di cooperatori che operano nella casa
salesiana a fianco del salesiano pre-
posto ai settori della parrocchia, del
centro giovanile, e - perché no? -
nella stessa scuola.
A questo proposito qualcuno si
è chiesto: se si hanno già' validi
collaboratori laici che operano con
spirito salesiano insieme a noi, a che
scopo farn1; dei cooperatori che poi
rischiano di esse.re distolti e assorbiti
dagli impegni della nuova loro as-
sociazione? Una chiarificazione si è
resa necessaria : non è indifferente che
i giovani di un oratorio abbiano,
anziché dei semplici collaboratori,
generosi quanto si voglia ma sempre
affidati alle: provvisorietà, degli un-
pegnati che condividono in pieno
le nostre responsabilità con la volontà
di essere << stabili o e che si sentono
membri di una stessa comunità
educativa, quali sono appunto i
CC. Inoltre non si deve pensare che
i collaboratori, una volta divenuti
CC., verranno distolti dal normale
impegno di lavoro; tutt'altro! Po-
tenziati dalla carica formativa e
spirituale, saranno più << radicati » nel
proprio ambiente. Per questo il
Delegato di tale gruppo di CC.
potrebbe opportunamente essere lo
stesso parroco o il direttore di ora-
torio o il preside della scuola, ecc.
E co11 la Chiesa locale, co11 la
pastorale unitaria, come la mettiamo?
Ci si è chiesto più volte.
Ricordato che il Concilio (e Paolo VI
non rare volte, anche recentemente)
raccomanda caldamente l'apostolato
associato che costituisce una forza
irrinunciabile nella Chiesa, ed esorta
i laici interessati ad approfondire la
loro specifica spi ritualità, è stato
riaffermato: a) il pluralismo delle
forme con cui possono operare i CC.
(individualmente, in gruppo all'ester-
no dell'opera salesiana, in gruppo
ma inseriti in un settore dell'opera
salesiana); b) la più ampia dispo11ibili1à
all'attuazione del programma di azio-
ne che Vescavi e Consigli pastorali
formulano nelle diocesi (ma non si
commetta l' errore di confondere la
Chiesa con le sue strutture, e con-
siderare presenza ecclesiale solo le
attività diocesllne o parrocchiali; <( più
salesiani, più e meglio Chiesa», è
stato detto).
B) «Di u11 Delegato tuttofare e abile
organizzatore, il centro no11 sa che
farsene. L'attesa è un'altra: il Delegato
sia un sacerdote autentico e 1111 salesiano
4 convinto >>.
Tante volte in passato i CC. erano
pervenuti a questa conclusione: in
questi convegni si è voluto mettere
l'accento sull'irrinunciabile esigenza
che il delegato svolga un ruolo ben
preciso: sia maestro di spiritualità
salesiana, testimoniata prima che
teorizzata, strumento per la liturgia
comunitaria, uomo di Dio disponibile
per chi lo sceglie come direttore
spirituale o per chi desidera aprirsi
in particolari situazioni di vita. In
fin dei conti tutto ciò è un atto di
fiducia e di stima da parte dei CC.
nel sacerdote e nel salesiano. La
richiesta pertanto non dovrà più
essere delusa in avvenire; se lo fosse,
il danno sarebbe irrimediabile: centri
vuoti di sostanza, cooperatori su-
perficiali, e... addio, allora, la cura
della gioventù povera e bisognosa l
In pratica però le cose stanno così:
i delegati (e il discorso vale per
molta parte anche per le delegate)
sono già oberati da eccessivo lavoro;
vorrebbero sì rendersi più disponi-
bili , e prepararsi meglio ad assolvere
ai loro compiti; ma come fare a
conciliare due esigenze che sembrano
irrinunciabili? Una soluzione magica
al problema non sembra esistere.
Forse si potrebbe agire così: a) da
una parte i Superiori, nell'assegnare
l'incarico di delegato dovrebbero
avere sempre presente quale onere
di tempo, di energie e <li responsa-
bilità esso comporta, ed alleggerire
l' interessato di impegni che non gli
consentirebbero di svolgere il suo
ruolo (qui è in ballo w1 diritto pre-
valente dei CC.), e considerare come
il Delegato, se opera conveniente-
mente, diviene un formatore di
educatori; b) d'altra parte i laici
dovrebbero assumersi tutte quelle
incombenze che sono loro proprie
con l'aiuto del Delegato stesso, che
dovrà compiere un vero cambio di
mentalità, abituato com'è a fare
tutto lui. .
Una nota nuova è stata portata
ai Convegni dalla presenza degli
stessi Cooperatori. Era più che logico,
che dovendosi trattare i loro pro-
blemi si ascoltasse anche la loro
voce, che si è rivelata, in alcuni casi
almeno, determinante per risolvere
problemi e dipanare difficoltà. I
giovani (particolarmente a Zafferana,
Castiglione e Loreto) hanno dato
un valido contributo alla riuscita degli
incontri, perché hanno mostrato oriz-
zonti nuovi e un volto inatteso per
una Associazione come la nostra
nella quale gli adulti-anziani pre-
valgono e il termine cooperatore
fino a qualche anno fa appariva
come sinonimo di persona anziana.
Tutto bene allora?
L 'avvenire darà la risposta. Un
sano realismo ci dice che non tutto
ciò che si semina si raccoglie, ma
ci conferma anche che le idee si
fanno st rada attraverso i canali co-
muni degli incontri di studio, degli
scambi di esperienze. (Alcuni dele-
gati e direttori parlavano, a conve-
gno finito, di una loro << quasi-
conversione 11•••). L'ottimismo a cui,
come salesiani, non possiamo rinun-
ciare, ci fa sperare bene per il do-
mani dell'Associazione, che resta
affidato alla sensibilità e all'impegno
della Congregazione, ma anche - e
per la più parte - alla presa di
coscienza dei cooperatori, che dovran-
no essere sempre più come li pensò
Don Bosco e li vuole la Chiesa.
Concludendo
IMPEGNI ...
Se ne sono presi molti e ab-
bastanza pesanti.
Anzitutto, uno di fondo: ac-
quistare maggiore sensibilità nella
cura spirituale dei CC., con con-
seguente atteggiamento pratico
nelle varie situazioni; considerare,
da ora in av:lllti, i CC. parte in-
tegrante della famiglia salesiana.
Più in concreto poi;
• i Direttori, anche come testi-
monianza del loro amore alla
Chiesa e a Don Bosco, che li
renderà più credibili, renderanno
la propria cmnunità partecipe
degli interessi e dei problemi
dei CC. (ad es. dedicando qualche
riunione mensile a questo scopo,
curando l'occasione di incontri
tra i membri delle due famiglie...);
offriranno un servizio spirituale
più ampio e generoso ai centri
rispettando il diritto prevalente
della Terza Famiglia (ottima cosa
l'assistenza spirituale a gruppi
e opere non salesiane, a patto