dicono i missionari
I primi due saleslanl sono giunti In Madagascar nello scorso feb-
braio, e ora stanno Imparando la dlfflclle lingua del paese. Ecco le
loro prime impressioni
-,i trO\\·a nel convento delle Benedet-
tine: la loro residenza è invece nell'i-
:.tituto dei padri Gesuiti. Gli a llievi
~ono 12, tulli missionari, di cui 6 ita-
liani.
Trovano la lingua piuttosto diffici-
le: "Dà tanto l'impre!>Sione di fare le
parole incrociate. Voi pensate alla
definizio11e "l'occhio del giorno", e
scrivere sole. Ebbene sole in malga-
:.cio si scrive masoandro, che significa
appunto occhi-giorno... Altre diffi-
coltà sopravvengono perché in una
stessa parola si affastellano il prefisso
+ la radice + un infisso + un suf-
fisso, e magari + il possessivo. ln-
:.omma, stiamo balbettando come se
fossimo appena nati»,
Ragni. pulci e politica. Tra le no-
vità della \\'ila quotidiana i grossi r a-
gni: «Quando mi assegnarono la mia
cameretta. aprii la finestra e vidi che
c'erano a distanza ravvicinata due
ragni dal corpo grosso come una no-
ce. Mi ripromisi di sbarazzarmi di lo-
ro e delle loro tele al più presto. ma
non potei fario perché non avevo w1a
scopa a ponata di mano. E è stata
una vera fonuna, perché ho avuto
modo di scoprire che essi funzionano
da eccellente zanzariera. Alla sera,
quand o tengo la finestra aperta per il
caldo e la luce accesa per vederci. ci
rendiamo un favore reciproco: io con
la lucè attiro gli insetti, e loro li ac-
chiappano».
Più difficile andare d'accordo con
altre bestiole, abbondantissime da
quelle parti: le pulci. Qui la pulce è
l'animale domestico più amico del-
l'uomo. e più progredito anche dal
punto di vista religioso: professa un
ecumcnbmo unico al mondo. Si trova
in tutte le chiese, sia cattoliche che
protestanti, e n on fa distinzione».
Oltre alle lingue e alle consuetudini
degli insetti, i due missionari cercano
anche cli capire la situazione del pae-
:,C, che appare per niente incorag-
giante: " Il Madagascar è un classico
paese del Terzo Mondo: ex colonia
francese, liberatasi dal colonialismo,
che ora ha cominciato faticosamente
a camminare con le proprie gambe
e... a piedi nudi». L'economia è pre-
\\'alcntemente agricola. le irnporta110-
ni sono ridoue al minimo. le industrie
!>Ono tulle piccole e anziché svilup-
parsi sembra stiano chiudend o. I c.li-
:,OCcupati aumentano, il malcolten10
in proporzione.
Di qui i di-;ordini. Nella capitale
regna un clima di paura, c'è sempre il
rbehio di venire coinvolti in qualche
sommossa, di venire de.-ubati dalle
bande di giovani nulla-facenti e per-
ciò nulla-tenenti. 1 consigli datici :.0-
110: "Non girate con borse. borselli,
soldi. Non uscite dopo le 17 perch1:
c'è il coprifuoco'", e così via. Qui <,i
parla di imminente rovesciamento
<lei potere politico attuale , ma si dice
anche che, una volta avvenuto, la
musica non dovrebbe cambiare•·
Prevede don Gianfelice: • I prossimi
anni non saranno certo facili per noi,
come per 1u1to il paese. che si apprc-
~,a a vivere - come ci dicono gli allri
mbsionari - una erbi economica e
politica difficile da superare•·
E dire che la popola1ione è molto
buona: «L'indole del malgascio è pa-
cifica, la gente è portata al son·iso, è
riservata ma sensibile e gentile.
Un paese di ragazzi. Al termine del
corso, don Lemma e don Gianfelice
dovrebbero tra:.ferirsi nella loro dio-
cesi di destinalione, al nord del pae-
se. a una trentina di km dall'Oceano.
La diocesi di Ambanja è vasta due
volte il Lazio e conta 420.000 abitami.
di cui solo 25.000 - pari al 61lo - sono
cattolici. Ma abbracciano volentieri il
Vangelo. TI vescovo, il cappuccin o
mons. Ferdinand Botsy, intende affi-
dare ai figli di Don Bosco la località di
Bemanevikv al centro di un distrcno
missionariÒ che conta 28 villaggi, di
cui 16 con cappella. Si legge in una
relazione: "t gente che vive povera-
mente, dedita aJl'agricoltura (coltiva-
zioni di riso, caffè, cacao). Le abita•
zioni sono modeste capanne, le strade
non sono asfalta le e in pes~ime con-
dizioni. È ancora pre!.ente la lebbra.
S tupisce la semplicità della gente, il
senso dell'ospitalità, la bontà».
Un a ltro dato impressiona i due
mbsionari: il Madagascar è un paese
di ragazzi e bambini. Secondo una
recente statistica, su poco meno di 9
milioni di abitanti, 3.998.000 (cioè il
45,2°0) sono dai 14 anni in giù. « Que-
sto dice qualcosa per noi salesiani,
non d pare? .., ossenra don Lemma
nella sua ultima corrispondenza da
Am bositra.
Ragaut di Bemanavlky, e tra loro - con occhiali cappello - Il loro vescovo mons. Ferdtnand
Bot1y. Bemanavlky la località che li vHcovo Intende affidare al mlulonarl ulHlanl.
BOLLETTINO SALESIANO 1 GIUGNO 1981 13

2.4 Page 14

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RAGAZZI D'OGGI
I miei amici
del carnevale di Viareggio
Singolari impressioni di viaggio in treno d'una suora che rimandò la
partenza al mercoledì delle ceneri, per non viaggiare in mezzo ai
coriandoli del martedì grasso
Dovcvo viaggiare da Oneglia a
Roma, era lo scorso martedì
grasso, e non volli parure
perché il serpentone del treno avreb-
be costeggiato Viareggio. Viru·eggio è
proprio nell'occhio del carnevale, l'e-
suberanza della gioventù mi avrebbe
frastornata. E poi una suora in meao
ai coriandoli... Partii il mercoledl del-
le ceneri.
Giovani dalla faccia pulita. Nel mio
scompartimento c'erano già quattro
ragazzi: « Suora, le mettiamo noi la
valigia nel ponabagagLi ». Mentre
erano in piedi domandai con un sor-
riso: « Posso scegliermi il posto... e
magari il migliore»? « Certo, suora,
con piacere».
Erano giovani dalla (accia pulita,
aperta, gioviale. « Siete studenti»?
Risposero: « No, siamo operai. Stia-
mo accompagnando questo (imlica-
rono uno) che va militare a Viterbo».
Erano saliti a San Remo. Dissero an-
cora: « Bene, suora, lei adesso ci cu-
stodisce i bagagli, per favore? Noi
andiamo al vagone di coda, quello
per Firenze. Là c'è la sua ragazza che
va a Firenze». Era la ragazza del
neo-soldato. « sì, volentieri - ri-
sposi -, andate andate». Feci la cu-
stode: posti, bagagli, cappoui...
A Genova Principe tornarono e
consumarono bistecche larghe come
un piatto. Poi sparirono di nuovo, e io
feci una pausa di preghiera.
La sofferenza? Non fa problema. A
Genova Bdgnole si affacciò allo
scompartimento un altro giovane:
« Posso, suora?» « Venga, un posto li-
bero c'è». Intanto pensavo: ma guru·-
da che giovanotto rispettoso. E dire
che avevo paura della gioventù...
lo pregavo e il giovane taceva.
Quando vide che posavo sul tavoli-
netto il mio rosario, mi si rivolse con
un sorriso: « Sa, sorella, io sono dei
Minori». Esclamai:« Mj fa piacere. lo
voglio molto bene a san Francesco
d'Assisi. Allora, lei non ha pensato al
carnevale, tanto meno a quello di
Viareggio... Lei, pensa a Dio». « lo
sono di Dio».
Meravigliata cl i una confessione
tanto bella, domandai: « Va ad Assi-
si?» « Ora no, sono probando. Andrò
a fare il noviziato. E poi, io non
14 BOLLETTINO SALESIANO 1" GIUGNO 1981
avn.:i voluto, ma ''loro " vogliono che
continui gli studi, che faccia l' univer-
sità». Dissi: « Allora dovrà prepararsi
a ll'impallo con l'università. Penso
che dovrà soffrire». Rispose: «Guar-
di, suora, questo per me non fa pro-
blema. perché la sofferenza l'ho già
me!>sa nel conto».
Ecco un'altra lc7.ionc che mi dava il
Signore. Quel giovane poteva avere
vent'anni. ed era arri\\'ato al conto
perfetto, alla Croce. Rividi di colpo
un Crocirisso di san Damiano, quel
lamoso Crocifisso che ci guarda in Lre
maniere diverse: uno sguardo trafit-
to; poi ti sposti e vedi lo sguardo
dell'accctlazione piena della soffe.
renza, della volontà di Dio sacrifica-
tore: poi ti sposti ancora e lo vedi che
ti guarda nella pace suprema, in se-
renità - però non come un mono.
ma come un viYO - e quella serenità
è di paradiso.
Tacemmo un poco. Aveva tratto
dalla tasca un piccolo rosario e lo
sgranava lentamente. Mi sarei ingi-
nocchiata lì. in quello scomparti-
mento, a dire grazie a Dio, e anche
alla ~conosciuta madre di quel ra-
gazzo, che mi riconciliava con la gio-
ventù della civiltà del benessere.
Cinque brutti ceffi. A La Spc1,.ia il
mio amico di un'ora scese. Erano in-
tanto saliti nelle diverse stazioni del
litorale parecchi ~oldatini in divisa:
anche loro tornavano dalla licenza
del carnevale? I «miei» quattro di
San Remo vennc1·0 a ritirare i loro
affari: « Grazie, suora, noi andiamo in
un'alu·a carrozza ».
A Pisa si precipitarono nel mio
scompartimento (ero rimasta sola).
cinque brutti ceffi (Dio mi perdoni),
uno con un barbone come quello del
conte di Montecristo quando evase;
uno spilungone sembrava Fra Diavo-
lo. Erano tutti sporchi. mal vestiti e
stralunati. Chiusero con un colpo
secco la portiera, si gettarono sui se-
diU. « È già passato il controllore?»,
domandarono. Risposi di sì: era pas-
sato molto tempo prima, e ceno ora
ne s.u·ebbe passato un altro. « Ahi,
esclamò il barbone, la va male»,
Chie!>i se non avèsscro fatto in tempo
a prendere il biglietto. Uno rispose
per Lutti: « Non abbiamo biglietto,
non abbiamo un soldo e ci hanno già
buttati giù da un altro treno,,.
Continuò sullo stesso tono neutro:
« Abbiamo passato tutta la notte a
Viareggio, a ballare». lo: « E oome si
fa adesso?» Alzarono le spalle. Dissi:
« Ebbene, se vi butlano giù un'altra
volta. avrete già fatto un altro tratto
tU strada, e così da treno a u·eno ,,...
Loro: « Eh, dice bene, ma noi è due
giorni che non mangiamo». Io:
« Questo è grnve. Ad ogni modo, se
passa il controllore, s tate zitti. Parlerò
io». Facevo mentalmente il conto:
sono cinque, da Pisa a Roma. Avrò di
che? Ed ecco il controllore apre la
portiera: «Signori, visto il biglietto»?
Sfoderai un Sorriso d 'occasione e ri-
sposi: « Sissignore, grazie, buongior-
no». L'uomo, cortese, rispose:
« Buongiomo » e se ne andò. I «miei»
giovani, rimasti a fiato sospeso, tor-
narono a respirare liberamente: « Oh,
suora, grazie».
Qui un moralista troverà da dire.
Avevo anch'io un certo fru-fni dentro.
Però dissi: « Bene, ragazzi, adesso
mettiamo le cose in chiaro: io di bu-
gie non ne ho dette: il mio biglietto è
stato vistato. Jn quanto a voi, non ero
in dovere di rar sapere al controllore i
faui vostri. Non sono una delatrice.
Caso mai, sono stata pTudente come
il serpente con l'aria semplice della
colomba, e queste parole sono nel
Vangelo». I cinque non s'erano mai
tTovati tanto d'accordo col Vangelo.
Per esempio un uovo. Ma i cinque
avevano anche fame, e non avevano
sigarette; uno si consolava mordic-
chiando un 7.0lfanello. Dissi: « Ho
ancora due o tre cosette, e ho già
mangiato. Per esempio un uovo».
Trassi dal sacchetto un uovo sodo: lo
tlivorru·ono, un boccone ciascuno.
Avevo un'arancia: sparì. Un sacchet-
to di grissini intatto: se lo divisero.
Uno assaporava lentamente un gris-
sino alla volta, e pareva che fumasse
un bastoncino cinese; un altro faceva

2.5 Page 15

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come fa il conlglio: mon,ctlini wclLi
,, clu. In un niente non ci Iu più che il
sacchcuo abbandonato.
Forse per trovare un argomento
ada110 a mc, uno si domandò: « Che
differenza c'è tra un prete e un fra-
te?" Dove,·o rispondere? Spiegai.
parlai pl'rfino di clausuro. Qui si spa-
\\'Cntarono: "Non escono mai, mai?
Ma non è pos'iibile! Uno disse per-
sino che è orribile. Ma io: « Se è pos-
sibile agli erga~tolani che hanno fotto
del mnlc... I monaci hanno una cella,
un chiosu·o, del terreno da arare, una
chie!>a generalmente molto bella, poi
un cimitcrino per andare a riposare
quando chiudono gli occhi quaggiù,
aspeltando il dopo•·
Quel dopo non li toccò. Uno do-
mandò: « Ma da, vero c'è dc.Ila gente
che vive così? lo questo proprio non
lo 1.:api.,co •· • Eh. sì, lo ~o: è di,cr,;o
ballare tulla la notte e invece lernrsi
da un saccone nel cuor della notte per
cantare le lodi del Signore».
Una volta, Don Bosco. A,evano un
gros'>o apparecchio radio, la loro
unica ricchena. Dall'apparecchio fa-
cevano uscire le solite canzoni ddle
radio libere. le canticchiavar,o... Ne
a,c,·o nausea, mi facc\\'ano pena.
Tacque la radio. Tacquero loro. Ri-
cominciai a parlare: « Per esempio io
sono una religio~a. non una monaca:
,ono suora di Don Bosco•· Uno di~o;e:
"Don Bosco l'ho già sentito nomina-
re». Mi buttai a pesce, mi sentivo a
casa mia. Quelli divennero attenti
come <,erpenti incantati.
« Don Bosco era un prete che
quando s'imballeva, per esempio, in
giovani che portavano in fronte il se-
gno della loro depra,•a,ione, non po-
te, a fare a meno di aiutarli. Diceva
loro: "Figlioli, fra non molto, -,e an-
date di quc~to passo, diventerete for-
~e ladri, as,assini. E wn che pro--
)PCllh a? Con quella della galera o
peggio del patibolo (allora in Italia
c'era la pena di morte). E io !>Ono qui
che desidero salvan I dalla giu,ti,ia
umana e da quella divina". Egli in-
latli andava anche nelle rrigioni, ve-
de\\'a dei giovani, quasi ancora rngaL.-
Li, e<,piare le colpe d'una precoce de-
pra,azionc, e diceva: "Questo è l'ob-
brobrio della patria, il disonore della
famiglia. l'mlamia di -,e stes~i..."' •
(Cila,o a orecchio, ma ora sono an-
data a pescare le parole vere di Don
BO!>CO).
Notai che le parole patria, famiglia.
111/<lmia. non li disturba,·ano affatto.
Mi !>cmbra,a che ,em-.sero da un
pianeta sconosciuto. TI «pianeta Ter-
ra• non li interessava: erano apolitici,
amorali. falene. Parlammo di guerra:
la seconda mondiale per loro era
preistoria; Oswiecvm, il campo di
'>tt?rminio, una sorprc<.a· mai ~cnt.ito
nominare. Che Reagan aves~c ~osti-
tuito Cartcr, una novità; il terrt•moto,
un'idea astratta...
• L na , olta Don Bosco - ricomm-
da1 e Lornarono allenti - andava per
la -,ua strada tra Capriglio e Buuj-
glicra. in Piemonte. Era tardi. face,·a
quasi buio, e la strada costeggia,·a un
bosco. Vide cammin facendo un gio-
vane sedul() <.u uoa ripa, e quando gli
ru vicino, quel giovane che. portava il
cappello calato sugli occhi, lo af-
frontò: "O i i.oldi o la vita". E tirò
fuori un coltellaccio. Ma Don Bosco
lo riconobbe: era il figlio infelice di
uno dc.i proprietari dei dintom1. Don
Bo-.co l'aveva incontrato in prigione a
Torino, e aveva fallo di tutto presso il
Procuratore del Re per farlo u~cire.
Lui a,•eva lauo mille promesse...
« Gli disse Don Bosco: "Come, tu
Antonio fai questo brutto mestiere?
Non mi avevi promesso di non rubare
più?'". L'altro. avvilito, tentò giustifi-
carsi: "Ma io non l'avevo ricono-.ciu-
ta. Se avessi -,apulo che era lei, non le
anci mai fallo quc'>lO aUronto'". Dun
80<,co; "Non basta; non devi l'ar af-
fronto a nes-.uno". E parlò a lungo,
'ie<luto con Antonio sulla ripa. Poi
Antonio volle confessarsi i:! 101 nò a
ca<,a ">Ua. Ma Don Bo~co non lo ab-
bandonò, gli cercò un l.n oro, lo seguì
sempre. Divenne un uomo onesto, un
buon padre di famiglia...»
I miei gio, ani av<:vano lo sguardo
pt·rduto nel , uoto.
Il morto cominciò a gemere. « Don
Bosco - ripresi - andava pure ad
a<,<,b,tere I condannati a morte. anche
,e ciò lo racc,a soffrire terribilmente.
Unn voha accompagnò un condan-
nato e rima'>C là, al /fondò della fo,-ca
finché l'impiccato non venne tolto
dalla tra\\'e, e creduto morto fu por-
tai<> nella chiesa di San Pietro in
Vincoli, duve !>i seppellivano i giusti-
11ati. Ma quel tak non era morto.
Cominciò a gemere, .,i alzò a .,edere
nella bara. e chiamava Don 8()<;co. TI
quale accnn,l', gli parlò da amico, lo
condusse alla contri11one pcrfona
(qui do,·c11i spiegare che co.,'è la
contrizione perfetta), poi gli diede
!"assoluzione e gli chiuse gli occhi.
Era vissuto due ore ancora, ma aveva
due vericbrc !>pez1ate e così moriva•
I cinque avevano dimenticato la
r,,dio, manuavano giù la salivo, quel
«mono ~ rbulta\\'a più on·i/1ile che i
monaci chiu!,i nelle loro trappe.
Se fossi come Don Bosco. Erava-
mo ormai a Civitavecchia, e sapevo
d1c i miei amici non si sarebbero
fermali a Roma Alt1·e ore <li treno
-.cnLa bighct10. E altre ore di lnme.
Arrivammo a Roma. Presi in mano
il portamonete e dissi: « Sentite, ra-
gaui, fate conto che io sia la vostra
mamma. Andate a comperan i un
panino cia-,cuno n. E sfilai nella mia
povertà un bigliettCl <la diecimila. Qui
saltò fuori il ca, alicrc: « Ah, no suora,
no. Lei ha già fatto troppo per noi. Ci
offenderemmo!• \\!on osai in!>istere.
Le ultime persone al mondo che avrei
\\'Olulo offendere erano proprio i miei
amici del carnevale di Viareggio.
Ed eccoli prendere i miei bagagli e
~ccndere. Li portavano con fierezza e
il barbone mi faceva la guardia del
corpo. come un cora12Jere... Finché
non ci lasciammo.
Attraversando Roma pcn!>avo:
perché non sono io un altro Don Bo-
,co? Avrei potuto accompagnarli in
una trattoria, sfamarli, poi comperare
i biglietti del treno e pan.ire con loro
verso la loro inutile destimvlone.
Avrei potulO... confc<,sarli.
lo che a,cvo paura d'incontrarmi
con la gioventù odierna. con la gio-
ventù del carnevale, ora rimpiangevo
di non poter stare più a lungo con
loro...
Suor Domenica Grassiano
15 BOLLETTINO SALESIANO 1 GIUGNO 11181

2.6 Page 16

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INDIA* LE SCOLARETTE INTERVISTANO
1>referivo andare, dissi subito Cina.
Ma poi - ricordo, avevo 22 anni ed
ero novizio a Villa Moglia vicino a
Padre Schlooz è felice
Chieri - quando ci lessero le "obbe-
tlien1:e" come le chiama"amo allora,
al mio nome era unita la parola Ma•
in mezzo ai <<fuori casta>>
Jras. Dove sarà mai stata \\1adras? In
America? In Africa? Corsi subito a
prendere l'atlante per \\Cdcre in che
Dall' ltalla una maestra, con alcune ragazze e Il parroco, ha visitato
padre Schlooz a Polur, nel suo nuovo campo di attività. E gli ha ri-
volto le quattro domande dell'Intervista preparate dalla sua scolare-
parte del mondo !,j trovava, e imparai
con mia sorpresa che era in India...
La gioia di fare U bene. Terza do•
manda. Il Signore che cosa le ha dato,
sca. Ne è scaturito un quadro contrastato dove si impastano i in tanti anni di vita missionaria in
drammi di esistenze precarie e la gioia di spendersi senza riserve India?
Risposw. li Sil.?flore mi ha dato
molta gioia, una grande gioia. Essa
I eri e icr l'altro - riferisce la
maestra Paola Mesini da Paullo
(Modena) - abbiamo visitato un
magnetofono registra, la scolaresca
della maestra Paola a suo tempo
ascolterà e mediterà.
nasce dal mio lavoro tra i \\'era.mente
poveri, tra quelli che '-Ono dispre:uati
nel mondo, dal mondo. Ave1e visto la
villaggio vicino a Polur, accompa- Prima donwnda. Padre Schlooz co- situazione della mia gente, di questi
gnati da padre Schlooz. li villaggio è me ha incontrato Gesù Cristo?
« fuori casta». li Signore mi ha dato
un insieme di capanne tenute pulite e Risposta. Per mc è facilissimo dirlo: la fortuna di , i\\'cre con loro, di far
ordinate; i bambinj ci vengono in- ho incontrato Gesù Cristo per meuo conoscere loro Gesù Clisto. Farlo co-
contro sorridenti, felici accogliere della mia buona mamma, di mio noscere ai lebbro<;i e ai sani. farlo
dei forestieri. Don Antonio, il nostro papà. I miei genitori mi hanno !>em- amare da loro. ~ per me una grande
parroco, tira fuori dalla borsa I pal- pre mostrato la strada, ho conosciuto gioia.
loncini coloratj e tuni i bambm1 gli si Gesù Cristo guardando a loro. Sono Certo anche m mb~ione si hanno
precipitano attorno facendo festa. di una famiglia numerosa: 11 figli. difficoltà, come anche \\Oi piccoli
Nella loro innocenza sono vestiti d'a- Non abbiamo avuto da scialan·, in avete le voslrc piccok difficoltà. Se
ria, e non si può dire che siano pro- casa; eppure c'è sempre stato po1>10 domandate ai vostri genitori, an-
prio puliti. Ma come ponebbcro es- per Gesù Cristo tra noi. Il babbo do- ch'essi lo ammcllcranno: anche noi
serlo? Da quasi un anno non piove, veva lavorare molto, ma ogni giorno abbiamo dei problemi. L'ultima volta
manca l'acqua. Diversi bambini han andava alla messa alle cinque del che sono stato a Roma, il parroco del
no gli occhi che lacrimano. stentano mallino. Cose che non si vedono più Sacro Cuore ogni tanto mi chiamava:
ad aprirli. Congiuntivite,
in Europa. [or-,e... Cosi ho incontrato "Don Francesco, \\'enga qui, dica due
• A,!>istiamo a una cosa meravi- Cristo. guardando ai miei gennori, parole a questo gruppo di pe.rson<.:
gliosa: la messa celebrata al lume seguendo il loro esempio.
che sta pregando•: e io le dicevo,
della lampada a petrolio. Dapprima Seconda doma11da. Che cosa l'ha raccontavo il mio la\\'oro in India ecc.
padre Scblooz confessa, e bbogna spinta a venar<.: in India?
Poi tornavo in sacrestia e tanti dj quei
vedere il bel confessionale con la Risposta. Devo dire che mi hanno rcdcli venivano a portarmi qualche
grata: è una brandina messa !,U ver- proprio spinto a venire in India: io offerta; sapeste quante volte mi han•
ticale. Poi bambini, uomini, ùonne, pensavo alla Cina. Un mio 1:io era no detto: «Don Francesco preghj per
tutti siedono per terra con le gambe missionario in Cina già da ,ent'anni, me. ho tanti problemi"· Vedete? Di
incrociate, intorno al tavolino che e un mio fratello tla cinque o ~e,. problemi ne hanno tutti, anche i
serve da altare. E rispondono al sa- Quando i Superiori mi cruesero do,c missionari. anch'io. Ma nonostante
cerdote, e cantano, con una fede e, ì-
dente, che ci commuove.
Sulla strada del ritorno padre
Schlooz mi domanda: "Lei crede,
giudicando dall'apparen,a, che que-
sta gente tanto povera sia infelice?"
No, devo ammetterlo. Non mi hanno
dato l'impressione di essere degli in-
felici. Mi sembrano contenti di quel
poco che possiedono. Padre Schloo✓•
ne conviene: la stessa impressione
che si provava nel lebbrosario di
Madra!,: tutti i visitatori -;e ne anda-
vano persuasi di aver incontrato
gente contenta". Non pos<,o fare a
meno di dirlo alle nostre raganc: "lo
credo che qui i bambini sono più fe-
lici di voi, bambine italiane, che pos-
sedete tanti giochi e ne volete sempre
dei nuovi, che sciupate tante cose e
non vi accontentale mai..."•·
Volevo andare in Cina. La comiti\\ a
rientra a Polur, e l'indomani ha luogo
l'intervista. Padre Schlooz risponde, il
Padre Schlooz: Ml tocca fare Il medico, e quando visito I vlltaggl porto sempre con me una borsa
di medicine. Per fortuna che quand'ero boy scout ho Imparato Il pronto ,oeeoreot..
16 BOLLETTINO SALESIANO / ' GIUGNO 1981

2.7 Page 17

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questo io mi sento felice, e vi spiego il
perché.
Pochi giorni fa è venuto qui in vi-
sita un gruppo dalla Germania, e an-
che loro avevano tante domande da
fare. Mi hanno domandato: « Che co-
sa è venuto a fare lei in lndia? Ho
risposto: • Sono venuto a fare quel
che faceva Gesù Cristo. Che cosa si
legge nel Vangelo? Che Gesù passava
in mezzo alla gente facendo del bene.
È proprio quel che è dato di fare an-
che a me qui: noi missionari cerchia-
mo cU fare deJ bene a Lutti quelli che
avviciniamo.
Ieri coloro che sono venuti con me
nel villaggio hanno potuto vedere:
portavo una borsa piena cU medicine,
mi consideravano un dottore (fortuna
che quando ero boy scout a\\'cvo fatto
il corso di pronto !>occorso!). E pote-
vo dire a tanti una buona parola. si-
curo che la accoglievano volentieri.
La gente sa che il sacerdote, e tutti
quelli che si presentano nel nome di
Cristo, vengono a fare del bene. Sa-
peste quanta gioia !>i prova in tulio
questo!
Il lebbroso più miserabile. Quarta
domanda. Questi anni che ha lra-
!>Corso in JncUa sono stati importanti
per lei, !>Otto il punto di vi!.ta spiri-
tuale?
RispOMU. Certo. Prima di tutlo ho
potuto constatare che s.ono una per-
sona fortunata. Tanto fortunata. La
gente qui, ma anche in molte altre
parti del mondo, vive in capanne po•
vere, i ragazzi non hanno di\\ eni-
menti qua attorno, non hanno tele\\ i-
sione né radio. Qui arriva la luce
t.:lettrica ma tante volte viene a man-
care; nel villaggio che abbiamo \\'isi-
talo c' era una sola casa con la luce...
Se io Cosi.i nato in un posto CO!>l. non
avrei certo potuto diventare -.accrdo-
tc. Dunque devo ringraziare il Signa•
re che mì ha messo in condizione di
esserlo.
Devo ringraziarlo ancor più per i
bravi genitori che mi ha dato, per la
chiesa vicina a ca!>a mia che ho po-
tuto frequentare, per i compagni
buoni che ho incontrato, per i bravi
maestri che mi h.mno guidato e aiu-
tato. Vedete quanti doni ho ricevuto
neUa vita. E tutti questi doni li ho
comprc.,i bene soltanto qui, m questi
anni trascorsi in meao a gente più
povera e meno fortunata di mc.
Poi ques.ti anm sono stati spirituaJ-
mente importanti, perché - come
dicevo mi hanno consentito di fare
del bene: con i doni ricevuti dal Si•
gnore ho potuto aiutare tanti altri che
si lrO\\ avano nel bis.ogno.
Due o tre anni ia venne nel leb-
brosario di Vyasarpadi un giornalista.
Visitò tutto, parlò a lungo, prese molti
appunti Poi volle parlare col lebbra-
DRAMMI E PROGETTI
A POLUR
Polur, dove Dio ml ha mandato a
trascorrere I pochi anni di vita che
ancora mi rimangono... Padre
Schlooz è giunto qui Il 23.5.1980. quel
giorno compiva 68 anni. La gente fece
festa al suo parroco nuovo (ma...
vecchio). Corona di fiori al collo, tam-
buri, discorsi, e I ragazzini curiosi che
schizzavano da tutte le parti. E poi
l'Impatto con la dura realtà • Due
giorni dopo Il mio arrivo - ha rac-
contato - un maestro della nostra
scuola è ritirato. Aveva compiuto 58
anni, e andava in pensione per rag-
giunti limiti di età. lo Invece, con I miei
68, cominciavo un lavoro nuovo•·
Polur è un povero centro agricolo
popolato anche da gente fuori ca-
sta., cioè del più basso livello sociale,
e circondato da villaggi ancora più
poveri. I salesiani vi lavorano da 50
anni: oggi sono In due (c'è anche un
missionario spagnolo), e mandano
avanti parrocchia, oratorio, scuola
media, dispensarlo e opere sociali.
C'è anche una bella comunità di dieci
Figlie di Maria Ausillatrlce, quasi tutte
indiane, con orfanotrofio, oratorio,
un'infinità di scuole e di iniziative.
La tragedia di questa terra è la sic-
cità. •È da un anno che non piove•,
lamentava nel gennaio scorso padre
Schlooz, e spiegava le conseguenze.
Qui i villaggi sono divisi in due sezioni:
Il settore per la gente delle caste (che
sono state abolite per legge, ma
chissà quando scompariranno dawe-
ro). e l' altro settore per I fuori casta (a
cui appartengono In maggioranza i
cristiani). I più poveri lavorano per lo
più come braccianti agricoli a giorna-
ta, guadagnando tre rupie se uomini e
due se donne, cioè meno di 600 o 400
lire al giorno. Con questo salario non
arrivano a comperare un metro di
stoffa ordinarla, o un litro di benzina.
Ma possono guadagnare solo quando
lavorano E se non piove, nel campi
non c'è lavoro per nessuno. La man-
canui di lavoro significa anche man-
canza di cibo. A meno che la famiglia
non chieda un prestito ai possidenti,
con tulle le conseguenze che ne de-
rivano. Per un prestito anche solo di
mille rupie, la famiglia nmane vinco-
lata al padrone, costretta a lavorare
__... ()
Bambina di Polur.
magari per un anno. E Il cosiddetto
bonded labour., il lavoro In catene,
contro cui il governo locale combatte
ma con pochi risultati.
Vedo la salvezza soltanto In un
minimo di educazione - dice padre
Schlooz che sta organizzando nei vll-
lagg1 le scuole serali - . Dobbiamo
attrarli con qualche boccone di cibo,
pagare I llbrl, I quaderni e Il maestro
Dovremo costruire nel vlllaggl anche
la capanna m cui possano riunirsi...
Vogliamo occuparci anche delle don-
ne dei villaggi: pensiamo di far venire
qui al centro due donne In gamba per
ciascun villaggio. perché frequentino
un corso di due o tre mesi: tornando,
insegneranno alle altre mamme le
norme essenziali sull'Igiene, l'alimen-
tazione, ecc. che hanno imparato • ·
È brava gente, questa di Polur, etra
merita di essere aiutata , La nostra
missione - dice ancora padre
Schlooz - ha un piccolo campo a
quattro km dal centro abitato. Un
giorno ho fatto sapere che ci sarebbe
stato un po' di lavoro in quel campo, e
Il giorno seguente ml sono spaventato
nel trovarvi radunati alle sei del matti-
no 276 donne e 40 uomini pronti a la-
vorare. Chi oserebbe dire che sono
pigri e rassegnati? È gente che fareb-
be dire di nuovo a nostro Signore,
come quand'era in Palestina: "Ho
compassione di queste turbe".•
-.o che -,econdo mc lo~se il più mise-
rabile di lulli. Glielo presentai: era
cieco, aveva un na!>o orribile, non
aveva più dita alle mani né ai piedi. Il
giornalista gli fece un :,acco di do-
mande, e alla fine nmase perplesl>o.
Non riusciva a capacitarsi che un ru-
dere simile, tanto maltrattato dalla
dta, quaurn anni la a\\ esse potuto
con\\'ertirs1 e diventare cri!>tiano. Gli
domandò ancora: « Ma tu, che cvsa
pensi di Dio?» E il lebbroso, col volto
tC!>O \\'erso di lui come se lo \\ edes.~e.
cominciò a rbpondcrc: "Sir, il Dio di
cui lei parla, io non lo posso vedere
toccare; non so che cosa pensar-
ne•· E intanto muove, a a tent0ni una
mano, cercando me. Quando mi ebbe
raggiunto, aggiunse tenendomi stret-
to: "Ma questo Dio qui, io lo vedo, io
lo tocco, e non ho più nessuna diffi-
coltà, nes!>una preoccupazione•·
Voi mi domandate se questi 45 anni
che ho pas.!>ato in India sono stati
spiritualmente importanti per me.
Francamente si, e molto.
BOLLETTINO SALESIANO I GIUGNO 1981 17

2.8 Page 18

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TORINO VALDOCCO
Documentato
l'amore
del popolo
alla Madonna
Don Pietro CerHa, responsabile del Centro di Documentazione Mariana . reallnato In due anni, dice:
Qui c'è la documentazione della presenza della Madonna nella davozlone e nella vila del popolo•·
Don Pietro Ceresa, da anni appas-
sionato raccoglitore di materiale
mariano, ha organizzato sotto la
basilica di Maria Ausiliatrice un
.. Centro di documentazione stori-
ca e popolare mariana .. che merita
di essere visitato
Ouesto centro - ~piega don Pietro
Ceresa - contiene la documcn-
La,done dell'amore e devozione
del popolo alla Madonna». li nome vero
e completo della singolare mostra è
Centro di Documenrazione Storica e Po-
polare Marimw. Perché lo chiama Cen-
tro? « Perché è a portala di mano: tutti
possono venire, vedere, controllare, e,..
mandare materiale"·
E perch~ documenta1ione storico-
popolarc? • Pt.•rché non i.i traila di n -
cerche teologiche; nostro scopo è i.olu
di documentare la devozione del nostro
popolo alla Madonna n.ella sua fa!>c
,torica, cioè come questa devozione :,i è
manifestata nel corso dei secoli fino a
oggi, •e nella :,ua parte attuale, come t'
vissuta oggi dal popolo di Dio».
Entrando dalla portineria nel primo
ampio conalc di Valdocco, -;i tro\\'a !>li·
bito a sinbtra la porta del Centro, nd
grande edificio della ba!>ilica: una por-
ticina che conduce in bas:,o, dirclla-
mente sollo il pa"imcnto del tempio, in
una lunga serie di corridoi e e.li sale
spa,do~e do\\'e tutto il materiale !>i al-
linea in bell'ordinc per la cudo!>ità dei
curiosi, l'erudizione dei doui, l'aftello
dei fedeli.
Don Ceresa accompagna a vbitare
anche la sala di consultaLionc, al follata
di libri a contenuto storico, geografico,
teologico, omiletico, ascetico, an btico,
ma 1u11i incentrati :,ulla figura c.lella
Madonna. Libri su santuari, chiese,
cattedrali, cappelle, arciconfratcrnite,
compagnie religiose, leste liturgiche e
popolari, tradizioni locali .. • Se uno -
spiega don Cercsa - \\·olesse <locumen-
tar~i in modo scrio !>ulle più importanti
manilcstazioni della dcv<YLione a Maria
in una dctc1·minata 10na d 'Italia o del
mondo, può venire qui e trova il mate-
riale già pronto, già raccolto e lavorabi-
le».
Ma non è tu110, :,piega ancora don
Cercsa: « C'è poi tutto la cornice uttor-
no. la raccolta di francobolli mariani,
delle monete e medaglie, la raccolta
delle opere d'arte (trn l'altrn un Salva-
dor Dali) del folclore, periino delle...
he.,tcmmie. SI, certe e5pre!.:.ioni sono
delle vere bestemmie contro la Madon-
na, e anche qut.'~LO è un aspet10 che si
può documentare».
A caricare tutto il materiall· raccolto
:,u una bilancia, quanto peserebbe'
• Quando l'ho trasportato da Bologna
!in qui a Valdoeco, erano I 10 quintali.
M.a 01·a a Torino ~i è aggiunto moltissi-
mo altro materiale, perché tanta gente è
\\'Cnuta a portarne. Se \\ogliamo parlare
di quintali, il matenale ormai raggiunge
i 150 quintali... ».
Viene da Bologna, dunque, questo
ccn1ro? «Sì, avevo curato il centro a
Bologna per 24 anni. Ho t·ominciato a
raccoglierlo e ordinarlo a Lempo perso,
la sera dopo cena, nelle giornate libere.
Due anni fa sono s1ato invitato a tra-
(contìnrw a p. 3/)
L'Ingresso: aull11 deatra una ltla ottocentesca di scuola bolognese, con
l'Arcangelo delrAnnuneiazlone; e poi quadri, alendardl, loto, ex voto...
L'esposlzion, del l rancobolll mariani, delle mon.ie e delle medaglie con
refflgle della Madonna, provenienti dalle più diverse parti del mondo.

2.9 Page 19

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J
A sinistra, l'altare con la • Madonna del giorno•: ogni giorno In qualche
parte del mondo si celebra una lesta mariana, e qui viene esposta la sua
effigie, Al centro, quadro del pittore Giorgio Rocca: la Madonna protegge un
bambino vietnamita. A destra • Maria Bambina•: cera del 1700,
>on Ceresa nella sala di consultazione. VI si trovano volumi sul santuari, la
1eogralla mariana, vite della Madonna, storia della devozione mariana ecc.
Veduta d'Insieme di una sala del Centro. Sulla parete di londo è collocalo li quadro dell'Immacolata che Mamme, papà, ragazzi visitano volenllerl Il Cenlro,
era stato commissionato da Don Bosco al pittore Rolllnl e datato 1882.
e riportano un'Impressione grata e duratura.

2.10 Page 20

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IN SENEGAL 95 ANNI DOPO
Un sogno di Don Bosco
diventa realtà
Dall'anno scorso otto salesiani spagnoli hanno preso in Senegal la
responsabilità di due parrocchie, con relative scuole professionali e
centri giovanili. E nel cuore della foresta li attende un territorio di
missione ancora tutto da dissodare
S trana Congregazione queUa sa-
lesiana, se il superiore un bel
giorno raduna il suo Capitolo -
le massime autorità - per raccontare
un sogno. La riunione si tenne la sera
del 2 luglio 1885, e il segretario del
Capitolo don Giovanni Battista Le-
moyne si affrettò a trascrivere le pa-
role di Don Bosco.
« Mi parve di essere innanzi a una
montagna elevatissima, sulla cui ci-
ma stava un angelo splendente per
luce, sicché illuminava le contrade
più remote... ». E con la spada sol-
levata in alto, l'angelo chiamava i figli
di Don Bosco « a combattere la bat-
taglia del Signore e a radunare i po-
poli nei suoi granai». Poi Don Bosco
fu coinvolto in un viaggio fantastico:
« Mi sembrava di essere sollevato a
m1'altezza sterminata, come sopra le
nuvole, circondato da uno spazio im-
menso"· Viene da pensare agli astro-
nauti. In quel viaggio, precisa don
Lcmoyne, Don Bosco avrebbe visto
« tutti i paesi nei quali i salesiani sa-
rebbero stati chiamati con l'andare
del tempo». E il diligente segretario
appuntò tutta una serie di riomi di
città e nazioni. tra cui appunto il Se-
negal. Così nel 1980, 95 anni dopo,
otto missionari salesiani cli Spagna
sono partiti volentieri per il Senegal,
lieti di realizzare una parte del sogno
missionario di Don Bosco.
In otto, per cominciare. Se aves-
sero accolto subito l'invito dei vescovi
senegalesi, i salesiani sarebbero lag-
giù al lavoro fin dal 1963: li chiamava
l'arcivescovo di Dakar, che voleva
metterli a capo di una scuola tecnica.
Ma gli inviti più pressanti sono giunti
in questi ultimi anni da altri tre ve-
scovi. Impossibile accontentarli subi-
to lutti, anche neUo slancio che il
Progetto Africa» ha impresso ai figli
di Don Bosco.
Il compito di andare in Senegal è
stato affidato dal Rettor Maggiore
all'lspettoria spagnola di Le6n, un'i-
spettoria missionaria da lunga data:
una delle sue case, quella di Astudillo,
era stata istituto missionario, e prima
del secondo conflitto mondiale aveva
preparato missionari a decine (alcuni
dei quali ancora oggi al lavoro nelle
20 BOLLETTINO SALESIANO 1'GIUGNO 1981
varie parti del mondo). L'lspettoria di
Lcon ha preso molto sul serio il nuo-
vo impegno che le è stato affidato.
Nel 1979 l'Ispettore don Laguna ha
fatto un salto in Senegal per combi-
nare con i vescovi, e ha scelto due
località completamente diverse:
Saint-Louis, città e porto sull'Atlanti-
co dal sicw·o sviluppo industriale, e
Tambacounda piccolo centro aU'in-
temo del paese fra le popolazioni più
povere, che in parte vivono nomadi e
praticano i culti animistici. Tamba
(come la chiam ano accorciando un
nome un po' troppo lungo) è sede di
Prefettura apostolica, terra cioè dove
la missione è tulta da impiantare.
Poi, dal novembre 1979, nella
scuola professionale di Le6n in mez-
zo a tanti ragazzi dalla faccia bianca
si poterono vedere tre facce comple-
tamente nere: tre giovani senegalesi
che erano andati in Spagna a impa-
rare, per insegnare poi quelle stesse
cose, molto presto, nelle future scuole
salesiane del Senegal. E aJcuni figli di
Don Bosco, scambiando i ruoli, ogni
giorno si mettevano alla scuola dei tre
ragazzi neri per imparare il Wolof, I~
loro lingua. che avrebbero dovuto
sapere per andare in missione.
Poco tempo dopo, due salesiani -
un sacerdote e un coadiutore - an-
darono in Senegal ad aprire la strada.
Prima passarono a Roma dal Reuor
Maggiore per ricevere il Crocefisso
missionario, poi (ecero un giro per le
case della loro ispettoria a spiegare ai
ragazzi che cosa andavano a fare in
Africa, e il 25 gennaio 1980 aJTivarono
finalmente in Senegal. · Prima che
l'anno finisse alLri sei missionari li
raggiungevano, e ora sono in quattro
a Saint-Louis e in quattro a Tamba. E
a quanto ,iferiscono il lavoro non
manca.
80 altoparlanti salutano Allàh. A
Saint-Louis i quattro stanno suben-
Lrando ad altri missionari in una
parrocchia cittadina già avviata. e le
cose non dovrebbero essere troppo
difficili. C'è una comunità di suore
che manda avanti le scuole elemen-
tari, c'è già una piccola scuola pro-
fessionale con laboratori di meccani-
ca e falegnameria. La parrocchia
conta numerose associazioni anche
giovanili. 1 cristiani sono in buon nu-
mero, la parrocchia è la meglio av-
viata deUa diocesi. Ma inlanto si ri-
versano in città tanti giovani prove-
nienti dalla campagna, in cerca di vi-
ta migliore, e creano un sacco di
problemi sociali...
La prima corrispondenza dei quat-
tro missionari giw1ta da Saint-Louis,
è ricca di cmiosità. « Attraverso le
suore della missione - scriveva poco
dopo il suo arrivo il direttore padre
Calvo - stiamo cercando di trovare
una donna che sappia fare un po' di
cucina all'europea, perché... primum
est vivere». Essi hanno in prestito
« un'auto non adatta ai viaggi lunghi
ma relativamente sicura fino al mer-
cato e ritorno». E poi: « La sveglia
manulina, con le finestre spalancate
(per via del caldo), qui è d'un genere
unico. Alle cinque in punto si ode il
primo annuncio, per altoparlante, ri-
volto ad Allàh da una moschea, e su-
bito rispondono gli 80 altoparlanti
delle altre 80 moschee, ciascuna con
le sue grida, e chi più ha voce stra-
ziante più grida forte. Una musica
che dura fino alle sette... ».
Poco dopo giunge notizia che la
cuoca è stata trova·ta: « Sa leggere e
scrivere, le suore le hanno messo in
mano tre libri di cucina francese, e
ora abbiamo pietanze che neppure si
trovano nei ristoran ti " (ma l'ultima
frase appare un po' sibillina). Intanto
il coadiutore Manuel ha messo in
movimento i laboratori di falegna-
meria e meccanica. E il vecchio par-
roco, padre Ondia, prima di recarsi
alla sua nuova destinazione accom-
pagna salesiani a visitare i fedeli:
, ~t ' -))~ !",;-1-f~ ~
l( I •~
.-~· ~
.~
i'.
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·
~
,,-. " '_ ;
Tambacounda, nell'Interno del Senegal; I mis-
sionari si costruiscono capanne simili a quelle
della popolazione.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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« Le ramiglie sono quanto mai acco-
glienti, piene di riguar·do, e semplici.
Peccato che sono disperse su un'e-
stensione enorme, in mezzo a tanti
musulmani. Siccome le strade qui
non hanno nome né numerazione,
sarà un'impresa, tornando, riuscire a
ritrovarle».
Quaresima e Ramadan. Il 31 gen-
naio 1981, prima festa di Don Bosco
celebrata dai salesiani in Senegal, si
solennizza con i ragazzi della scuola.
Ma bisogna far attenzione perché
molti di loro sono musulmani. Quindi
i bocadillos spagnoli. insomma
bocco11ci11ì <lai più al meno, ma de-
vono essere senza carne di maiale che
è proibita dal Corano. E cosl anche le
bevande, che devono essere tutte ri-
gor·osamentc analcoliche. Padre Cal-
vo comincia a raccontare ai ragazzi la
storia di Don Bosco, e Manuel li tiene
allegri con la chitarra. Poi la messa
presieduta dal vescovo con servizio
liiurgico inappun labile degli scouts
della parrocchia.
Poi arriva Ja quaresima, che Il per i
cattolici è una cosa seria perché si
tratta di gareggiare con il Ramadan
dei musulmani. Mercoledl delle ce-
neri, vie Crucis, funzioni della Setti-
mana Santa tutte frequentatissime
dai fedeli. Ma soprattutto è applicato
con rigore il digiuno, perché non si
vuole essere da meno dei seguaci di
Maometto.
Intanto le cose con i musulmani,
soprattullo con i ragazzi, si sono
messe bene. C'era da temere uno
scomro, con chissà quali conseguen-
re. Invece alcune scelte indovinate
hanno spianato le difficoltà. Nei loro
confronti si è applicata la politica
delle porte aperte: essi non si sentono
esclusi, e neppure costretti, e così ac-
cettano tutto con molta cordialità.
Non sanno che è pre-evange1izzazio-
ne.
Tamba in fondo al Senegal. L'altra
missione, Tambacounda, si trova
nelJ'interno, proprio in fondo al Se-
negal, in quello che chiamano « il Se-
negal dimenticato». In quanto Pre-
fettura apostolica, è missione che co-
mincia. Ma là comincia tutto. La po-
polazione è scarsissima e in parte
nomade, le comunicazioni sono da
inventare, l'isolamento è da ... dete-
nuti pericolosi. Eppure c'è proba-
bilmente anche l'avvenire: la foresta
è stupenda, il sottosuolo è colmo di
minerali, i turisti troveranno incanti.
La Chiesa comincia a sbocciare tra
popolazioni animiste (300.000 abitan-
ti) che sembrano da secoli in attesa
del Vangelo, anche se i cattolici al
momento sono appena 2.600. E il ve-
scovo - che non ha un solo sacer-
dote diocesano - se li cova con gli
occhi i quattro missionari appena ar-
rivati dalla Spagna.
Essi, due sacerdoti e due coadiuto-
d, si sono vista affidare l'unica par-
rocchia della città. Del resto le par-
rocchie in tutta la prefettura aposto-
lica sono appena due, e forse c'è ora
possibilità di aprirne una terza. I
programmi salesiani sono ambiziosi:
cominciare il centro giovanile, fon-
dare la scuola professionale, aprire
un piccolo internalo.
Al loro arrivo, ad accoglierli, c'era-
no 38 gradi all'ombra. Ma c'erano
anche il vescovo e gli altri sacerdoti,
Iutti missionari dello Spirito Santo.
Le prime impressioni sono Cantasti-
una volta alla settimana a proiettare
filmine e a tenere una conversazione
su qualche tema istruttivo. Anche di
argomento religioso e cristiano. E di
fatto molte famiglie si dimostrano
interessant11;sime a conoscere il Van-
gelo».
Altra visita, all'ospedale. « ieri ab-
biamo visitato w1 cristiano malato
all'ospedale provinciale, e mi sono
sentito stringere il cuore. Non hanno
acqua corrente, i malati sono lette-
ralmente stesi sul suolo, e trattati co-
me bestioline. E accanto al padiglio-
ne dei morti, una quantità di uccelli
rapaci». Inutile perdersi in descrizio-
ni e rimpianti, meglio rimboccarsi le
maniche e darsi da fare. E infatti...
Roma, J0-12-1979: Il Rettore Maggiore (a destra) consegna Il crocefisso al primi due missionari
sàlesiàhl pàrlèrill pér il Senegal, padre Félipe Garcia e il coadiutore Manuel Garliélo.
che. « Credo che Tam ba, a 500 km
dalla costa, sia fra tutte le città e
province del Senegal la più povera.
Ha una serie di uffici per le autorità,
il medico, i commerci ecc. che qui
sono considerati sontuosi, e che in
tutto il resto del mondo chiamerem-
mo capanne».
I villaggi e l'ospedale. « Abbiamo
anche visitato i dintorni, e natural-
mente è peggio. Sono villaggi di 14 o
16 capanne, dove la gente vive in
forma patriarcale. Come arriviamo
tutta la gente ci viene incontro, e il
capo del villaggio fa gli onori di casa.
Ci fanno sedere nella piazza su ceppi
o stuoie. La suora va in cerca dei
malati e distribuisce medicine. Ma
loro non sono meno generosi di noi, e
alla partenza dobbiamo accettare il
dono di tre galline».
« Sono tutti musulmani - aggiunge
Manolo - ma sono contentissimi che
andiamo a visitarli, e se offriamo loro
cultura la accettano ben volentieri.
Cultura per loro consiste nell'andare
Gli addobbi forestali. Infatti in no-
vembre si cominciano i laboratori,
con sette o otto ragazzi. Già da tempo
i raga7.zj gironzolavano attorno, ve-
dendo che i missionari costruivano
mobili per la loro futura residen za
(che sta anch'essa sorgendo). Tulli
loro vorrebbero imparare, ma devono
avere un po' di pazienza. E dopo
quello di falegnameria sarà la volta
dei laboratori di meccanica ed elet-
tricità.
Bisogna aprire al più presto anche
l'orato1io, ma p1ima bisogna che a l-
trove - Era gli ainici di Spagna per
esempio - si apra qualcosa d 'altro,
qualche portafoglio, perché mancano
palloni, magliette e pantaloncini per
le squadre sportive, giochi da tavolo,
posters e tutto il resto. Roba che è
stata promessa, e che arriverà.
Ed ecco arriva il primo Natale. Bi-
sogna preparare gli addobbi della fe-
sta, e la vigilia Manalo con due cate-
chisti armati di n-iachete salta sulla
jeep: poco dopo i ere ritornano dalla
BOLLfTTINO SALESIANO / ' GIUGNO 1981 21

3.2 Page 22

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foresta carichi di rami fiorili. Ce n'è
da ornare tutta la missione. Intanto
arrivano i cristiani, anche da lontano,
anche da cento chilometri: si siste-
mano tutto tnlomo, mangiucchiano
qualcosa, si preparano un giaciglio
sulla nuda terra. La messa è celebrata
dal vescovo, e viene registrata per
essere poi trasmessa da una radio di
Dakar. « È una notte di Natale diver-
sa, inconcepibile dalla mentalità con-
sumistica. Niente torrone, niente
brindisi, niente panellon.i, neppure le
false luci colorare, la carta sta-
gnola con i suoi riflessi ingannalori,
né gli strepiti o le baldorie. Ma pure è
una notte di Natale ben viva, con gli
addobbi forestali ma con tanto calore
umano e fervore religioso».
Ero paralitico e mi avete donato un
carretto. Man mano che i mesi pas-
sano, gli otto missionari comprendo-
no meglio la situazione, i problemi e...
le lingue. Perché il difficile agli inizi è
intendersi. « Le nostre cose vanno
avanti alla velocità che ci consente il
fTancese », scrive un missionario. E
un allro « Ci comprendiamo metà a
parole e metà a gesti... ».
A Tamba bisogna aprire l'internato
per i ragazzi dei villaggi vicini, che
altrimenti non potrebbero neppure
cominciare le scuole elemen tari. Ma
chi pensasse a un coJlegio sbaglie-
rebbe di grosso: sarà un villaggio cli
capanne, e i ragazzi in dicci o dodici
per capanna, si rilroveranno come a
casa loro. Del resto così è già stato
impostato il seminario minore, ac-
canto alla casa del vescovo.
li vescovo, che pensa al futuro cle-
ro, pensa anche a un territorio nel
sud della prefettura da affidare tra
qualche anno ai salesiani. Ci sono
zone con popolazione interamente
animista, ma disponibile al Vangelo e
in at1esa dei missionari.
Intanto a Saint-Louis i missionari si
inquietano per la gioventù handicap-
pata, in questo anno dedicato a loro.
« Ci sono cose che fanno male al
cuore - scrive padre Calvo - . Ra-
gazzini e ragazzine di 12-16 anni, cie-
chi, che vanno in giro chiedendo l'e-
lemosina per vivere. Altri colpiti da
paralisi si trascinano dietro una
gamba secca come un ramo, si por-
tano vicino ai distributori di benzina,
ai piccoli mercati, e se ne stanno
con la mano tesa... Cercheremo di
animare le nostre associazioni perché
intervengano, senza distinzione lra
cristiani e maomettani, perché nostro
Signore queste distinzioni non 1c fa-
ceva. E cercheremo così di realizzare
anche questa beatitudine del Signore:
"Venite, benedetti del padre mio,
perché ero paralitico e mi avete do-
nato un caJTetto con le ruote". Questa
iniziativa - domanda padre Calvo ai
22 BOLLETTINO SALESIANO• ?" GIUGNO 19'11
suoi amici di Spagna - non potrebbe
essere l'obiettivo concreto della cam-
pagna per il prossimo ottobre mis-
sionario?».
Si aspettano molto da noi. li lavoro
svolto, il dialogo avviato metà a pa-
role e metà a gesti, comincia a dare i
primi frutti, anche di vocazione. C'è
un giovane seminarista a Saint-Louis
che sta rinettendo sullo stile di vita
salesiano e sembra deciso a unirsi
con i figli di Don Bosco. Ha parlato
dei suoi propositi con l'lspctLO:re du-
rante la sua ultima visita in Senegal e
di recente gli ha scritto: «Sento che lo
SpiriL<> Santo mi spinge ve1·so la
Congregazione dei padri salesiani
Sento il desiderio di diventare un
giorno preLe senegalese nella congre-
gazione di Don Bosco».
TI campo di lavoro risulta e norme:
Terrecotte dell'artigianato senegalese esposte
al mercato.
« I rngazzi, porzione della vigna ciel
Signore cleslinata ai salesiani, qui so-
no numerosi come i moscerini»; e
ancora: « Solo il 40% dei bambini
vanno per qualche anno.alle scuole
elementari. solo un 20% arrivano alle
medie... ».
Intanto scrivono da Tamba; « Qui
c'è molto da fare, e si aspeuano molto
da noi»; scrivono da Saint-Louis:
« Siamo pieni di entusiasmo nel ve-
dere la quantità di cose che si posso-
no fare qui per il regno cli Dio, e che
se non ci fossimo noi non sarebbero
realizzate».
Così vanno le cose in questo mera-
viglioso angolo di Africa nera e verde
e piena di speranza, che un giorno
aveva illustralo i sogni di Don Bosco.
Ferruccio Voglino
QUESTO E' IL SENEGAL
Il paese. Il Senegal è una repubbli-
ca presidenziale, Indipendente dal
1960 e associata alla Comunità Eco-
nomica Europea. Con i suoi 196.000
kmq è vasta due terzi dell'Italia, ma la
sua popolazione raggiunge si e no i
sei mìlioni di abitanti. Il paese, affac-
ciato sull'Oceano Atlantico, prende il
nome dal fiume che ne segna Il confi-
ne al nord; e è formato da un'Immensa
pianura ricoperta di savane e foreste.
Il clima è caldo umido. Il Senegal ha
una struttura economica abbastanza
moderna, con Industrie estrattive e di
trasformazione dei prodotti agricoli
(soprattutto delle arachidi).
La popolazione. È In grande mag-
gioranza di neri sudanesi (principali
tribù: Wolof, Fulbe, Serer).
Le lingue. Lingua ufficiale e com-
merciale è Il francese, ma anche il
Wolof è considerato lingua nazionale.
Le vicende. Il paese conobbe l'In-
vasione araba e la conseguente isla•
mizzazlone della popolazione berbe-
ra. Poi passò attraverso l'occupazione
portoghese, inglese, olandese e Infine
francese. Nel 1862 I francesi fondaro-
no la capitale Dakar, principale porto
africano sull'Atlantico (oggi con quasi
800 mila abitanti). Nel 1895 Il paese
venne inglobato nella colonia dell'A-
frica Occidentale Francese. Nel 1960
l'indipendenza. Primo presidente,
cessato dalla carica solo pochi mesi
fa, tu il prestigioso poeta e umanista
cattolico Léopold Senghor, propu-
gnatore della négrìtude, figura cari-
smatica nel continente africano.
Religioni. Prevalente quella musul-
mana (75%); i cristiani raggiungono il
10%, il resto seguono culti animisti. La
Costituzione garantisce libertà di cul-
to, ma nei villaggi e piccoli centri la
maggioranza musulmana dà origine a
numerosi episodi di intolleranza.
La Chiesa cattollca. L'Inizio della
diffusione del Vangelo risale alla fine
del secolo 16° (missionari Gesuiti); nel
1763 viene retta la Prefettura Aposto-
lica del Senegal. Poi ogni attività mis-
sionaria viene interrotta per 30 e più
anni sotto l'occupazione inglese, per
ricominciare quasi da zero agli inizi
del 1800. Nel 1840 si hanno i primi
sacerdoti indigeni, poco dopo è fon-
dato il primo seminarlo maggiore di
tutta l'Africa. La gerarchia cattolica è
introdotta nel 1955. Attualmente Il
paese comprende un'arcidiocesi,
quattro diocesi e una prefettura apo-
stolica nell'interno del paese. 1 catto-
lici sono 210.000, pari al 4,1% della
popolazione.
I Saleslanl. Nel 1885 Don Bosco, in
uno del suol enigmatici sogni, vide I
missionari salesiani al lavoro nel Se-
negal. 1 primi otto sono arrivati nel
1980 e hanno rilevato due parrocchie,
a cui hanno affiancato scuola profes-
sionale, oratorio e centro giovanile.

3.3 Page 23

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CHI SONO I SALESIANI COADIUTORI
PRIMA PARTE
La mano
laica
di
Don
Bosco
La figura del Coadiutore Salesiano
è stata da Don Bosco pensata e costruita
a poco a poco, attraverso un quarto di secolo
di esperienze dal vivo. Il religioso laico da lui
pazientemente delineato è venuto così a occupare nella ......._. ._
sua Congregazione uno spazio e un ruolo insostituibili,
per la realizzazione del progetto apostolico salesiano nel mondo
A ccaclde negli anni '50, a bordo
di un transatlantico appena
salpato da Genova per il Nord
America. Nella sala da pranzo di se-
conda classe tre persone siedono a un
tavolo: due uomini e una donna. Un
addetto si avvicina, taccuino in mam),
a rilevare i nominativi e le qualifiche
dei pas~eggeri. Uno degli uomini de-
clina il nome e la qualifica di docente
universitario; la signora si presenta
come sua consorte. Anche il terzo
viaggiatore dice nome e cognome, e
poiché l'addetto allende anche la
qualifica. aggiunge: « Metta la sigla
SDB».
L'addetto esegue, poi ringrazia
compìto, e saluta. Ma sul vulto dei
due coniugi si dipinge una certa de-
lusione: hanno perso l'occasione di
conoscere qualco~a in più sul loro
compagno di viaggio. Anzi comincia-
no a sospettare che dietro a quella
~tram.1 sigla si nasconda chissà cosa
di poco chiaro. forse l"appartenenza a
un serv~io segreto... E da quel mo-
mento si mostrano più riservali nella
conversazione. Del resto il viaggiatore
misterioso col suo comportamento
autorizza i sospetti: è taciturno, Sel·
wntc è appartato, evita la ressa e le
manile~tazioni troppo mondane. Ep·
pure il suo volto è aperto, il suo tratto
garbato. la conversazione altabile...
Un giorno la signora si fa coraggio
e gli domanda il significato di quella
~igla. «Non c'è nulla di misterioso -
spiega l'altro con un sorriso - . SDB
!>ignifica semplicemente Salesiano ùi
Don Bosco». « Salesiano! Ma chi non
li conosce i salesiani? - squittisce la
signora-. Lei dunq uc è un sacerdote
!>alesiano? » « Sono salesiano ma non
sacerdote - precisa l'altro - . Sono
un Salesiano Coadiutore. -E vado in
America a insegnare nei nostri collegi
l'arte tipografica».
La signora è interdetta, non riesce a
capire come l>i possa essere salesiani
e non sacerdoti. E il suo compagno di
viaggio deve mettersi a spiegare che
ci sono appunto due tipi di salesiani. i
i.acerdoti si. ma anche i laici; spiega
che questi ultimi hanno lo stesso
scopo dei sacerdoli, cioè la fom1azio-
ne cristiana della gioventù, che lo
pcr·scguono in maniera alquanto di-
versa ma che lavorano Lutti insieme e
si completano a \\ icenda Così la si-
gnora si persuade che per questa
singolare categor·ia di salesian: laici si
traila proprio di« servizio segreto»: è
un ~en•izio che essi rendono alla
gioventù del mondo, e è .,egretu al-
meno nel senso che da lei e ùa tan-
tissima altra gcnle non è rer· nulla
conosciuto...
Perc i Coadiuto ri. li !atto è che
Don Bosco aveva - e continua ad
avere anche oggi - due mani: wrn
111a110 :,a1.:erdowle con cui traccia lar-
ghi segni di croce sui giovani per li-
berarli dal peccalo, con cui di-
stribuisce l'Eucaristia e magad un
bufictto sulla guancia: e ww mano
laica, a volle callosa, con cui la gio-
care i ragazzi, insegna loro a usare gli
strumenti di un mestiere, li accom-
pagna e li guida verso il mondo degli
adulti. In altre parole, c'è nel suo
progetto apostolico sia il salesiano
sacerdote che il salesiano laico, da
Don Bosco detto Salesiano Coadiuto-
re (e che per brevità chiameremo SC).
In questa, come in ogni altra cosa
di D<m Bosco, se si vuol capire biso-
gna partire dai giovani. Essi sono il
significato della sua vita, la chiaYe
<.:apacc di schiudere la porta sul mi-
stero del suo essere e agire. Davanti al
BOLLETTINO SALESIANO 1' GIUGNO 1981 23

3.4 Page 24

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compito immane di formare e cre-
scere cristianamente i giovani, Don
Bosco ha cercato di convogliare tutte
le forze umane e divine, tutti i mezzi
della natura e della grazia. A quell'o-
biettivo ha voluto orientare le energie
ideali e l'azione concreta non solo dei
sacerdoti ma anche dei laicj impe-
gnati. Se il compito è immenso,
perché avrebbe dovuto privarsi del-
l'apporto insostituibile dei laici? Li ha
quindi coinvo)Li.
Quando ancora faceva l'oratorio
volante, attorno all'anno 1845, Don
Bosco si circondò di laici che pur 1i-
siedendo a casa loro lo aiutavano i:n
tutti i modi: essi poi diedero origine
all'associazione dei Cooperatori Sale-
siani. Ma per dare sicurezza e stabi-
lità al progetto apostolico che stava
avviando aveva bisogno di più: aveva
bisogno di collaboratori stabiJi, di-
sposti a risiedere dentro le sue opere
e a lavorare « a piena esistenza» con
lui. Tra il 1854 e il '59 li trovò: erano
chierici e sacerdoti, e con loro fondò
la Congregazione Salesiana. Però tra i
suoi amici c'erano anche dei laici di-
sposti a « piantare tutto e a mettersi
con Don Bosco» per lavorare con i
giovani. E a pa1·tirc da] 1860 cominciò
a ornanizzarli: con i voti religiosi li
fece salesiani a pieno titolo, e Jj asso-
ciò ai suoi sacerdoti e chierici perché
costituissero insieme le sue comunità
educalive.
Ne nacque qualcosa <.li originale,
quel « Don Bosco con una mano sa-
cerdotale e l'altra laica» che è diven-
tato in grado di occuparsi in maniera
più piena ed efficace della gioventù.
Anche il suo impegno per i ceti po-
polari attraverso la stampa trasse
dall'apporto dei se un grande poten-
ziamento. E qualche anno più tardi.
quando si bullò nell'avventura mis-
sionaria, a beneficiare della collabo-
razione dei SC furono anche i popoli
primitivi delle missioni salesiane.
Questi laici amici di Don Bosco e
capaci di una donazione totale nella
vi1a religiosa erano uomini concreti,
sovente dalla personalità ricca di
umori e di valori, che - se si vuole
capire davvero cosa sia il SC - è be-
ne conoscere da vicino.
1 Preìstoria dei Coadiutori
in cerca della loro identità
I rnosofi, si sa, partono dai princìpi
astratti, da essi deducono con sicu-
rezza le cose da fare, e appena si
mettono a farle quasi sempre sba-
gliano. Don Bosco, concreto, con i
piedi in terra, in ogni cosa seguiva il
metodo opposto. Si guardava bene
attorno, provava a fare, poi speri-
mentava qualcosa di nuovo, poi mo-
dificava ancora, e solo alla fine enu-
2 4 BOLLETTINO SALESIANO 1GIUGNO 1981
deava i princìpi. Princìpi che risulta-
vano solidi e concreti, perché ben
fondati sul reale. Con questo metodo
Don Bosco ha costruito anche la fi-
gura del se.
Essa al principio appare a noi -
ma appariva anche a lui - ancora
sbiadita, senza contorni precisi; alla
fine risulterà invece nitida, suggesti-
va, capace di affascinare, e di pro-
porsi anche oggi come valido proget-
to di vita.
Il primo vero SC può essere consi-
derato un certo Giuseppe Buzzelti,
che Don Bosco incontrò ai tempi
dell'oratorio volante, e che non lo
abbandonò più. Ufficialmente fu
Coadiutore molto tardi, perché "non
se ne sentiva degno», ma in pratica fu
da sempre Coadiutore di Don Bosco.
Buzzetti, testimone dagli inizi. A
nove anni arrivò a Torino dalla nativa
campagna milanese per fare il garzo-
ne di muratore: era il 1841, l'anno in
La panetteria di Valdocco. In un primo tempo
con la parola Coadiutore s'Intendeva una per-
sona che aiutava in casa e per la sua presta-
zione veniva retribuita. Poi Il termine acquistò
Il significato preciso - proposto dal docu-
menti della Santa Sede - di rellgloso lalco
consacrato per una missione.
cui Don Bosco cominciò a lavorare
tra i ragazzi di Torino. Portava a
spalle da mattino a sera la secchia
della calce e i mattoni, e alla dome-
nica correva all'oralorio d·a Don Bo-
sco. Era intelligente e bravo, e appe-
na l'oratorio piantò stabilmente le
tende a Valdocco, nel '47, Don Bosco
gli propose di sn1diare latino per di-
ventare un giorno sacerdote. Buzzetti
accettò con entusiasmo, era già chie-
rico con la talare, quando lo scoppio
di una pistola gli lacerò l'indice della
mano sinistra a tal punto che dovet-
tero amputarglielo. Questa menoma-
zione bastava allora a chiudere la via
al sacerdozio.
Scoraggiato, il ragazzo un giorno si
presentò a Don Bosco per accomia-
tarsi da lui. Voleva andarsene. Si sentì
dire: « Ricordati che l'oratorio è sem-
pre casa tua, e che Don Bosco sarà
sempre tuo amico. Quando non ti
piacesse più stare fuori, torna pure e
sarai sempre ben accolto». Buzzeni
chinò il capo e dopo una lunga pausa
mormorò: « Non voglio più abbando-
nare Don Bosco, voglio stare sempre
con lui».
Suo pensiero fu di rendersi utile il
più possibile. Trovava tempo a tutto,
non diceva mai basta. Don Bosco
quando non sapeva a chi affidare
un'incombenza diceva: « Chiamatemi
Buzzetti », e Buzzetti arrivava con la
sua folta barba rossa, pronto a cari-
carsi la nuova croce sulle spalle. As-
sisteva i ragazzi, faceva il catechismo,
cercava in città lavori da affidare ai
laboratori, a lungo fu anche respon-
sabile della libreria salesiana, nel '52
diventò amministratore della collana
« Letture Cattoliche», fascicoli popo-
lari che Don Bosco diffondeva a mi-
lioni di copie.
Col suo talento musicale guidò la
corale dei ragazzi finché il chierico
Cagliero non fu in grado di sostituir-
lo; ma quando Don Bosco portava i
suoi ragazzi in giro per il Monferrato
nelle gite autunnali, la sua chiassosa
fanfara scandiva le marce e attirava
le simpatie di villaggi e paesi.
Aitante nella persona, solido e co-
raggioso, in svariate occasioni Buz-
zctti tutelò l'incolumità fisica di Don
Bosco contro chi allentava alla sua
vita. Abile organizzatore, divenne il
cervello delle lanerie che a lungo ogni
anno Don Bosco organizzò per raci-
molare aiuti economici. Nel 1884 una
lotteria era stata indetta a Roma per
mandare avanti la costruzione del
Tempio al Sacro Cuore, ma languiva;
Don Bosco mandò nella capitale
Buzzetti: « Tu solo sei capace», gli
disse, e risultò vero. Presa in mano
l'iniziativa, la portò al successo.
Intanto la Congregazione salesiana
era nata già da parecchio tempo,
molti aiutanti di Don Bosco erano
diventati se, e lui non aveva presen-
tato domanda. Diceva: « Non ne sono
degno». Nel 1877 Don Bosco lo in-
contrò in cortile e gli espresse un ti-
more: che loro due non si sarebbero
trovati vicini in paradiso. "Perché?»,
domandò Buzzetti sorpreso. «Perché
io starò in mezzo ai miei salesiani, e
dovrò rassegnarmi a vedere lontani
da me coloro che non lo sono diven-
tati». Ce n'era a sufficienza per la
teologia semplice ma schietta di
Buzzetti, e subito si decise. Ma in
pratica, anche diventato SC, non
cambiò in nulla la sua vita esteriore,
perché Coadimore lo era da sempre.
Dopo la morte di Don Bosco, lui
che era stato per decenni il suo brac-
cio destro, si sentiva ormai inutile. Gli

3.5 Page 25

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pan•e che la sua missione sulla terra
fosse finita. Questo uomo-chiave in
tanti momenti cruciali della vita di
Don Bosco, fin dagli inizi testimone
dei mìllc prodigi avvenuti a Valdocco,
gli sopravvisse quattro anni appena.
Il tempo per prepararsi alla morte,
che lo raggiunse a 60 anni. Ma perché
avrebbe dovuto tardare ancora? Don
Bosco facendolo SC gli aveva assicu-
rato un posto in paradiso accanto a sé
e si affrettò a raggiungerlo.
Coadiutori secondo l'etJmoJogia. Il
coadiutore era dunque accanto a Don
Bosco già molto prima che questa
parola fosse stata introdoua a Val-
docco. E quando fu usata. all'inizio
essa significò una realtà molto diver-
sa dal SC di oggi. Stando alla « Ana-
grafe dei giovani,. compilata anno
dopo anno a Valdocco, il plimo a es-
sere chiamato Coadiutore fu, sulJa fi.
ne del 1854, un certo Alessio Peana:
prossimo... Da tale sera fu posto il
nome di salesiani a coloro che si pro-
poi.cro e si proporranno tale eserci-
zio».
Ad agosto altro fatLo decisivo: un
certo don Vittorio Alasonatti era ve-
nuto per stare con Don Bosco e aiu-
tarlo in tutto; da quel momento Don
Bosco non sarà più l'unico prete al-
l'oratorio, e si sentirà più libero nelle
sue iniziative. Altro passo avanti era
compiuto nel marzo 1855: prima il
chierico Rua, e poi anche don Alai.o-
natti, emettono i ,·oti privati nelle
mani di Don Bo:.co.
La svolta decisiva a\\'\\"Ìene però
sulla fine del 1859: il 9 dicembre Don
Bosco comunica ai suoi collaboratori.
nel frattempo aumentati di numero,
la sua intenzione esplicita di fondare
la Congregazione salesiana. E nove
giorni dopo, raccoglie le adesioni di
quanti intendono fondarla con lui: al
La banda dell'Oratorio negli anni '80. Alla destra di Don Bosco c'è Giuseppe Buzzettt non ancora
Coadiutore, alla sua deatr11 don Giovanni Cagll11ro da poco sacerdote. Tra I due, nella !Ila aup•
riote, Il maestro Giuseppe Oogllanl non ancora maealro ma già coadiutore.
ave,·a 34 anni, prcsta\\'a ser\\'izio in
casa, e per questo servizio veniva re-
tribuito. Insomma il termine Coadiu-
tore in un primo tempo venne preso
nel suo significato etimologico e
niente più.
Ma all'inizio di quello stesso anno
Don Bosco - sempre in fase creativa
- avc\\'a già introdotto un altro ter-
mine nuovo, quello di «Salesiano», e
dato cosl il primo avvio alla sua inci-
piente congregazione. Scrisse l'allora
chierico Michele Rua · • La sera del 26
gennaio 1854 ci radunammo nella
stanza di Don Bosco: es~o Don Bo-
~co, Rocchicni, Artiglia. Cagliero e
Rua. E ci venne propm,to di fare -
con l'aiuto del Signore e di san Fran-
cesco di Sales - una prova di eser-
ciLio pratico della carità verso il
suo appello rispondono L1Jlli gli im·i-
tati meno due. Sono con lui don Ala-
sonaui, 15 chicnci e uno studente.
Intanto, in llllli quegli anni anche il
numero dei cosiJdetti Coadiulorl era
andato crescendo nell'oratorio, come
risulta dall'« Anafrage dei gio\\'ani •·
Es:.i in massima pane non erano
proprio dei •giovani• ma di età me-
dia sui 40 anni; pagavano una men-
~ilità alla casa per vitto e alloggio, e
venivano retribuiti in base al lavoro
che svolgevano: alcuni come perso-
nale di servi1io (pulizie, cucina ccc.).
altri come operai nei laboratori di arti
e mestieri aperti all'oratorio. Ma or-
mai la parola Coadiutore era !>Ul
punto di acquistare il nuovo e più
pieno significato.
Coadiutori In senso salesiano. 11 2
febbraio 1860 il Capitolo (cioè l'in-
sieme dei superiori) deJJa Società sa-
lesiana... si radunava nella camera
del rettore (Don Bosco), per l'accet-
tazione del giovane Giuseppe Rossi.
Quivi pertanto... terminata la vota-
zione e fattone lo spoglio, risultò che
il giovane fu accolto a pieni votL
Perciò venne ammesso alla pratica
delle regole di detta Società•· Con
queste ultime parole si intendeva dire
che il giovane veniva considerato no-
vizio. Ma era anche primo SC. Non
uno stipendiato, ma un giovane ge-
neroso che si donava a Dio senza
chiedere altra contropartita che
quella di poter lavorare con Don Bo-
sco per il bene dei ragaz1i.
Questo Rossi qualche tempo prima,
a 24 anni, aveva avuto tra mano un
libro di Don Bosco e, lasciato il pae-
sello in prO\\ incia di Pavia, aveva de-
ciso di andare per sempre con lui.
Dapprima fu semplice guardarobiere,
poi anche assistente nei laboratori,
poi imparò a sbrigare piccole com-
missioni in cillà. Ma aveva stoffa di
ammini~tratore, e nel '69 Don Bosco
lo nominò « Provveditore generale
della Società salesiana•· Divenne uo-
mo di fiducia, aveva la responsabililà
di tutti i beni materiali della congre-
gazione. Una congregazione che ogni
anno cresceva, e richiedeva sempre
più impegno e dedizione. Lui era so-
vente in viaggio, in Italia e all'estero,
per seguire da vicino l'espansione
delle opere. Don Bosco gli voleva be-
ne, scherzava sovente con lui, e per
sottolineare l'aria distinta che col
passare degli anni aveva assunto lo
chiamava conte: « Ecco il conte Ros-
si, grande amico di Don Bosco•·
Intanto la terminologia si andava
precisando. Nelle Anagrafi dei gio-
vani" si troverà ancora per qualche
tempo il termine Coadiut.ore applica-
to al personale salariato, ma per
queste persone si era gìà trovato il
termine più preciso - usato allora
per i domestici delle famiglie nobili o
borghesi - di /amigli. Ben altra cosa
era ormai il SC, laico consacrato al
Signore nelle mani di Don Bosco, per
collaborare strettamente con lui nel
cercare il bene della gioventù. La pa-
rola CoadiuLore aveva co~l as!.unto il
suo profondo significato religioso e
salesiano.
2 La prima fioritura
• dd S;tll•sianì C0i1di11tori
Giui.cppc Rossi fu il primo Coa-
diutore noviLio, ma non fu il primo a
emellcrc la professione religiosa. la
sua" prova" durò 4 anni, fino al 1864;
e intanto altri due laici - più maturi
per età - con la professione emessa
BOl.l.ETTINO S,f.LESIANO 1 GIUGNO 111/tl 25

3.6 Page 26

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nel 1862 diventarono SC a pieno titolo
prima di lui. Ambedue però la~ciaro-
no poi l'oratorio e Don Bosco, sia
pure in circostanze molto diven,e.
Uno si chiamava Giuseppe Gaia, ed
era un bravo cuoco: dopo qualche
tempo, poverino, perse il lume del-
l'intelletto e dovettero ricoverarlo. Ma
merita il ricordo per un episodio che
mibe in risalto il cuore di Oon Bosco.
Una sera del 1875 egli aveva termi-
nato molto tardi la confessione dei
suoi ragazzi, e giunse nel refettorio in
cerca di un boccone. Gaia, che era
alle pentole, versò in un piatto un po'
di riso stracotto e freddo. Il giovane
che doveva portarlo in tavola os-
servò; « Ma è per Don Bosco!» E il
povero Gaia, già roso dal suo male:
« Oh, Don Bosco uno come tutti gli
altri». La risposta fu riferita a Don
Don Bosco lo cono!.ceva, apparte-
neva a una famiglia bene. Quando
l"ebbe vicino lo afferrò per la barba:
« Ora lei è nelle mie mani. Che cosa ne
de1·0 fare?» E finì che il cav. Oreglia
si confcs~ò. Era andato lassù a quel
ritiro per insbten1.a di sua madre, che
lo voleva - <lopo un periodo di
sbandamenti - di nuovo sulla buona
strada. E con l'aiuto di Don Bosco si
rimise davvero in carreggiata.
Qualche mese dopo si presentò a
Don Bosco nell'oratorio chiedendogli
ospitalità: a\\ eva bisogno di tempo
per decidere della sua esistenza, e in-
tanto pensava di potersi rendere utile
a Valdocco. La vita all'oratorio era
quanto mai dura ma egli la accettò
con coraggio, adauandosi in tutto,
negli orari, nella preghiera, nel lavo-
ro. La sua vasta esperienza gli con-
Documento storico: Il verbale
di accettazione nella Società
Salesiana del primo Coadiuto-
re. VI si legge:
■L'anno del Signore mille otto-
cento sessanta il 2 febbraio al-
le ore 9,30 pomeridiane In
quest'Oratorio di San France-
sco di Sales Il Capitolo della
Società dello stesso titolo,
composto del sacerdote Bosco
Gloannl rettore, del sacerdote
Alasonattl Vittorio prefetto, del
suddiacono Rua Michele diret-
tore splrltuale, del diacono Sa-
vio Angelo economo, del che-
rico (sic) Cagllero Gloannl pri-
mo consigliere, del cherlco
Sonetti Gloannl secondo con-
sigliere, del cherlco Ghlvarello
Carlo terzo conslgllere, si ra-
dunava nella camera del Ret-
tore per l'acCilttazlone del gio-
vane Rossi Giuseppe di Matteo
da Mezzanabigli.
■Oulvl pertanto dopo breve
preghiera coll'lnvocailone allo
Spirllo Santo Il Rettore dà
principio alla votazione. Ter-
minata questa, e fattone lo
spoglio, risultò che Il detto
giovane lu accettato a pieni
voti. Perciò venne ammesso
alla pratica delle regole di detta
Società.•.
Bosco, che replicò tranquillo: « Ha
ragione Gaia, è vero».
Di ben altra statu ra risultò il se-
condo SC: il ca\\'. Federico Oreglia di
Santo Stefano.
Lo afferrò per la barba. Nel luglio
1860 Don Bosco giungeva a Sant'l-
gnazio sopra Lanzo per prestare as-
sistenza spirituale - com'era solito
fare da diversi anni - a un corso di
esercizi per laici. Aveva la salute a
pezzi, e la prima sera, in chiesa, cad-
de svenuto. Quando si riebbe si ri-
trovò in camera sua, e vide ai piedi
del letto un giovane elegante, in la-
crime. Era lui, il cav. Orcglia, il buon
samaritano che l'aveva portato deli-
catamente fin nella sua stanza.
26 BOLLETTINO SALESIANO ■ l ' GIUGNO 1981
-;entiva di rendere a Don Bosco pre-
,do~i ~ervizi, e quando gli chiese di
diventare salesiano, subitò Don Bo-
~co lo acc.:ttò.
Lo mise a capo della tipografia e
libreria, gli assegnò pratiche delicate
da sbrigare, gli alfidò la responsabi-
lità delle lotterie. li bravo cavaliere
diventò il tratto d'unione fra Don
Bm,co e le famiglie agiate non solo di
Torino, ma anche di Firenze e Roma
(dove aveva uno zio cardmale).
Nove lunghi ann i lavorò all"orato-
rio, rendendosi indbpcnsabile. Ma
intanto maturava in cuore il desiderio
di essere sacerdote nelle file dei Ge-
suiti, dove già aveva un rratello. La-
~ciò Don Bosco nel '69 con grande
rimpianto reciproco. Ma i due comi-
nuarono a essere profondamente
amici, anzi in numerose occasioni il
cav. Oreglia ebbe la gioia di render~i
ancora utile a Don Bosco, sempre bi-
sognoso di tutto e di tutti.
Provvisorio per 48 anni. Per due
che lo lasciarono, Don Bosco trovò in
tantissimi altri SC una fedeltà incrol-
labile,
È. il caso di un altro Rossi, di nome
Marcello. Dovette attendere la mag-
gior età per poter disporre libera-
mente di sé, ma nel 1869 si presentò a
Don Bosco per restare sempre con
lui. Di costituzione piuttosto [ragile,
nel '75 si ammalò di petto e sembrava
avesse i giorni contati. Don Bosco gli
impartì una benedizione e lo rassi-
curò che avrebbe invece continuato a
lavorare a lungo con lui. Di fatto si
riprese, e Don Bosco avendo bisogno
di un uomo accorto e coscie111.ioso da
mettere in portineria , gli affidò prov-
visoriamente q uel compito. Lo svolse
provviso,-iamenle per -48 anni.
Ogni mattino alle 4,30 era puntuale
a ll'apertura della chiesa, poi metteva
ordine in ogni angolo della portineria,
poi prendeva posto al suo sportello.
Da quel punto di osservazione aveva
modo di rendersi utile a tutti, infor-
mando e avvertendo, evitando di-
sguidi e inconvenienti. Si assentava
solo una settimana all'anno per gli
esercizi spiritua li, e qualche ora alla
domenica per il catechismo ai ragazzi
dell'oratorio. Altrimenti era sempre lì,
Lo chiamavano « la sentinella dell'o-
ratorio», oppure - Cùn riferimento al
ramoso e misterioso cane che in anni
precedenti aveva difeso Don Bosco-
« il grigio».
Ma era tutL'altro che un cerbero:
sempre pacato e sereno, padrone
delle situazioni, sapeva accontentare
tutti e rendersi utile in mille occasio-
ni. La sua portineria divenne un uffi-
cio di collocamento: vi incontrava
allievi in cerca di lavoro, e vi incon-
trava anche le persone agiate dispo-
ste ad assumerli. O disposte a pagare
la retta a qualche ragazzo povero...
Nel 191 I sulla piazza di Maria Au-
siliatrice venne eretto il monumento
a Don Bosco: qualche tempo dopo il
card. Cagliero rientrò in Torino dai
suoi soliti lunghi viaggi, ed era curio-
so di vedere il tanto declamato mo-
numento. Come si affacciò alla piaz-
za, guardando da lontano, vide anche
Marcello Rossi sull'uscio della sua
portineria, e additandolo ai suoi ac-
compagnatori disse: « Eccolo là, il
vero monumento di Don Bosco».
I talenti di Pelazza. Ricchi di ge-
nernsità, non pochi dei primi SC ri-
sultavano anche ricchi di talenti, e
Don Bosco questi talenti li seppe in-
tuire, sviluppare, e - secondo il con-

3.7 Page 27

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L' aus tera tigura del maestro Giuseppe Ooglia-
ni a 85 anni (loto del 1934).
siglìo del Vangelo - trafficare. È il
caso di Andrea Pelazza, ragazzo del-
1'oratorio festivo, che a vent'anni de-
cise di mettersi agli ordini di Don
Bosco. Nel '63 era SC, e venne messo
alla prova col solitù incarico di guar-
darobiere. Risultò diligente. In più
aveva una magnifica voce e dclica10
orecchio musicale, perciò fu messo a
insegnare canto. Recitava bene. sulla
scena era uno schianto, al punto che
gente venuta da fuori gli propose una
carriera nel gran mondo del teatro.
Ma lui rispose che non avrebbe la-
sciato Don Bosco per tullo l'oro del
mondo.
Partito da Valdocco il cav. Oreglia,
Don Bosco gli affidò la Lipografia. Lui
si tirò indietro dicendo che non era
ali'altezza, ma Don Bosco insistette
perché almeno provasse. Pròvò, cd
era l'uomo giusto. Ampliò la scuola
tipografica, ammodernò gli impianti,
portò quell'arte ai vertici in Valdocco.
E dimostrò pure doli di vero educa-
tore, giungendo a maturare i suoi ra-
gazzi con il dialogo e la schietta ami-
cizia.
Don Bosco sovente usciva per
commissioni in città. e si faceva ac-
compagnare da lui: erano per Pelazza
le occasioni d'oro per affrontare i
problemi. per imparare, per « cresce-
re» nello spirito. Don Bosco aprì
nuove tipografie a Genova e a San
Benigno, e a lungo volle che fossero
sotto i suoi ordìni. Nel '78 aggiunse a
questi stabilimenti anche la cartiera
di Mathi torinese, e anche quella la
affidò a Pelazza, che ormai era di-
ventato un manager. Perfetto nella
tenuta dei registri, gentile e concreto
nelle relazioni pubbliche, dal suo uf-
ficio dirigeva uomini e cose secondo
lo spirito di Don Bosco. A essere un
moderno capitano d'industria solo gli
111anca1·ano i telefoni e la determina-
done nel fare quattrini: lui mirava
solo al bene dei suoi allievi, e alla
diffusione dei buoni libri.
Un suo exploit ru la partecipa1jone
all'Esposizione nazionale che si tenne
a Torino nel 1884. Nel padiglione sa-
lesiano concentrò tutti i macchinari
occorrenti per la nascita di un libro:
la fabbricazione della carta. la com-
posi1ione, la slampa, la rilegatura. Le
macchine non erano ferme, ma tenu-
te sempre in runzione dagli allievi
della scuola. La gente aJfollava quel
padiglione, enl usiasta di vedere lutti
quei prodigi della tecnica snocciolati
in bell'ordine e messi in moto da
semplici ragaai.
La tipografia di Don Bosco tu il suo
regno per 35 anni: nel 1905. quando il
suo cuore si lermò, lo trovarono re-
clinato sulla scrivania.
Il talento di Dogliani. C'è poi la
storia di un ragazLino mrvato a Val-
docco per imparare il me~t-icre di la-
legname, e diventaLO insigne musico:
Gi11seppe Dogliani. Aveva lello e.l'un
fiato la vita di Domenico Savio scritla
e.la Don Bo;.co. e venendo all'oratorio
pensava di trovarlo popolato da ra•
gazzi tutti buoni come lui. lm·ece in
laboratorio si trovò accanto certe
pellacce. Spoetizzalo corse da Don
Il Coadiutore Marcello Rossi, portinaio «prov-
visorio• per 48 anni.
·
Bosco a dirgli 1u11a la sua delusione e
che voleva ton1are a casa; Don Bosco
riuscì con fatica a richiamarlo alla
realtà, e 1is10 che era un piccolo
Beethoven lo avviò alla musica. Al-
l'oratorio c'erano, in quell'ann0 di
grazia J864, quattru scuole serali dì
mu;.ica vocale con 83 allievi. 6 corsi di
canto gregoriano con 161 cantori, una
!,Cuoia di musica ;.trumentale per 30
suonatori. li piccolo Giuseppe si ci-
mentò col genis e dopo soli due mesi
era promosso titolare in banda: poi
imparò il /Jasso flicorno, e lo suona\\'a
così bene che gli compo!>ero un con-
certo apposito in cui potesse esibirsi
da solista.
A 19 anni compose lui stesso una
marcella per banda dal tiLolo elo-
quente;« Un pasticcio qualunque», e
fu avviato allo studio del pianoforte e
della composizione. Nel '75 don Ca-
gliero partì mis;,ionario per l'America,
e la sua bacchetta del comando passò
nelle mani <li Dogliani.
Era un innovatore. Bandi dalla
chiesa gli strumenti rumorosi dell'e-
poca, preferì il limpido canto grego-
riano ela polifonia classica. Tanti non
lo capivano. e lo criticavano; ma la
riforma operata poi da Pio X col suo
motu proprio arrivò a dargli piena-
mente ragione. Don Bosco nel1'87 lo
volle a Roma con tulla la sua sc/10/a
cwr/0111111 per la consacrazfone del
tempio al Sacro Cuore, e gli fiocca-
rono elogi anche sulla stampa. Nel
1894 lo chiamarono a Mar;.iglia per il
centenario di santa Giovanna D'Arco.
Nel 1900 i salesiani d'America lo vol-
lero per festeggiare il 25" della loro
opera in quel continente, e lui appro-
fittò ddl'occasionc per riorganizzare
le scuole salesiane di canto, collau-
dare nuovi organi, tenere corsi ai sa-
lesiani maestri di banda. Appena tor-
nalo a Torino, gli assegnarono la
parie musicale per I funerali del re
Umberto I, perito tragicamente in un
attentato.
Fu compositore, ma sopratlutto
educatore (tra i suoi allievi il tenore
Francesco Tamagm1), e autore di
metodi per l'insegnamento del canto.
I governi lo coprirono di riconosci-
menti. i competenti dissero che « col
maestro Dogliani la musica classica
era tornala in chiesa»; ma lui sem-
plice in tanta gloria, rimpiangeva i
tempi fortunali quando Don Bosco lo
av<.!va incaricato di servire in refcl-
torio e aveva cosl modo di l,targli a
lungo accan Lo.
La grandeur di Garbellone. Nella
sua arte di liberare i talenti Don Bo-
sco riusciva a mettere a frutto perfino
i difeui: è il caso di quelli - molto
vistosi ma spassosi - di Giovanni
Garbellone, un ragazzo dell'oratorio
festivo a cui affidò piccole incom-
ben,e nel « magauino generale» di
Valdocco. Si dimostrò generoso e di
buona volontà, al punto da farsi per-
donare le i.travaganze. Anzi, da ren•
derle accettabili e utili.
Alto e imponente, con spiccata
tendenza a mcllersi in vista, al ma-
gniloquio, aveva nel sangue un pizzi-
co di grande111 (che gli derivava forse
dall'es;.ere nato... in Francia). Chi lo
conosceva superlicialmente gli rin-
facciava vanagloria, o ambizione
personale. e lo considerava - con un
bel termine dialettale - gonfianuvo-
BOLLETTINO SALESIANO 1" GIUGNO 1981 27

3.8 Page 28

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le. Ma chi lo conosceva a fondo sa-
peva che dietro la facciata c'era un
genuino amore a Don Bosco, rettitu-
dine di intcn.tione, spirito di sacrificio
e capacità di dedizione ai ragaui.
Faticò un poco a farsi acceuare
come SC da Don Bosco, ma una volta
s1..rappa1a la sua fiducia, seppe meri-
tarsela. Nel magazzino passò dalle
piccole mansioni alle grosse respon-
sabilità. come provvedere l'occorren-
te per le spedi.doni missionarie, e vi-
~itare le opere di Don Bosco aperte
nei \\ ari paesi d'Europa e Medio
Oriente, dalla Gran Bretagna al Por-
togallo, all'Egitto e Palestina.
11 suo vero campo di ba11aglia fu
però l'oratorio festivo da cui pro\\'e-
niva. I 500 raga1.1.i piuttosto turbo-
lenti avevano bisogno di briglie, e ci
voleva l'imponente statura e il cipi-
glio fiero di Garbellone per tenerli in
riga. Se durante l'omelia i ragazzi
chiacchieravano, egli sbucava dalla
sacrestia, interrompeva con un ampio
gesto della mano il predicatore, facc-
\\'a una solenne filippica in dialetto,
poi - in un silenzio dj tomba - re-
stituiva la parola al fragile oratore. li
suo po!.IO nnturale era, si capisce, in
palcoscenico. Organizzava anche
passeggiate e gite, e presentandosi ai
direttori delle ferrovie a nome di Don
Bosco olleneva \\·agoni e vagoni a
prezzi ~tracciati.
Dirige"a la banda dell'oratorio e la
ponò a farsi onore in un sacco di
manifestazioni. li pezzo raro di quella
banda era proprio lui: con la statura
sovra~tava tutti, e si imponeva con la
divisa gallonata come un generale
dell'esercito in abìto di gala, col pctlo
fregia(() dalle medaglie guad:1gnate
nei concorsi, con l'elmo in testa sor-
montato da un vistoso pennacchio.
Questo personaggio incredibile di-
ventava credibile quando accompa-
gnava i suoi bandisti alla messa e li
precedeva con l'esempio alla comu-
nione. ln un albo del suo archivio
personale, tenuto con la massima
precisione, figurano i nomi dei ra-
gazzi e giovani tirati su in 40 anni di
direlionc della banda: quasi 3.000.
Sempre nell'oratorio riserva\\'a a
iJ compito delicato di preparare i
bambini alla prima comunione: ave-
va per loro cure materne, li radunava
a parte, li istruiva per bene, h im-
mortalava perfino nelle fotografie.
Un altro grosso albo nel suo archivio
conteneva le foto e i nomi di 6.000
ragazzi da lui preparati al primo in-
contro col Signore.
Garbellone dava una mano anche
per le confessioni. La domenica mat-
tina i ragazzini con un sacco dì ma-
rachelle da raccontare si riversavano
a sciami sul confessionale del diret-
tore dell'oratorio, impazienti di essere
28 BOLLéTTINO SALESIANO ! " GIUGNO 11181
assolti per poter commettere altre
marachelle, e se il direttore don Pavia
avesse dovuto confessarli tutti chi!.sà
a che ora sarebbe comfaciata la
messa. Allora Garbellone apostrofava
i ragazzini: Chi ha peccati grossi re-
sti qui con don Pavia, chi li ha piccoli
venga con mc"· Almeno metà dei ra-
gazzi lo seguivano, lui faceva loro un
bel prcdicoao, e li rimandava... a~-
solti.
Era furbo la parte sua, ma i suoi
schcnd erano !.Cmprc cordiali e inof-
fensivi. Sul biglie tto da visita 3\\ cva
fatto precedere al !,UO nome la quali-
fica di • Comm. •· Non era commen-
datore, ma lasciava che gli altri lo
credessero. Se poi lo interroga\\ ano,
lui spiegava che comm. vole\\'a dire
commbsionierc (quale di fatto era).
3 Un quarto di secolo
pel" "' 111r 1... I' dea
Col passare degli anni Don Bo~co ~i
rendeva conto di a\\'ere in mano -
con i SC - un tesoro di valore ine-
stimabile, delle pedine preziosissime
per realiuare il ~uo progetto apo~to•
l'oratorio in da ta 1867 presenta i
compiti del Coadiutore, che risultano
limitati a tre e di second'ordine: cuo-
co, cameriere, poninaio. li termine è
quindi usato in senso molto ambiguo.
Ma la realtà già sca\\'alca i docwnenti
di carta: di fauo nel '69 Giuseppe
Rossi si rp.eritava da Don Bosco la
responsabilità di « Provveditore ge-
nerale della Società Sa(c!,iana ». E nel
'70 ancora Rossi con Andrea Pelazza
venivano coinvolti da Don Bosco co-
me proprietari legali dì beni immobi-
li. Quello stesso anno i Coadiutori
erano già 23 su I OI salesiani (26 erano
i i.acerdoù, 52 i chierici).
Don Bosco comincia a spiegarsi.
Nell'ottobre 1862 Don Bosco presen-
ta, a ai novizi una concezione « orga-
nica" della sua congrt:gazione: un
<>rganismo vivente - diceva - ha
bisogno di parti ben differenzjate ma
armoniosamente fu~e e in piena col-
laborazione fra loro; così in congre-
gazione occorrono il sacerdote e il
chierico, ma anche altri che si occu-
pino di tutti gli aspeui materiali. E
poiché "tutto ciò che fa uno va anche
a profitto dell'altro,., esortava a « fare
Uno de1 primi laboratori, quello del llpograll Impressori. I ragazzi aotto la guida del Coadiutori
Imparavano un ma, ttere, e sul loro esempio Imparavano a vivere da buoni crlallanl».
lico. E fece loro spazio sempre mag-
giore nella ~ua congregaz.ione e nei
suoi piani.
·
La realtà scavalca i d ocumenti. Nel
febbraio 1860, meno di due mesi dopo
l'inizio ufficiale della congregazione,
Don Bosco aveva accettato il primo
Coa<liuLore Giuseppe Rossi, poi que-
gli altri due laici che nel '62 avevano
professato per primi: il cav. Oreglia e
il povero cuoco Gaia. Poi altri ancora.
[n un quaderncuo contenente il pri-
mo abbozzo delle Costituzioni sale-
siane, scriuo in quegli anni da don
Rua, Don Bosco parlava di membri
ecclc.siasùci, chierici e anche laici•:
nelle edizioni successive la parola
anche scompare. li Regolamento del-
tutto bene, nel modo che a Ginevra si
fanno gli orologi»...
Come concreta applicazione di
questo principio, nella prima spedi-
Lione missionaria salesiana per l'A•
mcrica (1875) su dieci partenti Don
Bosco ha ra110 posto a quattro Coa-
diutori (uno di c:,si è troppo giovane,
non può avere il passaporto, e per
poter partire andrà a imbarcarsi di
nascosto a Marsiglia).
Nel 1876 (i SC ~ono già 78, gli arti-
giani intenzionali a divenirlo 25) in
due occasioni Don Bosco approfon-
disce il suo pensiero sul SC. li 19
mar.lO raccoglie 205 tra salesiani, no-
viz_j e allievi che desiderano ascoltar-
lo, e li intratLienc sul tema "La messe

3.9 Page 29

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è molta, gli operai sono pochi». E In realtà dovevano essere non po-
sgretola l'idea che operai nella messe chi tra i salesiani i preti e chierici a
siano soltanto i sacerdoti: « Nella pensarla come quel don Nai, che era
Chiesa c'è bisogno di ogni s01ta di poi pensarla secondo le idee del tem-
operai, ma proprio di tutti i generi». po. A Don Bosco era giunta voce che
Perciò passa in rassegna alle tante davvero in diverse case i Coadiutori
attività che anche i laici possono erano «tenuti bassi», che non vede-
svolgere nel campo della chiesa e vano adeguatamente riconosciuta la
della congregazione salesiana.
loro preparazione professionale e ca-
Agli artigiani Don Bosco torna a pacità di cont1ibuire al lavoro tra i
padare pochi giorni dopo, il 31 mar- giovani, che cominciavano a scorag-
zo, e per la prima volta prospetta loro giarsi. Perciò, appena potè, andò a
in termini espliciti la vocazione del trovare i suoi novizi Coadiutori e
SC, invitandoli a prenderla ben in tenne loro una conferenza « per sol-
considerazione. Dice che la congn:- levare il loro spirito abbattuto». Una
gazione « non è fatta solo per i preti o conferenza programmatica, « per
per gli studenti, ma anche per gli ar- manifestarvi - come disse loro - la
tigiani. Essa è una radunanza di preti, mia idea sul Coadiutore salesiano».
chierici e laici, specialmente artigiani, E precisò: « Io ho bisogno di aiu-
i quali desiderano uni1·si insieme cer- tanti. Vi sono delle cose che i preti e i
cando di farsi del bene tra loro, e an- chierici non possono fare, e le farete
che di fare del bene agli altri». Pone voi». Non si fermò alle solite faccen-
in modo radicale il principio dell'u-
guaglianza fra Lutti i salesiani: « Non
c'è distinzione alcuna: sono trattati
tutti allo stesso modo, siano artigiani,
siano preti; noi ci consideriamo tutti .
come fratelli, e la minestra che man-
gio io l'hanno anche gli altri; e la
stessa pietanza, lo stesso vino che
serve per Don Bosco. si dà a chiun-
que faccia parte della congregazio-
ne». (Magari un po' più abbondante,
perché Don Bosco il vino l'assaggiava
appena).
Non servi, ma padroni. Con questa
concretezza si spiegava Don Bosco, e
alle parole faceva seguire i falli. Nel
1877 radunava a Lanzo il primo Ca-
pitolo generale della sua congrega-
zione, e chiamava a parteciparvi an-
che un Coadiutore, Giuseppe Rossi
(lo chiamerà ancora, con altri, anche
nei Capitoli successivi).
Nell' '80 per avere più Coadiutori
Don Bosco inviava ai parroci soprat-
tutto del Piemonte una circolare, in-
vitandoli a orientare verso la congre-
gazione salesiana i giovani che aves-
sero qualità idonee. I Coadiutori in-
tanto quell'anno raggiungevano il
numero di 182.
Giovanni Garbellone, direttore della banda
dell'oratorio fesllvo e «gonflanuvole•.
Nel 1883 Don Bosco affronta de di cucina e portfoeria, ma parlò di
espressamente in un nuovo Capitolo tipografie, librerie, labor~Lori: più
generale l'argomento dei SC. Si pone ancora: « Ho bisogno di avere in ogni
il problema del nome e si decide di casa qualcuno a cui si possano affi-
mantenerlo, perché è quello proposto dare le cose di maggior confidenza, il
dalla Santa Sede: « Fratres Coadiuto- maneggio del denaro, il contenzioso;
res ». Ma si decide pure di non appli- ho bisogno di chi rappresenti la casa
carlo più ai collaboratori senza voti, all'esterno... Voi dovete essere questi.
che prenderanno d'ora innanzi il no- Voi non dovete essere chi lavora o
me di famigli. Un prete, don Luigi fatica direttamente, ma bensl chi di-
Nai, in piena riunione sostiene questa rige. Dovete essere come padroni su-
opinione: " I Coadiutori bisogna te- gli altri operai, non come servi... Non
nerli bassi, rormare di essi una cate- sudditi, ma superiori... Questa è l'idea
goria distinta... ». Non l'avesse mai del Coadiutore salesiano».
deuo: Don Bosco si oppone, visibil- Tre anni dopo, Don Bosco trasferì
mente commosso: « No, no, no! I tali idee all'ultimo Capitolo generale a
confratelli Coadiutori sono come lutti cui potè partecipare. li documento
gli altri!».
finale del 1886 1iferiva: « Ai nostri
tempi più che in ogni altro, le opere
cattoliche - e fra queste la nostra
congregazione - possono avere dai
laici efficacissimo aiuto; anzi in certe
occasioni possono fare maggiormen-
te e più liberamente il bene i laici, che
non i sacerdoti». Più esplicito: "Ai
Coadiutori è aperto un vastissimo
campo... col dirigere e amministrare
le varie aziende della nostra società,
col divenire maestri d'arte nei labo-
ratori, o catechisti negli oratori festi-
vi, e specialmente nelle nostre mis-
sioni estere». Quanto ai sacerdoti, i
Coadiutori dovranno « riguardare in
essi dei padri e dei fratelli, a cui vi-
vere uniti in vincolo di fraterna ca-
rità, in modo da fonnare un cuor solo
e un'anima sola».
Ora sì, Don Bosco si era formato
idee chiare e precise, e aveva comin-
ciato a trasmetterle e a fa.rie accettare
dagli altri. C'era arrivato non attra-
verso la speculazione astralla, tante
volte inconcludente. L'etere è pieno
di programmi dichiarati e non realiz-
zati, il terreno è disseminato di tante
prime pietre che sono rimaste anche
le ultime. Don Bosco invece ba co-
struito la figura del se attraverso la
concretezi'..a di sperimentazioni e os-
servazioni sul vissuto, durate un
quarto di secolo, e così questa figura
gli è uscila solida, pratica, concreta.
4 I Coadiutori
esecondo Don Bosco
La riflessione su quelle vicende, a
un secolo di distanza, ha permesso di
fare luce sulle novità introdotte da
Don Bosco. Si è notato che i « Fratres
Coadiutores » (o conversi, o fratelli)
erano negli istituti religiosi una con-
suetudine, e che Don Bosco volendo
fondare una sua congregazione do-
veva per analogia fare posto «anche»
a loro. Ma il posto da lui assegnato è
risultato insolitamente spazioso e
importante.
1. Lo spazio laico. Nella vita reli-
giosa d'un tempo i fra1elli laici for-
mavano una specie di secondo ordi-
ne, inferiore e dipendente dal primo.
In missione per esempio non erano
considerati veri missionari ma solo
aiutanti del sacerdote missionario, e
quasi un suo accessorio. In questa
prospettiva pedino il numero dei laici
talvolta veniva a essere condizionato
dalle esigenze del sacerdote: non era
più una questione di vocazione, ma la
loro presenza in congregazione di-
pendeva dalla necessità o meno che il
sacerdote aveva di fratelli laici. La
chiamata del Signore alla vita reli-
giosa, qualche vol ta poteva dsultare
superflua...
Niente di tutto questo con Don
-■ BOLLETTINO SALESIANO 1• GIUGNO 1981 29

3.10 Page 30

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Bosco. Per lui rutti i salesiani, sacer-
doti. chierici e laici erano con uguali
diritti (a parte le maggiori responsa-
bilità connesse con l'ordine sacro sa-
cerdotale). l SC non costituivano un
ceto inferiore, ma come religiosi era-
no sollecitati al medesimo impegno
ascetico e all'identico apostolato tra i
giovani. Inoltre non c'era limite al
numero dei Coadiutori, anzi l'aposto-
lato salesiano appariva sempre più
bisognoso della presenza dei laici
L'impegno con i giovani, l'organizza-
zione materiale e i mezzi esterni di
apostolato venivano ad assumere
un'importanza sempre più rilevante.
Questo apostolato infaui richiede
scuole, laborat0ri, attrezzature agri-
cole, impianti sportivi eccetera. La
presenza salesiana tra i ceti popolari
richiedeva librerie, tipogralie, auività
di distribuzione e spedizione. L'im-
pegno missionario, specie negii
avamposti tra i popoli primitivi, ri-
chiedeva la presenza del laico a volte
come condizione per la sopravviven-
za fisica, e poi per aiutare quei popoli
a crescere sul piano socio-economico.
Questo « spazio laico» nella con-
gregazione salesiana appare perfino
nel linguaggio di Don Bosco e del-
1'ultimo Capitolo Generale: accanto
alla terminologia prettamente reli-
giosa (missioni, catechisti ecc.), com-
paiono - con riferimento esplicito ai
Coadiutori - termini laici come
azienda, dirigenti, amministratori...
2. In manic11e di camicia. Sono
tanti i motivi che spiegano perché
Don Bosco sia s tato così vicino al
Coadiutore: egli, sacerdote, per giun-
gere a quella vetta era passato allra-
verso un'intensissima esperienza di
laicità, aveva dovuto imparare un po'
LUtti i mestieri: era stato pastorello,
agricoltore, saltimbanco, sarto, gar-
zone di trattoria, calzolaio, fabbro,
falegname... Tan1i suoi Coadiutori in-
somma, insieme con i loro allievi,
potevano dire con compiacimento:
anche Don Bosco ha esercitato il mio
mestiere.
Questa esperienza del lavoro lo
portò un giorno a rispondere, a chi gli
chiedeva quale sarebbe stata la divisa
del religioso salci,iano, « in maniche
di camicia».
Questa esperienza comune di lavo-
ro deve aver spinto Don Bosco a su-
scitare nei suoi Coadiutori una men-
talit~1 non di subalterni ma di corre-
sponsabili per il buon andamento
economico, professionale, finanzia-
rio, religioso della loro congregazio-
ne. Erano uomini liberi, perché go-
devano fiducia, e perciò si impegna-
\\'ano a fondo. Soprallutlo i primi
cresciuti attorno a Don Bosco risul-
tavano frugali, parsimoniosi, tenaci,
concreti e realizzatori: tutte virtù - è
30 BOLLETTINO SALESIANO r• GIUGNO 1981
stato notato - che Don Bosco pos-
scdt.!va, e che in altra dimensione
posscdavano anche i pionieri del lan-
cio industriale del Piemonte d'allora.
3. Cose e.be i preti non possono
fare. Nella conferenza del 1883 ai
Coadiutori novi,d, Don Bosco aveva
detto: « Ci sono cose che i preti non
posi.ano fare, e le farete voi». Queste
parole hanno destato sorpresa, a vol-
te sono state male interpre1ate. A
prima vista anche oggi può sembrare
che Don Bosco ritenesse certe allività
« non degne» del sacerdote, e quindi
da lasciare a categorie« inferiori». ln
passato una cena teologia del sacer-
dozio aveva condotto a tabù sociali e
a proibizioni canoniche nei confronti
di certi lavori !:oervili; tanti libri asce-
tici non si stancavano di predicare ai
preti un rispello della prop.ria dignità
che giungeva [ino al rifiuto di tutto il
profano. Ma la vita intera di Don
Bosco era stata una contestazione
scarsa dimestichezza con il sacerdOLe,
inquinati da diffidenza e sospetto
verso l'uomo vestito in nero; in questi
ambienti il prete avrebbe fallito, il
CoadiuLOre invece avrebbe avuto li-
bero accesso, consentendo un'effica-
cia apostolica altrimenti non rag-
giungibile.
Altro ruolo insostituibile compete-
va e compete al SC nello stretto am-
bito dell'educazione dei giovani. Il
ragazzo, di passaggio nell'opera sale-
siana in auesa di ritrovarsi immerso
nelle faccende del mondo, cerca
istintivamente negli adulti i modelli di
comportamento; e trova più vicino a
sé non certo il sacerdote - avvolto
nell'alone mistico della vita sacra-
mentale - , ma il SC in maniche di
camicia e con le mani impastate nelle
cose concrete. Se poi questo laico in
cui si imbat1e, oltre che esempio di
attività manuale è anche esempio di
onestà e di vita cristiana, l'efficacia
Altro laboratorio del primi tempi di Valdocco, quello degli scultori.
esplicita di simile mentalità.
Già da ragazzo soffriva di fronte a
certi preti che nel tranare con la
gente sembrava avessero_ ingoiaw il
manico della scopa, e lui stei,so dive-
nuto prete aveva fatto da sguattero a
mamma Margherita. Figlio del popo-
lo, aveva dissacrato molte distinzioni
sociali e contribuito col suo stile ad
abbattere i tabù anacronistici. Se mai
ai suoi occhi c'erano cose che i preti
non potevano fare nel loro apostolato
per la gioventù, dovevano essere di
ben altro genere.
E una balza i,ubito agli occhi: i
prcgiu<li.li molto diffusi allora contro
il prete, in una società civile sostan-
zialmente anticlericale, toglievano di
fallo al prete molle possibilità di ma-
novra. Erano tanLi gli ambiemi in
educativa risulta evidente: il ragazzo
impara dal maestro lavoratore cri-
stiano come potrà lui stesso vivere da
cristiano e da lavoratore.
4. Uniti dal vincolo della carità.
Nel pensiero di Don Bosco il SC ap-
pare un protagonista in senso pieno
non solo come educatore, ma prima
ancora come religioso. Don Bosco ha
porlato fino alle estreme conseguen-
ze l'idea della chiamata universale
alla santità: Dio vuole tulli santi, e
quindi impegnati in una tensione che
stimola al bene e al dono di sé. Tutti:
i laici non meno dei sacerdoti, i suoi
Cooperatori nelle società civile e i
suoi Coadiutori nelle comunità i.ale-
siane. E anche i ragazzi (Domenico
Savio insegna), e magari i bambini...
AIHevi. chierici, coadiutori, sacer-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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doti, sono chiamati a fondersi nel
crogiolo della comunità salesiana in
una sintesi felice di fraternità e di
grazia. La vita diventa allora comune,
sotto un unico tetto: i ragazzi si sen-
tono amati come figli; e anche i preti
e Coadiutori vivono in perfetta
osmosi: hanno in comune il lavoro e
la missione, pregano insieme, condi-
vidono tra loro i momenti di disten-
sione e di lesta come quelli di dolore.
«Uniti dal vincolo della carità e dai
voti», essi lonnano « un cuore solo e
un'anima sola».
5 Pietro Eoria
infermiere di Don Bosco
Se mai qualcuno visse « cuore solo
e anima sola con Don Bosco», fu il
suo infermiere Pietro Enria. Don Bo-
~co lo accolse tredicenne a Valdocco
nel 1854, anno del colera, quando l'e-
pidemi~ lo aveva lasciato orfano.
« Vuoi venire con me? - gli di~se - .
Saremo sempre buoni amici, finché
po~siamo anùare in raradiso! Sci
contento?»
Gli inizi furono du,i: Don Bo~co
aveva riempito di orfani il suo orato-
rio, non c'era posto per tuhi, al pic-
colo Pietro toccò dl dormire per pa-
recchie notti su un mucchio di foglie
e con una semplice coperta. Ma Don
Bosco gli voleva bene sul scrio, e gli
trovò subito un posto Ja garzone in
un'officina di fabbro.
Enria era un piccolo prodigio, sa-
peva fare di tutto. Fu maestro <li
musica, regista teatrale, pillorc, cuo-
co, infermiere. Nel dicembre 1871
Don Bosco cadde gravemente mala-
to. Era a Varazze. la malattia ril>ulta-
va molto seria, gli mandarono En,-ia
ad aS!>isterlo. "Partii subito - sc,-i-
verà nei suoi appunti personali - .
Ero pronto a <lare la ,·ita perché egli
riavesse la salute». fu accollo con
gioia da Don Bosco, ma lui rima.~e
sgomento nel vedere quanto Iosse
grave. Si riservò quattro ore di notte
per riposare, e tutto il resto del tempo
lo passò accanto al suo lctt<>. Quasi
ogni giorno scriveva una lettera all'o-
ratorio, al suo amico Buzzetti, come
un bollettino medico. ma ricco di tutti
i particolari che l'affetto gli suggeriva
di raccontare. E Buzzelli all'oratorio
informava come un giornale radio.
Dopo un buon mese Don Bosco
migliorò. Ed ecco arrivare da Morne-
se, dove stava per nascere l'istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice, uno
~trano fagotto destinato a Don Bosco.
Apertolo, ne saltò fuori un abito Ja
religiosa: era un modello, una prova
della futura divisa delle FMA, e Don
Bosco doveva esaminarlo pe,· dare la
sua approvazione. Bbognava che
qualcuno lo indossasse:« Se no, come
faccio a dare un giudizio?», uscì a
dire Doll Bosco. Ed Enria se lo infilò.
ocTu stai benone! - rise Don Bosco
-. Quanto all'abito non c'è male; bi-
~ogna solo che non sia di un marrone
così chiaro». Pertanto Enria è stato
- per la storia - il primo Coadiutore
salesiano che abbia dato una mano
alla nascente congregazione di santa
Maria Maa:arello.
Dopo un altro mese Don Bosco era
guai-ito, e rientrava a Valdocco. Al-
l'oratorio esplode come una festa.
anche in refettorio si festeggia quel
ritorno tanto atteso. Ma in refettorio
Enria non c'è. Lo cercano dappertut-
to, lo trovano in chiesa, che dice con
le lacrime agli occhi il suo lunghissi-
mo grazie al Signore. "Perché piangi?
Non sei contento?» « Appunto, sono
troppo contenLo».
Ti sa luto. Nel '78 Don Bosco ricade
malato, e per una ventina di giorni
Enria non lascia più il suo capezzale.
Nc11'87 Ernia è nel collegio di Este, e
da Valdocco lo fanno tornare in fret-
ta: Don Bosco s ta perdendo rapida-
mente le forze, e lo desidera al suo
fianco. li bravo Coadiutore accorre, e
non lo lascerà più. Durante l'estate lo
accompagna a Lanzo, lo porta a pas-
seggio su una carrozzella a mano,
come una mamma. Lo riaccompagna
a Valdocco, e il 20 ottobre vede con
sgomento che non si alta riù: è l'ini-
,do della fine. « Povero Pietro, abbi
pazienLa - gli dice Don Bosco -. Ti
1occhL·1·à passare molte notti... » Ed
Enria gli dice che tanti altri suoi figli
avrebbero desiderato avere la fortuna
che ha lui di poterlo assb,terc.
Una dolorosa fortuna, durata più di
tre mesi. La notte Ira il 30 e il 31
gennaio 1888 Don Bosco, agli estremi,
gira un poto il capo verso Enria, lo
riconosce, cerca di parlargli e bisbi-
glia: « Di'... ma... ma...». Nelle poche
mente non riesce più a esprimersi, e
conclude: « Ti saluto». t\\elle poche
ore che rimangono prima che il suo
cuore si fermi, Don Bosco mormorerà
ancora alcune parole, ma saranno
brevi preghiere rivolte al_ Signore.
L'ultima sua conven,azione con gli
uomini, era stata quel saluto al suo
brave> inlermierc Pietro Em·ia.
Morendo, Don Bosco lasciava nella
sua congregazione già 284 SC. Le
r,rimc vocazioni cominciavano a ger-
mogliare già in Francia, in Spagna e
nell'America Latina. Man mano in
questi paesi si apriranno presto le
scuole professionali, dove i ragazzi -
tanto spesso proprio I ragazzi della
strada - guardando ai Coadiutori
come a loro model1i impareranno un
mestiere e uno stile Lii vita cristiana.
Enzo Bian co
(I. continua)
Segue da pag. 18
Documentato
l'amore
del popolo
alla Madonna
sferire tutto a Valdocco, dove ho tro-
vato questa bella sede per sistemar-
lo». E precisa che la sua non è la
prima mostra del genere organizzata
a Valdocco: «Già nel 1918 un anziano
missionario di ritorno dall'America
dopo una trentina d'anni di lavoro
nella Terra del Fuoco, don Maggiori-
no Borgatcllo, aveva organizzato qui
un Museo del culto di Maria A11silia-
rrice. Poi i locali sollo la basilica pas-
sarono attraverso numerose traver-
sie: lavori di ampliamento del san-
tuario, allagamenti. bombardamenti
aerei, trasformazioni varie, e il mate-
riale del museo andò praticamente
quasi tuIlo disperso».
Come è nato in don Cercsa questa
r,riginale idea di raccogliere il mate-
riale mariano? « Nel I954 ero vice-
parroco al santuario del Sacro Cuore
di Bologna, quando fu indetta la Vi-
1itatio Mariae nelle famiglie. Dovelli
occuparmene, e organizzare anche
una mostra sui santuari mariani in
Italia. La visita del Madonna finì, ma
il materiale rimase, e da allora ho
continuato a curarlo e ad accrescerlo.
Ma non è stato, per quel che mi ri-
guarda, il vero inizio, perché l'attrat-
liva a raccogliere il materiale maria-
no già l'avevo fin da bambino. Ri-
cordo che mio papà aUa domenica mi
dava 20 centesimi (e allora era un
piccolo patrimonio): molte volte, in-
vece di comperare golosità, io andavo
dal cartolaio a comperare immagi-
nette della Madonna. C'erano quelle
che costavano cinque centesimi, cd
erano le più scadenti, quelle da dieci
erano già su buon cartoncino, ma
quelle da venti avevano il pizzo in-
torno cd erano il mio sogno... Quel-
l'ingenua collezione iniziata da bam-
bino l'ho accresciuta col passare degli
anni e conservata a lungo, e solo la
perdetti negli anni 1944-45 nel caos
della guerra».
Se dunque è una passione comin-
ciata nell' infanzia e continua a essere
viva a 61 anni, si può stare sicuri che
il Centro di Documentazione mariana
è in buone mani. Certo. precisa don
Cen:sa. E dice chiaro che «chi avesse
in casa immagini, statuette, stampe
antiche della Madonna, o materiale
del genere. J-arebbe bene a portar-
glielo: quante cose belle a volte si
buttavano via e forse qualcuna vale-
va la pena di conservarla». Com..: non
dargli ragione?
BOUETTINO SALESIANO 1' GIUGNO 1981 31

4.2 Page 32

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I NOSTRI SANTI
I MEDICI DICEVANO
CHE BISOGNAVA OPERARE
Sono exallieva:
sempre ml sono ri-
volta a Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco
nelle necessità du-
rante la mia lunga
vita, e posso assicu-
rare di aver ottenuto
sempre la grazia
chiesta o almeno la
rassegnazione. La
settimana scorsa un
mio nipotino di nome Antonio fu preso da
dolori acutissimi all'addome, e venne ri-
coverato all'ospedale dove i vari dottori
che lo visitarono furono tutti d'accordo
che si trattava d'un caso grave, e che bi-
sognava operarlo al più presto. Intanto
erano passati quattro giorni, il dolore del
bambino non passava, e i suoi genitori
erano Immersi nella più profonda coster-
nazione. lo allora ricorsi con fiducia al-
l'Ausiliatrice e a Don Bosco chiedendo il
loro intervento. Il mattino seguente anco-
ra i medici visitarono il malatino, e ri-
scontrarono che non c'era più niente di
grave. La loro sorpresa fu grande, e non
la nascondevano affatto. lo non finirò mai
di ringraziare i miei carissimi santi, e In-
vito tutti a ricorrere a loro.
Giuseppina Marone
(Sant'Angelo Limosano, CB)
LA MORTE L'ASPETTAVA TRA SEI MESI
Desidero esprime-
re la mia ricono-
scenza a Maria Au-
slliatrlce, Don Bo-
sco, san Domenico
Savio e santa Maria
Mazzarello, perché
hanno aiutato una
mia cara parente a
superare una grave
malattia. Qualche
tempo fa essa fu ri-
coverata d'urgenza all'ospedale dove le si
riscontrò un tumore maligno allo stomaco
per il quale era necessario l'Intervento
chirurgico, anche se ormai la morte la
aspettava tra sei mesi. Insieme con i suol
parenti più vicini abbiamo pregato i santi
salesiani con grande fiducia, e ora siamo
qui a esprimere tutta la nostra gratitudine.
Non solo l'intervento chirurgico ha avuto
buon esito, ma questa cara parente, pas-
sati i sei mesi, gode buona salute.
Lettera firmata (Modica, RG)
RINGRAZIANO MARIA AUSILIATRICE
E SAN GIOVANNI BOSCO
,.. Maria Venuto (Codroipo, UD) per
numerose grazie, In particolare per una di
carattere finanziario tanto necessaria alla
sua famiglia.
Lettera firmata (Varai/o, VC): Nel
novembre 1979 mio marito fu travolto da
un'automobile, che lo ridusse in gravissi-
me condizioni. Vedendolo sul ciglio della
strada privo di conoscenza, io Invocai
Don Bosco e gli chiesi che se mio marito
doveva morire, gli ottenesse dal Signore
almeno la ripresa del sensi per poter ri-
cevere i santi sacramenti, e concedesse a
me Il conforto di poterlo assistere almeno
per qualche giorno. Non solo ho ottenuto
queste grazie, ma anche la guarigione:
dopo vari mesi di ospedale mio marito
pian piano si è ripreso, e ora è in buona
salute nonostante i suol 77 anni ».
* Antonietta Scalise (Mandatoriccio,
CS): • Una mia nipotina di sei mesi, affetta
da gastroenterite acuta, versava in con-
dizioni gravi. Portai alla piccola una me-
daglia della Madonna e una Immaginetta
di san Domenico Savio, pregai con fidu-
cia, e la mia preghiera è stata esaudita: la
mlç1. nipotina ora sta bene•.
i< Famiglia Capettini (Buccinasco. M1):
• Dovendo lasciare la casa In cui eravamo
in affitto, ne cercavamo una da acquistare
ma i prezzi non erano accessibili alle no-
stre possibilità. Cominciammo delle no-
vene a Maria Ausiliatrice e ai santi sale-
siani, ed ecco l'occasione che desidera-
vamo: abbiamo trovato una bella casa, a
un prezzo proporzionato alle possibilità di
una famiglia operaia».
Casimiro Guerini (Cedera, CR) rin-
grazia per la guarigione della moglie Ma-
ria, che sottoposta a un intervento chi-
rurgico ebbe dopo l'operazione una
complfcazione che la portò sull'orlo della
tomba, La preghiera alla Madonna, ele•
vata anche dalla sorella suor Celestina
Figlia di Maria Ausiliatrice e dalla sua co-
munità, ha ottenuto la guarigione.
i< Duilia Ra/Il In Fabbroni (Genova) so-
rella di un sacerdote carmelitano e mam-
ma di un sacerdote salesiano, ringrazia
Maria Ausiliatrice per essere guarita da
una disgrazia che poteva risultarle mor-
tale. In casa era scivolata tirandosi invo-
lontariamente addosso una pentola di
acqua bollente e ustionandosi in modo
grave. I medici ritenevano imminente la
sua fine. Lei chiese la benedizione di
Maria Ausiliatrice, e dopo un mese e
mezzo di ospedale potè tornare a casa
guarita.
I.B. (Montanaro, TO) ringrazia per la
figlia diciottenne che ha potuto trovare un
posto di lavoro confacente agli studi fatti,
e qualche tempo dopo si è ristabilita da
un male che pareva dovesse rapirla al-
l'affetto dei suoi cari.
Anna Fabia (Stio, SA) dice la sua ri-
conoscenza all'Ausiliatrice e ai santi sa-
lesiani per la protezione ottenuta in sva-
riate circostanze. Anzitutto In un inciden-
te stradale che avrebbe dovuto risultare
fatale al marito, e invece si risolse senza
danni; poi nella causa legata a questo in-
cidente: Ci citarono per 80 milioni di
danni, e la nostra famiglia sarebbe rima-
sta sul lastrico. Noi pregavamo tanto. La
causa si trascinava di mese in mese, e
dopo tre anni. due giorni prima della festa
di Don Bosco, giunse una telefonata dal
nostro avvocato: l'accordo era stato rag-
giunto, avremmo dovuto pagare una
somma molto ragionevole. L 'avvocato
non sapeva spiegarsi come mai tutto si
fosse risolto così positivamente; gli ri-
sposi piangendo di gioia che era stata
una grazia». Un altro vivo ringraziamento
rivolge ancora a san Domenico Savio, per
aver risolto in modo inatteso un difficile
caso di maternità.
GRAZIE SAN DOMENICO SAVIO
PER AVERMI DONATO GABRIELE
Grazie san Dome-
nico Savio per aver-
mi donato Gabriele.
~
Grazie, per quella
forza spirituale e fi-
sica che mi ha sor-
retto quando agli ul-
timi giorni del nono
mese venni colpita
da una serie di di-
sturbi. Tutto faceva
temere il peggio per
lui e per me; ho indossato il tuo abitino e
ho avuto la certezza che non mi avresti
abbandonato. E sono stata esaudita.
Adesso pongo con tanta fede e umiltà il
tuo abitino nella sua culla, e tu che hai
amato tanto la Madonna e Gesù, aiuta la
nostra famiglia a essere unita In un cam-
mino di amore e di pace. Grazie.
S. C.. lettera firmata (Schio, VI)
RINGRAZIANO ANCORA
IL SANTO DELLE CULLE
-1< Caterina La Monica (Alcamo, PZ)
perché dopo alcuni anni di inutile attesa,
e dopo aver invocato san Domenico Sa-
vio, ha visto la sua casa allietata dalla
nascita del piccolo Lorenzo Domenico.
,.. Rosa Salvato (San Giuliano Milane-
se) per la guarigione del figlio Fabio, sof-
ferente di stomaco, per il quale si temeva
*un diHiclle intervento chirurgico.
A.M. (lettera firmata, Aosta) per la
felice nascita di Giovanni Domenico, do-
po che precedenti maternità si erano
concluse negativamente.
,. Luciano e FranGa Ferrar/ (Bagnolo,
VR): « La nostra bimba era nata prematu-
ramente; due giorni dopo la nascita I me-
dici ce la dettero perduta per emorragia
intestinale, e dissero che non sarebbe
arrivata a sera. Subito la facemmo bat-
tezzare, e poi con fede appendemmo l'a-
bitino di Domenico Savio alla sua incu-
batrice. Il giorno dopo, con nostra im-
mensa sorpresa e grandissima gioia ap-
prendemmo dai medici che la bimba era
*fuori pericolo •.
Maria Luisa Morello (Basso/o, TO):
« Dopo una prima gravidanza sette anni
fa, finita con la morte del bimbo, due anni
fa ho Indossato l'abitino di Domenico Sa-
vio e ho potuyo dare alla luce una bella
bambina che ho chiamato Erika Domeni-
ca: e nel settembre scorso ho avuto
un'altra bambina a cui ho messo il nome
32 BOLLETTINO SALESl,4NO 1 ' GIUGNO 1981

4.3 Page 33

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Romina Maria Domenica. Ora mi rivolgo
con piena fiducia a San Domenico Savio
e a Maria Ausiliatrice in ogni difficoltà
della mia vita».
* Altre persone ringraziano Il Santo
delle culle per la nascita delle loro crea-
ture:
Elena Bocca/etto (città della Pieve. PG);
Lidia e Oreste Contino (Roma) per la na-
scita di Daniela; Anna Gramaglla (San-
i'Albano Stura, CN); Flavia Marzullo
(Messina) per la nascita di Salvatore Do-
menico; Maria Piredda (Genova Oreglna);
Angioletta e SIivano Sola (Torino) per la
nascita di Stefano; Maria Teresa Zanlni
(Varese) per la nascita di Paolo Domeni-
co.
POSI A MONS. OLIVARES
UN LIMITE DI TEMPO...
Sono un missio-
nario salesiano spa-
gnolo, al lavoro a
Lospalos nell'isola di
Timor. L'anno scor-
so, dopo un violen-
tissimo attacco di
malaria, dovetti ri-
correre al medico
per acuti dolori sof-
ferti durante la notte,
ma il dottore non
poté essermi di aiuto e mi fece trasferire
in elicottero a Baucau per un Intervento
urgente e molto delicato. Purtroppo Il
chirurgo di Baucau era partito per la ca-
pitale Giakarta, e lo mi sentivo sempre più
attanagliato dalla sofferenza. Mi ricordai
allora del Servo di Dio mons. Luigi Ollva-
res, di cui portavo una reliqua nel brevia-
rio: qualche tempo prima ricorrendo alla
sua Intercessione avevamo ottenuto la
grazia di strappare dalla morte un bam-
bino di 10 anni, figlio del nostro autista,
da 40 giorni in coma. Cominciai a pre-
garlo, e da quel momento le cose per me
presero una piega favorevole.
In Baucau incontrai un colonnello mio
amico, che subito si interessò al mio caso
e lasciando da parte le sue occupazioni
ml accompagnò col suo elicottero a Diii,
dove avrei potuto trovare l'assistenza
medica necessaria. Una volta a Dlii, con
l'aiuto del miei confratelli e dopo lunghi
giri in taxi mi fu possibile rintracciare il
chirurgo. Egli però, considerate le mie
condizioni generali e la mia età avanzata
{ho 75 anni), mi consigliò il trasporto a
Giakarta per essere operato dal dottor
Tjoko, specialista per la mia malattia. Ma
all'ospedale di Diii potei ricevere le prime
cure efficaci, evitando tra l'altro Il rischio
di una grave intossicazione del sangue e
una probabile caduta in coma.
La notte stessa gul trasportato a Gia-
karta, e dopo due giorni di esami medici,
venni operato con esito favorevole. A
causa delle pessime condizioni del mio
sangue fui però colpito da trombosi alla
gamba sinistra. I dolori erano di nuovo
atroci; allora ripresi in mano la reliquia di
mons. Olivares, e lo pregai di ottenermi la
grazia della guarigione. Gli posi anche un
limite dì tempo: gli promisi che se mi
avesse liberato dal dolore entro tre giorni
avrei fatto pubblicare la grazia per otte-
nere la sua bealìficazione. Ebbene, tre
giorni dopo non solo Il dolore era cessato,
ma già potevo muovermi senza l'aiuto
delle infermiere. E ora ho ripreso la mia
vita normale e Il mio lavoro missionario.
Don Alfonso Nacher (Lospalos, Timor)
IN PARADISO C'E' UNA FMA
CHE VUOL BENE ALLE BAMBINE
La mia bambina
Patrizia di nove anni
che frequenta la
scuola elementare
delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, era sta-
ta trovata affetta da
scoliosi molto grave.
La radiografia met-
teva in evidenza una
deviazione dorsale
veramente preoccu-
pante. Il medico ml disse: « Signora, fac-
cia quanto può, vada anche all'estero in
qualche clinica specializzata, ma non la-
sci la bambina In questo stato•· Chi può
immaginare la mia angoscia? Piangevo
giorno e notte. Iscrissi la bambina al cor-
so di nuoto organizzato dalla scuola, e
poi... la Provvidenza mi venne in aiuto.
Un giorno disperata e piangente mi re-
co alla basilica di Maria Ausiliatrice con te
mie due bambine, Patriz:ia e Irene di
quattro anni. Questa, mentre visitavamo
la cappella delle reliquie, vede e desidera
un libretto illustrato: é una piccola bio-
grafia di suor Teresa Valsè, che il custo-
de le regala. Prendo il libretto, lo leggo, e
sento nascere in cuore un filo di speran-
za: chissà che suor Valsé non voglia aiu-
tarci. Cl mettiamo a pregare, recitando
ogni giorno con le due bambine l'apposita
preghiera.
Passano i mesi: Patrizia non riesce a
fare che una decina di lezioni di nuoto. La
porto ali'ospedale • Maria Vittoria per
una nuova radiografia, e il referto mi
sbalordisce: la preoccupante deviazione
è scomparsa! La colonna vertebrale ap-
pare perfettamente diritta. Non sono state
certo le dieci lezioni di nuoto a guarire
Patrizia, ma la preghiera a suor Valsé di
una mamma angosciata e di due bambine
innocenti.
Desidero che questo fatto - attestato
dalle due lastre radiografiche - sia co-
nosciuto affinché altre mamme sappiano
che In Paradiso c'è una Figlia di Maria
Ausiliatrice che continua a voler molto
bene alle bambine.
Margherita Fae Sanna (Torino)
* Pina Frisina (Palma di Montechiaro,
AG): Una mia amica a causa di una
malformazione, e anche dopo tante cure,
non poteva avere figli; abbiamo pregato
tanto suor Teresa Valsé Pantellini, e ora
due bellissimi bambini allietano la sua
casa•·
,. Suor Bruna Mozzi (Marina di Massa);
• Suor Teresa Valsé Pantellini é sempre
stata la protettrice della mia famiglia che
è di Rùfina, dove la cara Serva di Dio vil-
leggiava con i suoi familiari. Proprio a
Rùfina mio fratello Emilio mentre si tro-
vava sul suo motorino venne investito da
una macchina: gettato a terra, rimase
privo di sensi e creduto morto, tanto che
in tal senso ne venne data la notizia alla
moglie. Invece poté riprendersi e tutto si
risolse bene •·
HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Abbo Lina Abllrunese Edda Acquisto Maria - Alllerl
Luigi - Allegretti Pietro Alol Agostina Amadunl Ivo•
Ambrogio Fortunata Anoelmo Letizia - Artlero Palmira
• Aronlca Colomba Anlgonl Ancilla Attlnà Una Al-
zanl Maria • Audlslo casare - Bataner Guglielma - Bal-
lali Linda - Bampl Giuditta - Baracchi Letizia • Barat,a.
schl Vittorio - Baronetto Rounna • Baaso Aristide •
Basso Eugenia Baudino Dorina• Benauo Maddalena
Benzl Glutepplna - Berthod Emilia - Bertorello Cate-
rtna Besana Claudio • Bettlnl Cl ara - Blghlnzoll Age>-
stlno • Bimbo Ugo • Bt1catdt Luigina • Boaaso Lucia
Bototto Luigina - Bonalede A. Luctezla - Bosso Elena •
BNH1$8n Maria • Bruni Francesco - Bruni Rosina - Bur-
ghl Letizia ButtlgUerl Paolo Cabra, Marta Calrall
Cesarina Calonl R. Maria - Catono Mk:hellna • Ca-
mtsaul Maria Candla Anna • Cannatà Angelina • Ca-
nova Carlotta - Cantello FIIlppo • Caplzzl Salvatrice
Ceprlogllo Eugenia Ceputo Teresa • Cararnalll A.
Maria• Cardinale Giuseppina• Cardinale Paola• Car8"1
Emaata - e.roll Antonietta • Candio Vittore • ca,uao
Grazia - Caru10 Marta • Catai! Ottavio - Caollgllone
carta Cella Rina - CeUJno Pina • Cemk:chlaro Anna •
Cherchl Cecllla - Chiesa Maria Concetta • Ck:eranl
Anrnt • Cirino Franca • Comaglta Enrichetta Conte
Rosa - Cortauo Giuseppina • Cortese Ellu Cono
Angela • Costanzo Calogero • Cravero Paola Cristina
Rou Maria - Crugnola Adriano • Cucuua Rosa
O"Adda Alessandro• D"Amico Angelina - D'Amico Ca-
logero• Danna Mario R. • De candido Emilia De Col
Livio Oe Crt1tofaro Giovanna • Degasperl Prauede
Oell'Oabel Giordano - De Murta1 Amelia - De Sanctla
Teresa Destelanl• Franceoco - Destetanla Romana•
01 Caro Nlcola • DI Francesco Anna - DI Giovanni Vin-
cenzo - Dlosegna Domenico - Donati Rosina Dragotto
Lina • Enderle Sergio • Fanny Antonlazzl Fattor 0n<>-
r1na - Favre Palmlra - Fenara Mario Fenarl Maria -
Ferrarlo Maria - Ferraro Maria • Fini Salvatore - Fiorello
Agostino • Florina Francesco - Fiorito Maria Foche-
salo Aldo Fontana Concetta • Fomo Dlalma Frlaln-
ghelll Luigia - Fulglnall RaHaele Furia Domenico e
Anna • Fumo Rina Gala Iride - Gallo Carlo - Garolalo
Francesca - Geraci Fortunato Germano Franceoca -
Ghlglla Lorenzo Ghiotto Anna • Ghiotto Fellce Gla•
comuzzl Margherita Giandomenico Simeone Gla-
nola Luigi - Gtanolracusa Giovanna - Gigante Bruna •
Giove Maria - Glumarra Giuseppina - Granalo Ullana
Grasso Francesco - Grilli Gemma • Grtllo G. Battista
!anello Maria - lbodan Dulllo lnvernlul Eleonora
Lalolo Maria La Mlcela Salvatore Lattuga FIiomena •
Lepore Allonslna - LIiia Clemente Ulllu Ellu • Ua-
sandro Pietro - Longa Clementina • Lo Cascio Lucia
Lon9u Antonio• Losa Anselmlna - Losl Mlrella • Lovera
Iris Lucchese Mattea Luciano Paola • Maanza An•
tonl.na Maggio Serafina - Mancuso Maria - Manganaro
FIiippo Manlnl Rita Marchlorl Perl a - Marchialo Do-
menica - Mariani Anna • Marotta Calano • Martuccl M.
Grazia Maslil Efisio Maslna Luigia Mattai Carla
Mauola Carmela - Mellna Giovanni• Menghlnl Erminia
- Meo Matilde - Mlano Maria - Miceli Clella - Mlgllardl
Ausllla - Mlgllavacca Angellna - Monglardlno Madda-
lena• Monuschlo Leone. Morelli Anna. Munarl Angela
- Munl8" Alber11na • M.D. di Martina Franca • Nlcolo•l
Giuseppa - Occhettl Teresa • Oterl Giuseppe - Paganini
Maria Papettl Carla • Parl.nl Enrico Parodi G.. Balllsla
Pasquino Emma Paola Giovanni - Pautrè Giovanni -
Pegorarl Natalina • Pennali Maria - Perrone Salvatore
Plazu C. Nlnetta Plrrl Rosaria Pirrone Franca • PI-
sani Giovanni• Plozza Anna Pogliano Ro.e - Pola.ani
Giovanna - Pomponio Gluaepplna • Porcu Vlcanzla -
Portaglola Agrippina - Potenza Luisa Pratolongo An-
gela • Pralolongo Ron - Procopio Mario - Puocellu
Sllvesltlna - Ramponi Luigina • RHIO T.,esa Rlgglo
Franco Rlnaldl Maria • Rlnaldl Salvatore Rlvolro
Carta - Roncatl Anna - Rossi Paolina - Rubino Elena -
Rubeo Roaa - Sagllocco Glovaooa Sandrl Anna Sa-
vin Renate - Sbaragll Tino • Scarclott.a Giuseppina -
Seardln Gina - Scarpa Luigi Schlna Stanislao Sco-
yazzf Amalia - Seppa Clara - Siracusa Sebastiana
Spada Costanza - Spottl Rosina - Sorbo Sorelle -
Stucchi Una - Tanchlnl Liberia Tani Dina Tlrabo-
schl Giuseppe Tonengo B. Maria Torre GluHppa -
Trapani Maria - Trettel Carmela - Valaatro Gk>vannlna ..
Valanll Teresa Vaalna Ettore - v.,oneal Alme1'1na -
Veron891 Guido - Vidali Tino - Volpe Concetta - Zan-
donella Giovanni Zoccarato Gtullo Zr.::18-Famlglia -
Zoppls Giovanni • Zuesh Sofia.
BOLLETTINO SALESIANO 1' GIUGNO 1981 33

4.4 Page 34

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I NOSTRI MORTI
MARIOTTO . .c. ETTORE Salnleno t
Roma a 75 anni
EdueatOf'o convnuo credeva !erma--
mente nella scuola come luogo prlv1l&-
g1e10 della m1ss1one di Don Bosco Ha
v,uulo le lunga trafila di , maestro . .,••
tiano • de chienco, saaerdole, prealde.
dlrono,e IO lsllluU di cinque ltpeUOt19
dlV.,. Sottò molto. quando, alla luce di
Slntoml ,neq1JNocabil1 avverti Uf\\11 ,,. .
IMOne nell"enlu5...SfflO di s,,anall IUol
conlratalll per l'al)OStolato Cfi!IIII tcUOla
qw,ndo ne parlava SI avve<11va In lu, un
dolOf'e qua•! tiS1co
Nel 1~ tu a Roma segretor10 gen•
raie della FIDAE sino al 1975, al prod\\90
In questa responsab,\\\\là con diligenze
punllgllosa e un dinamismo da lare invi•
di• al più giovani La sua collaborazione al vertice dell'organizzaz,one delle ,cuoia
cattollehe lu p,ezJos,, grazie al suo tratto dehca10 e allo sue lunga espenenze di uom,n,
e cose Tan11ss1m1 l1t"ull ed enu nallsn, ed .,.,,, hanno tratto benef1c10 dalle aua <h•
spon11>1111à • compelenza nell'alfrootare i pro!Hm1 p,u ,ntncatl.
Net grov191,o d1 tanle pn,uehe e ,mpegn, oro-ntttahv1 trovava tempo da òodcare a•
suo, studi p,eler1t1 le ricatche sulle v!C«lde _ ,.. 9 &Ulle pru belle l'l!U<8 delle c:Of'-
gregaziooe uln,ana che consegno al luturo in ..,p0rose pubbhcaZJOf11 er.no il l89"0
tangibile del auo amore a Don Bosco Se n• e andato ,n punta di plildl, secondo 11 •uo
co5tante do&4deno di non disturbare ne,suno, • le&CJa coma eredllà p,e110sa la sua
paAlone 1un1 aaleslana per 18 scuola
BELLONE hC. VIRGILIO Salesiano t
Torino a 73 anni
Il BS presentorA la SWl figura In uno dol
prossimi IHCICOII
GREHA NC. LUIGI Saleslaoo t TOf'tno
67 anni
Dopo l'ord•nlZIOOe sace<dOlale IMl'VI
lav0f'8IO per qU8$1 treni anni in Spagna
anche come dtrenore. semonando tra ,
giovani allegria. lede, amore alla Ch•"8
a Don Bosco Altri dieci anni 111rescor.., a
Roma come guida alle Catacombe di San
Callisto In quel periodo ricevette l'lnvllo
dal $8l&sianl di Spagna a tornar a vlsltllr•
le ca$0 In cui aveva lavorato, e per lui lu
una glo1<1 Immensa ma anche per que,
conlratllh. ,, quali patlb coro calore ed
1"1IU9Hmo P - gli ut11m1 due anni a
Tonoo-flebaudengo, 0<1na1 mmato dal
mate e COffl9 avvolto nel slfenz,o_ a.ssor-
Doto <lai m..1aro della sup,ema chlamlta
Attordano di lui una m,tezza e carme m~
rabola, la dehaa1ena nel tratto, la pron
tazza prea111one nal lavoro, È stato un
dono del Signore. una •cuoia di fortezza
nella prova
VALLEl'IO uc. DOMENICO Salesiano t
Allo Araguaia (Bru,le) a 66 anni
Dt Fogllu:o, maturò accanto al uleslanl
la voca.t1one mia,onarta e a 17 anni era
novtz,o in Brastte LaV0<6 a lungo nelle
missioni del Mito Grosso. Oeltcato di ...
IUte, $tl>P8 1u11av1a compiere semp,e IN>-
ne e con animo giovanile gli lncerlchl rl•
cevull Era di temperemen10 artl11lco e
mise le aue qualltA a servizio del giovani
OedlcO gli uttoml anni alle cege di 1orm,.
z1ona, ma lucia un rimpianto IIOl)lat1ut10
..... .IUOI ellalhevi. uno del QUIII ha IN!~
mon,ato • Buono. g,usto, alfetlll090. fece
molla gente !alice e'tomo a•.
AMATO AGRIPPINO Cooperalore t Ml-
neo (CT) a 86 anni
Da piocolc lu compagno del futuro
Rertor Maggiore don Fllecerl, e più tardi
divenne anche suo cugino. uomo di lede
tenace, !arma e serena, ebbe da natura
una IBMda vena Poetica e • ne MtVI per
cornpoSlllonl soprattutto dialelloll. molle
delle quali anche muSIUI&, di contenuto
cnst"'nc Una sua l)C)QUI lu leltA ali'•
naugura.uona del mooumento Lu,gl
Capu,tna. urfallra alla p,lma ,tltl11 che N
Renor Ma119iore rese a M1neodopo la aua
el1ziona Inviava poesie anche e Giovanni
XXIII e Paolo VI, ricevendone a11. .1atlonl
dlatlma
CERVO ANGELA In FILIPPI Coopefllrlce
1 Catre (VI) a 79 anni
Ebbe la ve.nlura di tornare a DIO nello
aleuo giorno ,n cut mo,ova Mamma Mao-
gllerola. il 25 novembre. quando I ules.a-
nl <Il lu11o ~ mondo ottrono meae aut•
ll'lll)I per I lato genttort deluntl Com•
Mamma "'8rghe111a ebbe una VIII Mm-
plJce e nascosta senu st0<01 agli cx:chl
del mondo, ma ncca di valori ogll ocelli dl
Dio che scruta nei cuore degli uomlnl, Era
Coope-alrtce da lunga dita, usldua alla
lellura del BoUelllno Salesiano cho al-
1endeva con ansia Ocno o Dio due del
suot cinque logli don Mario, saletiano,
d1rett0<e del centro Ca1eehl1Uco Salesia-
o, no e della LOC Leumann (Tonno), e
suor 1ereslta dlii Conslgl,o QMerall21c1
della Sorelfe della M-ordla di Verona
CODA Comm. Grencl'Utt, VENANZIO
Exa.lllevo t Torino
Conservo per tutta la vita un grarnle
affetto a Don Bosco • a, suoi educator,,
aiutò con generos,ltl le opere salesiane.
specie quella di Vercolll negli ennl dllflclll
del suo ,nozlo Uomo di lnlenao lavoro,
attron10 le sue mollapllel 1111111111 con sp;.
nlo co~lano. e hno all1 larda atà tu fedele
lreq.senlato,e della 1N1s,1ica di Marni Au•
Slloamce.
DIALE MMllll ffd GA.UINO ~ Lar>zo
Tormese a 86 anni
DI animo sen1lb1la • gene,Mo SOS!e-
nuta oa una fede s;,mphce ma sicura
1rasco,se la lunga v,ta nella dedl%1one si
lavoro e alla preghiera, prOdlganaosl per
la ram.glia MOito devota di Maria Ausilia·
trlce e 01 Don Bosco. ebbe la gioia di do-
nare I suo promo hgllo, don Mtcheltt al
Stgnore nella Congrega.zoone aates,ana
Dl PAUUI TERESA ved. NOW t Pavor,e
Metta IBS)
una vrl8 vtSSuta netta eempllCIIA e nella
preghiera Crebbe una lamlgha numero-
sa, e d Signore scelse r:>et " Il settimo fl.
glio, d~n Agostino, dlvenulo l 1gllo d1 quel
Don Bosco che lfll tanto arnava Anche
nell'ln1ermllà non smise di lovorore per gh
"aitrl, con11nuando a conlezlonare I pezzi
deslmatl a 1orm1re 1, , lamose bambole
del l<lgrll. MigllOretl. per la gioia del
bambini
FANTIN SEBASTIANO ~ San Maltlno
(VR) a 96 anni
Nalo a fl•ese patria di NII Poo X. lo~
nobbt! personalmente a da lui rtceve«e
una S!)eelale benedizione Era Il primo di
16 lretelll, ed ebbe a suo volte 13 l1gll di
cui oto viventi. Nella sue meravigliosa
ramlgl\\a cresci uta In stlle spartano Il s,..
gnore scelse quattro vocazioni, di cui due
per Don Bosco Suor Rhe • Figlio di Maria
Aw.ihalnce, e èdlrau,_ ,n un·1mPortan1a
opera n~ T_ _ don Narciso sal8"'8no
e lavora a Verona He tctollo nei suo te-
Slamenlo • Il sig,-e cl na dato la grazia
di avere due 1,g1 uc.<dotl • due r,g11e
suore· non eravamo degni d, questa
grande grazia, e per questo ringrazio Il
Signora.
FERRARA FILOMENA vad, SCRIVO Coo-
peratnce t Serra San Btunc (CZ) a 9'I
anni
Fu duramente p,ovala dalle """""'8
della vita -
due bambini in teoera
eta, po1 una f,g1,a 1eornparsa traglce-
menttt • un flgl,o d . _in Russta: nella
sua fede eempllce e robusta non al rin•
n chouse $u d1 ma trovò la forza di ottrire
tutto al Signore E gli o ffn anche \\' ultimo
figlio rlmaslole, don Gaetan o, oggi Vica-
rio del Rellor Maggiore nella Congrega•
zJone salesiana
LEONESSA GIUSEPPE C - atore t
Roma e 86 anni
Più d, 40 •"'"' d1 ,n.htanza come Coo--
peratt>fe aal&ti8no atbvo. una ._,ta iotma-
mer,te -
nel «IUIIO della l ede e ~la
fam,gha • alla base d1 tutto un 5Btnphce
sagrato. la aua atteuuoaa devozione a
Man-1 Aus1llo1riaa a o Don Bosco
t MAGRI mona. GIOVANNI CeoperalOf'a
Celtanlssena a 93 anni
Nel 1906, ancora chie<lco, ricevette
dalle mani dei Bealo don Rua 11 d,ploma di
Cooper11ore NIN auol 71 anni d1 sace,-
dOZIO lavotO a lungo tra I g,ovanl con
spm10 sale9iano, 80$lt8!1utlo nelle scuole
e nel $8'\\'llnano Generazioni di qUMI!
giovani n,n,.nt - oggi nelle più varie Si-
tuazioni della v11a edulla - ricordano con
gratitudine la aua dallca1a direzione spi-
rituale Una profonda vtta lnieriore e un
vtvo attaccamento a Don Bosco hanno
nutrito Il auo 1t1cerdoz10 e I suoi 75 ann odi
vita di Coc,perllore
NOLI.I GIULIA veci, MORETTI t Pavone
Mella (8S)
Ere IIOttlill di due Ncerdoti, ed ebbe ad
occupan,, d~ Ul811811• quando I chleno
di Nave duren1e W POfiOdo belloco sfol-
larono nel suo pa. . . lu una grande gioia
per lei poter venire loro incontro benefs
c:andoll I" quel d1Hic11I momenti
OPEZZO FRANCESCO Coopetalore t
Coslantena (VOl e 79 anni
Era fra1e110 di aue sa1a9;an1 e due Figlie
di Marla Au■lllà!rloe. tuttora viventi, Aveva
Cli•- e<ed1tato della lam1glia un profondo
amore alle
a lo dunostrava con
ur\\8 penec,paz.oone aSSKlua e conv,nta
alla v,ta della parrocchia.
AL Tfll COOPERATORI DEFUNTI
B-111 11111 veci, Lanzenl t Ch~llllon
(AO) a 68 anni Cardlltc Anna ved, T~
btllalo t l.en11n1 (SFI) a 86 anni - Cert>aro
t Sabina t Varese Clapa Michele Po-
lell2l! a 82 •nnl lanneHI Mario Exalllevo
e Coopera1ore , Potente e 75 anni Me-
cacci aac. car10 Mlleno Assunta t Cu-
neo Pnno Cele(lna t Cuneo • Zanlnl
GlovaMlna 1 Cuneo 82 anru • Zoklan
padre Giorgio, GIUWIJP'nO del MunaldO
t Exalhevo Coope,11ore Aderzo (TV) a
66 anni
A quanti hanno chiesto Informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, ricono-
sciuta giuridicamente con O P del 2·9-1971 n 9 59, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede ,n TORINO. avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13·1·1924 n 22. possono legal mente rl·
cevere Legai, Bd Eredtlà
Formule valide sono
- se s, tratta d'un legato • 1asc10 alla Dlfez,one Generale Opere
Don Bosco con sede In Roma {oppure all'lsttturo Salesiano per le
missioni con sede In Tonno) a Utolo di legato la somma d• lire
(oppure) l'Immobile silo in, ., per gli scop, perseguih dall'Ente, e pani-
co1armente d1 assistenza e beneOc enza, d• Istruzione e educazione, di
culto e di reHg1one
- se s1 traua invece d1 nominare eredo d 1ogni sostanza l'uno o
l'altro de, due Enti su lndlcah
• annullo ogni mia precedente d,spos111one testamentaria. Nomi-
no m,o erede universale la D11ezione Generate Opere Don Bosco con
sede m Roma (oppure /"lsl rluto Sales,ano per le M1ss10nr con sede m
Tonno) lasciando ad esso quanto m, appartiene a quafs,as1 molo. pe,
gh scopo petsegu,h datrEnte. e particolarmente di assistenza e bene-
hcenz.a di ,struzfone e educaz,one. dt cullo e di rellg1one •
(luogo e data)
(ltrm11 per disteso)
34 BOLLETTINO SALESIANO I ' GIVGNO 1981

4.5 Page 35

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l'exa.11,evo e cooperatore prof. Leone
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Bosco, con imperitura riconoscen za, im~
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lng Carl o e Regina di Borgomanero, a
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gerci, a cura di Luoale, Biella L. 500.000
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figlie, Torino L 400.000
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del Giubileo d'oro di Don Natale Clgnatta,
a cura degli Uom,m dell'Oratorio di Val-
docco, Torino L 400.000
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N.N., Bresso L 300.000
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Bosco, S. Domenico Savio, per grazia ri•
cevuta, a cura di Oggero Luigi, Torino L
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mento. a cura di Ranco Vllaltna (VC)
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Bosco. mvocando protezione sut fam/Jia.
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Rocca Antonino e C. Ragusa
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cura di Pensini Marghenta, Parma
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memoria df Mar;a Mazzucco e Marghen l a
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del salesiano Don Luigi Bergamin, a cura
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Rina, Catanzaro
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Bosco, a cura di Porinelll Ada, Torino
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cevuta. a cura di Faralll Anello (GR)
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figlia T eresina, Chieri (TO)
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tezione sulla famiglia, e cura di 8oggettI
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figlia Teresina
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Bosco, invocando proiezione sui figi/, a
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Bosco, m rmgraziamento, a cura di Belli
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Bosco, invocand o grazie e prorez/one, a
cura di Prato Giovann a, Sal uzzo (CN)
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Don Rua, per grazla ricevuta, a cura d i
Fulgln)tl Francesco, Montepaone (CZ)
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Bosco, In ringrazia men to e mvocando
protez,one, a cura di Tavella Navone Al•
na, Montaggio (GE)
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Domenico Savio, invocando protezione
per le famlgl,a, a cura di Leonelll Luc,ana,
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mento e invocando protezione, a cura di
Re Gianna, Castellanza (VA)
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Varlgnano d'Arco (TN)
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Bosco, in suflreglo dei genitori. fratello e
soreJla e invocando protezione, a cura dl
Carpanello Glovanna (VC)
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cevuta, a cura di N.N.. Meuano
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cura di Legnett i Geom. Arturo (CS)
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protezione. a cura dl Venturino Masoero
Maria, Moosellce (PO)
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Coop, Archldee, Novi ligure (AL)
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Bosco, con rtconoscenza e implorando
protez,one, a c ura do M.C., Rosta (TO)
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Coop. Regano Antonio. nel suo 93· com•
pleanno. A ndna (BA)
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Filippo, a c ura degli amici (AG)
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Bosco, proteggete la mia famiglia, a cure
di Moretti Franchi Fellclla. Ol flaga (BS)
Per le nuove Borse Mis-
sionarie l'offerta minima
è di lire 100.000. Grazie
3 5 o BOLLETTINO SALESIANO o l " G/UGNO 1981

4.6 Page 36

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bambini durante il gioco,
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a colori: un'occasione unica
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