Bollettino_Salesiano_198101


Bollettino_Salesiano_198101



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ETTINO
ANNO 105 N. 1 1• QUINDICINA 1 GENNAIO 1 981
SPEDIZIONE IN ABBONAM EN TO POSTALE GRUPPO 1701
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877
1981 · 1110 DILLI ■IZZIBBLLO

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BOLLETTINO SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'Informazione e cultura religiosa
DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCO
Collaboratori. Giuliana Accornero - Marco Bongloanni - Teresio
Bosco - Elia Ferrante - Domenica Grasslano - Adolfo L'Arco
Fotogralla Fulgenzio Ceccon
Archivio Guido Cantoni
Diffusione Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Torino
Registrazione Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
- li primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto) per la
Famiglia Salesiana;
- Il 15 dal mese per I Cooperatori Salesiani.
Collaborazione. La Direzione Invita a mandare notizie e foto ri-
guardanti la Famiglia Salesiana, e s'Impegna a pubbllcarle secondo
il loro interesse generale e la disponibllltà di spazio.
Edizione di metà mese. Redattore don Armando Buttarelli. Viale del
Salesiani 9, 00175 Roma. Tel. (06) 74.80.433.
IL BOLLETTINO SALESIANO» NEL MONDO
li BS esce nel mondo In 40 edizioni nazionali e 20 lingue diverse
(tiratura annua oltre 10 milioni di copie) In:
Antille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Austria - Belgio
(In tlammlngo) - Bolivia - Brasile - Canada - Centro America (a San
Salvador) - CIie - es Cinese (a Hong Kong) - Colombia - Ecuador -
FIiippine - Francia - Germania Giappone - Gran Bretagna India
(In Inglese, malayalam, tamil e telugu) •Irlanda• Italia - Jugoslavia
(In croato e In sloveno) - Korea del Sud - es Lituano (edito a Roma)
- Malta - Messico Olanda Perù - Polonia - Portogallo Spagna -
Slatl Uniti Sudafrica - Thailandia• Uruguay Venezuela.
DIFFUSIONE E ABBONAMENTI
Il BS è dono di Don Bosco al componenti la Famiglia Salesiana, agli
amici e sostenitori delle sue Opere.
E' Inviato In omaggio a quanti lo richiedono all'Ufficio Propaganda.
Copie arretrale o di propaganda: a richiesta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vecchio.
Per queste operazioni: Ulflclo Propaganda Salesiana
Vla Maria Ausiliatrice 32. 10152 Torino. Tel. (011) 48.29.24.
I LIBRI PRESENTATI SUL BS vanno rich iesti alle Editrici
- o contrassegno (spese di spedizione a carico del richiedente);
- o con versamento anticipato su conto corrente postale (spe-
dizione a carico dell'Editrice):
LAS: Llbrerra Ateneo Salesiano - Piazza Ateneo Salesiano 1, 00139
Roma. Ccp. 57.49.20.01.
LOC: Libreria Dottrina Cristiana - 10096 Leumann (TO). Ccp. 8128.
SEI: Società Editrice Internazionale - Corso Regina Margherita 176,
10152 Torino. Ccp 20.41 .07.
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
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00163 Roma-Aurelio. Tal. (06) 69.31.341
Conto corrente postale numero 46.20.02 intestato a:
Direzione Generale Opere Don Bosco, Roma.
IL GRAZIE CORDIALE DI DON BOSCO al lettori che
- contribuiscono a sostenere le spese per li Bollettino,
- aiutano le Opere di Don Bosco nel mondo,
- e soprattutto le Missioni Salesiane.
2 BOLLETTINO SALESIANO 1. 1.1981
IN QUESTO NUMERO
1° GENNAIO 1981
ANNO 105 - NUMERO 1
In copertina: Santa Maria Mazzarello
(particolare da un dipinto di P. G.
Grida, 1936).
Servizio di copertina: pag. 22-31
LE IDEE
Lettera di don Viganò al la Famiglia Salesiana /
•Praticare la vita Interiore di Don Bosco., 7- 8
Comunicazione sociale I Le nuvolette fanno acqua, 12-13
LE FORZE
Vescovi, Argentina / Mons. Meinvielle a Concepci6n , 4
Exalllevl - 2' Congresso di Asia e Australia /
Impegnati a costruire nella propria patria, 20-21
Comunicazione sociale / Due documentari missionari, 5
Diagroup, la prima rivista in diapositive, 6
Le dieci riviste Uisper, 13
L'AZIONE
Argentina - CIie / Iniziative per la pace, 5
Belgio I Jijé il cartoon ist di Don Bosco, 3
Cile / Capi In un villaggio di 106 fratelli, 5
India / Battesimi e incendi a Tangla, 4
I salesiani tornano al nido, 14-16
Italia / Terremoto: I danni e la solidarietà, 3
Donata al Papa l'uva di Don Bosco, 3
Addio a Paola diciassettenne, 4
Alla Generala come Don Bosco, 18-20
Kenya: Lesto-fanti nella savana, 8-1 O
IL PASSATO
Nel centenario della morte di santa Maria Mazzarello /
1• - La ragazza che venne dalle cascine, 22-31
Maìn, la ragazza che viene dalle cascine, 23
Ogni punto, un atto di amor di Dio, 26
La vera direttrice sarà la Madonna, 28
Anno dopo anno santa Maria Mazzarello 30
RUBRICHE. Libreria, 613 17 - I nostri santi, 32-33 -1 nostri
morti, 34 Solidarietà, 35.
VIGNETTA •DIECI E LODE»

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BREVI DAL MONDO
ITALl~- -
TERREMOTO: I DANNI
E LA SOLIDARIETÀ
I figi/ di Don Bosco non han-
no da lamentare vittime per Il
terremoto che nel novembre
scorso ha devastato la Cam-
pania e Basificata; hanno subi-
to pochi danni alle loro opere,
in compenso hanno potuto Im-
pegnarsi a fondo nel soccorsi.
t quanto si apprende da un
telegrafico comunicato diffuso
pochi giorni dopo il sisma dal
Superiore per la Regione /talla.
don Luigi Bosoni. Vi si legge:
Salesiani e FMA non regi-
strano danni alle persone
Qualche lesione ma non grave
hanno riportato le case sale-
siane di Napoli Don Bosco» e
di Potenza, anche le opere
delle FMA hanno riportato le-
sioni, ma solo la casa di Ca-
stelgrande (Potenza) è inabita-
bile. Si ha notizia del decesso
della mamma di una FMA, di
parenti di alcuni salesiani, di un
allievo che si trovava con la
famiglia.
Primi soccorsi. Le case sa-
lesiane sono state aperte per
accogliere i sinistrati più vicini.
I salesiani si sono sparsi qua e
là nelle parrocchie più colpite,
per collaborare con I parroci (e
in qualche caso doloroso, pur-
troppo, per sostituirli). I diret-
tori delle opere hanno dichia-
rato la piena disponibilità ad
accogliere ragazzi e giovani, e i
primi sono già stati affidati.
Informazioni e coordina-
mento. L'Ufficio nazionale del
Cooperatori di Roma (viale del
Salesiani 7, tel. 06/74.80.433),
è costituito come cen1rale
d'informazione e coordina-
mento.
Invio di denaro. Per le offerte
provenienti dall'Italia il recapito
è l'Economato dell'lsoettorla
Meridionale (l 081 /29.04.00);
per le offerte provenienti dal-
l'estero l'Economato Generale
salesiano (t 06/ 69.31.341).
Invio di materiale. Per l'invio
di tende, coperte, vestiario,
latte ecc., fare riferimento alle
case salesiane di Salerno (tel.
089/23.61.82) o di Potenza (tel.
0971 / 41.214). che risultano
centrali rispetto alla zona ter-
remotata
Invio di gruppi di operatori.
Deve trattarsi di gruppi auto-
sufficienti per alloggio, vitto e
operatività. Occorre cioè eh~
abbiano previsto dove potran-
no dormire, come prowede-
ranno per Il vitto, ed essere In
grado di rendersi utill con
strumenti di lavoro adatti. Le
Iniziative devono essere con-
cordate con Il sopra citato Uf-
ficio Nazionale Cooperatori.
Il comunicato precisa ancora
che si è in contatto con la Ca-
ntas Nazionale, e con i centri
diocesani di Intervento. E con-
clude: ci si interroga se è op-
portuno che a noi sia affidata
una determinata zona di Inter-
vento, e si è fatta in questo
senso domanda
Queste prime frammentarie
informazioni rtsulteranno lar-
gamente superate quando il BS
giungerà al tettori, ma nel
prossimi numeri si renderà
conto con maggior precisione
e ampiezza dell'Impegno as-
sunto per I terremotati dalla
Famiglia Salesiana.
JIJ6 e I suol eroi: Jerry Spring e un
Don Bosco che gll aomlglla molto.
BELGcl.O.c' - - - -
JIJl: IL CARTOONIST
DI DON BOSCO
È deceduto In Belgio nel
giugno scorso Joseph Gillaln,
noto ai ragazzi come « JiJé •,
padre di numerosi eroi dei car-
toni animati A rimpiangerlo
non sono solo I ragazzi, ma
anche i salesiani d'oltralpe,
perché Jijé fu Il brillante car-
toonist di Don Bosco.
Era uomo semplice, sereno,
traboccante di gioia e vitalità,
di generosità spontanea. Era
l'amico dei bambini e dei gio-
vani: amava i ragazzi, si sentiva
allegro e giovane con loro, e I
ragazzi gli volevano bene.
Nello stesso tempo è stato
capofila dI una scuola di dise- ricomincio•· Don Guy per let-
gnatori, giovani che non solo tera aveva accennato a condi-
imparavano il mestiere da lui, zioni economiche, e Jijé gli ri-
ma andavano in casa sua a di- spose velando con l'umorismo
segnare e magari a mangiare. Il pudore del sentimenti: Le
Ha prodotto strlps per 40 anni e mie condizioni? Se qualche
oltre, a lungo è stato la colonna preghiera indirizzata a Chi lel
portante del settimanale per conosce bene, mescolandosi
ragazzi Spirou. I suol eroi, reali al flusso delle altre che leì è
o immaginari, erano sempre solito lnviarGII, conterrà Il mio
generosi, cordiali, cavallere- um\\le nome, creda che mi ri-
schi Il più famoso è Jerry terrò già ricompensato al cento
Spring, un cowboy che sostie- per uno. Del resto lo sono
ne la legge e l'ordine Inse- sempre un debitore Insolvente
guendo ideali di giustizia. Con verso Don Bosco•·
lui il western si era fatto psi- È un fatto che Jijé ha contri-
cologico., i racconti acquista- buito non poco a far conoscere
vano dimensioni umane e so- Don Bosco in Belgio, Francia, e
ciali Anche i pellirossa (a in ciò altrove. Ancora oggi negli
fu un innovatore) uscivano dal ospedali le suore fanno leggere
suo racconto rlabi ltatl, più vit- al malati questo fumetto ben
time che colpevoli, e non pro- fatto, sereno, e tonificante. E
prio selvaggi. E quando quel più d'un salesiano d'oltralpe
filone narrativo si esaurì, Jijé potrebbe raccontare che la vita
mandò il suo eroe a combatte- a fumetti di Don Bosco Illustra-
re I razzisti del Ku Klux Klan... la da Jljé è stata all'origine
Accanto all'eroe senza mac- della sua vocazione.
chia collocò Il fedele messica-
no Pancho, dal taglio eviden-
temente donchisciottesco, e
cosl, mentre divertiva i ragazzi,
ITALIA
strizzava rocchio all'erudito.
DONATA AL PAPA
Fu nel 1940 che Il suo edito-
L'UVA DI DON BOSCO
re, Dupuis, gll propose il profilo A «vendemmia• conclusa,
dì Don Bosco. I Dupuls erano un bel cesto dell'uva di Don
affezionati da sempre a Don Bosco, quella che matura at-
Bosco, lo consideravano un torno alla veranda delle sue
parafulmine per la famiglia. La antiche camerette In Torino
proposta suonò a Jljé un po' Valdocco, è stato offerto al
strana: non aveva mai affron- Papa Il quale ha molto gra-
tato nei fumetti delle biografie, dito - dice una lettera della
e tanto meno si era occupato di Segreteria di Stato - il rispet-
santi. soggetto ohe gli pareva toso omaggio quale segno di
dovesse sconfinare fatalmente liliale devozione; e desidera
nel bigotto. Ma dopo le prime
tavole ammetteva: Devo rico-
noscere che si tratta di un
soggetto interessante». Il suo
Don Bosco a puntate veniva
fuori virile, vivace, perfino epi-
co. Alla fine lui stesso ne era
entusiasta.
Dieci anni dopo compì
un'Impresa insolita per i fu-
metti: un remake •, un rifaci-
mento. Era venuto in Italia,
aveva visitato i luoghi di Don
Bosco, e tornalo a casa rifece
tutte le tavole collocando la fi-
gura del suo eroe negli am-
bienti veri in cui si era mosso.
Questo albo a fumetti, davvero
pregevole, circola ancora oggi.
Nel 1976 un salesiano belga,
don Guy Lambrechts, gli scris-
se commissionandogli un ri-
tratto di Don Bosco. Alcuni
mesi dopo ne ricevette tre. con
l'annotazione: « Se non vi
piacciono, basta un cenno e lo Le vili di Don Bosco a Valdocco.
BOLLETTINO SALESIANO 1 1.11181 3

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ringraziare gli offerenti per tale anni. Nato a Buenos Aires, a 18 costruito la bella chiesetta, e piogge e gli incendi.
attestato di ossequio e per I anni era salesiano, a 27 sacer- poi fu la volta della scuola. Ora Un altro aspetto è significati-
sentimenti che lo hanno sug- dote, a 34 direttore, a 43 ispet- c' è anche l' internato per 250 vo in queste missioni: nel pas-
gerito •·
tore.
ragazzi poveri, soprattutto pro- sato ancora recente il lavoro
Don Bosco - nato tra I vi- La sua diocesi, nel nord- venienti dai villaggi, o molti so- apostolico era compiuto dal
gneti del Monferrato - amò ovest dell'Argentina, è vasta no già cristiani. C' è anche la missionari venuti dall'Europa;
sempre coltivare qualche vite 11 .600 kmq (quasi quanto l'in- scuola per esterni che com- ora i sei salesiani di Tezpur
anche a Valdocco. Le piante tera Campania). Conta solo prende le c lassi elementari e sono tutti Indiani, e quasi tutte
crescevano e fruttificavano
quasi simbolo biblico della sua
opera, alle soglie delle sue
stesse camere, coltivate non al
300.000 abitanti, battezzati al
95%. Il vasto territorio è suddi-
viso in 17 parrocchie, ma agli
ordini del vescovo sono appe-
medie. Ma a Tangla da più di
vent'anni si trovano anche le
Figlie di Maria Ausiliatrice, che
nel frattempo hanno aperto
indiane sono le 13 suore.
ITALIA
suolo ma In grossi e robusti na 19 sacerdoti. Nessuna casa una quantità di scuole per la
«cassoni situati nella sua ve- salesiana si trova nella diocesi, gioventù femminile: materna,
randa. « Moscato bianco d'A- però un sacerdote salesiano da elementare, media, superiore,
ADDIO A PAOLA
DICIASSETTENNE
sti e « Fragola nera detta an- qualche tempo aiuta il vescovo perfino una scuola Industriale. Paola Adamo, morta a 17
che «americana ». Da que- occupandosi di una parroc- E hanno un dispensarlo. Sono anni appena, meritava una
st'ultima - più robusta e resi- chia. Ora, chissà che il nuovo in 13, e diverse di loro visitano biografia e Adolfo L'Arco la sta
stente - vennero ricavate al vescovo non ottenga dai suoi in continuità i villaggi tutto in- scrivendo. Paola, unica figlia dì
tempo di don Rua delle talee confratelli che vadano ad apri- torno: fanno l'oratorio volante, due bravi e coraggiosi Coope-
che, piantate al suolo lungo il re un'opera sul suo territorio. Istruiscono le mamme, prepa- ratorì salesiani di Napoli, meri-
muro del cortile, attecch freno e Mons. Meinvlelle è il 119° rano le giovani al matrimonio. ta un ricordo anche sul BS.
si arrampicarono fino al se- vescovo salesiano, il sesto no- La parrocchia è molto vasta, Gli occhi a mandorla resi più
condo piano dove riempiono
tuttora finestre e ballatoi, come
ai tempi di Don Bosco. Sono
minato da Giovanni Paolo Il.
la più estesa della diocesi di profondi dal casco castano dei
Tezpur. Al momento conta capelli folti - ha scritto L'Arco
- le darebbero un'espressio-
qulndl sempre la •sua uva.
ne troppo seria per la sua età,
Fatta la •vendemmia », Don
se l'ovale del viso non ne rad-
Bosco destinava quest'uva sia
dolcisse i tratti, rivelando un'a-
ai suoi benefattori insigni (una
nima sensibile di artista, e un
lista di « destinatari• preparata
carattere volitivo e deciso. An-
dal santo esiste negli archivi) e
che un carattere allegro, aper-
sia ai suol ragazzi di quarta e
to, vivacissimo. Paola era sem-
quinta ginnasiale, molti dei
plice e saggia, buona e scan-
qualì si preparavano al novi-
zonata, briosa e misurata, spi-
ziato o al seminarlo. Segno che
ritosa e matura. Era cresciuta
le viti, curate dalla sua mano
in un ambiente familiare di
esperta, fruttificavano bene.
amicizia autentica: lei I proble-
In attesa di confessarsi da
mi li risolveva tutti In casa, con i
Don Bosco, sulla veranda-vi-
genitori.
gneto, qualche ragazzo piluc-
Paola era nata a Napoli nel
cava quell'uva. Don Bosco la-
1963. Ha scritto Il padre: Non
sciava fare sorridendo: Fini-
sci pure di mangiare, abbiamo . Queste capanne sono state tutte distrutte da un Incendio e 150 famiglie
tutto il tempo... • Poi al goloso- sono senza casa», ha scritto Il missionario sul retro della lotogralla.
avremmo mai potuto avere figli,
per i riflessi di una dolorosissi-
ma disgrazia in famiglia che
ne divenuto penitente: Vero
che era buona? ». In quella do-
manda c'era tutto il suo amore
di padre e tutta la sua soddi-
sfazione di incallito coltivatore.
L'ultima •vendemmia fatta
vivente Don Bosco (autunno
1887) venne differita perché ne
potesse gustare mons. Gio-
vanni Cagliero, futuro cardina-
le In arrivo dall'Argentina. An-
no dopo anno la tradizione
continuò poi come sempre. Lo
scorso ottobre l' uva di Don
Bosco è andata sul desco dl
Papa Giovanni Paolo Il. Vero
che era buona? . sembra chie-
dere ancora - molto rispetto-
samente - Don Bosco.
(Agenzia Notizie Salesìana)
ARGENTINA
INDIA
BATTESIMI E INCENDI
A TANGLA
Negli ultimi sei mesi abbia-
mo avuto quasi 500 battesimi, e
ci sono nuovi villaggi abitati da
Adivasis e Boros, che stanno
per convertirsi e attendono il
catechista •· Così padre Za-
charias in una lettera che con-
tiene anche alcune foto. Dietro
una foto ha scritto: Queste
capanne sono state tutte df-
strutte da un incendio nello
scorso mese di giugno, e 150
famiglie sono rimaste senza
casa •.
Lo chiamano padre Zacha-
rias col solo nome, prima di
tutto a titolo di amicizia, e poi
anche perché di cognome si
12.000 cattolici battezzati, ma
tantissimi altri sì sentono già
cristiani di desiderio. Davvero
la messe è molta, e gll operai
sono pochi.
È gente povera, semplice e
buona, che vede nella missione
una speranza globale per la
propria vita. Ll Il missionario
non predica solo la carità, ma
la vive e aiuta a viverla. Scrive-
va don Colussi già nel 1954:
• Una grande forza li sostiene e
li incoraggia nelle difficoltà:
hanno la loro chiesa, hanno
Gesù· sempre pronto ad ascol-
tare le loro pene e ad asciugare
le loro lacrime, hanno la scuola
per i figli, hanno Il missionario
che li aiuta, li consiglia e Il di-
fende dai profittatori della loro
semplicità•·
venne a bloccare la natura .
Per questo I due architetti,
Claudio e Lucia, ritengono
quasi un miracolo la nascita di
Paola; la accolsero e la ama-
rono come un dono di Dio.
Riflessiva, a 9 anni e mezzo
Paola aveva trovato la « chiave
della vita ». Con calligrafia an-
PADRE MEINVIELLE
NOMINATO VESCOVO
01 CONCEPCION
chiama Panamattanparambil. Si tratta di tribù d 'origine
Tangla, la sua missione, sorge mongolica scese lungo il
sui primi contrafforti della ca- Brahmaputra nella notte dei
tena dell'Himalaya, a 30 km dal tempi, ora al primo approccio
Padre Jorge Meinvlelle, fino confine col Bhutan. Il primo con la cosiddetta civiltà. A po-
all'anno scorso superiore del- missionario, don Guido Colus- co a poco lasciano l'antica re-
l'lspettorla salesiana di C6rdo- si, andò ad abitare in quel pic- ligione animista, e trovano nel
ba, è stato nominato dalla colo centro nel 1951 , ma solo Vangelo la forza per crescere
Santa Sede vescovo di Con- due anni dopo ebbe una resi- anche socialmente. La solida-
cepci6n nella provincia di Tu- denza stabile; in compenso rietà cristiana li aiuta a supe-
cuman. 11 nuovo vescovo ha 49 l'anno successivo aveva già rare le difficoltà, comprese le Mamma, papà e Paola Adamo.
4 BOLLETTINO SALESIANO 1. 1. 1981

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cora insicura aveva scritto:
«Per vivere In eterno bisogna
avere la parte più importante
CILE
«giovane». E i ragazzi comin-
ciano a frequentarla.
Adriana e Hemàn sono an-
ARG ENTINA- C ILE
hbera dal peccati e dalle colpe.
Questa parte è l'anima: ecco la
chiave della vera vita •·
Il profitto scolastico era otti-
mo, il dialogo con le compagne
sincero: con esse fu sempre
espansiva e cordiale. Ma era
anche forte e fiera, e si schie-
rava sempre con i più deboli
avversando l'ingiustizia e l'ar-
roganza. Nella sua breve vita si
dimostrò appassionata di mu-
sica (suonava la chitarra), di
sport, di danza Figlia di archi-
tetti, aveva l'architettura nel
sangue e già ne coglieva il si-
gnificato profondo: « Questa
professione - scrisse un gior-
no - è per me il miglior modo
di esprimermi Essa non è fine
a se stessa come le altre ma-
nifestazioni artistiche ma stret-
tamente legata alle necessità
dell'uomo, unico perno Intorno
al quale credo debbano ruota-
re i sentimenti e gli sforzi del-
l'artista•·
In una pagina commossa è
racchiuso Il ricordo del babbo:
• Figlia mia, già ti battevi per la
diffusione e la difesa dei
principi morali, per la costru-
zione di un mondo mlgllore. Eri
contro il divorzio, l'aborto, le
•esperienze •, contro l'immo-
ralità, contro qualsiasi forma di
vizio... E mentre le speranze
si facevano più vive, si abbattè
la catastrofe.
Soffrì senza dare la sensa-
zione di patire. Non volle far
pesare il suo malanno su nes-
suno. Il male si presentò come
un semplice dolore al fianco
destro, si pensò che fosse
causato dalla pallavolo. In se-
guito un leggero stato febbrile,
poi un febbrone. Fu diagnosti-
cata una pleurite liquida; in cli-
nica estrassero il liquido pleu-
rico e il giovanemento fu im-
mediato. Ma poche ore dopo
avvenne l'aggravamento Le
analisi diedero la sentenza
atroce: epatite virale al massi-
mo della gravità.
Furono tre giorni di strazio.
• Il tempo si cristallizzò - ri-
corda il babbo - ; non succe-
deva nulla, tutto era Immobile.
Pregammo. Pregammo tanto.
Infine Lucia e lo decidemmo di
accostarci all'Immacolata n a
breve distanza, e raccolti in
fervida preghiera ponemmo
Paola nelle sue mani: nelle
mani di Maria, che la accolse.
Ma noi la attendiamo ancora.
SI: Ieri genitori orgogliosi e
soddisfatti, eravamo del fidenti
In Cristo; oggi smarriti e poveri,
siamo dei rifugiati in Cristo. Dei
baraccati in Cristo. Per non
cedere, per non perdere quan-
to di nostro è stato solo trasfe-
rito"·
CAPI IN UN VILLAGGIO
DI 106 FRATELLI
Si chiama • Aldea de Herma-
nos •. cioè villaggio di fratelli,
ma a parte l'Iperbole si tratta di
un Istituto di rieducazione con
106 ragazzi difficili, rastrellati
qua e là dalle forze dell'ordine
a Santiago del Cile. A capo di
questi 106 fratelli piuttosto
scombinati, si sono messi dal-
l'aprile scorso due Cooperatori
salesiani, sposi, che hanno la-
sciato tutto per svolgere In quel
singolare villaggio le funzioni di
che riusciti a creare attorno al-
l'opera molta simpatia e col-
laborazione. Il villaggio aveva
già un coordinatore (un reli-
gioso laico) e un cappellano
(un cappuccino); ora un sale-
siano studente in teologia vie-
ne a passare ogni week end
con i ragazzi; e poi cinque o sei
giovani della capitale dedicano
loro tutto Il tempo libero: per i
106 •frate/li• del villaggio sono
diventati zii e zie. In più, ven-
gono a dare una mano anche I
Cooperatori de, vari Centri sorti
a Santiago del Cile.
Adriana Steekmann e quattro ragaz.zl del 106 «lratelll•.
mamma e papà, in stile sale-
siano.
I due cooperatori, Adriana
Steekmann e Herné\\n Slbona,
sono già riusciti a cambiare
molte cose là dentro. Anzitutto
hanno abolito le celle di puni-
zione. Poi hanno diviso I ra-
gazzi in quattro gruppi secon-
do le età, e organizzato la loro
vita. Con i ragazzi hanno spia-
nato un terreno trasformandolo
In campo di calcio; poi hanno
costruito uno sbarramento per
le acque del torrente, che ora
formando una cascata manda-
no avanti Il gruppo elettrogeno
e riempono la piscina. Fanno il
giornale murale, che registra
gll avvenimenti della vita del
villaggio e racconta a puntate
la storia di Don Bosco.
Il villaggio da qualche tempo
si presenta ordinato e pulito, e i
ragazzi ci vivono più volentieri.
Tutti hanno accettato di svol-
gere qualche lavoro a vantag-
gio della comunità. Anche
quelli che prima si rifugiavano
nei boschi vicini in cerca di li-
bertà, ora stanno 11 tranquilli e
cooperano con gli altri. Il si-
stema di Don Bosco non è solo
ragione e amorevolezza ma
anche religione, e i due Coo-
peratori hanno offerto ai ra-
gazzi una messa domenicale
MISSIONI
DUE DOCUMENTARI
PER PARLARE Al GIOVANI
Il Segretarlo Nazionale delle
Missioni Salesiane annuncia
due nuovi docurrentari cine-
matografici a colori di argo-
mento missionario, realizzati
dalla • SAF " di Torino.
Un uom o e la loresta (16
mm, durata 45 minuti) prende
lo spunto dalla curiosità dei
ragazzi di fronte al vecchio
missionario reduce da mondi
lontani (don Luigi Cocco), per
illustrare l'ambiente della selva,
la vita del popoli primitivi, gli
Incanti della natura e il lavoro
del missionario.
Z ing a ri di D io" (16 mm, 28
minuti) descrive i missionari
che volendo realizzare alla let-
tera il mandato evangelico
• Andate e predicate• si tra-
sformano In nomadi per andar
a raggiungere tutt i popoli del-
la terra.
I due documentari aiutano I
ragazzi a riflettere sulla voca-
zione missionaria del cristiano.
Informazioni e richieste vanno
rivolte alla «Scuola Fotografica
SAF •, via Maria Ausiliatrice 36,
10152 Torino.
DUE INIZIATIVE
PER FAVORIRE LA PACE
Nell'estremo sud dell'Ameri-
ca meridionale, dove Argentina
e Cile da più di tre anni sono in
lite per una spinosa questione
di confini, in questi ultimi mesi
si sono avute due Iniziative di
distensione e reciproca com-
prensione, che hanno avuto
come protagonisti la figura pa-
cifica di Zeffirino Namuncurà e
I due vescovi salesiani delle
diocesi più australi del due
paesi.
Un monumento. Il primo epi-
sodio ha avuto luogo a San
Carlos de Bariloche, un Impor-
tante centro turistico sul ver-
sante argentino delle Ande: in
cima al vicino Cerro Catedral,
una vetta di confine, sono stati
collocati due busti. Uno raffi-
gura il generale José de San
Martin che 130 anni fa liberava
quelle terre dalla dominazione
spagnola; l'altro raffigura Il ve-
nerabile Zeffirino Namuncura,
Il principe araucano deceduto
75 anni fa, che sognava di di-
ventare sacerdote salesiano e
missionario per portare al suo
popolo sfortunato la luce del
Vangelo.
Il significato del monumento
è stato spiegato in una targa di
bronzo. Essa lo definisce
• memoriale di pace argentino-
cilena•, dichiara Il generale
grande liberatore del due
paesi•· e ricorda che Il princi-
pe araucano« ebbe nel sangue
lo spirito autoctono dell'Ar-
gentina e del Cile, nazioni so-
relle •.
Una lettera pastorale. L'altra
Iniziativa è una lettera pastora-
le esortante alla pace, scritta in
comune dal due vescovi sale-
siani che reggono le diocesi
più australi del continente
americano, dove si trovano i
territori contesi: l'argentino
mons. Miguel Angel Aleman
vescovo di Rio Gallegos, e Il
elleno mons. Tomas Gonzalez
Morales, vescovo di Punta
Arenas.
Nella loro pastorale I due ve-
scovi si fanno portavoce dei
loro popoli, presentandoli co-
me • popoli pieni di speranza,
persuasi che le differenze che
Il separano sono importanti, ma
che sono molto più profondi e
forti I legami che Il hanno uniti
fin dalla culla della loro storia"·
E senza mezzi termini, facen-
dosi interpreti del pensiero po-
polare, I vescovi dichiarano
che i loro popoli • guardano
con stupore ai loro governanti,
vedendo che non sono capaci
di Imboccare una strada giusta
e onorevole per superare le
BOLLETTINO SALESIANO I I. IPill 5

1.6 Page 6

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difficoltà che li separano•· I
popoli cileno e argentino -
continuano i vescovi - sono
sconcertati dal fatto che dopo
tre lunghi anni i loro capi non
abbiano ancora compreso che
la soluzione di questa disgra-
ziata vertenza esige da ambe le
parti la revisione di qualcuno
dei propri presunti diritti •. E i
vescovi rincarano la dose: i lo-
ro popoli constatano con
stupore la quota di vanità e di
orgoglio o passione che dimo-
strano, nell'affrontare questi
problemi, alcuni casual! porta-
voce pieni di falso e cieco na-
zionalismo...•.
Di qui l'invito ai popoli ar-
gentino e cileno « a innalzare le
loro preghiere a Dio: non già
perché siano codardi, deboli o
pusillanimi, ma perché sono
tanto saggi da capire che nulla
é perduto con la pace e tutto
può esserlo con la guerra». I
due popoli dunque • elevano la
loro preghiera al Signore chie-
dendo per I loro governanti la
saggezza e la fortezza neces-
sarie perché - superate le
prevedibill e inevitabilì critiche
di qualche contemporaneo -
Imbocchino Il cammino della
pace. Quella pace che porta al
progresso e al benessere, frutti
dell"unione».
Concludono I due vescovi
salesiani: «Si dia a tutta l'uma-
nità, logorata da sanguinosi
conflitti, !'esempio fecondo di
due popoli che hanno saputo
superare le loro divergenze at-
traverso un dialogo efficace,
senza versare una sola goccia
di sangue».
La lettera pastorale di mons.
Gonzalez e mons. Aleman ha
suscitato forte impressione nel
due paesi, mentre prosegue
con buoni risultati la mediazio-
ne della Santa Sede per risol-
vere la vertenza.
BREVISSIME
.._ Festa a don Renato Zig-
glottl, 1'8.12.1980, in Este (Pa-
dova): la comunità salesiana ha
voluto ricordare i 60 anni di
sacerdozio, I 70 anni di profes-
sione religiosa e i quasi 80 anni
di vita trascorsa tra i salesiani,
di questo tenace e longevo
Rettor Maggiore emerito della
Congregazione. Nato nel 1892,
ha oggi 88 anni e con la sua
forte fibra li regge bene. Du-
rante il suo rettorato (1952-65)
la Congregazione salesiana
conobbe grande espansione,
passando da 15.732 a 21.185
professi. L'attuale Rettor Mag-
giore don Egidio Viganò si è
recato a Este per congratularsi
con lui, e ringraziarlo a nome
della famiglia salesiana.
lf- Scrive articoli di terza
pagina il salesiano don Emilio
Bonomi, di Trieste. E da anni
• Il Piccolo» di Trieste li pub-
blica. Ora sono stati raccolti In
volume col titolo misterioso
• Qualcuno non tutti•· Il miste-
ro si scioglle sapendo che a
un giornalista dispiace che i
suoi articoli evaporino nel giro
di 24 ore, quanto dura un quo-
tidiano. Spiace ancor più sa-
pendo che di tanti articoli ne
sarà letto solo qualcuno non
tutti•··· Perciò il libro, che pro-
lunga la vita degli articoli, e è
stato presentato da Il Picco-
lo. come « scritti di un sacer-
dote senza odor di sacrestia•·
-f< Nel centenario della na-
scita, il Servo di Dio don Vin-
cenzo Cimatti è stato ricordato
a Faenza sua città natale il
9.11.1980: Il clou della manife-
stazione è stato un concerto di
« musiche cimattiane •.
Al mattino presiedette la
concelebrazione eucaristica In
cattedrale - presenti gli amici
della famiglia salesiana e larga
parte della cittadinanza - il
card. Fuerstenberg, che aveva
stretto amicizia col Servo di Dio
quand'era Nunzio Apostolico
in Giappone. Dopo il rito è stato
benedetto un busto in bronzo,
che ricorderà nella sua città
Il soprano Mlclé Adlsada.
natale la mite figura del grande
missionario. A sera nel teatro
Masinl si è svolto il concerto
commemorativo, dedicato inte-
ramente alle composizioni sa-
cre e profane di don Cimatti
(tra gli interpreti, Il soprano
giapponese Micié Akisada).
* Una tesi sul Giovani
Cooperatori è stata discussa
con esito positivo presso l'Uni-
versità Pontificia Salesiana. A
presentarla è stata la Coope-
ratrice inglese Anabel Clark-
son, al termine del biennio di
spiritualità» da lei frequentato
a Roma. Titolo della tesi di di-
ploma: « I Giovani Cooperatori
salesiani: una missione spiri-
tuale e apostolica».
AUDIOVISIVI
« DIAGROUP »
LA PRIMA RIVISTA
IN DIAPOSITIVE
aDIAGROUP
einssioelin1e
SI chiama Oiagroup, è stata
!anelata l'anno scorso dalla
LDC, è la prima rivista Italiana
In diapositive.
Il significato del nome è tra-
sparente: Dlagroup, ossia dia-
positive per il gruppo. La de-
scrizione che ne danno i pro-
motori è: "Uno strumento a
servizio del gruppi e della
scuola, per educare all'imma-
gine e con l'Immagine». È un
blmes1rale (sei numeri all'an-
no), confezionato In custodia di
plastica, che contiene 24 dia-
positive raccolte nel loro ap-
posito supporto, e un fascico-
lo-guida. In tutto 144 diapositi-
ve e sei fascicoli all'anno.
Ciascuna serie di diapositive
Illustra un tema, e quindi sug-
gerisce una prima utilizzazione
Immediata; ma quando si abbia
una diateca (raccolta di diapo-
sitive) ben fornita, ecco nelle
mani degli educatori e dei
gruppi uno strumento attivo
per creare nuovi montaggi a
scelta.
Il fascicolo-guida Illustra il
tema prescelto, e In questo
senso è un aiuto concreto al-
l'uso.didattico delle diapositive,
prese come singole o come
sequenza. Ma Il fascicolo è as-
sai più d'una semplice guida: è
una piccola rivista sul linguag-
gio dell'Immagine, uno stru-
mento di educazione progres-
siva al suo uso. VI si trovano
infatti articoli sul linguaggio
dell'immagine, proposte per
l'insegnamento dell"ltaliano,
della Religione, e anche un'in-
terpretazione visiva di passi
musicali. Diagroup diventa cosl
strumento per Il lavoro Interdi-
sciplinare.
Questa singolare rivista trova
abbondante giustificazione
nella civiltà dell'immagine in
cui è Immerso Il ragazzo d'og-
gi. Il mondo è un accavallarsi di
Immagini. Protagonisti ì mass
media, i brandelli della realtà
vengono di continuo strappati
dal reale, trasformati dall'in-
quadratura, dal colore, dalle
tecniche di riproduzione, e re-
stituiti all'occhio carichi di si-
gnificati nuovi e inattesi. I
messaggi possono avere un
forte effetto persuasivo e mas-
sificante, soprattutto sul giova-
ni. Di qui la necessità di cono-
scerne la dinamica interna, per
educarli a difendersi.
Gli educatori consapevoll se
ne sono già accorti. E si sono
resi conto che occorre intro-
durre nella scuola il linguaggio
dell'immagine anche perché è
un elemento positivo. Non solo
quindi come supporto per faci-
litare un apprendimento tra-
smesso finora principalmente
attraverso li linguaggio verbale,
ma perché una scuola all'al-
tezza della realtà in cui il ra-
gazzo vive deve trasmettere i
suoi contenuti attraverso quel
"linguaggio totale» che ab-
braccia tutti i linguaggi. Com-
preso quello dell"immagine. E il
ragazzo deve giungere a pos-
sederlo in forma creativa, come
normale mezzo di comunica-
zione.
L'abbondante fascicolo-gui-
da di Diagroup si propone di
favorire rinsegnante, che di
solito controlla molto bene Il
linguaggio verbale ma si trova
piuttosto in difficoltà con l'au-
diovisivo. Le Immagini propo-
ste dalla rivista risultano scelte
con attenti criteri estetici e lin-
guistici. Quanto ai contenuti,
Diagroup mira a fornire una
panoramica delle situazioni
esistenziali più varie, in modo
che la diateca realizzata venga
a formare una vera antropo-
logia visiva».
I sei temi scelti per Il 1981
sono: Il canto dell'universo -
Custodire la terra - Il grido del
poveri - La provocazione della
ricchezza - I frutti della guerra -
Fare la pace.
La prima rivista In diapositive
al suo apparire ha avuto ottima
accoglienza sia presso gli stu-
diosi che - e è ciò che più
conta - presso gli educ;atorl.
Di Diagroup esce già l'edizione
spagnola a Barcellona (Edito-
ria! Don Bosco), e è prevista
l'edizione in lingua Inglese.
L'abbonamento annuale è di
lire 32.000 per l'Italia, 42.000
per l'estero; in libreria si trova-
no i fascicoli sciolti.
6 BOLLETTINO SALESIANO I 1.1981 •

1.7 Page 7

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LETTERA DI DON VIGANO ALLA FAMIGLIA SALESIANA
Praticare
la vita interiore
di Don B s o
Ogni anno a gennaio, sull'esempio di Don Bosco, il Rettor Maggiore
Invia al membri della Famlglla Salesiana una lettera contenente un
messaggio e un programma: la Strenna per l' anno nuovo. Per Il 1981
don Viganò Invita a conoscere e praticare con più generosità la vita
Interiore di Don Bosco, sull'esempio di madre Mazzarello
e arissimi amici della Famiglia
Salesiana, buon Capodanno e
Lanta gioia nel Signore!
Cinquant'anni fa (nel 1931) il Servo
di Dio Don Filipp o Rinaldi, comme-
morando la santa morte di Madre
Mazzarello (14 maggio 1881), dava
alle Figlie di Mana Ausiliatrice come
programma quello di conoscere e
imitare dì più la vita interiore di Don
Bosco. Quest'anno, nel centenario
della stessa santa morte, ho pen~ato
fosse particolarmente opportuno in-
sistere sul medesimo tema presso
tutti i membri della Famiglia Salesia-
na. Permettetemi alcune brevi riOcs-
sioni sul significato di una Strenna
sgorgata dal grande cuore del tc1 ,.o
successore di Don Bosco, don Filippo
Rinaldi, che ne ha vi!>suto con at-
traente testimonianza personale i ne-
chi contenuti.
La vita Interior e di Don Bosco. Il
nostro Fondatore, che sappiamo
straordinariamente operoso e dina-
mico, fu arditamentt• definito • l'u-
nione con Dio». U Papa Pio Xl l'ave-
\\'a conosciuto di persona. e un giorno
alle obie.tioni di un educo che chie-
deva quando Don Bosco si fosse de-
dicato alla preghiera, rispose con
questa immediata e perspicace inter-
rogazione: • Ma piuttosto, quando
Don Bosco non pregava?». Sì: il mo-
dello pc1 la vita interiore dei membri
della Famiglia Salesiana è proprio il
nostro Padre. testimone e portatore
di quella grazia di unità tra lavoro e
preghiera che costiluisce l'originalità
del suo carisrna di santo Fondatore.
Don Rinaldi, nella lellera con cui
spiegaYa la Strenna, descrisse co~l la
vita interiore di Don Bosco: Sem-
plice, evangelica, pratica, laboriosa.
unicamente intenta al compimento
dei divini voleri; vita interiore di alti-
\\·ità meravigliosa, straordinaria, per il
bene delle anime, alimentata dalla
sua fede incrollabile, dalla sua :.pc-
ranza sempre raggiante nel suo im-
mutabile sorriso fraterno, e in!iam-
mata dalla sua ardente carità in lutti i
momenti della sua mis!>ione, tra dif-
ficoltà. contraddizioni e malevolcme
incessanti, inaudite. Don Bosco ha
immedesimato in modo perfeuo la
sua attività esterna - indefessa, as-
sorbente, vastissima, piena di re-
sponsabilità - con la \\ ita interiore.
Una vita interiore la sua, che ebbe
principio dal senso della prescn.ta di
Dio (oh! la potenza del Dio Ei vede di
Mamma Margherita!), e che un po'
alla volta di\\·enne attuale, persistente
e viva così da essere perfeJta unione
con Dio. In tal modo ha realizzato in
STRENNA DE L RETTOR MAGGIORE PER L'ANNO 1981
In quest'anno centenario della morte di
sa.nta Maria Domenica Mazzarello
1~u-f ci proponiamo tutti, seguendo il suo esempio,
di conoscere meglio e praticare più generosamente
LA VITA INTERIORE OI D0r
Il Rettor Maggiore don Viganò a Valdocco.
lo stato più perfe110, che è la co11-
re111pla;:1one opern111e, l'estasi dell'a-
zione, nella quale si è consumato fino
all'ultimo, con serenità estatica, alla
salveua delle anime•·
La vita interiore di madre Mazza-
rello. Ora uno dei più magnifici
esempi di conoscenza e di imita,ione
dell'unione con Dio vissuta da Don
Bosco è, nella Famiglia Sale~iana,
quello di santa Maria Domenica
Mazzarcllo: « Essa - seri\\ e ancora
don Rinaldi - ha i.aputo riprodurTe
bellamente in lo spirito di vita in-
teriore e di apostolato di Don Bo:.co,
divenendo a sua volta modello imita-
bile e speciale protettrice•·
Con le sue prime compagne ha :.a-
puto creare quello !>pirito di Morne-
se» che aveva a l centro la volontà di
conol>ccn: a fondo c di praticare
sempre meglio lo stile di unione con
Dio e di operosità apostolica, carat-
teristiche di Don Bosco. Per questo in
casa, mentre ferveva un lavoro inde-
fesso, c'era un clima di cielo: « Non si
pensava si parlava - scrive una
delle testi più qualificate di quei pri-
mi anni - che di Dio e del suo ..,anto
amore, di Maria santissima, e si la-
vorava sempre ~otLo i loro dolcis~imi
sguardi, come se fossero lì. vi<iibil-
mentc presenti, e non si avevano altre
mire. Com'era bella la vita!•·
La dimensione contemplativa della
nostra vita. La vita interiore cli unio-
ne con Dio oggi si suQle anche chia-
mare « vita nello Spirito SanIO,. o
dimensione contemplativa• della
80UETTINO SIILESIANO I. I 111111 7

1.8 Page 8

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li lavoro si può trasformare In preghiera se si
possiede la vita Interiore d'unione con Dio• .
vita cristiana. Ci sono differenti mo-
dalità e s tili per realizzarla. Alla
scuola di Don Bosco noi dobbiamo
puntare, in docilità allo Spirito Santo,
sull'integrazione tra interiorità e ope-
rosità: è la« gra2.ia di unità», donata e
sviluppata dal Signore in Don Bosco
e in madre Mazzarello, e che dovreb-
be caratterizzare spiritualmente Lutti
i membri della Famiglia Salesiana.
« La preghiera e il lavoro - scrive
sempre don Rinaldi in quella sua let-
tera - sono due doveri essenziali che
richiedono ciascuno il tempo e l'ap-
plicazione necessaii; per questo Don
Bosco ha sempre inculcato ai suoi ri-
gli lavoro e preghiera! preghiera e la-
voro! Il lavoro non può sostjtuire la
preghiera, ma bensl trasformarsi in
preghiera esso pure, se si possiede la
vita interiore d'unione con Dio non a
intervalli, di tempo in tempo, quasi la
vita interiore sia un vestito da usare
solo nelle feste e durante gli esercizi
di pietà, per metterlo poi accurata-
mente da parte prima di intrapren-
dere le altre occupazioni».
Dunque il lavoro non è per pre-
ghiera: ma la nostra spiritualità con-
siste nel saper pregare e stabilire in-
teriormente una tale unione persona-
le con Dio, una tale intensità di vita
nello Spirito Santo, per cui essa vada
sfociando spontaneamente in tutto il
nostro lavoro, sì che divenga esso
pure genuina espressione di preghie-
ra: l'estasi dell'azione. li Papa Paolo
VI cc lo ha dcordato: « Lo sforzo di
fissare in Dio lo sguardo e iJ cuore,
che noi chiamiamo contemplazione,
diventa )'allo più alto e più pieno
dello spirito, l'atto che ancor oggi può
8 BOLLETTINO SALESIANO 1. 1.1981
e deve gerarchizzare l'immensa pira-
mide dell'attività umana» (Discorso
del 7.12.1965).
Per praticare la Strenna. La meta
da raggiungere, calissimi, è esigente:
saper illuminare e animare la pira-
mide della nostra operosità, con la
luce e l'energia permanente dell'u-
nione con Dio. Per questo, imitando
Don Bosco e madre Maa..arello, do-
vremo saper curare con attenzione e
fedeltà:
l'ascolto e la meditazione della
Parola di Dio, i tempi di preghiera e la
liturgia delle ore;
,. una vita sacramentale accW'ata,
dove emerga la centralità dell'Euca-
ristia, la frequenza del sacramento
della Penitenza e il ricorso alla dire-
*zione spi1·i1uale;
la coscienza dell'indispensabi-
lità dell'a;.cesi e la sua pratica quo-
tidiana;
,. il servi2io generoso agli altri,
specialmente ai piccoli e ai poveri,
nelle loro necessità;
-I< la devozione alla Vergine Maria,
Madre e Ausiliatrice della Chiesa. che
ha saputo contemplare interiormente
con tanta semplicità e profondità gli
even ti della salve:ua.
Ln un recente documento della
Santa Sede sull'attuale importanza
della « dimensione contemplativa» si
aflermava che essa « si esprime nel-
l'ascolto e nella meditazione della
Parola di Dio; nella comunione della
vita divina che ci viene tramessa nei
sacramenti e in modo speciale nel-
J'Euca1i!'>Lia; nella preghiera liturgica
e personale; nel costante desiderio e
ticerca di Dio e della sua volontà ne-
gli eventi c nelle persone; nella par-
tecipazione cosciente alla sua missio-
ne salvifica; nel dono di agli a.Itri
per l'avvento del Regno. Ne consegue
un atteggiamento di continua e umile
adorazione della presenza misteriosa
di Dio nelle persone, negli avveni-
menti, nelle cose: aueggiamento che
manifesta la virtù della pietà, sor-
gente interiore di pace e portatrice di
pace in ogni ambiente di vita e di
apostolato. Tutto questo si realiua
attraverso una progressiva purifica-
zione interiore e sotto la luce e guida
dello Spirito Santo» (Plenaria della
Sacra Congregazione dei Religiosi,
marzo 1980).
Ecco a che cosa ci invita la Strenna
del 1981 ! Vi auguro, carissimi. che
essa serva a promuovere nella Fami-
glia Salesiana un maggiore interiorità
di fede secondo lo stile di Don Bosco.
A tutti, i miei voti di prosperità e di
gioia per il nuovo anno, con l'assicu-
razione di abbondanti preghjere. Con
l'affetto di Don Bosco,
Don Egidio Viganò
Rettor Maggiore
KENYA* LA PRIMA OPERA,
e 1 è una piccola località nel
Kenva in cui d'ora innanzi il
31 gennaio non sarà più un
giorno qualunque ma di festa: la
parrocchia dj Siakago nella diocesi di
Meru, all'ombra dell'imponente
monte (metri 5.200) che dà il nome
alla nazione. Jl 31 gennaio 1981 verrà
il vescovo mons. Silas Silvius Njiru,
presiederà la concelebrazione nella
chiesa moderna in solida pietra che i
Missionari della Consolata con non
pochi sacrifici hanno costruito, e de-
creterà il passaggio delle consegne:
quattro salesiani prenderanno il po-
sto di quei missionari. E sarà l'inizio
ufficiale dell'attività salesiana.
Alla vera scoperta de l Kenya. Tra i
54 stati africani. il Kenya è abbastan-
za noto in Italia. r giornali ogni tanto
riferiscono le imprese del « Poligono
spaziale San Marco» che gli scienziati
italiani hanno costruito nelle acque
incantate della Baia di Formosa
presso Mombasa (8 satelJjti già messi
in orbita, e lanciata una quarantina di
razzi-sonda che hanno svelato i se-
greti delle radiazioni x e gamma pro-
venienti dallo spazio). Soprattutto i
turisti conoscono il Kenya. paradiso
dei safari, ma la loro è quasi sempre
una conoscenza superficiale e distor-
ta. Sbarcati all'aeroporto di Nairobi,
vengono caricati sul pulmino zebrato
e allraverso una strada asfaltata sca-
ricati davanti ai vari Hilton o Holv-
day Inn. Li aspetta una capanna dàl
telto di paglia ma con porla a vetro e
dentro la moquette, l'aria condizio-
nata, musica stereo e birra. L'indo-
mani su un altro pulmino partono per
il safari (solo fotografico: l'altro, con i
fucili, è proibito: onnai Je bestie sono
state sterminate da tempo). E dopo
qltalche giorno passato distesi sotto
l'ombrellone attorno alla piscina, i
tw·jstj inforcano a ritroso pulmino
zebrato, autostrada, aeroporto e jet, e
si torna in patria a raccontare le me-
raviglie di un Kenya non visto.
Il Kenya lo si conosce quando si
lascia la Nairobi «europea» che - a
parte il colore nero dei volti e la
temperatura equatoriale - sembra
una città inglese, e si imboccano i
quartieri della periferia dove si ad-
densano i contadini fuggiti dalla sa-
vana. Lo si conosce quando si af-
fronta la savana stessa, si va in mezzo
alla gente vera che continua ad abi-
tarla, si cerca di capire come quella
gente riesce a vivere.
È questa l'esperienza che ha dovu-
to e voluto fare don Dario Superina, il
futuro parroco dj Siakago, a partire
dal gennaio scorso quando scese lag-
gil'.1 « a cercare il posto». Arrivò a
Meru e il vescovo lo caricò su una

1.9 Page 9

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UNA PARROCCHIA TRA GLI MBERE
Lesto-fanti
nella savana
L'attività salesiana In Kenya comincerà ufficialmente Il 31 gennaio
prossimo, festa di Don Bosco, con l' assunzione di una parrocchia nel
cuore del paese. Ecco problemi e prospettive del lavoro missionario,
in un angolo d'Africa che nella realtà risulta ben diverso da come lo
descrivono le compiacenti agenzie del turismo
jeep e lo portò in giro perché \\ edesse
e scegliesse dove lavorare. Operai e
impiegati qui trovano difficilmente
un «posto•• ma i missionari ne hanno
a dispo1,i1ione fin che \\'ogliono, e
scegliere Ùi\\'cnta una pena perché si-
gnifica anche scanarc. Quanti « po-
sti » attendono il missional'io! Don
Dario scaracollato dalla jeep lungo
strade mirossibili (o inc!,ii.ll'nti), fece
un lungo elenco di località dove le
comunità cristiane sc>no senza 'iaCcr-
dotc, do\\e urge il ricambio dei mis-
sionari stanchi, dove la mic;sione è già
bene av, iata e dove invece occo1TC·
rebbc cominciare. Cosl ha conosciu to
il vero Ken~a. piutto,tc> dh crso da
quello dei Mpliants turistici.
Ap pena s otto l'equato re. Gli inizi
sono c;cmrre difficili, e la parrocchia
di Siah.ago è stata preferita perché
□on rrc!>cntava eccessive diffìcoltà. È
un angolo della vigna del Signore che
i Missionari della Consolata hanno
dissodato per 33 anni di c;cguito. « Nel
1946- racconta don Dario - tre capi
tribù della zona ave,·ano chiesto al
vicino centro protestante <li aprire
una scuola. I protestanti non si senti•
vano perché la zona risultava troppo
povera, calda, malsana, e fortemente
malarica. I tre capi allora si rh ol,cro
ai Missionari della Com,olata, che non
si leccro ripetere l'invito. Così la mi,-
!>ionc è nata da una scuola».
Chi vuole andarci tro,erà Siakago
200 km a nord-est d1 Nairobi. sulla
destra del monte Kcnva, appena sotto
la linea dell'equatore. La mis,-ione-
pam,cchia sorge a quota 1.000 !>lii li-
vello del mare, e ,i estende ,-u una
:.upcrlicie di 700 kmq. li clima è caldo
e !lecco, equatoriale. Si traila di l()na
rurale ancora oggi povera ma non
prnprio misera. Gli abitanti sono sui
'iO mila, i callc~lici 5 o 6 mila. C'è pc,i
una proliferaJione di denominazioni
protcc;tanti e di altre sette. La popo-
lazione appanicnc alla tribù Mherc,
una delle ,.Q con-,ideratc maggiori. ùcl
gruppo Bantu. Parlano una variante
della lingua kikuvu. la lingua non uf-
ficiale più diflusa nel paese.
Non esiste una , era e propria città,
o paese, e neppure un viUaggio inte!>O
nel c;en1-o nostro. Secondo la coni.ue-
--- Don Supertna ha lasciato t ragazzi di Torino ma ha gl6 trovato a Slakago nuovi giovani amici.
tudine locale le capanne sono sparse
nella savana, ciascuna al centro di un
appeu.amenlo coltivato. La gente se-
condo necessità si reca al minuscolo
centro dove ci sono alcuni negozietti ,
dove si fa il mercato, si compra e si
vende, soprattutto ci si incontra.
Il terreno non è più quello buono
come sulle pendici della grande
montagna, ma piuttosto sabbioso,
con poca acqua. Non produce molto,
e per questo tanti uomini lasciano
mogli e bambini lì a coltivare, e \\'an-
no in cerca di lavoro nelle grandi
ciuà. Un vero dramma. Le \\ ic di co-
municazione !>0no molto accidentate,
e la jeep per il missionario di\\'enta
indispensabile se vuole evangelizza-
re: è la cosa più necessaiia dopo la
Bibbia.
Prima predica con i s udori. Don
Dario nei suoi preparati\\ i si era fer-
mato alcuni mc'ii a Nairobi per stu-
diare il kikuvu (• mandando molti
accidenti alla torre di Babele"); poi si
è trasferito a Siakago dove lo atten-
deva un padre della Consolata. Con
lui ha cominciato il tirocinio missio-
nario: Ln giorno abbiamo celebrato
in una cappella che è una tettoia di
lamiera. La messa era in lingua Swa-
hili, e !>pero che il buon Dio sia riu-
scito a comprendere almrno le parole
della con~acrazione; io a ogni modo
non ci h<> capito un'acca. Poi ho am-
ministrato 1I mio primo battesimo,
ma la formula l'ho detta in italiano
perché non mi fidavo. Era una bam-
bina che ha frignato tulio il tempo. e
ha smesso sbalordita ~olo di fronte
alla mia faccia color patata bianca».
Poco dopo don Dario è stato rag-
giunto dal c;uo primo compagno di
av\\·entura, il salesiano coadiutore
Stefano Burja, slo\\'eno naturaliuato
argentino e ora missionario in Kcnva.
li 20 luglio arrivava anche il vcsèo-
vo, che onnunciava ai cristiani il
prossimo cambio della guardia. La
chiesa qud !{iomo era !>lnlpiena, certi
cristiani a\\'ernno fallo a piedi 20-30
km per incontrare il loro vescovo. E
in giornata se ne sono tornati a casa,
dopo aver consumato un frugale pa-
sto sul mezzogiorno. « Anch'io passo
per quelle !>tradc - ha commentato
don Dario -. e compio percorsi an-
che maggiori. ma in macchina. Come
mi sono !>entito piccole,. Se Ùo\\·essi
fare io 60 km a piedi in un giorno,
dovrei poi restare a letto per tu tto i.I
reste) del mese».
Qualche domenica dopo: I lo fatto
la mia pnma predica in kikuvu! In-
tendiamoci: il padre me l'ha corretta,
poi io l'ho letta con i !,Udori che
scendevano ùa tulle le pani•·
A novembre sono giunti i rinforzi:
don Gianni Mazzali dalla casa di
Ivrea, e don Giuseppe Lanza. Espulso
BOU.ETTINO SALESIANO 1. l 11181 9

1.10 Page 10

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da Teheran dopo le note vicende, egli
non ha rinunciato alle missioni. Ha
solo cambiato continente. I due si
sono fermati qualche tempo a Nairo-
bi per studiare la lingua, e poi eccoli
insieme agli altri a Siakago. Sono
dunque in quattro, legati all'Jspetto-
ria salesiana Centrale, che ha la
maggior parte delle sue case in Pie-
monte. « Siamo la 17• casa dell'Ispet-
toria Centrale», spiega don Dario. E
questa Ispettoria sosterrà la sua mis-
sione cosi lontana, mandando a iuti e
il ricambio del personale. Al loro
fianco c'era e rimarrà una comunità
di quattro suore della Consolata,
brave come il pane.
C'è anche Boby. In 33 anni di la-
voro i Missionari della Consolata
hanno impostato bene ogni cosa. La
sede della missione comprende la
casetta dei padri, quella delle suore,
la bella chiesa in pietra e altre co-
strw•joni minori.
La casetta delle suore è stata inau-
gurata pochi mesi fa, appena in tem-
po, perché la precedente casetta le
termiti bianche se la stavano man-
giando. « Bastava incidere i muri con
un cucchiaino, e si vedevano i tunnel
scavati da queste insaziabili divora-
trici. Da un momento all'altTo poteva
venir più».
Le suore hanno un dispensario
« piccolo come suor Giulietta, la su-
periora e infermiera che da cinquan-
t'anni lavora in Africa. La gente qui
viene in continuazione, dal mattino
presto fino alla sera. Negli ultimi mesi
c'è stato un alto numero di bambini
malati di malaria, o di bronchite, o di
tutt'e due i mali insieme, con febbri
altissime, o con le solite infozioni agli
occhi. Bisogna vedere le mamme,
stanche quando aJTivano. Chissà
quanti chilometri hanno fatto. Siedo-
no sull'unica panca, o per terra sotto
un albero, aspettano con pazienza il
loro turno per ore e ore. Poi ripartono
col loro tesorino sulle spalle. Non
molto lontano c'è un ospedale civile,
ma sovente è senza medicine, e allora
vengono al dispensario.
« Le suore hanno anche un labora-
torio con la scuola di cucito. Una
ventina di ragazze lo frequentano
gratis, arrivano il lunedì con il loro
sacchetto di fagioli e granoturco che
dovrà sostenerle per tutta la settima-
na, e al venerdì sera tornano a casa.
Suor Lidia insegna a confezionare i
vestiti più semplici e più pratici. Suor
Lidia segue anche l'asilo, con 60
bambini piccoli, che sono i più sim-
patici del mondo. Insieme a lei lavo-
rano anche suor Tarsilla e suor Lena.
«C'è pure un piccolo mulino -
spiega ancora don Dario facendo
l'inventario completo della sua mis-
sione-, dove la gente viene a maci-
nare il poco granoturco che riesce a
raccogliere. Quest'anno il mulino ha
lavorato poco: è saltata La stagione
delle piogge, e il raccolto è risultato
quasi nullo. La fame è tanta.
« C'è ancora un abbozzo di scuola
professionale, dove una ventina di
ragazzi imparano a fare i muratori e i
falegnami. La missione comprende
anche un boschetto di alberi di man-
gos (squisiti), alcune ottime papaie,
alcune dolcissime banane; poi quat-
tro galline, un gatto, e un cane di no-
me Boby. È tutto».
I problemi L'elenco dei problemi
sarebbe assai più lungo che quello
delle opere. Non è il caso di fermarsi
sugli aspetti politici o economici del
paese, su arretratezza e povertà, tristi
eredità di un passato remoto e re-
cente non tutto lodevole. Jomo Ke-
nyatta, il prestigioso statista che ha
guidato la livolla dei Mau-Mau e ha
condotto il paese all'indipendenza,
all'inizfo della nuova era aveva so-
lennemente promesso: a Il Kenya non
sostitu.irà i vecchi signori (coloniali-
sti) con dei nuovi». E invece è acca-
Il Kenya (aumento della popolazione al "4%
annuo) trabocca di gioventù. (Foto Bonaudo).
duto. Li chiamano « wabenzi », che
significa « quelli che hanno la Merce-
des Benz».
Problemi non meno seri si pongono
sulla strada del missionario. La po-
polazione risulta dispersa (in certe
zone si ba un abitante per kmq), so-
vente le vie di comunicazione sono
poco praticabili, i mezzi di trasporto
carenti. Le tribù differiscono tra loro
per consuetudini e lingue. La lotta
per l'indipendenza ha suscitato una
certa ostilità verso i bianchi, che ha
colpito in modo particolare i pastori
protestanti inglesi (per fortuna assai
meno i missionari cattolici). La con-
cezione tribale del matrimonio e della
famiglia è sovente lontana dai moduli
cristiani, e ciò rende difficile la con-
versione degli adulti.
Per di più il cristianesimo non si
presenta come un fronte unito. A
parte le numerose denominazioni
protestanti, pullulano le sette ispirate
al cristianesimo che trovano in pic-
coli capi locali i loro pittoreschi pro-
feti. Ciò non contribuisce alla chia-
rezza d'idee della gente, che lasce-
rebbe volentieri l'animismo perché
aspira a una religione più ricca di
contenuti. In campo cattolico si sente
la necessità di un clero locale più
numeroso, ma la Chiesa kenyota è
ancora molto giovane. La presenza
dei missionari è oggi indispensabile, e
i m issionari purtroppo diminuiscono.
Le pros pettive. Le prospettive per
la Chiesa sono tuttavia · favorevoli,
sotto tanti aspetti. « Questa gente
africana - dicedon Dario - è di una
semplicità e cordialità che commuo-
ve. Non vorrei dire d'essere già con-
tagiato dal famoso mal d'Africa di cui
si parla tanto, ma ne avverto i primi
sintomi. È gente buona, si sta bene
con loro. Il m issiona1·io non attraver-
sa i mari per la prospettiva di un la-
voro gratificante, ma è un fatto che
questa gente risponde con generosità.
Ha una disponibilità al discorso reli-
gioso che commuove.
«Nel territorio della panocchia -
continua don Dario - sono dissemi-
nate una ventina di case della pre-
ghiera, piccole chiese affidate ai ca-
techisti e molto frequentate dai cri-
stiani. Sono povere costruzioni di
rami e fango, col tetto di lamiera. I
missionari secondo un calendario
prestabilito vi si recano a celebrare e
amministrare i sacramenti. Bisogna
vedere la gente come prega. La messa
deve durare almeno un'ora e mezzo.
Se qualche circostanza rende la cele-
brazione più solenne, può andare
avanti anche per tre ore. È la gente
che prega e canta di sua iniziativa.
Canta molto volentieri, su una musica
ritmica, accompagnata dai tamburelli
simili a quelli napoletani. Se è festa le
donne in segno di gioia lanciano trilli
acutissimi che inquieterebbero qual-
che liturgista nostrano, ma che di si-
curo il Signore sa apprezzare. All'of-
fertorio si mettono tutti in processio-
ne per consegnare la loro offerta.
Un'offerta piccola, sovente piccolissi-
ma, pochi centesimi, magari un uovo
o una pannocchia di granoturco. Ma
ciascuno dà qualcosa di suo. Viene in
mente l'obolo delJa vedova, e ti pren-
de un groppo alla gola».
Le prospettive maggiori sono lega-
te al mondo dei giovani, e quindi al-
l'apostolato salesiano. Con l'incre-
mento delle nascite al livello del 4% la
10 • BOLLETTINO SALESIANO 1. i .1981

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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QUESTO È IL KENYA
La nazione. Il Kenya, nell'Africa cen-
tro-orientale, è tagliato dalla linea
equatoriale e si affaccia sull'Oceano
Indiano. È una repubblica presidenziale
associata al Commonwealth, politica-
mente allineata con i paesi occidentali.
Un unico partito è rappresentato al
Parlamento.
Superficie. Con i suoi 583.000 kmq è
vasto quasi due volte l'Italia.
Popolazione. Conta 15.707.000 abi-
tanti, appartenti a 42 tribù. Le tribù del
gruppo Bantu sono le più numerose (la
maggiore, dei Kikuyu, conta tre milioni);
le minoranze di NIiotici sono in preva-
lenza nomadi. Si contano 200.000 in-
diani e pakistani, e minoranze ridottis-
sime di europei.
Lingua. Ufficiali sono l'inglese e lo
swahili. Per ora l'inglese è preferito
nelle scuole; le tribù parlano normal-
mente le proprie lingue.
Storia. Sulle coste del paese antica-
mente approdarono fenici, egizi, greci.
Nel 700 giunsero gli arabi, nel 1400 i
portoghesi. Nel 19" secolo gli inglesi,
che dapprima traformarono Il Kenya in
protettorato, e dal 1895 In colonia. La
rivolta dei Mau-Mau guidata dal leader
Jomo Kenyatta sconvolse il paese dal
1952 al '59; poco dopo veniva procla-
mata l'autonomia, nel 1962 l'indipen-
denza.
La situazione socio-economica. Il
Kenya risulta ricco di risorse naturali e
di possibilità anche per l'agricoltura, ma
di fatto si trova fra i 48 paesi del mondo
con più basso livello di sviluppo. Il si-
stema economico vigente è fatto og-
getto di molte critiche. Una libera eco-
nomia di mercato a indirizzo capitalisti-
co sta accelerando l'industrlalizzazlone,
ma al tempo stesso è causa di forti
squilibri economici e sociali. I capitali
provengono dall'estero, e all'estero so-
prattutto finiscono anche i guadagni.
L'agricoltura, prima dedita a prodotti di
mera sussistenza, à passata ora a pro-
dotti di esportazione (caffè, tè) a tutto
vantaggio dei pochi commercianti,
mentre la povertà dei contadini sembra
crescere. Lo stesso turismo, (fiorentis-
simo: 500.000 turisti all'anno) ha risvolti
negativi sulla popolazione.
Le masse contadine si riversano nella
periferia delle città, specie della capitale
Nairobi, dove trovano precarie condi-
zioni di vita. Il vertiginoso incremento
della popolazione (più 4% annuo) pro-
duce una disoccupazione giovanile
cronica e Inquietante.
Religione. In maggioranza la popola-
zione è ancora animista. I cattolici sono
2.870.000, pari al 18%. I protestanti so-
no In proporzione anche maggiore.
musulmani raggiungono il 6%.
Evangellzzazione. Primi tentativi du-
rante l'occupazione portoghese, ma l'i•
nizlo di un'attività sistematica data solo
dal 1863. Nel 1902 entrano i missionari
della Consolata, e danno nuovo impul-
so. Nel 1953 viene introdotta la gerar-
chia, nel '56 è consacrato il primo ve-
scovo kenyota, nel '71 il primo cardinale
(Maurizio Otunga). La crescita delle
conversioni In questi anni è vertiginosa:
I cattolici nel 1953 erano 500.000, e In
25 anni si sono quintuplicati.
La Chiesa cattolica. In Kenya si con-
tano oggi 14 diocesi e una Prefettura
Apostolica, con 1O vescovi kenyoti. I
sacerdoti sono 796, di cui solo 181 dio-
cesani. I religiosi, sacerdoti e laici, am-
montano a 887, le suore a 1.758. Le
forze impegnate nell'evangelizzazione
sono In maggior parte provenienti dal-
l'Europa, ma due seminari maggiori
stanno preparando Il clero locale.
Le Chiese protestanti. I protestanti
Iniziarono l'evangelizzazione assai pri-
ma dei cattolici. Il loro legame troppo
stretto col governo coloniale ha nociuto
negli anni recenti, quando Il paese ha
lottato per la propria indipendenza:
molti pastori hanno dovuto abbandona-
re il paese. Ciò ha favorito un fenomeno
negativo già prima largamente diffuso: Il
pullulare delle sette. Oggi le varie de-
nominazioni arrivano a più di 200, con
grande confusione nei fedeli.
I salesiani in Kenya. I primi sette sono
giunti nel paese solo l'anno scorso, e
hanno dato vita a due comunità. A Sla-
kago (diocesi di Meru, nel centro del
paese) sono in quattro e stanno per ri-
levare dal missionari della Consolata la
parrocchia « San Francesco Saverio•·
A Kor (diocesi di Marsabit, più a nord)
sono in tre dell'lspettoria Indiana di
Bangalore.
Un lesto-fante nella desolala savana: •Anch"lo percorro queste slrade, ma... con la Jeep•.
popolazione è per metà sollo i ven-
t'anni. Bambini ragazzi giovani che
hanno bisogno di scuole, di imparare
un mestiere, di ideali e traguardi da
raggiungere. E, dice ancora don Da-
rio, « anche i ragazzi sono tranquilli e
buoni che è un'incanto. Bisogna ve-
derli a scuola, o in chiesa. Per tener
fermi i ragazzi della nostra Italia, al-
meno ogni tre banchi ci vuole un fu-
cile. Qui stanno quieti e attenti da
soli». C'è da domandarsi con stupore
come mai i figli di Don Bosco arrivino
soltanto adesso.
Quando verrà la prosa. I Missio-
nari della Consolata hanno accolto
con calore e simpaùa i primi quatlro
salesiani. Stanno ristrutturando la lo-
ro presenza in K enya, e volentieri
fanno un po' di posto. Oltre a l oro, in
quelle missioni si trovano i religiosi e
le religiose del Couolengo (hanno or-
ganizzato a Tuuru un grande osp e-
dale per handicappaù); ci sono anche
i preù e le suore di don Orione. Dice
don Dario: « Ricostruiremo nella dio-
cesi di M eru la presenza dei religiosi
piemontesi, che fanno capo al Cotto-
lengo, a Don B osco, al canonico Al-
lamano e a don Orione!».
Don Dario ha 42 anni e fino a ieri
era a Torino dire ttore del « Montero-
sa». Spiega la sua decisione di offrirsi
per le missioni dell'Africa con alcune
parole pronunciate da Don Bosco nel
1886. Era riunito il Consiglio superio-
re della Congregazione salesiana, e si
stava esaminando l'opportunità di
ap1ire un'opera offerta ai salesiani sul
continente nero. Don B osco disse:
« Bisogna trovare un lesto-fante che
vada a vedere... » E don Dario rileg-
gendo quelle parole ebbe la sensa-
zion e ch e fossero rivolle a lui.
li 31 gennaio sarà parroco, e da
quel giorno più nessuno gli correg-
gerà l'omelia in lingua kikuyu: il
missionario della Consolala, rimasto
finora al suo fianco, l o lascerà. Al
m omen to egli si dice pieno di entu-
siasm o: « Con l'entusiasmo di un
quaranrenne, che - se la matematica
è ancora una cosa seria - è il doppio
di quello di un ventenne ». Ma intanto
scrive agli amici che ha lasciato a
Torino: « Pregate per me, per quando
verrà la prosa».
Ferruccio Veglino
•BOLL.ETTINO SALESIANO 1.1.1981 11

2.2 Page 12

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COMUNICAZIONE SOCIALE
Le nuvolette
stanno facendo acqua
Da una ricerca risulta che il mercato dei fumetti In Italia va piuttosto
male: diminuiscono le testate, e si contrae la circolazione mensile.
Gli operatori del settore si allarmano, ma gli educatori non hanno
motivo di rallegrarsene. Non sembra infatti che I ragazzi siano pas-
sati a occupazioni più serie e impegnative
L e famose nuvolette che si ad-
densano a centinaia di milioni
ogni aano nel cielo dei ragani
d'Italia stanno facendo acqua: le te-
state dei fumeni sono scese - n-
spello al 1976 - da 205 a 178, la cir-
colazione mensile sarebbe calata so1-
to i 25 milioni di copie, solo il prc~1.o
(grazie alla i.valu1ruione della lira) è
•migliorato•· e il giro d'affari men!>i-
le è passato dai 10 ai 15 miliardi. La
ricerca sul campo•• cioè in edicola.
a cui si ricollegano questi dati è s1n1a
condoua da Domenico Volpi e da lui
presentata al recente convegno di
Trento su « Quale letteratura giovani-
le oggi».
La ricerca era compiuta per conto
della Uisper (Unione italiana stampa
periodica cducath·a per ragaui). or-
ganismo cauolico di cui Domenico
Volpi è segretario generale. Durante il
mese di scucmbrc egli si è presentato
puntuale all'edicola e ha acquistato
lulli i fumetti pubblicati nel me:.e
(spesa comple!,!>ha 136.000 lire). Li ha
poi analizzati, clas~ilicati, quantifica-
ti, e infine confrontati con le risul-
tanze di una ricerca analoga da lui
svolta quattro anni prima.
Dal confronto ha riscontrato l'evi-
dente conu·a:.donc di alcuni seuori.
~cgno del calo delle tirature. Tra le
pubblicazioni acquistate ha trovato
ben 22 •raccolte• che ripresentano,
sollo nuo,·e copertine, albi già pub-
blicati negli anni precedenti: un mo-
do di ricuperare l'invenduto, ma an-
che un segno palese dcUa crisi di
vendite. Al tempo stesso ha registrato
lo sbocciare ùi nuovi generi, per
esempio gli albi sui personaggi dei
cartoni animati televisivi d'origine
giapponese. Ma in comples!>O la
quantità di fumetti in circolazione
sembra diminuita, seppure non di
mollo.
Nella sua analisi - presentala nel
documento n. 72 della « Ooc1.1men 1a-
zione Uisper» - Domenico Volpi ha
passato in ras:.cgna i vari settori evi-
denziando i cambiamenti in corso.
Ecco i dali più :.ignificativi della sua
ricerca.
Albi umoristici (Topolino, Braccio
di Ferro, Tam e Jem•, Cucciolo, Tirt1•
molla...). Sono 44 se si comprendono
le •raccolte•· tre in meno del 1976. I
loro personaggi !>OOO anìmaleui par-
lanti o pupanetti divertenti. Hanno
aspetti positivi, come il contenuto di
divagazione fantastica gìoio!>a e ri-
lassante, qualche spunto satirico (l'a-
varizia di Paperone), l'arricchimento
del linguaggio \\'crbale aura,crso
neologismi. Ma ,,ono anche carichi di
aspetti negarh i: in primo luogo lo
banalità di molte storie; poi l'eccessi-
va importanza at11 ibuita al denaro
(un terzo delle storie si conclude con
l'acquisto di qualcosa d'alto valore
venale, i soldi llembrano lo scopo
della vita): poi l'a!,!>enza quasi totale
delta dimen!.ione lamiliarc (gli eroi
sono tulli sen,a gen11ori ma non si
sentono orfani).
Albi avventurosi. Con le u raccolte»
si arriva a 41 pubblica7ioni, contro le
61 di quattro anni fa. li seuorc è
chiaramente in cri~i.
l,n primo gruppo raccoglie gli ull>i
d1 m:vemura 1mra, in maggl()ran,a
\\\\CStem (Co/Ja11a Rodeo, P,ccolo
Ra11ger, Te:,:, Capitcm J\\,fiki...). Alcuni si
segnalano per la qualità della rico-
struzione storica, geografica e nm-
bicntale: buona in genere la linea
grafica. Sonolincati alcuni valori
umani positivi come il coraggio, l'a-
m1ciz.ia, il scn!>o della giustizia Prrri-
no i pellirosse non sono più seh aggi
sanguinari ma un popolo con i suoi
diritti. Ma all'origine delle storie
troppo spesso si ha solo mo1ival1oni
di odio e vendetta, e l'eroe è uno che
si fa giustizia da sé servendosi di
qualsiasi meno anche illecito.
Un altro gruppo raccoglie gli albi
dei supemomi,zi: eroi dotati di poteri
~ovrumani. che impersonano i sogni
di potenza e innescano troppo spesso
processi di imita1.ione e di identifica-
lione (Uomo Rag'llo, S11per111an, Bm-
man...). Di solito hanno una grafica
squisita, che porta alle estreme con-
seguenze la capacità del fumcllo. I
superuomini sono eroi posith·i, rap-
presentano le forte del bene, e alla
12 BOLLETTINO SALESIANO 1,1. 1981
fine vincono sempre Ma le situazioni
c;ono impregnare <li aggresl>ione , io-
lenta, l'atmosfera è cupa e angu,.cio-
sa. la villoria sul male si con!>uma
proprio nell'ultima striscia. Ci si abi-
tua ad attendersi soluzioni magiche.
Un modesto posto conservano al-
cuni albi con perso11aggi classici C()me
Ta,-zan, Mandrake, l'Uomo Masche-
ralo. In dimmu,ionc gli albi cli guerra,
dorn accanto ad alcune l'irtù po~i1iv1c
dilaga la retorica e impera la \\ iolcn.1.a
delle macchine sull'uomo.
Albi ne ri. La categoria nel 1976
comprendeva sci pubblicazioni, ora
ne coru.erva lilla ~ola, l'intramontabi-
le capostipite Diabolik. E' stato il pri-
mo modello di eroe negati, o: pre-
sentato come • re del deliuo "• è: un
ladro-assassino dotato di cstn:ma
abilità e intclligc11.La; le sue , iuime
sono in genere farabutti della sua ri-
sma, ma anche la legge e la gius1i1ia
escono st•mpre giocale e derbc. li
personaggio è mollo seguito, ammi-
rato e magari imitato: è in ti:sta alle
preferenze degli eroi nell'età della
seconda-tcr,a media.
Albi pom o e per adulti. Sono ,cc,1
da 63 a 36, ma in edicola si trovano
spesso ristampe cli ~loric già apparse
anni addiell'o e ora collocate in col-
lana. La scritla sulla copertina "per
adulti» non è vincolante per i riven-
ditori, e ciò spiega come qucMi albi
finiscano anche direnamen1c nelle
mani dei ragaui. Più ancora delle
singole scene, quanto mai e!.plicitc,
preoccupano i messaggi di fondo che
ne derivano come comunica,donc
clandestina: vi si asserisce in pratica
l'equivalenza fra amore, sesso e feli-
cità, e si riduce così nei giovani la
possibilità di amore alla sola sfera
sessuale. con gra,i mutilazio111 della
loro personalità. L'enfatizza1ione del
sesso finisce anche per suscitare at-
tese che non rrovano 1isposta ade-
guata, e sono quindi fonte di disil-
lusioni o morbosità.
Riviste glallo-avvenluroso-senti•
mentali. Sono sette, con pochi cam-
biamenti rispello a quattro anni fa. Ai
capostipiti Il Monello e Jmrepido si
!oono aggiunte altre come Corrier Boy.
Hanno fumetti di diversi personaggi e
generi, e non d'un solo eroe. Hanno

2.3 Page 13

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anche dhcn,e pagine di lesto, su ar-
gomemi piuttosto leggeri, e molta
pubblicità. Per i contenuti si a\\'\\ id-
nano ai fotoromanzi, conservando in
più rispetto a questi la maggior li-
bertà - propria del disegno - di
raffigurare ambienti e ~itua.i:ioni lon-
tane nel tempo e nello spa1io. I soliti
triangoli sentimentali, cenerentole
che incontrano principi aaurri di-
ventai i piloti d'auto da corsa, o col-
laudatori d'aereo, banditi e polizziot-
ti, intrigo e spionaggio, avventure e
amori, un po' di brivido e molte la-
crùne. Le conclusioni delle vicende
sono spesso moralistiche, ma la vi-
sione della vila e dell'amore che se ne
ricava ~ semplicistica. Difficile per
questi fumetti sfuggire alla banalità
delle trame.
Albi e giornalini su personaggi
della tv. Sono il fatto nuovo nel
mondo <lei fumetto: ne sono già usciti
nove, che ripetono le apocalittiche
avventure di Goldrake e degli altri
robot giapponesi, o le dolciastre vi-
cende <li I lcic.li, Remi, Candy Candy, e
l'ape Maia. Le pubblicazioni per i più
piccini hanno pagine da colorare che
favoriscono l'intervento c.lcll'adulto
accanto al bambino. Le pubblicazioni
che hanno i robot per protagonisti
sono di!>Cutibili e discusse non meno
dei cartoni animati televisi e.la cui de-
rivano.
Riviste di qualità per amatori. Se
ne trovano sej in edicola (le più note:
Linus, Eureka, Il Mago). Presentano
fumetti di qualità, classici o di autori
moderni, italiani e stranieri. Vi si ri•
trovano le strips d i Feiflcr, di Schulz,
lo sfaticato Andy Capp, le Sturm-
truppcn di Bon\\'i e la ~traordjnaria
Mafalda di Quino. Non sono riviste
adatte ai bambini: contengono a vol-
te delle volgarità, ma soprauutto so-
no superiori alla loro comprensione.
Giornali per bambini e per ragazzi.
Giornali e non albi: quindi fumetti
ma anche altri linguaggi (foto, dise-
gni, narrath·a, giochi, articoli giorna-
listici). Rappresentano un seuore
stabile, che anzi si è dilatato, arric-
chendosi dei sopra ricordati giornali
incentrati sui personaggi televisivi. A
parte le riserve avanzate per i robot,
,1 tratta di pubblicazioni con ispira-
zione educativa, che fa,·oriscono il
pas~aggio da lcttori passivi a lcttori
auivi, e si prestano in genere all'uti-
liaazione nell'ambito scolastico.
Due testate di orientamento laico
sono il Corriere dei Piccoli e il Corriere
dei Passatempi. Altre dieci pubblica-
zioni di ispirazione crb.tiana sono a~-
sociatc all'Uispcr, e meritano consi-
dcra.i:ioni a parte (vedere l'elenco nel
riquadro di questa pagina). In questi
anni esse sono migliorate di qualità
redazionale e stanno acquistando
posi.doni di mercato; la loro diffusio-
ne però si svolge al di luori delle edi-
cole, in circuiti clircui, attraverso ab-
bonamenti o rivendite scolastiche e
parrncchiali.
Pioggia non benefica. Secondo le
statistiche del 1976, scrive Domenico
Volti,• ogni alunno o alunna nell'arco
della scuola dell'obbligo legge, a in
media sette pubblicazioni alla selli-
mana ». Accanto a ragazzi che qua~i
non leggono fumetli, altri ne leggono
anche tre o quattro al giorno: « Come
esperienza personale ho trovato in
ogni classe <li !>Cuoia media almeno
un lellore di 25-30 pubblicazioni sel-
limanali.
Se la lettura dei Iumetti, come
:...cmbra, oggi è diminuita, le cau~e
non :...uno per nulla conlortanti: « Ciò
dcril a dal fattu che nell'arco 3-11 an•
ni (e anche oltre) il tempo libero dei
ragau.i ora è assai più preso dalla tv
multicanale•· Anche la minor produ-
1.ione di fumetLi porno, che •andreb-
be vista come un dato positivo - e in
par te senz'altro lo è - sembra dovuta
a un'offerta più abbondante di film
pornografici sulle tele\\ isioni priva-
te• Le nuvolette dunque fanno ac-
qua, ma non è proprio una pioggia
benefica.
Conclude Domenico Volpi: « Pn·so
allo della situazione, occorre decide-
re gli interventi cducati\\1i. Quelli di
tipo autoritario-repressivo sembrano
inutili e forse controproducenti: non
si blocca una massa di 25 miliom d1
èopie mensili :.olo con un divieto a
parole. Cerchiamo <li lar sì che la lel•
lllra sia più cosciente e critica, edu-
chiamo a capire cosa dicono i fumetti
e come ci innuenzano. li problema
dunque non è il divieto, ma la for•
mazione del senso critico nei ragani.
A parte i fumelti porno che pongono
problemi particolari, LUlli g.li altri fu.
metti possono essere affrontati con
una lettura critica di gruppo, che apre
per i ragazzi la possibilità della lettu-
ra critica indh•iduale. on solo. E'
indispensabile che questa lettera cri-
tica del fumetlo non rimanga fine a
se stessa, ma sappia ricondurre il ra-
gauo al libro, e alla ricezione critica
degli altri mass media».
LE 10 RIVISTE
ASSOCIATE AL UISPER
La Giostra è Il primo giornalino
del bambino•· a partire dal tre anni.
Richiede la mediazione di genitori e
insegnanti della scuola materna
(mensile, lire 4.000).
Il Selotto per il primo ciclo delle
scuole elementari: stimola l'Incontro
gioioso con la natura. la fede, I fra-
telli (mensile, lire 4.500).
Il Ponte d'Oro. Per la scuola ele-
mentare, con aperture sul Terzo
Mondo, è un costante appello alla
creatività (mensile, lire 3.000).
Giovani Amici. Anch'esso per la
scuola elementare: fumetti e narra-
tiva, suggerimenti di attività (mensi-
le, lire 4.000).
Piccolo Missionario. In formato
albo, presenta a fumetti le storie ve-
re dell'Impegno cristiano (mensile.
lire 3.500).
ltalla Missionaria. Per ragazzi,
stimola all'attlvlsmo nella compren-
sione del problemi missionari e del
Ten:o Mondo (mensile, lire 5.000).
Messaggero dei Ragazzi. Giorna-
lino completo con grande varietà di
fumetti e rubriche sui centri d'Inte-
resse del ragazzo (quindicinale. lire
7.000).
Il Giornalino. Settimanale di cento
pagine a colori che viaggia sul binari
dittusionali di Famiglia Crstlana (lire
20.400).
Completano la serie due pubbli-
cazioni salesiane ben note al lettori
del BS:
Mondo Erre. Per i ragazzi della
media Inferiore. largamente utilizza-
to nelle scuole (mensile, lire 5.500).
Primavera. Per ragazzi della me-
dia inferiore ed oltre (quindicinale,
lire 7.500).
DI tutte queste pubblicazlonl l'Ui-
sper fornisce informazioni e copie
saggio.
Abbonamenti per l'anno 1981, ai
prezzi sopra indicati, con versamenti
su ccp 30555007 intestato a Ulsper,
Via Conciliazione 1, 00193 Roma.
BOLLETTINO SALESIANO 1 !!9111 13

2.4 Page 14

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~ i ~-~
,,;, '-
"(4 i, +
Le FMA di Tanjore fanno festa al primi due salesiani finalmente to rnati al loro vec chio nido.
I salesiani indiani
tornano al nido
A Tanjore, cittadina a sud di Madras, nel lontano 1906 era cominciato
il lavoro salesiano; poi quel campo dovette essere abbandonato per
50 anni. Ma ora I figli di Don Bosco sono tornati - le FMA nel 1974,
I salesiani l'anno scorso - per una suggestiva riscoperta delle pro-
prie « radici »
S ono lieto di poter dare a voi
11
salesiani il mio benvenuto
''
nella mia diocesi». La leti-
zia, mentre il vescovo di Tanjore
parlava, gliela si leggeva in volto.
« Era mio desiderio, da tanto tempo
coltivato, di invitarvi a tornare; ma la
Provvidenza di Oio ha i suoi piani».
Piani che si stavano realizzando pro-
prio in quel momento, 24 maggio
1980, in cui alcuni salesiani erano
tornati per incomrare il vescovo e
vedere il posto dove sorgerà la nuova
opera, e due salesiani già per stabi-
lirvisi e cominciare il lavoro. « È un
gran giorno - proseguiva mons.
Sundaram - per voi quello d'oggi:
festa di Matia Ausiliatrice. Ma è an-
che un giorno grande per me e la mia
diocesi, a motivo del vostro ritorno».
L'opera salesiana in [ndia era nata
proprio li a Tanjore, 74 anni prima,
ma dopo un ventennio i figli di Don
Bosco si erano trasferiti abbando-
nando la loro culla, il loro primo nido.
E dire che là c'era e ci sono tanti
ragazzi a cui badare. « Mi piacerebbe
- riprese il vescovo - che voi assu-
meste l'animazione della gioventù di
quest~ diocesi, dal momento che voi
siete specialisti nel settore. Presto vi
affiderò delle attività pastorali. Sono
sicuro che, oltre alla scuola apostolica
che intendete aprire, assumerete con
gioia questi compiti...» Era l'uomo
14 BOLLéTTJNO SALESIANO 1.1.1981
pratico che parlava, il pastore dai
problemi concreti che veniva al sodo.
E del resto i salesiani che in quel
giorno di festa avevano concelebrato
con lui erano venuti proprio per
scendere al concreto.
QuesLo del 1980 risultava un 1itomo
semplice e tranquillo, mentre la bella
casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice
offriva ai salesiani redivivi un sicuro
punto di appoggio. Che contrasto
questo rientro quasi alla chetiche□a,
a confronto con l'accoglienza festosa
anzi esagerala di quel lontano 1906,
quando don Giorgio Tomatis arrivò
un po' spaurito con i suoi cinque
compagni e doveue salire sulla sfar-
zosa veLtura del rajà.
Dalla fiaba alla realtà. L'idea di
chiamarli a Tanjore era vènula al ve-
scovo di Mylapore già nel 1896, ma
don Rua aveva preso tempo. Il ve-
scovo successivo, mons. Ribeiro, da
giovane prete aveva conosciuto Don
Bosco: era andato a trovarlo fino a
Mathi Torinese. Don Bosco gli aveva
messo la mano sul capo e aveva be-
nedeuo tutte le sue opere. Forte di
questa specie di eredità spirituale, nel
1899 egli scriveva a don Rua: « E
quale mia opera Don Bosco benedirà
più volentieri di un'opera salesiana,
qui così necessaria e opportuna?» Le
Lraltative durarono anni ma andaro-
no in porto: don Rua si impegnò a
INDIA
inviare almeno sei salesiani per la
« direzione di un orfanotrofio ma-
schile con annessa scuola di arti e
mestieri, per ragazzi sani e... vacci-
nati».
Ali'Epifania del I906 i sei salesiani
sbarcavano a Bombay, due giorni
dopo erano dal vescovo, il 14 arriva-
vano col treno a Tanjore. « Il vasto
atrio della stazione - riferì nella
cronaca don Tomatis - era zeppo di
gente che ci accolse con fragorosi
applausi. Non avremmo potuto uscire
di là se i soldati chiesti per il servizio
d'ordine non fossero venuti ad aprirci
il passo. Anche sulla piazza c'erano
parecchie migliaia di cristiani venuti
a riceverci. Presi posto nella prima
vettura, un bellissimo landeau tirato
da due superbi cavalli neri, preceduto
e seguito da quattro domestici in li-
vrea... Si andò sempre al passo, se-
guiti dalla folla che si inginocchiava
al nostro passaggio. Le vie erano im-
bandierate; per soddisfare la folla si
fece un lungo giro per la città. I più
contenti parevano i bambini, che
erano a centinaia e sbucavano eia
ogni parte. Noi eravamo commossi e
come trasognati...»
ll salto dalla fiaba alla realtà fu
piuttosto brusco. L'orfanotrofio ri-
sultava minuscolo, insignificante, con
appena sei ragazzi: un mediocrissimo
punto di partenza. C'erano due lingue
nuove da imparare: l'inglese e il tamil
parlato dalla gente. Il centro di Tan-
jore contava allora 75.000 abitanti, di
cui 8.000 cattolici, ma diverse altre
migliaia di cattolici erano sparse nella
zona.
n primo paio di pantofole. In una
lettera al Rettor Maggiore del suc-
cessivo 6 febbraio, don Tomatis dava
notizia dei passi avanti compiuti.
« Avendo visto la festosa accoglienza
fattaci da questi buoni cristiani, cre-
detti bene far loro conoscere l'asso-
ciazione dei Cooperatori salesiani, al-
la quale essi avrebbero potuto iscri-
versi. Il parroco ne fece parola in
chiesa, e domenica scorsa ebbe luogo
un'apposita conferenza nella sala che
ci serve da scuola. Vi intervennero
parecchie persone. Dopo la confe-
renza si fece l'iscrizione, e sono lieto
di unire alla presente l'elenco dei
primi quaranta Cooperatori salesiani
dell'India».
Don Tomatis non nascondeva un
doloroso stupore per la religiosità
«pagana» della gente, soprattutto
nelle forme più popolari. « Dapper-
tutto vediamo pagode, quattro delle
quali sono veri monumenti di archi-
tettura; le minori oltrepassano il cen-
tinaio. In ogni strada, in ogni angolo,
si incontrano mucchi cli idoli di ogni

2.5 Page 15

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forma e genere; alcuni sono moslri,
orribili a vedersi, eppure sono adorati
da tanti infelici... Poi esponeva i
progressi dell'opera: • Abbiamo la di-
rezione della scuola parrocchiale frc-
quemaia da 130 ragazzi; l'orfano1ro-
fio ha già 30 giovanetti e ogni gim·no
ricevo domande drammatiche, tulli
casi proprio degni di pietà. Abbiamo
pure l'oratorio festivo: vi inten·engo-
no tutti i ragazzi delle scuole. ln ge-
nere sono molto docili e ubbidienti.
Abbiamo pure aperte> la prima scuola
professionale. e da ire giorni sentia-
mo il rumore dell'incudine e del
mancllo. li calzolaio ha già fa110 il
primo paio di pantofole!•
Una lunga camera divisa da stuole.
A fine anno don Tomatis benediceva
la prima pietra di un'opera più gran-
de che sarà inaugurata nell'agol>!o
1907. Sul finire di quell'anno rag-
giungeva la comunità un nuovo mh,•
l\\ionario, don Eugenio Méderlet, che
diventerà arcivesco,o cli Madras. Po-
chi giorni dopo moli, a il primo sale-
siano, il francese don Ernesto Vignc-
ron: la missione cominciava a pagare
il suo contributo d i vite umane. Nel
1908 la scuola professionale era rico-
nosciuta dal governo; di qui il valore
legale dei 1iwli, e un modesto sus1;idio
annuo.
L'anno successivo don Tomalis si
trasferiva a Mylapore per aprivi la
seconda casa salesiana dell'India, un
altro piccolo orfanotrofio. L'acco-
glienza questa volta fu disastrosa. li
vescovo era assente per motivi pa-
storali, il precedente incaricato del
collegio - non all'alte7.ia del compi-
to, ma mollo dispiaciuto di essere
sostituito - si era portato via tutti gli
utensili di cucina e di tavola corn,1de-
GII ,traordlnarl Incantatori di serpenti lncon.
trall a Tan(ora da don Giorgio Tomalla.
Tan]ore, anni Venti: così le allleve esterne delle FMA giungevano di mattino alla scuola.
randoli oggetti personali... I ragau,
erano 20, quasi tulli con addosso un
semplice camicione lungo e nient'al-
tro. Che fatica ricominciare!
l ragau.i di Tanjore - ora sollo la
direzione di don Méderlct - cresce-
vano di numero. Nel 1913 gli interni
erano 70, nella nuo\\'a casa non ci
stavano più. « I locali che servono a
questi giovani - scrisse il nuovo di-
rettore - sono veramente meschini.
Le scuole consistono in una specie di
lunga camera divisa da stuoie d1
bambù in diverse sezioni per le di-
verse classi, dove pure vengono a
scuola ì 130 alunni esterni della par-
rocchia. Finita la scuola si ritirano
banchi e stuoie, e la stessa camera
serve da rclettorio; un refertorio però
molto semplice, dove non occorrono
né tovaglie né posate: basta a ciascun
ragazzo un piatto, e le proprie mani.
Alla sera la stessa camera dhenta
dormitorio, e anche qui non occorro-
no né letti né materassi: ciascun ra-
gazzo stende a terra la sua piccola
stuoia, vi si gella soprn. e buona not-
te. T laboratori sono ancor più sem-
plici: due capanne di bambù col tetto
di foglie di palma. A volte il vento ci
butta a terra tutta la nostra fabbrica,
e noi ci affreLtiamo a rifarla. Non
mancano i visitatori diurni e nollumi,
come scrpenù, topi, uccellacci, insetù
di ogni genere, e ladri». La lettera di
don M~derlet concludeva annun-
ciando una prossima nuova costru-
zione...
IJ primo salesiano indiano. Nel
1915 il vescovo affidava ai salesiani
l'intera parrocchia di Tanjore, e cosl il
campo di lavoro si dilatava. Nella
scuola industriale all'inizio degli anni
,,enù si insegnava falegnameria, eba-
nisteria, lavorazione del giunco, tes-
sitw-a, tintoria, stenografia, dattilo-
grafia e musica. Erano in funzione
anche una scuola serale nel centro, e
12 piccole scuole nei villaggi. In tulio
gli allievi sath,ano a 900.
Le associazioni di carattere religio-
se erano numerose; le più vivaci
quelle giovanili legale alla scuola. Gli
Exallievi del centro avevano fondato
un loro circolo intitolato a Domenico
Savio; ahro circolo avevano fondaco
gli Exallicvi della periferia. Poi c'era-
no gli esploratori. più di 250 Ira
scouli. e lupetti. Due gruppi di scouts
formavano due allegre bande musi-
cali. Nel 1921 il fondatore degli
esploratori sir Baden Powell venne in
visita a Madras, e una banda di Tan-
jorc partecipò ai festeggiamenti: si
di!:>lim,c al punto che Powell la invitò
a Londra, spese a suo carico. Nel '22
altro c:-.ploit da far inorgoglire tutta la
ciuà: il gruppo sportivo del collegio
partecipava ai campionali ginnici di
Goa e si portava via il primo premio.
Intanto nei villaggi auomo a Tan-
jore le comunità cn<.tiane crescc\\'ano
e si moltiplicavano: dapprima una
trentina, furono presto il doppio. Per
ogn i centro si sarebbe dovuto co-
struire una cappellina, magari in
mw-atura ma almeno con foglie di
palma. perché servisse da luogo di
incontro dei cristiani. E assegnare un
catechista che guidasse le riunioni dei
fedeli, facesse il catechismo ai bam-
bini e un po' di scuola. Occorreva w1
grande i-,forzo, e le braccia non ba-
sta, ano mai.
Due buone braccia vennero presto
in aiuto, e di marca indiana: quelle di
don lgna,io Muttu. Era exallicvo dei
Gesuiti, e tulli pensavano che si sa-
rebbe arruolato nelle loro file. Invece
nel 1907 andò a provare a Tanjore, e
don TomaLis due anni dopo lo inviò
novizio a Lisbona. Una rivoluzione in
Portogallo lo costringe a rifugiarsi in
Italia, e l'I 1.3. 191 I professò - prin10
indiano a diventare salesiano - nella
casa di Ivrea. Tornato a Tanjorc, nel
1916 era ord inato a Mylapore: primo
salesiano indiano a diventare sacer-
BOUETTINO SALESIANO 11.1981 15

2.6 Page 16

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dole. Per anni e anni visitò i villaggi
senza sosla, animando le comunità,
dedicandosi ai suoi fratelli con ge-
nuino spirito missionario.
Le FMA con l'abito bianco. Anche
le Figlie di Maria Ausiliatrice, quando
giunsero in India, aprirono la prima
casa a Tanjore. Vi arrivarono il
24.1 l.l922, accompagnate dall'instan-
cabile don Tomalis che - ricorda
una di quelle sei, suor Teresa Merlo,
vivente - « durante il viaggio era in-
daffarato come un'ape nell'istruirci in
Lutlo sulla nuova lingua, le consuetu-
dini di vita e i costumi dei locali"·
All'arrivo alla stazione di Tanjore
c'era di nuovo aria di fesla, con la
banda dei scouts che dava il benve-
nuto alle suore, e i viaggiatori che
sgranavano gli occhi dai finestrini.
Era stata trovata pe r Loro una casa
molto 5paziosa vicino alla pan-occbia,
appartenuta a un devoto indù che
!'aveva riempita di idoletti: dapper-
del sole. Da morirne. La direLLrice
aveva scritto alle superiore di Torino
chiedendo il permesso di meuersi in
bianco, ma la risposta tardava. Allora
don Tomatis inforcò la penna: ~ Se
volete che le suore vivano sane e felici
qui in Jodia, permettete loro di vestire
in bianco. Se invece preferite che vo-
lino presto in cielo, lasciatele vestite
in nero».
Abbandonano il nido. Suore e sa-
lesiani lavorarono fianco a fianco in
Tanjore solo per sei anni, poi una
strana circostanza li indusse ad ab-
bandonare tutti insieme quel loro
primo nido e a spiccare il volo per
altre conlrade. La Santa Sede nel
1928 affidava ai salesiani la missione
di Vellore e l'arcidiocesi di Madras,
chfamando alla responsabilità di ar-
civescovo proprio il direttore di Tan-
jore, don Méderlet. Un gesto di Iidu-
cia per i figli di Don Bosco, ma anche
una grossa responsabilità, mentre le
Tanjore, 24 maggio 1980: la benedizione di Mons. Sundaram sul salesiani e la loro futura attività.
tuuo si vedevano scolpite scimmie,
pavoni, teste di elefanti. Fu fatta una
bella pulizia, e don Tomatis passò a
spruzzare acqua benedetta in tutti i
cantoni... La domenica successiva
egli presentò ufficialmente le suore
alla comunità parrocchiale, ed eccole
al lavoro. Laboratorio di cucito e ri-
camo, dispensario medico, oratorio.
E presto l'orfanotrofio femminile.
opera quanto mai urgente; slupore
Jelle suore nel vedere che le bambine
usavano le mani come cucchiai, for-
chette e coltelli.
Le sei FMA di Tanjore furono an-
che le prime missionarie della loro
congregazione a vestire in bianco.
Erano arrivate col consueto abito
nero, che era fatto su misura per
concentrare su di sè i raggi infuocati
16 BOLLETTINO SALESIANO 1.1.1981
loro forze erano così scarse. Col più
vivo rincrescimento il primo maggio
1928 lasciarono tutti Tanjore.
Ma quanta strada hanno fatto, da
allora, in India. I salesiani oggi vi
hanno cinque ispettorìe, sei vescovi e
cinque territori di missione, 84 case,
1.21 S religiosi e 97 novizi. Le Figlie di
Maria Ausiliatrice, giunte più tardi,
hanno due ispeltorie, 42 case, 466
suore e Sl novizie. Sul ceppo salesia-
no sono sorte anche due congrega-
zioni locali, le Missionarie di Maria
Ausiliatrice e le Suore di Maria lm-
rnacolata (queste ultime al lavoro
anche a Tanjore): oltre 600 suore al-
tive in una cinquantina di opere. I
Cooperatori sono organizzati in più di
50 Centri; altr-ettante Unioni hanno
costituito Exallievi ed Exallieve;
Cooperatori ed Exallievi che si carat-
terizzano poi per uno spiccato impe-
gno sul piano sociale.
Quanto ai territori di missione affi-
dati ai Figli di Don Bosco, coprono
una supe1ficie di 210.000 kmq (oltre
due terzi dell'Italia), e comprendono
una popolazione di oltre 13.000.000 di
abilanti; le giovani chiese che vi
stanno sorgendo contano ormai
300.000 cattolici, in confortante asce-
sa.
Don Bos co ritorna. La parrocchia
di Tanjorc lasciata dai salesiani nel
1928, non per questo è entrata in crisi:
sostenuta da un'abbondante messe di
vocazioni, ha continuato a crescere e
svilupparsi, sebbene le conversioni
fossero difficili tra la popolazione di
religione indù. E nel 1952 è s tata me-
riLatamente promossa a diocesi. Del
resto ne aveva le caralleristiche (co-
me risulta dai suoi dati attuali): am-
pieua territo1iale di 9.500 kmq,
quanli ne ha in Italia la regione Mar-
che; quasi 3 milioni di abitanti di cui
152.000 callolici, pari al 5 per cenLo
della popolazione; 83 sacerdoti, 14
religiosi laici e una fiorita di quasi 400
suore.
li primo vescovo della diocesi,
mons. Sundaram, è ancora oggi al ti-
mone nonostante i suoi 75 anni. Ha
provato a richiamare i figli di Don
Bosco, e c'è riuscito. Le prime a Lor-
narc al nido sono state le FMA nel
1974: oggi sono in cinque a Tanjore,
con una casa di formazione, svariati
tipi di scuole, e le visite ai villaggi. Dal
24 maggio scorso sono Lornati anche i
salesiani: sono due per ora, ospitati
nel cottage delle suore, decisi a ren-
dersi utili mentre sorvegljano la co-
struzione della loro fuLUra opera.
Sarà anche questa una casa di for-
mazione, e una volta terminata ospi-
terà 150 aspirnnti alla vita salesiana.
A breve termine si prevede di poter
accogliere i primi 50, e di aprire un
centro giovanile. Si pensa anche di
accettare in futuro la responsabilità
di una parrocchia ad alcuni chilome-
tri dal centro. TI vescovo si anende
molta collaborazione. Ha donato il
terreno, e quel 24 maggio in cui è
stata benedetta la prima pieu·a ha
fatto ai salesiani una piccola confi-
denza: «Sono anch'io mezzo salesia-
no». A riprova ha mostrato la sua
croce pettorale, su cui a\\l'auo di di-
ventare vescovo aveva fatro incidere
una bella immagine di Maria Ausilia-
trice.
Questa riscoperta delle « radici"
salesiane in India è un gesto sugge-
stivo. Molte cose sono cambiate a
Tanjore (perfino il nome, che oggi ri-
sulta un po' più accidentato: Thanja-
vur). Invece Don Bosco ritorna,
quello di prima.

2.7 Page 17

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STELLA PIETRO
Don Bosco nella storia
economica e sociale
(1815-1870)
LAS 1980. Pag. 654, lire 24.000
Ecco un volume che gli stu-
diosi di Don Bosco accoglie--
ranno con gratitudine. La figu-
ra di Don Bosco è già ben nota,
ma questo volume viene a il•
luminare lo sfondo su cui essa
si colloca. e Il risultato è una
visione più nitida, più realistica.
Sedici capitoli nelle prime 400
pagine affrontano gli argo-
menti più disparati, compreso
Alimentazione, riscaldamento
e illuminazione a VaJdocco •· e
« Lingua e dialetto a Valdoc-
co Ma non meno interessanti
e utili risultano le successive
200 e più pagine di « dati stati-
stici e documenti• (moli, tirati
fuori per la prima volta dagli
archivi), e le finali 40 pagine di
indici. Il volume merita assal
più d1 una sbrigativa segnala-
zione, perché si colloca fra le
opere fondamentali scritte su
Don Bosco. E non dovrebbe
mancare nelle case salesiane.
FLORIS FRANCO (a cura di)
Ragazzi In preghiera
Per pregare in gruppo,
In famiglia, da soli
LDC 1980. Pag. 512, lire 4.000
Impostato su misura per i ra-
gazzi di 11 •16 anni, è molto più
che un • manuale di preghie-
ra•: è uno strumento per edu-
care i ragazzi a pregare pre-
gando. La prima edizione ha
raggiunto le 100.000 copie nel
giro di pochi anni, e ciò spiega
perché il libro esce ora In se-
conda edizione, arricchito e
rinnovato. I motivr del suo suc•
cesso sono numerosi. Anzitut-
to Il linguaggio adottato, che
accoglie il modo di parlare del
ragazzi d'oggr In riferimento al
fatti del loro tempo, e insieme
conserva il sapore della tradi-
zione biblica. Poi la teologla
della preghiera, che fa da sup-
porto, portando il ragazzo a vi-
vere l'esperienza di Dto nel
quotidiano, nell'incontro col
fratello, nell'Impatto con le si-
tuazioni concrete della vita. Ne
è risultato quasi un breviario
per I ragazzi•, con preghiere
per I vari momenti della gior-
nata, con Incontri di preghiera
per le varie occasioni dell'anno
liturgico. Il rutto arricchito da
riflessioni per I ragazzi, e da
utili Indicazioni per l'animatore.
LIBRERIA
È stata poi riformulata la parte
riguardante il sacramento della
confessione. Un libro pensato
anche per la preghiera lndiVi-
duale, ma di utillzzazlone Idea-
le nelle giornate df ritiro e negli
esercizi spirituali. Cons1ghato
per nutrire la preghiera del ra-
gazzi in gruppo nelle parroc-
chie. associazioni e scuole di
Ispirazione cristiana.
PGERENESITS~RRIE
DOTAI
LEWIS DAVID
Per essere genitori dotaU
SEI 1980. Pag 254, hre 9.500
L"autore, noto psicologo, so-
stiene che tutti i bambini hanno
per nascita Il diritto di crescere
intelligenti, e che dipende dal
trattamento ricevuto nel primi
cinque anni di vita se lo diven-
teranno o rimarranno mediocri.
In altre parole, per avere dei fi-
gli dotali occorre diventare del
genitori dotati. E la cosa è tut-
t'altro che impossibile. Il libro
spiega in che cosa consistano
le abilità di un genitore dotato,
come si possano apprendere
bene, e come si debbano usare
a vantaggio del tigli. « Il mondo
ha bisogno d1 bambini intel-
llgentl •. conclude l'autore, e
non si può dargli torto.
a cogliere un'lnlinità di parti-
colari, a fare un sacco di do-
mande) Ma è anche un libro
a quattro mani•, anche perché
la sua chiave di lettura è posta
negli indrci finali, e al loro uso il
ragazzo va ln1rodotto dall'edu-
catore. E anche questi indici
possono essere per Il ragazzo
una interessante scoperta...
CALVANISANDRO
Poveri oggi, poveri domani
LDC 1980. Pag. 174, /Ire 3.500
Esce nella collana «Parame-
tri• che affianca la rivrsta « Di-
mensioni Nuove•: è una rac-
colta di informazioni divulgati-
vo-scientifiche sopra alcuni
aspetti più sconvolgenti della
miseria nel paesi del Terzo
Mondo. Esamina quattro gravi
problemi. fame nel mondo; sic-
cità e desertificazione; lebbra;
le periferie della miseria. DI
ciascun argomento traccia una
sintesi storica. mum,na la di-
mensione geografica, esamina
le cause e prospetta le solu-
zioni. Perché, se non si giunge
alle soluzioni, I .poveri oggi•
rimarranno «poveri domani•.
DE MARTINI NICOLA
Qualcuno ml chiama
LDC 1980. Pag. 296, /,re 4.800
Il sottotitolo La vita religio-
sa, un'amicizia originale• pre-
cisa meglio l'argomento. La v1-
NKXll..A OEMAR'TYII
QUALCUNO
MICHIAMA
I.a v,ta n,l,g,o11, un'llftÌ«m oogin•lt
E~1rceeltdid
ANDRÈ ROBERT {lllustraz. di)
Il mondo nelle tue mani
SEI 1980. Pag. 220. lire 15.000
Come spiega Il sottotitolo, è
un • dizionario delle parole e
delle immagini•, che risponde
alla naturale curiosità dei ra- ta religiosa viene presentata
gazzi, al loro gusto di cono- nell'ambito della vita ecclesia-
scere. Comprende infatti una le: la Chiesa secondo Il Conci-
serie di eccellenti tavole a co- lio è comunione. servizio, te-
lori, che illustrano la realtà nei stimonianza; e anche rl religio-
suoi vari aspetti (sembra di ve- so è visto come uno che ama I
derlo, Il ragazzo delle elemen- fratelli, che serve, che testimo-
tari, chino sulle tavole, Intento nia. Ma con modalità del tutto
originali. Il libro di segnala per
profondità di contenuti, chia-
rezza della trattazione e sem-
plicità di stile. Adatto quindi a
chi già realizza questo modo
forte di donarsi, e più ancora
ai giovani che •sentono•
Qualcuno che li chiama, e in-
tendono riempire di contenuti
teologici la prospettiva di gio-
care la vita per un ideale che
vale.
ALIMENTI - MlCHELINI
IL Papa I giovani la speranza
SEI 1980. Pag. 202, lire 6.500
Una « Intervista Immagina-
ria• costruita da due noti gior-
nalisti televisivi Essi hanno
raccolto tra i giovani una serie
di domande su ciò che fa loro
problema, e po1 hanno cercato
nei vari interventi di Giovanni
Paolo Il le risposte pertinenti.
La materia è suddivisa In quat-
tro parti: i grovani e i miti, ,
giovani e Il mondo, i giovani e
la religione, I giovani e la spe-
ranza Una splendida serie di
foto arricchisce il volume, che
trova la sua collocazione prù
naturale tra le mani dei giovani.
MILANESI - FRISANCO
Ragazzi In difficoltà
Risultati d'una prassi educativa
LDC 1980. Pag. 732, lira 7 000
Da quasi 25 anni i salesiani
lavorano ad Arese tra I ragazzi
in drff1coltà, ed era tempo di
tentare una sintesi del risultati
conseguiti, di valutare l'effica-
cia del metodo adottato, d1 for-
mulare orientamenti per le si-
tuazioni nuove In cui questi ra-
gazzi vengono a trovarsi oggi.
La via seguita è la più seria: la
ricerca scientifica. Il libro ren-
de conto dell'indagine che gli
educatori del Centro di Arese
hanno realizzato In collabora-
zione con l'Istituto di Sociolo-
gia dell'università salesiana.
Particolarmente utile a geni-
tori, educatori, sacerdoti, ope-
ratori sociali coinvolti dal pro-
blema del ragazzi dlfflclll
BOLLETTINO SALESIANO 1. 1 1881 17

2.8 Page 18

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ITALIA
Alla Generala
come Don Bosco
Da due anni don Domenico Ricca è cappellano del ragazzi In carcere
al « Ferrante Aportl,. di Torino, la famosa «Generala dove lavorò
Don Bosco giovane sacerdote. Ecco cos'era e - nelle parole di don
Ricca - che cosa è oggi questa storica istituzione, come sono I suol
ragazzi, che cosa si può fare per loro
I I Ferrante Aporti, carcere minori-
le di Torino, a i lempi di don Bo-
sco si chiamava « La Generala».
Erà :.t~uo costruito nel 1845 sulla
strada di Stupinigi, ed era diventato
un riformatorio pcr i giovani difficili
de-Ila città. I « so.-,,egliati ,peciali • di
notte ,·enh•ano linchiu-,i in cella; gli
altri invece venivano :,emplicemente
faHi rigare a suon cli disciplina. C'era
anche un buon numero di « perico-
lanti», ragazzi finiti 11 dentro perché
non a\\'cvano famiglia, o l'ave\\'ano
abbandonata e si erano dati al \\'aga-
bondaggio. Fin dall'ini,io li tennero
occupali in lavori agricoli. Un Fratel-
lo delle Scuole Cristiane aveva orga-
niua10 per loro un laboratorio.
«Non fuggiranno», disse Don Bo-
sco. Il contatto con il prete era 1rc-
qucntc, l'educazione religiosa abba-
stanza curata. Don Bo:.co andava re-
golarmcnle a tro\\'arc quei ragazzi,
cercava di farsclì amici. In fondo
erano ragao:ini che :.i erano dati a
piccoli l'urti per sopravvivere, e che
reagivano con l'indisciplina e le
spacconate alle djfficohà della dta.
Durnnt1: la quaresima del 1855 Don
Bosco tenne per loro un corso di
esercili spirituali: tre giorni di predi-
che, tirali e impegnativi, resi piacevoli
però dalla parola simpatica e amica
di Don Bosco. Furono giorni che fe-
cero colpo anche sui meno docili, e
alla fine si respirava un'atmosfera
dfrer:.a. Don Bosco ne era rimasto
colpito: a guardarli ora, quei raga7.zi
non erano molto diversi dagli altri
che vivevano con lui a Valclocco.
In un momento di confidenza e di
slancio promise loro • qualcosa di
eccezionale•· Si recò dal direuore e
gli chiese il permesso di portarli in
passeggiata fino a Stupinigi. « Do la
mia parola che non fuggirà nessuno»,
aveva assicurato. Ma il direuore non
se la sentì <li prendersi la responsabi-
lità e fu necessario ricorrere a un
permesso speciale del ministro Ral-
tazzi • Una passeggiata farà bene a
quei giovani prigionieri - . disse il
ministro a Don Bosco -. Metteremo
dei carabinieri in borghese lungo il
percorso,._ Ma i carabinieri Don Bo-
sco non li voli.e e non furono neces-
sari. E quando al ritorno il direttore si
mise a conlarlì, c'erano tULti.
Era stata una giornata splendida,
con un sole tiepido, primaverile. La
strada del ritorno la fecero cantando,
e Don Bosco fu addiriuura portato in
trionfo dai ragalli, che lo costrinsero
a :.alire per un trailo in groppa al ~o-
marello che li aveva accompagnati
con li carico dei viveri.
"La Generala• è stata casa di cor-
rez.ionc e di prevenzione fino a non
molti anni fa, e è stata un rifugio so-
prattutto per quei ragaz-r.i che non
avevano famiglia o un a ltro ambiente
a cui lare riferimento. Oggi invece il
Ferrante Aporti si è trai,formato in un
-,e\\cro istituto cli detenzione prcven-
th a, un carccrn giudizjario minorile.
Vi entrano cioè ragazzi dai 14 ai 18
anni che sono in attesa di giudizio. È
quindi una struttura carceraria a tulli
gli effetti, con agenti di cw,todia,
chiavi, cancelli, perquisizioni: tutte
quelle cose cioè che in genere fanno
grande impressione a chi, i enlra per
la prima volta, che lo convincono di
essere in un tunnel dal quale non <;arà
facile uscire.
"Mecu., del Ferranle Aporll. Al
Ferrante Aporti entrano dunque oggi
alcuni cli quei circa 30.000 giovani che
ogni anno passano dai \\'ari tribunali
per minorenni d'Italia. Ragazzi che
sono normalmente destinati alla vita
del carcere, e che troveranno poi dif-
ficilmente la possibilità drinserirsi in
modo normale nella società.
Parliamo di questi ragaui con il
c;alesiano don Domenico Ricca, diret-
tore d'oratorio e attuale cappellano
cli.!! Ferrante J\\porLi: un po' il succes-
sore di Don Bosco. A Torino tutti
lochiamavano familiarmente« Mecu».
Con la sua faccia larga, il barbone
nerissimo e gran facilità a entrare in
dialogo con i raga1..1i di periferia. ne-
gli ultimi due anni ha preso contatto
con un centinaio di giovani in ancsa
di giudirio.
L'intervista. Domanda: Cos'è, Me•
c11, oggi il Ferrante Aporti?
18 BOLLETTINO SALESIANO I Ulllll
Rispos ta. È un istituto di detenzio-
ne pre\\'enti,·a o carcere minorile. Si è
però fatto un gran lavoro per rendere
più umana la vita all'interno. Tra
l'altro si è cercato di trasformare le
celle in stanze piC1 abitabili, chieden-
do la collaborazione dei ragazzi stes-
si, che le addobbano, ,·i mettono le
tendine, la tappezzena, costruiscono
mobiletti...
D. Che 11pi di ragazzi sono quelli che
finiscono al Ferrame Aporti? Da quali
esperienze provengono?
R. Sono una cinquantina di ragaui
che si fermano da un minimo di 15
giorni a un anno. Sono accusati per
reati conti-o la proprietà (furto),
estorsione. lurto per droga. temato
omicidio o scopo di rapina, detenzio-
ne di armi. Molti sono imputati con
maggiorenni e questo aggrava la loro
posizione. ln genere appartengono a
famiglie d issestate, con genitori divisi
o in carcere. sono figli di disoccupati
o sollo-occupati, figli di immigrati, di
analfabt:lti. Sono molto rari i casi di
figl i cli insegnanti o di prorcssionisti.
D. Come vivono l'esperie11z<, del
cm·cere 1111110,·ile questi ragazzi? Quali
s0110 i loro desideri, i loro pensieri:
FOgliu d, farla pagare, di rifa,.si una
l'ita, l'Oglia. tli essere liberi?
R. È un luogo di reclu~ionc: reclu-
sione da affetti fam iliari, dalla vita
con gli amici, da momenti di disten-
sione, da affetti personali (alcuni
scri\\'ono soventissimo alla loro rn-
gazza, la ricordano con 1cnereu.a).
Sentono tutti una forte nostalgia per
la vita cli fuori, per la libertà perduta,
per le avventure che vivevano. Sono
infatti ragaz1.i pieni di fanta~ia e di
inventiva, vivono con soddisfazione
le loro e:.pcrienze, anche quelle ne-
gative.
I raga:ui del Ferrante Aponi sono
Don Domenico Ricca cappellano dell'Aportl.

2.9 Page 19

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prati.camente presi da due tensioni.
Una fa loro dire: « Basw, metriamoci a
posto, facciamola finiw: se esco di qua
mi 111e110 a lavorare». Ma quando lo
stesso ragazzo parla con gli amici,
non sa far a meno di ricordare con
orgoglio le sue imprese, non se la
sente di dichiararsi uno sconfitto, di
aver chiuso con se stesso, di voler
cambiare. Più che dire « gliela faccio
pagare», propone di non lasciarsi più
beccare. Non si deve dimenticare che
più di 95 furti su l00 rimangono ine-
vasi. Chi si è fatto prendere si sente
un ingenuo, un fruslrato perché non
l'ha fatta franca, sente la sconfitta
amara della sua esperienza.
Tra l'altro noi spesso sentiamo
verso questi ragazri compassione:
essi invece non la chiedono. Sperano
certo di trovare chi dia loro domani
un posto di lavoro, ma non chiedono
che si abbia nei loro confronli pietà.
Sono non pet' co lpa loro. D. Quali
difficoltà incontreranno quando do-
vranno ritornare a inseri,-si nella so-
cietà?
mattino, abbiamo tentato un furto, ci è
andata male». Ma negli occhi il pen-
timento non glielo vedi: gli è solo an-
data male, un'altTa volta gli andrà
meglio.
D. I giovani sono molto severi verso
i loro coetanei che hanno sbagliato,
che hanno rubato o sono stati vlolen1i.
Come valuti la responsabilità di questi
ragazzi?
R. [o sono convinto, anche se può
sembrare un luogo comune, che la
maggior parte dei ragazzi è non per
colpa loro. Non ci si può fermare al-
' «C'è tutto un problema di educazione mancata,
di valori che non hanno conosciuto».
Il mallnconlco Ingresso del Ferrante Aportl.
R. La società non è preparata a
trovare per essi soluzioni vere, appli-
cabili ai loro casi. Noi li vogliamo in-
serire in struttw·e normali, essi invece
vengono da esperienze profonda-
mente originali, strane, piene di av-
ventura e anche drammatiche. Non è
facile agganciarli, interessarli a una
vita comune. Per questo se non tro-
vano subito lavoro, riprenderanno
immediatamente la vita eccitante
della banda. È quindi rnolto difficile
il loro reinserimenlo, è quasi scontato
il loro Iitorno alla banda.
I giovani comuni in genere sentono
la monotonia della vita quotidiana,
essi invece hanno provato l'avventu-
ra: «Mi hanno chiamato alle tre del
l'attimo in cui un ragazzo ha sbaglia-
to grossolanamente. C'è tutto un
problema di educazione mancata, di
ambienti in cui è vissuto, di valori che
non ba conosciuto.
È chiaro che nessuno l1 dentro li
traua da vittime della società, anzi si
chiede la loro collaborazione, si cerca
di responsabilizzarli in forma perso-
nale. Però non si può buttare su di
loro tutta la colpa di ciò che hanno
compiuto.
D'altra parte credo di essere nel
giusto se mi astengo dal giudicarli,
evitando pregiudizi e prevenzioni,
cercando invece di capirli. Ripeto che
molte volte i motivi di un crimine
possono essere anche banali. Molti
furti sono una risposta alle esigenze
del consumismo: rubano per compe-
rarsi il giubbotto, la benzim per la
moto, non per poter mangiare. Sono
quindi superficiali, e molli gesti sono
il frutto di enorme leggerezza: essi
scelgono senza riflettere, per il gusro
dell'avventura o per un bisogno im-
mediato.
Si sentivano dei draghi. D. È pos-
sibile un 'opera di ricupero al Ferrante
Aporti?
R. Lo scopo del Ferrante Aporti
non è quello di ricuperare. Le varie
iniziative puntano invece a far vivere
in modo meno traumatico possibile
l'esperienza del carcere, facendo ac-
quisire qualche nuova esperienza che
possa poi essere continuata fuori. Al
Ferrante Aporti si fa già molto, ma
non basta ancora. Pur essendo una
casa di reclusione (per qualcuno che
è già stato condannato è una vera e
propria casa penale), bisognerà an-
dare verso la strada del ricupero.
È un fatto che al Ferrante Aporti
oggi non ci sono più le tensioni, la
rabbia, le agitazioni di alcuni anni fa.
Molte cose sono cambiate: si è cer-
cato di far entrare la città dentro, di
introdurre meccanici, falegnami, ce-
ramisti, pittori, panettieri, fotografi
che insegnano loro dei mestieri. Si
hanno degli incontrj sportivi amiche-
voli con squadre di fuori. È tutto un
mondo che ruota attorno ai ragazzi e
che può lasciare il segno. Saranno un
centinaio le persone che lavorano al-
l'interno. Se servisse al ricupero an-
che di un solo ragazzo, mi pare che lo
sforzo si giustifichi pienamente.
D . Qual è la cosa che ti ha fatto più
male venendo a contatto con questo
carcere minorile?
R. I ragazzini della provincia. A
Novara, Biella, Ivrea si sentivano dei
draghi, pensavano di essere dei duri,
e invece qui si accorgono che altri
sono più furbi di loro e che se vo-
gliono sopravvivere devono svegliar-
si.
L'altra amarezza è quando m 'in-
contro con i genitori. Sono spesso
presi da un complesso di colpa gran-
dissimo, ci tengono a dimostrare che
la loro famiglia non è come si pensa,
che hanno fatto di tu!to ma il loro fi.
glio è venuto su cos1.
Fa anche male vedere alcuni di
questi ragazzi che non capiscono as-
solutamente di uscire da un'espe-
rienza sbagliata, che aspettano solo il
momento di poter ritentare l'avven-
tura perché questa volta gli vada be-
ne.
Le braccia bucate. D . in qi~esti due
anni avrai conosciuto tante storie.
Qualcuna ti ha colpito in modo pa,-ti-
colare?
R. Un po' tutti i ragazzi riescono a
sfoderare delle st01ie. Per conto mio
non vado a farmi raccontare la loro
vita, perché lo fanno per farsi com-
piangere, per giustificarsi o per sen-
tirsi importanti anche nella sventura.
Un caso comunque mi è rimasto
dentro. Sei anni fa insegnavo in una
scuola media. Un ragazzino del primo
anno si è visto a scuola per una qua-
rantina di giorni, poi è sparito. Ho
girato parecchio per cercarlo nelle
varie soffitte del centro storico, dove
viveva con la madre. Non lo trovavo
mai: mi dicevano che era in giro, con
BOLLETTINO SALESIANO 1.1. 1981 19

2.10 Page 20

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gli amici, che non gli andava più di
andare a scuola. Al mattino lavorava
al mercato, al pome1iggio nei bar.
L'anno scorso entro al Fcn·anLe
Aporti e mi trovo davanti un ragaao
cresciuto, ma che gli somiglia mollis-
simo. Era lui, infatti. Avc\\'a rubato
per procurarsi la droga. Le sue brac-
cia erano bucate, l.acerate. È già stato
al Ferrante Aporti tre volte.
D. Hai parlato di scuola media: è in
questi c11111i e/te incomincia il disada1-
1ame11co?
R. È ceratcmente il momento più
critico, almeno per la ciuà di Torino.
La maggior parte dei casi di delin-
quenza incomincia nella scuola me-
dia, a causa di incomprensioni, delle
difficohà di integrazione, dello :.carso
livello di partenza che rende dilTìcile
il ricupero. Abbandonano la frequen-
za in prima o in seconda media eco-
minciano le loro esperienze in giro, in
macchina con i loro amici più adulti.
Oucsw 1,itua7ioni sono aggravate :.e i
ragani ~ono vissuti per anni in certi
istituti, sballouati un po· in una
scuola, un po' in un'altra.
È mancato loro quaJcosa. D. Clw
significa per te, prete, trovc11 ti a co11-
1auo co11 tanti giovani che dovr€'bbem
rifarsi 111za 11ita?
R. L'c.spericnza del Ferrante Aponi
gratifica pochi:.simo. I ragani hanno
tanti problemi personali e pensano
solo a :.e !.Lessi. Non sono aperti a
sentimenti, si sentono condannati in-
giustamente a una vita di reclm,ione.
Solo alla lunga si potrebbe entrare in
amicizia con loro e svolgere un certo
ruolo. Infatti ciò che crea più proble-
mi in questo ambiente è la mobilità.
È difficile che un ragazzo rimanga da
noi un anno intero. Vi,·ono quindi
sempre e :.olo pensando aJ momento
di es:.erc liberi. Le attidtà le accetta-
no solo per riempire le loro giornate,
per non morire di noia.
In genere dopo i primi tre giorni, in
cui fanno un'unica grande dormita,
accettano le attività che vengono loro
proposte pur di non rimaner\\.' In cella.
Ti pare quindi di svolgere un lavoro
che non è mai fatto fino in fondo, e si
va un poco in crisi.
Come prete ti accorgi però che è
mancato qualcosa a questi ragaai
anche per colpa della comunità cri-
stiana. Molti di loro provengono da
ambienti ecclesiali (istitutì, oratori);
c'è chi conserva un buon ricordo di
quel periodo, altri invece ~crbano
rancore, perché sono stati cspubi:
per furto, per violen73, pc1 incom-
prem.ione. Qualcuno forse si è com-
portato male perché ha a, uto la sen-
sazione di essere rifiutato in partenza,
di non trovare un ambiente dbponi-
bile.
Umberlo Dc Vanna
EXALLIEVI D'ASIA E AUSTRALIA A CONGRESSO
Impegnàti a costruire
nelle proprie patrie
Riuniti a Manila per il loro secondo congresso, quel lontani Exallievl
di Don Bosco hanno studiato quale contributo possono dare, in spi-
rito salesiano, alla costruzione del proprio paese•
E 1molto significativo - ha rile-
\\,ato nel s.uo messaggio il
Rcuor Maggiore don Viganò
- che si trovino insieme nel nome di
Don Bosco loro comune educatore,
uomini di nat.ionalità, lingua, cultura
e religione diverse, che portano però
in cuore :.entimenli comuni sul valore
della persona umana, della famiglia,
del la,·oro, della società civile, della
giustizia, della libertà e della pace
Questo « trovarsi insieme• si è
compiuto a Manila, per un gruppo di
exallievi :,a)cs1ani provenienti da
paesi geograticamenlc lontani ma
spiritualmente vicini. Si erano prcpa•
rati al Congresso negli ultimi due an-
ni, avvertendo l'importanza del tema
e volendolo approfondire in ,ista di
un impegno concreto.« li tema :,celio
- ha osservalo ancora il Reuor
Maggiore - dice che gli Exallicvi
voe:liono vivere nella storia della loro
patria non i.ola da spettatori ma da
auoli, in prima persona».
Non rei,ta che passare in rassegna
le idee di fondo clw le relazioni e la
discussione hanno fatto emergere.
GU Insegnamenti socialJ della
Chiesa. L'educazione impartita con lo
stile di Don Bosco - 1,i è constatato a
Manila - po rta gli Exallie\\'i a \\'ivere
da laici impegnali gli insegnamenti
-.ociali della Chiesa. ad appllcame i
prindpi nella vila familiare, profes-
sionale, culturole, politica, ad avere di
mira in particolare l'aiuto alla gio-
ventù moralmente cd cconomica-
mcnw nel bisogno. In tal modo si di-
venta strumenti eflicaci di cambia-
mento :.ociale, elementi attivi nella
co:,truzione della :.ocictà. Come vole-
\\"a Don Bosco.
Il pluralJsmo delle culture. Un
pluralismo che non ,olo distingue i
vari gruppi fra loro, ma - è stato
notato - oggi giunge a situarsi per-
fino all'interno di uno Messo indivi-
duo, che appare diviso fra vecchie e
nuo,·c idee, era mentalità popolare
arcaica e mentalità scientifica mo-
derna, tra cultura propria e cultura di
importazione occidcn1alc... Un plura-
li,mo che comunque appariva nel
congre:.so con la ma~sima e, idenza,
mo veniva vis~utO da tutti non come
mo1ivo di divi:,ionc e incomprensio-
ne, bensì come fa11ore di arlicchi-
mcnto comune. E ciò era r~o possi-
bile da una condi1ione preliminare: il
mutuo rbpeuo. An1i una grande fa-
miliarità, un calore umano.
Congresso di Manlla: Il Presidente degli Exalllvl dott. Castelll tiene la reiezione di chiusura.
20 BOLLETTJNO SAI.ESJANO I I. 1981

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Le realtà socio-culturali di quei
paesi. Sono state analizzate, e si è vi-
sta la necessità di conoscerle a fondo
se si intende incidere su di loro per
trasformarle. In questo senso si è an-
che avvertito il bisogno di una orga-
nizzazione degli Exallievi più perfe-
zionata, che risul.ti più «credibile»,
per essere più efficace. In particolare
si dovranno incoraggiare i propri
membri più idonei a svolgere il ruolo
di leader nei vari settori della vita
sociale, religiosa, e se è il caso anche
politica.
Gli interventi alternativi nel socia-
le. Scendendo al pratico si sono indi-
cati quattro settori di allività: il poli-
tico, l'economico, il sociale, il religio-
so. Bisogna fare una scelta concreta
- si è detto -. concentrando gli
sforzi su uno o due punii di maggior
urgenza locale. Un'esemplificazione
in questo senso è venuta dalla fede-
razione dell'Australia, che ha indicalo
come settore di intervento quello
della disoccupazione (nel paese dei
canguri particolarmente sentilo), e ha
suggerito due destinatari preferen-
ziali: i giovani disoccupati, e fra essi
gli cxallievi.
Risoluzioni e sintesi. I congressisti
al termine dei lavori hanno compilato
una lunga serie di risoluzioni, da tra-
durre in pratica nei quattro anni che
li separano dal prossimo Congresso.
Significativa la proposta di istituire
un «Centro di coordinamento» per
gli Exallievi di Asia e Australia, con il
compito di raccogliere e ridistribuire
le informazioni necessarie a cono-
scersi meglio, di compilare un « libro
guida» degli Exallievi, di preparare il
prossimo Congresso, di coordinare
altre attività comuni.
Il superiore salesiano che si occupa
dell'associazione, don Giovanni Rai-
neri, in chiusura ha delineato la figu-
ra dell'Exallievo salesiano, e ricorda-
to ai delegati il dovere che ha la
Congregazione di aiutare il movi-
mento Exallievi a organizzarsi sem-
pre meglio, di fornirgli dei buoni ani-
matori, di assicurare sedi appropriate
in cui gli Exallievi possano incon-
trarsi e operare insieme.
Quanto al presidente confederale
Giuseppe Castelli, ha riassunto il
senso del Congresso ricordando la
preoccupazione e l'intento di Don
Bosco, che fu di « formare persone
che accanto a una squisita sensibilità
religiosa (buoni cristiani) pongano
una leale fedeltà alla terra e alla cu.1-
tura entro le quali vivono (onesti ci1-
tadi11i) ». li senso di questo Con-
gresso, per i salesiani delegati, è tra-
sparen te: ,, oi salesiani siamo una
goccia nel grande mare d'oriente -
ha dello un delegato -, ma abbiamo
un prolungamento negli Exallievi. È
un potenziale umano considerevole,
che ha solo bisogno di essere stimo-
lato e p o ten.i:ialo per realizzare grandi
cose nel suo piccolo, a favore dei
fratelli, sul piano wnano e cristiano».
Aeroporto di Manila: amicizia è fatta, gll Impegni sono presi, arrivederci lr~ quattro anni.
IL SECONDO CONGRESSO
EXALLIEVI D'ASIA
E AUSTRALIA
Località. Il Congresso ha avuto
luogo presso il moderno e ben at-
trezzato • Centro Studi Don Bosco•
di Paranaque, periferia di Manila.
Data. Si è svolto dal 19 al 23 otto-
bre 1980, con gradita appendice tu-
ristica nel giorno seguente.
Organizzazione. Era stata affidata
alla Federazione Exallievi delle Fi-
lippine (presidente nazionale Teddy
Javier, delegato don Solaroli).
Partecipanti. I delegati erano 11 O,
Exallievi (diversi del quali buddlstl) e
salesiani Incaricati dell'associazio-
ne. Appartevano alle federazioni di
India, Thailandia, Hong Kong, Ma-
cau, Taiwan, Korea, Giappone e
Australia.
Erano presenti anche I responsa-
bili centrali dell'associazione: il pre-
sidente confederale Giuseppe Ca-
steHI, Il segretario generale Tomma-
so Natale. Per parte salesiana hanno
partecipato tre membri del Consiglio
superiore: il consigliere per la fami-
glia salesiana don Giovanni Raineri,
e i regionali per l'Asia e la regione
anglofona don Thomas Panakezham
e don George Wllliams; Inoltre il de-
legato confederale don Giovanni
Favaro.
Tema. « Il ruolo dell'Exalllevo nella
costruzione del proprio paese.. È
stato trattato attraverso quattro sot-
totemi svolti da quattro federazioni
diverse: • Insegnamento sociale
della Chiesa e progetto educativo di
Don Bosco» (Filippine); • Natura
dell'educazione e della vita in una
società pluralistica• (Korea); « Le
realtà socio-culturali nell'area Asia-
Australia • (India); « Interventi alter-
nativi negli sforzi di sviluppo• (Au-
stralia).
Svolgimento. Ha aperto il Con-
gresso una concelebrazione presie-
duta dal card. Julio Rosales arcive-
scovo di Cebu, e lo ha chiuso un'al-
tra concelebrazione presieduta dal
Nunzio Apostolico mons. Bruno
Tortlgliani. Nelle tre giornate centrali
i sottotemi sono stati illustrati e poi
studiati nelle riunioni di gruppo.
Nella sezione plenaria dell'ultimo
giorno si sono approvate la sintesi
dei lavori e le mozioni finali. Alla sera
di ciascun giorno i congressisti
hanno reso visita a qualcuna delle
numerose opere salesiane di Manila
e dintorni: ovunque accolti e festeg-
giati con la proverbiale gentilezza
dei filippini, hanno conosciuto un Il-
pico angolo di mondo salesiano.
Il prossimo congresso. Il primo si
era svolto a Hong Kong nel 1976; il
terzo congresso - in programma
nel 1984 - si svolgerà probabil-
mente in Korea.
BOLLETTINO SALESIANO 1. 1.1981 21

3.2 Page 22

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NEL CENTENARIO DELLA MORTE DI
La ragazza
che
venne
dalle
cascine
Il 14 maggio 1881 moriva
madre Maria Mazzarello, confondatrice
con Don Bosco delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. La sua figura cresce alla distanza,
e conoscerla meglio diventa un gradito impegno,
quest'anno, per la Famiglia Salesiana. Per cominciare
Il BS propone ai lettori il suo profilo, in due ampie puntate
Una delle
rare folo
autenllche di santa
Maria Mazzarello (1879).
D on Bosco arriva a Mornese! f
primi a venirgli incontro in
quella tiepida sera del 7 ouobre
1864 sono i ragazzi del paese: le
mamme li hanno agghindati a festa e
loro si fanno mezzo miglio a piedi per
l'onore d'essere i primi a vederlo.
Ecco Don Bosco arrivare sopra un
bel cavallo bianco, col cipiglio di pa-
cifico condottiero. Lo precede la
bandina dell'oratorio, con quallro
strumenti sfiatati ma molto rumoro-
si; seguono gli altri suoi ragazzi; in
coda i più piccoli e stanchi, issati so-
pra un somarello. Sono un cenùnaio,
l'annata brancaleone di Don Bosco,
tutti in« 0-jta autunnale» per i colli del
Monferrato, poveli ragazzi che senza
Don Bosco non saprebbero cosa sia
vacanza, e con lui sono felici come
pasque.
Il suono della banda giunge in
Mornese, e le campane della parroc-
chia si scatenano, esplodono i mor-
taretti. li parroco si fa incontro al
corteo, la gente esce con lumi, can-
dele e canapa accesa: il paese si il-
lumina a giorno. Al passaggio di Don
Bosco la gente si inginocchia, chiede
la sua benedizione, si segna: sotto
l'esteriorità della festa ha già scoper-
to l'uomo di Dio.
Una cosa aspettata da sempre.
L'intero Mornese attendeva con im-
pazienza Don Bosco, ma più di tutti
una ragazza che già tanto ha fatto per
preparare quel suo arrivo, e ora è
curiosissima: Maria Domenica Maz-
zarello. Don Pestarino aveva avverti-
to per tempo lei e le sue compagne e
le aveva iocaricate di pr·eparar·e ogni
cosa per accogliere quegli ospiti ec-
cezionali. Si sarebbero fermati tre
giorni interi e quattro notti, e occor-
reva provvedere a lutto. Don Peslari-
no ha messo a disposizione la sua
casa a Borgoalto, e loro sono passate
di casa in casa a chiedere in prestito
materassi, coperte, tovaglie, piatti, e a
chiedere a fondo perduto pane, vino,
polli, bWTo, farina, uova... Hanno si-
stemato i materassi in bell'ordine
dentro casa e sotto il porùcato, e
preparato la cena.
Ma quando Don Bosco arriva, Ma-
ria subito accorre. Tutti in chiesa per
la beoedizione eucaristica; poi la ce-
o.a condita di allegria, poi la buona
notte di Don Bosco, poi Lutti a nanna.
L'indomani dopo la messa, Maria e
le sue compagne sono presentale a
Don Bosco: dice loro un grazie cor-
diale, ha parole incoraggianti, ser·ene,
calde. Ci volevano: queste. ragazze,
quanto dovranno faticare in quei
giorni. E anche cii nolle: passeranno
una notte a preparare le tagliatelle
per tutti. Ma le parole di Don Bosco
sono per Maria una ricompensa ade-
guata. Spiega a un'amica che • ha
provato qualcosa di straordinario,
non mai avvertito prima, che non sa
spiegarsi, ma che le riempie l'anima
di felicità. La parola di Don Bosco le è
parsa come l'eco d'un linguaggio che
già sentiva in cuore senza saperlo
esprimere, come la traduzione di un
suo proprio senùmento, come una
cosa aspettata da sempre e final-
mente venuta».
In quei giorni Maria appena può
pianta ogni cosa e corre dove c'è Don
Bosco. Lo divora con gli occhi, beve
le sue parole. Soprattutto alla sera,
nel momento magico della « buona
notte», quando i ragazzi sono sazi
d'una giornata piena d'avventure e
Don Bosco riassume gli avvenimenti
ricavandone una morale e un propo-
sito di bene. Maria ha già aperto in
Mornese un laboratmio per sarte, un
piccolo ospizio, un oratorio festivo in
boccio, e ha bisogno di imparare a
trattare con la gioventù. Dove un
maestro migliore di Don Bosco? Per-
ciò alla sera, sbrigale a gran velocità
le faccende, si riordina per bene e
corre a sentirlo. Mica si mette in un
angolo: va a piantarsi ben davanti,
dove si può vedere e udire meglio. Al
punto che le compagne quasi la rim-
proverano: « Dove trovi l'ardire per
andarti a cacciare in mezzo a tanti
uomini e giovani?» E 1ei ribatte netto:
« Don Bosco è un santo! È un santo, e
io lo sento».
La risposta non è affallo pertinen-
te. Ma è molto più d'una risposta.
Don Bosco e Madre Mazzarello in
quell'ottobre 1864 si sono veramente
«incontrati». Si sono capiti. Anche se
forse non si sono scambiati neppure
una parola. Un giorno, a storia con-
clusa, diranno di loro (madre Canta)
22 BOLLETTINO SALESIANO I.1. 1981

3.3 Page 23

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SANTA MARIA MAZZARELLO
che erano • due anime preparate dal-
lo Spirito Santo in piena sintonia tra
loro•, diranno (don Caviglia) che
veramente l'anima della Mazzarello
era salesiana per istinto». Diranno
(don Vigano) che era « come se Dio le
avc!.se inviato il suo santo, fallo su
misura, il santo per lei•· Diranno
(ancora don Viganò) che la Mana-
rello ha assunto « la \\'Ocazione sale-
siana nel modo che è proprio della
donna"· che « ha inaugurato la ca•
ralleristica femminile entro la salc-
sianità ».
Di fallo i Salesiani fondati da Don
Bosco nel 1859, e le Figlie di Maria
Ausiliatrice fondate da Don Bosco e
Madre Maz.zarello nel 1872, da più di
cent'anni camminano fianco a fianco
nei cinque continenti: uniti dallo
stesso spirito, dallo stesso program-
ma, da un identico assillo: la giu-
\\'Cntù.
1 Maìn, la ragazza
_ che viene dalle cascine
« Nell'anno del Signore 1837 il 9
maggio, don Lorenzo Chio ballezzò
una bambina nata oggi da..., a cui fu
imposto il nome Maria Domenica...
Così l'archivio panocchiale di Mor•
nese (Alessandria). La piccola Maria,
primogenita di !>Clte lratelli, nasce
nella [razione delta dei Mazzarelli di
qua" per distinguerli da quelli di
mc1.zo e da quelli di là. Un pugnetto
di case su una dolce collina del Mon-
ferrato, ricamata di vigneti. U ac•
canto tra pochissimi anni costruiran-
no - combinazione o clenganza della
Provvidenza - una piccola chiesa
dedicata a Maria Ausiliatrice.
Quello stesso anno 1837 in una cit•
tadina non mollo lontana, Chieri, un
giovane seminarista di 22 anni sta per
cominciare gli studì teologici: il chie-
rico Giovanni Bosco.
Giuseppe, il babbo della piccola
Maria Domenica, è un vignaiolo pa•
cato e austero come un vecchio pa-
triarca, povero ma socio della San
Vincenzo per aiutare chi è più povero
di lui. La mamma Maria Maddalena è
donna focosa e arguta, e col suo sag-
gio umorismo sa superare le situa•
zioni dilficilL La piccola Maria, che
tutti chiamano con affettuoso dimi•
nutivo Maìn, erediterà dal babbo la
saggezza e il senso del concreto; dalla
mamma il coraggio e l'umorismo; da
ambedue una fede rocciosa.
Che cosa faceva Dio? Una sera
Giuseppe siede sull'uscio di casa;
nell'aria si sperde il vociare dei gar•
zoni che finita la giornata tornano a
ca,;a. Maìn, poco più di cinque anni,
si lascia scivolare sull'erba accanto al
babbo: • Me lo dici che cosa faceva
Dio prima di creare il mondo?• • Che
cosa faceva? - annaspa il babbo
prendendo tempo e frugando nella
memori.a fra le risposte del catechi-
smo-. Contemplava se stesso, ama•
va se stesso, era felice in se stesso».
Un mistero avvolto nel mistero, ma
Maìn un giorno confiderà: "Quella
risposta non me la sono più dimenti·
cata. Non so perché, mi stimolò scm•
pre a intere!>Sarmi di Dio. Non avrei
lasciato il catechismo per tutto l'oro
del mondo».
Infatti al catechismo la ricordano
così: timida e silenziosa come in ge-
nere tutte le ragazze delle cascine. se
ne stava rincantucciata quasi tcmcs~e
il confronto con le coetanee. sbaraz-
11ne e disinvolte. Ma non perde\\'a una
parola, e registrava Lutto nella sua
felice memoria. E dava risposte che
~tupivano le compagne non meno
degli adulti. « Questa viene dalle ca•
scine e non può venire sempre - dice
ogni tanto don Pcstarino rimprO\\'e•
rando le altre - e vedete un po' come
!-a bene•.
N<!gli occhietti di Maìn si legge fin
da allora una volontà indomabile.
Alla domenica don Pesuu-ino, finita la
spiegazione del catechismo, passa al-
la gara: chiama un ragazzo e una rt1•
ga1.2a perché si interroghino a vicen-
da: domande su domande, un fuoco
di fila. Ma Maria la spuma semp1e.
Spiega alle amiche: • Non voglio re-
!itare inferiore a nessuno. I ragani U
voglio vincere Lutti: non mi fanno
paura"· Ma più tarru ammcllcrà:
Era tutto amor proprio. Studiavo
per non essere vinta e non fare brutta
figura•.
Le giornate laboriose. Nel 18-B la
famigliola si trasferisce nella cascina
della Valpona!>ca: è ancora lontana
da Mornese (Lre quarti d'ora a piedi),
e isolata nei vigneti, ma è più confa-
cente alle possibilità cJj lavoro. Quello
stesso anno 1843, Don Bosco è sacer-
dote da due anni, completa gli studi
sotto don Carasso, e raccoglie attorno
a sè i suoi primi ragazzi sbandati di
Torino.
Maria comincia presto a rendersi
utile: aiuta la mamma per le faccende
di casa, accudisce i fratellini, e presto
darà una mano al babbo nelle vigne.
Non va a -;cuoia: la lunga strada è
quasi impraticabile nella brulla sra-
gione, proibitiva ogni volta che piove.
E poi in quei tempi è scontato che le
bambine delle cascine non abbiano
una scuola. Lei però, dotata com'è,
impara ugualmente a leggere e a far
di conto sulle dita. È cosl svelta nei
calcoli che quando ci sono pagamenti
da fare il babbo la chiama e si fa
aiutare.
Le sue giornate trascorrono labo-
riose, sudate, serene. lmpara la fatica
delle semine, l'arte del potare, le lune
favorevoli e quelle contrarie, lo scon•
forto delle grandinate, la gioia delle
vendemmie. Si rende conto che la vi-
ta è lotta, che la fede forza per
vincere. Cresce forte come un quer•
ciolo al \\'ento. anzi fin troppo forte.
Nel lavoro impara a gareggiare con i
garzoni che il babbo prende a gior-
nata, e li balte. È una stakanovista, i
garzoni non riescono a starle dietro,
fanno brutta fìgura. Qualcuno non
sopporta di essere batluto da una
femminuccia, sente vergogna, perfino
si licenzia. li babbo deve prenderla in
disparte: « Bisogna che li moderi,
Maria. Se continui a questo modo,
non trovo più uomini da ingaggiare
nei vigneti"· Ma in fondo è fierissimo
di lei.
Le briglie del Previn. Maìn cresce
come un campo a prima\\'era: colmo
di promesi,e ma anche di sassi e gra-
migna La chiamano la buia• (in-
traducibile: giovane persona elegante
e valente, che ostenta volentieri le
proprie qualità). Guai a contraddirla:
diventa ros!sa in viso, le trema il lnb-
BOLLETTINO SALESIANO 1. I 1981 23

3.4 Page 24

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bro. E guai a dirle « Come diventi
rossa», perché aJlora si fa di brace.
Ha bisogno di frenare l'.indole arden-
te con la dolcezza, di moderare la te-
nacia di giudizio con la docilità e la
capacità di ascolto. È sensibile agli
affetti e bisognosa di protezione. Co-
me un campo, le occorre chi la coltivi,
e ha la fortuna di trovare un buon
coltivatore.
È don Pestarino, che le faceva il
catechismo. Una figura singolare di
sacerdote: nato a Mornese da fami-
glia benestante, piccolo di statura al
punto che lo chiamano « El Previn"
(il pretino), aveva compiuto buoni
studi teologici a Genova fuori del
piccolo mondo campagnolo, e quindi
è in grado di portare nella religiosità
di Mornese una ventata d'aria fresca.
Del resto questa ventata è quanto
mai opporti.ma: il paese, quando il
Previn torna nel 1847, è attanagliato
dal « rigorismo giansenista». Una
brutta malattia della fede. Per un
malinteso rispetto alla maestà infinita
di Dio, la gente mal consigliata si tie-
ne lontana dai sacramenti. Confes-
sione e comunione una volta all'anno,
e è fin troppo. La fede inaridisce, la
vita morale si inquina. Don Pestarino
lavorando con prudenza e tenacia
riesce nel giro di alcuni anni a ricon-
ciliare i suoi compaesani con il Dio
paterno e misericordioso che Cristo
ha svelato agli uomini. La gente a
poco a poco ritorna alla comunione.
Lui è sempre in confessionale, pronto
tutte le ore a distribuire il perdono di
Dio. Presto in Mornese si respira
un'aria di fede genuina, e il vescovo
quando viene in visita Testa traso-
gnato. Un giorno don Pestarino gli
parla di un suo progetto: vorrebbe
aprire in Mornese un monastero. Il
vescovo subito lo blocca: « No, no,
mio caro. Mornese è già un monaste-
ro, anche senza mura che lo recinga-
no».
Questo sacerdote poco appariscen-
te e dall'aria tranquilla un giorno ar-
riverà a Valdocco e dirà a Don Bosco:
« Voglio farmi salesiano». E lo diven-
terà, ma Don Bosco gli dirà di restare
a Mornese, dove la sua presenza è
insostituibile. Non fosse altro, ha così
modo di guidare quella ragazza della
Valponasca con le provvidenziali bri-
glie della direzjone spirituale.
L'incontro mattutino. Orientata da
don Pestarino, e incoraggiata dai ge-
nitori, Maria prende sul serio la mes-
sa quotidiana. Capita l'importanza
dell'incontro mattutino col Signore
non ci rinuncia più, a qualsiasi prez-
zo. E il prezzo che paga è alto. Per
prima cosa bisogna svegliarsi in tem-
po, e lei non ha orologio. Nella sta-
gione bella si regola sul levare del
sole, o sulla luna quando c'è e si vede.
24 BOLLéTTINO SALESIANO 1.1.1981
Altrimenti è sulle spine e teme di ar-
rivare tardi, e magari si alza nel cuore
della notte. Una volta - la accompa-
gna la sorella Felicina, ma è buio pe-
sto - lungo il sentiero incontrano un
passante. « Dove andate così sole a
quest'ora?» « Alla messa,,. « Alle due
di notLe? »
Svegliarsi e partire non è facile, ma
neppure è l'acile arrivare fin laggiù a
Mornese. Maria ci va con qualsiasi
tempo. Il sentiero della Valponasca
sale e scende ripido e contorto, e solo
nell'ultimo tratto si infila la strada
comunale. Col bel tempo può essere
una passeggiata, ma con la tramon-
tana, la neve, la pioggia a dirotto... TI
tufo si appiccica alle scarpe, è fatica
camminare. A volte Maria arriva ba-
gnata, se c'è tempo cerca in qualche
famiglia di Mornese un cantuccio ac-
canto al fuoco per asciugarsi. Ma una
mattina di gelo invernale si infila nel
banco della chiesa inzuppata d'ac-
Il Prevln don Domenico Pastorlno.
qua, tanto che qualcuno va ad av-
vertire don Pestarino. Il Previn esce
dal confessionale, vede in che stato si
trova, e le ordina di andare a scal-
darsi in qualche casa. Maria obbe-
diente subito si alza, ma non riesce a
uscire dal banco: gli zoccoletti la
tengono come prigioniera. L'acqua
sgocciolata si è cambiala in ghiaccio,
e gli zoccoli sono come saldati al pa-
vimento.
Arrivare alla chiesa presto, a Maria
non dispiace: se la porta è ancora
chiusa ma c'è un bel cielo stellato,
aspetta volentieri. Contempla e prega_
« Guarda quante stelle - dice alla sua
compagna -, e come risplendono. In
paradiso saranno sotto i nostri pie-
di».
La finestrella. Gesù incontrato al
mattino presto nell'Eucaristia, diven-
ta per Maria il compagno di tutta la
giornata. Maria medita, e don Pesta-
lino le fornisce i libri. Libri sodi e
nutrienti - di sant'Alfonso. del Fras-
sinetti. l'lmitazionc di Cristo - che
Maria sbocconcella nei ritagli di
tempo, nelle pause di lavoro, appena
trova un momento per isolarsi.
La mamma si accorge che da
qualche tempo ogni sera, alla stessa
ora, Maria scompare. Anche i fratel-
lini che di solito le pigolano attorno,
cominciano a eclissarsi. Dove vanno?
Per una mamma non ci vuole molto
tempo a scoprire i segreti. In casa, su
in alto, c'è una finestrella che si apre
su Mornese. Come dire: sulla chiesa
parrocchiale dove Gesù è presente
nel tarbenacolo. Ogni sera don Pe-
starino raduna in quella chiesa la
gente peril vespro e la benedizione. E
proprio nell'ora dell'appuntamento
con Gesù eucaristico, Maìn ha preso
l'abitudine di raduna.re presso la fi-
nestra fratelli e sorelle, per pregare.
Come un pigolio sotto la grande ala
del Signore, mentre la sera scende
sulla quiete dei vigneti.
Mamma Maddalena non può che
essere d'accordo, e ogni sera ci unisce
anche lei al gruppo. Poi anche il
babbo...
Una maestrina «sale e luce». Don
Pestarino compie un alti-o passo: in-
serisce Maria in tm'associazione cbe
sta nascendo proprio a Mornese,
ma che si trapianterà anche in altre
parti: le Figlie dell'Immacolata.
All'origine deU'associa.zionc c'è una
ragazza « sale e luce» di Mornese:
Angelina Maccagno. Ha cinque anni
più di Maria, è di. buona famiglia.
Dietro consiglio di don Pestarino ha
studiato a Genova, e è tornata col di-
ploma di maestra elementare. Nel
1851 Angelina va da don Pestarino e
gli espone i suoi propositi. li Pie-
monte sta vivendo da protagonista le
vicende risorgimentali, l'Italia si av-
via all' unità fra scontri di eserciti, di
partili politici, di opposti schiera-
menti religiosi. Le sette anticlericali
smuovono il popolo spingendolo
contro la Chiesa, e la religione sem-
bra messa al bando. Angelina sostie-
ne che nella Chiesa occorrono « don-
ne pronte a contrapporre armi ad ar-
mi. A lavorare cioè senza risparmiarsi
per far rientrare Dio nella famiglia e
nello stato, per far amare la Chiesa e
il Papa così maltrattato in queg.li anni
dolorosi». Poi gli parla dell'associa-
zione dell'Immacolata, e lo invita a
preparare un regolamento. « Stilalo
lu stessa - risponde il Previn - . Poi
io so a chi sottoporlo per una revi-
sione».
La maestrina obbedisce, e don Pe-
starino manda la bozza a un teologo

3.5 Page 25

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lamm,o, il Frassinclli (<li Genova, na-
1uralmenle), e il teologo lo sman-i'ìce.
Don Pestarino aspclta pazience, poi
gliene manda Lma )Cconda copia, e
l'altro la smarrisce di nuovo. Ma poi
la riLrova, e ncll'autun110 1855 la ri-
spcclisce a Morne..,c.
Don Pestarino e l'Angelina intan10
non banno per..,o ll'mpo: con un nu-
mero ris1re1to di altre ragazze hanno
g,a sperimentato quel regolamento.
Adesso danno initio ulficiale all'a!-t-
sociazionc, che per qualche tempo
rimane segrct:1. Quanto più il licvi10 è
nascosto e ben mescolalo alla larina,
tant~ più farà crescere la pasta. Le
ragane che cominciano - dice il
Prc, in - de\\'ono cs'>ere di , ila cri-
stiana già robu;.la e ben pro,·ata: so-
no cinque in tutto. e la più gio\\'ane,
con i suoi 18 anni, è prop1io Main
li regolamento che hanno accellato
è severo, le impt·gna con voti annuali,
propone loro dì , ivcn.- come rcligio'>C
radunano in casa dell'una o dcll'ahra,
o all'ombra Ji un albero. Si legge
qualcosa di concreto che aiu1i a
mandare a,•anti meglio la famiglia, a
educare i Iigll come Dio comanda E
quelle mamme \\·anno pii:1 volcnlierì
con Maria che- con chìunque altra"·
l\\on solo, ma "nei loro impicci rico1
rono volentieri a Maria"· Fa già ca-
polino in Id quel dono di consiglio e
di saggeua cristiana che la distin-
guerà.
E più ancora che le mammc, le ra-
ganine stanno volenLieri con Maln.
Racconta una testimone: <• I geniwri
erano comcnli quando ci vedevano
con lei: sapevano che da lei non po•
te, ano venire che buoni e<,cmpi e
consigli posilh L Quanto a noi, era"•·
mo felici di <,lare con lei: era sempre
allegra, spii-ilosa e aflabile ».
Nel 1858 un episodio spiaccrnle
turba la quiete alla cascina di Valpo•
nm,ca: un giorno la casa è incustodi-
Maln la ragazza che venne dalla c.asclna, In una tavola di E. Mau lnl (1951 ),
nel mondo. Ed cs!>c lo accettano con
generosità e dc1cm1inalione. (Quegli
stessi anni, appena qualche mese
prima, a Torino Valdocco anche un
giovane chierico ha c.:messo i voti
p1iva1i nelle mani e.li Don Bosco: è il
primo salesiano, Michele Rua.)
Quell'associazione è per Maria l'al-
veo in cui incanala la sua csube,·anza
gio, anile, le sue capacità d'aHcuo e
di realizzazione.
Don Pestarino da tempo raduna in
apposite conferenze i gcniton di
Mornese, i padri da una pane e le
madri dall'ahra. Ma ora dice alle Fi-
glie dell'l mmacolala: "D'ora innanzi
alle madri di famiglia ci pensen:1e
\\'Oi •· Suddivide quelle madri in
gruppi di cinque e affida ciascun
gruppo a ognuna di loro. I gruppi si
1a, entrano i ladti e si portano via 700
lire Un capitale allora. I malin1c11-
1ionati potrebbero facilmcmc torna-
re, e babbo Giui.cppc prende una uc-
cisione dra!>tica: lrn!,lenrc la famiglia
a Mornese, in vin di Valgclata. Aùclk)
per sempre vecchia cascina circon-
dala dai vigndi come ricami, ac.ldio
finestrella della preghiera vespertina,
addio mondo di un'infanzia e giol'i-
neua felice. Maìn ha ventun anni. e
Ira poco la attende una prova .,con-
volgeme.
ll tifo. U 1860 ann<> carico di sto-
ria salesiana. Don Bosco nel dicem-
bre precedente ha dato inuio ufficia-
le alla Congregazione salesiana; a
giugno ha la gioia di , edere un primo
!>alcsiano ordinato !>accrdote; quello
stesso mese termina la stesura delle
Go<;tiluzioni salc!>iane. Quesl'anno è
ricco anche di guerre e vi1toric· la
seconda guerra ùi indipendenza c,i
chiude con l'annesi,ione al Piemonte
della Lombardia. Ma i campi di bat•
taglia sono coi.parsi di cadaveri. e si
diffonde il tifo. li conlagio è uno
spauracchio difficilmente ci,orciua-
bile e ognuno si Jifende come con'>i•
glia la. paura: gli usci delle case s1
sprangano, i forestieri sono allonta-
nati dai pac,i a colpi di forcone, i
malati... chi osa curarli? fJ 1errorc
rende egoi!>ti e crudeli.
li Lifo arriva anche a Mornese, e
don Pestarino con un gruppo di co-
raggiosi si prodiga: seppellisce i
morti, vigila attento sui vi, i. Un gior-
no tro, a che nella casa di uno zio di
\\1aria, Ore~te l\\tanarello. i,ono 1uui
malati e nessuno è in grado di curare
gli altri. Va dirillo a casa di Maria con
una proposta do incubo. Lei non c'è,
babbo e mamma restano a1tanaglìa1i
dall'angoscia. lnt inc papà Giuseppe
propone: « lo. là dentro, Maria non cc
la mando. Ma se lei \\'Orrà andarci.
non mi oppon-ò •·
Don Pcstarino rintraccia l\\laria e le
chiede se si sente di prendere un fa.
gottino di roba per una settimana, e
di trasferirsi in casa di zio Oresle.
J'v1aln impallidbce, non trova una ri-
'>posta. Anche i santi hanno paura.
Ma hanno anche coraggio, e il loro
coraggio consi:,lC' nell'andare a\\'an1i
non o:.1ante la paura. «Se lei vuole -
gli risponde ~1oria - io d rndo. Ma
sono cena che prcnJcrò il male"·
TesLimonierà molli anni dopo un
cugino. allora malato: «Avevo 17 an-
ni... Don Pestarino era stato ispirato
dal Signore: Maria faceva ogni cosa
con tale -,erietà, prudenLa e gio, iale
disinvoltura, da rialtarc anche il mo-
rale. Sembrarn una suora di carità, di
quelle degli ospcduli. Ci preparò 1u11i
alla confessione, ci aiutò a !>Oppona-
rc, ci dispose alla volontà di Dio».
A poco poco i malati guariscono.
Tutti. E si ommala lei. È. il 15 agosto,
\\faria si prepara\\'a a tornare in casa e
al mattino vole, a andare a messa. Ma
i brividi la CO!>lringono a mc1wrsi a
lcuo. U medico dice che è propri() Li•
lo, e una delle forme peggiori. Lei lo
sapeva, e se ne rimane Lranquilln.
Don Pes1arinc> ogni mattino. prCCt!·
du10 dal chierichetto col campanello,
le pona la comunione. La !>Ua bella
faccia o,·ale si riduce in pochi giorni a
un triangolo di pelle pallida e tirata.
NclJe letture di un tempo aveva 1ro-
vato l'espressione « martire della ca-
rità», e ora nei suoi ragionamenti
febbrili le torna in mente. Dice che se
dovesse morire, quello sarebbe il ti-
tolo che le compete. « Martire! Ci
pensate? Sarei 1roppo fonunata! • E
di fatti, dopo a\\'Cr !.fiorato la monc e
BOLLETTINO SALESIANO I I, 11181 25

3.6 Page 26

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ricevuto i sacramenti degli infermi,
guarisce. Le sue compagne che già
avevano ordinato a Genova una co-
rona di fiori bianchi per il funerale,
disdicono volentieri l'acquisto.
La convalescenza è lentissima,
Maria stenta a riprendere le forze.
Anzi, completamente non le ricupe-
rerà più. La solida ragazza delle ca-
scine capace delle levatacce più co-
raggiose, la stakanovista che sul la-
voro metteva in difficoltà i garzoni di
suo padre, dovrà d'ora innanri misu-
rare gli sforzi, non compiere il passo
più lungo della gamba. Che cosa le
riserva il futuro?
2 Ogni punto d'ago
un atto d'amor di Dio
li futuro per prima cosa riserva a
Maln una lunga convalescenza. Per
molto tempo è tappata in casa, perfi-
no l'andare in chiesa le viene proibito.
Vedendo la mamma affaticata vor-
rebbe aiutarla, ma le ginocchia si
piegano. Scherza: « Farò la signora»,
ma prova una grande pena. Si sente
priva d'ogni disucrezza umana, gio-
vane pianta squassata dalla bufera.
Nel lungo inverno legge libri su Ubri,
Ubri che nutrono l'anima e schiudono
orizzonti che lei - le sembra - non
potrà percorrere.
Torna aprile, ma le forze non an-
cora. Maria tenta di riprendere la vita
dei campi, proprio non ce la fa. Al-
lora, che cosa vuole il Signore da lei?
Vede l'Angelina, che divenuta mae-
stra elementare, lavora con tanto
fruno tra le bambine del paese, e la
invidia. Ma intanto osserva che 1'An-
gelina è costretta a lasciare quelle
bambine proprio quando diventano
signorinette, e hanno più bisogno di
orientamento. Non si potrebbe fare
qualcosa per loro in quegli anni cru-
ciali? P.er esempio, insegnare a cuci-
re... È un occasione per stare insieme,
tenerle lontane dai pericoli, affezio-
narle al Signore.
Ed ecco capitarle il fatto strano, da
visionaria, che sconcertò Maria e fece
arrabbiare don Pestarino.
Lo sportello sbattuto in faccia.
« Un giorno - si legge nella biografia
della Mazzare!Jo - , Maria passa suJla
collinetta di Borgoalto, e le pare di
vedersi di fronte un gran caseggiato
con l'apparenza esteriore di un col-
legio, e con tante bambine. Si ferma a
guardare piena di stupore, e dice fra
sè: "Cos'è mai questo che vedo? Qui
non c'è mai stato un palazzo. Che
succede?" E sente come una voce: "A
te le affido"».
Effettivamente, anni più tardi,
sorgerà la prima casa delle Figlie di
Maria Ausiliatrice. Ma inta~to Maìn
che è piena di concretezza, cerca di
liberarsi di quella fantasia. Non è fa-
cile: come una fai-fallina dissennata,
il pensiero di quel collegio torna
puntualmente a visitarla. Finché un
giorno decide di parlarne a don Pe-
starino in confessione. li Previn ap-
pena si rende conto di c.he si tratta,
interrompe brusco il racconto, le dice
che è una visionaria, le proibisce di
parlargliene ancora, anzi di parlarne
con chiunque. E le sballe lo sportello
in faccia.
Maria se ne va mortificata, e con-
vinta che se mai il Signore avesse
delle rivelazioni da fare a qualcuno
non si rivolgerebbe a lei. Però conti-
nua a dirsi: Mornese è piena di ra-
gazze, e io devo occuparmi di loro.
Crede anche di sapere come, e decide
di parlarne alla sua migliore amica.
Questa amica, in un paese pieno di
Mazzarelli, naturalmente si chiama
Mazzarello, e di nome Petronilla. Non
è sua parente. Ha quasi la sua età, ma
è tanto più quieta e tranquilla di lei.
Però è bravissima, e lei l'ha fatta en-
trare nel ristretto cerchio delle Figlie
dell'Immacolata.
Ho deciso di fare la sarta. Dal sa-
grato davanti alla chiesa di Mornese
si stacca un sentiero che tutti chia-
mano « il sentiero degli orti». Una
domenica mattina Maln subito dopo
la messa prende l'amica sollo braccio
e la conduce lungo il sentiero dell'or-
to. «Ti devo parlare, è una cosa im-
po1tantissìma. Mi pare che il Signore
vuole che noi due ci occupiamo delle
ragazze di Mornese».
E avanti nei dettagli; « Ho deciso di
fare la sarta. Vieni anche tu con me
da Valentino Campi, è un bravo sano
e un ottimo cristiano. Appena avremo
imparalo e potremo fare da sole, af-
Maln ha messo su un
laboratorio di sartoria
per le ragazze di Mor-
nese: .ogni punto, un
alto di amor di Dio•
(tavola di E. Mazzanl).
26 BOLLETTINO SALESIANO 1.1.1981
fitteremo una stanza e accetteremo
qualche ragazza che vorrà imparare a
cucire». Petronilla sgrana tanto d'oc-
chi: « E come vivremo, Maln? » « Del
nostro lavoro, mettendo in comune i
guadagni. È importante essere auto-
nome dalle nostre famiglie. Saremo a
tempo pieno per Dio e per queste ra-
gazze. Però... - e qui Maln fa una
lunga pausa - . Però bisogna fin d'o-
ra prendere una decisione: ogni pun-
to d'ago s ia un atto di amor di Dio».
Al soUto ne parlano con don Pcsta-
rino, che è d'accordo: « Sì, sì, fate
pure. Sono certo che è il Signore a
ispirarvi». Con qualche fatica otten-
gono il permesso dalle famiglie, sono
invece accolte cordialmente dal sarto.
Il patto è di lavorare per lui nelle ore
di negozio, e a casa per conto proprio
nel tempo libero.
Lavorano col sarto Cino ai primi del
gennaio 1862, poi Maìn e Petronilla
metlono su il loro piccolo laboratorio,
che come l'oratorio di Don Bosco
cambierà parecchie volte di sede.
Maln diventa «la Maria». La prima
sede è una stanza in casa di una Figlia
deJl'[mmacolata, Teresa Pampuro.
Maria e la sua amica accettano ogni
genere dj lavoro: tagli di stoffa nuo-
va, ma anche vestiario usato e logoro
da rigenerare. Praticano prezzi bas-
sissimi, e il lavoro non manca. Anche
se non mancano i piccoli fallimenti,
frullo .dell'impazienza.
Un giorno il Previn porta la notizia:
la sarta del paese, quella che riceve le
ordinazioni più importanti, deve tra-
sferirsi e lascerà a loro tutte le sue
cUenti. Ma p1ima di partire, è dispo-
sta a istruirle per bene. E subito Ma-
ria e Petronilla ridiventano allieve.
Quando la sarta se ne va, esse hanno
già fatto amici.Lia con le future clienti,
e dalla sarta hanno ereditato un certo

3.7 Page 27

▲back to top


numero di raga22e che imparavano il
mestiere e ora lavoreranno con loro.
È maggio, e nasce il vero laboratorio
di sartoria. Pochi mesi prima, anche
Don Bosco a Torino aveva aperto un
nuovo laboratorio, quello dei tipo-
grafi; e qualche anno prima quelli di
calzoleria, legatoria e falegnameria
per i suoi ragazzi.
Adesso il lavoro fluisce tranquillo
da tutto Mornese. Quando qualche
ragazza per seguire la moda chiede
abiti troppo stravaganti, lei riesce a
dirottarla verso modelli più semplici
e di buon gusto. Intanto le apprendi-
ste aumentano di numero, e la stanza
in casa di Teresa diventa troppo pic-
cola. Passano per qualche tempo in
casa di Angelina Maccagno, poi
presso una certa Bi:rago. Poi un fra-
tello dell'Angelina offre un locale con
cortiletto a cinque lire di affitto al
mese. finalmente si sta bene. E
sono anche vicine aUa chiesa: che si
vuole di più? Le allieve aumentano
ancora, le mamme si impegnano a
pagare un piccolo contributo: una I.i-
ra al mese, in denaro o più sovente in
natura. Ma il laboratorio conserva lo
stile di famiglia. Capita sovente che
una mamma mette in mano della
stoffa a una figlia e le dice: « Vai dalla
Maria, e il vestito ti insegnerà lei a
farlo"· Ormai la chiamano «la» Ma-
ria, perché è diventata importante in
paese; solo le amiche usano ancora il
diminutivo Maìn.
Il laboratorio comincia a prendere
un suo stile. La Maria ha collocato
all'ingresso una statuetta dell'Tmma-
colata, e ogni volta che entra le rivol-
ge un'Ave. Le ragazze fanno altret-
tanto. Durante il lavoro il chiacchie-
rio delle ragazze è interrotto da qual-
che let11.1ra, preghiera, canto. E su
questa quiete operosa. per iniziativa
Un venditore ambulan-
te di Mornese è rimasto
vedovo, le sue bambine
di sei o otto anni ri-
marrebbero sole du-
rante le sue lunghe as-
senze. Maìn le prende
con sé, e nasce Il pri-
mo Internato delle Fl-
glle di Maria Ausiliatri-
ce (Tavola di E. Mez-
zani).
di don Pestarino comincia a posarsi
lo sguardo di Don Bosco.
Don Bosco era a una s volta. Nel-
l'esLate 1862 Don Bosco è ad Acqui, e
lo incontra don Pestarino. Parlano
insieme a lungo; il Previn gli descrive
i1 suo lavoro, gli parla delle Figlie
dell'Immacolata. Don Bosco ascolta
attento, lo interessa molto quanto sta
accadendo a Mornese. È infatti giun-
to a una svolta importante della sua
vita, pensa di estendere il suo apo-
stolato alla gioventù .femminile.
Si sa che un paio di mesi prima, in
un colloquio con 1a marchesa Barolo,
le aveva manifestato questa intenzio-
ne. Non che fosse la sua propensione
naturale, a lungo aveva ritenuto di
doversi occupare solo dei ragazzi. Ma
di recente varie cose lo spingevano a
cambiare parere. Tra l'altro uno dei
suoi enigmatici sogni. Girando in so-
gno per Torino - raccontò lui stesso
-, si era trovato in piazza Vittorio
circondato da un gruppo di ragazze
scbiamazzaDLi, e aveva sentito una
voce: « Abbine cura». Anche Pio IX
un giorno gli aveva detto: « Voi finora
avete pensato ai ragazzi. Perché non
pensate di fare anche per.le ragazze
quel bene che andate Facendo per i
giovani?».
Di fronte a queste sollecitazioni
Don Bosco in cuor suo ha deciso, e
attende ora l'occasione per comin-
ciare. Don Pestarino quel giorno gli fa
notare che le ragazze di Mornese
erano delle contadinotte un pochi-
no ignoranti e rozze, ma molto impe-
gnate e di buona volontà. E Don Bo-
sco conclude: « Venga a trovarmi,
don Pestarino. Venga a vedermi a
Valdocco».
Certo che don Pestarino ci va: alla
prima occasione, sulla metà di otto-
bre. E ne torna che è salesiano. Don
Bosc:o lo ha accettato nelle sue file,
lui si mette totalmente a sua disposi-
zione, corpo e anima, spirito e so-
stanze, e se Don Bosco vuole lui viene
a stabilirsi a Valclocco. Ma Don Bosco
vuole che resti a Mornese: dove gli si
potrebbe trovare un campo migliore
in cui lavorare da salesiano?
Hanno anche parlato dell'associa-
zione dell'Immacolata, e del piccolo
laboratorio di sartoria. Don Bosco ha
consegnato a don Pestarino due me-
daglie della Madonna per Maria e
l'amica PetroniUa, e ha messo in caria
un saluto e un programma: « Pregate
pure, ma fate del bene più che potete,
specialmente alla gioventù». Di ritor-
no il Previn racconta tutto, consegna
medaglie e biglietto, e da quel giorno
Don Bosco non è più un estraneo nel
laboratorio.
L'ospizio, l'oratorio. I ntanto le al-
lieve del laboratorio aumentano an-
cora, le ragazze e le mamme ne sono
più che contente. Poi succede che un
mercante rimane vedovo con due
bambine di sei e otto anni, e non sa
dove metterle: le porta alla Maria. Lui
deve assentarsi a lungo, le piccole
dovranno dormire Il. Bisogna perciò
affittare un'altra stanza, e Petronilla
decide che si fermerà a dormire con
le bambine. Poi don Pestarino ag-
giunge alle due la Cinina, senza
mamma e con padre alcoolizzato.
Bisogna trovare locali più grandi, an-
cora una volta il laboratorio trasloca.
Appena in tempo, perché arrivano
una Rosina, una Maria, un'altra Ma-
ria, e una Caterina. Ormai c'è una fa-
miglia numerosa e stabilire, che crea
nuovi problemi.
Bisogna provvedere a pentole e
piatti, e a qualcosa da metterci den-
tro. Le mamme delle allieve esterne
continuano a pagare in natura, e ar-
rivano legumi, rarina, uova, galline.
Ormai accanto al laboratorio c'è un
vero e proprio orfanotrofio. Maria di
sera torna a casa sua, ma è sempre
più presa dal lavoro.
Arriva il carnevale 1.863, e in piazza
c'è il ballo. Maria fa concorrenza al
ballo: apre il laboratorio anche di fe-
sta, si procura un organetto; le sue
allieve accorrono e ballano fra loro.
Intanto Petronilla cuoce le «bugie»,
un dolce tipico e ghiotto, e le distri-
buisce in abbondanza. Le mamme
sono contente che le figlie nei giorni
del carnevale se ne stiano con la Ma-
ria, un po' meno i giovanotti..
Gli incontri domenicali continuano
anche dopo, di domenica al pome-
riggio si va su una collina dove sorge
una chiesa: si fa il catechismo e si
gioca. A sera tutti rieDLrano in Mor-
nese stanchi ma soddisfatti. Le ra-
gazze accompagnano Maria fino a
casa; una sera che già spuntano le
BOLLETTINO SALESIANO 1.1 . 1981 27

3.8 Page 28

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prime stelle, lei le addita: « Come so-
no belle e brillanti. Ecco, noi siamo
chiamate a andare ancora più in alto,
e a diventare ancora più lucenti».
Così a Mornese, senza tanti piani o
strategie, dopo l'ospizio è nato anche
l'oratorio.
L'esilio. Non a tutti piace quel che
sta capitando a Mornese. Alcune Fi-
glie dell'lmmacolata ritengono che
quelle iniziative sono stravaganti e
non secondo il regolamento dell'as-
sociazione. Le più giovani sono di
parere contrario e perfino aiutano nel
laboratorio; ma le altre seminano
malcontento. C'è maretta. La crisi si
vede al rinnovo delle cariche: finora
l'Angelina aveva avuto sempre voti a
bizzeffe, questa volta molti voti van-
no a Maìn. E le polemiche riprendo-
no a divampare.
Maria vorrebbe fermani anche lei
durante La notte con le orfane, ma in
famiglia sono irremovibili: ormai te-
mono di perderla. Intanto ritorna il
carnevale, quello del 1864, e torna il
ballo in piazza. Maria si procura
questa volta una pianola e la affida
alla bambina più piccola (per farla
funzionare basta girare la manovel-
la); Petronilla frigge un'infinità di
«bugie» in padella, e il gestore del
ballo è pitt che mai in difficoltà.
Poco dopo Teresa Pampuro decide
di fermarsi giorno e notte nell'ospizio,
e si assume l'onere di tutte le faccen-
de di casa, lasciando le altre due li-
bere di dedicarsi al Lavoro con le ra-
gazze. È una fortuna, perché intanto
le polemiche si sono gon Ciate a tal
punto che don Pestarino deve chie-
dere a Maria un grosso sacrificio: la-
sciare per qualche tempo il laborato-
rio. Maria china il capo e pa1·te.
Va alla cascina Valponasca, dove
lavorano due suoi fratelli. Rivede i
luoghi incantati della sua fanciullez-
za, la finestrella dove radunava la ra-
miglia al completo per la preghiera
della sera. L'amica Petronilla trova
modo di inrormarla di tutto, di con-
sigliarsi con lei per ogni decisione. Ma
nel laboratorio la sua assenza si fa
sentire, manca la gioia di una volta.
Intanto gH animi si sono placati, e un
mese dopo don Pestarino le dice di
tornare dall'esilio. Maria vola, e la vi-
ta ricomincia...
Poi, un giorno sulla fine di settem-
bre, don Pestarino arriva col viso
raggiante, ha una notizia a suo cl.ire
sensazionale: Don Bosco verrà a
Mornese! Non solo, ma incarica le tre
del laboratorio - Maria, Petronilla,
Teresa - dei preparativi perché Don
Bosco e i cento ragazzi della sua ar-
mata branca/eone abbiano la miglior
sistemazione possibile. Don Bosco
arriva quella sera del 7 ottobre, sul
caval1o bianco. e Maria non lo perde
d'occhio un minuto. Perché l:ta tanto
da imparare, e soprattutto perché or-
mai ha scoperto che« Don Bosco è un
santo». Lei lo sente.
tutto nei giorni festivi uomini, donne
e ragazzi affluire sul posto dove sor-
gerà il collegio. Ci si mette anche il
più vecchio del paese, che l:ta 86 anni.
Vanno a scavare le fondamenta, a
raccogliere piet'fe in giro per fare i
muri. 1 bambini- che in fondo sono
3 La vera direttrice
sarà la Madonna
i più interessati - hanno nuovi giochi
a cui giocare: si costruiscono piccole
carriole su cui mettono le pietre e le
Don Bosco nel 1864 è ormai deciso
a creare una congregazione di suore
che lavorino col suo metodo tra la
gioventù femminile, ma ancora non
sa di dove cominciare. Quanto alla
Maria, da bambina aveva sognato di
essere suora ma molto presto aveva
dovuto rinchiudere quel sogno nel
cassetto: per entrare in un convento
- aveva saputo - ci vuole una dote
consistente, che la sua famiglia non le
potrà mai procurare. Per questo si è
rassegnata a essere soltanto « suora
nel mondo».
Ora però gli avvenimenti prendono
la piega imprevista ma sperata, tutto
portano su. Maria con le sue compa-
gne dà l'esempio: la domenica matti-
na esce sulla s,trada, batte le mani, e
le ragazze del suo laboratorio-orato-
rio-orfanotrofio le corrono intorno;
poi tutte insieme vanno al lavoro, [ino
all'ora della messa. Torna il carneva-
le, ma chi ha tempo di ballare? Ora le
bugie diventano la giusta ricompensa
per gente stanca e affamata.
Anche dai paesi vicini - e interes•
sati al collegio - giungono gli aiuti:
gruppi di giovanolli con le solide
braccia, e carri pìeni di sabbia. o ·al
campanile di Mornese li si vede ard-
varc, le campane suonano, scoppiano
i monareui, i ragazzi vanno incontro
agitando ramoscelli.
I Gli scavi per le fondamenta sono
terminati e il 13.6.1865 viene posta
con solennità la prima pietra. Una
ventina di giorni prima, anche Don
Bosco a Torino aveva collocato una
prima pietra importante: quella c.\\ella
basilica di Maria Ausiliatrice. I mu-
ratori ora cominciano a tirare su le
pareli del collegio, e la gente li rifor-
nisce abbondantemente di pietre e
sabbia. Continuando di questo pas-
::.o... Ma presto le previsioni sono
buttate all'aria: in Piemonte si riparla
di cacciare gli stranieri dal sacro
suolo della patria, i giovanotti devono
posare gli arnesi pacifici per imbrac-
ciare il fucile, è la terza guerra di in-
dipendenza.
«Voi s iete sempre la mia cara
gente». Tornata la pace, si riprendo-
Mornese: Il pozzo del collegio, oggi.
no i lavori: nell'agosto 1867 un'ala
dell'edificio è a buon punto, anche la
si compie nel giro di otto anni, segnati cappella è terminata, e don Pcstacino
da lacrime e pene, ma ancor più da decide dì trasferirsi lassù: pou·à se-
liete sorprese. E al1a fine Don Bosco guire meglio i lavori. E la sua vecchia
risulterà il fondatore, e la Maria - casa in paese? L'idea gli viene sem-
che ora neppw·e ci pensa è allora non plice come l'acqua: potrebbe diven-
vorrà saperne di cariche - si troverà tare la sede stabHe e sicura ciel labo-
a essere suora, sttperiora generale e ratorio-oratorio-ospizio. Don Bosco
con fondatrice.
trova buona l'idea; e quanto a Maria,
Un collegio a Mornese. La notizia- combane l'ennesima battaglia in fa.
bomba la lancia don Pestarino, una miglia per ottenere il permesso di
domenica di ottobre, dal pulpito della staccarsi.
« messa grande»: Mornese avrà pre- L'ultima resistenza è della mam-
sto un collegio per i suoi ragazzi, il ma: « Che cosa farai quando noi non
Previa metterà a disposizione il ter- ci saremo più? I tuoi Eratelli e sorelle
reno a Borgoa!Lo, Don Bosco man- avranno la loro casa, ma tu con chi
derà a dirigere l'opera i suoi salesiani, vorrai stare?» Più d'un giovanotto è
e tutti sono invitati a collaborare per venuto in casa a chiedere la mano di
la costruzione. Certo che LUtti col- Maria; una sistemazione, come si di-
laborano: è un entusiasmo generale, ceva allora, per lei non sarebbe un
una mobilitazione che vede soprat- problema. Ma quel1e attività che la
28 BOLLETTINO SALESIANO 1.1.1 lllll

3.9 Page 29

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Maria ha avviato con le altTe, la
mamma proprio non le capisce: « Che
cosa volete fare, voi, povere figlie? »
Papà Giuseppe invece entra con co-
raggio, anche se· con dolore, nelle
prospettive della fede. Se è una chia-
mata di Dio, pensa, bisogna arren-
dersi. E arriva a convincere la mam-
ma: « Che vuoi farci - le dice -, i
figli devono seguire la loro inclina-
zione. E i genitori devono opporsi
solo se fanno male. Maria ha fatto
sempre bene, finora; possiamo con-
traddirla?» Poi tira (uori 200 I.i.re e le
consegna a Maln come acconto della
dote, per le prime necessità.
Al momento dj panire Maìn pian-
ge, poi dà una crollatina di spalle co-
me è solita fare: « Sentite, resta poi
vero che questa è sempre la mia casa,
e voi siete sempre la mia cara gente.
Nel momento del bisogno busserò a
questa porta. Vero che non resterà
chiusa?». E va.
La casa del Previn, abitata dalle
Figlie dell' Lmmacolata, prende iJ no-
notte, e l'indomani ci si leva alle tre
per andare a prenderle e portarle a
casa. Poi segue la giornata normale...
La Maria diventa s uperiora. In-
tanto don Pestarino comincia ad abi-
tuare i ragazzi di Mornese all'idea del
collegio: li chiama a giocare nel cor-
tile e sotto il porticato, e i ragazzi
saltabeccando fra iJ materiale da co-
struzione ammucchiato si sentono già
in casa loro. La quarta parte dell'edi-
ficio ormai è in piedi fino al secondo
piano, coperto dal tetto. Don Bosco
ha accettato di venire a benedire la
cappella ullimata, e Mornese si ap-
presta ad accoglierlo in trionfo. Tutto
è tToppo bello, e iJ1fatti arriva in testa
una tegola inattesa: la curia vescovile
di Acqui, da cui dipende Mornese,
pone il veto al collegio. Ad Acqui si
sta costruendo il seminario minore, e
non si vuole concorrenza...
Don Pestarino rimane di sasso, ne
parlerà con Don Bosco. Il suo arrivo
(9.12.1867) è qualcosa di regale, con la
gente che fa ala fin su a Borgoalto,
Il torrente Rovemo presso Mornese, dove le prime FMA con suor Maria andavano a lare Il bucato.
me di« Casa dell'Immacolata». Conta
otto o nove stanze, una enormità. Ne
prendono possesso Maria, l'amica
Petronilla, e Teresa; presto si aggiun-
ge una quarta, Giovanna Ferretti110.
Più n-e ragazzine. Tornano i malu-
mori in paese, ma le quattro fanno la
loro parte senza badare a nessuno, e
cosi la gente finisce per accettarle. C'è
tanta allegria nella casa dell'Imma-
colata, ma anche tanta povertà. Nella
madia spesso scarseggia la farù1a
della polenta, e quando la farina c'è
manca la legna. Con la solita rusin-
voltura Maria bussa alla porta di ca-
sa: « Mamma, per la legna del tal vi-
gneto non pensateci, quest'anno: an-
dremo a prenderla noi». Ogni tanto si
parte in spedizione avventurosa: si
raccolgono fascine nel bosco fino a
accende tutti i lumi a disposizione,
punteggia la strada con i falò. Lassù
fuochi d'artificio e mortaretti. Don
Bosco è costretto a prendere posto
sopra un n-ono, e i bambini gli can-
tano un inno composto daJ maestro,
come se fosse il santo patrono. Ma
Don Bosco preavveruto dal Prcvin
ora deve frenare gli entusiasmi, e co-
mincia a insinuare l'idea di alcune
difficoltà che sorgono sull'orizzonte
del collegio.
L'indomani parla anche con Maria
e le altre: questa volta Maria non è
più spavalda in prima fila, ma timida
dietro le quinte. È pallida in volto,
però man mano che Don Bosco parla
le sue guance si colorano e alla fine
non sta in sè per l'emozione. « State
allegre - conclude Don Bosco
State allegre perché la Madonna vi
vuole bene».
Pochi giorru dopo, don Pestarino
torna nella casa dell'Immacolata e
dire che in quella casa si deve eleg-
gere una superiora. «Come?» «lo non
ci voglio entrare: fate voi come vi
pare meglio». Votano tutte, anche le
raga:cle, e llltti i voti meno uno sono
per Maria. Petronilla, l'amica di sem-
pre, esce con una decisione che pre-
sto adotteranno anche le altre: « Bene
- dice -. Ora voglio essere io la
prima a darti di lei». Tutte trovano
naturale questa innovazione; invece
in paese ridono e dicono che sono
ragazze dalla testa calda. Intanto al-
tre due giovani si aggiungono al
gruppetto. Ma che ne sarà del col-
legio? Don Pestatino è sulle spine...
Chi lo dirà ai momes ini? Nella
primavera 1869 Don Bosco torna a
Mornese, e lo accolgono « come se
fosse il Signore». A Maria e compa-
gne promette un « orario-regolamen-
to »; torna a Torino, lo redige e lo in-
via. Ln esso raccomanda di vivere alla
presenza di Dio, di amare il lavoro,
formarsi un buon carattere paziente e
lieto, impegnarsi per il bene del
prossimo. Maria e le compagne ac-
colgono quel testo come una pedana
di lancio, per fare ancora meglio. In-
tanto le bocche da sfamare aumen-
tano in casa, e per raggranellare
qualche soldo in più decide di al-
levare i bachi da seta. Ora si fanno
spedizioni per la campagna anche a
raccogliere le foglie del gelso.
Nel .1870 Don Bosco ritorna. Sul
collegio - dove i lavori proseguono
senza entusiasmo e a passo di lumaca
- pesa ancora l'antico divieto, ma
Don Bosco si interessa sempre p
alla Casa dell'Immacolata. Constata
che Maria come capo della comunità
ci sa davvero fare, e quanto al col-
legio invita don Pestarino ad accele-
rarne la cm,"tTuzione.
A giugno Don Bosco va a Roma e
chiede sui nuovi progetti il consiglio e
l'approvazione del Papa. Pio IX
prende tempo, e in una seconda
udjenza gli dice: « Ho riflettuto su
questa idea di fondare una congre-
gaz.ione rnligiosa: mi pare secondo
Dio». Da questo momento Don Bosco
non ha più dubbi, e stringe i tempi.
Tornato a Torino convoca subito il
Previn e lo inonda ru novità. Dice che
le nuove suore si chiameranno Figlie
ru Maria Ausiliatrice, e che avranno
come casa madre il collegio di Mor-
nese. Così iJ contrasto con la cw-ia di
Acqui sarebbe risollo per sempre.
Questo è vero. Ma ciò non toglie
che il Previn cominci a sudare fred-
do: la decisione in è eccellente, ma
chi la dirà ai mornesinì? Lui proprio
non se la sente. Quella gente ce l'ha
BOLLETTINO SALESIANO 1., 1981 29

3.10 Page 30

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ANNO PER ANNO
SANTA MARIA MAZZARELLO
Maria Domenica Mazzarello, confon-
datrice e prima superiora delle Figlie di
Maria Ausilìatrice.
1837. Nasce Il 9 maggio, prima dei
sette figli di Giuseppe e Maria Madda-
lena Calcagno, viticoltori. Nasce nella
frazione « Mazzarelli di qua•, comune di
Mornese, provincia di Alessandria. È
battezzata il giorno della nascita.
1849. Riceve dodicenne la prima co-
munione. Non ci sono scuole, non ha
possibilità di frequentarle. Aiuta in casa,
si occupa dei fratellini, lavora in cam-
pagna.
1855. Il suo direttore spirituale don
Domenico Pestarino fonda in Mornese
l'associazione • Figlie dell'Immacola-
ta •; Maria fa parte del primo gruppo, è
la più giovane.
1860. Epidemia di tifo. Maria, da due
anni trasferita con la famiglia a Morne-
se, si prodiga nella cura dei malati e si
ammala a sua volta. Guarisce ma la sua
fibra è scossa: non regge più ai lavori
dei campi.
1861. Maria lavora come sarta, poi
apre un laboratorio di sartoria (1862),
poi un piccolo ospizio e l'oratorio festi-
vo (1863).
1864, 8 ottobre. Primo incontro di
Maria con Don Bosco giunto a Mornese
in gita autunnale• con I suol ragazzi.
1865. Prima pietra di un collegio de-
stinato al ragazzi di Mornese.
1867. Maria lascia la famiglia e con le
compagne del laboratorio si trasferisce
nella Casa dell'Immacolata• di don
Pestarino. È eletta superiora della pic-
cola comunità.
1869. Don Bosco scrive un apposito
«orario-regolamento» della comunità.
1870-71. Don Bosco parla a più ri-
prese con don Pestarino, e anche con
Pio IX, di un futuro Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice. Infine prepara le Co-
stituzioni della nuova congregazione.
messa tutta a tirar su un collegio per i
suoi ragazzi, non un convento per
s uore... Quando rientra a Mornese
trova Maria felice perché dalla ven-
dita dei bachi da seta si sono ricavate
500 lire, e lei trova il Previn invec-
chiato di dieci anni.
Leggere, pregare e poi decidere.
Nell'estate 187 l Don Bosco manda a
don Pestarino un quadernetto scritto,
riscritto, sudato. Contiene le Costitu-
zioni della nuova congregazione, o
meglio un primo abbozzo in cui ha
provato a concentrare il megJjo dei
documenti similari di altre congrega-
zioni, ma anche il suo progetto. E poi
quella caratteristica che già aveva
assegnato ai salesiani: le sue suore
davanti alla Chiesa saranno vere reli-
giose, ma libere cittadine davanti alla
società civile.
U Previn ba già lasciato trapelare a
30 BOLLETTINO SALESIANO 1. 1.1981
1872. Il 23 maggio Maria e le sue
compagne si trasferiscono nel nuovo
collegio. 5 agosto: alla presenza di Don
Bosco ricevono in 15 l'abito religioso, e
in 11 emettono la prima professione.
Nasce cosl l'Istituto delle Figlie di Maria
Auslalitrice, e suor Maria Mazzarello è
superiora col titolo di Vicaria.
1874. A gennaio muore la prima FMA.
In aprlle l'Istituto è aggregato alla Con-
gregazione Salesiana. In maggio muore
don Pestarino. Il 15 giugno madre Maz-
zarello è eletta superiora generale. L"8
ottobre le suore aprono la loro seconda
casa (a Borgo San Martino).
1877. Prima spedizione mislonaria in
America: madre Mazzarello accompa-
gna due delle missionarie in visita dal
Papa. L'anno dopo apre la prima casa in
America e la prima in Francia. Le Co-
stituzioni, finora scritte a mano, vengo-
no stampate.
1879. La Casa Madre si trasferisce a
Nizza Monferrato (nel 1929 sarà a Tori-
no, nel 1969 a Roma).
1881. A gennaio madre Mazzarello
accompagna le suore missionarie della
terza spedizione al porto di Marsiglia. A
febbraio-marzo è ancora In Francia, a
St.-Cyr, malata (pleurite); torna a Nizza,
ma a metà aprile ricade inferma. Muore
1114 maggio.
1884. L'Istituto delle FMA tiene il suo
primo Capitolo generale.
1891. Le FMA aprono la prima casa
In Asia (Palestina).
1893. Aprono la prima casa anche in
Africa (Algeria).
191 1. La Santa Sede approva l'Istitu-
to delle FMA; lo stesso anno è aperto il
processo diocesano per la canonizza-
zione di madre Mazzarello.
1925. La causa è introdotta a Roma.
1936, 3 maggio. Col riconoscimento
dell'eroicità delle virtù, madre Mazza-
rello è venerabile.
1938. Il 20 novembre Pio Xl la pro-
clama Beata.
1951 . Il 24 giugno Pio Xli la procla-
ma Santa.
Maria e compagne l'intenzione che
Don Bosco ha da affidare il collegio
alle Figlie dell'Jmmacolata, ma non
ha de tto che esso sarà tutto e solo per
il lo ro gruppetto. Però Maria ha già
ripescato dal fondo della memoria
quell'episodio strano che le aveva
me1itato lo sportello del confessiona-
le sbattuto in faccia: quando le era
sembrato di vedere lassù a Borgoalto
quell'edificio pieno di bambine che
giocavano. Visionaria, d'accordo. Lei
non è solita mettere in discussione i
pareri di don Pestarino. Però, qual-
cosa non si sta già avverando?
A dicembre il Previn sta ancora ri-
muginando da solo l'abbozzo di
quelle Costituzioni, cd ecco arrivare
una notizia inquietante: Don Bosco a
Varazze - dove è andato a inaugu-
rare un'opera - è malato, è grave, gli
hanno amministralo il viatico. Per
Mornese è peggio che una grandinata
sull'uva matura. Don Pestarino parte,
e lo accompagnano dodici momesini.
n 2.1.1872 sono a Varazze, e con
grande sollievo trovano Don Bosco
sulla via della guarigione. Don Bosco
ringrazia, e trova anche il modo di
informare quei mornesini sulla mu-
tata destinazione del collegio. Con la
massima cautela. E con gran respiro
di sollievo da parte del Previn.
Costui appena di ritorno porta le
Costituzioni in Casa dell'Immacolata
e le consegna: si rratta ora di leggerle
attentamente - dice -, di pregarci
su, e poi di decidere. Chi di loro si
sente di consacrarsi al Signore se-
condo le norme scritte dentro,
avrebbe dato inizio all'Istituto delle
Figlie di Maria Ausiliauice.
Per Maria non ci sono problemi: se
Don Bosco ba serino quelle cose per
loro, di sicuro vanno bene e lei è di-
sponibile. Ne è così entusiasta che la
sorella Felicina decide di seguirla e si
trasferisce anche lei nella Casa del-
l'Immacolata. L'amica Petronilla ha
invece qualche dubbio, comunque
per lei e le altre c'è te mpo a decidere.
A fine gennaio don Pestarino con-
voca tutte le Figlie dell'Immacolata
perché eleggano la s uperiora per la
Casa dell'lmmacolata. Sono presenti
in 27, ci son o anche quelle che non
sempre hanno simpatizzato per Ma-
ria, ma le danno ugualmente 21 voti.
E lei: « Vi ringrazio ma non posso
acceuare. lo non sono capace. Cre-
detemi, non sono capace di fare la
supe riora ». Non è la solita dichiara-
zione di circostanza. proprio non si
sente. Il Previn dice che bisogna par-
larne con Don Bosco; le altre pro-
pongono che nel frattempo Maria
accetti il titolo di Vicaria, e su questo
compromesso son tulle d'accordo.
Adesso Maria è tranquilla, ha molta
fiducia in Don Bosco: Don Bosco sa
che lei non è capace di fare la supe-
riora, e presto la esonererà. Ma anche
Don Bosco ormai conosce bene la
Maria, e la confermerà superiora.
Quattro marmotte nel collegio. La
curiosità non è soltanto femmina, e
qualcuno a Valdocco conoscendo i
piani di Don Bosco gli domanda cu-
rioso: « Come saranno vestite le sue
suore?» « Per ora - risponde lui -
accontentiamoci che abbiano l'abito
della virtù». Ma 01·mai è tempo di
affrontare sul serio il problema.
Un mattino a Mornese l'amica Pe-
tronilla trova Maria con gli occhi
sfavillanti, e con un invo lto color
marrone sul braccio. ln gran segreto
srotola l'oggetto misterioso e ne esce
un abito simile a quello dei fraticelli,
ma senza cordone e con una mantel-
letLa fino al gomito. Spiega che Don
Bosco l'ha voluto: è una prova: se va

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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bene, sarà il loro abito di suore. Ma
dev'essere molto pratico, perché deve
servire anche per giocare nelle ri-
creazioni.
Qualche tempo dopo l'abito arriva
fino a Don Bosco, nella casa di Va-
razze dove è ancora convalescente.
« Bisogna che qualcuno lo indossi -
egli osserva -. Se no, come faccio a
dare un giudizio?» Ci si guarda at-
torno, il tipo adatto sembra l'infer-
miere, il salesiano coadiutore Pietro
Enria. « Tu stai benone! - dice ri-
dendo Don Bosco-. Quanto all'abi-
to, non c'è male. Bisogna solo che
non sia d'un marrone così chiaro». E
nel rinviarlo a Mornese, Don Bosco fa
dire alla Maria: « Io verrò, e firmere-
mo insieme la grande promessa di
vivere e morire sotto il bel nome di
trice, grandi manovre per preparare il
laboratorio d i sartoria nei nuovi lo-
cali, perché le apprendiste venendo
dal paese a lavorare trovino tutto in
ordine. Maria interroga le bambine
sugli umori che circolano in paese:
che cosa dice la gente? « Dice cbe
siete delle poverine a rinchiudervi
così. Che vi stancherete presto. Che
dovrete passarne... » Dicono pure che
la gente trova strano che don Pesta-
rino perda tutto il suo tempo « per
quelle quattro marmotte». A sera due
delle ragazze cresciute nell'ospizio si
presentano a Maria e chiedono di far
parte della nuova famiglia religiosa.
.I bachi fanno la loro parte. Maria
ha il suo da fare per infondere co-
raggio e mantenere l'allegria. La po-
vertà è dura. Ogni tanto si va al tor-
Mornese, 1872: Don Bosco conferma suor Maria superiora delle FMA (dipinto di P.G. Crlda,).
Figlie di Maria Ausiliatrice».
Si affretti davvero, Don Bosco. In
Mornese, da quando si sa che quelle
ragazze andranno a occupare il col-
legio, le chiacchiere sono in aumento.
E giustamente don Pestarino consi-
glia: « Chi vuole stare con Don Bosco,
tace, e lascia fare alla Madonna». La
sera del giorno fissato, 23 maggio,
fanno trasloco. Aspettano che sia un
po' buio per non dare spettacolo, per·
non far vedere quanto le loro masse-
rizie sono povere. Non hanno neppu-
re un carretto. Ciascuna si carica sulle
spalle quanto può portare, e su fino a
Borgoalto. Uno, due, tre giri, perché
bisogna anche trasportare i bachi da
seta, quest'anno particolarmente nu-
merosi. Non patiranno? Don Pestari-
no assicura: « L'obbedienza rarà mi-
racoli anche per loro».
L'indomani, festa di Maria Ausilia-
rente per il bucato, e lei trasforma
quella sfacchinata in una gita. A
mezzogiorno si accende il fuoco tra
due pietre, si cuoce la polenta e ci si
scalda le mani. Si canta, si ride. Dice
una testimone che Maria. « aveva il
dono di far sorgere il sole anche nei
giorni nuvolosi».
Un'altra, un'oratoriana: « Maria
giocava molto con noi, ci faceva can-
tare, ci narrava tanti bei fatti. li no-
stro entusiasmo era così grande che
prendevamo Maria seduta sulla sedia
e la portavamo in giro per il cortile.
Qualcuno le metteva in mano un
mazzolino di fiori e allora si cantava:
"Mazzolin di primavera /buonasera,
buona sera...Quanto al laboratorio,
si continua a praticare i prezzi modici
di sempre. Le bocche da sfamare au-
mentano; per fortuna i bachi fanno la
loro parte, ma non basta. Maria ogni
tanto domanda al Previo: « Quando
Don Bosco si deciderà a mandare la
superiora?» « Don Bosco ha promes-
so, e manterrà - risponde don Pe-
starino -. Ma ha anche detto che tu
faccia da vicaria».
Le prime quindici s uore di D011
Bosco. È l'estate 1872: il nuovo ve-
scovo di Acqui mons. Sciandra sta
uscendo da una brutta bronchite, e
gli hanno consigliato la convalescen-
za a Mornese. Diventa ospite di Pre-
vin. È una circostanza buona per
stringere amicizia con lui, e Don Bo-
sco pensa che egli potrebbe presie-
dere la vestizione religiosa delle fu-
ture suore. Don Pestarino lo invita a
nome di Don Bosco, e mons. Scian-
dra accetta, ma vuole che Don Bosco
sia presente. Come potrebbe mancare
il fondatore? E manda il suo segreta-
rio a prelevarlo.
La mattina del 5 agosto, festa della
Madonna della neve, entrano in
quindici nella chiesa con il nuovo
abito sul braccio. li vescovo lo bene-
dice. Poi in undici emettono la pro-
fessione religiosa per tre anni; le a ltre
quattro vengono considerate novizie.
Tra le professe, cinque si chiamano
Mazzarello: la Maria, la sorella Feli-
cina, l'amicissima Petronilla che le dà
del lei, poi una Rosa e una Caterina.
Don Bosco vorrebbe che il vescovo
tenesse l'omelia, ma mons. Sciandra
delicatamente risponde che tocca al
fondatore.
Don Bosco parla ma è profonda-
mente commosso. « Voi siete in pena
- dice-, e io lo vedo con i miei oc-
chi, perché tutti vi perseguitano, e vi
deridono, e i vostri stessi parenti vi
voltano le spalle. Non vi dovete stu-
pire... Tra le piante molto basse di cui
parla la Sacra Scrittura, sovente c'è il
nardo. Voi leggete nell'ufficio della
Madonna: ''li mio nardo emana un
soave profumo". Ma sapete quando
ciò avviene? Quando è ben pesto...
Non vi rincresca mie care figliole di
essere così maltrattate adesso. Fatevi
coraggio e consolatevi, perché solo in
questa maniera voi diventerete capa-
ci di fare qualcosa dibene nella vostra
nuova missione.
Prima di tornare a Valdocco, Don
Bosco parla ancora alle sue suore, si
congratula con loro, ma non può far a
meno di dare un gravissimo d ispia-
cere a suor Maria Mazzarello: la
conferma come superiora. Spiega
anche alle suore il perché: « Gode la
vostra fiducia, e è stata la prima di
voi nell'affrontare le difficoltà portate
dal nuovo stato di cose. Ascoltatela
dunque, e obbeditela. Per ora avrà
solo il titolo di vicaria, perché la vera
direttrice è la Madonna».
Enzo Bianco
(1. Continua)
BOU.ETTINO SALESIANO 1.1.1981 31

4.2 Page 32

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I NOSTRI SANTI
ALLISTE NON CONOSCEVA
MARIA AUSILIATRICE
Torino, 1967. En-
tro In camera opera-
toria. Medici In ma-
schera, infermieri,
ferri lucenti. Scom-
paiono dalla mia
mente mamma, fi-
glia, marito, non
penso che a lei, la
Madonna del mio
oratorio, della basili-
ca, la Madonna della
mia fanciullezza che sempre mi accom-
pagna. La sento vicina, e non ho paura.
Lunghe ore di operazione, cinque giorni
sotto la tenda a ossigeno, una ripresa
lenta di contatto con la vita, convale-
scenza, guarigione. È stata lei, la mia
Ausiliatrice, che fu sempre con me.
Ortisei, 1967. Vado dal più bravo scul-
tore In legno: « Capo, voglio una Madon-
na come questa», e gli mostro una car-
tolina di Maria Ausiliatrice. La voglio
bella come il sole, la più bella che sia mai
uscita dalle vostre mani di artista. col
manto d'oro zecchino•. E il più bravo
scultore in legno di Ortisei lavora, lavora,
lavora...
Alliste (Lecce), 8 dicembre 1967. È la
festa dell'Immacolata. La nicchia è pron-
ta, la popolazione è stata preparata dal
parroco, la mia bella Maria Ausiliatrice
viene benedetta e posta nella splendida
nicchia. Tra fiori e nuvole d'incenso. La
popolazione commossa prega... Flno a
sera si susseguono i gruppi oranti.
Non si conosceva Maria Ausiliatrice qui
al mio paese natale, e ora la Madonna del
mio oratorio è là, bella e materna, sorri-
dente a tutti, mamma di ciascuno.
Alllste, 24 maggio 1968. È tutto il mese
che si prega ai piedi di Maria Ausiliatrice,
e oggi per la prima volta la statua viene
portata In trionfo per te vie del paese, con
una grande processione, proprio come a
Torino. Si canta e si prega, si ritorna ai
sacramenti e alla chiesa. Ora ella è an-
cora là che mi attende, quando torno al
paese per le ferie estive, e quando in
chiesa la guardo mi pare di essere in casa
mia, al mio oratorio.
Giovanna Spano (Torino)
SENZA DIRMI NULLA
PREGARONO MARIA AUSILIATRICE
Lo scorso dicembre, mentre scendevo
con mia figlia da un autobus a Torino, fui
schiacciata tra I battenti della porta
pneumatica, gettata sulla strada, e tra-
scinata con la gamba sinistra trattenuta
fra I battenti; mia figlia Invece fu scara-
ventata sulla strada. Le conseguenze per
mia figlia furono contusioni varie, e per
me la frattura esposta della tibia e del
perone. Ricoverata all'ospedale, rimasi
con la gamba In trazione per 15 giorni, e
ingessata due volte, per tre mesi. La frat-
tura a detta del medici curanti risultava
delle più brutte, con una grande ferita e
l'esposizione delle ossa. Data la mia età
(quasi 79 anni) e altri miei disturbi, c'era
pericolo di infezione con conseguente
amputazione della gamba.
Senza dirmi niente e nascondendomi la
gravità della situazione, mia figlia e suo
marito intrapresero una novena a Maria
Ausiliatrice e ml fecero mattare sotto Il
gesso un'immagine della Madonna e di
Don Bosco. Il giorno stesso che termina-
va la novena I medici mi annunciarono
stupiti che la carne della ferita comincia-
va a germogliare, che anche per la frat-
tura si stava formando il callo osseo, e
che l'amputazione era evitata.
Quando tornai a casa cominciai ad al-
zarmi e a camminare col girello. poi potei
anche uscire. Ora ho praticamente ripre-
so, sia pure con molte limitazioni, a vivere
In maniera confacente alla mia età. E rin-
grazio di cuore Maria Ausillatrice e Don
Bosco, anche perché gli stessi medici
curanti, quando videro le immaginette,
non esitarono ad attribuire all'interces-
sione della Madonna e di Don Bosco la
mia guarigione.
Angelina Biancotto (Torino)
UN SACERDOTE CHE Cl GUIDI
È UNA GRAZIA MERAVIGLIOSA
Siamo due Coo-
peratori salesiani e
vogliamo ringraziare
Il Signore per le tan-
te grazie ricevute
per l'intercessione di
Maria Ausiliatrice
nostra madre cele-
ste, di Don Bosco e
dei santi salesiani.
Non abbiamo da
raccontare nessun
grande miracolo, ma tante piccole cose
che ci mostrano la premura e l'amore di
cui il Signore ci circonda.
Il Signore ci ha fatto conoscere un sa-
cerdote salesiano che ora la nostra
guida spirituale, capace di sostenerci, di
consigliarci, di confortarci. Temevamo
alcuni mesi fa che egll dovesse partire per
un paese lontano, e abbiamo tante volte
supplicato Il Signore di farlo rimanere tra
noi. Sapevamo ohe la nostra richiesta era
un po' egoistica, tante volte pensavamo di
far male a chiedere questo, ma eravamo
anche pronti ad accettare la volontà di
Dio. Il Signore cl ha esaudito e noi lo vo-
gliamo ringraziare perché cl ha posto ac-
canto un vero amico.
Vorremmo dire a tutti, ma soprattutto al
giovani, che avere un sacerdote che Il
possa guidare per un cammino cristiano è
una grazia meravigllosa. Un grazie quindi
grandissimo a Dio perché ci manda an-
che oggi sacerdoti santi come Don Bo-
32 BOLLETTINO SALESIANO 1. 1.1981
sco, segni visibili del suo amore paterno.
Vogliamo ringraziare i nostri santi anche
perché hanno sempre protetto la nostra
famiglia, e Inviamo una piccola offerta per
le missioni.
Due Cooperatori (lettera firmata)
* Rosina Cannavò (Catania) perché Il
loro figlio Giuseppe desiderava intra-
prendere una carriera pericolosa che lo
avrebbe portato lontano da casa, e ha
Invece ottenuto un posto tranquillo nella
*sua città.
Cav. C. R. (Asti), perché la moglie ha
superato una grave infermità: Per me,
oltre alla bravura del chirurgo, ritengo
trattarsi di una vera grazia •·
* A.O. (Palermo), exallleva che si de-
finisce scettica e sostenitrice della logi-
ca», perché ha ottenuto che il marito ri-
trovasse un P.OSto di lavoro quando ormai
non c'era più spazio per la speranza.
Quando eravamo ridotti all'angoscia più
nera, tirai fuori dal cestello un rosario,
dono di nozze delle mie buone suore, ri-
masto sepolto da quel giorno felice. Lo
recitai con fiducia e scetticismo, l'ho
portato sempre con me tenendolo nella
tasca del jeans perché mi accompagnas-
se ogni giorno... ». E ora a grazia ottenuta
scrive: Dico alle suore educatrici di non
scoraggiarsi: anche chi è refrattaria come
me, nel momento del bisogno ricorre alla
*recita del rosario " ·
Giovanni Perotti (Torino) per la gua-
rigione della mamma. Ricoverata all'o-
spedale, doveva essere operata per tu-
more al pancreas ma nello stesso tempo
ciò non era possibile a causa dell'età e
del cuore troppo debole.• Piangendo mi
recai alla basilica di Maria Ausiliatrice e
ebbi subito la sensazione che la mam~a
di a pochi giorni sarebbe mlgflorata. A
distanza di un mese è stata dimessa tra lo
*stupore del medici, guarita».
Carlo Boleslao Piekut (Roma) per
avere trovato lavoro e ricevuto un altro
HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Agnelli Maria Agosta Slellnda Albi• Carla Ava-
gllano Grazia• Balllerl Grazia• Bardlnl Pierina• Bardlnl
Arpellce Barotto Camilla • Bellavla Vincenzo Bel-
lomo FIiippina • Bertoldo Te<ua Besoul Luigia •
Bizzarri Elena Bruuone Maria • Cacopardo Concetta •
Capuccl Armlnda Cavaglla Gluaei>pe Cavagllano
Rosanna• Chaueur l•olina Cocco Caterina• Colattl
Burutello Teresa• Conii Anselmlna. Coppo Giovanna.
Cozon Vittoria • Crlstotarl Elvira veci. Gilli D'Andrea
Bruna· D'Asaro Salvatore • Delfino Emllla • Del Gaudio
Pina Delia Tolla Michelina - DI e.mordo Anna DI
Marco Pina Domenica Dotti Angelo • Facchini Rosa •
Farina Antonio - Fasolo Fr~ncesco - Ferrarsi Maria -
Garibaldi Colomba Ghlrlnghelll Raffaella - Gldaro
Virginia • Glrlbaldl Colomba - Granata Vlncenu Gra-
ziano Caterina G.erace Bianca lntantlno Geslna Or•
lando• La Guldara Lina Mammona Lo Regio Michele .
Lualdl Lina Mancuso Antonino • Massaglla SFAMI·
GUAO + Messina Francesca Mestrangelo Aurelia •
Mongelll Giuseppe • Munlar Albertino Nordl Angelina
- Panero Giovanna Pasqulnelll Maria . Pastorlno Sa•
bina Pollnelli Ghlrlnghelll Raffaella Pravate Maria
Prlnl Pastore Maria Querclonl Ferruccio • Quirico
Giovanna • Rlccobene Lina Rosa Federico Rusconl
Paolina Saballnl Carlo• Sacchetto Maria Salta Nella
Saglibene Orsola Sannanaro Maria Schlttlnl Rosy
Severlnl Lucia Spadollnl Renato • Spottl Anna •
Stacchetll Ellaabelta • Velati Pasquale • Venezia Gia-
comina Veroni Maria Vlganb Giuseppina • Viotti T,._
resa Zanelll Alma• Zorzoll Giannina.

4.3 Page 33

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*favore spirituale
Gabriella Baldi Russo (Reggio Emi-
lia) per aver ricevuto la grazia di un bel
bimbo sano.
* Maria Caneva ved. Zerbino (Carpa-
neto. Al) per aver ottenuto la salute della
figlia: Era ridotta In condizioni così gravi
*che i medici scuotevano il capo.
Annarosa Piccolino (Vigevano, Mi)
che ricoverata d'urgenza all'ospedale, si
raccomandò a Maria Ausiliatrice e a Don
* Bosco e ottenne la guarigione.
NN (Bova Maflna, RC) aveva Il padre
in carcere per una falsa accusa, ma vari
Indizi purtroppo erano contro di lui. Pregò
chiedendo la grazia che la verità venisse
alla luce. e proprio quando tutto sembra-
va perduto - dopo sette mesi di dolorosa
attesa in carcere - la sua Innocenza
*venne ampiamente riconosciuta.
Angela e Mario (Catania) avevano
visto distrutta la pace della loro famiglia a
causa d'una grave calunnia caduta su un
loro caro. Ricorsero con la preghiera al-
i'Ausiliatrice, e dopo una settimana di
angoscia ebbero la gioia di veder dissi-
*pato ogni sospetto e tornata la serenità.
Cav. Angelo De Sanctis (Teano. CE)
ringrazia Don Bosco per avergli consen-
tito di superare un momento tragico. Ri-
coverato In ospedale per un male alla
gamba, si delineava da parte dell'équipe
medica la necessità dell'amputazione
Giorni oscuri e pieni di preoccupazione
si delineavano per me all'orizzonte. Mi ri-
volsi con la fede di sempre a Don Bosco.
e ancora una volta egli mi ha ascoltato•.
HAI GUARITO LA TUA MAMMA
GUARISCI ANCHE LA MIA
Sono molto grata
a san Domenico Sa-
vio per una grazia
che ha voluto fare
alla mia mamma. Da
circa un anno essa.
che ne ha 83, fu
colpita alla spalla da
un dolore che anda-
va aumentando fino
a renderla quasi del
tutto immobile nel
letto. Lascio Immaginare la mia pena nel
vederla In quello stato. Ho tanto pregato
perché almeno il dolore diminuisse, e così
fu, ma le rimase una febbre alta che resi-
steva a ogni cura. Furono somministrati
tanti antibiotici, che perfino Il medico si
stupiva come mia madre alla sua età po-
tesse sopportarli; ma non bastava ancora.
In casa riceviamo Il BS e leggendolo ml
venne l'idea di chiedere l'abitino di San
Domenico Savio. Lo chiedemmo. cl fu in-
viato, e io pregavo: • San Domenico Sa-
vio, che hai guarito la tua mamma. guari-
sci anche la mia •. Ora posso dire di es-
sere stata esaudita: mia madre sta beni-
no, non ha più la febbre, ha ripreso a
camminare. E mi attratto a ringraziare il
piccolo santo. sicura che completerà la
grazia al più presto.
Tina Monaco (Petina, Salerno)
* Anna Maria Merlo in Berton (San-
dr,go. Vi).· Silvano, il suo bambino di cin-
que anni, era stato coinvolto in un inci-
dente stradale e ridotto In gravissime
condizioni. Non dava più segni di vita, e fu
La causa di canonizzazione
nenll le deposizioni del testi
di don Clmalll la un passo avanti:
e altra documentazione raccolta nel
ecco I sette groul volumi conte-
proce11I Istruiti a Tokyo e Torino.
messo In sala rianimazione.• Noi tutti al-
lora ci siamo rivolti àl Signore con Intensa
preghiera, attidandolo alla protezione di
san Domenico Savio•· Venti giorni dopo,
Silvano tornava a casa perfettamente
guarito.
QUESTA SIGNORA
AVREBBE DOVUTO MORIRE
Una grazia vera-
mente singolare ci
ha concesso qual-
che tempo fa santa
Maria Mazzarello.
Una nostra conso-
rella anziana si tro-
vava degente in cli-
nica, e nella stessa
camera venne por-
tata una signora af-
fetta da molli e gravi
mali. Era agitatissima, al punto da non
lasciare pace intorno a sé, e nessu10
riusciva a calmarla. La cosa ml Inquieta-
va, perché dovevo passare la notte a ve-
gliare la mia consorella, a cui avevamo
dato una reliquia di santa Mazzarello. n-
vocai fiduciosa in cuor mio madre Maz-
zarello, e poco dopo la stessa signora -
quasi avesse udilo la mia preghiera - mi
disse: Il Signore la ascolti! Intanto era
diventata un po· più calma, e cominciò a
pregare anche lei.
Nella notte riposò tranquilla. Al mattino,
nel salutarla, vidi con sorpesa che aveva
su di sé la piccola reliquia di madre Maz-
zarello. Chi l'aveva lolla alla nòstra malata
per darla a lei? Non sono mal riuscita a
saperlo. Il fatto è che benché In condi-
zioni gravi per Infarto, diabete, choc ner-
voso e pressione alta, questa malata
riuscì a riprendersi. E superò anche un
forte risenttlmento che aveva nei con-
fronti della famiglia.
Nella clinica si parlò molto di lei e della
madrecila - Maria Mazzarello - che
l'aveva guarita. Lo stesso medico prima-
rio disse: • Per me è tutto lnspiegab le:
questa signora avrebbe dovuto morire•.
Invece uscì dalla clinica risanata nel cor-
po e nello spirito, e quanto mal grata a
madre Mazzarello.
Suor Anno Arroyave, FMA
(San Salvador, El Salvador)
SARA UNA COINCIDENZA?
PER ME É UNA GRAZIA
Un mio nipote
aveva due begli oc-
chioni neri, che tutto
a un tratto si storse-
ro al punto che il
bambino ci vedeva
poco. I suol genitori
preoccupati si rivol-
sero a un oculista, e
fiduciosi lo affidaro-
no alle sue cure per
due anni. Il bambino
fu bendato a giorni alterni a un occhio,
ma con nessun miglioramento. Passò agli
occhiali correttivi, ma neppure essi sorti-
rono ettetto, sicché il professore si decise
per l'intervento chirurgico. I genitori pri-
ma vollero consultare un altro oculista,
che trovò sbagliati gli occhiali e glieli
cambiò. Intanto io mi ero rivolta a san
Domenico Savio perché ottenesse la
guarigione senza intervento. Ma la grazia
tardava a venire.
Un giorno sul Bollettino Salesiano lessi
di grazie che il Signore concedeva per
Intercessione del santi Martiri Salesiani
della Cina, e nelle mie povere preghiere
mi rivolsi al Signore per loro intercessio-
ne. Il giorno In cui ricevetti quel Bollettino
era proprio Il giorno In cui il medico si era
deciso per l'operazione. lo con tutta la
mia fede esclamai· « Santi Martiri miei,
giacché Domenico Savio non mi ottiene la
grazia, unitevi voi a lui e all'Ausiliatrice. e
ottenetemi quanto chiedo•. Trascorsero
due mesi, e il bambino tornò per una vi-
sita di controllo. Nello stesso giorno io ri-
cevetti un nuovo Bollettino, contenente
l'Immagine di mons. Versiglia e don Ca-
ravarlo; quando il bambino tornò dalla vi-
sita, i genitori mi riferirono la meraviglia
del professore per Il progresso riscontra-
to; ma egli insisteva ancora perché il
bambino portasse gli occhiali. Qualche
tempo dopo Il professore glieli tolse defi-
nitivamente, e assicurò che Il bambino
non aveva più bisogno d'intervento chi-
rurgico.
Sarà una coincidenza? Per me è una
grazia bella e buona.
C.S. (Manduria. TA)
BOLLETTINO SALESIANO I l 1981 33

4.4 Page 34

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I NOSTRI MORTI
BABIAK oac. GIUSEPPE Sale1lano t La-
tlna a 79 annr
Slovacco di origine, di famiglia profon•
damente cristiana (Ire sue sorelle diven-
teranno suore). Pensava di farsi franca-
scano, ma Incappò In una blografla di
Don Bosco e sentl che Il suo posto e(a Ira
I salesiani. Laurealo alla Gregoriana e d~
venuto sacerdote, tornò In patria dove
ebbe l"lncarlco dl formare 1 glovanl che
aspiravano alla vita salesiana. Più tardi fu
maestro del novl2l, e gran parte dei primi
salesiani slovacchi furono da lui Iniziati
alla vita della Cong, ega,lone; è Quindi
uno del fondatori dell'opera salesiana In
Slovacchia. L'efficacia della sua forma-
zione si vide nel 1950, quando le case
della congregazione furono requisite e I
salesiani Invitati a rientrare nella vita civi-
le: nessuno del suoi novizi ed ex novizi
accettò la proposta, ma rimasero tutti f&-
dell a Don Bosco. Arrestato e rinchiuso In
campo di concentramento, riusci a eva-
dere, e a lungo mantenne I contatti fra i
salesiani dispersi nella sua patria. Dovette
poi cercare rifugio In Austria, e dal 1951
non rivide più la sua patria. A Roma gli lu
affidato Il Seminarlo Minore slovacco, e lo
portò a una bella fioritura di vocazionl. A
70 anni dovette ritirarsi dalla vita attiva ma
servl la congregazione e la Chiesa come
confessore molto apprezzato.
BAILONI LUIGI sale1fano Coadiutore t
Santiago del CIie a 79 annl
DI origine trentina, fu per 40 anni In Cile
capo laboratorio dl sartoria, formando
generaztonl di va.lenti sarti. Piccolo ed
esile di figura, era la cortesia In persona.
Rlngra:dava sempre e di lutto. Negri ultlml
anni fu l'angelo custode della Casa
lspe11oriafe dove mise a trullo Il • dono
dell"accogllenza • dimostrando grande
attenzione e delic11te.i11 verso t tanti
ospiti che passavano nella casa Di sicuro
Il Slgnore lo avrà accollo 1n cielo con la
medesima attenzione e riguardo che lui
riservava ai suol ospiti In terra.
BERTOU,. sac. ANDREA Saluiano t
TorinÒ a 79 anni
Maturò la vocazione salesiana e ucer•
dotale in Vatdooco. Fu educatore di gio-
vani salesiani in vari studentati fltosofiol e
teologici d'llalla, poi per 27 anni lns&-
gnante nella scuola media dell'Istituto
Rlchetmy (Torino), Era mollo apprezzato
come confessore. I suoi alllevl gli porta-
vano profonda stima e alletto, vedendo in
lui - nonostante la rrservateua - un
padre e un amico. Il Signore 10 ha chia-
mato mentre era In piena autvltà, Intento a
fare scuola ai suoi ragazzi.
CAU,.NDRI MARIA veci. BONATO Coo-
peratrice t ad Arezzo a 80 anni
Nutriva une devoziona schiettamente
salesiana verso !"Ausiliatrice, e anche
verso don Michele Rua, che conobbe
nell'Infanzia quando Il Beato si recò più
volte In casa sua Dedicò te sue forze al-
l"educazlone cristiana del figli, e all' Inse-
gnamento (era maestra). Collaborò atti-
vamente al suo Centro Cooperatori, e
Quando entrò In pensione si rese di
grande aiuto, da vera Cooperatrice, netta
sua parrocchia.
CECCHETTf aac. ALBANO Salulano t
Beppu (Giappone) a 82 anni
57 anni di vita salesiana, 50 di sacer-
dozio. 49 di generosa attiVità missionaria
nel paese del Sol Levante, Fu parroco, fu
direttore di ortanotro0. Da bravo veneto
teneva allegri tutti. Negli ultimi anni visi•
lava gli ammalati negli ospedalf, si pren-
deva cura del poveri e del vecchi; contl•
nuò In questo compito delicato e sacrifi-
cato fino all'ultimo, nonostante l'età. Per I
suol confratelli giapponesi era diventato
• il sorridente buon papà , ; Il suo Ispettore
disse di lul: Era veramente un santo,
sereno, fervoroso, sacerdote •·
DAL MASO •c. ELIGIO Sale9f11no t a
Betlemme a 73 anni
Dall'aspirantato di Ivrea si reco nel '28
al noviziato di Cremlsan (Israele). Lavorò
poi di preferenza In case povere, par
giovani che avevano bisogno di educatori
secondo Il cuore di Don Bosco. Fu più
volte direttore. Per annl visse accanto al
servo a, UJo Simone e fu lieto di poter te,.
stimomare per la sua causa di canoniz-
zazione. Negli ultimi anni. sebbene mala-
to, conllnuò nel lavoro col massimo Im-
pegno, prodigandosi Ira f ragaz:zl dell'o-
ratorio di Betlemme,
JOB QUINTO Exaflievo e Cooperatore t
Torino a 66 anni
Orfano di guerra all'età di 5 anni, trovò
una nuova famiglfa presso l'tstlluto delle
FMA di Sassi (Torino). Ciò che Imparò alla
toro scuota to praticò per tutta la vita.
Stimato sul lavoro, aulvo presso Il suo
Centro Cooperatori, praticava la carità
con tuttL tn particolare, lui orfano, soc-
correva I bambini orfanl delle missioni
dell'India
MANZAROLI oac. MARINO Sateslano t
Colle Don Bosco a 57 annl
Nato nella Repubblica di San Marino,
portò in sé le doti di quella gente labo-
riosa, libera e serena. Lavorò nelle case
di formazione del giovani aspiranti alla
vtta salesiana, come losegnant.e, maestro
di musica, e responsablle della disciplina.
Era dl temperamento artistico: a lui ven~
vano regolarmente affidate le feste sal&-
slane. Ma anche Insegnando Il greco la-
sciava trasparire Il suo temperamento,
riempiendo la lavagna di vivaci vignette.
Ricordano i suol elllevl: Formava un cl~
ma di famiglia con U perenne bel sorriso.
con l'allegrla e 1a musica : ... Cl faceva
gustare la vocazione salesiana •: -.Ci ve-
niva da pensare: mi piacerebbe essere
come don Marino . Instancabile net la-
voro, fa sua sotteren,a più grande negli
ultimi anni fu di dovervi rinunciare. Dopo
lunga degenza all'ospedale era tornato
contento In comunità; la prima sera du-
rante la cena parve ~iù vivace e gioviale
del solito. A un tratto posò Il cepo sulla
spalla del confratello accanto; Il Signore
lo stava chiamando al premio.
NEGRI CAMILUI, ved. BOFFA Coopera-
trice t Castettazzo Bormida (AL) a 90
anni
È stata una delle prime Cooperatrici
salesiane. Esempio di donna forte e di
lede umile e generosa, lavorò col marito
nell'oratorio di Borgo San Paolo
NIZZA TERESA In FASSINO Cooperatri-
ce t Rivarolo C. (To) a 53 anni
Ebbe grandissima devozione a Don
Bosco e Maria Ausllratrlce. e la trasmise
ai suol figlioli. Fu Cooperatrice In diversi
modi, ma specialmente nel saper ottrlre a
Dio le molte sotteren,e dell'ultima malat-
lla, per li bene dei suol cari e di tutto Il
mondo; lo conterma questa sua frase:
Ho finito di soffrire ma continuerò ad
amarvi•.
t PIAN sac, GIOVANNI Salesiano Campo
Grande (Brasile) a 82 anni
Di Gorizia. m(sslonarlo In Brasile, fon-
dava più di 50 anni fa a Campo Grande
(Malo Grosso) un complesso scolastico
che con I suol attuali I0.000 allievi è il più
grande della Congregazlone salesiana.
Recentemente il governo, in nnosclmenlo
del suol meriti In campo educativo, lo
aveva Insignito della massima onorificen-
za: la , Cru, de Rio Grande do Sul•· Il BS
ha dedicato alla sua bella figura un arti-
colo nel maggio 1980, pag, 22-23
RA.IMONDI GIUSEPPINA In PROVERBIO
Cooperatrice t Cast~fanza (Va) a 67 anni
SI è spenta una !lemma nella nostra
parrocchia , , ha detto Il parroco al suoi
lunerai!. Infatti , la Pina,, come era co-
nosciuta da tutti, aveva la forza conQui-
stalrlce della bontà umile, della genero-
sità senza ostentazioni, del sacrificio
gioioso , perché I lratetll siano lellcl · In
ogni evenienza ripeteva nsuo motto: Ciò
che Dio vuole •· La Pina diffondeva la
buona stampa, ricordava a tutti le date
degll Incontri menslll, si recava ogni set-
timana nella casa d1 riposo e lavorare con
I vecchlettl, a cui faceva piccoli doni e
parlava di Don Bosco.
TONtATO MARIA vad. CROSTA Coope-
ratrice t Padova a 87 anni
Di fede robusta, trascorse la lunga vita
nella dedl2lone al lavoro e alla preghiera,
prodigandosi per la ramiglla. Forte di ca-
rattere ma mlte e sorridente con 1uttl,
educò nella più viva lede i numerosi figli
ed ebbe la gioia di donarne uno al Si-
gnore: don Aldo, salesiano. Le sue ultime
parole al figlio sacerdote furono: , to
prego sempre ...
TOSCANO PASQUALE Salesiano Coa-
diutore f Pedara (Cl) a 68 anni
Oratorlano di Pedara dall'età di 4 anni,
succ~lò con le caramelle del direttore
anche lo spirito saleslano; ma per a.ssi--
stere la mamma dovette rimandare la
reallzzazlone della sua vocazione lln do-
po I 30 anni. Tenace nel lavoro, si rese
disponibile all'obbedienza salesiana ac-
cettando di cambiare ben 13 volte di ca-
sa, per recarsi dove la sua presenza era
richiesta, , lo quando prendo un Impegno
lo faccio con lutto il cuore , solava dire.
Ed era vero. Uomo di profonda vita Inte-
riore, intensificò la preghiera negli anni
della prova, nell'attesa della chiamata del
Signore.
VALENTE ALESSIO Cooperatore t Gaeta
(Latina) a 81 anni
Nobile flgura di padre In s11le patriar-
cale, educò la sua numero$& famiglia ella
rettitudine e alla disciplina del lavoro, an-
zit·ut10 con il suo esempio personale. Due
0gll, di c ui uno m,sslonarlo, sono entrati
nella Congregazione salesiana Uomo di
preghlera, mite e laborioso sentì sempre
di famfgfla con I Flgll di Don Bosco, e amò
te opere salesiane come cose proprie.
A.Itri Cooperatori defunti
Atopplno Margherita Broccardo Maria t
Savona - Cadelll Luigia t Savona - Cam-
bria Herbert t Roma a 62- anni • Carta-
gnfnl Manfredi t Scanno (Aq) a 71 anni -
Ciel Dora In Vittoria t Santeramo (Ba) -
Comlnettl Virginio t Conegliano Venetà
(Tv) • Erranl Fernando • Filippini Cristo-
foro Galdo Margherita Menassero An-
gela t Savona • Mlnadeo Amalia a Mò-
t chele Roma • Musso Lea veci. Dalma1-
so t Mondov, (Cn) - Nardone Nicola
Negri Giulia In Ugheltl Pallrlnfetl Maria
Teresa t Savona a 79 anni Plettl Ermi-
nia t Conegllano Veneto Putlgnano f1.
lomena t Santeramo • Rosso Tessllore
EmUla t Parma - Savoldl Teresa In Tonoll
t Salussola (Ve) a 70 anni• Sclulo D'Ar-
rigo Marià Rosaria ved. Fels t Roma •
Sola Antonio - Tauriello Mlcl>ele t Spez-
zano Albanese (Cs) • Tltlon Giuseppina
A quanti hanno chiesto Informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OP5RE DON BOSCO con sede in ROMA, ricono-
sciuta giuridicamente con D .P . del 2.g_,971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalltà giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Leqati ed Eredità.
Formule 11allde sono:
- se si tratta d'un legato: •.•lascio alla D,rezione Generale Opere
Don Bosco oon sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per le
missioni con sede In Torino) a titolo di fegato la somma di lire...,
(oppure) l'Immobile sito in•.. per gli scopi perseguit i dall'Ent e, e parto·
colarmente do assistenza e beneficenza. di istruzione e educazione, di
culto e di religione•
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro dei due Enti su indicato:
• ...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria . Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure /'Istituto Salesiano per le Missioni con sede in
Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, per
gli scopi perseguili dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-
ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione•
(luogo e data)
(firma per disteso)
34 BOLLETTINO SALESIANO 1.1. 1981

4.5 Page 35

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per le ml ssionf piiJ bisognose. a cura di M.
e G. L. 4.000.000
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suffragio dalpropri genitori, a cura dl M. e
G., Ancona L. 4.000.000
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per la salvezza deffe ani me nostre, a cura
di M. e G., Ancona L. 4.000.000
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grazia ricevuta per Luciano. a cura della
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de e invocando protezione, a cura di Don
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tl, chiedendo grazie, a cura di I.T,, Pado-
va L 500.000
Borsa: Don Bosco •Grande Avvocato., a
cura di N,N., Vicenza L. 500.000
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chml, a cura del Gruppo Genitori alunni
dell' Istituto Sales/ano di Cuorgnè (TO) L
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Uomini Oratorio di Valdocco, In occasio-
ne del glub/leo d 'oro del loro Assistente
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Confratelli della Parrocchia d1 Soverato
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a cura d'un E,callievo di Don Bosco, Cu-
neo L 300.000
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mento, a cura di A.O.. Torino
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zione, a cura di Serra Adriano, Torino
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cevut&, invocando ancora protezione, a
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ne, a cura di G.M. Chiavari
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genirorl, a cura della sorella Teresa, Rl--
valta (CN)
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eterna, a cura di pelusl Domenica, Ca-
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Bosco, In suffragio riel miei defunti e in•
vacando proiezione, a cura di Malzza
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Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Boaco, per
grs:zia ricevuta, e cura di Galanto Jole,
Monopoli (BA)
Bo,sa: Don Booco, Invocando preghiere,
a cura di Flgus Valentina, C8gllarl
80,sa: Beato Don Rua, In suffragio di
persona care e Invocando grazia, a cura
di Ferrrga10 Teresa G., Solferino (MN)
B0tP: Maria Auslllatrlca e S. Giovanni
Bosco, a cura di Roccella Lucia, Belpas-
so
Bona: Maria Ausiliatrice e Don F. Rlnal--
dl, in memoria e suffragio di Rina/di Gu-
gllelmo, a cura di Bertogllo Renata, Bìella
Boraa: Maria Auslllat,lce, a c ura di Mon-
ticelli Enrica, Treviglio (BG)
stelnuovo del Sabbioni (AR)
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Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, miei deluntf e Invocando protezione, a
in vocan<lo grazie per ; missionari di oggi cura di Zelaschl Elena, Voghera (PV)
e d i domani, a cura di N.N., (PR)
Borsa: Maria Aualllatrlce S. Giovanni
B0tsa: S. Cuore di Gesù, Maria Ausili,.. Bosco, Implorando protezione e benedi-
trtce, Don 80.1co, chiedendo grazia d'una zioni, a cura di Pozzi Giuditta, MIiano
serena vecchiaia e d'una buona morte. a Borsa: 11\\arla Aualllalrlce e Don Bosco,
cura di Gherlena Augusta (PD)
,nvocando graz,a particolare, a cura di
B0<sa: Maria Auslllalrloe, Santi Salesiani, lozzla Actele, Ispica (RG)
In suffragio dal miei defunti e mvocanrto Borsa: Maria Auailialrlce e Don Bo•co, In
protezione per fa famiglia, a cura di Ra- suffragio del miei cari e Invocando prot&-
vinaie Teresina, 8ra (CN)
z,one, a cura di Veglio Luigia, Aosta
Borsa: Maria Ausiliatrice, chiedendo Borsa: Maria Auslllatrlce, ringraziando e
preghiere, a cura di Banano Livia, Mede ancora Invocando protezione, a cure di
(PV)
Dal Pane Adriana, Faenza (RA)
Borea: Maria Ausiliatrice a Santi Sale- Boraa: Maria Aualllatrtce, In suffragio di
s1an1, In ringraziamento e fn suffragio dei mio mar/ro Gabriele e Invocando prote-
genitori Antonio e Rosina, a cura del figlio zione sulla tamfgUa. a cura di Corti Giu-
Mario
seppina, Cslolziocorte (BG)
Borsa: Maria Auslllalrlce, Invocando
prot.ezlone e in suflraglo dei miei defunt,.
a cura di N.N., Vigevano
Borsa: Maria Auslllatrlc&, Invocando una
grszia, a cura di Alberto Domlnlque, Ivrea
B0toa: S. Domenico Savio, a cura di le-
noni Elisa, Leffe (BG)
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, Invocando protezione sul miei fi-
gi/, a cura di A.L
Bo,sa: Maria Auslllalrlce e S. Giovanni
Bosco, In suffragio d i Antonio Spadara, a
cura del tigli
Borsac Maria Auslllatrlce e Don Bosco,
per gruie ricevute, a cura di Glannone
Paolo, Livorno
BorP: Maria Ausiliatrice, Don Bosco, S.
Rlla, Invocando protezione, a cura di Va-
notti Lina, Lugano, Svizzera
BorP: Matla Au1ilialrlce e Don Bosco, a
cura di De Biasi caterlna, Oderzo (TV)
B0tsa: Sacro Cuore di Maria e SanU sa-
leslanl, chiedendo prtighiere, a cura di
Galdini Laura, Lasino (TN)
Borsa:. Gesù Sacramentato, Maria Ausf.
Uatrlee e Don Boaco, Invocando una
grazia, a cura di Scarpelli Emilia, Roma
Borsa: Maria Auslllatrlce, In memoria di
Mons. Mathlas, a cura dl Maroso Lia,
BorP: Maria Auailietrlce, Santi Salaslanl,
per grazia ottenuta, a cura di Torchio B.
Erminia, Vercelli
BOLLETTINO SALESIANO 1. 1. 1981 35

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Spediz. in ebbon. postale - Gruppo 2° (70) - 1• quindicine
DON
PIETRO
CICCARELLI
SDB
BOSCO
AL TELEOBIETTNO
AVVISO PER IL
PORTALETTERE
In caso di
MANCATO RECAPITO
inviare a:
TOR IN O
CENTRO CORRISPONDENZA
per la restituzione al mittente
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Il libro, un tascabile di taglio
slanciato, è tratto dai 19 volumi
delle Memorie Biografiche
di S. Giovanni Bosco.
In 35 agili capitoli, di poche
pagine ciascuno, sono narrati
episodi e circostanze della vita
del Santo: fatti noti e meno noti,
tutti però significativi.
A distanza di un secolo dalla
sua morte, viene proposta una
rilettura della vita di Don Bosco,
destinata alla grande
Famiglia Salesiana: Sacerdoti,
Figlie di Maria Ausiliatrice,
Cooperatori ed Ex-Allievi.
L. 3200