Bollettino_Salesiano_198001


Bollettino_Salesiano_198001



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ANNO 104 N . 1 1• QUINDICINA • 1 GENNAIO 188D
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° 170J
RI V I STA O ELLA FAMIGLIA SALESIANA FO NOATA' DA SAN GIOVANNI BO se □ N E l 18 77
Dalle memorie
di un ragazzo
dell'Oratorio
divenuto
missionario
e vescovo:
mons. Giacomo
Costamagna

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Sommario
1 GENNAIO 1980
ANNO 104- NUMERO 1
La copertina: Don Bosco (ricamo
di suor M. Ludgera - Monasterodi
Reute, Germania, 19TT)
Servizio di coper11na: pag. 16-20
LE 01:.C
Lettera di Don Viganò alla Famiglia Salesiana:
Educare facendo gruppo, 3-5
Strenna del Rettor Maggiore per l'anno 1980, 3
La vostra autorità diventi amicizia, 21
LE FORZE
Missioni. Il nostro sassolino nel grande edificio, 14-15
In missione non si Invecchia? 28
Stampa.• Ho fiducia •• dice Don Viganò alla Sei, 28
L'AZIONE
Argentina. I ragazzi del "Centro di arti creative", 29
Bolivia. Nella notte Dio ha marciato con noi, 11
Brasile. Maria Fonseca stile Don Bosco, 25
India. Il bramino Ashlm parta di Gesù. 30
!talla. Dal teatrino alla celebrità, 8-1 o
Buazzellf: i ragazzi non giocano più a questa llberté, 1O
Un centro giovanile nel paese di Pio IX, 29
Lettera di Michela a Don Bosco, 31
Il prof. Corradi e l'Unione Don Bosco, 31
Per padre Mantovani monumento e forma di cuore. 31
Messico. I "Quaderni educativi", 31
Spagna. La casetta di Don Bosco In terza edizione, 6-7
Scuola universitaria per formare gll educatori, 30
Stati Uniti. Janette ce l'ha fatta, 12-14
Swaziland. Un progetto per i ragani della strada, 28-29
IL PASSA J
Mons. Giacomo Costamagna. Don Bosco ti ricordo, 16-20
Storia salesiana. Correva l'anno 1880, 26-27
RUBRICHE Libreria, 5 e 24 - Educhiamo come Don Bosco,
21 - Ringraziano i nostri santi, 32 - Preghiamo per I nostri
morti, 34 - Solidarietà fraterna, 35.
VIGNETTA •DIECI E LODE•
2
BOLI.ETTINO
SA ES ANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
!ondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informazione e cultura religiosa
DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCO
Collaboratori. Giuliana Accornero - Pietro Ambrosio - Marco Bon-
gìoannl - Teresio Bosco - Ella Ferrante - Domenica Grasslano -
Adolfo L0Arco
Fotogralla Antonio Gottardl
Archivio salesiano: Guido Cantoni• Archivio Audiovisivi LDC
Dltfusione Arnaldo Montecchio
Fotocompoalzfone e Impa ginazione
Scuola Grarlca Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Torino
Autortuazlone Tribunale di Torino n. 403 del 16 2.1949
L'EDIZIONE DI META' MESE
del BS è particolarmente destinata al Cooperatori Salesiani
Redattore don Armando Buttarelll, Viale del Salesiani 9, 00175 Ro-
ma Tel (06) 74.80.433.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
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- le Missioni attraverso la Solidarietà fraterna o altre forme

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LETTERA DI DON VIGANO'
ALLA FAMIGLIA SALESIANA
Ogni anno a gennaio, sull'esem-
pio di Don Bosco, Il suo Succes-
sore invia a tutti I membri della
Famiglia Salesiana una lettera
contenente un messaggio e un
programma: la Strenna per l'anno
nuovo. L'argomento scelto dal
Rettor Maggiore per il 1980 è Il
rilancio dell'associazionismo
glovanlle.
Il Aettor Maggiore " fa gruppo•· con i r.19aul (e
Guadala)ara, Mes.ico, 11178).
Educare facendo gruppo
e ari Amici della famiglia Salesia
na, porgo a ciascuno il mio au-
gurio per il nuovo anno che il Signore
vorrà benedire. E vi presento - se-
condo la familiare tradizione che ti-
sale a Don Bosco - la Strenna per il
nuovo anno.
Questa strenna è un programma,
che riprende e sviluppa - come po-
tete vedere - quello già assumo nel
1979, richiamandoci ad alcune "mo-
dalità tipiche" dello stile saJesiano da
praticare.
li progetto educativo di Don Bosco
comprende tutta la noslra prassi edu-
cativo-pastorale e la sua ispirazione
profonda Conviene ora che, dopo
aver fissato la nostra attenzione, du-
rante l'anno scorso, sulla sintesi di at-
teggiamenti che esso comporta, ci de-
dichiamo a rivedere e ad attuare al-
cune delle modalità in cui si concre-
tizza.
E' un fallo che i problemi, che han-
no come principali protagonisti i gio-
vani, si vanno sempre più accentuan-
do. Siamo di fronte a una situazione
drammatica. Molti giovani cercano di
individuare le responsabilità e punta-
no il dito (magari anche al di del
giusto) su istituzioni, contenuti cultu-
rali e persone. Questo disagio giova-
nile, che già sta preoccupando educa-
tori, sociologi e psicologi, non può non
richiamare l'attenzione della Famiglia
Salesiana.
E' innegabile, però, che non pochi
tra i giovani si sforzano anche di af-
frontare i suddetti problemi in forme
diverse, secondo sensibilità, situazio-
ni, ambienti, territori e culture, risco-
prendo i grandi ideali e nuove re-
sponsabilità religiose umane e sociali.
lottando e pagando di persona. Urge.
dunque, saperli animare e sostenere.
Una presenza di amiclzia. Per Don
STRENNA DEL RE TIOR MAGGIORE PER L'ANNO 1980
Continuare l'Impegno del
RILANCIO DEL PROGETTO EDUCATIVO DI DON BOSCO
SOPRATTUTTO NEI GRUPPI E MOVIMENTI GIOVANILI
realizzando e approfondendo due modalità tipiche salesiane:
* UNA PRESENZA DI AMICIZIA
che animi e aiuti a maturare i giovani (l'assistenza),
* LA CREAZIONE DI UN AMBIENTE EDUCATIVO
che sviluppi una ricca esperienza di valori umanJ e cristiani (lo
spirito di famiglia).
Don Egidio Viganò
Bosco l'amore ai giovani si manifesta
nella presenza fisica e operativa tra
loro. li suo senso di concretezza lo al-
lontanava dalle sole dichiarazioni di
affetto e lo por1ava alla conviven1.a.
Essa richiedeva un'ascesi interna ed
esterna, suscitava sintonia e confi-
denza, offriva aiuto amichevole,
esperienza di vita e tesùmoniam;a
completa: di rapporti, di ideali, di fe-
de. Superava cosi la prestazione "e-
ducativa" puramente professionale,
esterna; educare per lui diveniva
un'esperienza di grazia. Al ragazzo e a l
giovane giungeva un richiamo al co-
raggio e alla crescita attraverso la
presenza di un amico.
Forse non a tulli risulta familiare la
"carica" umana e cristiana di quel ti-
po di presenza educativa, che nella
nostra tradizione si è chiamata "assi-
stenza". Sappiamo bene che Don Bo-
sco senll e soffr\\, negli ultimi anni
della sua vita, pensando che questa
espressione così caratteristica del suo
stile potesse essere svuotata del suo
genuino significato.
Oggi, nel rilancio del suo "Sistema
Preventivo". si è voluto ricomporre
sinteticamente quel concetto di "assi-
stenza" con una serie di parole p
vicine aJJa nostra comprensione: pre-
senza di amici.zia, convivenza anima-
trice, compar1ecipazione attiva e soU-
dale, bontà che suscita confidenza; il
tutto attraverso il veicolo di una carità
di amorevolezza. li senso di "una
presenza di amicizia", suggerito dalla
Strenna come modalità tipica dello
stile salesiano, è dunque un compito
esigente che preme a fondo sulla no-
stra vocazione, ossia sui nostri mi-
gliori ideali di discepoli del Cristo, di
3

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consacrati, di impegnati a prediligere
e a servire evangelicamente la gio-
ventù.
Formare un ambJente educativo. li
concetto concreto dell'amicizia era
però orientamento da Don Bosco a
creare un clima stabile di rapporti, di
incontri e di compagnia, in cui ab-
bondasse una coscienza di mutua
simpatia e un interscambio vitale,
quasi potesse costituire una specie di
legame di parentela: è ciò che lui so-
leva chiamare "spirito di famiglia".
Non è facile creare un simile "am-
biente" oggi, fuori di quelle istitutloni
educative chiamate "internati", or-
mai assai ridotti di numero. Eppure è
una modalità tipica dello stile salesia-
no quella di saper creare dovunque
coi giovani un ambiente educativo.
L'ambienteinfluiscesu di noi anche
quando non ci pensiamo. Esso offre
orizzonti, valori, testimonianze, dife-
se, atmosfera di riflessione, coraggio,
stimolo alla conversione, percezione
costante di mete ideali, appoggio e
speranza. E' !'«eco-sistema• in cui vi-
viamo, e alla cui luce è più facile for-
mulare e valutare progetti di vita. Le
idee che circolano massivamente nel-
1'opinione pubblica e nello spazio cul-
turale in cui viviamo, vengono ricicla-
te in ambienti minori; e all' interno di
essi sono reinterpretate, ridimensio-
nate, criticate, assunte o respinte.
L'ambiente in cui il giovane si sente
accolto e coinvolto, lo stacca dalla
massa anonima e lo aiuta a formulare
scelte e a vivere valori personaliz7,ati.
Parlando cosi dell'«ambiente edu-
cativo•, non intendiamo tanto riferir-
ci agli elementi materiali e organina-
tivi (anche se questi hanno un loro
non disprcaabile innusso sulla for•
mazione di tale zona di attrazione},
ma al tessuto cli rapporti personali.
alle iniziative di convivenza, ai pro-
grammi di partecipazione, ai tempi e
agli incentivi di convergenza, ai centri
di interesse, alle proposte di ideali e
alla visione gioiosa e promettente di
una vita non solo riuscila, ma anche
veramente utile nella storia.
Urge S\\'Cgliarsi e inquietarsi per
creare un simile " ambiente". A tale
scopo è indispensabile, oltre la fanta-
sia e una sana creatività, coltivare in
noi educatori una forte spiritualità
salesiana, che infonda alle nostre per-
sone un vero campo magnetico capa-
ce di creare intorno a noi una zona di
attrazione educativa.
Due moda1ità da coltivare Insieme.
"Presenza di amicizia" e "ambiente
educativo" sono due esigenze assai
concrete, che possono impegnare non
soltanto coloro che lavorano in istitu-
zioni educative ma anche chi segue i
propri figli e vuole educarli ispiran-
dosi. al progetto pedagogico di Don
4
Bosco.
Mi sta particolarmente a cuore far
notare che queste due modalità sono
tra loro complementari. La "presenza
d'amicizia" mette in rilievo la bontà
del cuore, la sincerità nei contatti, la
spontaneità della predilezione, l'intui-
zione dei bisogni e delle situazioni, il
discernimento delle persone, l'intel-
letto d'amore che previene, la capa-
cità dì perdono di pazienza di ottimi-
smo e di incoraggiamento, il rispetto
dei gusti, la capacità di amare ciò che i
giovani amano: in una parola, uno
stare con che desta istintivamente la
mutua fiducia e promuove la confi-
denza e l'affetto verso l'educatore.
L'«ambiente educativo» si rapporta
invece ai valori da far circolare in un
gruppo, agli ideali da condividere in-
sieme, agli interessi che stimolano
l'incontro e l'interscambio, alle co-
muni iniziative da programmare, al-
!'esperienza comunitaria di gioie, di
problemi, d i cultura, di preghiera e di
ricerca. Si rapporta aJJa percezione e
all' approfondimento di alcuni prin-
cipi basilari e di alcuni criteri me-
todologici che costituiscono come il
denominatore comune della coesione
del gruppo, alla convinzione di star
crescendo in una comunione che va
evolvendo il gruppo verso una co-
scienza di comunità che stabilisce dei
legami di parentela educativa. I n una
parola è il "creare un'atmosfera", che
porta a respirare insieme aria buona e
a irrobustire la crescita cristiana delle
persone.
La presenza d'amicizia e l'ambiente
educativo, coltivati simultaneamente,
sono esigenze pedagogiche del servi-
zio salesiano alla gioventù, soprattut-
to alJ'intemo dei Gruppi e Movimenti
giovanili.
Gruppi e Movimenti. La Strenna
ora presenta queste due modalità, ti-
piche dello stile salesiano, come
obiettivi da raggi.ungere particolar-
mente nell'esperienza comunitaria dei
Gruppi e Movimenti giovanili. Se ri-
flettete con attenzione sul testo della
Strenna, scoprirete facilmente che ho
voluto proporre con essa un.forte ap-
pello al rilancio dell'associazionismo,
in adesione all'esplicito invito che il
Papa ci ha rivolto in pia7,za San Pietro
lo scorso 5 maggio 1979.
Quel giorno il Papa ci ha parlato
dcli'ocurgente bisogno di rinascita, av-
vertito un po' a tutte le latitudini, di
validi modelli di associazioni giovanili
cattoliche. Non si tratta - egli ha
precisato - di dare vita a espressioni
militanti prive di slanci ideali e basate
sulla forza del numero, ma di animare
delle vere comunità, permeate di spi-
rito di bontà, di reciproco rispetto, di
servi.zio, e soprattutto rese compatte
da una stessa fede e da un'unica spe-
ranza... Le associazioni giovanili stan-
no rifiorendo: il Papa vi esorta a esse-
re fedeli, perspicaci, ricchi di g,mialità
in questo sfor1.o di dare respiro sem-
pre più ampio a tali sodaliz.i. E' un
invito pressante, che rivolgo a tutti i
responsabili dell'educazione cristiana
della gioventù, cioè degli uomini di
domani• (Osservatore Ramano, 7
maggio 1979).
A Puebla i Vescovi latino-americani
hanno parlato di comunione e parteci-
pazione; l'Associazione dei LCologi
italiani ha parlato a Roma di compa-
gnia e conversione; già il Concilio Va-
ticano Il aveva parlato di responsabi-
lità e partecipazione, soggiungendo:
«L'educazione dei giovani, di qualsia-
si. origine sociale, deve essere impo-
stata in modo da suscitare uomini e
Una magltetta sportiva lndoHo, come tanti anni
fa, e un pallone: li Rettor Maggiore •• che anche
quetta coae s&Nono a"far• gruppo".
donne non tanto raffinati intellettual-
mente, quanto piuttosto di forte per-
sonalità, come è richiesto insistente-
mente dal nostro tempo. Ma a tale re-
sponsabilità l'uomo giunge con diffi-
coltà, se le condizioni della vita non gli
permettono di prendere coscienza
della propria dignità... •, e se non si
stimola «la volontà di tutti ad assu-
mersi la propria parte nelle comuni
imprese• (Gaudium et Spes, n. 31).
Tutte queste differenti espressioni ci
devono servire come un'indicazione
valida per la promoiione dell'associa-
zionismo.
Scrivendo ai miei confratelH sale-
siani, dicevo Loro che in varie regioni

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dove lavoriamo tra i giovani •Si è riu-
sciti a reimpostare l'esperienza asso-
ciativa: ricomponendo un'aggiornata
unità tra Cultura e Vangelo; un con-
veniente equilibrio tra protagonismo
dei ragazzi e dei giovani, e l'urgenza di
animazione spirituale e pedagogica di
appoggio e di collegamento; una rin-
novata armonia tra La responsabilità
di una giusta autonomia da parte dei
giovani, e gli apporti della presenza e
del ruolo animatore degli educatori;
uno spontaneo interscambio tra la
circolazione delle esperienze concrete
dei giovani, e la proposta program-
mata di contenuti illuminati"·
Diamoci dunque da fare - sull'e-
sempio e in fedeltà all'esortuione del
Papa Giovanni Paolo II - a rilanciare
salcsianamente l'associazionismo
cattolico: facciamolo realizzando e
approfondendo in esso le due moda-
lità tipicamente salesiane del progetto
educativo di Don Bosco. Non dimen-
tichiamo che la santità del ragazzo
Domenico Savio culmina a Valdocco
nel fatto della fonda,done di un'asso-
ciazione giovanile, la "Compagnia
dell'Immacolata".
A piena eslsten:ia. Credo che i più
coscienti membri della Famiglia sale-
siana abbiano compreso da tempo,
che per realizzare questo progetto
educativo alla maniera di Don Bosco
bisogna dare la vita intera, a piena
esistenza, ventiquattro ore su venti-
quattro. E' la nostra "santificazione",
la nostra "estasi dell'az.ione". Senza
cadere in un attivismo estrinseco di
stakanovismo materialista, si tratta di
realizzare senza tregua ciò che ra il
lievito nella farina: abbiamo tanti
giovani da promuovere, abbiamo una
cultura da ripensare, abbiamo una
società da trasformare con il Vangelo
di Cristo. Questo è il nostro lavoro
sanlificanle, permealo del dialogo con
Dio nell'ascolto della sua parola e
nell'esplosione della preghiera.
Quando si opera in profondità, nel-
l'integrale donazione di alimentata
dall'Eucaristia, nella convinzione di
realizzare il disegno del Padre, e si è
docili al suo Spirito, allora si vive il
Vangelo. è la santità che Don Bosco
suggeri al primo "leader" di quel
Gruppo o Movimento giovanile del-
l'Oratorio che si chiamava " Compa-
gnia dell'Immacolata". Noi sapremo
rilanciare l'esperienza comunitaria
dell'associazionismo se coltiveremo
nel nostro cuore, alla scuola di Don
Bosco, questo tipo di stile evangelico.
Carissimi, a tutti il mio affetto, e il
mio augurio di Lmpegno e di esito nel-
l'applicazione della Strenna.
Buon anno e buon lavoro!
Cordialmente nel Signore.
Don Egidio Viganò
Rettor Maggiore
Libreria
DESRAMAUT F. MIDALI M. (a cura di)
SI'
01'1"'
Ed. LDC 1979. Pag. 286, lire 5.000
Ogni due anni un gruppo di studiosi ed
esperti sì riunisce per una settimana. a
trattare un tema di Interesse per la famiglia
salesiana; gil argomenti svolti finiscono
poi puntualmente In un volume della col-
lana "Colloqui sulla vita salesiana". Ilvo-
lume dedicato alle attese dei giovani è il
nono della serie, e è di indubbio interesse.
In una prima parte raccoglie testimo-
nianze dal vivo, di persone che operano In
situazioni singolari di gioventù. Nella parte
centrale alcune relazioni e comunicazioni
frugano nel passato riscoprendo le espe-
rienze di Don Bosco e del suoi primi figli.
Alia terza parte sono consegnate invece le
prospettive per la pastorale d'oggi.
LEVI LUCIO
s
Ed. SEI 1979. Pag. 312, lire 6.000
Una vignetta nelle prime pagine del li-
bro. Sullo sfondo un cantiere edile dove si
costruisce l'Unione Europea; In primo
piano la Storia stringe con gratitudine le
mani a Stalin, e dice: •Giuseppe, senza di
te non avrebbe mal potutocominciare•. DI
fatto solo nel dopoguerra si è avuta la
svolta decisiva: dopo secoli di irriducibile
nazionalismo, gli Stati dell'Europa occi-
dentale finalmente siawicinano tra loro, si
awlano verso l'unità economico-moneta-
rla e verso la federazione in campo poHtl-
co. Ma perché ciò avviene sotto la spinta
della paura, e non invece in nome del
buon senso e della fratellanza?
Libro scientifico, della collana "li lavoro
storico".
CIONCHI GIUSEPPE
r- ~ ...~es .. r,. i;w
e ~ escen r
Ed. LDC 1979. Pag. 310, lire 4.500
In coerenza con
l'enunciato del titolo,
il volume si presenta
come un manuale
molto concreto per
la formazione del ca-
techisti..Esso Inten-
de offrire loro: una
nuova mentalità (la
catechesi sia vissuta
come esperienza, e
non come fenomeno
Intellettualistico); une nuova coscienza
della portata sociale e religiosa racchiusa
nella missione del catechista; un contri-
buto a risolvere I problemi pratici pedago-
gico-didattici; un aiuto a costruire Il pro-
getto educativo catechistico; una guida
alla comprensione del destinatari (fanclulll
e preadolescenti); la descrizione di alcune
tecniche didattiche fondamentali.
Opera completa e utlllssima, che si rac-
comanda da sè.
PALUMBIERI SABINO
E'
r«. n1 o
'(,
"sitç: t' li '110
Ed. Dehonlane 1979. Pag. 254. lire 3.500
La nostra sarà an-
cora Terra di uomini,
per uomini? E' possi-
bile oggi essere uo-
mo? Dopo Hiroshima
il quesito può essere:
cl sarà ancora la
Terra? L'autore, sa-
lesiano, docente di
fllosofla e antropolo-
gia teologica, cerca
una risposta. Passa
In rassegna i progetti di uomo più Incisivi
nella cultura moderna: l'umanesimo mar-
xista, quello psicanalitico, quello di tipo
cibernetico; ne evidenzia le Istanze positi-
ve, ma ne Individua anche i limiti più gravi.
E ripropone Il progetto d'uomo contenuto
nella rivelazione ebraico-cristiana: l'uomo
diventerà misura delle cose solo quando
Dìo diventerà misura dell'uomo.
CERAATO NATALE
a,.
l'Pi
,, s ....
Ed. LAS 1979. Pag. 360, /Ire 15.000
Il denso volume, riservato agli studiosi,
costituisce un nuovo passo avanti nella
conoscenza di Don Bosco scrittore per la
gioventù La sua "Storia sacra per uso
nelle scuole", consegnata alle stampe la
prima volta nel 1847 e poi ripubblicata a
lungo, rispondeva a una sentita esigenza
del mondo cattolico: mettere in mano al
ragazzi un testo sicuro. non avvelenato
nelle tesi di fondo da preconcetti anticle-
ricali. L' opera dl Don Bosco sl presta per-
ciò a un esame attentodella teologia, delle
preoccupazioni e del metodo pedagogico
che furono propri del santo educatore.
DE VANNA UMBERTO
A
lei.a
B,ografta di don Lorenzo Mtlani
Ed. LDC 1979. Pag. 120, lire 2000
La collana "Parametri", a cui appartie-
ne Il volume, parla al giovani. E don Mllanl,
prete scomodo per definizione, nella col-
lana ci sta bene. Alla sua morte qualcuno
scrisse che"Il Muro è dalla sua parte", e I
fatti lo stanno dimostrando. La sua vita ha
avuto l'apparenza del fallimento, ma il suo
pensiero e Il suo stile oggi vengono larga-
mente ricuperati. « Dio non lascia morire I
suoi profeti•, è stato anche detto, e la
continua riproposta di llbrl su don Mllanl
sembra confermarlo.
Questo libro, semplice e profondo come
l'argomento che tratta, è destinato al gio-
vani. E come succede In questi casi, fa-
rebbero bene a leggerlo quelli che giovani
non sono più.
Per richieste: vedere pag. 2, colonna 2.
5

1.6 Page 6

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SPAGNA
La casetta
di Don
Bosco
mterza
edizione
Piacerebbe a tutti I salesiani
avere la casetta di Don Bosco
dentro i confini della propria
opera. E c'è chi non potendola
avere, se la costruisce...
E' capitato a West Havestraw,
a Verona, e ora a Mohernando.
Un angolo di Mohemanclo, Il noviziato saln lano nel pr••I di Mad.rld. Nel connetto, Il c ippo con la
croce e li lungo tragico elenco del ul• lanf trucidati dal " rwpubbllcanl" nel 1938.
,idea è sua, una cli quelle cbe na-
L scono dal cuore. Pablo Corral.
salesiano coadiutore cli Spagna reca-
tosi per studi al Colle Don Bosco, non
voleva venirsene via a mani vuote. Si
era affezionato a quella casetta che fu
cli mamma Margherita e Giovannino.
in qualche modo voleva portarsela
via. Tracciò i piani dell'edificio, prese
nota di tutti i particolari, e tornato in
Spagna volle ricostruirne uno eguale.
A Mohernando, provincia di Guada-
lajara, poco lontano da l\\ladrid.
Tempo ben Impiegato. I Salesiani
sono a Mohernando da 50 anni, vi
hanno un noviziato. Poco lontano una
comunità di carmelitane scalze aveva
messo in vendita il vecchio convento
ormai inagibile, e quando l'edificio fu
demolito i salesiani ottennero i mat-
toni e il legname. Più quel materiale
era logoro, e meglio si prestava a evo-
care la povertà della casetta di Don
Bosco. I novizi partivano in lunghe
spedizioni capitanali dal loro maestro,
ripulivano con cura i mattoni e se li
portavano a casa.
Chi può contare le ore trascorse in
quel paziente lavoro? Ma a tutti
sembrò tempo ben impiegato, che
cioè i novizi salesiani si costruissero la
casa di Don Bosco. Agli ordini di Pa-
blo Corra! la casa a poco a poco è
sorta, e ora è oggetto di ammirazione
e commozione per quanti la visitano.
E subito il pensiero corre alle altre
casette cli Don Bosco.
Sl, perché ormai non ce n'è più sol-
tanto una: c'è quella vera lassù nel
Monferrato, e poi le imiuu1oni. I primi
imitalori furono i salesiani cli Verona,
che anni fa hanno costruito non una
vera cascua ma una sua immagine
prospettica, addossala a una parete.
Per la loro parziale ricostruzione han-
no però usato i mauoni genuini, quelli
dei cascinali auorno al Colle Don Bo-
sco. La prima vera e propria ricostru-
zione imegrale della casetta fu invece
realizzala dai salesiani degli Stati
Uniti a West Haverstraw presso New
York, nel 1973. Anch'essi presero i
manoni del Monfen·ato, se li lraspor-
tarono oltre oceano, e fabbricarono
presso il loro ·· cenlro di spiritualilà".
Chi abbia visto il Colle Don Bosco
trova forse qualche differenza tra i
due edifici, ma anche questa bella
imitaz.ione parla a1 sentimento dei sa-
lesiani, e il ceruro di spiritualità è
sempre più frequentato.
Ora, a Mohernando, la terza edi1io-
ne della casetta. Anche qui gli esperti
potranno trovare il pelo nell'uovo. ma
la nuova casetta risulta costruita nel
posto giusto, nella cittadella della spi-
ritualità salesiana.
I martiri. Mohemando sorge sopra
una collina tra querce e lecci, si affac-
cia come un belvedere sulla pianura. l
salesiani hanno 120 ettari cli terra, in
parte bo::.chi e in parte coltivati a vi-
gna, oliveto e orto: quanto serve per il
sano appetito dei giovani. E di giovani
quella casa ne ha liisti, in 50 anni. li
nuovo maestro dei novizi. padre Juan
Romo, ha tirato fuori i vecchi registri e
ha fatto il calcolo: dagli inizi a oggi.
2.333 novizi formati in quella casa.
Mezza Spagna salesiana, e anche più.
Prima della guerra civile vi si trova-
vano, oltre ai novizi, i salesinì studenti
di liceo e i ragazzi del paese per le
scuole elementari. Poi. i fallacci di
quell'insanguinato I936. 1 miJiziani
anivarono il 23 luglio, mentre i sale-
siani concludevano gli esercizi spiri•
tuali. I novizi avevano appena pro-
nunciato i loro primi voti religiosi.
Tutti si videro minacciati con fucili e
pistole, e registrati. L'indomani furo-
no cacciativia da casa loro; passarono
i giorni seguenti aggirandosi per un
pioppeto presso il rio Hcnares. Dor-
mirono sotto la luna, protelli dalla
boscaglia. Poi i miliziani li rastrellaro-
no, li caricarono su due autocarri e li
trasportarono alle prigioni di Guada-
lajara. Nelle carceri non c'era più po-
slo, e li riportarono a Mohemando;
ma sulla via del ritorno un carro fu
dirollato in un boschetto e un salesia-
no che si rifiutava di calpestare iJ cro-
cefisso fu assassinato: padre Andrés
Giménez. Più tardi i miliziani preleva-
rono il direttore padre Miguel Lasaga
e sei giovani salesiani, li riportarono a
Guadalajara, e li massacrarono.
Non era finita: i rimanenti 87 ven-
nero trasferiti nelle carceri di Madrid
e vi rimasero selle mesi, senza abiti,
scalzi, pieni di insetti, isolali dal mon-
do. E quasi morti di fame. Alla libera-
zione diversi chierici uscirono dal
carcere per entrare nel sanatorio.
Nel frattempo Mohernando da cit-
tadella di spiritualità salesiana era di-
6

1.7 Page 7

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ventata quartier generale di una divi-
sione dell'esercito repubblicano, e poi
accademia per sottufficiali. Nel mag-
gio 1939 i salesiani poterono lornare
(c'era tutto da rimettere in ordine), e a
settembre riaprirono il noviziato. Nel
cortile centrale eressero una croce di
ferro, e scrissero sul basamento tutti i
nomi dei loro martiri.
Dieci anni fa, parte dei vecchi edifi-
ci è stata sostituita con edifici nuovi,
dove giocano, studiano e pregano
ogni anno una trentina di novizi e un
centinaio di ragazzi aspiranti alla vita
salesiana.
Novizi e aspiranti. Quei ragazzi
pieni divoglia di giocare, chissà, forse
un po' meno dj studiare, sono ragazzi
come tutti gli altri ma con una "mate-
ria" in più a cui applicarsi con la
massima diligenza: cercano di capire
se il Signore li chiama nelle file di Don
Bosco. Quanto ai novizi, giovanotti
dai 18 anni in su, sono molto sensibili
ai segni dei tempi, studiano con inte-
resse i documenti della Chiesa e il
progetto apostolico di Don Bosco. Si
inquietano per i problemi del nostro
tempo e molti di loro sono pronti a
partire per annunciare il vangelo nel
terzo mondo.
I salesiani guardano con appren-
sione a questi giovani affascinati da
Don Bosco; li vedono ora -pieni di en-
tusiasmo, e trepidano per la loro per-
severanza, perché in questi tempi
vorticosi il cuore tanto facilmente si
stanca di sognare. E per loro hanno
realizzato due opere singolari (per
non parlare del bosco): la "sala della
salesianità", ela casettadi Don Bosco.
Oggi di "sale della salesianità" è
dato incontrarne diverse nel mondo
salesiano, ma quella di Mohernando
ba un privilegio: è stata la prima, è
una loro mvenzione. E' un ampio sa-
lone con le pareti piene di pannelli,
grafici, foto e disegni, che raccontano
tutto di Don Bosco. Dentro, una bi-
blioteca con 2.400 volumi di salesia-
nità, e poi fotocopie di documenti
storici, di manoscritti; e poi oggetti
storici vari. A furia di accumulare
materiale il salone è rigurgitante, e bi-
sogna pensare agli ampliamenti.
Quanto al bosco tutto intorno alla
casa, non deve restarsene ozioso: ri-
ceverà presto alcune strutture essen-
ziali e diventerà zona di campeggio
per la gioventù. E anche per la casetta
diDon Bosco non mancano i progetti:
si pensa con alcuni adattamenti dj
renderla più accogliente per incontri
di preghiera, liturgie eucaristiche,
piccoli gruppi.
Così Mohemando, che ha testimo-
niato col sangue dei suoi martiri la
fedeltà a Don Bosco, sembra vera-
mente degna di accogliere la sua ca-
setta, e di additarla alle nuove gene-
razioni salesiane della Spagna.
QUIZ: QUAL E' LA CASETTA VERA?
In questa colonna sono riprodotte la vera casetta dei Becchi, quella costruita a
Mohernando (Spagna), e quella di West Haverstraw (Stati Uniti). SI somigliano
tutte. E poiché siamo nell'epoca dei quiz, si domanda: chi saprebbe distinguere la
casetta vera dalle altre?
La risposta nella didascalia capovolta in fondo alla pagina.
·apel!SII\\ 8 OUU81\\ 8lj:J 00s09 uoa !P
!0!W8 116ap 8JOn:> 18 VllJ80U!S uoo ..OU8fJBd,. a 'eue1sa1es Vl!JBI\\ IP OlU8. OUOW!Jdse
:.,esre,.. ouos uou (opueuJa40~ IP enanb eJdos 1nb 'MeJisJal\\BH lS&M IP euanb
one u1) 8JIIB a1 e~ ·a1eJluao enanb ~ '00s09 uoa IP e»aseo 8Ja11 e1 ·e1sods1t:1
7

1.8 Page 8

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ITALIA
,Italia si è commossa alla morte
L di Amedeo Nazzari. Quel giorno
un canale televisivo cambiò i pro-
grammi per commemorarlo. Era -
citiamo le voci dei giornali - « l'iin-
magine dell'eroe forte e generoso. du-
ro ma leale, sempre dalla parte dei
deboli e degli indifesi•. Popolarissi-
mo, aveva provocato nelle masse
«uno straordinario fenomeno di iden-
tificazione, unico nel nostro paese, e
forse irripetibile».
In un'intervista aveva raccontato
l'inizio della sua carriera artistica; le
cose erano andate cosi: «Ero in col-
legio, dovevo partecipare a una recita.
Tutto luccicante di una lucente arma-
tura, avrei dovuto trascinare all'auac-
co i miei soldati. Purtroppo il mio
slancio fu tale che incespicai mala-
mente e andai a finire nella buca del
suggeritore, trale risate del pubblico».
Ma era un pubblico benevolo: quello
dell'lstiluto Salesfano Sacro Cuore, in
via Marsala d i Roma.
Preferisco il silenzio. Dunque sulle
assi sconnesse del teatrino di Don Bo-
sco Amedeo Nazzari aveva ricevuto il
battesimo della recitazione: quand'e-
ra ancora in calzoni corti. Lo ricorda-
no: «Aveva il viso sottile, i capelli
biondi rapati a zero, le ginocchia os-
sute che si affacciavano dai calzoni
corti di tela grigia». li suo nome era
Amedeo Buffa (ìn arte prenderà il co-
gnome della mamma); era nato a Ca-
gliari ma alla morte del padre si tra-
sferl con la mamma a Roma e fu
messo l\\ dai salesiani.
«Qualcosa dell'antico alunno dei
salesiani gli era rimasto addosso",
scriveva anni fa Marialivia Serini su
l'Espresso (e non intendeva certo fare
un elogio): " Lo scrupolo di saltare
fuori dal lello alle sei del mattino, la
citazione latina che affiora spontanea
nel discorso, l'abitudine al consuntivo
della giornata prima di addormentarsi
(Don Bosco lo chiamava più semplice-
mente esame di cosc,enza), il timore di
non impiegare pienamente la giornata
successiva che lo portò a pianificarla
sulla carta sotto l'intestazioine "Va-
demecum"... •· La Serini rimprovera-
va all'influsso salesiano perfino "la
castigatea.a delle parole": «Amedeo
Nazzari si vanta ricordando che in
uno dei suoi film, "Frenesia dcli'esta-
te", il regista insisteva a fargli pro-
nunciare "Chi se ne frega", e lui ari-
petere cinque, otto, dieci volLe "Che
importa", finché la spuntò,..
E rifiutò fino alla fìne le parti spin-
te: •Disapprovo questi copioni - di-
ceva -. La maggior parte delle trame
dei film di oggi è impostata su situa-
zioni scabrose che rasentano la por-
nografia; questo mi disgusta, è loma-
8
Dal teatrino
al elebrità
In occasione della recente scomparsa di Amedeo Nazzari, molto
sentita dagll ltallanl, perché non ricordare che la sua fantastica para-
bola di attore era cominciata sulle assi sconnesse di un povero tea-
trino salesiano? Del resto tanti altri come lul - che oggi vanno per la
maggiore - impararono proprio alla scuola di Don Bosco I primi
rudimenti della recitazione: Buazzelll, Panelli, Macario, perfino Il bra-
vo regista Ermanno 01ml.
no dalla mia educazione e dalla mia
cultura. Piuttosto preferisco il silen-
zio•.
In ordine alfabetico. Nazzari non è
certo l'unico ragazzo che dal teatrino
(Don Bosco lo chiamava proprio così,
col diminulivo, ben conscio dei suoi
limiti) salesiano, è balzato fino alla
celebrità. Ecco un elenco sommario,
certo incompleto, e per ordine alfabe-
tico, di questi ex ragazzi che allora fi-
guravano rigorosamente nell'ordine
alfabetico dei registri scolastici, ma
che poi hanno saputo uscire daì ran-
ghi e farsi un nome da protagonisti sui
cartelloni: Tìno Buauelli, il cantauto-
re e showman Adriano Celentano ex
ragazzo della via Gluck, Checco Du-
rante, Turi Ferro, Erminio Macario,
Corrado Mantoni, il regista Ermanno
Olmi, Eros Pago.i, Paolo Panelli, il
mago Silvan, e - ci dicono - perfino
il cantante Claudio Villa.
Come si vede non sono tutti farina
da far ostie, almeno a giudicare dalle
apparenze, ma il giudizio definitivo va
lasciato al Signore. lo comune tutti
hanno quell'aver rivelato i loro talenti
sulle assi traballanti del teatrino di
Don Bosco. E nella misura in cui a
loro riguardo siamo riusciti a racco-
gliere qualche dato sicuro, lo presen-
tiamo.
U peso massimo. «La primapolvere
di palcoscenico l'ho respirata da
bambino a Frascati, nell'oratorio sa-
lesiano di Capocroce». E' Tino Buaz-
zelli che parla, in una delle tante in-
terviste. «C'era un piccolo teatro in cui
si rappresentavano dei drammi edifi-
canti. Era tutta roba fatta in casa, ma
per noi era una bella scuola di vita, se
non d'arte. Ci si aiutava a vicenda, si
imparava a stare insieme. Soprattutto
ci si allenava a quel gran mistero che è
il comunicare con gli altri».
Tino era nato a Frascati nel J922;
aveva un fratello minore, Rinaldo, d i-
venuto sacerdote salesiano, ora a La-
tina. Erano figli di un ferroviere che
esprimeva il temperamento artistico
nella pittura. La mamma, casalinga,
affettu osissima, li educò nella fede.
Dice Tino:« lo credo in Dio e in Gesù•,
e rimpiange di non avere più tutta la
fede della mamma. Dice: «lo sono
vissuto in una famiglia modesta ma
felice». Aggiunge: «Da mia madre ho
derivato il rispetto di certi valori, co-
me quello della famiglia, che oggi ve-
do purtroppo messo in discussione,
anzi deriso•. «11 consumismo h a

1.9 Page 9

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spazzato via un mondo, quello che io
chiamo della '' famiglia umana"».
Il fratello Rinaldo gli somiglia mol-
tissimo, anche nella corporatura. Nel
tifo sportivo non andavano d'accor-
do: juventino Rinaldo, per il Toro Ti-
no (ma ora pare passato alla Roma). E
si vogliono bene. Tino stima la mis-
sione sacerdotale di Rinaldo, e quan-
do fu ordinato sacerdote gli tenne il
discorso. Rinaldo è rimasto l'ultimo
della sua famiglia, e Tino dovunque
va, nel camerino dove si trucca, mette
la foto del fratello prete.
Ai tempi delle prime recite all'ora-
torio (va anche detto: tempi di po-
vertà e di fame), Tino era magro come
uno stecco. Il peso massimo del teatro
italiano anche adesso dice: «Dentro
mi sento magro, e tutti i miei ragiona-
menti sono da magro». Ha racconta-
to:«Ricordo quel teatrino come un'e-
sperienza abbastanza poetica. Inter-
pretavamo in genere figure di martiri
cristiani o personaggi dell'antica Ro-
ma. I nostri ruoli li prendevamo con
una serietà spaventosa. Si recitava per
puro gusto. Andando avanti, almeno
per me, divenne un modo di godere la
giovinezza nella piena miseria, nella
piena povertà, nella piena amicizia.
Mi bastava, e ne avevo d'avanzo, vi-
vere il teatro come una palestra di li-
bertà, come uno sfogo che mi dava il
senso dell'avventura».
Più tardi Tino frequentò l'accade-
mia d'arte drammatica, ma ogni tanto
tornava al vecchio oratorio, a recitare
la "Passione di Cristo". Un anno rag-
giunse gli oratoriani in villeggiatura
sui monti, e portò con sè Nino Man-
fredi: lui faceva la parte del sommo
sacerdote Caifa, e Manfredi quella di
Giuda.
Quell'innocente papera, Checco.
« Alla fine dell' anno scolastico demmo
un saggio: un drammaintitolato"Itre
martiri di Cesarea", nel quale io avevo
un ruolo del tutto secondario: facevo
un pretoriano romano. Dovevo attra-
versare la scena fermarmi in un an-
golo e dire: «Siam giunti; deponiamo
il nostro fardello e riposiamo le nostre
ossa»; invece, manco a dirlo, decla-
mai: "Riposiamo il nostro fardello e
deponiamo le nostre ossa". Eppure
era mesi che mi preparavo per quella
sola battuta... ».
Così Checco Durante, in un'intervi-
sta, su.ll'inizio della sua carriera di at-
tore. Era allora studente nella scuola
salesiana del Testaccio a Roma. Gli
piaceva ·•giocare al teatro", e lo face-
va con i suoi amici in Trastevere, in-
vece di giocare a guardie e ladri. Anni
dopo, l'incontro fortunato col Petroli-
ni (di cui fu brillante spaUa per dieci
anni), poi una compagnia teatrale
tutta sua, e il meritato successo. E'
morto nel 1976, è stato l'ultimo grande
del teatro romanesco.
Non cercava il facile successo ri-
correndo alla volgarità: per imporsi
gli bastava il proprio talento. «Oggi in
teatro si dkono impunemente cose
che un tempo avrebbero condotto al-
1'arresto su due piedi- si lamentò un
giorno - . Ma io ho sempre inteso il
teatro come un sano divertimento per
il mio pubblico, e come una scuola di
elevazione».
A sei anni, Turi Ferro. «A sei anni
ebbi La mia prima particina: tre bat-
tute in tutto. Appena entrato in scena
per la prima battuta, mi impaperai e
tornai di corsa dietro le quinte, rosso
di vergogna. Al secondo atto non vo-
levo più entrare. Fu papà a spingermi
da dietro le quinte e a catapultarmi in
Una torte caratterizzazione di Amedeo Nazzarl,
nel lllm "La llglla del capitano" (1947). La sua
prima recita nel teatrino di Roma via Marsala.
palcoscenico; e dovette suggerirmi
due o tre volte la battuta, perché ave-
vo dimenticato tutto. Poi, superato lo
choc, arrivai alla fine... e da quel gior-
no le mie parti si allungarono. A di-
ciotto anni ero già il "numero uno" al
teatrino dei Salesiani a Catania, la sa-
letta del San Genesio, e don Vasco
Tassinari, direttore dell'oratorio e re-
gista dei nostri spettacoli, mi passava
sottobanco un pacchetto di sigarette
alla settimana al posto delle cinque
che dava agli altri». Così Turi Ferro,
attore comico e drammatico, del tea-
tro, della radio, del cinema e della te-
levisione, ha raccontato il s uo esordio
sul palcoscenico.
A poco a poco organizzò attorno a
una compagnia teatrale di carattere
familiare, con la moglie, degli zii, ni-
poti, cugini, amici, tutti contagiati dal
sacro fu.oco dell'arte, che giravano di
paese .in paese con un camion tra-
sformato ogni sera in palcoscenico.
Poi l'incontro con Angelo Musco, poi
la celebrità.
Dice di sè: « Il segreto del mio suc-
cesso? Penso che sia l'umiltà. La gente
è stanca di divi e di divismo. Vuole
attori coscienziosi, onesti, dei buoni
artigiani. Io mi considero un buon ar-
tigiano del palcoscenico, che anzitutto
ha un grande rispetto per il suo pub-
blico».
Il piccolo Macarietto. « Il piccolo
Macarietto - ba raccontato Erminio
Macario in numerose interviste - a 12
anni era nella casa dei salesiani di Don
Bosco a Torino Valdocco. Lì feci le
prime esperienze di collegiale, che
dettero l'avvio alla mia ormai lunga
avventura con il teatro. Barbiere del
collegio era un certo Mario Merlo che
noi chiamavamo Merlino perché era
alto e no un metro e 55. Questo
Merlino era un arrabbiato filodram-
matico, a capo di due compagnie:
quella dei grandi e quella dei piccoli
con cui organizzava spettacoli per i
ragazzi dell'oratorio. Perciò era sem-
pre alla ricerca di nuovi talenti. Un
giorno mi squadrò dall'alto in basso, e
mi chiese se ero disposto a recitare.
Gli dissi di sl, e dopo aver superato un
rapido esan1e di lettura mi mise tra le
maniil primo copione. Si intitolava "l
piccoli giardinieri deJla regina». L'e-
sordio dovette essere soddisfacente,
perché Merlino mi prese immediata-
mente in forza nella filodrammatica
numero uno.
«Mi fece interpretare un dramma
strappalacrime intitolato" Il sacrificio
di un innocente". Questa volta avevo
un ruolo molto importante: quello
appunto dell'innocente, che a un certo
momento doveva prendersi una fuci-
lata. La storia raccontava di un padre
traviato che si univa ai banditi per at-
tentare alla vita di un conte che pas-
sava in un bosco (allora i conti passa-
vano sempre nei boschi). Suo figlio -
cioè io - viene a saperlo e corre per
evitare il delitto. Gli assassini appo-
stati dietro a un cespuglio (in quei
drammi c'era sempre un cespuglio)
sentono un rumore e sparano colpen-
do naturalmente il ragazzo. La fac-
cenda fu che nei fucili insieme alla
polvere, avevano messo tanto cartone
duro, pigiato in fondo per fare bene lo
scoppio. Lo sparo fu enorme, la fiam-
mata anche, e il cartone mi centrò in
piena fronte. Sono cascato svenuto
sul scrio. Un trionfo, e una bergnoc-
cola che la ricordo ancora adesso.
« Quando calò il sipario, il barbiere-
capocomico-regista mi raggiunse su-
bito in palcoscenico. Ero pallido per lo
9

1.10 Page 10

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spavento, ma impallidii ancor p1u
perché Merlino mi disse solennemen-
te: "La vampata che ti ha colpito in
scena è stata il sacro fuoco dell'arte!
Tu, Macario, diventerai un grande at-
tore drammatico". Ditemi cosa avrei
dovuto fare in quel momento. Gli cre-
detti. Giuro che gli credetti».
Macario, per tanti aspetti discutibi-
le e discusso, diceva in un'intervista
che ha conservato dei suoi antichi
educatori il più vivo ricordo. «Quel ri-
cordo ha mantenuto dentro di me la
fede. Tra tutti naturalmente ricordo il
mio caro Merlino: piccolo come un
granello, ma buono come il pane».
Dice: «Prego tutte le sere. Prego per i
miei morti. Ne ho una fila che si al-
lunga sempre di più. In certi giorni
grigi della mia vita mi sono recato da
padre Pio, quattro volte... ».
E aggiunge paradossalmente: «Mi
sento un missionario. Non in senso
classico, ma un missionario dell' al-
legria. Mi stimo un po' più su di un
medico: credo di saper guarire certi
mali che oggi i medici non sanno an-
cora guarire... ».
Eros Pagni: una sera all'oratorio.
Forse questo brillante attore del tea-
tro deve al teatrino salesiano solo il
fatto casuale di esistere anche a La
Spezia, la sua città Racconta: «Sco-
prii il teatro, questa è la verità. Una
sera andai all' oratorio dei salesiani
per incontrarvi degli amici, e casual-
mente capitai nella sala dove davano
degli spettacoli. Sul palcoscenico, al-
cuni ragazzi provavano una comme-
dia, "L'angelo" di Angelo Vasari. Ri-
masi affascinato dal gestire, dal par-
lare, dall'ammiccare, dall'urlare di
quei miei compagni, e d'istinto mi feci
avanti a chiedere se c'era un ruolo
anche per me. C'era: la parte di un
ragazzo chiamalo Rosciolo, che lisul-
tava ancora scoperta. Natw·almente
avanzai la mia candidatura. Fui ac-
cettato. Era il 1955. Così, per la prima
volta, salii su un palcoscenico. E il mio
destino fu segnato».
S ilvan: il primo show all'oratorio.
n "mago" Silvan si scoprì mago all' o-
ratorio Don Bosco di Venezia. Aveva 8
anni ed era chierichetto quando co-
minciava con i suoi primi trucchi. A 11
anni tenne uno spettacolo di quattro
ore e mezzo, e i genitori pensarono
che fosse matto. Un giorno lo porta-
rono davvero dallo psichiatra, che gLi
trovò un male non poi tanto grave,
solo un alto quoziente d'intelligenza.
Così mentre i cinque fratelli e le due
sorelle affrontavano l'università per
diventare stimati professionisti, egli si
fermò alla terza liceo. O meglio si lau-
reò anche lui, ma in arte magica: nel
1965, al Congresso dei Prestigiatori di
Berlino Ovest, dove gli assegnarono
l'Oscar mondiale della magia.
I RAGAZZI NON GIOCANO PIU'
A QUESTA LIBERTA'...
Tino Buazzelll, in un 'intervista raccol-
ta da Marco Bongloannie pubblicata nel
volume "Ritorno in teatro", ha formulato
alcuni giudizi sorprendenti su Don Bo-
sco "prete in teatro" e sulla funzione del
teatro nell'educazione.
Domanda. Alle origini del suo profes-
sionismo teatrale, Tino Buazze/11, sta la
radice di Frascati-Capocroce, ossia il
suo oratorio giovani/e...
Risposta. Il teatro di Capocroce era
effettivamente qualcosa di noi stessi, era
la libertà totale. Quel teatro salesiano ha
significato per noi la nostra libertà, l'a-
vere incominciato a conoscere il van-
taggio del "grande giocattolo", di quel
gioco-serio che è il teatro.
Una volta i salesiani e tutti I preti si
ricordavano di questo mezzo, in passato
si sono sempre ricordati di questo me-
todo di insegnamento... Del resto se ne
sono ricordati e accorti in tanti, da Gol-
doni ai divulgatori delle teorie volterria-
ne, da Filippo Neri a Don Bosco. Della
funzione del teatro Don Bosco si è reso
conto, sapeva bene che cosa voleva di-
re. Adesso purtroppo se ne sono un po'
tutti dimenticati. I ragazzi non giocano
più a questa libertà, non sanno più fare
teatro come sarebbe utile e bene che
facessero.
Sull'arte magica dice: « Le doti ce le
troviamo come un regalo della natura,
ma sono allo stato grezzo. Per farle
diventare talenti bisogna l~vorare so-
do, con umiltà e senza badare aUa fa-
tica... Ho studiato tre anni dizione e
recitazione. Ogni giorno ginnastica
con le mani, studio di determinati ef-
fetti, allenamento continuo. Si vede il
prestigiatore sorridente, sembra che
lo spettacolo non gli costi nulla, invece
esige una tensione spasmodica. J:n
una serata dimagrisco in media di due
chili, e il giorno dopo sto male».
Gli hanno chiesto: «Fa cose vera-
mente magiche?» «No, assolutamente
no. i.o, né altri maghi in circolazio-
ne. Magari ci fossero persone fornite
di doti paranormali! Sarei felice di
conoscerle».
D. C'è anche un pubblico cristiano. ci
sono anche delle sale «cattoliche»: co-
me pensa che potrebbero concorrere a
un incremento del teatro?
R. Il rapporto primario è col pubblico,
non c'è dubbio. I preti possono fare
molte cose. Potrebbero innanzi tutto es-
sere preti, ricordarsi di essere preti. lo
ho un fratello prete salesiano, e vedo
che non se lo scorda Mi fa piacere
perché se si dimenticasse di essere pre-
te l'avrebbe a che fare con me...
D. Don Bosco diceva anche: .prete in
teatro •.
R. Certo, oltre che un santo era anche
un grande uomo, uno che capiva l'Im-
portanza dell'educazione, dell'interven-
to, dell'iniziativa. Uno che in particolare
capiva la città dove viveva. Oltre tutto poi
era uno che sapeva anche recitare, sa-
peva fare le sceneggiate, aveva persino
fatto Il clown... Per la verità non è ancora
stato studiato bene.
Quel tipo d'uomini, di preti, ancora bi-
sogna studiarli, perché hanno usato
metodi di prim' ordine nell'intervenire in
tutti i campi, in particolare - per Don
Bosco - nel campo della cultura popo-
lare. Il teatro gli è servito in qualcosa di
più e di meglio che per divertire I ragaz-
zini. Se ne è fatto strumento di comuni-
cazione popolare, di cultura popolare, di
insegnamento e di formazione a comin-
ciare dai ragazzi e dal giovani. I preti qui
in Italia se lo sono troppo scordato.
Bisogna ritornare a quelle origini del-
l'oratorio di Don Bosco, dell'oratorio
anche di san Filippo Neri e di tutti 'sti
uomini qua. Far lavorare I ragazzi nella
drammaturgia e nell'animazione teatrale
significa mantenere vive le loro Intel-
ligenze, fare venir fuori autori attori e
registi, ma cosa più importante significa
far venire fuori, con un mezzo straordi-
nario, degli uomini, dei cristiani, delle
personalità autentiche e complete. Un
santo che ha capito queste cose qua è
un santo cosi moderno che bisogna tut-
to scoprirlo.
Nella foto (di Roberto Granata): la simpatica
mimica di Tino Buazzelll.
Dicedisè: «Per me la cosa più bella,
più preziosa, è la famiglia sposato e
ha due bambini che adora). Il lavoro
mi porta spesso lontano, ma quando
sono a Roma trascorro tutto il tempo
con la moglie e i figli. Sarà fuori moda,
ma devo dire che ho una magnifica
famigLia, dei figli meravigliosi, e ne
sono orgogliosissimo». «Altra convin-
zione assoluta è che credo in Dio e
nella religione come indispensabile
alla vita. Altra convinzione è che i
giovani hanno bisogno di esempi vali-
di, oggi più che mai. Do la massima
importanza all'educazione e istruzio-
ne dei miei figli». E dice ai ragazzi. con
cuore oratoriano: «Vorrei che sapes-
sero che lavorando penso a loro, alla
loro gioia, prima che allo stipendio».
Ferruccio Voglino
10

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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BOLIVIA
D oveva essere una semplice crona-
ca, e tutti i momenti z1 testo diven-
ta poesia. L'hanno scritto i ragazzi del
"Movimento giovanile di esperienza
cristiana ", sorto da neppure due anni
nella giovane parrocchia di San Carlos.
«La vigilia di Pentecoste -spiega don
Aquilino Libralon nella lettera di pre-
sentazione - è il punto culminante
delle nostre attività ogni anno: notte di
veglia e di p1·eghiera. Quest'anno, gra-
zie a Dio, iutto è stato straordinario. Lo
Spirito è all'opera». Ed ecco la cronaca
dei ragazzi
Dio come lampo nella notte oscura,
ha illuminato col fuoco dello spirito il
nostro camminare. Dio, come nel
vento delJa Pentecoste, ha parlato al
Nella notte Dio
nostro cuore. Dio ha marciato con noi.
h a marciato c o n n o i Notte di esperienza di Dio, quel sa-
bato 2 giugno 1979, vigilia di Penteco-
ste. Alle dieci della notte il Centro gio-
vanile di San Carlos è pieno di giovani
arrivati dalle diverse comunità. I car- Alcuni giovani hanno scritto da San Carlos de Yapacanr, dove tempo
telli e gli striscioni di ciascun gruppo fa mancava il sacerdote e la fede si andava spegnendo. Raccontano
sventolano sopra il palco e dicono
l'ansia di fedeltà a Cristo che ci anima.
Un grande fuoco nel mezzo, un'in-
vocazione alJo Spirito Santo e il volo
che In 800 hanno compiuto una lunga marcia nella notte della Pente-
coste, e in 11 O al mattino hanno ricevuto dal vescovo la cresima, e la
missione di testimoniare Il Vangelo.
mistico di una colomba indicano il te-
ma dell'incontro. Seguono due ore di brevi corsi formativi svolti al Centro sente, vivendo insieme questa magni-
grande interesse spirituale. Guida giovanile. Domandiamo allo Spi.tito la fica esperienza. Limpida la notte.
l'incontro padre Aquilino; canti e let- forza di essere testimoni del Regno.
Le prime luci del giorno illuminano
ture bibliche, preghiere e testimo- A mezzanotte con questi propositi, i passi quando si è ormai vicini alla
nianze di vita, forti drammatizzazioni comincia la nostra marcia. Diciassette mera. « Svegliate l'arpa e la cetra, sve-
sul martirio dei primi cristiani e dei chilometri, 800 giovani con fiaccole, glierò l'aurora!», cantiamo con il sal-
cristiani di oggi in America Latina. striscioni e cartelli da tutti i centri: mista. L'orizzonte si illumina di rines-
Esteban, Policarpo, lgnacio, giovani Antofagasta, Buen Retiro, Cercarlo, si rosati, i cartelli avanzano alti sulle
martiri dell'America Latina: una fede San Carlos, La Lidia, Santa Fe, Yapa- nostre teste, mentre la voce del mega-
commovente, una testimonianza ge- canf, Chore, San José, San German, fono ritma canti e preghiere. La gente
nerosa che rinnova il nostro desiderio un lungo serpente di fuoco, di canti, di di Yapacani si sveglia al canto di que-
di fedeltà al progetto cristiano, alla preghiere.
sta serenata insolita. Curiosità, sor-
chiamata di Cristo.
Due le tappe: una dopo 6 km, la presa. Ora ci guardiamo io faccia.
Così a poco a poco, vienepresentato seconda al ponte sul rio Yapacani.
La gioia di essere arrivati fa dimen-
tutto ciò che nel corso dell'anno è sta- Grande falò, un momento di riposo, si ticare gli ultimi chilometri di strada. U
to progettato e realizzato nelle riunio- prende qualcosa per scaldarci. In ogni padre Ispettore, che ha camminato
ni settimanali dei vari gruppi, e nei faccia un sorriso. La stanchezza non si confuso tra noi, contempla sorridente
questa moltitudine pellegrina. Tuuo è
pronto per la colai.ione. Alle nove del-
San Carlos de Yapacanf: la nuova chiesa par-
rocchiale dedicata a Maria Auslllatrlce, Inau-
gurata nel 1976. Foto In alto: alcuni degli 800
ragazzi durante la lunga marcia nella notte.
la mattina di Pentecoste giunge il ve-
scovo, mons. Carlo Brown, tulto si
anima. I giovani cresimandi sono in
piedi nel bel mezzo, indossano le ca-
micette color arancione col volto di
Cristo dipinto in azzurro, cantano:
«Cristo ha bisogno di te per amare».
Sono più di 110 quelli che stanno per
ricevere il sacram ento della confer-
mazione, dai 15 anni in su. Le parole
del vescovo sono forti e convinte. Poi
le sue mani invocano Lo Spirito Santo,
e il sacro crisma lo significa e lo dona.
Ognuno di loro rinnova il suo im-
pegno cristiano: essere testimoni della
novità del vangelo.
l giovani del Movimento
di Esperienza Cristiana
11
,-

2.2 Page 12

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SlATI UNITI
J e te ce l'ha fat a
Janette Mosteller, un'esistenza precaria e apparentemente senza
scopo, nella luce della fede si è trasfigurata In dono di amore e di
sofferenza redentrice anche per I suoi cari.
Newton (New Jersey), sabato 3
gennaio 1960: Roger e Joyann
Mosteller accolgono con tenerezza la
loro seconda bambina. La chiame-
ranno Janette. I primi mesi trascorro--
no sereni, poi la mamma e il dottore
fanno una dolorosa scoperta: Janette
è cieca! Percepisce la luce e i colori,
ma non riesce a distinguere gli oggerti.
E la scienza non può nulla!
Fortunatamente col passare degli
anni la bambina si rivela dotala di ot-
timismo e di coraggio: rifiuta il com-
patimento degli altri, combatte per la
sua indipendenza, non si lamenta mai.
Riuscirà a guidare la bicicletta, a
comporre i numeri telefonici da sola,
a suonare la chitarra, l'organo e la fi-
sarmonica. A ogni vittoria Janette ri-
pete con gioia: «Mamma, ce l'ho fat-
ta!».
subito l'ambiente per il suo impegno e
la sua coraggiosa serenità, ma quel
che più la distingue è una grande sete
di Dio.
La famiglia non le ha dato molto, in
campo religioso. li papà è cattolico, la
mamma metodista, ma né l'uno né
l'altra sono praticanti. Credono in Dio
e si sforzano di educare alla bomà i
loro figli, tuttavia hanno preferito non
farli battezzare perché domanj possa-
no scegliere la loro fede.
L'Istituto «Lavelie» è una scuola
cattolica diretta dalle Suore di San
Domenico. L'impatto con un mondo
illuminato dai valori cristiani ha pro-
fondamente toccato l'anima sensibile
diJanette. Ha imparato cbe Dio è un
Viaggerò da sola. Fino alla terza
elementare frequenta la scuola di sta-
to: è socievole, aperta, intelligente. Si
inserisce tra i compagni con facilità e
ha molti piccoli amici.
Più tardi sorge un problema: me-
morizzare le è facile, ma leggere e
scrivere no. I genitori scelgono allora
una scuola per ciechi Sono poveri e
non potrebbero affrontare forti spese,
ma sanno che l'Istituto « tavelle» of-
fre tutto gratuitamente. Purtroppo si
trova a New York.
«Te la senti, Janette, di stare lonta-
na da casa?» « E' per il mio bene,
mamma. Tu e papà siete meravigliosi.
Fate di Lutto per aiutarmi. Andrò».
«Potrai rientrare in famiglia al sa-
bato e trascorrere con noi la domeni-
ca». «D'accordo». «Verremo a pren-
derti». «Quando non vi recherà trop-
po disturbo. Del resto imparerò a
orientarmi: in poco tempo sarò capa-
ce di viaggiare anche da sola». E per
quattro anni J anette va e viene setti-
manalmente da New York.
Una grande sete dJ Dio. In uno di
questi periodici ritorni a casa, Dawn
(Aurora) la sorella più giovanele parla
con entusiasmo cti un club che ha co-
minciato a frequentare con alcune sue
arniche. E' animato dalle Suore di Don
Bosco, e in un'atmosfera di bontà e cti
allegria vi si imparano molte cose. Ja-
nette decide: andrà anche lei.
Cosi nel 1972 comincia a frequenta•
re l'Oratorio di Newto"n: conquista
Janette, nata cieca ma vlaauta nella luce.
padre buono, anche se permette il
dolore. H a imparato ad amarlo e a
pregare. Ha espresso anche il deside-
rio di ricevere il Battesimo,
L'Oratorio con il suo clima di gioia,
di grazia, d'intensa spiritualità, l'affa-
scina. Qui la fede si matura, l'anima si
irrobustisce, il cuore si desta a grandi
ideali.
Una grande gioia di vivere. Janette
ha dodici anni: improvvisi dolori alla
schiena allarmano i genitori e i medi-
ci. Si procede ad alcuni esami, si passa
a interventi operatori; alla fine si pre-
para un apparecchio che aiuti la de-
gente a reggersi diritta. Sembra che
l'adattarsi a quella strettoia debba es-
sere molto penoso, ma con quel co-
raggio che la caratterizza J anette vi si
abitua in fretta,__senta un lamento, col
sorriso sulle labbra.
·2
Però, addio « LaveUe Schoo1»: non
potrà più tornarvi. Adesso non è solo
cieca, ma anche handicappata.
U suo desiderio di sapere e di rea-
lizzarsi nel miglior modo possibile in-
ducono i genitori a cercare un'altra
scuola. Questa volta andrà ancora più
lontano, a Oakhill. Potrà tornare a ca-
sa solo per le vacanze estive; trascor-
rerà il sabato e la domenica presso
una famiglia amica. lanette accetta in
pace il nuovo sacrificio.
I professori la seguono con interes-
se; notando il suo grande amore per la
vita e la sua volontà che non si arren-
de, si impegnano ad aiutarla con tutte
le tecniche più moderne. 1anette fa
nuoto, gioca al biliardino, è agile negli
esercizi fisici: sprizza sempre una
gran gioia di vivere, una contagiosa
allegria.
Nell'inverno del 1975 sintomi persi-
stenti di stanchezza e nuove difficoltà
motorie impressionano gli insegnanti,
che si affrettano ad avvertire i parenti.
Accorrono i genitori.
ll medico ha la sorpresa di consta-
tare una parziale atrofia dei reni, la
distruzione totale di un polmone,
anemia avanzata. Diagnostica un an-
no di vita e consiglia il ricovero in
ospedale per sottoporre la paziente
alle prime trasfusioni. lanette ha
quindici anni: con la sua acuta sensi-
bilità intuisce la preoccupazione di
quanti la circondano, sebbene tutti si
sforzino di mostrarsi tranquilli.
Ti ho accolta come un dono. Dalle
trasfusionl riprende energia. «Papà,
adesso che sto meglio, vorrei tornare a
scuola». «Io invece sarei del parere
che, dimessa dall'Ospedale tu venissi
a casa. Ti seguiremo più da vicino».
«Ma perderò l'anno! Perché non sen-
tiamo il medico?» E il dottore, lieto di
offrirle un respiro di felicità, accon-
sente. Gli studi si chiudono con un
esito splendido.
Intanto lanette ha saputo di un
campo estivo per ciechi e handicap-
pati. «Mamma, ti prego, lasciami par-
tecipare!» Chi oserebbe negarle qual-
cosa? Per due settimane è immensa-
mente felice, e trasmette a tutti con la
consueta vivacità quel messaggio di
letizia che pare Dio le abbia affidato.
Eccola ritornata. «Sei contenta dj
stare in famiglfa? Con noi, con me?,.
«Puoi dubitarne, mamma?».
«Sono anni che non ho la gioia di
averti così vicina». «D'accordo, ma
penso che affrontavi con serenità la
lontananza: era per il mio bene».
«Sì: per la tua salute avrei fatto
qualunque sacrificio. Tiho accolta da
Dio come un dono, e non ho mai vo-
luto negarti nulla di quanto poteva
12

2.3 Page 13

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•·esserti utile. Adesso possiamo fare
ben poco».
Segue una lunga pausa di silenzio.
Poi Janette: «Vuoi dire che questa
svolta della malattia è molto grave?»
«Sì, Janctte. Ma Dio è buono. e Li sarà
vicino con tenerezza. Lui ci ama e co-
nosce la nosLra fragilità: ci sostiene
con la sua grazia».
« Allora tu pensi che non è più il ca-
so di continuare gli studi?. « Niente
affatto! Se ti fa piacere li continuerai.
Papà si è già interessato: la signora
Butler è una brava maestra: è ben lie-
ta di aveni nella sua classe e ha pro-
messo di aiutarti».
«Grazie mamma!• "Le lezioni du-
rano solo dalJe nove alle tredici: nel
pomeriggio sarai libera».
«Benissimo: alJora potrò frequen-
tare anche l'oratorio con Dawn?»
«Certamente•.
Ogni creatura la sua vocazione. La
scuola delle suore Domenicane di La-
velle ha fatto sbocciare un desiderio
nel cuore di Janettc: entrare nella
Chiesa cattolica. Le vicende della sua
vita le hanno impedito un'istruzione
religiosa adeguata, ma adesso lei spe-
ra che le Figlie di Maria Ausiliatrice
possano seguirla. Ne parla a Dawn:
«Sai cosa ho pensato? Voglio ricevere
il battesimo».
«Mi dài una grande gioia: anch'io lo
desidero da lempo». «Ne parlerò a
papà e mamma; non mi negano nul-
la».
r genitori acconsentono subito, e
vanno ad esporre il caso a suor Teresa
Sironi. A Newton le FMA hanno il no-
viziato, e lei è la Maestra delle novizie.
Felice della richiesta, lei affida la pre-
parazione delle due sorelJe a una no-
vizia in gamba, Sandra.
lanette partecipa con viva sete alle
lezioni. E quando può. avvicina vo-
lentieri suor Teresa: ne ascolta i con-
sigli, le espone i suoi problemi. Un sa-
bato le chiede: Potrei farmi suora
come lei?» La risposta è difficile da
dare, dolorosa. «No, Janeue, non
puoi•.
Perché sono cieca?" Ogni crea-
tura ha ,a sua vocazione. Dio li chiama
ad altro. Prega perché Li faccia cono-
scere cosa desidera da te•.
Lei china il capo con la docilità d'un
agneUo.
In maggio, quando l'oratorio chiu-
de le sue attività e suor Sandra, novi-
zia, deve raccogliersi in vista della
professione religiosa, le due ragazze
vengono affidate a me.
Janetlc segue con interesse la spie-
gazione, e mi assedia di domande.
«Quando sarò battezzata, potrò vede-
re?• «Con la fede, Janette, con la fede.
Fisicamente non vedrai, ma quel che
più importaè chetu "veda bene" cosa
vuole da te il Signore. Tu haì una mis-
sione da compiere•.
"Perché devo soffrire tanto?» Dio
vuole che tu unisca le Lue sofferenze
aUe sue. Egli ha bisogno del tuo dolo-
re. Perché? Questoè un mistero! Forse
perché la luce della fede splenda nel
cuore dei tuoi cari? Chiedi al Signore
questa grazia».
«Sì, lo farò•.
Tu diventi ftglla dJ DJo. La consa-
pevolezza della gravità del suo male la
matura lentamente, anche se il sorriso
e la vivacità si mantengono inalterati.
Un giorno, mentre è immersa in pre-
ghiera, una compagna le chiede a
bruciapelo: «Cosa chiedi a Dio, Ja-
nctte?» E lei pronla: «Che mi prenda
con Sé in Paradiso».
Per una nuova, terribile crisi, nel
luglio 1977 è costreua a tornare in
ospedale. li papà, conoscendo il suo
desiderio d'essere battezzata e consi-
derando la pericolosità della situazio-
ne, s1 m1eressa perché un sacerdote
venga a darle il sacramento.
Quando Janette incontra padre
McHugh e comprende La ragione della
sua visita si accora: «Non qui... non
qui... Nella cappella del Noviziato...
simo viene fissata per il 3 dicembre
1977. Già circa mezz'ora prima della
funzione, cominciano ad arrivare la
famiglia, i parenti e gli amici.
La mamma è metodista ma il papà è
cattolico. Mi avvicino e glì chiedo se
desidera confessarsi. « Non saprei
neppure da dove cominciare: sono
venti anni che non mi confesso».
Dico a una zia: «E lei signora?» E'
titubante. Incoraggio l'uno e l'altra e li
affido a padre Carmine.
E' sabato: la raccolta cappella del
Novi7ialo è gremita di suore, novizie
ed oratoriane: proprio come deside-
rava Janeue!
Intanto il babbo e la zia si sono
confessati: la gioia traspare dal loro
volto. Il signor Mosteller mi dice: •O
La luce che man~ negll occhi di Janetle quando wa su qUHta let'ta, t qra nelle mani del suol cari
che col cero accno al apprfftano ricevere Il battNfmo.
con grande festa, con tutte le mie
suore... con le mie compagne...».
I genitori si appigliano a vari argo-
menti per convincerla: tutto inutile!
AUora interviene il buon padre: «Sen-
ti, Janette. Io Li amministro il Sacra-
mento, e tu diventi figlia di Dio. La
gra1.ia ti nuova forza. Quando sta-
rai un po' meglio e potrai recarti all'o-
ratorio. si farà la celebrazione solenne
come tu desideri».
Finalmente rasserenata, cede e ri-
ceve il battesimo con grande fervore.
Mamma, ce l'ho fatta!• Ancora una
volta la bontà di Dio, le cure e la gio-
vinezza vincono la crisi. Rientrata in
famiglia, J anette comincia a prepa-
rarsi per la festa tanto sognata: farà
anche la sua prima Comunione.
La celebrazione solenne del batte-
suor Manina, è tuuo cosl diverso dal
passato! Mi sento buono e felice•.
Tra canti festosi ha inizio la funzio-
ne. Dopo l'offertorio lanette è co-
stretta a uscire perché le mancano le
forze: accanto alla mamma sta seduta
fuori deUa cappella col volto verso
l'altare. Segue tutto con viva parteci-
pazione, e quando il celebrante viene
a portarle la Comunione si raccoglie in
preghiera col viso raggiante. Dopo un
breve, intenso raccoglimento, escla-
ma commossa: «Mamma, ce l'ho fat-
ta!•.
Anche questo è un traguardo rag-
giunto.
Una spiga da un chicco. Siamo al-
l'inizio all'll marzo 1978. Jan't!tte è
volata al cielo in dicembre: aveva 17
13

2.4 Page 14

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anni Oggi, nella cappella del Novizia-
to, abbiamo voluto celebrare una
messa per lei: vi partecipano familiari
e parenti.
La mamma, uscendo, mi dice:
«Suor Martina da quando è mancata
Janette, mio marito ha ritrovato la fe-
de. Adesso vive pienamente il suo
cattolicesimo•.
Lui sorridendo aggiunge: «Dopo
che J aneue è volata in paradiso, ho
radunato la famiglia e ho parlato ai
miei figli. Ora i tre ragazzi, Roger di
diciannove anni, Joffrey di sedici e
Matteo di nove, desiderano ricevere
l'istruzione che li prepari a l battesimo.
Mi sono reso conto d'aver sbagliato
ritardando loro il dono della grazia:
voglio riparare. Mia moglie per adesso
non è pronta, ma ho fiducia che in
seguito anche lei deciderà di farsi cat-
tolica».
lo sono stupita e felice! Ed ecco il
signor Dugon, zio di Janelle: •Suora,
mia moglie e io desideriamo essere
preparati al battesimo».
Poi è la volta della madrina di Ja-
nelte, la signora Krianski: Mio figlio
Alex, di quauordici anni, desidera ri-
cevere il baucsimo».
Ho il cuore gonfio di gioia. Penso a
Janette e ai suoi interrogativi sulla
sofferenza: al suo dolore offerto con
semplicità e con fede.
Suore e novizie, con entusiasmo ci
organizziamo per seguire i vari grup-
pi: adulti, ragazzi, bambini. Al primo
incontro, ecco la signora Mosteller:
l'accolgo con sincero calore e le chie-
do come mai abbia deciso di parteci-
pare a Ue lezioni. Risponde: « Forse
l'egoismo. Ho constatato la pace, la
serenità, la gioia di Janeue durante i
suoi uJtimi momenti Anche dopo, le è
rimasta un'espressione cosl placida e
dolce, che sembrava ripetere ancora:
" Mamma, ce l'ho fatta!" Ecco. io vo-
glio, anche per me, questa serenità e
questa gioia».
a 4 giugno 1978 la cappella del no-
viziato di Newton accoglie di nuovo
un'assemblea di suore, di novizie, di
amici dei Mosteller. La cclebraz:ione
eucaristica è semplice e commovente:
i canti vengono eseguiti con slancio di
riconoscem.a.
La Chiesa cauolica si arricchisce di
una spiga d'anime granita da un chic-
co. E lei, lanette, è presente con La sua
vivacità, col suo coraggio, col suo do-
lore, con la s ua fede.
Fra i canli ne preferiva uno che
prendeva l'avvio da quesLC parole:
•Nelle mani di Maria..... Sl: aveva
messo tuua la sua famiglia nelle mani
di Maria e, con il suo aiuto, aveva ac-
ceso lo splendor e della Verità nella
loro vita.
Suor Martina Ponce
(Da "Missioni e Missionarie")
* ITALIA LA FAMIGLIA SALESIANA PER LE MISSIONI
Il nostro sassolino
nel grande edificio
Dal 1875 salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice lasciano l'ltalla per
alimentare le missioni di Don Bosco nel mondo. E da allora sul fronte
delle retrovie gll amici di Don Bosco si Impegnano a sostenere Il
lavoro del missionari e aiutare I fratelli poveri del Terzo Mondo.
T orino, 11.J l.l 875. La basilica dì
Maria Ausìlia1rice è piena come
mai prima, e Don Bosco è sul pulpito.
ln presbiterio siedono sei sacerdoti
col cappello da viaggio in mano, e
quattro laici in abito nero e cilindro
posato sulle ginocchia. Don Bosco
parla ma la gente guarda quei dieci in
presbiterio. Sono i primi missionari
salesiani, andranno fra gli indios del-
1'America Latina. • Nella nostra po-
cheua - dice Don Bosco - anche
noi in questo momento mettiamo il
no!.tro sassolino nel grande edificio
della Chiesa». La gente è commossa,
Don Bosco ancor più." Chissà che non
sia questa partenza, questo poco, co-
me un seme da cui abbia a sorgere
una grande pianta».
Al termine del rito Don Bosco saluta
uno per uno i suoi figli partenti: una
benedizione, un abbraccio, una parola
all'orecchio. Poi i dicci lasciano il pre-
sbiterio, e attraversano la navata sotto
una pioggia di saluti, strette di mano,
abbracci. Fuori è quasi notte. Al chia-
rore delle lanterne si scorgono le car-
roi.ze che li porteranno aUa stazione
ferroviaria. Essi hanno con sé i "ri-
cordi di Don Bosco», venti pensieri
che ha scritto per loro. li primo dice:
« Cercate anime, ma non denaro, né
onori, né dignità». L'ultimo: •Nelle
fatiche e nei patimenti non dimenti-
cate che abbiamo un grande premio
preparalo in cielo•.
Dopo più di cent'anni il «sassolino
nel grande edificio della Chiesa» tie-
ne, dà il suo bravo contributo aJl'e-
vangelìzzazione. Il seme è diventato
pianta e ha ramificato ai quattro an-
goli della terra. L'impegno della Fa-
miglia SaJesiana d' Italia per le mis-
sioni risulta ancora oggi molto consi-
stente.
Già 109 spedizioni. Anzitutto va
detto il contributo di salesiani e FMA:
composte completamente da italiani
furono le prime spedizioni missiona-
rie di Don Bosco; e anche in seguilo,
nelle 109 spedizioni finora effettuate,
l'Italia salesiana ha sempre dato il
maggior apporto di missionari. Negli
anni venti la Congregazione aveva
aperto diverse case di forma.7.ione
missionaria, che si riempirono di gio-
vani decisi a seguire la chiamata; l'I-
stituto missionario Card. Cagliero•
di Ivrea nel 1972 fece un computo dei
giovani preparati nei suoi primi cin-
Ivrea, anno 1924: ragaul accorai da tutta ltalla ■I preparano per andare nelle mlulonl ■alnlane. Tra
loro - dli lo dire~? - eono alcunI futuri va■covl.
14

2.5 Page 15

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quant'anni di vita, e risultarono 715
quelli partiti come salesiani per le
missioni (più altri 102, che realizzaro-
no la vocazione in altre congregazioni
o nelle diocesi). E altri giovani parti-
rono da istituti analoghi creati a Pe-
nango e Foglizzo (Piemonte).
Una statistica del 1973 elencava
1.548 salesiani viventi, che avevano
lasciato l'Italia per lavorare in Asia,
America, Africa. Da allora fino al 1978
altri 91 salesiani hanno lasciato l'Italia
per le missioni.
Cifre m,inori, ma non di molto, an-
drebbero riferite per le FMA. Anzi la
loro casa missionaria "Madre Mazza-
rello", sorta anch'essa negli anni venti
ad Arignano (Torino), quando fece il
computo delle suore inviate nelle
missioni salesiane, arrivò a contarne
1233.
In questi anni recenti si tende a
conservare legami più stretti fra i
missionari partiti e le comunità della
Famiglia Salesiana che Li banno ''in-
viati": si va instaurando una collabo-
razione di solito intensa e proficua.
Ciò accade soprattutto nel caso di ge-
mellaggi: un'Ispettoria italiana "adot-
ta" una zona di missione per esempio
in America Latina, e vi manda un
adeguato numero di missionari. Non
partono solo i salesiani: anche piccole
comunità di suore, anche giovani vo-
lontari. E intanto i Cooperatori, gli
Exallievi e altre forze della Famiglia
Salesiana, debitamente sensibilizzati,
si impegnano nelle retrovie a sostene-
re con la preghiera, l'incoraggiamento
e l'aiuto concreto i missionari "in pri-
ma linea". Per esempio !'Ispettoria del
Veneto Est ba adottato .la missione di
San Carlos de Yapacani'. in Bolivia;
anche la Subalpina ha mandato i suoi
missionari in Bolivia, nel centro mi-
nerario di Kami; l'Adriatica è corsa in
aiuto a.Ila parrocchia di Esquel (68.000
kmq) sulle Ande argentine; la Fami-
glia Salesiana di Verona è impegnata
a Mossorò in Brasile...
Cooperatori ed Exallievi. I Coope-
ratori danno anch'essi un contributo
insostituibile alle missioni salesiane:
c'èl'aiuto diretto delle singole persone
alle singole opere, ma si banno pure le
iniziative sostenute dall'Ufficio Na-
zionale.
La più simpatica e diffusa è quella
dei "Laboratori Mamma Margherita"
in cui le Cooperatrici donano il loro
tempo e i loro risparmi per soccorrere
le missioni più povere. Giustamente
essi sono intitolati a Mamma Mar-
gherita, che ebbe il coraggio di lascia-
re la tranquilla casa dei Becchi e re-
carsi con la cesta sotto il braccio sui
prati di Valdocco e sfacchinare per i
ragazzi di Don Bosco. Sulsuo esempio
le Cooperatrici si mobilitano e danno
vita a questi laboratori. Essi sono più
di cento in ltalia, soprattutto presso le
case delle FMA; vi si preparano indu-
menti, si raccolgono medicine, si rag-
granella denaro, e si manda tutto in
missione.
Altre singolari inizfative dei Coope-
ratori sono le "Visite alle missioni",
più pellegrinaggio che turismo, dalle
quali si ritorna arricchiti sul piano
umano e cristiano. E col desiderio di
vivere con più generosità. I parteci-
panti possono poi aderire a un gruppo
chiamato ''Noiperloro", che non solo
organizza le "Visite" ma al ritorno
coordina l'impegno missionario tra-
Bangkok, Istituto per bambini non vedenti. Una
suora venuta dalla lontana Italia per stringere
quella manina e Infonderle fiducia.
ducendolo in progetti concreti: case,
aule scolastiche, impianti di irrigazio-
ne, sostegno a lebbrosari. Viene pro-
grammata una ''Visita" ogni due anni,
e sei sono ormai quelle realizzate,
(più, nel 1975, anno centenario delle
missioni di Don Bosco, una « Visita
alla Patagonia» sulle tracce dei primi
missionari).
1 giovani Cooperatori hanno aperto
una loro missione nella periferia di
Trelew, in Patagonia, dove dal 1974 si
trovano alcuni di loro, impegnati tra i
ragazzi delle baracche. Vanno Volon-
tari e lavorano per qualche anno, poi
altri vanno a dare loro il cambio,
mentre i loro compagni rimasti in Ita-
lia si impegnano a sovvenzionare l'o-
pera.
Lavorano per le missioni anche gli
Exallievi. Il loro Ufficio Nazionale
ogni anno mette insieme delle borse di
studio per studenti meritevoli del
Terzo Mondo. C'è poi un intrepido
exallievo, don Mario Zanin, parroco in
Veneto, che raccoglie in casa sua venti
studenti del Terzo Mondo: sono per lo
più ragazzi cresciuti nelle missioni sa-
lesiane, che ora frequentano medicina
a Padova. I primi da lui accolti sono
già giunti laurea. Don Zanin Li man-
tiene gratis, paga le tasse e i libri, e con
alcuni suoi parenti manda avanti un
pollaio razionale da cui ricava il de-
naro per le spese.
La carità sommersa. Anche i ra-
gazzi che frequentano le opere sale-
siane e delle FMA, e gli adulti delle
parrocchie, vengono interessati alle
missioni. In molti posti stanno rifio-
rendo i gruppi missionari, e le FMA
hanno anche una rivista mensile di
animazione per le preadolescenti:
Missioni e Missionarie. Gli "Uffici Na-
zionali missionari" altraverso le loro
diramazioni a livello ispettoriale or-
ganizzano in tutte le opere le giornate
missionarie: quella mondiale a fine
ottobre, e quella salesiana verso la fine
di febbraio.
Sarebbe lungo elencare i gruppj lo-
cali e le loro iniziative. A livello di gio-
vani c'è «Operazione Mato Grosso»,
che ha avuto una bella fioritura. Più
recente-è «Operazione Rwanda» con
centro a Treviglio.
A Torino giovani e adulti conflui-
scono nel «Club dei centomila», attivo
dal 1968, che dissemina nel Terzo
Mondo le sue benefiche micro-realiz-
zazioni. Un centinaio di famiglie poi
hanno dato vita all'associazione «Co-
me Noi» che ha - come il "Club dei
Centomila" - in don Giuseppe Ba-
racca il suo animatore: esse lavorano
da quasi vent'anni per le missioni di
Don Bosco. E per chiudere un elenco
che non finirebbe pii\\ basti un accen-
no all'iniziativa parrocchiale sorta a
Roma col nome eloquente "Gruppo
dei saltapasto", perché i partecipanti
saltano la cena, e durante una liturgia
trasformano il loro digiuno in soldoni
per i fratelli del Terzo Mondo.
C'è poi l'impegno dei singoli (Coo-
peratori, Exallievi e tanti simpatiz-
zanti per Don Bosco), non organizza-
to, spontaneo, che si traduce in mille
modi. Tanti hanno un missionario
amico a cui scrivono e con cui col-
laborano. Tanti poi - per praticità e
sicurezza - passano attraverso l'Isti-
tuto Salesiano per le Missioni, un ente
con personalità giuridica, con gli uffi-
ci presso la Casa Generalizia, che fa-
cilita i contatti e l'invio di soccorsi.
C'è dunque, per i poveri del Terzo
Mondo, una carità nascosta (oggi si
direbbe sommersa), che solo gli inca-
ricati di questo ente conoscono in tut-
ta la sua generosità ed estensione. E
natw·almente il Signore, che tiene
conto d'ogni bicchiere d'acqua dona-
to per amor suo.
15

2.6 Page 16

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MEMORIE DI UN RAGAZZO D'ORATORIO
Don Bosco
ti ricordo
A Caramagna (Cuneo) Don Bosco
era già scaro due volte, e tra la
gente correva voce che avesse ottenuto
da Maria Ausiliatrice la grazia di "sal-
vare" duemila ragazzi, forse cinque-
mila e anche più. Mamma Beatrice un
giorno vendette I suoi orecchim d'oro,
poi prese il suo Giaculìn, lo portò a
Valdocco, lo presentò a Don Bosco e gli
disse: «Signor Don Bosco, m i faccia la
carilà di contare anche il mio Giaculìn
tra le migliaia di ragazzi che ella deve
salvare».
Ed ecco i ricordi di Giaculìn divem1-
10 poi mons. Gi<1como Costnmagna.
Una delle più antiche
toto di Don Bosco con I
suol ragani: rlula al lontano 1860.
Glac:uOn, vlseuto
eel anni accanto a Don Bosco,
potrebbe elffra uno di questi raguzJ.
l. Eravamo i figli del Re
Prediligeva I giovani. Se Don Bosco
amava grandemenle tulle le anime,
prediligeva tuttavia quelle dei giovi-
neui, di cui fu giui.tamente chiamato
l'apostolo. Questi. che furono sempre
le delizie di Gesù, formarono pure la
gioia del nostro buon Padre. Oh,
quanto egli godeva stando fra i suoi
birichini! Noi l'abbiamo ancor sempre
davanti agli occhi della mente quel
Padre incomparabile, e spesse volte
anche lo sogniamo. Quella fronte se-
rena, quell'occhio penetrante, quella
magica parola, quel tralto più angeli-
co che umano! Questa sua predilezio-
ne per i giovinelli è stata certamente
una grazia tutla speciale che gli diede
il buon Dio.
Ci chiamava col nome. Per lui ba-
stava che uno fosse fanciullo, perché
tosto avesse diritto a essere salutato;
era perciò sempre il primo a salutarci.
Poscia, come mosso da una forza ir-
resistibile, ci si avvicinava e ci diceva
all'orecchio una di quelle magiche
parole che tro,·avano driuo driuo la
via del cuore. Per esempio: • Esto vir.
Salve, salvando, salvati! Voglio che tu
sia allegro. Voglio che siamo amici».
Non ci chiamava col cognome, ma col
nome di battesimo, e soleva parlarci
Lanlo alla buona, che ci pareva di tro-
varci in famiglia fra i nosLri cari.
Dal suo labbro partiva sempre una
parola d'incoraggiamento, una frase
affettuosa. Egli sapeva che la via più.
breve per giungere ad un cuore e
conquistarlo, non è già la Linea rena
del rigore e del castigo, ma bensì la
curva della santa carità.
Giacomo Costamagna aveva 12 anni e per tutti era soltanto Glaculìln,
quando la mamma vendette gll orecchini d'oro per pagare la pensio-
ne, lo portò a Valdocco e lo affidò a Don Bosco. Era Il 1858: per sei
anni Glacunn crebbe In affettuosa famlllarltà con Don Bosco, poi
decise di rimanere per sempre con lul. Fu missionario In America
Latina e vescovo. Non scrisse diari o memoriali, ma in lettere, confi-
denze ad amici, relazioni e conferenze raccontò I mllle frammenti
della sua eccezionale esperienza. Dove è dato di capire, in parte
almeno, il mistero di grazia e di amore fatto sbocciare da Dio nella
Chiesa con Don Bosco.
La porta aperta. La sua stanza,
quando era in casa, se la teneva sem-
pre aperta a nostra disposizione. Non
ci fissava l'ora per darci udienza, non
d obbligava a fare lunga anticamera,
ma era sempre là pronto ad ascoltare
con pazienza ineffabile tutte le nostre
piccole miserie e le interminabili, e
talvolta irragionevoli nostre lamenta-
zioni.
Seduto per terra. Parmj ancora ve-
derlo aggirarsi per l'Oratorio con quel
suo amabile sorriso, sempre-attornia-
to da una corona di ragazzi che si af-
fidavano in lui, come i fiori si volgono
al sole che li ravviva. Parmi ancora
vederlo in quel sotterraneo che servi-
va da refettorio, sempre tra una turba
di ragazz.i che infrangevano ogni re-
gola di galateo pur di averne un'oc-
chiata, una parola
Ogni giorno dopo pranzo e dopo
cena Don Bosco lrovavasi general-
mente in ricreazione con noi, ora in
piedi, ora seduto sopra un tavolo e
anche sul nudo terreno, circondato
sempre da l.arga corona di giovani.
Egli si deliziava raccontarci falli
ameni ed esempi edificanti.
Cl voleva piccoU Salomoni. Don
Bosco era sempre tutto intento neU'i•
struirci. Le soavi conversazioni che ci
regalava dopo pranzo e dopo cena, in
refettorio, in conile. nelle passeggiate,
ecc., erano per noi una con tinua
istruzione. Avrebbe voluto fare di noi
altrettanti piccoli Salomoni La sua
istruzione stendevasi alle particolarità
più minuziose. C'insegnava perfino il
modo di ponare il parapioggia, ilmo-
do d i trasportare bottiglie e caraffe col
rispettivo souocoppa. Ci mostrava la
maniera dj preparare rimedi casalin-
ghi efficacissimi; e così a poco a poco
noi venivamo informati in ogni ramo
di scienza: di latino, di greco, di filo-
sofia, di teologia, di canto Liturgico, di
storia profana, ecclesia:.tica e sacra.
Soleva poi anche interrogarci, in
pubblico e in privato, per sapere che
cosa avessimo ritenuto delle sue spie-
gazioni ed esortazioni Allora egli fa-
ceva attenzione persin o alle n ostre
espressioni grammaticali, e rivedeva
per bene le bucce a lutti i nostri sole-
cismi, gallicismi e barbarismi
In cortile. Era una vita tutta scena,
Lutto movimento, LUtt'allegria. Chi
16

2.7 Page 17

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MISSIONARIO E VESCOVO
correva, chi saltava, chi faceva saltare
gli altri. Bisognava vedere l'elettricità
che sprigionavasi fra quelle masse di
giovani, al comparire dell'amato don
Francesia direttore del gioco dei me-
stieri e dell'asino vola; del carissimo
don Celestino Durando, che con la
maiuscola sua tromba radunava i
giovani per la lotteria e pubblicava il
nome deivincitori; dei più valenti fra i
chierici, i quali sfidavano nel gioco
della barrarotta quanti allievi voles-
sero con loro misurarsi Una sola par-
tita soleva alle volte durare più giomi
consecutivi. Don Bosco stesso era tal-
volta chiamato dalla parte dei giovani,
alla custodia dei prigionieri.
E dopo il gioco della barrarotta ve-
niva quello del salto, della paJla, della
rana, del tingolo e cento altri. Si can-
tava, si rideva dappertutto, come se
fosse una festa continua. Tra superiori
e alunni regnava la maggior cordialità
e confidenza.
Mi sembra ancora adesso di correre
appresso al valoroso e snello don Gio-
vanni Cagliero, il quale saltava sulle
parallele, sulla sbarra fissa, oppure
saliva tutto d'un fiato la scala dell'O-
ratorio sino al quarto piano su cene
stampelle alte un metro, scendeva ra-
pidamente in cortile, e camminando
su di una sola stampella e armeggian-
do e manovTando per l'aria con l'alLra,
si traeva dietro in certi momenti Lutto
l'Oratorio.
Don Bosco soleva provvedere ai
suoi fanciulli vari giocherelli (per
esempio piastrelle, bocce, palle,
stampelle, ecc.), faceva ripetere più
volte all'anno il divertimento delle pi-
gnatte o delle corse nel sacco; e volle
che l'Oratorio possedesse pure vari
giochi di ginnastica e il Leatrino con la
sua brava musica strumentale, che
nell'età primordiale consisteva in un
tamburo, un triangolo e una tromba.
Durante l'effervescenza della guer-
ra del 1859 permise ai suoi giovani
perfino le finte battaglie, eseguite con
fucili di legno, ma con tanta disciplina
che al primo Locco della campanella
del catechismo- fosse pur nel furore
della mischia - si gettavano le armi e
si correva in chiesa.
La sua filosofia del gioco. Don Bo-
sco soleva dire che quando i giovani
non vogliono prender parte alla ri-
creazione comune, ma se ne stanno
abitualmente seduli appoggiati a un
pilastro o al muro, generalmente par-
lando, o sono ammalati di corpo o lo
sono d'anima.
Come pulcini dalla chioccia. Don
Bosco ora volgeva una parola d'inco-
raggiamento a questo, che sapeva ab-
bisognarne, ora ne diceva una all'o-
recchio di quelli; onde era che, mu-
tandosi ogni ora attorno a lui i giovani,
e succedendosi gli uni agli altri nel
piacere di stargli vicino, avveniva che
tutti o quasi tutti in pochi giorni rice-
vevano - come pulcini dall'amore-
vole chioccia - un'imbeccata che lo-
ro dava o conservava la vita. Altra
volta faceva chiamare a sé, o andava
egli stesso in cerca di taluno, che co-
nosceva più o meno bisognoso d'es-
sere scosso nel bene o allontanato dal
male, e n a quattr'occhi, con una
Don Giacomo Costamagna In America.
U"l'1 VITA CON DON BOSCO
Giacomo Costamagna è figlio secon-
dogenito di Luigi e Beatrice Vaschetti,
modestì agricoltori.
1846 (23 marzo). Nasce a Caramagna
(Cuneo), e quel giorno stesso riceve il
battesimo.
1852 Giaculln, 6 anni e voce da pic-
colo artista lirico, esegue il suo primo
assolo nella chiesa parrocchiale.
1858 (12 febbraio). E' portato dalla
mamma a Valdocco e affidato a Don
Bosco. Don Giovanni Cagllero comporrà
per lui la romanza "Lo spazzacamino".
1861 (22 ottobre). Giacomo riceve a
Caramagna dal suo parroco l'abito
chiericale.
1864 Consegue a 18 anni Il diploma di
maestro. Don Bosco lo invia insegnante
nel collegio di Lanzo (vi rimarrà fino al
1875).
1867 (27 settembre). Diventa salesia-
no. Eccelle nel canto e scrive composi-
zioni musicali di carattere popolare.
1868 (18 settembre). E' ordinato sa-
cerdote a Torino Valdocco.
1875 Don Bosco lo manda a Mornese,
culla della congregazione delle FMA.
come direttore spirituale.
1877 Don Bosco lo invia missionario
in America, capo della terza spedizione
(partenza da Genova, 14 novembre).
1878 (maggio). Tenta di raggiungere
via mare le terre degli indios, ma una
tempesta le costringe a rientrare (cfr. BS
bontà inarrivabile, dicevagli alcune
parole.
Eravamo i figli del Re. Le più belle
consolazioni che egli ci procurava
erano le spirituali. Egli non si dimo-
strava soddisfatto finché non ci ve-
desse contenti, e il « voglio che tu sia
allegro» ce lo ripeteva da mane a sera.
Trattandosi di dubbi di coscienza, di
affanni di cuore, egli non ci rimanda-
va mai ad un altro giorno, ma lasciava
tutto e tutti per meuersi tosto ai nostri
ordini, come se fossimo i figli stessi
del Re (e lo eravamo davvero!)
Egli ci aveva sempre gli occhi ad-
dosso, e ora con leparole magiche che
dicevaci all'orecchio, ora con la santa
confessione, oggi con una lettera, do-
mani con una predica, col sermoncino
della sera e con mille altri modi, ci
rubava il cuore per darlo a Dio e così
riempirlo di vera, ineffabile consola-
zione.
I>
di maggio 1978, pag. 22-23).
1879 (aprile-luglio). Si unisce come
cappellano militare al generale Roca
nella sua "spedizione del deserto": In-
contra gli indios, studia Iluoghi e prepa-
ra i piani per la futura attività missionaria
(cfr. BS di maggio 1979, pag. 25-29).
1880 E' nominato da Don Bosco
Ispettore dei salesiani d'America.
1882 Inizia ta pubblicazione del BS
argentino. Due anni dopo lancerà anche
il mensile "Letture cattoliche".
1883 Rientra In Italia per partecipare
al terzo Capitolo Generale, si trova con
Don Bosco per l'ultima volta, con lui
compie viaggi in Italia.
1887 In Cile apre la prima opera sale-
siana a Talea. L'anno seguente visita
anche Perù, Ecuador, Bolivia, e prepara
nuove fondazioni In quei paesi.
1895 E' vescovo (nomina 18 marzo,
consacrazione 25 maggio a Torino nella
Basilica di Maria Ausiliatrice). E' Vicario
apostolico di Méndez y Gualaquiza in
Ecuador, dove Isalesiani aprono le loro
missioni tra gli indios Shuar. Il governo,
in disaccordo con la Santa Sede, non
riconosce la sua nomina e non gli con-
cede l'ingresso. Da don Rua è nominato
« Visitatore delle case salesiane d'Ame-
rica sul versante del Pacifico• e si sta-
bilisce a Santiago del Cile.
1902 Ottier.e dal governo ecuatorlano
una permanenza di tre mesi nel suo Vi-
cariato, permesso •innovato l'anno suc-
cessivo. In questi anni compie numerosi
viaggi, tiene conferenze, scrive llbrl ric-
chi di spiritualità salesiana.
1912 Ottiene Il riconoscimento del
governo ecuatoriano e va a risiedere nel
suo Vicariato.
1918 La sua salute declina: dà le di-
missioni da Vicario apostolico e si ritira
nel noviziato di Berna! (Argentina). A
Caramagna festeggiano Il suo so• di sa-
cerdozio dedicandogli una via del pae-
se.
1921 (9 settembre). Muore a Bernal:
era un ragazzo di Don Bosco.
17
,--

2.8 Page 18

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2. Il suo piano di battaglia
L'unica speranza. Udite come ci
parlava Don Bosco: « 1 giovani - so-
steneva - sono, si può dire, l'unica
speranza che ci resta nella noslra vita
apostolica. Il mondo è guasto, se vo-
gliamo risanarlo è d'uopo avvicinarli
questi cari giovanetti, e farceli nostri.
Essi ormai sono i soli sanabili: gli
adulti, generalmente parlando, non lo
sono più. I giovani d·oggi sono gli uo-
mini di domani. Ma se noi non ci cu-
riamo di loro, che mai dovremo
aspettarci?•
Quante volte si compiace,•a di ri,•e-
larmi i suoi piani di battaglia dicen-
domi: • Se Don Bosco cerca case e
collegi grandi, i migliori professori, i
migliori metodi d·istruzione, ciò tutto
fa con l'unico fine di poter salvare più
facilmente le anime dei poveri fan-
ciuJli ». Pareva che egli non aves~e al-
tro pensiero che preoccupasse il suo
spirilo, né alleo affanno che gli marti-
rizzasse il cuore.
Due specie di corone. Quando un
giovane entra nella Casa - diceva
ancora Don Bosco -. quando viene
annoverato tra i miei figli, eg.li diventa
allora la mia corona. Ma di corone,
notatelo bene, ve ne sono di due spe-
cie. Se uno corri~ponde alle mie lati-
che, se fa ogni sforzo per porre in sal-
vo l'anima sua, allora egli forma la
mia corona di rose. Ma se egli rifiuta
di mettere in pratica le mie parole, se
lo vedo non curante delle cose dell'a-
nima, allora vi assicuro che egli è per
me una dolorosa corona di spine».
Per ùnpedlre U peccato. Ecco il
mio programma - diceva Don Bosco
- : Mudiatelo bene. Don Bosco è il più
gran bonomo che siavi sulla terra;
gridate, rompete, fate b irichinate, egli
saprà sempre compatirvi; ma non ro-
vinatemi le anime, perché allora egli
diventa inesorabile!»
Un'altra volta Don Bosco giunse a
clii-e: •Se per impedire il peccato
mortale nella nostra Casa rosse ne-
cessario incendiarla, io stesso non
esiterei ad appiccarle il fuoco con le
mie proprie man i».
Ogni giorno al confessionale. Don
Bosco nostro Padre s'accorse per
tempo che, !.e voleva davvero pescare
molte anime, non doveva mai abban-
donare l'amo. Perciò ogni gìomo per
ore e ore attendeva al confessionale,
sempre circondato da una corona di
gio\\ anetti. Crebbero a dismisura le
sue sollecitudini nel fondare tante
Case, nello scrivere tanti libri, nel dare
udienza a tanta gente, ma con Lullo
questo nulla mai valse a distoglierlo
dall'udire ogni giorno le confessioni
dei suoi cari figlioli. Venne la vec-
chiaia, sopraggiunse un'estrema de-
bolezza che l'obbligò a sgravarsi di
18
molti altri lavori, ma egli volle riser-
bare sempre a sé, almeno in parte, il
ministero delle confessioni.
Se il Curato d'Ars fu quello che
confessò un numero maggiore di
adulti in questo scorso secolo, Don
Bosco è stato colui che confessò il più
gran numero di giovanetti. Noi l'ab-
biamo osservato chi per trenta chi per
quaranta e più anni accudire ogni
mattina al confessionale, sem:a mai
prendersi un sol giorno di vacanza;
noi l'abbiamo contemplato pieni di
meraviglia, stare Il fermo come in-
chiodato in mezzo alla turba dei suoi
cari penitenti, le cinque, le sei, le dieci
e perfino sedici ore continue senza
prender fiato.
Poche settimane prima di morire gli
si pre!.entarono ancora trenta alunni
delle classi superiori. L'assistente non
voleva che entrassero, ma Don Bosco
loro disse:• Venite, ,,enite... E' l'ultima
volta che potrò confessare!,. E fu
profeta. Si è che Don Bosco era inti-
mamente persuaso che la frequeme
confessione è il mezzo più efficace per
Rlcoatruzlone dell'Oralorfo del primi tempi, con Don Bosco I giochi del suol ragazzi. In alto: la
gtanc:■SN delle paaMIJGlat• autunnall, portata anche da Glac:uDn (llluatrazlone dal libro eh• don
Francesla, un i.aumone. dedlcb a quelle fantaatlc:he vacanze del ragazzi con Don Bosco).
trasformare i giovani
Ogni comunJone un gradino. La
comunione frequente: era questo
l'argomento favorito di Don Bosco.
Egli sapeva che un collegio sen1.a la
comunione frequente è, ordinaria-
mente parlando, una casa ove regna il
peccato.
Faceva notare che la più bella pre-
parazione per comunicarsi è la buona
con<loua. Un bel dieci <li condotta,
dato dai superiori e ratificato <lai Si-
gnore, è la preparazione e il ringrazia-
mento che più piace a Gesù...Qgni
comunione che voi fate - soleva dirci
- è un gradino d'oro per salire al cie-
lo. Non dovete comunicarvi perché
siete buoni e savi, ma per arrivare
presto a esserlo•.
Il dlscorsetto della buona notte.
Una delle principali industrie che Don
Bosco mise in opera per i suoi cari
giovanotti, fu il d iscorsetlo chiamato
della "buona notte", Avendone pro-
vato gli ammirabili effetti, si fece a se
stesso una legge d i non lasciarlo mai.
Questo discorsetlo Don Bosco lo
teneva breve (ordinariamente di
quattro o cinque minuti) ma per noi
era più efficace di una lunga predica.
Parmi ancora di vederlo quel santo,
sotto il portico dell'Oratorio, aprirsi

2.9 Page 19

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lentamente il varco per arrivare fino
alla cattedra, sulla quale saliva ap-
poggiato sulle fortunate braccia degli
alunni a lui più vicini; panni di udirlo
schiudere quel labbro incantevole, da
cui usciva una voce d'angelo del Pa-
radiso!
Era davvero sì grande l'efficacia di
questo sermoncino, che appena egli
finiva di parlare tutti i giovani corre-
vano a lui, facendogli ressa attorno
per dargli la buona notte e chiedergli
un buon consiglio. Era allora che Don
Bosco coglieva il destro per dire a
questo e a quell'altro una parola con-
fidenziale, che veniva custodita quale
un tesoro e praticata con molta fe-
deltà.
Se alcuno di quei giovani bisognosi
di consiglio, datogli la buona notte
avesse cercato di svignarsela, Don
Bosco lo teneva forte della mano (una
volta afferrato, nessuno poteva più li-
berarsi) e : «Va' pure, mio caro», gli
diceva. Ma intanto non lo rilasciava. E
solamente dopo di aver detto una pa-
rola in particolare a tutti gli altri, fini-
va per liberarlo anche lui, ma prima
gli faceva sentire all'orecchio una pa-
rola magica di quelle che solo Don
Bosco sapeva dire.
Maria ci ba raccolti. Nessuno può
intendere nulla delle grandi e mirabili
opere di Don Bosco se non parte da
questo principio, che Don Bosco è
sempre stato tutto per Maria, e Maria
fu sempre tutta per Don Bosco. Le ar-
due fondazioni dell'Oratorio, delle
Case di Francia, di Spagna, l'istituzio-
ne dei Cooperatori Salesiani, delle
Suore, delle Missioni della Patagonia
e di tutta l'America; tutto si deve alla
Madonna Ausiliatrice.
Don Bosco soleva ripetere che non
ci dimenticassimo mai che eravamo
figli di questa gran Madre celeste, e
che essa stessa ci aveva raccolti attor-
no a lui perché ci amassimo da buoni
fratelli, e così dessimo gloria a Dio.
Che grazia vuoi? Talvolta prima
d'andare a celebrare soleva chiamare
a sé alcuno dei suoi birichini e gli di-
ceva ali'orecchio: « Che grazia vuoi
che domandi a Gesù per te nella mes-
sa?» O saperci da lui specialmente
raccomandati a Gesù mentre lo tene-
va nelle sue proprie mani, ci era di
sprone per aprire sempre più il nostro
cuore alla confidenza e all'amore ver-
so un tanto padre.
3. Don Bosco e Giaculìn
Molto amici. Quante volte l' udii
dolcemente ripetermi queste magiche
parole: « Voglio che noi due siamo
molto amici: aiutami, dunque, a sal-
vare l'anima tua».
Portatore di grancassa. Ogni anno
d'autunno Don Bosco portava i suoi
ragazzi alla casetta dei Becchi, e di lì
compiva con loro lunghe passeggiate. Il
10 ot10bre 1859 Giaculìn ebbe l'onore
di fare il portatore di grancassa. « Una
volta - ha scritto don Lemoyne -
sulla strada del ritorno, la notte li sor-
prese che erano ancora molto lontani
dai Becchi. Splendeva la luna piena, e
dopo aver cantato e fatto con gli stru-
menti una serenata ai merli, si cam-
minava in mezzo ai boschi e per i
sentieri delle vigne. Tutti allegri pro-
cedevano lentamente verso casa. Co-
starnagna portava sulle spalle la
grancassa, e Don Bosco la percuoteva
forte col pugno: voleva avvisare i gio-
vani perché lo seguissero senza smar-
rirsi per i tortuosi sentied.... »
Un pezzo di carta azzurra. Ai Bcc-
chi la mia gioia era al colmo. Ma ad
amareggiarla bastò il pungiglione
d'una vespa. Me lo conficcò proprio
nel labbro, quelJa screanzata. Il lab-
bro gonfiò subito smisuratamente e io
gemevo, gridavo, e non sapevo più a
che santo raccomandarmi. Appena
« Sì, figlio mio, fino alla morte, fino
alla morte».
«Allora non m'importa di vivere
poco o assai, purché resti con lei».
« Sta' pur tranquillo: vivrai con me,
e vivrai a lungo».
Al mio paese natio. Era il 3 di mag-
gio del 1867. Don Bosco, venuto al mio
paese nativo di Caramagna, aveva
predicato e si era degnato accettare
un pranzo nell'umile casa di mia ma-
dre. Più volte Don Bosco era venuto a
Caramagna, e questa fu l'ultima.
Dopo pranzo il cortile si rende sti-
pato di gente, che domandavano una
benedizione. Don Bosco scende con
mio fratello Luigi e con me. La prima
persona che si presentò fu una povera
donna, tutta sciancata, che trascina-
vasi su due grucce. Io mi misi tutt'oc-
chi a osservare, alla distanza di un
metro, e fui testimonio del seguente
dialogo.
«Don Bosco! Mi dia una sua bene-
dizione!» «Di tutto cuore; ma avete
fede nella Madonna?»
Foto di gruppo: la taru apedlzlona missionaria. Don Coatamagna, capo apedlzlone, è Il 1econdo da
destra In prima flla (11 letzo è don Cagllero futuro cardlnala, Il quarto è Don Bosco).
Don Bosco lo seppe, corse in mio aiu-
to: versò egli stesso dell'olio d'oliva in
un piattello, lo sbattè ben bene con
dell'acqua, poscia, ammollandovi un
pezzo di carta straccia color azzurro,
me lo collocò sull'enfiagione. E in
brcv'ora il mio labbro sanò perfetta-
mente.
Sempre con Don Bosco. Una volta
Don Bosco disse a Giaculìn che avreb-
be potuto svelargli il giorno della mor-
te, come aveva fatto ad altri.
«Ame non lo dica!», avevo risposto.
«Hai paura di morire?»
«No, non è per questo. Mi basta sa-
pere se vivrò sempre con Don Bosco».
«Sì, sì, tanto!" «Dunque, pregatela
e vi farà la grazia».
«Ah, preghi lei perché è un santo!»
« Bisogna che preghiamo tutti e due.
Dunque inginocchiatevi!»
« E' tanto tempo che non posso più
inginocchiarmi; ho le gambe quasi
morte». E quella donna si appoggiava
alle due grucce, per tentare se potesse
toccare con le ginocchia fino a terra;
ma Don Bosco, togliendogliele di sot-
to le braccia e dalle mani, risoluta-
mente disse: «Cosl no, cosl no... Ingi-
nocchiatevi bene».
Nella folla non si udiva un respiro
(ed erano presenti 600 e più persone).
19

2.10 Page 20

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La donna si trovò in ginocchio a terra,
e piangendo diceva: «Don Bosco, e
come ho da pregare?» «Dite con me
tre Ave Maria alla Vergine Ausiliatri-
ce!,. E dopo aver recitato insieme le
tre Ave Maria, senza che nessuno
l'aiutasse quella donna si levò su,
senza più sentire i dolori che da di-
versi anni 1'opp1imevano.
La gente scoppiò in un "oh!" di
ammirazione e si precipitò su Don
Bosco, che ebbe da fare per lunga ora
a benedire e consolare tutti.
Al mattino Don Bosco era stalo in-
vitato a visitare una signora ammala-
ta, che da lungo tempo teneva il letto
per un cancro. La benedisse, le fissò il
domani per levarsi; il posdomani, che
era domenica, per uscire di casa e an-
dare alla messa; e il termine del mese
per andare a Torino a fare un'offerta
di ringraziamento a Maria Ausiliatri-
ce. Pochi minuti dopo l'inferma si
sentì pienamente libera del suo male.
Si alzò, uscì di casa, andò losto nella
chiesa parrocchiale a ringraziar La
Madonna e, prima ancora che Don
Bosco partisse, recossi a portargli la
Bo.$CO non replicò. Al principio di ollo-
bre si intraprese la più grande passeg-
giara autunnale organizzata da Don
Bosco: aveva per meta Genova. Fra gli
iscritti vi era anche Costamagna. Don
Bosco a Genova, a Mornese e a Ovada
aveva cercato in tutti i modi di potergli
parlare, ma il c11ierico riusciva sempre
a fuggirlo, temendo di udirsi ripetere la
proposta. Mentre tutti i giovani nel pa-
lazzo del vescovo stavano ascoltando
Monsignore, a un tralto egli si vede vi-
cino Don Bosco. «Dunque, che cosa
mi rispondi?». Confuso il chierico bal-
bettò: «Slasera, o a Torino, le darò la
risposta».
Finito il teatro saliva nel camerone
destinato per il riposo dei giovani e
trovò Don Bosco occupato a preparar-
gli con le sue stesse mani il letto, che al
mattino non era stato rifatto. Don Bo-
sco gli diede la buona nolle e si ritirò
nella sua stanza. Al vedere tale arto il
chierico non potè prendere sonno,
pianse tutta la notte, al mattino andò a
bussare alla porta di Don Bosco, e sin-
ghiozzando esclamò: «Mi mandi dove
vuole, che non posso più resistere».
Monsignor Giacomo Costamagna In uno del tanti viaggi ml-■lonarl, accompagnato da un chierico:
per le 1trade dlaselclate di allora, con gll automezzi di allora.
promessa oblazione...
Mi mandi dove vuole. Nelle vacanze
del 1864 - raccontava don Lemoyne
- stava per aprirsi il collegio di Lanzo.
Don Bosco che preparava il personale,
così prese a parlare col chierico Costa-
magna: «Avrei piacere che andassi a
Lanzo, dove occorre un maestro di
musica». «Ah! Don Bosco, io non
vorrei lasciare l'Oratorio». «Vivrai là
come qui, e giacché sei diventato così
bravo nella musica, vi farai da mae-
stro». «No, signor Don Bosco. Non mi
sento di lasciar l'Oratorio. A Lanzo
mandi un altro».
La risposta era secca, insolita. Don
20
Il mio c uore ve l'ho la"Sciato. Il 14
novembre 1877 don Costamagna partì
da Genova, a capo della terza spedi-
zione missionaria. Ecco l'addio di Don
J3osco.
Era l'autunno inoltrato; pioveva a
dirotto, e un gelido ventaccio faceva
cozzare fra loro le cento e cento bar-
che del porlo di Genova. Ma Don Bo-
sco non bada a nulla, pur di accom-
pagnare i suoi cari figlioli sul pirosca-
fo, dare a ciascuno gli ultimi ricordi, e
loro impartire L'ultima sua benedizio-
ne. Qual duro distacco fu quello mai!
Un colpo di vento gli getta il cappello
in mare, ed egli sorride fra le lacrime
dell'addio. Un momento dopo, la bar-
chetta ce lo invola; egli ha sempre gli
occhi fissi alla nave e pare che escla-
mi: «O figli, figli miei! io me ne lomo a
Torino col corpo, ma il mio cuore ve
l'ho lasciato Il, che vi accompagni, vi
consoli e continuamente in nome di
Dio vi benedica».
Più tardi sarai vescovo. Nella prima
metà di agosto del 1883 Don Bosco do-
vette fare un viaggio a Pistoia e pigliò
per compagno Don Costamagna arri-
vato allora allora dall'Argentina. Fu un
viaggio di lre giorni, pieni di consola-
zioni. Ma il consolato ero sempre io, e
Don Bosco il consolatore. Perché mi
vedeva tornato dall'America un po'
magro e paJlidello, lutti i momentiera
a ripetermi: «Ma tu non stai bene!
Tu devi aver patito!" Poscia aprendo
di quando in quando la sua piccola
valigetta (che l'Arcivescovo di Bolo-
gna aveva riempito di viatico, mi
spiegava sulle ginocchia la salvietta,
mi faceva egli stesso i bocconi, e quasi
quasi me li metteva in bocca conJ'af-
fetto della più tenera madre.
E (u appunto in questo viaggio che
Don Bosco disse e ripetè due volte ben
chiaramente: «Tu, o mio Don Costa-
magna, più tardi sarai vescovo».
Tutti prediletti. E' a tutti nota la
pacifica e ingenua disputa che succe-
dette nella camera di Don Bosco du-
rante quella gravissima infermità che
doveva rapircelo. Alcuni superiori e
confratelli, credendo che Don Bosco
fosse assopito, gettarono sul tappeto
la questione chi di loro fosse stato il
beniamino di Don Bosco. «Sono stato
io», cominciò a dire francamente uno
di essi. «Nossignore - disse un altro
-, fui io il suo prediletto». «Taci là,
che sono io il suo enfant bien aimé»,
soggiunse un terzo. «Io fui il suo pri-
mo con(idenle! » « Io il suo primo
amico!» « Io il suo factotum... ,. «Io, il
suo vero beniamino!» «Io il... ».
«Avete lutti ragione ugualmente... »,
disse con Cioca e paterna voce Don
Bosco, che tutto aveva udito.
Fu troncata di botto la fanciullesca
disputa: tutti si guardarono in volto
meravigliati, e finirono per approvare
la sentenza di Don Bosco, la quale a
prima vista sembrava un paradosso.
Infatti era così intenso e santo l'amore
che Don Bosco portava a ciascuno di
noi, che ognuno ingenuamente cred~
va di essere da lui prescelto e amato
sopra tutti gli altri.
Enzo Bianco
Le testimonianze più significative
sono state raccolte nel volume:
MONS. GIACOMO COSTAMAGNA
Scritti di vita e spiritualità salesiana
a cura di Eugenio Valentini
Ed. LAS 1979. Pag. 208, lire 4.500

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IEduchiamo come Don Bosc01
I
La vostra autorità
diventi amicizia
Don Giovanni Bonetti, uno dei pri-
mi chierici di Don Bosco, nel 1864
mentre si preparava a diventare sa-
cerdote, attraversò un brutto mo-
mento: era debilitato fisicamente e
ailianto nel morale. Allora Don Bosco
gli scrisse una lettera che sembra det-
tata dalla più tenera delle madri.
Caro mio Bonetti,
appena avrai ricevuco questa lettera
va' tosto da don Rua, e digli schietta-
mente che ti faccia stare allegro. Tu poi
non parlare di breviario fino a Pasqua,
cioè-sei proibito di recitarlo. Di' la tua
Messa adagio per non stancarti. Ogni
digiuno, ogni mortificazione di cibo è
proibita. Insomma il Signore ti prepara
lavoro, ma non vuole che tu lo cominci
se non quando sarai in per/elio stato di
sanità, e specialmente non darai più un
getto di tosse. Fa' questo e farai quello
chi! piace al Signore.
Tu puoi compensa,·e ogni cosa con
l'offerta al Signore dei tuoi incomodi,
col tuo buon esempio. Porta un mate-
rasso nel tuo le110, aggiustalo bene co-
me si farebbe a un poltrone matricola-
to; sta' ben riparato nella persona in
letto e fuori letto. Amen.
Dio ti benedica. Tuo aff.mo in Gesù
Cristo, sac. Giovanni Bosco.
._ L'autorità di Don Bosco, nella
sua interezza, sgorgava dal cuore di
Gesù, così come la luce si irradia dal
sole. E perciò era squisitamente
evangelica.
L'autorità che deriva da Dio è amo-
re che serve. Come la benzina si risol-
ve in fiamma, così l'autorità evangeli-
ca si risolve e si dissolve in amore. Ciò
che nelJa benzina non si trasforma in
fiamma è scoria, e a scoria si riduce
ciò che nell'autorità non si riduce a
carità. Le scorie dell'autorità si chia-
mano: egoismo, prepotenza, vanità.
L'autorità di Don Bosco è carità alJo
*stato puro senza ombra di scoria.
La carità-autorità in Don Bosco
è amore paterno e materno insieme;
in realtà più materno che paterno, co-
me ben si rileva nella lettera riportata.
In genere l'amore del padre è condi-
zionato dalla riuscita del figlio: se il
figlio riesce poco, il padre lo ama po-
co; se riesce molto lo ama molto: se
non riesce affatto, il padre è tentato di
ripudiarlo. (Si capisce, ci sono delle
nobili eccezioni). L'amore materno
invece è incondi7ionato e è eterna-
mente uguale sia che il figlio riesca,
sia che deluda. Come l'acqua va verso
la sete così l'amore della madre va
verso le necessità dei figli.
L'amore paterno è ordinato aj me-
riti, l'amore materno è ordinato ai bi-
sogni. Il padre sa dire meglio no! La
madre sa dire meglio sì!
1' Quando deve dire un "no" Don
Bosco, padre esemplare, Io dice senza
mezzi termini, però è tanta la grazia
con cui lo proferisce che il suo "no"
acquista in parte la dolcezza del "sì".
Questo innamorato della virtù sa
molto bene che la morale permissiva è
una morale suicida, e perciò si serve
del no come il valente chirurgo si ser-
*ve del bisturi.
Se paragoniamo l'amore a una
fiamma, la punta più alta si chiama
amicizia. E in realtà l'amore più ma-
turante e più personalizzante è ap-
punto quello delJ'amicizia. L'amore
autentico crescendo si eleva sempre
verso l'amicizia che raggiunge nella
misura in cui sa dialogare e compren-
dere. L'amore materno raggiunge la
perfezione quando i figli diventano
amici della madre. L'amore di Don
Bosco fondamentalmente materno
ben presto conquista le vette dell'a-
more d'amicizia. Egli ai suoi allievi-fi-
gli può ripetere con Gesù: «Io vi ho
chiamati amici».
Dalla lettera scritta a Don Bonetti
appare evidente che l'allievo ormai è
amico, pur godendo le tenerezze ma-
terne. Si capisce: il progetto di vita
che Don Bosco crea è estremamente
virile, e virilmente va realizzato. An-
che per lui, come si esprim-e la Sacra
Scrittura, «la dolcezza sgorga dalJa
fortezza».
Il vocabolo autorità deriva dal
verbo latino "augere" che significa
"far crescere". Essa è destinata allo
sviluppo plenario degli allievi o dei fi-
gli, e perciò è buona nella misura in
cui stimola la crescita. Se l'autorità
non fa crescere, muore o degenera in
egoismo o in tirannia.
Ognuno di noi porta in sè un pro-
getto vagheggiato da Dio dalJ'eternità;
e è quel progetto che l'autorità deve
aiutare a realizzare, non già quello che
vagheggiamo noi. Solo Dio è l'archi-
tetto della persona umana, e l'archi-
tetto divino struttura il nostro io con le
attitudini che inserisce in noi.
Educare significa appunto: liberare
dagli ostacoli interni ed esterni quel
progetto che ha in sè la capacita di
autorealizzarsi. Voler sovrapporre un
nostro prngetto a quello che Dio ha
iscritto nelle attitudini del ragazzo, si-
gnifica arrestarne la crescita e tradir-
ne la vocazione. Don Bosco teneva
ben presente questa esortazione di
san Francesco di Sales: «Sii quello
che sei, e siilo con amore». L'educa-
tore sapiente aiuta l'allievo a essere se
*stesso serenamente.
L'autorità si potrebbe parago-
nare alla verga di legno che si mette
accanto alla piantina per farla cre-
scere diritta: più in Eretta si rende
inutile, più è efficace.
L'autorità è destinata a morire in
alto o in basso. Muore in basso e reca
danno se si degrada in egoismo di-
spotico, e muore in alto e porta frutti
deliziosi se si converte in amicizia.
L'autorità di Don Bosco nasce dalJa
virilità patema, matura nella dedizio-
ne materna e muore nell'amicizia
evangelica.
Gli alunni più fortunati e i figli più
felici sono coloro che nell'educatore e
nei genitori scoprono degli amici au-
tentici.
Adolfo L'Arco
21

3.2 Page 22

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* GIAPPONE VITA, VIRTU' NASCOSTE E ALLEGRI DIFETTI DI DON FELICE BOVIO, MISSIONARIO
Un piedone
nel paese
dei piedini
Per I suoi piedoni in Giappone non si fabbricavano scarpe
adatte. Le sue mani altrettanto grandi gli servivano a coltivare
l'orto, riparare i guasti in casa e fare cucina. Il suo cuore era
ancora più grande, e arricchito dal dono del sacerdozio e
della vocazione missionaria. Ecco " quattro pennellate che
non pretendono di fare un ritratto" , tracciate da un suo com-
pagno di vita missionaria.
Felice. Quando sua mamma lo pre-
sentò al fonte battesimale, lo
chiamò Felice ed era il nome giusto. Il
Signore non gli risparmiò la soffe-
renza né la fatica, ma lui nel profondo
del cuore fu un uomo felice: non già
vivendo bene, cioè comodamente, ma
facendo il bene.
Un altro Cimatti? Don Leone Livia-
bella, che dopo la sua morte è rimasto
in Giappone l'unico superstite della
prima spedizione missionaria salesia-
na (1926), ha detto: «lui era un altro
don Cirnatti». Vero, ma un don Ci-
matti a modo suo, tanto vicino a lui
eppure tanto diverso. Don Cimatti,
capo di quella prima spedizione, era
per statura quasi sotto la media, mi-
nuto, con lunga barba candida, ordi-
natissimo, puntuale, plurilaureato,
navigante nella stratosfera della san-
tità; don Bovio invece era alto e ossu~
to, solido come un armadio antico,
faccia rude, privo di lauree, disordi-
nato e famoso per far perdere la pa-
zienza con i suoi abituali ritardi. I due
però si assomigliavano negli occhi
profondi e sereni, nel cuore immenso
come le spiagge del Pacifico.
Don Bovio non sarà canonizzato, e
non solo per evitare spese, ma perché
fu santo a modo suo. Era un fuori
classe incatalogabile. Di non comune
ingegno, di temperamento artistico,
con quelle manone sapeva dipingere
finissime miniature; le poche lettere
da lui scritte traboccavano di arguzia;
era esperto in cucina e falegnameria, e
burlone senza pari nel combinare
scherzi. Ma volle essere e fu soprat-
tutto buon missionario. E don Cimatti
potè contare su di lui, soprattutto nei
momenti più difficili.
Capo, cioè a servizio. Poco prima
dell'inizio della guerra fu fatto diret-
tore dello studentato, e perfino mae-
22
stro dei novizi (molti allora temettero
nel vedergli affidato il delicato incari-
co, ma i suoi nov:izietti hanno tenuto
duro finora, nei più diversi campi del
lavoro salesiano). Per lui essere a capo
di una comunità voleva dire essere al
servizio di tutti, il primo di tutti nella
preghiera, nel sacrificio e nella fatica
quotidiana.
E in tempo di guerra dette una mi-
sura delle sue inesauribili risorse. Il
grande seminario di Tokyo per man-
canza di mezzi materiali fu chiuso, ma
il s uo studentato no. Esso contava
quasi 60 giovani, molti venuti dall'Eu-
ropa, e non c'erano navi o aerei per
rimandarli in patria né soldi o viveri
per mantenerli. Ma c'era lui.
Don Bovio allora si ricordò di essere
della forte stirpe dei contadini pie-
montesi. Non c'era latte? Comperò
due mucche. Non c'era la stalla dove
tenerle? La fabbricò con i chierici (e
sembrava una reggia a confronto del-
le stalle dei dintorni). Non c'era il fie-
no per mantenerle, e portò la truppa
dei chierici a falciare l'erba lungo i
cigli delle stradette di periferia. A sera
essi trasportavano a casa quell'erba
con un carretto dalle ruote sganghe-
rate che ogni tanto si sfasciavano ro-
vesciando il carico sulla strada: con
disperazione dei chierici, e con mera-
viglia dei passanti.
Un vicino di casa gli affillò, quasi
gratis, un terreno che. il figlio andato
in guerra non poteva coltivare. Don
B ovio a capo della truppa chiericale lo
trasformò in orto coltivando patate,
carote e cavoli. Gli ortaggi crescevano
Don Bovlo Impone le mani a un aecerdote novello, già auonovizio, durante Il rito dell'Ofdlnezlone. In
alto, elnlatra: I ,-geufnl gla pponffl confrontano I IOfo piedini con t11uo pledone.

3.3 Page 23

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stentati, e lui decise che ci voleva il
concime. Quello chimico non c'era,
ma don Cimatti laureato in agraria ri-
cordava a tutti che la società ha per
base il letamaio, e don Bovio mandò i
chierici a prendere il concime della
sta1la. Essi lo manovravano a distanza
con forconi e badili, ma Don Bovio -
sia per un doveroso ossequio alle
consuetudini locali, e sia per utilizzare
al meglio il prezioso elemento - volle
che usassero le mani. I chierici schi-
filtosi si ribellavano ma lui per pdmo
dette l'esempio andando a collocare
con le sue manone il concime attorno
alle piantine di melanzane. E i chierici
mogi mogi dietro a lui, a contaminarsi
le mani per il regno di Dio.
Carne senza erre. In quei tempi la
carne non si vedeva nemmeno in fo-
tografia, e don Bovio che si preoccu-
pava della salute dei suoi chierici
andò a comperare cento pulcini per
allevarli. Tutti sognavano già lo squi-
sito pollo arrosto in tavola, e invece i
pulcini si ammalarono, sembravano
colpiti dal morbo di Basedow: occhi
fuori delle orbite, alucce cascanti, colli
incapaci di sostenere le testoline
ciondolanti. Si salvarono solo quattro
gallinelle, che presto diventarono la
tentazione perpetua dei cani randagi.
Don Bovio organizzò una spedizione
contro di loro. E avvenne un fatto
sorprendente: nel pollaio entravano
cani, e uscivano conigli cucinati alla
cacciatora. Essi costituirono per di-
verso tempo la nostra pietanza prin-
cipale. TI segreto non poteva durare a
lungo, e un giorno un salesiano sbottò
in pieno refettorio in questa acuta os-
servazione: «Qui si dà da mangiare
carne senza erre».
Per i chierici era dovere sacrosanto
studiare filosofia e teologia, ma don
Bovio sapeva bene che i sacchi vuoti
non stanno in piedi Perciò col poco
latte delle due mucche meschinelle
preparava una sbobba simile alla col-
la, dove il latte scarseggiava e la farina
sostituiva l'introvabile riso giappone-
se. Parecchio di quel latte andava a
finire anche dalle «Suore Missionarie
di Maria», che lo spartivano tra i ma-
lati del loro ospedale. Anche parte
della nostra verdura andava a Cirùre
altTove, a diverse comunità di suore
dei dintorni. Don Bovio avrebbe po-
tuto dire con san Paolo: «Abbiamo
arricchito molti con la nostra po-
vertà».
La sua idea del tempo. Con don
Bovio c'era quasi sempre un po' di
disordine, anche per l'idea che egli si
era fatta del tempo. Per esempio i la-
vori urgevano: falciare erba, seminare
le carote, tTasportare materiale ecc.;
qualche volta i ritardi assumevano
Il volto forte e bonario di Don Bovlo.
proporzioni vistose, gli orari erano
completamente scombussolati. lo mi
lamentavo ed ero per lui l'eterno im-
paziente, mentre lui veleggiava sereno
oltre le dimensioni del tempo.
Allora io insegnavo ai chierici filo-
sofia, e durante la scuola poteva capi-
tarmi di udire un timido ticchettio al
vetro della finestra. Accorrevo, era lui:
« Andresti per favore a dire due parole
alle suore Adoratrici?», mi disse una
volta. Il convento era a due passi da
casa nostra. Domandai: «A che ora?»,
e lui: «Alle nove e mezzo». «Ma sono
già quasi le dieci, e poi ho altTe tre ore
di scuola». «Ma quelle poverine
aspellano... ». In questi casi la mia le-
zione era interrotta, e i chierici con
loro grande giubilo passavano ai suoi
ordinj per coltivare l'orto.
Ma probabilmente aveva ragione
lui. Lui sentiva per istinto che una ca-
sa religiosa in cui tutto proceda con
ordine e disciplina totale è troppo si-
mile a una caserma, che le manca la
gioia della vita.
Si giocava a piedi nudi. Nel dopo-
guerra don Bovio fu fatto. economo
ispettoriale. Quell'ufficio allora non
consisteva nell'amministrare dei beni
(che non esistevano), ma piuttosto
nell'arrabattarsi a cercare qualche ri-
sorsa per cominciare le nuove opere
richieste dalla drammatica situazione
di un paese sconfitto e stTemato. Tutti
i salesiani si buttavano iu nuove ope-
re, e venivano da lui a battere cassa...
Come se non bastasse, lui stesso aveva
raccolto bambini abbandonati, e con
l'aiuto di volontarie cattoliche li nutrì
e li educò (la loro opera esiste ancora
oggi, alla periferia di Tokyo). Si oc-
cupò dei poveri, e anche di un gruppo
di marinai italiani scampati all'affon-
<lamento del loro mercantile, di cui
nessuno si prendeva cura.
Era sempre con la veste logora e le
scarpe rattoppate, ma quando si pre-
sentava in giro, anche negli ambienti
dell'ambasciata italiana, eta sempre
ben accolto; tante persone distinte
correvano a lui per consiglio, e lo
prendevano come loro guida.
Portato naturalmente alla gioia,
don Bovio non sapeva immaginare
una casa salesiana senza allegria. Con
barzellette vecchie e nuove sapeva
trasformarsi in menestrello di Dio.
Era ottimo cuoco e certe volte am-
manniva pranzetti con i fiocchi, non
perché amasse i cibi prelibati ma per
unire i cuori, per portare un po' di
varietà e di allegria in persone che sa-
peva stanche e malnutrite.
Anche nei momenti più tristi della
guerra sapeva mantenere la gioia fra i
suoi chierici; anche quando i sangui-
nosi bombardamenti degli implacabi-
li aerei 829 scuotevano il Giappone, i
chierici cantavano e riempivano le ri-
creazioni con appassionate partite al
pallone. Sovente mancavano le scarpe
e giocavano a piedi nudi, ma si gioca-
va e quanto.
Se si resta solo confratelli. Don
Bovio era fatto per l'amicizia. Un
giorno avevo udito una barzelletta e
corsi a raccontargliela, sicuro che lui
l'avrebbe ripetuta a tutti. La barzel-
letta parlava di un occidentale reca-
tosi in visita nella Polonia occupata
dai russi; incontTando russi in bor-
ghese e in divisa da tutte le parti, nu-
meros.i come le mosche, quell'occi-
dentale rimase stupito e domandò
spieg3.7Joni a un polacco: «Perché
tanti russi in casa vostra? Sono per
caso vostri fratelli o vostri amici?» li
polacco ci pensò un attimo, poi rispo-
se: "Certamente sono fratelli. Perché i
fratelli non si possono scegliere, men-
tre gli amici sì». Don Bovio abbozzò
un sorriso (noo lo udii mai ridere ru-
morosamente), poi uscl in un com-
mento che coi lasciò di stucco. «E' un
po' come nelle case religiose - mi
disse -. Anche fra uoi ci sono molti
confratelli che non abbfamo scelto, li
abbiamo solo trovati. Però bisogna
che ce li facciamo amici: se si resta
solo confratelli, anche se si abita nella
stessa casa, si prega nella stessa chie-
sa esi mangia alla stessa tavola, si può
essere lontani migliaia di chilometri e
non incontrarsi mai».
Per quel che lo □guardava, la mag-
gior parte dei salesiani del Giappone si
sentivano ciascuno un amico privile-
giato di don Bovio. Con lui ci si sentiva
subito di casa, subito si entrava in
sintonia col suo buon cuore, conqui-
stati dalla sua semplicità e schiettezza.
E' con noi da 48 anni un salesiano
venuto dalla Lituania e mai più rien-
23

3.4 Page 24

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tratoin patria, anche per la situazione
del suo paese. Miha raccontato: «Don
Bovio sapendomi qui solo (era l'unico
salesiano lituano in Giappone) un
giorno mi disse: "Vorrei per te fare le
parti dei tuoi cari lontani, dei tuoi fra-
telli e sorelle. Lo sai che ti sono ami-
co?" Quelle parole mi fecero un bene
enorme, anche perché erano suffra-
gate dalle sue continue attenzioni per
me».
Barili di vestiti usati. Anche gli
estranei diventavano presto suoi ami-
ci. Ricordo i cappellani militari dell'e-
sercito di occupazione, i graduati fur-
bi di tre cotte, i soldatacci di buon
cuore, perfino gli uomini della polizia
militare che avallavano certe sue ini-
ziative arrischiate a fin di bene, a
condizione però - esigevano - che
lui li assolvesse in confessione.
E i doganieri del porto, che tante
volte per ricambiare la sua amicizia
hanno chiuso prima un occhio e poi
anche l'altro. Un giorno arrivarono
dall'Italia certi barilotti evidentemen-
te pieni di vino, e i doganieri gli do-
mandarono: « Don Bovio, di che si
tratta?» Lui sorrideva, non osava ri-
spondere a una domanda così com-
promettente. I doganieri cercando di
aiutarlo insinuavano: «Si tratta di ve-
stiti usati?» E ancora don Bovio a
nicchiare, a stringersi nelle spalle.
Quelli scrissero sul foglio di accom-
pagnamento "Vestiti usati", e i barili
pieni di.. vestiti usati passarono la
dogana.
Sei stato bravo. Per don Bovio es-
sere sacerdote e salesiano era motivo
di orgoglio: lo considerava una grazia
della Madonna. Raccontava che
quando decise di entrare in congrega-
zione (frequentava la quinta ginna-
siale), ebbe un breve incontro col
vecchio papà; lui non disse una paro-
la, solo fece un cenno affermativo col
capo, mentre una grossa lacrima
scorreva sul suo viso rugoso. La fede
di don Bovio era eredità di famiglia.
Poi aveva chiesto di andare tra i Bo-
roros o tra i lebbrosi; invece lo aveva-
no mandato in una delle terre di mis-
sione più difficili. Nell'attuale grande
scontro di tesi progressiste e conser-
vatrici lui non si sentiva né di destra
né di sinistra, era semplicemente al di
sopra, come chi guarda le cose fuori
del tempo e dal!'eternità.
Nel 1970 il cardinale Marella in visi-
ta all'esposizione mondiale cli Osaka
lo incontrò (si erano già conosciuti
quando il cardinale era delegato apo-
stolico in Giappone): come lo vide,
spalancò le braccia e corse a stringer-
lo al petto: « Bravo, don Bovio! Tu la-
sci qui né cattedrali né grandi opere,
però sei stato bravo e hai tenuto alto
l'onore di Don Bosco. Non ti hanno
ancora fatto Rettor Maggiore?» E don
Bovio: «E' perché manca qualcuno
che a Roma mi sostenga». «Ci sono io
- riprese il cardinale-. ti sosterrò io.
Ma perché non sei andato tra i Boro-
ros? Con le tue manone ti avrebbero
fatto almeno cacico ».
Sorella morte lo ha fermato im-
provvisamente il 28 luglio scorso,
mentre si recava nella piccola fale-
gnameria dove di solito riempiva le
ore del suo tempo libero in lavoretti
utili. Tanti lo accompagnarono nel
suo ultimo viaggio: tanti che avevano
per lui motivi di gratitudine, che ma-
garj avevano ricevuto da lui il dono
della fede. Una signora anziana com-
mentò: "Nemmeno al funerale di mio
marito avevo pianto tanto». Ora quel-
le manone che hanno trafficato senza
sosta, quei piedoni spropositati in
mezzo a tanti piedini, riposano nel
piccolo camposanto che sovrasta la
baia di Beppu, vicino a una grande
croce, all'ombra dei pini contorti dalla
furia dei tifoni.
Federico Barbaro
Don Bovlo tu un cuoco provetto, e la •ua abllltà risultò provvidenziale nel momenti dlfllclll.
ILibreria I
PIANAZZI ARCHIMEDE
Ardisci e spera
Vita di mons. Luigi Mathlas
Ed. LAS 1979. Pag. 222, lire 6.000
Nuova edizione di
un libro fortunato.
Mons. Mathias, ve-
scovo missionario in
India, vero dono di
Dio alla Chiesa e alla
Congregazione ~le-
siana, è di quelle fi-
gure che si Impon-
gono per la grandez-
za dell'ingegno e per
la cordialità umana.
Scrivere di lui è stato
una festa; quanto all"autore, dotato di stile
festoso, ha in più Il merito di essere vissuto
a lungo nel paese che descrive, di aver
conosciuto come missionario persone e
situazioni, di raccontare perciò con com-
petenza e precisione.
Il libro, elegante, si presta assai bene
come strenna o regalo.
CREVACORE ALFONSO
Un uomo dalle molte vite
Il Servo di Dio don Vincenzo Clmatti
Ed. LDC 1979. Pag. 820, lire 12.000
L'autore, missionario in Giappone, rac-
conta ed espone nel grosso volume
quanto ha visto, verificato e raccolto in
documenti, giorno dopo giorno, con at-
tenzione di storico. Ne è risultata un'opera
eccezionale per la ricchezza della base
documentaria, forse non sempre adatta
(anche per la mole) a una lettura popolare,
ma ormai punto di partenza obbligato per
quanti d'ora innanzi vorranno studiare Il
"Don Bosco del Giappone.. o scrivere su
di lui.
Bene ha fatto quindi la LDC a pubblicare
l'opera, nel centenario della nascita di don
Cimatti, e come contributo per far cono-
scere meglio la figura di questo coraggio-
so figlio di Don Bosco e simpatico Servo di
Dio.
CARINI ALIMANDI LIA
Luigi Guanella
per le vie del quarto mondo
Ed. Città Nuova 1979.
Pag. 196, lire 2.500
Una simpatica biografia, scritta con stile
liscio, soprattutto per I giovani, su colui
che fu grande amico di Don Bosco. fu per
tre anni salesiano, fu da lui invitato a par-
tire per l'America Latina a capo di una
spedizione missionaria salesiana. Il suo
destino era un altro: lasciò Don Bosco
fondatore e santo, per diventare a sua
volta fondatore e santo anche lui.
Ora la Chiesa l'ha proclamato Beato, e i
suoi istituti a favore di handicappati e an-
ziani sono sparsi In tutto il mondo. Un eroe
della carità, un modello da presentare al
ragazzi.
per richieste: vedere pag: 2, colonna 2.

3.5 Page 25

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* BRASILE STORIA DI UN'EXALLIEVA
Maria Fonseca
stile Don Bosco
Exallieva, direttrice di scuole per subnormali e Ispettrice scolastica,
ha Incarnato nella sua professione e nella sua famiglia la carità di
Cristo e lo spirito salesiano. Eccola in un'Intervista.
M aria Fonseca de Castro è exallieva
della scuola «Nostra Signora
Ausiliatrice» che le FMA hanno aperto
dal 1896 a Ponte Nova nello stato di
Minas Gerais (Bmsile). Ha 44 anni, è
vivace, dinamica, dal gesto delicato e
cortese. Da 25 anni dirige scuole per
subnormali, da dieci è anche ispettrice
scolastica. Per merito suo, oggi quasi
tutti gli ospedali dello stato di Minas
Gerais hanno scuole di ricupero. E co-
me se non bastasse, Maria ha costruito
una sua famiglia dove la dedizione al
prossimo è un imperativo, vissuto con
lo stile di Don Bosco.
Domanda. E' vero che hai un 'attività
da capogiro?
Risposta. Veramenle sono impe-
gnata tutto il giorno e tutti i giorni.
Attualmente sono responsabile di un-
dici scuole per handicappati, come
ispettrice. Queste scuole speciali so-
no: una per sordi, una per subnormali
e handicappati, e nove incorporate
negli ospedali per ammalati lungode-
genti. Ognuna di queste scuole ha un
piano di lavoro assai flessibile e si de-
ve adattare alle necessità degli arn-
mjllati. Tra i ricoverati abbiamo molti
indigenti, e emarginati.
Il mio compito consiste nell'orien-
Lare e assistere direttrici, capireparto e
insegnanti specializzati per questo
particolare servizio assistenziale. Cer-
to ci vuole molto tatto per aiutare chi è
colpito da un destino misterioso che
piega un'esistenza nel dolore. Questo
«servizio» richiede un sorriso per ogni
gioia, una lacrima per ogni sofferenza,
una parola e un gesto di conforto per
ogni sventura, una scusa per ogni col-
pa. Una speranza per tutti.
D. Hai la collaborazione di altre
persone?
R. Dal 1970, anche mio marito,
professore e Direttore dell'Istituto
San Raffaele di Belo Horizonte, che
dirige una scuola specializzata per
ciechi, collabora con me. Come « vo-
lontaria» anch'io ce.reo cli aiutarlo
nella riabilitazione dei ricoverali,
perché siamo convinti che anche il
non vedente è un cittadino con tutti i
diritti e deve poter partecipare total-
mente alla vita cristiana e sociale.
Tutto il tempo disponibile lo tra-
scorro in questa scuola, che ospita
bambini e giovani dai 4 ai 25 anni,
anche come alunni interni. La forma-
zione morale e cristiana di questi cari
ragazzi è la nostra costante preoccu-
pazione. In questa scuola abbiamo
ottimi collaboratori: professori, im-
piegati, volontari, tecnici, personale
specializzato. Con la mia famiglia
abito in un appartamento annesso al-
l'lslituto San Raffaele. Gli alunni pos-
sono cosl facilmente prendere contat-
to con noi. Ne hanno tanto bisogno.
Devono poter parlare con qualcuno
che li ascolti, che si chini sui loro pro-
blemi per cogliere le loro speranze. Un
non-vedente ha maggiormente biso-
gno di «sentirsi amato».
D. Dicono che per svolgere le tue at-
tività, hai ridotto la vita all'essenziale.
R. I divertimenti, i viaggi, le ore di
svago, il lusso, non sono più per noi.
Per poter compiere il nostro dovere
dobbiamo rinunciare a tante cose.
Però tutto viene ricompensato con
una gioia profonda, direi «austera»,
che nasce proprio dal servizio che de-
sideriamo offrire per sollevare il do-
lore dei nostri nostri fratelli.
D. E la tua famiglia?
R. Abbiamo quattro figlie: la mag-
giore ora ha 16 anni. Ci è stata affidata
dopo otto mesi dalle nostre nozze. E'
orfana di madre dalla nascita. Aveva
solo due giorni quando venne a casa
nostra. E' un vero tesoro. Poi c'è
Adriana di I5, Luciana di 14 e Cristia-
na di Il anni.
Con la prima figlia adottiva abbia-
mo veramenle sperimentato il valore
e la gioia della maternità e della pa-
ternità spirituale. Tutte le nostre ra-
gazze si vogliono molto molto bene.
Vivono a conlatto con i ciechi e li aiu-
tano in tutti i modi: li accompagnano,
lisoccorrono, cercano di essere « i loro
occhi». Mio marito, Luiz Carlos, e io
cerchiamo di educare i noslri figli
nell'amore cristiano che non conosce
limiti nella donazione e che, sull'e-
sempio di Gesù, deve essere pronto a
dare anche la vita. La nostra famiglia
numerosa si raccoglie spesso per ve-
rificare iJ proprio impegno cristiano,
per rettificare, per correggere ciò che
si vive in modo dissimile dall'insegna-
mento di Gesù. Anche i nostri parenti
amano il nostro lavoro: anzi direi che
sono tutti coinvolti e ci soccorrono:
nonni, figli, nipoti... Tutti hanno qual-
cosa per gli ospiti del «San Raffaele».
Certo mi sarebbe stato impossibile
Lenerc dietro a tutto se non avessi in-
contrato Luiz Carlos. E' per me un
appoggio sicuro. Bergson diceva:
«Quando due amori si incontrano e si
uniscono, il loro frulto èla luce, la luce
della verità che feconda i deserti». E'
proprio così.
Il lavorare insieme rende meno
gravose le difficoltà e le responsabi-
lità. Naturalmente - come in ogni fa.
miglia - non mancano le divergenze
di vedute e i dispareri, ma con la pre-
ghiera in comune e con la bontà pa-
zienle riusciamo sempre a superare
neU'amorei momenti clitici e le diffe.
renze tra le generazioni.
D. :iei exallieva di Ponte Nova?
R. Sì, ho studiato otto anni in quel
collegio. Poi mi sono trasferita a Belo
Horizonte per frequentru·e l'univer-
sità Dalle FMA ho imparato tante co-
se che oggi mi sono indispensabili.
Soprattutto a cercare e a trovare nel-
l'Eucaristia e nel Vangelo la forza per
vincere ogni difficoltà.
Poi c'è Maria, la Vergine potente
che ho imparato ad amare e che in-
terviene immancabilmente nella no-
stra vita.
Di fronte alla bontà ogni cuore si
spalanca. E per poter dare un po' di
bontà, abbiamo tanto bisogno del-
l'aiuto dell'Ausiliatrice, la Madre dei
sofferenti.
D. E' vero che ci piace la musica?
R. Immensamente, ma la vera mu-
sica Quella che ha la capacità di ele-
vare lo spirito. E mi piace l'amicizia, la
gioia, la conversazione.
La Provvidenza mi ha dato un cuore
molto sensibile. Spesso devo anche
soffrire per questo, però è una ric-
chezza che posso mettere al servizio
degli altri, specialmente di chi soffre
per l'insufficienza fisica, spesso anche
psicologica. Sappiamo che è Gesù che
soffre fra le nostre braccia.
Da Unione•
25

3.6 Page 26

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STORIA SALESIANA
Correva l ' a n n o 1880 blicava anche l'Enciclica "Sancta Dei
Civitas", di contenuto missionario.
Quanto a Don Bosco, compiva in
Francia e in Italia lunghi viaggi che lo
Nell'anno in cui le navi a vapore superavano In numero le navi a vela e
Lesseps fondava a Panama la Compagnia per Il taglio dell'istmo, che
ne era delle cose salesiane? Ecco: Don Bosco apriva le sue prime
opere fra gll lndlos della Patagonia, visitava la Francia, veniva ricevuto
dal Papa, e subiva anche un paio di attentati.
tenevano fuori del suo prediletto Ora-
torio da gennaio fino a maggio; poi
una volta rientrato a Torino avrà mo-
do di scampare a un paio di attentati.
Apriva alcune case in Italia, e in Ar-
gentina. A fine anno contava 33 case,
Correva l'anno di grazia 1880, ed
era un anno di pace. Per trovare
sud, in Argentina, un generale che so-
lo l'anno prima aveva sgominato le
551 salesiani e 181 giovani pronti a
entrare nella sua Congregazione. Le
sue suore erano invece 232, e conta-
* gente intenta a menare le mani biso- tribù indigene della Pampa e ora non vano già 'li) case.
gnava spingersi fino in fondo all'Afri- aveva più nemici da combattere, s i
L'anno si apre in modo splendi-
ca, dove gli inglesi subivano una dura faceva eleggere presidente della Re- do per Don Bosco: 9 suoi figH missio-
sconfitta a opera dei Boeri (ma poi pubblica: il generale Julio Roca. Al nari in Argentina, partiti da Buenos
vinceranno la guerra). E i generali in suo seguito, nella "conquista del de- Aires due settimane prima, il 2 gen-
tutto il resto del mondo, che faceva- serto", aveva avuto come"cappellano naio arrivano a Viedma e Patagones,
no? Incredibile: soltanto esercitazion-i militare" quel don Giacomo Costa- sul Rio Negro, e cominciano il vero
e manovre.
magna di cui si parla a lungo in questo lavoro missionario tra gliindios. Sono
Ma le tensioni a livello internazio- BS.
5 salesiani e 4 Figlie di Maria Ausilia-
nale erano ben vive: le potenze euro- E in Italia? Re Vmberto I, freddo e trice: esse, giunte in America due anni
pee davano inizio proprio allora alla autoritario, regnava su 28.700.000 pa- dopo i salesiani, si dimostrano in tal
politica di espansione coloniale che le cifici cittadini. Capo del governo era modo puntualissime per il vero inizio
avrebbe viste spartirsi tutta l'Africa e Cairoli, che decretava finalmente la delle missioni di Don Bosco. Coman-
larghe fette dell'Asia, e contendersi il sospirata abolizione della "tassa sul da il gruppo don Giuseppe Fagnano,
dominio del mondo. Que ll'anno per macinato", costata tanti sacrifici alla futuro Prefetto Apostolico della Terra
esempio si tenne a Madrid una confe- povera gente. Veniva aperto il traforo del Fuoco.
renza definita «per la regolamenta- del San Gottardo, costato alJ'Italialire Il 14 Don Bosco comincia il suo
zione dei diritti degli Stati Europei nel 50 milioni. Ed era inaugurata la ferro- viaggio in Francia per animare le
sultanato del Marocco». Già: quali di- via. del Vesuvio, protagonista poi di opere da poco fondate. Alcuni prodigi
ritti potevano mai vantare?
tante romantiche canzoni. Si faceva gli assicurano la simpatia e l'aiuto dei
Le navi a vapore. Intanto le navi a sentire in tutta la sua crudezza la francesi. Tra l'altro, il giorno 29 a
vapore solcavano i mari sempre più questione meridionale, irrisolta e tra- Marsiglia "presta" la sua voce a uno
numerose, e quell'anno s uperarono in gica allora come oggi.
studente eh.e doveva - ma non pote-
numero quelle a vela. E il 46% del I noltre in Italia « imperversavano va - recitare per lui (era diventato
tonnellaggio mercantile mondiale violente agitazioni anticlericali», completamente afono), e si tiene una
batteva bandiera inglese. A Londra, al mentre il Papa Leone XIll conduceva raucedine rotale durante tutta l'acca-
* posto del primo ministro Disraeli che una vasta azione diplomatica mirante demia.
aveva inaugurato la politica coloniale, a risollevare la posizione internazio-
A marzo, di ritorno dalla Fran-
succedeva lord Gladstone che faceva nale della Chiesa, e lanciava appelli cia, Don Bosco scende lungo la Rivie-
approvare la legge sull'insegnamento alle nazioni cattoliche perché non ra Ligure diretto a Roma. Da Genova
elementare obbligatorio.
considerassero già chiusa la "questio- intanto partono tre missionari, gli
In Germania moriva Federico ne romana". Quell'anno il Papa pub- unici che Don Bosco - attanagliato
Bayer, fondatore dell'industria omo-
nima, che aveva inventato il processo Nel 1880 è Inaugurala la ferrovia del Veauvlo, che laplrer6 lante romanllcha c:anzonl.
per la produzione dell'indaco sinteti-
co. Intanto la politica contro la Chiesa
cattolica (la famosa Kullurkampf)
dava i primi segni di fallimento, e ap-
parivano le prime leggi di mitigazione.
L'ostilità alla Chiesa invece si rinfo-
colava in Francia, con una serie di
leggi contro gli ordini religiosi. Si
inaugurava a Parigi la prima rete te-
lefonica, e moriva il discusso roman-
ziere Gustave Flaubert. In compenso
nasceva (a Roma, da padre italiano e
madre polacca) il poeta francese
Apollinaire, teorico del cubismo e
precursore del surrealismo.
In tutt'altra parte del mondo un al-
tro francese faceva parlare di sè: Fer-
dinando Lesseps, che a ottobre fon-
dava la "Compagnia del canale di Pa-
nama" e l'anno successivo dava inizio
ai Lavori per il taglio dell'istmo. Più a
26

3.7 Page 27

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dalle strettezze economiche - riesce
a inviare in America quell'anno (ma si
rifarà l'anno successivo, mandandone
16). Il 29 del mese in Francia viene
emanata la legge contro le congrega-
zioni religiose, ma Don Bosco tran-
quillizza i salesiani: dice che non sa-
* ranno espulsi.
Il 5 aprile Don Bosco è a Roma,
ricevuto in udienza dal Papa, che gli
affida la costruzione del tempio al
Sacro Cuore in Castro Pretorio. Sarà
un'impresa difficilissima, che metterà
alla prova Don Bosco e il suo amore al
Papa. Il bel tempio sorge a due passi
dalla stazione Termini.
"' Il 6 maggio i suoi salesiani en-
trano nella nuova casa dj Penango
(Asti) dove l'annessa chiesa « già de-
dicata alla Madonna Addolorata, era
divenuta un cantinone, sicché la Ma-
donna se ne stava là tra filtri, botti-
glioni, botti e mastelli, doppiamente
addolorata». All'inaugurazione del
collegio prende parte la gente di Pe-
nango e dei paesi vicini. Nonché il
Vescovo, e è festa grande.
Verso la fine del mese, il primo at-
tentato. Si presenta a Don Bosco un
certo Alessandro Dasso, exallievo del-
l'Oratorio, e se ne sta impalato con gli
occhi stravolti. Poi cade in ginocchio e
piangendo racconta che lo mandano
quelli della loggia massonica. Don
Bosco si fa consegnare l'arma, poi
riesce a farlo espatriare e lo sottrae
così alla sicura vendetta dei mandanti.
* Il 30 giugno in Francia comincia
l'espulsione dei Gesuiti: alle 4 del
mattino, commissari di polizia scorta-
ti da gendarmi e militari irrompono in
tutte Je loro case, ne allontanano con
la forza gli abitanti, e appongono i si-
gilli agli ingressi. Avverrà così anche
per le altre congregazioni? e per le ca-
se di Don Bosco?
In luglJo Don Bosco, che a Tori-
no incontrava molta incomprensione
presso certi ambienti, fu visitato e
consolato da un "sogno". Durante un
temporale pieno di fulmini e tuoni,
vide dapprima piovere spine, poi fiori
in boccio, poi fiori aperti di ogni colo-
re e qualità, e infine " rose fragrantis-
sime". Gli parve che quel sogno fosse
ispirato, e convocò i suoi salesiani per
narrarlo. Il futuro dirà che fu profeti-
co: un anno ancora durerà la pioggia
cU spine, poi le difficoltà che tanto lo
amareggiavano a poco a poco spari-
ranno.
* Agosto si apre con un doloroso
lutto per Don Bosco: muore in Argen-
tina quel don Bodrato che egl.i ha
messo a capo dell'Ispettoria america-
na. Allro sogno: Don Bosco partecipa
a un "misterioso convito" in cui rico-
nosce i suoi giovani, e apprende la si-
tuazione della loro coscienza. Il 18 del
mese, menlre è fuori casa, perquisi-
E pretto, sul Rio Negro, le prime rudlmentall opere di lrrlga.zlone per la auuletenza del mlulonarf,
del ragazzi In colfeglo e deglf lndloa.
zione alJ'Oratorio e per colpa del BS:
non tutti in Torino condividono i suoi
contenuti, e vengono mandate le
guardie a sequestrare le bozze, con la
speranza di scoprire delle inadem-
pienze legali.
In settembre Don Bosco raduna
a Lanzo il suo stato maggiore, per il
secondo Capitolo Generale della Con-
gregazione. U primo si era svolto nel
1877, e aveva lasciato numerosi pro-
blemi in sospeso; si prendono nume-
rose decisioni, pubblicate a stampa
* qualche tempo dopo.
A metà ottobre comincia in
Francia l'applicazione delle leggi con-
tro altre congregazioni insegnanti.
Don Bosco subito scrive ai suoi dando
consigli e mostrandosi molto fiducio-
so per il futuro. Ma il 2 novembre ar-
riva a Marsiglia l'ordine di espulsione
di don Bologna, direttore di quella
casa salesiana, e insieme l'intimazione
di sgomberare l'ecLificio entro venti-
quattro ore, altrimenti verrà eseguito
lo sfratto manu militari. 1 facinorosi
cominciano ad affluire davanti alla
casa; dall'interno si mette un grosso
catenaccio al cancello e si drizzano
vere e proprie barricate. Da una parte
e daJJ'altra, sono tutti in attesa dei
commissari incaricati di ~seguire lo
sfratto, ma i commissari non arrivano.
Arriva invece l'indomani da Parigi
l'ordine di soprassedere. Come Don
Bosco aveva previsto, non succede
niente: né qui, né alle altre case sale-
*siane di Francia.
In un giorno imprecisato di di-
cembre il secondo attentato. Un gio-
vinastro sui 25 anni chiede di parlare
con Don Bosco, e lui se lo fa accomo-
dare accanto a sul sofà. Ma il gio-
vane è agitato, fa ragionamenti scon-
nessi, si dimena, finché una pistola gli
sfugge di tasca e finisce sul sofà. Don
Bosco lesto se ne impossessa. A un
tratto il giovane porta la mano alla
tasca, poi si fruga da ogni parte. « E'
questo che lei sta cercando?», gli do-
manda Don Bosco balzando in piedi e
puntandogli la pistola...
Per qualche tempo Don Bosco è in-
certo se denunciare queste aggressio-
ni, ma persuaso che non ne ricave-
rebbe nulla cerca di dimenticarle, e si
dà col massimo impegno a preparare
la prossima spedizione missionaria.
Se la sua vita ha qualche utilità per la
gioventù e la Chiesa - egli si dice -
provvederà il Signore.
Nelle culle. Quell'anno cominciano
a frignire nelle loro culle dei piccolini
che un giorno saranno grandi amici di
Don Bosco e gli faranno onore. n 3
giugno nasce in Belgio suor Matilde
Meukens destinata a iniziare nello
Zaire l'opera delle FMA. U 12 agosto
nasce don Eusebio Vismara, teologo,
uno degli iniziatori del movjmento li-
tw·gico in Italia, che definirà se stesso
«il sognatore eterno delle cose belle
nella Casa del Signore». I1 21 ottobre
nasce a Marsiglia suor Agostina
Cayoli, poi missionaria tra i neri di
Port-au-Prince, che il governo di Haiti
nominerà cavaliere. li 30 ottobre na-
sce in provincia di Pordenone don
Antonio Cojazzi, che da Valsalice
porterà ai giovani il sorriso di Don
Bosco e la sua penna di felicissimo
scrittore.
Così correva l'anno di grazia 1880.
Giunto al suo termine, Don Bosco
scriverà nell'Almanacco inviato ai
suoi amici: «Questo benedetto anno
1880, agonizzante e morto ormai, fu
come i passati fratelli suoi anno di
pioggia e di sole, di bene e di male (più
di male però che di bene). I giovani,
questi benedetti giovani, pieno il capo
sempre di nuove speranze, lo trovaro-
no lungo assai; ma troppo breve
l'hanno trovato j vecchi come me che
vivono di memorie di un tempo che
fu... ».
27

3.8 Page 28

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Brevi da tutto il mondo
* SALESIANI IN MISSIONE
NON SI INVECCHIA?
Secondo le statistiche comunicate dal-
l'apposito ufficio, i salesiani viventi che
hanno abbandonato Il loro paese per re-
carsi In missione risultano 2692; di 2.593 si
conosce con esattezza l'anno di partenza,
e è stato possibile calcolare il numero
complessivo di anni di lavoro missionario
che hanno svolto tutti Insieme: sono
67.284 anni. A questi vanno aggiunti altri
2.398 missionari morti sul campo di lavoro,
e altri 726 viventi che sono rientrati nelle
loro patrie dopo un periodo più o meno
lungo di attività.
La statistica più curiosa riguarda i mis-
sionari anziani: 10 risultano di età supe-
riore ai 90 anni, 1 è entrato nel 99esimo.
Questo veterano a c ui il lavoro In missione
fa evidentemente bene, è un francese,
padre Pierre Gimbert, nato a Rennes 11
2.10.1891. A 14 anni frequentava il col-
legio salesiano di Dinan, a 20 anni era sa-
lesiano, a 29 sacerdote, a 30 direttore, a
34 Ispettore di Francia. Poi partiva missio-
nario per il Medio Oriente, e nel '32 era
direttore a Nazareth. Quattro anni dopo, la
proposta: si sentiva di cambiare emisfero
e andar a fondare l'opera salesiana In
Haiti? Lo assicurarono che avrebbe trova-
to la casa pronta per aprire la scuola, e lui
parti. « Invece non trovammo un bel nien-
te• , dice. Però si rimboccò le maniche,
scelse un piccolo terreno a La Saline nella
periferia della capitale, e cominciò con 40
Iscritti. Ma i ragazzi erano cosl privi di basi
che a fine anno gliene bocciarono la metà.
Poi la scuola crebbe. Il governo dava un
piccolo sussidio per ogni allievo, ma tutti
gli anni la moneta si svalutava e il sussidio
rimaneva sempre uguale. Poi, « a un certo
Padre Plerre Glmbert, quasi 99 anni, compll-
menta.to lo scorso febbraio dal Rettor Maggiore.
28
punto rimanemmo senza niente: solo elogi
e belle parole ». Dovette trovare altrove gli
aiuti, per quella prima scuola che conti-
nuamente si allargava, e per le altre opere
sorte In seguito. Ora in Haiti i salesiani
hanno quattro opere, e lui con la sua bella
barba bianca è ancora là: confessore e
patriarca, In attesa dei cento anni e oltre.
A rincorrerlo nell'età c'è padre Galdino
Bardelli, di Varese, 97 anni a ottobre, resi-
dente a Hong Kong; c'è a Torino Valdocco
don Sante Garelli, 96 anni nel prossimo
marzo, salesiano da 80 anni meno pochi
mesi, reduce dalla Cina; c'è Il salesiano
coadiutore Ettore Schneider, italiano a di-
spetto del cognome, di Latina, residente a
Sao Paulo In Brasile, 94 anni nel maggio
prossimo. E poi - come dicono i cronisti
all'arrivo delle corse ciclistiche - via via
tutti gli altri.
STAMPA * " HO FIDUCIA"
DICE DON VIGANO' ALLA SEI
Il Rettor Maggiore nell'autunno
scorso ha indirizzato ai responsabili del-
l'editrice salesiana Sei una lettera in cui si
congratula per gli obiettivi raggiunti, indi-
ca orientamenti per il futuro, ed esprime la
sua fiducia negli uomini e nel programmi.
« Ho potutto constatare con piacere -
ha scritto nella lettera don Viganò - I tra-
guardi prestigiosi che la Sei ha raggiunto
In quest'ultimo decennio•. Si è trattato In
particolare di « una miglior organizzazio-
ne, una più qualificata e aggiornata effi-
cacia di bene». Infatti la Sei, «risanata e
riorganizzata completamente», si è data
« una struttura aziendale compatta, ben
articolata ed efficiente». I suoi libri e sus-
sidi offrono «sicurezza nei contenuti e
nell'informazione, per gli allievi e I lettori,
facendo opera di vera fermentazione
evangelica nella cultura Italiana».
Il Rettor Maggiore si è soffermato in
particolare • sul settore della cosiddetta
varia, dove la Sei ha fatto notevoli passi
avanti con la produzione di saggi, di opere
degne di divulgazione scientifica, di lette-
ratura, di fonti cristiane, di èatechesl. di
Inchieste e di orientamenti a sfondo so-
ciale,.. Alla qualità della produzione ha
corrisposto una confortante espansione
commerciale». Quanto al settore scolasti-
co, Il Rettor Maggiore ha preso atto che la
Sei col suo sollecito «adeguarsi alla rifor-
ma dei programmi, nella pubblicazione dei
nuovi testi ha toccato il massimo livello,
distanziando notevolmente le altre editrici
scolastiche ».
« Mi rendo conto - ha proseguito -
che c'è ancora da fare e che le difficoltà
non mancheranno, dati i tempi difficili che
attraversiamo, sia per mantenere le posi-
zioni raggiunte e sia per dare ulteriore Im-
pulso alla produzione. "Occorre infatti
procedere" con scelte accurate e coe-
rentl alla missione salesiana... Oggi, come
diceva Il grande Paolo VI, uno dei problemi
più impellenti da risolvere per i credenti è
l'approccio con la cultura, per una più
adeguata evangelizzazione•.
Concludendo la lettera don Viganò ha
dichiarato: « lo nutro un' intima fiducia
nella vostra capacità e nel vostro appas-
sionato attaccamento alla Sei come opera
di Don Bosco... Faccio voti che la Sei
possa non solo continuare, ma intensifi-
care in qualità e volume la sua azione, di-
venendo sempre più quel tipo di editrice
cattolica che non è strettamente religiosa
ma a cui si rifà il principio Ispiratore di Don
Bosco: unire fede e promozione umana.
nell'impegno di evangelizzare educando e
di educare evangelizzando•.
* SWAZILAND UN PROGETTO
PER I RAGAZZI DELLA STRADA
I salesiani di Manzini (Swaziland, Sud
Africa) accanto alla normale attività sco-
lastica (dalle elementari al liceo) e par-
rocchiale, hanno preso a occuparsi dei
ragazzi della strada. L'iniziativa è stata af-
fìdata a padre Lawrence McDonne/1, ir-
landese.
Nel 1978 alcuni nostri alunni degli ultimi
corsi della scuola superiore si spinsero
nelle strade per prendere contatto con
qualcuno dei ragazzi vagabondi che vive-
vano di espedienti nelle strade di Manzini.
C'erano molti motivi perché i nostri stu-
denti e noi ci impegnassimo in questo
servizio alla comunità: anzitutto negli ulti-
mi anni i ragazzi della strada erano au-
mentati molto di numero; di conseguenza
anche la delinquenza minorile era salita
del 30%; infine gli adulti stavano reclutan-
do questi ragazzi per Incrementare le fila
della delinquenza organizzata.
I nostri studenti invitarono alcuni ragaz-
zi abbandonati a venire nel collegio pro-
mettendo loro qualcosa da mangiare.
Quelli vennero timidamente, e fu prepara-
to per loro anche un posto per dormire.
Alla fine della prima settimana c'erano già
sei o sette ragazzi che mangiavano e dor-
mivano stabilmente in un rifugio provviso-
rio allestito per loro. A febbraio erano saliti
a 22, ad aprile erano 30, sempre con si-
stemazione provvisoria. Altri non si pote-
rono accetare per mancanza di spazio.
Conversazioni casuali con questi ra-
gazzi hanno permesso di comprendere !
vari motivi della loro vita randagia. Alcuni
erano completamente privi di famiglia,
erano cioè "un errore" commesso dal
genitori, che li avevano tenuti per qualche
tempo con sé e poi li avevano costretti ad
arrangiarsi da soli. La maggior parte erano
il prodotto di famiglie andate in rovina (e lo
Swaziland non ha un sistema assistenzia-
le, né ha riformatori, né brefotrofi per

3.9 Page 29

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bambini abbandonati). Altri ragazzi sono
~appati di casa e I parenti non si sono più
interessati di loro. Altri vengono In città in
cerca di un posto di lavoro... Tutti hanno
già avuto a che fare con la polizia, e diversi
hanno già passato qualche tempo in pri-
gione.
Lo scopo che cl siamo prefissi dapprima
era di restituire i ragazzi al loro ambiente
naturale, ma del vari tentativi fatti In que-
sto senso solo due hanno dato risultato
positivo. Quando si era trovata la famiglia
d
'origine,
I
ragazzi
vi
venivano
restituiti·
0
e
li
giorno dopo erano di nuovo scappati per
la strada. Lo Swaziland ha ancora una.
tradizione familiare fortemente radicata,
che però nelle città, si sta sgretolando. Il
padre deve restare lontano da casa per il
lavoro, e lascia la moglie sovente incapa-
~ di imporre da sola la disciplina tradi-
zionale che dava un'educazione ai figli.
11 fatto è che molti di questi ragazzi ab-
bandonati non possono essere restituiti
alla loro famiglia, e hanno bisogno di
qualch~ altra forma di educazione. I più
giovani, tra i 10 e 115 anni, li mandiamo a
scuola; e le nostre scuole di Manzini dan-
no educazione già a 10 di questi che ora
sono "vagabondi con fissa dimora". GII
altri vengono preparati a diventare fale-
gnami da un insegnante capace.
I primi, quelli che vanno a scuola, pos-
5?n!' avere all'Inizio dei problemi, ma poi
s1 sistemano bene e qualche volta hanno
u_n'ottima riuscita. Nel gruppo del più an-
ziani, awiati a un mestiere, ci sono Invece
individui che hanno trascorso troppo
tempo nelle strade: di solito sono analfa-
beti; e trovano ogni scusa per sottrarsi alle
forme anche più blande di disciplina. Im-
parano a costruire tavoli e sedili, e hanno Il
permesso di venderli; in questo modo si
pagano in parte li loro sostentamento.
Queste sono su per giù le condizioni In
cui Don Bosco incominciò Il suo lavoro tra
la gioventù povera e abbandonata. Al mo-
mento I ragazzi di cui ci occupiamo hanno
tolto solo un piede dalla strada. La loro
principale preoccupazione sembra sia
ancora di sbarcare il lunarlo. Il nostro
progetto è solo agli Inizi, ma ispirandoci a
Don Bosco, e con l'aluto di nostri amici
che cl vengono incontro economicamen-
te, speriamo di riuscire a portarlo In porto.
Sono troppi i ragazzi che sprecano la loro
adolescenza nelle strade.
* ITALIA UN CENTRO GIOVANILE
NEL PAESE DI PIO IX
I Salesiani aprono un centro giovanile a
Senigallia. Dopo tre anni di trattative e in-
sistenze, il vescovo della città mons. Odo
Fusi Pecci lo ha annunciato al fedeli: . Con
somma gioia sono in grado di far cono-
scere che i salesiani hanno accolto il mio
invito•. Questa venuta, ha precisato l'i-
spettore dei salesiani, vuol essere anche
un omaggio e un segno di riconoscenza al
grande Papa Pio IX, nativo di Senlgallla,
che tanto bene volle a Don Bosco, e che
tanto fu da lui riamat9.
Il Centro giovanile viene aperto que-
st'autunno, per •Un 'servizio - dice an-
cora il Vescovo - di accoglienza, di
ascolto, di dialogo e di incontro con Cri-
sto, offerto alla nostra gioventù•. (ANS)
* ARGENTINA I RAGAZZI
DEL "CENTRO DI ARTI CREATIVE"
« Occupare il tempo libero, formare lo
spirito, accrescere la creatività è il pro-
gramma che un salesiano di Puerto De-
seado propone alla gioventù locale col
suo " Centro di arti creative". E la gioventù
gli risponde in modo entusiasta, impe-
gnandosi nella musica, nella danza, nel
canto corale e In svariate altre Iniziative.
Oltre a questo obiettivo d i fondo, altri sono
conseguiti dal Centro: vengono resi utili
servizi alle varie comunità nelle pubbliche
occasioni, e vengono ricuperati aspetti
della cultura indigena che altrimenti an-
drebbero smarriti persempre.
Al centro di queste Iniziative -
na
Puerto Deseado, piccolo centro nella pro-
vincia di Santa Cruz (Patagonia) - c'è un
salesiano coadiutore: Il maestro Andrés
Randisi. Giovane e dinamico, ha comin-
ciato otto anni fa quasi dal niente. «Ab-
biamo cominciato col gruppo del teatro -
racconta - . Poi con la " gultarra criolla ";
e poi, In una stanzetta di tre metri per tre,
abbiamo dato vita a ciò che oggi è una
vera e propria banda musicale. Poi si co-
minciò a costruire, con notevoli sacrifici il
capannone che oggi è la sede del centro• .
A questo punto si poteva accogliere un
maggior numero di gruppi artistici, e
spuntarono come funghi: gruppi di canto,
di danza, e anche un corso di d isegno
tecnico. I gruppi cominciarono a esibirsi
fuori sede, si facevano conoscere, vince-
vano I festival e venivano richiesti. Si
formò an_che un gruppo di Scouts, che
andò a piantare gll accampamenti anche
lontano, a C6rdoba e a Buenos Aires. Per
alcuni ragazzi era la prima volta che usci-
vano da Puerto Deseado.
L'anno del fanciullo. Tutte· queste Ini-
ziative richiedevano non poche spese. Si
pensi agli strumenti musicali, agli amplifi-
catori, alle partiture, a dischi e cassette; si
pensi al guasti da riparare, alla luce e al
riscaldamento. La banda sovente veniva
ricompensata per le sue esibizioni, e In tal
modo era In grado di sostenere le proprie
spese. A volte Il municipio metteva a di-
sposizione un autobus per I viaggi. Ma per
tutto il resto, I salesiani e i ragazzi hanno
dovuto cercare di aggiustarsi.
E pare che cl stiano riuscendo, perché
le attività del centro sono In continua cre-
scita, e i ragazzi che si esercitano in qual-
che settore artistico sono oggi 130. SI
svolgono corsi regolari che durano tre
Alcuni ragaul della corale e (loto In
gruppo di danza, mentre provano nel"
alto) del
Centro di
arti creative" a Pueno D-do (Patagonia)
anni, e sono conclusi con la consegna di
un diploma ufficiale, che Indica la specia-
lizzazione conseguita.
L'anno del fanciullo ha dato molto da
fare al "Centro di arti creative'' , Il coro,
l'orchestra e il gruppo di danze dei ragazzi
sono stati chiamati a esibirsi da varie parti.
LI chiamavano perché ragazzi, perché
portavano nel loro repertorio un messag-
gio di pace e amicizia, perché diffondeva-
no i ritmi del Tehuelches
antichi della zona. In due
e di altri popoli
occasioni ebbe-
ro modo di far parlare di sé: a giugno
quando furono chiamati a Comodoro Ri-
vadavia per la consacrazione della nuova
cattedrale dedicata a Don Bosco; poi in
agosto quando furono chiamati nella ca-
pitale. Fecero il viaggio In aereo, si esibi-
rono al teatro San Martin, alla radio e alla
televisione. Non mancarono di far visita a
ospedali e collegi. E poiché la loro musica
aveva alto valore come patrimonio cultu-
rale degll Indigeni, quelli della radio hanno
fatto loro Incidere un disco.
Il maestro Randisl spiega cosi il signifi-
cato delle Iniziative a cui ha dato vita:
Vogliamo occupare Il tempo libero del
ragazzo, offrendogli attività utili perché si
formi nello spirito e lo coltivi con iniziative
a lui congeniali. Lo chiamiamo " Centro di
arti creative" perché cerchiamo di rispet-
tare, awalorare e accrescere la creatività
che è propria del ragazzo •.
(Riduzione dal BS argentino)
29

3.10 Page 30

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Madrid, "Scuola unlveraltarla Don Boaco " : la lazlone Inaugurale del primo anno accademico.
SPAGNA * SCUOLA UNIVERSITARIA
PER FORMARE GLI EDUCATORI
Ha ormai un anno di vita ufficiale (per
non contare gli anni della sperimentazio•
ne) la "Scuola Universitaria Don Bosco"
che i Salesiani e le FMA di Spagna gesti-
scono a Madrid. Il nuovo edificio che la
accoglie, e che sorge presso la Città Uni-
versitaria, è frequentato da più di 400 ra-
gazzi e ragazze che domani saranno
maestri e ora ricevono una formazione
cristiana secondo lo stile di Don Bosco.
In precedenza a Madrid i Salesiani e le
FMA avevano un istituto magistrale cia-
scuno, aperti ambedue nel 1959. Un de-
creto legge nel 1972 trasformava questo
tipo di Istituti in scuole universitarie, e
l'anno seguente le due scuole salesiane
- che avevano già condotto al diploma
779 maestri e maestre - chiesero la fu-
sione (anche per fronteggiare meglio le
accresciute esigenze dell'insegnamento).
La concessione fu accordata dapprima a
carattere sperimentale, poi nel 1978 ven-
ne il regio decreto che dava riconosci-
mento definitivo alla"Scuola Universitaria
Don Bosco", affiliandola all'Università
Complutense. Nel frattempo altri 130 titoli
erano stati assegnati.
1131 gennaio 1979, festa di Don Bosco, il
nuovo edificio era inaugurato alla presen-
za del Cardinale di Madrid e del Rettore
dell'Università. Quest'ultimo, Angel Vlan
Ortuno. nel discorso cl tenne a dichiarare
la sua qualità di exallievo salesiano.
Quanto al card. Tarrancon, ricordò che
"l'opera di Don Bosco è stata un'opera di
amore alla gioventù: amore umano e divi-
no insieme, Indispensabile se si vuole
conseguire l'arduo ma splendido traguar-
do dell'educazione. Perciò - egli esortò I
futuri maestri - occorre consegnarsi agli
altri sempre con amore e speranza, per
conquistare In tal modo il cuore del gio-
vani e incidere in loro l'immagine di Dio .
Un programma che i 400 allevi e i 33
docenti (per un terzo rispettivamente sa-
lesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice e laici)
hanno preso molto sul serio.
* INDIA IL BRAMINO ASHIM
PARLA A SUO PADRE DI GESU'
Padre Cyciac Kochupuralcal, che inse-
gna teologia ai futuri sacerdoti salesiani
nello studentato di Shillong (Meghalaya),
ha inviato un ·ampia relazione sulle vicen-
de spirituali di un medico bramino hindù,
che egli ha conosciuto e orientato verso la
fede cristiana. Avendolo trovato interes-
sato a conoscere il Vangelo, padre Cyciac
gli aveva messo in mano alcuni libri e
aveva avuto frequenti conversazioni con
lui. Un giorno il medico bramino, di nome
Ashim Mulcherjee, gli presentò una lunga
lettera che stava per inviare al padre
hindù. In essa si intravedeva una sugge-
stiva ricerca della verità, e i/ lavoro delle
grazia in un mondo cosi lontano e diverso.
Eccone alcuni spunti.
Caro papà, ho trovato la vera fede nel
Signore Gesù, e ammiro lui di tutto cuore.
Ho cominciato ad assistere alle funzioni
della Chiesa per avere più nozioni circa la
sua religione, che è l'unica fondata da Dio
stesso (le altre, a quel che vedo, sono
state fatte dall'uomo). Più leggo sul cri-
stianesimo, e più mi accorgo della sua
grandezza: esso soddisfa veramente la
30
mia intelligenza. Credimi, papà, c' è un
cambio in meglio in me, dal momento che
ho cominciato ad avere fede in Cristo.
Ti manderò presto alcuni libri sul cri-
stianesimo, e sono sicuro che Il leggerai
con entusiasmo. Sei istruito, buono e pio.
Non voglio darti lezioni, papà, ma piuttosto
ti suggerisco di conoscere anche altre re-
ligioni. Cl sono nell'hlnduismo certi fattori
che devono essere creduti ciecamente, e
io non voglio, perché la mia fede deve es-
sere poggiata sulla ragione. L'hinduismo
chiede a una persona di vendere o ucci-
dere se stessa, a volte per mantenere o
seguire le sue regole. Perché questo?
Perché credere in una religione che ucci-
de invece di salvare?
Certi famosi monaci hindù, come Swa-
miji e Ramakrishna, hanno Insegnato che
c'è un Dio solo, e che egli non ha molte-
plicità di forme. Allora come è possibile
avere 330 milioni di dèl e dee, di ridicole
immagini diverse? Immagini come elefanti,
serpenti, e persino la pericolosissima im-
magine da incubo della dea Kalì? A guar-
darla si spaventa non solo un ragazzo, ma
anche un adulto. Dio non ha formai
La religione cristiana è più significativa
delle altre perché c'è un solo Dio, che è
invisibile come le nostre anime. I cristiani
adorano il Signore Gesù, figlio incarnato
di Dio, mandato da Dio a salvare l'umanità
e ad aprire la strada del cielo. Per questo
lo chiamano Il loro salvatore. Invece la
nostra religione Insegna che Dio è appar-
so sempre come un distruttore, per la di-
struzione dei peccatori e malfattorl. Come
possiamo adorare un Dio che non ha po-
tuto salvare l'umanità dai suoi peccati?
Vedi, papà, quanto è più bello e significa-
tivo il cristianesimo.
TI manderò un libro scritto da Sundar
Singh: "Con e senza Cristo". L'autore,
nato hindù come noi e allevato in ambien-
te hindù, è diventato un famoso eremita
cristiano. E' andato in tutto il mondo e ha
predicato li messaggio di Cristo. Nel libro
parla di un suo Incontro con il shadu
(santone) Rishi Kesh. Il santone era sedu-
to sulla riva del Gange e molta gente si
trovava attorno a lui. Egli teneva una mano
levata sulla testa. Da lontano, l'autore del
libro pensò che stesse benedicendo la
gente; all'avvicinarsi si accorse invece
che le ossa del suo braccio erano slogate
In modo tale che non poteva più abbas-
sarlo. L'autore gli chiese come mai fosse
cosl handicappato. Il shadu rispose con
orgoglio: « Questa mano ha rubato e pic-
chiato molti, ma è arrivato il giorno In cui
mi sono pentito di questi crimini e ho de-
ciso di punirla come si meritava: o tagliar-
la, o renderla inerte. Ho consultato il guru.
e su suo consiglio ho fatto questo. La mia
mano ora è Immobilizzata, e rimarrà per
sempre in questa posizione. E io ne sono
orgoglioso!.
L'autore del libro gli replicò: «Ammiro il
tuo coraggio e le tue intenzioni, ma mi
rincresce che tu abbia distrutto un dono
che ti era stato fatto da Dio. Avresti usato
meglio la tua mano se invece di distrug-
gerla avessi deciso di aiutare i poveri. In tal
modo avresti potuto riparare, almeno fino
a un certo punto, il male causato con essa.
Il vero coraggio e la vittoria su di sè con-
sistono non nell'inutile distruzione della
tua mano, ma nell'aiutare gli altri usandola
bene. Il mio guru, Gesù Cristo, ritiene che
piuttosto avresti dovuto tagliar via il male
che è nel tuo cuore». A questo punto Il
shadu gli saltò addosso con tale rabbia,
che se avesse avuto le mani In buone
condizioni l'avrebbe picchiato.
La religione hindù cl porta a compiere
molti peccati a causa di tradizioni antiche
e di credenze cieche. E la gioventù oggi si
ribella contro di esse. Invece la Chiesa è
un tipo di organizzazione dove la gente si
riunisce con il Cristo vivo, che attraverso
la meditazione e la preghiera aiuta a di-
ventare santi. Dio ha creato tutte le cose
per nostro uso, perché possiamo giungere
a lui. Dio ci ama come figli. L'Incarnazione
di Cristo cl insegna il vero cammino...
So che Il mio papà è un vero papà, ricco
di intelligenza e di sano giudizio per di-
scernere Il bene dal male. Per questo mi
sento una persona fortunata, e chiedo la
tua paterna benedizione.
Il tuo affettuoso figlio Ashim.
Qualche tempo dopo-racconta anco-
ra padre Cyriac - Il bramino Ashlm ha
ricevuto Il battesimo, e ora è un bravo cri-
stiano, che trova nella sua professione
medica mille occasioni per vivere la carità
di Cristo. E non le lascia passare invano.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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* ITALIA LETTERA DI MICHELA
PER LA FESTA DI DON BOSCO
Le bambine della terza elementare di
Guarda (Rovigo) l'anno scorso hanno
scritto una lettera a Don Bosco nel giorno
della sua festa. Tutte le lettere sono sim-
patiche e meritevoli di pubblicazione. Ec-
cone una per tutte.
Carissimo D. Bosco
io prego tanto perché tu ml faccia di-
ventare una tua allieva, per farmi sempre
più buona e gentile verso i genitori, verso
le sorelline e il fratellino.
Oggi è la tua testa e voglio lodarti con
questa letterina. Le espressioni che li
presento, in questo giorno di festa, sono
uscite felicemente dal mio cuore, sempre
aperto. Se queste promesse non le man-
terrò, fammi pentire come facevi con i tuoi
ragazzi ; perché io non voglio essere meno
buona di loro.
Tu, gentilissimo Don Bosco, sei ricor-
dato per il tuo grande amore che avevi
verso I fanciulli e i ragazzi. I sogni che
facevi, penso che li avrai rivisti nel paradi-
so. Anche a me piacerebbe farli: per ve-
dere Te, Gesù e Maria tutta luce.
Don Bosco aiutami!
Michela Della Toffola-anni 9
* ITALIA IL PROFESSOR CORRADI
E LA UNIONE DON eosco.
Ligure d'origine,
torinese di adozione.
Insegnante di liceo,
poi preside, poi libe-
ro docente e poi tito-
lare all'università di
Torino. Più di 80
pubblicazioni scien-
tifiche. Due premi
dall'Accademia dei
Lincei (lire 1.000 e li-
re 10.000 al tempi in
cui la lira valeva qualche cosa). Studioso
di storia antica. E soprattutto educatore:
questo è stato Il professor Giuseppe Cor-
radl, deceduto l'anno scorso a Torino a
quasi 99 anni.
Educò così: non riusciva a nascondere
la sua tristezza quando vedeva che un
candidato veniva bocciato. Lo ricordano
un giorno a Cuneo, presidente del con-
corso magistrale: volle ricevere a uno a
uno tutti I candidati non ammessi all'esa-
me orale, per spiegare con l'elaborato alla
mano perché la commissione giudicatrice
non era riuscita a dar loro la sufficienza.
Conosceva nei minimi particolari l'ani-
mo e il pensiero di Don Bosco, e si vantava
di avere a Valdocco e a Valsallce tanti cari
amici, a partire dai Rettori Maggiori fino ai
giovani insegnanti (molti dei quali suoi al-
lievi).
I saleslaril gli sono grati per essere stato
presidente della "Unione Don Bosco fra
insegnanti" dal 1946 al 1974. Quest'Unio-
ne era nata nel 1922, attorno al servo di
Dio don Filippo Rinaldi, dalla dedizione di
alcune Insegnanti torinesi preoccupate
della vita spirituale dei loro allievi. Don Ri-
naldi le incoraggiò, non nascondendo le
difficoltà che avrebbero incontrato:
Raccogliere denaro per tare costruzioni
è alla portata di tutti; raccogliere anime e
unirle in un plano di apostolato è un altro
paio di maniche •. Invece quelle "anime"
si trovarono: nel '23 venne organizzato a
Valsalice un convegno per insegnanti di
impegno cristiano, e fu un pieno succes-
so; vi presero parte maestre d'asilo e delle
elementari, insegnanti delle medie Infe-
riori e superiori, e perfino alcuni docenti
universitari. Allora si pensò all'Unione,
che trovò in don Rlnaldi Il silenzioso pro-
pulsore. Il regolamento era semplice, in-
centrato su un principio fondamentale:
« L'Unione ha per scopo la formazione
morale e religiosa degli associati, in modo
particolare con la conoscenza e la pratica
del sistema preventivo nella cura degli
alunni ». Le adesioni arrivarono In breve a
1.200, l'opera si estese fuori Torino, a Ge-
nova, Milano, Trento, Roma, in Sicilia.
Generalmente se ne facevano iniziatori gli
exallievi salesiani. Le iniziative: corsi per
maestri, cicli di conferenze sul vangelo,
mostre di disegno a soggetto religioso tra i
ragazzi...
Nel 1946 questa " Unione Don Bosco"
fu rilanciata, ed ebbe per quasi trent'anni il
suo presidente nel prof. Corradi. Altre as-
sociazioni sono poi sorte fra gli educatori,
anche in campo cattolico, ma l'Unione
Don Bosco ha ancora oggi 300 iscritti, che
si riuniscono in fraterna cordialità più volte
all'anno, per un aggiornamento - final-
mente spirituale - oltre che culturale.
Il prof. Corradi ha scritto il suo ultimo
lavoro scientifico a 95 anni (uno studio
storico su Pollenzo, cittadina del cunee-
se). Un giorno il ministro Paolo Boselli
disse che • chiaro segno della benedizio-
ne di Dio è il permetterci di vivere a lungo,
in salute, fra la gratitudine dei beneficati».
Forse è stato vero per il ministro Boselli,
morto a 94 anni, fu vero di sicuro per il
prof. Corradi, che ha chiuso gli occhi se-
renamente alla vigilia dei 99 anni.
(Da una comunicazione di Bernardino
Cavoretto)
* ITALIA PER PADRE MANTOVANI
MONUMENTO A FORMA DI CUORE
Menà di Castagnara nella Bassa Vero-
nese ha voluto dedicare al suo figlio pre-
diletto, il missionario salesiano padre Or-
feo Mantovani, un monumento nella piaz-
za principale del paese. E' avvenuto il 7
ottobre scorso, e è stato festa per tutti. Alla
festa gli abitanti si sono preparati nei
giorni precedenti con un incontro missio-
nario di preghiera, una commemorazione
nelle scuole, poi nel teatro con la comme-
morazione ufficiale accompagnata da un
documentario filmato. La domenica 7, do-
po la messa solenne, si è svolta la ceri-
monia dello scoprimento del monumento.
Due anni prima, nel decennale della
morte, Menà aveva già dedicato a padre
Mantovani la piazza, poi l'aveva ornata
con aiuole verdi, e aveva preparato il po-
sto al monumento. Un'opera risultata
molto originale: sul basamento si erge il
profilo di un cuore In cemento, che rac-
chiude un plastico dell'India. Nel punto
geografico in cui si trova Madras, è stato
collocato un medaglione in bronzo coi
volto di padre Orfeo. Dal medaglione par-
tono a raggiera tre " M", iniziali delle pa-
Il monumento a padre Orfeo Mantovani è a lor-
ma di cuore: la forma più giusta.
role: Madras, Menà, Mantovani.
Questo eroe della carità cristiana aveva
costruito a Vyasarpady nella periferia di
Madras il noto "Villaggio delle Beatitudi-
ni", che accoglie oggi 400 lebbrosi, quasi
500 adulti rifugiati, un centinaio di ragazzi
che imparano un mestiere, un centinaio di
anziani abbandonati, 75 figli sani di geni-
tori lebbrosi, e un migliaio di ragazzi che
frequentano le scuole elementari e medie.
Più la parrocchia.
Era giusto quindi che tra i discorsi uffi-
ciali nel giorno dell'inaugurazione cl fosse
a Menà anche quello di un chierico india-
no studente in Italia, che ha parlato a no-
me dell'India e di Madras.
BREVISSIME
* Prestigiatore salesiano offresl per
eseguire giochi davanti al Papa, nei mo-
menti In cui avesse "molto bisogno di di-
strarsi". E' don Mirko Zerjav, jugoslavo di
Ljubljana, che reduce dal « Congresso
mondiale della magia» ha scritto a Gio-
vanni Il offrendo I suol servigi. Egli sostie-
ne che la sua arte magica gli torna utile nel
lavoro con la gioventù, e che l'esempio gli
viene dal suo santo fondatore Don Bosco.
E se il Papa lo prendesse sul serio?
* " Quaderni educativi" per insegnanti
e padri di famiglia vengono pubblicati in
Messico a periodicità mensile. L'Iniziativa,
curata da padre Miguel Picasso, ha lo
scopo di sensibilizzare al metodo di Don
Bosco quanti collaborano con i salesiani
nelle loro opere per l'educazione della
gioventù. La pubblicazione è cominciata
nell'agosto scorso; ogni fascicolo porta
una ricca documentazione: testi fonda-
mentali risalenti a Don Bosco, scritti dei
Rettori Maggiori e di studiosi di pedago-
gia, documenti della Chiesa, testimonian-
ze ed esperienze dal vivo, sussidi pratici.
Un eccellente strumento di lavoro.
31

4.2 Page 32

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HO PARLATO! HO PARLATO!
PER GRAZIA DI M, RI A AUSILIA ICE
Dai primi di no-
vembre 1978 ml tro-
vavo in Ospedale per
ulcerazione alla lin-
gua. Mi misi subito in
cura ma tutto fu Inu-
tile, nessun migliora-
mento. Nel mese di
maggio peggiorai
ancora, non potevo
né mangiare né par-
lare: stetti per tre
mesi senza mangiare né parlare, muta
completamente. Finalmente ml ricoverai
all'ospedale "Centro tumori" di Cagliari, e
dopo gli accertamenti del caso ml misero
In cura. Ebbi un po' di miglioramento, di-
minuì la grande Infiammazione, ma avevo
metà della lingua tutta mangiata. Inco-
minciai a inghiottire, ma parlare niente.
Il 19 agosto 1979 mi recai a far visita a
una compagna che stava in un camerone
attiguo al mio, e doveva essere sottoposta
a un'operazione Il 20 agosto. Ml fermai un
po·, e quando stavo tornando Indietro en-
trai a visitare una Figlia di Maria Ausiliatrì-
ce, suor Giuseppina Meloni. La salutal con
lo scritto, perché da tre mesi non potendo
parlare scrivevo. C'era anche la sua su-
periora; lo scrivevo e lei leggeva e pian-
geva Allora suor Giuseppina ml mise in
mano l'immaginetta della Madonna Ausl-
llatrlce; io me la strinsi al cuore e la Invocai
con la fede. Dopo un poco me ne ritornai
al primo piano nella mia stanza numero
115. E dopo circa mezz'ora, iniziai a par-
lare invocando Il nome dt Maria!
Nel sentirmi parlare le malate della cor-
sia del mio camerone accorsero. Ripresi
l'immaginetta me la strinsi nuovamente al
cuore chiedendo alla Madonna di rido-
narmi la salute, di poter parlare come pri-
ma. Poi salii nuovamente al secondo plano
dicendo a suor Giuseppina: Sto parlan-
do, suor Giuseppina!• e rectlai l'Ave Maria
insieme a lei, alle altre suore e a tutte le
degenti della corsia del secondo plano.
Oggi, in data 24 ottobre 1979, sono tor-
nata·al "Centro tumori": risulta che non
ho più nulla, che sto benissimo. Ricono-
scente a Maria Ausiliatrice di questa
grande grazia, prometto di farla onorare
dagli altri con tanto amore.
San Sperate (CA)
Zita Cannas
PERDUTA OGNI :;1-ERANZA
NELLE PROME SE DEGLI UOMINI
Sono exallleva delle FMA dal lontano
1904, e cooperatrice da antichissima data.
Nei lunghi anni di vita che Dio ml ha con-
cesso (88), ho sempre sperimentato l'effi-
cacia della protezione della celeste mam-
ma Maria Ausiliatrice.
Anche questa volta non mi lasciò delu-
sa. Un mio nipote era in attesa di un Im-
piego per potersi sposare, ma improvvisa-
mente spuntarono molle dtfficoltà. Passò
quasi un anno nell'alternarsi di promesse,
speranze e delusioni. Un giorno lo vidi
depresso e sfiduciato, e allora lo esortai a
unirsi alla nostra preghiera a Maria Ausi-
liatrice per ottenere la tanto sospirata
grazia. Perduta ogni speranza nelle pro-
messe degli uomini, non rimaneva che ri-
porre in Lei ogni nostra fiducia. E non
Ringraziano i nostri santi
fummo delusi. Contro ogni aspettativa,
proprio all'inizio del mese di maggio mio
nipote poteva occupare li tanto desiderato
posto, e alla fine del mese riscuotere li
primo stipendio!
Altofonte (Palermo)
Giuseppina La Barbera ved. DI Carlo
C, n1nJLGE Mo ALL'AUSILIATRICE
,..,.,,.. '"'f FEDE
Nel luglio 1978 mio fratello stava lavo-
rando In una costruzione quando gli cad-
de sull'occhio un bel po' di impasto di
calce e cemento che gli causò la brucia-
tura della cornea. I medici asserirono che
non avrebbe più recuperato la vista da
quell'occhio, e parlavano già di eventuale
trapianto. Mia sorella e io, che siamo tanto
devote di Maria Auslllatrlce, ci rivolgem-
mo a Lei con viva fede, e insieme Inco-
raggiammo il fratello a fare tutte le cure
possibili con severa scrupolosità. Contro
ogni previsione, a settembre poté lasciare
l'ospedale, e a ottobre riprese il suo con-
sueto lavoro senza accusare disturbi di
sorta. Oggi continua a veder bene, senza
traccia di quanto gli è accaduto.
Cammarata (AG)
Suor Maria Marzo
C. Trisog/io (Torino) ringrazia Infinita-
mente Maria Auslllatrlce per la materna
protezione accordata a tutta la famiglia
au..NDO LE THUPI-E DI AMIN
IANNO ATTACCA O
Sono missionario
In Uganda, e ogni
mese ho la gioia di
Incontrarmi con la
Famiglia Salesiana
attraverso Il Bolletti-
no Salesiano. Pur-
troppo. questa gioia
è stata interrotta du-
rante la guerra con-
tro Il dittatore Amln.
All'Inizio delle ostilità
chiesi a San Giovanni B0100 che salvasse
me e Il mio Centro Catechistico Diocesa-
no. e avrei fatto pubblicare la grazia. Le
truppe di Amin hanno attaccato Lira con
un sadismo e una ferocia senza prece-
denti, saccheggiando e devastando tutto:
ufficio, aula scolastica, Il grande dormito-
rio, ecc. Solo ti magazzino centrale, che
era Il più esposto. è stato risparmiato,
chissà perché. In ogni modo. io voglio rin-
graziare Don Bosco perché mi ha salvato
la vita: ho visto la morte a un passo! La Sua
presenza ha sempre sostenuto e incorag-
giato I miei catechisti nel periodo della
formazione, e ora sono certo che il grande
amico del giovani sarà In mezzo a noi an-
che In questo duro e difficile periodo della
ricostruzione.
Lira (Uganda) P. Luigi Varesco MCCY
IN QUEI FREDDI CORRIDOI
1411 INGINOCCHIAI E C"'
Mio marito si tro-
vava
ricoverato
presso il locale
Ospedale Civile per
vari disturbi addomi-
nali che causavano
serie conseguenze,
fino allo scompenso
cardiaco con l'alte-
razione di tutti i valo-
ri. Lo sottoposero a
una serie di radio-
grafie, da cui risultava una massa al lato
destro dell'addome che provocava l'oc-
clusione Intestinale. SI rendeva necessa-
rio un Immediato intervento chirurgico,
anche se restava li fondato timore che egll
non avrebbe potuto sopportare un'opera-
zlone tanto delicata nelle gravi condizioni
in cui versava. Dal reparto radiologico
fummo mandati con la massima urgenza
in chirurgia. Mentre aspettavamo In quel
freddi corridoi che arrivassero gli Infer-
mieri per Il trasporto della barella su cui
giaceva mio marito, ml Inginocchiai e pre-
gai caldamente San Domenico Savio, Il
cui abitino avevo messo al collo del mala-
to, perché mi ottenesse di conservarlo In
vita.
A un certo punto li radiologo volle fare
un'ultima prova: un "clisma opaco" e poi
un'altra radiografia. Ebbene, la massa che
risultava cosl nitida nelle precedenti ra-
diografie, era scomparsa, con vivo stupo-
re del medici. Da allora mio marito è an-
dato sempre migliorando, e ora è tornato a
casa In via di guarigione.
San Fili (CS) Palermo Raffaella Genti/e
RINGRAZIANO SAN DOMENICO SAVIO
invocato facendo la novena
e
a • bUl...tt.•
Saporito Rosanna e Mario (Palestrina,
Roma) per la guarigione della figlia da una
grave malattia;
Voarlno Rina (Ceva, Cuneo) per unasua
cara amica, che nonostante le difficoltà
della gravidanza rifiutò Il consiglio dì
abortire e diede alla luce una bella bambi-
na;
V/anello Luigi {Rho, MIiano) per un suo
nipotino, liberato con una riuscita opera-
zione da una malformazione congenita;
Barb,rato Giuliana e Walter (Cavagllà,
Vercelli) per la gioia d 'aver avuto il dono di
una creatura sana e vivace dopo una pri-
ma maternità Interrotta;
Perlnl Verni Paolo (Padova) per il figlio
Pier Carlo, che cresce sano e robusto no-
nostante le difficoltà della nascita;
Gazzetta Mauro e Anna/Isa (Genova)
per la nascita di Andrea Domenico, men-
32

4.3 Page 33

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tre Il primo bimbo, tanto atteso, era morto
durante il parto;
Guida Walter (Gela, Caltanissetta) per
essere guarito da un noioso disturbo di cui
non si riusciva a trovare la causa;
Fornaris Rosanna e Andrea (Roccavio-
ne, Cuneo) per la nascita di una bella
bimba, dopo due maternità fallite con gra-
ve rischio per la salute della mamma;
Sorella Romane/lo FMA (Santa Maria
della Versa, Pavia) perché la nipotina ha
superato felicemente una delicata opera-
zione agli occhi, mentre correva pericolo
di perdere la vista.
Federica Fi/ippi (Vicenza) ringrazia San
Domenico Savio perché dopo 15 anni ha
avuto la gioia di una cara bambina, che
mette sotto 1a sua protezione.
Ciancare/11 Anna in Taru/Jo (Scanno,
Aquila) ringrazia San Domenico Savio per
la nascita di Sllvia, che pone sotto la sua
protezione.
"NON OPERARE!" SEMBRA
UN AVVISO DEL SIGNORE
Il 19 marzo 1979
eravamo Intente a
preparare una pic-
cola accademia in
onore di san Giusep-
pe, quando Elsl, una
nostra ragazza inter-
na, venne a dire che
un occhio le faceva
male. Le sue compa-
gne dicevano addi-
rittura che da quel-
l'occhio non cl vedeva più. Fu portata
dall'oculista, ma questi, dopo una visita
sommaria, disse di condurla Immediata-
mente dallo specialista pediatrico presso
l'Ospedale dell'Università. lvi la esaminò Il
Prof. Mathai, direttore del reparto di chi-
rurgia neurologica. Il suo responso fu du-
ro: l'occhio destro della ragazza era com-
pletamente spento (si sospettava un tu-
more), la stessa cosa sarebbe accaduta al
sinistro, con conseguente cecità per tutta
la vita. Si rendeva perciò necessario un
intervento chirurgico per tentare di salva-
re almeno l'occhlo sinistro. Fissò l'inter-
vento per il giorno dopo.
Tuttavia la nostra comunità con le al-
lieve, vale a dire 2000 persone, cominciò a
pregare fervorosamente, chiedendo al Si-
gnore, per intercessione del Servo di Dio
Don Vincenzo Clmattl, il buon esito del-
l'operazione. Prima dell'intervento, il pro-
fessore volle ancora esaminare attenta-
mente la ragazza. E cambiò parere: decise
di tramandare l'operazione di qualche
giorno, e Intanto di continuare la cura a
base di medicine. Dopo un paio di giorni,
ln una successiva visita, il professore
constatò che la ragazza riusciva a vedere
gli oggetti più grossi. Da allora, la vista
continuò decisamente a migliorare.
Tuttavia, il professore era d'avviso che
l'operazione fosse necessaria per esplo-
rare la zona cranica e scoprire la causa
del male. L'intervento venne fissato per le
7,30 del 7 aprile. Ma anche quella volta il
professore volle prima procedere a una
visita accurata; e anche quella volta deci-
se di sospendere l'operazione: c'era il pe-
ricolo di irreparabile infezione al cervello.
Più tardi confidò alla superiora: « Lo
svolgimento della situazione sembra un
avviso del Signore di non operare questa
ragazza!• E il medesimo giorno la volle
esaminare con un gruppo di dottori. Ri-
sultato: l'operazione non era più neces-
saria, le cose andavano bene, e la ragazza
poteva essere immediatamente dimessa
dall'Ospedale. Passarono tre settimane,
ed Elsi fu sottoposta a una visita di con-
trollo. Il prof. Mathai e l'équipe dei medici
la dichiararono perfettamente guarita. Lo
stesso professore asserì che tale guari-
gione era da attribuirsi alle nostre pre-
ghiere. Ora Elsi sta bene, è felice in mezzo
a noi e testimonia che la preghiera può
sempre ottenere miracoli.
Vellore (India) Sr. Elisabetta George
IL MEDICO PRONOSTICAVA
UN GRAVE PEGGIORAMENTO
Al primi dl gennaio
del 1979 per un ba-
nale scivolone, mi
produssi una ferita
alla gamba, già ope-
rata ben due volte
per difetto di circola-
zione. La ferita, di-
sinfettata alla buona
e un po' trascurata,
si allargò e si appro-
fondi. Il medico vole-
va prescrivere un ricovero e pronosticava
un grave peggioramento della piaga. Ero
molto preoccupato: era prossimo Il perio-
do per la benedizione delle case, urgeva la
scuola di catechismo e tutte le altreattività
parrocchiali.
Pensai di raccomandarmi al beato M l-
chele Rua, che fu il primo salesiano venu-
to a La Spezia (vi era stato inviato da Don
Bosco, per le trattative col Vescovo In
merito all'apertura di un'opera salesiana).
Fu pure Don Rua che, realizzando una
promessa sempre di Don Bosco. autorizzò
e facilitò la costruzione della chiesa in
onore della Madonna della Neve, la cui
Immagine è tanto cara agli spezzini.
Cessarono i dolori, la ferita si chiuse e
così potei continuare la attività parroc-
chiale senza interruzione. Ringrazio il
Beato e lo prego di continuare la sua pro-
HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Arzone Alina - Ballslrerl Salvatore - Balducchl Walter -
Bettino Maria Bonflrraro Carmela - arambllla Claudio -
Branchlnl Giovanna - Brusall Caterina Calella Anto-
nietta. Cannata Angelina. Ca:anese Luigi - Cenci e1ao-
ca - Chiesa Maria - Claus Elvira - Colonna Silvana -
Comegllo Franca - Corona Umbeno - Covelll Luigi -
Crepaldl Irene - O'Ascola Antonia Oemml Maria De
Palo Caterina - Famà Giuseppina - Fanton Giovanni -
Ferraro Maria • Frane/li Concetta - Garibaldi Giorgio -
Glachino Marta - Glraudl Stefano- Girelli Rosa - Granato
Liliana Grlbaudo Fam. Gulino Concetta - 1.8.ddomada
Aniello - Ladu Anania - Ledda Maria. Laania Vincenza•
Lools R. Oomenlco Lumla Calogero - Manca Angelino -
Mandelli Maria - Mannelli Gianni Melfi Rosetta - Meli
Domenico - Montegiri Antonio - Morelli Elvira Moretti
Margherita - Morando Maria• Musso a. Caterina. Novelli
Sllllla • Ogglonl Luigia - Ortone Sltvla - Parlsl Domenico.
Pastor Rls Ambrosina• Pereno Matilde• Plblrl Benigna·
Piccardo Giacinto-Piccone Loretta- Pronzato Virginia -
Quaglia Pier Luigi - Quattrini Giorgio• Rebaulaz Lucina -
Rlnaldl e Maria - Robba Giulia• Roblolo Maria• Rebou-
laz Lucina• Rodi Paola. Rolandino Bianca - Rolle Irma -
Rollo Raffaela - Romagnoli Clelia Romagnolo Secon-
lezione sul mio lavoro pastorale.
La Spezia Sac. Giuseppe Oldani SDB
Miceli Clelia (Palermo) ringrazia Il beato
Michele Rua per essere riuscita a supera-
re il tormento degli scrupoli che le impe-
divano di accostarsi con fiducia ai santi
Sacramenti.
Merendino Rosa (Palermo) ringrazia il
beato Michele Rua per la guarigione del
cognato da una grave malattia.
~I AVEVA INCORAGGIATO
A PARTIRE MISSIONARIO
Nel febbraio del
1973, mentre ero di-
rettore della Scuola
Agricola Salesiana
"Las Mercedes" in
Terra del Fuoco, feci
una brutta caduta,
spezzandomi il pero-
ne e la tibia. Ricove-
rato in ospedale, fui
sottoposto a trazione
per ridurre la contra-
zione muscolare, in attesa di operazione.
Ma io pregai tanto, insieme con i fratelli e
le FMA, don Filippo Rlnaldl, che avevo
conosciuto a Penango e mi aveva Inco-
raggiato a partire missionario. Il 1• marzo
ebbi la netta sensazione che l'osso fosse
tornato a posto, il che fu confermato da
successiva radiografia, con meraviglia del
dottori. Cosl l'operazione fu evitata, e me
la cavai con l'Ingessatura e tanta pazien-
za. Però i dottori avevano previsto l'Insor-
gere di un'artrite che ml avrebbe dato
molto fastidio. Invece sono passati ormai
sei anni e non ho sentito alcun disturbo.
Tornato in Italia per il 65° di nozze dei miei
genitori, sono andato a ringraziare don
Rlnaldl, e a pregarlo che mi aiuti nel mio
nuovo ufficio di parroco, dopo essere sta-
to per 46 anni nella Patagonia e Terra del
Fuoco.
Catemu (Cile)
Sac. Sabino Servidei
V/anello Luigi (Rho, Milano) ringrazia
don Filippo Rlnaldl per la guarigione di un
figlio da una grave forma di esaurimento.
Lo ringraziano pure, per grazie ricevute,
suor V. Celina, e l'exallievo Paolo di Val-
lecrosia (Imperia).
dina - Romano Concetta - Romeo Amelia• Romeo Flori-
na. Rooc Giovanni - Rossetto Adelaide - Rossi Egidia -
Rossignolo Ugolino • Rosboch Giuseppe - Rovelll M.
Luisa - Scalla Gruseppa - Tlrendl Corrado - Tlrendl Nun-
ziata - Tìttarelll Rina- Todde Lidia- Tolassi Ada -Tondini
Roberta - Toolollo Lorenzo - Tornambé L. Maria. Torre
Giuseppa. Toscano Angelina• Trapani Carmela Tra-
versa Domenica. Traversa Maria - Trlmarchl Carmela•
Trlolo Gioconda- Trischllla lns. Francesca- Trisollo Pia
• Trossello Michele - Trovato Lucia. Trucco Luigi• Trulli
Rosa - Tubaro Eugenio - Turconl Gianna Tullno M.
Antonietta • Ubriaco Mariella - Usola Angelo - Vaghlnl
Renza• Valastro Giovannina Valchlusa Mana - Valen-
tlnl Vittorio - Vales Dina • Vanzettl Francesco - Vassallo
Rosa• Vedovato Luigi- Ventura Francesco- Venturi Ida•
Vercellotto Bianca - Veronesi Francesco - Verri Dina •
Vico CloUlde • Viganò Elsa • Vlgnadocchlo Marisa VI-
lardi Maria. VHla Maria• Viola D<!lla- Vlschlonl Lorenzo -
Viti Olga - Volpini Valentino Voyat Gianni Volponi
Estar - Volpato Corinna • Vulllermoz Giacomina - Xolle
Rosina - Zaccaria Giuseppina Zaghet Elvira - Zambon
Giuseppina - Zampierl Anna - Zancanella Alessio • Za-
netlo Leonardo. Zanghl Maria. Zanl Caterina• Zannlno
Elvira - Zerlone Maria - Zlmaglla Carolina• Zalla M. Lu-
cia.
33

4.4 Page 34

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Preghiamo per i nostri morti
SALESIANI
t Baraldl Coad. Domenico a Bologna a
76annl
Ha servtto la Congregazione nello speclll•
c:o settore delle Scuole ProlesslonalL C~
me lavoratorehacredutonenaformazione
professionale, e si è dedicato con passi~
ne a Insegnare rarte del calzolaio. Come
educatore ha condiviso con I giovani la
sua vita e le sue capacità, animando an-
che la banda musicale. Comesaleslano ha
condiviso col confratelli la serietà dell'Im-
pegno religioso e l'amicizia, lino alla fine,
quando ormai non poteva più lavorare, ma
offriva la sua vita per l'efficacia del loro
lavoro tra Igfovanl.
Bottln Coad. Alberto t a Monteortone
(Padova) a 79 anni
·
Fu un coadlu1ore umile e docile: la ledellà
ara leggeper lui. Fu Infermieresollecito e
paziente, occupava re ore libere nel lavoro
dl sarto che aveva appreso In gioventù, o
confezionando corone del rosario, o cu-
rando I fiori1 che tanto amava. Possedeva
un vero spfrtto di preghiera: le pratiche di
pietà e le funzlonl liturgiche erano per lul
una gioia. Ora di lassù prega per tutti noi,
come cl ha promesso.
Macrino Coad. Giovanni t a GE-sam-
plerdarena a 86 anni
$1 era formato ablle sarto a San Benigno
canavese, e poi si era consacrato a Dio
nella vita salesiana, nutrita di lavoro In-
tenso e silenzioso, di pietà Intima e riser-
vata, In piena fedeltà alla sua vocazione.
Era appassionato di musica, e tu maestro
di benemertte bande muslcall; alla gioia
della musica univa quelle di un'Ingenua
creazione di rime estemporanee, srot~
lando nella famlliarttà convlvla.le lnterml-
nabflf e bizzarre mastrocche. Queste sue
caratteristiche di coadiu1ore salesiano di
antica pasta hanno reso efficace la sua
presenza educativa tra I giovani.
t Rauco Coad. Mario a Leonessa (Rieti)
a82 anni
Sperimentò fin da piccolo Il dolore di per-
dere la mamma e la durezza del lavoro per
guadagnarsi la vfla. La seconda guerra
mondiale lo portb sul fronti dell'Albania e
della Jugoslavia. lvi emerse Il suo profon-
do spirito cristiano, che si man~estava nel
conforto spirituale prodigato al compagni
d'arma; e lvi maturb la sue vocazione sa-
lesiana. Emise I voti nel 1945, e si dedicò
con entusiasmo ai dtversi lavori che rut,..
bklienza gli affidava. Sopravvenne troppo
presto un male Incurabile, ed egli si di-
spose alla chiamala del Signore con l'abl-
tuale serenità del suo splrtto. La sua vita
esemplare fatta di labotlose umiltà, ci
bontà, di dedizione e anche dl delicato
umorismo, gli conquistò la slmpalia di
quanti loconobbero.
t Schlouer Sac. Giuseppe a Roma a 78
anni
Era nato In Ungheria. poi venne a Roma e
fu attratto dall'ideale salesiano. Possede-
va una slngolare propensione per la mu-
sica. e seppe coltlvarla con risultati che
attJrarono l'attenzione e la stima del m,
gUorl maestri di musica sacra. Per 18 anni
fu assistente e sostituto di mons. Vlrglll
direttore della cappella musicale di San
Giovanni in Laterano. SI eslbl In memora-
bili esecuzioni In diverse nostre case d'~
talla e all'estero. Possedeva l'arte di edu-
care I giovani cantori al gusto musicale,
unendo alla necessaria dlsclpllna una pa-
tema comprensione, per cui era molto stl•
mato e molto amato. Negli ultimi anni la
malattia ro costrinse a rinunciare al suol
impegni. Accettò con fede la sofferenza e
si preparò all'incontro col Signore facen-
do della sua vita e della morte un saoroficio
gradito a Dio.
Scolari Coad. Angelo t a Torino a 78
anni
Diventato salesiano a 26 anni, consegui il
diploma di Infermiere, e per 40 anni prestò
il suo servizio nella Casa di Valdocco. Un
servlzlo eroico. In cui si donava senza ri.
serve giorno e notte. Il numero degll am-
malati e degll anziani cresceva con gli an-
ni; alcuni tornavano dalle missioni esausti
e logori, bisognosi di cure e di assistenza
continua. E Angelo era sempre pronio a
risp011dere anche a sei, otto chiamata
notturne, per trovarsi al suo posfo ancor
prima dell'alba per le pratiche di pietà e I
serviti ordinari. Il segreto della sua carità
era la pietà: l'amore di Dio alimentato In
chiesa continuava nell'amore al fratelli
nell'Infermeria. Tra gli ammalati da lul ao-
slslitl el fu anche Il Retto, Magglo111 don
Ricatdone e Il Prefetto Generale don Ber-
rutl. Il venerando don Sante Garelll lo de-
finisce: •Angelo di nome e angelo di latti:
di carità, di purezza, di pietà, dì pazien,ae
di sorridente bontà,.
Trabucchi Sac, Pietro t a Bogotà (Co-
lombia) a 54 anni
Parti per la Colombia subito dopo la guer-
ra, e cominciò Il lavoro tra I lebbrosi di
Agua de Dlos. Al primo Incontro col ra-
gazzi lebbrosl, un lebbroso glf offerse Il
fischietto che teneva in bocca per arbitra-
re la partita. Don Pietro lo accettò supe-
rando ogni ripugnanza, perché di tutti si
sentiva fratello_ Lavorb tre mlglfala di ra-
gazzi della parrocchia. dell'oratorio, delle
scuole professionali. Fu nominato cap-
pellano delle Forze Aeree, a cui si dedicò
con entusiasmo, conquistandosi la sim-
patia del soldati e degll uttlclall Spiccava
su tutti per la corporatura, ma più ancora
per la bontà, la gentilezza, la grande ca•
pacltà di capire le miserie altrui. La morte
lo fermb nel pieno delle sue attività.
COOPERATORI
Badolato Brigida In Saladino t a Cam-
poreale (Padova) a 89 anni
Fu madre esemplare e seppe formare cri-
stianamente I suol Hgll. Era fervente c=
peratrice, e lavorò Instancabilmente
perché I Figli di Don Bosco venissero a
Camporeale. Fu In mOdo particolare de-
vota di Maria Ausiliatrice, che la chiamò al
premio eterno nel giorno a lel consacrato,
Il 24 ottobre.
t Balfotttnl Giuseppina In Zambruno In
Alessandria a 79 anni
Era un'anima profondamente cristiana,&
attinse dalla sorella suor Annunziata e
dalla lettura assidua del Bollettlno Sale-
siano l'amore alf'Auslllatrlce, a Don B~
sco, e la gioia di cooperare alle missioni
salesiane. specialmente dell'India Porta-
va ovunque l'esempio di nobili virtù e di
bontà, sempre pronta a collaborare alle
Iniziative di bene. Quest'anno aveva par-
tecipato con più Intensa gioia agli Esercizi
Spirituali delle Cooperatrici, e irradiava Il
fervore attinto In quel gloml: un mese d~
po, un improvviso malore ne stroncò la
robusta fibra.
Bianco Ealer t a Torino
Cooperatrice ,alante e generosa, col-
labo1ò con passione alle missioni salesia-
ne prestando la sua opera nel Laboratorio
Missionario, adohando un bimbo Indige-
no, e mantenendo rapporti epistolari con
diversi missionari.
t Borattl Ettore a Torino
Antico allievo dell'Oratorio San Luigi e di
Valdocco. fu umile e generoso coopera-
tore. Fu esempio di vita cristiana e di la-
boriosità, appresa alla scuola di Don B~
sco e degli altri suol educatori.
t Cene Plètro ad Asti a 76 anni
Tu1ta la sua vita è stata un esempio di de-
dizione al lavoro, di sostegno alla famiglia,
di aut,ntica vita cristiana, coerente ai
principi della sua lede. Quando nel 1919 lu
aperto In Asti l'Oratorio salesiano, fu tra I
primi a frequentarlo, e non lo abbandonò
mal più: ne visse I momenti lletl e quelli
dolorosi come in una seconda famiglia.
Pochi mesf prima della morte &l era dedi-
cato con passione alla stesura del numero
unico •Il Don Bosco di Asti•, In occasione
del 25' della morte di don Alfredo Marcoz
(cfr. BS dl nov. 1979, p. 6-7). La sua carità
lo spingeva a dedicarsi con splrtto sal&-
sleno ovunque c'era bisogno e sofferenza:
alla parrocchia, come al poveri della San
Vincenzo e al carcerati.
t D'Agostino Vlttotlo a Torino
Fu uomo di alta cultura, professore di let-
tere e lllosofla In vari Istituti statali, co~
laboratore delle riviste Convìvium, Gym-
nasium, 0/daska/elon, fondatore e diret-
tore di Studi Classici. Perciò lu lnsigntto
del titolo di Commendatore e Accademico
dell'Accademia Sant'Andrea di Roma. Ma
l'anima della sua culture era profonda-
mente cristiana; l'aveva attinta dallo stu-
dio del Santi Padri e dallo splrtto di Don
Bosco, di cui era entusiasta, e Il cui met~
do praticava nel suo Insegnamento. Fu
sempre convinto e generoso collaborai~
re delle opera salesiane.
Gelsomino Pasce Olga t a Varazze a 83
anni
Era persona notissima nella vita student&,
sca di generazioni di varazzlnl: fino a p~
chi anni la era stata bidella e seconda
mamma di centinala di scolari. Il suo ca-
rattere gioviate e sincero 1'aveva resa
amata e rispettata da schiere e schiere di
ragazzi. che da lei hanno Imparato tante
cose che la scuola non lnse9na, e perciò
l'hanno sempre ricordala. Ha dato a Don
Bosco Il figlio don Andrea. Collaborava
all'opera salesiana animata dalle tre gran-
di promesse di Don Bosco: pane, lavoro e
paradiso.
Malollno FranCflco t a Bologna a 66
anni
SI era distinto come funzionario della
Questura diBologna, slfmato da tutti per la
sua bontà. Amava e aiutava l'opera di Don
Bosco.
t Pisano DelH Erminio e Serrentl (Ca-
gliari) a 79 anni
Trascorse la sua vita In sempllcità cristia-
na. dedicandosi con generosità al bene
della famiglia. Fu cooperatore secondo U
cuore di Don Bosco, e la sua gioia più
grande fu l'avergli donato una dalle sue
figlie tra le FMA. Amb molto la Madonne,
ed essa venne a prenderlo di sabato, per
portarlo nella casa del Padre.
BraccoAllna
Cerbone Rag. Cesare t Brescia
t Cenai dott. Ollvero Como
t Cor11 Anita Brunate (Como)
Funotto Emfllo
Grollen> Caterina ved. Cosao t Alassio
M-trl Eugenio t Alassio
Mont:eu Fa,alot Maddalena
Moraltl Maria• t Como
Salada Emma t Alassio
Vargaa ENk:a t Alessio
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-
Z.IONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA. ricono-
sciuta giuridicamente con O.P. del 2-9-1971 n. 959, e L 'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si-tratta d'un legato; ....lascio alla Direzione Gener;,/e Opere
Don Bosoo con sede in Roma (oppure all'Istituto Sales/ano per le
mIss,onI con sede in Tonno) a litolo di legato la somma di lire._.,
(oppure) l'Immobile sito in... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente di assistenza e beneficenza, di istruzione e educazione, di
culto e di religione•.
- se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro de, due Enti su indicati:
....annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede In Roma (oppure /'Istituto Salesiano per le Missioni con sede In
Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo. per
gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-
ficenza, di Istruzione e educazione, di culto e di religione•
(luogo e data)
(firma per disteso)
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Bor"': Don Rlnald l, ,n memoria e suffrag,o
di Storero Ernesto, a cura di Gilllo Maria.
Rr,altaTorinese L. 500.000
Borsa: S. Glovannt Bosco . S.G. Calano,
S. Glu s - Cottolengo. per grazia rie•
vuta. a c ura di Candellero Maria, Roma L.
500,000
Borsa: M•la Auslllatrtce, per ringrazia-
mento, a cura di Sregoli G lov. Maria, Pez-
zare (BS) L. 300.000
Borsa: In memoria e suffragio d i L&u1g1
Blandmo, a cura della moglie, figli e pa-
renti, Torino L. 200.000
Borsa: Maria Auslllalrlce e Don Bosco,
per grazia ricevuta. a cura del F.I11 Maran-
zana, Casalcermelll (AL) L. 200.000
Borsa: S. Cuore di GHÙ, Marta Auslllalrl-
ce e S. Giovanni Bosco, in suffragio dei
miei defunti, a cura di Vercelli Giuseppina
L. 200.000
Borsa: Maria Auslllavlce, a cura di Sondi
Vitali l.Jvia, Forn L 150.000
Borsa: Don Bosco, la che I miei morti
proteggano I vivi, a curadi N.N L. 150.000
Bor"': S. Domenico Savio, proteggi I miei
nipotini, a cura di N.N. L. 150.000
Borsa: S . Giovanni Bosco, In sul/rag,o di
Nloolettl Michele di Caltanissetta, a cura
del Direttore Ammin istrativo e del santtarl
dell' ospedaledl S. Cataldo(CL) L. 105.000
Borsa: Beai.o Don Rua. In sullragio del
miei defunti, a cura di Nogara Sandra,
Bellano (CO) L. 100.000
s. Borsa: Maria Auslllatrlce e Giovanni
Bosco, in sul/rag/o del miei genitori, a cu-
ra di Tunlneltl Gabriella, Roma L. 100.000
Borsa: Maria Aualllatrfce e s. Giovann i
Bosco, per felice risoluzione d 'vna diffic,1e
situazione. a cura di Pugliesi Alina. Nepl
(VT) L. 100.000
Borsa: Merla Au• lllalrlce, S. Giovanni
Bosco e S. Domeni co Savio, invocando
protezione e grazia, a cura di Delbosco
Caterina, Pessione(TO) L. 100.000
Borsa: Padre Mantovani, a cura di Puano
Stefano, Torino L. 100.000
Borsa, Maria Aualllatrlce e S. Giovan ni
Bosco, per grazia ricevuta e Invocando
protezione. a cura di Faccenda Maria, Ah·
ce Castello (VC) L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Domen ico
Savio, per grazia r lcevura e in sul/rag/o dei
defunti della famiglia. a c ur11 di N N. Bra
(CN) L. 100.000
Borsa, Maria Auslllalrlce e Santi SalHla-
nl, a cura di Zeida Rosa, Leumann-Rlvoll
(TO) L. 100.000
Borsa: Maria Aualllalrlce e Santi Salesia-
ni, per Impetrare grazia, a cura di Vlberti
Maria (CN) L. 100.000)
Borsa: Mon,. Veralglla e Don Caravarlo,
per ottenere grazia, a cura di N.N.. Torino
L. 100.000
Borsa: SS. Cuori di Gesù e di Maria, In
ringraziamento, a cura di Marocco Anna e
Maria L. 100.000
Borsa: Don Boaco1 chiedendo protez,one
per mio figi/o e per tutta la tamiglla, a cura
di Magglon1 Fusi Enza, Barzanò (CO) L.
100.000
Boraa: S. Cuore di Ge1ù, Maria Aualllaltl-
ce, S. Glov. Bosco. invocando protezione
per la famiglia e In suffragio del defuntf. a
cura di Dalmasso Caterina. S. Anna di
Boves (CN) L. 100.000
Borsa: Don Bosco, In suffragio di Forleo
Lodovico. a cura della tamlglla, Caroslno
(TA) L. 100.000
Borsa: Maria Auslllattlce, a cura di Perottl
Giorgio, Rivoli (TO) L. 100.000
Solidarietà m1ss1onar1a
Borse di studio per giovani missionari salesiani
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Borsa: S. Giovanni Bosco, In suffragio del
familiari defunti, a cura di Cubeddu Elena,
Seneghe (CA) L. 100.000
Borsa: S. Cuore di Ge•ù, In memoria e
suffragio d i ZecchlAlessandro, a cura de-
gli alunni Scuola Media S.G. Bosco,
Faenza (RA) L. 100.000
Borsa: $. Pio X, In suffragio dei miei suo-
ceri Gustavo e Valerla Monaro, a cura di
Matteotti Prof. Giuseppe. Padova L.
100.000
Borsa: M•I• Auslllatrlce e S. Giovan ni
Bosco1 In suffragio deimiei morti, a c ura di
Borgna Rosa, Priola (CN) L. 100.000
Borsa M...-la Aualllav lce, In suffragio di
/,/aria Pacc/orettl e genitori e chiedendo
sante vocazioni, a cura di Pacclorettl Sr.
Anlonletta, Castellanza (VA) L. 100.000
Borsa: Mons. Clma ttl, con riconoscenza e
Implorando protezlone. a cura della Co-
munità Ssleslana di Borgomanero (NO) L .
100.000
Borsa: Don Bosco, a cura d i Marettl Fran•
chi Felicita, OHlega (BS) L 70.000
Borsa: M•la Ausiliatrice, Don Bosco, $.
Domenico Ssvlo, per grazia ricevuta, a
cura di C avanna Paolo, Alassio (SV) L.
70.000
Borsa: Ma,la Auslllavlce e Santi Salesia-
ni, per Impetrare grazia, a cura di Vibert~
Cerri (CN) L. 65.000
8oraa: Maria Aualllatrlce e S. Giovanni
Bosco, per grazia ricevute, a cura di Spini
Cesarina e Maria, Campo Tartano (SO) L.
65.000
Borsa: Maria Aualllatrlce. Invocando pro-
1e.llone per la sorella Teresita, a cura di
Galimberti Rina ved. Fraschlnl, Milano L.
60.000
Borsa: Pier Giorgio Frassatl, invocando
protezfoneperJs sorella Teresitar a cura d i
Gal,mbertl Rina ved. Fraschlnl. MIiano L.
6 0. 0 0 0
Borsa.: Pier Giorgio Fraanll, invocando
protezione per I miei nipotini, a cura di
Capra Lucia, Chieri (TO) L. 60. 000
Borsa: Maria Aualllatrlce, in suffragio del-
,a mogi/e Giovanna, a cura di Pelllcclonl
Giovanni, Porcari (L U) L. L. 60.000
BORSE DI LIRE 50.000
Borsa: Maria Auslllaltlce, S. Giovanni
Bo.sco e S. Oomenlco Savio, Invocando
protezione per Alessandro e Giorgio. a
cura di lntantl Sorelle: S. Vito al Tag. (PN)
Borsa: Maria Aualllattlce e Santi SalHI►
nl. a cura di Sala Giovanna, (PV)
Borsa: S. Giovanni Bosco, per esito esa-
mi. a cura di L.G•. Genova
Borsa: Maria Auwlllav lce, In suffragio del
defunti e 1nvocando protezione, a cura di
lnvernlzzl Adele, Truccazzano (Ml)
Borsa: Maria Aualllavl«, /n memoria e
suffragio delle mia mamma Lucia Gatta. a
cura di Sr. A ngela G.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco. invotando protezione sulla m;fl
lamlglla, a cura di T.G.
Boraa: S. Giovanni Bosco e Beato M. Rua,
Invocando grazia, a cura di T.G.
Borsa: Avv. Benvenuto Abate (Modena), In
memoria e suffragio, a cura di E.E., (Fos-
sano)
Borsa: Maria Aualllatr1ce, a cura di Robba
Susanna ved. Robino, Torino
Boraa: Don Bosco. per grazia rice!luta, a
cura di Landlnl Maddalena. Torino
Boraa: Marra Austnavlce • S, Giovanni
Bosco, In ri ngraziamento e Invocando
protezione. a cura della Famiglia Gerelll.
Villanova Mondovì (CN)
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, In
ringraziamento e In suffragio dai miei d&-
funti. a cura di PaganoGiuseppina, Torino
Borsa: Maria Auslllatrlce, a ricordo della
Messa d 'oro di un Salesiana. a c ura di
N.N., Torino
Boraa: Maria Aualllatrlce e S. Giovanni
Bosco, per grazia ricevuta. a cura di Al~
fredi Edoardo, Torino
Borsa, Maria Auslllalrlce e S. Giovanni
Bosco, per grazia ricevuta e Invocando
protezione pel famlgllari, a cura dì M.B.G.,
Torino
Borsa: Mana Ausiliatrice e s. Giovanni
Bosco, per grazia ricevuta, a cura di
Grandelll Nazzarena. MIiano
Borsa: Maria Aualllalrlce e Don Bosco,
per grazia ricevuta, a cura di Zagarolo Ar•
mida, Terracina (LT)
Borsa: Maria Auslllalrlce. implorando
grazie. a cura di Spinelli Rachele, (VA)
Borsa: Maria Auslllalrlce, S. Giovanni
Bosco e S. Domenico Savio, In ringrazia•
mento e invocando protezione, a cura di
Saletto Rissane Rosetta, Ousino S. M~
c he le (AT )
Borsa: Maria Aualllatrlce e Santi Sale1la·
n~ a suffràglo del miei defunll e per la sal-
vezza dei familiari. a cura di Lucci Maria
Culcchl, (AN)
Borsa: Don Bosco, a cura di Moro Noè.
Ovaro(UD)
Borsa: Don Boe-co, in ringraziamento. a
cura di Puccl Rosy. Firenze
Borsa: Maria Auslllatrf«, Don Bosco,
Don Rua, pergrazia ricevuta e Implorando
protezione, a cura di Fulginltl Francesco.
Montepao, (CZ)
Borsa: Maria Auwlllatrlce, a cura di Noli
Adele, Rog oredo (Ml)
Borsa: S. Cuore di Geaù • Maria Ausllla-
trlce, In sullragio del miei defunti a Invo-
cando protezione. a cura di Colombano
Renzo, Vlgm,te Mon t. (AL)
Borsa: Sanll Sale.stani, In suffragio del
miei defunti e Invocando prolazione sulle
famiglia, a cura di Me.roso Pia, Vicenza
Borsa: Maria Aualllatrtce e Don Bosco, fn
suffragio de, miei defunti e ,"rwocando
protezione, a cura di N.N ,
Borsa: Maria Aualllatrlce Don Bosco, a
su/lra3/o del miei familiari defunti, a cura
di Merlo Eletta, Ticineto (AL)
Borsa: Don Bosco, a cura di Caprini Anna
Maria, Roma
Borsa: MB<la Ausiliatrice e Don Bosco,
perché proteggano I nipoti Enzo e Natalia,
a cu ra di Fisichella Nunzia, Parma
Borsa: S. Cuore di Geaù, Maria Auslllatrl-
ce Don Bosco, per ringraziamento e In-
vocando ancora grazie. a cura di A.S..
Cervelerl (Roma)
Borsa: Lucchlnl Paolo. in memoria e suf•
fragio, a cura di Pagani T. ved. Lucchlni
Boraa, In memoria e suffragio della sorella
Mana e invocando benedizioni, a cu ra di
De Mazzi Giuseppina, s. Martino di L. (PD)
Borsa: Maria Auslllaltlce, per necessità
taml/iari. a cura di Grussu Giuditta, Mogo-
ro (OR)
Borsa: In memoria e suffragio del Sac. D.
Benedetto Cappella, a cura delle sorelle
Borsa: Perché mia figi/a ha /rovaio un po-
sto di lavoro, a cura di Galli Renzo. (Ml)
Borsa: Maria A.uslllaltlce e S. Giovanni
Bosco, In ringraziamento e In suffragio di
Piero e Angelina. a cura di N.N.
Borae, Maria Au1fllaltlce, S. Giovanni
Boaco e S . Domenico Savio, In suffragio
del marito e Invocando protezione sulla
famiglia, a cura di A.A., S. Glov. Bianco
(BG)
Borsa: Maria Au1lllatrlce. a cura d i M.G.P.
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Spedi:z. In ebbon. postala - Gruppo 2° (70) - 1• quindicina
AWISO PER IL
PORTALETTERE
In caso di
MANCATO RECAPITO
inviare a :
TOR IN O
CENTRO CORRISPONDENZA
per la restituzione al mittente-
LA VITA
PUO'
RICOMINCIARE
Ferito da un colpo di pistola, Patrick Segai, 24 anni, perde
l'uso delle gambe. Condannato sulla sedia a rotelle, Patrick
non si rassegna: decide di diventare fotoreporter e, un
anno dopo, si imbarca per la Cina. Questa è la sua
straordinaria biografia; la storia, giorno per giorno, del
suo coraggioso ritorno alla vita. È un libro che porta un
messaggio di speranza, di fiducia, di fede.
L. 6.000
SOCIET~ EDITRICE INTERNAZIONALE