Bollettino_Salesiano_197105


Bollettino_Salesiano_197105



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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DEI COOPERATORI SALESIANI
ANNO XCV . N . 5 MARZO 1971
Spediz. in abbon. posL - Gruppo 2° {70) • 1 quindicina

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IN O.UESTO NUM ERO
La gioventù: problema amato, presente e urgente
«Fatevi una mentalità di fede», dice il Documento Base
«La Scaletta»: cinque anni di musica e colori
Ancora una eco del Papa a Tondo
Giappone: « una porta grande e aperta »
Per la prima volta in Giappone
A maggio il Capitolo Generale Speciale
Belém: giovani incontro a Cristo
Dieci anni nella Muyurina: tiriamo le somme
Giovani corresponsabili (Convegno nazionale A .G.S .)
Educhiamo come Don Bosco. Crisi di opposizione: come fare?
Comunismo e Seminario nel Kerala
Don Bosco è ancora con i ragazzi della strada
Ricordo di Madre Carolina Novasconi
IN COPERTINA
Paolo VI chino sul paralitico nella
chiesa dei salesiani a Tondo.
« La commozione del Papa raggiunge il mas•
simo quando vede un paralitico disteso per
terra su una mìsera stuoia: si ferma, s'ingf..
nocchia sul pavimento vicino a lui, ne tocca
la fronte, lo benedice, si alu penosamente e
resta ancora II lungo chino sul paralitico... ».
Dalla relai1one del direttore d1 Tondo
Udienza di Paolo VI al 700 rappresentanti del
1100 Istituti appartenenti alla FIDAE (Federa-
zione Istituti Dipendenti dall'AutorltA Ecclesia-
stica), In occasione del XXV della Federazione.
Le FIDAE,. nei suoi convegni e nei· corsi di
aggiornamento par insegnanti e presidi~ si
propone di qualificare sempre più i propri Isti-
tuti, perché possano adeguarsi conveniente-
mente alla nuove esigenze del settore educa-
tivo, nell'intento di offrire alla Nazione una
Scuol11 Cattolica quale è auspicata dal Concilio
Vaticano Il . Nella foto : don Ettore Mariotto.
salesiano. segretarlo generale della FIDAE, ren-
de omaggio a Paolo VI.

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La gioventù: problema amato
presente, urgente
La domenica 3 I gennaio, festa di San Giovanni Bosco,
Paolo V I, prima di recitare l'Angelus Domini
insieme con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro,
ha così parlato ai presenti
sull'importanza della formazione cristiana della gioventù.
Il culto domenicale, tutto riservato a Dio, secondo la riforma liturgica, non ci vieta cli ri-
cordare 1a festa di San Giovanni Bosco, la quale oggi ricorre: primo, perché la memoria
di questo Santo interessa assai il nostro tempo, e forma l'esempio, alimenta l'energia
d'una grande famjglia religiosa, quella Salesiana, tanto diffusa nel mondo e tanto beneme-
rita nella Chiesa; e, secondo, perché l'opera di questo Santo è principalmente rivolta ad una
delle questioni più gravi della nostra società, quella dell'educazione della gioventù, con
preferenza verso la gioventù del popolo lavoratore.
Così che siamo oggi richiamati, nel ricordo di San Giovanni Bosco, alla riflessione sopra
questo problema, ora che la gioventù è più bisognosa e più impaziente che mai d'essere
iniziata alla cultura moderna, mediante una formazione completa, intellettuale, morale
e professionale, e che la scuola è in via di riforma e di sviluppo.
Noi tutti dobbiamo, come Don Bosco, avere grande amore, stima e fiducia, quasi W1a
passione, per la gioventù, qualunque sia la forma con cui essa ci si presenta. Essa prevale
per numero, per vivacità, per necessità nel consorzio sociale. È doveroso volerle bene,
e dedicarle cura ed interesse.
Il problema pedagogico assume dappertutto immense proporzioni, esigenze nuove e com-
plesse. Tutti dobbiamo sentirlo come problema di prima importanza: dobbiamo augurare
che la famiglia, la società, la Chiesa, e la gioventù stessa prendano piena coscienza della
loro rispettiva funzione in ordine alla educazione giovanile e che la cospirazione delle loro
forze morali sia armoniosamente promossa e favorita.
Questione di metodi; sì, e ben vengano la sciènza e l'esperienza a suggerire i migliori.
Questione di mezzi; si, e auguriamo che essi non vengano a mancare a nessuna forma
scolastica pubblica o libera di provata bontà. Questione di persone; si, e principalmente;
dobbiamo far voti che la vocazione educatrice trovi sempre molti spiriti generosi ad essa
fedeli. Questione di prindpi infine, alla quale la concezione cristiana della vita può fornire
un tesoro unico di sapienza su la vera antropologia, su la vera deontologia, su la vera
possibilità per l'uomo di raggiungere la sua statura perfetta, il suo senso personale e co-
munitario, il suo destino; e può evitare il pericolo che la gioventù, vivendo nel clima mo-
derno, agnostico e pluralistico, cresca scettica e incerta senza ben sapere ove fissare i
punti cardinali del suo orientamento.
Ripetiamo: la gioventù, cioè l'onda enorme della generazione che sale, sia per tutti pro-
blema amato, presente e urgente. Almeno nella preghiera, quest'oggi.
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«FATEVI UNA MENTALITÀ DI FEDE »
dice.il docu1Dento base
Il Documento Base per il rinnovamento della Catechèsi in Italia conta già un anno di vita; ma
l'opinione pubblica dei cattolici italiani non ne è ancora stata opportunamente sensibilizzata.
Quel Documento è costato quattro anni di lavoro in un r eticolo di consultazioni fra teologi,
biblisti, psicologi, moralisti, liturgisti, sociologi; 282 vescovi italiani invitati a votarlo gli han
detto sì e soltanto 6 han detto no. Il Santo Padre Paolo VI ha rilevato che la pubblicazione
del Documento Base segna <<un momento storico e decisivo per la fede del popolo italiano 1>. E ha
soggiunto: << È un documento che dimostra l'arte e la premura di parlare con discorso autorevole e
piano alla mentalità dell'uomo moderno. Faremo bene - continuava il Papa - a darvi grande
importanza e a farne la radice di un grande, concorde, instancabile rinnovamento della catechèsi
nella presente generazione >>.
Si tratta di parlare alla mentalità dell'uomo mo.demo; si tratta di fare <<attenzione all'uomo ),
profonda attenzione all'uomo, afferma il Documento Base. Ma a quale uomo? L'uomo visto
nella sua esistenza concreta. L'uomo di tutti i giorni, l'uomo che ogni lunedì <<torna al lavoro
usato>> in fabbrica o in ufficio, l'uomo che salta sulla sua auto o sul treno, l'impiegata che vive
in simbiosi cqn la sua Olivetti 82, il ragazzo che va a scuola svogliatamente, il vecchio che tos-
sisce nel ricovero. L'uomo cioè «in situàzione >>, si preferisce dire oggi. La parola <<situazione >►
ricorre una trentina di volte nel Documento Base.
Coa•è la mentalit di fede?
Per alimentare una mentalità di fede - nota il Documento Base - la cateclièsi deve raggiungere
l'uomo nella situazione di vita che gli è propria ».
Cos'è questa mentalità di fede ?
Mentalità di fede vuol dire adesione, motivata dalJa fede, al piano di amore e di salvezza realiz-
zato da Dio in Cristo Gesù. Mentalità signmca una certa disposizione di spirito e in più una
certa inclinazione della volontà, dell'emotività, della sensibilità, di tutto l'uomo insomma, verso
un centro di convergenza che in questo caso è Gesù, il Cristo. Il Documento si esprime bene
quando parla di voler << educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la
vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la
comunione con il Padre e con lo Spirito Santo. In mia parola, nutrire e guidare la mentalità di
fede: questa è la missione fondamentale di chi fa catechèsi a nome della Chiesa >>.
Crt1tlanizzazlone mancata
In passato più che di mentalità di fede si preferiva parlare di «spirito di fede>>. Tutto sommato,
le due espressioni si equivalgono. L'espressione «spirito di fede>> era più congeniale e adatta alla
situazione dei periodi di storia in cui la fede era evidente, in cui cioè lo sforzo dell'insegnamento
catechistico mirava a esplicitare nella vita le conseguenze di una fede saldamente posseduta.
L'espressione <( mentalità di fede >>è più consona alla situazione odierna, in cui occorre inserire
e innestare la fede nel contesto di una società non più unanimemente cristiana. Uno dei motivi
fondamentali della fragilità e della scomparsa della fede oggi è la <<mancanza di informazione>>;
noi diremmo meglio << la mancanza di istruzione religiosa>>. San Paolo direbbe addirittura: da
mancanza di evangelizzazione, cioè di predicazione del Vangelo>>. C'è da credere che il più
2 ......_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

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vasto settore delle masse scristianizzate sia piuttosto un settore di masse a cui è mancata la ne-
cessaria cristianizzazione. A moltissima gente infatti il cristianesimo non è mai stato presen-
tato, non ne sono stati informati.
Fede e vita fuse insieme
La mentalità di fede a cui deve tendere tutta la catechèsi rinnovata ingloba in molte componen-
ti: per esempio, la conoscenza dei contenuti o delle verità di fede (o per dirla con una parola diffi-
cile, la cosiddetta fede «creduta 1)), l'adesione di fede, cioè il sì della risposta umana (o, scienti-
ficamente, la cosiddetta fede <<credente>>), l'aspetto comunitario e universale della fede (poiché
la fede è comunione con Dio e con gli uomini), ma soprattutto l'integrazione della fede con la
vita. L'integrazione tra fede e vita costituisce l'elemento pii't importante della mentalità di fede;
11.e è il nocciolo. Non quindi vita da una parte e fede dall'altra, ma vita e fede fuse insieme. D i-
ceva Papa Giovanni XXIII nell'Enciclica Pacem in terris: << La frattura fra la credenza reUgio-
sa e l'operare a contenuto temporale è uno dei mali più gravi che affliggono la Chiesa d'oggi>>.
Non quindi una vita vissuta accanto a una fede creduta, come due galassie coesistenti ma so-
stanzialmente estranee funa all'altra, ma una vita creduta e una fede vissuta.
Il centro vivo del messaggio
Per formare nel cristiano una mentalità di fede - inculca il Documento Base - «occorre che i
fedeli accolgano il messaggio rivelato ordinandolo attorno a un centro vivo, ben assimilato e
operante•>. Gli esperti con il loro linguaggio bizantino dicono: bisogna sistemare e coordinare
tutte Je conoscenze ed esperienze della fede attorno a (<Un principio di concentrazione 1>. Cosa
vuol dire «principio di concentrazione»? Vuol dire concentrare progressivamente tutto attorno
a un centro di luce che si chiama il Cristo. Vuol dire continuamente confrontarsi con Cristo e
col suo Vangelo per un perenne riconoscimento, per una gioiosa e fervida identificazione. Vuol
dire << 1'icollegare ogni volta i singoli temi al mistero centrale di Cristo,>. In questo modo, il cristiano
può illuminare con la fede tutta la sua cultura e la sua vita, senza smarrirsi nella molteplicità
delle situazioni. Giunto a maturità, egli saprà trovare nella sua fede una risposta coerente e
tempestiva ai molti interrogativi che gli si propongono.
Ricapitolare tutto i Cristo
Leggendo e rileggendo le fitte pagine del Documento Base si fa una scoperta che può lasciare
sconcertati e perplessi: in tutto il Documento non si parla mai di dogmi. Quale misterioso
cataclisma li ha radiati o espunti dal nuovo Documento Base? Nessun cataclisma, per la verità.
I dogmi permangono; non hanno perso un pollice del loro valore. Ma la Parola di Dio, il Mes-
saggio di Gesù è al di sopra del dogma; la Parola di Dio non deve servire semplicemente da
pezza d'appoggio al dogma teologico. La Parola di Dio rivendica la sua priorità; il dogma deve
venire illuminato dalla Parola di Dio.
Mentalità di fede vuol dire allora integrare la fede con la vita, per cui «la Parola di Dio - dice
il Documento Base - deve apparire a ognuno come un'apertura ai propri problemi, una risposta
alle proprie domande, un aUargamento ai propri valor·i e insieme una soddisfazione alle proprie
aspirazioni >>. E questa Parola di Dio diventerà facilmente <1 motivo e criterio per tutte le valuta-
zioni e le scelte della vita >>.
<< Formare nel cristiano una matura mentalità di fede>>: ecco l'orientamento e lo scopo di tutta la
catechèsi. San Paolo l'avrebbe detto e formulato con una delle sue espressioni supercariche di
luce divina: 11 ricapitolare tutto in Cristo ».
L'uomo interroga se stesso e la vita, e Dio gli si fa risposta in Cristo: ecco la n1tova catechèsi. Cristo
è la risposta a tutti gli interrogativi dell'uomo, agli interrogativi che lo bruciano e lo torturano,
alle domande inquietanti che lo fanno fremere di paura o di gioia sugli orli degli abissi divini
dell' In.finito.
3

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e· .
<< LA SCALETTA>>:
cinque anni.di musica
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La musica dei ragazzi
bisogna ascoltarla col cuore
DON BOSCO
e colori
In un solo lustro questa manifestazione per ragazzi, nata in sordina
al Centro Giovanile Salesiano di Padova, ha saputo affermarsi come
una delle iniziative più nuove, giovani e utili del mondo dei nostri figli,
conquistando vastissime simpatie e unanimi consensi. Possiamo augu-
rarci che l'iniziativa, ricca di serena letizia e altamente educativa, sia
realizzata da altri giovani più adulti 7
Sempre di piii, oggi, il linguag-
gio della vita moderna ci propone
nuovi termini, come << promotion 1>,
1, design », ~ mass-media»: inglesismi
volutamente usati coa esagerazione,
e a volte a sproposito, per indicare
de.i concetti semplici e vecchi come
il mondo. In parole povere, pro-
motion potrchhc stare per di\\'ul-
gazione t, dL-si~n può significare
molto piÌI semplicemente « linguaggio
delle immagini•• e, infine, <• mass-
media >l, <1 interesse, favore popolare •l.
Ebbene, vogliamo divertirci a usan:
anche noi, per un attimo, queste
sofisticate parole del mondo d'oggi?
Facciamolo subito parlando delta
1• Scaletta •: si tratta di una inizia-
ti,·a dedicata ai giovaniss1m1, nata
cinque anni fa a Padova nel Centro
GioYanilc della parrocchia Don
Bosco », con lo bèOpo di offrire ai
ragazzi d i quel Centro una manife-
stazione, nuova, utilissima per il mi-
gliore impiego del tempo Libero dei
ragazzi interessandoli con quanto,
in questi tempi, ha dimostrato d'es-
sere di loro maggior gràdimento:
la canzone. L'na canzone diversa, però,
con testi di una cena intelligenzòl,
con musiche facili e vicine al tem-
peramento italiano senza la neces-
sità di attingere - come avviene di
consueto eer il repertorio canzonet-
tistico dei (1 grandi•> - dai filoni
musicali americani o dal «sound >1
inglese... Un a nuovo repertorio di
canzoni per i ragazzi •• insomma, di
operine facili facili, ma non per
questo sciatte e abborracciate.
A Padova, salesiani e collaboratori
« esperti del genere~ s'erano accorti
che mancava proprio un repertorio
specifico per i ragazzi dagli 8 ai
l4 anni: dalle canzoncine dello «Zec-
chino d'oro *• riservate esclusivamente
ai piccolissimi, si passava automati-
camente, e con un salto non sempre
consigliabile, alle canzoni per gran-
di ~. quelle, per intenderci, dei San-
remo o dei Cantagiri...
Ecco, quindi, che a Padova si
pensò di usare un «mass-mediai>
spontaneo come la canzone per un'ini-
ziativa sana, sorridente e fresca, spe-
cìficatamente destinata ai ragazzi; e
ci si accorse che questa <• Scaletta >l
(si chiamò così semplicemente, ri-
tcrendosi a una piccola scala musicale,
ma con c:ud senso di ascesa, di
pit'1 in alto ~, che è sempre alJa
base delle iniziative nate per far del
bene) poteva divenire una grossa
azione di « promotion ,, modernis-
sima dallo slogan « istruire di,·e.r-
tcndo », che è così vicino allo spi-
rito di Don Bosco. E fu dopo una
prima edizione di grande successo,
anchi: se circoscriua alla parrocchia,
forse alla città, che si pensò subito
alla Televisione, llucllo che è oggi
il più importante, immediato e straor-
dinaTiamente popolare mezzo di dif-
fusione.
Alla TY piacque l'idea: tanto più
che nel frattempo la <1 Scaletta l)
venne arricchita da una nuova ini-
ziativa: il Concorso di Pittura per
ragazzi <• :\\Iusica e Colori >l: rutti gli
alunni delle elementari e medie d'ob-
bligo sarebbero stati invitati a dar
vita a un lavoro pittorico ispirandosi
ai soggetti delle canzoni della *Sca-
letta>>. Ciò, tra l'altro, avrebbe con-
vinto anche coloro che frettolosa-
mente parevano vedere nella « Sca-
letta •> una copia del già popolare
« Zecchino d'oro"· Niente di più
inesatto: lo « Zecchino ~ è destinato
ai piccolissimi, la Scaletta• ai ra-
ga2:2i; lo Zecchino è una mani-
festazione a premi, un vero e pro-
prio festival di canzoni e di mini-
cantanti: la «Scaletta", invece, una
rassegna pura e semplice di com-
posizioni musicali, senza vinti né
vincitori, e di piccoli pittori che
proprio attraverso i soggetti delle
canzoni per loro appositamente com-
poste, potevano dare libero sfogo alla
loro fantasia.
Insomma, alla TV l'idea piacque.
Canzoni e pittura, musica e colori.
Evviva! Ecco entrare nel concetto
generale anche quello particolare 5

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Il famoso trio patavino composto da Marco
e Andrea Ceroni con Marco Scandellari In•
terpreta la canzone « Ali Beb6 11.
del «design>): il linguaggio cosl vivo
e attuale delle immagini.
E cosi, dalla seconda edizione in
poi, la TV ha dato carattere ufficiale
«nazionale>> all'iniziativa, contri-
buendo a suscitare vastissime sim-
patie e unanimi consensi nel mondo
dei nostri figli, dei genitori, degli
educatori. Sono piovute, letteral-
mente, a sacchi lettere di plauso,
d'incoraggiamento; contemporanea-
mente piovevano elaborati pittorici
di ogni scuola d'Italia: piccoli veri
capolavori realizzati con qualsiasi
tecnica (acquarello, tempera, olio,
pastelli, gessetti, ecc.) purché a co-
lori. Per i ragazzi - che bello! -
il mondo è solo a colori...
A fine 1970 a Padova si è svolta
la quinta edizione della manifesta-
zione: 12 canzoni selezionate tra
oltre 200 giunte da autori e composi-
tori - noti o sconosciuti - di un
po' tutta Italia; uno stuolo di pic-
coli interpreti; cento ragazzi compo-
nenti il grande coro della <c Scaletta•>;
migliaia e migliaia di disegni che
hanno dato la possibilità di scegliere
una squadra di quindici pittori in
erba per il concorso estemporaneo
« Musica e Colori •>. Sì, perché (e
questa è un'altra idea particolar-
mente interessante) il concorso di
pittura è d.ivvero una singolarissima
<e ex tempore >l con un tempo a di-
sposizione dei ragazzi-pittori di qua-
ranta minuti; in uno spazio così ri-
stretto, lì, di fronte a tutti, sotto
le luci delle telecamere, anche i pic-
coli artisti dell'edizione '70 · hanno
c~eato_ ~ei iuadretti _carichi di ide~,
di sp1r1to d osservazione, spontanei,
genuini. Spontaneità e.genuinità! Ecco
due termini che forse non fanno
6 parte del «modo di parlare 1l di oggi,
ma che sono una precisa caratteristi-
ca della \\< Scaletta-Musica e Colori )) ;
è quanto si richiede soprattutto ai
piccoli cantanti. Niente divi alla
«Scaletta•>! Ma ragazzi qualunque,
che cantano più o meno bene e sono
più o meno stonati di milioni di
loro coetanei. Per loro la <• Scaletta ~
deve rimanere un gioco, non deve
creare traumi psichici... Ecco perché
alle «Scaletta•> non c'è gara; non
c'è nessun primo e nessun secondo;
nessun idtimo. Tutti uguali, a can-
tare sorridendo, a colorare di rosa
il mondo dei loro sogni.
Che peccato che quest'anno la
TV non abbia potuto - forse per
ragioni di programmazione - dare
più spazio alla manifestazione!... Che
peccato che un «montaggio» un po'
troppo affrettato non abbia potuto
mettere in risalto questo spirito, ma
soprattutto non abbia fatto godere
appieno ai giovanissimi telespettatori
la singolare <• unica >> e magica atino-
sfera di questa autentica festa di
cuori felici. Sarà per un altr'anno!
La «Sesta II edizione è già in mar-
cia. I salesiani di Padova, i loro col-
laboratori, gli amici di tutta Italia
sono già al lavoro perché l'edizione
'71 sia la più bella e possa essere
superata soltanto dall'edizione '72.
E così via.
Ma tutta la Famiglia Salesiana
- e non solo la ristretta famiglia
padovana - ama la <◄ Scaletta•>. E
ciò perché è un'iniziativa nata spon-
taneamente da.i ragazzi e per i ra-
gazzi. Perché tutti i ragazzi italiani
- e sono milioni - amano la «loro •>
«Scaletta>>. E l'amano anche i <<gran-
di•>: hanno compreso che contribuisce
a far passare qualche momento fe-
lice. E, credete, con i tempi che
corrono, non è poco.
ANCORA UNA
ECO DEL PAPA
A TONDO (Manila)
Abbiamo pubblicato
nel numero precedente
la lettera di
don Solaroli, che ha
accolto il Papa
a Tondo, indirizzata
ai suoi familiari.
Da un'altra lettera,
giunta a noi, stralciamo
un particolare, forse
il più commovente,
della visita
del Papa in Asia.

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Che cosa ha chiesto
mamma Navarro al Papa
«•.• Il Papa risale sulla macchina scoperta. Si avvia
verso una parte del nostro terreno dove il tifone -
alcuni giorni or sono - ha buttato giù il muro. Sarà la
parte più seria della visita del Papa nelle Filippine. La
parte che ha avuto una eco in tutto il mondo: la visita
a una famiglia di baraccati, tra i più poveri.
Il criterio della scelta era stato fissato dal Santo Padre:
- una famiglia povera
- possibilmente con molti figli
- se c'è, un malato.
La famiglia di Carlo Navarro ha i requisiti. Un tugurio
dove ci deve star tutto, cane e maiale compreso. Otto
figli viventi (d:ue morti). Nessun lavoro fisso. Un figlio
poliomielitico.
I tetti delle capanne vicine sono carichi di gente.
Si teme una disgrazia: potrebbero cedere. Ma il buon
Dio ha un occhio di predilezione per questa gente.
Su un passaggio preparato ieri attraverso l'acqua
limacciosa arriviamo alla capanna. La polizia ha estrema-
mente limitato il numero di coloro che accompagnano
il Santo Padre. Lasciare libertà sarebbe pericoloso per
tutti.
Entriamo nella capanna. La famiglia è al completo.
Davanti all'altarino familiare, che non manca mai
in una casa filippina, il Santo Padre s'inginocchia e si
recita insieme l'Ave Maria.
Poi il Papa si rivolge a me che faccio da interprete:
- Chieda che cosa più desiderano.
Risponde per tutti la mamma:
- Che il Santo Padre benedica la nostra famiglia, le
Filippine e il mondo intero.
Il Papa è fortemente commosso da questa domanda che
dal profondo della povertà non chiede aiuto materiale,
non chiede per sé sola... Il Papa s'intrattienc con ciascun
membro della famiglia chiedendo l'età, il lavoro ecc.
Carlo Navarro è il papà: 43 anni.
- Che lavoro fa ? - mi chiede il Santo Padre.
- Non ha nessun lavoro fisso. Lavora temporanea-
mente come manovale in una compagnia di costruzioni.
- Non si potrebhe trovare per lui un lavoro fisso?
- Cercheremo, Santità, ma questo è il problema di
Tondo...
Il Santo Padre fa un piccolo .regalo a ciascuno di
loro. Poi mette in mano a Carlo alcuni dollari.
È ora di partire. Tengo la mia mano sulla testa del
Papa perché non sbatta contro le travi del soffitto.
C'è tanta gente fuori che acclama. È un brulichio
sui tetti, in tutti gli angoli... Il Santo Padre si ferma an-
cora e ancora, le braccia alzate nel saluto alla folla,
gli occhi gonfi di lacrime nel vedere tanta miseria. Lo
salutiamo. Risale sulla macchina ringraziando. Un agen-
te del gruppo che segue il Papa mi si avvicina, mi fa le
congratulazioni e mi dice: "Padre, meraviglioso. Questo
è il posto dove il Papa è andato più vicino al popolo e
dove il popolo si è comportato meglio".
Il Papa saluta la folla attraverso la quale l'auto passa
lentamente. Sono trascorsi 50 minuti da quando Pao-
lo VI è _entrato da noi. In questo tempo sono cambiate
tante cose. Mentre il Papa si allontana verso il sole
morente per prendere l'aereo che lo porterà lontano,
tante cose maturano.
I Navarro, oltre l'aiuto del Santo Padre, hanno ora
lavoro per papà.
Alex, il ragazzo senza gamba, ne avrà ora una arti-
ficiale: gliela manda un exallievo salesiano d'Italia.
La nostra clinica per i poveri ha ricevuto medicine e
aiuti.
Le autorità stanno interessandosi della terra per i
baraccati di Tondo.
Nel ricordo di tutti questi uomini c'è impressa per
sempre la bianca figura del Papa, che ha sorriso a.i loro '
figli e pianto sulle loro miserie •>.
7

1.10 Page 10

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PONE:
unap
Il jumbo-jet, decollato a Los An-
geles, California, dopo aver sorvo-
lato il Pacifico posa i suoi trecento
passeggeri all'aeroporto di Tokyo.
Tutti prorompono in un caloroso
applauso al pilota-comandante e al
suo equipaggio. La trasvolata ocea-
nica è stata stupenda, e il :finale
della lunghissima corsa tra nuvole e
azzurri d'acqua e di cielo, veramente
spettacolare. Nessuno ha avvertito
la solita scossa dell'atterraggio, tanto
la manovra del mastodontico aereo
è stata perfetta. Una manovra degna
del volo augurale che ha portato il
«Rainbow » (Arcobaleno) a Tokyo.
Percorro in macchina il lungo tra-
gitto che mi separa dalla sede ispet-
toriale dei salesiani, ed eccomi tra
le braccia dell'Ispettore don Del!'An-
gela. Prima d'ora la nostra cono-
scenza era soltanto epistolare. Ora
ci troviamo l'uno di fronte all'altro
in carne e ossa. È una gioia per
me che giungo in Giappone per
mettermi in rispettoso ascolto, e per
lui che si dichiara tutto a mia di-
sposizione.
Un gigante in corsa
Mentre in compagnia dell'Ispet-
tore, che siede al volante, mi addentro
nella immensa Tokyo, egli molto
opportunamente sottolinea che esi-
stono leggi sempre attuali per evao~
gelizzare i popoli. Leggi scritte nel
Vangelo. Prima di gettare il seme
- e la Parola di Dio è un seme -
occorre conoscere la natura del ter-
reno. Io ogni paese necessita un
certo stile in armonia con il genio
della gente e rispettoso dei suoi usi
e costumi.
È un tema sul quale don Dcll'An-
gela mi intrattiene a lungo. Così
8 faranno i nostri missionari nell'in-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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e aperta
contro Beppu-Minami-lshigaki. Tut-
ti mi martellano lo stesso tasto: co-
noscere e capire le anime alle quali
si vuole portare il messaggio dd Fi-
glio di Dio. Ora il Giappone non è
un terreno facile da conoscere. Il
Giappone di oggi è un gigante lan-
ciato in una corsa che è già al di là
del Duemila. Stiamo sfrecciando da
una strada all'altra, affrontiamo un
quartiere e poi un altro della grande
Tokyo, la più vasta e popolosa città
del mondo. Eppure un giorno To-
kyo scomparirà. Nel non lontano
Duemila Tokyo si fonderà con Osaka
e Nagoya per dare origine alta (( To-
kaido ,>, una metropoli di 80 milioni
di abitanti, il 70°{i della popolazione
del Giappone.
I progetti dei dirigenti giapponesi
- mi assicura don Dell'Angela -
sono tali da far venire il capogiro.
Il r2 settembre del r872 fu inaugu-
rata la prima linea ferroviaria Tokyo-
Yokoama; oggi si hanno i super-
express che toccano punte di velo-
cità di 250 chilometri orari. Si pensa
a un metrò che trasporti 6 milioni
di persone al giorno; si costruiscono
petroliere che dovranno superare i
2 milioni di tonnellate. Pare che
non esista altra legge fuori di questa:
lanciarsi in avanti sul fronte del pro-
gresso e della tecnica, occupare al
più presto le linee più avanzate e
ardite.
Quello che più sorprende in Giap-
pon·e è che sono partiti da zero.
L'atomica esplosa sulle loro città ha
fatto esplodere in realtà anche enormi
risorse di coraggio, di intelligenza e
di ardimenti. Con idee fresche, con
teorie solide e con una ricchezza
di immaginazione sconfinata, i giap-
ponesi si sono messi a progettare
non più su scala nazionale ma mon-
diale. In cerca di una leadership
nella tecnica delle invenzioni, senza
perdere della loro bellezza e grazia,
hanno accettato dagli americani e dagli
europei tutto quello che hanno cre-
duto accettabile, senza lasciarsi ame-
ricanizzare o europeizzare, ma giap-
ponizzando e conservando la propria
originalità.
Nascono come
telecomandati
Con don Dell'Angela v1s1t1amo la
Scuola delle Figlie di Maria Ausilia-
trice di Tokyo-Akabane. È una cit-
tadella con varie comunità. Dove un
tempo sorgeva un agglomerato di
caserme oggi sta allineandosi un
complesso di edifici scolastici per
migliaia di ragazze e di raga7,zi. Le
mamme vengono a iscriverli prima
ancora che nascano o che abbiano
imparato a pronunciare i nomi dei
genitori. Se maschietti, frequen-
tano la Scuola fino a un certo grado
e poi sono smistati altrove; se sono
bambine, dal sillabario fino all'età
di sposarsi resteranno nella Scuola
per volere dei genitori che l'hanno
scelta per loro.
Che le cose stiano in questi ter-
mini me lo spiega suor Ruth, una
Figlia di Maria Ausiliatrice tedesca,
e quindi molto adatta per il Giap-
pone. Mentre mi guida per i vari
reparti, noto che soltanto dove sono
i bebé non c'è il televisore; in tutti
gli altri reparti sì. Lo hanno e lo
seguono anche i pupi che si reggono
appena sui loro lettini. Hanno i loro
programmi e così imparano a sgam-
bettare meglio, a stiracchiarsi e a
sbadigliare, a battere le mani e a
sorridere. La corsa all'istruzione pren-
de il via dall'età del biberon!
T utto questo mi aiuta a capire il
Giappone di domani. Nessun giap-
ponese può prevedere tutti gli svi-
luppi del futuro, soprattutto con lo
<< spaventoso vicino,> di casa che è
la Cina. Ma si pensa che il prossimo
secolo sarà il secolo del Pacifico;
e il Giappone si trova in una posi-
zione di privilegio per il mondo del
domani. Puntando a una grandezza
senza la bomba, il Giappone vive in
un lavoro proiettato al di là del no-
stro tempo, e discorre in termini di
secolo XXI, certo di potervi vantare
più di un primato.
Anche le cose più semplici sem-
brano indicarlo. Uscendo la mat-
tina di buon'ora per recarmi a Osaka,
noto che le botteghe sono aperte.
Restano chiuse solo in caso di de-
cesso. Verì figli del Sol Levante,
con lo spuntar del sole, a Tokyo
1'8o% degli abitanti sono già in piedi.
Sono le 6,30 e le strade sono già
affollate. È un mondo che non si
stanca di camminare e di correre.
A Kyoto, città sacra
dei giapponesi
Quando il velocissimo treno che
unisce Tokyo a Osaka si arresta, è
ad attendermi il coadiutore salesiano
Ottavio Masiero. Ci si ritrova dopo
gli anni trascorsi a Penango Monfer-
rato dal l927 al 1930. Sono pas-
sati quarant'anni e cose da raccon-
tare ce ne sarebbero tante. l\\lia io
sono venuto per ascoltare, e il caro
Ma.siero racconta mentre percora
riamo i padiglioni delta Expo '70.
Interprete dei nostri tecnici al
padiglione italiano, Masiero ha in-
tessuto una rete di conoscenze e di
amicizie. Ma ce n'è una che coltiva
con tutta la delicatezza di chi vuole
ottenere all'amico quanto vi è di
più bello e di più grande. Si tratta
di un giovane di ventun anni che
aspira a diventare cattolico. Scri-
vendo poi da Beppu Masiero af- 9

2.2 Page 12

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Tre milioni di giapponesi
si dichiarano cristiani
BEPPU. Don Làconl discute con i M issionari
del Kyushu i problemi delle evangelizzazione
In Giappone.
fermerà che il Battesimo solenne
del suo amico è stato il corona-
mento più gioioso del suo servizio al-
l'Expo '70.
Ma gli amici di Masiero sono
tanti e mi affida a uno di essi. È
il signor Tsumura Kitaro, direttore
dell'industria , Igashi-Osaka-Sbi •· 11
signor T sumura è come uno spec-
chio sul quale si riflettono le doti e
le bellezze del Giappone e dei suoi
abitanti. Gli siedo al fianco mentre
guida la sua bella macchina verso
Kyoto. Vuol farmi questo regalo:
condurmi a Kyoto, la città sacra
dei giapponesi.
Durante il tragitto da Osaka a
Kyoto ho modo di riesaminare le
mie idee, quelle apprese dai libri
in attesa di venire a contatto con la
realtà. A Kyoto il signor Tsumura
mi conduce a visitare la serie dei
grandiosi templi.' Sono capolavori
d'arte. In uno di essi il signor Tsu-
mura fa le sue devozioni e lascia
in dono una cospicua somma. Quello
che più mi colpisce è il suo senso
religioso. Chissà che un giorno non
trovi la luce che va cercando. È la
speranza che Masiero mi confida
mentre stiamo contemplando, sotto
i ciliegi in fiore, le linee architetto-
1o niche del maestoso tempio. E io
mi confermo nell'idea che se il giap-
ponese è un popolo che si butta
a corpo perduto verso il progresso,
è anche un popolo che in fondo sta
cercando. E Dio lo aspetta: tanto i
secoli per Lui sono come un giorno
già trascorso.
Il signor Tsumura ha messo nel
programma la visita al giardino di
Ryoanji. È di una bellezza austera.
È un mare di sabbia dal quale emer-
gono delle rocce sapientemente di-
stribuite, e dei licheni. Molti pel-
legrini sono seduti nell'atteggiamento
di chi prega e medita, come sper-
duti nell'infinito. ;,\\lonaci buddisti
ritengono che mirando a lungo quella
distesa di sabbia e di rocce si rag-
giunga la pace. Guardo il signor
Tsumura: lo vedo immobile e as-
sorto. Forse un giorno, procedendo
nel mare della vita, incontrerà la
"Roccia" che è Cristo.
Sulla via del ritorno si ferma a
un ristorante e Il facciamo pranzo.
l\\li chiede se gradisco qualche cibo
italiano. Rispondo ridendo che non
valeva la pena. a:ri_var~ i~ Giappor_ie
per gustare c1b1 italiani e che in
Giappone mangerò alla giapponese.
Il signor Tsumura sorride soddi-
sfatto. Sorride anche l\\lasiero, come
per dirmi che l'ho azzeccata.
A Beppu trascorro le giornate
più belle del mio soggiorno giap-
ponese. Don Suchan ha riunito tuLti
i missionari a Beppu-Minami-[shi-
gaki. È la casa degli incontri perio-
dici dei missionari. Don Albano
Cecchetti con la sua veneranda barba
bianca monta la guardia e fa da an-
gelo tutelare.
li tempo a disposizione viene de-
dicato a un h1eve ritiro spirituale,
e poi a discutere sui problemi della
evangelizzazione. Venuti da vari punti
del Kyushu, ognuno halportato il suo
tributo di esperienza vissuta. È un ar-
ricchimento vicendevole. Alla fine un
solo rimpianto: la brevitàdell'incontro.
Si chiude con il pranzo nella casa
dove regna don Bovio. Il pranzo
l'ha preparato lui e ha pensato a
tutto. Il missionario deve anche sa-
per fare il cuoco. Don Bovio dice che
è parte della missione dar da
mangiare ai fratelli. 1\\Ii rimetto in
cammino e tocco le Yaric stazioni
missionarie salesiane del Kyushu,
rendendomi conto della verità di
quanto ho poruto ascoltare.
È noto che il Giappone dal punto
di vista missionario è sempre stato
un terreno difficile, ma non refrat-
tario. li campo non è più impervio
di quello degli Apo!>'toli quando si
mossero verso le civiltà di Atene e
di Roma. Gli idoli allora non erano
meno numerosi di quelli di oggi.
Ma gli Apostoli, forti della for-
tezza dello Spirito Santo, seppero
osare e sfondarono.
Il Giappone è interessato al Cri-
stianesimo pit1 di quanto possa sem-
brare a prima vista. ì\\la sono i cri-
stiani stessi che frappongono osta-
coli con le loro divisioni. Il filosofo
giapponese vivente più in auge, Ni-
shitani Keiji, ha detto: «I cristiani
non possono pretendere di esportare
in Giappone le loro divisioni•· Il
frazionamento che le varie confes-
sioni cristiane presentano non piace
ai giapponesi, non li aiuta, anzi è
e causa di ::irresto e di scandalo. G ra-
zie a Dio, si iniziato tra le varie
confessioni cristiane del Gi.ipponc un
lodevole sforzo di collaborazione a
livello ecumenico, sul piano scienti-
fico, come su quello sociale-pastoralcl
Il Giappone è il terzo Paese <le.
mondo (dopo gli Stati Uniti e l'ln-
dia) per la diffusione della Bibbia.
Non si può quindi due che manchi
l'interesse per il messaggio di Cri-
sto. Un'inchiesta condotta dal go-
verno ha dato il risultato che circa
tre milioni di giapponesi si sono di-

2.3 Page 13

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chiarati cr1suani, pur non avendo
ricevuto il battesimo.
Padre Spae, direttore dell'Istituto
Orientale per le ricerche socio-re-
ligiose e pastorali, ha riforito in un
recente congresso che varie coppie
di sposi si presentano alla Chiesa
per avere iJ matrimonio benedetto.
Non sono cristiani, ma cercano un
contenuto religioso che non trovano
nelle loro tradizioni scintoiste o
buddiste. È quindi evidente che non
si può giudicare l'esito del lavoro
che i missionari cattolici stanno
svolgendo, con le sole statistiche dei
battesimi e delle conversioni.
Terrorizzato
di fronte al vuoto
Il rigetto e l'opposizione non de-
vono mai far retrocedere gli apo-
stoli, anche quando si rendono conto
della propria insufficienza. Paolo,
che aveva provato questa impotenza,
si dichiarava potente proprio quando
si sentiva debole, perché sapeva che
la luce alla fine vincerà sulle te-
nebre e che la vittoria di Cristo
sul.mondo è certa.
Lo scrittore contemporaneo giap-
ponese Endo Shusaku ha osato af-
fermare: « Il Giappone può acco-
gliere il messaggio cnst!ano anche
se la sua storia, la sua cultura, Je sue
tradizioni non hanno nulla di cri-
stiano >>. E narra la sua esperienza:
~ La sensibilità giapponese conduce
al vuoto immenso del nulla. Terro-
rizzato di fronte a questo vuoto,
fui attratto dalla grandezza e dalla
pienezza del Cristianesimo... ».
Prima di lasciare il Giappone
c'erano ancora nel mio programma
due visite: a padre Pittau, Rettor
Magnifico della «Sophia University li
di Tokyo, e al nostro Studentato
Teologico di Tokyo-Chofu.
La conversazione con padre Pit-
tau è stata interessantissima, soerat-
tutto sul mondo giovanile e univer-
sitario: un mondo in fermento e
pieno di fremiti. Padre Pittau lo af-
fronta con la calma e la perseveranza
di un buon sardo di YiUacidro.
Allo Studenrato Teologico tra-
scorro ore indimenticabili col di-
rettore don Simoncelli, con gli altri
professori e con gli studenti. I pro-
blemi sui quali si discorre si com-
pendiano in questo: come portare il
Vangelo e incarnarlo io una genera-
zione che pare si affretti verso altre
méte, ma che in realtà ne ha una
sete insaziabile.
Quando riparto rifletto a tutto
quello che ho udito e mi torna
alla memoria lo slogan che ho visto
al padiglione della chiesa all'Expo
'70 di Osaka: «L'occhio e la mano».
L'occhio è la fede che scopre la
vera dignità dell'uomo redento e ri-
conciliato in Cristo con Dio. La mano
è la Chiesa che opera e prega per
tutta l'umanità.
E mi torna alla mente anche la
visita fatta alla tomba di mons. Ci-
matti, la cui figura è sempr11 presente
aUo spirito di tutti i nostri missio-
nari. Tutti me lo hanno ripetuto:
era un aeostolo sempre in preghiera
e a serv12io, un uomo Ja cui fede
trasformava. Lo rivedevo come me
lo avevano dipinto coloro che gli
erano stati più vicini: attraversare
strade e città suonando e cantando,
autentico giullare di Dio. Per la
luce della sua fede e per l'ardore
del suo amore, un pianoforte, una
chitarra, una fisarmonica non erano
aggeggi da carnevale ma strumenti
di salvezza.
Penso che il Giappone abbia bi-
sogno di apostoli di questa tempra.
Allora anche se le difficoltà per il
Vangelo sono tante, iJ Giappone mo-
derno, quello del Duemila, si pre-
senterà ai messaggeri di Cristo come
una «porta grande e favorevole~ che
si apre al loro passaggio.
DON FRANCESCO lACONI
CONOSCERE DON BOSCO
Con il titolo San Giovanni Bosco
la SEI presenta una nuova edi-
zione della celebre biografia del
Santo scritta da don Agostino
Auffray. I Cooperatori Salesiani,
che hanno per programma an-
nuale Conoscere Don Bosco,
troveranno in questo volume un
eccellente sussidio per lo studio
della complessa figura del Santo
Fondatore.
Agostino Auffray
SAN GIOVANNI BOSCO
Edizione rielaborata - SEI
L. 1800
NB. I Cooperatori Salesiani possono
acquistare Il volume con uno sconto
speciale presso ìl Delegato Cooperatori
L-=:==-del proprio Centro.
11

2.4 Page 14

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Per la p volta in G
La mattina del 5 novembre 1970 i lettori del quo-
tidiano «Minici Sinbun », uno dei colossi d'infor-
mazione del Giappone, avevano la sorpresa di leg-
gere che un sacerdote cattolico era stato il vinci -
tore del premio letterario per la migliore traduzione
in giapponese dell'anno. La sorpresa era giustifi-
cata, perché era la prima volta che tale premio
veniva assegnato a uno straniero.
Il nome del sacerdote non è nuovo ai lettorj del Bol-
lellino, perché già in altre occasioni si è parlato di
questo grande apostolo della penna in Giappone:
è don Federico Barbaro, salesiano, da venti anni diret-
tore della rivista mensile <• Katorikku Seikatsu t o
<< Vita Cattolica>), pubblicata dall'editrice salesiana
<< Don Bosco Sha •>, che tanto bene va facendo soprattutto
fra la gioventù. L'articolo del << Mainici Shinbun >>
incominciava con le parole di don Barbaro al giornalista
che lo intervistava: << Col 10 del prossimo gennaio
saranno 36 anni che sono in Giappone. Sono venueo a
21 anni e naturalmente desidero che le mie ossa diven-
tino terra giapponese»- Il giornalista commenta: f Don
Barbaro ha detto questo non in un giapponese stentato,
ma con una pronuncia giapponese perfetta,>.
L'articolo continua: << Ogni anno l'Associazione per le
traduzioni che fa capo al Ministero dell'Istruzione e al-
l'UNESCO, sezione giapponese, assegna un premio
letterario per la traduzione migliore. Il premio del-
l' anno 1970 è stato assegnato aJl'unanimità aJ Padre
Federico Barbaro, italiano, per la sua traduzione dal-
l'italiano della Vita di Gesù Cristo di Giuseppe Ricciottl,
grosso volume di 840 pagine. Per questa traduzione i1
Padre Barbaro ha impiegato 20 anni e ne è risultata
una traduz-ione scorrevole e di piacevole lettura>>. Dopo
un breve accenno all'opera del Ricciotti, l'articolo
prosegue: <• Padre Barbaro, come sacerdote cattolico,
naturalmente è celibe ed è presentemente direttore
della rivista "Katorikku Seikatsu". Oltre alla fatica della
vita di Cristo, non bisogna dimenticare il grande suo
lavoro della traduzione di tutta la Bibbia nella lingua
parlata giapponese, per cui ha dedicato 17 lungru anni, e
altr\\ libri tradotti, tra cui I Promessi Sposi del Man-
zoru >>.
L'articolo termina con un accenno alla signora Luisa
Ogata, che è stata il braccio destro di don Barbaro in
questa sua grande fatica di presentare al pubblico giap-
ponese la figura di Cristo.
Prima ancora che trapelasse la notizia dell'assegna-
zione del premio, la rivista protestante<< Shinto no Tomo •>
pubblicava una lunga recensione della Vita di Gesù Cristo
del Ricciotti con un commento più che lusinghiero,
definendola (( un'opera importantissima in cui oltre
12 alla certezza scientifica si aggiunge un alto valore Jet-
terario ». E il cntico conchiude: «Non mi consta che
in Giappone sia stata pubblicata una vita di Cristo di
cosi profonda e vasta portata i>.
li 21 novembre scorso alle due pomeridiane, in un
salone dell'Università Cattolica «Sofia» di Tokyo ebbe
luogo la cerimonia austera della premiazione. Il signor
Takahashi Kenji, presidente dell'UNESCO, sezione
giapponese, in un nobile discorso presentò allo scelto
pubblico la persona e l'opera ili don Barbaro, con-
chiudcndo: (( L a traduzione della vita di Gesù Cristo
è il p.i.ù bel segno dell'amore di Padre Barbaro per Cristo
e per i1 Giappone>).
La portata di questo ambìto riconoscimento non si
ferma alla persona di don Barbaro, ma si allarga a tutta
la società giapponese, rompendo )'ancor piccolo cerchio
della Chiesa Cattolica in questo vasto e progredito
paese, per arrivare a portare al gran pubblico la dottrina
e la figura di Cristo, ancora tanto poco conosciuta.
La Chiesa Cattolica in Giappone è il piccolo seme di
senapa che ha iniziato la sua crescita, lenta ma sicura,
soprattutto attraverso il veicolo delle scuole e delle ope-
re caritative, altamente stimate. Nel campo culturale ci
sono tra i cattolici giapponesi delle figure di primo piano,
tra cui primeggia il romanziere Endo Shusaku, assunto
a fama internazionale con il suo ultimo romanzo Cim-
moku (Silenzio) iJ cui protagonista è il Padre Christo-
vao F erreira, discussa figura della persecuzione giap-
ponese della prima metà del 1600.
In un mondo pagano come quello giapponese può far
meraviglia che argomenti religiosi come la vita di Cristo
possano suscitare tanto interesse. Forse la ragione pro-
fonda si deve cercare in quelle parole di S. Agostino: << Il
nostro cuore è inquieto fino a che non riposa in Te, o
Dio;). L'anima sensibile giapponese sente il bisogno di
Dio, il bisogno di conoscerlo. Di qui la necessità di
creare opere valide che aiutino questo grande popolo a
trovare Dio, e con Dio la fede.
I salesiani, da quarant'anni, con l'editrice« Don Bosco
Sha » sono in prima linea nella pacifica battaglia per por-
tare il pensiero cristiano in Giappone. Si è lavorato e
si lavora sodo, ma il lavoro è troppo vasto per riposare
sugli allori di quello che si è potuto realizzare. Occorre
penetrare nel gran pubblico, uscire all'aperto e dare

2.5 Page 15

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tappone
TOKYO. Don Barbaro, il salesiano italiano
premiato per la m igliore traduzione dell'an•
no in giapponese.
ai giapponesi la possibilità di un con-
tatto più vasto col messaggio cristia-
no della Chiesa.
L'Editrice «Don Bosco Sba•>, per
commemorare il 40° della sua atti-
vità in Giappone, ha aperto una nuo-
va libreria in uno dei centri più fre-
quentati di Tokyo. Con sacrifici in-
genti ha voluto commemorare cosl
questa data, perché una libreria è
come un porto da cui le anime pos-
sono iniziare il loro viaggio alla sco-
perta di Dio.
I giapponesi sono divoratori di
libri. Occorre intensificare il lavoro
della stampa per portare Cristo a
questo popolo assetato di verità.
Questo non è solo il compito di chi
combatte in prima linea, ma anche di
chi collabora nelle retrovie per dare
a tante anime la possibilità di sco-
prire Dio, e con Dio se stesse.
DON GIOVANNI MANTEGAZZA
parroco salesiano a Tokyo
A MAGGIO IL
CAPITOLO GENERALE
SPECIALE
Il nostro Rettor Maggiore don Luigi R icceri, in una
lettera indirizzata a tutta la Congregazione, ha dato
l'annuncio ufficiale del Capitolo Generale Speciale,
che sarà aperto a Roma, presso la nuova Casa Generali-
zia in via della Pisana, alle ore 10 del 10 maggio p. v.
È il ventesimo Capitolo Generale dei Salesiani. Il
primo fu tenuto a Lanzo Torinese nel 1877 e fu pre-
sieduto da Don Bosco.
Per l'immediata preparazione al Capitolo sono state
costituite cinque Commissioni precapitolari, in rispon-
denza ai cinque temi generali che saranno trattati.
Esse hanno lavorato dal 10 dicembre 1970 fino a metà
marzo 1971. In base ai risultati dei due Capitoli
speciali tenutisi nelle 73 I spettorie sparse nel mondo,
le cinque Commissioni hanno preparato gli schemi dei
documenti per i lavori del Capitolo Generale.
U Rettor Maggiore, nel dare a tutti i salesiani comu-
nicazione della data di apertura del Capitolo Generale,
li invita a precedere e ad accompagnare i lavori con
molta preghiera. << Abbiamo assolutamente bisogno -
scrive - dell'assistenza dello Spirito Santo, che renda
presente in mezzo a noi Cristo Signore, senza del quale
non possiamo far nulla. Per meritarcela dovremo dare
a questo periodo di tempo che ci separa dal Capitolo
Generale Speciale il senso e il valore di wi particolare
impegno spirituale e apostolico. Ogni casa, ogni ispettoria,
la Congregazione tutta devono operare in "clima di
cenacolo": attomo a Mari:a Ausiliatrice e a Don Bosco,
in attesa umile, docile, fervorosa, dello Spirito, da cui
provengono, quali doni dall'alto e semi di fecondità, spiri-
tuale, tutti i carismi~-
Don Ricceri invita quindi i salesiani ad associare
alle loro preghiere per il Capitolo Generale i no-
stri Cooperatori, Allievi ed Exallicvi, e conchiude: «Don
Bosco, in occasio11e del primo Capitolo Generale della
Congregazione ai salesiani tiu11iti a Lanzo diceva fra
l'altro: "Noi intraprendiamo cosa della massima im-
portanza per la Congregazione".
Jlli pare che la stessa cosa, a,zche se per motivi diversi,
possiamo dire oggi anche noi in vista del nostro prossimo
Capitolo Generale Speciale.
In quella stessa occasione Don Bosco invitava i salesiani
"a mettere il Capitolo sotto la protezione speciale di
Maria Ausiliatrice": "Maria - egli diceva - è lume
dei ciechi: preghiamola che si degni proprio di illuminare
le nostre deboli intelligenze per tutto il tempo di queste
adunanze".
Sentiamo in queste parole vibrare l'amore e la fiducia
del nostro Padre in Maria, 11el cui nome si è iniziata in
Congregazione ogni impresa.
Sul'esempio di Lui, e accogliendo il suo paterno i1lvito,
mettiamo filialmente il nostro Capitolo sotto la protezione
della Vergine Ausiliatrice, che ci impegneremo a interessare
a questa non piccola impresa.
E la Vergine Sa11ta ci vorrà guidare sino alla conclusione
del Capitolo, perché esso risponda pienamente alle attese
della Chiesa, delle anime, della società>>.
13

2.6 Page 16

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Q uando a~riv:i-mmo, ~ul tetto c'e-
ra110 sei g1ovanotb e una ra-
gazza. Arrampicati come ragni gi-
ganteschi su un'immensa capriata la
stavano preparando a riceverele tegole.
Salutarono a gran voce padre Brw10,
e continuarono tranquilli a lavorare
sotto un sole che picchiava feroce.
Vicino al muro, scavavano un fosso
due ragazze e un giovanotto. Padre
Bruno mi presentò una delle ra-
gazze, nere come la fuliggine, la
faccia tutta coperta di gocce di su-
dore. Mi strinse la mano, e prima
che potessi parlare mi disse ridendo:
~ Come vede, i giovani non sono
solo capaci di distruggere, ma anche
di costruire)).
Le domandai se l'entrata nel mo-
vimento di padre Bruno aveva cam-
biato qualcosa nella sua vita. Scop-
piò a ridere, e disse che lei di cose
ne aveva cambiate molte, e non era
bello raccontarle tutte.
Di un'intelligenza molto sensi-
bile, questa ragazza era giunta alle
soglie dell'adolescenza in uno stato
di angoscia profonda. La sua fa-
e miglia molto benestante, e nella
fanciullezza lei poté scapricciarsi co-
me voleva. Ogni desiderio, ogni pre-
tesa veniva immediatamente accon-
tentata. A quindici anni, scopri al-
l'improvviso che fuori di casa sua
c'era un mondo diverso: la miseria,
la povertà, la guerra. E lei si domandò
seriamente se valeva la pena di vivere
in un mondo cosi. l suoi amici si get-
tavano senza scrupoli nei piaceri più
grossolani. Lei invece sentiva venir
meno la voglia di vivere. Le pareva
che la terra fosse una grande trap-
pola, in cui s'era trovata impigliata
senza sapere perché. Una trappola
da distruggere, forse, non certo da
viverci dentro.
Fu allora che un'amica la invitò
a un ~ incontro i) con altri ragazzi.
Andò per curiosità. In tre giorni
la sua vita fu rovesciata come un
guanto. Sentl ragazzi della sua età
e uomini maturi parlare di cose che
mai aveva ascoltato. ALia fine disse
a padre Bruno, direttore dell'incon-
tro: << V,::ngo con voi. Ho capito che
il mondo non bisogna distruggerlo,
ma costruirlo in maniera diversa )).
·Quei giovani che sono sul tetto,
e questi altri che lavorano alla fo-
gnatura, avrebbero tutti da raccon-
tarmi una storia di questo genere.
Dilemma all'oratorio:
ragazzini o giovanotti?
Ora sono in una piccola stanza.
Ho piazzato il registratore a pile, e
14 ho infilato il microfono nel taschino
~
BELEM:
giovammcontro
a Cristo
Don TERESIO BOSCO
A Belém, alle foci del Rio delle Amazzoni, il nostro
inviato ha incontrato un gruppo di giovanotti e un prete
che vogliono cambiare faccia alla periferia della città.
Si sono trovati la prima volta intorno all'altare, poi
si sono messi a cercare i fratelli più piccoli
e abbandonati lungo le strade. È un'opera che svela
il volto autentico della gioventù del Brasile.
di padre Bruno Secchi, seduto da-
vanti a 'me. Il sudore cola lento e
pesante dalle nostre facce. Sono par-
tito da Recife e ho fatto duemila
chilometri per due motivi: vedere
l'opera di don Lorenzo Bertolusso
e domandare a padre Bruno notizie
sul suo <• movimento giovanile)), che
sta dando frutti di impegno cri-
stiano che pochi avrebbero sperato.
Padre Bruno, piccolo é secco come
ogni sardo di razza, comincia a rac-
contare adagio, concentrato e guar-
dingo come chi non vuole lasciarsi
prendere la mano dall'entusiasmo.
«Quando arrivai da San Paolo,
dove fui ordinato sacerdote due anni
fa, fui incaricato dell'Oratorio che
affianca l'opera di padre Lorenzo.
C'erano tanti ragazzi e giovanotti
nei cortili, ma subito mi accorsi che
per loro l'oratorio era un luogo di
divertimento e basta. La chiesa, i
preti, le funzioni religiose le accet-
tavano come cose inevitabili: ceri-
monie di nessun valore.
Osservai e studiai la situazione
per qualche mese, poi senza fretta,
cominciai la mia offensiva. Dovevo
fare una scelta iniziale: dedicarmi
ai ragazzini trascurando i giovanotti,
o impegnarmi con questi ultimi la-
sciando per il momento i ragazzi
allo sport e al cinema. Scelsi que-
st'ultima soluzione, sicuro che in un
secondo tempo, con l'aiuto dei gio-
vanotti, mi sarebbe stato facile con-
quistare anche i ragazzi.
Prima fase : incontrarsi
La prima fase fu quella di incon-
trarsi. Lanciai la << Messa della gio-
ventù». I giovanotti della nostra
periferia si incontrarono attorno al-
i'altare con le loro chitarre e le loro
nacchere. Parlarono tra loro e con
Dio la lingua che conoscevano: quella
del ritmo e della melodia. Sapevo
molto bene il rischio che correvo:
trasformare la Messa in uno show,

2.7 Page 17

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uno spettacolo come tanti altri. Per
questo volli che con le chitarre non
dessero concerto, ma "parlassero a
Dio". Stretti intorno all'altare suo-
navano motivi e ritmi conosciuti,
ma le parole che adattavano a quella
musica (parole che avevamo prepa-
rato insieme) erano vera preghiera.
Erano pure loro a proporre le in-
tenzioni della preghiera dei fedeli,
a portare il pane e il vino all'altare,
a fare ad alta voce un colloquio di
ringraziamento a Cristo dopo la Co-
munione. Ogni volta diventava sem-
prè di fiù la "loro" Messa. Comin-
ciai cosJ nel marzo del 1969, e an-
dammo avanti con l'unica i.niziativa
della "Messa della gioventù" fino al-
1'ottobre. Non avevo fretta. Aspettavo
che le cose maturassero da sole.
Seconda fase : conoscers_i
In ottobre feci scattare la seconda
fase: conoscersi. Ci eravamo trovati
intorno all'altare, parlavamo con Dio,
ma tra noi non ci eravamo mai par-
lati sul serio. Cominciammo a in-
contrarci, dopo la Messa, in una
sala riservata per noi.
Un incontro tra ragazzi e ragazze
nella nostra città dove la moralità è
assai bassa, fece arricciare il naso a
molti. Una ragazza, recentemente,
mi ha scritto: "Prima di partecipare
agli incontri credevo che un ragazzo
non potesse avvicinarmi se non per
motivi volgari. Negli incontri ho scci-
perto invece un'amicizia serena, pro-
fonda, che nasce tra fratelli per mo-
tivi ben più alti".
Furono in molti a fare questa sco-
perta, e divenne un'esigenza per
tutti, finita la Messa, incontrarci in
sala, per conoscerci in un ambiente
buono, in discussioni franche e im-
pegnate. Io stavo in mezzo a loro,
semplicemente. E questa fu per loro
un'altra scoperta: non più il prete
come autorità, ma il prete comeamico.
Io volevo che incontrassero Cristo,
non che accettassero la mia autorità.
Terza fase: approfondire
In dicembre capii che era giunto
il momento di fare un passo avanti,
di approfondire il nostro impegno
cristiano. C'è in tutta l'America, e
anche qui a Belém, il movimento
di laici cristiani chiamato Cursillos
de C1"istianidade. Il nucleo di questo
movimento è costituito da incontri
di tre giorni, fatti in luogo appar-
tato, con un ritmo altissimo di vita
cristiana. Ogni giorno si tengono
"palestre", cioè conferenze seguite
da discussioni, tenute non da preti
ma dai laici stessi. Questi incontri
presentano un cristianesimo auten-
tico, senza compromessi, e sono veri
choc pt:r i partecipanti. Pensai di
copiare, di adattare quel tipo di
iniziativa per i miei giovani. Invitai
una trentina di essi per un primo
incontro di tre giorni fuori città.
Cercai quelli che avevano le ca-
pacità di essere capi, di esercitare
una forte influenza sull'ambiente in 15

2.8 Page 18

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cui vivevano. C'erano tra loro alcuni
anticlericali dichiarati, ma io ero
convinto che se avessero scoperto
la vera sostanza della fede cristiana,
l'avrebbero vissuta pi.ù a fondo di
altri.
Su trenta invitati dai diciassette ai
venticinque anni, accettarono in ven-
tisette. Partendo nessuno sapeva pre-
cisamente cosa veniva a fare. Chi
pensava di venirsi a riposare per tre
giorni, chi di venire a giocare al
pallone. Si incontrarono invece con
alcuni laici dei cursillos, partecipa-
rono alle palestre, cioè alle conferenze
e ai dibattiti, si videro presentare un
Cristo un po' diverso da quello che
avevano sempre pensato. Dico diverso
perché la maggior parte di essi aveva
fino allora pensato a Cristo come a
una persona con cui avere delle rela-
zioni di salvezza o di rifiuto i11divi-
d11ali, senza che i fratelli c'entras-
sero per niente. Da una visione pu-
ramente verticale, passarono a sco-
prire anche la dimensione orizzon-
tale del Cristianesimo. Capirono che
l'Eucaristia è un sacramento comu-
nitario, che ci unisce insieme, .perché
ci amiamo e ci salviamo insieme. E
impararono a pregare. Non solo a
ripetere orazioni e formule già fatte,
ma a parlare con Dio.
E impararono anche a lottare.
Perché qui il Cristianesimo si vive
solo lottando, andando contro cor-
rente. Li aiutò molto il vedere ac-
canto a sé quegli uomini che parla-
vano della propria esperienza, che
contavano la propria vita di tutti i
giorni.
Questo fu il primo incontro. Riuscì
bene, anche se non fu perfetto. Su-
bito dopo, questi primi ventisette
proposero che anche le ragazze del
movimento facessero la stessa espe-
rienza. E abbiamo organizzato il
primo incontro per signorine, dai se-
dici ai ventidue anni.
Impegnammo per questo secondo
incontro alcune signore dei a,rsillos;
ma chi radunò i fondi nel più as-
soluto segreto furono i giovanotti.
Radunarono 500 cruzeiros (circa 70
mila lire). E durante i tre giorni,
sempre nel più assoluto segreto, fu-
rono loro a far cucina e a lavare i
piatti. Parlavano sottovoce 11e1la cu-
cina appartata e collegata solo con
"ruote conventuali", e lavoravano
sodo, pur non essendo abituati a
simili lavori. Solo alla fine del terzo
giorno, a incontro ultimato, si pre-
sentarono in refettorio armati di pen-
tole e di grembiuloni, facendo un
baccano indiavolato. Le ragazze cad-
dero letteralmente dalle nuvole. Molte
di esse avevano perduto la fiducia
16 nei giovanotti, non credevano fosse
possibile in loro la serietà. Ora si
presentava ai loro occhi un tipo di-
verso di giovanotto, allegro e rumo-
roso, ma impegnato sul serio.
Nulla è definitivo,
siamo in piena esperienza
Al termine di questi primi due
incontri, tirammo insieme alcune con-
clusioni.
1. Avremmo ripetuto gli incontri
per altri giovanotti e signorine, man
mano che il nostro movimento si
sarebbe ingrossato.
2. Periodicamente avremmo fatto
un giorno di "revisione di vita",
per rivivere insieme lo spirito del-
l'incontro.
3. I nuovi incontri sarebbero stati
ancora diretti da qualche adulto dei
cursillos. Ma l'adulto sarebbe stato
affiancato da giovani formati in pre-
cedenti incontri.
4. Non avremmo mai chiesto a
nessuno di versare una quota per
la partecipazione a un incontro. Quelli
che vi avevano partecipato in pas-
sato avrebbero contribuito come po-
tevano alle spese, incaricandosi pure
dei lavori di cucina e di pulizia.
Da allora abbiamo realizzato in
tutto sei incontri. Non c'è nulla di
definitivo, siamo in piena esperienza.
Ai primi incontri avevano parteci-
pato solo ragazzi del centro citta-
dino, cioè delle famiglie più facol-
tose. Nei seguenti tentammo con
un po' di apprensione di unire in-
sieme ragazzi del centro e della pe-
riferia, cioè di ceti sociali diversis-
simi, che non si erano mai guardati
in faccia. Volevamo cominciare ad
abbattere le barriere del razzismo
che divide le varie classi. I risultati
sono stati positivi, anche se non
"completamente positivi". Davanti
all'altare si sono domandati per-
dono a vicenda di non essersi mai
parlati, di essersi guardati dall'alto
in basso come nemici. E ora lavo-
rano insieme, con il pÌ.ccone, l'ac-
cetta, la vanga. Certo, hanno una
maniera diversa di fare, di ragio-
nare. Ma stare fianco a fianco, lavo-
rare insieme li aiuta a preparare la
società "diversa" di domani.
Quarta fase : programmare
il lavoro per lo
sviluppo della zona
Ora stiamo realizzando la quarta
fase del nostro movimento. Abbiamo
rallentato un poco con gli incontri
e portiamo avanti le riunioni setti-
manali di gruppo e la programma-
zione dei lavori che intendiamo realiz-
zare per lo sviluppo della nostra zona
cittadina.
I ragazzi che hanno partecipato
agli incontri sono centocinquanta
circa. Sono divisi in una quindicina
di gruppi. Ogni settimana il gruppo
si ritrova nella famiglia di un socio,
con la partecipazione dei genitori e
la mia presenza. Si fa una meditazione
sul Vangelo, una revisione di vita,
e poi si discute un piano di lavoro.
Come sempre, io sono presente, ma
non dirigo né comando. La riunione
la portano avanti loro, e i genitori
prendono coscienza dal vivo di ciò
che fanno e di ciò che vogliono rea-
lizzare i loro figli.

2.9 Page 19

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seria nera. È assurdo voler risolvere d'ore metteranno a loro disposizione
di colpo tutti questi problemi. Ab- le sale da gioco. Ma questa sarà solo
biamo perciò scelto tre settori, e ci la parte più visibile. Li riuniremo
stiamo impegnando a fondo. Sono: in una specie di sindacato, per pro-
I'alfabetizza::io11e degli adulti, i ra- teggerli dagli sfruttatori, per far ri-
gazzi dell'Oratorio, i piccoli vendi- prendere gli studi a quelli che hanno
tori.
dovuto interromperli, per costrin-
Per l'alfabetizzazione, l'Oratorio gere le famiglie a interessarsi nuova-
mette a disposizione cinque sale du- mente di loro. Li avvieremo a lavori
rante la settimana. Due gruppi di onesti che permettano loro <li pen-
tovani si stanno addestrando come sare seriamente al domani. Ab-
istruttori, e fra un mese inizieremo biamo già un centinaio di indirizzi
i corsi.
di questi ragazzi, e un'assistente so-
Abbiamo più domande di quelle ciale e un avvocato ci hanno pro-
che possiamo accettare: infatti, per messo il loro aiuto. Non faremo una
avere un mestiere qualunque, oc- scuola per loro: assorbirebbe com-
corre saper leggere e scrivere, e pletamente ogni nostra energia e non
molti aduhi che non sono mai an- riusciremmo a pensare ad altro.
dati a scuola si affollano dovunque Scuole ce ne sono parecchie in città,
ci sia un corso rapido e serio. t:se- tutte gratuite: li mdirizzeremo là.
rcmo il metodo "S.D.B." inventato Ciò che speriamo di dare a questi
da un salesiano di Belo Horizonte, piccoli venditori è un po' di sicu-
che ottimi e rapidi risultati.
rezza: per oggi, e specialmente per
la vita di domani.
"La casa del piccolo venditore"
La casa del piccolo
sarà la prova del fuoco per i nostri
venditore
giovanotti. Se riuscirà, entreremo in
pieno nella viia cittadina, e il nostro
Alla domenica, il nostro Oratorio
è affollato di adolescenti e ragazzi
che si dedicano allo sport e aspet-
tano il cine. Sono circa duecento, e
se ci fosse un salesiano che potesse
dedicarsi soltanto a loro, potrebbe
far cose bellissime. Purtroppo quel
salesiano non c'è. E allora I giova-
notti hanno deciso di dedicare la
movimento si estenderà. l\\lolte fa-
miglie di questi giovanotti ci hanno
promesso aiuto: ci sono mamme
che verranno a cucinare e rammen-
dare gli abiti; papà che verranno a
darci una mano nel tent!fe in ordine
schedari e registri.
Una cosa ci dà tristezza: è la diffi-
denza che molti adulti, anche cat-
domenica agli adolescenti e ai pre- tolici, dimostrano nei nostri riguardi.
adolescenti. Dei piccolini si occupe- I nostri giovanotti, quando cadono,
ranno tre signorine. L'impegno dei non hanno bisogno di pietre, ma di
cc Se un giorno
doveaal scegliere: o I ricchi
o i poveri, m l he detto
don Bruno, loro u nno che la mia
scelta 6 già st11t■ f atta. Non ml sono fatto
ululano per star• tra I giovani ricchi, ma per
lutar■ 11 anche» i ricchi ad avvicinarsi al poveri».
giovanotti è questo: creare per gli ado-
lescenti altri centri di interesse che
non siano soltanto lo sport. Susci-
tare tra loro gruppi, club, riunioni,
atti\\•ità. Tuuo attorno alla i\\Iessa,
che deve diventare qualcosa di at-
mani che li aiutino a rialzarsi. Io
con loro sono molto duro, parlo con
assoluta schiettezza, ma ho anche
tanta fiducia, e so dimenticare.
Quello che ci capisce di più è
padre Lorenzo. Al sabato è sempre
traente, di personale.
lui che celebra la nostra 1\\lessa, tra
Ma l'iniziativa che più sta impe- le nostre nacchere e le nostre chi-
gnandoci in questi mesi è "La casa tarre. Non parla molto, ma ci
Abbiamo deciso insieme che se il del piccolo venditore". Le strade piena fiducia. Ci dke: "Forza I Il
nostro cristianesimo non ci porta della nostra città sono affollate di lavoro da fare per i poveri è im-
a interessarci concretamente de1 fra- ragazzini che vendono giornali, ge- menso, non finisce mai. Diamoci
telli più poveri che abitano intorno
a noi, non è una cosa seria.
Abbiamo fatto uno studio della
nostra zona, abbiamo avvicinato le
autorità civili, religiose, sanitarie.
In conclusione abbiamo scelto un'arca
che ci pareva la più povera, e ci stiamo
impegnando in vari settori per aiu-
tarla a svilupparsi. Comprende otto-
cento famiglie. I quattro quinti di
questa gente abita su palafitte pian-
tate nella palude. C'è tutta una serie
di problemi gravissimi: disoccupa-
zione, analfabetis mo, mancanza di
lati, dolci, bibite, di piccoli lustra-
scarpe. Spesso sono sfruttati dalle
loro famiglie o da adulti ripugnanti.
Finiscono per aggregarsi a bande di
ladri, e prima o poi verranno chiusi
in riformatorio o in prigione.
L'arcivescovo di Belém, messo al
corrente della nostra iniziativa, ci
ha messo a disposizione i locali adatti:
un cortile, una vasta tettoia, alcune
stanze. I nostri giovani stanno la-
vorando per adattarli e trasformarli
nella "casa del piccolo venditore".
Ogni giorno offriremo loro una refe-
dentro". È la sua silenziosa appro-
vazione che ci protegge nei momenti
più neri~.
Sono passati novanta minuti da
quando ho abbassato il pulsante del
registratore. Ora padre Bruno os-
serva preoccupato l'orologio. Devo
proprio andare •• mormora. l\\li mo-
stra il suo taccuino, zeppo di in-
contri, riunioni, adunanze di gruppi.
Lo vedo uscire dalla saletta con
passo svelto, col volto tirato. E mi
domando: *Cc la farà, questo pre-
case, ragazzi abbandonati, assenza zione calda, non gratuita, ma con tino che dorme sei ore per notte,
di igiene, mancanza di acqua pota- una paga simbolica. I nostri giovani e eh.e non ha ancora compiuto tren-
bile e di fognature, e miseria, mi- li serviranno a tavola, e per un paio t'anni? ,.
17

2.10 Page 20

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Dieci mmi nella Muyuri
Dieci anni di lavoro salesiano a Muyurina, tra diffi-
coltà incredibili e clima sfibrante. In occasione del
X anniversario è stato inaugurato il Centro Cur-
sillos Juan XXIII, un focolaio di spiritualità e di
preparazione tecnica alla vita.
Il 12 ottobre 1970 erano presenti l'Ispettore di Boli-
via, don Giorgio Casanova, il Vescovo di Santa Cruz
della Sierra e il Vescovo di Corocoro, personalità civili
(le militari no, perché erano occupate nella rivoluzione
di turno) quando celebrammo il primo decennio della
presenza dei Salesiani nella Muyurina, dipartimento di
Santa Cruz, in Bolivia.
La cosa ebbe risonanza non solo come giusta ricom-
pensa per i sacrifici e le incertezze dei primi tempi
ma anche per gli sviluppi che quest'opera ha rag-
giunto in così breve tempo.
La Muyurina non si arroccò in un collegio chiuso nelle
sue mura come in un ghetto preoccupato solo dei pro,
pri ragazzi: con grande sforzo ruppe il cerchio che
l'egoismo rende tanto facile e che si giustifica con le
più speciose ragioni. Si proiettò fuori di casa con u-na
intensa attività apostolica e sociale, nonostante la grande
scarsezza di personale.
Oggi il collegio non è guardato come un clan di pri-
vilegiati o come un centro di discriminazione sociale:
primo, perché riceviamo nel collegio ragazzi di tutti
gli strati sociali (su 230 alunni interni, 90 e più sono
beneficati a spese del collegio); secondo, perché im-
pegniamo i nostri alunni nelle attività sociali e aposto-
liche fuori di casa, facendoli lavorare giornate intere
con le famiglie dei << campesinos >> più poveri, mangiare
la loro stessa << comida » (cibo}, bere la loro stessa acqua
t de pauro •i (che è l'acqua che si attinge da piccoli
pozzi scavati dai contadini a due metri di profondità,
aperti a tutti gli animali). In questa maniera cadono
le barriere di classe.
Tra soldati e campesinos
Si cominciò coi soldati: erano anni in cui, anche per
la politica del governo di allora, le caserme non avevano
niente. Vicino a noi ce n'erano due. Le abitazioni degli
ufficiali erano di fango e paglia; figurarsi le bicocche dei
soldati: tettoie con il tetto di paglia, e basta. E i soldati
senza scarpe, senza divisa, coi vestiti a brandelli per
il lavoro nel bosco e nelle piantagioni di canna da
zucchero: arrivavano dal lavoro sfiniti per trovare
ammannito un mangiare insufficiente e mal confe-
zionato.
fn queste condizioni incominciammo a infilarci nelle
case1·me, naturalmente di notte, per la semplice ragione
che di giorno né noi né i soldati avevamo tempo. E a
bella posta ci portavamo con noi, a gruppetti, i ragazzi
più grandicelli del collegio perché almeno vedessero le
condizioni di quei militari e quello che facevamo per
loro: ne rimanevano colpiti.
Però in un paese sottosviluppato il lavoro non si
esaurisce nelle caserme coi soldati: (\\ los campesinos >>
che ci circondano, vivono quasi tutti al limite di rottura
con la miseria; non muoiono di fame soltanto perché,
come dicono qua, Dio è grande.
Le condizioni di quella gente ci colpirono tanto che
cominciammo a visitare le varie comunità delle foreste
dove tutto manca. Nessuna comunità ha l'acqua da bere
se non quella di «pauro •>, a volte a vari chilometri
di distanza; nessuna ha un dottore, un'infermiera, un
consultorio; nessuna ha una scuola per i ragazzi.
All'inizio incontrammo molta indifferenza; imperversa-
va la disunione: nessun senso di comunità. Fare pro-
messe ci sembrò inutile; questo è il trucco che usano i
politici che, passate le elezioni, dimenticano le loro
promesse.
Incominciammo a interessarci dei loro problemi
sforzandoci di formarli al senso della comunità, del-
l'interesse comune, discutendo con loro di problemi
pratici, come l'acqua, la scuola, gli ammalati, la strada,
la produzione e la vendita dei prodotti per difendersi
dai profittatori.
Le riunioni si tenevano seduti per terra o sopra sac-
chi di riso o di granoturco alla luce di un ~ mechero i>
(lanternino a petrolio).
I nostri ragazzi che partecipavano a queste riunioni
(a volte di diverse ore) finivano per addormentarsi;
il frutto per sé l'avevano già ricavato; vedevano come
18

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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na: tiriamo 11.e somme
accostavamo la gente e costatavano che la gente ricam-
biava la fiducia, e più ancora che prendeva interessa-
mento attivo alle iniziative proposte.
Una prima comunità
Quelle famiglie non avevano terra sufficiente per man-
tenersi; e non solamente continuavano nella miseria, ma
anche erano esposte a tutti gli inconvenienti dell'assenza
del padre per mesi interi a motivo del lavoro.
Ci mettemmo a cercare terra per tali famiglie: sembra
assurdo dover faticare a trovare terra da lavar.are in un
paese come la Bolivia che conta migliaia di chilometri
quadrati di foresta vergine: ma il problema è invece
serio. Non è facile mettersi nella foresta a lavorare.
Quello che si dice <t inferno verde •> è una realtà: in
clima tropicale l'uomo è impotente a dominare la
vegetazione delle erbacce che invadono tutto in po-
chissimo tempo. C'è poi la grande questione delle
strade: dare a uno la terra senza dargli la possibilità
di portarne fuori i prodotti, è come condanna.rio a
morte.
Dopo molta fatica siamo riusciti a ottenere duemila
ettari di terra buona nella foresta, abbastanza facile da
raggiungere: si creò la (t Colonia del Sagrado Coraz6n >).
La gente entusiasta incominciò i lavori in forma co-
munitaria; abbatteva la foresta vergine e bruciava tutto
per poter seminare le prime sementi. Furono anni
durissimi per quei <t campesinos » che non hanno neanche
una lira di capitale in riserva. Sono come gli uccelli:
vivono giorno per giorno. Non c' è da predicargli molto
la confidenza nella Provvidenza: c'è pericolo invece
che ci credano troppo...
Il problema d.i risolvere era quello di lavorare e man-
giare senza essere pagati , lavorando in proprio; c'è
voluta tutta l'inventiva e l'immaginazione del nostro
confratello Pacifico Feletti: ce la fece. Oggi la gente
vive contenta; lavora la terra che è sua, e non le sembra
vero di poter raccogliere per sé quello che prima racco-
glieva per gli altri.
C'era poi il problema della casa per la famiglia: i
«campesinos >> lo risolvono molto in fretta: in un g iorno
tirano su una casa, con pali e foglie di ~motacu », il
palmizio dei poveri.
Noi volevamo creare qualcosa che servisse di modello
agli altri: e cosi ci venne l'idea di invitare ad aiutarci
giovani volenterosi dall'Italia per costruire un villaggio
nuovo. E come per incanto sorsero la scuola, il con-
sultorio medico, un grande magazzino per i prodotti
agricoli e un'aia per seccare il riso e il granoturco.
E adesso il Sagrado Coraz6n è un paesino che funziona
come una comunità modello, organizzata in cooperativa,
e suscita l'ammirazione delle persone che se ne inten-
dono di organizzazione di comunità.
Da cosa nasce cosa
Per solennizzare le feste del X0 anniversario s1 mau-
gurarono altre due opere sociali che contribuiranno
molto alla promozione della gente più umile del posto.
La prima fu la benedizione dei locali per il Centro
di corsi di tecnica agraria, di educazione di base, di ri-
tiri spirituali, ecc. È un'iniziativa che ci parve necessaria
per sollevare un poco il livello degli analfabeti e di quelli
che hanno imparato qualche cosa.
La seconda è la creazione di una scuola di qualifica-
zione per « campesinos >> adulti: si invitano per due mesi
a vivere come interni nel collegio della Muyurina, per
dar loro una preparazione un po' più organica che nei
corsi saltuari: tali corsi serviranno per aggiornarli e
completare la loro qualifica. Il nostro ideale è di poter
dare a ogni comunità alcun.i elementi adulti che si
impongano come esempio, che sappiano commercializ-
zare i loro prodotti, che possano dirigere le loro co-
operative, che siano i capi della comunità evitando che si
infiltrino elementi politicizzanti poco onesti: è una
garanzia per il futuro delle comunità agricole.
Questi sono i frutti dell'alberello che conta dieci
anni di vita. Una esigua comunità salesiana si è sforzata
di non rimanere soddisfatta del lavoro non disprezzabile
a vantaggio dei suoi 230 alunni interni, ma di proiettare
la sua ansia di servizio umano e cristiano fuori delle
mura della casa religiosa in favore dei fratelli più
bisognosi.
DON DANTE INVERNIZZI
D11 sin,i11tr11;
Fanno festa alla
sgranatrice di riso
appena giunta.
Due alunni della
Muyurina i·n par-
tenza per le attivi-
sociali e aposto-
liche tra i "cam-
peslnos ».
Benedh:iono del
locali per il Centro
di corsi di tecnica
agraria, di educa-
zione di base, di
19
ritiri spirituali ecc.
per i te campesi-
nos ».

3.2 Page 22

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Dal 6 all'8 dicembre scorso si è tenuto a Roma il Secondo convegno nazionale delle A.G.S. (Associa-
zioni Giovanili Salesiane). Si sono riuniti 160 giovani di tutta Italia, con la loro allegria, la loro spon-
taneità, la loro socievolezza, e soprattutto in un grande spirito di fraternità.
Chi sono questi giovani e cosa vogliono in concreto ?
Sono giovani che appartengono a gruppi associativi formatisi sia all'interno che all'esterno delle opere
salesiane; sono giovani che si riuniscono insieme per studiare un orientamento di vita e richiedono a
questo scopo l'azione animatrice e ispiratrice di un salesiano: gruppi insomma in cui è vivo e operante
il carisma di Don Bosco, padre e maestro dei giovani.
La meta ultima degli appartenenti a questi gruppi può essere sintetizzata in poche parole: realizzare
completamente e cristianamente la propria vita.
Essere uomini e cristiani per loro vuol dire educarsi a essere persone libere, quindi responsabili.
Considerando poi che la responsabilità non può essere esercitata nel vuoto senza perdere il suo valore
intrinseco, ma ha bisogno di relazioni umane su cui agire, questi giovani vogliono essere corresponsa-
bili con i compagni e gli educatori nella propria formazione.
La coi:responsabi1ità è stato appunto il tema del convegno.
Il primo convegno nazionale delle A.G.S., tenutosi pure a Roma nel 1969, ebbe come tema la corre-
sponsabilità nella sua accezione più ampia.
La promulgazione del documento sul Rinnovamento della Catechesi ha suscitato l'idea, su richiesta
dei gruppi locali e ispettoriali, di approfondire in questo secondo convegno il tema della << correspon-
sabilità nella programmazione e nell'attuazione della Catechesi>>. Sono stati tre giorni d'impegno da
parte dei giovani, fortemente interessati al problema.
Questa gioventù a convegno ha voluto dimostrare che è ormai in grado di ottenere corresponsabilità, di
essere considerata cioè come soggetto umano responsabile della propria crescita e non solo oggetto
passivo da plasmare.
Essi hanno condotto la discussione con tutto l'ardore dei propri anni giovanili, pur non dimenticando
20 che portano nel mondo moderno una forza di ideali che deve essere ben indirizzata.

3.3 Page 23

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Educhiamo
come
Don Bosco
Crisi di
oppoS1z1one:
come fare?
«Una sera di autunno - racconta Don posizione è generalmente più rovente
Bosco - io ritomavo da Sommariv;,; con il genitore dello stesso sesso o con
giunto a Carmagnola dovetti attendere il suo sostituto (professore. educatore).
per piu di un'ora il treno per Torino.
Suonavano le sette, il cielo era nuvoloso,
la nebbia si sfaceva in minuta pioggia;
non si vedeva a distanza di un passo.
Un gruppo di ragazzi assordavano le
orecchie dei passeggeri in attesa. Si
udivano voci di "Aspetta", "Prendilo",
"Corri", "Cogli questo", "Arresta quel-
l'altro". Tra quelle grida spiccava una
voce che le dominava; era come la voce
di un capitano. Approfitto dell'occasione
in cui tutti quei ragazzi sono ,accolti
attorno a colui che fa loro da guida;
con due salti mi lancio tra loro. Tutti
fuggono come spaventati; uno solo si
arresta: si fa avanti e con aria di sfida
mi chiede: " Chi é lei che viene qui tra
i nostri giochi?". "lo sono un tuo
amico"». L' amicizia è presto fatta.
Quel ragauo provocatorio e ribelle si
chiama Michele Magone; orfano di pa-
dre, vive sulla strada. Don Bosco lo
accoglie a Torino. È un ragazzo esplo-
sivo, sempre all'opposizione. Don Bosco
I: meglio lasciar çadere senza
reagire un çerto numero di queste
manifestazioni aggressive dell'ado-
lescente. A ben esaminarle, ci si ac-
corge che sono il segno che l'adole-
scente sta cercando a tentoni il proprio
posto nella società. Egli saggia le sue
incipienti e giovani forze sui genitori o
sull'insegnante, che vede come i l rap-
presentante dell'autorità esercitata dai
genitori. Fa una specie di collaudo di
se stesso. Il conflitto è logorante. I ge•
nitori dicono sconsolati: « Ci urtiamo
per ogni bazzecole, per tutto e per
nulla ». « Basta che io dica nero e su-
bito il mio ragazzo dice bianco11. «Se
io gli ordino di studiare prima e di fare
1 compiti dopo, il mio ragazzo comincia
per picca dai compiti». « Nessuno dei
vestiti che le compero è di gradimento
per mia figlia; dice che le piacerebbe
uno scampolo di stoffa cosl e cosi;
glielo compero e lei subito si mostra
dispiaciuta e scontenta. Ma che cosa
gli mette al fianco un compagno che vuole h.
gli faccia da angelo custode. Senza che
il ribelle se ne avveda, nel modo più
accorto e caritatevole, Il compagno non
lo perde mai di vista; lo accompagna
nella scuola. nello studio. nella ricrea-
zione; scherza con lui, gioca con lui.
Ma ogni poco bisogna che gli dica:
«Non fare questo discorso che è cat•
tlvo; non dire quella parolaccia; non no-
minare il nome di Dio li. Michele spesso
sbuffa impazientito; ma poi di fronte
alla bontà del compagno cede e gli
dice: « Hai fatto bene ad avvisarmi; sei
proprio un buon compagno li. Nel giro
di pochi mesi li ribelle cambia e diventa
un emulo di Domenico Savio. Aveva
Che atteggiamento assumere con
questi ribelli 7 Oçcorre lasciarli "tra-
sparire". Lasciate che la ragaua scelga
lei i suoi vestiti e c ercate di apprezzare
il suo gusto anche se non collima per-
fettamente col vostro. Ascoltate i suoi
cantanti preferiti senza criticarli siste•
maticamente. Cercare di scoprire ciò
che questi loro "idoli'" rappresentano
per I vostri ragazzi. Insomma: occorre
accettare qualche volta di lasciarsi con-
durre per un momento da loro, con una
vigilanza accorta e intelligente. come
faceva Don Bosco con quel ragazzo
insofferente che era Michele Magone.
superato la più burrascosa crisi del-
radolescenza: la crisi dell'opposizione.
Ci sono delle occasioni in cui
sarà necessario intervenire: per
esempio, per mantenere una certa disci·
plina di vita, per rifiutare una libera uscita
che può diventare pericolosa, per esi-
Per ogni ragazzo la crisi dell'in- gere franchezza. Il disappunto dell'ado-
gresso nell'adolescenza, per quanto lescente diventerà allora tanto più smor-
prevista e preparata, rischia di diven- zato quanto meno imperiosa sarà stata
tare penosa. Il fanciullo prima aperto l'autorità dei genitori. Se gli si rifiuta o
e affettuoso. talvolta docile, verso gli gli si critica tutto senza una motivazione,
8-1 O anni cede il passo al preadole- l'adolescente penserà logicamente che
scente e poi all'adolescente irritante e non lo si vuole lasciar crescere. E la
scorbutico. Tutto ciò che prima amava sua reazione diventerà tremenda. Perciò
gli diventa detestabile; non accetta i «è indispensabile - dice Don Bosco -
consigli che con mugolii di ribellione; la pazienza e molta preghiera•· L'ado-
ogni inezia gli diventa occasione per lescenza è un collaudo per i ragazzi e
opporsi. Gli psicologi notano che l'op• per i genitori.
21

3.4 Page 24

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NEL
MONDO
SALESIANO
I Salesiani di Hong Kong
per il Papa
In margine alle notizie sulla visita del Papa a
Hong Kong, va sottolineata la partecipazione
dei Salesiani della città. L"ispettore salesiano
don Machuy con don Chung e don Zen, tutti
e tre cinesi, parteciparono alla concelebrazione
con il Santo Padre. L'ispettore fu scelto per
os.sequiare il Santo Padre a nome di tutti i
religiosi residenti in Hong Kong. Don Machuy
ne approfittò per presentare al Papa un ma-
gnifico album che racchiudeva una perga-
mena con documentate le offerte di preghiere
e di sacrifici fatti dai ragazzi dell'Ispettoria di
Hong Kong. Il coro dei 3000 cantori era
diretto dal salesiano cinese don Loh.
Nel concorso indetto dalla Diocesi per una
composizione sul Papa fra le Scuole cattoliche,
riusci vincitrice un'allieva delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, che ricevette i l premio dalle mani
stesse del Santo Padre.
Buenos Aires (Argentina)
Una lezione di catechismo
incarnata nei personaggi
della Passione
Da quattro anni per le vie del popolare quar- ~
tiere "La Boca" di Buenos Aires sì ripresenta
il dramma della -Passione del Signore. È una
efficace lezione audiovisiva di catechismo, alla
quale assiste in massa la popolazione. Le vie
della Boca vibrano davanti alla rappresenta-
zione del dramma della Croce. Negli attori c'è
verismo e autenticità. L'annunciatore immerge
i presenti in una atmosfera mistica, alla quale
tutto contribuisce: la voce, il silenzio, la luce,
le ombre, la musica... È una rappresentazione
viva della Passione che fa pensare alla celebre
rappresentazione della Passione di Oberam-
mergau in Germania. Promotore e animatore,
il direttore dei salesiani don José Varela.
Il Presidente del Vietnam del Sud
in casa nostra
Il generale Nguyen Van Thieu, presidente della~
Repubblica del Vietnam del Sud, ascolta la
spiegazione del coadiutore salesiano Pietro Hue
sul modo di suonare questi strumenti che hanno
reso famosa l'orchestrina degli Esploratori di
Govap. Dal 25 al 28 dicembre scorso si è svolto
a Govap il Jamborée degli Esploratori di tutto
il Vietnam del Sud. Assistette lo stesso Presi-
dente della Repubblica, che elogiò gli Esplora-
tori "Don Bosco" non solo per la loro orche-
strina ma anche per il buono spirito e la disci-
22 plina che hanno dimostrato.

3.5 Page 25

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Berna! (Argentina)
La visita del Presidente argentino
La Casa di Bernal. la più antica casa di forma- ~
zione dei salesiani in America, che ha al suo
attivo 700 e più sacerdoti argentini, in essa for-
mati, ha celebrato il suo 75° di fondazione con
l'intervento dello stesso Presidente della Re-
pubblica, generale Roberto Marcalo Leving-
ston, che volle assistere a una solenne Messa
al campo celebrata dal vescovo salesiano
mons. Raspanti davanti a una folla immensa.
11 Presidente rispose all'omaggio che segui. di-
cendo tra l'altro: « Dio ha voluto che la mia
prima visita ufficiale alla provincia di Buenos
Aires fosse alla città di Bernal. Ha voluto an-
che che come exallievo la realizzassi in questa
data cosl importante per l'Istituzione Salesiana,
che tanto ha fatto per gli Argentini e in parti-
colare per questo argentino che oggi è presi-
dente della Nazione. Perciò approfitto per ren-
dere pubblico il mio ringraziamento ai figli di
Don Bosco». Nella foto: i giovani esploratori
"Don Bosco" rendono onore al Presidente
della Repubblica.
Il nuovo vescovo di Oita {Gia ppone )
Nella foto che presentiamo, il nostro veterano ~
delle Missioni in Giappone, don Albano Cec-
chetti, si felicita con mons. Pietro Hiroyama
Takaaki, nuovo Vescovo di Oita. Questi conobbe
i salesiani all'età di 15 anni, ne scelse uno
come suo direttore spirituale e divenne fervido
ammiratore dei Figli di Don Bosco. Soprat-
tutto è vivo in lui il ricordo di mons. Cimatti,
di cui ammirò la santità a Miyazakì. Nel 1961
volle visitare l'Oratorio di Valdocco e celebrò
nella Basilica all'altare di San Domenico Savio,
di cui è devotissimo. Ancor oggi ama essere
diretto spiritualmente dal suo antico parroco
salesiano.
Ramsey, New Jersey (USA)
Secondo congresso catechistico
annuale
Organizzato dai salesiani dell'lspettoria di New ~
Rochelle, vide la presenza di 750 partecipanti,
in gran paite insegnanti di religione della vasta
zona metropolitana di New York. Tra gli argo-
menti trattati ebbero il primo posto: uno studio
della coscienza del bambino in rapporto al
Sacramento della confessione, presentato da
un professore di psicologia - il problema della
droga - la diffusione della Parola di Dio tra i
giovani • la validità sempre attuale della Con-
fessione e della Comunione nella formazione
cristiana della gioventù. Il congresso si chiuse
con una "Lezione-modello", tenuta da una Fi-
glia di Maria Ausiliatrice.
NEL
MONDO
SALESIANO

3.6 Page 26

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Jr >r (r
((;• f\\\\!..-,-[v(
·'";(II
I
Don CARLO
DE AMBROGIO
T rr,lici anni or sono, proprio nello Stato indiano
dr! Kèrala comumstt conquistarono demo-
rratica menLe il potere. E tredici anni dopo quella
conquista, i comunisti sono ancora al potere. Ne
parliamo 0011 l'ispettore dell'Lndia Sud, don Luigi Di
Fiore. Il Kerala è Jo Stato dell'Unione Indiana
da cui i Salesiani raccolgono il mll{;giOr numero
di vocazioni. Mi dice don Di Fiore: « Il Kèrala è
t,_rtto Ull vastissimo seminario ». Primo ministro è
Achulha Menon, filosovielico, natlll'almentc. Non
bisogna confonderlo con Krishna Mcnon, l'ex mini~tro
della difesa del governo Nehru che aveva in lui wia
totale fiducia. Krishna Menon, pro-cinese, fu la causa
prima del disastro indiano nel conflitto con Pechino
nel 1962: adesso v ive emarginato. Dal '56 a oggi Nuova
Delhi ha dovuto proclamare per tre volle la « Pre5i-
dent's rule », cioè ha dovuto assumere di.rettamenLe la
responsabilità di governare il Kerala.
Que~Lo Stato è di modesta estensione: venti milioni
di abitanti addensati alla media di cinquecento
per chilometro quadrato. Ma si trova, per livello
culturale e per slancio sociale, all'avanguardia. Il
Kerala è nel ptofontlo sud dell'India, cioè in quella
24 parte del sottocontinente India che più rimase lontana,
per lingua, 1>er Tazza e per storia, dall'India degli aTiaui,
iuigid_i La nella struttura d elle casle. Nel Kcrala
invece si viene a conlallo con W1'luclia sciolta e vi-
vace, di pelle assai scura n egli uomini, rigogliosa-
mente tropicale nella natura.
Al «Don Bosco Oratory »
di Cochin
Eècoci a Cochin, al DQn Bosco Oratory, che funziona
da preaspirantato per le tre I spettorie salesiane drJ-
l'India. Una fiua massa di ragazzi: v ivaci, scher-
zosi, intelligenti. A guardarli è tutto un lampeg-
giare di occhi e di sorrisi. Oratorio quoLidiano, scuole
professiona)j esterne p er meccanici, scuole elemen-
ta_ri. Ce n e parla il dù:ettore do.n Giorgio Menacherry.
Gli vih_ra l'entusiasmo n ell'a1ùma.
- Le piace Cochin? - mi chiede quando rientriamo
da una vi.sita sommaria alla città.
- Incantevole - gli rispondo. Cpchin è davvero
incantevole: sta diventando un porto di primo
piano. La capitale del Kerala è Trivandrum; ma
Cochin viene definita, con un pizzico di retorica,

3.7 Page 27

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MO ESEMINARIO NEL KERALA
)a Venezia indiana: una Venezia abhaslanza dissi-
mile dall'originale europea, con canali, lagune
orlate di palmizi, reti triangolari di pescatori tese sulle
acque immobili e la brezza che come il respiro di un
bimho ossigena i polmoni esausti dal calore. Lungo il
litorale del mare arabico noto stupende falci di spiaggia
bianchissima. Da Cochin parlono verso l'Europa,
come al tempo d elle Repubbliche marinare italiane, le
spezie orientali, il caffè, iJ e il legno di palissandro.
Cochin sorprende: è molto pulita in confronto al livello
medio delle altre città indiane. È raro trovare i kera-
lesi seduti lungo la strada o sui marciapiedi. Ma è
anche molto povera. Eppure l'alfabetismo tocca nel
KeraJa una p·unta che per l'India è stupefacente:
l'oltanla per cento dei keralesi è alfabetizzato. Tra la
popolazione, più del dieci per cento è di religione
cristiana.
Ondata di terrorismo
A lrinjalakuda sorge la Don Bosco Higlt School, con
scuole elementari, medie e ginnasiali per esLerni e un
ospizio per interni. Il direLLore si chiama don Ahramo
Poonolly. C'è indubbiamente nel Kerala una prolifera-
zione di is tituti privati che hanno conseguito inne-
gabile) risultati meravigliosi. Questo Stato ha risolto il
problema dell'alfabetizzazione che tormenta invece il
resto dell'fndia, ma è assillato dall'incubo della sovrap-
popolazione. Grande fornitore di impiegati di concetto
agli altri Stati dell'India, il Kerala non riesce a risolvere
le tensioni economiche e sociali che gli guizza.no in
corpo; e ne avverte più acutamente il disagio. Ciò
spiega la presenza di due partiti comunisLi, e l'ondata
di terrorismo da parLe dei ribelli "naxaliti", venuti da
Calcutta. Il germe naxalita è virulento nel Kerala,
anche se un po' meno che nel Bengala. Si assiste a
un'intensa propaganda di dottrine marxiste.
Una nuova cristianità
- Che cosa fanno i cattolici per preservare il Kerala
dall'avvelenamento marxista? - chiedo all'ispettore
salesiano don Di Fiore. Gli leggo sul volto la preoccu-
pazione ancora prima che mi risponda. 11 Kerala è il
massimo fornitore di vocazioni religiose e sacerdotali
nell'India. La perdita di questo Stato sarebbe il colpo
più grave per la giovane Chiesa dell'India.
- Bisogna tornare all'essenziale. Occorre puntare
tutte le <;arte sulla Parola di Dio, che è v iva e efficace,
come una spada a doppio taglio e penetra fin nelle
giunture e nel midollo, dice la Lettera agli Ebrei.
Qui il discorso e la discussione, a cui prendono parte
diversi confratelli salesiani, si fanno più concreti. Le
clifficoltà cltc si incontrano sono molte, senza dubbio.
« Dobbiamo annunciare il Vangelo come una notizia,
cioè come fanno gli speakers alla radio, e non come i
professori di storia », mi dice un sacerdote indiano di
cui non mi sono trascritto il nome. Capisco benissimo:
quello che dobbiamo ritrasmettere ai giovani (la gioia,
la grandezza, il dramma di Gesi1) dobbiamo ritrasmet-
terlo « in presa diretta » com e il reporter che fa rivi-
vere minuto per minuto per gli ascoltatori l'avveni-
mento al quale assiste. Jo gli cito il pensiero profetico
del filosofo Jacques Maritain che nel lon·tano 1949,
durante la Settimana degli Intellettuali Cattolici, si
era espresso così: « Mi sembra che se una nuova cri-
stianità deve nascere, sarà una cristianità in cui si
leggerà e si mediterà il Vangelo più di quanto non
sia mai slato fallo finora».
Piccoli focolai di vita divina
I marxisti e i naxaliti nel Kerala stanno diffondendo
iJ verbo comunista con una tattica già collaudata:
quella delle cellule. È una abile e tardiva imitazione
della prima propaganda cristiana ai tempi degli
apostoli. Oggi come allora la Chiesa dove ripresentarsi
agli uomini sotto forma di chiese "ridotte", cioè a
gruppi di due. tre, otto, dieci, dodici persone. Una
chiesa di piccola s Latura, umile, alla portll'La di tutti;
quella che San Paolo chiamava « la Chiesa che si
riun_isce presso Aq11ila e Prisca ». La diffusione del
Vangelo è sempre avvenuta, nei primi tempi del cri-
stianesimo e ne.i grandi ri.nnovamcnli s uccedutisi nei
secoli, a partire da piccoli focolai di vita divina, nel-
l'ambiente della vita più evangelica posBihile, quello
dei centri di comunità fraterna, di preghiera, di povertà,
di s tudio. Nolava un meraviglioso apostolo, Ignazio
Sepp: « Si può dire che la legge di tutte le
leggi della vita apostolica sia la seguente: fare del-
l'ambiente spirituale in cui si vive, il Regno di Dio;
e poi andare, po:rtare Ja ]>arola al mondo; in misura
misteriosa ma certa, solo così si potrà fare di questo
mondo, in rapida trasformazione e infelice, un grande
Regno di Dio ».
25

3.8 Page 28

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CON I RAGAZZI DELIA STRADA
Don ENZO BI ANCO
A Medellln in Colombia le mi-
grazioni dei campesinos alla città
hanno reso di urgente necessità
la creazione di un'opera che si
prenda cura dei ragazzi della stra-
da, divenuti molto numerosi. Il
piccolo ospizio dei salesiani non
basta più, e i salesiani stanno ter-
minando una « Città Don Bosco»
che la carità dei buoni aiuta a
costruire.
Pedro viveva di solito nella stra-
da, che era p1u accogliente di
casa sua. Li su□a strada lo lrova-
rono g'li studenti del servizio so-
ciale che conducevano uno studio
sui ragazzi snati, e Jo segnalarono
a un'as~istente sociale. L'as;,istcnte
cercò di parlargli e di farlo parlare,
ma ottenne in risposta solo mono-
silJabi. Dopo tre mesi di paziente
attesa, Pedro capitolò e raccontò.
Non aveva voluto parlare perché
temeva ch e lo portassero in prigione,
e di motivi per finirci dentro ne
aveva, anche se non contava nem-
meno dieci anni. Suo padre gli aveva
insegnato tre mestieri: il primo con-
sisteva nel lavare le auto per le
strade, e lo ripagavano con qualche
26 spicciolo; il secondo consisteva n.el
mendicare; il terzo nel ruhare. Tullo
quel che guadagnava, doveva conse-
gnarlo al babbo, che sapeva come
spendere il denaro. Suo padre era
disocoupa to cronico, e si consolava
bevendo.
Sua madre era della stessa estra-
zione. lrrespon8abile, cresceva i 6gli
nell'ignoranza. nella sporcizia e nella
fame. IJ padre manteneva la disci-
plina e terrorizzava la madre bran-
dendo il machete, il pericoloso col-
tellaccio dei campesinos. Per questo,
Pedro preferiva la strada alla caea.
Era il più grande dei fratellini, che
vedeva crescere stentati, col pan-
cino gonfio del male della denutri-
zione.
Ese.rcitava i suoi tre mestieri con
coscienza e bravura, per mettere
insieme qualcosa da consegnare a
suo padre e avanzare qualcos'altra
per i suoi fratellini.
L'assistente sociale parlò a Ped_ro
di nn collegio dove avrebbe potuto
studiare gratis, ma Pedro disse di
no: doveva provvedere ai suoi f.ra-
tellL Alla fine bi arrese, si lasciò
condurre nel collegio e si mise di
buona volontà. Ma non riusciva a
combinar nulla, aveva un tarlo
dentro, andò dall'assistente sociale
e glielo disse: « Non posso studiare,
io devo cercar denaro per procurare
cibo ai miei fratelli». Era vero: in
quei giorni un fratellino di Pedro
era morto in conseguenza della dc-
nu trizione. Da allora il collegio passa
a Pedro una piccola somma mensile,
che Pedro porta a casa.
Ora studia, con gusto e con pas-
sione. È intelligente, riesce bene.
Sta terminando la quinta elementare.
I suoi sonni a volte sono turbali
da incubi paurosi: gli pare che un
uomo gigantesco avon7,i verso di
lui, brandendo minacciosamente un
terribile machete. È suo padre: e si
sveglia di soprassalto, madido di
sudore. È ormai un giovanotto;
l'anno prossimo gli troveranno un
posto di lavoro e lo restituiranno
alla società.
Rannicchiati
sotto i manifesti
Pedro è uno dei duecento e più
ragazzi che vivono nella « Città Don
Bosco» di Medellin, e la sua è una
delle tante storie che quei ragazzi
potrebbero raccontare. Gli abitanti
dj Medellin sanno queste cose, e
guardano alla « Città Don Bosco »
con gratitudine. Lì, uella casa sale-

3.9 Page 29

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Non vogliono tornare
a casa
siana, i ragazzi più abbandonati
vengono accolti per sottraxli alla
~trada, al vizio e alla delinquenza.
Un edificio vecchio e scomodo nel
cuore della città li accoglie ora alla
meno peggio, ma è già quasi finita
la sede tutta nuova tra il verde
sulla collina.
Una lunga storia sta alle spalle
di quest'opera, una storia comin-
ciata nel lontano 1915 quando
don Cesare Cesari nelle notti di
pioggia si avventurava per luoghi
poco raccomandabili in cerca dei
ragazzi abbandonati. Li scovava ran-
nicchiati, intenti a proteggersi dal-
l'acqua sotto giornali raccattati per
terra o manifesti strappati dai
muri. La pioggia, più era intensa
e più rendeva molle la volontà
dei ragazzi, che a malincuore si
lasciavano rimorchiare alla casa sa-
lesiana, a dormire sull'asciutto, a
bere qualcosa di caldo. L'indomani
col sole essi ritrovavano intatta la
loro libertà di andare dove vole-
vano, e proprio perché si sentivano
liberi ritornavano.
In quei primi tempi ci fu solo il
dormitorio. Lo frequentavano gli
« sciuscià », lustrascarpe e vendi-
tori di giornali, e ragazzi ancor più
sprovveduti, esperti solo nello squaJ-
Bisogna far presto perché l'opera
è inclispensabile, e per molti ragazzi
irrimediabilmente guastati arriva in
ritardo. Medellin è lU).a bella città
cho si avvicina al milione di abitanti
ha molte industrie, un buon tenor;
cli vita e un volto decisamente euro-
peo. Qui si riunirono nel 1968 i
Vescovi dell'America Latina io UDa
conferenza che donò alla Chiesa gli
importanti documenti detti appunto
di Medellin. E come tulle le grandi
ciuà moderne, ha dovuto affron-
tare l'angoscioso problema delle mi-
grazioni interne: i campesinos con-
tinuano ad abbandonare le cam•
pagne e creano attomo alla città un
cinturone di povertà, a volte di
miseria. Il Comune e la Chiesa con
le loro organizzazioni hllllllo prov-
veduto praticamente a tutti una
casa io mattoni, la luce e l'acqua
potabile. :Ma esistono tanti allri
problemi che non si risolvono con i
mattoni e le tubature. Si calcola
che almeno tremila ragazzi vivano
lido far niente. Che pena, vederli
al mattino ripartire per il loro
penoso arrabattarsi quotidiano.
Nel 1956 un salesiano dal cuore cli
Don Bosco, don Carlo Gonzalez,
decise che per questi ragazzi biso-
gnava fare di più. Avvicinò i più
dociU, li convinse a fermarsi tutto
il giorno, racimolò per loro i primi
.banchi di scuola e cominciò le ele-
mentari. E cominciò anche a co-
struire un sogno, troppo bello perché
potesse clivcntare realtà. Voleva una
casa così grande da poter accogliere
tutti i ragazzi sbandati di Medellin,
con almeno duemila posti, e con la-
boratori perché i ragazzi potessero
imparare un mestiere e poi vivere
in maniera pulita nella società. Come
Don Bosco, don G<>nzalez non era
un sognatore ma un realizzatore, e
si buttò per trasformare il suo sogno
in solido calcestruzzo, Morì un anno
fa, ancor giovane ma piegato dalla
fatica. Altri salesiani gli sono succe-
duti e mandano avanti il suo pro-
getto, sia pure ridotto nelle propor-
zioni.
Presto i ragazzi sbandati di J\\fedel-
lin andranno a prendere possesso
della vera « Città Don Bosco », che
cresce ogni giorno un po' sulle col-
senza un focolare, abbandonati a se
stessi: per loro deve aprirsi al più
presto la nuova « Città Don Bosco ».
Nella vecchia, intanto, vivono più
di duecento ragazzi, non ce ne sta
uno io più, provenienti da famiglie
dissestate. Il padre chissà dov'è
andato a finire, e la madre poverina
lavora fino a sfiancarsi per 110n veder
morire di fame la tri.hù dei figlioli.
Sono ragazzi complicati, a volte
deboli cli salute o di mente perché
vissuti per anni sottoalimentati, o
senza affetto, o senza stimoli per uno
sviluppo intellettuale normale. E
hanno bisogno di personale specia-
lizzato. L'assistente sociale che seguì
l'oclissea di Pedro, lavo-ra qui a
pieno tempo. Visita le famiglie,
chiama a colloquio i ragazzi, per
ognuno di loro ha uno studio com-
pleto. Gli studenti dell'università
collaborano nell'assistenza psicolo-
gica ai ragazzi con le loro esercita-
zioni pratiche.
In genere i ragazzi della « Città
Don Bosco » non sono ragazzi cat-
tivi, anche se in famiglia gli hanno
insegnato a rubare. Hanno imparalo
una religione superficiale, piuttosto
ritualistica, ma nel collegio è pos-
sibile renderla autentica. Studiano
line vicino.
con buona volontà, anche se sono 27

3.10 Page 30

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in ritardo di parecchi anni e molto
sp esso incapaci di un rendimento
normale. Giocano con i asi,er , il
cagnaccio dallu pazienza quasi ine-
saurihi]e ma ohe ogni tanlo 1111,cia
il segno dei clenti s uUe mani e s ul
retro dei pantaloni.
La nuova sede, che don Mario
Salazar s la costruendo e comincerà
a funzionare tra poclli m cs~ ha
ottocento potjti ma i,orge su un'area
di 23 ettari con molto spazio per
future costruzioni. Le quindici aule
d,•lla scuola ele111011tare sono già
pronte. Poi si prevedono tre anui di
un avviameuto professionale, con
laboratori di meccanica (già co•
;.truiti), di artigianato (per l'int e rc!:;-
!lante lavorazionc di una pianta locale
t<i mile all'agave). e con campi per
t1pecializzazio1ii agricole. I giovani , i-
\\'Tanno a piccoli gruppi s tile familiare,
in soggiorni per giochi, i compiti, la
radio, la T\\ . Sarrumo casette a pian
terreno. seminate fra il verde e i fiori.
La vecchia sede non verrà clùusa,
ma accoglierà i più grandi clic u·r-
minati gli s tiuli la, orc·ranno in cii
e potranno a veri• RuJ posto una resi-
denza comoda cd economica.
I n collina, ac·canto alla nuova
011era, s ta sorgend o un quartiere
p overo che ,,i avvia a diventare
p arrocchia. I imlcsiani fii prenderarulO
cura di questa zona di periferia, e
per gli abitanti hanno già costruito
wui scuola di a lfabetizzazione:
verranno adulti e bambini a 6tudiare
l'abbecedario. .Molti sogni cli don C-on-
ziilez sono ancora appollaiati sulle
nuvole, ma molti sono già tradotti
in calces truzzo.
Il Comitato del milione
E il d enaro p er costruire? Di-
]lCnde tullo dalla carità, e la carità
a Medellin nou manca. La gente sa
che ques t'opera è indispem;abile, t•
aiuta. Il municipio ha donato il ter-
ren o, il governo una cifra considcrc•
voli". Le patronci<sc si sono organizzate
in gruppi di lavoro, il loro lavoro è
rcgolarmeulll retribuito, i loro g ua-
dagni si trasformano in sacchi di
cemento. C'è chi organizza lotterie,
pranzi e feste per raccogliere fondi.
Molta gente non aspetta di e;,sere
sollecitata ma dona spontaneamente.
Perfino il terreno dove sorge la nuova
opcrn è gener<,~o, r ofii:e con abhon•
danza un'ottima pietra come male•
riaJe da costruzione.
E poi ogni , ol ta che la città è
~cossa da qualche fatto dcloroso,
l'ondata di commozione l"Ì Tivcn;a
puntuale e benefica sulla l< Città
Don Salazar, don V6le.z e l'assistente sociale studiano il plastico della « Ciu
dod Don Bosco"• che sta sorgendo sullo colline della periferia di Medellln.
~
Don Bosco ». Nel 1965 un fattaccio
di cronaca otlcnne i titoli di sca-
tola sui g iornali: il rapimento di un
bambino, allo scopo di cslorcere
denaro. Un fallo del genere inte-
ressa tutti, inl eressa ancor più se i
genitori sono con osciuti (si trattava
di uno dei più grossi indus triali
della città); interessa e conunuovc
se i genitori sono s timali e ben voluti
(sono ollimj cristiani, avevano già
donato alla città varie opere b ene-
fiche). In coru,eguenza ci fu una
mobilitazione generale di luttn la
popolazione per dare ]a caccia aj
banditi, e un'informazione a zzec-
cata permise alla polizia di arre-
s tare i lestofanti e ai giudici di
s pedirli in carcere con trent'anni
di pena. I gen.itori, che av(•vano
già preparato la cifra del riscatto
(1.200.000 pesos, quasi 40 milioni
di lire), riavuto sano e salvo il loro
figliolo, di, isero la somma in due
parti: una parte per costruire un
ospedale per ragazzi pove.ri, e l'altra
per la « Cillà Dc>n Bosco».
Poc.h.i m esi fa, altro Litolo di !<Ca-
tola s ui giomuli. Sei ragazzi della
s trada fra gli otto e i quattordici
anni !iÌ erano rinchiusi in una cabi-
pola abbandonata per una riunione
psichedelica. Cercavano l'eva~ioul"
nel mondo delle bensazioni colorate
annusando &ialazioui cli benzina. P er
una loro imprudenza o - come è
probabile - per una ripicca di ooni-
pagni esclusi, la casipola prese fuoco.
Quando i pompieri spensero le fiam-
me, quattro ragazzi erano già morti
carbonizzati; gli altri due bpirarono
~nll'ambulanza ch e li trasportava
all'ospedale. Ci fu un' altra ondata di
commozione, la gente capì ohe il
fattaccio sarebbe s lato scoJlgiurato
se si fosse provveduto meglio ai
ragazzi della s u·ada: e come conse-
guenza un g ruppo di pen,one buone
~i è eretto in «< Comitato del milione »
per raccogliere un milione di p esos
(oltre trenta milioni di lire) da donare
alla « Ciuà Don Bosco». Stanno
lavorando al loro scopo, e la gcnle
aiuta, s timolata dal triste r icordo e
dal motto del Comitato: « Facciamo
la carità prima rhe sia tardi ».
Così le casette sulla collina si
àllin.eano a poco a poco una accanto
all'altra, come per una magia di
Walt Disney. Sono il luogo d'appun-
tamento per la carità dei buoni di
:Medcllin.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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PER
INT ERCESSIO N E
DI
MARIA
A U SILIAT RICE
E DEL
SUO APOSTOLO
SAN
GIOVANNI
BOSCO
UNA GUARIGIONE
divenne ossessione, al di là di ogni
Cl HANNO PURE
SORPRENDENTE
dolore e disagio, fu la prospettiva del-
SEGNALATO GRAZIE
L'8 maggio 1970 fui ricoverato d'ur-
genza in clinica per collasso provocato
da una imponente emorragia interna e
melena. Furono accertate con radio-
grafia: ulcera duodenale sanguinante,
ernia iatale allo stomaco e grave stato
di anemia. Mia figlia. al quarto anno di
medicina, si oppose decisamente al-
l'intervento consigliato dal medico cu-
l'intervento chirurgico dichiarato indi-
spensabile dai medici curanti. Ricorsi
allora con tanta fede a Maria Ausilia-
trice e a San Giovanni Bosco. Ora posso
dire di averlo evitato e di essere sulla
via di una perfetta guarrg,one, nono-
stante la mia età. la gravità del caso e
la forzata ripresa del mio lavoro.
Este (PBdovB)
NOEMI BOTTARO
MESE DI FEBURAIO (continuazione)
De Cieco Modesta - Delucchi Amalia - De Mar-
chi Monfr!n Virginia - Oemnrìc Elia - Oc Micbdi
Gjuscppina - Di Bernardo Angela - Doliana Annun-
ziar.a - Donnini Pii - Dotto Silvio - Fc.mé Giorgio
e: Lu.nciano - Fedeli Paola - Fenu Caterina - Fer-
rnrio Maria - Fiorenza Baront Filipp:i - Fisichclla
Paolo - Frnmpol Caterina - .Franco Stefano e
Gemm:1 - Fusi don F'r.inccsco - Gagnor Inria
rante e dai sanitari del reparto, date le
• Gallazz.i Antonio - Galliani Piera - Gallino Lucin
condizioni negative presentate dall'ana-
lisi del sangue. L'8 giugno fui dimesso
dalla clinica con la condizionale: dopo
.. Gu.zzoli Maria ved. Vicenzi - Gçrnci Francesca -
G1orcLmo Anna - Giorgi Tersilla - Giudice dou.
Gl<>vanni - Giuli11ni Angela - Gnolfo Silvestro -
Guzzo Pasquale - lnnese Paolino - llluminnri
un periodo di convalescenza, l'operazione
si sarebbe fatta a fine ottobre. Scaduto
il termine fissato, vengono rifatte le ana-
lisi col risultato di valori decisamente
normali; le radiografie, numerose e ac-
curate, non rivelano tracce di ulcera-
zione né l'ernia iatale. Il medico curante
rimane visibilmente sorpreso e quasi
"scandalizzato" nel costatare una gua-
rigione così rapida e completa. Egli
stenta a credere ai propri occhi nel-
l'esaminare le lastre; ma esse sono Il a
dimostrare, unitamente al mio stato fi-
sico e morale. che non si tratta di sug-
gestione. Maria Ausiliatrice aveva esau-
dito le preghiere mie, dei miei familiari
e degli amici della comunità parroc-
chiale. In ringraziamento invio una mo-
desta offerta per le Missioni del Sud
America.
Roma
OOTT. LUIGI CAPUTO BRUNO
exallievo e cooperatore
La questuante di
Don Bosco
<< Io ho una grande questuante
che mi procaccia il panico
per i miei uccelli chiusi in
gabbia. La mia grande que-
stuante è Maria Ausiliatrice.
Essa conosce che Don Bosco
ha bisogno di quattnm per
dar da mangiare a tanti po-
veri giovanetti che gli pesano
sulle spalle; conosce che è po-
vero e che senza soccorsi ma-
teriali non può condurre a-
vanti le opere intraprese a van-
taggio dcli.a religione e della
società. E quindi che cosa fa
Maria? Da buona Madre va
alla questua e va da ammalati
Autc.mieuu - lmogene Vita - lngrao Laura -
[ovino Paola - Langnni Terranova Luigin - Leon-
cini Idn - Lincandro !viaria - Licini Gina - Lom-
bard Mario Teresa - Lunino Giuseppe - l ~une.ri
Mnra - Magrò Emma - Mandelli Brambilla -
l;:nricn - Mnnern J,aurn e Giuseppe - Mnnicardi
Giov.Jnnì - Marini &in.a ... Marotts Grnzielln -
Mnsq Elviro - Menciihetti /\\. :\\fari• - ;\\1esiani
Carmelina - Miccicché Caterina - Miloni Santina
- Mi..rnrdi V1rginia - l\\i1ontes Anrqnino - Mo.ca
Clementina - Muoelli Annn - Mucig A11g,•lìnn -
Muller Diennar - Musso Serafino - lvluHoTerc-
sinn - Nespoli Eminin - Nlooletti Olivia Luigi::. -
Olivari ;'\\1atilde - Oliveco Ma.ria - Parodi Lort:nzo
- P.mizza Nntalinn - Passino Mtirianna - Patani
Fausta - Penno Teresa - Pennnzio Teresa - Pet-
tlnaroli Melone Lydin - Picvntl Maria vcd. To-
sini - PirreJlo Armidn - Pisano Marin - Pisu
Felice - Plescia C'lli Filippo - Poggiani Angel<, -
Poggio Alpa Isabello - Ponti ldn - Porcellona An-
11iolenn - Pucci Rosy - Puccio Mandolé Adele -
Rapetri S~rgiQ - 1~everdito Rina - Ricc.n Salva-
tore - Riolo Don. Antonino - Ilèva Rna - Riv:tsi
M. Antonicua - Rizzotti l\\faria - Rossi Bèmardina
Rnssi Caterina - Rossi rvforio - Rubin Ma.rin -
Ruseoni Vìrtorinu - $abati.i Davide - Saglibeni
- Sain Assunta Sala Elisa - Snladini Mnria -
Salvo Teresa - Sammnrco SaJv:,Lorc - Suporit..a
Teresa - Sapuppo Ignnaio - Sbuzi Maria - Scam-
pini Perego Lucia - Schinvcua M:1ria - Selva
Er1zo e Luis:1 - Semer:.uo Antonietta - Semino
ALL' ESAME RADIOGRAFICO
e dice loro: "Vuoi guarire?
Ebbene fa' la carità a quei po-
Luigi - Severinf) Pinuccia - Siffredi Luciana -
Silotto Enrìco - Sorcssi Cina - Strnmagli• Angelo
- Tnccil Iloselli Margherita - Tallone Angela
L' ULCERA ERA SCOMPARSA
Il 18 luglio ultimo scorso fui colta da
un'emorragia allo stomaco. Ricoverata
d'urgenza all'ospedale in autoambulanza,
veri giovani, una mano a
quelle opere, e io farò a te la
carità della guarigione". Vede
in quella casa regnare la deso-
- T:iraveJlo èlelia - 'Tassisua A nge!n - Torazz.i
Corinna - Torbo) Carmela - Tos !dalia Frnncescn -
Tramuta l\\ilnria - Trc\\•isan Mario - rrn1cco Luci.a
- Tubari Eugenio - Tumminello Cate,rino - Ulian::i
Rnchelc - Usai Angelino - Vallerga l, uigia - Vel-
pr<:di N inn - Vnnj'lclisti M. Luisa - Vnnzel1'11
ebbi varie trasfusioni. Dopo la radiografia
la diagnosi fu di ulcera gastrica e mi fu
consigliata l'operazione. Rimasi Il 18 giorni
e pregammo tanto la Vergine Ausiliatrice
e San Giovanni Bosco che intercedes-
sero per me. E fummo esauditi. Infatti
la radiografia di controllo escluse l'ul-
cera. Ora sto bene e ringrazio Maria Au-
siliatrice e il mio protettore Don Bosco.
lazione per causa di . un figlio
scapestrato e dice al padre e
alla madre: "Vuoi che questo
infelice si ritiri dalla mala
via? Ebbene tu dal tllo canto
aiuta a togliere dal pericolo
dell'anima e del corpo tanti
altri poveri figli abbandonati,
Seppj lda - Vlgonò Emonuele e Sorelle - Vitelli
Agne$e - Vocale Grnzia - Vo1n C ....,a O!g3 ... Vol:ni
Salvi Antonin ... Vologni Mo.rin - Z:i.noui Cnmilln
- Zarro Angelina - Zecc-hetto Giuseppe - Zuc-
c helli Annn - Zucchclli Vcrzeroli Giuditta
MESE DI MARZO
Albenini Rinn - Amerio Cecilia - Amico Giusep-
L'Aqulla
MARIA CHIARA
e io richiamerò a più savi con-
sigli il tuo figliuolo". Insomma,
pina - Ani.ico Rosalia. - Anznldi Sciolobb:1 Fran-
cesca - Arrigoni Linda - Dagn:ni Catcrinn - Bn1dan
Laurina .. Bollntore Maurizjo - Daltie:ri Zumt!rle
EVITATO UN INTERVENTO
CHIRURGICO
Maria Ausiliatrice, in mille ma-
niere, consola quelli che aiu-
tano l'Oratorio, e a noi non
resta altro da fare che di non
Pie:rirul - Bnrfann Marin - Barletti Enrico - 80sso
Maria Onorata ... Bedescbi MnriAonn .. Bellini
Pina - Belrrami Virginia - Berettn Brivio Irene -
Beretta sorelle .. BernJ.sconi r\\ngclina - BertogLlo
Ciacomina - Bianchi Franca - .Biandr;ite. Linn -
Biesuz Pierina .. Biscn1di Luigina - Bìscaldi Re-
In seguito a rottura dell'anca del fe-
more sinistro per accidentale caduta, fui
ricoverata all'ospedale. C:iò che ' per me
renderci indegni della sua pro-
tezione 1>.
DON BOSCO
gina - Bisigatti Amalia - Boari Alma - Bocchi
N ilde - 13odo Luigi ... Bongio:mni Mulattiec A -
gnese - Bonicolzi Le• - Bonnot Emilia - Bo-
nomi Domenico - BontognoH Fides (C0.1tT11n:JA)
29

4.2 Page 32

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PER
INTERCESSIONE
DI
SAN DOMENICO
SAVIO
UNA OPERAZIONE
sigllo di un'amica ci siamo rivolti a S. o. S. in-
I nacque un meraviglloao bambino, che 1u11ora
DICHIARATA cc EUROPEA»
dossandone con ledo l'abhlno e abbiamo avuto cresce sano sotto la 1ua protezione~
la grande gioia di av•ro un bel bambino, che
La mia nipotina Giona era nata con un abbiamo çhlamato 0omanlco•·
M . Maddal- Gllba.rtl (Torino) In un mo-
mento dlfhcole ha invocato con fede S. 0. S, e
grave difetto cardiaco. A 13 mesi pe-
sava solo 6 chilogrammi e non man-
Nuccia Petrlgni in Camard• (Altofonte . Pa-
!ermo) dichiara che s. 0. s. le ha ouanuto la
ha vl$10 rf10l11wsi in bane tu111 gli eventi che tanto
la angustiavano. Rende pubblico questo grande
g iava più, I dottori ci dissero che non cgoionladodolellarengaoslceitadidinuanturbaimabvorebvbiveo. dmoveunttore nsae-- lavoro e Invia offerta.
c'era più rimedio e che aveva I giorni score morto, Chiede al Santo che continui a pro- Am•II• Santoro (Partinico . Palermo) rande
contati. Solo dopo un lungo consulto leggere anche le due bambine.
noto che, nonostante le previsioni allarmlstlch•
Con
alt(1
dottor"1• dec·1sero
di
operarla·
• .'
Giu■- Coditgonl (BesalO - Milano) si trovava
de, medici, s. o. s. le ha fino la grazia di darle
un bel bambino. che gode buone selute. Al
ma non garantirono che la piccina in serie d,fflcoltà e dopo aver pregalo con fede nome del bambino, SaMtoro. è 5Ulto 1ggiun10
l I avrebbe sopportato la difficile operazione, S. D. S.. IUlto si risolse felleemente. Il 10 onobre quello di Domenico. ,n riconoscenza 11 Santo.
date le sue misere risorse vitali. Allora
mi sono rivolta con somma fiducia a
Maria Ausiliatrice e a San Domenico
Savio. mettendo al collo della bambina
l'abitino del piccolo Santo. Dopo l'ope-
9 MARZO 1857
razione, durata tre ore e mezzo, la pic•
cola Gloria cominciò a migliorare e ora
sta benone ed è aumentata assai di
peso. I dottori hanno dichiarato che è
stata una operazione "europea", ossia
mai fatta finora su nessun bambino
d'Europa inferiore ai 5 anni. Moltissimi
Era la sera del 9 marzo 1857. Domenico aveva ricevuto tutti i conforti
della nostra santa religione. Chi l'udiva soltanto a parlare e ne mi-
rava la serenità del volto, avrebbe in lui ravvisato chi giace a letto per
riposo. L'aria allegra, gli sguardi tuttora vivaci, Ja piena cognizione
dt se stesso, erano cose che facevano tutti meravigliare e niuno fuori
di lui poteva persuadersi che egli si trovasse in punto di morte.
giornali ne hanno parlato. lo non so Un'ora e mezzo prima che mandasse l'ultimo respiro il prevosto l'andò
come ringraziare la potente intercessione
di Maria Ausiliatrice e di San Domenico
Savio: sono loro che hanno ottenuto
da Dio questa grande grazia. Ad essi
affido la cara nipotina e prometto di
diffondere dovunque la devozione alla
Madonna Ausiliatrice e al protettore dei
bambini San Domenico Savio.
0/ue Il Colle (Bergamo)
MARIA TIRABOSCHI IN GHILARDI
a visitare, e al vederne la tranquillità, lo stava con stupore ascoltando
a raccomandarsi l'anima. Egli faceva frequenti e prolungate giacula-
torie che tendevano tutte a manifestare il vivo suo desiderio di an-
dare presto al cielo. Quale cosa suggerire per raccomandare l'anima ad
agonizzanti di questa fatta? Disse il prevosto. Dopo aver recitato con
lui alcune preghiere, il parroco era per uscire, quando Savio lo chiamò
dicendo: <• Signor prevosto, prima di partire, mi lasci qualche ricordo».
«Per me - rispose - non saprei che ricordo lasciarti». «Qualche
ricordo che mi conforti •· Kon saprei dirti altro se non che ti ri-
cordi della Passione del Si~ore •· • Deo grotias, rispose. La Passione
SUCCESSIVI COLLASSI
L'AVEVANO RIDOTTA
IN FIN DI VITA
La signora Maria Prunotto in Arione era
stata operata di isterectomia. Il decorso
postoperatorio era normale. Nella sesta
giornata però si complicò per un col-
lasso cardio-circolatorio grave, a cui
seguirono altri, riducendola in fin di
di nostro Signore Gesù Cristo sia sempre nella mia mente, nella mia
bocco, nel mio cuore. Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi in questa
ultima agonia; Gesù, Giuseppe Maria, spiri in pace con voi l'anima
mia •· Dopo tali parole si addormentò e prese mezz'ora di riposo. [odi
svegliatosi, volse uno sguardo ai suoi parenti: tt Papà, disse, ci siamoI li.
« Eccomi, figliuol mio, che ti abbisogna?•· «:\\lio caro papà, è tempo,
prendete il mio Oi()Va11e Pr<>Vi>eduto e leggetemi le preghiere della
buona mor te >>. A queste parole la madre ruppe in fianto e si allon-
tanò dalla camera dell'infermo. Al padre scoppiava i cuore di dolore,
vita. Dall'elettrocardiogramma risultava e le !agri.me gli soffocavano la voce; tuttavia s1 fece coraggio e si mise
einfarto al miocardio •· L'inferma rimase a leggere quella preghiera. Domenico ripeteva attentamente e distin-
gravissima per molti giorni, immobile,
con ossigeno e cure continue. Dal pri-
mo momento l'affidammo alla Interces-
sione di San Domenico Savio e fummo
esaudite. Ora la signora è tornata felice
alla sua famiglia e gode ottima salute.
Grazie, San Domenico Savio, della tua
protezione sulla nostra casa e sui nostri
tamente ogni parola; ma in fine di ciascuna parte voleva dire da solo:
«Misericordioso Gesù, abbiate pietà di mc>>. Giunto alle parole:
«quando finalmente l'anima mia comparirà davanti a voi, e vedrà per
la prima volta lo splendore immortale della vostra maestà, non la riget-
tate dal vostro cospetto, ma degnatevi di ricevermi nel seno amoroso
della vostra misericordia, affinché io canti eternamente le vostre lodi ••
«ebbene, soggiunse, questo è appunto quello che io desidero. Oh,
ammalati.
caro papà, cantare eternamente le lodi del Signore I 1>. Poscia parve
Asti LE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE prendere di nuovo un po' di sonno a guisa di chi riflette seriamente
della Clinfca di San Secondo a cosa di grande importanza. Di lì a poco si risvegliò e con voce chiara
e ridente: «Addio, caro papà, addio... Oh, che bella cosa io vedo
mai!... •· Così dicendo e ridendo con aria di paradiso, spirò con. le
Giovanni Letizia Vali• (Vlllastellone - To-
30
rino) dichiarano: « Sposati dal 1960, ev&vamo
perduto ogni speranza di avere bambini. Per con-
mani giunte dinanzi al petto in forma di croce senza fare il minimo
movimento...
DON BOSCO nella « Vha dJ Domenico Savio»

4.3 Page 33

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Madre Carolina
Novasconi
VICARIA GENERALE EMERITA
DELLE FIGLIE
DI MARIA AUSILIATRICE
Si è spenta serenamente a Torino, il 2r dicembre 1970, nella Casa
presso la Basilica di Maria Ausiliatrice dove, dopo il trasferimento
della Sede Generalizia, era rimasta a continuarvi la quotidiana of-
ferta di preghiere e di carità.
La sua figura è tra le più benemerite e conosciute dell'Istituto,
nel quale per circa un trentennio rivestì cariche importanti quale
Consigliera e, per quasi dieci aoni, fu Vicaria Generale.
Dalla nativa Paullo (Milano) eotrò nell'Istituto a Nizza Monfer-
rato, consacrandosi a Dio il 24 settembre r914. Un anno dopo partì
per gli Stati Uniti. Vi rimase ventiquattro anni consecutivi, la-
sciandovi una larga impronta di bene, tuttora viva anche fra le
schiere dei suoi exallievi delle Scuole parrocchiali.
Molto sentito fu perciò il rimpianto quando nel r939 venne richia-
mata in patria per la nomina a Consigliera Generale.
Nessun'altra Superiora poté avere una conoscenza diretta e perso-
nale dell'Istituto come ebbe lei per le visite straordinarie che compl
a parecchie Ispettorie d'Italia, d'Europa e, in maggior numero, di
oltreoceano. Fece due volte il giro completo del mondo dagli Stati
Uniti all'estremo Sud cileno, visitando gran parte delle Ispettorie
americane; e dal Medio Oriente, all'India, alla Thailandia, alla
Cina, al Giappone, all'Australia.
E dovunque, non solo nella cerchia religiosa, ma anche fuori, si
impose per la straordinaria bontà, che era la nota inconfondi-
bile della sua figura, solo e sempre protesa nella ricerca di fare del
bene, tutto il bene possibile, senza badare a difficoltà e sacrifici.
Per parecchi anni ebbe il diretto pensiero degli Oratori e delle Ex-
allieve, e nell'uno e nell'altro campo spiegò tutto lo zelo e il fer-
vore del << Da mihi animaH intensamente vissuto.
Tanto moltiplicarsi di bene scaturiva da una profonda vita inte-
riore, da una ricchezza spirituale posseduta e donata in grande
semplicità, nello stile proprio dello spirito di Don Bosco.
Le fatiche dei lunghi viaggi finirono, col passare degli anni, di fiac-
carne le forze non più rispondenti all'ardore dello spirito. Con-
tinuò tuttavia ancora nel suo ufficio fino all'agosto del r967, quando
presentò la rinuncia al compito di Vicaria Generale, sentendo di non
poterne più sostenere i gravi impegni, accresciuti dalla laboriosa
preparazione al Capitolo Speciale. Ma non desistette dal donarsi
nell'incessante carità tanto estesa e sempre generosa.
Per questo il rev.mo Rettor Maggiore, accorso a benedirne la salma,
disse all'addolorata cerchia della comunità: <i Vengo non a porgervi
le cotuloglia~e, ma a rallegrarmi coti ooi per il dono che il Signore
ha fatto al vostro Istituto. Non dobbiamo piangere la morte di Madre
·carolina, che in tutta la sua vita ha dato vera testimonianza di ca-
rità>>.
I funerali, imponentissimi per la straordinaria affluenza di gente,
si svolsero nella Basilica di Maria Ausiliatrice con una solenne con-
celebrazione. Il Prefetto Generale don Fedrigotti che la presiedeva
affermò che una vita come quella di Madre Carolina totalmente
consacrata al servizio di Dio e delle anime era di per sé il panegirico
più eloquente.
Si trovò presente la Superiora Generale, Madre Ersilia Canta,
giunta appositamente da Roma, l'Economa Generale e, per un
tratto della Provvidenza, anche l'Ispettrice degli Stati Uniti, quasi
a impersonare il tributo di riconoscenza e di affetto di quella che
può dirsi la sua patria di adozione.
31

4.4 Page 34

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PREGHIAMO PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Don Vale ntino Grasso t ad Astudillo (Spagna) a 8, anni.
Era nato a Torino, ma aveva tra.scorso gran partt deUa su.a vita in
Cile e nella S pagna. Nel Cile era vissuto con salesiani della tempra
di don Nai e di don Be.rruti e ne aveva imitate le virtù con tale fe-
deltà che quando don Berrutl fu eletto Ispettore, il servo di Dio Don
RinaJdi elesse il giovane don Grasso a succedergli come maestro dei
novizi. Realmente don Grasso incarnava jn sé molte virtù tipiche del
salesiano: serenità, allegria, o t timism.o e una disponjbiJità che non
conosceva limtti. fer questo fu sempre circondato di stima e di af-
fetto in casa e fuori. L'hpett:ore di Lt6n gli rende questa tesnmo-
lllanzn: Amico di turti, allegro e semplice come un fanciullo, santo
confessore, don Grasso ci hn insegnato come si vive per gli altri.
Una dolce mansuetudine rnamenrtesempre. aperta la porta del suo cuore,
sicché rutti nv.evano accesso a lui, 5peeialmentc i piccoli, che ai sen-
tivan,o attrntti d-alla sua. bont, e dnl suo perenne buon umore ·
Don Albino Comba t • Shillong ( lndia} a 82 anni.
Entrò nella Congregazione adulto e gi~ professore nelle scuole statali,
attrntto dallo spirito di Don Bosco, Nell'nnno dell• beatificazione del
Padre (1929), già anziano. onenne di essere inviato mìssionario in
Assam, dove lavorò fino :\\Ila morte nelle case di formazione come
professore e confessore, dedicandosi anche al lavoro missionario.
Quanti lo conobbero, lo amarono perché uomo di Dio, buono con
tutt11 sempre allegro e p r on.to ud aiutare.
Don Valentino Cricco t a Vitoria (Espirito Santo - Brasile)• 77 anni.
Padre Valentin t direHe con su_cce&so varie nostre opere nel Brasile
perché spiccnve nel suo modo di dire e di !are un tioi.bro decisamcnle
salesiano, permeato di allegria e di ottimismo, che gli apriva i cuori di
quanti lo avvicinavano. [ntelligenzo. aperta , esubera.nte di vita e di entu-
sìumo1 lavorò per i giovani fiiio alJ'ultimo giorno dclJa viu, quando la
morte lo colse imprO\\·visa per condurlo al premio.
Don Daniele Colusst t a Capo Town (Sud Africa) • 59 anni.
Lavorò r8 anni nella Missione dell',\\ssnrn ((ndi:1) donde ritornò In
Italia pe.r motivi di sal ute. R1stabilitosi alquanto• volle torn-a.te in terra
di missic>ne e i Superiori gli affidarono nuovi compiti missionari nel
Sud J\\!rica, dove la.scia tra i ,:cJovani e i confratelli il ricordo un
sacerdote bonario, esempJare, fedele fino all'ultimo respiro.
Don Marco Paraccblno t a Ronu, o -16 ann i.
Nato in uru:1 famiRlia dalle solide tradizioni c.nstianc a Isola d'Asti.
segui docilrrtenté In chiamata del Signore a.Un vita salesiana. Ordj-
nato sacerdote, ebbe dall'ol)bedienza incarichi nmministrativi, che
seppe .soste.ne.re con una forte car1ca umana e: e.on profondo spirito
di fede, intrCC:c.1ando all'accumularsi delle cifre forme dì apostolato
più specificamente ~acerdotnle.
Don Agostino Rampspott t a Beckford (l nghiltcrral a 89 anni.
Don Federico Jordana t a llnrcellono (Spagna) a 81 anni.
Don Salvatore Baraca t a Cagliari • 79 anni.
Don Andrea Capobianco t a Messina • -t8 anni .
Don Achille Cotta t • Maçau a 47 anni.
COOPERATORI DEFUNTI
CARDINALE RICCARDO CUSHING, arcivescovo dj Boston
(USA).
Si è spento dopo 27 anni di fedelissimo servizio alla djocesi di Boston,
lasciando tracce durevoli della s-ua stUOl'dinaria carità negli orfano~
trofì, negli ospedali e nelle case popolari.
Anche i salesiani hanno goduto della sua carità e dello sua amicizia.
La conoscenza rec:iproçn risale al 1939. Dur ante un viaggio su nave
da Portorico alle Antille si erano inconrruti ere ,Riccnrdo •· L 'arci-
vescovo salesiano mons. Riccardo Pittini stava rientrando a Santo
Domingo dopo una visita ali" Santn Sede. Quando seppe che c•erano
a bordo due preti americani1 voUe ç.onoscerli.
- lo sono Riccardo Quinlan di Boston - disse il primo.
- lo son.o Riccardo Cushing, pure di Boston - sorrise il secondo.
- Andiamo bene - interloqui l'arcivescovo - e io sono Riccardo
Pittini di Santo Domingo.
Nel corso del1a convenaziooe Cwhing, allora incaricato dell1 Ufficio
mi.Hionario dioc:e&ano , rivelò il suo squisito $Cn$o di carità.
- · Ho. in mente forse qualche progetto importante? - chiese all'ar-
civescovo .salesia.no.
- Una Scuola professionale e una chiesa io onore di San Giovanni
8osco - rispose mons. P.ittini.
- Le posso offrire 5000 dollari 1
- E perché no ?
Cushing lo assicurò che gli avrebbe subito sped.ito un assegno.
Un sogno di Don Bosco parlava dei .salesiani a Boston. Ma in quel
tempo non c'erano ancora. QuRndo Cush.ing divenne arcive$covo di
.Boston \\tolle erigere un monumento nl suo predecessore, cardinale
O' Connell, nella forma utile di una Scuola professionale e chiamò
1 Salesiani a dirige.ria. Dopo le ore scolas~iche, la scuola serviva. di
Centro rict'eativo giovaniJc per i ragazzi della zona. Più tardi l'Ora-
torio si trnsferl in Pari5 Street , u na zona Cot:micolante di giovani. Nel
1954 i salesiani aprirono un Santuario in onore di Don Bosco nel
cuore della· Nuova lloston •· Oggi la scuoi.a professionale è diven-
32
tata la Don Bosco Technical High Scbool •, con una popolazione
scolastica di 750 ragaz.~i.
Per it moltissimo che ha fotto per loro i Salesiani hanno offerto ab.
bondanti suffragi e continueranno a _pregare pttt l'anima eletti~-sima de.I
compi~nto Cord.innle.
MJgnone com_m . Francesco t ad Al~sandria a 70 anni.
Jl lavoro e la fede furono le direttrici di tutta 1a sua vita. F u gloria
sua personale e della sua famiglia dotare il Rione deJJe Cal;,anene.
àlla periferia d i Alessandria. di un'nrtisrica e funzionale chiesa dedìoa&a
allo Spirito Santo. Fu sirnpatìzzante e benefanore dell'Opera • Borgo
Don Bosco•, inserita nella parrocchia San Giuseppe Operaio Arli-
giano di Atessandrja. Lascia ai .figli e a qu.o.nti lo conobbe.r o un lu..
minoso esempio di amore alla famiglìa, di lavoro e di fede vissuta.
Mons. Beniamino Forre, Primicerio della Baoilica Cattedrale di
~·oligno t a 85 anni.
F u assiduo ammintorc delle Opere di Don Bosco ed efficace divulgn-
core del suo spirito tra i suoi discepoli degli lstltuti Medi Superiori.
ai q u_ali seppe comu nic.s.re il SV:O grande amore. per il Sant..> dei gio-
van i. E legante epigrafista Latino e acclamato oratore aac.ro, mons, l~ctte
sulle orme di Don Bosco, cercò solo e sempre il bene delle anime
Coniugi Celato Arturo e Santa t a Rizzolo (Udine),
Genitori di un cristianesimo profondsmentè vissuto e di un.a labo-
riosità indefesso, seppero educare alla pietà e all'onestà i loro dieci
figli, uno dei qumli diedero a Don Bosco. L 'intensa preghiera e le
lunghe sofferenze li prepararono all'inconrro col Padre e con la Ver-
~ine. Santa, il cul Rosa.rio non tralRsciA.rono mai di recitare, attornioti
dai loro figli .
Maria Menoncin ved. Montecchio t a Per numia (Padova)• 95 nnni.
Donna di grande (ede, si adoperò con l 'esempio e lo zelo illuminato
a edue.Rre cristianamente- i suoi r t figli. In Marin Au~iliatrice e in
Don Bosco ebbe una fiducia sicu.ra. e perseverante. Donò un figlio,
don Al ber to, alla Cong-regazione Salesiana e due figlie, Sr. Gemma e
Sr. Margherita, oll'Jstituto delle Figlie di ?1,13.ria AU5iliattice. Era
santamente orgoglìosa di unnovc.rarc tra j Salesiani e le FiJ;tlie di M. A.
anche S nipoti. L3 corona del Rosa.rio fu la sua Arma pacifiaa. che volle
lasciare i n testamento ai suoi figli. Dalla santa Mcua e Comunione
ntrlnse la forza. per affrontare una lunga vita di sacrificio, carità, retti-
tudine e lavoro.
Giovanna Sarogllo ved. FaleUI t • San Raffaele Cimena (Torino)
a oo anni..
Ai figli e a quanti l 'hanno avvicinata lascia il ricordo edificante della s-un
vito laboriosa intessuta di fede e
Chiesa, delle sue parole sempre
di pregtùern,
;mprontate: a
Jel su
bontà.
o·rartatalcec
amento aJla
benedizioni
di Dio suJla sun famiglit11 quelln del figlio sacerdote salesiano don Nicola.
Elena Scalamandrè ved. Aplc:ella t a Soverato (Catanzaro) a 72 anni.
Visse in coerenze1 piena con i più santi insegnamenti del Vangelo.
Dedicò se stessa al servizio del prossimo tra le fila dei Cooperatori
che \\lolle ricordati a nche sulla propria tomba. La sua totale dedizione
$: Dio e alle anime resta esempio e monito ai Cooperatori di Soverato.
Prof. Palmira Gatottl t a Merate (Como) a 78 annì.
E:ro un'adoratrice del 5S. S•cramento, dal quale nttinge\\·a luce e amore
da effondete sul prossimo bisounoso. Pregavi\\ e piangeva per le anime
lont11ne da Dio e offriva loro lttturc adatte per facilitarne la conver-
sione. Si servi deltn scuola per river sare sui suoi alunni ln parola sa-
piente, che mirPva a far ama.re l.a virtù e. a far conoscere la bontà del
Signore. Io Don Dosèo seppe vedere, con la grandez,:a del Santo,
la sapienza dell'educatore. Come Cooperatri-ce sales13.na., visse del suo
spirilo, ne aiutò le opere e ottenne alla sorella Suor M.aria il consen.so
dei genitori per entrare nell'Istituto delle F iglie di Ma.ria Ausiliatrice.
Vittoria Sacco t a Chorasco (Cuneo),
La vita di quesrn fervente cristiana si può definire unn. vivente testimo-
ninnza dì fede e di carità. Con l' esempio e la parola mi.su.rata, pru•
dente, scru::1 posa portava n Dio le persone che avvicinava. L'amore
che nutriva per le ce1ebrazioni Jiturglche si esprimeva anche nel gusto
col Quale ornava di fiod lo chiesa e l'altare.
Anna Maria Pagliaro, Lina Zambonl, Olga Occarl, ere Coopera-
trici del centro di Bolzano che facevano parte del Laboratorio Mjs-
sion.ario e Assistenziale :vlamrna Ma.rghcrita •, sono approdate alla
Patrin celeste nello scorso 1970. Le con.sorelle del Laboratorio hanno
già fatto applicare dieci sante Messe p er ciascuna di loro. Noi le rac-
comaodiamo vivamente al s u!frngio della triplice Famiglia Salesiana
e pioponiamo l'imitazione del loro generoso apostolato alle zelanti
Cooperatrici dei Lttboratori di cucito, eretti ormai in tutte le fspet~
torie d'Italia.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Actis Boggio Maria - Aspero Lasagna Giuseppina - Ballardin An-
tonio • Bianchi Anna - Bizza Angela - DogR"lo Domenica • Do1u::lo
Maria - "Bollini Angela - Bonuudo Caterina - Donomi Dirce ved.
Morelli - Dononi Francesca - BuHei Otello - Buzzeni Annetta ved.
Rocca- - Cicin Sifo Fara - Ciraigliaro d. Paolo - Cocuzz~ d . Giorgio -
Confcggi Margherica - Cora Carlo - De Filippi Maria - Della Valle
Ernesto - De Marchì Antonio - Demieheli Gino - Di Quattro d. Vin-
cenzo - Ellena Pugno Teresa - FumagaUi Anna ved. 'Reggiani -
Ghiglione Ernesto - Merlo Andrea - Mescolo Regi na ved. Pandolli -
Miceli Maria - M.ilone Giovanni - Pedrollì Luigi - RaboLini Giu-
seppe - Ripamonti Angelo - R.izza 'rumino - Rosso Orsola - Ru-
de.Ili Luigi - Ruozzi Fidenzio - Santini Giuseppe - Scarplno Gio-
vunni - Scrofani d. Giuseppe - Scudieri Achille - Serazio Oome-
nieo - Scrcgni M:iriarosa - Tarsirano ins. Camillo - Tavellj Fiorina -
Vcn,on.rz:zo Ag_nese. - Zorzolì Giuseppe fu Carlo.

4.5 Page 35

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CROCIATA
MISSIONARIA
TOTALE MINIMO PER BORSA
L. 60.000 Avvertiamo che la
pubblicazione dJ una Borsa in-
completa si effettua quendo Il
versam8nto inizial e raggiunge
la somma di L . 25.000, ovvero
quando tale somma viene rag-
giunta con offerte successive.
Non potendo formare una Bors-a, si
puO contribuire con qualsiasi som-
ma o completare Borse già fondate
BORSE COMPLETE
Borsa: Maria lm_macolata, n cura cli Teres.'l
Chi7.20ni (Marian, - l\\llantova). L. 100,000.
Borsa: San Domenic:o Savio1 a cura di Gabriele
Pozzi. L. 100.000.
Borsa: S. Cuore di Gesù, M. Auslllatrice e
Don "Bosco, a cura di Oinn Antonio e Chtn..rn
Piccione (Alessandria). L. 50.000.
Borsa: Maria AusU.iaLrice. int10<amlc prort.::io.,,e
su di me t. suffragio pu i miti cari d~furlli, a cura
di Giuseppina B•riffi (Lugano - Svizzera).
L. 50.000.
Borsa: San Giovann.i Bosco, ir1voca11do prott:.-
ziont su di m~ ~ mffragio ptr i mie," c.nri dt/ullti,
n cura di Giuseppina Dariffi (Lugano - Svizzem).
L. 50.000.
Borsa: Maria AusUiatriee e S. G. Bosco. a
cura di Hzio Fonuan1t (J;lusmro). L. 50.000.
Borsa: Don Bosco, proteggi s~m11re il min Luca
e tutti i suoi can·, a cura di N. ~- (Piacenza).
L,, 50,000.
Borsa: Don Re.nato Ziggiotd, in o"a.sio,u1 dtl
suo 50° di J1t.ua, a c:u.rn dell1 J.;nione Exallievi
Casa Madre (Terino). L. 50.000.
Borsa: Mar-la Immacolata Ausiliatrice, ntl
Giu.bil~ d'oro saurdotale di Don Renato Z ig-
giotti, V Su.cussou di Don Bosco, o cura delle
F.M..-\\. dell' lspettoria Piemontese. L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, fo me-
m oria e .suffragiu di papà, mamma, frottllo e Ottime
piiJ. abbandonate dtl p«rgo.t(Jrio, a curn M!lria
Garis (Nimes - Francia). L. 50,000.
Borsa: Pietro Bestazzi, in meman·a e suffragio,
a cura di An~ela Bestazzi (Roma). L. 5 0.000.
Borsa: Saèro Cuore di Gesù. Maria Ausilia-
frice e S. G . Bosco, proteggete sl!mpre mio figlio,
• curn Letizia Bolla (S. Bonifacio - Verona).
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausillatclce, Don Bosco e Do-
menico Savio, p.g.r. t. invatando proMzione, a
c.urn di Rosn Vecchi (lntr• - Novora). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco, San
D. Savio, Santi saJesiànJ e Papa GlovannJ,
i,t Jtifjragio dti gtnitori B11s.so Miehtle ~ Ros.so
Maria, a cura dei figli Giuseppe e Margherita
(Mondavi - Cuneo), L, 50.000.
BorSa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e S. D.
Savio, ringraziando t! int.1ocand<, pro.te.ziont., a cura
di /1.. G. Benino (S. Michele - Asti). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. D. Savio, a
cura della prof. Emilia Qn;fni Barone (Rom•).
L. 50.000.
Bor,;a: Margherita, Clotilde, Anicera e Maria
Colò, in mernoria e r11ffragio, n cura della sore1Ia
Battistina Colò ved. Cenere (Bassono del Grappa).
L. 50.000.
Borsa: San Giovanni Bosco, P·Kl·"· da ria-
vere. a cura di Giovanni CapriJe (Napoli). L. so.ooo.
Borsa: Paola Ghetti, in ricordo e suffragiq, a cuxa
di don Felice Rizzini (Bologru,.). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, p,
g.r., curn d~lle sorcll• V.go (lnVeruno - Mi-
lano). 1... 50.000.
BorSa: Dionigi e Giulia Ganelll, a <W'll dei fi-
gli (Grosseto). L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore d.i Gesù e Maria Ausi-
Uatrice. in ringra.ziame.nto e invocando continua
prolt!zione per la mia /amigUa, 11 cur3 dl Angela
l:!id.ale (Torino). L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore dj Gesù, Maria AusUia-
1rice e S. O . Bosco. in rinRra...-ia,nrnto e invo-
cando sa/11r,, " cu.ru dl S. L . (Torino). L. 50.000.
Borsa: Maria Au.siliatrice e Santi Salesiani.
unJrxando p·r~Khi~re. in vita ~ suffragi dt,po moru,
• cur, d, l.l. J). R. (T<>nno). L. 50.000.
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direlton' del Jùchelmy, w riumoscente mt!morio,
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glio Ezio (Quittengo Biellew - Vercelli). L. 50.000.
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di Don A/fr,do Marcoz d,ll'Orarorio di Asti,
cura di :-i. N. (Milano). L. 5-0.000.
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tn sujJ,agitJ di mio marito ~ mVQC(JndfJ grazi~ per la
mia saluti!, a cura di l\\11:ru:ia Gedda vcd. Brignone
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ziont1 mlla famiglia ~ proprfo plGcola imlustrw,
li cura di Gino Gollfci e Soci (Torino). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, p,•o-
teggeteci in vita e in mcrtl!, a cura di L. L. (Son-
drio). l,. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. BO$Co, in
tuffrogw de/l'a11ùua di mio man't,o ,. i nvocnndo la
guorig1'.one di un 111io congiumo, o cu.rn di Orsoli-
n a Aimino veci. l'ollis (Reggio Emilia). L. 50.000.
Borsa: Marfa Ausiliatrice e S. G. Bosco, in
suffrogio dt.1 propri def11111i, a cura di Caterinll. F'o.g-
gio110 (Bassano del Grnpp• - Vicenza). L. 50.000.
Borsa: Maria Au.sUlatrice, m m/JrogW di mw
mDgli'e, a cura di Giovan.ni Pellicci(,ni (L,ucca),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, Madre dl pietà
e di misericordia, in memoria dl!i defunti fo-
miglia Tolfa, a cura di Mari, Tolfo (Supjno -
Frosinone), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, Il
eut11 delle Figlie di M , A. (Lu - Alessandria).
L . 50.000.
Borsa: Maria Ausllialrice e Don Bosco, in
ringraziamento pn favori Qlfenuti t i11voca11do
protezione sulla propri.a famiglia, a cura di N. N.1
L,. 50.000.
Borsa: Don Pietro Berruti, a c.ura di Kicola
Adruno (Milano). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, i11
suffragio dt.i tari genitori~ fratti/i, a cura di P. A.
(Aosta). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, 11, mffragio d,· Fran-
cesca Gini, a cura di Mori.o Teresa Gini (Roma).
L . 50.000.
Borsa: Maria Ausillatclce e Don Bosco, in
wfjrogio dtl t<ntnt, ,olonnel/.o Aldo Audino, a
Oura della famiglia B=ano (Roma). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrlce e Don .Bosco, n
cura di Gi•como Spoto (Calarnfuni - Trapani).
L. 50.000.
Borsa: Don Michele Rua, in rù:orcl.o suffragio
di Traia,io Cuic.chi, a cura della moglie Maria
Lucci (Chiaravalle - Ancona). .L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, a
cura di Maria e Rnfnlele B.anchinì (Aloss,o -
Savona). L. 50.000.
Borsa: Don Vincenzo Cimatti, a cura di don
Lu1g1 Ceuo (Pe.rgme - "rrento). L. 50,000.
Borsa: Mi.my Galani io Lombardi Comite,
m ricnrdo r m/frogiu, a cura della s.uocera. As•
sun!lna Lontblirdi Comitc (S. Cost:intino - C11-
tanzaro). L. 50·.000.
Borsa: San Domenlco Savio, n cuni di F.ldn zam.
bfosi (Trescore Crcmn.sco - C.rcmonn). L. 50.000.
Borsa: Maria AusJliatrlce, S. G. Bosco e S.
O. Savio, l1f ringra:iamento, a cura di Dora D'Erme.
(Latina). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, in ml'-
moria di Gìm1armi t .1\\1arit1 T)e Ceuu. a cura della
figlia e sor ella 1,ina Do Cccco (Vcneziu). L. 50.000.
Borsa : Maria Ferrante. w nummria t 111JJ'ragio,
A cura d i Giuseppe Ferrante {Alvito - Frosinone).
L. 504000.
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tt!!Ctttt i ndt.i figli!, n tura di Oni.3 Ct1rdu cci
(Gualdo Cattaneo - Perugia). .L. 50,000,
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, itroo-.
car,do gra11ie, 11 curo di Aleardu Pctrnrin (Cor-
mons - Gorizia). L. 50.000.
Borsa: Maria Aus.ilialrice e S . D. Savlo, p.,:.r.
r int'Ocando protezforrt. a cur:.1 di A~nese Lamanna
(Massofm - Taranto). L. 50. 000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, 111-
voamdo protezione sulla p,-apria Jtmdglia, n cura
di Pm:1 G1mdo!fo (Alassio • Savona). L. 50.000.
Borsa: San Domenico Savio, a cur..1 di Giulia
F'rancini (Cnstelnuovo dei Sabbioni - ,.\\rezzo}.
L. 50.000.
Borsa: Maria AU$iliatric.e e S. G. Bosco, ,in
n'ngra~ìnmenlo e 11,pplit:ando p·roteziont, a cura
del cav. Fcrrucco Luntier i (Torino). L. 50. 000.
Borsa: Virgilio Bosio, in ricofllo t suffragio,
a curo della moglie. L,. 50.000.
Borsa: Simone SrugJ, affinchl inlerctda pu la
guarigione delta nom1a e m'poc~, a curn di Maria C.
(Torino). L. 50.000.
Borsa: Lidia <li Marco, Gaetano e Clarice
Ma..rimpietrl dJ Marco, in ri.cordQ t!. suffragUJ,
per volontà della defunta Lidia D i Mar co (L'A-
quila). L. 50,000.
Borsa: Divina Provvidenza, a curn di Francesco
Bogl1one (Torino). L. 50.000.
Borsa: Gesù, Maria AusUlatrice e S. G. Bosco,
in ,11fjragi9 dtll, ~11im, del purgatprjo, lo pi1ì a&-
ban.donate, per gg.rr. e im,1oco,ul1J prot,~iont, :i
cura dclln famigli.o Llnin (Genovn). L . 50.000.
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. G. Bosco, a
cura di Corrente Rosa Gesude (Pomigliano d'Ar-
co - Napoli). L. 50.000.
Borsa: San Domenico Savio, a cu.ra di Riccardo
Jorio (Holzano). L. 50.000,
Borsa: San Giovanni Bosco, Papa Giovanni
e S. D. Savlo, guariti! Ad", a cura dWla fam.igbn
D, Guglielmj (Oneglia - Imperia). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringraziamen.t.o t!.
1'rn.rocandn pro,t;;iq,ie, a curn di Vittorina Saracco
(Scalengbe - Torino). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausillatr!ce, Don Bosco e Don
Rinaldi, in rin,:raziamento, a cura Ivlaria ~i-
cor~ (Vaccse). L. 50,000.
coo•1Jua4)

4.6 Page 36

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Spediz. in abbon. POS! ale Gruppo 2• (70) 1• quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
SI pubblica 11 del mese per I Cooperatori Salesiani; il 15
del mesa per i Dirigenti dei Cooperatori
S'invia gratuitamente ai Cooperatori, Bene•
fattori e Amici delle Opere Don Bosco
Direzione e amministrazione: via Maria Au-
siliatrice, 32 10100 Torino Tel. 48.29.24
Direttore responsabile Don Pietro Zerbino
Autoriz. del Trib. di Torino n. 403 del 16 febbreio 1949
Per inviare ottene servirsi del e.e. Postale n. Z-1355
intes tato a: Direz. Generale Opere Don Bosco Torino
Per cambio d'indirizzo Inviare anche l'indirizzo precedente
ANDRÉ MARTIN
FEDE EREALTA'
PAG. 303 · L. 1800
La situazione della Chiesa in Russia:
la versione ufficiale e la realtà.
LA PREGHIERA DI
ALEXANDR SOLGENITSIN:
PREMIO NOBEL 1970
11 processo dei credenti:
resistenza spirituale, verdetto, appello.
«Molti nostri fratelli hanno scelto il martirio della prigione, del bagno penale.
Noi abbiamo scelto il martirio della menzogna, perchè almeno qualcuna delle nostre chiese rimanga aperta I
Altri sopportano la tortura dei corpi: noi accettiamo la tortura delle coscienze.
Nòi siamo obbligati a mentire, ma come è mai possibile
che i nostri fratelli dell'Occidente prendano sul serio quello che diciamo?».
Questo l'appello che sale verso di noi dalla Chiesa sotterranea, dalla Chiesa catacombale di Russia.
Il libro di André Martin si propone di sollevare questa tragica realtà
e di farla apparire in t utta la sua straziante evidenza.
Un documento che ha carattere d' urgenza. La denunzia di una situazione intollerabile.
La storia di un popolo che sopravvive e s'incarna,
più che in qualsiasi altro paese, nei suoi credenti perseguitati.
TAGLIANDO DI ORDINAZIONE
Spett. SEI: Speditemi contrassegno (piu spese postali)
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Andr6 Martin RUSSIA FEDE E REALTA
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