Bollettino_Salesiano_198003


Bollettino_Salesiano_198003



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BOLLETTINO
ANNO 104 N. 3 1• QUINDICINA 1 FEBBRAIO 198D
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (701
RI VISTA D ELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SA N GIOVANNI BOS CO NEL 1877
50 anni fa in.Cina
venivano trucidati
i martiri
mons. Versiglia e don Caravario
I BUOII
PASTORI
D1110 LI VITI

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Sommario
1 FEBBRAIO 1980
ANNO 104- NUMERO 3
La copertina: Mons. Versiglia e
don Caravario. Particolari da
quadri del pittore Marìo Caffaro
Rore. Foto F. Rampazzl, Torino.
Servizio di copertina: pag. 14-27
LE IDEE
La proposta associativa salesiana
Educare I giovani facendo gruppo, 3
LE FORZE
Rettor Maggiore. Tre ore con ìl Papa, 29
Cinema. Il film "Don Bosco" ritorna. 28
Due documentari girati dalla Sai, 31
LAZIONE
Brasile. 25° del vescovo con penne e danze, 30
Filippine. Cooperatori che cooperano, 7-9
Guinea Equatoriale. Ritornano dove furono espulsi, 28
India. "Orìens" per formare i sacerdoti dell'Assam. 30
Iran. Il parroco volante rimane ottimista, 5-6
ltalla. Al grande Carlìn solo 6 in disegno, 12-13
17 genitori italiani per 17 bambini Indiani, 28
I cooperatori per i bambini più poveri, 30
Stati Uniti. Nuova parrocchia nel cuore di Harlem, 29
Thailandia. Fuga dal Vietnam, spaventosa e inumana, 31
Venezuela. Cominciarono con un'oratoriana, 10-11
IL PASSATO
Nel so• del martirio di mons. Versiglia e don Caravarlo
I buoni pastori danno la vita, 14-27
1. Verso il martirio e oltre, 14
2. Luigino, ho una cosa da dirti, 16
3. La Cina era un rimprovero e una sfida, 18
4. Andiamo per i ragazzi poveri, 19
5. E Intanto la Cina si tinge di rosso, 21
6. Quel bambino buono di nome Callisto, 24
7. Mons. Versiglia è morto per me, 25
Date e dati di questa vicenda, 15
RUBRICHE. Libreria, 4 e 31 - Caro BS... 9 - Ringraziano i
nostri santi. 32 - Preghiamo per i nostri morti, 34 - Solidarietà
missionaria, 35.
- Hai sentito? Sembra che si debba chiudere per
mancanza di combustibile.
2
IJOU, F.TTINO
ALES
o
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informazione e ·cultura religiosa
OIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCO
Ccllaboratori. Giuliana Accornero - Pietro Ambrosia - Marco Bon-
gioannl - Teresio Bosco - Elia Ferrante - Domenica Grassiano -
Adolfo L'Arco
Fologralla Antonio Gottardt
Archivio salesiano: Guido Cantoni - Archivio Audiovisivi LDC
Dllfuslone Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Torino
Autorizzazione Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
L'EDIZIONE DI META' MESE
del BS è particolarmente destinata ai Cooperatori Salesiani.
Redattore don Armando Buttarelli, Viale dei Salesiani 9, 00175 Ro-
ma. Tel. (06) 74.80. 433.
IL " BOLLETTINO SALESIANO,. NEL MONDO
Il 8S esce nel mondo In 39 edizioni nazionali e 20 lingue diverse
(tiratura annua oltre 1Omilioni di copie) In:
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lituano (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Perù - Polonia -
Portogallo - Repubblica Sudafricana - Spagna - Stati Uniti - Thal-
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- le Missioni attraverso la Solidarie/a fraterna o altre forme.

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LA PROPOSTA ASSOCIATIVA SALESIANA
Educare i giovani
facendo gruppo
Sull'esempio di Don Bosco che fin da ragazzo raccoglieva in gruppo
la gioventù, I suoi figli anche oggi offrono ai ragazzi una proposta
associativa ricca di scelte e di possibilità formative.
ehieri, anno scolastico I 83 1-1832.
Mamma Margherita ha collocato
Giovannino Bosco, J 6 anni, a pigione
presso una buona famiglia in cambio
di due sacchi di grano. Finalmente
Giovannino può riprendere studi re-
golari, e lo assegnano alla classe cor-
rispondente oggi alla prima media.
D.opo due mesi lo passano in seconda,
e dopo altri due in terza. Dapprima
guardingo con i compagni (li ha divisi
in n·e categorie: buoni, indifferenti,
cattivi), col passare dei giorni si gua-
dagna la loro stima e sente che la sua
presenza in mezzo a loro può risultare
costruttiva.
Li aiuta nei compiti, gioca con loro.
E spontaneamente quelli lo scelgono
come capo, gli stanno sempre auorno,
sul suo esempio filano diritto e si
comportano a dovere. 11 loro gruppo
si organizza, pianifica riunioni, diver-
timenti, gite. Giovanni gli dà un nome:
«Società dell'Allegria». E fissa un re-
golamento facile da ricordare, perché
di soli due punti: «Primo, evitare ogni
discorso o azione che disdica a un
buon cristiano; secondo, esattezza
neU'adernpimento dei doveri scolasti-
ci e religiosi».
«Lungo la settimana - scriverà più
1ardi Don Bosco - la Società dell' Al-
legria si raccoglieva in casa di uno dei
soci per parlare di religione. Interve-
niva liberamente chi voleva. Ci tratte-
nevamo alquanto in amene ricreazio-
ni, in conferenze, in letture religiose.
preghiera... ». Alla domenica Giovan-
nino, «venerato dai suoi compagni
come capitano di un piccolo esercito»,
li intratteneva con giochi di prestigio
«dei quali andavano pazzi», o li con-
duceva a qualche passeggiata. « Parti-
vano da Chieri come se andassero alla
conquista del mondo, con un pezzo di
pane in saccoccia» si spingevano fino
a Superga, fino a Toiino per ammirare
in piazza il famoso cavallo di bronzo...
Il gruppo per crescere. La Società
dell'Allegria è solo una delle tantissi-
me iniziative di Don Bosco per /al'e
gmppo. Egli sapeva che i ragazzi han-
no bisogno del gruppo per crescere e
maturare e ha «fatto gruppo» con i
ragazzi per tutta la vita. E ha insegna-
to ai salesiani a fare altrettanto.
U gruppo, fenomeno spontaneo
della fanciullezza, dell'adolescenza e
della gioventù, si forma anche quando
l'educatore non prendesse l'iniziativa.
Ma quando l'educatore è aperto e
sensibile, il gruppo nelle sue mani dJ-
venta una preziosa «occasione for-
mativa». Per questoDon Bosco fin dai
primissimi tempi dell'Oratorio dette
via a speciali gruppi chiamati Com-
pagnie (e Domenico Savio prenderà
l' iniziativa di fondarne una).
Queste Compagnie vivrnnno a lun-
go soprattutto negli ambienti scola-
stici e tra i ragazzi più piccoli degli
oratori, adattandosi più volte ai cam-
biamenti dei tempi. In genere nelle
Compagnie si aveva una pluralità di
gruppi, con ampia possibilità per i ra-
gazzi di scegliere fra diverse attività,
secondo la propria inclinazione.
Queste Compagnie durarono più di
un secolo, ed entrarono in crisi solo
verso il 1968, con l'esplodere della
contestazione giovanile. In realtà, a
entrare in crisi in quel periodo fu tutto
l'associazfonismo giovanile cattolico
tradizionale, specie quello più istitu-
zionalizzato. Ma non fu la fine dcl-
i'associazionismo: molte strutture an-
tiche dovevano essere mutate, e di
fallo stanno cambiando, per far posto
a nuove forme di associazione giova-
nile.
Anche nell'ambiente giovanile sale-
siano e delle FMA. Nuove idee ora
fanno da base a nuove formule. Viene
posta in primo piano la maturazione
del giovane a l libero uso della libcr1à,
al dialogo, al rispetto del pluralismo,
all'impegno nella Chiesa locale e nella
società. I gruppi attuali realizzano un
modo nuovo di fare Chiesa, in un
quadro di maggiore corresponsabilità
e collegamento tra i gruppi stessi. An-
che il ruolo dell'adulto in mezzo ai
giovani è stato ridefinito: egli si sente
chiamato oggi a essere in mezzo alla
3

1.4 Page 4

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gioventù soprattutto animatore.
La proposta associativa. L'attuale
proposta dell'associazionismo sale-
siano e delle FMA, si articola in mol-
teplici scelte; si hanno gruppi collegati
a movimenti di Chiesa, gruppi di ma-
trice salesiana e a sviluppo nazionale
(se non più vasto), gruppi locali sorti
dall'iniziativa di animatori singoli,
gruppi occasionali (che si formano e
durano ad esempio per un dato lavoro
*o per una vacanza)...
Movfrnenti e associazioni della
Chiesa in cui si inseriscono i gruppi
salesiani sono per esempio i Ragazzi
di Azione Cattolica, gli Scouts, il Gen
dei Focolarini, Comunione e Libera-
zione, le Conferenze di San Vincenzo
*per i più grandi.
Le associazioni di matrice sale-
siana sono numerose e a volle ben or-
ganizzate. I preadolescenti diventano
«Ainici di Domenico Savio». Agli
adolescenti e giovani sono offerte at-
tività formative nel tempo libero, at-
traverso i Cinecircoli Giovanili Socio-
culturali, le Polisportive Giovanili Sa-
lesiane, il Turismo Giovanile e Sociale.
A livello più impegnato sono sorte
due associazioni che collocano i ra-
ga7-Zi già all'interno della Famiglia
Salesiana: i Giovani Cooperatori e i
Giovani Exallievi (Gex), che sovente si
assumono l'incarico di animare altri
gruppi. Significativo al riguardo il
motto che i Giovani Cooperatori si
sono dato: «Giovani a servizio dei
*giovani».
I gruppi locali sorti da/l'iniziativa
di animatori singoli risultano i più
eterogenei. Si hanno quelli di impe-
gno culturale-ricreativo che offrono
una proposta cristiana dj sviluppo
personale nel tempo libero, come le
filodrammatiche, le corali, gli sban-
dieratori ecc. Poi associazioni di im-
pegno spirituale, come i gruppi di
preghiera, i gruppi biblici. Numerosi
quelli di impegno apostolico, in parti-
colare di impegno missionario (questi
ultimi a volte raggiungono notevole
sviluppo, come l'Operazione Mato
Grosso, e inviano i loro giovani anche
*in terra di missione).
I gruppi locaH in certi casi ten-
dono a collegarsi tra loro. In Sicilia
recentemente è nato il MOGS, o Mo-
vimento Gruppi Giovanili Salesiani,
che coordina i numerosi gruppi di
preghiera e animazione liturgica, di
attività catechistica e collaborazione
con le comunità salesiane in oratori,
parrocchie, centri giovanili, campi di
lavoro. Erano numerosi, con iniziative
a volte affini, e il loro desiderio di co-
noscersi e scambiare esperienze ha
suggerito l'idea del MOGS. Le inizia-
tive realizzate in comw1e danno buoni
risultati, e una molto singolare si è
svolta nel 1979, anno centenario della
presenza salesiana in Sicilia: il « Con-
* cilio dei giovani siciliani».
Altre volte, quando l'opera sale-
siana è molto vasta e i suoi giovani
animatori sono numerosi, c'è la ten-
denza a raccogliere in gruppo anche
gli aojmatori. Accade a Verona dove
opera una "Comunità di Animatori",
che raccoglie quelli dei gruppi cate-
chistici e liturgici, quelli d'impegno
nel centro giovanile, neU'oratorio e
parrocchia. Nell'ambito di questa co-
munità si vita a incontri, corsi,
scambi di esperienze, programmazjo-
ni e verifiche. E la comunità diventa
scuola di cooperazione salesiana.
«Il Papa vi esorta». L'associazioni-
smo giovanile, dopo le crisi subite,
L'oratorio di Don Bosco: ambiente Ideale per
realizzare la proposta associativa salesiane.
sembra oggi in netta ripresa. Forse
erano crisi di sviluppo. E nel senso di
un suo sviluppo si è pronunciato an-
che Giovanni Paolo il, parlando il
5.5. 1979 alla gioventù salesiana riunita
per il 25 '' della canonizzazione di Do-
menico Savio.
« Voi giovani - ha detto loro -
tendete al traguardo prezioso del
completamento comurutario, della
conversazione, dell'amicizia, del darsi
e del ricevere, dell'amore. Le associa-
zioni giovanili stanno rifiorendo: il
Papa vi esorta a essere fedeli, perspi-
caci, ricchi di genialità in questo sfor-
zo di dare respiro sempre più ampio a
tali sodalizi. E' un invito pressante che
rivolgo a tutti i responsabili dell'edu-
cazione cristiana della gioventù, cioè
degli uomini di domani•·
I ILibreria
PERRIA ANTONIO
Quelli del Beccaria
POZZI EMILIO
L'eroe di un giovedl
Ed. SEI 1979. Lire 3.500 cadauno
Due nuovi titoli
nella fortunata col-
lana «I nuovi adulti,,
giunta al 24° volume.
Segno che i ragazzi
- sono loro I nuovi
adulti - leggono e si
divertono, e che i
genitori e educatori
assecondano. Sono
libri di avventura, il
protagonista è di so-
lito un ragazzo, le situazioni sono quelle di
oggi. C'è una manifestazione studentesca
di quelle del nostri tempi, un ragazzo è
"fermato " nel corso del suo svolgimento e
viene trovato in possesso di un diamante
di cui non sa spiegare la provenienza; poi
le cose si complicano ma alla fine i suoi
amici ("quelli del Beccaria" appunto) ri-
metteranno le cose a posto. C'è un quiz
televisivo e il capo di un drappello di fa-
natici per la musica pop ha il dovere di
presentarsi; e anche qui le cose si Ingar-
bugliano per il povero "eroe dl un gio-
vedì» ...
GUILLON JACQUES
Questo figlio che si droga è Il mio
Ed. SEI 1979. Pag. 168, /Ire 4.000
Non si è già detto tutto sulla droga? Ep-
pure questo è un libro diverso; è il rac-
conto vero di un padre che si dichiara cri-
stiano pr.iticante e che ha visto uno dei
suoi quattro figli, Dldler, allontanarsi a po-
co a poco dalla famiglia per sprofondare
nel mondo torbido della droga. Sono stati
«sei anni di inferno», racconta; e in questo
racconto vero, In questa «testimonianza
di un incontro tra un padre attento e un
figlio drogato», nel dialogo alla fine rial-
lacciato, sta la novità e il pregio del libro.
QUARELLO ERALDO
Morale crlstlana e culture
Ed. LAS 1979. Pag. 140, lire 5. 000
Questo 28° volume della benemerita " Bi-
blioteca di scienze religiose", riservato
agli addetti al lavori, affronta un tema af-
fascinante e scorbutico. Cultura intesa in
senso umanistico e classico, e culture in-
tese In senso antropologico - concetti
ancora fluttuanti ma fondamentali nell'at-
tuale discussione intorno all'uomo - so-
no messi a confronto con la morale del
Vangelo. Lo studioso oggi si sente chia-
mato a chiedersi quanto di ciò che comu-
nemente è presentato nei manuali come
morale cristiana sia veramente fondato nel
messaggio di Cristo, o non piuttosto deri-
vato dalla cultura giudaico-ellenistica. In-
tanto Il volume si preoccupa di asseverare
che ci sono elementi nella morale cristiana
che trascendono le culture.
Per richieste: pag. 2 col. 2.
4

1.5 Page 5

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IRAN
mondo.
I Carmelitani Scalzi costruirono
Il parroco volante
una cappellina al Bambino Gesù, for-
se in omaggio ai Magi che per primi
praticarono quella devozione, e
rimane ott1m1sta
quando gli stranieri presero ad affol-
lare la zona essi si occuparono di
quelli cattolici. La chiesa a Abadan
venne costruita dalla Compagnia pe-
trolifera nel '25, ed era quanto mai
La sua parrocchia si estende a tutto il sud dell' Iran, e i suoi fedeli sono opportuna. Poi nel 1951 il primo mi-
pochi e sparsi. Padre Francis Mulligan, per 25 anni parroco a Abadan, rustro iraniano Mossadeq naziona-
ha compiuto centinaia di voli in aereo per raggiungere I cattolici al lizzò il petrolio e cacciò dalla zona
lavoro nei campi petroliferi del Golfo Persico. E anche ora, ha buoni tutti gli stranieri. Anche i tre Carmeli-
motivi per nutrire fiducia nel futuro della Chiesa in Iran.
tani dovetLero andarsene, e per tre
anni la parrocchia fu affidata a un sa-
cerdote di rito caldeo. Poi la proposta:
N el novembre 1978 lo Scià era in !aggio di pastori nomadi. Poco lonta- i salesiani, che da vent'anni lavorava-
esilio, l'ayatollah Khomeinj era al no, a Khoramshahr, c'era una piccola no nella capitale Teheran, non pote-
potere, l'osùlità verso gli Stati Uniti comunità cristiana che tanto supplicò vano occuparsi ancne di quella par-
era acutissima. Due giorni prima di da ottenere un sacerdote: era un Car- rocchia strategica? La proposta veni-
Natale a Abadan venne ucciso un cer- melitano Scalzo, e an·ivò nel 1912. Da va dalla Santa Sede, e non si poteva
to Grim, presidente della Oil Conso1·- allora questi 1·eligiosi si occuparono dire di no.
1ium, il «cartello» che raccoglieva le dei cristiani sparsi nell'immensa re-
Con la giacca e senza barba. "Non
principali compagnie petrolifere in gione: la loro parrocchia - l'unica guardate al presente ma all'avveni-
Jran. Subho dopo (u presa La decigjo- nell'intero sud dcll'lran - si estende- rei>: questa raccomandazione risulta-
ne: i tecnici e lavoratori strarueri sa- va più di mille miglia lungo la costa e va quanto mai necessaria perché i
rebbero rientrati nelle loro patrie. Per centinaia di miglia verso l'interno primi tre salesiani giunti nel 1954 a
questa decisione padre Francis Mul- (anche oggi è grande così).
Abadan non si scoraggiassero troppo.
ligan, parroco di Abadan, perdeva di La regione è desertica e di uno Padre Francis Mulligan _fu il primo
colpo il 90% dei suoi parrocchiani.
squalJore proibitivo, è opinione che i parroco: inglese di nascita, 3-1 anni, 12
Due giorni dopo quelJa colossale Re Magi recatisi a Betlemme prove- anni di esperienza (al Cairo) del mon-
operazione di rimpatrio, egli si recò ad nissero dall'l ran, ma è anche opinione do musulmano, si occuperà delJe co-
Ahwaz, negli uffici centrali della ex che non passarono di tl (era un rischio munità cristiane sparse nei campi pe-
Compagrua ora controllati dai kho- troppo grave per le carovane), che troliferi. Padre Alfredo Picchioni gli
mcinisti, e per fu rfoevuto molto certamente la stella li guidò lungo un farà compagnia come direttore (ma
male. Non era mai stato un dipenden- itinerario più sicuro. Comunque, sco- presto avrà altri incarichi e ora è di-
te della Compagnia, ma nei suoi diri- perto il petrolio, la regione si destò dal rettore a Teheran): suo compito era
genti aveva trovato aiuti e facilitazio- letargo dei secoli: cominciarono a occuparsi delJa comunità locale, del-
ni. E venne scambiato per un dipen- giungere gli stranieri (soprattutto in- !'ospedale, degli equipaggi delle navi
dente. Quando giunse nel grande atrio glesi e indiani di Goa), i tuguri si tra- in sosta nel porto. Ai primi del 1955 si
lo trovò affollato di gente, e rizzando sformarono in villette, i sentieri in aggiunge Aldo Martini, salesiano coa-
le orecchie si accorse che tutti i di- strade asfaltale, il deserto in giardino dilllore che preparerà al battesimo e
scorsi erano rivoluzionari e impronta- verdeggiante, il villaggio beduino in alla prima comunione schiere di ra-
ti a ostilità verso gli stranieri.
città all'europea. Lì venne costruita la gazzi.
Gli chiesero: «Cos'è venuto a fare, più grande raffineria petrolifera del
Quei tre all'inizio stupirono la gente.
lei? Perché non se n'è tornato a casa?»
Rispose: «Tornerò quando il mio pa-
drone me lo dirà». Incuriositi vollero
sapere: «E chi è il suo padrone?»
«Dio», rispose padre Francis. « Bene
- ripresero que!Ji -, allorn noi vi
ammazzeremo». E lui di l"imando:
« Fate pure. Io sono nelle mani di
Dio». Con sua sorpresa essi fecero
marcia indietro; abbozzarono un sor-
riso, e uno disse: «Lo sappiamo, lei è
w1 brav'uomo».
Qualche tempo dopo padre Francis
otteru1e dalle autorità iraniane il per-
messo di continuare a risiedere e la-
vorare nel paese. E nonostante la dif-
ficile situazione, guarda al futuro con
serenità e ottimismo. La sua speranza
è radicata in tanti avvenimenti vicini e
lont·ani...
Parrocchia lunga mille miglia.
Abadan, oggi cillà moderna con più di
300 mila abitanti, prima dello sfrutta- Padre Francls Mulllgan, per 25 anni parroco di Abadan, ha compiuto centinala di voli per raggiun-
mento dei pozzi petrolife1i era un vii- gere I suol parrocchiani sparsi nel campi petrollferl del Golfo Persico.
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FILIPPINE
Cooperatori
che cooperano
Nella parrocchia salesiana di Victorias Vicmico, 121 Cooperatori di-
visi in gruppi e sottogruppi si stanno impegnando in una presenza
cristiana che fa lievitare la massa. « Cristo è entrato nel cuore degli
abitanti» , dice chi ha visitato quest'aiuola salesiana.
Q uesta domenica d'agm,Lo 1979 si
annuncia piena di sole. Meglio
cosi. ALLorno al tavolo le sei donne del
gruppo sorbiscono un buon caffè cal-
do fumante, selezionano le medicrne e
gli strumenti, o semplicemente con-
versano: prevedono le difficoltà della
giornata, e si consigliano su come su-
peraTle. li padrone di casa, dottor Ab-
ncr Cortes, con un colpo <.l'occhio
conta i presenti, e constata che manca
uno solo dei Vip attesi . padre Deme-
trio. E proprio in quel momento -
sono le nove del mattino - bussano
encrgicamenle alla porta: è lui, e si
può partire. Lui è l'assistente spiii-
tuale del gruppo, ma oggi la sua pre-
senza in quanto animatore èsuperflua
(sono Lutti già caricatissimi). Viene
però in qualità di indispensabile auLi-
sta.
Una domenica in tuta. Sulla strada
è pronta e rombante l'auto familiare
targata "Don Bosco Victorias", già
reduce da mille batlaglie. Ognuno af-
ferra la parte dj attrezzature che gU
compete, il gruppo sembra accurata-
mente preparato e predisposto per un
golpe militare o per un lungo eccitante
viaggio nelle galassie. E' domenica ma
anche le donne indossano abiti da la-
voro, a metà [ra le tute di fabbrica e le
tute spaziali.
Le grosse borse da dottore, logore
dall' uso ma piene zeppe, vengono
portate giù e caiicate sull'auto. Si
parte, la di::stinazione è il Barrio Po-
sud, un buon chilometro dalla raffi-
neria Vicmico. TI Barrio (quartiere) ha
una cappella; la catechista della zona
è ad attenderli sulla porla, ra entrare,
e tutti insieme apprestano l'ambula-
torio volante. La gente è stata avverti-
ta per tempo; molta è già aITivata, al-
tra viene con calma. C'è tempo, fino a
stasera. r due medici sono pronti,
pronte le quallro infermiere, le aiu-
tanti. Quanto a padre Demetrio, so-
spese per il momenLo le sue funzioni
di animatore e autista, fa il fotografo.
Mamme, bambiru, anziani, i pa-
zienti riempiono la cappella o aspet-
tano fuori. Per tutti la vi.sita medica, la
diagnosi dei malanni, la prescrizione
delle medicine, e - quando le medi-
cine adaue si trovano nelle grosse
borse - la loro immediata distribu-
zione. Tullo gratis.
La giornata è decisamente faticosa,
222 sono i malati visitali, a sera si è
stanchi. La gente del posto dke graz_ie
non solo a parole ma tirando fuori
qualcosa da mettere sotto idenU, una
cena ruvida ma resa gustosa dalla
persuasione di averla meritata, dall'a-
micizia e dall'appetito. Sono tutti feli-
ci, soprauullo RosabelJe e Tingling,
due giovani infermiere alla loro prima
esperienza in missioni di questo ge-
nere, venule per curiosità, per vedere
quest'iniziativa dei Cooperatori, per
decidcr·e se diventare anch'esse coo-
peratrici. Sì, lo diventeranno.
Resta da dire - e ne vale la pena -
dove accadono queste cose, ecru è che
le compie, e tutto il resto di questo
singolare angolo delle Filippine, che è
anche angolo di Famiglia Salesiana.
Al personale ci pensava Mao. Una
deUe 7000 isole dell'arcipelago Filip-
pino si chiama Negros ed è tra Je
maggiori. Nel suo capoluogo Bacolod
c'è un centro di 52.000 abitanti chia-
mato Victorias, e è un nome augurale
anche per i salesiani: i primi figli di
Don Bosco al lavoro nelle Filippine
cominciarono proprio li.
c'è un'industria considerevole
con 3000 dipendenti, la '' Victorias
Milling Co.", in sigla Vicmico. In tutta
l'isola gli. agricoltori nelle campagne
coltivano la canna da zucchero, e
quando è tempo la portano nella raf-
fineria Vicmico. Nel 1950 i proprietari
decisero di fare qualcosa per i figU dei
loro dipendenti, e che cosa se non una
bella scuola? Mandarono un loro rap-
presentante in giro per il mondo a vi-
sitare scuole e a raccogliere idee; tor-
nato, costui disse che bisognava chla-
mare i salesiani e apriJ"e una scuola
come quella di Hong Kong. Nel 1951
gli edifici erano in fase ili costruzione;
quanto al personale ci pensava Mao
Tse-tung a fornirlo, cacciando via i
missionari dalla Cina.
Non era ancora possibile fare scuo-
la, ma quell'anno stesso i primi tre sa-
lesiani entrarono negli eru.fici in co-
struzione, aprirono il centro giovanile,
misero in funzione la banda, e raccol-
sero i primi cinque ragazzi senza casa.
Le scuole cominciarono nel '52, e non
hanno ancora smesso di allargarsi:
oggi i dodici salesiani mandano avanti
le elementari, medie, superiori e pro-
fessionali per meccanici, elettrotecni-
ci ed elettronici. Nel 1955 i salesiani
facevano posto alle FigHe di Maria
Ausiliatrice, che ora in sei gestiscono
le scuole materne, elementari e pro-
fessionaJj di sartoria e ricamo, poi l'o-
ratorio, una scuola per la preparazio-
ne delle catechiste e svariate associa-
zioni.
Non è tutto, c'è anche un gruppo di
Volontarie di Don Bosco: sono dicci,
specializzate nella catechesi, impe-
gnale neJJa preparazione alla vita fa-
miliare con corsi per fidanzati e gio-
vani sposi, e curano un dispensariu. l
due gruppi di Exallicvi ed Exallieve
sono anch'essi ben organizzati; dico-
no: «1 am a Bosconian », sono un Bo-
sconiano, e è una tessera di riconosci.-
mento. Si aiutano tra loro anche fuori
Victorias: cli recente hanno aperto nel
capoluogo Bacolod un ufficio in cui
raccolgono elenchi di cxallievi in cer-
ca di impiego, e procurnno il posto.
Ma in quest'aiuola salesiana il gruppo
che più si è sviluppato e più è intra-
prendente sono i cooperatori. L 'in-
stancabile signora Melinda è fin dal'i-
ni7,iO la coordinatrice del Centro, suor
Fosca è la delegata, e padre Demetrio
7

1.7 Page 7

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direttore spirituale, autista e fotogra-
fo...
L'ho fatta la mia parte? n gruppo
dei Cooperatori fu praticamente ri-
fondato nel settembre 1974, quando si
cominciò con un corso che assicuras-
se un'adeguata preparazione di base.
L'anno successivo, a maggio, pronun-
ciavano il loroimpegno in 48. Nel '77 si
aggiungevano i Giovani Cooperatoti:
erano venti " promesse", che ora sono
diventate trenta. Con i 9 1 adulti, il
Centro conta 121 Cooperatori prepa-
rati, aJriatali e pieni di iniziative. Nel
Centro si ritrovano fianco a fianco le
person e più diverse: insegnanti, im-
piegati, operai, medici, infermieri, ne-
gozianti, casalinghe, i grossi dirigenti
della raffineria e i loro dipendenti; ma
11, come direbbe san Paolo, non c'è né
greco giudeo, tutti si i.entono af-
fratellati nel nome di Don Bosco.
Divisi in gruppi e sonogruppi, si
riuniscono ogni 15 giorni, una volta
all'anno compiono la rcvi!>ione del la-
voro svolto e elaborano i programmi
per l'anno seguente. Questi program-
mi vengono minu7iosamente descr-itti
(la mortalità infantile nella zona è
mollo ele,·ata), ma anche l'alimenta-
*lione, la pulizia nelle case, eccetera.
li Gruppo Apostolato della pre-
ghiera si riunisce ogni settimana per
un approfondimento personale, si
impegna in una partecipazione alliva
ai momenti di preghiera comunitaria
(messa, rosario, novene) sia nel Cen-
tro che nelle cappelle dei vari rioni. Va
nelle case a fare il "catechismo fami-
liare" che coinvolge nel dialogo insie-
me con i figli anche i genitori.
Le Cooperatrici del souogruppo
Servizio litul'gico si impegnano a te-
nere sempre bella e accogliente la
chiesa, ornandola di fiori, distribuen-
do ai fedeli i lesti con cui seguire le
funzioni, aiutando il sacerdote nelle
aLioni liturgiche.
Altro raggruppamento prende a
cuore laDel'o;:ione niaricma. Organiz-
za la novena a Maria Ausiliatrice dal
giorno 15 al 24 di ogni mese, e con
maggiore solennità nei mesi mariani
di maggio e ollobrc (non scmrre
quelli che vorrebbero possono parLe-
ciparc alle funzioni in chiesa, ma dc-
Il carro allegorlco della Famlglla Salesiana, reallz:zato dal Cooperatori, sllla per le vie di Vlçtorlaa.
Nella pagina preceden1e: gll lnsegnan11 delle sçuole salesiane, In buona parte çoop&ratorl.
in un ciclostilato, che fissa mese per
mese le attività di ciat>cun gruppo.
Ognuno sa quel che fanno gli altri e
quel che de,•e fare lui, mcn1rc il ciclo-
stilato ~i chiude con la domanda ri-
volta a tutti:« L 'ho ra11a la mia parte?»
Ecco dunque in che cosa s'impe-
*gnano i Cooperatori.
Gruppo Opere di misericordiu
corporale: è quello del dottor Cortes,
che vi:.ita i quanieri poveri e distri-
buisce diagnosi, consigli e medicine.
Oltre a ciò, un sottogruppo denomi-
nato Educa.:.ione stmiwria organizza
per la gente lezioni di igiene - una
veniina ali'anno - consigliando come
migliorare le condizioni dei bambini
bitamcnte informati si uniscono in
spirito ovunque si tro,~no). Le Coo-
peratrici diffondono poi pubblicazio-
ni di contenuto religioso, immaginet-
te, medaglie. Col risultato che l'affetto
alla Mamma del Signore cresce tra la
gente; e non rc.!>ta senza risultali con-
creti: !"impegno è di tradurre l'imita-
zione di Maria in più amore e più ar-
*monia nelle proprie famiglie.
Il Gruppo del/ 'Orarorio impegna
sopratlullo, anche se non esclusi\\•a-
mente, i Giovani CooperaLOri. ~ i la-
vorano mqualiro seuori complemen-
tari: sportivo (gare tra ragazLi, escur-
sioni); culturale (tra l'altro le ripeti-
.doni scolastiche), spirituale (l'ora del
catechismo), e vocazionale (due gio-
vani hanno maturato la scelta della
vita religiosa, altre tre ragazze vi si
stanno orientando).
L'auività oratoriana vede impegna-
ti i Cooperatori nei giorni festi vi, e so-
prallullo nelle vacanze scolastiche; e
risulta una palestra in cui i Gio,·ani
Cooperatori imparano a diventare
buoni animatori, e a portare i ragazzi
*a Cristo.
Altro gruppo favorisce gli In-
contri di discussione. Un primo tipo di
incontri r-iguarda i giovani (Forum
Giovani), per sensibilizzarli ai proble-
mi atluali e ar·ricchire la loro cultura.
Singolare l'altro tipo di incontri detto
"Forum Genitori e figli": scelto un te-
ma di carattere familiare, prima lo si
dibatte separatamente con ciascuna
delle due categorie, e poi si convocano
insieme le parti. Questo scambio di
pareri [a\\'Orisce un rapporto più ar-
monioso tra genitori e figli, riduce i
contrasti fra le generazioni, e rafforza
*l'unità familiare.
li Gr11ppo dei Mass media è nu-
meroso e articolato. Si propone l'uti-
lizzazione della comunicazione socia-
le per l'e\\'angclizzazione, e persegue
questo risultato in varie forme. Alcuni
Cooperatori si specializzano nell'arte
di comunicare, si impegnano a redi-
gere ar1icoli di contenuto religioso,
preparano un notiziario che viene in-
serito come supplemento nel "Bollet-
tino Salesiano" filippino e distribuito
nella zona. Altri con l'aiuto di diapo-
sitive costruiscono proie1ioni lumino-
se su svariati argomenti di allualirà
(come la preparazione al matrimonio,
l'igiene, la droga), e tengono confe-
renze. Altri preparano e diffondono
ciclostilati e posters. Un gruppo di
Giovani CooperalOri da quest'anno
tenta la via del palcoscenico, e realiz-
zerà spettacoli familiari con mario-
nette, commedie, sketch, e anche rap-
*presentazioni di contenuto religioso.
li Gruppo dell'Oriemamenw pm-
fessionale lavora a informare i ragaz7i
che continueranno gli studi sulla scel-
ta delle professioni adauc alle loro
qualità e caratteristiche, e organizza
incontri in cui sono presentali i profili
delle varie professioni: infermiere, in-
*segnante, chimico...
Altra iniziativa curata dai Coo-
peratori sono gli Esercd ~p,rituali: in
quelle giornate matura la generosità e
il desiderio dell'impegno in molti che
accettano di collaborare con Don Bo-
sco. Gli Eserci7i spirituali sono ben
accolti dai Cooperatori adulti che già
ne cono&cono l'utilità; ma sono offerti
in modo speciale a chi è sulla soglia di
un e\\entuale impegno e ha bisognodi
riOessione: in particolare i Giovani
Cooperatori, gli allievi e le allieve degli
ultimi corsi, a cui si l'a ci,plicita pre-
8

1.8 Page 8

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sentazione del movimento in vista
* della loro adesione.
Il Gnippo per la raccolta dei fondi
viene messo per ultimo ma non è certo
il meno importante. Molte attività de-
gli allri gruppi, e per qualcµno la loro
stessa esistenza, sono condizionate
dal suo funzfonamento. Perché, come
dice la tesoriera del Centro Coopera-
tori, « li denaro è il principio di ogni
male. Ma senza denaro le ruote non
girano».
Questo gruppo si è assunto tra l'al-
tro il finanziamento di buona parte
degli Esercizi spirituali, e l'onere di
due borse di studio a favore di un no-
vizio salesiano e una novizia de)]e
FMA, ogni anno. E raggranella i soldi
con una girandola di iniziative: teatri,
concerti, lotterie, banchi di benefi-
cenza... « Il nostro principio - precisa
la tesoriera - è che chi ha di più dà di
più, chi ha poco dà poco, e chi ha
niente dà niente. Ma bisogna educare
la gente a sostenere gli impegni sociali
ICaro BS...
PAOLO CACCIAVITE,
LE SCUOLE E GLI ORATORI
La signora Angiola Broccati Stradella di
Torino, exallieva delle FMA e nonna di Eli-
sabetta e Paolo detto Cacciavite. ogni
tanto scrive al BS come se anche lui fosse
un nipotino. Questa volta il suo argomento
è la scuola.
...Elisabetta ha terminato la prima in
modo stupefacente, sl che le suore non
devono certo dispiacersi di averla accet-
tata con un anno in anticipo. Il problema è
per Paolo Cacciavite (lo chiamano così
perché è sempre pronto a smontare tutto,
compreso Il telefono, In un amen). Appena
compiuti i tre anni le suore lo hanno ac-
cettato all"asilo e il primo giorno, alla
mamma che andò a prenderlo, disse tran-
quillamente: • Mamma, val pure a casa, lo
sto bene qui•. Ma cosa ne faremo dopo·
l'asilo, del piccolo Paolo? Le suore sale-
siane qui non hanno nemmeno le elemen-
tari per Imaschietti. Va bene che siamo in
tempo di femminismo, ma proprio dare un
calcio ai maschi...
Certo qui entra in campo la nonna che
vuole difendere il nipotino, ma non è solo
un interesse privato a spingermi sulla bar-
ricata. Guarda cosa capita. lo vivo in un
"interno" del corso Vittorio, una stradina
che è chiusa da una piazzetta. Qui senza
pericolo, con gli occhi delle mamme alle
finestre, i ragazzini si scatenano. Ml co-
noscono tutti, arrivano a suonarmi ii cam-
panello perché scenda a giocare con loro.
Mi infilarono perfino le rose sulla porta di
casa, Il giorno della festa della mamma...
lo confondo sempre i nomi dei ragazzi, e
loro si divertono da matti. Insomma. è un
piccolo oratorio fuori linea.
In questa spontanea comunione che ha
fatto dell'interno un villaggio, sono venuti
fuori episodi sconcertanti. Nella scuola
pubblica del rione c'è un maestro (ma non
è il solo, anche se oggetto di particolare
indignazione) il quale si esprime così
(omissis), e se un bambino sente che gli
I
scappa la pipl: «Fattela addosso... » . Infatti
più di una volta se la sono fatta addosso, e
non solo la pipì. Le mamme fecero un
esposto a quella burla che - al momento
- sono i consigli di classe, e sembra che
le forme espressive si siano attenuate. Ma
il fatto resta.
Ora è giusto infilare I nostri bimbi, che
cerchiamo di crescere puliti, In simili leta-
mai? E' giusto che in nome della libertà si
sconfini nella licenza e nel puzzo? lo non
sono contro la scuola di Stato (l'ho tre-
quentata anch'io, quella di allora era una
vera scuola, durissima, e capace di darci
istruzione ferrea), ma sono contro una
certa scuola...
Nonna Angiola conclude: « Bisogna
muoversi•· Auspica «delle oasi serene,
dove i bambini possano crescere nell'In-
nocenza e nella gioia: polso fermo con
mano vellutata di amore, con menti aperte
e comprensive». E aggiunge una propo-
sta: «Perché le brave suorine di qui non
fanno delle elementari miste?»
Le suore ora sono avvertite. Ma perché
nonna Angiola chiama quel cortiletto un
oratorio "fuori linea''? C'è un'exallieva
che lo dirige in stile salesiano. e quindi è
perfettamente in linea.
Anzi, giacché siamo in clima di propo-
ste: perché le exa/lieve nonne non diven-
tano tutte direttrici degli oratori dei corti-
/etti?
MAMMINA 0115 ANNI
Caro BS, ho visto la tua copertina di di-
cembre scorso ("Natale a Carchà''), mol-
to bella; ma perché andar a precisare che
si tratta di una "mammina India di 15 an-
ni"? Quel particolare dell'età mi è sem-
brato inopportuno. A.S. - Bari
Caro amico, gli studiosi della Sacra
Scrittura ci dicono che anche la Madonna,
quando donò a/l'umanità Il Salvatore del
mondo, probabilmente era sui quindici
anni. E il Signore non lo ritiene inopportu-
no.
La bella chiesa parrocchiale di V lctorlas.
comuni, ad aprirsi così alla carità cri-
stiana».
Cristo è entrato nel c uore. E' anche
merito di questa solida partecipazione
della base alla vita della comunità
cristiana, se 1a zona in cui operano i
figli di Don Bosco è stata costituita
nell'ottobre scorso in nuova parroc-
chia (la nona che i salesiani hanno
nelle Filippine).
E è senza dubbio una parrocchia
impegnativa: raccoglie 30.000 fedeli,
di cui 17.000 gravitanti attorno aJla
raffineria Vicmico (che in 60 anni di
vita è diventata una delle più grandi
del mondo), e gli altri sparsi per la
campagna in 37 grandi aziende agri-
cole. La chiesa parrocchiale - dedi-
cata a san Giuseppe Lavoratore - è
quanto di più bello si possa immagi-
nare: un edificio moderno, di allo va-
lore artistico, che « rappresenta una
rottura con il passato e un'innovazio-
ne dell'arte filippina» (i fotografi ven-
gono da lontano, i giornali dedicano ai
suoi mosaici pagine piene di colore).
Lo stile di Lavoro parrocchiale è quello
salesiano, che passa al-traverso i gio-
vani per raggiungere gli adulti: i 7000
ragazzi delle scuole pubbliche sono
raggiunti Lutti da sacerdoti e catechi-
sti per la scuola di religione.
Fra le associazioni pa1Tocchia]i più
valide c'è senza dubbio quella dei
Cooperatori salesiani Cooperatori
che cooperano davvero, e di cui Don
Bosco sarebbe entusiasta. Don Mario
Cogliandro, responsabile a livello
mondiale del loro movimento, dopo
aver visitato il Centro di Victorias e
partecipato all'ultima assemblea an-
nuale dei Cooperatori ba riferito:
«L'impressione cbe ho ricevuto è sta-
ta di un'isola dove Cristo è entrato nel
cuore e nella coscienza degli abitanti,
spingendoli a impegni globali che so-
no tanto lontani dalla nostra menta-
lità occidentale quanto sono vicini al
Vangelo».
Da una relaz ione di
don Mario Cogliandro
9

1.9 Page 9

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VENEZUELA* ORA LE ORATORIANE AD ALTAMIRA SONO 1200
Caracas: Il bel tempio a Don Bosco.
Cominciarono
con un'oratoriana
L a prima cosa che fecero le Figlie di
Maria AusiliaLricc, appena giunte
nel 1953 ad Altarnirn, fu di aprire l'o-
ralorio. E la ·•cronaca della casa·· re-
gistrò il numero di oratoriane che Ir e-
q uentarono alla prima domenica:
ùna. ln compenso ora le oratoriane
sono 1200. Bambine. ma sopraltutlo
giovani e anche adulte; e frequentano
per giocare (sono numerosi i gruppi
sportivi), ma molle per imparare.
Cuore dell'oratorio è in falli il "Cen-
tro di cultura popolare", con una
scuola elernenlare per adulti (perché
non è mai troppo tardi), e con un'infi-
nità di altri corsi di abiliLazione:
pronto soccorso, taglio e cucito, iica-
mo e tessitma, pasticceria e culinaria,
l'loristeria, dattilografia, ortografia e
composizione, lingua inglese, musica.
La domenica, per mandare avanti
tulle queste opere, ci vuole il concorso
di tutti. Inlaui !>i impegnano le suore,
le loro novi1ie, le giovani aspiranti, e
anche il personale al lavoro nella
scuola durante la settimana. Più i ~a-
lc.!>iani per l'assistenza spidtualc. Ln-
somma, proprio llltti.
Le oratoriane provengono dalla LO-
na di AJtamira (un grosso cc11Lro nel-
l'area della capitale Caracas), ma
molte dai barrios vicini o anche lon-
tani. Sono ragazze per lo più con
scarsi mezzi economici, ma decise a
migliorare e a farsi strada. L'oratorio
ogn.i domenica si apre al mattino
molto per tempo, perché parecchie
ragazze vogliono sfrut1arc le ore più
tranquille per fare i complll, e~erci-
Larsi nei laboratori. pestare i tasti delle
macchine da iscrivere. li momento di
massima auività si ba nell'immediato
pomeriggio, fra le 13 e le 16, con i corsi
regolari. Poi si sospende per una
mezz'ora di istruzione religiosa, se-
guita dalla messa festiva e tla uno
spuntino di merenda. Poi di nuovo i
corsi, fino alle 19. E poi il caloroso
anivcderci a clomcnica prossima.
Nell'oratorio cli AJtamira si respira
un bel clima di famiglia. Le foste sono
veramente motivo cli festa: il 31 gen-
naio si celebra la fe.:,ta di Don Bosco e
dell'Oratoiiana, il 24 maggio la festa
dell'Ausiliau·ice e del Ringraziamento.
E ogni tanto, a gruppi, viene offerta
alle oratoriane una giornata di ri tiro
Tra un'ora e l'altra di lezlone, una boc~ta d'aria all'aperto e quattro chiacchiere tra amiche.
10
Allabetiuazlone: non è mal troppo tardi.

1.10 Page 10

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Alla scuola più rumorosa si impa1a a suonare le allegre chitarre.
Palloncini e gioia nella festa di Don Bosco.
spirituale. Queste attività di carattere
religioso trovano buona accoglienza:
moltissime ragazze desiderano un
chiaro orientamento per la loro vita.
I figli di Don Bosco da quasi tren-
t'anni sono al lavoro nel quartiere, e
ne accompagnano lo sviluppo ve11igi-
noso. Il Venezuela è oggi un paese di
forti contras ti, che registra la presenza
di indios allo stato di natura nelle sel-
ve, l'assalto dei contadini alle periferie
gonfie di proletariato, i centri urbani
con grattacieli e opulenza nordameri-
cana, e un sottosuolo turgido di pe-
trolio e di promesse. La presenza sa-
lesiana ad Altamira ha un chiaro si-
gnificato di e\\'angelizzazione e pro-
mozione umana, a sostegno delle spe-
ram;c della gioventù.
Scuola di sartoria, e (sotto) un momento dell'Istruzione religiosa per una formazione completa.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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L'EXALLIEVO GIORNALISTA CHE VEDEVA NELLO SPORT UNA SCUOLA PER I GIOVANI
L a tifoseria italiana dai quaran-
t'anni in su, soprattutto in Pie-
monte ma anche nel resto d'Italia,
certo lo ricorda ancora: si chiamava
Carlo Bergoglio ma per lutti era fami-
liarmente Carlin. Così si era firmato in
calce a migliaia di articoli sportivi, e
sollo le caricature dei campioni e
campioncini che aveva disegnato an-
ch'essi a migliaia.
Periodicamente le "vecchie glorie"
dello sport italiano celebrano il loro
"Convegno nazionale Veterani Azzur-
ri" , e l'anno scorso hanno voluto ri-
cordare proprio Carlin nel ventesimo
della morte, e proprio a Cuorgnè sua
patria del cuore, e proprio nel collegio
dove aveva imparato a scrivere e a
disegnare: l'istituto salesiano Mor-
gando.
l ricordi del Carlin in calzoncini
corti, scolaro ben dotaLO e scanzona-
to, sono ormai sbiaditi (cominciò a
frequentare nel lontano 1904); ma un
ricordo è riaffiorato come punto di ri-
ferimento sicuro: «Aveva soltanto un
misero sei in disegno, e non già perché
disegnasse male (anzi!), ma perché
disegnava con caricature grottesche
insegnanti e compagni". Ohibò, la
scuola allora era una cosa seria...
La sua vicenda umana è stata breve
e densa, la sua carriera giornalistica
splendida ed esemplare, il suo magi-
stero ai giovani - attraverso gli arti-
coli di giornale - per tanti versi bene
in armonia con lo spirito di Don Bo-
sco.
Non sono stato un eroe. Carlin era
nato a Torino nel 1895, proprio il pri-
mo aprile, e forse scelse quel giorno
per allegria. Ma a sene anni era rima-
sto orfano ed era stato accolto a
Cuorgnè da uno zio marmista. Di lui
ha scritto: «A volte si appoggiava sulla
porta della bottega fumando silenzio-
samente: attendeva che gli altri mo-
rissero per poter vivere». Lui stesso
nell'adolescenza scolp1 le lapidi mor-
tuazie con le loro pietose bugie: «Tutti
gli uomini erano per lo meno integer-
rimi, lavoratori probi, mariti modello,
padri amorosi; tutte le donne erano
spose e madri intemerate, tutti i pa-
renti dolenti posero, inconsolabili».
Cuorgnè divenne la sua nuova pa-
tria, e la scuola salesianala sua scuola.
Temperamento artistico, come spesso
succede dovetle diplomarsi in ragio-
neria, e praLicare quel mestiere per
qualche tempo. Ma a 18 anni vedeva
pubblicata la sua prima caricaturasul
Guerin Sportivo. Poi si fece al fronle
tutta la prima Guerra Mondiale, fu sul
Grappa ufficiale dì fanteria, e assi-
curò: «Sono un eroe nel dire che non
sono stato un eroe». Nel 1918 imboccò
la carriera di giornalista sportivo, e
Al grande Carlin
solo "6" in disegno
Carlo Bergoglio - exalllevo di Courgnè, caricaturista Impenitente,
pittore più che dilettante e Impareggiabile giornalista sportivo - è
stato ricordato l'anno scorso nel «Convegno dei Veterani Azzurri ». Da
ragazzo in disegno meritava più del voto minimo che gli dettero i suoi
educatori, ma forse quella severità è stata provvidenziale e qui si
cerca di spiegare il perché.
essa diventerà la sua ragione di vita:
l'ultimo a1-ticolo lo scrisse la vigilia
della morte (avvenuta il 25 aprile 1959,
a 64 anni).
Nel 1945 Renato Casalbore fondava
" Tuttosport", e Carlin era al suo fian-
co come condirettore; quattro anni
più tardi Casalbore periva con la
squadra del Torino nel tragico rogo di
Superga, e su Carlin cadeva la re-
sponsabilità del giornale. Furono gli
anni della maturità e della saggezza.
Ma appena libero, Carlin piantava
tutto e correva a rifugiarsi nella sua
Cuorgnè e nella pittura.
lo amo le bestie. Al Convegno dei
Veterani AzzwTi l'anno scorso hanno
preso parte diversi giornalisti sportivi
- Ormezzano, Brera, Giglio Panza,
Raschi - molti ci-esciuti alla sua
scuola, che lo considerano un mae-
stro. Le loro testimonfanze, apparse
l'indomani sui giornali, sono eloquen-
ti. Hanno ricordato quel suo sorriso
arguto, quei suoi occhi tondi come
spalancati sul mondo: era uno spirito
libero e curioso». •Carallere burbero
e tenace», «il grande scontento».
«Aveva una grande carica umana, e
riusciva con estrema facilità a infon-
derla nel prossimo, nei giovani».
Hanno ricordato la sua capacità di
amicizia: sposato, « non aveva figli, e
adouava giornalisti, campioni, amici».
L'esu-ema franchezza: « La sua onestà
spaventosa lo portava a dire tutto,
magari attraverso polemiche infuoca-
te. Diceva: non morirò mai di gozzo».
La sua morale intransigente: «Censo-
re violento di se slesso, era quindi le-
gittimato per onestà e morale a essere
anche il censore dei fatti altrui». Quel
suo sarcasmo indulgente, quando di-
ceva: «Io amo le bestie. Quando vedo
uno che picchia una bestia, vorrei
picchiare lui; ma poi penso che anche
lui è una bestia... ».
Hanno ricordato l'uomo di cultw·a.
«Col diploma in ragioneria si fermò il
suo contatto ufficiale con il mondo
dell'istruiione», ma come autodidatta
studiò sempre, e nei settori ·più im-
prevedibili. Era appassionato di Wa-
gner, profondo conoscitore di Seneca.
«Riempiva i suoi articoli di citazioni
per nulla pedanti, sempre fantasiose e
appropria te»
« Un giorno - ha raccontato l'exal-
lievo Gino Pecchenino suo amico -
mentre passeggiavamo per Cuorgnè
fummo sorpassati da un carro carico
di fieno: Carlin ne prese una manciata
e poi, separate le diverse specie di er-
be, cominciò a elencarne le caratteri-
stiche. Conosceva la botanka in ma-
niera incredibile». Come del resto la
musica, la pittura, l'architettura.
Un libro: Tuttocarlin. Nel convegno
di Cuorgnè è stato presentato un
grosso volume uscito a cura dell'exal-
lievo Pecchenino e giustamente inti-
tolato "Tuttocarlin", che raccoglie
un'antologia dei suoi scritti, delle sue
pitture e caricature. E' stato un sue-
--
12

2.2 Page 12

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cesso: Gino Bartali, che ne aveva
avuto una copia, ne ha voluto dodici, e
cosi tanti altri (non ostante il prezzo di
lire 35.000 la copia), al punto che si è
dovuto fare in fretta la seconda edi-
zione. E è un ritratto completo di
Carlin.
Eccolo pittore, qualcosa di più che
un semplice dilettante: « Scopriva il
mondo sempre pieno di nuovi colori;
operò in sordina, pago della propria
soddisfazione». Ma le sue tele sono
state vendute w1 milione l'una. Tele
che raccontano il suo bel Canavese, le
stradine di campagna, le mucche al
pascolo, la processione in paese... Un
giorno mostrando a un collega gior-
nalista una sua "Crocifissione" con-
fidò: «Vorrei diventare pittore di
chiese di alta montagna».
Eccolo caricaturista. Faceva guiz-
zare la matita in tratti essenziali. Una
matita spesso implacabile nel denun-
ciare j difetti; ma il più delle volte il
suo tratto era gentile, giungeva a co-
gliere la sofferenza, a far sorridere, a
intenerire. Quella matita ha fissato in
bozzetti memorabili i grandi avveni-
menti di quasi mezzo secolo di sport.
E è stato lui a inventare la "fauna
sportiva"; ha dato a ogni squadra di
calcio sembianze animalesche, anco-
ra oggi accettate: la Juventus è diven-
tata una zebra, l'lmer un biscione. il
Milan un diavolo, il Genoa un grifone,
il Napoli un ciuccio...
Vincersi per vincere. I giudizi su
Carlin giorrwlisla si sprecano. «Au-
tentico talento naturale; personaggio
unico nella storia del giornalismo ita-
liano; scrittore e umanista; il più ele-
gante scrittore italiano di cose sporti-
ve; piaceva ai ragazzi e ai professori di
università... ».
Era tifoso (bartaliano e juventino),
però in lui il tifo non era un limite ma
solo una fonte in più di ispirazione e di
dialogo; difatti riusciva gradito anche
allo schieramento opposto. 1 lettori
attendevano con ansia il Tuuosport
del mcrcoledl, cioè !'«edizione di Car-
lin», in cui egH riempiva da solo con
scritti e disegni tutta la prima pagina e
parte della seconda. li suo era un pia-
cevole conversare, sostenuto da molta
argu7.ia e da un alto senso morale.
«Riusciva a fare c)pinionc».
Piaceva soprattutto « il Cariin i1·ato
dei grandi articoli di costume». «Ave-
va elaborato una propria morale civile
e umana, in cu.i i concetti di libertà, di
indipendenza, di dignità sono colonne
del vivere quotidiano». E' ricordato il
suo articolo "Oli.raggio al sudore", in
cui si scagliava contro gli atleti sem-
pre meno propensi a faticare: «Il su-
do1·e è considerato ormai una vergo-
gna, una miseria. Nessuno vuole più
Disegni e caricature dell' exalllevo Carlo Bergogllo, detto Carlln. Da sinistra: Il radiocronista Nicolò
Caroslo (anch'egli exalllevo salesiano); Coppi nel Giro d'Italia prende Il volo; Il Toro si cuclsce lo
scudetto sulla maglietta. Accanto al Utolo: autoritratto di Carlln.
sudare, l'importante è non sudare... E'
per questo che si n 1bano sempre me-
no biciclette...». E concludeva soste-
nendo che nello sport «quasi tutti i
mali vengono perché non si suda ab-
bastanza». Questo tenace censore, un
anno che la sua Juve stava compro-
mettendo la conquista dello scudetto
per la dolce vita di alcuni giocatori,
uscì con un articolo di fuoco dal titolo
perentorio: "O scudetto, o rossetto".
La sua moralità intransigente lo
portava non meno a esaltare gli
aspetti positivi dello sport. Nel 1938,
quando Bartali vinse il Tour, fece am-
pi elogi della sua vita esemplare, e ag-
giunse: «Oltre a Gino Bartali è bene
che si sappia che vi sono tra gli atleti
molti altri giovani timorati di Dio, che
non mangiano carne al venerei} e non
vogliono udire certe parole volgari. E'
bene che le persone che apprezzano il
valore morale dei sacrifici per vincere
se stessi conoscano e apprezzino que-
sti giovani, che tanto fat icano per su-
perare in se stessi la bestia. Non sol-
tanto chi dorme non pecca, ma anche
chi lavora intensamente, chi va mar-
toriandosi per un ideale sano, quello
di vincersi per vincere».
Quel misero'' sei ". Un salesiano che
conobbe Carlin e che soprattutto leg-
geva i suoi arùcoli, don Prospero Fer-
rero, ha scritto nel volume comme-
morativo: «A me era sempre sembra-
to che Carlin considerasse lo sport
come un mezzo molto prezioso per ri-
sanare la nostra gioventù e portarla
verso Dio. In questo lo vedo molto
d'accordo con Don Bosco, dal quale
mi pare abbia appreso tante cose negli
anni della sua prima giovinezza,
quando frequentava l'Istituto salesia-
no della sua Cuorgnè».
Al "Convegno nazionale Veterani
Azzurri", l'anno scorso, c'erano dav-
vero - oltre ai giornalisti sportivi ri-
cordaù - molte vecchie glorie: cal-
ciatori come Olivieri, Rava, Balonceri,
Depelrini, Rossetù: ciclisti: Valletti,
Martano, Messina, Balmamion: lo
schermitore Mangiarotti, il tennista
De Stefani .. Tuui seoravano entusia-
di essere stati oggetto delle sue ca-
ricature. Tutti erano nell'Istituto sa-
lesiano dove Carlin da ragazzo aveva
irrobustito l'ortografia e fatto le prime
caricature galeotte.
Forse anche gli antichi professori
dal fiero cipiglio, se avessero potuto
parlare, si sarebbero detti contenti di
essere stai.i messi in caricatura. Ma
allora dovettero mostrarsi severi mo-
ralisti e infierire contro di lui con quel
misero sei in disegno. Altrimenti, for-
se, avremmo avuto un altro Carlin.
Sempre caricaturista beffardo e pe-
pato, ma non il maestro di dir ittura
morale, né un educatore dei giovani.
Ferruccio Vogllno
13

2.3 Page 13

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NEL 50° DEL MARTIRIO IN CINA
DI
I buoni
pastori
danno
la vita
1125 febbraio 1930 il vescovo missionario
mons. Luigi Versiglla e il
giovane sacerdote don Callisto Caravario
trovavano la morte in Cina nel tentativo
di proteggere tre alunne della scuola
cattolica di Shiu Chow: venivano
fucilati sulle sponde del fiume di
Lin Chow da un drappello di pirati
bolscevichi e di soldati dell'Armata
Rossa. E la Chiesa nel 1976 Il ha
dichiarati martiri. Ricordarli a
cinquant'anni dal
loro generoso sacrificio è un
grato dovere per la Famiglia Salesiana.
Mons. Verslglla Ira I bambini della comunità di Shiu Chow.
Il quadro, opera di un pittore cattolico cinese, presenla
sullo sfondo la " Casa del missionario" costruita da mons.
Verslglla, e le montagne dove pirati e soldatesche si rifu-
giavano per preparare le scorrerle nella pianura.
1. Due missionari
verso il martirio e oltre
* 23 giugno 1887. L'indomani è
l'onomastico di Don Bosco (l'ultimo
festeggiato in terra), e a sera tutti i
ragazzi dell'Oratorio si raccolgono in
teatro per fare gli auguri. Si sono pre-
paratj bene: ciascuno a scuola ha
composto un discorsetto d'occasione,
mettendoci quel che sentiva in cuore
per Don Bosco; poi i componimenti
giudicati migliori, uno per classe,
vengono letti davanti a Don Bosco.
Luigi Versiglia, 14 anni, seconda gin-
nasiale, è il prescelto della sua classe:
venuto il suo turno legge a voce alta e
chiara, poi correda Don Bosco, che ha
per ogni ragazzo un grazje, un buffet-
to e una parola ali'orecchio. «Vienj poi
a trovarmi - dice Don Bosco a Luigi-
no - . Ho una cosa da dirti».
Luigino ricordò bene quell'invito,
ma non ebbe modo di andare da lui. E
oer tutta la vita si domanderà: «Che
*cosa voleva dirmi Don Bosco?»
Lin Chow (Cina), 25 febbraio
1930. «l pirati allora - raccontò più
lardi la maestra Maria Thong della
missione cattolica - ci fecero tornare
indietro finché giungemmo a una pic-
cola pagoda, davanti alla -quale ci se-
demmo. Non molto tempo dopo,
udimmo rintronare nell'aria cinque
colpi di fucile. A queste detonazioni ci
gettammo in ginocchio a terra...
«Circa dieci minuti dopo i due pirati
incaricati dell'esecuzione tornarono, e
confermarono di essere stati loro a
sparare i cinque colpi. Dissero che
prima avevano colpito uno ed era ca-
duto senza che l'altro l'avesse guar-
dato; poi avevano uccisoil secondo. Il
primo a cadere fu certamente rnons.
Versiglia, poi don Caravario.
« Per consiglio di uno dei pirati i due
esecutori tornarono a vedere se i mis-
sionari erano veramente morti. Men-
tre si avviavano, uno dei compagni
disse loro: «Date un dollaro a qualcu-
no del paese, perché venga a seppel-
lirli». Probabilmente fu durante que-
sto ritorno che essi tolsero a monsi-
gnore l'anello e la croce pettorale.
« Sono cose inspiegabili! - com-
mentavano i pirati rimasti davanti alla
pagoda -. Noi abbiamo visto tanta
gente morire, e tutti temono la morte.
Questi invece sono l'opposto. Sono
morti contenti». Questo il racconto
della maestra Maria Thong, della
*missione cattolica di Shiu Chow.
Shiu Chow (Cina), 29 novembre
1951. Per oggi è fissato il processo al
vescovo cattolico Michele Arduino,
successore di mons. Vcrsiglia. Era
stato consacrato appena Lre anni pri-
ma, e subito si era tuffato nel lavoro
con l'entusiasmo dei suoi 40 ann i. La
cristianità gli ha risposto in modo
meraviglioso; ma già l'anno dopo Mao
Tse-tung aveva assunto il potere in
Cina. Ancora un anno di sostanziale
libertà d'azione, durante il quale il ri-
sveglio tra i cristiani si è accentuato, i
non cristiani hanno aderito come mai
14

2.4 Page 14

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lt10NS. VERSIGLIA E DON CARAVARIO
prima alla Chiesa, i battesimi sono
aumentati in maniera confortante. Poi
le prime difficoltà: sacerdoti arrestali,
improvvise perquisizioni notturne.
Nel marzo 1951 mons. Arduino e altri
salesiani si trovano isolali, ridotti a
domicilio coatto nell'episcopio. Otto
mesi dopo, il processo.
Ma è un processo-farsa; mons. Ar-
duino in realtà viene condannato:
primo, perché straniero; secondo,
perché ha sollecitato i suoi sacerdoti a
non aderire a un movimento scissio-
nista (la "Chiesa naziònale'') che vor-
rebbe staccare i cristiarli da Roma.
Invece, nel processo-farsa recitato
davanti alla popolazione le accuse
addotte sono di tutt'altro genere:
« Sono stato accusato - racconterà il
vescovo durante il suo esilio- di aver
ucciso circa 400 bambini di un orfa-
notrofio diretto dalle FMA. E anche le
suore sono stai.e imprigionate, come
esecutrici del mio supposto ordine... ».
2 dicembre 1951. Scortato da otto
guardie, mons. Arduino è condotto sul
ponte di Lo Wu che immette in Hong
Kong. «Tu sei espulso dalla Cina per
l'eternità - gli mtìrna il capo delle
guardie -. Va' e non tornare mai
più».
Qualche giorno dopo un sacerdote
salesiano cinese, don Pietro Yé, in una
riunione del clero di Shanghai dichia-
ra: « Non possiamo aderirealla Chiesa
Nazionale. Firmando, siamo già chie-
sa scismatica». Nella notte viene pre-
levato, e morirà in carcere.
*li martirio continua.
Anno 1976. Da tempo ormai 1
missionari salesiani in Cina sono stati
espulsi, ma ben pochi sono rientrali in
patria: i più sono rimasti a lavorare in
Oriente. Alcuni nei tenitori cinesi
fuori del conh·ollo comunista: Hong
Kong, Macau, Taiwan. Altri hanno
rafforzato la presenza salesiana in
paesi relativamente vicini: Tha.ilan-
dia, Giappone, Vietnam, Australia. Al-
tri hanno introdotto l'opera salesiana
in nuovi paesi: Filippine, isola di Ti-
mor, Korea del Sud. Le Filippine
hanno fruttato con generosità voca-
zioni missionarie, si preparano a por-
tare soccorsi nelle missioni salesiane
di Thai.landia, Etiopia, e a iniziare
l'attività negli arcipelaghi del Pacifico.
Quest'espansione missionaria per i
salesiani è l'irnp1·evedibile Frutto del
loro ''fallimento in Cina".
Nel novembre 1976, la decisione del
Papa. E' trascorso quasi mezzo secolo
da quell'immolazione, i fatLi sono
chiariti, Palo VI con decreto ufficiale
dichiara che mons. Versiglia e don
Caravario sono martiri, e martiri sa-
ranno d 'ora innanzi considerali dalla
Chiesa. Il loro sangue è dunque risul-
talo prezioso. Quel "sangue di marti-
ri" che - come sosteneva Tertulliano
già 17 secoli fa- seme di cristiani". t>
DATE EDATI
DI QUESTA VICENDA
1873. Luigi Versiglla nasce il 5 giugno
a Oliva Gessi (Pavia), da Luigi e Maria
Giorgi.
1885. Il piccolo Luigi il 16 settembre è
a Torino Valdocco per gli studi. Per due
anni e mezzo vive con Don Bosco.
1888. L'anno in cui Don Bosco muo-
re, Luigi entra in noviziato. Poi frequenta
a Roma l"università Gregoriana e si lau-
rea in filosofia.
1895. Il 21 dicembre è sacerdote. Poi
per nove anni è direttore e maestro del
novizi a Genzano (Roma).
1900. In Cina la "rivolta dei Boxer"
contro i "diavoli stranieri"; l'esplosione
di odio xenofobo porta al massacro di
numerosi cristiani.
1903. Callisto Caravarlo nasce 1'8
giugno a Cuorgnè (Torlno2, da Pietro e
Rosa Morgando.
1905. Si torma in Cina il "movimento
nazionalista" che sette anni più tardi
prenderà nome di Kuomintang e avrà il
principale esponente In Chang Kai-shek.
1906. Don V_ersiglia guida la prima
spedizione missionaria in Cina (partenza
dall'Italia Il 19 gennaio). La missione co-
mincia a Macau. con un modesto orfa-
notrofio.
1912. In Cina, a causa della "rivolu-
zione dei giovani c inesi", l'ultimo impe-
li luogo ove furono ritrovale le salme del d ue martiri, mons. Verslglla e don Caravarlo.
ratore Pu-Yi della dinastia Manciù abdi-
ca: fine del Celeste Impero, inizio della
repubblica cinese.
1913. A Torino, dove la famiglia si è
trasferita da alcuni anni, Callisto fre-
quenta l'Oratorio salesiano. Poi sarà
alunno interno presso il San Giovannino.
1917. In Cina viene offerto all'azione
missionaria salesiana un vasto territorio
nel Kwangtung.
1918. Callisto entra nel noviziato;
l'anno dopo è salesiano. .
1920. Il territorio missionario affidato
ai salesiani è elevato a "Vicariato apo-
stolico di Shiu Chow". Don Versiglia è il
primo vicario, è consacrato vescovo il
9.1.1921.
1921. A Shanghai nasce il Partito Co-
munista cinese (tra i fondatori, Mao
Tse-tung).
1922. Mons. Versiglia in Italia: il chie-
rico Caravario si offre come missionario
in Cina.
1923. Il partito comunista e il Kuo-
mintang iniziano una forzata collabora-
zione, che conoscerà momenti di guerra
aperta e di rappacificazione, fino alla
rottura definitiva e alla sconfitta di
Chang Kai-shek.
1924. Il chierico Callisto parte per la
Cina. Lavora a Hong Kong, e Shanghai.
1927. Mentre Chang Kai-shek rompe
con i comunisti e assume le red ini del
paese, Il chierico Caravario è trasferito
nell'isola di Timor.
1929. 11 chierico Callisto torna in Cina:
è mandato a Shiu Chow, dove mons.
Versiglla lo ordina sacerdote.
1930. Il 25 febbraio mons. Versiglia e
don Caravarlo, mentre accompagnano
con una giunca a lcune giovani della
missione alle loro case, sono sorpresi
dal pirati. Nel tentativo di difendere le
giovani, vengono massacrati.
1946. Il Vicariato apostolico di Shiu
Chow diventa diocesi. Isalesiani in Cina
sono 300, di cui un centinaio cinesi.
Hanno opere anche a Pekino, Shanghai
e Nankino.
1950-51. I missionari salesiani espulsi
dalla Cina in massima parte non rientra-
no In patria, ma iniziano nuove attività in
altri paesi dell'Oriente.
1976. Paolo VI con decreto dichiara
che mons. Verslglia e don Caravarlo so-
no martiri della Chiesa.
15

2.5 Page 15

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2. Luigino,
ho una cosa da darti
Luigino sapeva servire la messa
quando ancora non riusciva a tra-
sportare il messale, la gente di Oliva
Gessi, il suo paese, diceva: «Che bravo
pretino diventerà!» Lui invece no, non
voleva saperne, gli piacevano i cavalli
e le armi. E quando insL,;tevano che
sarebbe stato un bravo pretino, lui che
era gelosissimo della sua libertà deci-
se per qualche tempo di non servire
più la messa. Un vicino di casa, co-
lonnello, possedeva un cavallo e lui
imparò a cavalcarlo. Quando il caval-
lo si ammalò fu chfamato il veterina-
1io, e Luigino decise che sarebbe di-
ventato veterinario. Altro che prete.
Accettò di andare per gli studi a Tori-
no Valdocco solo perché gli assicura-
rono che dopo avrebbe potuto fre-
quentare l'università e diventare ve-
terinario. Ma Luigino non aveva fatto
i conti con il fascino di Don Bosco.
Ragazzo di Don Bosco. I primi
giorni di collegio a Valdocco furono
duri. Una vita regolare, lo studio in-
tenso, e Luigino scriveva a casa « ve-
nite a prendermi. voglio tornare».
Una, due, tTe volte scrisse. li padre si
arrese a quegli appelli disperati, e do-
po qualche tempo andò a Valdocco
per ritirarlo. Arrivò troppo tardi: Lui-
gino aveva mutato parere, era entTato
nel giro di Valdocco, si trovava bene
con Don Bosco e volle restare. Sarà
per sempre.
Ma quel primo anno, 1885-86, le co-
se non andarono a gonfie vele: Luigi-
no figurava tra i mediocli o poco più.
Durante le vacanze però si buttò a ea-
pofiuo nella grammatica, e nelJa ma-
tematica che gli piaceva tanto. E
quando tornò per la seconda ginna-
siale i suoi professori e compagni lo
ritrovarono con stupore tTa i primi
della classe.
Don Bosco era la figura gigantesca
e paterna con cui i ragazzi si misura-
vano ogni giorno. Erano quasi 600
studenti, arrivati da cillà e paesi di-
versi, vicini e lontani, ma fusi insieme
nell'affeuo per Don Bosco. Non che
lui fosse sempre tra loro: era via nei
suoi faticosi viaggi; e anche quand'era
in casa, ormai vecchio stanco e mala-
to, ben di rado lo vedevano. A volte
compariva sul ballatoio della sua ca-
mera: allora i ragazzi sospendevano i
giochi e si facevano sotto a salutarlo e
applaudirlo. I ragazzi degli ultimi
corsi erano privilegiati, perché di
quando in quando veniva loro con-
cesso di andare a parlargli, di confes-
sarsi da lui. Ma Luigino era tra i pic-
coli. TI 23 giugno 1887 ebbe l'onore di
leggere quel componimento per il suo
onomastico. E finì l'anno qualifican-
dosi secondo della classe.
Due avvenimenti riempirono l'anno
di terza ginnasiale. Anzitutto la morte
di Don Bosco: Luigino partecipò con
gli altri ragazzi a tutte le trepidazioni
per la sua malattia, sfilò nelJa chieset-
ta di San Francesco dove la salma ri-
mase esposta per tre giorni all'affet-
tuoso saluto dei torinesi, accompagnò
Don Bosco nella traslazione fino alla
tomba provvisoria di Valsalice.
Poco dopo, la domenica 11 marzo
Don Verslglla serlamenle Impegnalo nel taglio
del c apelli al suo missionario don Carlo Braga.
1888, la basilica di Maria Ausiliatrice si
riempiva di fedeli, salesiani e ragazzi,
per la consegna del crocefisso a sette
missionari partenti; e proprio quel
giorno Luigino rinuncia a· fare il vete-
rinario e decide che sarà missionario
salesiano. «Alla partenza della spedi-
zione guidata da don Cassini - scri-
verà un giorno in una lettera - , col-
pito dalla grazia del Signore abban-
donai ogni precedente proposito, per
farmi salesiano con la speranza di an-
dare in missione».
Intanto - stando alle testimonian-
ze dei suoi compagni- s'era fatto un
ragazzo giudizioso. «Di statura piut-
tosto alta, segalino, formato di buoni
nervi e muscoli, aveva un aspetto
quasi signorile che si imponeva natu-
ralmente ai compagni, pur essendo
amabile e allegro. Prendeva viva parte
ai giochi, ci teneva a vincere, senza
però fare questioni... Dimostrava un
carattere giudizioso e senno maturo,
superiore alla sua età. Dall'aspetto
sempre sereno e gioviale, dalla natu-
rale disposizione servizievole verso
tutti... Era un angelo nella preghiera,
di comunione quotidiana... Non ebbe
mai, che io ricordi, né una punizione
un voto di condotta inferiore al
dieci (fatto singolare nella moltitudine
di 600 compagni)... ».
Poi mi porse m1a mela. Sempre nel
J888 Luigino è novizio a Poglizzo, se-
,;◊ e impegnato al punto che un suo
compagno racconterà: «Io .lo osser-
vavo quasi con invidia, nel desiderio
di riuscire a imitarlo». L'anno dopo è
salesiano, e prosegue gli studi a Val-
salice dove riposano i resti di Don
Bosco. Quante volte sarà andato a
chiedergli - nel raccoglimento della
preghiera - che cosa avesse voluto
dirgli quel giorno lontano? « Il deside-
rio delle missioni - scrive a un suo
superiore - è venuto crescendo sem-
pre più».
Poi lo mandarono a studiare filoso-
fia alla Gregoliana. Durante la selli-
mana lo studio, di domenica l'orato-
rio. «Lo fece rifiorire e brulicare di
ragazzi», ricorda un compagno. Ec-
celJe nel teatro (anche interpreta
personaggi estremamente seri, ren-
dendoli a meraviglia col suo compor-
tamento solenne, con la voce pastosa
e calda). « Si passava dalla Sumrna di
san Tommaso a Molière e Goldoni».
Quanto ai ragazzi dell'oratorio, «gli
volevano un bene dell'anima; li in-
cantava in classe e nella .ricreazìone,
con i suoi racconti e i suoi modi». Nel
1893, a 20 anni, è laurealo in filosofia.
E lo rimandano a Foglizzo, per tre
anni assistente e insegnante tlei novi-
zi. « Di rigidità catoniana, ma nobil-
mente dignitoso, vigile, oculato. Era
un educatore forte, un plasmatore di
tempre austere... Era il più stimato e il
più amato, quantunque fosse severo...
Si acquistò la s impatia generale, come
w1 buon compagno, senza sussiego né
in scuola né fuori». Un giorno sgridò
fo1·te i suoi novizi, poi in crocchio nel
cortile si scusò: « Abbiate pazienza!
Da piccolo sono stato nutrito con latte
d'asina, e me ne rimane qualche con-
seguenza».
Come insegnante: «Ci faceva scuola
di f-ilosofia in latino... Ricordo l'impe-
gno con cui cercava di farci com-
prendere quei princìpi un po' astratti
per noi. Ma in grazia dell'insegnante si
amava anche la materia: si discuteva,
si facevano gare e dissertazioni come
filosofi veri».
Uno dei suoi novizi, don Angelo
Calcagno, ha raccontato. «Avevo 17
anni ed ero annoverato tTa i capretti di
16

2.6 Page 16

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shùstra: sventato, indisciplinato, ma
schietto e disinteressato. Il chierico
Versiglia, paziente ma esigente e in-
flessibile, in refettorio mi aveva col-
locato vicino a sè per meglio sorve-
gliarmi. Un giorno ebbi uno scatto e
lui mi riprese con energia. Io gli repli-
cai citando i salmi: " Non so che farci,
sono fatto così: è il Signore che ci ha
fatti, non ci siamo fatti da noi". Don
Versiglia si fece pallido, ma tacque.
Pensavo: "Ci siamo, adesso viene la
grandine". Lui invece calmo: "No,
devi dominarti. Lo devi e quindi lo
puoi: è questione di volontà". Poi
guardandomi negli occhi, mi porse
una mela. Come non amarlo?»
Mentre insegna agli altri la Leologia,
dà gli esami, è pronto per il sacerdo-
zio. Ma non ba ancora l'età minima
richiesta, e i suoi superiori devono ri-
chiedere a Roma le dispense del caso.
vo preparato mille difficoltà, alcune
erano davvero serie. Quel sant'uomo
ebbe la pazienza di ascoltarmi per
quasi mezz'ora, annuendo con qual-
che cenno del capo, e io ero convinto
che le mie osservazioni facessero
breccia. Ma lui a un tratto mi inter-
ruppe con queste parole: ''Bene.bene,
don Versiglia. E quando parti?" Non
seppi rispondere altro che: "Ebbene,
domani, signor don Rua. Oggi non ci
sono più treni"».
Le obiezioni di Versiglia avevano
convinto don Rua che la sua scelta era
buona. A Genzano però la costruzione
della casa andava a rilento, un primo
sopralluogo portò alla scoperta che
erano stati dimenticati i servizi igieni-
ci (e l'ingegnere per questo particolare
divenne improvvisamente famoso): la
perlustrazione si concluse con questo
ovvio rilievo: «La casa ha bisogno di
..
Shlu Chow, in giorno di lesta, ogni missionario un orchestrale, e don Verslglla dirige tutti.
Il martello ovattato. Nel 1896 don
Rua, successore di Don Bosco, ha de-
ciso di aprire un noviziato a Genzano
presso Roma, e i salesiani fanno ipo-
tesi su chi sarà mandato come diret-
tore e maestro. Un giorno don Versi-
glia riceve un biglietto poco più gran-
de di quelli del tram, con poche righe:
«Caro don Versiglia, ho dato parola al
giova,neXY che tu l'avresti accettato a
Genzano come aspirante... Il Signore
ti benedica in questo tuo nuovo lavo-
ro. Sac. Michele Rua». Dunque il pre-
scelto sarebbe lui? A parte la proce-
dura inconsueta per la nomina, Versi-
glia ha appena 23 anni e si sente inca-
pace di reggere quel peso. Si precipita
a Torino e si fa ricevere da don Rua.
« Mi ricevette con la più amabile
bontà - ha poi raccontato - . lo ave-
porte che chiudano, prima di poterle
aprire». 11 ventitreenne direttore e
maestro dei novizi con la sua turba di
34 persone ollenne ospitalità provvi-
soria nell'Istituto salesiano di vi.a
Marsala. A novembre tutto è pronto:
« Ho radunato le mie caprette, e su
fino a Genzano. J merlotti si diedero a
rovistare ogni angolo della casa e del
terrnno annesso. Quel giorno si passò
nell'ordinare le poche cose che abbia-
mo; non ci volle molto tempo, perché
sono davvero poche». Così poche che
lui non ha un vero letto: ha un sofà
nell'ufficio e di notte lo trasforma in
letti.no. Per il resto è l'educatore sere-
no e austero di sempre. «Era sempre
allegro, sebbene avesse l'aspetto serio
di un asceta. Giocava con noi, si cura-
va delle immancabili questioni di gio-
co... Dolce nei modi, forte nel richiè-
dere, i novizi lo chiamavano martello
ovattato».
Gli anni passano, e Versiglia conti-
nua a sognare le missioni. Di esse
parla molto ai suoi novizi, e con tale
entusiasmo che un impertinente gli
domanda: «Signor maestro, quando
parte?» E lui: « Per mc, il baule è
pronto da un pezzo». Invece deve ac-
contentarsi di veder partire i suoi ra-
gazzi. Lui può solo, per prepararsi
meglio, montare in groppa a un ca-
vallo e mantenere l'allenamento.
De.Idialetto romanesco ha imparato
una frase, che in certi casi indirizza
per scher:;,.o a qualche chierico: «Che
Le passano ammazzà! »; ma poi, l'in-
conscio subito gli suggerisce: «per la
fede».
Un calice di sangue. Intanto il nuo-
vo secolo è incominciato, la storia
volta pagina, in Congregazione si par-
la ora con concretezza di aprire le
missioni in Cina. Con concretezza,
perché nei desideri e in sogno l'argo-
mento è già stato affrontato le mille
volte.
Da Don Bosco per primo. Nel 1873,
prima che prendesse consistenza il
suo progetto per le missioni in Pata-
gonia, Don Bosco aveva avviato trat-
tative per fondare una scuola profes-
sionale a Hong Kong: l'anno dopo ne
parlava con Pio IX; nel '76 era invece
Pio IX a suggerirgli la Cina (e solo che
avesse avuto uomini, ci sarebbe an-
dato subito). Don Bosco intanto ne
parlava ai suoi: « Io vedo già i salesiani
entrare nella Cina... proprio a Pekino
essi avranno una casa» (e il tono è
profetico; e anche le testimonianze
che seguono, che per completezza non
possono essere tralasciate, vanno giu-
dicatealla luce- o nella penombra -
del soprannaturale in Don Bosco).
Egli nel 1884, vedendosi vicino al tra-
guardo finale, scriveva nel testamento
riguardo ai salesiani: «A suo tempo
porteranno le nostre missioni in Cina,
precisamente a Pekino. Ma non si di-
mentichi che noi andiamo per i fan-
ciulH poveri e abbandonati». Nel 1885
la Cina fa capolino in un sogno, l'anno
dopo in un altro sogno, e c'è una turba
di ragazzi che gli dicono: « Ti abbiamo
aspettato tanto,>.
Mentre racconta questo sogno ai
salesiani riuniti in San Benigno Cana-
vese, Don Bosco ha il volto ispirato, e
lo sguardo come assono in una visio-
ne. D'un tratto, accorgendosi di avere
perso il filo, chiede: «Che cosa ho
detto?», e uno dei presenti - don Ar-
turo Conelli - deve riassumergli le
sue stesse parole. Don Bosco allora
riprende: «Oh, non badare! Don Bo-
sco fabbrica sempre il suo solito ca-
stello in aria... ». Ma poi schizza sulla
carta la città di Pekino e il fiume che la
17

2.7 Page 17

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bagna, e un ponte, e precisa: «Qui
Don Bosco andrà incontro ai missio-
nari». Poi quasi a prevenire una legit-
tima domanda aggiunge: «Ma il tem-
po è nelle mani cli Dio».
Tuuo questo è raccontalo nella
biografia cli Don Bosco. Un altro so-
gno invece, sempre riguardante la Ci-
na e riferito a voce da don Conelli, non
è mai stato messo per iscritto. Una
testimonianza del 1941 riferisce: «Don
Bosco in sogno aveva visto alzarsi in
ciclo due grandi calici, l'uno ripieno di
sudore e l'altro di sangue dei salesia-
ni». Di don Conelli, che a Foglizzo
formò numerose generazioni di sale-
siani, ~i sa che sove,nte «narrava qual-
che sogno di Don Bosco, e particolar-
mente accennava alla visione dei due
calici». E per tutte queste voci circo-
lanti, ormai «era opinione generale
che don Conelli fosse stato preconiz-
zato (da Don Bosco stesso) capo delJa
prima spedizione in Cina», addirittura
«che sarebbe stato il primo martire
della missione cinese,,. E - che tempi
erano quelli - «molti chierici aspir"-
vano alla sorte di poterlo seguire».
Invece, il posto di don Conelli sarà
preso da don Versiglia.
Qualunque giudizio si voglia dare
su questa faccenda, almeno va rite-
nuto che i protagonisti a quel sogno
prestarono fede. E a don Versiglia ri-
marrà il dubbio se quella cosa che
Don Bosco aveva da dirgli quel giorno
lontano riguardasse appunto la Cina e
i calici.
3. La Cina era
un rimprovero e una sfida
Dunque nel 1905 il vescovo di Ma-
cau (colonia portoghese sulla costa
meridionale della Cina) chiama i sale-
siani e per cominciare offre loro un
orfanotrofio. Poi, si sa, da cosa nasce
cosa. La spedizione è decisa, gli uo-
mini sono pronti, loro capo sarà il
preconizzalo da tutti i tempi don Ar-
turo Conelli, che da Roma ha già trat-
talo con il Vescovo di Macau. Ma sul
più bello don Concili si ammala. Il
tempo stringe, e il malato scrive a don
Rua: « Sono prontissimo a troncare
ogni cura, prontissimo ad affrontare
l'ignoto, sicuro che la vita e la morte,
la sanità e l'infermità sono nelle mani
di Dio». Ma il medico curante gli ha
riscontralo una gravissima ipertrofia
del fegato (il suo primo verdetto, in
buon romanesco, era stato: «Ma que-
sto è un macello!»), e bisogna trovar-
gli tm sostituto. E chi se non don Vcr-
siglia, che non aspella altro e tutti lo
sanno?
Va alcuni mesi in Portogallo e Gran
Bretagna a imparare le lingue, rifiuta
per non perdere tempo i giri turistici a
cui lo invitano, fa un salto a casa per
salutare i suoi (ma non osa dire alla
mamma quanto lontano andrà a fini-
re: glielo scriverà dalla nave).
Ma intanto, che cos'era alJora la Ci-
na? Ecco qualche dato (anche se è
difficile descrivere in poche parole
una realtà complessa che gli storici
ancora cercano di decifrare).
"Affe ttata come un melone". La
Cina di allora si chiama Celeste Impe-
ro ma di celeste ha poco, e quanto
all'impero gìà sta crollando per la-
sciare posto a una repubblica piutto-
sto terra ten·a. Con i s uoi quasi 10 mi-
!ioni di kmq (più di 30 volte l'Italia) è
tra i paesi più vasti del mondo, e con i
suoi 330 milioni cli abitanti è il più po-
polato in assoluto. Rella da un gover-
no centrale troppo debole, viene defi-
nita "un grosso melone" che i popoli
vicini e lontani - colonialisti - vo-
gliono dividere a fette per papparsele.
L'economia cinese - basata sulJ'a-
grkoltura, la manifattura artigianale,
il piccolo commercio. e mollo arre-
trala - non è in grado di fronteggiare
la spregiudicata penetrazione com-
merciale e finanziaria delle potenze
occidentali che le si affollano tutt'in-
torno in numero sorprendente: Gran
Bretagna, Francia, Portogallo, Ger-
mania, Stati Uniti, e a un certo punto
perfino l'Italia. L'esercito cinese è
male equipaggiato e costretto a difen-
dere frontiere immense; e non può
reggere alla spinta espansionistica so-
prattutto di Russia e Giappone.
I paesi occidentali si sono divisa
l'immensa costa in zone d'influenza:
nel sud i francesi, al centro gli inglesi,
al nord i tedeschi; anche Portogallo e
Stati Uniti si sono ritagliate le loro zo-
ne franche. Tutti insieme - persuasi
della suprema bontà del sistema eco-
nomico liberale - pretendono l'aper-
tura dei porti cinesi ai loro commerci.
Ma i prodotti industriali dell'Occiden-
te, fabbricati a basso costo, danneg-
giano l'artigianato locale e impedi-
scono il decollo della fragile industria
cinese. Il Celeste Impero invano cerca
scampo nell'isolamento, sbarrando le
frontiere: le potenze occidentali ri-
spondono con le armi la cosiddetta
" politica delle cannoniere"), e ogni
volta lo costringono a riaprire i porti.
Perfino al commercio deU'oppio:
l'oppio coltivalo in Birmania e Indo-
cina viene venduto liberamente in Ci-
na, il popolo inebetisce, e i profitti
vanno all'estero.
Mentre le compagnie commerciali
dell'Occidente si arricchiscono in mo-
do favoloso, la società cinese si trova
sempre più destabilizzata sul piano
economico, frastornata dalle teorie
spesso rivoluzionarie importale dal-
l'Europa, malgovernata da una buro-
crazia sovente corrotta e da una classe
conservatrice - i mandarini - non
più all'altezza. Una società per di più
incapace di trovare come un tempo
un solido riferimento nella religione di
Confucio. E reagisce come può: con la
xenofobia e le insurrezioni sanguino-
se. Ogni volta le insurrezioni comin-
ciano con un bagno di sangue altrui, e
finiscono soffocate nel sangue pro-
prio. E sono pagate dalla Cina con la
rassegnata accettazione di trattati di
pace sempre più iniqui: ogni volta in-
fatti gli Occidentali riescono a strap-
pare al governo, come riparazione,
nuovi porti, nuove concessioni di mi-
niere, ferrovie, ecc.
La politica delle porte aperte. Un
primo ricorso all'isolazionismo, cqn
conseguente caccia allo straniero, si
verifica agli inizi del 1800 con l'impè-
ratore IGaking; poco dopo scoppia la
disastrosa guerra dell'oppio; poi la
cruenta rivolta dei Taiping (movi-
mento nazionalista xenofobo)... E sa-
rebbe lungo elencare le sommosse
minori.
Intanto si hanno anche pesanti am-
putazioni territoriali lungo i confini: i
russi occupano il Turkestan cinese; i
francesi il regno dell'Annam; i giap-
ponesi invadono la Korea, l'isola di
Formosa (oggi Taiwan) e la costa an-
tistante; gli inglesi penetrano nel Tibet
e" affittano" Hong Kong; i portoghesi
si instaJlano a Macau...
Ancora un'esplosione di xenofobia
Shlu Chow: scolaretta delle Figlie di M.A.
18
r

2.8 Page 18

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nel 1900, con I.a '' rivolta dei Boxer"
diretta contro i"diavoli stranieri", che
lascia sul campo 30 mila cinesi e 240
stranieri uccisi. La rivolta viene do-
mata da uno strano esercito interna-
zionale formato di contingenti fran-
cesi, inglesi, tedeschi, russi, italiani,
giapponesi, indiani, statunitensi, agli
ordini di un generale tedesco. Ancora
uha volta gli stranieri vittoriosi im-
pongono alla Cina la "politica delJe
porte aperte'': la Cina è e deve conti-
nuar a rimanere un immenso mercato
per il tornaconto delle potenze occi-
dentali. Perfino l'Italia si vede benefi-
ciata per la sua partecipazione, con
l'acquisto di una parte della città di
Tientsin.
Ma nel 1905, mentre don Versiglia
impara le lingue per la futura attività
missionaria, un medico cin.ese fonda a
Tokyo la "Lega unitaria dei rivoluzio-
nari cinesi" che imposterà su basi
nuove il modo di fronteggiare l'Occi-
dente e di riorganizzare all'interno il
paese: quel movimento, divenuto più
tardi Kuornintang, avrà Era le figure di
punta il generale Chang Kai-shek, che
diventerà protagonista nella storia fi-
no al 1949.
Un'immagine non abbastanza lim-
pida. Questa Cina "affettata come un
melone" è lo scenario in cui si muo-
verà don Versiglia. Ma sensibile anzi-
tulto all'aspetto religioso, egli vede
nella Cina con le sue religioni pagane
un muto rimprovero per i cristiani
coerenti al vangelo, e una sfida al co-
raggio dei missionari.
La Cina era stata nei secol.i e rima-
neva anche allora il campo di missio-
ne più importante e promettente del-
]' Asia. Ma una prima grande occasio-
ne per diffondere il Vangelo era stata
buttata al vento nel 17" secolo, quando
una lunga e sterile controversia sui riti
e sul metodo missionario dei Gesuiti
aveva pregiudicato il radicarsi del
Cristianesimo. E anche le possibilità
nuove che si aprivano da alcuni de-
cenni all'evangelizzazione, sarebbero
andate largamente sciupate per un
nuovo errore (ormai i "manuali di
storia ecclesiastica'' hanno il coraggio
di additarlo): l'alleanza infida di molte
missioni e missionari col potere eco-
nomico e politico degU Stati colonia-
listi.
La " politica delle porle aperte" im-
posta alla Cina favorisce .l'ingresso e il
lavoro dei missionari; ma essi - con-
sapevoli o no - vengono coinvolti e
considerati tutt'uno col potere politi-
co-economico straniero, quindi consi-
derati come nemici ogni volta che una
setta xenofoba o un movimento na-
zionalista insorge. Da secoli i missio-
nari aprono scuole, orfanotrofi, ospe-
dali, con la carità generosa del Van-
gelo si attirano la simpatia delJa gente
-- Shiu Chow, 1929: tre ragazzi calciatori dell'lsliluto professionale Don Bosco.
e ottengono sincere conversioni; ma
ogni insu1Tezione politica mfoaccia di
travolgere tutto. Sotto l'imperatore
Kiaking il bagno di sangue è crudele:
nel 1825 tutti i missionari esteri si tro-
vano espulsi o sono condannati a
morte, due terzi dei cristiani cinesi
devono apostatare sotto tortme in-
sopportabili; le chiese, le scuole e le
residenze sono rase tulle al s uolo. Do-
po la guerra dell'oppio è ripristinata
una certa libertà religiosa, ma quando
insorge la setta dei Taiping i cristiani
si vedono perseguitati sia da questi
settari che dall'esercito regolare che li
combatte. Nuove vittorie delle canno-
niere aprono la strada al ritorno dei
missionari; ma la stolia prima che il
secolo J9'' si chiuda registra brevi ma
violente p ersecuzioni ancora nel 1870,
'76, '91, '98. E l'insurrezione dei Boxer,
che inaugura il nuovo secolo, com-
porta un nuovo tremendo bagno di
sangue cristiano.
I cristiani in Cina, da 300 mila che
erano all'inizio del 1800 erano scesi a
200 mila nel l846: l'ingente sforzo
missionario faceva risalire agli inizi
del nuovo secolo il loro numero a 720
mila. Soltanto, su 330 milioni di cinesi,
molli dei quali ben disposti verso il
Vangelo. Era il prezzo salato, pagato
dalle missioni per aver presentato
un'immagine non abbastanza limpida
della Chiesa.
Ln questa realtà contraddittoria
viene a inserirsi don Versiglia con i
s uoi quattro compagni di spedizione,
pronti a stipulare alleanza non con i
poteri economico-politici ma con un
manipolo di ragazzi orfani sottratti
alla desolazione della strada.
4. Andiamo per i ragazzi
poveri e abbandonati
«Abbiamo cominciato!» La piccola
casa dei salesiani a Macau ha apeno
la porta a una trentina di' ragazzini
cinesi orfani o poveri. E la lingua? Un
chierico cinese del seminario fa da in-
terprete. « E poi - scrive uno dei m is-
sionari riferendo a don Rua - l'amore
possiede un suo linguaggio segreto. l
nostri ragazzi cinguettano senza posa
con noi, come amici di vecchia data:
hanno tante cose da raccontarci. E
noi, con la stessa confidenza e sicu-
rezza rispondiamoin italiano, qualche
volta in piemontese... ».
Colpevoli. I cinque missionari di
Don Bosco sono stati accolti con ca-
lore dal vescovo di Macau. L'orfano-
trofio è piccolo - arriverà a ospitare
un massimo di 55 ragazzini - ma ga-
rantisce un inizio sicuro. In breve si
aprono quattro laboratori, i ragazzi
imparano a diventare sarti, calzolai,
tipografi e legatori. Al più presto viene
aperto l'oratorio per i ragazzi di lingua
portoghese. Vengono le prime comu-
nioni, qualche battesimo, e la banda
musicale. Strumenti e musica sono
giunti dall'Europa, il fatto è eccezio-
nale, suscita interesse e simpatia. Pre-
sto non ci sarà manifesta1Jone in Ma-
cau e dintorni a cui la banda non sia
invitata. E una grande, semplicissima
scoperta: il sistema di Don Bosco
funziona anche con i ragazzi dagli oc-
chi a mandorla.
li prezzo pagato per quei piccoli
19
1-

2.9 Page 19

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successi è ingente. Ma il vescovo per
ricompensarli ha costruito un edificio
più grande. Nel 1910 si è appena fatto
il trasloco, quando una rivoluzione nel
lontano Portogallo manda tutto all'a-
ria. Una rivoluzione, J'assassino del re,
una dittatura anticlericale, e una legge
che decreta la soppressione degli or-
dini religiosi in Portogallo e colonie.
Le autorità di Macau non capiscono
perché dovrebbero sbattere fuori quel
pugno di salesiani che si occupano di
ragazzi abbandonati, ma gli estremisti
locali pretendono l'esecuzione della
legge. La sera del 29 novembre arriva
l'ordine di partire: don Versiglia lo
comunic.. nella buona notte ai ragazzi,
e quelli si mettono a piangere. Racco-
manda loro di comportarsi bene, e
quelli non si muovono dalla cappella,
non vogliono andare a letto. Chiedono
di confessarsi, si confessano tutti. Poi
alcuni vanno a dormire ma molti altri
rimangono tutta la notte. Alle quattro
don Versiglia celebra la messa e i ra-
gazzi sono tutti tornati. Poi nella maL-
LinaLa quelli che hanno parenti ven-
gono restituiti, gli altri dirottati al se-
minario che dovrà provvedere. Nel
pomeriggio i missionari, colpevoli di
aver lavorato quattro anni per ragazzi
poveri e abbandonati, prendono il va-
poretto e migrano a Hong Kong.
Finalmente un piede in Cina. La
diocesi di Macau comprende non solo
il territorio della colonia portoghese
ma una vasta regione nell'entroterra
cinese, e il vescovo affida ai salesiani il
distretto cinese dello Heung Shan.
Don Versiglia è felìce: l'orfanotrofio
offriva non molte possibilità di lavoro
apostolico, ora il campo si stende a
perdita d'occhio.
Quel campo è il delta del Chu Kong,
ossia Fiume delle Perle, un insieme di
isole popolate da un milione di abi-
tanti. l sa.lesiani arrivano nel capoluo-
go Heung Chow 1'8 maggio 1911, e con
loro sorpresa sì vedono aspettati e fe-
steggiati: due cx alunni dell'orfano-
trofio vivono lì, hanno saputo, e sono
accorsi con la gente a dare il benve-
nuto. Si sparano razzi in segno dì al-
legria. li vescovo ha affittato una ca-
setta e - altra sorpresa - i salesiani
vi trovano dentro i mobili che avevano
lasciato nell'orfanotrofio di Macau. E
in compagnia dei due alunni «ci met-
tiamo a tavola e con i bastoncini fac-
ciamo onore al buon riso cinese».
«Finalmente abbiamo un piede in
Cina», scrive don Versiglia, e decide di
esplorare La zona. Una pioggia torren-
ziale e prolungata lo impedisce; i mis-
sionari fremono di impazienza. In-
tanto la loro casetta, solida in appa-
renza, presto si rivela per q ucl che va-
le: le pareti sono di fango pressato e
ricoperto di calce, si gonfiano dell'ac-
qua piovana che filtra dal tetto. Nel
20
cuore della notte una parete interna
crolla. Don Versiglia esce di camera
per vedere, e buon per lui perchépoco
dopo un'altra parete si rovescia sul
suo letto. Al mattino ricuperano le
masseri:de in parte sepolte e si trasfe-
riscono in una casa vicina. E assistono
al crollo delle altre pareti una dopo
l'altra...
Tornato il sereno, e sistematisi al-
trove, cominciano il lavoro. I cristiani
risultano 300 in tutto il territorio, le
comunità sono da riorganiz;,:are. Si
decide di cominciare con i catechisti, i
maestri e le scuole. La risposta della
popolazione è positiva, questo campo
è evangelicamente fruttuoso.
Intanto l'ennesin10 colpo di scena in
Cina: il Celeste Impero è un po' come
la prima residenza a Heung Chow, a
furia di pioverci sopra si sfascia. Ac-
cade il 10.10.1911. Qualche gi()rno do-
po don Vcrsiglia si spinge a nord, fino
a Shek Ki, capitale della regione e an-
Poi un giorno arrivò dall'Italia una rombante
motoclcletta, e da quel giorno per mons. Versi-
glia fu più facile girare la sua vasta missione.
tica capitale della Cina, e vi trova una
minuscola comunità cristiana. I cri-
stiani vedendolo arrivare cadono dal-
le nuvole: come ha osato mettersi in
viaggio con quel che sta capitando in
giro? I mandarini dell'imperatore co-
mandano ancora a Shek Ki, ma le
truppe tivoluzionarie scorazzano in
tutta la zona e stanno per assaltare la
città. In più, i pirati approfittando del
caos rapinano e ammazzano a man
salva. Il traffico è paralizz.ato, la gente
sta trincerata in casa. I cristiani però
connuiscono alla missione e si strin-
gono attorno a don Versiglia, come se
lui potesse proteggerli.
Pochi giorni dopo le trnppe rivolu-
zionarie piombano sulla città. Le forze
imperiali subito si squagliano: in par-
te fuggono, in parte infilano al braccio
la fascia bianca, distintivo dei rivolu-
zionari. I conquistatori non infieri-
scono: si accontentano di esigere la
formale adesione degli abitanti colta-
glio del tradizionale codino. E' un'e-
catombe di codini.
1cristiani sono fieri del loro missio-
nario, che (senza saperlo) ha osato
sfidare i rischi del momento per an-
dare in mezzo a loro. Don Versiglia
baltczw, confessa, assolve. Trà i bat-
tezzati un ladro, che colto sul fatto è
stato colpito a morte e abbandonato
in un campo.« Ladro in vita e ladro in
punto di morte - commenta don
Versiglia -. In vita ha rubato la roba
altrui, in punto di morte ha rubato il
paradiso».
E la rivoluzione lascia dietro a il
solito lungo strascico di violenze, sgo-
mento, rnise1ia, malattie.
La peste e la lebbra. Nuovi rinforzi
sono giunti dall'Europa e don Versi-
glia nel 1912 può distribuire i suoi uo-
mini in quattro residenze missionarie.
Intanto le acque in Portogallo si sono
placate, i salesiani possono tornare
nell'orfanotrofio di Macau. E tornano
anche i ragazzi: oltre ai nuovi, quasi
tutti quelli di una volta (la loro '' va-
canza" è durata quasi dieci mesi). Don
Versiglia ora divide il tempo tra Ma-
cau e la missione sul Fiume delle Per-
le. A complicare le cose, sulla fine del
1912 an-iva la peste bubbonica.
E' un nagello ;,--pietato, che strana-
mente colpisce solo i cinesi. Motivo in
più perché i missiona1i si facciano in
quattro: prendono tutte le precauzio-
ni suggerite dall'igiene, ogni giorno
chiedono l'aiuto di Maria Ausiliatrice
e Don Bosco, e poi avanti nei lazza-
retti. Tra i malati ci sono dei cristiani,
ma anche i non cristiani spesso chie-
dono il conforto del sacerdote.
Il primo incontro di don Versiglia è
con una fanciulla dodicenne stesa sul
tavolato, col pallore della morte, e un
filo di sangue dalla bocca. E una ca-
lena al piede, perché non si vuole che
gli appestati vadano in giro o scappi-
no. Chino su di lei, suo padre la guarda
impietrito dal dolore. Don Versiglia le
parla di Gesù Cristo, e la ragazza
ascolta avida di sapere. Chiede il bat-
tesimo, e don Versiglia lo amministra.
« Dunque ora sono figlia di Dio?» do-
manda la fanciulla, e in un impelo d i
gioia afferra la mano del missionario e
la bacia lasciando l'impronta del san-
gue che imporporava le sue Labbra.
Poi adcUta timorosa la catena che Je
stringe i piedi: «Questa non mi impe-
dirà di andare a Dio?» «No, sta' tran-
quilla,,, la rassicura don Versiglia e fa
scivolare una moneta in mano all'in-
fermiere perché la sciolga. Poco dopo
la piccola spira, libera nell'anima e nel
corpo.

2.10 Page 20

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Una via di Shlu Chow: sono passali i plrall.
A lungo la peste imperversa, poi si
attenua e scompare. Un giorno dicono
a don Versiglia: «Perché non vai nel-
l'isola di Mong Chow? Ci sono i leb-
brosi, e c'è anche una comunità di
lebbrosi cristiani». E' vero: 20 o 30
poveri lebbrosi cristiani, relegati in
capanne di paglia. Rice\\'ono come gli
altl'i una piccola sovvenzione gover-
naLiva, con cui sopravvivono. Don
Versiglia ogni tanto va a trovarli. E un
giorno arrivano loro alla missione in
tre, con la barca: hanno remato con i
poveri moncherini, sono :,tremati e
disperati. Raccontano che i pirati so-
no piombati nel lebbrosario e hanno
rubato tutto il rubabile, che ora non
hanno più da mangiare, che gli aiuti
governativi arriveranno troppo lardi e
possono morire di fame. Bisogna soc-
correrli al più presto...
La banda musicale. Gli anni passa-
no, l'orfanotrofio si sviluppa, i ragazzi
superano i cento. C'è una splendida
collaborazione fra l'orfanotrofio e la
missione sul delta: questa manda i
ragazzi che vivono allo sbaraglio, J'or-
fanotroGo dopo qualche rumo Ji resti-
tuisce alle comunità rormati e prepa-
rati. buoni animatori della vita cri-
stiana. Don Versiglia condensa in po-
che parole la sua esperienza, vissuta
giorno per giorno con i compagni di
missione: «Se vogliamo costringere i
cinesi a pensare e agire come noi, li
mettiamo in uno stato di violenta
soggezione. Se invece vengono edu-
cati lasciandoli liberi nei loro ambien-
ti, corrispondono e si affezionano».
Magari questo principio fosse stato
applicato sempre e dappertutto nelle
missioni.
Nel 1915 don Vcrsiglia costruisce a
Macau un'opera più grande, con la-
boratori moderni, e aggiunge una
scuola commerciale. I ragazzi presto
salgono a 200. Nella missione sul delta
si apre una breccia anche tra i prote-
stanti: un pastore e m1 maestro si
convertono, diventano catechisti, e
alt1·i protestanti li seguono. La banda
di Macau s.i fa sempre più onore, la
gente guarda il trombone stupita, e si
chiede come da un'imboccatura così
piccola possa uscire una musica così
grande.
Nel 1917 i cristiani di Canton vanno
in pellegrinaggio alla tomba di san
Francesco Saverio nell'isola di Shang
Chwan, e chiedono di e..sere accom-
pagnati dalla banda. Don Vcr·siglia la
guida, e tra una marcetta e una fanfa-
ra si incontra col Vicario apostolico di
Can1on. Costui in confidenza gli rac-
conta che ha ricevuto dalla Santa Se-
de il suggerimento di offrire ai sale-
siani una parte del suo immenso Vi-
cariato, territorio che dopo qualche
tempo potrebbe diventare missione
autonoma.
Don Versiglia è lclicc della propo-
sta, che rende indipendenti i salesiani
nel loro lavoro, e è un atto di fiducia
del Papa. Dietro l'iniziativa egli sup-
pone (e non a torto) che ci sia lo zam-
pino del cardinal Cagliero, il primo
missionario di Don Bosco, che dopo
aver strutturnto le missioni salesiane
in Patagonia aveva ricevuto l'ordine
da Don Bosco stesso di "pensare al-
l'Asia". Tre giorni prima di morire,
Don Bosco aveva chiamato l'allora
vescovo Cagliero: cc Vieni vicino a
me».
«Don Bosco, sono qui», aveva .-i-
sposto. Ed era avvenuto questo dialo-
go: «Ti raccomando le missioni». «Sì,
le care missioni d'America». «Ti rac-
comando l'Asia». «Ma io mi sono de-
dicato all'Occidente. Come potrei an-
dare in Oriente?» E Don Bosco con
calma: «Ti raccomando l'Asia,,. Sono
passati ormai 29 anni, la raccoman-
dazione finalmente ha effetto. Il pri-
mo cardinale salesiano, andato a Ro-
ma, ha preparato quella svolta decisi-
va; il Vicario apostolico di Canton è di
parola, nel 1918 i salesiani cominciano
a lavorare nei distretti più settentrio-
nali del Kwan Tung, a nord di Canton.
Don Versiglia, che prima si sdoppiava
per badare ai ragazzi di Macau con la
loro banda e alle promettenti comu-
nità sul Fiume delle Perle, ora si tri-
plica per rendersi presente anche nel-
la nuova missione che dal capoluogo
prende nome di Shiu Chow.
5. E intanto la Cina
si tinge di rosso
La nuova missione di Shiu Chow ha
bisogno di nuove braccia, che arriva-
no puntuali a Macau sulla fine di set-
tembre 1918. Don Versiglfa è ad at-
tendere i missionari in erba, e don
Sante Garell.i, c he ha guidato la spe-
dizione, gli consegna un dono del
Rcttor Maggiore. E' un bel calice, don
Garelli glielo porge compiaciuto e ac-
compagna il gesto con parole augura-
li. Stranamente don Versiglia sembra
turbato pii:1 che contento, sembra co-
me distratto da altri pensieri, assorto
da preoç.cupazioni lontane. ·u Don Bo-
sco - dice alla fine ringraziando -
vide che quando in Cina un calice si
sarebbe riempilo di sangue, l'opera
sale..iana si sarebbe meravigliosa-
mente diffusa in mezzo a questo po-
polo immenso. Tu mi porti il calice
visto da Don Bosco: a me il riempirlo
di sangue per l"adempimento della vi-
sione». E così quel sogno, strano e
quasi dimenticato, d'improvviso 1·iar-
fiora nella sua tragica suggestione. E
getta lo scompiglio nei presenti:
«Sentivamo tutti che quella era una
profezia - dichiarerà più Lardi dCJn
Garelli - , e ci trovammo in un tre-
mendo conLTasto di sentimenti rra
raugw·arne o scongiurarne l'adempi-
mento».
Ma la vita incalza, Shiu ChO\\\\ a1-
tende, c'è per gli a1-rivati una lingua
difficile da imparare, c'è per gli altri
Lutto da organizzare, proprio non c'è
tempo per fermarsi a fantasticare.
Ludovico è di Don Bosco. li nuovo
te1Titorio di missione nell'interno del-
la Cina misura 34 mila kmq (quanto
Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta
messi insieme), e conta 3 milioni circa
di abi tanti spa,·si nella campagna. L
centri sono piccoli. il capoluogo conta
appena 60 mila abitanti. E sono po-
chini i cristiani, 1.400 in tutto, sebbene
i primi missionari abbiano cominciato
a lavorare nel lontano 1589. P1·im issi-
mo era giunto il famoso gesuita radre
Matteo Ricci, che dopo sei anni di
permanenza a Shiu Chow si era tra-
sferito a Pekino pe1· vive1·ci e morirci. I
suoi confratelli avevano lavorato a
lungo nella missione, e dopo sangui-
nose persecuzioni avevano ceduto il
campo ai Francescani, i quali a loro
volta dopo altre persecuzionj l'aveva-
no ceduto ai padri delle Missioni
21

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Estere di Parigi. Ora subentrano i sa-
lesiani.
A Macau i nuovi arrivati sono alle
prese con la lingua, e don Versiglia li
segue con tenerezza: «Sono tutti oc-
cupati - scrive al Rettor Maggiore -
in un'impresa che muoverebbe al riso
se non fosse così faticosa: stanno
martellandosi il cervello e logorandosi
i polmoni e gli organi vocali, intorno a
quella lingua che ognuno si ostina a
chiamare benedeua. Alcuni, fatto con
la mano padiglione all'orecchio, la
bocca aperta, il mento proteso in
avanti, si sforzano di afferrare l'inaf-
ferrabile tono; chi invece contorce la
bocca in mille guise per imitare le
smorfie del maestro... ». Lassù, evi-
dentemente, don Versiglia non può
inviare i principianti ma solo gente
esperta.
Uno è don Ludovico Olive, salesia-
no francese venuto in Cina con lui nel
1906. Nel 1883 Don Bosco a Marsiglia
aveva fatto visita alla sua famiglia, su
invito della mamma aveva predetto iJ
futuro dei suoi fratelli, e a suo riguar-
do aveva dichiarato: «Questo sarà per
Don Bosco». E la mamma, donna di
fede: «Se così è la volontà cli Dio, si
faccia». Ludovico era diventato sale-
siano, e quando in Francia vennero
soppresse le congregazioni religiose
piuttosto che disertare domandò di
partire per le missioni. I suoi cari era-
no andati a salutarlo al porto, avevano
sventolato il fazzoletto finché era sta-
to possibile vederlo, poi lui sul ponte
della nave si era accasciato su una se-
dia e aveva versato tutte le lacrime
che possedeva. Poi si era detto: « I de-
biti della natura sono pagati, il resto
tutto per Dio». Anche lui aveva sudato
per imparare il cinese; scherLando
soleva dire che aveva ricevuto dal Si-
gnore il dono delle lingue, intendendo
che le parlava contemporaneamente
mescolandole tutte insieme.
Onomastico con le zucche. Don
Versiglia sceglie dunque don Olive e
l'altro veterano don Guarona, e li
manda in due distretti diversi della
nuova missione. Poi, due mesi più
tardi. finalmente si melle in viaggio
per raggiungerli. Giunto a Shiu Chow,
apprende che le località in cui i due si
trovano sono travolte dal turbine della
guerra civile: generali del nord e del
sud si combattono, e dovunque pas-
sano seminano incendi, devastazioni e
stragi. Raggiunto don Guarona, don
Versiglia con lui accorre a Nam Yung
dove spera di trovare don Olive. Ma
Nam Yung è un cumulo di macerie,
non esiste più.
Don Olive a capo della piccola co-
munità cristiana ha trovato scampo in
un villaggio fuori mano, e don Ver-
siglia per caso lo ritrova.• Passano in-
sieme giorni di incubo, sotto la mi-
22
L'austera figura di mons. Versiglla (foto 19 26).
naccia della guerra. Poi i soldati van-
no a portare la desolazione altrove, e i
missiona1i rientrano nelle residenze.
Nel 1919 giungono altri 7 salesiani,
che si mettono subito a in1parare la
lingua, mentre gli esperti si portano
negli avamposti. Tra i nuovi c'è una
famosa bacchella, don Carlo Braga, e
subito don Versiglia gli ordina: • Pre-
para un elenco di strumenti per pic-
cola banda, e io )j manderò a compe-
rare in Italia». Ma i rngazzi per suo-
narli dove sono? Non abbiamo né
collegi, scuole, né oratori...» "Abbi
fede e vedrai sorgere case e collegi, e
avrai suonatori di banda finché vor-
rai». Così nasce la seconda banda sa-
lesiana in Cina, nella mi55ione di Shiu
Chow.
E muore don Olive. Qualche tempo
prima lo invitano al cen!ro della mis-
sione per il suo onoma1;tico e gli fanno
grande festa. La povertà è'enorme ma
la fantasia ancora più grande, e iJ re-
fettorio viene ornato con le più belle
foglie di zucca dcl l'or1o. Ci sono anche
fiori, non di orchidea ma natw-aJmen-
te di zucca. E doni: le zucche. Qualche
giorno dopo l'onomastico a base di
zucca, don Olive si reca per lavoro a
Canton, e lo coglie un violentissimo
attacco di gastroenterite. E' una per-
dita dolorosissima.
Il lavoro missionario, molto sacrifi-
cato, da però buoni risultati. Le co-
munità cristiane, cw-ate in passato da
troppo pochi missionari, ora si rico-
stiluiscono e 1iprendono vigore. U Vi-
cario apostolico di Canton manda a
Roma relazioni. più che positive, e
Roma risponde elevando anche la
missione salesiana a Vicariato apo-
stolico. In parole povere ciò comporta
l'episcopato per don Versiglia.
L'anno delle fondazioni. La sua
consacrazione, solennissima, avviene
il 9.1.1921 nella maestosa cattedrale di
Canton. I ragazzi dell'orfanotrofio so-
no venuti da Macau e cantano con le
belle voci bianche. Qualche giorno
dopo, sul fare della sera, mons. Versi-
glia fa l'ingresso a Shiu Chow. Apre il
corteo una luminaria fantastica come
si sa fare in Cina, segue la banda di
Macau. Al suono della fanfara le porte
già chiuse si spalancano e la gente si
schiera in doppia fila: «Non sai? E' il
vescovo dei cristfani». E in[ine l'in-
gresso nella cattedrale di Shiu Chow.
E' una cappellina bassa, stretta, oscu-
ra, spoglia di tutto.
E il resto, nella vita ciel nuovo ve-
scovo, corre secondo lo stesso stile di
povertà. Gli indumenti che indossa li
sceglie dai pacchi di vestiti usati che
giungono dall'Italia. Da giovane ha
imparato a tagliare i capelli, e anche
da vescovo cominua a (are il barbiere
per i suoi salesiani.
Ma non disperde certo la sua azione
in questi dettagli. Raduna i suoi mis-
sionari (ne ba 17 nel Vicariato), e dice:
« Non abbiamo fondi, non sappiamo
se avremo da mangiare, non cono-
sciamo le sorprese che la Provvidenza
ci prepara. Ma necessitiamo di cate-
chisti e catechiste più del pane che
mangiamo, e dobbiamo pensare a
mettere su il seminario. Edifici e uo-
mini non possiamo illuderci di trovar li
ma dobbiamo formarceli. Quindi do-
mando a tutti se sono contenti che fin
da quest'anno si pensi ad aprire una
scuola comp.letamente cristiana allo
scopo di preparare i catechisti. Poi, tra
gli allievi migliori potremo scegliere i
più adalli e proporre loro di entrare
nel seminario». La risposta è: «Si pa-
tisca la fame ma si abbiano le scuole
di preparazione per i catechisti e il se-
minario».
E il vescovo tira fuori dal suo re-
perto1io insospettate doti di architet-
to: progetta gli edifici, e ne segue la
realizzazione. Da questo momento
meuerà in piedi in media una grossa
costruzione all'anno, nel capoluogo e
nei vari distretti, più le piccole chiese e
piccole residcm:e sparse qua e là.
Già nel 1921 apre poco lontano da
Shiu Chow un orfanotrofio con scuola
elementare, catecumcnato e scuoletta
di latino in vista del seminario. Ma
questo è davvero l'anno delle fonda-
zioni: a Shanghai viene fondato anche
il Partito Comunista cinese... E tra i
membri fondatori c'è un ceno Mao
Tse-tung.

3.2 Page 22

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Un'alle anza disastrosa. Ormai la
storia della Cina, delle missioni catto-
liche e di mons. Versiglia è a una
svolta, e la svolta si chiama comuni-
smo. Da molli decenni in Cina circo-
lava una produzione libraria di orien-
tamento rivoluzionario. La conquista
del potere nel 1917 dei bolsevichi in
Rus::.ia accende nei simpatizzanti ci-
nesi le più fervide fantasie. Propagan-
disti inviali in Cina dal Cremlino co-
minciano a svolgere intensa opera di
propaganda.
Intanto il governo repubblicano, di
tendenza nazionalista e sorretto dal
partito del Kuomintang, in una decina
di anni non è riuscito a unificare il
paese: nel nord potenti generali - i
"signori della guen-a" - dominano
incontrastati larghe fette di territorio.
11 governo cerca fra le potenze stra-
niere, un tempo così interessate alla
Cina, un aiuto per sconfiggerli, ma
Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna
non vanno più in là di buone parole;
l'unico vero aiuto viene al governo
russo. Così nel 1923 il Kuomintang,
nelle cui file milita il generale Chang
Kai-shek, stringe col Partito Comuni-
sta cinese un'alleanza arrischiata e a
lungo andare disastrosa.
Quegli stessi anni mons. Ven,iglia
ha costruito la casa per le Figlie di
Maria Ausiliallicc, che cominciano a
lavorare in Cina accogliendo le prime
catechiste e un gruppo di orfanelle.
Nel 1924, mentre il Kuomintang tiene
il congresso decisivo e apre nelle sue
fi le larghi spazi per la penetrazione
comunista, mons. Versiglia apre a
Schiu Chow il collegio Don Bosco con
scuole elementari. magistrali e pro-
fessionali.
Nel 1925 mons. Versiglia cosLrubce
la cattedrale, modesta ma dignitosa,
un orfanotrofio, un ricovero per vec-
chi e un dispensario medico. Intanto
muore Sun Yat-sen il fondatore della
repubblica, e Chan Kai-shek diventa
sempre più figura di primo piano. La
collaborazione fra nazionalisti e co-
munisti in questo momento è intensa,
la Russia provvede denaro, arma-
menti, aerei, navi e ufficiali perché la
riscossa contro i signori della guerra
- che si <leline-a a partire dal sud del
paese verso il nord - possa svolgersi
rapidamente e con successo. E natu-
ralmente la Russia manda i suoi prò-
pagandisti.
Chang dice basta. Finora il missio-
nario in Cina si era. sentito stimato e
rispettato dalla gente e dalle autorità.
E quando non era stimato per sé, era
temuto per la protezio ne delle potenze
coloniali. Le sue residenze erano asilo
sicuro in cui si rifugiavano cristiani e
pagani in difficoltà. Vedendo l'iscri-
zione "Tin Chin Tong"', cioè missione
cattolica, i pirati si arrestavano, le sol-
datesche non osavano proseguire. Ma
ecco, ora il clima cambia L'esercito
sta unificando il paese, la propaganda
bolscevica peneLTa nelle zone affran-
cate, sovente precede e prepara il ter-
reno. La campagna contro le potenze
occidental.i è senza mezzi termfoi, e
coinvolge anche i missionari. Si vuole
trapiantare la rivoluzione russa in Ci-
na, alcune province vengono davvero
sovietizzate.
La campagna contro la Chiesa ini-
zia di solito con manifesti raffiguranti
missionari che piantano con un mar-
tello la Croce nella testa della gente, o
suore che cavano gli occhi o strappa-
no i] cuore a bambini cinesi per - si
legge nelle didascalie - farne medi-
cine da spedire in Europa e curare la
tubercol0!si. Poi gruppi di disturbatori
entrano nelle chiese e nelle scuole,
parlano ai ragazzi e ai fedeli, minac-
ciano. Poi sfasciano, poi requisiscono.
Le autorità prima suggeriscono pa-
zienza, poi tolgono il saluto ai missio-
nari, poi diventano ostili...
L'avanzata delle truppe prosegue
inarrestabile, nel marzo 1927 Nankino
è "liberata", i consolati e le missioni
sono assaltati, gli stranieri trucidati o
costretti (llomini e donne) a raggiun-
ge,·c nudi e sbenucciati le navi del
porto. L'episodio va sono il nome di
"Dimostrate che Dio n on esiste". A
Shiu Chow i guai cominciarono nel-
1'estate 1926. Mons. Versiglia ha posto
mano alla slla ennesima costruzione,
la "Casa del missionario", da cui rica-
verà per sè una stanza e sarà il suo
episcopio. La zona è ormai controllata
dai bolscevichi che aprono una scuola
di propagandisti in cui si assegnano
come temi « Dimostrate che Dio non
esiste» e « La religione è nemica in-
conciliabile della scienza e del pro-
gresso». Un giorno un propagandista
russo nel suo discorso infuocato so-
stiene: «Finché non distruggerete tut-
te le chiese e tutti i missionari, il no-
stro programma non potrà attuarsi"·
Poi le scuole atee diventano due; gli
allievi sono tutti interni, sussidiati e
mantenuti gratis. Poi cominciano ad
apparire nella città manifesti. volanti-
ni, opuscoli, giornaletti illustrati. af-
[issi murali che stimolano il popolo
all'odio verso lo straniero e alla lotta
contro il cristianesimo. Così i missio-
nari si vedono messi sullo stesso piano
delle compagnie commerciali e delle
potenze militari venute un tempo da
lontano. Con la differenza che gli af-
faristi se ne sono andati, e i missionari
sono 1imasli.
Poi cominciano le azioni di disturbo
contro la scuola Don Bosco. I bolsce-
Shiu Chow: la " Casa del missionario", da cui mons. Verslglla ricavò una stanza come episcopio.
"oltraggio di Nankino'', che provoca
la drastica reazione del partito nazio-
nalista. Mentre la Cina si tinge sempre
più di rosso, il generale Chang Kai-
shek dice basta, e separa la causa del
Kuomintang da quella dei bolscevi-
chi. Intanto di cose ne sono successe
parecchie anche nel Vicariato di Shiu
Chow...
vichi tentano di organiaarc tra i ra-
gazzi una cellula, ma i ragazzi reagi-
scono e i sobillatori devono andarse-
ne. Le auto1ità locali dapprima invi-
tano ad avere pazienza, poi in pubbli-
co rifiutano il saluto, poi non vogliono
più ricevere i missionari. Anche il col-
legio delle FMA è preso di mira: gli
opuscoli di propaganda spiegano alla
23

3.3 Page 23

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gente che le suore uccidono i bambini
e gli cavano gli occhi.
Nel 1927 davanti a1 Don Bosco sono
appesi due manifesti di tela imper-
meabile che dicono: «Chi entra nella
scuola cattolica seppellisce la sua in-
LeUigenza », e «Chi frequenta la scuola
cattolica è un cane segugio degli stra-
nieri». Poi i ragazzi sono in vitati a
frequentare altre scuole, ma essi - ci
vuole del coraggio - continuano a
venire al Don Bosco.
La notte del 13.12.1927 tutte le mis-
sioni e le cbfose di Shiu Chow devono
essere incendiate: la notizia è stata
comunicata in gran segreto al vesco-
vo, che ra seppellire gli oggetti sacri
per sottrarli alla profanazione. I bol-
scevichi a mezzanotte puntano sulla
cillà, ma trovano le sue porte chiuse e
presidiate: non si sentono di attaccare
banaglia e se ne vanno.
Qualche giorno dopo è Natale e i
bolscevichi lo san.no: irrompono nel
collegio delle FMA dw·ante il pranzo,
e guastano la festa. I propagandisti
cominciano con discorsi a illustrare le
loro ragioni, ma le future maesrrine
del corso magistrale non si limitano a
starli a sentire: intervengono. discu-
tono, replicano punto per punto. Tra
esse la più coraggiosa è una giovane
che da poco ha abbracciato la fede,
ma l'ha abbracciata sul serio: Maria
Thong. Per lei mons. VersigUa berrà il
calice del martirio.
6. Quel bambino buono
di nome Callisto
Esistono i bambini buoni? Di sicuro
uno è esistito, e si chiamava Callisto
Caravario. Dirà mamma Rosa: «Calli-
sto non mi ha mai dato alcun dispia-
cere, non faceva che darmi consola-
zioni». A volte lo eso1·tava: « Va' agio-
care un poco fuori...» E lui: «lasciami
qui, io sto bene vicino a te». Veden-
dola triste le corre accanto, la prende
per mano e le dice: «Coraggio mam-
ma, io pregherò per te». E' davvero
portato alla preghiera: «Condurlo in
chiesa a pregare era per lui il regalo
più bello». E all'opposto di Luigino
Versiglia che non voleva saperne, fin
da piccolo Callisto ha deciso: « lo sarò
sacerdote».
Verrò anch'io in Cina. A cinque an-
ni la famiglia si trasferisce dalla nativa
Cuorgnè a Torino: vicino alla stazione
di Porta Nuova, e vicino a un oratorio
salesiano. Quell'oratorio diventa la
seconda casa di Callisto. E vi trova
due salesiani che un giorno saranno in
Cina con lui: il chierico Carlo Braga e
don Sante Garelli. «Sulle prime - ri-
corda don Braga - Callisto non ebbe
le mie simpatie, perché giocava assai
di rado. Ma quando Fissai quei suoi
grandi occhi innocenti e pieni di
bontà, cominciai a stimarlo grande-
mente. All"oratorio non perdeva il suo
tempo, ma avvicinava i nuovi arrivati
o si intraueneva con quelli che si di-
vertivano in maniera più quieta». Il
gioco non era il suo forte, ma lui si
prestava per mille piccoli lavori anche
senza esserne richiesto.
Callisto passa gli ultimi anni delle
elementari nella scuola salesiana del
San Giovannino, e don Braga è suo
insegnante, che si specchia così di
continuo in quegli occhi Limpidi come
1agheui alpini: «Mi fissava sempre gU
occhi buoni in volto, con un'aria lieta,
raccolta, attenta, con così sentita cor-
dialità da essermi di sollievo». Don
Garelli, direttore dell'Oratorio, se lo
trova ogni mattina sulla pona della
Chiesa per servire la messa; don Ga-
relli arriva molto presto, ma Callisto è
sempre prima di lui. Da quando fre-
quenta la scuola salesiana riesce bene,
è tra i primi della classe. Don Garelli
dirà: « Ero tanto sicuro che il Signore
voleva Callisto sacerdote, che in co-
scienza mi sentii obbligato a sobbar-
carmi le spese per gli studi».
L'oratorio di don Garelli non naviga
nell'oro: «Quando feci] mio ingresso
come direttore, in cassa c'erano cin-
que Lire». E c'era la guerra. Don Ga-
relli trova amici che aiutino, e Callisto
va a Valdocco per gli studi ginnasiali.
Poi è novizio, poi salesiano. Don Bra-
ga nel 1919 parte per la Cina, e lui
fiducioso: «La seguirò». Nel 1922
mons. Versiglia è venuto in visita a
Torino, parla ai chierici delle missioni,
e Callisto gli promette: «Monsignore,
vedrà sarò di parola, la seguirò in Ci-
na».
Nel 1924 anche don Garelli, già par-
tito per la Cina, rientra in Italia per
una breve visita, e dice ai chierici che
andrà ad aprire una casa a Shanghai.
Questa volta Callisto tanto insisLe
presso i s uperiori che ottiene davvero
di partire. La domenica prima del-
l'imbarco è festa grande nel suo vec-
chio oratorio; c'è anche mamma Ro-
sa, e dice a don GarcJli: «Volentieri
lascio mio figlio nelle mani di Don
Bosco. Lo affido a lei, mi raccomando,
gli faccia da padre». E piange. Prima
che Callisto parta, mamma Rosa gli
consegna un involtino con tutti i suoi
risparmi.
Mentre la nave lo porta lontano,
Callisto scrive nel diario: «Con tutto
l'affetto e la generosità di cui sono
capace, ti 1·ingra,do Signore di avermi
dato una mamma così buona». E
scrive alla mamma: « Penso sovente
all'Italia, ma senza piangere. Il Signo-
re mi ha dato la forza di fare volentie-
ri, anzi a llegramente, il sacrificio di
me stesso».
Due anni a Shanghal A fine ottobre
1924 il chierico Callisto è a Shanghai
agli ordini del suo antico direttore
d'oratorio. La loro opera è un inter-
nalo per ragazzi poveri e abbandona-
ti, come voleva Don Bosco. Callisto ha
l'incarico di preparare al battesimo i
ragazzi che lo chiedono, e prima an-
cora di imparare per e per gli altri le
Lingue. Swdia cinese, francese, ingle-
se; scrive a casa: «A vent'anni imparo
a scrivere e a balbettare. li cinese non
è facile, ma se mamma prega, Callisto
riuscirà,,. Qualche mese più tardi:
« Mamma, una notizia che ti rarà pia-
cere: questa manina ho fatto la mia
prima Je1ione di catechismo in cinese.
Non erano spiegazioni molto lunghe.
Mentre guardavo il quaderno per non
perdere il [ilo del discorso, osservavo
anche i miei bravi scolarelli per vede-
re se capivano. E con piacere vedevo
che capivano abbastanza!»
Intanto l'opera salesiana si allarga
fino a ospitare 300 ragazzi abbando-
nati, e lui scrive alla mamma:« E' vero
che io ho lasciato te, ma qui ci sono
tanti ragazzi senza mamma... ». Tra-
scorrono così due anni di lavoro in-
tenso (Callisto prepara anche gli esa-
mi di teologia) e di intensa preghiera,
perché la gioia della preghiera in lui
col tempo è andata crescendo.
E su Shanghai si profila la minaccia
delle truppe comuniste. Avanzano a
grandi passi, don Garelli pensa per
Don Callisto Caravarlo.
24

3.4 Page 24

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ogni evenienza di ridurre il personale,
di mettere in salvo Callisto che ora ha
21 anni e anche con la talare addosso è
pur sempre un ragazzo. «L'avevo al-
levato io fin da piccolo, l'avevo avuto
in consegna dalla mamma, per due
anni mi era stato di valido aiuto nel
lavoro che più mi stava a cuore, la
formazione cristiana di quei neofi-
ti... ». Ma è meglio che tornj a Macau.
« Quando glielo annunciai, ancora
una volta mi fissò con quegli occhioni
scrutatori, poi abbassò il capo e disse
la frase che gli era abituale: sia fatta la
volontà del Signore».
Due anni a Timor. La nuova desti-
nazione, dopo breve sosta a Macau, è
l'isola dì Timor, colonia portoghese
nell'arcipelago dell' [ndonesia. Cinque
salesiani nell'aprile 1927 sbarcano a
Diii, la capitale di 7.000 abitanti, e
vanno a iniziare l'opera salesiana con
una scuola inoustriale e la parrocchia.
Si comincia con 30 ragazzi, poi essi
aumentano, ma il loro numero non
sarà mai Lroppo impegnativo. CaHisLo
legge, studia, si prepara al sacerdozio.
NelJa sua semplicità è una sicurezza,
che infonde fiducia al timido diretto-
re. Costui, don Erminio Rossetti, lo
definisce chierito ideale, e assicura:
«Al suo fianco avrei affrontato senza
titubanze le situazioni più critiche,
perché mi sentivo ben appoggiato. E
andavo dicendo tra me: ecco il futuro
superiore della missione diTimor. Col
suo lavoro la piccola isola potrà di-
ventare in pochi anni tulla cristiana».
Invece due anni dopo, tenuto conto
della situazione precaria, i loro supe-
riori decidono di rimandare a più tar-
di la presenza salesiana nell'isola eri-
tirano tutto il personale. Callisto torna
in Cina, e si prepara all'ordinazione
sacerdotale. Da questo momento due
vile, che prima sj erano solo sfiorate,
Versiglia e Caravario, si congiungono
e procedono parallelefino al martirio.
7. Monsignor Versiglia
è morto per me
«Mons. Versiglia aveva un aspetto
imponente e due occru neri magnetici,
fulminanti: doru di cui si è servilo più
di una volta per tenere a freno la sco-
laresca e certi chiacchieroni. Ma negli
ultimi anni quello sguardo sì era fatto
più dolce... Ornava la sua nobile testa
una barba folta e fluente; i baffi si
piegavano morbidamente in alto e la-
sciavano intravedere una bocca sem-
pre pronta al sorriso...
Ci voleva la sua personalità forte e
dolce per tenere unilo un gregge tanto
provato e votato a prove ancora più
dure. Nel 1928 si è già consumata la
rottura tra Chang Kai-shek e i comu-
nisti, che forti di molte adesionj fon-
dano per conto proprfo l'Armata Ros-
sa e controllano vasti territori. Al ter-
mine di quell'anno mons. Versiglia
scrive nella sua relazione: «Data la
critica situazione, quest'anno non si è
potuto pensare a nuove fondazioru.
Nonostante i pericoli tutte le cristia-
nità, anche le più remote, sono state
visitate almeno una volta al mese. Uno
sforzo supremo si è fatto per mante-
nere le scuole, mezzi efficacissimi per
resistere al bolscevismo; le autorità
hanno dovuto riconoscere che le no-
stre sono le migliori della regione. La
diffidenza contro lo straniero, e quin-
di contro il missionario, si è acuita
terribilmente, e ci vuole un continuo
gioco di prudenza per tenersi a galla».
Mons. Versiglia sente tutto il peso
del suo lavoro, e ogni tanto dice:
«Avrò ancora due o tre anru di vita».
Gli fanno notare che la salute è buona,
e lui replica: « Sento che il Signore mi
chiama, è meglio che mi prepari a rare
una buona morte». E UD giorno: «Ho
[in.ito ora di scrivere il testamento».
Mamma, sono sacerdote. Tra i suoi
collaboratori ora c'è don Callisto.
Rientrato a Macau nell'aprile 1929,
viene inviato a Sruu Chow perché il
vescovo gli conferisca il sacerdozio e
gli faccia posto nella sua difficile mis-
sione. Callisto scrive felice: « Mia
buona mamma, prega perché il tuo
Callisto sia sacerdote non solo per
metà ma tuuo intero». Il 10 maggio:
« Mamma, ti scrivo col cuore pieno di
gioia. Stamane sono stato ordinato,
sono sacerdote in eterno. Ormai il tuo
Callisto non è più tuo: egli dev'essere
completamente del Signore. Sarà
lungo o breve il tempo del mfo sacer-
dozio? Non lo so. L'importante è che
presentandomi al Signore io'possa di-
re di aver fatto fruttare la grazia che
mi ha dato».
Poco dopo è a Lin Chow, la sua re-
sidenza. «Siamo due sacerdoti: c'è
una scuola maschjje e un'altra fem-
minile, e 150 cristiaru». E si mette a
studiare la lingua locale, della Hakà.
Dopo il portoghese, il francese, l'in-
glese, lo shanghese e il timorese. Ac-
compagnato dal catechlsta cinese vi-
sita tutte le famiglie casa per casa. Fi-
sicameme robusto, resistente alla fa-
tica, determinato nell'azione, allegro e
cordiale, "incontra" subito con la po-
polazione. I ragazzi delle due scuole
,-
diventano suoi amici.
Il terribile 1929. Intanto la situazio-
ne nel 1929 si fa più difficile. A giugno
ci sarebbe da rallegrarsi: i salesiani in
tutto il mondo esultano perché Don
Bosco è annoverato da Pio Xl fra i
beati, e da Torino hanno telegrafato
due volte a mons. Versiglia perché
partecipi alla gioia comune. Rispon-
de: «Come posso partire, ora che si
inizia un'altra guerra e le nostre con-
dizioni si fanno più difficili? Voi sape-
te quanto ami Don Bosco e desideri
partecipare al suo trionfo, ma non
posso lasciare i miei confratelli, le
suore e i cristiani nel pericolo».
«La missione - riferisce a fine an-
no nella sua relazione - è luogo di
passaggio obbligato da sud a nord, per
i movimenti delle milizie regolari e
non regolari; le sue montagne sono il
rifugio preferito dei soldati sbandati e
dei banditi, che dalle alture spiano il
momento per scendere a saccheggia-
re. La missione si trova in un campo di
battaglia, varie cristianità sono state
devastale e saccheggiale ripetute vol-
te, e gruppi di cristiani crudelmente
trucidati. La propaganda che si fa
contro l'opera dei missionari è così
accanita che pochi hanno il coraggio
di farsi vedere in buone relazioni con
loro, per paura di rappresaglie. Fre-
quentissimamente dobbiamo presen-
ziare a fatti che fanno rizzare i capel-
li». Ma lui non disarma: «lo ho riferito
solo a titolo di informazione, non di
lamentela. Sappiamo che tutte le cose
stanno nelle mani del Signore, e siamo
disposti a compiere la sua santa vo-
lontà anche a costo della vita».
E insiste con i suoi: «Sono veccruo,
non sono più capace di nulla». Gli altri
a dire: «E noi siamo Lutti giovani ine-
sperti, ci è necessaria la sua presen-
za». «Spero di aiutarvi dal paradiso».
Nell'azione, che egli non interrom-
pe ma anzi intensifica, dimostra
grande calma e un'assoluta padro-
nanza di sè. CoD lo spirito è continua-
mente unito a Dio. « Monsignore è
maturo per il cielo - osserva uno
della missione-. non rimarrà più a
lungo con noi. Nel suo dire non c'è più
nulla dell'uomo, udiamo solo il pel-
legrino stanco della terra e assetato
del paradiso».
Così si chiude il lerrjbile 1929, e si
apre un anno ancora peggiore.
Un viaggio lungo lungo. Il 13 feb-
brruo 1930 don Caravario è di passag-
gio a Shiu Chow, e scrive la sua ultima
lettera alla mamma: « Come si sente
che siamo nelle maru di. Dio. Fatti co-
raggio, mamma. Nulla ti spaventi.
Passerà la vita e finiranno i dolori: in
paradiso saremo felici».
li 22 (ebbrruo il Vicariato fa ancora
un progresso: si inaugura il nuovo se-
minario. I seminaristi si trasferiscono
25

3.5 Page 25

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ogni evenienza di ridurre il personale,
di mettere in salvo Callisto che ora ha
21 anni e anche con la talare addosso è
pur sempre un ragazzo. «L'avevo al-
levato io fin da piccolo, l'avevo avuto
in consegna dalla mamma, per due
anni mi era stato di valido aiuto nel
lavoro che più mi stava a cuore, la
formazione cristiana di quei neofi-
ti... ». Ma è meglio che tomi a Macau.
«Quando glielo annunciai, ancora
una volta mi fissò con quegli occhioni
scrutatori, poi abbassò il capo e disse
la frase che gli era abituale: sia fatta la
volontà del Signore».
Due anni a Timor. La nuova desti-
nazione, dopo breve sosta a Macau, è
l'isola di Timor, colonia portoghese
nell'arcipelago dell'Indonesia. Cinque
salesiani nell'aprile 1927 sbarcano a
Dili, la capitale di 7.000 abitanti, e
vanno a iniziare l'opera salesiana con
una scuola indust.-iale e la parrocchia.
Si comincia con 30 raga;,..zi, poi essi
aumentano, ma il loro numero non
sarà mai troppo impegnativo. Callisto
legge, studia, si prepara al sacerdozio.
Nella sua sempucità è una sicurezza,
che infonde fiducia al timido diretto-
re. Costui, don Erminio Rossetti, lo
definisce chierico ideale, e assicura:
«Al suo fianco avrei affrontato senza
titubanze le situazioni più critiche,
perché mi sentivo ben appoggiato. E
andavo dicendo tra me: ecco il futuro
superiore della missione di Timor. Col
suo lavoro la piccola isola potrà di-
ventare in pochi anni tutta cristiana».
Invece due anni dopo, tenuto conto
della situazione precaria, i loro supe-
riori decidono di rimandare a più tar-
di la presenza salesiana nell'isola e ri-
tirano tutto il personale. Callisto torna
in Cina, e si prepara all'ordinazione
sacerdotale. Da questo momento due
vite, che prima si erano solo sfiorate,
Versiglia e Caravario, si congiungono
e procedono parallele fino al martirio.
7. Monsignor Versiglia
è morto per me
«Mons. Versiglia aveva un aspetto
imponenLe e due occhl neri magnetici,
fulminanti: doni di cui si è servito più
di una volta per tenere a freno la sco-
laresca e certi chiacchieroni. Ma negli
ultimi anni quello sguardo si era fallo
più dolce... Ornava la sua nobile Lesta
una barba folta e fluente; i baffi si
piegavano morbidamente in alto e la-
sciavano intravedere una bocca sem-
pre pronta al sorriso...
Ci voleva la sua personalità forte e
dolce per tenere unito un gregge tanto
provato e votato a prove ancora più
dure. Nel 1928 si è già consumata la
rottura tra Chang Kai-shek e i comu-
nisti. che forti di molte adesioni fon-
dano per conto proprio l'Armata Ros-
sa e controllano vasti territori. Al ter-
mine di quell'anno mons. Versiglia
scrive nella sua relazione: « Data la
critica situazione, quest'anno non si è
potuto pensare a nuove fondazioni.
Nonostante i pericoli tutte le ciistia-
nità, anche le più remote, sono state
visitate almeno una volta al mese. Uno
sforzo supremo si è fatto per mante-
nere le scuole, mezzi efficacissimi per
resisLere al bolscevismo; le auLOrità
hanno dovuto riconoscere che le no-
stre sono le migliori della regione. La
diffidenza contro lo straniero, e quin-
di comro il missionario, si è acuita
terribilmente, e ci vuole un continuo
gioco di prudenza per tenersi a galla».
Mons. Versiglia sente tulio il peso
del suo lavoro, e ogni tanto dice:
«Avrò ancora due o tre anru di vita».
Gli fanno notare che la salme è buona,
e lui replica: « Sento che il Signore mi
chiama, è meglio che mi prepari a fare
una buona morte». E un giorno: «Ho
rinito ora di scrivere il testamento».
Mamma, sono sacerdote. Tra i suoi
collaboratori ora c'è don Callisto.
Rientrato a Macau nelI'aplile 1929,
viene inviato a Shiu Chow perché il
vescovo gli conferisca il sacerdozio e
gli faccia posto nella sua difficile mis-
sione. Callisto scrive felice: « Mia
buona mamma, prega perché il tuo
Callisto sia sacerdote non solo per
metà ma lutto intero». Il 10 maggio:
« Mamma, ti scrivo col cuore pieno di
gioia. Stamane sono stato ordinato,
sono sacerdote in eterno. Ormai il tuo
Callisto non è più tuo: egli dev'essere
completamente del Signore. Sarà
lw1go o breve il tempo del mio sacer-
dozio? Non lo so. L'importante è che
presentandomi al Signore io·possa di-
re di aver fatto Eruttare la grazia che
mi ha dato».
Poco dopo è a Lin Chow, la sua re-
sidenza. «Siamo due sacerdoti: c'è
una scuola maschile e un'altra fem-
minile, e 150 cristiani». E si mette a
studiare la lingua locale, detta Hakà.
Dopo il portoghese, il francese, l'in-
glese, lo shanghese e il timorese. Ac-
compagnato dal catechista cinese vi-
sita tutte le famiglie casa per casa. Fi-
sicamente robusto, resistente alla fa-
tica, determinato nell'azione, allegro e
cordiale, "incontra" subito con la po-
polazione. I ragazzi delle due scuole
divemano suoi amici.
Il terribile 1929. Intanto la situazio-
ne nel 1929 si fa più difficile. A giugno
ci sarebbe da rallegrarsi: i salesiani in
tutto il mondo esultano perché Don
Bosco è annoverato da Pio Xl fra i
beati, e da Torino hanno telegrafato
due volte a mons. Versiglia perché
partecipi alla gioia comune. Rispon-
de: « Come posso partire, ora che si
inizia un'altra guerra e le nostre con-
dizioni si fanno più difficili? Voi sape-
te quanto ami Don Bosco e desideri
partecipare al suo trionfo, ma non
posso lasciare i miei confratelli, le
suore e i cristiani nel pericolo».
« La missione - riferisce a fine an-
no nella sua relazione - è luogo di
passaggio obbligato da sud a nord, per
i movimenti delle milizie regolari e
non regolari; le sue montagne sono il
rifugio preferito dei soldati sbandati e
dei banditi, che dalle alture spiano il
momento per scendere a saccheggia-
re. La missione si trova in un campo di
battaglia, varie cristianità sono state
devastale e saccheggiate ripetute vol-
te, e gruppi di cristiani crudelmente
trucidati. La propaganda che si fa
contro l'opera dei missionari è cosi
accanita che pochi hanno il coraggio
di farsi vedere in buone relazioni con
loro, per paura di rappresaglie. Fre-
quentissimamente dobbiamo presen-
ziare a fatti che fanno rizzare i capel-
li». Ma lui non disarma: « Io bo riferito
solo a titolo di informazione, non di
lamentela. Sappiamo che tutte le cose
stanno nelle mani del Signore, e siamo
disposti a compiere la sua santa vo-
lontà anche a costo della vita».
E insiste con i suoi: «Sono vecchio,
non sono più capace di nulla». Gli altri
a dire: « E noi siamo tutti giovani ine-
sperti, ci è necessaria la sua presen-
za». «Spero di aiutarvi daJ paradiso».
Nell'azione, che egli non interrom-
pe ma anzi intensifica, dimostra
grande caJma e un'assoluta padro-
nanza di sè. Con lo spirito è continua-
mente unito a Dio. « Monsignore è
maturo per il cielo - osserva uno
della missione - , non rimarrà più a
lungo con noi. Nel suo dire non c'è più
nuUa dell'uomo, udiamo solo il pel-
legrino stanco della terra e assetato
del paradiso».
Cosi si chiude il terribile 1929, e si
apre un anno ancora peggiore.
Un viaggio lungo lungo. Il 13 feb-
braio 1930 don Carava1io è di passag-
gio a Shiu Chow, e scrive la sua ultima
lettera alla mamma: «Come si sente
che siamo nelle mani di Dio. Fatti co-
raggio, mamma. Nulla ti spaventi.
Passerà la vita e finiranno i dolori: in
paradiso saremo felici».
TI 22 (ebbraio il Vicariato fa ancora
un progresso: si inaugura il nuovo se-
minario. I seminaristi si trasferiscono
25

3.6 Page 26

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da Shiu Chow nel nuovo nido circon-
dato da un bel giardino, che sorge po-
co lontano a Ho Sai. A sera mons.
Versiglia fa visita ai seminaristi, dice:
«Questa casa è tutta per voi», e distri-
buisce ai più giovani le caramelle.
Dodici giorni più tardi, quel giardino
accoglierà le sue fredde spoglie.
U seminario è dunque la sua ulùma
costruzione. Nel 1918, arrivando, ave-
va trovato sei residenze con missio-
nario fisso, 12 senza missionario e tre
scuole; ora lascia 15 residenze con
missionario e altre 40 senza, inoltre un
orfanotrofio, una casa di formazione
per catechisti e catechiste, un istituto
professionale, uno magistrale, d iverse
scuole elementari, il ricovero per i
vecchi, il dispensario medico, la pic-
cola cattedrale, la casa del missiona-
rio. Arrivando aveva trovato sci sa-
cerdoti; lascia 19 sacerdoti missionari
e due cinesi, 10 suoreestere e I5 cinesi,
2 religiosi laici, 31 catechisLi e cate-
chiste, 25 seminaristi. Arrivando ave-
va trovato 1.479 cristiani, ne lascia
3.083: nonostante i tempi, sono più
che raddoppiati.
li 23 febbraio a sera mons. Versiglia
dà la buona notte ai ragazzi del Don
Bosco, dice che sta per cominciare
«un viaggio lungo lungo», vede che
tutti si rattristano e racconta qualche
battuta di spirito ma nessuno ride. E
conclude: «Se non ci sarà dato dì ve-
derci in questo mondo, possiamo al-
meno trovarci tutti in paradiso». Il
viaggio lungo lungo ha per meta Lin
Chow, la residenza d i don Caravario.
Andranno insieme, e accompagne-
ranno a casa alcuni ragazzi e raga.zz:e
che hanno studiato a Shiu Chow. E'
un viaggio estremamente rischioso,
perché la zona è divenuta campo di
battaglia rra le truppe comuniste gui-
date dal generale Chang FaL-kwai e
quelle nazionaliste di Chang Kaj-shek,
ma il vescovo rompe gli indugi: «Se
aspettiamo che le vie siano sicure, non
si parte mai. Guai se la paura comin-
cia a prendere il sopravvemo. Sarà
quel che Dio vorrà». Del resto già
quattro volte è stato catturato dai p i-
rati, e se l'è sempre cavata...
L'indomani sveglia alle quattro, e
dopo la messa tutti a prendere il treno.
Con mons. Versiglia e don Caravario
viaggiano cinque persone. C'è l'intre-
pida apostolina Maria Thong, 22 anni,
maestra, segretaria della gioventù
femminile, molto battagliera: pro-
messa in matrimonio secondo il co-
stume cinese fin da bambina a un
giovane del posto, ha rifiutato le noz-
ze; intende farsi suora e va in famiglia
per la visita di addfo. Poi il suo fratello
Cbang, diplomato maestro all'istituto
Don Bosco e già sposato; è rimasto
pagano e purtroppo ha poco in co-
mune con la sorella. Poi Clara, cate-
chista di 22 anni, che va a insegnare
religione a Lin Chow. Ancora un fra-
tello e sorella: Antonio (maestro cri-
stiano ma all'acqua di rose, 23 anni
sposato), e Paola, 16 anni, che lascia
gli studi e torna in famiglia.
La parte di viaggio in treno si pro-
lunga più del necessario per un'inter-
ruzione sulla linea, e in Lina sosta for-
zata mons. Vcrsiglia è avvicinato da
lre soldati che gli pongono insistenti
domande sul suo viaggio. Maria da
lontano gli fa cenno di non risponde-
re, ma ormai i tre hanno saputo
quanto volevano. La comitiva pernot-
ta nella residenza missionaria di Lin
Kong How, e il giorno seguente, 25
febbraio, completerà il viaggio in bar-
ca. Si tratta di risalire il fiume di Lin
Chow fino alla cittadina.
"Portiamo via le loro mogli!" La
barca cinese ha nella parte centrale
una specie di capanna con pareti di
bambù e di legno; dei barcaioli la
conducono. Mons. Versiglia appende
ben visibile un telo bianco con la
scritta " Missione Cattolica", che fino-
Maria Thong Su Llen, allieva clelle FMA, cale-
chlsla: Mons. Verslglla è morto per me.
ra è servito a intimorire i male inten-
zionati. E si parte: i barcaioli danno
mano alle lunghe aste di bambù e
spingono la barca controcorrente.
Sembra un viaggio tranquillo. A un
tratto lungo la sponda si i.nconu·a un
gruppo di armati intenti al gioco. Sol-
dati o pirati? O l'uno e l'altro? Mons.
Versiglia li saluta: « Avete mangiato il
riso?» E' la formula di cortesia cinese
(se uno ha mangiato riso, sta bene).
,,Grazie, l'abbiamo mangiato. E voi?»
Più oltre i viaggiatori scorgono in lon-
tananza due ruochi sulla riva, e gente
attorno. Strano, perché la giornata
non è fredda. Sul mezzogiorno si
smonta per mangiare tma ciotola di
riso. Nel pomeriggio si riparte. Dentro
la capanna su.Ila barca, Maria e Clara
ricamano, Paola invece lamenta un
mal d i capo. Mons. Versiglia sonnec-
chia, don Caravario prega con racco-
gUmento, i due giovani chiacchierano.
E la barca giunge lentamente nella
località dese1·ta chiamata Lln Tau
Tsui, cioè testa di aratro, perché è una
lingua di tena che si incunea tra le
correnti con quelJa forma. c'è uno
dei f uocbi accesi, li sono appostati gli
uomini in armi. <,Fermate la barca!» I
barcaioli sostano, dicono chi c'è sopra
e dove vanno. «Non andrete avanti se
non avrete pagato 500 dollari per il
nostro vettovagliamento».
Pagare un pedaggio in queste cir-
costanze, da parecchio tempo è di-
ventata una prassi, però quella cifra è
spropositata. Chi, pur possedendola,
di questi tempi viaggia pm1andosi
dietro una somma sinùle? Tmissionari
temporeggiano, le ragazze si rendono
conto del pericolo e pregano som-
messe.« Fate uscire i diavoli emopei»,
intìmano i pirati ai barcaioli. Don Ca-
ravario è il cassiere della comitiva,
esce e avvia quella che sembra una
normale contrattazione alla cinese. Si
parte da una cifra altissima e poi si
scende a una più ragionevole... Invece
gli uomini armati ordinano di scellde-
re a terra. e per essere più persuasivi
scaricano le anni contro la fiancata
della ba1·ca. I barcaioli accostano e
smontano, mentre alcuni armati sal-
tano a prua. Don Caravario fa loro un
inchino e presenta il suo biglietto da
visita; la r isposta è: «O pagate 500
dollari, o fuciliamo tutti». Allora in-
te1·vicne il vescovo: « Se volete, scri-
viamo a Shiu Chow, e faremo venire il
denaro». «Voi europei certo lo avete;
però se scrivi chiamerai non denaro
ma soldati. Fuori allora i dollari o
bruciamo tutto». E Lrasponano sulla
barca delle fascine.
Altri gridano: «Ammazziamo i due
diavoli stranieri!»; esplorano la barca,
e scorgono le ragazze. Allora una
nuova proposta: « Portiamo via le loro
mogli!» «Sono nostre a lunne - spie-
ga don Caravario -, e voi non dovete
toccarle». Ma quell.i urlano: « Uscite,
venite tutti a terra!» Ora le intenzioni
sono chiare: q uella tichiesta spropo-
sitata di denaro - invece del solito
pedaggio - era solo un pretesto.
Mons. Versiglia e don Caravario si
piazzano sull'ingresso e chiudono con
i loro corpi l'entrata. Allora i pirati in-
cendiano le fascine, ma la legna è
verde e mons. Versiglia con i piedi
riesce a spegnere le fiamme. Allora i
pirati sciolgono le fascine, ne estrag-
gono grossi rami e percuotono i mis-
sionari sulle braccia, sulle spalle, suJla
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3.7 Page 27

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LcMa. Poi colpbcono col calcio del fu-
cile...
Mons. Vcrsiglia a un trallo si acca-
i.cia all'indietro e travolge Clara nella
sua caduta. Ma quelli continuano a
picchiarlo. « I pirati lo baucvano cosi
brutalmente - racconterà Clara -
che io di sollo se11Livo la ripercussione
dei colpi». Poi anche don Caravario
crolla, e i pirati rimangono per un at-
timo interdelli. «Che fate Jà? - grida
una voce dalla riva -. Presto, portate
\\fa le donne•.
Bisogna distruggere la religione. Le
giovani comprendono che per loro
non c'è più speranza. Alcuni uomini
salgono da poppa, uno invita con
buone maniere Maria a discendere, e
lei si aggrappa a un braccio del \\ c-
scovo. Egli riprende i sensi, e ,•edendo
che vogliono trascinarla , ia Ja afferra
solidamente per un polso. Un pirata
col bastone bai le con violenza i,ulla
mano, finché il vescovo ricade e la
1,trella si allenta. Maria è trascinata
1uori. Mentre la ponano i.i divincola e
si butta nel fjume decisa a morire;
l'acqua è bassa, la acciuffano per le
trecce e la trascinano a terra. Poi è la
, olla di Clara e Paola, afferrate per le
braccia e .i piedi.
Uno degli armati ora, a suo modo, le
tranquillizza:« Voi siete cinesi. perché
volete seguire gli stranieri e morire? li
noi,tro capo Chang Fat-kwai abbat-
terà Chang Kai-shek, e voi non a\\ rete
più libri da studiare. Bi:.ogna distrng-
gere la religione cauolica. Ora state
buone e seguiteci. altrimenti vi am-
mazziamo». Maria si inginocchia e
prega; il pirata: «Ora non devi pregare
il tuo Dio, ma mc».
Sono falli scendere a terra anche i
"diavoli stranieri": don Caravario cc
la fa da solo, il vesco\\·o bisogna por-
tarlo giù. I pirati lnigano nelle loro
tasche, portano \\. ia il denaro e gli oro-
logi. non osano toccare l'anello e la
croce pettorale. Con una fune della
barca li legano.
Segue una strana conversazione. in
un'atmosfera tesa di smarrimento e
dolore. « Dobbiamo assolutamente
ammazzare i due stranieri», grida uno
dei pirati. E rivolto ai missionari:
«Voi, non avete paura di morire?,.
«Siamo missionari - risponde il ve-
scovo-, e perché dovremmo temere
di morire?» Allora i missionari sono
allonlanati nel folto di un bosco. Poi i
pirati costringono i barcaioli a scari-
care lutti i bagagli e a disporli lungo la
riva. Da una cassa saltano fuori dei
libri, e un pirata agitandoli in aria:
«Qucsli sono per sllldiare; se Chang
Fat-kwai vincerà non si studierà più.
Viva il Soviet!».
Cinque colpi di Cucile. Anche le ra-
ganc sono condotte nel boscheuo di
bambù, e fatte sedere poco lontano
dai missionari. Racconteranno: Don
Cara\\•ario, chinalo il capo, parlava
:.onovoce a mom,ignore. Credo che i.i
confessassero a vicenda. lo guarda\\·o
monsignore: il suo volto aveva co-
stantemente un a:.petlo di pace e d1
grazia. Monsignore c.: don Caravario ci
guardavano, ci indicavano con gli oc-
chi li cielo. L'aspcllo loro era gentile e
i.orridente, pregavano ad alta voce.
Pregavamo anche noi...».
Tornano gli armati, e don Caravario
dice: e 'oi non vogliamo che voi por-
tiate via le nostre alunne. Se volete
denaro, il padre scriverà e ne avrete
Mons. Verslglia composto nella bara, circon-
...dato dal suol mlulonarl, In attesa della rico-
gnizione uHlclale dell'au1orttà ghtdlzlarla cln•
quanto volete». Ma i pirati sanno che
ormai si sono troppo compromesi.i. e
rn,pondono: • Non vogliamo denaro.
n>gliamo amma;,.,r,are gli stTanicri,
perché se li lasciamo andare ,,ivi cer-
tamente si \\'endichcranno•.
Due pirati trascinnno via i missio•
nari, ele ragazze intuendo quel che i,La
per accadere tentano di seguirli. Ma
gli alu·i annati intervengono: « Voi
andate via! Perché ,olete seguirli?•
«Vogliamo morire con il nostro \\'C•
:.covo, e salire in cielo con lui•. E i
pirati devono fermarle con la for1.a.
Sono impietrite dal dolore.
Dopo un tratto di cammino, ì due
soldati fanno fermare i missionari.
Mons. Versiglia dice: «lo sono vec-
chio, ammaua1emi pure. Ma lui è
gio\\·ane: risparmia1elo•. E indica don
Cara\\'ario. I pirati !>Cuotono la testa e i
due missionari si inginocchiano. Al-
1.ano gli occhi al cielo e rimangono
a!>!>Orti. Intanto le tre ragazze sono
portate davanti a una piccola pagoda
bianca; poco dopo sentono rintronare
nell'aria i cinque colpi di fucile.
I due pirati poco dopo rientrano,
confermano di essere tati loro aspa-
rare. E' allora ché uno dice: «Sono
cose inspiegabili. Abbiamo visto tanti
morire, e tulli temono la morte. Questi
im·ece sono tutto l'opposto: sono
morti contenti. E anche queste raga1.-
1.c non desiderano che di morire».
E' morto per me. A sera quelli che
sembravano i Ire caporioni della ban-
da, si dividono le ragazze. C'è chi dice
che uno dei tre fosse il giovane rc-
i.pinto da Maria. Cinque giorni dopo,
l'esercito regolare si imbatte in quella
marmaglia, !..O:.tiene una breve scara-
muccia, mcllc in fuga ì pirati e libera
le ragazze. Intanto le due salme, se-
polte sulla sponda del fiume, sono
state ricuperate. La 1,era del due mar-
zo le tre ragaz:t.e si inginocchiano a
pregare davanti alle spoglie dei mar-
tiri, che hanno dato la vita nel tentati-
vo di proteggere la loro innocenza.
Due giorni dopo, le salme sono a
Shiu Chow. Al rito funebre partecipa-
no in massa anche i non cristiani. Per
la prima volta dal 1589 (inizio dell'at-
tività missionaria) la Croce passa so-
lenne per le strade della città. Le au-
torità civili accompagnano le bare,
anche il mandarino tiene il discorso:
E' meradgliosa la Chiesa cattolica
che dà alla i.ocietà sì.mili uomini viui-
me del dovere, pronti a sacrificare
anche la vita per i figli spiriwali ».
Un giorno si saprà che quel ragano
respinto da Maria aveva uno zio ira i
pirati, che i pirati del suo gruppo era-
no di ideologia bolscevica e operava-
no in streuo rappono con l'Armata
Rossa, che un piano precjso era stato
preparato e aveva cominciato a fun-
zionare con l'interrogatorio dei tre
soldati a mons. Versiglia, durante il
\\ iaggio in treno. Nel piano una cosa
non era stata prc\\ ista: che i missio-
nari in,·ece di pensare a sè avrebbero
difeso le loro alunne fino alla mone.
Un giorno Maria chiamata a fare la
sua deposbdonc per la causa di marti-
rio, scriverà sollo giuramento: «Ave-
vo sempre avuto venerazione e affetto
grandissimo per mons. Vcrsiglia. Do-
po la sua morte il mio affetto per lui è
cresciuto ancor più, perché è mono
per me•.
En zo Bianco
Il presente testo è
un condensato da
varie fonti, e princi-
palmente dal volume
(fondamentale sul-
l'argomento):
BOSIOGUIDO
Martiri In Cina
Ed. LDC 1977 Pag. 484, lire 5.500
27

3.8 Page 28

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Brevi da tutto il mondo
CINEMA * IL FILM
«DON BOSCO,. RITORNA
Dopo 45 anni dal suo primo lanclo nelle
sale pubbliche In Italia, Il film " Don Bo-
sco" del regista Goffredo Alessandrini
viene riproposto alla Famiglia Salesiana in
una nuova edizione, riveduta e corretta,
ma in nessun modo ritoccata e rifatta •· E'
Il gradito dono che il Segretariato Sale-
siano per la Comunicazione Sociale fa in
questi giorni al figli di Don Bosco, al suol
amici e simpatizzanti.
Il film era stato realizzato nel 1935, po-
chi anni dopo l'introduzione del sonoro, e
probabilmente ru Il primo film sonoro a
soggetto religioso. Il regista, a quel tempo
già ben affermato. girò alcune sequenze
che a giudizio del competenti anticipa Il
realismo del futuro Rossellini. Poté lavo-
rare con larghezza di mezzi: per ricavare I
2.500 metri del film ne fece girare 40.000,
tre volte quanto si era soliti per quell'epo-
ca. Erano stati ricostruiti 45 ambienti, ma
la maggior parte delle scene vennero gi-
rate "sul posto", nei luoghi storici (di qui
l'aspetto documentaristico, indubbio pr&-
gio del lllm). Il commento musicale porta-
va la firma di un illustre maestro, Giorgio
Federico Ghedini, oggi largamente ese-
guito nei concerti, che in quegli anni stava
maturando un suo stile personale. La
spesa complessiva, che superò I due mi-
lioni di lire. fu per quel tempi di tutto ri-
spetto. La critica accolse positivamente il
film, proponendolo come modello da Imi-
tare per Il genere religioso; e anche il
pubblico rispose
Quanto agli ambienti salesiani. ancora a
lungo nel dopoguerra il film coshtul il clou
delle feste di Don Bosco e di altre liete
occasioni. Ma col tempo le copie si anda-
rono deteriorando e guastando, e a un
certo punto si ebbe la convinzione che
non sarebbe più stato possibile rintrac-
ciare l'originale. Invece l'operazione di
recupero, condotta con tenacia di don Et-
tore Segnerl (responsabile del Segreta-
nato per la Comunicazione Sociale) e da
don Marco Bongioannl, ha portato alla ri-
scoperta. a volte awenturosa e casuale, di
tutto Il materiale originario. Con i ritrovali
negat1v1 di scena e la colonna sonora si è
proceduto a un paziente lavoro di rico-
struzione dell'Intero tilm.
Per la nuova versione. in tutto rispettosa
della prima, si è fatto ricorso alla risorsa
del "viraggio", che pur rispettando l'ori-
ginale fotografico In bianconero proietta
In qualche modo la pellicola nel mondo del
colore. Cosl li film di Alessandnnl, 45 anni
dopo il suo primo lancio, si ripresenta co-
me film di oqgl e nello stesso tempo come
interessante documento d'epoca. E si ri-
vela ancora capace di piena comunica-
zione.
Ora li "Don Bosco" viene riproposto al-
28
la visione della Famiglia Salesiana In tre
*forme diverse:
copia sonora ottica 16 mm. In virag-
*gio color seppia (due tempi);
copia sonora ottica 16 mm, In bian-
*conero (due tempi);
copia in viraggio, formato superotto
(tre tempi).
I centri della Famiglia Salesiana che
desiderano avere copia del mm possono
rivolgersi al Segretariato per la Comuni•
cazione Sociale, via della Pisana 1111,
Casella postale 9092, 00100 Roma-Aurelio
(lei. 06/69.31 .341 ).
* GUINEA EQUAT. I SALESIANI
TORNANO DOVE FURONO ESPULSI
Sette salesiani spagnoli nel gennaio
1980 sono tornati nella Guinea Equatoria-
le, paese dell'Africa Centrale che qualche
anno fa aveva espulso i figli d i Don Bosco.
e riprendono a lavorare per la gioventù.
Non solo, ma presto si recheranno nel
paese anche le Flglle di Maria Ausiliatrice.
Questo è il risultato di un profondo cam-
biamento avvenuto: Il nuovo governo,
particolarmente sensibile al futuro delle
giovani generazioni, ha chiesto la col-
laborazione del governo spagnolo nel
campo scolastico; e Il governo spagnolo
ha Interessato il Fere, l'organizzazione del
religiosi di Spagna. per realizzare nell'ex
colonia valide opere educative. Oltre ai fì-
gll di Don Bosco hanno risposto all'appel-
lo anche i Claretllanl, I Fratelli delle Scuole
Cristiane e altri religiosi
L'Ispettore salesiano di Madrid nel di-
cembre scorso è stato in Guinea Equato-
riale e ha predisposto tutto per Il rientro
dei suoi confratelli. La comunità è partita
da Madrid Il 1O gennaio scorso e si è tra-
sferita a Bata, sul continente. per occu-
parsi del collegio Enrique Novo, di una
scuola professionale, e di attività parroc-
chiali e catechistiche. Le Figlie di Maria
Ausiliatrice invece si preparano ad aprire
un'opera nella capitale Malabo, sull'isola
Fernando Poo.
La Guinea Equatoriale è una piccola
repubblica (28.000 kmq e 300.000 abitanti,
battezzati all'80%) sull'Oceano Atlantico,
divenuta indipendente nel 1968. La breve
storia della sua libertà ha conosciuto su-
bito anni difficili di tensione interna e di
violenza, di cui fu vittima anche la prima l>
* ITALIA 17 GENITORI ITALIANI
PER 17 BAMBINI INDIANI
In questi anni 17 bambini e bambine
dell' India, orfani. hanno trovato una mam-
ma e un papà in 17 famiglie aderenti al
" Club dei Centomila" (la foto mostra l'a-
nimatore del gruppo, padre Giuseppe Ba-
racca, con i bambini per una volta riuniti
tutti insieme).
Il Club. oltre a queste adozioni, manda
avanti motte altre Iniziative In favore del
terzo mondo, e durante l'Anno del fan-
c,u/lo ha provveduto al sostentamento di
300 bambini Indiani raccolti nelle opere
missionarie.

3.9 Page 29

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comunità salesiana. Giunta a Bata nel
1972, dopo qualche anno di disagevole
lavoro conobbe l'arresto di alcuni suol
membri e l'assurda espulsione di tutti. Ora
il clima è cambiato, il nuovo governo ap-
prezza l'apporto che I religiosi possono
dare all'educazione della gioventù. Signl-
flcatìvo che tra i sette salesiani partiti
quest'anno per Baia ci siano alcuni che
già avevano fatto parte della precedente
spedizione.
* RETTOR MAGGIORE TRE ORE
INDIMENTICABILI COL PAPA
• E' stata un' udienza veramente fuori
dell'ordinario», ha raccontato Il Rettor
Maggiore ai salesiani del "Corso di for-
mazione permanente". •A un certo punto
il Papa ha voluto sapere dei nostri viaggi:
allora padre Arrupe gli ha detto che io ho
viaggiato in elefante, e ho dovuto raccon-
tare tutta l'avventura». I salesiani del cor-
so hanno immortalato tutto questo con un
artistico collage, ed eccolo nella foto qui
accanto. Ma quelle tre ore col Papa furono
indimenticabili per ben altri motivi: per gli
argomenti trattatì, e soprattutto perché
indimenticabile è lui, questo Giovanni
Paolo Il.
L'udienza - ha spiegato don Egidio Vi-
ganò - era stata riservata dal Papa a un
gruppo di superiori generali delle congre-
gazioni religiose. I religiosi nel mondo so-
no 300.000, raggruppati nelle varie con-
gregazioni (le rellglose sono molto più
numerose, 1.300.000). Ben 220 superiori
generali si sono associati nell'USG, Unio-
ne Superiori Generali, e sono rappresen-
tati da un consiglio direttivo di dieci mem-
bri, che si raduna periodicamente per stu-
diare i problemi comuni. Padre Arrupe,
superiore dei Gesuiti, è presidente di que-
sto consiglìo, e don Viganò uno del dieci.
Nel novembre scorso essi si erano riu-
niti e avevano già ottenuto un'udienza dal
Papa, ma troppo breve. Il Papa aveva te-
nuto un bel discorso pubblicato poi sul-
l'Osservatore Romano, e aveva espresso Il
desiderio di un altro incontro per un dia-
logo più ampio; poi aveva dovuto partire in
fretta per la Turchia. I superiori generali
avevano già preparato seriamente I pro-
blemi da sottoporgli; al suo ritorno glielo
fecero sapere, e il Papa disse: «Vengano
mercoledl sera• .
Mercoledì 5 dicembre, verso le 18, i
dieci furono Introdotti negli appartamenti
privati del Papa. Alle 18 in punto arrivò lui,
disse «Eccomi qui, manteniamo la parola
data •, e Il fece sedere attorno a un grande
tavolo. Tutti tirarono fuori i fogli, gli ap-
punti, le penne, anche il Papa. E lui si mise
a fare un sacco di domande. I superiori
rispondevano, ognuno prendeva appunti.
Il Papa per prima cosa volle avere da loro
diverse informazioni. Poi disse: Adesso
facciamo un primo turno di Interventi,
parlate voi•. I dieci si erano già messi
d'accordo, ciascuno aveva un tema da
trattare, ciascuno parlò per 5 o 6 minuti. E
Il Papa seguiva con particolare Interesse e
con dei commenti appropriati.
L'argomento di don Viganò fu • La no-
vità di presenza della vita religiosa nella
nuova cultura •. Un tema complesso, ma al
Papa non occorrevano molte parole. E
,-
Padre Arrupe disse al
Papa che don Viganò
aveva viaggiato In ele-
fante, e don Viganò do-
vette raccontare le sue
avventure In India. Un
allegro "collage" (loto
a destra) ha Immortala-
to l'episodio. (Sulla vi-
sita di don Viganò in
India, vedere il es di
dicembre 1979, pag.
3-4).
avanti gli altri superiori con temi non meno
complessi: «Le tensioni che la nuova cul-
tura ha fatto sorgere nella vita religiosa»,
~ L'inserimento della comunità religiosa
nelle Chiese locali•, « I problemi portati ai
religiosi nelle missioni dal cambio della
pastorale missionaria operato dal Vatica-
no 11°»...
Finito il giro degli interventi « il Papa ci
ha fatto tre domande molto belle e diffici-
li». E avanti, In un secondo turno più
spontaneo, nel cercare tutti insieme di ri-
spondere. • Tutto questo è durato quasi
due ore. Poco prima delle 20 il Papa dice:
«Non abbiamo finito. Però bisogna man-
giare. lo vi Invito a cena•.
« Abbiamo lasciato le nostre valigette,
siamo passati nella sua cappellina per una
breve preghiera con lui, poi cl ha intro-
dotto in refettorio. E' stata una cena sem-
plice, condita da una conversazione inte-
ressante e simpatica. E' stato allora che
padre Arrupe ha detto che io sono andato
* STATI UNITI NUOVA PARROCCHIA
NEL CUORE DI HARLEM
Sulla fine dell'anno scorso i salesiani
hanno assunto la cura di una parrocchia
tra i neri e i portoricani di Harlem (New
York). L'arcivescovo di New York, card.
Terence Cooke, li ha espressamente
chiamati a lavorare in quel distretto "cal-
do" nel quartiere di Manhattan vicino a
Centrai Park, e il compito che ha loro affi-
dato fra una gioventù difficile e da ricupe-
rare risulta molto impegnativo.
E' questa la seconda parrocchia affida-
la al figli di Don Bosco nell'immensa me-
tropoli nordamericana: la prima, dedicata
a Maria Ausiliatrice, fu da loro accettata
nel 1898, in un quartiere densamente po-
polato di emigrati italiani, e gli inizi non
furono per nulla facili. Quei primi salesiani
girarono di casa in casa per farsi cono-
scere e invitare i probabili fedeli alla chie-
sa, ma il giorno di Natale alla messa ne
contarono dodici, e la domenica succes-
siva - particolarmente fredda - solo più
otto. Ma presto l'opera divenne frequen-
tata e piena di vitalità: anche ora ha un
In elefante. Abbiamo parlato un po· dei
tanti giri che come superiori generali ci
tocca fare, e ci slamo soffermati sulla si-
tuazione dei religiosi nelle varie parti del
mondo. In non pochi paesi è una situazio-
ne difficile... Poi il Papa ci ha Impartito la
benedizione, e le tre ore Indimenticabili
erano finite. E ci ha invitati per un altro
round•·
Che impressione fa questo Papa visto
da vicino? Da vicino - ha aggiunto don
Viganò - Giovanni Paolo Il dimostra una
carica umana fatta di umiltà, di capacità di
ascolto, di acuto intuito, di semplicità e
bontà, di interesse e dedizione pastorale:
qualità che gli hanno consentito di ade-
guare in pieno la sua ricca personalità al
suo esigente ministero ecclesiale. Il Papa
ama i contatti diretti e affronta di petto I
problemi; la sua taglia atletica si confà
magnificamente a tale coraggio. Viene
proprio da esclamare che è un Papa giu-
sto al momento giusto».
oratorio, le scuole e le più varie associa-
zioni. Il card. Cooke ha visitato la comunità
nel 1974, per le feste del 75°,
E ora Il cardinale è all'origine della nuo-
va parrocchia salesiana di Harlem. Nel
marzo scorso il Rettor Maggiore era in vi-
sita ai salesiani degli Stati Uniti, e giunto a
New York ricevette un invito dall'arcive-
scovado. Il card. Cooke lo accolse scor-
tato dai suoi tre vescovi ausiliari, e gli ri-
volse un esplicito invito a mandare i sale-
siani in Harlem. Don Viganò volle visitare Il
quartiere e concluse: «Sl, bisogna Inter-
venire, e mandare qui degli uomini molto
esperti».
Qualche tempo dopo li cardinale poteva
comunicare al suo clero e alla sua diocesi:
• Desidero annunciarvi che I salesiani di
Don Bosco hanno accettato la cura della
parrocchia di San Tommaso Apostolo
nella 118° Strada Vi porteranno non solo Il
loro metodo di apostolato giovanile, ma -
ho ragione di crederlo - il loro particolare
interesse per l'orientamento tecnico-pro-
fessionale e per le diverse scelte profes-
sionali».
Nell'ottobre scorso, a far visita agli Stati
29

3.10 Page 30

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Uniti era il Papa: dovendo recarsi al Yan-
kee Stadium, durante il tragitto volle an-
ch'egli visitare i rioni più poveri, South
Bronx e naturalmente Harlem. Era già buio
quella sera quando il Papa prese la parola.
e il card. Cooke dovette illuminare i fogli
dei suoi appunti con una lampadina ta-
scabile. «Sono venuto tra voi - disse
Giovanni Paolo Il ai neri e al portoricani di
Harlem, mentre gli 80.000 allo Yankee
Stadium si rassegnavano ad aspettare -
perché conosco le difficili condizioni della
vostra esistenza, il dolore che tormenta le
vostre vite. Sono venuto ad augurarvi che
la fiamma della speranza, dell'ultima spe-
ranza, non si spenga. Fratelli e sorelle,
non cedete alla disperazione, lavorate In-
sieme, fate tutto il possibile per difendere
la vostra dignità». E promise: «Noi vi aiu-
teremo».
Qualche tempo dopo giungevano nella
parrocchia San Tommaso i primi tre sale-
siani, e altri seguiranno. All'insediamento
del nuovo parroco - padre Antonio
D'Angelo - c'era con le varie autorità
moltissima gente a dare Il benvenuto. Ac-
canto alla parrocchia funziona già il cir-
colo giovanile; è in prospettiva abbastan-
za vicina un centro professionale, poi altri
tipi di scuole, poi altri interventi che l'e-
sperienza suggerirà. In tutto questo come
non vedere la promessa del Papa - Noi
vi aiuteremo» - che comincia a realiz-
zarsi?.
* INDIA " ORIENS" PER FORMARE
I SACERDOTI DELL'ASSAM
Con una cerimonia semplice svoltasi nel
novembre scorso a Shillong, la giovane
Chiesa dell'India Nord-Est ha compiuto un
passo avanti verso la sua autonomia e per
un futuro più tranquillo. Il 1O novembre
scorso mons. Hubert D'Rosario arcive-
scovo di Shillong ha benedetto e inaugu-
rato Il pensionato "Oriens", un edificio
moderno destinato ad accogliere i semi-
naristi delle sei diocesi del a regione.
In precedenza queste diocesi avevano
già costruito ciascuna il proprio seminarlo
minore, ma i vescovi incontravano non
poche difficoltà nel far proseguire gli studi
ai loro seminaristi: per lo più erano co-
stretti a collocarli In sem,nari di diocesi
lontane, senza che i futuri sacerdoti po-
tessero" crescere"' nell'ambiente del loro
apostolato, tra la loro gente.
Anche la Congregazione salesiana ha
nella regione le sue case di formazione, e
salesiani e diocesani hanno collaborato
per quanto possibile nel risolvere I pro-
blemi comuni. Nel 1976 I salesiani inau-
guravano nella periferia di Shillong, a
Mawlai, il loro nuovo studentato teologico,
e allora i vescovi decisero di costruire Il
vicino Il pensionato "'Oriens"': quest'ope-
ra, terminata nel maggio scorso, ospita già
i primi chierici della diocesi.
Il suo nome è scritturistico e augurale:
"'Oriens"' significa "Colui che sorge",
cioè Il sole, e In simbolo Gesù Cristo. La
nuova comunità si è scelta come motto
«To give Light», cioè «Donare la Luce»,
un programma che bene si armonizza col
suo nome.
I seminaristi diocesani dalla loro bella
casa possono, con un'allegra camminata
di soli otto minuti, raggiungere per le le-
zioni lo studentato salesiano. Salesiani
sono dunque i docenti dei seminaristi, e
anche salesiano è per ora l'animatore
della nuova comunità, padre Gervasls.
Continua cosl la collaborazione tra i figli di
Don Bosco e queste giovani diocesi mis-
sionarie. Esse in pratica sono nate dal la-
voro salesiano, hanno ancora in maggio-
ranza vescovi salesiani, ma è compito
della Congregazione collaborare al loro
sviluppo autonomo finché non saranno in
grado di camminare da sole.
E' ciò che gradualmente sta avvenendo:
la costruzione dell'• Orient, ne è prova
...
I lf
QI Hii
ITALIA* I COOPERATORI
PER I BAMBINI PIU' POVERI
Si chiama "Associazione pro gioventù
abbandonata", è nata all'insegna dell'An-
no del fanciullo, è stata fondata a Roma
nell'ottobre scorso da un gruppo di Coo-
peratori insegnanti. Essi dicono «siamo
una piccola cosa » però subito aggiungo-
no che •da cosa nasce cosa», e intatti
stanno formando una «catena• a cui man
mano tanti anelli si vanno aggiungendo.
Questi Cooperatori insegnanti, che si
ritrovano d 'abitudine presso l'Istituto Sa-
cra Famiglia delle FMA (via Appia Nuova
171 ), legano a sé come anelli i loro exal-
lievi, g li allievi, le famiglie, i simpatizzanti.
E mettono la buona volontà di tutti a ser-
vizio dei bambini più poveri e abbando-
nati•·
Ad esempio per Natale: hanno raccolto
quattro scatoloni di ogni ben di Dio (Indu-
menti, scarpette, biscotti, zucchero, gio-
cattoli, materiale scolastìco) e hanno
consegnato tutto a un asilo di bambini
poverissimi. Che esistono anche se nes-
suno ci pensa. Una Cooperatrice ha il
marito che lavora presso l'Atac (l'azienda
tranviaria romana): egli ha preso i dé-
pliants dell'Associazione, li ha distribuiti
fra i colleghi, e si sono raccolte 580.000
lire subito convertite in biancheria, vestiti
e altra roba per altri bambini. E quelli del-
1'Atac hanno promesso di riprovarci per
Pasqua. Altro materiale è stato raccolto
dagli exallievl e dagli allievi di questi Coo-
peratori insegnanti; e perché l'Iniziativa
fosse vissuta fino In fondo dai donatori,
con un pullman tutti insieme sono andati a
consegnare personalmente ogni cosa.
Altro materiale è stato raccolto e distri-
buito per l'Epifania, e la domenica suc-
cessiva si è messo in programma un
pranzetto offerto ai bambini dell'asilo del
Mandriane. Non basta: già si pensa all'as-
sistenza medica per bambini trascurati,
alla ginnastica correttiva. Ancora: si pensa
ad assicurare per quest'estate una va-
canza in colonia a altri ragazzi.
L'Associazione è stata intestata al nome
di Maria Assunta Colabella Lupino, mam-
ma di una Cooperatrice, che alla morte ha
lasciato un piccolo capitale da investire
"in ragazzi poveri". Ogni mese gli ade-
renti ali" Associazione si riuniscono: hanno
preparato un abbozzo di statuto, e trovano
sempre nuove iniziative.
Qualcuno ha detto che /"Anno del fan-
ciullo comincia adesso che è stato chiuso.
Vero.
* BRASILE 25° DEL VESCOVO
CON PENNE E DANZE
-
.~
11 moderno edificio di Shillong destinato al futuri sacerdoti della giovane Chiesa assamese.
30
Mons. Camilla Faresln, Prelato di Gui-
ratinga nel Malo Grosso, ha celebrato il
25' di episcopato nella sua Prelatura fe-
steggiato con danze degli indios Bororo e
Xavante, con le loro penne In testa e or-
namenti vari (come si vede nella foto).
Mons. Faresin, vicentino di 65 anni, si
recò da giovane chierico in missione, e ha
fatto del Malo Grosso la sua patria d'ado-
zione. Nel 1954 era ordinato vescovo
coadiutore, e due anni dopo era a capo
dell'immensa Prelatura di Guiratinga. Es-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Mons. Camlllo Faresln, prelato di Guirallnga
nel Malo Grosso, Il 25.10.1979 ha ricevuto le
"onorificenze " degli lndlo s Boror o e Xavante.
sa conta 105.000 kmq (più di un terzo d'I-
talia) e appena 125.000 abitanti (poco più
di uno per kmq).
Nella Prelatura lavora con lui anche il
fratello don Santo, salesiano. Quando
mons. Faresin partì giovane chierico per il
Brasile, la mamma lo chiamò in disparte e
gli disse: «Senti, Camiletto. Te ve' missio-
nario per salvare anime: serca prima de
salvare la tua. E se te sì en pericolo, vien
casa ca te tendo mi» (« E se sei in pericolo,
vieni a casa che a te starò attenta io•).
Sulla fine del 1978 mons. Faresin aveva
fatto visita al paese natio, e I vicentini
hanno voluto conferirgli il premio "Pro-
vincia di Vicenza 1978" assegnato ogni
anno a qualche cittadino che si sia distinto
per meriti particolarf. Ma c'è da supporre
che questo coraggioso vescovo missio-
nario, abituato alla vita rude della foresta,
a cuocersi da solo i pasti sull'Imbarcazio-
ne lungo i fiumi, abbia altrettanto gradito,
e forse di più, gli ornamenti e le decora-
zioni che hanno voluto consegnargli i suoi
indios Bororo e Xavante.
* THAILANDIA FUGA DAL VIETNAM
LA PIU' SPAVENTOSA E INUMANA
Ennesimo racconto di fuga dal Vietnam.
E' stato rilasciato da un giovane diciot-
tenne, Vu Gong Doahn, aspirante salesia-
no (cioè giovane che studia la sua voca-
zione, col desiderio di diventare figlio di
Don Bosco). Dal campo di raccolta di
Songkhla in Thailandia egli ha scritto una
drammatica lettera, a un amico seminari-
sta che la vora tra i profughi di un altro
campo. Ecco i punti salienti della lettera.
Caro Ding Xuang Thai, ho ricevuto la tua
lettera... TI ricordo molto bene, avendoti
incontrato in Vietnam al "Don Bosco" di
Thu Due...
La mia fuga dai Vietnam è stata la più
spaventosa e inumana che sia toccata a
quanti si trovano ora nel nostro campo.
Fuggimmo da Camau il 28 maggio scorso,
e ben undici volte la nostra barca fu at
taccata dai pirati thailandesi. La sesta
volta l'assalto fu particolarmente crudele.
La nostra barca misurava appena undici
metri, aveva un solo motore, e portava
trenta persone: 22 donne e 8 uominì. I pi-
rati gettarono in mare tutti gli uomini e
violentarono le donne. Il nostro capo bar-
ca, un ex capitano della marina repubbli-
cana vietnamita, fu subito ucciso.
Con il rosario In mano supplicai la Ma-
donna. Non sapevo nuotare; una forte on-
data mi spinse a fianco di un'altra barca.
Mi arrampicai su, assieme a un amico, ma
questi fu subito aggredito: un pirata prese
a percuoterlo tanto violentemente che io
fui spruzzato del suo sangue, Lo picchiò
sulla testa f inché gli occhi uscirono dalle
orbite e cadde morto. Poi lo gettò in mare.
Picchiò anche me ma non so come mi fu
risparmiata la vita. I pirati si portarono via Il
motore e fuggirono...
Perdemmo il controllo della barca.
Quattro dei nostri uomini erano morti. La
nostra deriva durò dieci giorni. la morte
era sempre in agguato: senza motore,
senza viveri, senz' acqua e In balia di due
tempeste. Avvistammo una nave mercan-
tile di nome "Weser Smoker", e ripetuta-
mente chiedemmo aiuto. Finalmente Il 6
giugno arrivammo al campo profughi di
Songkhla, io e il mio amico Dingh Trong
Hiep (anch'egli è un aspirante salesiano
come me)...
Il 15 agosto è venuto a trovarci mons.
Pietro Carretto (vescovo salesiano di Su-
rat Thani in Thailandia, ndr), e celebrò la
messa per noi. Un padre salesiano Italiano
viene a dirci la messa ogni tanto, e ci con-
forta. (Il campo Songkhla si trova non
lontano dalla missione salesiana di Haad
Yai; il salesiano forse è il parroco, padre
Francesco De Lorenzl, che dal 1977 si
occupa dei profughi: il BS nel gennaio
1978 ha pubblicato una relazione sul suo
lavoro tra i profughi, ndr).
Per favore aiutami con i mezzi che credi:
non ho bisogno di molto, mavoglio trovare
una via per continuare nella mia vocazio-
ne salesiana... E scrivici per favore,
perché questo ci rende molto felici. Vu
Cong Doanh.
(Da Ans)
* ITAUA DUE DOCUMENTARI
GIRATI DALLA SAF
Due documentari cinematogr-afici sono
stati ·realizzati durante Il 1979 dall'e-
quipe ..della "Scuola Applicazioni Foto-
grafiche" di Torino Valdocco. Il primo,
"Anche I ragazzi sono Chiesa ", ripropone
l'incontro della Gioventù Salesiana con
Giovanni Paolo Il nel 25° della canonizza-
zione di Domenico Savio. Il documentario,
di 27 minuti, presenta anche una sintesi
dell a vita del santo allievo di Don Bosco, e
risulta adatto per gruppi giovanili (specie
ADS), per commemorazioni del Papa e per
l'animazione vocazionale. L'altro docu-
mentarlo, di 55 minuti, commemora Il
centenario della Sicilia Salesiana.
Per informazioni e richieste: Scuola Ap-
plicazioni Fotografiche, via Maria Ausilia-
trice 36, 101 00 Torino; tel. 011 / 48.10.14.
I I Libreria
CIRAVEGNA GIOVANNI
Gli studenti pregano
Ed. LEC 1979. Pag. 78, lire 1400
Due classi di un istituto magistrale per
alcuni anni di seguito hanno voluto che
l'ora di religlone si Iniziasse con una pre-
ghiera preparata da uno studente. Sono
nate in tal modo delle preghiere semplici e
sincere, che esprimono i momenti di diffi-
coltà e crisi, la gioia della vita, la scoperta
di una risposta in Dio, la fiducia nell'aiuto
del fratello e In un domani di speranza.
Questo libretto vuole mettere tali preghie-
re nelle mani di altri studenti, perché siano
un modello e uno stimolo a pregare di più.
GENTILI A.. DE JAEGER J.F., CHIODI M.
Gli esercizi splriluall oggi
Ed. LDC 1979. Pag. 120, lire 2.000
Il volume presenta gli esercizi spirituali
come esperienza di preghiera, il ruolo che
la Parola di Dio ha da svolgere in essi, la
loro dinamica. E nelle ultime pagine illu-
stra sobriamente il "Ritiro Zen", qualcosa
più di una curiosità dal momento che si sta
diffondendo. Opera utile per gli animatori
del "tempi forti dello spirito".
CITELLI GIORGIO, GHISOTTI ANDREA
Flabasub
Ed. SEI 1979. Pag. 72, lire 5.500
Le fiabe si posso-
no raccontare. Si
possono anche foto-
grafare? e anche
quando si svolgono
In fondo al mare?
Questo libro dice di
si. La fiaba è delica-
ta, le foto a colori
sono splendide, la
conclusione è una
presa di contatto
molto realistica col mare, i suoi segreti, i
suoi incanti. Da questa curiosa fiaba sot-
tomarina tutta illustrata, che si chiude
utilmente con un glossarlo anch'esso il-
lustrato, i ragazzi hanno tutto da Imparare.
E qualcosa anche gli adulti.
PIVITEAU DIDIEA
Aprire I giovani alla fede
Ed. LDC 1979. Pag. 142, lire 2.500
Quante difficoltà e fallimenti nel pro--
porre ai giovani d'oggi un discorso di fede.
Tra l'altro, perché non è più tanto facile
"conoscere Pierino". E l'autore, studioso
e docente universitario, propone una ri-
scoperta di questo Pierino d'oggi, per evi-
tare un dialogo tra sordi con ragazzi che
non esistono più. Libro per catechisti e
animatori di gruppi giovanili in cerca di un
contatto più profondo e efficace con la
gioventù.
Per richieste: pag. 2 col. 2.
31

4.2 Page 32

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Ringraziano
PRIMA DI QUELLO CHIRURGICO
HO CHIESTO L'INTERVENTO DI MARIA
La mia collabora-
trice domestica sof-
friva perdite sangui-
gne di cui non si riu-
sciva a capire bene
la causa. In un primo
tempo il suo medico
riuscl a fermare il
flusso con certe cu-
re, ma circa un anno
dopo il fenomeno ri-
cominciò, e ogni cu-
ra risultò vana. Si rese necessario il rico-
vero in ospedale per accertamenti. Ma gli
esami diedero esiti enigmatici, e il medico
curante cominciò a sospettare un cancro
al rene, per cui stava pensando a un in-
tervento chirurgico. Allora volli intensifi-
care la preghiera, e insieme alla domesti-
ca ho chiesto prima l'intervento di Maria
Ausiliatrice e di San Giovanni Bosco.
Nello stesso tempo ottengo di provare una
cura prima di procedere all'operazione.
Ed ecco che alcuni sintomi del male
scompaiono, e il flusso del sangue si ar-
resta. Da quel momento l'ammalata ha
cominciato a riprendersi e poi si è ristabi-
lita completamente. L'Intervento celeste
ha risolto tutto oltre ogni aspettativa.
Perego (Como)
Lettera firmata
IL MEDICO DISSE:
LA MADONNA FACCIA IL RESTO
Mia moglie era stata ricoverata in ospe-
dale per colicistite calcolosa scoppiata e
diffusa: una situazione disperata. L' inter-
vento chirurgico fu lungo e difficile. 11 pro-
fessore ci disse: « lo ho fatto tutto il possi-
bile. La Madonna faccia il resto!» E l'ha
fatto. lo e i miei avevamo pregato tanto
Maria Ausiliatrice, San Giovanni Bosco e
gli altri Santi salesiani, che avevo imparato
a conoscere e ad amare negli anni passati
al Collegio salesiano di Milano (ricordo in
modo particolare Il mio professore don
Agostino Sala). Dopo 15 g_i~rn! mia moglie
è tornata a casa, e ora s1 e ripresa com-
pletamente.
Somma Lombardo (Milano)
F.F. exallievo salesiano
ERO COME IN FIN DI VITA
Tre anni or sono, e precisamente il 26
maggio 1976, fui colpito da trombosi ce-
rebrale, complicatasi con embolia polmo-
nare, che mi lasciò gravemente parall~za-
to. Tutti quelli che venivano a trovarmi ml
ritenevano in fin di vita; e anche se fossi
sopravvissuto, sarei ·rimasto menomato
per il resto dei miei giorni. Il pi~ ~oscient~
di questa situazione ero proprio 10: ero ri-
dotto a una larva, non riuscivo più a par-
lare, desideravo solo fare una buona mor-
te. Però mi aggrappai a Maria Ausiliatrice,
32
i nostri santi
recitando li Rosario anche solo col pen-
siero e con l'aiuto generoso di chi mi as-
sisteva. Ho continuato così con fede e
amore, e la Madonna giorno dopo giorno
sta compiendo un miracolo. Dalla carroz-
zella sono passato a camminare da solo; Il
braccio. che ancora un anno fa era senza
vita, ha ripreso a funzionare, scrivo già
con la destra, e guido, con prudenza, la
macchina. Ma il conforto più grande è
quello relativo al mio sacerdozio: ho ri-
preso a celebrare la Messa, posso predi-
care e confessare. Vogliate ringraziare
con me la Vergine santissima.
Rapallo
Don Giulio Maria Penna
DON BOSCO HA SALVATO MIO FIGLIO
Era entrato In Se-
minario, ma poi a 14
anni era uselto, an-
dando progressiva-
mente alla deriva.
Comi'lciò una vita
dissipata; passò at-
traverso tutti i disor-
dini morali; disertò il
servizio militare e finì
in carcere. A marzo
scomparve da casa e
per più di cinque mesi non si fece vedere.
Tornò in agosto, ma trasformato. Cos'è
successo? Trova lavoro in un'azienda e ci
va in bicicletta, 20 km tra andata e ritorn~
ogni giorno, lui che non voleva sa~erne d1
lavorare. Santrfica la festa, va a1 sacra-
menti, recita Il rosario ogni sera prima QI
cena, fa meditazione. La domenica sta di-
giuno mezza g.lornat~ per fare la ~omu:
nione, legge i d1scors1 del Papa, un libro d1
san Giovanni della Croce, è corretto nel
parlare... O Signore, quante lacrime per lul
in questi lunghi anni! Quanta sofferenza!
Sarà la sua redenzione? Certo lo debbo a
San Giovanni Bosco, che ho tanto invo-
cato. Me l'aveva fatto conoscere nel 1939
un gentilissimo signore, sul treno, mentre
partivo richiamato per la guerra. Veden-
domi pensieroso, mi porse un'immagin_et-
ta con una reliquia di Don Bosco. Lessi le
parole del Santo:« In fin divì_ta si raccoglie
il frutto delle opere buone•. Non l'ho più
dimenticato. E Don Bosco ha salvato mio
figlio.
Torino
Lettera firmata
RINGRAZIANO MARIA AUSILIATRICE
E SAN GIOVANNI BOSCO
Le FMA di Bessolo (Torino) per l'aiuto
materno ricevuto In un momento di parti-
colare difficoltà e durante tutto l'anno
scolastico.
Di Renzo don Francesco (Andria, Bari)
per la felice soluzione di una pratica so-
spesa e per altre grazie particolari.
Antonelli Stella (Canada) per la soluzio-
ne di un Intrigo legale senza bisogno di
ricorrere in tribunale.
Di Giorgio Antonio (Livorno) per la gua-
rigione di un compagno di terza elemen-
tare ferito a un occhio.
Novelll Aida (Scanno, L'Aquila) per gra-
zia ricevuta In disperata circostanza di
malattia.
Basile Francesco (Spadafora, Messina)
per essere guarito da una brutta frattura.
M. Vittoria (Novara) perché la figlia ha
potuto realizzare la sua vocazione come
FMA.
Castelli Alessandro (Campobasso) per
la guarigione del figlio ridotto in fin di vita.
E.G. (Varese) per la guarigione della fi-
glia da pericolosa meningite.
Maria di Jerzu (Nuoro) per la guarigione
del padre, da tempo ammalato.
Scandi/uzzi Valentina (Grépiac, Fran-
cia), che ha un figlio salesìano missionario
e due figlie suore, per aver riacquistato la
salute nonostante l'età dopo una grave
malattia.
ORA LA PICCOLA
CRESCE COME UN FIORE
L·11 aprile 1978 mi
è nata una nipotina
con grande gioia di
tutta la famiglia. Ma
lii
la festa durò poco.
-
Appena cinque gior-
ni dopo il pediatra
disse alla mamma
che la piccola era af-
fetta da un grave
male e sarebbe di-
ventata idrocefala.
La mamma ne fu talmente scossa che ne
rimase sconvolta e dovette essere ricove-
rata In ospedale. lo a casa disperata pre-
gai con tutto il cuore la Vergine Ausiliatri-
ce e i nostri cari santi Don Bosco e Do-
menico Savio. Presi l'abitino e lo misi al
collo della mamma, invocando la guari-
gione per lei e la sua creatura. Lunghe
cure e insistenti preghiere hanno ottenuto
la grazia. Ora mamma e bimba sono gua-
rite. La piccola cresce come un fiore, sana
e vivace, tra lo stupore degli stessi medici.
San Giorgio Canavese (Torino)
Domenica Poggiane
L'OCULISTA NON DAVA
MOLTE SPERANZE
Un mio nipote di 14 anni, mentre gioca-
va in giardino, si ferl con una pietra all'oc-
chio sinistro. Corse in casa col volto rigato
di sangue, spaventandoci tutti. Portato
subito all'ospedale, l'oculista non diede
molte speranze. C'era un edema alla reti-
na, e solo se il sangue si fosse riassorbito
completamente l'occhio si sarebbe salva-
to. Il ragazzo doveva stare immobile a letto
per alcunl giorni. Non riesco a descrivere
la nostra angoscia. Cominciai subito la
novena a·san Domenico Savio. Dopo otto
giorni Il ragazzo fu sbendato e sottoposto
ad accurata visita di controllo. La retina
era perfettamente a posto, e l'oculista
notò con meraviglia che l'occhio non ave-
va perso neppure un decimo di vista. Al
nono giorno il ragazzo è stato dimesso, e
ha potuto affrontare senza troppe diffi-

4.3 Page 33

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Un bel santuario di Maria Ausiliatrice negli Stati Uniti: sorge a Holy HIII (Hubertus, nel Wisconsin),
da più di cent'anni è curato dal Carmelllanl Sealzl, e è meta di frequenti pellegrlnaggl.
collà gli esami di licenza media, superan-
doli con un buon risultato.
Crotone (CZ)
Margherita Albanese
UNA PERICOLOSA CADUTA
Dopo quattro mesi di matrimonio ml
trovai in attesa di un bimbo, con gioia di
tutta la famiglia. Fin dal principio Indossai
l'abitino di San Domenico Savio, e tutto
procedette bene fino al settimo mese.
Quand'ecco, una brutta caduta mise In
pericolo me e la mia creatura All'ottavo
mese fui ricoverata in ospedale, e Il giorno
dopodiedi alla luce un bimbo. che dovette
essere portato In incubatrice. Dopo un
mese era perfettamente normale, e potei
avere l'Ineffabile gioia di stringerlo tra le
mie braccia.
Leonforte (Enna)
Silvana Colonna
LUISA E ENZO
NATI CONTRO OGNI PREVISIONE
Avevo già perduto un parto gemellare,
poi una creatura al terzo mese. e infine un
maschietto 24 ore dopo la nascita. Non si
può immaginare il mio dolore! Una mia
conoscente ml consigliò di affidarmi a San
Domenico Savio: mi diede l'abitino e il li-
bretto della novena. Non ero più tanto
giovane, ma ml affidai al piccolo santo, e
nel 1972 diedi alla luce la mia Luisa. Era
prematura, e trepidavamo, mafu salvata, e
ora ha sette anni, è vivace e intelligente,
ed è la nostra gioia.
Forte dell'esperienza fatta, anch'Io diedi
lo stesso consiglio a una vicina di casa
che, dopo due fallimenti in sette anni, non
sperava plù dl riuscire ad avere una sua
creatura. Anche lei pregò con fiducia Il
piccolo Santo, e Il 6 aprile 1979 è nato
Enzo, non si può Immaginare con quanta
gioia di papà e mamma.
Veduggio (Milano)
Lettera firmata
Fulvia e Adriano Re (Torino) ringraziano
San Domenico Savio per la grazia ricevu-
ta, e mettono la loro piccola Annarita sotto
la sua protezione, affinchévegli sempre su
di lei e sul suoi cari.
RINGRAZIANO PURE
SAN DOMENICO SAVIO
Ghidoni Nemesi Capoferri (Villongo.
Bergamo) per Il nipotino, nato prematuro e
con serio pericolo suo e della madre: si è
ripreso, e ora sta benissimo.
Platania Palmira (Pedara, Catania) per
le grazie accordate alla sua piccola, per la
guarigione del padre da grave infarto, e
per il dono di un figlio ai suoi cugini, dopo
5 anni di vana al1esa.
Saffirio Alberto (Cuneo) per il nipotino,
nato con un mese di anticipo tra serie
preoccupazioni, e ora perfettamente nor-
male.
Borlenghl Maria (Ziano. Piacenza) per il
piccolo Marco, guarito da un brutto virus
intestinale.
C.C.R (Santulussurgiu) per la nascita
del bimbo, sano e bello contro I timori
dell'attesa.
Vamini Niccoletta (Florenzuola) per la
guarigione del figlio da brutta Infezione.
HO SVEGLIATO I MIEI FIGLI
E INSIEME ABBIAMO PREGATO
Dalla Città di Cam-
pos Novos arriva una
nuova educanda. e
la comunità dell'lstr-
tuto " Maria Auxllla-
dora" l'accoglie con
l'affetto che caratte-
rizza le case salesia-
ne. Gleci Meira si
trova subito a suo
agio, nella scuola,
con le compagne e le
educatrici. Ma dopo una sola settimana
accusa forti dolori addominali. Il dottore.
chiamato d'urgenza, trova il fatto ··com-
plicato" e ordina l'immediato ricovero in
ospedale, ove un'équlpe di 5 medici defi-
nisce il caso " grave". La direttrice avvisa
telefonicamente I parenti, e corre al ca-
peuale dell'ammalata. Con tutta la fede di
cui è capace, Invoca Insieme con lei e con
tutta la comunità suor Eusebia Palomlno,
perchè si faccia presente con Il suo aiuto. I
medici intanto tentano tutti i mezzi possi-
bili, ma la morte sembra ormai vicina. A un
tratto la piccola ha un violento rovescia-
mento di stomaco. L'addome, prima gon-
fio In modo impressionante, si distende,
l'ammalata migliora, e pochi giorni dopo
può tornare al collegio completamente ri-
stabilita. Il padre, che era venuto ad assi-
sterla. confida alla direttrice: La sua co-
municazione telefonica ml è stata tra-
smessa solo verso le tre dopo mezzanotte.
A quell'ora I mezzi pubblici non prestano
servizio, e io non posso sostenere la forte
spesa di un taxi. Profondamente addolo-
rato, con mia moglie. ho vegliato I figli e
Insieme abbiamo incominciato a pregare
davanti all'immaginetta di suor Eusebia
Palomino, donataci tempo fa dalle suore d1
Campos Novos... •·
Rio do Sul (Brasile)
Suor Biondina Walchack FMA
Suor Carmela Quarleri (Vercelli) ringra-
zia suor Eusebia Palomlno per essere
stata esaudita in quaUro diverse necessità
In modo insuperabile e meraviglioso.
Antonio Garau (Palermo) afflitto da un
male doloroso si è rivolto al beato Don Rua
e a Laura Vlcuna. e si è sentito subito li-
berato.
Adele Cargnino in Fassino (Donnaz,
Aosta) ringrazia suor Teresa Valsè Pan-
lelllnl per la guarigione del marito dopo
due ricoveri in ospedale con difficoltà di
diagnosi e di relative cure.
Milena Anfossi (Imperia) ha Invocato
con fiducia Alexandrlna Da Costa per Il
marito, sofferente di dolorose coliche, ed
egli ha potuto liberarsi senza dolore di un
calcolo, evitando il ricovero in ospedale
che sembrava necessario.
Anche Ida Bigine/11 (Torino) si è rivolta
ad Alexandrlna per Il fratello parroco, in-
sieme con tutta la popolazione, e ne ha
ottenuto la guarigione, con la possibilità di
continuare il suo ministero.
HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Agliata Giuseppa - A\\i&lla Callglan, Barb&ro Sr Caroh-
na - Barcellona Teresa• Barlsano M. Grazia Ballaglla
Vittoria• Begelle Ugo - Be\\llnl Giuseppina• Boldrinl Gfu-
llana Bologna Maria eonato Silvia Bosla Paola
Borsa Studio - Bollino Agostina Brlndanl Ble& - Bruni
Fnincesco - Calabrese Pasquale• Catva,10 Angela• C•
rrustnmo Rosar,a - C8muS90 Anton,etto Cannas C1au-
dl8 - cappeuan Enna - Carelll Rosa - caro11 Anton1e11a -
Chiesa Concetta - Chlocla Faust.ne • C,rillo V'irg1fla •
Coccnlararo Palma - Colombero Oomentca Coilombo
Luigina - Oonteroo Domenlea - Agostino Domenico -
Dardaoo Giuseppina-O, FranCMCo PBS<1uale- 0 ·0nano
Salvatore-Erca Assunta Fasc1ana Provvidenza - Flhppl
V1ncen2J11a - Fregonese Ida Frogonl Giuseppe - Gar~
baldi Giorgia• Garofono Glooond1no - Glangarrà Seba·
ltlena Gugllada Pierina La Bianca Ignazia - Lo Savio
Linda - Lucçhl Emma - Luganl Giovanni - Lupo Margh&-
rlta Macchi Ambrogia- Maggio\\\\ Anna Ma\\engo Clelia·
Mancini Ida - Mandrè Giuseppe Marcogluseppe Paolf-
na - Marucco Oel!ina Masenti Maria - Meriggi Olga -
Merulla Lina - Mlcclchè Fninc:asco• Mlgtlavacca Angio-
hna Migliore Laura - Mila:uo Salvatrice• Molso Evelina -
MorUcchlO Mana. Mutll Adelaide- NICOIOSI Teresa. N.N
Terzo Nacc:o Carmela Passalacqua Maria Pellizer
Angela• Penn Elena• Petron1 Elvira• Poga Mana-Rocca
EllM R0$$8llo Orlando - Santoro M•ia • Sanllsi Anto-
nina Saporito Mana e Rosanna • Scotti Gws"!'Pina •
Spanasso Maria - Speulnza l~,ana Spina G1US8J)pina-
Tacehlno Ivana - Traversa Maria - Trlsotto Pia - Troisi
Pina - Vaste Aldo e Graziella• Velcesc:hl Amelia•Verona
Anna Viale Wanda - Vulllerm,n Marta• Zuoch Sofia.
33
1-

4.4 Page 34

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Preghiamo per i nostri morti
a superare I sacrifici e le dure prove della
vita con inallerabile fede In Dio. LII pre-
ghiera la sostenne In modo particolare
nelle lunghe sofferenze degli ultimi anni, e
l'aiutò ad accettare con coraggio la vo-
lontà di Dio.
SALESIANI
Barone Sac. Biagio t a Muuano (Biella)
a 77annl
Un Infarto lo fermò a pochi metri dalla
chiesetta di montagna ove saliva a prega-
re. E' morto In cammino, al termine di una
lunga strada percorsa nella fedeltà a Don
Bosco e nell'obbedienza generosa. Una
strada che lo vide direttore per 29 anni,
animato da spirito di servizio, assai più
pratico che teorico, capace più di trasci-
nare con l'esempio che di comandare,
pronto a carloarsl delle pene dei contra•
telll e di condividere le gioie e le ansie del
giovani, Perché credeva nel Vangelo e
nella vita religiosa: pronto a ubbidire con
tutto Il cuore In quelle cose che di tutto
cuore non avrebbe voluto fare.
Co1tablle Sac. Vincenzo t a Napoli a 72
anni
A 18 anni sentl la vocazione salesiana e
missionaria. Compi gli studi a Ivrea e tu
destinato al Medio Oriente, ove lavorò fino
al 1947 Tornato in patria, prodigò la sua
attMtà In varie case dell'lspettoria Meri-
dionale, finché un male Incurabile lo portò
alla morte attraverso lunghe sofferenze.
Ma don Vincenzo era un uomo di Dio, e
seppe accettare la croce non solo con
coraggio, ma perllno con simpatico umo-
rismo. La sua vita, consumata nella com-
pleta offerta di sé per gli altri, ha dimo-
strato quanto si possa rendere preziosa fa
nostra breve giornata terrena
Cozzollno Sac. Ciro t a Biella a 50 annl
Mente acuta, memoria tenace, si era lau-
reato alla Gregoriana di Roma In Storia
Eccle!las~ea, che Insegno poi nello Stu•
dentato Teologico di Cremisan insieme
con l'archeologia c,istlana. Sotto un
aspetto esterno modesto e dimesso na-
scondeva una bontà eccezionale, non d~
sgiunta da simpatica bonarietà pronta allo
scherzo a·ffettuoso e at fine umorismo, La
conversazione rivelava la vastità della sua
cultura, un' ottima formazione muslcale, e
soprattutto Il suo amore per Dio, ratto di
lede, di coerenza, di attaccamento ella
Chiesa e a Don Bosco. Troppo presto una
malattia Irreversibile lo porti> alla totale
atrofie cerebrale. Se ne rese conto, ne
misurò l'umiliante gravttà, e con atto
esplicito accettò quanto Di o avrebbe per-
messo, senza Il minimo dubbio sulla ma-
terna bontà della divina prowldenza.
Donato Coad. Gaetano t a Messina a 78
s.nnl
Si tece salesiano e 30 anni, e svolse con
Impegno le varie mansioni che gli lurono
affidate. Sua caratteristica furono l'esat-
tezza. l'ordine e la puntualità. DI poche
parole, rna di autentico spirito di sacrificio,
e attaccatissimo a.I lavoro, non conobbe
riposo e non si rassegnò all'inerzia. Il suo
amore alla Vergine è testimoniato anche
dalle centinaia di corone del rosario che
fabbricò e distribul, occupando cosl uti~
mente Il poco tempo libero della sua labo-
r1osa giornata.
lschla Ssc. Remo t a Mori (Trento) a 53
anni
Si era specializzato In pslcologoa, e aveva
contribuito alla fondazione del Centro di
Orientamento Scolastico e Professional e
della sua lspettorla. La sofferenza lo provi>
duramente !In da ragano. con lutti faml-
llarl, e poi nella salute . Ma era un uomo di
lede profonda: Il dolore gli affinò lo spirito
e lo rese sensibile al dolore altrui. Frutto di
questa ricca Interiorità era la gioia, pre-,
polente e schietta, che seppe donare a
tutti, insieme con la fiducia nell'affrontare
la vita.
Reggio Sac. Antonio t al Cairo (Egttto) a
76 anni
Era nato in Turchia da padre ltaHano e
madre greca. Studiò a Smirne e ad Ales-
sandria d' Egitto dai salesiani, e conquisti>
una brillante posizione nella vita sociale_
Ma nel suo cuore non si era spento Il de-
slderlo di consacrarsi e Dio come I sale-
siani che aveva conosciuto da ragazzo, e
a 27 ami lasciò le attrattive del bel mondo
per la vita religiosa. Il cambio dl vita fu
duro, ma lo affrontò sen,a tentennamenti.
E si diede all'Insegnamento delle varie
lingue che possedeva con slcureua e al-
l'emmlnistrazJone, nella quale era un
esperto. Duranle la guerra fu Il contorto di
tento l'.allanl prigionieri ctl guerra e poi te-
. .a~e ricostruttore deHe economie disa-
strate del nostri collegi. Con lui scompare
una figura dei tempi eroici dell' lspetlorla
Medi0orientale, che ora è sotto l'angoscia
della Insufficienza del personale.
COOPERATORI
Mo.ar Coad. Cornello t a San Giovanni
Lupatoto (Verona) a 78 anni
A 26 anni lasciò la sua natia Trento per
tarsi salesiano, e poi prestò un prezioso
servizio come egrlcoltore. SI specializzò
nell'arte della potatura, e mantenne una
vigoriagiovanile fin ollf8 170 anni, quando
la malattia lo costrinse a progressiva im-
mobilità Allora sperimen1ò nel suo spirito
quanto aveva operato sul tralci: « Il Padre
mio è vignaiolo... Ogni tralcio che porta
frutto lo pota, percM porti più frutto• (Gv
15,1• ~ In questa prova rivelò la sua solida
spiritualità: offersela vita per la Chiesa e la
Congregazione, sorretto dall'Eucaristia,
che sentl come fonte di forza e di gioia,
Prandl Coad. luigi t a Torino a 73 anni
Stroncato da infarto, si è spento al termine
del viaggio che da Pletrasanta lo portava a
Torino Valdocco, per lesteggiare con I
superstiti compagni di noviziato Il Cin-
quantesimo di professione perpetua. LII
sua morte è parsa a molli un appunta-
mento con Don Bosco e Marla Ausiliatrice,
nena cui Basilica ha avuto solenni ono-
ranze funebri, degno coronamento della
sua operosa giornata salesiana, vissuta
come caposarto In diverse case salesiane.
Da 21 anni era a Pietrasanta come sarto e
portinaio. Amante del lavoro, del giovani e
della musica, ha trovato In essi la piena
realluazlone di sé e della propria voca-
zione, vissuta con fedeltà a Don Bosco,
Colomblnl Oelmlro t a Formigine (Mode-
na) a E,2 anni
Aveva una fede semplice e concreta, e
sapeva calare l'Assoluto nella realtà della
vlla quotidiana. Fu padre esemplare, e
dedicò tutta la sua vl\\ a a) lavoro, alla fami-
glia e alle opere di bene. sempre disponi-
bile a Dio e agli uomini, che sapeva ac-
cettare con cuore aperto e gioioso. viveva
lo spir~o salesiano. ammirava e benefica-
va generosame.nte le opere dl Don Bosco,
orgoglioso di avere ben Ire sorelle Figlie di
Maria Ausiliatrice
De Vito Antoni a t a Taranto
Visse per Dio e per la famiglia, cui dedi cò
tutte le rlccheaze del suo cuore. Amava e
onorava Maria con la recita quotidiana del
Rosario e con la frequente Invocazione.
Trascorse gli ul1lml dieci anni nell'Immo-
bilità. ~ccettò con serenit/1 la volont/1 di
Dio, sc,s1enuta dalla solidità della sua tede
e dalla sconfinata fiducia nell'aiuto della
Madorna e di Don Bosco, di cui era pro-
fondamente devota.
Pagln Vittoria Doni t a Codevigo (Pado-
va) a 74 anni
Mamma umile, laboriosa e generosa, ha
vtssuto in p1enezi.a ti suo cris:tia.nesrmo.
Educò cpn l'esempi o I suol sei flgll, e fu
heta dr donare a Dio suor Luciana nell'I-
stituto delle Flgll e di M.A. La profonda d&-
vozione che nutrlvaper la Madonna l'aiutò
Perego Leonardo t a Monza (Mllano)a 62
anni
Professò apertamente Il cristianesimo
nella semplicità dello spirito e nella con•
cretezza della donazione a chiunque ap.
predasse a lui o alla sua famiglia per
chiedere comprensione, aiuto, Interessa-
mento lratemo. Nemico dichiarato di ogni
vaniloquio che non si concreti nella carità,
condivideva Il parere di Don Bosco che
per tare Il bene occorrono " poche parole
e molUtatti". Era felice di poter dimostrare
al salesiani che bussavano alla sua ca_s.a
l'amlc·lzia cordiale1 spontanea e concreta.
Molti di essi hanno potuto sperimentare
l'ampiezza del suo cuore anche nelle lon-
tane terre di missione. • Papà è uscito da
questo mondo a mani piene,, ha potuto
affermare il figlio Angelo.
Ragosta Michele t a Ottaviano (Napoli) a
87 anni
Fu Il vero Cooperatore salesiano. Uomo
giusto e onesto, sempre dedito al bene
della tamlglla, sen,a misurare I sacrifici.
La fiducia In Dio to sostenne nelle dure
prove della sua esistenza. che seppe af-
frontare con animo sereno, generoso e
lorte. Le sua vita lu un'autentica testimo-
manza di fede e di opere. Educò 1 suol
setteligio al san10 timor di Dio, e fu felice di
poter donare al Signore e a Maria Ausllfa-
trlce le prime tra tlglle. Devotissimo della
Madonna, la onorava soprattutto con Ja
recita quotidiana e fervorosa del santo ro-
sario, inculcando !aie devo,lone, senza
rispetto umano, anche a quanti l' awlcina-
vano. Negli ultlml anni, c0s1retto a ridurre
le sue attività, fece della preghiera e della
lettura del Bollettino Salesiano la sua abi-
tuale occupaZlone. Colpito da trombosi
cerebrale, dopo d ure sofferenze, chiuse la
sua giornata terrena.
Serra Sac. Giuseppe t a Bologna a 87
anni
Assorbi lo spirito salesiano fin da ragazzo,
come alunno dell' Istituto Salesiano di Bo-
logna, sotto l a direzione di don Carlo VI•
gllettl, Il segretario di Don Bosco, nella
conoscenza diretta e lndlmentìcablle del
beato Don Rua, e d1 altri salesiani dei primi
1empl. Portò questo spirito nella sua lunga
e operosa vita sacerdotale, come parroco
prima a Savigno. e poi per 25 anni a San-
l 'Antonio di Savena, alla periferia di Bolo-
gna. Per molti anni fu Direttore diocesano
dei cooperatori. Visse serenamente I suoi
ultimi anni tra i salesiani di Parma. Era
stato un suo vivo desiderio ritornare, come
da ragazzo, nel clima affettuoso di una
comunità salesiana, e vi profuse le sue
doti di direzione spirituale, di pietà esem-
plare, di Interiorità e sorridente amabllltà,
di ,elante aposlolato, ricambiato da stima
e affetto fraterno, da autentica venerazio-
ne.
A quant i hanno chiesto Informazioni, annunciamo c he LA DIRE-
ZION E GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, ricono-
sciuta giuridicament e con D .P . del 2-9- 1971 n. 959, e L ' ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO. avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13- 1- 1924 n. 22, possono legalmente r i-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se s , t ratta d'un legato: • ...lascio alla D1rez1one Generale Opere
Don Bosco con sede In Roma (oppure all'lstìtufo Salesiano per /e
missioni con sede in Torino) a titolo d i legato la somma di lire...,
(oppure) l'immobile sito In... per gll scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente di assistenza e beneficenza, d i istruzione e educazione, di
culto e d i religione ·
- se si tratta invece d i nominare erede d i ogni sostanza l'uno o
l' altro d el due Enti s u indicati.
.annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. N omi-
n o mio erede universale la Direzione Genera/e Opere Don Bosco con
sede In Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede In
Tor,no) lasciando a d esso quanto m i appartiene a qualsiasi titolo, per
gll scopi perseguit i dall'Ent e, e p articolarmente d i assistenza e bene-
hcenza. di istruzi one e educazione, di cul to e d i r eligione •.
(/vogo e date)
(firma per disteso)
34

4.5 Page 35

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80f'sa: Maria Ausiliatrlee e Don Bosco,
con riconoscenza. a c urn di Gal Adela,de,
s. Damiano d'Asti L. 1.000.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, per ringrazia-
mento e invocando protezione per tutta la
Famiglia. a cura di P. ed E.P.• Torino L.
1.000.000
Borsa: Ma,la Auslllatrlce e Santi Selesta-
nl, a c ura di Guarnacda Rosaria, Pletra-
perda (EN) L 500.000
8 0f's.a; Marta Auslllatrlce, S. Giovanni
Bosco, $. Domenico Savtt>, chiedendo
preghiere, a cura di N N.. Prnto (FI) L
500.000
Bors.a: Don Samuele Vostl, e cura dt vestì
P,a e nipoti, Gerra Piano, Svizzera L
250.000
Borsa: Don M,chelangelo Fava In memo-
ria.a cura di Zanetta Giovanna ved. Scotti,
Ivrea (TO) L 150.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bosco, in
su/lraglo del defunti, a cura di N.N L .
150.000
BOf's.a; Maria Au.1matrlce, Don Bosco e
Zefirino Namuncurà, per o ttenere una
grazia, a cura do N.N.. Vena d'Alba (CN) L.
150.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Oon Bosco,
per grazia ricevuta, a cura di N~sp0U Ma-
ria, zanlca (BG) L 150.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi Salesla-
nl, In memoria dello zio Anton,o e Invo-
cando protez;one, a cura dei Coniugi Ser-
rino, Bra (CN) L 150.000
Bo,s.a: Maria Ausmatrlce e S. Giovanni
Bosco, in ringraziamento 9 supplicando
prorazione, a cura di Colonnello Broèll.
Molano L 100.000
Boroa: Maria Ausiliatrice, In sulfrag/o del
f1gllo Maurizio, a cura di Revlgllono Gio-
vanni e Famiglia, Borgomasino (TO) L.
100.000
Solidarietà m1ss1onar1a
Borse di studio per giovani missionari salesiani
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Borsa: Don Bosco. Don Rua, invocando
benedli,onl sufla mra azienda. a cura di
Pasquino Giancarlo, Torino L 90.000
Borsa; Divina Pf ovvldenza, a cura di Bo-
g llone Francesco. Torino L 90.000
Borsa: SS. Cuori di Gesù e di Maria,
perché ci proteggono in vita e in morte, a
c ura di N .N., Riva di Chieri (TO) L 85.000
Borsa: In suffragio del defunti della ram,-
glia Tesoo-Perlo L. 77 000
Borsa.: Maria Ausiliatrice, S. G . Bosco e S.
Domenico Savio, ìmpforsndo grazie ur•
genti, a c ura di Rosseul Maria, Marane
Vie. L 60 000
Borsa: Maria Auslllattlce. Santi Saleslanl.
Papa Gi ovanni, continuate ~d aiutare le
m,a lamlglla, a cura diBeuazzJ Margheri1a,
Genova L 60.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Salesia-
n i, grazie e continuate a proteggerci, a
cura di Salussolìa Olga L 60.000
Borsa: Don Bosco, In rin.grazlamento per
lavori ricevuti. a cura della famiglia Pena-
zio-Ferrero L 60 000
Borsa: S. Domenico Savio, rmgrazrando
perla nascita cJ, vn angioletto a chiedendo
protez,one perI 9er111orl1 a cura di Baralelli
Luigia M , Baveno (NO) L 60 000
mia famigUa, a cura dì Curone Oe MicheH
Clotilde, Roma
Borsa: M11rla Auslllatrlce e S. Giovanni
Bosco, im·ocando protezione e In suf!ra•
glo del defunti. a cura di Santiano Matilde
Elvira, Pinerolo (TO)
Borsa: Mari a Ausll!atrfce, a cura d1 Bettiol
Ennoa. Tarmo
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco. In memoria e suffragio di Michele,
a cura della moglie o della famiglia
Borsa: Marta Auslllalrlc• e Don Bosco, a
cura d, Zanottl Ma,ia Cernteiio, Castel
Volpino (BG)
Borsa: Maria Ausmatrlce. S. Giovanni
Bosco, Papa Glova.nnl, mvocando prore-
z1one e ,n~u,tragio de, defunti, a cura d1 M
Mar . Saluggia (VC)
Borsa: In sul/rag/o di Eltore Maccagno. a
cura di N.N.. Bra
Borsa: S. Domenico Savio. a cura della
famiglia De Giorg\\ Giorgio_
Bon;a: ..Gacom/no ". a cura di N N.. Mede
Borsa: Merla Auslllatrl ce e Oon Bosco,
per graz,a r,ce\\luta, a cura del Gen Gia-
como Ferrero. Varese
Bor.a: Maria Auslllatrlce e Oon F, Rlnaldl,
Borsa: Maria Auslliatrlce, In suffragio di
Gio11anna. a cura di N N
Borsa: S. Giovanni Bosco, In suffragio di
Gio11anna, a cura di N N
Borsa, Ma,la Ausiliatrice e S. Oomenlco
Savio, per grazla rtcevuta, V. Oglianico.
Borsa: 5- Giovanni Bosco, per graz,a r~
Cf3VUta e mvocando protezione, a c ura d i
Pistoia Giuseppe, Vigevano (PV)
Borsa: Marra Austllatrlce e S. Giovanni
Bosco, par ringr8liamento. a c ura di
Ruaro Dino, Roma
Borsa: Maria Auslliatrice e S. Gi ovanni
Bosco, ringraz;ando per scampalo peri-
colo mortale. a cura di Crosaz:zo Rizzollo.
Borsa: Maria Ausiliatrice, Oon Bosco, Ze-
firino Namuncurà, per ottenere vna gra-
z,a, a cura di N.N , Vena d'Alba (CN)
Borsa: Maria AusUia!Jlce, S. Giovanni
Bosco. per grazia ricevu~. a cura d1
Trucco Attillo, Montà d'Alba (CN)
Borsa: Maria Avslliatrlce, S. Giovanni
Bosco, S. Domenico Savio. fmplorando
protezione; a cura di N N .• Torino.
Borsa: Maria Auslllatrlee, S. Giovanni
Bosco. per grazia ricevuta, 1mplorancJo
protez1onf1. a cura di Sante Teresa. Reg-
gio Emma
Borta: Maria Ausltiatrlce, S. Giovanni
Bosco. a cura di Guallni Clara, Torino
Borsa: S. Giovanni Bosco, In su ffragio del
figi/o Maurizio, a cura di Reviglfono Gio-
vanni e Famiglia, Borgomasino (TO) L.
100.000
Borsa: Beato o. Rua, ,n svflraglo del /lgl,o
Maunz,o, a cura di Revfgliono Giovanni e
Famlgl1a, Borgomasino (TO) L. 100.000
Bona: S. Domenico Savio, In sulfraglo del
t,glio Maurizio, a c ura dì Revlgllono Gio-
vanni, Borgomasino (TO) e Famiglia L
100.000
Bofl.a: S.a Maria Mazzarello, in suffragio
del figlio Maurizio, a cura di Revlgllono
Giovanni e Fam. Borgomasino (TO) L
100.000
Botsa: al/a memona d, Don Lu1g1 Ribaldo--
ne, Mrss,onar,o Salesiano, a cura dl Pa-
vlolo Prof. Angelo, Cuorgnè (TO) L
100.000
Borsa! Maria AuaUlatrke e Don Bosco, m
sul/rag/o di Maria Clotllde e Implorando
protezione~ a cura dl Viziate Secondina,
Torino L 100.000
Borsa.: Maria Auslllatrlce. S. Giovanni
8oa:eo e S. Domenico Sai;ito, ringraziando
e Invocando ancora protez,one, a cura di
N N.. Pancalieri (TO) L. 100.000
Borsa: In memoria QiAlma Bracco, a cura
di Ida Bracco Perrone, MIiano L 100,000
Borsa: S. Cuo,e d i Gesù, Ma,la Auslilalll
ce, s. Giovanni Bosco, a curn di Pastai
Egidio, Roncegno (TN) L 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, In suffragio dei miei geniton. a cu-
ra di Petrarcia Dr. Matteo, Pelleuano (SA)
L 100.000
8or$8: Don Bosco, con grande ricono-
scenza, a cura di Vince Giovanni L
100.000
~
Ragazzo lillpplno delle scuole professi onali sale.siano.
Borsa: Don Bosco, a cura di Pa,at Ao$ìna,
Aryier (AO) L. 55 000
BORSE DI LIRE 50.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e S.
Oomenl co Savio, per grazia r,cevuta, a
cura di Campione Carmela, Nicosia
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giovanni
Bosco. implorando protezione, a cura di
Bramati Luigia, Monza (Ml)
BOfsa: Don Bosco, proteggi mia figlia e la
a cura di Nicola M. Irene, T otino
Borsa: Per Misslonar, Salesiani, a c ura di
Valra Giuseppe
Borsa: Don Bosco, a cura di N.N.
Borsa: In memoria di Don Marco A/eia/I, a
cura di Barengo Domen ico, Bosc/\\etto di
Chivasso (TO)
Borsa: S, Cuore di Gesù, Maria Ausiliatri-
s. ce, Giovanni Bosco, In sullrag,o d, mio
marito e implorando grazia particolare. a
cura di e.e. I Torino
80f'U: Beato M. Rua, pergrazia ricevuta, a
cura di N N., Torino
Bona: M erla Ausiliatrice, In sulfraglo Cli
Reno/lo Mar,a, a cura del ma,lto e della
figlia Giovanna.
Borsa: Maria Ausfllatrlce, S. Giovanni
Bosco, per grazia n·cevuta e Jmplorando
p rotezione, a cura di Borgetllno Augusta,
Torino.
Borsa: Oon Bosco, a cura do Bragadln
Luigi, Udine.
Borsa: In memoria cJI Alina Bracco, a cura
dì Lantranchl Margh erita, Milano.
Borsa: Maria Auslllalllce e Oon Bosco,
per grazia ricevuta, a cura di B.I., Reano
(TO)
Borsa! S. Giovanni Bosco. a cura di
M.GP
Boraa: SS. Cuori di Gesù e di Maria, m
suffragio dei miei defunti e Invocando
continua protezione, a cura di Colombano
Renzo. Vlgnale ( AL)
Borsa: In suffragio di Eleganl Pasqual/na e
Ferrero Giovanni, a cura della figlia Maria
Magda
Bm sa: Beato Michele Rua, Invocando
graz,a tsnto attesa# a cura di N~N.
8 0f'sa: Don Bosco, a cura di Francesco
Lucia, Aosta
Borsa: Maria Ausiliatrice e Oon Bosco,
per prorezlone In vita e In morte, a cura di
Sironi Natalina, Casa1enova (CO).
Borsa: Maria Auslllatrlce, Santi Saleslanl1
Papa Giovarmi, per grazia r/cevura e In-
vocando protezione, a cura di Franzi Emi-
lia, Gragnano (NA).
Borsa; Maria Ausillalrlce, S. Giovanni
Bosco, m suffragio del nonni, zii e cugino
P,erlno, a curn di N .N.. Chivasso
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giovanni
Bosco e $ . Domeni co Savio, in suffragio
d&lla mamma e Invocando protezione, a
cura di Torti Adele, Robbio (PV)
35

4.6 Page 36

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inviare a:
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