Bollettino_Salesiano_199002


Bollettino_Salesiano_199002



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2 · I FEBBRAIO 1990
~ il
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/ 69.31 .341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco Bongioanni -
Pierdante Giordano - Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzi
- Cosimo Semeraro.
Collaboratori: Nino Barraco - Sergio Centofanti - Paolo
del Vaglio - Umberto De Vanna - Monica Ferrari - Maria
Galluzzo - Maurizio Nicita - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione : Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo di ogni mese (undici numeri , eccetto agosto)
per tutti.
* 1115 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano , Rinaldini) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 18 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in : An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Cile - Cina (a
Hong Kong) Colombia - Ecuador - Filippine - Francia
- Germania - Giappone - India (in inglese , malayalam ,
tamil e telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
guay - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna - Stati Uni-
ti Thailandia - Uruguay - Venezuela Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile .
Cambio di indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vec-
chio .
SOMMARIO
3 CRONACHE SALESIANE
8 PROBLEMI EDUCATIVI
In primo piano l'educazione dei giovani alla
fede
servizio redazionale
11 VITA ECCLESIALE
Far posto a nuove persone è il vero pro-
blema che interpella tutti
di Mie/a Fagiolo d 'Attilia
15 L'esperienza salesiana: insegnare a pescare
di M. d 'A.
17 OBIETTIVO BS
Quando il presepio si fa messaggio
e denuncia
di Maria Gal/uzzo
21 REPORTAGE
Una parrocchia a Seoul
di Silvano Stracca
25 Sulla" linea del fuoco » con i giovani libanesi
di Gaetano Nanetti
28 COMUNICAZIONE SOCIALE
Dire Dio alla radio e alla televisione.
Ma è proprio cosi difficile?
di Maria Trigi/a
30 L'ISCOS: un istituto universitario a servizio
della missione salesiana
A cura di G. C.
32 Dal Portogallo all 'Olanda: una presenza
sparsa, inesplorata e mal compresa
di Angelo Pao/uzi
36 STORIA SALESIANA
Dall 'oratorio salesiano al deserto del Sahara
di Giuseppe Costa
RUBRICHE
Pigy di Del Vaglio , 4 - I nostri Santi , 41 - I nostri
Morti , 42 - Solidarietà, 43
1 Febbraio 1990
Anno 114
Numero 3
In copertina:
Immagine di
«Vu cumprà»
su una spiaggia
(Servizio di
Miela Fagiolo
d ' Attilia
apagina11)

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-----------s/1-
BRASILE
ì
Un centro di
I
documentazione
e ricerca salesiana
a Barbacena
Dal 28 luglio del 1983
funziona in Brasile, a
Barbacena, un Centro di
documentazione e ricerca
salesiana a servizio delle sei
ispettorie brasiliane. La
creazione del Centro è stata
voluta dai salesiani brasiliani
ed ha comportato una
intensa e appassionata
ricerca presso tutte le opere
salesiane del Brasile. Il
Centro infatti ha raccolto
foto e nòtizie di tutte le
singole Case.
La biblioteca poi raccoglie
oltre trentamila volumi e
una quantità enorme di
manoscritti e microfiches
relative all'opera salesiana in
Brasile, dal contesto
salesiano mondiale, a quello
ecclesiale e sociopolitico.
Una attenzione particolare
poi è stata data a oggetti,
documenti dei primi
salesiani brasiliani ai quali è
dedicato un museo
particolare.
I Nelle foto: alcune
immagini del
Centro di
Barbacena

1.4 Page 4

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ITALIA
Da dieci anni
a Sampierdarenà
s'insegna il mondo
Ha compiuto dieci anni di
attività il Centro Linguistico
Europeo di Genova
Sampierdarena. Avviato con
«Presa d'Atto» del
Ministero della Pubblica
Istruzione nell'anno
scolastico 1979/80 questo
centro dove è possibile
imparare inglese, francese,
tedesco, spagnolo, arabo,
russo ha avuto in don
Enrico Briano il suo
infaticabile fondatore e
animatore. Attrezzato di
moderni laboratori
linguistici, il centro si avvale
di insegnanti di madrelingua
ed ha numerose succursali.
A Sampierdarena ci sono da
250 a 300 allievi mentre don
Briano incoraggiato dal suo
ispettore si è fatto
promotore per l'apertura di
altri centri. Sono nati così,
collegati con Genova, le
succursali di Sestri Ponente
e di Serra Riccò, di Alassio,
di Genova Quarto, di
Pietrasanta, di Vallecrosia.
Centri linguistici sono nati
anche presso le Figlie di
Maria Ausiliatrice di Torino
e di Genova.
Con riferimento a questi
corsi don Briano ci ha
dichiarato:
« Che questa sia un'attività
di grande interesse e valore
UN4 VOLTA/ NGtlJ..) Jll}7i)RI} 0Gr6rl l/.1//EC,é, C ~
C'ERft L'IMPRONTA PI PIO L'IMP/lONlll .1>6ll'VOMO
((
)/I
)}
}J
I Nella foto: il Centro
Linguistico
di Samplerdarena
a Genova.
sociale è chiaro a tutti,
perché si dà a tanti giovani
la possibilità di frequentare
e studiare lingue straniere
con una spesa possibile
anche alle famiglie meno
abbienti».
Si dice già in giro: « Fino ad
oggi si chiama .analfabeta
colui o colei che non sa né
leggere, né scrivere. Dal '92
in poi sarà considerata
analfabeta quella persona
giovane, che parlerà soltanto
la propria lingua».
Rispetto a molte altre
nazioni noi siamo in coda.
È proprio il momento di
'dire: « Liberiamoci da
questo stato d'inferiorità!».

1.5 Page 5

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-----------5'1-
1 FEBBRAIO 1990 5
erchiamo di capire
CAMERUN
Un biblista
monfortano
scrive di Ebolowa
Sono appena tornato da un
soggiorno di circa un mese
presso i Padri Salesiani che
operano ad Ebolowa in
Camerun. Non fu un
viaggio di piacere, come non
lo è per tutti quelli che
passano da quelle parti, la
realtà ci coinvolge con le sue
esigenze, per cui capisci che
il turismo non ha senso.
Nel caso specifico fui
chiamato per l'annuale
settimana degli Italiani: ci si
incontra in un luogo
determinato , questa era la
volta di Ngaundere al Nord,
per stare sì insieme, e ce n'è
bisogno, ma anche per
riflettere insieme. Essendo
esegeta, e di vecchia data
ormai, ma sempre curioso di
campi limitrofi, e date le
necessità impellenti del
momento, mi parve
opportuno tentare di
presentare alcuni assi
portanti della Bibbia in
modo che servissero in via
analogica per una
inculturazione. Perciò in una
lettura stretta dèll 'Antico e
del Nuovo Testamento,
rividi l'esodo alla luce del
primo comandamento, per
sfociare poi nel tema
apocalittico del Regno,
personificato nel Cristo
risorto, sostanza del primo
vangelo, quello di Marco.
Poi mi dilungai in una
seconda fase della
inculturazione cristiana
QUESTO BAMBINO
È PROPRIO
PERICOLOSO?
L'episodio è di alcuni mesi fa. La madre di un alunno ha citato
in tribunale una scuola torinese perché fossero censurate frasi di
un libro di prima elementare sul quale suo figlio stava imparando
a leggere. L'avvocato della signora ha spiegato che nel testo si
impartiva un « insegnamento religioso diffuso», al di fuori di quello
permesso dalla legge nelle apposite ore di lezione. In tribunale la
querelante ha detto che, «in coerenza con le mie idee» avevo deciso
di non far frequentare al bambino l'ora di religion'e, scoprendo
però «che il libro scelto dai docenti di pagine dedicate alla religione
ne aveva fin troppe». Il giudice, di confessione valdese, le ha dato
ragione, ingiungendo di sopprimere i passi del libro - sembra
complessivamente sette - che si riferiscono a una dimensione
religiosa.
Riportiamo i passi incriminati: « un bimbo che sorride nella gelida
capanna» in un presepe costruito dentro un caminetto spento· i
piccoli « si addormentano pian pianino con la preghiera di Ge~ù
Bambino»; l'invocazione della pace a Pasqua: «Spegnete l'odio:
Cristo Redentore per tutti è morto e tutti oggi perdona. Uomini
pace!»; l'interrogativo in una poesiola a Gesù Bambino perché no~
venga soltanto a Natale con i regali, ma rimanga sulla terra per
un intero anno: «... c'è bisogno del tuo amore. / Per salvare la
natura, / fai tornare l'aria pura. / Dona a tutti i suoi colori, / alle
piante,_ai prati, i fiori. .. I Tornerà un mondo buono / e la pace
m ogm uomo».
Cerchiamo di capire, sulla base delle citate affermazioni
terroristiche, i criteri che hanno dettato la decisione del giudice:
applicazione stretta della legge, rispetto di una concezione
iperlaicistica della cultura, pregiudizio anticattolico (onestamente
non ci sentiamo di escluderlo). Speriamo che il magistrato si
comporti in modo analogo di fronte alla valanga di sconcezze, alle
offese al buon gusto, alle controverità e ai luoghi comuni correnti
su molta carta stampata (anche essi fanno parte spesso di un
«pensiero antireligioso diffuso » da limitare, secondo logica, allo
~tesso modo con cui si interdice quello religioso).
Ma in fondo non ci interessano la contestazione e il disagio
riguardanti una sentenza che riteniamo non corrispondente al
buonsenso. Ci mortifica molto di più la violenza compiuta dalla
madre nei confronti del figlio, ritenuto evidentemente incapace -
ora e sempre - di secernere in libertà anticorpi critici nei confronti
di situazioni che non vengono accettate, che non sono considerate
razionali e conformi a una visione del mondo antispiritualista.
. Ci_aug_uriamo eh~ _quella mamma - partendo da tali premesse
d1 sf1duc1a - eserc1t1 uno stretto controllo anche sulle ore libere
del bambino senza lasciarlo per pomeriggi interi in balia del
«qualunque» televisivo o in preda alle immagini abituali delle
pubblicazioni che ci è lecito pensare circolino per casa, « in coerenza
con le sue idee». È amaro pensare, in tempi nei quali si proclama
l'alto valore della libertà di coscienza, che il primato
dell'intolleranza ideologica (perché di questo si tratta) venga sancito
per legge.
Angelo Paoluzi

1.6 Page 6

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6 1 FEBBRAIO 1990
_,_,;;,.,,,i,M11,;
.... , ............. ,
• I!~
come è vissuta da Matteo
nelle Beatitudini, e qui mi
fermai.
Ma era di un'altra iniziativa
che volevo parlare: una
settimana biblica per i
catechisti di Ebolowa,
preannunciata ma non
desiderata dal sottoscritto
per ovvi motivi : come si fa
a parlare a Pierino se non si
conosce Pierino. Con
riluttanza e fatica, dopo
legittime rimostranze, mi
buttai in acqua. Non fu
facile avviare il discorso che
voleva svolgersi su come si
formò la tradizione
evangelica: importanza
dell'Antico Testamento,
inserimento in questa
tradizione viva del
personaggio Cristo, come fu
vissuto nella primitiva chiesa
ecc. Si partì da un certo
livello, senza volere
annacquare nulla, poi -con
l'aiuto di due missionari
presenti si arrivò a fare
scoccare la scintilla del
dialogo e della
comprensione, credo.
L'interesse mi parve
assicurato dalle obiezioni
che cascarono a pioggia nel
pomeriggio e che mi diedero
l'occasione di conoscere un
pochino questo Pierino che
avevo di fronte e che mi
interrogava con la sua
assidua presenza. A detta
loro la fame cresceva con il
tempo e non di un cibo
edulcorato, ma di un cibo
forte con tutte le sue
problematiche come può
essere la Parola di Dio, vista
inserita nel tempo e come
luce che illumina e
discrimina . Alla fine, se ho
ben capito, perché non ci fu
nessuna verifica, anche se
ritenuta opportuna dal
sottoscritto, mi parve che si
scagliasse netta l'esigenza di
una continuità e sulle
medesime linee, ossia di una
scuola di teologia, che si
estenda anche ad altri
settori, perché pure qui
come in Europa il soggetto
cristiano vuole gestire in
proprio l'esperienza di fede,
pur sempre nel dialogo più
serrato.
Ma ancora di un'altra cosa
vorrei parlare, perché
testimone muto e
consapevole. Con Padre
Giovanni Rizzato e il
sottoscritto si andava alla
missione di Bimengué, dove
opera. l'intramontabile
Giovanni Allievi, con
l'imponente centro di
irradiazione missionaria
sotto ogni aspetto, e Rizzato
che scorazza da queHe parti
come a casa sua volle farmi
conoscere la storia di un
pozzo nel villaggio, Adjap a
Nkoetye.
Proprio in quel momento
incrociamo il dottor J ules
Ava, laureatosi a Poitiers in
Francia, con sua moglie
francese e il giovane figlio.
Costui è figlio del capo
villaggio, e da queste parti è
qualcosa, e aveva appena
terminato tre fogli nei quali
tracciava con entusiasmo la
storia del pozzo. Ora non
riesco a decifrarli questi
fogli, però ricordo
perfettamente l'atmosfera
del momento e il contenuto.
Protagonista è Padre
Rizzato; si era tentato più
volte di fare sgorgare
l'acqua pulita dal sottosuolo
e con aiuti dello Stato e con
altri mezzi ancora, ma
l'acqua non si vedeva, o
perché i soldi si perdevano
per strada o per inettitudine.
Ma un giorno capitò da
quelle parti il detto Rizzato
che per i pozzi ha un suo
fiuto particolare e senza
tante spese, e con praticità
artigianale. Scavarono, si
ruppe il gruppo elettrogeno
e quindi i lavori furono
sospesi per tre mesi circa;
con intralci vari nel giro di
un anno si arrivò alla fine.
Naturalmente tutto questo
aveva creato il sospetto nei
signori uomini che ci fossero
degli spiriti cattivi in
quell'acqua limpida che
sgorgava fresca e pura sotto
l'azione quella lurida e
limacciosa del fossato nella
foresta, e per di più fuori
mano. Per fortuna anche
qui la donna si fa sempre
più accorta e ai mariti fu
detto che se preferivano
questa, se la dovevano
andare a prendere.
Ora il dissidio è composto;
ma ciò che volevo ricordare
è la gratitudine e
l'entusiasmo di quel medico
che benediceva l'acqua e chi
la rese accessibile a tutti;
metà delle malattie
sarebbero scomparse,
diceva, quasi un ospedale
preventivo .
Questo mi sembra
opportuno sottolineare: è il
cammino lento ma sicuro
adottato da Rizzato nel
migliorare le condizioni di
quella gente attraverso mezzi
apparentemente così semplici
come un pozzo. Già una
quarantina sono approntati,
e altrettanti in progetto; e
tutto con le loro mani,
perché imparino ad
apprezzarli e conservarli.
Quando sì vedono
costruzioni faraoniche,
sempre per l'acqua, lasciate
in abbandono o per la
difficoltà di manutenzione o
perché in una società di
sopravvivenza i soldi per
mandare avanti i depuratori
non ci sono, allora si
capisce l'entusiasmo del
signor Jules e la convinzione
ferma di Rizzato che questa
è la strada da battere,
lasciando alle ricche nazioni
del Nord Europa la
compiacenza di costruire
queste inutili cattedrali nel
deserto . Il genio pratico di
Don Bosco .attraverso mille
risvolti sta trovando nei suoi
figli un vasto campo di
applicazione nella grande
Africa .
Rossetto Giovanni

1.7 Page 7

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-----------sll-
1 FEBBRAIO 1990 7
Nelle foto: immagini del Convegno di Vienna
AUSTRIA
Confronto
sulla pastorale
giovanile
in Europa
II Dicastero della Pastorale
Giovanile congiuntamente
alle Figlie di Maria
Ausiliatrice ha organizzato a
Vienna dal 24- al 30
novembre 1989 un confronto
salesiano sulla pastorale
giovanile in Europa.
All'incontro hanno
pai'tecipato Salesiani e Figlie
di Maria Ausiliatrice
dell'intera Europa e di tutte
le ispettorie . I lavori sono
stati seguiti personalmente
dai responsabili dei due
Dicasteri, don Juan Vecchi
per gli SDB e Madre
Elisabetta Maiali per le
FMA, e si sono svolti alla
Don Bosco Haus in un
clima di cordiale e fraterna
ospitalità e fraternità . Sui
contenuti delle esperienze
presentate e sulla qualità del
dibattito il BS tornerà a
scrivere. La cronaca delle
giornate si è articolata a ·
partire da due relazioni base
su « Domande e politiche
educative nell'Europa anni
'90 » di don Carlo Nanni e
« L'evangelizzazione
l'esperienza religiosa
giovanile. Tendenze
significative» di don
J. Schepens.
Le comunicazioni delle
esperienze invece hanno
visto la presentazione di
iniziative di largo
coinvolgimento giovanile
(Spagna, Belgio, Austria),
oppure relative al gruppo
considerato come luogo di
educazione e di
evangelizzazione (Italia,
Francia, Polonia) o ancora
relative al dialogo educativo
con il singolo (Gran
Bretagna, Germania, Belgio
Nord). Al termine dei lavori
è stato formulato un
documento .
ITALIA
Radio
Meridiano 12:
una nuova voce
per i salesiani
del Lazio
Domenica 7 gennaio 1990
alla presenza del Rettor
Maggiore don Egidio
Viganò, del cardinale Ugo
Paletti , di don Sergio
Cuevas, del prefetto della
città di Roma Voci nonché
di molti salesiani, Figlie di
Maria Ausiliatrice,
giornalisti ed operatori
culturali sono stati
inaugurati i nuovi impianti
di Radio Meridiano 12.
Posta nell'ampio complesso
della basilica San Giovanni
Bosco a Cinecittà, questa
radio rappresenta una
coraggiosa iniziativa
dell'Ispettoria romana che in
tal modo intende
promuovere un servizio per
l'evangelizzazione della città
di Roma e del Lazio. La
radio infatti è dotata di
impianti di trasmissione Alta
Frequenza che irradiano su
97.400 MHz e 102.800 MHz
e consente un bacino di
network per tutto il Lazio.
Attraverso dei ponti sono
state poi collegate le
redazioni di Radio Speranza
e di Radio Tiburtina.
Animatore e responsabile
dell'iniziativa è don Ettore
Segneri che in tal modo
continua con sempre pronta
disponibilità il suo servizio a
favore della comunicazione
sociale. Di «Radio
Meridiano 12», ovviamente
torneremo a scrivere. Per
ora non ci -resta che
augurare buon lavoro ai
numerosi tecnici e giornalisti
che abbiamo incontrato la
sera dell'inaugurazione.
-
Nella foto: l'inaugurazione di Radio Meridiano 12 a Roma

1.8 Page 8

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PROBLEMI EDUCATIVI
IN PRIMO PIANO
L'EDUCAZIONE
DEI GIOVANI
. ALLA FEDE
I «contributi» delle /spettorie in vista
del Capitolo Generale. Impegno individuale
e comunitario dei salesiani.
Forme tradizionali e nuovi strumenti.
La proposta educativa
salesiana ha una dimensione unita-
ria e integrale, nel senso che associa,
in un rapporto molto stretto, l'edu-
cazione umana e la formazione cri-
stiana. In questo quadro, che posto
occupa l'educazione alla fede? Poi-
ché il tema assegnato dal Rettor
Maggiore don Viganò al prossimo
Capitolo Generale della Congrega-
zione è « Educare i giovani alla fede,
compito e sfida della comunità sale-
siana oggi», a questo specifico aspet-
to hanno dedicato larga parte dei lo-
ro lavori i Capitoli lspettoriali in tut-
to il mondo salesiano. Unanime è
stato il riconoscimento che il « com-
pito» di educare alla fede la gioven-
tù è parte essenziale della vocazione
ad essere, attraverso Don Bosco,
« segni e portatori dell'amore di Dio
ai giovani» lungo un cammino com-
piuto con i giovani e per i giovani
verso l'incontro con Cristo. A sua
volta, la «sfida» nasce da una mol-
teplicità di elementi: i profondi cam-
biamenti che caratterizzano la nostra
epoca, la secolarizzazione, che se da
un lato ha evidenziato l'autonomia
di realtà terrene, dall'altro tende a
costruire l'uomo prescindendo e tal-
volta opponendosi alla legge di Dio; .
e, ancora, gli stessi giovani di oggi,
con i loro problemi, le loro spesso
drammatiche condizioni, le loro at-
tese, le loro speranze.
/ mpegno prioritario
Che posto occupa, dunque, l'edu-
cazione alla fede? I Capitoli lspetto-
riali le hanno assegnato il primo
posto nell'itinerario educativo sale

1.9 Page 9

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1 FEBBRAIO 1990 9
nianza e sul dialogo educativo-
culturale-professionale, visti come
« pre-evangelizzazione » e solida in-
troduzione ai valori cristiani. Oltre
al lavoro pastorale ed educativo ve-
ro e proprio, sono considerati stru-
menti validi l'impegno di vita di
numerosi giovani animatori, la pre-
senza di ex allievi, di cooperatori ed
altri collaboratori laici. Il luogo pri-
vilegiato di questa attività resta
l'oratorio-centro giovanile. Ciò non
impedisce di avviare l'annuncio del
Vangelo prendendo le mosse anche
da una partecipazione alla vita con-
creta della gente nel suo ambiente na-
turale.
Le forme tradizionali di annuncio
e catechesi sono molte: si va dalla ca-
techesi scolastica, parrocchiale, ora-
toriana ai ritiri spirituali, incontri,
conferenze, corsi, missioni popolari,
celebrazioni liturgiche, feste, tridui.
E ancora: festival, pellegrinaggi, can-
to corale, gruppi di servizio. Median-
te queste diverse forme, i salesiani
pregano con i giovani, si dispongo-
no al servizio della gioventù, testimo-
niano la carità, l'accoglienza e,
soprattutto, la fede che vogliono tra-
smettere.
Utilizzazione
degli audiovisivi
FotoLDC
siano: evangelizzazione e catechesi
sono un impegno prioritario e fon-
damentale della missione di tutti i sa-
lesiani. Stabilito questo, si impone
una seconda domanda: le attività
svolte dai salesiani nei diversi settori
sono impostate in modo tale da fa-
cilitare il cammino dei giovani verso
la maturazione della fede? Come ab-
biamo avuto modo di sottolineare in
precedenti articoli sulle tematiche ca-
pitolari, i «contributi» provenienti
dalle lspettorie sparse nei quattro an-
goli della Terra, sia a livello di veri-
fica che di proposta, si collocano
all'interno di condizioni sociali e re-
ligiose fortemente differenziate. Non
possiamo che limitarci, perciò, a
cogliere solo alcuni aspetti, certa-
mente insufficienti ad esaurire un
panorama tanto variegato, ma capa-
ci, speriamo, di dare un'idea della
«pista» su cui si svolgerà il dibatti-
to in sede capitolare.
Nel complesso, dai «contributi»
ispettoriali si rileva che i salesiani, in-
dividualmente e come comunità, so-
no impegnati nell'annuncio del
Vangelo in tutti gli ambienti in cui si
trovano ad operare, dalla scuola al-
la parrocchia, dall'oratorio alle va-
rie opere, sia attingendo al ricco
bagaglio della tradizione salesiana,
sia promuovendo forme innovative.
I progetti educativi si sforzano di
rendere più facile ai giovani il cam-
mino verso la maturazione della
fede, puntando anche sulla testimo-
Si ~ andata rafforzando la consa-
pevolezza dell'importanza di una
adeguata utilizzazione dei mezzi di
comunicazione sociale nel campo
dell'evangelizzazione e nella cateche-
si. In molte parti del mondo, i gio-
vani vivono ormai la cultura audio-
visiva e ne subiscono gli influssi,
spesso tutt'altro che positivi. Di ciò
occorre tener conto per fare un più ·
largo uso di questi strumenti moder-
ni. È una convinzione diffusa, ed an-
zi da più parti si lamentano ritardi di
cui si auspica il recupero. I mezzi di
comunicazione di massa - si dice -
vanno utilizzati con l'ottimismo, la
creatività, l'audacia di Don Bosco,
proprio in considerazione della loro
efficacia in ambiente giovanile. E, al
pari di Don Bosco, si deve arrivare
al popolo e ai giovani con formule
semplici, adatte, economiche, sia che

1.10 Page 10

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10 · I FEBBRAIO 1990
si tratti ji pubblicazioni a stampa sia
di prodotti audiovisivi .
L'educazione alla fede rientra nel-
la missione che Cristo ha affidato al-
la Chiesa, cioè di evangelizzare i
popoli. Oggi, l'evangelizzazione è in-
tesa come impegno all'annuncio nel
rispetto della cultura propria di ogni
popolo. La presenza salesiana in tut-
te le aree geografiche induce molte
Ispettorie ad accentuare l'aspetto
della «inculturazione» come proces-
so graduale di evangelizzazione nel
quale si riconoscano e si assumano
criticamente i valori di una determi-
nata cultura. Nei Paesi a maggioran-
za non cristiana, in particolare, si
suggerisce di utilizzare tutte le occa-
sioni d'incontro, le visite alle fami-
glie, la partecipazione ai momenti
lieti e a quelli tristi.
La realizzazione di una valida pro-
grammazione operativa per l'educa-
zione alla fede incontra naturalmente
delle difficoltà, che si collocano a li-
vello sia degli operatori sia dei desti-
natari, cioè i giovani . Quanto a que-
sti ultimi, si tratta a volte di muoversi
fra ragazzi impregnati di individua-
lismo, che li chiude alla coscienza ec-
clesiale e all'impegno sociale. Tal-
volta, e in alcuni ambienti, la fede dei
giovani è legata ad aspetti sociali e
della tradizione, come battesimo,
matrimonio ecc., per cui non è faci-
le farla diventare viva e significati-
va. Si colgono anche indifferenza e
apatia nei riguardi di una formazio-
ne integrale, una concezione povera
o addirittura falsa della Chiesa, una
dissociazione tra fede e vita, tanto
che per certi giovani l'educazione
umana e quella cristiana sono viste
come realtà tra loro separate. Nei
Paesi più poveri, dove i giovani vi-
vono in condizioni di estrema mise-
ria, di ignoranza, di ingiustizia e di
sfruttamento, la crescita umana fini-
sce, comprensibilmente, per concen-
trarsi sulla richiesta di miglioramenti
materiali primari, come il cibo , il la-
voro, la casa. È inevitabile, in que-
ste situazioni, prendere le mosse
dalla realtà sociale, puntando sui va-
lori umani quali la dignità della per-
sona e il rispetto dei suoi diritti, la
giustizia, la solidarietà. Gli sforzi di
tutti sono tuttavia diretti a coltivare
il senso dell'apertura comunitaria ed
ecclesiale, ad educare i giovani al sen-
so di appartenenza alla Chiesa e a fa-
vorire la loro maturazione cristiana .
Disponibilità ali'ascolto
Quanto agli operatori, i « contri-
buti » delle Ispettorie evidenziano
aspetti che il Capitolo Generale sarà
chiamato a valutare. Riguardano, ad
esempio, la formazione dei salesiani
come educatori alla fede. A questo
riguardo si sollecita una sempre mag-
giore aderenza dell'annuncio all'a-
zione pratica, un più intenso contatto
personale con i giovani, nonché il su-
peramento di forme di frammenta-
zione adottando progetti organici
adatti alle diverse età, ambienti e si-
tuazioni di partenza, un ridimensio-
namento degli aspetti organizzativi
quando questi possono andare a sca-
pito della finalità ultima. È impor-
tante per un itinerario di educazione
alla fede, che i giovani abbiano un
accompagnamento spirituale perso-
nalizzato, e possano trovare sempre
il salesiano disposto ad ascoltarli,
animarli, comprenderli. Sostenendo
la sua formazione morale, sarà più
facile indurre il giovane a partecipa-
re alla vita di gruppo, per poi diven-
tare un apostolo nel suo ambiente.
I salesiani sono chiamati ad aiu-
FotoLDC
tare i giovani a sviluppare il loro
senso di responsabilità verso il pros-
simo , specialmente il più bisognoso,
a renderli coscienti del dovere cristia-
no di sfruttare positivamente i doni
e i talenti ricevuti. In un'ottica di
promozione completa sono poi da te-
ner presenti in modo speciale la for-
'mazione al matrimonio e alla
famiglia, al lavoro, alla politica co-
me servizio reso al bene comune, al
rispetto dell'ambiente . Si insiste an-
che sul «linguaggio », che deve esse-
re curato perché sia comprensibile ai
giovani. Nel campo della catechesi si
sottolinea l'importanza crescente del-
la formazione di personale qualifica-
to, la necessità che l'evangelizzazione
prenda come punto di partenza la
condizione giovanile, l' esigenza di
offrire proposte chiare di fede e mo-
rale cristiana che sbocchino in qual-
che tipo di impegno nella Chiesa.
La nostra succinta rassegna dei
« contributi » ispettoriali - ma ci
vorrebbe ben altro spazio per racco-
glierli tutti - ci dice di quale porta-
ta sia il compito che attende il
Capitolo Generale, chiamato a defi-
nire gli orientamenti di carattere ope-
rativo della Congregazione nei pros-
simi anni .

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - -- - - -- sB-
1 FEBBRAIO 1990 11
....,
di . ' I .
·\\. _:,e:..,JI'
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A
CHE INTERPELLA TUTTI
La Chiesa italiana ha
dedicato un convegno
al problema
dell'emigrazione. Quali
prospettive? L'urgenza
d'un equilibrio
nord/sud del mondo.
È certo una nuova fase
quella che sta per aprirsi all'alba de-
gli anni 90 per molti immigrati extra-
comunitari che si trovano in Italia.
Un composito universo di razze, lin-
gue, culture che è andato crescendo
sotto i nostri occhi, dalle grandi aree
metropolitane ai piccoli centri di pro-
vincia il più delle volte lungo le oscu-
re e tortuose vie della clandestinità.
Comunque il loro numero è tale -
un milione, circa, di persone - che
più che di « fenomeno migratorio»
come dicono gli esperti, sembra più
opportuno parlare di una « nuova
presenza» che si sta radicando nella
nostra società, sempre più rapida-
mente avviata verso dimensioni mul-
tirazziali e multiculturali.
Dunque sono tra noi. Una realtà

2.2 Page 12

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12 · I FEBBRAIO 1990
di cui dobbiamo prendere atto e che
ci interroga con la forza dei grandi
flussi migratori dal Sud povero del
mondo verso il miraggio dei Paesi
ricchi del Nord.
Così l'Italia, fino a pochi décenni
fa terra d' emigranti, in poco tempo
è diventata meta di immigrazione.
Una trasformazione rapida ma non
certo indolore, se è vero che dietro
agli episodi di razzismo strisciante si
nasconde la perdita di una memoria
storica ancora non troppo lontana.
«L'Italia si trova di fronte allo stes-
so problema di un tempo, ma i ter-
mini si sono rovesciati...» scrive il
sociologo Ferrarotti nel volume Stra-
nieri a Roma recentemente messo a
punto dalla Caritas diocesana.
« Adesso finalmente sappiamo che
aver bisogno di braccia significa far
posto a delle persone».
Sì, far posto a delle persone. Se fi-
nora lo straniero è stato costretto a
vivere da « uomo marginale» (e non
sono mancati episodi di violenza co-
me la morte del sudafricano Jerry
Masslo in una rapina a Villa Liter-
no) oggi la situazione sembra final-
mente essere arrivata al punto di
voltare pagina.
La nuova
normativa
Il decreto del Governo varato alla
vigilia dello scorso Natale introduce
parecchie novità, da tempo caldeg-
giate dalla Chiesa, da movimenti ec-
clesiali e associazioni di volontariato
impegnati in prima linea a dare ri-
sposte concrete all'accoglienza e
all'assistenza degli stranieri clande-
stini. Ma vediamo concretamente di
che si tratta. Innanzitutto la sanato-
ria, per tutti gli stranieri entrati in
Italia prima del I O dicembre '89, che
permetterà l'iscrizione alle liste di
collocamento, l'inserimento nelle
scuole, lo svolgimento di un lavoro
autonomo, la formazione di coope-
rative, l'accesso ai contratti di for-
mazione lavoro. Il cosiddetto
numero programmato in base al qua-
le l'ingresso e il soggiorno in Italia
saranno regolati da un sistema di vi-
sti con i Paesi extracomunitari, con
durata variabile a seconda delle mo-
tivazioni (fino a due anni per lavo-
ro, un anno per gli studenti, tre mesi
per turismo). La possibilità di con-
cedere l'asilo politico (prima ristret-
ta solo ai profughi dell'Est europeo)
viene allargata ai cittadini provenien-
ti da tutto il mondo (e lo Stato do-
vrà attrezzarsi per controllare se chi
chiede asilo ne abbia davvero dirit-
to). E infine nel decreto è stata an-
che inserita l'assistenza·sanitaria: gli
stranieri potranno iscriversi alle
USL, garantendo anche ad essi il di-
ritto alla salute (l'Istituto superiore
di Sanità ha recentemente stimato un
forte incremento di malattie infetti-
ve come la Tbc che in Italia erano
praticamente debellate).
/1 ruolo
della Chiesa
Dalla fase dell'accoglienza stiamo
dunque passando a quella della re-
golarizzazione, dalla clandestinità ci
si avvia all'inserimento. Una strada
lunga, difficile, piena di ostacoli e di
inversioni di marcia per l'immigrato

2.3 Page 13

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- - ---------s/J-
1 FEBBRAIO 1990 13
Foto Fornaciari
straniero che è in Italia. Per lui spes-
so in questi anni l'unica compagna
di viaggio è stata la Chiesa attraver-
so le premure di un parroco, di una
suora, di un volontario. Per prima
impegnata a farsi « voce di chi non
ha voce», a cercare un letto, un la-
voro, una soluzione adeguata alla di-
gnità di queste persone spesso ridot-
te a vivere alla stregua di « nuovi
poveri» .
Quanto tutto ciò stia a cuore al
mondo ecclesiale si è visto nel recen-
te convegno « Immigrati: fratelli per
un mondo solidale» organizzato dal-
la CEI a Roma nel dicembre scorso
con il contributo della Fondazione
Migrantes, della Caritas, dell'Ufficio
Nazionale per la Cooperazione tra le
Chiese, dell'Ufficio per i problemi
sociali e il lavoro e il Coordinamen-
to per i rapporti Chiesa-territorio. A
fare il punto della situazione sono in-
tervenuti operatori pastorali impe-
gnati in prima persona (si è parlato
della comunità di Mazara del Vallo,
dei profughi vietnamiti, delle nuove
associazioni di stranieri), autorità ec-
clesiastiche, esperti e politici che
hanno analizzato il fenomeno immi-
grazione in tutte le sue componenti.
« Vogliamo aiutare a leggere realisti-
camente la situazione così com'e oggi
e come si presenta in prospettiva~
ha sottolineato mons . Antonio Can-
tisani, Presidente della Fondazione
Migrantes, in apertura dei lavori del
Convegno . - Una recente ricerca
della Labos sembra ridimensionare
in qualche modo le statistiche che
parlano di 820.000 stranieri circa pre-
senti nell'89. È certo però che l'im-
migrazione sta aumentando e

2.4 Page 14

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14 1 FEBBRAIO 1990
Foto Fornaciari
aumenterà ancora fino al punto che
sarà - in Italia come in Europa -
il problema centrale delle nostre so-
cietà per i prossimi dieci anni, aggra-
vato oggi dal fatto che per gli
avvenimenti di questi ultimi mesi, i
Paesi occidentali (e non certo per
motivi di pura solidarietà) preferisco-
no guardare all'Est più che al Sud».
Gu scenari
del futuro
Tracciando lo scenario delle tra-
sformazioni del nostro prossimo fu-
turo, il sociologo Achille Ardigò nel
suo intervento al Convegno CEI ha
sottolineato le stratificazioni e le va-
rie categorie che si possono distin-
guere all'interno del grande mosaico
di razze degli stranieri immigrati.
Non tutti sono poveri e non tutti
hanno gli stessi bisogni. Anzi, solo
distinguendo varie categorie di per-
sone e di bisogni (studenti, profughi,
lavoratori autonomi o dipendenti) si
può cercare di colmare i vuoti lasciati
aperti dalla pur valida, ma solo par-
zialmente attuata, legge 943 del 1987
sulla regolarizzazione degli immigrati
clandestini. L'atteso intervento del
Fra <<regolari>> e
clandestini
sono un milione
e 400 mila
Quanti sono in Italia gli immigrati del Terzo Mondo?
Nessuno può dirlo con precisione, a causa della condizione di clan-
destinità in cui molti di essi vivono. Per fare un esempio, risulta ufficial-
mente che i filippini registrati sono circa 25 mila, ma si calcola che ce
ne siano 26 mila solo a Roma e 120 mila in Italia, cioè la più numerosa
colonia straniera nel nostro Paese.
Ci si deve dunque accontentare di stime più o meno attendibili . Si
ritiene che non sia troppo lontana dalla realtà la cifra di un milione e
400 mila. Di essi, 600 mila sono« regolari", cioè provvisti del permesso
di soggiorno, il resto sono clandestini. La corrente migratoria che negli
ultimi tempi ha assunto le maggiori dimensioni proviene dall'Africa me-
diterranea: Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto. Ma sono folte anche le
rappresentanze di Ghana, Niger, Senegal, Pakistan. Il 15 per cento è
rappresentato da cittadini di Paesi dell'Asia continentale. Vanno mes-
se nel conto dell'immigrazione, sebbene con caratteristiche loro pro-
prie, anche le persone provenienti dai PaesL dell'Est europeo.
La città toccata per prima dagli immigrati è Roma. E tipico degli abi-
tanti dei Paesi poveri fare riferimento alla propria capitale come al luo-
go che offre più occasioni di contatto e di lavoro1 anche perché spesso
essa è l'unica vera città esistente nel territorio . E con questa mentalità
che gli immigrati approdano in Italia e puntano su Roma. Bastano in
genere tre mesi perché si accorgano che la realtà italiana è diversa e
difatti si disperdono poi in altre città. Gli extracomunitari a Roma sono
ufficialmente 200 mila. Ad essi si aggiungono circa 230 mila clandesti-
ni. Purtroppo parecchie di queste persone, prive di tutto in un Paese
straniero, sono esposte alle tentazioni dell'illegalità. E incappano nelle
reti della polizia per scippi , furti, spaccio di droga. Nel carcere romano
di Regina Coeli almeno il 60 per cento dei detenuti è oggi costituito da
gente di colore.
,
Solo una irrisoria percentuale di immigrati, 0,6 secondo una indagi-
ne condotta a Roma dalla Facoltà di statistica dell'Università, è analfa-
beta. Il 4, 1 sa leggere e scrivere, il 12,9 possiede la licenza elementare,
il 23,6 la licenza media, il 27,3 un diploma professionale e il 36,5 la ma-
turità o la laurea. L'8,9 non ha abbastanza denaro per vivere, il 32,2
stenta la vita, il 29,9 se la cava e il 28,9 riesce anche a risparmiare
qualcosa
G.N.

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - - ~-
Ministro per gli Affari Sociali, sen.
Rosa Russo Jervolino, ha anticipa-
to durante i lavori del Convegno CEI
il nuovo pacchetto di proposte nor-
mative, sollecitate dagli organi eccle-
siali, che di a pochi giorni sa-
rebbero state approvate dal Consi-
glio dei Ministri. Ma ·attenzione, una
legge per quanto valida (tra le più
avanzate sulla piazza europea e con
il 1992 i conti si dovranno fare pro-
babilmente su scala diversa) non ba-
sta a rimuovere le cause profonde
che spingono i flussi migratori dal
Sud del mondo verso i Paesi più ric-
chi. Mentre infatti l'Europa invec-
chia, secondo il « Piano Bleu »
elaborato dall'ONU la popolazione
dei Paesi del Sud del Mediterraneo
è destinata invece a crescere, passan-
do da 200 milioni di persone di oggi
a 330 milioni nell'anno 2025. Solo
una più coerente e ampia politica di
aiuto allo sviluppo dai Paesi medi-
terranei può favorire la permanenza
nei luoghi d'origine di quegli indivi-
dui e gruppi sociali che altrimenti si
vedono costretti all'emigrazione per
ragioni economiche. Il tempo e le ri-
sorse da impiegare sembrano pur-
troppo insufficienti, ma forse
possiamo ancora cercare di fare ·quel-
Io che non siamo stati capaci di rea-
Ii.zzare in passato per evitare
l'emigrazione italiana ali'estero.
Grandi trasformazioni dunque si
annunciano all'orizzonte sociale di
questo fine secolo, ma già molte co-
se sono cambiate. Lingue, razze, cul-
ture diverse si intrecciano ormai per
le nostre strade, giorno dopo giorno.
Ma la gente se ne rende veramente
conto? Siamo pronti a queste nuove
dimensioni di convivenza anche sul
piano religioso, in particolare con i
fedeli di religione musulmana? È la
domanda che è rimbalzata daH'inter-
vento del Card. Carlo Maria Marti-
ni in chiusura del Convegno CEI,
come nuova frontiera pastorale che
attende la Chiesa italiana nel prossi-
mo futuro. La strada sàrà sostanzial-
mente quella del dialogo, evitando
incomprensioni e contrapposizioni,
« dando aiuto nel coniugare la mo-
dernità con la loro (ede. Attraverso
l'amore disinteressato dovremo su-
scitare in loro il desiderio di conosce-
re Cristo e la verità cristiana» .
1 FEBBRAIO 1990 · 15
L,ESPERIENZA
SALESIANA:
IMPARARE ·A PESCARE
Quando il giovane Son- tà italiane, che nel biennio 1980-82
phet, vent'anni, profugo laotiano, hanno accolto nel progetto di forma-
solo e senza più famiglia, è arrivato zione professionale 25 giovani pro-
al campo profughi di Sikiù in Thai- · fughi laotiani e. cambogiani raccolti
landia non immaginava certo quello da vari campi di raccolta del Sud-est
che di a poco tempo sarebbe stato asiatico.
il suo destino . Era il 1980 e in segui- L'iniziativa era stata concepita
to al fortunato incontro con don nell'agosto del '79 dall'incontro di
Giancarlo Manara della Sede del due sensibilità: quella di mons. Ner-
CNOS (Centro Nazionale Opere Sa- vo, allora vicepresidente della Cari-
lesiane) Sonphet ha àvuto la possi- tas italiana, colpito dallo stato di
bilità di venire in Italia, di abbandono e di frustrazione in cui
frequentare il biennio professionale aveva trovato, durante le sue visite
per elettricisti specializzati presso il in Thailandia e in Malesia, numero-
CNOS dell'Aquila, in seguito al qua- si giovani costretti nella solitudine dei
le ha trovato un buon lavoro presso campi profughi; l'altra sensibilità era
una ditta locale. Di carattere schivo quella di don Dante Magni, presiden-
e riservato, Sonphet, un po' noma- te del CNOS, convinto che la co-
de come tutti i profughi, ha poi rea- scienza salesiana dovesse dare
lizzato il sogno che si portava in risposta a quel grido di aiuto che pro-
cuore da anni e un bel giorno è par- veniva da questi ragazzi. Pochi mesi
tito per gli Stati Uniti, per cercare, dopo, arrivano i primi laotiani a Lec-
dicono, un paren(e già emigrato lì. ce, e subito dopo altri quattro a Mi-
E qui si perdono le tracce della sua lano, due ad Alessandria, tre a
storia. Una delle tante raccolte dal- Bologna, due ad Ortona, a L' Aqui-
l'esperienza del «Progetto giovani la. Sempre cercando di non dividere
profughi» nato dallà collaborazione parenti o gruppi di etnie, in quelli
della Caritas con i CNOS di varie cit- stessi mesi quattro vietnamiti vengo-
Mieta Fagiolo D'Attilia

2.6 Page 16

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16 1 FEBBRAIO 1990
Foto LDC
no accolti a Verona, tre a Venezia
e due nel CNOS di Udine. Tutti
dopo aver frequentato un breve
corso di lingua italiana per facilitare
il loro inserimento nel nuovo Paese
e nell'apprendimento delle varie qua-
lifiche professionali (meccanico, elet-
tricista, elettronico industriale,
litografo).
« Il "progetto" è stato per noi una
esperienza molto interessante -
spiega don Umberto Tanoni diretto-
re del CNOS, che abbiamo incontra-
to durante una pausa del Convegno
della CEI sull'immigrazione in Ita-
lia. - Alcuni ragazzi hanno abban-
donato strada facendo gli studi, sa,
il profugo si trova sempre in condi-
zioni psicologiche un po' particola-
ri. Così c'è stato chi ha preferito
andare subito a lavorare, chi in Ger-
mania, chi in America, piuttosto che
continuare la formazione con gli al-
tri. Molti di quelli che sono arrivati
al traguardo invece sono rimasti in
Italia. Le loro storie personali? lo in
quegli anni ero a L'Aquila e non ho
indagato molto sul passato dei due
ospiti laotiani. Non era delicato. Ad
un certo punto abbiamo dubitato
perfino del loro nome, della loro da-
ta di nascita, che poteva anche esse-
re diversa da quella che ci avevano
dato». Don Tanoni si interrompe per
mostrarmi i fogli del bilancio finale
di questa esperienza, che, nonostan-
te le difficoltà incontrate, ha dato
frutti positivi. « Tutti i giovani han-
no trovato un lavoro, chi nel corso
del primo anno, chi nel biennio di
qualifica. Per tutti è stata preziosa
l'esperienza fatta presso di noi. E
questa esperienza, proprio per il suo
carattere sperimentale, può essere la
premessa di altre realizzazioni
future».
Dieci anni dopo il « Progetto gio-
vani profughi», con una profonda
trasformazione dello scenario socia-
le in cui è cresciuto il problema delle
nuove immigrazioni in Italia, si sta
mettendo a punto un nuovo proget-
to per l'inserimento dei lavoratori
stranieri. Per questo è stato già chie-
sto il contributo dei fondi struttura-
li della CEE e si spera già per
quest'anno di mettere a punto la for-
mazione degli operatori . Spiega an-
cora don Tanoni: « Puntiamo
soprattutto sul consolidamento pro-
fessionale per raggiungere una posi-
zione lavorativa adeguata e il più
rapida possibile. Come presupposto
c'è da mettere in conto prima di tut-
to un consolidamento culturale (mol-
ti stranieri extracomunitari hanno
titoli di studio superiori ma ci sono
anche gli analfabeti) e una adeguata
autosufficienza linguistica. Cerche-
remo poi di introdurre gli stranieri
nei nostri corsi normali perché non
vorremmo fare dei ghetti. Sì, stiamo
cercando di fare in modo che questo
nuovo progetto dalle dimensioni
piuttosto consistenti si possa defini-
re "una risposta salesiana al
problema-stranieri"».
M.d'A.

2.7 Page 17

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---~-
1 FEBBRAIO 1990 , 17
Una semplice iniziativa
al quartiere Prenestino
di Roma è diventata
un forte momento
aggregativo e di
coscientizzazione.
La tradizione narra che
il primo presepio della storia fu com-
posto da S. Francesco a Greccio. E
da allora, la rappresentazione plasti-
ca della nascita di Gesù deposto in
una mangiatoia - che in latino si
chiama « praesaepe » - ha acceso
l'immaginazione di grandi artisti. Ma
anche di artigiani, di dilettanti e so-
prattutto _delle persone comuni che
allo scoccare di ogni Natale della
propria esistenza hanno dato fondo
ad insospettate energie creative. An-
cora oggi molte famiglie si accingo-
no a fare il presepio con quel
particolare stato d'animo che solo il
Natale riesce a conferire. E ciò no-
nostante gli attentati di una vita

2.8 Page 18

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18 • l FEBBRAIO 1990
r
•\\
I
I1
ì
ci
non lavartene
A
''
le ma .i
frenetica e di un consumismo esa-
sperato.
E ogni anno mentre doponiamo,
la sera della vigilia di Natale, la sta-
tuina del bambinello in fasce nella
paglia della mangiatoia rinnoviamo
immancabilmente i propositi affin-
ché la nostra vita di credenti sia nei
giorni a venire più coerente. È certo
che quel piccolo Gesù ci imprime un
senso di pentimento e di responsa-
bilità.
Ma quante volte, compiendo que-
sto dolce e rituale gesto abbiamo
pensato a dove quel bimbo, che gia-
ce al freddo, fra gli umili, potrebbe
nascere ai nostri giorni ed in una cit-
tà diventata arida ed insensibile co-
me Roma? Probabilmente due
stranieri che cercassero ospitalità per
mettere al mondo il proprio figlio nel
Natale del 1989 avrebbero trovatori-
fugio solo in uno di quegli angoli di-
menticati dove ogni giorno vivono
migliaia di emarginati: in poche pa-
role tutti coloro che pagano con la
solitudine e il dolore il prezzo di un
progresso cui manca l'attributo di
umano.
70.000 handicappati, 3.000 noma-
di, 550.000 anziani, 20.000 malati di
mente, 120.000 stranieri, 500 malati
di AIDS, 40.000 famiglie senza ca-
sa, 210.000 disoccupati, 50.000 tos-
sicodipendenti, 3.000 barboni.
Queste le dra_mmatiche cifre della
sofferenza a Roma. Nella Capitale
del quinto Paese più industrializza-
to del mondo.
Sentirsi ricordare questi numeri
non fa certo piacere. Ma la realtà è
questa. E la sua descrizione solo
parziale.
Ciò che forse può più sorprende-
re è che calare visualmente la raf-
figurazione della natività nelle sac-
che dell'emarginazione determina
sentimenti e sensazioni ancora più
coinvolgenti dell'allestimento tradi-
zionale.
È questa la considerazione di fon-
do cui siamo giunti dopo aver visi-
tato Bentornato Presepio 1989. Oltre
trentacinque presepi sono stati espo-
sti al pubblico dal 24 dicembre al 31
gennaio a Borgo Ragazzi Don Bosco.
Un'iniziativa realizzata dalla Scuola
Media Borgo Ragazzi Don Bosco
con la collaborazione del C.G.S.
Prenestino e il patrocinio del Comu-
ne di Roma e dell'Ente Provinciale
per il Turismo di Roma.
Una mostra ricca di significati pro-
prio perché dedicata in questa sua
quinta edizione al tema: «Emargina-
zione a Roma» .
Un'occasione importante per im-
primere significati più profondi alla
nostra riflessione sul Natale. Forse
non sufficientemente pubblicizzata
rispetto ad altre iniziative più consue-
te. Incredibile il risultato. Scuole ele-
mentari del territorio, aziende di
commercio, ma anche comunità di
malati di AIDS, di handicappati, de-
tenuti del carcere di Regina Coeli
hanno risposto all'invito di realizza-
re un presepio dedicato ad un tema
così impegnativo e tanto anticon-
formista.
Nella sala nella quale sono stati
raccolti abbiamo potuto leggere la
sintesi delle realtà più difficili della
nostra città ma anche l'insieme dei
sentimenti contrastanti che proviamo
quotidianamente. ·

2.9 Page 19

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- - ---------#1-
1 FEBBRAIO 1990. 19
Le foto
del servizio
sono di
F. MARZI
Legno, latta, cartone, metalli, po-
listirolo, cartapesta sono alcuni dei
materiali utilizzati per costruire que-
sti presepi. Tutti bellissimi e carichi
di molteplici significati . Vorremmo
poterveli descrivere ad uno ad uno.
Ma in poche righe è impresa impos-
sibile.
Sconvolgente la lucidità con la
quale teneri alunni delle scuole ma-
terne hanno individuato il filo con-
duttore loro suggerito dimostrando
una scaltra conoscenza dei problemi
dei più deboli. La I e della Scuola
Catullo, ad esempio, ha posto Gesù
al centro di una lanterna e ha de-
scritto nelle pareti che la circondano
da un lato i movimenti di effimera
euforia del nostro tempo; dall'altro
flashes di vita tragica.
La scuola elementare Renzo Pez-
zani ha invece voluto puntare il dito
con un effetto scenico eclatante sui
barboni. Al centro di una grande me-
tropoli buia spuntano da un cumulo
di carte e cartoni le scarpe di un uo-
mo . La rappresentazione è talmente
efficace da far pensare che sotto quei
cartoni vi sia veramente un essere
umano. E l'immagine dei barboni è
stata riproposta in un altro angolo

2.10 Page 20

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20 · 1 FEBBRAIO 1990
della mostra dove sulle panchine di}
un giardinetto che riproduceva quelli
un po' asfittici e fatiscenti che in ge-
nere si trovano nelle piazze più cao-
tiche di !{orna sono stati collocati dei
fantocci a misura d'uomo.
Non possiamo non citare il prese-
pe realizzato dalla Tipografia Don
Bosco ed introdotto dallo slogan
« Cristo si è rivelato agli umili».
Dalla cartapesta, una materia tan-
to povera quanto plasmabile, è sta-
to creato dagli exallievi un presepio
intitolato «Zingari a Ponte Marco-
ni». In esso il fiume divide la città
asettica ed ordinata dalla città che
soffre. Mentre Gesù trova accoglien-
za in un accampamento di zingari.
Simile spunto d'immaginazione quel-
lo del presepe del T.G.S. Borgo. Qui
su uno dei ponti che attraversano il
Tevere ed hanno come sfondo la ba-
silica di S. Pietro scorrono ordinate
belle macchine e autobus. Nascosto
sotto il ponte accanto ad un fiume
che esprime tutte le sue colorazioni
verdastre è stato riprodotto il bam-
binello che nasce accanto ad un grup-
po di esclusi. Ancora agli zingari è
dedicato il più grande e centrale dei
presepi esposti. Opera dell'artigiano
Gregorio Guerrera. Per alcune di
queste ricostruzioni della nascita del
Salvatore gli autori hanno scelto co-
me materiale per la costruzione i ferri
del mestiere. È questo il caso dei
meccanici Auto Gerin (ex allievi) che
con pezzi di automobili - valvole,
iniettori, pompe d'iniezione, cruscot-
ti, testate - hanno concepito una
rappresentazione decisamente origi-
nale. Ciò che dimostra le tante stra-
de che la creatività può imboccare.
Fin qui alcuni dei presepi composti
da chi ha cercato di guardare tutte le
facce dell'emarginazione di Roma.
Ma l'altro aspetto significativo di
questa edizione di Bentornato Prese-
pio è stata la partecipazione di chi vi-
ve l'emarginazione. I personaggi
plasmati con il fil di ferro da un
gruppo della Casa famiglia per Ma-
lati di AIDS di Padre Monti . Oppu-
re la natività immaginata dai detenuti
di Regina Coeli: una grande distesa
di terra arsa di fronte alla capanna
di Gesù.
Non possiamo purtroppo soffer-
marci oltre su queste descrizioni e ri-
cordiamo solo che a questa mostra
ha impresso ulteriore valore l'espo-
sizione di due opere di uno dei mag-
giori scultori lignei del Novecento,
Ferdinando Codognotto: l'Annun-
ciazione e la Cometa di Halley.
Un simbolo anche questo del rap-
porto dell'uomo con la materia. Fra
i tanti messaggi che Bentornato Pre-
sepio 1989 crediamo abbia donato ai
suoi visitatori vi è quello di aver sti-
molato tanta speranza e tanta voglia
di fare per gli altri e con gli altri. Ciò
che ci suggerisce una proposta per il
Natale 1990: invitiamo a immagina-
re e creare con noi un presepe chi da
troppo tempo ha perso lo spirito di
Natale.
Maria Galluzzo

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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-----------~-
REPORTAGE
1 FEBBRAIO 1990 21
Corea
PARROCCHIA
A SEOUL
Come si
Percorrendo Seoul la se- coreano, lasciando la loro impronta
evangelizza
in Corea?
L'esperienza
ra, non si può non restare sorpresi
dal gran numero di croci che brilla-
no su questa città dell'Asia confucia-
na. Illuminate di rosso con la luce al
nella società. A differenza di altri
Paesi del continente asiatico, la Co-
rea non ha infatti una sua religione
originaria che ne abbia segnato in
della parrocchia
neon, tutte quelle croci indicano le
chiese e le cappelle protestanti o i
profondità la storia e il costume.
L'uomo coreano di oggi conserva
salesiana di
luoghi di ~ulto delle tante sette che un profondo spirito religioso ed è al-
To Rim Dong.
sono particolarmente aggressive nel la ricerca di una risposta ai suoi pro-
loro proselitismo.
blemi. Ma le religioni tradizionali
Sciamanismo, confucianesimo, non hanno risposte da dare, sono di-
buddismo, cattolicesimo, protestan- sincarnate. Lo sciamanismo è l'an-
tesimo hanno ispirato in modo suc- tico culto degli spiriti e degli antenati
,r
cessivo e vario la vita del popolo a livello familiare. Il confucianesimo
è ritenuto responsabile d'aver ritar-
dato l'apertura del Paese al mondo
moderno. Il buddismo, di provenien-
za estera come il confucianesimo,
non sembra all'altezza delle attese
dell'uomo di una società sempre più
industrializzata.
Di qui il boom delle conversioni al
cristianesimo. Agli occhi dei corea-
ni, il cristianesimo appare come una
religione moderna, adeguata al no-
stro tempo, incarnata nei problemi
quotidiani della gente. Molto di que-
st'immagine positiva si deve all'im-
pegno delle Chiese - soprattutto di
quella cattolica - per i diritti uma-
ni e la giustizia sociale. Con circa sei
milioni di protestanti e quàsi due mi-
lioni e mezzo di cattolici, la Corea del
Sud è, dopo le Filippine, la nazione
più evangelizzata dell'Asia. I cristiani
sono già complessivamente il 20%
dei 42 milioni di abitanti.
Il progresso tecnico-economico
sembra incrementare la ricerca di

3.2 Page 22

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22 1 FEBBRAIO 1990
senso religioso. L'immigrazione ur-
bana e le trasformazioni sociali ac-
centuano il senso di vuoto spirituale.
Si spiega così il proliferare di un gran
.numero di sette accomunate da sin-
cretismo religioso occidentale ed
orientale. L'effervescenza religiosa in
Corea del Sud, nei tempi più recen-
ti, ha fatto definire questo Paese il
«paradiso mondiale delle nuove re-
ligioni ». L'espansione delle 450
« nuove religioni » o _sette, che con-
tano già tre milioni di adepti, avvie-
ne specialmente - ma non solo -
a spese del confucianesimo e del
buddismo.
La proliferazione delle sette costi-
tuisce un problema grave·e una sfi-
da per la giovane Chiesa cattolica.
Questa Chiesa, nata dal sangue di
diecimila martiri tra il 1784 e il 1886,
conosce oggi un prodigioso incre-
mento di conversioni che nessun ' al-
tra Chiesa al mondo registra : circa
150 mila battesimi di adulti l'anno .
I vescovi dicono: « Lo Spirito Santo
soffia impetuoso nel nostro Paese.
Non ci resta che ringraziarlo e fare
il possibile per educare questi cristia-
ni alla fede ».
II tema centrale di tutti i discorsi
che si fanno nella Chiesa di Corea è
la scarsità di sacerdoti e, quindi, la
difficoltà di assistere spiritualmente
fedeli che frequentano la Messa do-
menicale e si confessano in percen-
tuali altissime: il 60-70, anche 1'80%
a seconda della vicinanza o lontanan-
za dalla chiesa parrocchiale. I sacer-
doti, tra coreani e missionari esteri,
sono meno di millecinquecento . Un
motivo di speranza per l' avvenire so-
no le numerose vocazioni al sacerdo-
zio e alla vita consacrata, in parti-
colare quella femminile.
L'intensa vit_a religiosa della par-
rocchia salesiana di Kuro 3-Dong,
nella parte meridionale di Seoul , ri-
specchia la situazione della Chiesa in
tutto il Paese. Al loro arrivo nella ca-
pitale sudcoreana, verso la fine de-
gli anni '50, ai salesiani venne
affidata la parrocchia di To Rim
Dong dedicata a San Giovanni Bo-
sco. Quello di To Rim Dong era un
quartiere immenso con alcuni piccoli
centri missionari. Uno di questi cen-
tri era nella zona di Kuro Dong e,

3.3 Page 23

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-----------:58-
Seoul è infatti una sterminata me-
tropoli di dieci e più milioni di abi-
tanti, con distanze enormi e grossi
centri satelliti dove vivono centinaia
di migliaia di persone. Se non ha nul-
la delle caotiche «megalopoli» del
terzo mondo, la capitale sudcoreana
non è però esente da fenomeni di spe-
culazione edilizia con l'aumentò ver-
tiginoso dei costi dei terreni e delle
abitazioni. La gente si sta spostan-
do in massa verso Seoul. La città
ospita ora il 30% della popolazione
coreana, contro il 18 OJo dj dieci anni
fa.
Kuro 3-Dong è una delle pochissi-
me parrocchie affidate in tutta la Co-
rea a religiosi. Vi lavorano a tempo
pieno tre salesiani - due spagnoli ed
uno coreano - e quattro suore di
Maria Ausiliatrice, tutte native. Ogni
domenica vengono celebrate sei Mes-
se per i circa 8000 cattolici della zo-
na su una popolazione complessiva
di 150 mila persone. La prima di
buon mattino per chi deve andare a
lavorare. L'ultima la sera per i gio-
vani. La Messa più frequentata è
quella delle dieci e mezza. Assisten-
dovi, si resta ammirati per la com-
postezza dei fedeli, il silenzio in cui
si svolge tutta la celebrazione, la par-
tecipazione della gente, il fervore del-
la prieghiera, il canto corale.
Anche la parrocchia dei salesiani,
come tutte quelle della capitale, ha
un problema prioritario su tutti gli
altri: come aiutare i neoconvertiti nel
1 FEBBRAIO 1990 23
loro cammino di maturazione dopo
il battesimo, che viene impartito do-
po circa un anno di catecumenato.
I battesimi di adulti variano da regio-
ne a regione. Sono più numerosi nel-
le città e fra le classi colte che nelle
campagne e fra la gente più povera
(al contrario di quanto avviene altro-
ve in Asia). La metà di quasi tutti i
battesimi' di adulti sono impartiti a
Seoul.
.
A Kuro 3-Dong il vero lavoro di
istruzione religiosa lo·fanno i laici nei
numerosi corsi di catechesi che si ten-
gono sia in parrocchia sia nei « mo-
vimenti ecclesiali» (il più diffuso in
Corea è la« Legione di Maria»), che
sono molto attivi ed a cui apparten-
gono una forte percentuale di battez-
zati. Chi riceve il battesimo, sa che
1deve impegnarsi al servizio dell'evan-
gelizzazione. I sacerdoti sono solo i
supervisori di tutta l'opera di forma-
zione, mentre le suore sono diretta-
mente impegnate nella catechesi e
nella visita alle famiglie dei catecu-
meni e dei cristiani.
La parrocchia salesiana è vera-
mente una fucina in continua attivi-
tà: dal mattino presto fino a notte
fonda è difficile trovare un locale
non utilizzato. È impressionante il
numero di persone che in una gior-
nata la frequentano per pregare, per
i corsi di catechesi, per l'asilo o per
mille altri motivi. Tutto o quasi tut-
to questo movimento è, come si di-
ceva, nelle mani dei laici. La Chiesa
quando il numero dei cattolici au-
mentò, fu eretto in parrocchia. Il nu-
mero 3 sta ad indicare che la
parrocchia, dedicata a San Frencesco
di Sales, si trova nel terzo dei rioni
in cui l'area di Kuro Dong è suddi-
visa sul piano civile .
Kuro 3-Dong: una grande parroc-
chia operaia tra i capannoni delle in-
dustrie tessili ed elettroniche e quelli
delle fabbriche di prodotti artigiana-
li. Tutt 'intorno case popolari, mer-
cati, scu0le, campi da gioco. Al di
qua della strada su cui si affaccia la
parrocchia , vive gente poverissima,
in abitazìo.ni tirate su in fretta nei pri-
mi anni '50 dai rifugiati dal Nord. Al
di là, famiglie che se la passano me-
glio affitrando stanze a chi lavora
nelle fabbriche ed è disposto a paga-
re più del previsto pur di abitare vi-
cino al posto di lavoro.

3.4 Page 24

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24 I FEBBRAIO 1990
,·
di Corea ha una lunga tradizione in
proposito, essendo stata fondata da
laici ed essendo sopravvissuta per
quasi un secolo di persecuzione gra-
zie ai laici.
A Kuro 3-Dong sono circa 900 i
laici, uomini e donne, attivamente
impegnati in dodici gruppi - in me-
moria dei dodici apostoli - con
compiti precisi: liturgia, catechesi,
çarità, amministrazione, visita ai ma-
lati, animazione dei giovani, annun-
cio ai lontani, ecc. Sulle pareti degli
uffici parrocchiali sono appese le fo-
to delle ultime cerimonie di battesi-
mo. Se ogni anno ci sono più di 500
conversioni, il merito è di questi lai-
ci che parlano apertamente di Gesù
Cristo ad amici e conoscenti, visita-
no le famiglie, organizzano iniziati-
ve anche in ambienti non cristiani,
distribuiscono fogli e inviti, ecc.
La parrocchia è suddivisa in pic-
coli settori pastorali, ciascuno con un
responsabile di zona. Quest'organiz-
zazione riproduce su piccola scala la
suddivisione amministrativa di una
città sterminata come Seoul. Essa è
necessaria, oltre che per consentire in
ogni momento il contatto diretto coi
fedeli, per poter avere sempre un
quadro preciso di una situazione
estremamente fluttuante. Senza una
rete così capillare sarebbe difatti im-
possibile mantenere aggiornati gli
stessi registri parrocchiali per l' accen-
tuata mobilità umana che caratteriz-
za le periferie di Seoul.
L'impegno della Messa domenica-
le è osservato con grandissimo sacri-
ficio ' personale. Come quello di
confessarsi almeno a Natale e a Pa-
squa. All'inizio dell'anno vengono
distribuiti a tutti i battezzati dei fo-
glietti col numero di codice con il
quale essi sono segnati nel registro
della parrocchia al momento del bat-
tesimo. Quando il fedele si confes-
sa, consegna al sacerdote uno di
questi foglietti e il sacerdote lo pas-
sa poi all'incaricato del registro.
Questi segna tutti quelli che si sono
confessati, come segna i bambini che
vengono al catechismo, i cristiani che
pagano le quote di aiuto obbligato-
rio alla Chiesa, ecc.
Alla fine dell'anno si controllano
i registri. I battezzati che non si so-
no confessati, o che non hanno pa-
gato le quote, vengono visitati da un
sacerdote o da una suora o dal re-
sponsabile di settore per vedere in
quale situazione si trovano, conosce-
re i loro problemi, accertare i motivi
per cui non frequentano o non pa-
gano più le quote. I fedeli coreani so-
no di una eccezionale generosità nei
confronti dei sacerdo~i e della Chie-
sa. Ogni famiglia contribuisce al
manteniµiento della parrocchia con
una quota che di massima corrispon-
de a circa una giornata di lavoro di
un operaio ordinario (10.000 won,
circa 20.000 lire), ma che può varia-
re a seconda delle condizioni econo-
miche, del numero di figli, ecc.
La parrocchia salesiana di Seoul è
un piccolo microcosmo dei problemi
della Chiesa di Corea: complessi pro-
blemi sociali di un popolo che ha
bruciato le tappe del suo sviluppo in-
dustriale e tecnico; i problemi della
famiglia, della gioventù, degli ope-
rai e della donna; i problemi posti dal
secolarismo e dalla crisi dei valori
morali; i problemi della vulnerabili-
tà di una fede spesso poco approfon-
dita di fronte al dinamismo e
all'aggressività delle sette, che semi-
nano la confusione dei valori.
« Il nostro sforzo è quello di rea-
lizzare una pastorale rispondente a
tale problematica», afferma don Je-
sùs Mocero, spagnolo, arrivato in
Corea dal Giappone trent'anni orso-
no, parroco di Kuro 3-Dong da al-
cuni mesi. « Una pastorale di
catechesi approfondita dei battezza-
ti e di formazione permanente degli
operatori pastorali, compresi i laici,
di evangelizzazione inculturata, di at-
tenzione particolare alla famiglia,
d'impiego per i poveri, i giovani, gli
operai e le donne, di rinnovato sen-
so comunitario, di conoscenza delle
religioni tradizionali e nuove, di dia-
logo ecumenico e interreligioso ».
Silvano Stracca
(2 - continua)

3.5 Page 25

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- - - - - - - - -- s/1-
1 FEBBRAIO 1990 25
L:LA ccLI
CONIG
J salesiani del
« Centro Don Bosco»
di El H oussoun hanno
aiutato decine
di ragazzz e le loro
famiglie durante
l'ultima battaglia
di Beirut.
Beirut, febbraio - Sale-
siani in prima linea. E non in senso
figurato ma nella concreta realtà,
perché il Libano è, come tristemen-
te noto, un Paese in guerra. È l'ulti-
ma cosa che un salesiano può volere
o desiderare, ma volontà e desiderio
contano poco quando sulla linea del
fuoco ci si è tirati per i capelli da
eventi non dominabili. In queste con-
dizioni ciò che conta è non affrettarsi
a fare le valigie, bensì impegnarsi ad
aiutare chi si trova nel bisogno. È il
comportamento assunto dai salesia-
ni di El Houssoun, località monta-
na del Libano, dove ha sede il « Cen-
tro Don Bosco».
Il disgraziatissimo Paese medio-
rientale è straziato da una sanguino-
sa guerra, che dura da ormai 14 anni.
Ha conosciuto tutto ciò che di peg-
gio un conflitto riesce a produrre:
stragi, vittime civili, distruzioni, uc-
cisione di ostaggi, fame, terrore, at-
tentati. Su tutto grava una oscura
volontà omicida, guidata da forze
che perseguono il fine di destabiliz-
zare il Libano, farne terra bruciata
allo scopo di trarne profitto. Ci si è
affidati alle armi e al loro sciagura-

3.6 Page 26

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26 1 FEBBRAIO 1990
to corollario con l'intento di distrug-
gere la formula libanese di convi-
venza tra cristiani e musulmani, che
ha retto per tanti anni un Paese pro-
spero. A pagare è un popolo costret-
to a subire nel dolore una guerra che
non vuole.
/1 dramma
di un popolo
A partire dal marzo dello scorso
anno , il conflitto libanese ha cono-
sciuto una fase, se possibile, ancora
più sanguinosa della drammatica sto-
ria del Libano. Milizie cristiane da
una parte, siriani e forze musulma-
ne dall'altra, si sono affrontate a ca-
vallo della «linea verde » che divide
i due settori di Beirut, senza esclusio-
ne di colpi, in ùn inferno di fuoco
che ha paralizzato ogni genere di at-
tività civile. Il bilancio: oltre mille
morti, 5 mila feriti, 600 mila sfolla-
ti, 40 mila abitazioni rese inagibili.
« A fine marzo - dice don Vitto-
rio Pozzo, direttore del « Centro Don
Bosco» - i primi sfollati sono ve-
nuti a bussare alla nostra porta. In
poco tempo abbiamo accolto e dato
assistenza a 58 famiglie, per un to-
tale di 450 persone. Non è stato fa-
cile ·fronteggiare un così massiccio
afflusso. Abbiamo vissuto anche
momenti di tensione, ma siamo riu-
sciti a stabilire un rapporto sereno e
cordiale, direi anzi familiare. La Ca-
ritas libanese, la Croce Rossa inter-
nazionale, l'UNICEF, Save the
children e Médecins sans frontières
1 11 Patriarca Maronita S. B.
Nasrallah Boutros Sfeir tra gli
sfollati dell'Istituto Don Bosco
sono stati i principali organismi con
i quali abbiamo collaborato profi-
cuamente. Essi hanno costituito un
Comitato speciale e i salesiani sono
stati invitati a farne parte. Il lavoro
da noi svolto ha ottenuto vasti con-
sensi, di cui si è fatto portavoce il Pa-
triarca maronita Nasrallah Pierre
Sfeir durante una sua visita agli sfol-
lati il 14 settembre scorso ».
Gli scontri armati protrattisi da
marzo a settembre sono stati di ter-
rificante violenza. Asserragliati a
Beirut est, i soldati del generale Aoun
hanno condotto una impossibile bat-
taglia per cacciare i siriani dal Liba-
no. Le truppe di Damasco hanno
non solo martellato incessantemen-
te con l'artiglieria il settore cristiano,
ma anche impedito che attraccasse-
ro al porto le navi inviate da Paesi
europei con i soccorsi in viveri e me-
dicinali. Di fronte al precipitare del-
la situazione, il Papa ha levato con
toni sempre più accorati la sua voce ,
per \\nvocare la fine del processo di

3.7 Page 27

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--:-------------s8-
1 FEBBRAIO 1990 27
Foto SAF
distruzione del Libano. Giovanni
Paolo II ha rivelato tutta la sua an-
goscia quando ha espresso il deside-
rio di recarsi nel Paese mediorientale
per convincere personalmente le parti
in lotta a cessare il massacro. Era in-
somma disposto a mettere e ·repen-
taglio la propria vita - gruppi
estremisti non avevano nascosto la
loro intenzione di ucciderlo - se ciò
poteva servire a ricondurre alla ra-
gione i contendenti. Solo le insisten-
ze dei suoi consiglieri hanno trat-
tenuto il Papa dal compiere un viag-
gio che avrebbe potuto essere senza
ritorno.
L'aiuto
dei volontari
Durante i mesi della massima ten-
sione, i profughi del« Centro Don
Bosco» hanno conosciuto la dedizio-
ne dei salesiani di El Houssoun e dei
volontari che con essi hanno coope-
rato. « La presenza di questi giovani
volontari, ragazzi e ragazze, è stata
di grande aiuto agli sfollati - dichia-
ra don Pozzo-. Hanno formato un
gruppo giovanile che la gente ha
spontaneamente definito "I ragazzi
di Don Bosco". Si sono organizzati
e hanno partecipato agli appunta-
menti giov-anili che nonostante la
guerra, e per iniziativ.a del nuovo ve-
scovo del Vicariato di Biblos, si svol-
gono periodicamente. A questi
incontri, i "Ragazzi di Don Bosco"
si distinguono per impegno e serie-
tà, ma anche per l'entusiasmo che
sanno infondere. Grazie a loro, il no-
me di Don Bosco ha potuto essere
conosciuto da tanti loro coetanei».
Sfollati essi stessi, perché residenti
abitualmente a Beirut o negli altri
centri del litorale, questi giovani so-
no venuti a contatto con Don Bosco
là dove avevano cercato rifugio per
sfuggire agli orrori della guerra. Du-
rante i mesi estivi hanno cooperato
con i salesiani alla organizzazione di
colonie diurne per ragazzi dai cinque
ai tredici .anni, nelle quali si alterna-
vano attività scolastiche e ricreazio-
ne. Riuscivano anche a mobilitare le
famiglie sfollate ospiti del « Centro
Don Bosco», o che avevano trovato
alloggio in località dei dintorni.
« Gradualmente - continua don
Pozzo - si è venuto formando un
gruppo molto affiatato che, con don
Casimiro e il giovane salesiano liba-
nese Tony Zhendi, ha realizzato un
campeggio itinerante diretto al villag-
gio di Kastaba, dove erano concen-
trate alcune migliaia di sfollati, per
la maggior parte originari della zona,
a residenti a Beirut. Il biglietto da vi-
sita era la musica, che la gioventù li-
banese ama molto. Ma la curiosità
maggiore era rivolta a conoscere l'o-
rigine di,quello spirito che i giovani
hanno saputo dimostrare. E si arri-
vava a Don Bosco. Un nome nuovo
per molto, ma che diventava subito
familiare, acquistando, anche per la
presenza delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice a Kastaba, nuova luce e signi-
ficato. Fra la fine di agosto e i primi
di settembre si è realizzato un cam-
po scuola per 57 giovani - 23 ragaz-
zi e 34 ragazze - che hanno espresso
l'intenzione di vivere da laici impe-
gnati secondo lo spirito di Don Bo-
sco. Studio, approfondimento
dell'opera salesiana, visione di video-
cassette sul lavoro dei salesiani in
Medioriente e in Etiopia, proiezione
del film dì Leandro Castellani sulla
vita di Don Bosco, liturgia quotidia-
na e canti serali hanno scandito le
giornate del campo».
Tutte iniziative che stanno a testi:.
moniare la voglia di vivere dei gio-
vani libanesi. Il rombo delle anno-
te saliva fin lassù sulle montagne,
a suonava come incitamento a impe-
gnarsi nella formazione cristiana
Ila luce di Don Bosco, come premes-
sa di una riconciliazione capace di
estituire al Libano la pace nell'indi-
pendenza, nella libertà, nel plurali-
smo. Sembra essere, questa, l'unica
strada percorribile in un Paese che
vede l'impotenza delle forze politi-
che, il fallimento, una dopo l'altra,
delle mediazioni delle grandi poten-
ze, l'ingerenza di forze straniere, la
sistematica violazione di tregue.
Gaetano Nanetti

3.8 Page 28

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28 • 1 FEBBRAIO 1990
COMUNICAZIONE
SOCIALE
Università Pontificia
D1RE DIO
E ALLA TELEV
MA È PROPRI
COSÌ DIFFI
L'Istituto di Scienze
delle Comunicazioni
Sociali (/SCOS) ha
inaugurato la sua
attività accademica
e.on un convegno
sull'informazione
religiosa
radiotelevisiva.
Dall'8 al 10 dicembre
1989, presso l'Aula Magna dell'Uni-
versità Pontificia Salesiana si è svol-
to il I° Convegno Internazionale di
Stud_i su Mass Media e Religione. Il
convegno, promosso dall'Istituto di
Scienze della Comunicazione Socia-
le (ISCOS) in collaborazione con
l'Ufficio nazionale per le C.S. della
CEI, col Centro interdisciplinare sul-
la C.S. dell'Università Gregoriana,
con lo Studio Paolino Internaziona-
le della Comunicazione Sociale
(SPICS) e con la Scuola di specializ-
zazione in Comunicazioni Sociali
dell'Università Cattolica del Sacro
Cuore, è stato dedicato al tema: «I
programmi religiosi alla radio e in te-
levisione». Canali e forme d'espres-
sione, strutture discorsive, immagi-
ni, aspetti linguistici, connotazioni
visive, scelte di codici nell'universo
dei messaggi pratici e sociali hanno
un rilievo e un interesse particolari.
La comunicazione sociale è con-
traddistinta da un proprio codice
ideologico, cioè da un insieme di
idee, valori, credenze che ne carat-
terizzano, come si suol dire, la linea.
Il XXV anniversario del documento
conciliare Inter Mirifica ha offerto
un'occasione significativa per riflet-
tere e confrontarsi sul modo di co-
municare i contenuti della fede in
forma esplicita alla radio e in televi-
sione dell'Europa occidentale.
Anche la «religione» appartiene ai
moderni strumenti di comunicazio-
ne, costituisce una forma di «cultu-
ra», nel senso che veicola il suo mes-
saggio utilizzando più codici.
Il saggista francese Roger Caillois
afferma: « Il sacro appartiene come
proprietà stabile od effimera a certe
cose, a certi esseri, a certi spazi, a
certi tempi. È una qualità che le co-
se non possiedono per se stesse: è una
grazia misteriosa che piomba su di
esse». È evidente che si riferisce in
particolare alla religione, intesa co-
me sistema di valori, di pratiche, di
credenze. La trasmissione religiosa
svolge quindi, come gli strumenti di
comunicazione di massa, una funzio-
ne informativa che non va sottova-
lutata. Essa vuole permeare, illu-
minare, le attività che si svolgono

3.9 Page 29

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----------s/1-
1 FEBBRAIO 1990 , 29
re gli interessi e le esigenze religiose
del pubblico. È evidente, ha afferma-
to White, che in una società con plu-
ralità di espressioni religiose e con
diversità di modi di praticare che
vanno dalle devozioni più intense alla
semplice curiosità fino all'indifferen-
za, « bisogna presentare un ventaglio
di trasmissioni religiose differenzia-
te ed ogni programma dovrebbe es-
sere almeno accettabile da tutte le
espressioni. Il pericolo è che la reli-
gione sia trattata o come una specie
di emozione nostalgica oppure come
un·fenomeno di carattere sociale sen-
za un reale contenuto religioso».
L'indagine condotta da Franco
Lever sulla situazione italiana ha ri-
levato che la RAI è il maggior pro-
duttore di materiale audiovisivo a
carattere religioso. In Italia per co-
municazione sociale e religione si in-
tende un tipo di rubrica destinata ad
informare il pubblico sui principali
avvenimenti della storia della salvez-
za. La religione si presenta quindi co-
me una costruzione a mosaico: Dio
e l'uomo.
« fuori dal tempio», nel mondo del « Un maggior indice di gradimen-
lavoro, della vita di relazione...
tosi constata per la trasmissione del-
Si propone di educare ad un certo gu- la Messa domenicale delle ore 11.00 »
sto spirituale, facendo propri dei mo- ha sottolineato Lever.
duli artistici e disponendo, quindi, il Come mai? Secondo il parere del
pubblico all'assunzione della Paro- relatore « forse stanno prendendo
la di speranza.
forma presso il pubblico nuove mo-
L'ampia analisi sulla situazione dalità di partecipazione e di presen-
della trasmissione religiosa, oggi da za agli avvenimenti: il pubblico
un punto di vista internazionale e na- gradirebbe la Liturgia della televisio-
zionale condotta dal prof. Robert ne come una alternativa facile a quel-
White dell'Università Gregoriana e la della comunità». È un fenomeno
dal prof. Franco Lever dell'Univer- che deve indurci a pensare. Lever ha
sità Salesiana, ci ha fatto prendere posto all'attenzione dell'assemblea
coscienza della fitta rete di problemi interrogativi radicali: « La Chiesa
che determinano una programmazio- Italiana come considera i media? Si
ne religiosa. Il relatore americano ha interviene alla televisione perché si è
illustrato quattro modelli di radiofo- vescovi o perché si è preparati a
nia. « Le differenze di questi modi - parlare?».
ha detto il relatore - possono esse- Domande che non hanno trovato
re definite dalle "scelte" dei criteri la risposta immediata al convegno,
che riguardano cinque problemi cen- poiché la comunicazione sociale è un
trali: le condizioni e le possibilità of- feed-back che verifica e amplia i pro-
ferte dal sistema di trasmissione cessi di apprendimento e le dinami-
dominante della nazione; relazioni che intellettuali. Ciò che si costruisce
con la Chiesa istituzionale e la con- socialmente può essere modificato
cezione di Chiesa; la Teologia della · ·solo attraverso un processo sociale.
Proclamazione; il concetto di come È necessario quindi, ha concluso il
una trasmissione religiosa contribui- relatore, « unire ad una crescita del-
sce alla conversione personale ed al- la nostra professionalità a livello
lo sviluppo religioso e sia in grado operativo una più approfondita pre-
infine di interagire con una cultura». parazione teorica, filosofica e teolo-
Le trasmissioni cercano di riflette- gica insieme».
Un taglio diverso presenta la TV
francese. La domenica mattina dal-
le 9 alle 12 si susseguono trasmissio-
ni religiose: protestante, ortodossa,
ebrea, musulmana, cattolica. « I pro-
duttori - ha puntualizzato Gabriel
Nissim - hanno tra loro le migliori
relazioni, non è soltanto ecumeni-
smo, ma una vera esperienza di ami-
cizia e di fraternità». Padre Nissim
è il produttore del Jour du Seigneur,
è in sua facoltà dare forma e conte-
nuto al programma.
« La politica che ci guida è la fe-
de. La società ha bisogno di essere
confortata nella sua fede». È il pa-
rere di Padre Nissim. Per questo mo-
tivo prioritario la trasmissione verte
sulla fede testimoniata, celebrata,
vissuta, riflessa e radicata in una cul-
tura cristiana. Due criteri articolano
la trasmissione: la qualità della testi-
monianza o la diversità geografica e
di stile di comunità: giovani, studen-
ti, ospedali, comunità religiose...
proprio per dare i vari volti della
Chiesa.
Questa « Messa TV» raggiunge
anche « i contadini» dove diventa
sempre più carente la presenza del sa-
cerdote. « Siamo veramente impres-
sionati - conclude Padre Nissim -
della partecipazione del pubblico.
Per loro non è uno spettacolo da
guardare passivamente: davanti alla
TV si alzano per il Vangelo, fanno
il segno di croce, s'inginocchiano,
perfino si vestono della domenica,
pur essendo a casa loro. Se.qualche-
duno ha portato la comunione, si co-
municano durante _la "Messa TV".
Essa adempie al giorno d'oggi una
funzione di evangelizzazione».·
Un altro tipo di liturgia televisiva
è quello realizzato dalla Sezione Pro-
grammi Religiosi della BBC. Helen
Alexander, redattrice capo, ha evi-
denziato nella sua relazione le linee
che·articolano la trasmissione. « This
is the Day viene trasmesso alle ore
9.30, ogni domenica su BBCl.
« Ogni settimana - ha detto Helen
Alexander - una famiglia ospita il
programma a casa sua. I primi mi-
nuti sono dedicati a far conoscere il
luogo dove siamo ed è un'occasione
per incontrarci con le persone di cui
siamo ospiti. Una particolarità che
caratterizza This is the Day è l'invi-
to ad accendere insieme la candela.
È un gesto semplice, ma coinvolge il

3.10 Page 30

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30 1 FEBBRAIO 1990
telespettatore annullando la ~ua pas-
sività. Una ricerca ha mostrato che
la metà dei telespettatori accende la
candela. Nella trasmissione curiamo
la musica. Perché quando la musica:
e l'immagine si armonizzano perfet-
tamente, si trasformano, direi, in
un'icona. Conducono il telespettato-
re ad un pensiero più profondo e più
riflessivo». Nel programma ampio
spazio è dedicato alle preghiere per-
sonali, è importante per la BBCl che
il programma rifletta le preoccupa-
zioni, i bisogni, le aspirazioni più
profonde del pubblico. This is the
Day elabora il messaggio con sapien-
nuto di fede, programmi di contenu-
to apologetico, oppure discussioni);
Come diventa un fatto consapevole,
come è celebrato ed espresso (pro-
grammi di preghiera, mediazione o
riflessione); Quali sono le sue conse-
guenze a livello personale, religioso
e sociale (documentari, testimonian-
ze, drammatizzazioni). «Un altro
approccio. ~ ha c::ontinuato Shegog
- anche se complementare, è di
prendere in considerazione il mondo
così come appare attraverso la lente
religiosa. Si può vedere la verità die-
tro a fatti problematici se si adotta
una specifica visione religiosa? Nel
primo modo di accostarsi al proble-
ma è il "contenuto" che definisce
"religioso" il programma. Quando
invece adottiamo il secondo, il con-
tenuto può essere del tutto secolare
ed è il modo di considerarlo che fa
diventare "religioso" il programma.
L'eterno problema - ha concluso -
è cercare di venire incontro ai biso-
gni di coloro che sono religiosamen-
te impegnati poiché costoro si pro-
pongono dottrine e pratiche tanto di-
versificate da correre il rischio di
costruire una Torre di Babele
ti tecniche espressive per calare la li- . - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
turgia in una struttura televisiva.
L'efficacia del messaggio dipende
dall'alone di richiamo e associazio-
ne generati dai segni e della loro
composizione. È un tentativo per
L'1scos: UN ISTITUTO
creare un modello di liturgia che as-
sicuri il coinvolgimento proprio in
casa.
UNIVERSITARIO
La politica che sta alla base delle
trasmissioni religiose nel Regno Uni-
A SERVIZIO DELLA
to di Gran Bretagna è stata illustra-
ta da Eric Shegog. A differenza che
in altri Stati, le Chiese nel Regno
MISSIONE SALESIANA
Unito non si sono mai interessate
della preparazione di programmi per
la televisione o la radio. Tuttavia lun-
go gli anni, ha detto il relatore, esse
hanno avuto un ruolo di notevole ri-
lievo nell'influenzare la politica per
le trasmissioni religiose della BBC e
della Indipendent Broadcasting Te-
· levision.
« Le trasmissioni religiose - osser-
va Shegog - sono 1nnanzitutto un
---._ luogo di dibattito, non uno stru.men-
to di persuasione. In pratica la libertà
di propagàndare delle idee è salva,
ma è limitata da quattro criteri re-
strittivi: sia osservata un'equa pro-
porzione fra le differenti religioni
tenendo conto delle dimensioni del-
le rispettive comunità; non si offen-
dono coloro che non condividono la
fede religiosa di chi trasmette; le opi-
nioni siano espresse in termini posi-
tivi e come sostegno al punto di vista:
dell'emittente; non si esclude che si
possa trasmettere un successivo di-
battito dove le affermazioni possa-
no essere esaminate e sottoposte a
confronto».
Nella progettazione del program-
ma la fede viene presa in considera-
zione secondo tre modalità: Che
Con l'anno accademico in
corso presso l'Università
Pontificia Salesiana di Roma
ha incominciato a
funzionare un Istituto
superiore per le
comunicazioni sociali
(/SCOS). Esso rilascia titoli
di laurea in editoria,
giornalismo,
mass-media. Sul significato
di tale iniziativa e sulle sue
finalità presentiamo una
intervista a don Sergio
Cuevas Leon che nella sua
.qualità di consigliere
generale per la
comunicazione sociale, ha
seguito sin dalla
preparazione dello statuto
questa iniziativa.
Qual è il significato de/l'I-
SCOS nella politica del dicastero della co-
municazione sociale?
Risponde ad una richiesta fatta nel Ca-
pitolo Generale 22°, appunto per mette-
re in sintonia la Congregazione Salesiana
con le finalità espresse dal fondatore e
che riguardano la missione salesiana.
Qui11di un primo riferimento si può de-
sumere dall'intenzionalità di Don Bosco
per saper agire come comunicatori che
sanno « preservare la fede tra il popolo »,
o «questa diffusione dei buoni libri è uno
dei fini principali della nostra Congrega-
zione», o fu questa (la diffusione dei
buoni libri) una fra le precipue imprese
che mi affidò la Divina Provvidenza» (cf
Lettera del 19 marzo 1885). Poi, sia il Ca-
pitolo Generale dell'84, come la politica
sulla comunicazione sociale seguita dal
Rettor Maggiore e dal suo Consiglio han-
no cercato di aggiornare e di rinnovare
questo settore in modo che risponda og-
gi alle domande dei giovani e del popo-
lo. Credono che con la fondazione di un
Istituto superiore universitario si venga
incontro alla formazione di comunicatori
che essendo edu,.catori e pastori possono
cos'è la fede (che spieghino il conte- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - --------s/J-
1 FEBBRAIO 1990 31
elettronica».
Le attese del pubblico, ha sottoli-
neato Luigi Accattoli, costituiscono
il criterio delle decisioni dei respon-
sabili dei media, che presumono di
conoscerla attraverso l'audience, le
reazioni dirette dei destinatari, le in-
dagini del mercato. In realtà « la ve-
ra fonte della conoscenza è l'espe-
rienza degli operatori dei media,
quasi mai supportata da un loro va-
glio critico». Ne deriva un altro ri-
schio di manipolazione del pubblico,
in funzione di criteri commerciali che
poco concedono alla specificità del
fenomeno religioso e della domanda
che a esso si lega.
·
« Notorietà, novità e attualità» so-
no le regole dell'informazione con-
correnziale cui si attengono gli
operatori dei media anche nel setto-
re religioso. Le cui pulsioni, ha pun-
tualizzato il giornalista, sono spesso
lontane dalla ribalta. Il rischio è di
ritenere privo di interesse per il pub-
blico tutto ciò che ha scarso poten-
ziale pubblicitario immediato. E la
realtà profonda del religioso è spes-
so nascosta e refrattaria alla com-
mercializzazione. Ci chiediamo,
allora: Che annuncio profetico pre-
sentano le Chiese per il mondo in cui
esse vivono? Cosa ha da dire la Chie-
sa sul predominio dell'economico e
del commerciale? Lo stile del media
riveste lo stile della Chiesa? « In ge-
nere la Chiesa non informa, predi-
ca», dichiara Shegog. Quindi, se le
Chiese non si pongono seriamente
queste domande a nulla servirà chie-
dersi quanto spazio si riuscirà ad ot-
tenere in televisione, e se i nostri
telespettatori sono interessati al
prodotto.
Maria Trigila
elevare la qualità e far crescere la sensi-
bilità tra quanti si dedicano all'educazio-
ne dei giovani. .In un mondo dove si fa
strada la professionalità e la competen-
za accademica, non si può lasciare alla
buona volontà o alla improvvisazione gli
interventi che esige questo settore.
La politica pertanto che propizia il Di-
castero è quella del Consiglio Generale,
cioè promuovere la creazione, la cresci..
ta accademica e lo sviluppo dell'ISCOS
con la volontà di formare nuovi comu-
nicatori che conoscendo contenuto e me-
todo della comunicazione sappiano farsi
specialisti nel riuscire ad integrare que-
sta scienza con le istanze, contenuti e me-
todi delle scienze dell'educazione e della
pastorale. In altre parole, creare una base
scientifica ed ~ccademica per saper inte-
grare, superando qualsiasi parallelismo,
educazione, comunic\\lzione e pastorale.
L 'ISCOS ha incominciato la sua atti-
vità coinvolgendo altre istituzioni. Per-
ché? È la debolezza delle «risorse»
salesiane oppure un nuovo metodo « si-
nergico» nell'ambito di istituzioni simi-
lari ed ecclesiali?
Tra le intenzioni di fondo che anima-
no l'ISCOS, credo che non ce ne sia nes-
suna con lo scopo di favorire una nuova
sinergia nell'ambito di istituzioni similari
ed ecclesiali. Sembra prematuro voler at-
tribuire all'ISCOS questo tipo di politi-
ca. Quanto si è fatto nei giorni dell'inau-
gurazione penso che ubbidirà ad una
preoccupazione c,li pubblicità, di oppor-
tunità e di apertura ampia verso altre isti-
tuzioni del settore.
Gli iscritti al primo corso provengono
in massima parte da Paesi marginali pér
ciò che riguarda la gestione politica dei
mass-media. Che significa ciò?
Credo che non ci sia nessuna politica
specifica al riguardo . Il dicastero e pen-
so anche' i responsabili attuali dell'Isti-
tuto ham10 richiamato l'attenzione ai
superiori .locali circa l'opportunità di
qualificarè qualche salesiano in comuni-
cazione, riconoscendo l'importanza di
qualche esperto in C.S. in Ispettoria.
Quando si laureeranno i primi studen-
ti, come pensa che verranno utilizzati ed
acc9/tj dalla Congregazione?
In genere si può pensare che i salesia-
ni preparati o qualificati in C.S. influi-
ranno moltissimo nella sensibilizzazione
dei salesiani nelle loro ispettorie circa il
significato e valore della comunicaz.ione,
come educatori ed · evangelizzatori dei
giovani e degli ambienti popolari. D'al-
tra parte in quasi tutte le ispettorie si cer-
ca attualmente di elaborare una politica
o linea di azione per entrare con più pro-
fessionalità e incisività in questo ambi-
to .. Ci mancano gli uomini e dobbiamo
·ricorrere ogni volta ad esperti collabora-
tori laici: cosa anche auspicabile, senza
lasciare in disparte la presenza e compe-
tenza degli stessi salesiani. Alcuni di que-
sti dovranno promuovere l'animazione
culturale nei processi comunicazionali;
altri dovranno curare l'inserimento del-
la dimensione comunicativa nei processi
pedagogici e pastorali; altri dovranno ap-
profondire, nella docenza e nella prassi,
l'integrazione della comunicazione e delle
scienze ..liltegrative con le scienze dell'e-
ducazione e della fede; infine altri sale-

4.2 Page 32

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32 1 FEBBRAIO 1990
COMUNICAZIONE SOCIALE
siani preparati saranno dedicati
certamente a dirigere e promuovere
l'applicazic;me dei mezzi di comuni-
cazione nell'educazione, così come
dovranno saper orientare i mezzi tecnici
La stampa cattolica in Europa
DAL
di comunicazione nella missione della
Chiesa.
Infine, più l'intervento dei salesiani
sarà aggiornato e culturalmente situato
UNA
tra i giovani, più si sentirà il richiamo
creativo nell'introdurre il dinamismo co-
municazionale anche con le nuove tecno- La stampa cattolica è
logie nei nuovi processi educativi e
pastorali.
spesso un continente sconosciuto.
I salesiani sono anche imprenditori, in Presentiamo quel che _c'è in Portogallo,
questo settore. Non pensa che rischiano
di sparire per via della tendenza in atto
Olanda, Belgio, Inghilterra e Grecia.
alle grandi concentrazioni? Oppure il lo-
ro ruolo è decisamente relegato al Terzo
Mondo? Che senso reale ha l'impegno
salesiano in questo settore? Non si èf at-
ta molta retorica visto poi che in realtà
in Europa essi hanno ben poco?
Qui si potrebbe ipotizzare a lungo,
pensando ad esempio a nuove forme di
coordinamento tra le stesse imprese sa-
lesiane in ogni continente o anche a li-
vello intercontinentale come lo stanno
facendo alcune congregazioni. Il proble-
ma di fondo, secondo me, non è in pri-
mo luogo un problema organizzativo o
amministrativo, ma di finalità commer-
ciale: che cosa vogliamo comunicare al
mondo-dei destinatari, a quale scopo, in
Dal 1939 non si pubbli-
ca un volume simile a quello dedica-
to a « La stampa cattolica nel
mondo», ed edito come frutto della
Esposizione internazionale che il Va-
ticano aveva ospitato per oltre un an-
no dal maggio del 1936 al maggio del
1937. Una nuova iniziativa del gene-
re, della quale l'Unione cattolica in-
ternazionale della stampa (UCIP)
potrebbe assumersi la benemerita re-
sponsabilità, consegnerebbe a cin-
quant'anni di distanza la fotografia
Il Portogallo vanta una presenza
di stampa, ecclesiale e laica, nel cam-
po religioso che probabilmente ha
pochi riscontri in Europa. Tre quo-
tidiani sui trenta del Paese, una ven-
tina di settimanali (fra essi impor-
tanti quelli diocesani), un altro cen-
tinaio di testate e una miriade di pub-
blicazioni, dalle riviste culturali e
politiche ai fogli parrocchiali, ai bol-
lettini degli ordini, delle congregazio-
ni, degli istituti religiosi e missionari.
quali linguaggi e simboli, con quali qua- della nuova situazione di giornali,
lità nuove di educatori e con quali mezzi periodici e pubblicazioni varie. Non
più adeguati?
ne forniscono dati attendibili gli an-
D'altra parte, se nella Chiesa ci fosse nuari e le compilazioni statistiche at-
più intesa tra le agenzie di comunicazio-
ne, in questo caso, tra le congregazioni
con questo carisma, certamente il discor-
so sarebbe valido per creare e sviluppare
dei coordinamenti dei mezzi gestiti dalla
Chiesa, allo scopo fondamentale della
evangelizzazione. Se la Chiesa non im-
posta degli ambiti concordati di nuovi
coordinamenti nel mondo, rischia di per-
dere una autonomia valida di presenza
nei mezzi di comunicazione. Con una
nuova mentalità ecclesiale, qualsiasi cul-
tura è suscettibile e recepibile del messag-
gio e dell'intervento evangelizzatore
anche attraverso mezzi di comunicazio-
ne coordinati e gestiti in accordo tra va-
tualmente in circolazione; le stesse
cifre rimbalzano da un testo all'al-
tro senza serie indagini e verifiche.
Il sospetto ci è venuto nel corso
dell'inchiesta che stiamo conducen-
do per Il << Bollettino Salesiano» a
proposito della stampa cattolica nel-
1'Europa dei Dodici (i precedenti ser-
vizi sono apparsi nei numeri di
ottobre, novembre e dicembre· 1989).
In particolare ci ha colpito il caso del
Portogallo, il cui contributo, pur so-
stanzioso, come vedremo, è ignora-
to sia alla voce «Giornalismo»
nell' « Enciclopedia Cattolica», che
rie istituzioni, accanto persino a risale alla fine degli anai Quaranta,
istituzioni di gestione secolare. E poi, la sia in quella parte che riguarda gli
nostra presenza specifica nel settore im- strumenti della comunicazione socia-
prenditoriale richiama anche la priorità le nel primo tomo del decimo volu-
di servizio verso i giovani e i settori po- me della Storia della Chiesa, diretta
polari in tutte le dimensioni educative e dal compianto Huberto Jedin (l'edi-
pastorali.
zione italiana, del 1970, è della Jaca
------------------ (A cura di G. C.) Book), e dedicato a « La Chiesa nel
ventesimo secolo. 1914-1975».

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - -- ~ -
1 FEBBRAIO 1990 33
PORTOGALLO ALL'OLANDA:
PRESENZA SPARSA,
INESPLORATA
E MAL COMPRESA

4.4 Page 34

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34 · 7 FEBBRAIO 1990
Dal ritorno della democrazia, do-
po la « rivoluzione dei garofani » del
1974, la presenza dei giornali catto-
lici non si è sostanzialmente ridotta,
tranne che per « Novidades », scom-
parso negli anni del trapasso di regi-
me . Oggi continuano a uscire
« Diario do Minho » di Braga, « for-
nai da Madeira » di Funchal e « A
Unino » di Angra nelle Azzorre. Fra
i settimanali, « Defesa » di Evora ,
« Voz de Verdade » di Lisbona, « Voz
Portucalense » di Porto, « Folho de
Domingo » di Algarve, « Correio de
Coimbra » portano il loro ascoltato
contributo alla formazione dell'opi-
nione pubblica: le tirature, 10-15 mi-
la copie, sono di tutto rispetto,
particolarmente a livello locale, in un
Paese in cui il quotidiano più diffu-
so, <domai de Noticias », non va ol-
tre i 60 mila esemplari e il settimanale
più importante, « Expresso », supe-
ra di poco i 11 O mila.
Le pubblicazioni mensili di cultu-
ra , spiritualità, catechesi sono ele-
menti ormai consolidati nel pano-
rama della stampa lusitana. Il men-
sile « Cruzada » si aggira sulle 105
mila copie, come « Cavaleiro da Ima-
culada » - dedicato ovviamente al
culto mariano-, « Famiglia Crista »
sulle 52 mila e 35 anni di vita, « Bol-
letim Rosario e Vida Crista » sulle 85
mila, « Clarim » , che si occupa del-
l'apostolato della preghiera, sulle 55
mila. Periodici di settore, dei medici
e paramedici, degli insegnanti, del
sindacato cattolico, del movimento
studentesco e dei laureati, delle gen-
te di cinema, dei marittimi, si affian-
cano a quelli delle famiglie religiose.
Almeno venticinque di queste ul-
time occupano uno spazio privilegia-
to nel campo dei mass media, dai
Salesiani con il loro « Bollettino» e
con « Juvenil» (18 mila copie, pasto-
rale giovanile e catechesi), alle inizia-
tive missionarie dei Comboniani, alle
sette pubblicazioni rispettivamente
dei Dehoniani e dei Gesuiti, il cui
« Mensageiro » ha una autorevolez-
za analoga a « Civiltà Cattolica »,
agli « Almanacchi » annuali degli
Spiritani (quello delle missioni con
11 Omila copie, I' « Agenda de Liam »
con 65 mila, il « Calendario di Azio-
ne Missionaria » , f40 mila) .
Le riviste missionarie conquistano
una buona percentuale, anche grazie
alle tradizioni evangelizzatrici del cle-
ro portoghese: una ventina di titoli,
fra i quali i citati « Almanacchi » de-
ANIMAçAo
MISSIONARIA
DA
IGREJA
EM
PORtUGAL
mI,ssaPI o
gli Spiritani (che hanno anche « Ac-
çao Misiomiria », 30 mila copie, e
« Encontro-Seleçoes Misionarias », 8
mila); le 24 mila copie di « Além
Mar», le 40 mila di « Audacia» , le
12 mila del bimestrale « Familia
Comboniana» (all'Istituto apparten-
gono anche le al~re due citate in pre-
cedenza), le 22 mila di « Fatima
Misionaria » della Consolata, le 10
mila di « Amigos do Istituto Misio-
nario » e di « Voz Misionaria » , le 25
mila del trimestrale « Cooperadores
Misionarios » , il « Mensangem Mi-
sionario », tutti dei Dehoniani; e an-
cora dei francescani e di altri. Per
concludere con le più note « Boa No-
va», 28 mila e « Cruzada Misiona-
ria » , 40 mila, della Società
missionaria portoghese, editrice an-
che di « Igreja e Missao » . In questo
elenco ha posto anche l'edizione set-
timanale in portoghese dell' « Osser-
vatore Romano », destinata comun-
que pure al Brasile e al mondo lu-
sofono.
La stampa cattolica riposa, come
si vede, su una realtà di minuta pre-
senza, che può affidarsi non soltan-
to alla settantina di voci ecclesiali e
agli oltre cinquanta titoli laici, ma
anche al brulichìo dei fogli parroc-
chiali, puntualmente registrati nel-
!'Annuario della Chiesa portoghese.
Che costituisce una buona base di in-
formazione su una realtà, ripetiamo,
purtroppo ignorata fuori del Paese,
nonostante l'esistenza di testi di ri-
ferimento .
Certamente ogni situazione nazio-
nale è un caso a sé, passibile di mu-
tamenti, positivi e negativi, o di
lunghi periodi di stabilità. Conside-
riamo l'evoluzione verificatasi nella
stampa cattolica olandese: nel 1937
si contavano 32 (dicesi trentadue)
quotidiani cattolici sui 79 pubblicati
nei Paesi Bassi, attorno alle due
grandi testate « De Tijd », fondato
nel 1848, e « De Maasbode », nel
1878 a Rotterdam. La seconda guer-
ra mondiale ruppe l'equilibrio (la
maggior parte delle testate furono
soppresse al momento dell 'invasione
tedesca) e dopo la liberazione fu fa-
ticoso recuperare il terreno, anche
perché erano cadute le ultime discri-
minazioni nei confronti dei « papi-
sti » , in particolare per il coraggioso
comportamento dei laici e del clero
durante la Resistenza.

4.5 Page 35

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-----------sB-
Zij moeten zelf hun problemen
'kunnen oplossen
DE POLIGONO
WAN PATER PEPE
Adesso la conta si fa più difficile.
« De Tijd » è stato chiuso nel 1974,
dopo che altre due gloriose bandiere
erano state ammainate, « De Maas-
bode » nel 1959 e « Het Centrum » nel
1960 (era stato fondato nel 1884). I
motivi della crisi sono molteplici: dal
secolarismo che ha permeato negli
anni,la società, all'errore di aver vo-
luto fondere le diverse anime che, in
senso tradizionalista o progressista,
arricchivano il cattolicesimo olande-
se, portando addirittura allo sciogli-
mento delle associazioni ecclesiali dei
giornalisti per, osiamo dire, mancan-
za di interesse da parte del pubblico
e degli stessi operatori della comuni-
cazione sociale nei confronti di un
artificiale livellamento delle opinioni.
Era rimasto, sino a qualche tem-
po fa, « De Volkskrant », un frutto
del dopoguerra che aveva superato
negli anni 70 le 200 mila copie di ti-
ratura, rinunciando comunque con
gli anni a una sua caratterizzazione
confessionale e situandosi su posizio-
ni di sinistra, spesso critiche verso la
Chiesa dei Paesi Bassi. Oggi poco re-
sta dell'ispirazione cattolica. Il quo-
tidiano, che raggiunge ancora un
vasto pubblico (attorno ai 300 mila
acquirenti, il secondo per diffusione
in Olanda), fa ormai parte di un
gruppo editoriale, la« Perscombina-
tie », editrice di'due altre testate piut-
tosto malconce, « Het Parool » di
Amsterdam e il protestante «Trouw».
Reggono ancora la concorrenza i due
giovani di Nimega, « De Gelderlan-
der - De Nieuwe Krant » (160 mila)
e di Maastricht, « De Limburger »
(135 mila), accanto a un'altra mez-
za dozzina di testate minori, talvol-
ta dall'incerta collocazione ecclesiale.
lyia la stampa di lingua fiammin-
ga si estende anche al Belgio con nu-
merose pubblicazioni: fra i giornali,
il più diffuso del Paese, « De Stan-
daard » (370 mila copie), certamen-
te vicino alle posizioni cattoliche,
insieme con « Het Volk » (200 mila)
e « Gazet van Antwerpen » (180 mi-
la). In lingua francese, « La Libre
Belgique», di lunga tradizione con-
servatrice, fondata nel 1883 (oggi at-
torno alle centomila copie di
diffusione), « La Cité » di Bruxelles,
« Le Rappel » di Charleroi e « Le
Courrier de L'Escaut», il più antico
giornale belga (fu fondato nel 1830),
tutti di interesse locale. La tradizio-
ne del giornalismo cattolico è illu-
strata da « La Gazzette de Liège »,
fondata nel 1840 e che ebbe lunga e
gloriosa vita, insieme con altre testa-
te che hanno lasciato il ricordo di un
impegno politico e religioso: « Le Pa-
triote» e « L' Avenir sociale», fonda-
to quest'ultimo dopo la 'pubblica-
zione della «Rerum Novarum». Da
citare inoltre il solo quotidiano di
lingua tedesca, « Grenz Echo », di
Eupen, attorno ai 14 mila esemplari
dopo aver raggiunto anche i 50 mi-
la. Ancor oggi, in ogni caso, la metà
della tiratura della stampa in Belgio
è fornita dalla pubblicistica cattoli-
ca, con un assortimento di settima-
nali, periodici e riviste forse non
ricco come quello delle vicine Fran-
cia, Germania e Olanda, le cui vicen-
de, e quindi influenze, culturali sono
strettamente collegate con quelle del
Belgio.
Nell'Europa della stampa cattoli-
ca che stiamo descrivendo mancano
voci quotidiane in due lingue cultu-
ralmente assai importanti: l'inglese e
la greca. Né può colmare la lacuna,
per la prima, la forte influenza cat-
tolica sui giornali irlandesi, per esem-
pio sul più diffuso di essi, «The Irish
Independent» (175 mila copie), trat-
tandosi di una realtà assai diversa e
che influenza persino l'edizione set-
timanale in lingua inglese dell' « Os-
servatore Romano». Si tratta invece
di una tradizione propria del Regno
Unito, neutra nei confronti del fat-
to religioso, specialmente dopo che
si sono stemperati tanti motivi di at-
trito; la presenza cattolica si esprime,
forse in modo sommesso ma reale,
in riviste di una grande dignità cul-
turale come « The Tablet » (che ha
centocinquant'anni di vita, essendo
stato fondato nel 1840), il successi-
vo «The Univers» (1860), «The
Month » dei Gesuiti (1864) è « The
Catholic Herald ».
In Grecia, la sola pubblicazione
cattolica è la rivista « Katholiki », per-
altro assai apprezzata e che regge il
confronto con la sessantina di titoli
(nessuno quotidiano) della Chiesa
ortodossa, che ha un quindicinale,
« Ekklesiastiki Alitheìa » ("Verità ec-
clesiale") e il mensile ufficiale « Ek-
klesìa » insieme con il trimestrale
« Theologìa » edito dall'Università
teologica di Atene e Salonicco.
Angelo Paoluzi
(4 - continua)

4.6 Page 36

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36 • I FEBBRAIO 1990
STORIA SALESIANA
La famiglia Carretto
«Dichiaro solennemente
il mio orgoglio di aver fondato le mie
radici su terreno favorevole, tanto
favorevole come quello dell'Oratorio
dove ho ricevuto una formazione cri-
stiana senza la quale chissà che cosa
mi avrebbe riservato la vita». Que-
sto schietto, convinto « attestato di
benemerenza» reca la firma di fra-
tel Carlo Carretto. L'Oratorio cui si
riferisce è quello della Crocetta, a
Torino, retto dai salesiani. È solo
uno dei molti fili che hanno legato
Carlo Carretto alla Congregazione di
Don Bosco. I più solidi sono ovvia-
mente quelli che si allacciano al fra-
tello Pietro, missionario salesiano, e
alle sorelle Dolcidia ed Emerenziana,
entrambe Figlie di Maria Ausilia-
trice.
Per le generazioni che erano gio-
vani negli anni fra il 1943 e il 1945,
il nome di Carlo Carretto evoca il
momento «eroico» della GIAC, la
Gioventù di Azione Cattolica, di cui
egli era il presidente nazionale. Co-
loro che vi hanno partecipato, non
potranno mai dimenticare l'esaltan-
te manifestazione dei « baschi verdi»
a Roma nel 1948, in occasione
dell'80° anniversario di fondazione
dell'Azione Cat.tolica. Migliaia di
giovani entusiasti, pieni di vita, de-
cisi, clamorosa smentita di quella im-
magine di baciapile ·che l'opinione
Foto LDC
DALL'ORATORIO
AL DESERTO

4.7 Page 37

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- -- - -------sB-
1 FEBBRAIO 1990 37
SALESIANO __J
DEL .SAHARA
L'itinerario spirituale
di Carlo Carretto
ha molti punti di contatto
con Don Bosco.
I ricordi del f ratei/o
mons Pie , vescovo
salefiantJ,
alfi/ >s<}re
le
ed Emerenziana, 1
di Maria Ausiliatrice.

4.8 Page 38

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38 · l FEBBRAIO 1990
corrente aveva degli iscritti ali' A.C.,
invasero Roma per testimoniare la
loro fedeltà alla Chiesa e al Papa.
/1 dono
di se stesso
L'impressione suscitata da quel ra-
duno fu, all'epoca, enorme. Ad or-
ganizzarlo era stato Carlo Carretto.
Quello stesso Carretto che molti an-
ni dopo - 1974 - confesserà in una
lettera alla sorella Dolcidia di aver
avvertito col tempo la« labilità» del
suo apostolato. Si era trovato «ala-
vorare nella Chiesa come un crocia-
to», aveva sentito «di contare
qualcosa», si era« buttato nell'azio-
ne con la passione di un innamora-
to» e il suo amore era la Chiesa.
« Furono anni di autentico impegno
- scrive. - La mia vita navigava su
un fiume di amore e di vita comuni-
taria: incontri, adunanze, discorsi.-
avevo perfino l'impressione di "far-
gliela'' e nella mia ingenuità mi tro-
vavo a pregare così: "Signore,
lasciaci fare, vedrai che porteremo
tutti ai tuoi piedi di re dell'universo".
Ma Lui, che sopporta la nostra im-
maturità, mi attendeva al varco. Mi
sentii dire da Lui: "Carlo, non vo-
glio più la tua azione, voglio te''. E
mi trovai nel deserto ... » .
Non era certamente al deserto che
pensava Carlo negli anni dell'adole-
scenza, quando giocava con il fratel-
lo Pietro nelle strade della Crocetta.
« In quel periodo - ricorda mons.
Pietro Carretto - era il pallone a in-
teressarci. Guardavamo i chierici sa-
lesiani che davano calci alla palla nel
campetto accanto alla chiesa salesia-
na. All'epoca, siamo nel 1927, l'o-
ratorio non c'era ancora. Noi ci
arrampicavamo sul cancello d'in-
gresso e chiedevamo a gran voce di
poter giocare. Anzi, ricorremmo an-
che ai metodi. .. duri, perché minac-
ciammo addirittura di buttar giù il
cancello se non ce lo avessero aper-
to . Le nostre insistenze fecero che
i salesiani si decisero a istituire l'o-
ratorio festivo».
Pietro non avrebbe giocato a lun-
go, perché quattro anni dopo, appe-
na sedicenne, nel rinnovato slancio
missionario voluto da don Filippo
Nelle foto: in alto Mons. Car!etto in Thailandia e a destra
Fratel Carlo in Africa
Rinaldi salesiano Beato, partì per la
Thailandia, dove, nel 1938, divenne
sacerdote. Dopo aver ricoperto vari
incarichi nella Congregazione, fu
consacrato vescovo di Ratburi nel
1951. Trasferito nel 1969 nella Dio-
cesi di Surat Thani - di cui oggi, a
79 anni, è vescovo emerito - vi ri-
mase per quasi un ventennio. Di lui,
in una lettera inviata congiuntamente
alle sorelle e al fratello, Carlo Car-
retto scrive: « Il primo sei stato tu,
Pietro, a partire per le missioni co-
me salesiano. Ricordo i tuoi occhi
che bruciavano di passione. Quella
era vita! E quando, più tardi, vidi la
tua cameretta di missionario sotto i
grandi alberi di cocco a Bang-Nok-
Kvek, capii per la prima volta cosa
era la povertà di un vero mis·siona-
rio buttato allo sbaraglio, al caldo,
alle malattie tropicali, alla fatica a
causa del Vangelo di Gesù».
Oggi, mons. Pietro Carretto ricor-

4.9 Page 39

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- : - - - ~ -
1 FEBBRAIO 1990 39
semplici che immaginar si possa ...
Ed è proprio qui che si ottiene come
risultato il senso più completo della
libertà e della gioia. Attorno a me
non vedo che facce allegre, che spriz-
zano gioia da tutti i pori». Anche il
lavoro manuale, conosciuto per la
prima volta, lo appaga. Lo testimo-
nia scrivendo alla sorella, « una reli-
giosa, per di più salesiana, quindi
allieva di un Santo che se ne inten-
deva di lavoro manuale e lo com-
prendeva nel suo intimò». Ma è il
deserto ad occupare una grossa par-
te nell'itinerario spirituale di Carlo,
« il deserto vero, con la sua pace...
il suo silenzio immenso, totale, assor-
bente... È difficile trovare luogo più
adatto per meditare e adorare... La
vita del deserto la considero una
grande grazia per la mia anima... ».
Fttta corrispondenza
M.
da il fratello che, a Torino, per man-
tenersi agli studi, faceva due mestie-
ri, il sacrestano e il sorvegliante
notturno: « Non voleva chiedere
nulla ai genitori, desiderava essere
indipendente, non pesare sulla fami-
glia. Anzi, quel che risparmiava si
trasformava in oggetti utili per la
casa ».
Amarezze
e polemiche
Il deserto africano accoglie Carlo
nel 1954, dopo che in lui è maturata
la decisione di entrare a far parte del-
la Congregazione religiosa dei Piccoli
fratelli di Gesù, fondata dal padre
Charles de Foucauld. Alle spalle ci
sono amarezze - il contrasto con
una parte del mondo cattolico - e
anche polemiche. Clamorosa quella
che accompagnò l'uscita del suo li-
bro Famiglia, piccola chiesa. « Gli
rimproveravano - ricorda mons.
Pietro - di aver scritto il libro usan-
do espressioni considerate a quei
tempi troppo veristiche, lui non spo-
sato e quindi giudicato incompe-
tente. A questo riguardo posso rac-
contare un episodio. Il libro arrivò
nelle mani del Papa Pio XII, che lo
lesse dalla prima all'ultima pagina
restando sveglio per quasi una in-
tera notte. Al mattino commentò il
libro con queste parole: "Però si fa
leggere", che furono intese come ap-
provazione ».
Nel deserto sahariano, in una pic-
cola oasi, Carlo visse la durissima
esperienza del noviziato, come pre-
scritto dalla regola della sua Congre-
gazione. Lui stesso la racconta in una
lettera alla sorella Dolcidia. Povertà
assoluta, una stuoia stesa per terra
come letto, cibo frugale essenzial-
mente vegetariano disposto in un
piatto comune, l'acqua bevuta da
un'unica brocca, e poi preghiera, la-
voro manuale, studio. «Tutti, in fa-
miglia - rammenta mons . Pietro -
eravamo convinti che non ce l'avreb-
be fatta a sopportare tante privazio-
ni » . Ma per Carlo quella vita era
vissuta come un dono di Dio. « L'in-
sieme ricorda i francescani delle ori-
gini - scrive alle sorelle -, ma il
tono locale è un tono arabo fra i più
La corrispondenza con suor Dol-
cidia si snoda fitta per molti anni
stata raccolta in volume e pubblica-
ta da « Cittadella Editrice », a cura
di Gian Carlo Sibilia). Lui la chiama
affettuosamente Dolce. Frequenta-
trice dell'oratorio salesiano di Bor-
go San Paolo a Torino, Dolcidia,
dopo gli studi, lavorò come contabile
per poi decidere, nel 1934, di farsi
suora con le Figlie di Maria Ausilia-
trice. Ricoprì vari incarichi nella
Congregazione e per 31 anni fu fe-
delissima, scrupolosa segretaria di
suor Angela Vespa, nel 1958 Madre
Generale dell'Istituto. Anche con
suor Angela, Carlo Carretto intrat-
tenne un affettuoso rapporto episto-
lare. Dolcidia morì il 4 gennaio 1986,
dopo che il fratello, accorso al suo
capezzale, le lasciò l'ultimo bacio.
Era presente anche suor Emerenzia-
na, anch'essa figlia di Maria Ausi-
liatrice.
Con Dolcidia, Carlo trovava toni
di commovente tenerezza. Aveva con
lei un rapporto in certo modo prefe-
renziale. Certamente Carlo ha ama-
to anche la sorella Emerenziana.
Ricordava la sua partenza da casa
per farsi suora come un momento
doloroso. «Mi mancavi molto come
sorella - ha scritto - e fu allora che
capii come era esigente Gesù a chie-

4.10 Page 40

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40 , 1 FEBBRAIO 1990
retto era un « tipo impulsivo e pas-
sionale», come egli stesso si defini-
sce, ma ciò non impediva a Dolcidia
di esprimere tutto il suo dissenso. Lo
si evince dalla lettera di Carlo in da-
ta 22 gennaio 1975. «Cara Dolce,
certo, tu sei col Papa e fai bene ad
affermarlo. Ma tu credi che io non
lo sia? Il problema sta qui. Si è col
Papa anche se si può divergere in co-
se non riguardanti la fede».
<<Santità
le chiedo perdono»
derci tagli tan,to dolorosi per il suo
regno». Emerenziana divenne Figlia
di Maria Ausiliatrice nel 1929. Dal
1931 al 1981 ha ricoperto numerosi
incarichi, prima come insegnante e
poi come assistente delle novizie, di-
rettrice e vicaria. Oggi vive nella Ca-
sa religiosa salesiana di Roffolo, in
provincia di Vicenza.
Tuttavia Carlo si apriva di più con
la sorella Dolcidia, forse perché que~
sta era più sollecita nel rispondere al-
le sue lettere e Io rimprovera fre-
La famiglia
Carretto
in una foto
(l'archivio.
E assente
Carlo
quentemente di scriverle troppo di
rado. E forse anche perché tra Dol-
cidia e Carlo non mancano le scher-
maglie polemicqe, nate da momenti
di opposizione dei rispettivi punti di
vista su taluni problemi, sia famiglia-
ri sia ecclesiali. Uno dei momenti di
maggior tensione lo si coglie all'epo-
ca del referendum sul divorzio , nel
1974. Carlo prende nettamente e
pubblicamente posizione per il
«no», cioè contro l'abrogazione del-
la legge istitutiva del divorzio. Car-
Ma poco più tardi, frate! Carlo
scrive direttamente a Paolo VI, che
in occasione di una udienza a mons .
Pietro aveva espresso riguardo a
Carlo « preoccupazione e dolore».
« La cosa - si legge nella lettera -
non può non farmi riflettere perché
mi tocca nel profondo. Se sapesse
quanto l'ho amata e l' amo, Santità.
Sono stato imprudente? Potrei scu-
sarmi dicendo che ho seguito ciò che
vivevo nella coscienza, ma non Io
faccio. Quando il Padre soffre è me-
glio tacere e cercare di capire. E per
capire bisogna amare... Le chiedo
perdono, solo perdono, senza giu-
stificazioni. .. ».
Era un'altra dimostrazione dello
spirito di sottomissione, di servizio
nell'annullamento di se stesso che
frate! Carlo aveva liberamente ma
.con determinazione scelto. «Non ho
grandi novità nella mia vita - scri-
veva nel 1956 - se non quelle che
scopro nella preghiera e queste han-
no due soli capitoli: non vediamo
mai abbastanza la nostra nullità e
non riusciamo mai a capire l'immen-
so, l'oceanico, l'infinito amore di
Dio.:. È che non si vuole essere
piccoli! ».
Fratel Carlo riposa, dal 4 ottobre
1988, nel cimitero di Spello, il bor-
go della verde Umbria che egli scel-
se, al rientro in Italia, per continuare
la sua vita di eremitaggio e di pre-
ghiera. Gli arabi, di cui Carlo aveva
condiviso il modo di vivere e che ave-
va amato, chiamano il cimitero « il
giardino dei silenziosi». Lassù, nel
piccolo camposanto, regna infatti il
silenzio . Ma è un silenzio che parla
attraverso l' esperienza di fede del
piccolo frate! Carlo di Gesù .
Giuseppe Costa

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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-----------~-
re a svolgere prudentemente al-
cuni lavori di ministero, aiutato
«LEI HA
QUALCHE SANTO
solo da una leggera terapia.
Attribuiscono il superamento
della mia difficile situazione all'in-
DALLA SUA PARTE»
tercessione di Don Quadrio e di
G ià affetto da oltre 15 anni
da alterazioni cardiopa-
tiche per due infarti al rnicardio
anteriore, qualche mese fa in se-
guito a stress psicologici, ebbi la
sensazione che la situazione si
questo ne rendo pubblicamente
grazie.
Non mi sembra di gridare al mi-
racolo , ma di «grazia » sì.
La preghiera ha ottenuto quan-
to minimamente si poteva
sperare.
fosse aggravata: dolori anginosi,
Lettera firmata - Sondrio
mancanza di respiro, stanchez-
za persistente.
Alla visita cardiologica dallo
specialista del Policlinico di Pa-
via che da anni mi controlla, la
conclusione fu tragica: ricorrere
al trapianto cardiaco per sanare TORNÒ A CASA
la situazione e intanto eseguire ILLESO
subito gli esami preliminari all'in-
tervento .
Come facilmente awiene in si-
mili casi, pensai subito alla pre-
ghiera, al ricorso al Signore per
evitare quel difficile momento.
Sottoposi il tutto, assieme alla
mia ed altre comunità religiose,
alla intercessione di Don Giusep-
pe Quadrio, del quale avevamo
appena celebrato il venticinque-
simo della morte.
Tuttora ogni giorno recito la
preghiera per ottenere la grazia
1129 giugno 1989 mia cognata
Natalina Dalle Crode, con la
macchina, investì un ragazzino,
Stefano, a Postione di Treviso. Il
fanciullo entrò subito in corna.
Con il cuore pieno di angoscia in-
vocai con fiducia San Domenico
Savio e San Giovanni Bosco.
Dopo pochi giorni Stefano uscì
dal corna e in capo a due setti-
mane tornò a casa dall'ospeda-
le praticamente illeso. Mantengo
dell'aiuto spirituale del santo sa- · la promessa di rendere nota que-
cerdote salesiano.
sta grazia.
Nel frattempo mi fu offerto an-
Rita Dalle Crode -
che l'opportunità di andare in pel-
Postione di Treviso 20.8.89
ligrinaggio al Santuario della
Madonna di Fatima.
Di giorno in giorno la situazio-
ne mi sembrò migliorare.
Dapprima all'esame corono-
grafico (maggio 1989) si consta-
tò una situazione di NON CAMMINO
peggioramento e per intanto si
sconsigliò qualsiasi intervento
SENZA SOSTEGNI
V chirurgico.
In una ulteriore visita (per un
o~lio partecipare a tutti la
consulto!) un cardiochirurgo di fa-
mia g101a per avere ottenuto
ma mondiale concluse: «Lei ha per intercessione della Madonna,
qualche santo dalla sua parte! » pregata con fede e amore, la gua-
Fosse vero!?
rigione in seguito ad una caduta
Alla visita di controllo di circa sul pullman per una frenata bru-
un mese fa (ottobre 1989), il car- sca che ha causato la rottura del
diologo, che mi aveva già consi- femore.
gliato il trapianto, ribadì una I medici avevano diagnostica-
«strana» situazione di non peg- to una invalidità permanente.
gioramento per cui concorda che Oggi, con grande gioia, dopo
non è necessario intervenire con avere invocato con tanta fede
il trapianto e neppure con il Maria Ausiliatrice , cammino
bay-pass.
e senza bisogno di sostegni sen-
Constato che posso continua- to che il vero chirurgo nell'inter-
vento subito è stata proprio Lei,
Maria.
Riconoscente a Lei e alle Figlie
di Maria Ausiliatrice che mi han-
no inculcato questa devozione,
elevo a Dio e a Maria un inno di
lode e di ringraziamento.
Ines Nostro - Villa San Giovanni
(RC)
UN TRASFERIMENTO
DIFFICILE
U na delle mie nipoti insegna-
va a circa 40 chilometri da
Lyon in Francia mentre i suoi ge-
nitori anziani abitavano ad oltre
450 chilometri di distanza. L'an-
no scorso abbiamo chiesto un
trasferimento giudicato difficile e
impossibile. Noi non ci siamo
scoraggiati ma abbiamo fatto una
novena in onore di Don Bosco ce-
lebrando una Messa e promet-
tendo un aiuto alle sue Missioni
con la relativa pubblicazione sul
Bollettino Salesiano. Ebbene la
grazia è stata ottenuta.
Non solo: mia nipote è riusc i-
ta a trovare perfino un alloggio.
Canonico Enrico Augugliaro -
Messina
UN MALE INCURABILE
N el 1981 mio figlio fu colpito
da un male incurabile:
Linfosarcoma linfoblaslica addo-
minale (vedi cartella clinica): Pre-
gai tanto per la sua guarigione;
aveva allora 13 anni.
Un giorno trovai dentro un cas-
setto di casa mia l'abitino di S.
Domenico Savio. Me compreso,
siamo in sei i componenti la mia
famiglia, nessuno ha mai sapu-
to come fosse capitato lì . Da quel
giorno mio figlio lo porta sempre
addosso. Per sua intercessione,
il 'Signore me lo ha ridato alla vi-
ta. Ora ha ventun anni e sta be-
ne. Grazie S. Domenico Savio.
Mario D'Andrea - Ladispoli
RINGRAZIANO
PER GRAZIE RICEVUTE
Alberti Maria
Alessio Lorenzo
Balsamo Giuseppa
Barbero Maria
Bassi Vita Bodrito Elena
Bosco Bettoni Giovanna
Bosetti Castellani Ausilia
Campagna Giuseppina1
Cancedda Mariangela
Cavalieri Maria
Celva Maria
Clerico Pietro
Coniugi Longa
Dal Pane Adriana
De Filippi Adele
Disteri Rosina
Falco Tranquilla
Figliano Antonietta
Filippi Egle
Frapporti Giuseppina
Guarino Francesca
Guasca Augusta
Leanza Gaetano
Leva Anna Lisa
Lombardi Orlando Lisa
Lovera Iris Beccari
Miano Carolina
Mussurnarra Alberto
Olivini Franco
Palparelli loie
Passadore Giuseppina
Passalacqua Mina
Pavan Stefano
Pecollo Orsola
Pianeta Rosa
P.V. Codroipo
Pollice Alberto
Poma Rina
Ponte Maria
Rinaldi Teresita
Rosario Ferreri
Rosiello Modestina
Saporiti Ilde
Sciagura Sebastiano
Segato Ines
Sorzi Filippa
Tencheni Marco
Todaro Vincenzo
Tribocco Giuseppe
Tu rra Emilia
Uglione Liberà
Zanin Beltrami Ivana

5.2 Page 42

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42 · 7 FEBBRAIO 1990
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
CERIZZA cav. ing. Luigi - exallievo , t 1989
Nasce a Brugherìo (Ml) nel 1914 da famiglia ar-
tigiana di solide radici religiose.
Studente di Liceo a Sondrio conosce i Salesia-
ni ai quali rimarrà legato per tutta la vita .
Laureatosi in Ingegneria civile, presta servizio
militare per sette difficili anni come ufficiale del
Genio .
In seguito, dirigente presso l'ufficio tecnico del
Comune di Milano, ricopre posti di responsabilità
come incaricato addetto al Piano Regolatore: la-
voro che svolge con rigore morale senza per que-
sto trascurare gli effetti familiari che coltiva con
dedizione.
Partecipa attivamente alla vita dell'Unione Exal-
lievi di Sondrio ricoprendo anche il ruolo di vice-
presidente regionale dell'lspettoria Lombardo-
Emiliana .
Nell'anno centenario di Don Bosco promuove
nella nativa Brugherio iniziative in suo onore con
la dedicazione di due vie a Don Bosco e a Dome-
nico Savio.
Uomo di elevata statura morale ha donato mol-
te sue energie in opere di bene. A lui molto devo-
no i Salesiani soprattutto dell 'Opera di Milano.
FERRERO BERTÈ sig.ra lvalda - cooperatrice,
t Moncalvo (Al) a 76 anni.
Donna saggia, riservata, intelligente, di cuore
nobile.
Si è resa disponibile in una Parrocchia a servi-
zio di Sacerdoti , aiutandoli anche concretamente.
Le giovani , le mamme, erano oggetto della sua
attenzione.
Con la delicatezza propria della sua femminilità
aiutava a risolvere anche i problemi difficili.
Nei mesi estivi svolgeva la sua opera a Clavie-
re , a favore dei Seminaristi.
L'invocazione «Sia fatta la Volontà di Dio" le era
abituale nella sua lunga malattia.
In vita ha dato tutto, con la morte ha concluso
la sua donazione .
DE MEGNI avv. Gino - exallievo e cooperatore,
t Gualdo Tadino (PG) il 31 ottobre 1989 a 83 anni.
Frequentò la Scuola salesiana locale e contem-
poraneamente l'Oratorio festivo.
Ricordò sempre con tanto piacere questo perio-
do della sua vita, perché, diceva un giorno, «l'am-
biente che frequentavo era per me una vera
famiglia: non sentivo che vi fosse differenza con
il clima che respiravo a casa mia ».
Non solo conservò per tutta la vita questo ca-
ratteristico spirito salesiano, ma lo trasfuse nell 'a-
nimo di quanti vissero accanto a lui o furono suoi
collaboratori. In famiglia, innanzitutto; nell'Associa-
zione dei Cooperatori e nell'Unione Ex Allievi, di
cui fu per vari anni validissimo Presidente locale
e regionale ; nell'Associazione dell'Azione Cattoli-
ca, di cui fu anche una delle figure più rappresen-
tative presso la Federazione Diocesana e nel
Consiglio Regionale; nella professione di avvoca-
to , che lo vide distinguersi per competenza, retti-
tudine e sensibilità umana. Fu , così, un vero
«salesiano nel mondo " ·
Visse gli ultimi anni della sua vita completamen-
te dedito alla preghiera , per le necessità dei figli
e delle loro famiglie, e perché l'opera di Don Bo-
sco potesse continuare a svolgere nel mondo la
sua benefica e provvidenziale missione.
ANNARATONE sig .ra Rosa - cooperatrice, t
Moncalvo (AT) il 13 agosto 1989 a 90 anni.
Dopo lunghe sofferenze è mancata il 13 agosto
la Maestra Rosa, Medaglia d'oro » per tanti anni
d'i nsegnamento.
Fu di esempio a tutti , anche durante la malat-
tia, così come lo era nella sua lunga vita.
Cooperatrice Salesiana con una particolare de-
dizione alle missioni.
Era sempre presente a tutte le opere buone della
sua tanto amata Parrocchia.
Fu presidente dell'amministrazione della «Ca-
sa di Riposo Gavello " per molti anni.
Nell'incarico profuse con amore e intelligenza
la carità cristiana.
Diede molto anche ali' Azione Cattolica con vari
incarichi.
Tutto il paese le voleva bene e la stimava mol-
tissimo, lo ha dimostrato ai suoì funerali : numero-
sissimi e commossi i suoi ex-allievi.
TOMÈ sac. Bartolomeo - salesiano, t Lugano
1'11/12/89 a 83 anni .
Don Tomè era nato nel basso Friuli a Casarsa
della Delizia, cìttadina che ha dato tante vocazio-
ni salesiane. Dopo una prima giovinezza trascor-
sa lavorando decise di seguire la strada del fratello
don Elia che fu missionario salesiano in India. Con-
seguita la licenza in teologia alla Gregoriana di Ro-
ma visse tre anni di intensa attività nell'oratorio di
Casale poi a Vercelli per 16 anni parroco. Da Ver-
celli andò ispettore prima.in Sicilia (1956/1963) e
quindi a Mogliano Veneto (1963/1969). Direttore
a Udine fino al 1972 passa quindi direttore a No-
vara, a Mareggia e a Lugano dove è morto.
Don Tomè fu salesiano nel senso pieno del ter-
mine. Uomo di cuore e realizzatore concreto di
opere a servizio dei giovani, durante il suo sessen-
nio in Sicilia ad esempio ha realizzato opere che
sono risultate essenziali per lo sviluppo successi-
vo della presenza salesiana . Anche nel Veneto
continuò questa spinta realizzatrice. 11 suo fu un
cuore di grande respiro: burbero e generoso ama-
va intensamente Don Bosco, i giovani, la Congre-
gazione.
Essere occupato fu la sua ascetica. Ricordava
che Don Bosco diceva: « Non vi raccomando pe-
nitenze e discipline, ma lavoro, lavoro e lavoro
FLORA prof. Livio - cooperatore, t Nizza Mon-
ferrato il 1°. aprile 1989 a 81 anni.
Figura esemplare di educatore cristiano/salesia-
no, lascia indimenticabile ricordo di per la bon-
tà, dedizione, sacrificio verso i giovani che , dal
1941, segui con amore paterno attraverso l'inse-
gnamento e nelle libere attività.
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don' Bosco con sede in
Roma (oppure ali'Istituto
Salesiano per le missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
<<... annullo ogni mia
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
ifirma per disteso)

5.3 Page 43

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- - ~ - - - - - ---#-
1 FEBBRAIO 1990 43
Borsa: Don Bosco, Don Rua, Dome-
nico Savio, a cura di Don Cesare Sa-
vazzi SDB , L. 1.000 .000
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla direzione
opere Don Bosco
Borsa: S. Domenico Savio, invocan-
do protezione sul piccolo Andrea, a
cura della mamma
Borsa: S. Domenico Savio e S. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento , a
cura di Raffaella e Roberto Canal , L.
1.000.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco , in memoria dei nostri cari, a cu-
ra di F.D.A. , L. 800 .000
Borsa: In suffragio dei miei genitori
Dario Di Nardo e Giacinta Santi/li, a
cu ra di Di Nardo Prof. Ubaldo, L.
700.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, implorando protezione
e grazie, a cura di Vaschetti Fiorenza
e Giuseppe, L. 500 .000
Borsa : Gesù Sacramentato, Maria
Ausiliatrice e Don ·Bosco, per ringra-
ziamento e invocando protezione per
il papà infermo, a cura di Fedrigo Ma-
ria Letizia, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, invocando
protezione, a cura di Mortara Maria,
L. 400.000
Borsa: Don Bosco e Beata Pana-
cea ,in ringraziamento e per protezio-
ne , a cura di Emanuela, Simona e
Alex Fiora, Ghemme, L. 300 .000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Sa-
lesiani , in ringraziamento e invocan-
do protezione , a cura di A.B.D.S.P.,
L. 300.000
Borsa: S. Domenico Savio , Santi
Salesiani, in ringrazia mento e prote-
zione e per suffragio dei genitori, a cu-
ra di N.N., L. 200.000
Borsa : Maria Ausiliatrice , per prote-
zione, a cura di Ponzo Davide , L.
200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco , mamma Margherita, in ringra-
ziamento e protezione, a cura di
F.M.-F.S. , L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice , S. Gio-
vanni Bosco, per grazia ricevuta per
il mio bambino, a cura di Colosimo
Francesco, L. 200.000
Borsa: S. Giovanni Bosco , per gra-
zia ricevuta e implorando aiuto e pro-
tezione , a cura di exal lieva di Faenza,
L. 200.000
Borsa: Don Bosco , a cura di Tonoli
Francesco , L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice , S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento, a cu-
ra di Cinti Nella, L. 200.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco , ringraziando e invocando sem-
pre protezione, a cu ra di G.P.D.
Udine, L. 160.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Sa-
les ia ni , per grazia ricevuta , a cura di
Celva Maria, L. 150.000
Borsa: Don Bosco , a cura di Zibra
Stefano, L. 150.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Sa-
lesiani , per grazia ricevuta , a cura
de lla Famiglia Rora, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice , a cura di
Luconi Sara, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa-
lesiani , a cu ra di Parlani Giorgina, L.
140.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco , in ringraziamento e
supplicando protezione, a cura di Co-
lonnello Broell Anna, L. 120.000
Borse Missionarie da
L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, implorando
protezione per i figli, a cura di una
mamma
Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco , Domenico Savio, ringrazio e in-
voco p rotezione, a cu ra di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Sa-
lesiani, ringraziando e invocando pro-
tezione , a cura di T.L. - Asti
Borsa: Maria Ausiliatrice , Santi Sa-
lesiani , Anime del Purgatorio, per
ringraziamento e protezione, a cura di
M.G.G. - Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco , per grazia ricevuta, a
cura di B.M. - Milano
Borsa : S. Domenico Savio , in me-
moria di Zaccaron Vigilia , a cura di
N.N.
Borsa : Don F. Rinaldi , per grazia ri-
cevuta , a cura di Torasso Dome nico
Borsa : Maria Ausiliatrice, in ringra-
ziamento e invocando protezione , a
cura cji Tamiati Giuseppina e Famiglia
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Sorba Maddalena & Fa-
miglia ·
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, ringraziando e invocando conti-
nua protezione, a cura di Ballesio Pier
Domeni co
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Ferrari Elda
Borsa : Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, per protezione , a cura
di Ori Cav. Giovanni
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, ringraziando e invocando prote-
zione , a cura di Tempi Maria Neri
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in suffragio dei miei genitori An-
na e Rocco, a cura di Vettori Agnese
Borsa : S. Domenico Savio , invocan-
do protezione sulla nipotina Gaua , a
cura di Raia Pitro la M. Carmela
Borsa: Don Bosco , a cura di Sgrilli
Ri ccardo
Borsa: Don Bosco, in suffragio di Ce-
reda Pietro e Stefanoni Pietruccia , a
cura di Valsecchi Felicia
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco , per grazia ricevuta , a
cura di Calosso Michelina
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Morandini Francesca
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per la salute ottenuta dal Doti.
Peppino Romeo , a cura di Vag liasin-
di Michele
Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazia
ricevuta e invocando protezione per la
famiglia , a cura di Olivini Franco
Borsa: Don Bosco , a cura di Pasq ua-
rell i Alessandro
Borsa: Don Bosco, in ricordo di Bru-
no, a cura di Irma Marton
Borsa : Maria Ausiliatrice, per la pro-
tezione della famiglia , a cu ra di Scu-
pelli Rosa
Borsa : Mari a Ausiliatrice , a cura del
Centro Cooperatori di Ercolano -
Napoli
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco , per ringraziamento e in-
vocando protezione , a cura di
Annamaria
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, invocando protezione per me e
per i miei ca.ri , a cura di Bertetto An-
namaria
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per ringraziamento e invocando
protezione, a cura di ldali a
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco , in suffragio di Raffaella Miraglia,
a cura della figli a Mariantonietta e ma-
ri to - Cosenza
Borsa : S. Giovanni Bosco , per rin-
graziamento e invocando protezione,
a cura di Deganutto Amelia
Borsa: S. Giovanni Bosco, per rin-
graziamento e protezione, a cura di
Anna e Vincenzo
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco , a cura di Totaro Antonietta
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, in suffragio
dei miei genitori, a cura di Genuardi
Maria Stella
Borsa: In memoria e suffragio di mia
madre Maria Casella Spartà , a cura di
Diego Spartà
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco , per protezione e per la
salute, a cura di C.R.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di N.N. - Alessandria
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco , per invocare grazie , a cura di
N.N. - Repubblica S. Marino
Borsa: Maria Ausiliatrice , in memo-
ria dei miei genitori, a cura di Riga-
monti Enos
Borsa: Don Bosco , in suffragio di mio
marito Rinaldo , a cura di Kepprel Dora

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Pag. 226
L. 21.000