Bollettino_Salesiano_199006


Bollettino_Salesiano_199006



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2 · 1 GIUGNO 1990
sil i=
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco Bongioanni -
Pierdante Giordano - Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzi
- Cosimo Semeraro.
Collaboratori: Nino Barraco - Sergio Centofanti - Paolo
del Vaglio - Umberto De Vanna - Monica Ferrari - Maria
Galluzzo - Maurizio Nicita - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto)
per tutti.
1115 del mese per i Cooperatori Salesiani .
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell 'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano, Rinaldini) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 18 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in : An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Cile - Cina (a
Hong Kong) - Colombia - Ecuador - Filippine - Francia
- Germania - Giappone - India (in inglese , malayalam ,
tamil e telugù) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
guay - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna - Stati Uni-
ti - Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco·a chi lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio di indirizzo : comunicare anc he l'indirizzo vec-
chio .
SOMMARIO
3 CRONACHE SALESIANE
7 BEATIFICAZIONE DI DON RINALDI
Don Filippo Rinaldi Beato
servizio redazionale
11 Educatore di "onesti cittadini»
di Aldo Fantozzi
16 CAPITOLO GENERALE 23°
Giovanni Paolo Il ai Capitolari della Società
Salesiana
servizio redazionale
20 REPORTAGE
L 'Intifada dei fratelli Gianazza
di Angelo Paoluzi
25 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Scommettono sull 'educazione
per lo sviluppo del Mezzogiorno
di Gaetano Nanetti
30 STORIA SALESIANA
Quel circolo chiamato Frassati
di Armando Sabatini
33 PROTAGONISTI
In carcere per la Fede
di Silvano Stracca
37 Da Capo Verde alla TV italiana passando per
l'Ateneo Salesiano
di G. N.
40 VITA SALESIANA
Una via di seta attorno alla Madre ed è unità
servizio redazionale
RUBRICHE
Pigy di Del Vaglio , 6 - Solidarietà, 43
1 Giugno 1990
Anno 114
Numero 11
In copertina:
Alcuni momenti
della beatificazione di
don Filippo Rinaldi
(Servizio a pag. 8)
Le foto del servizio
sono di A. Mari - Roma

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- -- - - - - - - - - # ' -
1 GIUGNO 1990 3
ITALIA
L'Università
salesiana a Roma
e Messina riflette
su « Chiesa italiana
e Mezzogiorno»
Per iniziativa dell'Istituto di
Scienze Sociali della Facoltà
di Filosofia e del suo
direttore don Mario Toso il
22 marzo 1990 si è svolto
all'Università salesiana di
Roma un incontro di
riflessione sul tema:
« Nord/Sud d'Italia: Nuova
Solidarietà». La relazione
centrale è stata svolta
dall'arcivescovo di Napoli
cardinale Michele Giordano.
All'incontro sono stati
presenti il senatore Luciano
Barca, presidente della
commissione bicamerale per
il Mezzogiorno, il dottor
Enrico Calamita, direttore
dell'Agenzia per la
Promoziòne dello sviluppo
del Mezzogiorno.
All'incontro hanno dato la
loro adesione anche
qualificati rappresentanti del
mondo sindacale. Da
segnalare un lungo
messaggio inviato da
Giorgio Benvenuto
segretario generale della UIL.
Anche la sezione staccata di
Messina ha dedicato la sua
attenzione allo stesso tema
approfittando della sessione
primaverile della Conferenza
Episcopale Siciliana tenuta
presso lo Studio teologico
S. Tommaso di Messina. La
Facoltà messinese di
Teologia ha organizzato un
dibattito che ha visto riunite
il 1O maggio 1990 presso il
Teatro Vittorio Emanuele
numerose personalità
religiose e civili oltre ad un
qualificato uditorio.
Il documento è stato «letto»
dall'arcivescovo di Palermo
cardinale Salvatore
Pappalardo, dal presidente
della regione on. Rino
Nicolosi, dal presidente della
commisione antimafia
regionale on. Giuseppe
Campione e dai professori
Crispino Valenziano,
Antonino Mirone e ·
Raimondo Frattallone,
quest'ultimo docente di
morale oltre che a Messina
ànche alla sede centrale .di
Roma.
l1 Papa riceve
i ragazzi della Media
di Valdocco
I Nella fot9: Alcune
immagini della
manifestazione romana
oa
idarieta'
Eccezionale udienza
pontificia per i ragazzi della
scuola media di
Torino/Valdocco . Il 23
aprile u .s. i ragazzi di
questa scuola accompagnati
dai loro insegnanti
dall 'ispettore don Basset e
dal direttore don Gianni
Asti sono stati ricevuti nella
Sala Clementina da
Giovanni Paolo Il che ha
rivolto a loro perfino un
particolare discorso che -
riportiamo più avanti.
Il Papa ha così mantenuto
la parola data l'estate scorsa
durante il soggiorno estivo
di Combes in Val d'Aosta
dove si pensa che ancora
possa tornare.
Come si ricorderà l'anno
scorso a luglio i ragazzi
dovettero anticipare il fine
del loro soggiorno estivo in
montagna per fare spazio
alla visita del Papa.
Ma ecco le parole che il
Papa ha loro rivolto:
1. Vi accolgo con gioia e vi
saluto con affetto, carissimi
ragazzi della scuola media
« Don Bosco » di Torino,

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4 1 GIUGNO 1990
....... _,.,;;, ,,_ ,,
,;
. . 'W • • • ...~ . . . . . . . ,,,,
~
venuti in pellegrinaggio a
Roma, presso le tombe degli
Apostoli, primi intrepidi
testimoni del Vangelo.
Sono particolarmente
contento di incontrarvi e di
accogliervi qui, nel Palazzo
Apostolico. Mi è data, così,
l'occasione di ricambiare la
vostra cortesia e di
esprimervi viva riconoscenza
per la vostra generosità .
Voi, infatti, l'estate scorsa,
abbreviando il tempo del
vostro soggiorno alpino,
avete posto a mia
disposizione la vostra
residenza estiva di Les
Combes , sulle montagne
della Val d'Aosta.
Ho apprezzato il vostro
gesto e ve ne sono ancora
una volta profondamente
grato.
2. Il periodo liturgico, nel
quale ci troviamo, che
prolunga la luce spirituale
della Pasqua, offre a tutti
l'opportunità di
sperimentare concretamente
che nella morte e
risurrezione di Cristo, come
ricorda l'apostolo Pietro,
« siamo stati rigenerati per
una speranza viva, per una
eredità che non si corrompe,
non si macchia e non
marcisce» (1 PI I , 3).
In questa Città, visitando gli
innumerevoli monumenti
carichi di arte e di
spiritualità, vi è possibile
verificare con quanta forza
la vena feconda della
santità, sgorgata dal
Vangelo, ha irrorato
l'esistenza dei credenti lungo
tutti i secoli, suscitando
apostoli, martiri ed anime
interamente consacrate alla
causa del Regno di Dio.
Vi auguro con tutto il cuore
che questo soggiorno
romano possa consolidare
anche in voi il desiderio di
donarvi al Signore, di
amarlo con tutte le energie,
di consacrare a Lui il vostro
avvenire e di diventare suoi
· 1 ragazzi della scuola media Torino/Valdocco in visita al Papa
I MISSIONARI SCRIVONO
Carissimi amici,
un saluto amichevole e fraterno dall'equipe finalmente ricostituita, con il ritorno del
p. José dopo 7 mesi di assenza... e un dottorato in teologia(!) . Grazie a Dio, la salute
va abbastanza bene, nonostante l'età ... perché il cuore rimane giovane . E la volontà
di continuare a spendere le nostre energie per questi fratelli, in una evangeliz~azione
che comprenda tutta la realtà: spirituale, sociale, economica, è ugualmente mtatta,
nonostante le difficoltà e i problemi quotidiani, o le situazioni di emergenza come quelle
che alcune comunità stanno vivendo e che noi, necessariamente, condividiamo. Ve ne
segnaliamo alcune, certi della vostra partecipazione empatica ed evangelica alle nostre
preoccupazioni.
.
.
Una preoccupazione generale è il constatare il facile adattamento agh pseudo val?n
della cosiddetta «civiltà», che significa consumismo, ricerca del denaro facile,
individualismo ateismo pratico, specialmente nei giovani. La religiosità(« popolare»),
tipica delle pop~lazioni indigene e contadine, non esente da sincretismo, non è sufficiente
per orientare e/o modificare atteggiamenti e pratiche non cristiane. Si parla molto della
«nuova» evangelizzazione, come programma per il 5° centenario della scoperta (o
dell'invasione come dicono alcuni) dell'America; in realtà ciò di cui abbiamo bisogno
è la prima ev~ngelizzazione, la catechesi, la pratica (elementare) degli atteggiamenti
evangelici.
.
D'altra parte in questi mesi si sono ripresentati con maggior ~rud~zza problemi e
conflitti che dividono le comunità: problemi con le sette, problemi per ti possesso della
terra. L'anno scorso una comunità esigeva dai gruppi avventista e pentecostale la
partecipazione alle attività sociali (e insieme religiose), alle feste e al lavoro comunitario
(che quelli rifiutano con varie motivazioni,· specialmente «bibliche»). Risultato:
espulsione dei due gruppi (una cinquantina di persone) o successiva vendetta, con due

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-----------.11-
1 GIUGNO 1990 , 5
discepoli coraggiosi ed
entusiasti.
Auspico anche che le strade
della vostra adolescenza si
incontrino in modo serio
con il divino Maestro e che
la giovinezza - come
ricordavo nella Lettera
Apostolica in occasione
dell'Anno Internazionale
della Gioventù, nel 1985 -
vi fornisca una robusta base
di sani princìpi, così che la
vostra coscienza raggiunga
già in questi anni quella
trasparenza matura che poi
permetterà a ciascuno di voi
di rimanere sempre
« persona di coscienza»,
« persona di princìpi »,
« persona di fiducia», cioè
credibile.
3. Carissimi ragazzi, voi
venite da Valdocco, culla di
tutta l'opera di san
Giovanni Bosco, infaticabile
apostolo dei giovani.
Alla sua scuola, seguendo la
scia luminosa tracciata dalla
sua santità e dal suo genio
umano, anche voi vi
preparate a fare delle vostre
persone un dono senza
riserve a Dio per il bene
dell'umanità, e soprattutto
dei vostri coetanei.
Invocatelo spesso nella
preghiera, affidate alla sua ·
intercessione i vostri
propositi; imitatene le virtù:
siate figli degni di un così
generoso Padre. Egli, come
soleva ripetere, non ha altra
mira che di procurare il
vostro vantaggio morale,
intellettuale e fisico. « Per
voi, giovani - diceva Don
Bosco - studio, per voi
lavoro, per voi vivo e per
voi sono disposto anche a
dare la vita ».
Abbiate davanti ai vostri
occhi anche l'esempio di san
Domenico Savio, il quale
trascorse la sua giovinezza
alla scuola del vostro stesso
santo Maestro, proprio là
dove ora voi vi trovate.
Scelse la strada ardua ed
appassionante della santità
con la semplicità di chi tutto
spera dall'alto e con
l'entusiasmo di chi vuol
vivere la sua esistenza in
pienezza.
Possa egli aiutarvi nelle
decisioni importanti che
andate maturando in questo
periodo di crescita fisica e
spirituale.
Ma soprattutto vi
raccomando di essere sempre
molto devoti della
Madonna, Vergine
Ausiliatrice, che veglierà su
ciascuno di voi e vi aiuterà a
conseguire la statura di
uomini nuovi per un mondo
morti. In tre comunità ci sono conflitti tra proprietari particolari e quelli che lavorano
la terra come proprietà comune (comuneros): in una, il leader contadino fu imprigionato
da agenti della polizia giudiziaria prezzolati e trattenuto da 5 mesi in carcere con accuse
false; in un'altra, i proprietari hanno chiamato gente prezzolata e armata a coltivare
la loro terra, con il risultato di due morti in questi giorni; nella terza il gruppo dei
comuneros ha espulso in malo modo i proprietari, ma si teme che questi chiedano rinforzi
all'esercito ... che infliggerebbe maggiori danni, ma non favorirebbe la riconciliazione.
Per questa occorrerebbero mediatori con infinita pazienza, così da favorire il dialogo
e aiutare le ferite a rimarginarsi.
Non entriamo nei dettagli, sicuri comunque della vostra comprensione e della preghiera
che certo farete per le comunità a nostro carico e in generale per la ragione in cui
lavoriamo, tra le più povere e disagiate in tutti gli aspetti (scuola, salute, comunicazioni,
lavoro, proprietà della terra, ecc.) . Anche questo lo sentiamo come un processo di
quaresima e passione, ma crediamo - il Signore solo sa quando - nella risurrezione
o nella vita. Vi ringraziamo cordialmente della collaborazione che parecchi di voi ci
hanno dato e continuano a dare, sia con offerte in denaro, sia collocando i prodotti
del nostro laboratorio di cucito e serigrafia (specialmente le magliette ITALIA '90) presso
amici e persone benevole. È il vostro aiuto, perché non godiamo di «sponsorizzazioni»
ufficiali, che ci permette di continuare nei nostri impegni.
Che il Signore ci faccia tutti partecipare alla sua risurrezione! È l'augurio pasquale
dei vostri amici riconoscenti e affezionati.
Carlos y José
Carlos Sitia y José Sobrero,
Parroquia Sta. Maria Asunci6n
70250 TOTON TEPEC, Mixes, OdX. MESSICO
rinnovato dal fermento del
Vangelo.
Vi benedico tutti, insieme ai
sacerdoti vostri formatori e
alle vostre famiglie .
350 Volontarie
partecipano
alla Beatificazione
di Don Rinaldi
Le Volontarie di Don Bosco
hanno celebrato con
particolare partecipazione la
beatificazione di Don
Rinaldi del 29 aprile (cfr.
servizi nelle pagine seguenti).
Ben 350 Volontarie infatti
delle 1200 che formano
l'intero istituto sono state
presenti a Roma . Le
Volontarie di Don Bosco
(VDB) hanno inteso in tal
modo riaffermare la loro
riconoscenza e gioia per la
beatificazione del loro
fondatore. Già nel 1917
infatti Don Rinaldi aveva
intuito la necessità della
presenza in mezzo al mondo
di persone totalmente
consacrate a Dio, impegnate
a rinnovare tutte le realtà
terrestri portando in ogni
ambiente lo Spirito di Don
Bosco. Nulla doveva
distinguerle erano laiche che
nel quotidiano, nelle
occupazioni ordinarie, nel
silenzio e nella discrezione,
aiutavano i propri fratelli a
riscoprire tutti quei valori
umani e cristiani che il
mondo spesso dimentica.
Quando Don Rinaldi radunò
il primo gruppo erano
appena tre: un inizio umile,
ma, come afferma Don
Castano, «questa fu l'opera
più indovinata e personale»
del nostro Beato.
Non mancarono le
difficoltà, le diffidenze, le
incomprensioni, ma le opere
di Dio sono sempre

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accompagnate
dall'esperienza della Croce!
li gruppo si arricchì pian
piano di nuovi elementi e
Don Rinaldi fece in modo
che il Regolamento che lui
aveva proposto venisse
riconosciuto e approvato dal
Rettor Maggiore.
Nel 1920 fece eleggere tra
loro un Consiglio per
ammettere le nuove
candidate, anche questo,
della chiarezza di idee che
egli aveva.
Egli, anche se oberato da
tanto lavoro, continuò a
seguire regolarmente il
gruppo fino alla sua elezione
a Rettor Maggiore; ma
anche dopo non mancò dj
accompagnare, guidare,
formare, incoraggiare quelle
prime giovani che si
impegnavano a custodire e
trasmettere il carisma della
secolarità consacrata
salesiana ricevuto attraverso
il loro Padre Fondatore .
Quel piccolo germoglio oggi
è divenuto una grande
pianta: l'Istituto delle
Volontarie di Don Bosco,
oggi riconosciuto
ufficialmente dalla Chiesa
come Istituto Secolare di
diritto pontificio.
Esso è presente in tutti i
continenti con circa 1200
membri, arricchisce la
Famiglia Salesiana del
carisma della secolarità
consacrata, opera in mezzo
al mondo come fermento
per trasformare dal di
dentro ogni realtà.
Ecco perché il 29 aprile, in
Piazza S. Pietro, le VDB
,4 SUPP...O. /e-10 Pél/A SI IIMN0 ~fel<MAJ./.
500€,l'A /47TVAlE
NU{)t/13 IDet-FOJZi-1.:J
Pé/2
e;eMPJo?
FOk2A-IT'ALJA !
hanno gioito in modo
particolare della
.beatificazione di Don
Rinaldi.
«Tutto l'Istituto - ci ha
detto la Responsabile
Maggiore delle Volontarie,
Gianna Martinelli -
accoglie questo «segno»
come punto di nuova
partenza, perché unisce
strettamente passato e
presente, fondazione e
futuro ...
La beatificazione di Don
Rinaldi è e rimane un bel
momento di festa, ma è
soprattutto un modo per
riconfermare e vivere nel
nostro specifico il dono di
Don Bosco a tutta la
Chiesa».
« Sfida e segno degli anni
2000», questo Istituto, che
nello scorso anno ha
celebrato la sua terza
Assemblea Generale per dare
stesura definitiva alle
proprie Costituzioni, si
prepara ora ad approfondire
meglio lo spirito del proprio
Fondatore con un Convegno
che si terrà a Roma il 9 e 10
giugno sul Tema: « Don
Rinaldi: padre - maestro -
fondatore».
Sarà un arricchimento per
l'Istituto, ma anche per
tutta la Famiglia Salesiana,
che avrà occasione di
conoscere meglio Don
Rinaldi, « immagine vivente
di Don Bosco» e di seguirne
le orme.
SANTO DOMINGO .
Una chiesetta
dedicata
a Don Bosco
Don Luìs Sartore è un
salesiano che da quasi
quarant'anni lavora a Santo

1.7 Page 7

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-----------~-
1 GIUGNO 1990 , 7
erchiamo di capire
Domingo. Nella sua lunga
attività pastorale ha
costruito tante chiese ma
nessuna dedicata a Don
Bosco. Ora finalmente c'è
riuscito.
La chiesetta è sorta a Piloto
una cittadina in diocesi di
Mao .
Quando si parlò della
costruzione di una chiesa,
racconta egli stesso, si trovò
subito un terreno nel centro
dell'abitato e si aprì la
raccolta del denaro
necessario. I più generosi
furono proprio i ragazzi
I Piloto: chiesa
dedicata a
S. Giovanni Bosco
anche se un aiuto sostanziale
è venuto dall' Adveniat della
Germania.
La chiesetta è stata
benedetta da monsignor
Tomàs Abreu e per
l'occasione un bel gruppo di
ragazzi ha fatto la prima
comunione e la cresima.
Attorno a questa nuova
cappella la comunità si sente
più unita e sta crescendo
nella fede. Naturalmente
attorno alla chiesa si sta
pensando a costruire un
oratorio con un bel campo
di pallacanestro.
ITALIA
Via
San Giovanni Bosco
anche a Brienza
Finalmente anche Brienza in
provincia di Potenza ha una
strada cittadina dedicata a
San Giovanni Bosco. È-la
strada che costeggia la
Scuola materna delle Figlie
di 'Maria Ausiliatrice. L'idea
era venuta in occasione del
centenario della morte di
Don Bosco ma si è potuta
realizzare soltanto oggi e
grazie all'interessamento del
parroco don Beniamino
Cirone e del sindaco
geometra Alfredo Rocco
Lopardo.
A scoprire l'insegna, il 31
gennaio 1990, è stata
l'ispettrice delle Salesiane di
Don Bosco suor Antonia
Colombo. Ringraziando le
Autorità per il significativo
gesto, l'ispettrice di Taranto
ha esortato i giovani
presenti a seguire gli
insegnamenti del Santo.
NON BASTA
INVOCARE
PIÙ SEVERITÀ
Le forme della violenza si moltiplicano e si diversificano attorno
a noi rendendoci spettatori di mali cui ci sembra impossibile porre
rimedio. Come nel caso dei sequestri di persona che sappiamo essere
diventati una forma« industriale» del crimine non soltanto in Italia
(dopo la soluzione dei casi Tacchella e Celadon altre cinque persone
sono ancora nelle mani delle varie «anonime»), o uno dei tanti
modi aberranti di « fare politica». Tutti ricordiamo, a questo
proposito, le vicende del rapimento di Aldo Moro, poi assassinato;
si sta forse perdendo memoria di episodi analoghi avvenuti in
Germania e in Francia; mentre in Libano parecchi ostaggi attendono
la liberazione da una prigionia, ingiusta oltre che crudele, da parte
di gruppi che si rifann_o, indebitamente, a motivazioni religiose.
E facile deprecare. E istintivo pensare a dure rivalse di natura
punitiva. È illecito però invocare vendette o mascherarle come
giustizia. Al massimo si può indicare nel braccio della legge il
rimedio per impedire che i protagonisti di efferate imprese possano
continuare a esercitare violenza su innocenti. Ma è al di fuori di
ogni logica - specialmentè se ci si professa credenti - reclamare,
per esempio, una pena di morte che è una forma inutile (come
spiegano le più aggiornate teorie sulla psicologia criminale) di
deterrenza, in quanto ogni delinquente è certo di farla franca.
Cerchiamo di capire la legittimità delle forme di indignazione
che ci sollecitano di fronte ad avvenimenti come quelli dei quali
stiamo parlando. Ma allo stesso modo cerchiamo di capire che
nessuno è «giusto dinanzi al Signore», e perciò in condizione di
sentirsi migliore degli altri, di qualsiasi altro. Fosse pure l'omicida
più inumano, colpevole dei reati più gravi. È giunto dove è giunto
per una serie di circostanze e condizionamenti. Dei quali ognuno
di noi potrebbe essere corresponsabile: e in quel caso, chi decide
il grado della complicità?
.
Non si tratta di colpevolizzarsi, ma di avere coscienza che
qualcuno è arrivato nel tunnel di ogni forma di devianza anche
perché qualcun altro - forse io stesso - non è stato per lui esempio
e testimone. Perché le sue inclinazioni, a un bivio che un giorno
o l'altro si è presentato, non sono state opportunamente dirette
al bene, ma sono finite nella palude del male. Perché non è stato
sorretto, aiutato, incoraggiato. Che cosa intendeva Don Bosco per
metodo preventivo se non questa attenzione ai primi passi di una
vità? Certo, il Signore può sempre riscattare, in ogni momento
dell'esistenza, il colpevole di qualsiasi crimine. Ma lo sviluppo del
bene e del male si inizia nell'infanzia, si consolida nella gioventù .
La pianta della violenza può crescere soltanto se viene seminata.
E nostra è la mano che getta il seme nel solco.
Angelo Paoluzi

1.8 Page 8

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8 · 1 GIUGNO 1990
BEATIFICAZIONE DI DON RINALDI

1.9 Page 9

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-----------#1-
1 GIUGNO 1990 9
«Arse di amore
per la Chiesa
e promosse una autentica
mobilitazione
missionaria»
Degli oltre sessantamila
pellegrini convenuti a Roma in piaz-
za S. Pietro domenica 29 aprile 1990
almeno ventimila sono venuti per
partecipare alla beatificazione di
Don Filippo Rinaldi.
La beatificazione del terzo succes-
sore di Don Bosco, tenuta da Gio-
vanni Paolo II, assieme ad altri
dodici martiri spagnoli, ha mobilita-
to l'intera Famiglia Salesiana.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice con
le loro organizzazioni ed il Consiglio
Generale guidato dalla Madre Mari-
nella Castagno;
i Salesiani con numerosi gruppi di
varie regioni; i partecipanti al Capi-
tolo generale 23 °, il nuovo Consiglio
Generalizio guidato da don Egidio
Viganò che unitamente a don Juan
Vecchi, vicario generale e a don Pe-
ter Rinaldi, pronipote del Beato ha
concelebrato con il Papa;
oltre trecento volontarie guidate dal-
la signorina Gianna Martinelli, le ex
allieve delle Figlie di Maria Ausilia-
trice con la loro presidente Rosadele
Regge: gli ex allievi di Don Bosco
con i loro dirigenti; i Cooperatori.
Particolarmente nutrita c'è sembra-
ta la presenza spagnola.
La Liturgia della Beatificazione si
è svolta in più lingue ed all'offerta
dei doni con altre hanno portato do-
ni la miracolata suor Carla De Noni
che ha voluto donare un calice con
patena. Altri doni sono stati portati
dalla salesiana Giuliana Cosentino
(una casula) e dal coadiutore salesia-
no Giovanni Vespa che ha offerto un
videoregistratore da destinare ad una
missione.
Tra i Presuli presenti ricordiamo
i cardinali salesiani Castillo Lara,
Stickler, Silva Henriquez, Javierre.
La Delegazione diplomatica italiana
era guidata dall'Ambasciatore d'Ita-
lia presso la Santa Sede S.E. Ema-
nuele Scammacca del Murgo, da
Mons. Piero Monni, Consigliere
ecclesiastico dell'Ambasciata d'Ita-

1.10 Page 10

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Immagini della Beatificazione
di Don Rlnaldl.
In particolare:
il Papa accoglie
l'omaggio del Postulatore
don Luigi Flora e di suof Caria
De Noni, miracolata
(Le foto del servizio
sono di A. Mari - Roma)
Jt

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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,---------------s8-
lia e dalla Dr .ssa Raffaella Pavàni,
secondo segretario dell'Ambasciata
d'Italia.
Nell'Omelia il Papa ha tratteggia-
to anche il singolo profilo d'ogni
beato. Per Don Rinaldi ha detto:
"Bene si associa al ricordo dei glo-
riosi martiri della terra di Spagna il
nome del sacerdote Filippo Rina/di,
terzo successore di San Giovanni Bo-
sco, che visse in quella nazione dal
1892 al 1901, come superiore delle
opere dei Salesiani.
La sua vocazione nacque dall'in-
contro con l'Apostolo dei giovani,
dal quale fu avviato personalmente
sulla strada della formazione religio-
sa e sacerdotale. Ne emulò le virtù
e le caratteristiche spirituali tanto
da essere chiamato sua « immagine
vivente».
Arse di amore per la Chiesa e ne
promosse la presenza rinnovatrice tra
i popoli con una autentica mobilita-
zione missionaria, anche di giova-
nissimi.
Ben consapevole della importanza
dei laici, ne curò l'organizzazione e
la formazione spirituale, seguendo
moderni criteri. L'oratorio femmini-
le da lui diretto presso le Figlie di
Maria Ausiliatrice di Torino diven-
tò così un centro di intensa vitalità
ecclesiale con associazioni religiose,
culturali, sociali, ricreative. Fu pro-
prio il fervido clima di fede che vi
fioriva a dare origine ad un gruppo
1 GIUGNO 1990 11
di« vita consacrata nel mondo», svi-
luppatosi oggi nei solido Istituto lai-
cale delle « Volontarie di Don
Bosco».
Don Rinaldiju soprattutto infati-
cabile promotore della grande Fami-
glia Salesiana, nei suoi vari Gruppi,
ed operò perché essa si sviluppasse
sempre come valida, coordinata e
duttile forza per l'educazione cristia-
na dei giovani e dei ceti popolari".
Nel pomeriggio della stessa gior-
nata un migliaio di membri della Fa-
miglia Salesiana hanno partecipato
alla commemorazione del novello
Beato organizzata presso l'Università
Salesiana. Elemento centrale della
manifestazione è stata la conferenza
tenuta dal cardinale Rosalio Castil-
lo Lara cui sono seguiti canti e testi-
monianze varie. Vivi applausi hanno
poi accolto la testimonianza dell'ot-
tantenne suor Carla De Noni che ha
narrato ancora una volta la sua sin-
golare esperienza di «miracolata».
Hanno anche parlato il superiore del-
1'Università don Adriano van Luyn,
il postulatore della Causa don Luigi
Fiora ed il rettor maggiore don Egi-
dio Viganò.
o
EDucATORE
DI «ONESTI CITTADINI»
Don Filippo Rina/di
ebbe un'attenzione
del tutto particolare
al «sociale»
dei salesiani.
L'articolo che
presentiamo ne
evidenzia le dimensioni
e gli orizzonti.
Il progetto educativo di
Don Bosco è formare « buoni cristia-
ni e onesti cittadini». Il nome del
Beato Don Rinaldi non entrerà nei
libri di storia civile ed ecclesiastica
quasi fosse un pioniere. Questo non
importa. Egli emerge negli anni del
primo novecento come un attento e
intelligente formatore della gioven-
tù maschile e femminile per introdur-
la nella società civile da onesti cit-
tadini perché buoni cristiani.
La « Rerum novarum », l'encicli-
ca più famosa di Leone XIII aveva
determinato un risveglio sociale che
animava clero e laicato. Poi vi era
l'acceso dibattito dentro l'Opera dei
congressi attorno alla questione del-
la presenza politica dei cattolici nel-
la vita dello Stato. Don Rinaldi,
dopo un'assenza di dodici anni da
Torino, ritrova la città orgogliosa del
nuovo ruolo di « capitale dell'auto,
della moda» e di una fitta rete di in-
dustrie meccaniche, cotoniere, dol-
ciarie ecc. Si rende subito conto che

2.2 Page 12

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12 · I GIUGNO 1990
le vecchie associazioni giovanili non
avrebbero avuto più storia se non si
fossero aperte ai grossi problemi del-
la gente. Pertanto questi giovani,
queste ragazze che riempivano a cen-
tinaia gli Oratori e le scuole salesia-
ne dovevano essere avviati su un
terreno di testimonianza cristiana
nella società civile. Proprio in que-
sti anni Don Rinaldi richiamava un
pensiero di Don Bosco: « In altri
tempi quando la società viveva di fe-
de, bastava unirsi nella pratica dei pii
esercizi: invece oltre pregare, che non
deve mancare mai, bisogna operare,
intensamente operare, se no , si cor-
re alla rovina ». L'urgenza della pre-
senza sociale dei cattolici e la
preparazione dei giovani era già sta-
ta avviata da San Leonardo Murial-
do con alcune iniziative notevoli.
Don Rinaldi con impegno e metodo
trasferisce nei centri giovanili una re-
te di iniziative di previdenza sociale,
gruppi culturali maschili e femmini-
li e li prepara a partecipare alla lotta
per la tutela del lavo ro nella fabbri-
ca, e alla vita amministrativa della
città con la propria identità cristiana.
Nella questione dibattuta circa
l'organizzazione degli operai se a ba-
se sindacale oppure corporativa -
come sembrava a qualcuno suggeris-
se la « Rerum novarum » - Don Ri-
naldi pur favorevole all'idea della
solidarietà, astrae dalla questione e
accetta la formula del sindacato con
la avvertenza di partecipare alla lot-
ta per la giustizia senza compromet-
ILa commemorazione di don Rlnaldi
all 'Università Salesiana.
Ha parlato Il cardinale Castillo Lara
(Le foto del servizio sono
di F. Marzi e C. Morselli)

2.3 Page 13

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J----- - - - - - - - - s 8 -
UNA BIOGRAFIA NUOVA
Fra le pubblicazioni edite in occasione della beatificazione di don Filip-
po Rinaldi, significativa ci sembra la biografia scritta da Don Aldo Fan-
tozzi, un salesiano che ha sempre alternato una intelligente pubblicistica
con gli impegni dell'ubbidienza religiosa.
La biografia di cui parliamo ha il merito d'aver costruito la personalità
del Beato all'interno di quel contesto storico e culturale che ha visto il pas-
saggio dei cattolici dall'astensionismo politico, alla nascita del Partito Po-
polare. Don Fantozzi sottolinea collegamenti e rileva intuizioni che le
biografie finora presentate hanno ignorato.
Certo alcune intuizioni andrebbero verificate con ulteriori ricerche: bi-
sognerebbe ad esempio verificare quale fu l'atteggiamento del Beato nei
confronti dei tanti avvenimenti che portarono l'Italia alla dittatura fasci-
sta e la Congregazione salesiana ad assurgere a quel grande movimento
spirituale qual è oggi.
Don Fantozzi ha anche il merito d'aver scritto con stile rapido, essen-
ziale e colto: ed anche questo non è poco considerata tanta agiografia il-
letterata e bacchettona.
L'Autore poi, ha conosciuto don Rinaldi e questo dà all'intero volume
una passione sentita e nuova. È come il ricongiungersi di due esistenze.
Il libro, corredato da una serie di foto d'archivio, può essere richiesto
direttamente a Don Aldo Fantozzi, via della Pisana 1111, 00163 ROMA.
D
tere la propria coscienza cristiana.
Educava però alla solidarietà. Nel
1906 nel lungo sciopero che divise i
proprietari della Cartiera Bona e gli
operai, in gran parte donne, suggerì
che la raccolta in denaro a sostegno
degli scioperanti non andasse a be-
neficio soltanto alle giovani dell'O-
ratorio ma a tutte le famiglie messe
sul lastrico dalla serrata padronale.
La lotta si concluse con la mediazio-
ne attuata in forma riservata e accet-
tata dai responsabili del sindacato e
dalla proprietà, dal Beato Michele
Rua tramite Don Rinaldi. Man ma-
no si allargava il suffragio universa-
le nascevano anche i partiti di massa.
Un fatto naturale in uno Stato demo-
cratico: era una conquista di una so-
cietà libera. Ma - secondo il
pensiero di Don Rinaldi - per po-
ter partecipare alla vita pubblica da
gente responsabile eran necessari ca-
nali d'informazione. Quando nel
1912 in Torino fu imposto dai sinda-
cati lo sciopero politico di protesta
contro il governo spagnolo che ave-
va fatto giustiziare l'aristocratico,
passato all'anarchia, Francisco Fer-
rer, promotore di sanguinosi movi-
menti rivoluzionari a Barcellona,
Don Rinaldi in pubblica conferenza

2.4 Page 14

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14 • 1 GIUGNO 1990
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trovarido l'uditorio diviso tra colpe-
volisti e innocentisti chiarisce i fatti
e poi entra nel discorso più generale
che in democrazia la ragione non è
del più forte ma della verità. Prima
di condannare bisogna che ognuno
giudichi con la propria testa!
A Don Rinaldi stava a cuore la
promozione della giovane donna:
quelle ragazze dei quartieri più po-
veri della Torino tra la Dora e il Po
fino al Regio Parco e le Basse di Stu-
ra accorrevano a lui ogni domenica
o festa comandata: erano figlie di la-
vandaie, di rivenditori di ortaggi sul-
le bancherelle del mercato di Porta
Palazzo, ragazze esangui degli ate-
liers, servette, segretarie calligrafe e
qualche giovane di buona famiglia.
Le incoraggiava a guardare avanti,
a scoprire nella loro condizione di fi-
glie del popolo la loro dignità senza
la sciatteria dei vestiti o i panneggi
della moda ma nella proprietà e pu-
lizia della persona senza nessun se-
gno di bigottismo. Ragazze capaci di
farsi valere ed esprimere anche in
pubblici dibattiti le proprie convin-
zioni. La segretaria dell' Associazio-
ne delle Figlie di Maria che per
diversi anni ha raccolto le sue con-
ferenze, richiama sovente indicazio-
ni alla fierezza, alla spigliatezza, a
presentarsi e parlare in pubblico in
contraddittorio con gli avversari sul
luogo del lavoro perché la donna ha
il diritto non solo al rispetto ma an-
che alla parità di trattamento nella
fabbrica. « La Figlia di Maria - è
sufficiente questa citazione - non
può più vivere come la Figlia di Ma-
ria del tempo passato che non cono-
scevano che la strada della chiesa e
della casa... L'attuale figlia di Ma-
ria deve necessariamente uscire di ca-
sa per andare ai laboratori, alle fab-
briche, agli atelier dove vi è gente ...
Dunque vada ove il dovere la chia-
ma ma vada con la fronte alta e se-
rena, con un contegno dignitoso e
ilare affinché colla sua sola presen-
za faccia amare la virtù anche da
coloro che non la praticano». Espri-
mendo alcuni · giudizi sopra i due
Congressi di-ex Allievi ed ex Allieve
del settembre 1911 si lamenterà che
ci furono i soliti due o tre bei discor-
si di oratori scelti ma nessun dibatti-
to: non basta ascoltare si deve
partecipare perché il dibattito nei
corridoi e non nella sala è inutile.
La partecipazione alla dialettica
sociale rientrava nell'obbiettivo del-
la formazione del giovane: doveva-
no essere un buon lievito nella realtà
popolare. «quantunque debba esse-

2.5 Page 15

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-----------~-
1 GIUGNO 1990 15
re ·buona per se stessa - insegnava
a quelle giovani lavoratrici oratoria-
ne - deve partecipare alla vita asso-
ciativa per un più incisivo aposto-
lato . Il Circolo Madre Mazzarello
anticipa fin dal 1911 con le sue fina-
lità religiose e sociali i Circoli catto-
lici della Gioventù Femminile, sorta
nell'immediato dopo guerra. Parrec-
chie delle sue dirigenti provenivano
da questo centro dell'Oratorio fem-
minile delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice.
Don Rinaldi riconosce il grande
valore dell'organizzazione di catego-
ria anche di matrice religiosa in una
società democratica. Diceva alle sue
ragazze: « chi si fa pecora il lupo la
mangia» . Il coraggio delle idee e del
numero sono una forza in democra-
zia. Fin dagli anni della sua attività
di direttore di scuole in Spagna pen_.
sava che gli ex Allievi delle Scuole
cattoliche potessero diventare l' e-
spressione più sincera del laicato cat-
tolico. E quando ebbe più diretta
responsabilità nella guida della Con-
gregazione salesiana costituì il movi-·
mento degli ex Allievi salesiani e delle
ex Allieve delle Figlie di Maria Au-
siliatrice. « Nelle nostre case - scris-
se - non lavoriamo perché ci
paghino la pensione oppure per ot-
tenere che i giovani siano buoni sol-
tanto quando sono con noi ma per
farli dei buoni cristiani e onesti cit-
tadini. .. ci siamo sacrificati per loro
e il nostro sacrificio non deve anda-
re perduto». Anche per i Coopera-
tori salesiani che taluno confondeva
con i benefattori fu un maestro, ri-
chiamando l'associazione alla sua
ispirazione originaria di apostolato
missionario nel mondo.
Aveva sommo rispetto della natu-
ra laicale delle tre organizzazioni: un
fedele collaboratore ricorda la sua
presenza discreta nei consigli diret-
tivi, la sua capacità di ascolto, nes-
suna furbizia per dar maggior credito
a idee e persone. « Qualche volta ho
cercato di conoscere subito il suo
pensiero ma non mi è mai riuscito.
Il suo pensiero veniva dopo, dopo
averci fatto discutere. Ma il bello si
è che quelle proposte Don Rinaldi le
faceva apparire come nostre mentre
erano sue!». Questo metodo lo pre-
scriveva anche nei piccoli dibattiti tra
i grovani delle Compagnie, un tipico
associazionismo della tradizione sa-
lesiana, e suggeriva ai superiori di fa-
re « buòh viso» alle proposte ed
iniziative dei giovani. Queste associa-
zioni nell'ambito giovanile furono
centri culturali, come l'«Auxilium »:
un vero modello per gli Oratori con
i suoi molteplici interessi letterari, so-
ciali, politici, innestati sul tronco re-
ligioso dell'Oratorio .
Questo atteggiamento di simpatia
per i laici come protagonisti nella
Chiesa e nella società, la promozio-
ne della giovane donna portata avan-
ti dai gruppi formatisi alla sua
Scuola, quale contributo al cambia-
mento hanno apportato? Certamente
sul piano storico dobbiamo ricono-
scere che l'attività sociale di Don Ri-
naldi soffrì della mancanza di una
adeguata analisi sociopolitica per cui
l'efficacia nelle strutture del suo tem-
po fu minima come quella di altri
preti torinesi. Il liberalismo economi-
co continuò ad accentuare le sfasa-
ture del capitalismo mentre nelle
classi sociali cres.cevano le tensioni
anarchiche. Ma l'efficacia di questi
uomini di buona volontà va giudica-
ta sul piano educativo : un discorso
lungo da sembrare eludere le respon-
sabilità del momento. Invece, l'ope-
ra educativa di Don Rinaldi ha
mostrato solidità perché quello a cui
egli diede inizio, è entrato nella co-
scienza di tanti uomini e donne che
l'hanno amato e seguito; e soprattut-
to nell'apostolato educativo della sua
famiglia religiosa: « Vorrei che la mia
voce accorata giungesse all'orecchio
di tutti i miei confratelli, dei nostri
cari ex Allievi, dei nostri Coopera-
tori e amici, per gridar loro: Orato-
ri, Oratori, Oratori».
Aldo Fantozzi

2.6 Page 16

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16 • I GIUGNO 1990
CAPITOLO GENERALE 23°
G10VANNI PAOLO Il
Al CAPITOLARI
DELLA SOCIETÀ SALESIANA
Educare i giovani
ad una spiritualità
che li renda
protagonisti
del!'evangelizzazione
e artefici del
rinnovamento sociale.
Cari Capitolari della So-
cietà Salesiana di San Giovanni
Bosco!
1. Sono lieto di incontrarmi con
Voi in una circostanza tanto signifi-
cativa, nella luce festosa della eleva-
zione agli onori degli altari del vostro
confratello Don Filippo Rinaldi, che
· ho avuto la gioia di proclamare Bea-
to proprio l'altro ieri.
Vi rivolgo il mio affettuoso salu-
to e ringrazio ·per la cordiale acco-
glienza ciascuno di voi che
rappresentate tutta là Famiglia Sale-
siana. Esprimo innanzitutto un par-
ticolare pensiero al carissimo don
Egidio Viganò, confermato ancora
una volta come Rettore Maggiore, ed

2.7 Page 17

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~ -- - -- - - -- -s11-
1 GIUGNO 1990 17
DUE ORE
E MEZZO
CON IL PAPA
IN CASA
Di personalità in visita alla Casa ge-
neralizia ne passano tante ma acco-
gliervi il Papa è tutta un'altra cosa.
La visita è avvenuta martedì 1°
maggio e l'occasione è stata data dal-
lo stesso Santo Padre il quale, più che
ricevere i Capitolari ha preferito an-
darli a trovare.
Papa Giovanni Paolo è giunto alle
12,40 ed è stato accolto sul piazzale
antistante la casa, dal Rettor Maggio-
re, dal suo vicario don Juan Vecchi ,
dal procuratore don Luigi Fiora, dal di-
rettore don Aldo Fantozzi e dai Con-
fratelli della Casa generalizia mentre
i Capitolari attendevano nella grande
aula delle assemblee.
Per l'occasione si sono trovati alla
Casa Generalizia i quattro Cardinali
salesiani , le loro Eminenze Raul Sii-
va Henriquez, Alfons Stickler, Rosa-
lio Castillo Lara e Antonio Javierre
Ortas, e quattro dei numerosi Vesco-
vi salesiani: l' honduregno Oscar Ro-
driguez Maradiaga, Segretario
Generale del Consiglio Episcopale
Latinoamericano (Celam), lgnacio Ve-
lasco Garcia, Vicario Apostolico di
Puerto Ayacucho, in Venezuela; Fa-
bio Rivas Santos, Vescovo di Baraho-
na, nella Repubblica Dominicana, e
Peter Carretto, Vescovo emerito di
Surat Thani, in Thainlandia.
Dopo i primi saluti , Giovanni Paolo
Il si è recato in cappella dove ha so-
stato in preghiera. Si è quindi recato
nell'aula dei Capitolari ai quali ha ri-
volto il messaggio che riportiamo in
altra parte del giornale.
L'incontro fra il Papa e i partecipan-
ti al 23° capitolo generale si è svolto
con semplicità e familiarità: il Rettor
Maggiore ha presentato ciascuno dei
presenti singolarmente e per ognuno
il Papa ha avuto una parola. Al termi-
ne con pazienza il Papa ha «posato »
con i capitolari per la foto ricordo.
La visita è proseguita quindi con il
pranzo.
Il Papa ha pranzato con i Capitola-
ri i quali in suo onore hanno eseguito
alcuni canti preceduti dalla presenta-
zione di don Gianni Ghiglione.
A pranzo si è creato un clima di
grande familiarità.
Ne sono una testimonianza le pa-
role dette dallo stesso Pontefice e che
riportiamo qui di seguito. La visita si
è conclusa alle 15,20.
Si dice che un uomo, quando en-
tra nel settantesimo anno della sua vi-
ta, diventa più «retro-oculato». Noto
anche in me questo sguardo retrovi-
sivo, perché, stando qui, torno ad un
altro ambiente, ad un altro luogo sa-
lesiano della mia città e della mia par-
rocchia, da dove sono uscito: la
parrocchia di Santo Stanislao Kostka,
a Cracovia. È là che ho passato la mia
giovinezza, difficile - a causa della
guerra -, ma anche piena di ispira-
zioni, grazie alla parrocchia e alle per-
sone che vi ho incontrato durante
l'occupazione nazista. Vi sono poi tor-
nato più volte: come sacerdote, per
celebrarvi la prima Messa, come Ve-
scovo ancora per la prima Messa, co-
me Arcivescovo di Cracovia, come
Cardinale.
La Prowidenza vi ha veramente be-
nedetto; ha benedetto l'opera del vc1-
stro Fondatore, San Giovanni Bosco,
donandogli una grande capacità di
«attrarre». Si tratta sempre di una vo-
cazione che attrae: Lui stesso - Don
Bosco - , i salesiani ed i giovani van-
no sempre insieme. Non si perde que-
sto punto di attrazione tra loro, non si
deve perdere. Non si deve perdere
mai, perché i giovani hanno bisogno
di chi li ami e, d'altra parte, anche noi
sacerdoti, religiosi, pastori, abbiamo
bisogno di amare, di amare i giovani.
Naturalmente dobbiamo amare non
solo loro, ma anche gli anziani, i po-
veri, i sofferenti, tante altre categorie.
Direi, però, che è molto importante
conservare questo legame organico
con i giovani, perché essi, sì, sono ric-
chi; hanno una grande potenzialità -
più o meno sviluppata - , ma sempre
una potenzialità reale. Adoperando
bene i loro talenti, le loro potenzialità
essi diventano veramente ricchi ed ar-
ricchiscono gli altri. Arricchire - s 'in-
tende - in senso morale: nessun
capitalismo, qui, non si tratta di capi-
talismo! Arricchire, come ha arricchi-
to Gesù, il quale essendo ricco, si è
fatto P.Overo per arricchirci (cf. 2 Cor
8,9). E di questa povertà e di questa
ricchezza che si tratta.
Ma i giovani possono imitare il « fi-
gliol prodigo», perdendo e dissipan-
do tutto. Insegnare loro come
arricchire gli altri e non dissipare se
stessi, le proprie ricchezze, le proprie
potenzialità è allora una grande ope-
ra di carità, opera pastorale, opera di
Cristo. Ecco il genio di San Giovanni
Bosco che deve rimanere sempre il
vostro carisma. Vi auguro di prosegui-
re su questa linea, la linea del carisma
salesiano di San Giovanni Bosco.

2.8 Page 18

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18 · 1 GIUGNO 1990
attraverso di lui intendo salutare l'in-
tero vostro Istituto religioso. Alla fi-
ducia da voi espressa nell'affidargli
nuovamente la guida della vostra
Congr;egazione, unisco di cuore i
miei voti augurali perché insieme ai
suoi collaboratori del nuovo Consi-
glio Generale, anch'essi eletti da que-
sta assemblea capitolare, egli possa
proseguire efficacemente l'opera così
preziosa sin qui svolta.
2. Ho tenuto in modo particolare
ad incontrarvi in questa vostra casa,
per esprimervi concretamente il mio
personale incoraggiamento e la viva
riconoscenza della Chiesa, al cui ser-
vizio così attivamente operate.
A tutti, infatti, sono note le mol-
teplici attività salesiane, diffuse or-
mai in ogni angolo del mondo.
Diversificate sono le opere e moder-
ne le strutture che fanno da suppor-
to al vostro apostolato: sempre
identico, però, è lo spirito che le ani-
ma, quel particolare carisma che vi
distingue e che voi avete ricevuto in
eredità da don Giovanni Bosco, il
santo della Gioventù.
Al centro delle vostre attenzioni ci
siano, dunque, sempre i giovani, spe-
ranza della Chiesa e del mondo, ver-
so i quali tutti guardano con fiducia
e trepidazione. Nelle Nazioni più ric-
che, come nei Paesi più poveri siate
sempre al loro servizio, specialmen-
te siate attenti a coloro che sono più
deboli ed emarginati. Recate ad
ognuno di essi la speranza del Van-
gelo, perché li aiuti ad affrontare con
coraggio la vita, resistendo alle ten-
tazioni dell'egoismo e dello scorag-
giamento. Siate per loro padri e
fratelli, come don Bosco vi ha in-
segnato.
Preoccupatevi che tutto il proces-
so educativo sia ordinato al fine re-
ligioso della sai vezza. Questa
« pedagogia realistica della santità»,
tipica del vostro Fondatore, « Mae-
stro di spiritualità giovanile», com-
porta l'impegno costante ad aiutare
i ragazzi, a voi affidati, perché apra-
no il cuore ai valori assoluti interpre-
tando la propria esistenza e gli
avvenimenti della storia « secondo le
profondità e le ricchezze del Miste-
ro» (Iuvenum Patris, n. 15).
Vasta è la missione e arduo è il vo-
stro compito, ma la Chiesa guarda
con fiducia al vostro Istituto e vi in-
coraggia a proseguire su questa stra-
da. Siate educatori nella fede e,
fiduciosi nell'aiuto di Dio, scrutate
con vigile attenzione i segni dei tem-
pi, in questo particolare periodo sto-
rico che stiamo vivendo.
3. Sono lieto e ringrazio il Signo-
re che proprio su queste tematiche
complesse e delicate voi stiate riflet-
tendo nel vostro Capitolo Generale,
cercando gli opportuni criteri di il-
luminazione e i necessari orienta-
menti pratici. Avete scelto bene:
quella dell'educazione dei giovani è
una delle grandi istanze della nuova
evangelizzazione, ed è giusto che cer-
chiate, oggi, strade adatte e linguag-
gi appropriati, nella piena fedeltà al
vostro carisma ed a tutto l'insegna-
mento della Chiesa.
Vorrei profittare di questo gradi-
to incontro per mettere in rilievo al-
cuni valori fondamentali che
considero di particolare attualità per
chi, come voi, interpreta la missione
educatrice della Chiesa verso i
giovani.
Mi piace sottolineare anzitutto,
come elemento fondamentale, la for-
za di sintesi unitiva che sgorga dalla
carità pastorale. Essa è frutto della
potenza dello Spirito Santo che assi-
cura l'inseparabilità vitale tra unio-
ne con Dio e dedizione al prossimo,
tra interiorità evangelica e azione
apostolica, tra cuore orante e mani
operanti. I due grandi Santi, Fran-
cesco di Sales e Giovanni Bosco,
hanno testimoniato e fatto fruttifi-
care nella Chiesa splendida « grazia
di unità». L'incrinatura di essa aprç
un pericoloso spazio a quegli attivi-
sti o intimismi che costituiscono una
tentazione insidiosa per gli Istituti di
Vita Apostolica. Invece, le segrete
ricchezze, che questa « grazia di uni-
tà» porta con sé, sono la conferma
esplicita, provata con tutta la vita dei
due Santi, che l'unione con Dio è la
vera sorgente dell'amore operoso del
prossimo: quanto più un Salesiano
contempla il mistero del Padre infi-
nitamente misericordioso, del Figlio
fattosi generosamente fratello e del-
lo Spirito Santo potentemente pre-
sente del mondo come rinnovatore,
tanto più si sente spinto da questo in-
sondabile mistero a donarsi ai giova-
ni per la loro maturazione umana e
per la loro salvezza.
4. Un altro aspetto importante è
l'originale scelta pedagogica del vo-
stro Fondatore che consiste nella
« educazione» evangelizzante dei gio-
vani. Egli è stato davvero, in questo
senso, un « genio del cuore». Infatti

2.9 Page 19

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.- - -- - - - ----sJJ-
IL SALUTO
DEL RETTOR MAGGIORE
AL PAPA
All'inizio dell'incontro
con gli oltre duecento Capitolari,
don Egidio Viganò ha rivolto al Santo Padre
il seguente saluto
Santo Padre,
siamo ammirati e colmi di gratitudine per questo Suo gesto paterno
di voler venire a visitarci ed a parlarci nella sede stessa del nostro Ca-
pitolo Generale.
Sono qui presenti più di 200 capitolari convenuti dai cinque continenti:
sacerdoti e confratelli laici; mancano, per difficoltà politiche, solo i rap-
presentanti del Vietnam.
Stiamo concludendo i nostri lavori sul tema dell'educazione dei gio-
vani alla fede. Abbiamo passato in rassegna molti contesti giovanili as-
sai differenti tra loro; ci siamo dedicati ad esaminare le principali sfide
che da essi scaturiscono per la Chiesa; abbiamo realizzato in dialogo
la ricerca di criteri validi, ispirati alla prassi educativa di Don Bosco,
per poter determinare alcuni orientamenti operativi che guidino le no-
stre comunità nell'ardua opera della nuova evangelizzazione.
Sentiamo le incalzanti interpellanze di un'ora di cambio epocale. Es-
sa richiede una più intensa capacità profetica, radicata nella rilettura
fedele e illuminata del carisma del Fondatore e protesa verso il terzo
millenio con un discernimento, attento e pastorale, dei segni dei tempi.
Ci ha stimolati, in questa allettante fatica, anche il recente viaggio
ministeriale di Vostra Santità in Cecoslovacchia; in esso abbiamo am-
mirato l'amore alla verità che rende liberi, il coraggio e la chiarezza pe-
dagogica nel proclamarla, la magnanimità nel proiettarne gli orizzonti
sociali, l'attualità storica al passo con l'accelerato divenire degli even-
ti, la testimonianza di bontà al di sopra delle parti per promuovere la
comunione dei popoli, così da far parlare di «miracolo» nientemeno che
in sede profana.
Crediamo che la nuova evangelizzazione abbisogna davvero di un
clima propriamente «miracoloso», nel senso di una sintonia più forte
con lo Spirito Santo in tal forma che gli agenti di pastorale operino som-
mersi con personale consapevolezza nella Sua potenza, nell'unione mi-
stica con Cristo Risorto - il Supremo Pastore vivo e attivo -,
nell'affidamento a Maria - Madre della Chiesa e suo permanente Aiu-
to-. La novità «miracolosa» sarà così frutto dello Spirito che accende
nei cuori l'ardore e l'audacia della autentica fede!
Questo clima di ardore pastorale dovrà essere sorretto da quell'inte-
riorità apostolica che Vostra Santità ha messo in rilievo domenica scorsa
con la beatificazione del sac. Filippo Rinaldi, divenuto per noi, in que-
sto Capitolo Generale, modello e intercessore. Con lui e come lui sen-
tiamo che l'attività evangelizzatrice richiede intenso vigore interiore: il
supporto di una peculiare spiritualità.
Chiediamo a Vostra Santità che benedica i nostri propositi e ci otten-
ga a tal fine abbondanti doni dallo Spirito del Signore.
Cercheremo di ripagarle la squisita bontà e la straordinaria delica-
tezza di questa Sua visita con la nostra rinnovata adesione alla Catte-
dra di Pietro e con un instancabile impegno operativo per essere nella
Chiesa, come Vostra Santità più volte ci ha ripetuto, dei solerti «mis-
sionari dei giovani».
Grazie!
1 GIUGNO 1990 , 19
il saper concentrare le iniziative del-
la carità pastorale nell'area cultura-
le dell'educazione non è cosa
semplice: comporta atteggiamenti e
competenze con caratteristiche pro-
prie e con esigenze concrete, anche
di professionalità pedagogica.
Si tratta di una missione allettan-
te che ha continuo bisogno di revi-
sione e di confronto con Cristo,
l'Uomo nuovo, attraverso,,una fede
limpida, profonda, nutrita quotidia-
namente dall'Eucaristia e manifesta-
ta nella semplicità e nel sacrificio del
vivere giornaliero.
5. Emerge subito un altro prezio-
so valore al quale abbiamo già accen-
nato : suscitare tra i giovani una
autentica «spiritualità» .
Spiritualità significa partecipazio-
ne viva alla potenza dello Spirito
Santo ricevuta nel Sacramento del
Battesimo e portata a pienezza in
quello della Cresima. I giovani devo-
no avere cosch;nza della vita nuova
donata loro in questi Sacramenti e
sapere che da essa procede quella
forza di sintesi personale tra fede e
vita che è possibile a chi coltiva in sé
il dono dello Spirito.
Quanto bisogno c'è oggi nella
Chiesa che si educhino i giovani al-
l'amicizia con Cristo e con Maria, al-
l'entusiasmo per la vita, ad una
generosità d'impegno, al servizio de-
gli altri, ossia ad una concreta « spi-
ritualità » che li faccia divenire
protagonisti dell'evangelizzazione e
artefici del rinnovamento sociale!
6. Cari Salesiani di Don Bosco,
guardate sempre al vostro Santo
Fondatore e alla genialità evangeli-
ca del suo metodo pedagogico e ri-
lancerete tra i giovani la sua preziosa
eredità! Il suo messaggio educativo
« richiede di essere ancora approfon-
dito, adattato, rinnovato con intel-
ligenza e coraggio, proprio in ragione
dei mutati (contesti socio-culturali,
ecclesiali e pastorali» (luvenum Pa-
tris, n. 13).
Invoco su tutti voi la continua pro-
tezione di Maria Ausiliatrice, Madre
della Chiesa; Ella sia per voi, come
lo fu per San Giovanni Bosco, la
Maestra e la Guida, la Stella della
nuova evangelizzazione.
A voi, ai vostri confratelli e a tut-
ti i membri della grande Famiglia Sa-
lesiana imparto di cuore l'Apostolica
Benedizione.

2.10 Page 20

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20 · 1 GIUGNO 1990
REPORTAGE
Le foto del servizio
sono di F. Marzi• Roma
L'INTIFADA
DEI FRATELLI
GIANAZZA
I salesiani in Palestina
da quasi cent'anni.
Una presenza coraggiosa e paziente.
Il nostro inviato ha visitato
le opere di Nazareth
e di Betlemme.
Quattro guerre arabo-
israeliane, in poco più di quarant'an-
ni, sono passate di qua, ma noi ci
stiamo ancora. Con una venatura di
orgoglio, e nello stesso tempo con la
piena consapevolezza di rendere un
servizio, don Gianmaria Gianazza
sdb mi illustra una parte importan-
te, quella educativa, dell'attività dei
salesiani in Palestina. È un mattino
di· iniziata primavera e a Nazareth
stanno scoppiando i profumi e i co-
lori della stagione, si inseguono le
grida del vicino mercato. C'è attor-
no a noi una calma apparente anche
se aleggia sul traffico turistico l'im-
palpabile tensione di un Paese impe-
gnato in un conflitto strisciante.
Sulle strade abbiamo incontrato
qualche pattuglia di militari israelia-
ni, per lo più giovani, di tanto in tan-
to un posto di blocco; a Nazareth,
qua e là, si notano edifici bucherel-
lati da colpi di arma da fuoco, an-
che in prossimità della Chiesa
deU' Annunciazione.
Don Gianazza preferisce andare
sul positivo, nella certezza che le ope-
re di pace restino, una volta passato
l'uragano della guerra e degli odii.
Più di trecento alunni ogni anno nel-
la scuola secondaria « Gesù Adole-
scente», attorno ai 190 nelle medie:
il solo istituto tecnico cattolico in
Israele, riconosciuto dal Ministero
dell'Istruzione e frequentato per due
terzi da arabi cristiani (cattolici lati-
ni, greci, maroniti e greco-ortodossi)
e un terzo da musulmani. E Nazareth
è la città israeliana dove vive la più
numerosa comunità araba del Pae-
se, 47 .000 persone circa delle 600.000
che costituiscono la minoranza non
ebrea.
Gli ho chiesto se avesse paura,
considerando l'atmosfera di genera-
le insicurezza. «Di che?», mi ha ri-
sposto. « Questa è la mia seconda
patria, i miei sono morti, lavoro qui
da trent'anni». Don Gianmaria, del
resto, non è solo: c'è un altro Gia-
nazza, il fratello Piergiorgio, salesia-
no anche lui, e direttore della scuola
tecnica di Betlemme. Tutti e due han-
no scelto un duplice, difficile terri-
torio di missione: i giovani e Israele.
Ovvero la Terra Santa, dove la sto-
ria della Congregazione non è di og-
gi ma risale alla fine del secolo
scorso, quando arrivarono prima a

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

▲back to top


---sB-
1 GIUGNO 1990 21
Betlemme, nel 1891, assorbendo l'O-
pera della Sacra Famiglia fondata da
un intrepido sacerdote genovese,
Don Antonio Belloni (lo chiamava-
no « il padre degli orfani », appunto
perché il suo istituto era un orfana-
trofio), e poi a Nazareth nel 1896. A
ciò erano stati incoraggiati dal pri-
mo successore di Don Bosco, Don
Michele Rua, che, per porre fine a
una serie di malintesi e contrasti an-
che con le altre famiglie religiose, nel
1895 rese visita alle tre case, di fatto
salesiane, già esistenti e in previsio-
ne della quarta, appunto quella di
Nazareth, che sarebbe stata dedica-
ta a Gesù Adolescente. Due tipi di
scuola, qÙindi, in due contesti diver-
si, Nazareth in Galilea e Betlemme
in Giudea.
Le difficoltà di allora non erano
state minori di quelle odierne. La
storia delle opere salesiane in Terra
Santa è caratterizzata da vicissitudini
che avrebbero scoraggiato chiunque,
ma che non poterono costringere al-
la resa i figli di Don Bosco . I loro
istituti furono chiusi in varie circo-
stanze: durante la prima guerra mon-
diale per sette anni, dal 1914 al 1921,
sotto l' Impero turco; durante la se-
conda, all 'epoca del mandato britan-
nico, dal 1941 al 1946; e ancora per
tre anni, poco dopo, dal 1948 al
1951 , nel periodo caldo del primo
conflitto arabo-israeliano.
E ogni volta hanno ricominciato.
Con la pazienza che mi sembra con-
traddistingua i due fratelli Gianazza,
ognuno nel suo ruolo, decisi a non
mollare nella loro opera a favore dei
giovani di queste terre tormentate.
Don Gianmaria mi racconta anche
dell'atmosfera che si respira, in cer-
ti momen.ti, a Nazareth : della sua
scuola sono morti, vittime della re-
pressione, tre giovani, uno dei quali
aveva appena dodici anni. Natural-
mente considerati, tutti e tre, come
martiri di una resistenza che non
vuole rinunciare a una propria iden-
tità etnica e nazionale. E quando gli
chiedo quali sentimenti e risentimenti
alberghino nel cuore dei suoi ragaz-
zi, ammette sinceramente che uno dei
valori più difficili da predicare è
quello del perdono, della rinuncia al-
la vendetta. Eppure è il messaggio
che i salesiani non si stancano di an-
nunciare.
Lo fanno appunto con la loro ope-

3.2 Page 22

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22 · 7 GIUGNO 1990
ra educativa, che si modula con il
tempo e le necessità. Se Don Belloni
aveva fondato a Betlemme un orfa-
notrofio, poi rilevato dai salesiani, a
Nazareth si costruisce invece la scuo-
la che, dal 1951, ha continuato sem-
pre a funzionare, nonostante le
vicende drammatiche nelle quali
Israele è stato coinvolto; arricchen-
dosi anzi nel 1959 della sezione pro-
fessionale di falegnameria, nel 1964
di quella della meccanica e, recentis-
sima, del 1987, della elettronica.
Come spesso accade nel mondo sa-
lesiano, quest'ultimo corso di inse-
gnamento è frutto della coopera-
zione degli ex alunni che hanno rac-
colto 40.000 dollari (oltre 50 milioni
di lire) per dotare gli attuali allievi
(per il momento 17) degli strumenti
necessari: fra gli altri, sedici ordina-
tori IBM PS/25 e dieci PS/30. In una
struttura economica, come quella
israeliana, di tipo occidentale e nel-
la quale è importante una prepara-
zione sofisticata di tipo tecnologico,
il diploma - riconosciuto dallo sta-
to - del quale possono venire in pos-
sesso gli alunni a conclusione del loro
ciclo di studi costituisce un importan-
te biglietto da visita per l'ingresso nel
circuito del lavoro.
Una fraternità, quella dei salesia-
ni, che si esprime non soltanto nel so-
stegno alle opere, ma anche in altre
attività, soltanto apparentemente
marginali. Come è stato fatto duran-
te l'anno Don Bosco, quando mani-
festi e poster sono stati offerti da ex
alunni e cooperatori. Oppure in una
iniziativa di minuta utilità, come la
pubblicazione di una guida telefoni-
ca in arabo per la regione della Gali-
lea (cui naturalmente l'amministra-
zione delle poste statali non avrebbe
mai messo mano). E l'ultima edizio-
ne, l'ottava, è dell'88 (la guida esce
dal 1964), corredata, fra l'altro, per-
ché nulla si perda, di dieci pagine che
illustrano le vicende della scuola di
Nazareth.
I problemi che l'altro Gianazza,
Piergiorgio, deve affrontare a Be-
tlemme sono di•natura diversa, an-
che se altrettanto delicati. La
cittadina, méta di un turismo religio-
so che coinvolge cristiani di ogni ri-
to o anche semplici visitatori, si trova
nella Cisgiordania, quell'area - oggi
chiamata West Bank - che Israele
occupò nel 1967 dopo la guerra dei

3.3 Page 23

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- - - -- ------5'1-
1 GIUGNO 1990 23
A sinistra le scuole
Iprofessionali di
Nazareth e Betlemme.
A destra
.
la chiesa di Betlemme
(Le foto del servizio
sono di F. Marzi)
sei giorni e che detiene a dispetto di
molte regole internazionali e di va-
rie risoluzioni delle Nazioni Unite.
La West Bank corrisponde al terri-
torio dell'antica Giudea ed è sotto-
posta a gravi turbolenze: la « rivolta
dei sassi» o « delle mani nude» -
anche il termine arabo «intifada» è
usato comunemente - ne fa, ormai
da tre anni, teatro di incidenti. Non
c'è giorno senza un morto, mi si di-
ce. Come si sa, ottocento sono i pa-
lestinesi, per lo più giovani, caduti da
allora nella repressione.
I salesiani continuano a essere pre-
senti in Terra Santa con 57 fra reli-
giosi, laici e studenti : oltre un terzo
dei 159 confratelli dispersi nell'Ispet-
toria del Medio Oriente, vastissima,
perché comprende inoltre l'Egitto,
l'Etiopia, l'Iran, il Libano, la Siria,
la Turchia .e un gruppo di missiona-
ri iti~rariti. Non soltanto come ani-
matori ed educatori, ma anche come
produttori e artigiani. Don Gianma-
ria e Don Piergiorgio, che ho incon-
trato in due differenti occasioni e che
perciò non potevano reciprocamen-
te influenzarsi, mi hanno parlato con
lo stesso slancio e - mi sia permes-
sa l'espressione - con la stessa poe-
sia della loro attività.
Le scuole tecniche di Nazareth e
Betlemme sono considerate, anche a
livello nazionale, altrettanti fiori al-
1'occhiello dell'istruzione di Israele a
favore delle minoranze, al di là da
qualche piccolo dispetto burocratico:
se i muri delle due città vengono ri-
coperte di scritte e di slogan anti-
israeliani o inneggianti ali'OLP, la
forza pubblica, senza tanti compli-
menti, entra al mattino nelle scuole
e organizza, fra gli alunni, squadre
di ripulitori precettati, che non·pos-
sono rifiutarsi. Da altre fonti mi è
stato detto che almeno un terzo de-
gli scolari, colpevoli o innocenti, so-
no passati, specialmente a Nazareth,
per tempi più o meno brevi nelle non
comode prigioni della polizia o del-
1' esercito.
I figli di Don Bosco sono noti nel
Paese anche per le loro «case ». A
Betlemme, la « casa del pane», con
il migliore forno - si dice - della
città e dintorni; a Cremisan, la « ca-
sa del vino», 5-6 mila ettolitri l'an-
no , il cui ricavato è una delle fonti
di finanziamento del Seminario teo-
logico che ospita attualmente 35 gio-
vani destinati al sacerdozio, più
dodici insegnanti; a Betgemal la« ca-
sa dell'olio ». Don Rua, nel suo viag-
gio del 1895, le designò come le tre
case, rispettivamente, della fede, del-
la speranza e della carità.
L'anno prossimo si compie il cen-
tenario dell'insediamento della Con-
gregazione in modo stabile, con la
prima scuola, appunto quella di Be-
tlemme: sempre in pieno accordo con
i tempi e l'evoluzione dei mestieri.
Don Piergiorgio me ne fa una enu-
merazione: dai calzolai, sarti, fale-
gnami, fabbri dei primi tempi ai
meccanici, saldatori, elettrotecnici di
ieri, ai tecnici più sofisticati di oggi
nell'elettronica, nell'informatica teo-
rica e applicata, nell'elettropneuma-
tica. Un istituto tecnico che sarebbe
piaciuto a Don Bosco stesso, mirato
com'è al progetto educativo e pre-
ventivo a favore della gioventù.
Certo non mancano le difficoltà.
In primo luogo la scarsità di perso-
nale, complicata dal fatto che non
sono ammessi in Israele arabi, anche
se cristiani, provenienti dai Paesi del-
1' area: anche le difficoltà per la lin-
gua complica il reclutamento, che
avveniva in genere dall'Europa. Non
tutti possono essere come i fratelli
Gianazza, perfettamente poliglotti.
Gianmaria, anzi, potrebbe anche
aspirare - lui lo nega, ma i fatti lo
provano- a un incarico universita-
rio, considerando le pubblicazioni
scientifiche di cui è autore. Ma, ri-
pete, il suo posto è qui, all'Oratorio.
La loro presenza, oltre che un'at-
tività sociale, ha anche il valore de'l-
la testimonianza. Restare in un
mondo dal quale tutti fuggono e che
spesso non è gratificante (sospetto

3.4 Page 24

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24 , I GIUGNO 1990
In alto a destra la Casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Cremisan e due
immagini dell'attività che le suore svolgono a Gerusalemme
che il fondamentalismo islamico si
infiltri anche fra gli alunni: le mie do-
mande in proposito vengono garba-
tamente eluse) è l'esempio di un
avamposto cristiano in terra di dif-
ficile missione. Che non si limita ai
religiosi e laici di sesso maschile, per-
ché le Figlie di Maria Ausiliatrice
svolgono un ruolo di altrettanta, an-
che se diversa, importanza. A Geru-
salemme con una scuola di taglio e
cucito, a Betlemme per i servizi do-
mestici e la collaborazione all'Ora-
torio, a Nazareth accogliendo i 400
bambini della scuola elementare, a
Cremisan curando l'ospizio delle
donne anziane annesso all'Oratorio
e ali' asilo.
Se posso aggiungere un'impressio-
ne personale, nel colloquio con Don
Piergiorgio prima, che Don Gianma-
ria il giorno successivo, sono stato
impressionato dalla calma e allo stes-
so tempo dalla forza interiore che
sprigiona da un impegno totale. Si
pensi a quei cinque confratelli sale-
siani che vivono e operano in Iran,
si può immaginare in quali condizio-
ni; alle presenze nelle martoriate ter-
re di Libano ed Etiopia. Come qui,
senza un lamento.
Angelo Paoluzi
I

3.5 Page 25

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- - - - - - - -- - -5'1-
1 GIUGNO 1990 25
EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
ScoMMETTONO
SULL'EDUCAZIONE
PER LO SVILUPPO
Il Centro pedagogico
salesiano meridionale
di Bari è diventato
un punto di riferimento
obbligato per chi
nel Sud opera
nel settore educativo.
DEL MEZZOGIORNO
Da decenni si parla -
fiumi di parole - e si scrive - tor-
renti d'inchiostro - della « questio-
ne meridionale », di sviluppo è
sottosviluppo del Mezzogiorno d'I-
talia. Meridionalisti insigni - da
Guido Dorso a LùÌgi Sturzo, da Giu-
stino Fortunato a Stefano Jacini, da
F. S. Nitti a Gaetano Salvemini, per
non citare che alcuni dei nomi più fa-
mosi, si sono impegnati nello studio
di questo secolare problema. Spesso

3.6 Page 26

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26 · I GIUGNO 1990
Foto Archivio SEI - Dulevant
LA CHIESA
IN PRIMA LINEA
CONTRO LA
MALAVITA ORGANIZZATA
La comunità ecclesiale italiana nel suo complesso, e quella del Sud in
particolare, hanno manifestato una crescente attenzione alla realtà del Mez-
zogiorno. Lo hanno fatto pubblicamente attraverso la voce dei loro Pa-
stori, molti dei quali sono stati fatti segno a minacce da parte della malavita
organizzata. In un documento su « Sviluppo nella solidarietà - Chiesa ita-
liana e Mezzogiorno», la CEI ha analizzato a fondo il fenomeno mafioso
affermando che esso è una autentica struttura di peccato, un cancro della
società meridionale, che si alimenta con gli illeciti guadagni della droga,
delle speculazioni edilizie, del riciclaggio di denaro sporco, ma anche con
l'ancoraggio a strutture pubbliche e con atteggiamenti di disimpegno, di
passività e di immoralità nella vita politico-amministrativa.
Mons. Benigno Luigi Papa, vescovo di Oppido-Palmi, una zona della
Calabria particolarmente esposta alla violenza mafiosa, ha detto che « è
compito specifico della Chiesa svolgere un lavoro culturale teso a sradica-
re il fenomeno mafioso: è una strada difficile, un lavoro che ha tempi lun-
ghi, ma è la carta vincente ... Lo Stato non può fare tutto, non può educare
ai valori e alla legalità . Questo è compito soprattutto della famiglia e della
Chiesa. Ciò che lo Stato deve fare è mettere la società in grado di vivere
meglio, con politiche e stanziamenti adeguati».
Mons. Antonio Ribaldi, vescovo di Acerra e da sempre in prima linea
contro la delinquenza organizzata, ha sostenuto « la linea della solidarietà
della partecipazione, della costruzione di una coscienza che ha come cen-
tro il rispetto della dignità dell'uomo» . Mons . Italo Calabrò, Vicario ge-
nerale della Diocesi di Reggio Calabria, parlando del rapporto
«giovani-mafia-società» ha detto che occorre portare avanti un'azione or-
ganica di educazione, nel senso più ampio del termine, alla non violenza,
alla cultura autentica della vita».
o
sono stati affiancati qa uno stuolo di
dilettanti senza arte né parte, capaci
solo di proporre miracolistiche solu-
zioni per un problema quanto mai
complesso. Resta il fatto che la
« questione meridionale» giace tutto-
ra irrisolto sul tavolo dell'Italia alle
soglie del Duemila.
A un gruppo di salesiani, che nel
Sud vive e opera, a un certo punto
è venuto quasi il sospetto che in tut-
to questo gran parlare, concitato,
confuso, sterile, un aspetto fosse sta-
to messo da parte, dimenticato: l'a-
spetto educativo. Non è cosa di poco
conto. Nella sua lettera in occasione
del centenario di Don Bosco, Papa
Giovanni Paolo II ha scritto: «For-
se mai come oggi educare è diventa-
to un imperativo vitale e sociale
insieme, che implica prese di posizio-
ne e decisa volontà di formare per-
sonalità mature». Ma già Don Bosco
aveva detto: « La civile istruzione, la
morale educazione della gioventù ab-
bandonata o pericolante per sottrarla
all'ozio, al mal fare, al disonore e
forse anche alla prigione, ecco a che
cosa mira la nostra opera... Se si
vuole, questa è la nostra politica».
Su questo solco - afferma don
Vito Orlando - « la nostra rifles-
sione ci porta a considerare che il fat-
tore umano è l'elemento fondamen-
tale per Io sviluppo, di uno sviluppo
non imposto, ma che sia espressione
concreta di una identità di cui si
prende coscienza. Non bisogna allo-
ra richiamare fortemente I' attenzio-
ne al problema educativo nel Sud?».
Don Vito Orlando è il Direttore del
Centro pedagogico salesiano meri-
dionale, la cui sede è a Bari. Nato nel
1972 come centro catechistico volu-
to dai Vescovi e al servizio delle Dio-
cesi pugliesi, in seguito ha ottenuto
di farsi riconoscere come associazio-
ne culturale, allargando di conse-
guenza il ventaglio delle proprie
attività, con attenzione anche al ci-
vile, soprattutto in riferimento all'o-
rientamento scolastico, all'aggior-
namento dei docenti e alla prepara-
zione di operatori e animatori sul ter-
ritorio. È così diventato un servizio
reso contemporaneamente alle pre-
senze salesiane, alle istituzioni, ai di-
stretti scolastici, ai Provvedito-
rati agli studi, agli Istituti pub-
blici.

3.7 Page 27

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-----------5'1-
1 GIUGNO 1990 27
Don Vito Orlando, intervistato in questo articolo, parla durante il 1° Convegno tenutosi a Bari
Attività di ricerca
Col tempo sono andati precisan-
dosi alcuni filoni di iniziative. Ha
continuato a funzionare quello cate-
chistico, cui si è affiancato l'indiriz-
zo pedogogico-didattico per la pre-
parazione dei docenti e per l'orien-
tamento professionale. Dal 1978 ha
preso avvio l'Istituto di ricerca socia-
le sul territorio, che opera per la co-
noscenza della realtà meridionale,
con numerose ricerche socio-reli-
giose, culturali, sui giovani, la fami-
glia ecc. All'attività di ricerca nel
campo culturale si è poi aggiunta l'a-
zione diretta a livello pastorale-
pedagogico, con servizi di animazio-
ne salesiana per la pastorale giova-
nile, che coinvolgono le varie com-
ponenti della Famiglia salesiana. Nel
complesso delle attività sono impe-
gnati sette sacerdoti.
Il Centro ha finito per diventare
un punto di riferimento obbligato
per quanto, a vario titolo, operano
nel settore culturale-educativo in tut-
ta l'Italia meridionale. Ciò anche
grazie all'Osservatorio della gioven-
tù - creato nel 1985 - che racco-
glie l'informazione su tutto ciò che
riguarda la condizione giovanile nel
Sud, svolge indagini ed elabora stru-
menti di interpretazione in questo
campo. Gli annuali convegni di stu-
dio organizzati dal Centro sono or-
mai avvenimenti che coinvolgono
tutti gli operatori investiti di compi-
ti educativi e responsabilità sociali
nel Mezzogiorno. Si sono imposti co-
me occasione di seria e utile riflessio-
ne e di confronto sui problemi
educativi nel Sud, per valutare espe-
rienze concrete e definire strategie
d'intervento nei vari contesti regio-
nali. Al primo convegno di Bari, nel
1988, sul tema «Pedagogia, prassi,
ambiente educativo nel Sud», ha fat-
to seguito il secondo, a Potenza, su
« Cultura, educazione, sviluppo», ed
è ora in preparazione il terzo che si
svolgerà a Cosenza nel novembre
prossimo su « Educazione, solidarie-
tà, sviluppo». L'elevato livello di
questi incontri è garantito dal coin-
volgimento delle Università meridio-
nali, di studiosi provenienti anche da
altri Atenei italiani, di pedagogisti di
chiara fama, cfi esponenti delle isti-
tuzioni locali, Regioni, Comuni,
Provveditorati ecc.
Dimensione salesiana
« Deve essere chiaro - precisa don
Orlando - che tutto questo lo fac-
ciamo in riferimento alla dimensio-
ne salesiana, e quindi nella pro-
spettiva educativa che ispira la nostra

3.8 Page 28

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28 1 GIUGNO 1990
azione. L'interrogativo di fondo è:
la prassi e lo stile educativo della pe-
dagogia salesiana, quale efficacia
può avere nel Sud d'Italia in relazio-
ne al suo sviluppo? Don Bosco è sta-
to capace di promuovere le realtà
personali, territoriali ecc. attraverso
un modello , una proposta educativa.
Noi vogliamo compiere uno sforzo
di mediazione, nelle realtà meridio-
nali, della proposta educativa salesia-
na ispirata al sistema preventivo. Ci
abbiamo riflettuto sopra e abbiamo
chiamato a riflettere con noi quanti
operano nel settore educativo. Al
tempo stesso otteniamo di sensibiliz-
zare le presenze salesiane. Ai nostri
convegni registriamo sempre una
buona presenza di salesiani, di suo-
re, di membri della Famiglia salesia-
na. Intervengono anche giovani, sia
quelli che già lavorano come anima-
tori e operatori sociali, sia gli studen-
ti degli Istituti magistrali e di altre
scuole superiori ».
Intervento educativo
In definitiva, sono proprio i ragaz-
zi del Sud i destinatari ultimi delle
iniziative del Centro. «La disatten-
zione al problema educativo - sot-
tolinea don Orlando - crea una
situazione che fa emergere nei giova-
ni meridionali il bisogno di una gui-
Foto Archivio SEI - Poggio
da, di un orientamento, di un ac- una cultura che definirei della non
compagnamento nell'educazione, convivenza civile o di una conviven-
di un vero intervento educativo- za civile alternativa per la gestione di
formativo. Si tratta allora di aiutare un potere, quello delinquenziale, che
questi giovani a guardare in modo sotto certi aspetti finisce per diven-
critico al presente oltre che al passa- tare preponderante».
to per coglierne gli elementi fon- Diciamo allora che è assurdo ge-
damentali, e confrontarsi così col · neralizzare e collocare tutti i giovani
nuovo e diventare protagonisti salva- del Sud nella dimensione camorristi-
guardando l'identità culturale»., ca o mafiosa, come spesso la gente
Conversando con un « esperto in tende a fare ...
gioventù» qual è Vito Orlando è «Assurdo e ingiusto . Ciò non im-
impossibile rinunciare a rivolgergli pedisce di riconoscere che in certi
qualche domanda più generale sulla contesti lo sbocco delinquenziale ap-
condizione giovanile in quel Sud che pare quello più redditizio, quello che
lui e i suoi confratelli studiano con fa scuola fra i ragazzi. Più è carente
passione ma anche con rigore scien- una cultura del vivere sociale, più
tifico. Quel Sud che viene sempre più mancano prospettive di affermazio-
spesso sbattuto in prima pagina a ne sociale, più vengono proposte ai
causa di fatti legati alla malavita or- giovani facili conquiste del denaro,
ganizzata. Ma non c'é il rischio che maggiori sono le possibilità per tan-
focalizzando l'attenzione su questi ti ragazzi di cadere preda delle orga-
aspetti negativi si finisca per perde- nizzazioni delinquenziali».
re di vista i problemi veri dei giova- Viene immediato pensare alla di-
ni meridionali?
soccupazione giovanile nel Sud.
« Non solo dei giovani - rispon- « È un problema addirittura dram-
de don Orlando - ma di tutto il matico. Anche perché la stessa alter-
Mezzogion10. E ciò perché identifi- nativa di andarsene, che è quasi
care la realtà meridionale a partire da l'unica, oggi non attira come nel pas-
questi episodi significa come minimo sato. Ma non si tratta solo di questo.
scadere a livelli di superficialità cul- I problemi dei giovani meridionali
turale e sociale. In realtà, e non dico vanno visti in una prospettiva cultu-
una cosa nuova, questi fatti sono il rale e sociale. Il giovane meridiona-
riflesso di qualcosa d'altro. Non sia- le incontra oggi la difficoltà di una
mo di fronte a una malattia incura- identificazione a livello culturale, fa-
bile. Se si creano condizioni di tipo tica a trovare punti di riferimento. È
diverso , si può ottenere di superare un disagio che viene in evidenza so-
prattutto quando il giovane, affac-
ciandosi sulla scena sociale, comincia
ad avvertire l'esigenza di realizzarsi,
di valorizzare le proprie competen-
ze, la propria preparazione. È quel-
lo il momento in cui certe forme di
passività, che in una determinata cul-
tura possono anche essere forti, as-
sumono una grossa rilevanza perché
si comincia a fare esperienza che
mancano alternative. Diventa allora
difficile superarle se si incontrano
difficoltà di affermazione, se non si
riesce a trovare un lavoro, se ci si de-
ve attendere la 'grazia' di qualcuno».
Politica clientelare
È una situazione aggravata dal fat-
to che nel Sud il momento politico
è ancora inteso come gestione clien-
telare del potere. «È un altro dei pro-

3.9 Page 29

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- -- - - - - - - - - ~ -
PER TANTI GIOVANI
DEL SUD LA PIAGA È LA
DISOCCUPAZIONE
La disoccupazione colpisce duramente i giovani meridionali. Secon-
do gli ultimi dati disponibili, le forze di lavoro nel Sud sono aumentate
nel 1988 di 150 mila unità, ma di queste solo 11 mila sono andate ad
accrescere il numero degli occupati, mentre le restanti 139 mila si so-
no aggiunte all'esercito dei disoccupati. Esse sono costituite per il 70
per cento da persone in cerca di prima occupazione, quindi di giovani.
Questi dati sono in stridente contrasto con quelli dell'occupazione al
Nord, dove la disoccupazione è diminuita di 87 mila unità e l'occupa-
zione si è accresciuta di 255 mila unità.
Non sono questi i soli dati che testimoniano il permanere della spac-
catura del Paese fra Nord e Sud. Nel 1989, il tasso di disoccupazione
è stato nel Mezzogiorno del 21,9 per cento contro il 7, 1 al Nord. Secon-
do il Ministero del lavoro, nel 1989 sono stati censiti 868 mila giovani
di età fra i 20 e i 29 anni in area di lavoro. Di questi 113 mila non pos-
siedono alcun titolo di studio. Il tasso di abbandono scolastico nel Sud
è pari al 14,3 per cento. Ciò vuol dire che circa 40 mila ragazzi ogni
anno non completano la scuola dell'obbligo.
L'economista Pasquale Saraceno ha scritto che «l'obiettivo non de-
ve essere tanto l'eliminazione del divario Nord-Sud, che in sostanza
è il risultato di elaborazioni matematiche, ma la creazione di posti di
lavoro, la cui mancanza è all'origine di tutti i mali. Il progresso verso
quell'obbiettivo sarà quindi misurato dalla riduzione dell'attuale disoc-
cupazione». In particolare per i giovani è urgente intervenire nella tran-
sizione dalla scuola al lavoro, un'area critica che minaccia oggi di
protrarsi all'infinito.
o
blemi prioritari - sottolinea don Or-
lando - perché non lascia spazio al-
l'impegno per il bene comune. Nel
Sud permane quella che definirei una
politica dei momenti particolari, so-
prattutto elettorali, quando si rinver-
discono alcune illusioni allo scopo di
ottenere ancora il consenso . Di qui
un certo distacco della gente dalla
politica, proprio perché gli spazi di
un libero confronto, di libera par-
tecipazione sono estremamente ri-
dotti».
Don Vito, e, sempre in riferimen-
to ai giovani, la famiglia, la scuola,
la religione? « Beh, sono temi gros-
si, richiederebbero una trattazione
approfondita. In estrema sintesi, mi
pare di poter dire che, per la gran
parte dei giovani meridionali, la fa-
miglia resta la fonte ideale dei valo-
ri, il riferimento più sicuro anche ai
fini di una realizzazione personale.
Lo dico senza la pretesa di fare un
ritrattino idilliaco, perché sussistono
problemi di rapporti, di differenze di
mentalità, di eccessivo protezioni-
smo, e anche di autoritarismo .
«Quanto alla scuola, essa ha sem-
pre svolto una importante funzione
nel Sud, dove è stata vista e vissuta
- ancora oggi - dalle famiglie co-
me forma prioritaria di elevazione
sociale. Gli stessi giovani, magari
non tutti, continuano a considerarla
tale. I guai sono rappresentati dalla
precarietà delle strutture scolastiche
meridionali, che è avvertita anche dai
giovani come un rischio, perché so-
no consapevoli che una scuola di
quel genere non può offrire valide
prospettive. Resto tuttavia convinto
che la scuola ha un valore enorme a
livello di formazione globale».
E l'aspetto religioso?
« La forte diversificazione che ca-
ratterizza, per stimoli, proposte, con-
dizioni ecc., la Chiesa q1eridionale,
rende difficile un discorso unitario
sui giovani in rapporto alla religio-
1 GIUGNO 1990 29
ne. Vedo giovani abbastanza lonta-
ni da forme di religiosità tradizio-
nale, ma non sono molti quelli che
hanno stimoli tali da spingerli a
compiere un ver9 cammino di riso-
cializzazione religiosa, quindi di
interiorizzazione personale, di matu-
razione di una scelta religiosa. Un
buon numero di giovani vive ancora
una certa vicinanza all'istituzione
religiosa, ma non mancano i condi-
zionamenti che ne provocano l'allon-
tanamento, anche se non si arriva al
rifiuto eplicito. Laddove poi si incon-
trano situazioni favorevoli, proposte
significative, i giovani vivono anche
un'esperienza di partecipazione e lo
spazio culturale, l'associazionismo
religioso, il protagonismo giovanile
si esprimono in significative presen-
ze. Credo che adesso il problema più
serio del riferimento ecclesiale sia da-
to dalle credenziali che oggi offre l'i-
stituzione, la credibilità della
proposta istituzionale. Voglio dire
che quella che era una cultura am-
bientale molto informata al religio-
so si è un po' frammentata e allora si
apre il discorso di una ricostruzione
del rapporto vita-fede, cultura-reli-
gione ».
Qual è il ruolo e la funzione dei
salesiani nel quadro di una via cul-
turale allo sviluppo del Sud, che va-
lorizzi il fattore umano?
« È un ruolo di cui bisogna pren-
dere consapevolezza, perché c'è, è ef-
ficace ed è forte. Noi lavoriamo nel
settore educativo e copriamo un lar-
go spazio. Ma il problema è questo :
con quale consapevolezza operiamo
nel settore educativo in vista dello
sviluppo? Dobbiamo allora chieder-
ci che cultura consegniamo, quali sti-
moli diamo, che tipo di capacità di
confronto còn la vita, con la realtà
sociale. Lo sforzo della nostra rifles-
sione, come Centro pedagogico, è di-
retto a valorizzare quelle che sono le
potenzialità - in prospettiva enor-
mi a mio parere, ma che oggi hanno
bisogno di essere stimolate - della
nostra proposta educativa, che ten-
de a una promozione integrale della
realtà personale e di inserimento nel
sociale, che trova anche nel civile
l'espressione concreta della propria
realizzazione. E su questo che noi
salesiani vogliamo ancora scommet-
tere».
Gaetano Nanetti

3.10 Page 30

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30 · 1 GIUGNO 1990
STORIA SALESIANA
Armando Sabatini, QuEL CIRCOLO
primo presidente,
ricorda la nascita
CHIAMATO FRASSATI
e l'attività del Circolo
giovanile dedicato
a Pier Giorgio Frassati
sin dal 1926.
Ne fecero parte
Carlo Donat Cattin,
Carlo e Pietro Carretto,
Aldo Notario,
Aurelio Curti,
Egidio Gentili ·ed altri.
Il 20 Maggio 1990 è sta-
ta·celebrata la Beatificazione di Pier
Giorgio Frassati.
L'evento ci richiama ai ricordi che
nel 1926, ad un anno della sua mor-
te, quando presso l'Oratorio Salesia-
no della Crocetta venne fondato il
Circolo della « Gioventù Cattolica»
« Pier Giorgio Frassati » di cui per un
notevole periodo ne fui presidente.
Il motivo della scelta del nome si
presentò subito con la massima evi-
denza. Si trattava cioè di rifarsi al-
1'esenipio di una figura e di un nome
che in sintesi doveva simboleggiare
l'ideale che l'Associazione Giovani-
le dell'Azione Cattolica a cui inten-
diamo aderire ci avrebbe impegnati.
La « Gioventù Cattolica» in quel
periodo non si presentava come una
generica tendenza e una aspirazione
non ben precisata e considerata, ma
una Organizzazione di inconfondibi-
le professione di fede cristiana e di
volontà di forze rivolte alla afferma-
zione e alle conquiste di un metodo
educativo formativo delle coscienze
giovanili quale concretamente l'ave-
va individuato Don Bosco e la Con-
gregazione Salesiana e Pier Giorgio
Frassati nella sua breve esistenza l'a-
veva esemplarmente vissuto.
Quello che si trattava di fare era
affermare e diffondere gli ideali re-
ligiosi, morali e sociali propri della

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - --
------~-
1 GIUGNO 1990 31
Chiesa che la visione puramente ma-
terialista della vita e dei rapporti so-
ciali tendevano ad emarginare e
soffocare. Per noi non serviva a nul-
la soltanto indignarsi e lamentarsi
contro il dilagare dell'indifferenza
religiosa e l'espandersi in mezzo ai
giovani d'ogni forma di rilassatezza
morale e di vizi, ma bisognava ingag-
giare la battaglia rivolta a rifare cri-
stiano il mondo nel modo di pensare
e di vivere dei giovani e per questo
intendevamo ridestare in loro l'im-
pulso irresistibile verso la verità e il
bene in cui Pier Giorgio Frassati si
era tanto distinto nella sua breve esi-
stenza.
.
Fu infatti Don Coiazzi, su invito
del Direttore dell'Oratorio Don Suc-
co, che ci propose di assumere nella
costituenda organizzazione del no-
Primo circolo giovanile «Pier Giorgio Frassati» dell'Oratorio Salesiano Crocetta nel 1926.
In prima fila in piedi con il bastone è riconoscibile Carlo Carretto (Foto Archivio Salesiano)

4.2 Page 32

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32 1 GIUGNO 1990
- La Torino degli Anni Venti (Foto Archivio SEI)
stro Circolo Giovanile il nome di
« Pier Giorgio Frassati ».
Quanto poi fu originale e lungimi-
rante questa scelta dovuta al dinami-
smo educativo dei salesiani, ne è una
inequivocabile conferma il fatto che
la Chiesa beatificando Pier Giorgio
Frassati non fa che confermare l'in-
dirizzo della spiritualità che si addi-
ce ai laici nella complessa realtà che
presenta la vita moderna.
Per comprendere che cosa signifi-
cò per noi ·l'iniziativa di organizzar-
ci come circolo della « Gioventù
Cattolica» e gli obbiettivi che ci pro-
ponevamo di consegui~e, bisogna ri-
farsi alla situazione della Chiesa in
Italia e nel mondo in cui inumani
problemi di educazione e di presen-
za sociale e politica si presentavano
in un periodo di disorientamento e
di crisi della stessa civiltà cristiana
combattuta e avversata da tante idee
errate che costituivano il travaglio di
un'epoca che come ebbe a dichiara-
re il Papa Pio XI, si presentava col
grave scandalo di dover registrare
l'abbandono del senso religioso del-
la vita e della professione della fede
cristiana da parte di tante numerose
masse soprattutto di lavoratori.
Che l'esempio, e vorrei dire la stes-
sa intercessione spirituale di Pier
Giorgio Frassati, abbiano avuto una
notevole fecondità in quella che è
stata l'opera del Circolo Pier Gior-
gio Frassati, sono delle realtà che si
sono riscontrate nella formazione re-
gistrata in tanti laici e religiosi che si
sono distinti per le loro attività di
apostolato e di consapevole e fecon-
da testimonianza cristiana a tutti i li-
velli religiosi, sociali e politici. Quello
che caratterizza la spiritualità che è
stata propria di Pier Giorgio Frassati
è il fatto che in lui non si presentò
nessun contrasto fra la vita interiore
di amore di Dio, di permanente vita
di orazione, di preghiera e di servi-
zio ai poveri e di impegno anche par-
titico e politico rivolto a predisporre
e ritessere le condizioni della civiltà
cristiana e di restaurazione di ispira-
zione cristiana di tutti i rapporti che
la vita professionale e la civile con-
vivenza esigono.
Per vincere il mondo sociale e po-
litico per tanti aspetti ritornato nel
paganesimo e che si presentava tan-
to interiormente distorto e scardina-
to, non bastavano soltanto le forme
esterne e superficiali nella formazio-
ne dei giovani, era un'opera di inten-
sa rievangelizzazione delle menti e
dei cuori che il carisma apostolico
ancorato ad una permanente azione
rivoluzionante di fede profondamen-
te accettata e vissuta come la mette-
vano in atto i salesiani che andava
presentata alla gioventù.
Questo infatti fu l'impegno e lo
stile educativo che nel Circolo Pier
Giorgio Frassati prese sempre più
corpo e consistenza.
La beatificazione di Pier Giorgio
Frassati non può perèiò che essere di
profonda letizia e soddisfazione da
parte di tanti « ex allievi» salesiani
che alla scuola di Don Bosco sono
maturati ed hanno sviluppato la lo-
ro coscienza religiosa e civile che è il
permanente impegno apostolico che
i salesiani continuamente coltivano e
sviluppano e, che nei beati come Pier
Giorgio Frassati e Don Filippo Ri-
naldi, terzo successore di Don Bosco,
onorano e impegnano sempre più
Torino a richiamo e stimolo stesso
che il cristianesimo vi si presenti sem-
pre più fecondo.
Armando Sabatini

4.3 Page 33

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IN
CAR EP
1 GIUGNO 1990 · 33
Il nostro inviato
ha incontrato
un salesiano
che ha pagato con
il carcere la sua fede
in Cristo e la sua
appartenenza
alla Chiesa.
Anni di carcere e campi da antireligiosa e ateista. Subito do-
di concentramento non sono riusciti po, il lancio del « movimento delle tre
a spegnere il suo spirito. L'età, lepri- autonomie» per staccare la Chiesa
vazioni, le malattie hanno solo incur- cinese da Roma sul piano direttivo,
vato il suo fisico . Aveva 51 anni dottrinale e finanziario. Poi le cam-
quando fu gettato come un crimina- - pagne di stampa, di radio, di cinema,
le in una cella microscopica. Due an- contro il papa e i missionari « impe-
ni prima, nel 1949, con la conquista rialisti». E le violenze contro i preti
del potere da parte dei comunisti, era impediti di esercitare il loro ministe-
incominciata la «liberazione ». Con ro, ecc. ecc...
questo bell'eufemismo vennero defi- Il 3 marzo 1954, con l'espulsione
nite tutte le ingiustizie, prigionie, dei due ultimi religiosi « non cinesi »
espulsioni, confische, vessazioni su- da Pechino, segnò il crollo di tutta
pite in quegli anni dai figli di Don l'opera salesiana in Cina.
Bosco in Cina.
Don Paolo Lee, come lo chiame-
Dapprima, un'insidiosa propagan- remo, ha oggi ottant'anni. A settem-
bre festeggerà 60 anni di vita salesia-
na: tanti ne sono infatti passati dal
giorno in cui fece la sua professione.
Dopo ventptt'anni di carcere, domi-
cilio coatto, lavori forzati, don Paolo
venne liberato nel 1979, quando il
governo di Deng, lanciato in una po-
litica di ammodernamenti e liberàliz-
zazioni, stava risvegliando la grande
nazione cinese. Un'illusione brusca-
mente troncata un anno fa dai fatti
di piazza Tienanmen.
Lasciamo dunque che questo ve-
gliardo ci racconti la sua storia.
« Tutto iniziò nel 1951. Fui rin-
chiuso in una cella di pochi metri

4.4 Page 34

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34 · 1 GIUGNO 1990
quadrati, dove c'era appena lo spa- nato a 15 anni perché contrario al
zio per muoversi. Al momento del- "movimento delle tre autonomie".
1'arresto non avevo potuto portare Per 7 anni sono rimasto rinchiuso in
con me neppure la corona del Rosa- una cella a leggere e studiare i testi
rjo. Per qualche tempo ho diviso sacri del marxismo. Dicevano che
quel buco con un altro uomo. Non dovevano lavare il mio cervello! Tra
mi ci volle molto per accorgermi che quelle quattro pareti, ogni giorno,
era stato messo apposta per con- cercavo di conservarmi un uomo li-
vincermi a confessare le mie "col- bero ripetendo i nomi delle parole
pe", a lasciare la Chiesa fedele a nelle lingue che conoscevo, declinan-
Roma, a rinnegare non la fede ma do i verbi un giorno in italiano e l'al-
l'obbedienza al Papa.
tro in inglese, pregando in silenzio .
« Le mie colpe? Essere un sacerdo- Recitavo il Rosario aiutandomi con
te, un salesiano, un intellettuale. Par- le mani come se scorressi i grani del-
lavo italiano, inglese, francese. la mia corona.
Conoscevo naturalmente il latino. « Dopo sette anni di prigione so-
Vivevo in una comunità dove c'era- no stato condotto in un campo di la-
no confratelli italiani, francesi, bel- voro in campagna. La vita era dura,
gi, jugoslavi, cecoslovacchi, spagnoli molto dura, ma rispetto alla cella mi
cinesi. Insegnavo religione, storia e sembrava una liberazione. Vivevo
geografia in una nostra scuola in una con un piccolo gruppo di persone in
città nel sud della Cina, che ha il no- una casa comune. Per otto anni ho
me poetico di "città dell'eterna pri- lavorato la terra per dieci e anche più
mavera". Un giorno si presentarono ore al giorno, con qualsiasi tempo,
alla porta dell'edificio, mi presero, · sino a sera, talvolta con la luce arti-
mi accusarono d'essere una spia in- ficiale. Ho piantato ananas, banane,
ternazionale.
arachidi, canna da zucchero. Stavo
«Poi, il processo . Caduta l'accu- terminando di scontare la pena,
sa d'essere una spia, venni condan- quando scoppiò la "rivoluzione cui-
turale". Una nuova esplosione di fa-
natismo, che si proponeva ancora
una volta di distruggere la religione.
«Lamia liberazione fu rinviata si-
ne die. Continuai a lavorare nelle
campagne per altri tredici anni. Ma
dopo i primi tempi, quelli delle vio-
lenze delle "guardie rosse", la situa-
zione andò lentamente migliorando.
Ero più libero, meno sorvegliato. La
domenica potevo persino andare in
una città vicina, anche se la gente
non osava avvicinarsi sapendo che
ero un prete. Finalmente, nel 1979,
sono stato liberato e mi è stato asse-
gnato un incarico abbastanza onore-
vole: tradurre dei libri dall'italiano.
« Dopo ventott'anni in cui ero sta-
to privato dell'Eucaristia, potevo
tornare a celebrare Messa pubblica-
mente. Esercitavo il ministero in una
piccola parrocchia scampata alla tor-
menta. I fedeli non erano più di tre-
cento, in maggioranza anziani. Il
parroco era un sacerdote molto più
giovane che, come altri preti, nel mo-
mento della tempesta, aveva aderito
all'associazione patriottica per con-
tinuare ad esercitare il ministero. Io

4.5 Page 35

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-----------~-
misi subito in chiaro che anch'io
amavo la patria, ma che non volevo
troncare il mio rapporto con Roma
e con il Papa. Infine, nel '79, mi han
permesso di uscire dalla Cina.
« Mi chiedono spesso che cosa pro-
vo verso chi mi ha perseguitato. So-
lo compassione. In me non c'è odio
né rancore. Penso che chi allora mi
ha accusato, è stato costretto a far-
lo. I comunisti erano diabolici: un
giorno costringevano uno ad accusa-
re un altro, l'indomani un terzo ac-
cusava il primo, il giorno successivo
un quarto il terzo e così via. Una spi-
rale senza fine. L'accusa di essere
una spia internazionale mi è stata ri-
volta da uno studente, un ragazzo di
16 anni, che ce l'aveva con me per-
ché una volta l'avevo ripreso in classe
mentre leggeva un libro marxista.
« Il governo, a quel tempo, lancia-
va sempre nuove parole d'ordine,
nuovi slogans, per mobilitare ed ec-
citare le masse contro l'Occidente e
gli occidentali. I giovani erano come
plagiati. Per spirito di emulazione, o
per non essere a loro volta accusati
dai compagni, facevano cose di cui
Foto Archivio SEI - Ricatto
1 GIUGNO 1990 , 35

4.6 Page 36

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36 · 1 GIUGNO 1990
.un giorno si sarebbero pentiti. Pri-
ma che uscissi dal carcere, l'uomo
che da ragazzo mi aveva accusato, mi
ha scritto che voleva vedermi per
chiedere perdono. lo gli ho risposto
di venire quando voleva perché gli
avevo già perdonato. È venuto. Di
nuovo ha dpmandato il mio per-
dono. A voce gli ho ripetuto quel
che gli avevo già anticipato per
iscritto.
·
«C'era stato anche un secondo ra-
gazzo ad accusarmi nel '51. Un gio-
vane di famiglia cristiana. L'avevano
messo con le spalle al muro: se tu
non accusi il prete, accuseremo te di
complicità. La mia condanna non
l'ha però salvato. Poco dopo è stato
preso anche lui perché cristiano e ac-
cusato d'essere un "segugio" di una
spia internazionale. Poi l'hanno get-
tato in prigione. Forse è finito in
qualche campo di lavoro lontano
dalle città, forse è ancora lì. lo non
ho più•avuto sue notizie. Non so se
si sia pentito. So solo che anche a lui
ho perdonato e da tempo.
« Qualcuno mi chiede dove ho tro-
vato il coraggio. Posso solo rispon-
dere che prima non ero un uomo
particolarmente coraggioso. Il corag-
gio è venuto da sé assieme alle pro-
ve. Forse avrei potuto fare ancora di
più, ma non ne sono stato capace.
Forse il Signore ha disposto così per
la mia povera vita che volge ormai
alla fine . Spero di poter un giorno,
se le forze mi assistono, tornare a la-
vorare in Cina. Penso che, dopo il
crollo dei regimi marxisti nell'Euro-
pa orientale, il comunismo finirà
presto anche in Cina. Forse potrò ve-
dere il giorno in cui si realizzerà il so-
gno di Don Bosco».
Silvano Stracca

4.7 Page 37

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-
-
- - --
-
----~-
1 GIUGNO 1990, 37
Maria de Lourdes,
emigrata
dalle sue isole
-come collaboratrice
domestica,
ha realizzato il sogno
di studiare giungendo
alla soglia della laurea
dell'UPS
Roma, giugno . - Lara-
gazzina che un mattino di venti anni
fa, gli occhi velati di lacrime, abbrac-
ciò la madre e le due sorelle prima
di affrontare il lungo viaggio verso
un Paese straniero e sconosciuto do-
ve l'attendeva un posto di lavoratri-
ce domestica, non poteva neppure
lontanamente immaginare che un
giorno avrebbe parlato ai telespetta-
tori italiani della RAI, che sarebbe
giunta alle soglie della laurea, e che
avrebbe·presieduto una associazione
di sue connazionali emigrate nel no-
stro Paese. E invece è stato proprio
questo l'itinerario percorso da Ma-
ria de Lourdes Jesus, conduttrice di
una trasmissione che va in onda ogni
settimana su RAIDUE e che si inti-
tola « Nonsolonero», dedicato ai
problemi dell'immigrazione. Uniti-
nerario che passa, tra le altre tappe,
da piazza dell'Ateneo salesiano, a
Roma, dove ha sede l'Università
pontificia salesiana.
Maria aveva 12 anni quando lasciò

4.8 Page 38

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38 · 1 GIUGNO 1990
l'isola di Sao Nicolau, una delle die-
ci che compongono l'arcipelago di
Capo Verde, tutte di origine vulca-
nica, che emergono dalle acque del-
1' oceano Atlantico, 450 chilometri a
ovest delle coste africane. Scoperte
nel 1460 da Diego Gomez e Antonio
Da Noli, furono occupate stabilmen-
te da coloni portoghesi fin dal 1492.
L'arcipelago è rimasto sotto la do-
minazione del Portogallo fino al
1975, anno in cui ottenne l'indipen-
denza. A dominare la scena di que-
ste isole è la povertà. L'agricoltura
è avara, a causa delle scarse piogge,
la pesca non è ancora sfruttata in tut-
te le sue potenzialità. Solo l'aiuto in-
ternazionale sostiene l'economia del
Paese e nonostante gli sforzi di tec-
nici di varie nazionalità, l'obiettivo
dello sviluppo resta lontano, anche
se tutti concordano nel riconoscere
a Capo Verde una saggia utilizzazio-
ne degli aiuti.
Popolo di emigranti
Unica valvola di sfogo, da sempre,
l'emigrazione. Ci sono più capover-
diani all'estero, in Europa e in Ame-
rica, di quanti ce ne siano in patria,
dove la popolazione raggiunge appe-
na i trecentomila abitanti. Anche la
famiglia di Maria de Lourdes condi-
videva la povertà della gente di Sao
Nicolau. Per di più, la morte del ma-
rito a soli 42 anni, costrinse la vedo-
va - che all'epoca doveva sfamare
sei figli - ad accelerare i tempi di
quello sbocco comune a tante altre
ragazze capoverdiane. E così Maria
si mise in viaggio - un amaro viag-
gio - verso Lisbona, dove una fa-
miglia portoghese l'avrebbe accolta
come domestica.
« II dolore per il distacco dai pa-
renti e dalla terra natale - ci dice
Maria - l'avevano conosciuto pri-
ma di me tante mie coetanee, e tante
l'avrebbero conosciuto dopo di me.
Ma non c'erano alternative. A me sa-
rebbe piaciuto studiare, ma dopo le
prime classi elementari, per poter
continuare gli studi sarebbero stati
necessari mezzi finanziari che ovvia_.
mente non c'erano. Rimasi a Lisbo-
na fino a 15 anni, quando da Roma
una mia sorella, che nel frattempo
era a sua volta emigrata in Italia aiu-
tata dai frati cappuccini che svolgo-
no assistenza religiosa nella mia iso-
la, mi fece sapere che potevo
raggiungerla perché aveva trovato un
lavoro per me. Avrei così potuto al-
meno ricongiungermi con un mem-
bro della mia famiglia. ·
« Il mio desiderio più vivo conti-
nuava ad essere quello di studiare.
Ma lo vivevo come un sogno irrea-
lizzabile, perché la realtà era fatta del
quotidiano lavoro di collaboratrice
domestica. Inoltre condividevo la
mentalità delle mie connazionali, tut-
te intenzionate a lavorare per un cer-
to periodo all'estero, ma col
proposito di fare un giorno ritorno
a casa. Mi angosciava, anzi, via via
che iJ tempo passava, il protrarsi del-
la mia permanenza all'estero. Quan-
do mi resi conto che iJ prçJgetto di
rientro in patria diventava dli sempre
più difficile attuazione, ddt isi di ri-
prendere in mano i libri».
L avaro e studio
Per Maria comincia allora la dura
necessità di combinare il lavoro e lo
studio, sacrificando le ore di libertà
per frequentare l'Istituto portoghe-
se di istruzione. A prezzo di duri
sacrifici raggiunge lo scopo conse-
guendo la licenza elementare prima
e poi quella media superiore. Lo stu-
dio l'appassiona al punto da spinger-

4.9 Page 39

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- - - - - - - - - - - ~-
1 GIUGNO 1990 39
siano ci sono altre tre mie connazio-
nali che hanno deciso di seguire la
mia stessa strada ».
Contro il razzismo
la a proiettarsi verso un traguardo
più ambizioso: l'università. E, pur
consapevole degli ulteriori sacrifici
che l'attendevano, Maria varca la so-
glia dell'Ateneo salesiano, e si iscrive
alla Facoltà di scienze dell'educazio-
ne. Prima adattandosi a un lavoro a
ore, poi con l'aiuto di una borsa di
studio dell'Istituto italo-africano,
Maria riesce a sostenere tutti gli esa-
mi. Ora sta preparando la tesi di lau-
rea e spera di poterla discutere al più
presto.
« I quattro anni trascorsi all'uni-
versità salesiana - dichiara Maria -
sono stati bellissimi, li ho vissuti con
entusiasmo, anche se all'inizio, so-
prattutto per via del problema del la-
voro, non mi sono mancate le
preoccupazioni. Sono stata aiutata
molto da un ambiente pieno di uma-
nità e di accoglienza. Ho trovato tan-
ta disponibilità, sia presso gli
insegnanti che fra gli altri allievi.
Inoltre ne ho tratto un grande van-
taggio sul piano pratico, perché gli
studi universitari mi hanno fornito
solide basi pedagogiche per svolgere
l'attività di insegnante per l'alfabe-
tizzazione degli adulti capoverdiani
presso l'Istituto portoghese. Anzi,
per molte iniziative che ho adottato
in questa scuola, mi sono avvalsa
della disponibilità e della competen-
za di docenti dell'Università salesia-
na, in particolare del prof. Natale
Zanni, l'insegnante di formazione
professionale. Ora, ali' Ateneo sale-
Quando Raidue programmò la
trasmissione di una rubrica dedicata
ai problemi dell'immigrazione, Ma-
ria de Lourdes entrò a far parte del-
la redazione e cominciò le sue
apparizioni in video per dare le no-
tizie giornalistiche che si riferiscono
a questo tema. « La rubrica si rivol-
ge ai telespettatori italiani per sensi-
bilizzarli sui rapporti con gli extra-
comunitari presenti in Italia. Si è sen-
tito il bisogno di dare spazio a que-
sto argomento anche in relazione a
episodi poco rassicuranti che sono
stati segnalati in questi ultimi tempi.
Sono sicura - afferma Maria - che
certe forme di razzismo di cui un po'
tutti noi immigrati siamo stati fatti
segno, siano espressione solo di fran-
ge estremiste, ma che non siano con-
divise dalla grande maggioranza
degli italiani. Certo, non possiamo
che condannare i comportamenti
scorretti o illegali di taluni immigra-
ti, ma sarebbe ingiusto mettere tutti
sullo stesso piano. Gli italiani deb-
bono dimostrare comprensione ver-
so persone - e sono i più - che
abbandonano il loro Paese non per
spirito di avventura, ma perché co-
stretti dalle tragiche condizioni di mi-
seria in cui vivono. Ci sarebbe meno
emigrazione se i Paesi ricchi decides-
sero di intensificare l'aiuto allo svi-
luppo del Terzo Mondo».
La comunità capoverdiana in Ita-
lia ha sempre dato prova di grande
correttezza, di laboriosità. Le vicen-
de storiche del loro Paese, la religio-
ne cattolica praticata dal 90 per cento
della popolazione, hanno accentua-
to la disponibilità dei capoverdiani a
inserirsi nella realtà dei Paesi che li
ospitano, rispettandola e al tempo
stesso chiedendo di essere a loro vol-
ta rispettati e aiutati a conservare la
loro cultura d'origine. Maria de
Lourdes lavora anche in questo cam-
po come presidente di una associa-
zione di donne capoverdiane che lei
stessa ha fondato .
G.N.

4.10 Page 40

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40 · 1 GIUGNO 1990
l'«Auxilium » di Ro a
aie Festa della Ricon
aggio di uno spettaco orig
ontenutisticamente effi ace.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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1 GIUGNO 1990 41
Un anno dopo i prota-
gonisti di Piazza Tien An Men non
sono morti. Le loro idee si fanno
messaggio per tutti e presto o tardi
daranno buoni frutti.
È proprio partendo da quei fatti
che Studenti e Docenti della Facoltà
di Scienze dell ' Educazione «Auxi-
lium » di Roma hanno preparato uno
spettacolo dal suggestivo titolo:
« Una via di seta per comunicare... »!
L'occasione è stata loro offerta il 25
aprile 1990 dall'annuale Festa della
Riconoscenza della Madre. La festa
si è svolta presso la Facoltà di via
Cremolino alla presenza dell' intero
Consiglio generalizio delle Figlie di
Maria Ausiliatrice ma soprattutto di
giovani suore e non provenienti dal
Noviziato di Castel Gandolfo e da
varie altre Case di Roma.

5.2 Page 42

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42 1 GIUGNO Ì990
Un migliaio circa i partecipanti at-
torno alla Madre Marinella Castagno
per una circostanza tradizionale, la
festa della riconoscenza, ma che le
organizzatrici hanno trasformato in
messaggio di unità e di impegno.
La festa si è aperta con il saluto
della direttrice suor Graziella Curti
e con un saggio delle ragazze e dei
ragazzi della Scuola Maria Ausilia-
trice di via Dalmazia. Si intitola
« Mundialgoal » e dà ·subito il clima
gioioso e sereno degli incontri sale-
siani; seguono una serie di canti mi-
mati delle Novizie ed un numero dei
giovani dell'Ispettoria S. Cecilia che
riporta il pensiero al Padre comune,
Don Bosco: « Se siete giovani vi
amerò».
Siamo ormai nel clou della festa.
Inizia il «pezzo» delle Suore dell 'Au-
xilium. Durerà mezz'ora.
«C'è una via nel cielo, la via lat-
tea, / un nastro scintillante balzato
dall'immensità infinita. / È tenue e
sottile, eppure fa brillare tutto il cie-
lo. / Là s'incontrano le stelle. / C'è
una via sulla terra, / un riflesso di
quella del cielo, la via della seta. Ve-
na tortuosa, incavata nella terra,
pulsare di vita tutto il mondo. Là
s'incontrano gli uomini ... »
Sono queste le prime battute del
testo mentre fanno da sfondo le sug-
gestive note del compositore giappo-
nese Kitaro e il palco incomincia ad
animarsi. I due paesaggi, il cielo e la
terra sono evidenziati subito dagli
abiti così come la pace e la guerra,
l'Oriente e l'Occidente.
I quadri si alternano in ritmi lenti
e rapidi così come una notizia s'al-
terna all'altra. II modulo è semplice,
lo suggeriamo perciò ai tanti gruppi
in cerca di idee, ma la messa in sce-
na esige pazienza di prove.
All'interno dello spettacolo si leg-
ge infatti uno sforzo d'unità non in.:
differente
musica.
È dovuto alla disponibilità delle
professoresse suor Maria Ko, suor
Antonella Meneghetti, suor Maria
Miglio.
Quando verso la fine dello spetta-
colo, lo speaker annuncia: «Gesù
Cristo, nato in Oriente, ha percorso
l'Occidente con il suo Vangelo. / È
la via che fonde i mondi e unisce i
popoli infrangendo ogni barriera. /
l'applauso degli spettatori è sponta-
neo, consequenziale. II messaggio è
arrivato.
Seguirà una rapsodia di musiche e
canti internazionali per ricordare an-
cora una volta il -lungo e vario cam-
mino fatto dalle .ragazze di Mornese
nel mondo e la grande voglia di can-
tare di queste giovani donne future
psicologhe e catechete o comunque
educatrici che in « Oriente e Occiden-
te» doneranno se stesse a Dio e ai
fratelli :
E Madre Marinella Castagno?
Sorride soddisfatta. « La via della se-
ta, dice, è nelle nostre mani . Percor-
rerla e prima realizzarla dipende da
noi. L'esempio ci viene dalla Madon-
na». È l'invito ad operare. Già, per
questo non è facile . Intanto « semi
stanno germogliando e la strada si
apre passo dopo passo».
D

5.3 Page 43

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-------~-
1 GIUGNO 1990 43
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5.4 Page 44

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