Bollettino_Salesiano_197008


Bollettino_Salesiano_197008



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I
I
Vogliamo portare I Cooperatori Salesiani
a diventare collaboratorl coscienti,
integrali, a fianco di noi, non sotto di noi:
non solo, quindi, fede/I e docl/1 esecutori,
ma capaci di responsabi/Jtii apostoliche,
pursempre d'accordo e in sintonia col Sacerdote.
DON LUIGI RICCERI
Spedizione in abbonamento postale • Gruppo 2° (70) • 2• q uindicina
EDIZIONE PER I DIRIGENTI
A. XCIV. N. 8 APRILE 1970 • DIREZIONE GENERALE 10100 TORINO VIA MARIA AUSILIATRICE, 32 • TEL. 48. 29.24
SERVIZIO DEI GIOVANI>>
INCONTRO NAZIONALE GIOVANI COOPERATORI Vivacità di dialogo,
assenza di retorica, apertura e freschezza di toni, fusione degli animi, hanno
mostrato le possibilità di un awenire promettente per i gruppi giovanili.
Numero speciale dedicato al 1° Incontro Nazionale GG. CC. di cui riporta atti e cronaca
25

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A Grottaferrata-Roana: 19-21 anarzo
Rappresentanze di quasi tutte le regioni d'Italia:
per una maggiore presa di coscienza;
per meglio definire la propria linea apostolica;
per verificare la "realtà GG.CC." in un confronto di esperienze e di metodi.
19 MARZO
A servi::io dei giovani! - La
scritta evidente sullo sfondo della
sala delle riunioni ci dice chi siamo
e perché siamo al Convegno: gio-
vani che desiderano andare ai gio-
vani, camminando al passo con
Don Bosco.
Siamo circa 150: forse troppi
per un incontro di studio, ma
rappresentiamo giovani almeno die-
ci volte più numerosi. Non ci co-
nosciamo molto: ma basterà stare
insieme qualche ora. È con noi
don Fiora1 Direttore Generale,
don Buttarelli, l'Ispettore della
Sicilia don Verdecchia e una de-
cina di Delegati Ispettoriali.
«Camminiamo sulla strada... >> -
«Non so proprio come far, per
ringraziar il mio Sig,wr •: dopo il
canto che il tono all'incontro,
la recita attenta e pensosa del •Pa-
dre nostro che sei nei Cieli ». E
il Convegno ha inizio. Al tavolo
della Segreteria Gabriella di Ar-
siero (Vicenza) e Marisa di Na-
poli. Alcuni amici del gruppo
centrale sono a nostra disposizione
per ogni occorrenza.
Si ha subito la sensazione che
l'incontro è "nostro". Non po-
trebbe d'altra parte che essere cosl.
È scritto anche a caratteri marcati
su di una parete: • ... Cooperatori
a fianco di noi, non sotto di noi...
capaci di responsabilità apostoliche , .
E sono parole di don Ricceri.
Regola la 11L Giornata Giovanni
Turello del Gruppo Torino (me-
ritano questo onore: veng~no d~a
terra di Don Bosco...). Ringrazia,
saluta, e invita ad ascoltare la
Parola di Dio (i Qualunque cosa
oorete fatto a 1mo di questi piccoli,
l'avrete fatta a me... ». « Se vuoi,
vieni e seguimi 1>). Poi l'appello del
Concilio ai giovani: ci pare di
sentire Cristo che parla il lin-
guaggio degli uomini del '70:
26 «Siete voi che raccoglierete la fiac-
cola dalle mani dei vostri padri...
La Chiesa v i guarda con fiducia... 1>.
Il regolatore dà la parola al
Direttore Generale dei CC., don
Fiora. Gli dobbiamo essere grati
perché ha dovuto togliere del tem-
po prezioso al suo lavoro per stare
con noi. (Una presenza che si
rivelerà utilissima ma soprattutto
discreta, delicata. Bene I). Inizia
con un richiamo sportivo: << Da
poco tempo era stato dato il via
alla Milano-San Remo; ora tocca
a lui alzare la bandierina del via
al Convegno.
Voi siete i protagonisti del con-
vegno, siete voi che lo dovete diri-
gere, siete voi che lo dovete ani-
mare con i vostri interventi e che
dovete trarne le conclusioni.
Ho molto gradito il saluto perché
è stato rivolto dal vostro rappresen-
tante, dal moderatore della prima
giornata del convegno, e lo debbo
ricambiare con cordialità; con tanta
maggiore cordialità in quanto voi
qui rappresentate tutte le regioni
d'Italia e un importante settore
dell'attività salesiana; con grande
cordialità perché voi siete giova-
ni e quindi noi vi guardiamo
con molta simpatia e abbiamo
molte speranze per voi; e poi, final-
mente, perché il vostro movimento
di Cooperatori giovani, anche se è
recente, è molto promettente, e noi
confidiamo che possano ottenersi
ottimi risultati da questo nostro
incontro.
11 fatto che siate venuti da tutte
le regioni d'Italia e che vi troviate
già così fraternamente uniti mi pare
che sia una garanzia per il successo
che tutti quanti desideriamo. De-
sidererei in questo momento anti-
cipare anche il saluto da parte del
nostro Rettor Maggiore. Egll do-
mani pomeriggio sarà qui con noi.
Comprendete molto bene che l'in-
teressamento del Rettor Maggiore
indica l'importanza che egli annette
a questo nostro incontro e anche la
fiducia che ha nei buoni risultati.
Voi mi domanderete: quali sono le-
ragioni per cui i salesiani oggi han-
no tanta fiducia nei cooperatori
giovani 7 Ecco rapidissimamente.
C'è nella storia della Congregazione
salesiana un fatto da cui trae ispi-
razione tutto il nostro apostolato.
Quando Don Bosco incominciò a
lavorare in mezzo ai ragazzi, radunò
attorno a sé degli uomini maturi
perché lo aiutassero nel suo apo-
stolato. Questi uomini a un certo
momento lo hanno abbandonato.
Don Bosco allora si è rivolto ai gio-
vani e ha chiesto loro di dare colla-
borazione per quell'apostolato a cui
l'aveva chiamato il Signore. I gio-
vani hanno risposto generosamente
all'invito di Don Bosco e tutta la
grande impresa salesiana è stata
compiuta da questo sacerdote e dai
giovani, i quali hanno voluto dargli
il proprio aiuto, il conforto della
L•assemblea dsl
giovani Coopera-
tori al lavoro. re-
golata a turno da
loro stessi

1.3 Page 3

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propria collaborazione. Forse nella
storia della Chiesa non c'è un esem-
pio simile d' una grande avventura
apostolica che è stata compiuta da
un sacerdote e dai giovani che
hanno saputo raccogliersi attorno
a lui.
Paolo VI ha detto che la Congre-
gazione Salesiana è un grande
fatto nella storia della Chiesa con-
temporanea. Noi vogliamo conti-
nuare questo episodio e questo
fatto della storia contemporanea.
La situazione dei giovani attorno a
noi è quella dei tempi di Don Bo-
sco, anche se evoluta così come si
evolvono i tempi. I sacerdoti da soli
non possono svolgere il loro apo-
stolato; noi vi chiediamo la vostra
collaborazione per poter continuare
l'opera di S. G. Bosco. Abbiamo un
esempio davanti a noi e questo
credo che dia fiducia e dia garanzia
al nostro lavoro. Abbiamo anche
uno spirito, uno stile, un metodo di
apostolato che ci ha indicato Don
Bosco e che ha avuto ormai un col-
laudo di carattere universale nel
tempo e nello spazio; abbiamo an-
che la sicurezza di entrare, come
Cooperatori salesiani, nel carisma
di Don Bosco. Don Bosco è stato
suscitato da Dio; Dio gli ha dato
il carisma particolare per la gio-
ventù. Noi entrando fra i giovani
cooperatori facciamo parte di que-
sto carisma che Dio ha affidato a
S. G. Bosco e ci inseriamo quindi
nel grande quadro della vita della
Chiesa. Questo è l'invito che noi
vi rivolgiamo perché vogliate ve-
nire con la forza delle vostre risorse
giovanili a collaborare con noi in
questo campo di apostolato.
Qual è lo scopo del convegno?
lo scopo del convegno è quello di:
rinnovare il nostro impegno
apostolico;
scoprire una linea apostolica
giovanile;
trovare un campo in cui svol-
gere la nostra attività in una
forma organizzata.
Detto ciò, io non ho altro da fare
che lasciare a voi il compito di
svolgere questo convegno che è
vostro, perché voi vi portate il vo-
stro spirito; che è vostro perché le
conclusioni dovranno essere la
norma del vostro agire, quando ri-
tornerete nei vostri centri.
Ora si entra rapidamente nel
vivo dei lavori. Ma perché que-
st'incontro? ci domandiamo.
La risposta è a don Buttarelli
che si riallaccia ad un precedente
incontro tenutosi proprio in questa
stessa sede nel '67: è necessario
dare maggiore spazio ai giovani
nell'Associazione, ma per questo
occorre presentare in modo cre-
dibile e accettabile la proposta
salesiana di un apostolato fatto
dai giovani per i giovani, con lo
spirito e lo tile di Don Bosco.
Quindi chiarezza di idee, soprat-
tutto.
COOPERATORE CHI È 7
Ecco _allora il primo argomento:
Cooperatore chi è ? Una traccia
preparata da Paola Titi tenta di
aiutarci. Ma accade quello che
ormai è di moda nei Convegni.
Si tiene il largo, si evita cioè di
entrare nel vivo del tema: a qual-
cuno preme anzi esporre qualche
sua tesi perché è originale ecc.
Passiamo per l'inevitabile fase ini-
ziale di xodaggio che ci serve a
meglio conoscerci e affiatarci.
Al microfono Rodolfo, Marghe-
rita e Tonino di Salerno, Enzo,
Giovanni e Leonardo di Roma,
Sergio di Cagliari e altri ancora.
Discussione accesa. Don Ferri ci
riporta in tema: occorre precisare
cosa è vocazione in genere, quindi
la nostra specifica vocazione.
Si arriva a questa conclusione:
l'essere cooperatore non consiste
nell'andare verso gli altri in una
qualsiasi forma anche associata.
Questo è di molti. Consiste in-
vece sia nella missione particolare
(quella giovanile-popolare, cioè la
<< destinazione giovani ))), sia nello
spixito con cui la si attua (quello
salesiano).

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Il pomeriggio è destinato ai
Gruppi di studio sul primo tema.
~ il banco di prova del nostro
rmpegno.
Prima ascoltiamo volentieri però
tre nostre consorelle. Sono F.M.A.
venute a visitarci (sono rispetti-
tivamente vietnamita, coreana e fi-
lippina). Ci parlano, applauditis-
sime, del loro paese e della pre-
senza salesiana nella loro terra.
Cosi la famiglia salesiana ci ap-
pare completa con la nuova di-
mensione delle suore salesiane.
Divisi poi in gruppi di dodici
dedichiamo la serata a questi temi :
Vocazione umana e vocazione
cristiana all'apostolato.
li metodo, il carisma e la spiri-
tualità salesiana.
Le tre famiglie salesiane: come
le concepl Don Bosco e loro
aderenza attuale all'idea del
fondatore.
I giovani oggi nella società,
nello Stato e nella Chiesa: loro
esigenze e loro peso nel muta-
mento delle strutture. I giovani
Cooperatori possono aiutare al-
tri giovani? Questi giovani han-
no bisogno di loro?
I giovani Cooperatori cercano
una loro via (scelta di attività,
rapporti con le altreduefamiglie
salesiane e con il Delegato).
Formazione umana, pedagogica
e spirituale del giovane Coope-
ratore.
Al termine s1 101Z1a la lettura
pubblica delle conclusioni. Alcune
interessantissime, altre incomplete
per mancanza di tempo. Una più
delle altre ci sembra utile ripor-
tare. È il frutto del lavoro del
gruppo composto da: Temperilli
M. R., Mari G., Marchis E.,
Gunetti R., Burzio A., Fantino
P., Piovano M., don Sala A.,
Férrua F., Franceschi T.
« I giovani cooperatori cerca-
no una loro via (scelta di at-
tività - rapporti con le altre
due famiglie salesiane)».
Premesso che i GG. CC. non
costituiscono un ramo staccato
nella Terza Famiglia, bensl formano
28 un tutt'uno con i cooperatori adulti,
differenziandosi se mai nelle forme
specifiche di apostolato, si è sot-
tolineata l'importanza di una for-
mazione di base.
Se tale formazione manca, o se
è inadeguata, si rischia di dar vita
sl ad un'iniziativa umanitaria, ma
niente di più. Il gruppo si risolve
in un filantropismo; viene a man-
care quella dimensione verticale,
cioè il legame immancabile con
Dio, che deve essere la prerogativa
essenziale perché veramente i GG.
CC. siano inseriti nello spirito sale-
siano. Una delle caratteristiche di
Don Bosco è l'aver valorizzato pie-
namente i valori religiosi e gli e le-
menti umani della vita, e di averne
fatto una sintesi perfetta. Il G.C.,
pertanto, nella impostazione della
sua vita e nello svolgimento del-
l'apostolato, deve sapersi aprire agli
elementi umani in stretto rapporto
con gli elementi soprannaturali. In
un periodo in cui è viva la promo-
zione sociale, il carattere eminente-
mente popolare di Don Bosco col-
pisce e giustifica la validità e so-
prattutto la attualità del suo me-
todo.
I giovani cooperatori cercano la
loro via e la cercano nell'attività,
rivolta soprattutto ai giovani, ma
non esclusivamente ad essi. I GG.
CC. dovrebbero essere diffusori di
un umanesimo cristiano.
A questo punto occorre fare una
distinzione tra attività a livello in-
dividuale e attività di gruppo.
A livello individuale è indispen-
sabile la testimonianza, la respon-
sabilità e soprattutto la disponibi-
lità: apostolato come testimonianza
·di buon esempio, di affermazione
convinta di idee e principi evange-
lici, e questo nell'ambiente di la-
voro. di attività, di famiglia, di so-
cietà in cui uno vive; responsabi-
lità nel sentirsi forza viva, nel sen-
tirsi un qualcuno, in un organismo
che si deve spandere e richiede la
collaborazione di tutti.
Le attività di gruppo possono
essere molteplici: si può partire
dalle attività ricreative, rivolte ai
giovani, soprattutto ai più abban-
donati dal punto di vista materiale,
culturale, spirituale; attività non
fine a se stessa, ma condizione per
il passaggio a una attività forma-
tiva, intesa come catechesi, vita li-
turgica, che si può esplicare con
l'organizzazione di messe comuni-
tarie, canti liturgici, ecc. Don Bosco
non diceva forse: « Entriamo con
la loro, usciamo con la nostra»?
Necessario è il contatto personale
coi giovani per capire i loro pro-
blemi, per farseli amici. Inoltre
l'aiuto alla parrocchia, essendo il
cooperatore a servizio della Chiesa;
l'attività caritativa (es.: visita ad
ospizi per portare una nota giova-
nile, assistenza a persone che ne-
cessitano di a iuto, di affetto, di
amicizia vera); l'attività missionaria.
Si è poi parlato dell'apostolato
della sofferenza in questo senso:
inserire nel gruppo un giovane sof-
ferente, malato, per renderlo par-
tecipe di ·tutta la vita e attività del
gruppo; darà ai singoli to stimolo
ad accettare, con maggiore dispo-
nibilità e frutto, le piccole croci
quotidiane. Faremo cosl felice un
giovane e più efficace il nostro apo-
stolato.
E concludiamo così: teniamo
presente che non conta tanto quello
che si dà, ma come lo si dà. Non
tanto un milione quanto un sem-
plice sorriso ben dato.
Il terzo punto del tema, il rap-
porto dei cooperatori con le altre
due famiglie salesiane, per man-
canza di tempo è stato appena ac-
cennato. In pratica si è detto que-
sto: occorre maggiormente un rap-
porto di matura e corresponsabile
cooperazione:
in quelle attività ecclesiali in cui
lavorano Salesiani e F.M.A.;
rendendosi presenti come CC.
SS. soprattutto dove la presenza
dei Salesiani e F.M.A. non è
possibile o non è opportuna.
Don Bosco che vive e opera at-
traverso il salesiano, la F.M.A., il
Cooperatore.
È giunto ora il momento più
intimo della giornata. Prepariamo
la liturgia della quale siamo ve-
ramente protagonisti. La nostra è
una vera messa giovanile.
Dopo cena (il termometro della
vivacità è salito, la comunità si
è già formata) breve adorazione
personale dinanzi al Santissimo.

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20 MARZO
Il pensiero spirituale all'inizio
dei lavori ci viene presentato con
semplicità, ma in modo convin-
cente da Gabriella. Parla della vita
interiore, presupposto di fecondità.
Modera i lavori di questa giornata
Enzo Del Monaco, di Roma.
È tra noi don Lorenzo Macario
dell'Ateneo Salesiano, invitato qua-
le esperto, e don L. Zulian del
movimento Terra Nuova.
Proseguono le letture, con rela-
tivo commento, delle conclusioni
dei gruppi di studio. Interven-
gono: don Ferri (ci richiama al
contenuto del carisma salesiano),
Carla Busato (Vicenza), don Co-
gliandro e don Giusto.
D on Macario sottolinea la ca-
tegoria dei giovani a cui si ri-
volge il carisma salesiano : i più
bisognosi di cure materiali, di
cultura, di vita di grazia. Il tipo
di presenza del giovane C. (pro-
testa costruttrice, carica di re-
sponsabilità, denuncia di ingiu-
stizie, di abusi) v iene delineato da
Rodolfo, Tonino e Paola.
A questo punto il regolatore
propone all'assemblea la forma-
zione di un gruppo con un rap-
presentante per ogni Ispettoria,
per preparare un <i Messaggio >>
che i Convegnisti invieranno a
tutti i centri giovanili CC.
Passiamo quindi alla lettura e
commento di una traccia o pista:
vi presentiamo un Centro di GG.
CC. Vari intervengono. Si nota
che siamo lontani dalla mèta; ma
(' un motivo di più per tendervi.
con maggiore impegno (Enzo).
Ci si fa una domanda: perché
abbiamo fatto questa scelta ? Le
varie risposte ci portano ad enun-
ciare una specie di definizione del
cooperatore, che deve essere sem-
pre tenuta presente:
Cristiano impegnato che
tende alla perfezione evange-
lica nel proprio stato, met-
tendosi a servizio della Chiesa
nell'apostolato, specialmente
giovanile, fatto con spirito sa-
lesiano e responsabilità pro-
pria.
CORRESPONSABILITA
Carla di Vicenza era stata in-
caricata di preparare una traccia
sul tema: « Assum,ianwci Le no-
sb·e 1•esponsabilità l>, Viene pre-
sentata e letta all'Assemblea in-
sieme ai punti da lei suggeriti per
la discussione : significato della
corresponsabilità, modi di attua-
zione e specificatamente nella no-
stra Associazione.
I lavori vengono improvvisa-
mente sosp~si per l'atteso arrivo
del Rettor Maggiore don Luigi
Ricceri. È un ìncontro caloroso
e vivace. Non è retorica, ma il
fatto che un successore dj Don
Bosco, carico di tanto peso di
responsabilità, sia venuto di lon-
tano apposta per noi ci piace, ci
commuove. È una nuova prova
che non siamo tenuti al margine
nel mondo salesiano.
Interviene il Rettor Maggiore
Claudio Rossi di Perug ia lo sa-
luta a nome di tutti e gli offre
modesti ma significativi doni: un
ricco album fotografico degli ul-
timi campi di lavoro, con firma
di tutti i convegnisti, e una co-
p ia · dell'ultimo numero del no-
stro foglio di collegamento: «PRE-
SENZAGI OVANI ».
« Ho il piacere e l'onore di por-
gerle il saluto di tutti i presenti, gio-
vani cooperatori salesiani e simpa-
tizzanti, rappresentanti tutte le re-
gioni d'Italia, che si sono qui riuniti
per studiare, discutere (e program-
mare), con modernità di modi, i
problemi giovanili della nostra ap-
partenenza alla terza Famiglia sa-
lesiana.
La ringraziamo veramente e sin-
ceramente per la sua graditissima
presenza come nostro padre spiri -
tuale, perché successore di Don
Bosco, quel Santo cioè per il quale
abbiamo preso la " cotta", che si è
poi maturata in amore sincero, si -
curo e responsabile, che ci ba fatto
apprendere il messaggio cristiano
alla scuola di formazione dei suoi
figli, con uno stile nuovo, genuino,
rendendoci capaci di · poter co-
scientemente collaborare poi, al
loro fianco, per la formazione in-
tegrale dei giovani.
Questa sua presenza è il segno
evidentissimo dell'amore concreto
che il padre nutre per la sua fami-
glia, della quale noi rappresentiamo
i componenti più giovani e quindi
maggiormente bisognosi di cure
e di attenzione, affinché il vigore e
la generosità siano giustamente
guidati per maturare sempre più
coerentemente alle responsabilità
apostoliche in cui la Chiesa ci
chiama ad operare, in modo parti-
colare a favore e a servizio dei
giovani.
Da parte nostra ricambiamo que-
sto amore e questa sua attenzione
con l'impegno di voler studiare e
tradurre in pratica tutti gli insegna-
menti e le direttive che ci verranno
proposti, e le offriamo, umilmente,
con la spontaneità che ci distingue,
i risultati che trarremo da questo
nostro incontro dopo gli accesi di-
battiti di questi giorni.
Le offriamo inoltre l'ultimo nu-
mero di Presenzagiovani, il ciclo-
stilato di collegamento dei nostri
gruppi giovanili e un Album ricordo
con fotografie dei nostri recenti
campi di lavoro e con le firme di
tutti i partecipanti a questo con-
vegno».
29

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Enzo, il regolatore, appuntando
al petto del Rettor Maggiore il
distintivo del Convegno, si era
cosi espresso: << Vorremmo oggi
considerarla uno dei nostri... 1>.
Don Ricceri :
« lo debbo... protestare e debbo
rettificare: ma io sono uno dei vo-
stri I (applausi).
Voi avete parlato di spontaneità,
di autenticità, dal momento che
siete capaci di fare dei dibattiti
molto accesi, molto naturali, molto
spontanei.
lo sono felice di trovarmi ap-
punto in questo ambiente di spon-
taneità che è spontaneità giovanile,
evidentemente, ma insieme è spon-
taneità salesiana perché se c'è un
carattere che contraddistingue la
famiglia salesiana, è proprio que-
sto: quella della autenticità, della
naturalezza. della spontaneità.
Sono proprio grato a voi, che
mi avete fatto pervenire questo in-
vito e sono ben contento di averlo
potuto accogliere e di potervi por-
tare non solo il mio saluto ma. vor-
rei dire, anche la mia "spinta". Ma
spingervi non tanto per camminare
comunque, quanto per avanzare,
perché altra cosa è camminare (an-
che uno smarrito può camminare
per chilometri e chilometri e non
concludere nulla); altra è avan-
zare. Migliorare, progredire è un
altro discorso. lo sono lieto di
darvi anche la mia spinta perché
voi non solo camminiate, ma avan-
ziate, progrediate.
Ringrazio il vostro rappresen-
tante delle cose belle che ha detto
e mi propongo in qualche modo di
rispondere, anche nel corso di que-
sta nostra riunione molto familiare.
lo non vi rubo altro tempo: vi
dico solamente che sono felice di
stare in mezzo a voi, trascorrere in
m1;1zzo a voi queste ore, ma spe-
cialmente di trascorrerle per me
utilmente, perché io sono convinto
che venendo qui, se ho fatto a voi
un piacere e se vi ho mostrato il
mio apprezzamento per il vostro
lavoro, è anche vero che io vengo
qui per rubare qualche cosa, per
prendere qualche cosa da voi, per-
ché sempre negli incontri avviene
30 una osmosi. Tutti sapete cosa è la
osmosi: uno scambio di energie, di
forze, di idee, di verità, di iniziative,
di esperienze, ecc., ed è la maniera
appunto di attuare il classico dia-
logo che viene specialmente dal
Concilio Vaticano 11... ».
Ha inizio, presente il Rettor
Maggiore, la serie degli interventi
sul tema della corresponsabilità.
Come accade normalmente
quando è presente un Superiore,
sono molti che, con spirito ri-
vendicazionista ma che sa di a-
more sincero alla causa, prendono
la parola per far mozioni e ri-
chieste, dare informazioni sulla
vita dei centri, domandare dilu-
cidazioni. Don Ricceri ascolta con-
tento il vivace dibattito, che è
imperniato su questi pensieri: i
Centri GG., non tutti ma molti,
sono senza l'aiuto di un vero de-
legato; non ci si dà fiducia; il
delegato deve esserci vicino come
aJTiico (Giovanna di Rosarno, Ro-
dolfo di Salerno, Giovanni di
Roma). Diversa è la relazione di
Giovanni di Torino: nel suo Centro
non sussistono questi problemi,
perché col delegato è aperto un
vero dialogo di collaborazione.
Enzo di Portici domanda di poter
preparare, e poi presentare a Don
Ricceri, una mozione dei presenti
che esprima ufficialmente le loro
richieste.
Don Fiora sente il bisogno di
fare la seguente precisazione:
« Non so se voi sappiate che noi
stiamo rivedendo il regolamento
dei CC. che è stato composto da
Don Bosco. Vogliamo essere fe-
deli ai principi di Don Bosco, ma
ringiovanire questo regolamento,
soprattutto con gli elementi del
Concilio Vaticano Il. Ora voi sapete
molto bene qual è la sit1:1azione dei
Cooperatori; essi fanno parte della
famiglia salesiana. In ogni famiglia
ordinata c'è un padre il quale è il
superiore della famiglia; e allora
noi affermiamo che c'è nella fami-
glia dei còoperatori salesiani, un
superiore che è il Rettor Maggiore,
il quale dà le grandi direttive se-
guendo l'insegnamento di Don Bo-
sco; però fatta questa affermazione
che deve stare al fondo della vita
dell'Associazione dei Cooperatori,
noi affermiamo anche nel regola-
I giovani Coope-
ratori offrono al
Retto, Maggiore
doni significativi,
tra cui un ricco
album fotografi-
co degli ultimi
campi di lavoro,
con firma di tutti
I convegnisti
mento, categoricamente, come non
era affermato precedentemente, che
i CC. hanno la responsabilità della
loro Associazione, e il governo del-
l"Associazione risiede nel Consiglio
defl"Unione dei CC. SS., Consiglio
naturalmente che deve avere la col-
laborazione di tutti i suoi membri
i quali devono farsi interpreti di
quello che è il pensiero di tutti
quanti i CC. Si capisce che c·è poi
anche la responsabilità del dele-
gato salesiano. Vorremmo attuare
uno dei principi del Decreto del-
l'apostolato dei laici, il quale vuole
sì la promozione dei laici e quindi
bisogna che i laici si assumano la
loro responsabilità; ma afferma nel-
lo stesso tempo che ci deve essere
la corresponsabilità e la collabora-
zione tra sacerdoti e laici; e ci pare
propriamente che nei CC. salesiani
noi attuiamo questa collaborazione:
Sacerdoti-laici; questa correspon-
sabilità Sacerdoti-Laici, che il Con-
cilio inculca. Dico questo perché
quando avrete tra mano il nuovo
regolamento sappiate anche leg-
gere questo nuovo elemento che

1.7 Page 7

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viene messo in evidenza maggiore
di quanto non fosse precedente-
mente)>.
Viene data lettura dei risultati
di una recente due giorni per
animatori di campi di lavoro. Ma-
risa di Napoli ne lettura in-
sieme al programma dei set campi
previsti per la prossima estate.
Rosetta di Palermo presenta poi
le conclusioru di un altro incontro
tenuto tra numerosi reduci dai
due campi di Riesi.
Il Rettor Maggiore conclude
l'importante assemblea pronun-
ciando quello che si potrebbe
chiamare il suo atteso discorso
ufficiale.
PARLA
IL RETTOR MAGGIORE
«Vi confesso che vorrei proprio
intrattenermi con voi a sottolineare
e commentare quanto ho sentito,
piuttosto a lungo, ma comprendo
che questo non è possibile. La-
sciate però che anzitutto vi dica
una parola proprio sincera, sentita,
cordialissima; una parola di con-
gratulazione per lo spettacolo che
voi - anche se non ne avete la
sensazione - date questa sera al
Rettor Maggiore. Di una gioventù
che non è la gioventù della droga,
non è la gioventù della rivoluzione,
non è la gioventù della contesta-
zione che distrugge. È un'altra gio-
ventù. È la gioventù la quale fa
consistere la sua contestazione (e
ne ha tante volte i motivi), nel
costruire non nel distruggere;
perché non si è mai detto (e in
questo voi mostrate tanto buon
senso. un grande criterio, una ma-
gnifica maturità), non si è mai
detto che si sia miglìorato il mondo,
costruito il mondo, sfasciando tut-
to, distruggendo tutto, senza sapere
come sostituire quanto si distrugge.
Voi siete sulla linea, mi pare di po-
tervelo affermare, sulla linea pret-
tamente, autenticamente cristiana;
molti di voi lo hanno ripetuto. La
linea dell'amore, della carità, la li-
nea del cristianesimo autentico.
Dicevo proprio stamattina parlando
agli studenti di teologia del Ponti-
ficio Ateneo di Torino, che la ca-
rità si identifica col cristianesimo:
Carità = Cristianesimo; Cristianesi-
mo - Carità. Amore, ma amore
soprannaturale, un amore per il
prossimo che è una filiazione, una
conseguenza dell'amore verso Dio.
Il cristiano, amando Dio, ama il
prossimo, ama il prossimo perché
ama Dio, ama Dio amando il pros-
simo.
Sie te contest at ori
c he costruis cono
Voi siete magnificamente su
questa linea; ma essendo su questa
linea voi siete dei contestatori che
costruiscono. San Paolo, voi ricor-
derete, ha una parola, ma di quelle
parole potenti che sa dir lui. A
proposito della carità, dice: "fa ca-
rità è quella che costruisce". An-
cora questa mattina citavo una
frase che non è proprio di questi
giorni, è di alcuni anni fa, ma è in-
teressante: questa parola, questo
pensiero l'ha espresso un politico, 31

1.8 Page 8

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un protestante inglese. Colui che
ha detto questa parola, era allora il
capo del governo inglese. In un
messaggio natalizio, al mondo in-
glese, in pratica al mondo intero,
ha avuto l'onestà di dire queste pa-
role: l'umanità, la società è dinanz.i
a un dilemma da cui non può
uscire: o la carità cristiana, o la
bomba atomica, la distruzione,
l'odio, l'egoismo, di cui la bomba
atomica è l'espressione. Ora, di-
cevo, da una parte l'anti-carità,
l'odio, l'egoismo, che distruggono:
l'emblema di tutto ciò è la bomba
atomica; dall'altra parte la carità
che costruisce. Voi avete scelto,
avete scelto bene, avete scelto
Cristo e, con Cristo, avete scelto
la carità, e scegliendo la carità voi
intendete essere dei costruttori non
degli eversori.
Una valorizzazione,
un apprezzamento
lo dunque sono proprio felice e
mi auguro, miei cari, che uno dei
frutti di questo incontro con voi sia
questo: da parte nostra (e comin-
cio a rispondere all'estensore della
mozione), una valoriz.zazione, un
apprezzamento, non solo sentimen-
tale, non solo platonico ma con-
creto, di voi giovani cooperatori,
della vostra opera, delle vostre an-
sie, della vc'.fstra volontà, una vo-
lontà appunto che vuole fare le
cose bene. Questo nostro apprez-
zamento per voi intendiamo evi-
dentemente trasmetterlo ai nostri
salesiani, ai nostri confratelli. lo
vorrei però invitarvi a mostrare in
tanti aspetti, in tanti momenti, la
vostra maturità e il vostro senso
adulto delle cose. Parlavate di cor-
responsabilità, di sensibilità dinanzi
al Concilio Vaticano 11, al Capi-
tolo XIX. Osservate: sono cose in-
teressantissime; ma dovete per-
suadervi che il cambiamento delle
mentalità non è un problema di un
giorno e neppure di un anno; le
mentalità, e voi ve ne accorgerete
forse in famiglia, nel vostro piccolo,
le mentalità non si possono cam-
biare in un giorno, in due mesi, non
solo, ma pur dovendo lavorare e
premere per cambiarle, bisogna te-
ner presente che con la violenza
32 non si combina nulla.
Noi dobbiamo convincere, per-
suadere, conquistare; e questo la-
voro di persuasione e di conquista
è un lavoro lungo, paziente, di una
pazienza attiva, ma è un lavoro
lungo. Quindi noi, certamente, in-
coraggiati anche da voi, facciamo
e faremo del nostro meglio, perché
un po' tutto il nostro mondo ac-
quisti e intensifichi questa sensibi -
lità per le nostre esigenze, per quello
che voi volete realizzare, per quello
che è la vostra vocazione, per quello
che è la vostra missione di carità
cristiana e salesiana.
Corresponsabilità:
sottoscrivo con tutte e due
le mani!
Però, se permettete (è questo il
dialogo, no?), io vi debbo dire:
avete parlato giustamente di cor-
responsabilità; io sottoscrivo con
tutte e due le mani! Ma vedete:
corresponsabilità, come tutte le pa -
role che hanno il «con», suppone
sempre l'azione di due forze, cioè
la responsabilità, che poi deve ri-
spondere a chi? alla coscienza, ri-
spondere alla società, al mondo,
rispondere a Cristo. Il rispondere a
Cristo, non è solamente di una parte
del gruppo; è di ognuno, di ogni
elemento del gruppo.
Quindi corresponsabile è ciascu-
no dei membri del gruppo dei gio-
vani cooperatori, compreso anzi-
tutto il sacerdote. Però dovete rico-
noscere questo.
lo ho sentito in una vostra rela-
zione, qualcuno che diceva: ci son
quelli che non parlano, ci son quelli
che parlano molto, ci son quelli che
diventano quasi dei /eaders natu-
rali, ecc. È un problema grosso
quello, perché non si può livellare
l'umanità: però è anche vero che
ci deve essere un certo dosaggio.
Dobbiamo riconoscere che nella
corresponsabilità, per forza di cose,
ci sono dei rendimenti maggiori e
dei rendimenti minori. C'è chi può
dar di più, e c'è chi può dar di
meno. Il sacerdote, per esempio,
dà di più evidentemente: per tante
cose. Chi ha una esperienza di
30 anni, per esempio, o anche di
25 anni, rispetto a chi ne ha 18 o
1 9, forse, può dire qualcosa di più.
Non che sempre abbia ragione,
Si approfitta di
qualche intervallo
tra una seduta e
l'altra per... ruba-
re autografi
dico che bisogna anche stare at-
tenti a vari fattori. In questa corre-
sponsabilità bisogna che ognuno
abbia il senso del proprio limite.
Se ognuno ha questo senso è fa-
cile allora creare questo clima di
corresponsabilità.
Quindi noi cerchiamo di svilup-
pare questa sensibilità da parte no-
stra, ma anche voi sviluppatela,
preoccupandovi di fare la vostra
parte, di dare il vostro apporto, per-
ché quando si va a una riunione,
si dicono tante belle cose e poi ci
si "squaglia"; voi capite che que-
sta non è corresponsabilità. In
molte situazioni, c'è della gente che
ha delle idee bellissime, che però
affida agli altri da attuare. Questa
non è corresponsabilità.
Tutti alle stanghe I
In concreto: corresponsabilità
vuol dire - ve lo dico in maniera
banale - vuol dire: "Tutti alle
stanghe I". Capite cosa vuol dire

1.9 Page 9

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alle stanghe? Ma si capisce che
alle stanghe il cavallo di razza ti-
rerà forza x; il cavallino tirerà forza
y. E se c'è anche un... asinello che
rivela però volontà, anche lui avrà
la sua parte e farà del suo meglio.
Ma tutti devono dare il proprio ap-
porto nei limiti del loro possibile.
Tutti alle stanghe I Questa è cor-
responsabilità! E, in pari tempo, di -
cevo, senso del proprio limite; cioè
non credersi superiore agli altri; e
non pensare ogni volta di imporre
il proprio io, il proprio parere, il
proprio pensiero agli altri. Ma, in-
vece, con atteggiamento di grande
umiltà, che è in realtà di grande ri -
spetto, esporre, mettere a con-
fronto idee, suggerimenti, metodi,
perché poi insieme si arrivi al
meglio.
Vi dico un'altra cosa. Avete par-
lato di assemblee; io mi auguro che
siano numerose queste assemblee.
Però io (non vorrei imporre asso-
lutamente la mia idea) alle assem-
blee "esecutive" (non confondia-
mo le parole - non parlo di quelle
che discutono) alle assemblee ese-
cutive io cr~do poco. Cioè l'esecu-
zione di tante cose non può essere
affidata a trenta persone. Tante
persone possono studiare, trovare
i mezzi, i modi, i metodi, le vie più
opportune, concludere e concre-
tare; ma poi ci deve essere il gruppo
che studia in pratica come fare
tutte quelle cose a cui però tutti
parteciperanno. Penso che sia que-
sto un elemento di buon senso.
Siate i profeti non delle
parole, ma delle opere
Per concludere: avete detto an-
che parole difficili, avete detto
"coinonìa", avete parlato di " dia-
conìa". Molto bene!
Avete parlato un poco di "cari-
sma", sì, carisma certamente. Non
avete parlato di profeti. lo vi invito
a essere tutti profeti. Voi sapete
che i profeti sono coloro i quali
dicono, parlano, gridano - a se-
conda dei casi - la verità, le mi-
nacce, l'awenire, un mondo di cose.
Ma sono parole. lo vorrei che voi
giovani cooperatori foste i profeti
delle opere. Non profeti delle pa-
role, perché oggi c'è una inflazione,
una paurosa inflazione di parole.
(Non vorrei darne con le mie un
esempio!) . lo vi invito ad avere,
sì, idee chiare, più che parole; espri-
merle anche, in parole felici. Ma,
più che altro, vi invito a essere
"operatori", "co-operatori", profeti
delle opere.
E sarete in magnifica compagnia
con Don Bosco, il quale aveva uno
slogan che voi dovete tenere sem-
pre dayanti a voi: "poche parole,
molti fatti JJ. lo vi auguro che alla
fine dell'anno '70 possiate far sa-
pere al Rettor Maggiore, a don
Fiora, ai Superiori, a tutti i coope-
ratori, specialmente a quelli meno
giovani di voi, che siete vera-
mente i profeti delle opere, i pro-
feti dell'azione. E il Signore vi
benedica I
33

1.10 Page 10

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Ancora una volta attorno alla
mensa della Parola e dell'Eucaristia
facciamo un solo corpo tra noi e
con Cristo. Dopo cena, nel sa-
lone per una serata di amicizia.
I vari gruppi si esibiscono tra
l'ilarità generale. Tutti bravi, bra-
vissimo Sergio di Cagliari, il mi-
mo che non si smentisce mai, e
il gruppo dei piangenti attorno alla
bara di... « Filippa 1> ! Il Rettor
Maggiore sembra uno di noi che
si diverte e dimentica (finalmente!)
gli affanni del suo quotidiano la-
voro.
21 MARZO
La giornata s1 1ruzia con «l'ora
della luce ». Don Ricceri presiede
la solenne e pur intima concelebra-
zione. Tutti attorno a lui, viviamo
un momento che ci fa sentire
eccezionalmente Chiesa e famiglia
salesiana. Sentiamo che ora ci
vogliamo veramente bene perché
ci siamo meglio conosciuti. La
riconoscenza al successore di Don
Bosco gliela dice il saluto caloro-
sissimo mentre si congeda da noi.
Ci attende l'ultima parte dei
lavori. Il non facile compito di
regolare il finale è affidato a Sergio
di Cagliari, il quale dà la parola
al dott. Nino Barraco, Consigliere
Ispettoriale di Palermo.
Con accento giovanile e con il
cuore in mano ci svolge il tema:
Un modo, uno stile, un carisma per
andare ai giovani: quello di Don
Bosco.
Trentacinque minuti di ascolto
quasi religioso che ci fa percepire
un Don Bosco attuale, giovanile,
come lo sogniamo noi giovani. Un
vero <e colpo d'ala », come dice
qualcuno.
Siamo ora al momento più in-
teressante: quello delle espen:enze
di vita vissuta. Vogliamo chiudere
con questa visione stimolante.
una interessante rassegna di
metodi per formare un centro,
di tentativi per superare difficoltà
di apparenti fallimenti, di inco-
raggianti realizzazioni. Parlano Fer-
ruccio (Torino), Paola (Monte-
catini), Piero (Conegliano Veneto),
Mariano (Roma), Sergio (Cagliari),
Gianna (Catania), Claudio (Ge-
nova), Lillina (Napoli), Paola (Ro-
34 ma) ed altri. Interessantissima la
relazione deil'Abuna Joseph, un
sacerdote arabo cooperatore, che
illustra dettagliatamente l'attività
svolta dai giovani di un gruppo
genovese di impegno sociale, ani-
mato da GG. CC. che hanno
svolto un campo di lavoro in
Israele.
·
Si dà ora lettura dell'enunciata
mozione al Rettor Maggiore. Essa
suscita un vivace dibattito per i
vari emendamenti suggeriti.
LA cc MOZIONE »
Lo stile di questa <1 mozione >>
è immediato e... giovanile; ma è
ammirevole l'anelito di questi gio-
vani ad avere un <e salesiano qua-
lificato e disponibile per una loro
completa formazione umana, cri-
stiana, salesiana 1>. Con tali giovani
non c'è che eia sperare un avve-
nire promettente per i gruppi
giovanili di Cooperatori (n.d.r.).
Oggetto: Mozione dei partecipanti
al Primo Incontro Nazionale dei
Giovani CC. SS.
È nostro desiderio farle presente
con questa mozione che nei vari
dibattiti di questo convegno si sono
sottolineate le lacune emerse a pro-
posito dell'inserimento dei Coope-
ratori nelle opere salesiane, cioè
nella vita della Chiesa.
Intendiamo porre l"accento sulla
situazione che si è creata in qual-
che ispettoria dove i documenti
conciliari e gli atti del Capitolo XIX,
riguardanti l'apostolato dei laici e la
comunità educativa oratoriana, da
non pochi responsabili dei centri
giovanili, non sono stati applicati
o sono stati applicati in superficie,
provocando ritardi di crescita tra i
giovani che, in questo particolare
momento storico, sono sensibil-
mente protesi alla ricerca della ve-
rità, della serenità interiore, della
via più giusta per un inserimento
sociale dell'io autentico.
Pertanto domandiamo di essere
soddisfatti nel nostro legittimo de-
siderio di avere un salesiano qua-
lificato e disponibile, per una nostra
completa formazione umana, cri-
stiana, salesiana. Tutto questo per-
ché un intervento del Successore
di Don Bosco serva a richiamare i
salesiani a darci piena fiducia, con
assunzione di responsabilità nel la-
voro apostolico presso le opere,
specialmente oratori e parrocchie.
Gradisca il saluto sincero e de-
voto dei Cooperatori convegnisti di
Grottaferrata che tanto si ripromet-
tono da questo incontro, per una
immediata realizz.azione del carisma
di Don Bosco nella terza Famiglia
salesiana.
Grottaferrata, 21-3-1970
La presente mozione, preparata
da un g ruppo, fu messa a vota-
zione:
Presenti (al momento della vo-
tazione): 104.
Favorevoli: 86.
Astenuti: 18 (perché la mozione
non riguardava direttamente le
regioni da loro rappresentate).
Si dà infine lettura del <1 Mes-
saggio» ai GG. CC. di tutti i Cen-
tri, preparato dall'équipe dei rap-
presentanti dei vari gruppi.
Messag gio dei giovani coo-
peratori convenuti all'incontro
nazionale a tutti i giovani d ei
nascent i centri giovanili CC.:
Siamo dei giovani alla ricerca
della strada per vivere un cristia-
nesimo autentico, per dare un si-
gnificato alla nostra vita e realiz-
zare in pieno la nostra personalità.
Vogliamo parteciparvi la no-
stra gioia che deriva dall'aver com-
preso di poterci realizzare attra-
verso un impegno comunitario e
sociale in profondità di vita se-
condo lo stile di Don Bosco. Stile
di apertura a tutti i valori umani
cristiani e sociali dei giovani. Don
Bosco ha amato i giovani operando,
dialogando, dicendo: abbiate il co-
raggio di essere giovani l
Abbiamo poco ~ molto da of-
frire: i nostri problemi e la no-
stra giovinezza, che richiede aiuto
dalla giovinezza di tutti, siano o
no partecipi di gruppi.
Vogliamo essere profeti di opere
non di parole.
Conclusi i lavori, ci lasciamo
col proposito di far qualcosa di
più e di più serio.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Un anodo, uno stile, un
car1sana per andare al
giova~i:
quello di Don Bosco
(N. Barraco ai giovani del Convegno)
Il nostro non sarà un discorso.
Oggi non sono più possibili i
discorsi da adulti, ricchi di espe-
rienza, di età e dottrina, che sanno
tutto, che di tutto hanno le solu-
zioni in tasca, che si collocano
al di sopra e non in piano con
gli altri. La nostra sarà perciò
una conversazione, un ricercare
insieme, e, per quanto ci è possi-
bile, un cogliere i lineamenti di
Don Bosco in mezzo ai giovani.
E incominciamo da un'osserva-
zione. È interessantissimo vivere
oggi! Non sentite anche voi il
fascino di questo particolare mo-
mento della storia, così carico di
stanchezza, di peso, ma d'altra
parte così percorso da stimoli sol-
lecitanti, così proteso verso forme
nuove "rerum novarum" di vita?
Che avviene ? Crolla un mondo e
ne sorge un altro.
Non vale più puntellare il vec-
chio mondo che crolla. Non tiene
più la base, la visione cosmica,
totale di tutta quanta la realtà.
Le mura, ovverossia le strutture,
presentano delle crepe irreparabili;
la volta, l'ordinamento, vacilla.
<< Siamo testimoni - è la "Gaudium
et spes" - della nascita di un
nuovo umanesimo >>. Testimonianza,
non come estraneità ad un fatto,
ad una vicenda, assistenza casuale
ad un avvenimento, mà come re-
sponsabilità di questa nascita che
esprime valori umani e cristiani
nuovi; responsabilità di questa
crescita, di questo aumento del
Corpo Mistico della Chiesa.
La Chiesa! Ma la Chiesa (è
drammatico e terribile, eppure è
meraviglioso I) la Chiesa sono io I
Sentirsi come Chiesa e quindi
coinvolti nella Chiesa. lo sono
Chiesa, ho la responsabilità della
Chiesa, io faccio Chiesa, nella
mia vita familiare, nei miei rap-
porti di lavoro, nella mia profes-
sione.
Scoprire me stesso come dono
di Dio, un dono che Dio vuol
fare, momento per momento, ai
miei fratelli. Io in questo colla-
boro con il "fare" di Dio, faccio
camminare Cristo.
Ma potete immaginare una fun-
zione più esaltante di questa ?
Ecco la vocazione offerta ai laici,
secondo le parole stesse di
Paolo VI : << Passare dalla conce-
zione inerte e passiva a quella
cosciente e attiva; dallo stato cri-
stiano, più di nome che di fatto,
allo stato di fedeli convinti, di po-
ter condividere con la Chiesa la
pienezza comunitaria, la responsa-
bilità operativa, la dolorosa e glo-
riosa ,testimonianza >>.
Allora: siamo testimoni della
nascita di un nuovo umanesimo.
Responsabilità, quindi nostra, in
quanto uomini e cristiani. Re-
sponsabilità in quanto Cooperatori
Salesiani.
Disse Papa Giovanni al Con-
vegno nazionale dei Cooperatori
Salesiani: << Cooperatore è termine
alto: di fatto, ogni Vescovo chiama
"cooperatores ministerii nostri" i
suoi sacerdoti. È parola invero sa-
cra e ricca di significato i>.
Don Bosco ne untul tutta la
portata: << Sarà una mia utopia,
ma io la tengo. I Cooperatori
Salesiani saranno coloro che aiute-
ranno a diffondere lo spirito cat-
tolico>>.
Responsabilità, dunque, in quan-
to Cooperatori Salesiani: cristiani
che tendono alla perfezione evan-
gelica nel proprio stato; che ac-
cettano il carisma salesiano; apo-
stoli impegnati nel campo spe-
cifico di lavoro, che è quello gio-
vanile e popolare.
Ma di più : responsabilità non 35

2.2 Page 12

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soltanto come Cooperatori, ma
come Cooperatori giooani.
IL CARISMA
Giovani I È facile oggi fare la re-
quisitoria, alzare tribunale contro
i giovani : dissoluti, sàdici, anar-
chici, dentro le alcove, le univer-
sità, si dice. E va bene. Ma ci
siete anche voi, ci sono gli altri.
Ogni pressapochismo nel giudizio
dei giovani costituisce un torto a
tutta la problematica che alimenta,
in senso positivo, il fenomeno gio-
vanile di oggi.
Sono giovanj attenti alle leggi
più profonde dell'essere, che sof-
frono in maniera tragica i problemi
del mondo, che si ritrovano atta-
nagliati dai temi più impegnativi
del Dio vivente. Sono giovani di
una capacità di donazione, di
una ricchezza di contenuto, di una
lealtà di posizione straordinaria,
imprevedibile.
Don Bosco crede'l-·a nei giovani,
amava i giovani, giurava sui gio-
vani. Ecco la risposta di Don
Bosco al carisma, al dono, alla
grazia particolare, con cui lo Spi-
rito Santo aveva fatto irruzione
nella sua vita. È la linea di Dio
che indica a Don Bosco una mis-
sione nuova tra i giovani, che lo
lo rende abile ad assolverla; è la
linea di Do11 Bosco che risponde a
Dio con quel modo tjpico, per-
sonale, che è il modo di vedere
e di pensare salesiano, che è co-
munione amorosa con Dio e coi
giovani; visione ottimistica e rea-
listica, insieme, dell'uomo, della
Chiesa, del mondo; fiducia e spe-
ranza; fedeltà e progresso. E ri~
sponde in quel dato stile di ,.,;_
tlere ed agire che è spirito di fa-
miglia; semplicità e cordialità;
spontaneità e ragionevolezza; di-
sponibilità e prontezza; giovialità
ed instancabilità lavorativa.
Lo Spirito Santo chiama Don
Bosco a sintonizzare coi gio-
vani, a collaborare coi giovani,
a convivere coi giovani e ap-
punto per fare tutte queste cose,
lo chlama ad essere sempre gio-
vane.
Ecco il carisma di Don Bosco.
Un carisma che io direi anzitutto
di adora...--ione. Adorazione, sì, per
36 cui Don Bosco è davvero, in questo
senso, Concilio, affermazione pre-
conciliare di tutto quello che fa
veramente Chiesa: l'altare, la men-
sa; anticipazione di oltre un se-
colo del mistero preminente dei
n.ostri giovani, della vocazione fon-
damentale della Chiesa e della sal-
vezza: << Da 111ihi a11imas, cetera
talle~!
Carisma speciale di adorazione
e di presenza. Una forma nuova,
anche qui, di presenza in mezzo
ai giovani, soprattutto in mezzo
a quelli di estrazione popolare.
Questo è importante. Non è
per fare del classismo. Immagi-
nate! l\\,la l'attenzione, il riguardo
di Don Bosco è soprattutto per
i giovaru bisognosi. Bisognosi su
un duplice piano: il primo, di
ordine economico, sociale, culturale
riguarda la situazione di povertà
·economica, d'insicurezza e di in-
difesa sociale, di insufficienza cul-
turale, in cui molti di essi si tro-
vano; l'altro, di ordine spirituale,
religioso, morale, corrisponde alla
situazione di ateismo, di igno"'
ranza, di indifferenza, o peggio,
di corruzione, presente nell'am-
biente di lavoro, nella famiglia
e nella società, in cui i giovani
vivono, maturano e si preparano
al loro avvenire.
Carisma, dunque, di adorazione
e di presenza. Carisma che Don
Bosco realizza in un modo di sen-
tire ed in uno stile operativo tutto
nuovo; in un atteggiamento per-
sonalissimo, originale, rivoluzio-
nario (si pensi: siamo neU'8oo)
ed in un comportamento pratico
che è Cristianesimo all'aperto:
gioia, dialogo, società..
LA GIOIA
Nessun'altra gioventù, come
quella di oggi, è stata cosi asse-
tata di gioia, e nessun'altra, forse,
è stata così infelice. Ci ritroviamo
delusi, e ci manca la forza di cre-
dere negli uomini, nelle istituzioni,
nei legami; indifferenti, e non ab-
biamo il coraggio di combattere il
glutinoso, l'amministrativo della
vita comune; insoddisfatti, e nel
furore sordo di una ricerca di cose
sempre nuove, siamo p ronti a tra-
volgere anche le barriere che sono
state poste a salvaguardia del-
l'eterno.
Due cose non $0-
no mal mancate
nel tre giorni del-
l'Incontro: Ilbuon
appetito e Il buon
umore
Nel nostro sangue c'è benzina
e mjscela. Shcll, super Shell: gite,
canaste, droga, conforti, fantasmi
malati, desideri di possesso,, rela-
zioru proibite. Per un errore di
prospettiva, può sembrarci di avere
la felicità a due passi, ed allora
scarichiamo la nostra arma sul
fratello, pensando, con questo,
di poter scaricare anche l'anima
nostra; oppure pensiamo che la
velocità possa farci evadere da uno
stato di malinconia, ed allora la
nostra macchina, lanciata a pazza
velocità, segna il lutto di intere fa-
miglie.
Gioia: io immagino la gioia,
quella che Don Bosco ebbe a do-
nare per primo a Bartolomeo Ga-
relli, il ragazzo scacciato dalla sa-
crestia. Ecco: lo ha di fronte. Ri-
suonano ancora le ultime parole
furiose del sacrestano: • Bestione
che sei! •· E Don Bosco: È un
mio amico ». E confida poi al gio-
vane: << Ho da parlarti d'wz'af-
f are che ti farà piacere 1>. L'affare!
No, non gli domanda se avesse
studiato la Summa di San Tom-
maso o se sapesse del De citJitate

2.3 Page 13

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di Sant'Agostino. Gli chiede sol-
tanto: << Sai cantare?... Almeno
saprai zufolare! ».
Il volto del ragazzo s'illumina:
<<Oh! sì!». C'è stata l'espressione
•luminosa di una tenerezza accorta,
la signoria lata della paternità, la
sollecitudine dell'amore, il rimando
della gioia che non ammette poi
indugi all'appello, ricco di una in-
tuizione psicologica che affascina:
«Se ti facessi un Catechismo a
parte, 'Uerresti ad ascoltarlo? ». La
risposta: «Ci 'Uerrei >>. E Don Bo-
sco: << Quando vuoi? ». E il ra-
gazzo: << Quando a lei piace». V'è
delicatezza, rispetto, fretta di gioia:
<<Stasera?>>. Ed il ragazzo ancora:
(< Si, stasera ». Ma Don Bosco
capisce, non può ritardare il bi-
sogno che invoca: << Vuoi anche
adesso? ». Subito ? Come no ? (( Si,
anche adesso e con molto piacere! ».
La tettoia Pinardi. La squallida,
piccola tettoia ha una grande ric-
chezza: «il cortile davanti e a
lato)>. Cortile: punto strategico
di Don Bosco, termometro dello
spirito della casa, un passatempo
onesto, ma autentico mezzo posi-
tivo: << Cortile vivo, diavolo morto:
cortile morto, diavolo vivo>>.
E Domenico Savio, creatura me-
ravigliosa dellasua pedagogia: << Noi
facciamo consistere la santità nello
stare allegri>>.
IL DIALOGO
Dalla gioia al dialogo. La c.on-
testazione dei giovani di oggi non
si capisce se non si scava in pro-
fondità. Alla base, c'è un legittimo
inserimento, una protesta, un ran-
core esasperato dalla mancanza dì
dialogo e di paternità. Ecco il punto:
manca la paternità. Ci" sarà, ma-
gari, il patemalismo, ma il paterna-
lismo è il surrogato della paternità
ed il giovane non sa che farsene.
Il paternalismo è clientela, è
privilegio; le sue parole sono fal-
laci, né può bastare a giustificare
che esse vengano rubate, qualche
volta, anche al Cristianesimo, stor-
piate e quindi tradite. I giovani
non sono né comunisti né atei.
Sl, lo abbiamo detto, ci sono
anche quelli, ma sono essenzial-
mente sfiduciati, stanchi di es-
sere considerati in uno stato di
minorità, valutati con paternalismo,
usati quando fa comodo ai grandi.
Hanno bisogno di credere a << qual-
cosa che valga la pena», sentendosi
legati, al di là di ogni rapporto
formale, a quanti li capiscono e
li aiutano, a quanti, cioè, li << pi-
gliano sul serio>>.
È una zona di umanità carica di
succhi, di invasamenti, di possi-
bilità, ricca di desideri, di speranze,
che ancora non trova adeguata e
perfetta udienza nelle forme e negli
istituti esistenti. Sono giovani avidi
libertà e di teologia. Libertà
di terreni neutrali, al di fuori di
ogni sistematica astuzia e di ogni
metodo-trabocchetto. Teologia ri-
cercata, sentita, voluta e raccolta
nella cultllra del giovane, non come
l'immediata saracinesca che chiude
tutti i problemi, ma come garanzia
entro la quale deve avvenire ogni
intelligente, personale itinerario vo-
cazionale verso Dio.
Dialogo: Don Bosco si ritrova
in mezzo ai giovani come uno di
loro, che ha bisogno di loro, che
non può far niente senza dì loro: 37

2.4 Page 14

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«Ho da dirvi una cosa di molta
importanza ed è che mi aiutiate
in un'impresa, in un affare che mi
sta a cuore: quello di salvare le
anime vostre... Senza il vostro
aiuto no11 posso far nulla. Ho bi-
sogno che ci mettiamo d'accordo e
che fra me e voi regni vera ami-
cizia e confiden::a •>. È un percor-
rere, di balzo in balzo, tutta la
strada della paternità: • Mi aiu-
tate in un'impresa... senza il vo-
stro aiuto non posso far nulla...
ho bisogno che ci mettiamo d'ac-
cordo, che regni una vera amicizia
e confidenza •·
Il dialogo per Don Bosco non
è un espediente, non è un mezzo
flautato, ma un fatto di vita, un
fatto esistenziale, pratico, a livello
vissuto. Quando Domenico Savio,
d'intesa con alcuni amici, fonda la
Compagnia dell'Immacolata, è lo
stesso Domenico Savio che scrive
il Regolamento e Don Bosco
non ne modifica neppure una
parola.
Paternità, non paternalismo: te J
superiori amino ciò che piace ai
giovani e i giovani ameranno ciò
che piace ai superiori>>. Ecco l'i.Jù-
ziativa dell'amore, che parte, che
deve partire da un investimento
di coraggio, di fiducia del mondo
degli adulti e che poi, si capisce,
si perfeziona nella consapevolezza
dell'incontro: <1 J gimJcmi non solo
sia110 amati, mo che essi stessi co-
noscano di essere amati •·
Ecco il risultato dell'amore che
accresce la comunità dei fratelli:
<< Ogni volta che parleremo a qual-
cuno, sia w1 amico di più che ci
acquistìn'1w •· l\\Ia l'amicizia pre-
suppone il rispetto, la stima. Fi-
ducia nei giovani: nonostante l'età,
vorrei dire, e nonostante il male.
Giovani che Don Bosco lievitava,
fermentava cristianamente, ma ai
quali immediatamente, contestual-
mente, chiedeva, di formare altri
gio"ani, di «essere sale e lua alla
moltitudine dei cumptJf!rii 1>.
Giovani che Don Bosco ri-
butta,·a (scusate il termine), ricac-
cia,•a nella massa più estesa, più
complessa della vita sociale, nei
vari ambienti di azione, di attività
ordinaria: famiglia, fabbrica. im-
piego, campi, commercio, sport.
« lo lw bisogno - diceva Don Bo-
38 sco - di prendere a/c,mi di voi
e di mandarli in tm oraton"o, i11
un laboratorio, in una casa... 11.
Sono giovani ai quali. Don Bo-
sco affidava incarichi di delicatis-
sima responsabilità nulla ti tur-
bi,, soleva dire), direzione di
opere fragilissime, contatti con
uomini «grandi >> e con anime
sperdute, che · so io, nella terra
del fuoco. Sono giovani chierici di
22, di 25 anni che Don Bosco
chiama a formare il Consiglio Su-
periore della Congregazione e ai
quali egli sottopone i problemi,
chiede un voto, dai quali accetta
la discussione cd il parere contra-
rio. Giovani delinquentissimi per
il tempo, che Don Bosco trae
fuori dal carcere - ricordate -
senza guardie né sentinelle, sfi-
dando il buon s1:nso ed il giudizio
di "pazzo".
LA SOCIALITA
Gioia, dialogo, socialità. Non è
per difendere a qualsiasi costo i
giovani, ma i giovani di oggi non
credono più alle parole. La reto-
rica li ha logorati e li ha delusi.
È stata una perdita secca, uno
spreco continuo di parole, le quali
non sono state verificate dai fatti,
non hanno trornto possibilità di
incidenza nella crisi e quindi non
l'hanno potuta risolvere. C'è l'in-
fla-:::ione delle parole: ad un'abbon-
dante circolazione di parole non
corrisponde una crescita propc,r-
zionale di opere.
<< Non dateci consigli, n.e abbiamo
fin troppi - dicono i giovani -
dateci degli esempi*· Sembra l'eco
di Maritain: <t Se 1m tempo ba-
sta-.:ano cinque prO'l:e per dimostrare
l'esistenza di Dio, oggi quelle cin-
que prove non, bastano più, ce ne
vuole una sesta, la pi~ì probllllfe:
la condotta di coloro che credono
e/te Dio esiste •·
:'\\o, il mondo dei giovani non
è vero che trovi uno ostacolo nel
Cristianesimo. L'ostacolo lo trova
nell'insensibilità frettolosa, questa
orzata senile a tranquillo presidio
di placidi conformismi, nel tradi-
mento di quanti parlano bene di
socialità e di Corpo l\\Iistico e poi
non sanno e non vogliono trasferire
le conseguenze di que!\\to Corpo
,'.\\,listico nella società; l'ostacolo
lo trovano nel moralismo precetti-
stico di quanti sono pronti ad
indignarsi, magari, per lo scandalo
della moda e poi vanno ad acco-
modare la loro coscienza al con-
fessionale, lasciando un ammalato
nell'abbandono, o un operaio nel-
l'ingiustizia.
Socialità: in Don Bosco, che
colloca il problema dei giovani
fra i più rilevanti ed impegnativi,
fu evidentissima, fin dall'inizio,
una presa di coscienza profonda
del sociale, con tutta la sua proble-
matica e le sue esigenze. ·
Marx aveva lanciato il manifesto
dei proletari; l'individualismo, con
tutta la sua scuola, si attardava in
vane polemiche. Elevare l'operaio:
l'essenziale è questo. Perciò, Don
Bosco non si perde in parole, ma si
mette al lavoro e conquista il
cuore degli operai con una capa-
cità di cogliere i segni del tempo
ed un'intuizione del divenire so-
ciale, cosi intelligente, precorritrice
ed organica ,che sbalordisce.
Le scuole professionali. Per i
giovani, per i figli del popolo, egli
crea le scuole professionali eh«.:
saranno studiate più tardi dai socio-
logi e volute dai governi. I gio-
vani vengono in esse indirizzati
ad apprendere un mestiere, ad
amarlo, perfezionando l'istruzione
teorica e professionale dell'educa-
zione umana e religiosa, inserendosi
poi nella società, quali elementi
utili, produttivi ed insostituibili.
L'istituto che egli attua per l'o-
rientamento e l'affrancamento del-
la classe lavoratrice, in cui la mac-
china entra accanto al libro, la
tecnica insieme alla cultura uma-
nistica, è esempio di una comunità
dove, fin dalle radici il distacco
fra le classi è superato nel vincolo
superiore e più alto della carità.
Ma ciò non significa senza giu-
stizia. Anzi! la sua è socialità
nell'accettazione più moderna, più
schietta della parola: non elemo-
sina, ma diritto.
Il primo originale contratto di
apprendistato si deve a lui, a Don
Bosco, rappresentante, in un certo
senso, di sindacati allora inesi-
stenti, il quale lo stipula nel 1852
fra il signor Carlo Aimino e il
giovane Giuseppe Bordoni, allievo
dell'oratorio. In esso sono già rap-
presentati i concetti essenziali della
legge che anticipa di un secolo l'im-

2.5 Page 15

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pegno della famiglia, i doveri del
giovane, gli obblighi del datore di
lavoro.
Né l'attività di Don Bosco si
limita al settore dell'artigianato e
del lavoro industriale. Egli la e-
stende, con lo stesso fervore, ai
campi, dove pensa e forma quelle
scuole agricole che, se per quei
tempi furono una creazione quanto
mai precorritrice, anche oggi re-
stano un modello di tecnica, di
produzione e di conduzione.
Gioia, dialogo, socialità. Ecco la
risposta di Don Bosco al carisma
dello Spirito che lo volle tra i
giovani. Si, ha ragione Rattazzi
(ed il riconoscimento non è so-
spetto): (( Don Bosco è forse la
più grande meraviglia del secolo
XIX 1>. Tanti doni di Dio trafficati
in un modo di sentire dell'uomo, in
uno stile aggressivo, non inerte,
non estraneo alla vita: << Alle arti
ingannatrici del male, corltrappo-
niamo le industrie amorose della
carità... stampe a stampe, scuole
a scuole, collegi a collegi... >>. Ecco
il carisma di presenza!
Confidenza, paternità e testimo-
nianza di chi, nella sua infanzia
e giovinezza, per guadagnarsi la
vita era stato agricoltore, calzolaio,
falegname, fabbro, pasticciere, sar-
to, stalliere: tanti mestieri del-
l'uomo riassunti nella pienezza del
dono di Dio: Don BosctJ sacer-
dote!
ADORAZIONE E PRESENZA
Ecco il carisma d'origine. 11 ca-
risma di adorazione. Sì, davvero
sciuperemmo Don Bosco se non
capissimo che la sua presenza
fra i giovani è sete fondamentale,
essenziale, di adorazione, di anime.
L'Eucaristia: ricordate la moltipli-
cazione delle particole ? E il sa-
crista che comincia a gridare:
(< Don Bosco ha fatto un miracolo I
Don Bosco ha fatto un miracolo! >>.
E Don Bosco: << Cos'è più strepi-
toso? Che le particole aumentino
nelle mani di Don Bosco, o che
il pane venga trasformato nel Corpo
di Cristo?».
Cos'è più strepitoso per noi ?
Eucaristia: è qui che realizziamo
in intima, profondissima realtà, la
gioia, il dialogo, la socialità. << Di
che colore è la pelle di Dio? >>.
Nera, bianca, rossa, gialla, bruna,
perché Lui ci vede uguali davanti
a sé. <t Viva la gente>> cantano i
giovani. Sl, <1 ho vi'.sto stamattiua,
mentre andavo a lavorare, il lat-
taio, il postùw e la guardia comu-
nale. Per la prima volta vedo gente
attorno a me. Ieri non ci badavo,
non so proprio perché>►.
È questa La strada di domani,
«La mia strada che porta a Te,
e mia sorella viene con me, e mio
fratello viene con me, e batte le
mani chi viene con me, per La
mia strada, Signore, che porta a
Te». La strada di domani: io non
ti conosco, eppure so che tu sei
mio fratello, e se io sto male,
stai male anche tu ; e se io pecco
produco una ferita di cui sanguina
tutto il corpo sociale. Quando la
grazia aumenta in te, per quanto
piccolo tu sia, essa aumenta in
molti altri che si appoggiano su
di te. Il giorno in cui non brucerai
più d'amore, molti altri moriranno
di freddo. Non c'è indebolimento
di uno che non diventi debolezza
di tutto il prossimo.
Qui è possibile conversare, di-
scutere con i forti fratelli di Paolo,
Agostino, Benedetto, con le dolci
sorelle di Agnese, Cecilia, Maria
Goretti, qui è possibile parteci-
pare alla stessa tavola e stabilire
con Cristo e i fratelli l'incontro a
forma di croce delle due dimen-
sioni: orizzontale e verticale. Qui
non c'è uomo contro uomo; qui
non. c'è classe contro classe ; qui
non c'è nazione contro nazione;
qui non c'è Oriente contro Occi-
dente; qui c'è un'unica grande
famiglia di cui Cristo è il capo e
noi siamo le membra.
Peguy, parlando dei giovani, ha
detto: it Noi siamo il cuore ed il
centro ed è al nostro orologio che
si dovrà leggere l'ora 1►• È proprio
cosi. Ogni tempo, oggi soprat-
tutto, Ja gioventù rappresenta la
parte più avanzata dell'umanità:
protesa verso il futuro, lo intuisce,
ne è profeta. Don Bosco, arricchito
dallo Spirito Santo dal particolare
carisma di una giovinezza perenne,
non soltanto si mise << coi giovani >>,
non soltanto volle la sua Congre-
gazione << per i giovani >>, ma ri-
mase, per ciò stesso, giovane e
quindi il Santo di domani.
I giovani e Don Bosco: ma è
la stessa cosa! non si può dir:e
<1 giovani », senza dire << Don Bo-
TERZO CONVEGNO NAZIONALE
CONSIGLIERI ISPETTORIALI
Ariccia (Roma) Casa « Divin Maestro» a pochi chilometri da
Roma, sul lago di Albano (Tel. 949.142) - Itinerario da Roma:
Via Appia - Bivio Marino - Via dei Laghi.
Dalle ore 9 del 70 maggio alle ore 14 del 3 seguente. È bene
raggiungere la sede dalla sera del 30 aprile.
Partenze da "oma : Via Marsala 42, con apposito pullman
alle 17,30 e alle 18,30.
Quota: offerta per l'ospitalità, pullman, organizzazione e sus-
sidi L. 12.000.
Prenotazione a mezzo il proprio Consiglio lspettoriale entro il
15 aprile.
~ riservato ai Consiglieri lspettoriali ed a coloro ai quali può essere utile
in vista di un invito a far parte, in avvenire, del Consiglio lspettoriale.
39

2.6 Page 16

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sco 'Il e non si può dire (( Don
Bosco •• senza dire (( giovani 11! Cir-
condato da un gruppo di ragazzi,
Don Bosco ebbe a domandare,
un giorno, ad uno di loro: « Qual
è la cosa pi,ì. bella che. tu hai 11isto
al mondo?». E il ragazzo di colpo:
I!. Don Bosco». Sl, Don Bosco, la
meraviglia di ieri, che il tempo
non ha per niente scalfito. Don
Bosco non è l'Ottocento, Don Bo-
scQ è il duemila. Un mistico e
un apostolo; se volete, un esta-
tico ma nel significato letterale,
direbbe don L'Arco, ossia << cx
statico », dinamico: ci Noi 11011 ci
fermiam-0 mai, 'l.'i è sempre cosa
che incalza cosa. Al momento che
noi ci fermassimo, la nostra opera
comincerebbe a dtperire ».
La nostra, la mia, la tua! Don
Bosco non considerò mai l'Opera
come una cosa sua. Egli parlava,
e diceva: (4 Siamo una famiglia *
ci siamo fratelli », tutto ciò che è
mio è vostro ll, io sono totalmente
associato a voi•, «l'oratorio è
cosa vostra •• «le opere salesiane
sono nelle vostre mani i>.
Non ti senti anche tu innamorato
della sua Opera? E se sci inna-
morato dei giovani, se lo Spirito
ti ha dato, cioè, questo carisma
particolare che è il carisma sale-
siano, vattene, allora, corri per le
strade del mondo, gridando: fe-
licità! felicità!
Umanizzazione e animazione cri-
stiana del mondo dei giovani, te-
stimonianza e culto, capacità di
utilizzare in modo moderno tutti i
mezzi che possano contribuire alla
loro formazione: catechismo, li-
turgia, strumenti di comunicazione
sociale; inserimento in tutti gli
ambienti in cui i giovani realiz-
zano la loro vita concreta nella so-
cietà: oratori, istituzioni educative,
salesiane e non salesiane, scuole,
centri, gruppi spontanei, ambienti
di lavoro, di apostolato. di ricrea-
zione giovanile.
Ecco la tua risposta: quel gio-
va11e abbandonato, come un fucile
sparato; quel gùwa11e rimasto al
davanzale della finestra, sfiduciato;
quel giov(J11C allo scompiglio del
vento e delle passioni: lo avvicini
tu, giovane come /11i. Senza trion-
falismi, ma con umiltà, senza pre-
sunzione, e gli dici: - Senti,
c'è ancor oggi un uomo che si
chiama Don Bosco, un uomo a
cui « Dio lw dato (è l'antifona al-
l'introito della Messa) rm cuore
grande come le sabbi.e sulla spiaggia
del mare ~. un uomo che si è
brudato per i giovani, che ha cre-
duto nei giovani, che ha pagato
di perso1ta. Vu9i incontrarti con
Lui ? Ascolta, è ancora Lui che
parla ai giovani del suo tempo:
<< Non vi chiedo altro, se 110n che
mi lasciate padrone del vostro
cuore•·
DON BOSCO, LA VITA SPIRITUALE E I SALESIANI
Uno dei segni della eccezionale grandena di S. Giovanni Bosco è l'interesse che ha suscitato negli
studiosi, con un'attenzione che non è venuta meno neppure con il passare del tempo.
Anche oggi pedagogisti, maestri di spiritualità, sociologi e storici riprendono in esame questa singo-
lare figura, aumentando ancora la già lunga lista delle opere che lo riguardano. Ora poi, in una pro-
spettiva storica rinnovata, la riflessione si fa più attenta, l'indagine critica più acuta e più vivo il de-
siderio di sceverare-gli aspetti caduchi, perché legati alle condizioni socioculturali del/'800, da quelli
perennemente validi, che dànno le dimensioni autentiche della grandezza del santo piemontese.
In questa linea si collocano due studi di recente pubblicazione, di cui diamo breve notizia.
Francis Desramaut, già noto per aver sottoposto ad attento vaglio critico il primo volume delle Me-
morie Biografiche di Don Bosco, ha voluto studiarne a fondo la "spiritualità" con un lavoro originale,
pubblicato prima in francese (Beauchesne, Paris, 1967) e ora presentato in italiano dalla LDC: Don
Bosco e la vita spirituale (Torino-Leumann 1970, pp. 320, L. 1.500).
I volumi che narrano la vita di Don Bosco sono molti, ma chi avesse voluto documentarsi sulla storia
della sua opera non avrebbe trovato finora se non brevissime sintesi; a meno di affrontare i quattro
grossi volumi scritti da Eugenio Ceria: Annali della Società Salesiana.
A questa carenza ha rimediato Morand Wirth con il suo Don Bosco e i Salesiani (LDC 1970, pp. 428,
L. 2.000).
In 31 capitoli l'Autore offre una sintesi di tutta la storia salesiana, dal 1815 (nascita di Giovanni Bosco)
al 1965 (elezione del suo sesto successore). Il lettore può cosi ripercorrere rapidamente la vita di
Don Bosco, conoscere il suo apostolato tra i giovani, il suo metodo pedagogico, l'origine della So-
cietà Salesiana, la fondazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatofl: la progressiva orga-
nizzazione degli exallievi, le spedizioni missionarie; e il sorprendente dilatarsi dell'opera nei tre quarti
di secolo successivi alla morte del Fondatore.
40

2.7 Page 17

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VI PRESENTIAMO UN CENTRO GG. CC. · Durante l'incontro nazio-
nale venne sottoposto all'esame dei convegnisti il ciclostilato che qui
riportiamo.
P R E S E N T J A MO
-UN--C-EN-T-RO--G-T-O-V-A-N-I-C-O--O-P-.R-I
1970: una realtà ancora limitata
197 ••• realizzazione affidata a ciascuno di noi
~~
;
o
aV
n
i
'oo'
p
e
r
a
t
o
r
I
r Tendono a realizzare la vocazione alla santità propria
dei battezzati con i mezzi ordinari e quelli specifici
dell ' ASSOCTAZIONE
carità
Fanno comunità mediante
liturgia
Parola di D i o ~
lavoro
Mettono al centro dei loro interessi
gli altri giovani,ripresentando Cristo
tra i fanciulli e gli adolescenti .
••• V3nno a loro con uno stile e un metodo pedagoqico
particolare, tipico (dialoqo+amicizia+amorevolezza+tu=LUI)
Sono aperti e sensibili ai problemi
e alle situazioni più varie della
Chiesa locale,della società e dei
popoli in via di sviluppo.
Due modi di_operare
1° modo : i GG . CC. sono animatori di gruppi operanti in diversi settori .
La loro comunità è di riferimento: occasione e mezzo necessario
per la propria vita spirituale.
2° modo: I GG. CC . operano direttamente in équipe l ' Apostolato associato
r ac~omandato dal Concilio) - Essi non impover iscono altri gruppi:
fanno g:ruppo e si rendono disponibili specialmente"per i giovani
senza parrocchia" , al modo di O. Bosco .
La Chiesa locale se ne avvantaggia.
41

2.8 Page 18

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UN GRADITISSIMO SALUTO
InIZIO di un nuovo stile nei rapporti
con le Exallieve di Maria Ausiliatrice
La signora Ehni Togni Tatiana,
eletta recentemente Presidente
della Confederazione mondiale del-
le Exallieve di Maria Ausiliatrice,
ha cortesemente aderito a un no-
stro invito. La ringraziamo assi-
curando la concreta collaborazione
da lei auspicata nel suo indirizzo.
« Da pochi giorni eletta Presi-
dente Confederale delle Exallieve
di Maria Ausiliatrice, mi è caro ri-
volgere da queste pagine un caldo
saluto a voi tutti Cooperatori e di-
rigenti dell'Associazione CC., che
è parte di questo nostro mondo sa -
lesiano cosi vario, così aperto a
tante attivìtà, così disponibile a
qualunque tipo di vocazione, dove
ognuno di noi può trovare il suo
campo di azione e dove tutti pos-
siamo meglio conoscerci, per po-
terci meglio aiutare, per poter col-
laborare gli uni con gli altri al rag-
giungimento di quejlo che è lo
scopo e il desiderio di tutti: la dif-
fusione del bene nel mondo.
Niente è più bello di questa aper-
tura, di questa collaborazione, di
questo conoscerci per aiutarci ed
eventualmente " travasare" la no-
stra attività di apostolato da un
campo ad un altro più consono a
noi, più adatto alla nostra perso-
nalità; il tutto con la serenità e
l'aiuto vicendevole che vuole da
noi Don Bosco.
E così quando tra le nostre file
di Ex si accende una vocazione e
42 una di noi diviene Cooperatrice,
per tutta l'Unione non può esse·re
che una gioia.
Infatti questa nostra sorella che
ha fatto un deciso passo avanti
sulla via della fede e che continua
a lavorare nelle nostre file, con nel-
l'animo questa nuova grande ca-
rica di spiritualità, arricchisce la
vita dell'Unione e, di riflesso, tutte
noi ne veniamo arricchite.
In questo spirito nasce tra le no-
stre Associazioni un reciproco fra -
terno senso di gratitudine. Perché
se è vero che l'exallieva coopera-
trice, portando nell'Unione la sua
nuova ricchezza spirituale, lavora
per noi più e meglio di prima, è al-
trettanto vero che è proprio nella
nostra confederazione che si pre-
parano e si formano molte coope-
ratrici.
Quindi, formati tutti alla stessa
meravigliosa scuola di Don Bosco,
informati tutti dello stesso spirito
salesiano e dello stesso amore di
Dio, vogliamo lavorare tutti affian-
cati, distinti nelle varie attività ma
non mai divisi, separati. È cosi
breve e diff1cile il cammino di cia-
scuno di noi e tutti abbiamo tal-
mente bisogno della preghiera, del-
l'aiuto, dell'amore del fratello che
il pensare a separazione, a compar-
timenti-stagno, è quanto meno
fuori luogo.
È in questo spirito che, immagi-
nandovi tutti vicini e collaboranti,
io vi do il mio saluto da queste pa-
gine come ad una unica, grande
nostra famiglia».

2.9 Page 19

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CAMPI DI LAVORO 1970
DEI GIOVANI
COOPERATORI
Nei giorni 17-18 marzo, un
gruppo di ex campisti, tra quelli
che hanno accolto l'invito lanciato
su PresenzagiO'Uani e cioè: Paola
e Rita Titi e Russo Sante di Roma;
Marisa e Lillina Attanasio di Na-
poli; Rosaria e Lucia Voltarella
e Enzo Palazzo della Puglia; Ma-
ria Forleo di Napoli; M. Grazia e
Carla Busato di Vicenza,; Claudio
Penna di Genova, Nino Scuderi
di Catania, Angelo Lorenzi di
Milano, Gabriella Gualtiero di
Vicenza si sono riuniti per una
<< due giorni •> di studio assieme a
don Buttarelli, don Zulian, don
Valastro e don Lutte. Sono stati
presenti anche due sacerdoti sale-
siani dell'America Latina ed uno
della Spagna, futuri animatori spi-
rituali dei Campi '70.
L'argomento del nostro stu-
dio è stato: i prossimi campi di
lavoro, la loro finalità, il loro spi-
rito.
Ecco alcune idee emerse:
·Nostro punto di partenza: il
Cristianesimo è amore, amore che
deve manifestarsi concretamente;
ossia con un intervento valido per
quelli che ne hanno bisogno. I
giovani generosamente offrono il
loro aiuto e, impegnandosi, for-
mano se stessi. Quindi, il nostro
fine - nei campi - è quello di
formare e maturare noi stessi la-
vorando per gli altri.
In sintesi, si può affermare che
in tutti i servizi sociali c1 sono
quattro dimens~oni :
1. Koinonia o dimensione co-
munitaria: si va a dare cioè una
testimonianza comunitaria, di una
comunità di amicizia, ma anche di
servizio.
2. Carisma o annunzio: ognuno
ha un messaggio <i sacerdotale •> da
portare; dietro di me gli altri de-
vono vedere un senso della mia
presenza, un annunzio, un mes-
saggio.
3. Diaconia o servizio : ossia, la
Comunità dà un messaggio attra-
verso un servizio. Tale diaconia
deve essere sentita, ed ecco la
4" dimensione come:
4. Interscambio: non· ci si ab-
bassa dall'alto per servire, con un
gesto che può essere anche pater-
nalistico, ma si deve essere con-
vinti che l'altro può ricevere da
noi qualcosa, e noi, contempora-
neamente, qualcosa da lui.
I nostri campi, pur avendo in
comune con gli altri queste quattro
dimensioni, si diversificano in que-
sto: la nostra "diaconia" è resa
prevalentemente alla gioventlÌ, me-
diante il carisma, lo spirito e il
metodo educativo salesiano.
Si comprende quindi che il
campo di lavoro dei Cooperatori,
per la sua impostazione, mira a una
maturazione completa dell'indi-
viduo, accentuando però qualche
esperienza specifica, quale quella
comunitaria, sociale, apostolica,
giovanile.
Pertanto, viste le finalità, si ri-
tiene necessaria nei partecipanti
una <i omogeneità >> da raggiungere
attraverso una formazione ed una
conoscenza dei metodi del campo,
e, inoltre, data la necessità con-
tingente in cui si trova l'associa-
zione (necessità cioè di avere ele-
menti preparati) si ritiene oppor-
tuno, per quest'anno, organiz-
zare tre campi riservati ai Gio-
vani Cooperatori che vogliano qua-
lificarsi come animatori di enti
giovanili e di futuri campi, ed
altri tre, organizzati dai Coopera-
tori, ma aperti a quei giovani che
condividono gli orientamenti e
l'aspetto tipico del campo (ossia de-
stinazione giovani, metodo e spi-
rito salesiano).
43

2.10 Page 20

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Spediz. in abbon. postala • Gruppo 2° (70) - 2• quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
Si pubblica ti 1• del mese per , Coopera/or, Sales/ani; Il 15
del mese per I Dirigenti del Cooperatori
S'invia gratuitamente ai Cooperatori, Bene•
fattori e Amici delle Opere Don Bosco
Direzione e amministrazione: via Maria Au-
siliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel. 48.29.24
Direttore responsabile Don Pietro Zerbino
Autoriz. del Trib. di Torino n. 403 del 16 febbraio 1949
Per Inviare offerte servirsi del e.e. Postala n. 2 -1355
intestato a: Direz. Generale Opere Don Bosco - Torino
Percambio d'indirizzo inviareanche l'indlrluo precedente
GIOVANI COOPERATORI
Campi di lavoro e di animazione cristiana
o
Tempi di attuazione
URZULEI (Nuoro) 1 ° luglio (arrivo) • 27 sera seg. chiusura 28 part. (26 gior-
+ nate arrivo e partenza) Per Cooperatori e simpatizzanti
PALMA DI MONTECHIARO (Agrig.) 20 luglio (arrivo) 16 agosto chiusura
+ 17 agosto partenza (25 giornate arrivo e partenza) Per Cooperatori
CUPONE DI CERRO (Isernia) 20 luglio (arrivo) 16 agosto chiusura • 17
+ agosto partenza (27 giornate arrivo e partenza) • Per Cooperatori e sim-
patizzanti
TALANA (Nuoro) 30 luglio (arrivo) • 26 agosto chiusura 27 agosto partenza
+ (27 giornate arrivo e partenza) Per Cooperatori
RIESI (Caltanissetta) 3 agosto (arrivo) 30 agosto chiusura 1 ° settembre par-
+ tenza (27 giornate arrivo e partenza Per Cooperatori e simpatizzanti
ESTERO 7 agosto (partenza) • 4 settembre (chiusura) • 5 arrivo in patria (27 gior-
+ nate andata e ritorno) • Per Cooperatori
Il presente è suscettibile di leggere variazioni
44