Bollettino_Salesiano_200203supp

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Sm!P.I. al nr. 3 Marza 2002 • Anna CXXVI
S 11. in a.p. art, 2 camma 20/C leggo 662/96
F1 ialo di Firenze
Spedizione nr. 3/2002
Auloria. Direz. Prov. P.T. • 50100 Firenze C.M.P.
RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO
NIL 1877

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Il Rettor Maggiore dei Salesiani è morto, dopo una lunga malattia, il 23 gennaio 2002.
"QUANTO ABBIAMO LAVORATO!"
di monsignor Vincenzo Savio
La testimonianza di monsignor
Savio, vescovo di Belluno, amico
personale del Rettor Maggiore,
col quale egli ha collaborato
più volte, mette in evidenza
la capacità di lavoro, la sensibilità
pastorale, la ricchezza culturale
di don Vecchi, perfettamente
rispondente ai tempi.
"Quanto abbiamo lavorato!". Così mi so-
no sentito salutare dal Rettor Maggiore
quando, con sorpresa, mi è comparso
davanti in carrozzeIla, segnato dal ma-
le e dalle potentissime cure a cui era stato sottopo-
sto negli ultimi mesi. Stava per iniziare il primo in-
contro dei vescovi salesiani di tutto il mondo. Un
incontro fortemente voluto da don Vecchi e sulla
cui preparazione qualche mese prima mi aveva
coinvolto insieme al suo vicario e al vescovo di
Rotterdam. In quel saluto il richiamo era non alla
preparazione del confronto dei vescovi salesiani
con iI consiglio superiore, ma ag ii straordinari
giorni del Capitolo Generale 23 ° quando, insie-
me, ci eravamo trovati in un ristretto gruppo di
capitolari a stendere il testo su cui si confrontava-
no gli oltre duecento confrate lIi, rappresentanti
qualificati di tutto il mondo salesiano. l'argomen-
to era tra i più delicati per la congregazione sale-
siana: l'educazione dei giovan i alla fede. Il testo
si proponeva di essere il programmatico impegno
dei figli di Don Bosco che rilanciavano, così, la
loro missione "tra" e "con" i giovani .
Dopo il Concilio Vaticano Il, alle soglie del
nuovo millennio (siamo nel 1990) con questo
progetto pastorale la congregazione salesiana
chiudeva il tempo dei capitoli speciali e riprende-
va il suo percorso ordinario, con rinnovata atten-
zione ai giovani, privilegiati destinatari della sua
missione.
Era giusto che a guidare il gruppo di lavoro per
la stesura del testo capitolare ci fosse don Vecchi,
vicario del Rettor Maggiore don Egidio Viganò.
La sua sensibilità, la ricchezza culturale e l'ap-
passionata dedizione all'universo giovanile lo po-
nevano in una posizione di garante di questa sta-
1 gione di ripresa, lui che er anni aveva guidato
con piglio e profondità i dicastero di Pastorale
Giovanile. In un tempo di domande, di sfide e di
smarrimenti, successivi al la incandescente stagio-
ne sessantottina, il suo ragionare profondo, la sua
lungimiranza profetica avevano sostenuto, nella
congregazione, l'allargamento dei luoghi della ri-
flessione e della sperimentazione che ridavano
fiato all 'i mpegno verso i giovani sia nel mondo
salesiano che in realtà ecdesiali di diverse nazio-
ni come l' Italia.
Nel documento capitolare la Congregazione fa-
ceva sintesi di tanto impegno e offriva esemplar-
mente un metodo per interpretare, nei diversi
contesti; la vera domanda di senso e l'itinerario
per accompagnare correttamente singo li e gruppi
verso l'incontro con Cristo, radice della loro au-
tenticità, e verso un impegno per il Regno.
Quello che mi colpiva nella persona di don
Vecchi, e che evidenz iava particolarmente negli
anni di Rettorato, era la facilità e la delicatezza
con cui accostava le tematiche pastorali in genere
e quelle giovani li in particolare, il rigore delle
analisi e la linearità del metodo. Quanao parlavi
con lui, ove con lui ti trovassi a col laborare, ti ve-
niva sponta nea la domanda su come riuscisse a
coniugare con tanta vivacità e coerenza, conti-
nuità ai lavoro, profondità di analisi, vivacità di
scrittura ed essenzia lità. Immergersi nelle proble-
matiche giovani li e interpretarle alla lu ce della
domanda umana non gli impediva di avanzare,
senza soluzione di continuità, verso l'orizzonte
spirituale. Il rispetto dell'interlocutore nel con-
fronto, lo vedevi trasferito nell ' attenzione a non
generalizzare, e a non banalizzare il contributo
proprio di ogni cultura sulla prospettiva educativa
del ragazzo.
Egli amava così, esprimeva così la sua profonda
tenerezza per la persona umana e per il grande
progetto divino di cui essa era depositaria.
Durante la fase più acuta della sua malattia,
qualcuno si sarà sorpreso nel cog lierlo, lui nor-
malmente così sobrio, carico di gesti di tenerezza.
Solo quando la parola si è fatta più debole e il
ragionare sempre lucido, si è fatto meno rapido e
forse più intuibil e, allora si è reso umanamente
più ev idente quanto il cuore tipicamente salesiano
lo possedesse e non si vergognava di manifestare
bisogno di amicizia fraterna e infinita vog li a di pa-
ternità . Ma era sempre lo stesso amore per Dio,
per la Chiesa e per le anime che aveva conqu istato
tutta la sua vita spesa senza riserve. Qui mi è
parso di riconoscervi , allora, il punto più alto de l-
l'esercizio del suo magistero e la sua più profonda
vocazione: con Don Bosco, prete. Senza riserve
sempre e comunque prete e salesiano.
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS

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Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
Direttore: GIANCARLO MANIERI
Redazione: Maria Antonia Chlnelio
Nadia Clambrlgnonl • Giancarlo De Nicolò Franco Levar
Natale Maffloli • Francesco Motto Vito Orlando
Collaboratori: Ernesto Cationi • Giuseppina Cudemo
Graziella Curtl Carlo DI Cieco • Bru no Ferrere
Sergio Giordani Cesare Lo Monaco
Jean-Françols Meurs Giuseppe Morante Vito Orlando
Marianna Pacuccl Roberto Saccarello • Fabio Sandronl
Arnaldo Scaglioni Serdu • SIivano Stracca
Fotoreporter: Santo Cieco Clprlano De Maria
Vincenzo Odorlzzl • Guerino Pera • Pietro Scalabrlno
Gianpaolo Tronca
Progetto gratléo e Impaginazione: Pier Bertene
Direttore Responsabile: Antonio Martinelli
Edizione Cooperatori: Ufficio Nazionale, Via Marsala 42
00185 Roma Tel. (06) 44.60.945.
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
Diffusione e Amministrazione: Giuseppe Cerò (Roma)
Fotocomposizione: EDIBÌT • Torino
Stampa: MEDIAGRAF s.p.a. · Padova
Don Bosco In the W orld
È possibile leggere in anticipo
il prossimo numero, collegandosi
al sito Internet: www.sdb.org
Marzo 2002
Anno CXXVI
Supplemento al nr. 3
In copertina:
Don Jua n Edm undo
Vecch i, Rettor Maggiore
dei salesian i,
argentino, eletto dal
Capitolo Generale XX IV
a VIII successore di
Don Bosco
il 20/03/1996,
morto il 23/01/2002 .
Via della Pisana 1111 - 00163 Roma
Tel. 06/656.12.1 - Fax 06/656.12.556
e-mail: <biesse@sdb.org>
e <gmanieri@sdb.org>
Fondazione DON BOSCO NEL MONDO
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Flllale Roma 12 · ABI 6070- CAB 03212
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Il BOLLETTINO SALESIANO si stampa nel mondo In 53
edizioni e 24 lingue diverse. Raggiunge 128 Nazioni In cui
operano I salesiani.
Associaro alla
Unione Stampa
Periodica Italiana
SOMMARIO
2 Quanto abbiamo lavorato!
4 Se il generale fa il soldato ...
6 Le Lettere del Rettor Maggiore: elementi di novità
8 II cuore alla Pastorale Giovanile
1O Don Vecchi animatore da sempre
12 Don Vecchi scrittore
14 Guidato dallo Spirito
-:is- Otto Rettori Maggiori, otto percorsi privilegiati
19 Missioni: le nuove frontiere sotto don Vecchi
20 II Rettor Maggiore visto dalle FMA
22 Grandi orizzonti nei passi del giorno
24 Mente e cuore di azione
26 Ammalato: il volto nascosto del Rettor Maggiore
28 L'uomo che guarda avanti (linee di futuro)
30 Un profilo semplice per un grande uomo
32 I successori di Don Bosco
di Vincenzo Savio
di Luc Van Looy
di Gaetano Scrivo
di Riccardo Tonelli
di Carlo Sorgetti
di Carlo Nanni
di Antonio Martinelli
di Francesco Motto
di Luciano Odorico
di Giovanni Eriman
di Margherita Dal Lago
di Giovanni Battista Bosco
di Giancarlo Manieri
di Giancarlo Manieri
di Renato Butera
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

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SE IL GENERALE
FA IL SOLDATO ...
(DON VECCHI SUPERIORE SALESIANO)
di Luc Van Looy
Ha assunto il rettorato dopo 24 anni
di presenza nel consiglio generale.
Don Vecchi giungeva con un ricco
bagaglio di riflessione, al massimo
servizio di animazione e qoverno.
La grande esperienza, unita a una
intelligenza acuta e a una vasta
conoscenza della con~regazione,
gli hanno permesso d, capire
le situazioni e di intervenire
al momento opportuno.
D on Vecchi è stato un superiore illuminato,
attento e abile a coniugare la vita consacrata
con iI ritmo del la cultura emergente. Sensi-
bi le ai cambiamenti , ha cercato di inserire il cari-
sma di Don Bosco nella modernità. Convinto della
loro attualità, ha saputo esprimere la spiritualità sa-
lesiana e la ricchezza del sistema preventivo in ter-
mini nuovi e correnti, aiutando confratelli e mem-
bri della Famiglia Salesiana a capire i tempi e ade-
guare i ritmi. Le sue lettere e i commenti alla stren-
na annuale sono tuttora fonti preziose di aggiorna-
mento . Recentemente aveva indirizzato vari "mes-
saggi" ai giovani e alla Famiglia Salesiana, invitan-
do tutti a seguire coraggiosamente il passo indicato
da Don Bosco con un occhio alla modalità richie-
sta dalla situazione. Le tematiche ricorrenti sono
state quelle dell ' educazione dei giovani alla fede,
della significatività delle opere, e della incisività
della presenza salesiana nel territorio. Avendo par-
tecipato in prima persona al processo di rinnova-
mento postconciliare, è stato testimone e artefice
del la nuova realtà che la congregazione sta viven-
do all'interno della Chiesa e della società .
CONCENTRATO SULL'ESSENZIALE
Nel sessennio di rettorato abbiamo potuto condi-
videre con Iui la responsabi Iità di governo, e con-
statare la sua capacità di concentrarsi sull ' essenzia-
le, di esigere organicità nei temi e puntare sul lavo-
ro d'insieme. Non permetteva approssimazioni o
qualunquismi. Non sopportava la perdita di tempo,
le discussioni che allontanavano dalla traccia, le di-
strazioni. Era la persona efficiente che sbrigava in
fretta ma bene le cose. Preferiva lo studio e la rifles-
suPPLEMENTO MARZO 2002 BS
I
Una bella espressione del Rettor Maggiore, che parla
con foga ed entusiasmo giovanile in una delle infinite
riunioni cui prendeva parte.
sione alle questioni amministrative. Sotto la sua di-
rezione è stata elaborata una programmazione glo-
bale per il consiglio generale, perché la congrega-
zione fosse informata della direzione verso cui ci si
muoveva. Per la prima volta, un Vademecum del
consiglio generale descriveva dettagliatamente ruoli
e compiti di ciascun consigliere. Possedeva una for-
midabile capacità di sintesi: seguitissime erano
quelle che elaborava settimanalmente durante il
CG24 . Scriveva molto, correggendo e ricorreggen-
do i brani . Parlava con competenza di educazione,
di pastorale giovanile, di scuola, di emarginazione,
di MGS; ma anche di vita consacrata in tempi di ra-
pido cambio, delle tendenze del tempo attuale, e
di evangelizzazione in tempo di globalizzazione ...
RIGOROSO E COERENTE
Nel governo don Vecchi era della massima coe-
renza: progettava rigorosamente gli interventi e cer-
cava di capire impficanze e conseguenze di certe
decisioni e linee operative. Alcuni criteri tornavano
spesso a galla: la coerenza con il progetto stabilito,
per cui aspetti pensati all ' ultimo momento e non
testati non lo interessavano; il bene della congrega-
zione, che lo portava a privilegiare iI con sol iaa-
mento più che l' espansione dell ' esistente, la qualità
dei confratelli più che il loro numero; la significati-
vità delle opere, ponendo l'accento sulla capacità
della comunità educativa di rivolgersi ai destinatari
preferiti , cioè i giovani bisognosi. La significatività
e l' incisività degli interventi dei superiori maggiori
lo preoccupavano : " Non occorre fare tutto o ac-
contentare tutti, bisogna arrivare in profondità e as-
sicurarsi che azioni e decisioni siano centrate". La
presenza dei consiglieri generali in un incontro o in
un convegno doveva superare il puro e semplice
presenzialismo. Non gli piaceva intervenire, se non

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era coinvolta la sua funzione: aveva idee molto
chiare circa il proprio ruolo: "Se il generale fa il
soldato, cosa farà il soldato?".
SENSIBILITÀ PARTICOLARI
Riguardo alle strutture di governo in congregazio-
ne, si dichiarava soddisfatto ma cercava nuove
forme per affrontare la complessità odierna. Così
ha voluto raduni supplementari con gruppi di con-
siglieri generali, per procedere a una radiografia at-
tenta delle regioni e dei vari settori del consiglio
generale. Godeva dell 'opportunità di orientare, e lo
faceva lanciando idee pensate e accessibili. Amava
definizioni precise e concise. Oberato di lavoro,
sentiva il bisogno di costituire attorno a un grup-
po di studiosi ed esperti che lo coadiuvassero nella
ricerca e nella redazione dei testi e dei messaggi
che la situazione o i confratelli richiedevano. Temi
sempre presenti alla sua sensibilità di pastore erano
quelli riguardanti i poveri, i giovani a rischio, la soli-
darietà. Dopo il viaggio in Africa (maggio 2000), ha
lanciato l'idea dei gemellaggi di solidarietà tra le
ispettorie o anche tra le opere. I temi della pace e
della guerra, e quello dei paesi poveri lo hanno as-
sillato soprattutto durante il tempo della sua ultima
malattia.
Come Cancelliere dell'Università Pontificia Sale-
siana, si è preoccupato della qualità sia del servizio
che delle strutture e dell'or~anizzaz ione, per rende-
re possibile una universita di alto prestigio, ma
anche veramente salesiana per la caratterizzazione,
lo stile, il rapporto con la congregazione. Seguiva
Don vecchi, allora vicario del Rettor Maggiore,
a Dimapur (India), rivestito del costume focale Mao (1991).
con interesse la costruzione della nuova biblioteca
come segno di un rinnovato impegno culturale. Ha
istituito un ufficio apposito per seguire e coordinare
le numerose istituzioni universitarie salesiane nel
mondo.
- Don Vecchi sull'Etna nel 1996.
COME MEMBRO DELL'USG
I superiori degli altri ordini e congregazioni riuniti
nell ' USG lo aveva no eletto nel consiglio dell'Unio-
ne: stimavano molto la sua persona e apprezzavano
i suoi interventi. Lo scelsero anche come loro rap-
presentante al Sinodo dei vescovi dell'America e a
quello dell'Asia. Èstato lui a dare una spinta decisi-
va al sito Internet dei religiosi Vidimus Dominum,
così come alla rete virtuale PCN. Esigeva che le no-
tizi e date ai media sulla congregazione o sulla vita
consacrata fossero rigorose e corrette, ben sapendo
che il profilo offerto alla stampa poteva influire sul-
l'opinione pubblica. Cercava la professionalità in
tutto, spinto dal convincimento che il carisma di
Don Bosco meritasse la massima competenza nella
sua realizzazione e diffusione.
Don Vecchi insomma ha portato avanti una in-
credibile mole di lavoro con profondo spirito di
fede e grande speranza. Durante l' ultima malattia
ha pensato più al futuro della congregazione che al
proprio. Così ha continuato a scrivere e a pubblica-
re, con l'a iuto di molti, per non perdere alcuna oc-
casione di espandere il carisma salesiano.
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

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Le lettere
UNA VIA
PRIVILEGIATA
PER IL GOVERNO
di Gaetano Scrivo
Si legge nelle Costituzioni che
compito del Rettor Maggiore
è "di promuovere, in comunione
con il Consiglio Generale, la costante
fedeltà dei soci al carisma salesiano
per compiere la missione affidata dal
Signore alla nostra Società" (art. 126).
E8/i lo fa anche attraverso le lettere
circolari. Don Vecchi ne ha scritte 23.
I Il sabato dopo l'elezione alla Pisana il nuovo superiore
viene festeggiato dai confratelli delle varie parti del mondo
(marzo 1996).
I l N on potendo presentare le singole lettere, mi
limiterò a evidenziare le "polarità" (era un
termine a lui caro!), che caratterizzano e
danno unità organica alle lettere di don Vecchi :
credo che si possano individuare nel discorso di
chiusura del CG24. Vedo in esso come il "principio
generatore" delle ispirazioni che lo guidarono nella
scelta dei temi, nello spessore intellettuale della
loro trattazione, nelle prospettive di "continuità" e
di "novità" in cui i temi venivano inquadrati.
Una prima "polarità" è la collocazione giovanile
e popolare, cuore e fondamento della identità del
carisma e della missione di don Bosco. È trattata
espressamente e riattual izzata, col senso vivo di
concretezza che gli era proprio, nella lettera che ha
per titolo: "Si commosse per loro: nuove povertà,
missione salesiana e significatività". Il titolo, già da
solo indica con la forza della essenzialità la sorgen-
te del carisma salesiano nel Cuore di Cristo die si
commuove dinanzi agli anawim del suo tempo, e
insieme la collocazione della nostra missione
dove solo è salesianamente significativa: "tra le
nuove povertà".
Una seconda "polarità" è la dimensione educati-
va che "dà ai salesiani la capacità di offrire itinerari
simultanei di sviluppo umano e di evangelizzazio-
ne, e di operare sui vasti spazi della promozione,
della cultura, della dinamica sociale". (CG24, Di-
scorso di chiusura, p.193-194). Questa preoccupa-
zione educativa, mai assente, la troviamo come
tema di fondo nel la lettera II lo per voi studio: pre-
parazione dei confratelli e qualità del nostro lavoro
educativo". Particolarmente significativi due sottoti-
toli: "Un tema che ritorna" e "Perché una nuova in-
suPPLEMENTO MARZO 2002 BS
sistenza oggi". Essi co nfermano la consapevolezza
di don Vecchi che la promozione della fedeltà al
carisma e alla missione porta necessariamente al
"ritorno" che nasce dal confronto con la nostra
missione; ali'" insistenza", richiesta dalle nuove di-
mensioni della pastorale; all'"oggi" che «sancisce
ufficialmente il cambio nella forma di operare dei
salesiani: dalla responsabilità esclusiva della comu-
nità religiosa a quella di una comunità ecclesiale
corresponsabile, in cui convergono consacrati e se-
colari, presbiteri e laici , cattolici e membri di altre
confessioni, credenti consapevoli e altri in cammi-
no, cristiani e non. Se prima tale modello si poteva
pensare opzionale o alternativo, oggi è chiaro che
esso costituisce la forma normale ai presenza e di
azione. » Questo "au mento di responsabilità" -
come lo chiama don Vecchi - è introdotto, con feli-
ce scelta, dal le parole di Don Bosco: "lo per voi
studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono di-
sposto a dare la vita". E don Vecchi commenta: «Lo
studio, da non ridurre solo agli studi, è dunque per
Don Bosco parte indispensaoile della nostra dona-
zione ai giovani, della nostra preoccupazione pa-
terna per capirli e com un icare Ioro fede, conoscen-
ze ed esperienza di vita» (ACG n. 361, p. 9).
Il richiamo della "collocazione giovanile e popo-
lare" e della "dimensione educativa" della missione
salesiana portano ad una terza "polarità" : il siste-
ma preventivo, riformulato in conformità alla con-
dizione giovanile e alla cultura d'oggi. Il " nuovo"
sistema preventivo - osserva don Vecchi riprenden-
do la formulazione del suo predecessore don Vi-
ganò - «è compito di sempre. Ma oggi si presenta
come ad una svolta» (CG24 n. 234).

1.7 Page 7

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IL SISTEMA PREVENTIVO
I richiami al sistema preventivo sono sparsi, in
modo esplicito o implicito e con insistenze e sottoli-
neature diverse, in molte lettere. Una presentazione
più specifica la si trova nella lettera del 1° gennaio
1998: "Levate i vostri occhi e guardate i campi che
già biondeggiano per la mietitura - 11 nostro impe-
gno missionario in vista del 2000". Con riferimento
al dialogo interreligioso ed ecumenico, don Vecchi
si ferma a individuarne gli atteggiamenti e le moda-
lità salesiane e scrive: "Metto in primo luogo la ca-
pacità tipica del sistema preventivo, di scoprire e
valorizzare il positivo dovunque si trovi ... C'è poi
il desiderio d' incontro con le persone, ispirato alla
fiducia e alla speranza ... Da ultimo ricordo la pa-
zienza che sa gioire dei piccoli passi e l'importan-
za particolare aelle comunità: esso infatti è opera
corale, piuttosto che di pionieri solitari" (ACG n.
362 p. 25). Ricordo tre lettere particolarmente ric-
che di stimoli antropologici ed evangelici insepara-
bili dalla pratica del sistema preventivo: "Esperti,
testimoni e artefici di comunione" (ACG n. 363);
"Ci ha riconciliati con sé ed ha affidato a noi il mi-
nistero della riconciliazione" (ACG n. 369); "Que-
sto è il mio corpo, offerto per voi" (ACG n. 371).
Comunione-riconciliazione-vita eucaristica: è il
trittico che don Vecchi, con vigore e incisività, ci
ha ripresentato sul sistema preventivo .
La composizione Don Bosco/don Vecchi
fattaaBombay(lndia).
LA SPIRITUALITÀ
Last but not least, l'ultima polarità delle lettere è
la spiritualità. Se nel le polarità già presentate non è
difficile trovare le impronte del ruolo di consigliere
della pastorale giovanile ricoperto per molti anni
con passione salesiana e con gioia che non veniva
meno dinanzi a incomprensioni e difficoltà, nelle
lettere sulla spiritualità salesiana emerge l'esperien-
za della " croce" . Da Rettor Maggiore egli dedica la
prima lettera all'Esortazione Apostolica "Vita con-
sacrata" per col locare la Congregazione nel cuore
del progetto pastorale della Cfìiesa e per indicare le
linee di una lettura "salesiana", creativa e pastorale,
1 ricordando che il rimo degli areopaghi, indicato
dall'Esortazione è i "mondo de/l'educazione".
I ~ a Campo Grande (Brasile). Qui posa con l'ispettore
don Winkler e un indio bororo, ornato del copricapo
ufficiale della tribù (aprile 1999).
6 maggio 2000. A Kinshasa accolto trionfalmente nella
"Cité des Jeunes".
.
Successivamente don Vecchi accompagna la
Congregazione attraverso la lettera dedicata alla
missione: "Il Padre ci consacra e ci invia", e quelle
sulla castità: "Un amore senza limiti a Dio e ai gio-
vani"; povertà: "Mandati ad annunziare ai poveri
un lieto messaggio"; obbedienza: "Eccomi! Vengo
per fare la tua volontà"; preghiera: "Quando pregate
dite: Padre nostro". Senza forzature, egli sa cogi-iere
le sfide del nostro tempo. Senza duboio con i suoi
scritti e la sua vita, ha rafforzato speranze e certezze
che continueranno ad aiutare i figli di Don Bosco
sui sentieri della fedeltà al carisma e alla missione,
con quell'amore a Don Bosco, in cui tu hai visto "il
primo tra i fattori che costruiscono la nostra unità
come congregazione e come famiglia salesiana"
(ACG n. 363).
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

1.8 Page 8

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IL CUORE
ALLA PASTORALE
GIOVANILE
di Riccardo Tonelli
Ho conosciuto don Vecchi,
per la prima volta, quando nel
lontano 1978 è stato eletto dal
Capitolo Generale XXI Consigliere
per la pastorale giovanile.
La prima reazione, appresa la sua nomina, è
stata quel la che viene spontanea quando si ha
a che fare con persone sconosciute: in quali
direzioni vorrà sollecitare il lavoro di riflessione e
di azione della congregazione? Pochissimi giorni
dopo l' elezione, don Vecchi ha convocato un grup-
po di persone da varie nazioni. La presentazione è
stata di quelle che lasciano il segno: "Abbiamo im-
pegni seri e gravi davanti. Ho bisogno di collabora-
zione per capire meglio la situazione, conoscere
l'es istente, progettare con coraggio e competenza".
Convocare per ascoltare, conoscere prima di pro-
grammare, sollecitare il confronto per prevedere
prospettive di futuro: una esperienza nuova, che
colpisce.
NON HA MAI SPENTO NESSUNA VOCE
Erano anni di grande passione e di fervore creati-
vo. L'entusiasmo del primo dopoconcilio segnava
vissuto e riflessione. Don Vecchi lo incoraggiava e
lo sollecitava. Si producevano riflessioni ed espe-
rienze formidabili. Egli ascoltava, annotava, inco-
raggiava. Al termine di ogni giornata, riprendeva,
con competenza e sapienza, if lavoro fatto e lo ri-
lanciava verso nuovi impegni , aprendo prospettive
sempre coraggiose. Quegli incontri e iI contatto di-
retto sono stati per tutti noi una grande scuola di
formazione. Sono nati progetti ricchi e stimolanti, i
cui frutti tornano ancora, a distanza di anni. Alcuni
li voglio ricordare.
La Congregazione ha riscoperto il dono dei gio-
vani come grande risorsa per il rinnovamento per-
sonale e istituzionale. Lo sapevamo e lo dichiarava-
mo. Spesso però più in termini teorici che di vissu-
to. Stavamo con i giovani che stavano con noi ,
nelle nostre opere. Gli altri - i più poveri - erano
spesso ai margini dei nostri impegni e delle nostre
presenze. Di loro si parlava in termini vaghi e gene-
rici . Don Vecchi ci ha insegnato a riconoscerli
nelle condizion i sociali e culturali in cui vivo no di
fatto. Per la prima volta, ci siamo interessati dei gio-
suPPLEMENTO MARZO 2002 BS
Consigliere per la pastorale giovanile, è in visita a Kotagiri
(India), accolto secondo l'uso locale (novembre 1988).
vani in situazione di povertà anche fisica, di disa-
gio e di emarginazione. Sono fiorite iniziative di
• studio e realizzazioni di avanguardia.
OCCHIO E CUORE Al GIOVANI
L'attenzione verso i giovani è stata sollecitata e
motivata da un atteggiamento originale di fedeltà a
Don Bosco, e da un a profonda passione educativa.
Erano anni difficili per la fedelta. Ci si divideva in
due categorie, spesso contrapposte: da una parte
quel Ii che citavano Don Bosco, la sua prassi e le
sue parole come soluzione a ogni problema; dal-
l'altra, quelli che non se la sentivano di ripetere alla
1 14 agosto 1998. Il Rettor Maggiore riceve il Presidente di
El Salvador S.E. Armando Cafderòn Sol nel Collegio
santa Cecilia.

1.9 Page 9

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lettera gesti ed espressioni troppo legati ai modelli
culturan dell'Ottocento. Don Vecchi ci ha insegnato
- introducendoci a posizioni culturali coragQiose -
a riscoprire Don Bosco, rilanciando la fedefta verso
l'invenzione e il futuro. La passione per i giovani
ha così ritrovato quei modelli educativi e pastorali
che i Capitoli Generali XXI e XXIII hanno fatto pro-
pri. L'attenzione verso i giovani si è tradotta subito
in una grande e impegnativa fiducia verso l'educa-
zione. Ricordo, con gioia, le battute a cui don Vec-
chi ci incoraggiava: l'educazione mezzo povero ma
fortemente incidente; lo spazio salesiano dell'impe-
gno politico; la qualità della nostra presenza e del
nostro servizio pastorale. Oggi l'orientamento è pa-
cifico. Non lo era in quegli anni. Da una parte,
emergeva l'urgenza di coinvolgimento diretto, bat-
tagliero e un po' scontroso. Dall 'altra, dopo le
prime avvisaglie di una certa rassegnazione, la pa-
storale tendeva a ritrovare i modi forti e decisi delle
proposte a tutto campo, senza mezzi termini, e la
tentazione di un certo movimentismo. Don Vecchi
ci ha fatto riscoprire che educare i giovani nello
stile salesiano comportava un impegno in tre dire-
zioni: il rilancio del gruppo, la ricerca sulla spiri-
tualità, una seria capacità progettuale.
GLI ANNI '70
Gli addetti ai lavori sanno che gli anni '70 sono
stati segnati da una profonda crisi aell'associazioni-
smo tradizionale. Qualcuno piangeva sulle macerie
e sognava con nostalgia il ritorno ai vecchi modelli .
Don Vecchi ha lanciato la congregazione in un'irn-
A "La Providence" di Lubumbashi il Rettor Maggiore,
con gesto squisito, serve il pranzo.
I Don Vecchi con un gruppo di giovani a Warszawa
in occasione della beatificazione dei martiri polacchi,
un sacerdote salesiano e quattro giovani oratoriani
(luglio 1999).
presa coraggiosa di rinnovamento associazionisti-
co. Ci ha insegnato a prendere atto con gioia della
moltiplicazione spontanea di gruppi , fiorita d' in-
canto sulle ceneri dell'associazionismo tradiziona-
le. Alla nostalgia si è sostituita la presa d'atto. L'im-
pegno educativo generale è diventato subito servi-
zio di animazione verso questi gruppi, per consoli -
dare, correggere, sostenere, allargare. Così è stato
rilanciato il collegamento associativo per costruire
una rete di confronto e di servizi . In un incrocio
prezioso di contributi ufficiali e di esperienze dal
basso, è nato allora il "Movimento G iovanile Sale-
siano". L'associazionismo e tutta la prassi pastorale
in genere esigono contenuti solidi e significativi.
Don Vecchi ha creduto moltissimo a quella grande
e originale ricerca sui modelli di vita cristiana nello
stile giovanile consegnataci da Don Bosco, che è
stata poi chiamata la "spiritualità giovanile salesia-
na" . Ha incoraggiato la sperimentazione. L'ha ap-
poggiata e orientata quando la s·ua responsabilità
istituzionale ha allargato notevolmente l'orizzonte.
Ho lasciato per ultimo il terzo richiamo perché lo
considero uno dei contributi più preziosi offerti da
don Vecchi alla pastorale giovanile salesiana ed ec-
clesiale: l'urgenza di produrre buoni e competenti
progetti . 11 tema era tanto nuovo da risultare ostico
alla sensibilità di molti salesiani. La pastorale, si di-
ceva, non sopporta le programmazioni macchinose
che la fanno assomigliare a un'industria, impegnata
a lanciare un nuovo prodotto sul mercato. Don
Vecchi ha giocato molte risorse su questa frontiera,
cercando confronti e consensi e spendendosi diret-
tamente in produzioni. E la Congregazione si è abi-
tuata a pensare e a parlare in termini di progetti.
Successivamente si è potuto passare dal terreno dei
progetti a quello più duttile degli itinerari e delle
strategie, proprio perché era stata consolidata una
mentalità progettuale.
Il cuore di don Vecchi Rettor Maggiore è rimasto
alla pastorale giovanile. Lo posso documentare in
prima persona: incrociandolo nei corridoi dell ' Uni-
versità salesiana, trafitto ormai dalla malattia che
non l'ha perdonato, la sua parola correva subito
spontanea verso i grandi problemi dei giovani di
oggi , chiedeva una passione rinn_ov~t~ pe~ affron-
tarli, cogliendone almeno le soluz1on1 1deal1.
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

1.10 Page 10

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ANIMATORE
DA SEMPRE
di Carlo Borgetti
L'animazione è stata una delle note
caratteristiche del Rettor Maggiore
don Juan Vecchi. Era un animatore
nato. Tutta la sua parabola salesiana
è passata nel campo dell'animazione
e i siamo conosciuti alla Crocetta, durante gli
anni dello studentato teologico. Per me era
un ritorno "a casa". Avevo conosciuto i sale-
siani in quell'oratorio. Si intrattenevano con noi an-
cora piccoli in quel cortile. C'erano salesiani di
"spessore" diventati punti di riferimento spirituale e
culturale per intere generazioni di confratelli. La
loro competenza, la loro personalità, la grande cul-
tura, la solida salesianità hanno reso provvidenziale
per la Chiesa la nostra Università, ed efficace in
tutto il mondo la nostra pastorale. La Crocetta era,
prima che un ambiente, un'atmosfera. A livello
umano si trovava amicizia profonda e vissuta, a li-
vello spirituale santità riconosciuta - don Quadrio
per esempio - a livello culturale professori valenti ,
oggi cardinali - Stikler, Javierre, Casti Ilo...
Serenità con un po' di goliardia (non guasta
anche negli ambienti religiosi), festa, preghiera ... il
cocktail tipico salesiano insomma! Eppure era una
vita spartana : si studiava in quaranta nello stesso
stanzone, si dormiva in trenta nello stesso camero-
ne. Il telefono era un lusso, e lo schiamazzo dei ra-
gazzi dell'oratorio proprio sotto le nostre finestre
non ci impediva di studiare sodo per superare gli
esami al momento giusto.
UGUALE E DIVERSO
Don Vecchi era con noi, uno di noi. Aveva già la
tempra dell'animatore, senza sembrarlo. Davanti
alle mie esuberanze non si scomponeva, le accetta-
va con un sorriso. Nei suoi commenti, gentili ma
sempre profondi, lasciava intravedere il bisogno di
allegria salesiana e di serietà professionale. A chi
non lo conosceva, come me, poteva apparire forse
un po' freddino: era misurato, senza gesti esuberan-
ti, sprecava parole ... Quasi il contrario di me,
insomma che collezionavo nella mia persona la
provenienza nordica e il gesticolare "napoletano".
Forse proprio questa diversità ci legava in amicizia
vera . Ma io so che egli sentiva dentro, con forza e
pudore, molto più di quanto manifestava all'ester-
no. Era amico a tutto tondo. Apprezzava con since-
ra partecipazione ogni espressione di umanità, ma
considerava prezioso il tempo e non indulgeva a
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS
7 dicembre 1997. È in visita a Brno-Lisee, dove i giovani
dell'oratorio lo consacrano vescovo!
superficialità. Maturava idee precise e apprezzava
la spontaneità. Faceva battute sempre discrete e mi-
surate ma argute e corpose. E si concedeva qualche
bella risata .. . perché non gli mancava affatto il
senso dell'umorismo, tutt'altro.
Riteneva già allora importante che ogni pensiero
fosse espresso con semplicità e chiarezza. Parlava
di soggetti, predicati e complementi al loro posto,
per esprimere contenuti. Ogni periodo doveva,
senza ripetizioni , aggiungere qualcosa al preceden-
te. Animava sé e gli altri ad avere ben chiari gli
obiettivi senza perdere di vista le finalità. Preferiva
una opportuna sistematicità, senza dispersioni.
Aveva il dono di armonizzare i talenti di ciascuno.
In quell'aria di preconcilio, c' era da guardare lonta-
no ... Si profilavano già all'orizzonte papa Giovanni
e il Concilio ... la nuova primavera della Chiesa. Il
mio amico Juan mi appariva pronto alle novità futu-
re. Sembrava anzi attenderle.
ALLA PISANA
Ci ritrovammo alla Pisana, per uno di quegli
scherzi che il destino riserva a chi meno se li aspet-
ta. Non era cambiato d' aspetto, si conserverà este-
riormente così fino all'ultima malattia. Ho ritrovato
l'amico e l' animatore di sempre. In Argentina aveva
vissuto e contribuito molto a rinnovamenti profon-
di. Aveva diretto e organizzato le comunità educa-
tive, precorrendo i tempi. Aveva anche vissuto un
sessennio molto attivo come Regionale. La pastorale
giovanile, dopo l'impulso di don Scrivo anima del
primo rinnovamento, aveva avuto le sue prove.
Fu un onore offrire alla Chiesa un uomo come
Castillo, oggi cardinale, per la riforma del Diritto
Canonico, come fu sacrificio doloroso offrire don
Giovenale Dho al Signore che lo prese improvvisa-
mente, un mattino, mentre la pastorale giovanile lo

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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aspettava in una riunione impo rtante: così il dica-
stero rimase quasi di colpo tutto sulle spalle di don
Vecchi. È allora che spunta tutta la sua calma, che
emerge la sua grande persona Iità, la sua immensa
cultura. Attivissimo, non aveva un momento di
pausa, neppure quando, a passo ve loce, ripeteva i
suoi giri attorno alla Pisana, per sgranchirsi le
gambe e distrarre il pensiero: continuava anche al-
rora a parla re di progetti, di programmi, di linee
portanti ... Leggeva una montagna di libri e a noi ,
suoi col laboratori , suggeriva titoli, dava ind icaz io-
ni , faceva domande, cfiscuteva idee e progetti, te-
nendo in primo piano i prob lemi e gli interrogativi
dei giovani .. . Per loro viveva e stud iava, per loro ri-
cercava, per loro ragionava, an notava, scriveva,
programmava ...
SEMPRE IN CAMPANA
Fu vero an imatore anche nel preparare come re-
golatore il "s uo" capi tolo Generale. Lo fu in tutto il
suo servizio fino al rettorato genera le. Sempre
calmo, ordinato, ma sensibile, accogliente, affabi le,
attento in conversazione a immaginare le diffico ltà
prevedibili per lavorare in modo da non essere con-
dizionati . Il suo scopo era conoscere le situazion i,
valutare le esperien ze, cog liere le risonanze, pro-
porre, sintetizzare e intuire. Così nel lavoro come
nella vita religiosa: l' invito a rifl ettere, a meditare, a
riscop rire il perenne bi sogno di Dio, il bisogno dei
giovani di avere in noi punti di riferimento. Sem-
brava una voce suadente che non usava iI tono au-
toritario, non conosceva retorica, non sprecava ag-
gettivi , dava vita al la domanda che entra dentro
ciasc uno: se non preghiamo com possibile essere
noi stess i? Che cosa offriremo a chi ci interpella sul
senso della vita? Come potremmo cammin are con i
fratelli? Quale crescita potremmo favorire?
I
Fine marzo 1996. Rettor Maggiore di tutta la congregazione,
a don Vecchi vengono posti sul capo vari copricapo
di diverse naz ioni. Qui col turbante indiano.
Quanti interrogativi!. .. Fatti in realtà per sostene-
re i fratelli e stimo larli a cammi nare co n i giovan i e
co n i tempi.
Il nuovo Rettor Ma~giore a Castelnuovo Don Bosco per la festa dello sport.
Il sindaco della citta (ultimo a destra) gli consegnerà la cittadinanza onoraria (agosto 1996).

2.2 Page 12

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UN UOMO
DI CULTURA
di Carlo Nanni
Ho conosciuto don Vecchi quando
era ormai ConsiQliere del capitolo
superiore, poi vicario quindi Rettor
Maggiore: ho trattato con lui nei
rapporti che in tali cariche ebbe
con noi de/l'Università Pontificia
Salesiana, in particolare con la
Facoltà di Scienze dell'Educazione.
Fin dall ' inizio mi colpì la sua capacità di pensa-
re alla grande, di non fissarsi entro l'ambito
della congregazione, ma di sentire una profon-
da "preoccupazione per l'uomo"; di non fermarsi a
considerazioni ristrette all'ambito ecclesiale, ma di
affrontare sempre i problemi anche nella loro di-
mensione civile e umana: anzi solitamente a partire
lfl da esse. Mi meravigliò la sua grande e paziente ca-
pacità di ascoltare e di intervenire nel discorso, po-
nendo domande che permettessero di giungere alla
sostanza dei problemi. E il traguardo a cui si arriva-
va dialogando con lui era sempre nell'orizzonte di
una saggezza vasta per le prospettive che apriva e
ricca per le applicazioni pratiche a cui perveniva.
Di questa sua grande apertura culturale, mossa da
quella "carità di Cristo che ci spinge" come salesia-
ni verso "l'educazione dei giovani e la salvezza
delle anime", voglio dare alcuni esempi di cui ho
fatto esperienza trattando con don Vecchi.
UN IDEARIO PER LA PROGETTAZIONE
Nel 1984 don Vecchi era Consigliere Generale
per la Pastorale giovanile. Nella convinzione che i
tempi chiedessero agli educatori di saper progetta-
re, al fine di essere efficienti ed efficaci, non solo
raccolse le esperienze maturate nei centri che ave-
vano provato a fare un progetto educativo, ma
chiese alla Facoltà di Scienze dell'Educazione (FSE)
un contributo, per così dire scientifico, in materia .
A tal fine partecipò alla stesura di un volume frutto
del lavoro in équipe dei docenti della Facoltà che
intese essere un sorta di " ideario" per la progetta-
zione educativa . Nella presentazione del volume
egli ribadì ch e "progettare vuol dire avere obiettivi
cniari da raggiungere e non soltanto volontà di
operare. Richiede conoscenza del campo (delle
persone, dei contesti, delle situazioni , dei tempi ... ),
una definizione delle modalità e una scelta tra pos-
sibili alternative dei fini e delle vie" . E continuava
ricordando che ciò presuppone, sì, saggezza e
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS
I Don Vecchi mostra in anteprima la maglietta dell'Euroforum
che si sarebbe svolto di a qualche mese a Hechtel
nelle Fiandre, in occasione del centenario della presenza
salesiana in quella regione (1998).
senso pratico, ma pure conoscenza rigorosa e giu-
stificata, cioè scienza e correttezza tecnologica. Ma
ribadiva che si esige soprattutto una cultura del pro-
gettare, del senso dell'impegno educativo, per capire
dove si vuole arrivare, per cogliere l'orizzonte di
senso che illumini e faccia intravedere prospettive
più larghe dello stesso intervento educativo.
IL DIZIONARIO
Nel 1997 la FSE, dopo anni di programmazione e
di impegno attuativo, diede alle stampe un Dizio-
nario di Scienze de/l'Educazione. Don Vecchi ci
fece il dono di scrivere due voci: la prima sulla
"comunità educativa" e la seconda sull"'educazio-
ne liberatrice". Ma come Gran Cancelliere dell'U-
PS, scrisse anche la "Presentazione". In essa evi-
denziava con chiara coscienza la complessa condi-
zione culturale contemporanea, segnata dal plurali-
smo, ma anche dal rischio della frammentazione;
caratterizzata da una forte accelerazione del muta-
mento e dell ' innovazione, ma anche dalla perdita
del senso della storia e della continuità storica; do-
tata di una forte espansione dello scibile e delle
possibilità informative e comunicative, ma pure dal
rischio della perdita di identità e di caduta nell'o-
mologazione massificante. E a livello educativo an-
notava il rischio di un ossessivo e ansioso inseguire

2.3 Page 13

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le novità, riducendosi alla pura logica della doman-
da e dell'offerta. E anche quando si fosse voluto re-
sistere a queste mode e portare avanti una pedago-
gia della proposta, avvertiva di non rimanere vitti-
me delle difficoltà contestuali, ricercando invece
proposte educative di qualità. A questo proposito,
vedeva nel Dizionario uno strumento cu lturale
adatto a "coniugare serietà scientifica e comunica-
zio ne divulgativa, conoscenza teoretica e immedia-
tezza pratica, completezza sostanziale ed essenzia-
lità propos itiva" .
IO PER VOI STUDIO
Preside della FSE, ero solito rega lare ogni anno ai
docenti un documento di spiritualità del docente
universitario. Così ad esempio, nel '95 regalai la
lettera che il Maestro dell'Ordine dei Domenicani ,
Timothy Radcliffes, aveva inviato all'Ordine. In essa
si indicava lo studio come un valido percorso "per
rendere ragione della speranza cristiana che è in
noi ", per l'a nnuncio della buona novella e per cre-
scere in quell'amore che "tutto copre, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta". L'anno seguente offri i
ciclostilato il testo di una conferenza del padre
Giuseppe Pittau (ora Vescovo, Segretario della Con-
gregazione per l'Ed ucazione Cattolica) intitolata:
" La spiritualità del religioso docente universitario".
Nel ' 97 don Vecchi scrisse una splendida lettera
contenuta negli Atti del Consiglio Generale n. 361,
intitolata: 11 /o per voi studio. La preparazione ade-
guata dei confratelli e la qualità del nostro lavoro
educativo".
Appena la lessi, scrissi entusiasta a don Vecch !:
" Finalmente non avremo da cercare all 'esterno il
quadro di riferimento culturale della nostra missio-
ne giovanile! ". Ovviamente la duplicai e la donai a
tutti i docenti FSE e ad altri che me la chiesero. 11
testo si rivol ge ai salesiani. Il richiamo a Gesù, ~i~,
verità e vita, diventa amore e conoscenza a serv1z10
dei giovani, cu ltura e spiritualità che faranno d!
ogni sal esiano un autenti~o educatore e pa_stor~ dei
giovani. Nell e dense pagine del la lettera s1 ev1?en-
zia una cu ltura che ha da essere co mprens ione
della vita, che ha da stimolare una vita consacrata
inculturata e profetica, e che perm etterà di qualifi-
30 dicembre 2000. Il Rettor Maggiore commenta
la "Strenna 2000" alla Comunità èlella Casa Generalizia.
Don Vecchi ammalato sereno (anno 2001 ).
care l' azione educati.va salesiana aprendola a quell~
nuova evangelizzazione e a quella eccellenza d1
qualità che si richiede dappertutto oggi per un'edu-
cazione all'altezza dei tempi. Per questo don Vec-
chi ricordava a ogni salesiano l'attende tibi di s_an
Paolo a Timoteo e ribadiva per tutta la congregazio-
ne e per l' intera Famiglia Salesiana l'i mportanza di
un 'adeguata formazione intellettuale a .Iivel Ii che
corrispondano alle domande e alle esigenze del
mondo attuale.
GLI "ULTIMI" PENSIERI
Negli ultimi tempi della sua malattia viveva al-
l' UPS. Più volte ci manifestava i pensieri che erano
in cima alla sua mente sofferente. Più di una volta,
ricordo, si diffuse sul ruolo educativo e sociale
della scuola e della formazione professionale.
Molte volte l'ho sentito parlare preoccupato dell e
nuove povertà, dei ragazzi soldato, dei baby-ki Iler,
della micro-delinquenza, della violenza sui minori.
Un giorno lo incontrai , con alcun_i studenti - si era
in periodo di esami - mentre veniva portatC? a pa~-
seggio con la carrozzella. Scherzammo sugli esami,
ma lui, evidentemente sapendo che insegno filoso-
fia dell'educazione, prese il discorso di rimbalzo e
dichiarò con calore e preoccupazione: " Occorre
sviluppare una cultura popolare ... capire il ruolo
dei capi carismatici, perché la trascendenza passa
per loro, ed essi rendono concreti i valori e le attese
della gente". Ho inteso questa preoccupazione di
don Vecchi come un " incarico-affidato" sia per la
mia ricerca, sia per l' azione della nostra università
che intende essere " Università di Don Bosco per i
giovani " e che ha da caratterizzarsi, appunto, per
una cultura educativa, umanistica e popolare.
BS SUPPLl:Ml:NTO MARZO 2002

2.4 Page 14

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PADRE ECENTRO
DELLA FAMIGLIA
SALESIANA
di Antonio Martinelli
D on Bosco ripeteva ai giovani dell'Oratorio di
Torino, come agli adulti che lasciavano la
sua casa, per incominciare il tirocinio del-
1' onesto cittadino e del buon cristiano appreso nei
cortili di Valdocco: "Chiamatemi con il nome di
Padre e io sarò felice!" .
Non solo lo chiamavano, ma lo riconoscevano.
Don Bosco, poi, viveva l'esperienza di ciascun
giovane come un padre accompagna la storia dei
suoi figli.
Colui che arriva al servizio tipico di Rettor Mag-
giore plasma il suo cuore, cura i sentimenti , segue
re persone e i gruppi con la medesima trepidazione
di un Padre.
Trasforma la sua vita: da fratello a padre.
Don Giovanni Vecchi ha dilatato nel tempo lo
lii spazio della sua paternità.
Ha iniziato sintonizzando con i desideri e le
aspettative dei giovani , quando venne chiamato
come responsabile mondiale per la pastorale giova-
nile salesiana.
Sono gli anni dei grandi éambiamenti provocati
dall ' evento del Concilio Vaticano Il.
La Congregazione aveva bisogno di una persona
che sapesse ascoltare iI cuore dei giovani nel
mondo, e scelse don Vecchi come animatore e
orientatore del nuovo cammino.
La paternità si riveste non solo delle virtù legate
alla bontà e all'amorevolezza, ma anche di quelle
che sono collegate con la responsabilità di decisio-
ne. Don Giovanni Vecchi ha continuato a espande-
re la ricchezza della sua paternità, quando ha as-
sunto il compito di vicario del Rettor Maggiore don
Egidio Viganò . Ha cercato, con l'intelligenza del
cuore, di capire le novità che la storia e la nuova
cultura imponevano alla vita salesiana e ha accom-
pagnato le lspettorie salesiane nel cammino di rin-
novamento interno e di ridimensionamento aposto-
lico e organizzativo.
Eletto Rettor Maggiore nel 1996 don Giovanni
Vecchi ha assunto una forma nuova di paternità,
come fedeltà al carisma di Don Bosco da solidifica-
re nei vari continenti: ha incrementato la presenza
delle comunità salesiane particolarmente nell ' Afri-
ca . Come impegno per la fecondità della vocazione
salesiana, nelle differenti espressioni sacerdotale,
religiosa, consacrata e laicale, dando origine a
nuovi gruppi della Famiglia Salesiana. Come punto
di riferimento per tutti coloro che guardano al
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS
I 28 agosto 1996. Don Vecchi in visita a Gatchina,
San Pietroburgo, riceve festose accoglienze dai giovani
della scuola grafica.
I In visita agli Stati Uniti, viene festeggiato nel Don Bosco
Technical lnstitute a Rosemead dai prenovizi vietnamiti
nel giorno della loro festa commemorativa (febbraio 1997).
Santo dei giovani , lasciandosi ispirare nella loro
vita personale, sociale ed ecclesiale dallo spirito
salesiano: si è rinvigorito in questi anni il Movi-
mento Salesiano e in specie il Movimento Giovanile
Salesiano.
La sua persona, come successore di Don Bosco, è
divenuta così centro di unità di molte forze aposto-
1iche e educative. Ha manifestato in maniera sem-
pre più evidente una dote che ha accompagnato il
suo lavoro: la capacità di animazione, di coordina-
mento e di promozione dei doni e delle capacità di
quanti condividevano la scelta giovanile ed educa-
tiva . La Famiglia salesiana lo ricorda, nella luce di
Don Bosco, Pad re e Maestro che ha guidato il cam-
mino di novità e di passaggio da un millennio ad
un altro: sempre molto innamorato dei giovani, di
Don Bosco e della Chiesa.

2.5 Page 15

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Gli otto successori di Don Bosco,
ognuno con la sua caratteristica.
Due sono beati.
"CON DON BOSCO
ECON LA
PROPRIA EPOCA''
di Francesco Motto
Nei 114 anni che sono passati dalla morte
di Don Bosco, otto Rettori Maggiori si sono
succeduti alla puida della Società e della
Famiglia Salesiana. Tutti diversi fra loro, per
origini, cultura, capacità, interessi, inclinazioni,
ma tutti impegnati nella fedeltà al carisma del
Fondatore e verso i giovani del proprio tempo.
Ne tracciamo un rapidissimo profilo.
BEATO MICHELE RUA,
l'AUTENTICO "COFONDATORE"
Nato nel 1837 a poche centinaia di metri dall'O-
ratorio di Valdocco, costituzione fisica e carattere
diversi da Don Bosco, con lui però condivise tutto:
dall'essere figlio di una seconda moglie del padre
al diventare orfano di padre in tenera età, dal fon-
dare e sviluppare la società salesiana al morire alla
stessa età, 72 anni, nel 191 O. Fu il "frimo salesia-
no" formato da Don Bosco (1854), i primo sacer-
dote dell ' Oratorio (1860), il primo direttore della
prima casa salesiana fuori Valdocco (1863), il suo
alter ego in tutto: nella direzione dell'Oratorio,
nella formazione dei salesiani, nella visita alle
case, nella distribuzione del personale, nelle nuove
fondazioni. Accanto a Don Bosco per oltre 30
anni, suo accompagnatore ufficiale in molti viaggi
importanti, in Italia e all'estero, non poté che essere
il suo primo successore, e lo fu per 22 anni, il più
lungo rettorato della storia salesiana.
Gran lavoratore e viaggiatore instancabile, pur in
mezzo a non piccole prove, sviluppò la congrega-
zione da 57 a 345 case in decine d1 nuovi paesi (in
Europa, America, Asia, Africa) e portò i salesiani da
750 a 4000. Considerato da tutti ancor vivente un
" nuovo Don Bosco", un "santo come lui ", della fe-
deltà al fondatore fece un programma di vita e di
azione per sé e per l'intera Famiglia Salesiana. Beati-
ficato da Paolo VI nel 1972, attende ancora un ed ito-
re del suo immenso epistolario e un biografo che ne
evidenzi la ricchissima personalità, ben distinta da
quella del fondatore, cui non ebbe timore, talora, di
manifestare il suo dissenso su determinati problemi.
DON PAOLO ALBERA,
IL "MAESTRO DI SPIRITO"
Stretto fra due Rettori Maggiori beati (Rua e Rinal-
di), ma certamente non meno spirituale e uomo di
preghiera di loro, nato in Provincia di Torino nel
1845, fu un salesiano della primissima ora (1862).
Primo direttore di una casa salesiana fuori Piemonte
(Genova 1872), [Jrimo ispettore fuori Italia (Franc ia
1881 ), nel 1892 fu richiamato a Torino come "cate-
chista generale" della società salesiana. Per un
triennio (1900-1903) visitò da delegato del Rettor
Maggiore quasi tutte le case dell'America. Eletto
nel 191 O successore di don Rua, governò e soprat-
tutto animò spiritua lmente la Famiglia Salesiana per
dieci anni, fra i quali i quattro della prima guerra
mondiale, che mise a durissima prova la congrega-
zione salesiana, per metà chiamata sotto le armi e
con decine di case requisite. Ciononostante essa
crebbe in numero di insediamenti e di confratelli.
Uomo di animo mite, profonda pietà e ardente pre-
ghiera, cagionevole di sa lute, il "piccolo don
Bosco", come fu chiamato in Francia, morì nel
1921 , a 76 anni. A lui si devono vari scritti di for-
mazione salesiana e l'importante pubblicazione
periodica degli "Atti del Capitolo Superiore".
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

2.6 Page 16

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BEATO FILIPPO RINALDI,
PROMOTORE DELLE MISSIONI
ANIMATORE DELLA FAMIGLIA SALESIANA
Nativo del Monferrato (1856), salesiano (1880) e
sacerdote (1882 ) solo per espressa volontà di Don
Bos~o, nel 1889 fu mandato in Spagna, dove tre
anni dopo venne nominato ispettore. Nei nove anni
del suo mandato promosse le vocazioni la Fami-
gli_a Sal~siana e fo_ndò una quindicina' di case,
prima_ d1 essere chiamato a Torino (1901 ) come
braccio destro ("prefetto''.) di due Rettori M aggiori .
9 Nel 1922 lo divenne lui stesso. Benché riservato
schi:-,'o e ~eno popolare_dei predecessori, in soli
anni porto a oltre 8000 il numero dei salesiani e a
70_0 i loro insediamenti, grazie anche allo spazio di
azione concesso al suo " vicario" e successore don
Ricaldone. Le missioni ad gentes lo videro attento
pr~motore, così coi:ne l'Associazione dei Coopera-
tori, la Confe~era_z1one degli exallievi, e l' istituto
delle Volontarie d1 Don Bosco (da lui stesso fonda-
to). Pure delle Figlie di Maria Ausiliatrice favorì l'e-
spansione missionaria. Mentre ebbe la gioia di assi-
stere alla beatificazione di Don Bosco nel 1929
beato venne proclamato lui stesso da papa Giovan~
ni Paolo Il (1990).
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS
DON PIETRO RICALDONE,
L'ENERGIA E L'INTRAPRENDENZA
FATTE PERSONA
Piemontese di Mirabella (Casale) fattosi salesia-
no a 20 anni (1890) dopo aver cas~almente incon-
trato Don Bosco due volte, all ' ufficio di Rettor
Maggior~, che ricoprì dal 1932 al 1951, venne pre-
parato sia dalla gran1e esperienza_in terra spagno-
la, dove fu studente, ins~gnant_e, direttore e ispetto-
re, e dove ebbe modo d1 manifestare le sue doti di
intraprendente organizzatore anche nel l'ambito
degli oratori, dell 'editoria, della musica, e soprat-
tutto delle scuole professionali (Talleres don Bosco
tipografia, libre~ia, Bi~li_oteca Agraria Salesiana .. .)
~1a d~ quella d1 cons1gl1ere del capitolo superiore
incaric_ato delle scuole professionali di tutta la con-
gregaz1~:me (191_ 1), che portò a un grado di svilup-
po teorico, pratico e organizzativo tale da suscitare
l'ammirazione di tutti .
Arricchito dalle esperienze di visitatore delle
opere salesiane in America Latina (1908), in Ameri-
ca del Nord e del Centro (1911 ), in Medio Oriente
(1919), in ~sia (19_26-1 ~27), oltre che in Europa,
alla morte d1 don Rinald1 1 appare l' uomo giusto per
prenderne il posto . Il suo lungo rettorato fu caratte-
r;zz~t? _dal forti~si~o ril _ancio in congregazione del-
[ att1v1ta catech1st1ca1 d1 quella editoriale (LDC), di
quella culturale (PAS), di quella formativa salesiana
(con circolari, testi, collane ... ). I coadiutori ebbero
apposite c~se per la loro formazione e preparazio-
n~ _professionale . A don Ricaldone, assieme alla
g101e - come la canonizzazione di Don Bosco -
non furon(_) _risparmiati gravi problemi e difficoltà:
la guerra civile spagnola con decine di salesiani uc-
cisi, la seconda guerra mondiale con centinaia di
al~ri morti, le p~rsecuzioni in Europa orientale e in
Cina,_co~ quasi 2000 fra deportati, esiliati e incar-
cerat1. Ciononostante alla sua morte i salesiani su-
perav~no i 15.~00 e l_e case il migliaio. Quella di
don R1caldone e una figura tutta da studiare.

2.7 Page 17

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DON RENATO ZIGGIOTTI,
IL RICERCATORE DELL'UNITÀ
Padovano, allievo dei salesiani a Este fin dai 7
anni, fece la professione religiosa nelle mani di don
Rua nel 1909. Congedato nel 1919 dopo 4 anni di
servizio militare nella grande guerra, durante i quali
poté saltuariamente studiare teologia, l' anno se-
guente divenne sacerdote. Percorse rapidamente il
cursus honorum di direttore (1924-1931 ), ispettore
(1931-1937) consigli ere scolastico generale (193 7-
1951 ) prefetto generale (1951) e finalmente Rettor
Maggiore (1952-1965). In tale ruolo visitò un mi-
gliaio di case fra SDB e FMA. Ovunque grandi ac-
coglienze e simpatie alla sua persona e a chi rap-
presentava. Risultato di tali fatiche fu l' unità della
congregazione dopo la durissima esperienza della
seconda guerra mondiale. Sul piano organizzativo
curò le case di formazione, fece rifiorire le Compa-
gnie e il sistema preventivo, grazie anche alla cano-
nizzazione di Domenico Savio (1954) e alla costru-
zione del tempio di Don Bosco a Roma (1959). In
qualità di Rettor Maggiore partecipò alle prime tre
sessioni del Concilio Vaticano Il. Indisse il Capitolo
Generale XIX, nel corso del quale chiese di non es-
sere rieletto. Primo Rettor Maggiore emerito, per al-
cuni anni fu rettore del tempio di Don Bosco ai
Becchi. Ritiratosi ad Albarè (Verona), morì nel 1983 .
DON LUIGI RICCERI,
DAGLI ORIENTAMENTI Al FATTI
Siciliano, nato nel 1901 , sacerdote dal 1925, di-
rettore prima di opere salesiane a Palermo e Messi-
na, ispettore a Torino dal 1942 e a Milano dal
1952, nel 1953 venne chiamato a far parte del Ca-
pitolo Superiore con l'incarico dei Cooperatori e
della stampa. Nel capitolo XIX del 1965, tenutosi a
Roma nella nuova sede del PAS (Pontificio Ateneo
Salesiano), fu eletto Rettor Maggiore, carica che
tenne per due mandati. Furono i difficili anni del
postconcilio, di profonde e rapidissime mutazioni
nella società civile, nella Chiesa e nella Famiglia
Salesiana. Don Ricceri s'impegnò con viaggi, con-
vegni, corsi, scritti, a tradurre nei fatti gli orienta-
menti del capitolo XIX e di quello speciale e lun-
ghissimo, il XX del 1971-1972 che, oltre a produrre
6en 22 documenti di orientamenti dottrinali e ope-
rativi, rinnovò ad experimentum· le Costituzioni e i
Regolamenti .
All'inizio del suo mandato la congregazione
aveva toccato il suo massimo storico di oltre 21
mila professi; al termine il numero era sceso di ben
5000 unità. Il rinnovamento della vita religiosa
eh iesto dal Conci Iio, assieme a tanti nuovi va fori e
speranze, aveva richiesto forti costi in termini divo-
cazioni mancate e di abbandoni, oltre che di devia-
zioni dottrinali, contestazioni generalizzate, tensio-
ni e difficoltà di vario genere. Il tessuto salesiano ne
uscì un po' logoro; al successore sarebbe toccato il
rinnovamento aefinitivo e meno doloroso.
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

2.8 Page 18

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DON EGIDIO VIGANÒ,
TRAGHETTATORE VERSO IL lii MILLENNIO
Nato a Sondrio nel 1920, formato in case della
Lombardia e del Piemonte, dal 1939 al 1972 visse
in Cile, dove completò gli studi filosofici e teologi-
ci, diventando altresì professore di teologia all'Uni-
versità Cattolica di Santia~o. Perito al Concilio Vati-
cano Il, successivamente ispettore dell'ispettoria Ci-
lena, nel 1972 venne eletto consigliere generale
per la Formazione e nel 1977 Rettor Maggiore. Ri-
mase tale per 17 anni, fino alla morte sopravvenuta
nel 1996, un anno prima dello scadere del terzo
mandato. Grazie alla sua formazione culturale e
alla partecipazione ai numerosi eventi ecclesiali si-
gnificativi della Chiesa, in Roma e in America Lati-
na, poté guidare la congregazione nella direzione
di una vita salesiana più ecclesiale, più ricca spiri-
tualmente, più coraggiosa missionariamente, più
preparata culturalmente, più coraggiosa salesiana-
mente. Ne sono testimonianza le Costituzioni rin-
novate, il Progetto Africa, l'elevazione del PAS a
Università Pontificia (con l'aggiunta del dipartimen -
to di Pastorale Giovanile e di un Istituto delle Scien-
ze della Comunicazione Sociale), la fondazione
dell'Istituto Storico Salesiano, le circolari trimestra-
li, alcune diventate veri "trattati " di tematiche teo-
logico-salesiane. Ha così offerto alla congregazione
validi strumenti teorici per una inculturazione del
carisma salesiano adeguato al nuovo millennio.
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS
DON JUAN EDMUNDO VECCHI,
SENSIBILE ALLA CULTURA GIOVANILE
Argentino, nativo di Viedma (Patagonia), ultimo
figlio di emigranti italiani, allievo dei salesiani fin
da ragazzo, compì gli studi teologici a Torino,
prima di tornare in patria a completare la prepara-
zione educativa con appropriati approfondimenti
pedagogici. Delegato al Capitolo Generale speciale
nel 1971, successivamente nominato consigliere
regionale per l'America Latina, dal 1978 al 1990 fu
consigliere generale per la pastorale giovanile. In
tale ruolo svi Iuppò quella riflessione su I progetto
educativo salesiano, sull'animazione pastorale di
un'ispettoria, sui gruppi e movimenti giovanili e
sulla proposta associativa salesiana che in tanta
parte rimane tuttora valida.
Nel Capitolo del 1990 fu eletto Vicario del Rettor
Maggiore e, in occasione della morte di questi nel
1995, gli succedette per un anno, prima di essere
eletto a sua volta Rettor Maggiore nel 1996, nel
corso del capitolo XXIV. In tale ruolo partecipò al
Sinodo dei vescovi per l'America nel 1997 e non
mancò di animare molte presenze salesiane nelle
varie parti del mondo con precise indicazioni di iti-
nerari educativo-spirituali. La malattia, sopravvenuta
nel quarto anno del suo mandato, gli impedì di
portare a temine quella precisa e articolata pro-
grammazione del sessennio, che contemplava fra
Paltro varie celebrazioni salesiane del Giubileo del
2000 . Il suo rimane il Rettorato più breve nella sto-
ria salesiana.

2.9 Page 19

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DALLE MISSIONI ...
ALLE MISSIONI
di Luciano Odorico
Èbello constatare che il primo
successore non europeo
di Don Bosco sia stato un figlio
delle missioni salesiane.
N on c'è alcun dubbio: la dimensione missio-
naria è stata un a delle principali preoccupa-
zioni di don Juan Vecchi nel periodo del suo
rettorato. Egli è i l primo Rettor Maggiore provenien-
te da una missione sa lesiana, anzi aalla prima mis-
sione salesiana sognata da Don Bosco: la Pampa e
la Patagonia argentina. La sua v ita di re ligioso e il
suo servizio di superiore hanno avuto come rad ice
principale lo slancio missionario dei primi salesia ni
sbarcati in Argentina dal 1875 in poi . Fu un anima-
tore spontaneo di vita missionaria nelle sue nume-
rosissime Buone Notti offerte ai confratelli in occa-
sione delle visite di animazione mondiale: prende-
va spesso lo spunto dalle nuove fondazioni missio-
nar,e e dai progetti in cantiere per poter descrivere
le strategie di espansione della congregazione.
L'interesse missionario lo espresse in modo parti-
colare nella lettera circolare sulle missioni, "Levate
i vostri occhi e guardati i campi che $ià biondeg-
giano per la mietitura" che fu scritta in occas ione
aella preparazione e celebrazione del 125 ° anni -
versario della Prima Spedizione Missionaria, voluta
e organizzata da Don Bosco stesso. In essa ribadì
l'i ndìscutibile impegno missionario ad gentes della
congregaz ione, e fece un appe ll o ai sa les iani di
tutto il mondo per la Spedizione Straordinaria
2000, il suo capolavoro come animato re missiona-
rio. Questo invito/sfida ebbe, in fatti, una risposta
oltremodo generosa con la partenza di oltre 100
missionari e l'apertura di nuove presenze. Spesso
chiedeva informazi oni sui cand idati e indicava le
zone più bisognose da privi legiare per l'eventuale
invio. Manifestò una percezione missionaria aperta
e variegata nella sce lta delle nuove presenze, lega-
te proprio a questa grande spedizione. Ribadiva
che occorreva privilegiare la prima evangelizzazio-
ne (per es. Mongolia, Azerbaijan, Gamoe la - Etio-
pia, San Loren zo - Perù ), il dialogo interreligioso
(per e~. Ku wait, Iraq, Pakistan ... ), il dialogo ecume-
nico (per es . Romania) e la crescita di vocazioni
(per es . Mauritius ... ).
Incoraggiava le iniziative di Seminari di ap-
profondimento su tematiche legate alle missioni:
Incultu razione, Prima Evangelizzazione, Presenze
sa lesiane in contesto islamico e in contesto orto-
- Due rare foto di don Vecchi con gli indio Xavante.
dosso, ecc. Sottolineava con un certo orgoglio che
la congregazione sa les iana era una realtà universa-
le, "cattofica ", in sintonia con la catto li cità della
Chiesa e con le grand i sfide de l mondo e de ll a sto-
ria contemporanea.
Né si può ignorare la sua costante generosità
verso le necess ità di finanziamento d i molti progetti
missionari: incoraggiava lo sv il uppo de ll e Procure
Missionarie e delle ONG, e la scelta, formazione e
invio di Volontari Laici Missionari. Quante missio-
ni salesiane sparse in tutto il mondo devono la loro
crescita ali' a1 uto costante inviato semestralmente
dal Rettor Maggiore. Come buon padre, lui riceve-
va con una mano il denaro dal le Procure e con l'a l-
tra lo invi ava all e lontan e missioni . Pres iedeva con
paterna generosità la carità missionaria! Avrà la ri-
conoscenza perenne di tanti mi ss ionari.
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

2.10 Page 20

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Intervistata, la superiora ~enerale
delle FMA, madre Antonia Colombo
ci parla di don Vecchi.
MAESTRO
EAMICO
di Giovanni Eriman
Madre, in quale occasione ha conosciuto don Juan
Vecchi, e come è stato il suo primo impatto?
La mia conoscenza risale al tempo in cui era con-
sigliere per la Pastorale giovanile. Ricordo l'argo-
mento di quel primo incontro. Ero insegnante alla
Facoltà Auxilium di Roma, e da poco l' Istituto delle
FMA aveva elaborato il Piano di Formazione e il
Progetto di Pastorale Giovanile Unitaria. Don Vec-
chi mi manifestò la sua ammirazione per la scelta
di puntare sulla centralità della persona e sul coor-
dinamento degli interventi per una proposta educa-
tiva integrata, superando la tendenza alla settoria-
lizzazione. Ricordo di aver sentito una profonda
sintonia di idee e un incoraggiamento a proseguire
El nella ricerca di vie adeguate ai cambiamenti cultu-
rali, insieme a un granae rispetto e valorizzazione
della diversità, considerata come presupposto per
una feconda collaborazione.
Ha notato cambiamenti di stile nel superiore dei
salesiani da quando si è ammalato?
Ho ammirato l' espressione della sua umanità in-
trisa di amorevolezza, aperta alla ricerca e all ' ade-
sione alla volontà di Dio . Nella malattia ha rivelato
più apertamente il fondo della sua personalità, pla-
smata dai valori cristiani e sal esiani. Direi che il
personaggio, investito della missione di VIII succes-
sore di Don Bosco e centro di unità della Famiglia
Salesiana, si è espresso con gesti più diretti e im-
mediati che lo manifestavano centrato sul servizio
educativo ai giovani e sull ' attenzione a ogni perso-
na che l'avvicinava.
Potrebbe descriverci qualche suo gesto di partico-
la,:_e apprezzamento, di affetto fraterno?
E difficile scegliere, ma ne cito due, connessi con
momenti ufficiali della storia dell ' Istituto delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice. Penso alla qualità della
sua presenza in occasione del nostro ultimo Capi-
tolo. Nell ' apertura, il 18 settembre 1996, ci diceva:
"Siamo lieti che nella Famiglia Salesiana ci sia il
vostro Istituto con la sua originalità carismatica ...
Consideriamo una grazia singolare, un gesto d'a-
more del Signore il fatto che 7a Famiglia abbia po-
tuto ricevere il vostro contributo femminile di sale-
siane, consacrate educatrici, e possa contare su di
esso nel futuro. Ne sentiamo l' influsso benefico" .
Alla conclusione, ci ricordava che "/'appartenenza
alla famiglia non livella, ma valorizza quello che è
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS
I14 luglio 1998. Don Vecchi inaugura il monumento
a Don Bosco, eretto a Oswi~cim in ricordo del centenario
dei salesiani in Polonia, e una lapide che ricorda gli SDB
e le FMA che hanno prestato assistenza speciale al campo
di concentramento Auschwitz, ubicato nei pressi
dell'istituto.
maturato nella storia . La nostra relazione proviene
dal fatto che siamo nati come consacrati per la mis-
sione giovanile, nello stesso focolare carismatico,
fratelli di sangue. La si comprende meglio se guar-
diamo a Don Bosco e a Maria Domenica Mazza-
rello, piuttosto che considerare ciascuno di essi in
un loro mondo separato" . Queste parole sono state
tradotte nel concreto dei nostri rapporti in questi
cinque anni , fino al gesto del 24 giugno 2001
quando, impossibilitato a partecipare alla celebra-
zione del 50° di canonizzazione di Madre Mazza-
rello, chiamò il superiore dell ' UPS perch é venisse a
rappresentarlo portando un magnifico mazzo di
fiori , segno della sua affettuosa presenza.
Sappiamo che il Rettor Maggiore curava le relazio-
ni attraverso biglietti di augurio, qualche semplice
regalo, qualche telefonata... Ha fatto così anche
co._n lei? Come trovava questo suo approccio?
E sorprendente come sapeva prevenire in occa-
sioni di feste o viaggi : i suoi bi glietti augurali erano
tonificante espressione di fiducia, stima, incorag-
giamento. La sera del 23 giugno 2000, nel familiare
incontro dei Consigli generali SDB e FMA a Castel-
gandolfo ci portò come dono del suo ultimo viag-
gio nello Zaire, insieme all'ammirazione per la mis-
sione svolta dalle nostre sorelle, una scultura in
legno rappresentante Maria con il Bambino Gesù.
Me la pose tra le mani con visibile commozione.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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XIII
I
Gli alunni della scuola di Oswi1rcim rendono visita
al Rettor Ma8giore alla Pisana e gli regalano la maglietta
del centenario (luglio 1998).
I
Il Rettor Maggiore lungo il percorso della Via Lucis,
al'inStaenrvCeanlltiostoc1nidruurrganictoe
il soggiorno di
(luglio 2000).
riposo
dopo
Ora la statua è nella sala di Consiglio, e ci parla
delle molte de li catezze di don Vecchi nei nostri
confronti .
Come era considerato /'Istituto delle FMA dal Ret-
tor Maggiore dei salesiani?
Una famiglia religiosa di sorelle che sviluppano
le loro peculiari caratteristiche femminili, in rap-
porto di reciproco potenziamento con gli altri grup-
pi della Famiglia Salesiana per un servizio di edu-
cazione evangelizzatrice ai giovani di oggi. Alla
chiusura del CCXX, ci disse: "A voi è stato affidato,
in forma esplicita, il compito di ricordarci, non solo
la devozione, ma la dimensione mariana del nostro
carisma e della nostra pedagogia. Ciascuna di voi si
propone di essere 'ausiliatrice' nell'educazione".
Alle parole hanno sempre fatto segu ito i gesti con-
creti di stima e di fi ducia.
I Amante della monta8na, il Rettor Maggiore ritagliava
ogni anno qualche giorno di riposo per trascorrerlo in serena
compagnia di qualche confratello in note località montane.
Eccolo a Santa Fosca nelle Dolomiti
con don Carlo De Bortoli di Macerata (agosto 1997).
Come sono stati i vostri rapporti istituzionali? Co-
me gli incontri informali?
Quanto ho detto finora, e la realtà vissuta in que-
sti anni, testimoniano una vicinanza che abbiamo
sentito sempre incoraggiante, ricca di attese, valo-
rizzante. Negli incontri istituzionali ho ammirato la
capacità di ascolto, la competenza nel facilitare il
dialogo, la discrezione delicata e l'ampiezza di
orizzonti. Erano molto attesi dal nostro Consiglio
generale gli incontri in occasione dei periodi di
plenum (due volte all ' anno) in cui maturava un dia-
logo sempre più improntato alla reciprocità. La let-
tera indirizzata nel 1998 ai membri della Congre-
gazione salesiana e dell ' Istituto FMA non è solo
stata firmata da entrambi, ma soprattutto pensata ed
elaborata insieme. Una tradizione che mi ha sem-
pre sorpresa e commossa è stata quel la di presenta-
re a noi per prime il commento alla "Strenna" an-
nuale nella Casa generalizia: una primizia che
parla della profondità dei nostri legami di famiglia.
Quanto agli incontri informali, oltre alle te lefonate,
allo scambio di notizie al rientro dalle visite alle
ispettorie lontane, mi colpiva la gentilezza di invi-
tarmi alla sua mensa quando, per qualche incontro,
mi trovavo nella Casa generalizia dei salesiani .
Com'è il vostro giudizio sull'uomo di cultura?
Abbiamo sempre ammirato la sua l'ampiezza di
vedute nel contesto culturale in evoluzione . Ulti-
mamente tornava con insistenza sulla necessità di
elaborare la nostra proposta educativa perché aves-
se una valenza culturale chiara, propositiva, allar-
gata alle dimensioni della globalizzazione. I temi
Bi conversazione durante le visite nel tempo della
malattia erano ampi e spesso riguardavano le nostre
strutture universitarie e la loro col laborazione, la
mobilitazione dei laici nella Famiglia Salesiana per
essere voce che esprime la presenza educativa a fa-
vore dei diritti dei minori e delle donne, a corretti -
vo delle molteplici forme di sfruttamento, che sono
oggi sotto i nostri occhi . La sua era una cultura
vasta e sempre focalizzata sui valori che fanno la
persona umana, sulla presenza del Cristo nella sto-
ria, sulla spiritualità salesiana.
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

3.2 Page 22

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GRANDI
ORIZZONTI
NEI PICCOLI PASSI
DEL GIORNO
di Margherita Dal Lago
Fino al 1990 abbiamo spesso lavorato
l'uno accanto all'altro, avvicinando i
due centri delle nostre congregazioni
e trovando, per la pastorale giovanile
eventi e segni, che ci hanno aiutato a
radicare profondamente idee per
poter guardare con fiducia in avanti.
Ero giova ne. Don Vecchi mi incuteva un po' di
soggezione co n que l suo sguardo profondo,
pensoso, sempre attento alle parole che dicev i
le quali non tutte erano centrate, non tutte interes-
santi. Piovevo al Centro Internazionale di Pastoral e
Giovanile dalla scuo la: un sacco di idee per la
testa, un entusiasmo per i giova ni, una vog li a di ri-
flettere e pensare sulla prassi dei miei anni di apo-
sto lato ... ce n' era di strada da fare! Erano gli anni
de i progetti pastoral i. Gli mandammo il nostro in
bozza. Puntualmente arrivarono le integraz ioni, le
suggestioni.
VEDEVA LONTANO..,
Le sue osservazioni era no in vista di una matura-
z ione: la pastorale giovani le era una cosa seria, esi-
geva fond amenti altrettanto seri. Trovammo co nver-
genze strao rdin arie nel modo di guardare i giovan i.
M a sembrava che i passi li facesse lui, per primo.
Noi, troppo tim ide, ci sentivamo lillipuz iane di
fronte al la sua grande competenza. Quando ti
asco ltava sembrava esistessi solo tu. Quasi mai ci
siamo inco ntrati nel suo ufficio: sprofondavo nella
poltrona e la distanza era troppo grande: lui di là,
io di qua, ancora più minuscola . Lui era la persona
che accorc iava le distanze con arte, senza far lo ve-
dere troppo.
Una assimilazione corretta della spiritua lità del-
l' incarnazione sarà di aiuto ad assumere serena-
mente la presenza delle mediazioni. Mi fermo,
oggi, dopo tanti anni, su questa sua affermazione
derla Lettera: " Eccomi, io ven&o per fare la tua vo-
lontà". Com'è semplice! Chissa perché ci siamo ar-
rovellati il cerve llo per dire che il criterio dell'in-
carnaz ione ci tracciava la strada per metterci al
SUPPLEMENTO MARZO 2002 8 S
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-.1.!. -....:Jì;,\\ M'
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1 13 luglio 1998. Eucaristia nel cortile della scuola
di Oswi~cin, casa madre dei salesiani polacchi,
in occasione del centenario.
passo con i giova ni, come a Emmaus, come nell e
tante annun ciaz ioni della vita. Ci abb iamo messo
una vita. Per fortuna lui era la persona che vedeva
lontano. E aveva la pazienza di aspettare.
AVEVA L'ARTE DEL DIALOGO
Era un tratto spiccato della sua persona: asco lta-
va, taceva, ti guardava, e sentivi che ti prendeva sul
serio. Di MGS ne parlavamo spesso. Ma sentirsi
dire scriviamo insieme un piccolo manuale per la
formazione degli animatori, ci spiazzò. Chi lo scri-
ve? Da dove partiamo? Sull'animazione ce n'è fin
troppo ... Rispose con semplicità: Sì, ma chi pensa
a divulgare, a far arrivare ai g iovani, a dar,e stru-
menti... Noi abbiamo la forza di farlo" . E stata
un'esperienza lunga di lavoro gomito a gom ito. Le
pagine, riviste una ad una. A me toccava la revisio-
ne linguistica. Uno stile chiaro, lineare. Doveva an-
dare in mano ai giova ni . Non scartava mai la tua
idea. La integrava in un progetto più grande. Riusci-
va a va lorizzare tutto. Non ti sentivi giudicata, ti
sentivi amata, rispettata, stimata. Lui trovava parole
affettuose per farti sentire che era importa nte il tuo
1 ap osto, anche se piccolo . " L'animatore sa lesi ano
ne gruppo giovani le" è nato così: quasi una sfida.
Ha segnato una stagione ricca di entusiasmo, è
passato di mano in mano tra i giovani per radicare,
motivare, spingere al meglio. Guardare avanti, per
lui , vo leva dire radi ca re e motivare a fondo, altri-
menti il pericolo era quello che seccasse tutto, su -
bito, co n l'onda breve del successo.

3.3 Page 23

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FACEVA CONVERGERE LE DIFFERENZE
Al Centro eravamo tre salesiani e cinq ue suore: le
persone più diverse per modo di pensare, per cultu-
ra, per provenienza. Ci sia mo trovati, all a fi ne, che
anche noi eravamo gruppo. Riu scivamo a intui re i
pensieri. C'era amicizia, quel la ve ra che ti indica
~empre co me cresce re. Che se t i perdi, t i riacc iuffa.
E sempre riu scito a fa rci lavorare intorno allo stesso
tavolo . E convocava tutti. Chi si occ upava di emar-
ginazione, chi si occupava di esperienze-limite, chi
si occupava di scuo la, chi si occupava di ce ntri gio-
va nili ...
La sua grande passione: che nessu n aspetto pa-
stora le fosse ai margini dell 'attenzione. Ma se c'era
un tema ricorrente in cui sp ingeva avanti erano i
nuovi luoghi de ll 'aggregaz ione giova nil e. Non si
sta ncava di ripeterlo e di additarlo già prima che le
Giornate mondiali della Gioventù facessero da ca-
talizzatore del mondo giovan ile. Essere salesiani e
salesiane per lui era starci in mezzo, in mezzo ai
giova ni, in ogni posto dove pian piano si sarebbero
fa tti accetta re. Penso che sognasse la presenza edu-
cativa accanto ai ragazz i del muretto come a quelli
dello sballo, a quelli dell e discoteche, a quelli dei
motorini e degli ango li , a quelli che girano già se-
gnati dalla droga, o solo dall 'eccentricità. Che cosa
c'era dietro i loro vo lti, il loro grido? Questo gli inte-
ressava ..
I giovani già organizzati, che con più faci Iità as-
soroon o valor i, linguaggi, comportamenti crede nti,
erano la pastorale ordi nar ia. Le nu ove frontiere pa-
storali erano oltre: i media, le tendenze cu lturali, i
nuov i linguaggi massmediali e inform atici, Internet
e il suo retroterra: salesiani e Fi gl ie di Maria Aus i-
li atri ce non dovevano fermarsi all e apparenze. La
gente più diversa si è trovata a dialogare, con com-
petenze opposte e pur ricchissime: è la stagione del
sogno, ricco di fr utti, anche se non sempre piena-
mente raccolti. Ma nessuno, si poteva sentire ai
margini con lui , ?nche se era partito un po' ... come
libero battitore. E stato così che i progetti sono di-
ventati itinerari : i cammini dispersi , un percorso
che ~veva _un~ ~e~a preci~a: costruire il Regno, qui,
con I passi e I rrtm1 di oggi.
IL GRANDE SOGNO
Forse vedere lonta no era proprio de ll a sua terra :
la vastità degli spazi, l'aguzza re la vista per intrave-
dere, e poi metters i a cam min are incontro all a
meta. Il nostro ca mmin o è stato così. Abbiamo co-
minci ato in sordina, cerca ndo di mettere insieme
esperienze diverse. Poi abbiano com inciato a lavo-
rare su l te rreno de l Movimento Giova nil e Sa les ia-
no, o meglio dei tanti Movimenti sparsi nel mondo
di cui non c' era un so lo modello. Il suo sogno? Un
mondo salesiano giovan il e capace d i dare linfa
nuova, entus iasmo. Capace di trasc in are tutti, sa le-
siani e suore, nel l'avventura aposto li ca.
Il grande evento era Don Bosco 88. La prepara-
zione è partita presto. La realizzazione po i è stata
affidata ai due centri di Pastorale Giovani le delle
due congregazioni. È stato un tempo fecondo dove
la reciprocità diventava esperienza, dove insieme
esercitavamo l' arte povera de l saper risolvere i pro-
blemi pratici, e quell a de l tracci are i gra ndi progetti .
Don Vecchi questo sogno l'ha cu llato nel cuore
come omaggio a Don Bosco, ma anche come dono
ai giovani , che amava co n tutto il cuore. Il Colle
delle Beatitudini, la beatificaz ione di Laura, la gran-
de tenda de l Co nvegno a Va ldocco sono stati i
'segn i' di questo sogno, che si è all argato nel mon-
do. A picco li passi ci aveva co ndotti a questi appun-
ta ment i. Q uasi non ci siamo accorti di avere co-
stru ito diec i ann i di storia, che ne ll e nostre Congre-
gazioni sono stati anni di slancio e di pass ione.
8 dicembre 1998. È al Borgo Ragazzi Don Bosco di Roma per
la celebrazione del 50° dell'opera, assieme al sindaco Rutelli.
11 agosto 1999. Don Vecchi, adeguatamente protetto,
si gode dalla Pisana l'eclissi di sole.
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

3.4 Page 24

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MENTE ECUORE
IN AZIONE
di Giovanni Battista Bosco
"C'è da rifondare la pastorale
giovanile, oggi - mi confidava
don Vecchi a7cuni mesi fa - e c'è
da mettersi all'opera con coraggio
e determinazione".
e onsapevole che i mutamenti stavano accele-
rando sempre più il passo, don Vecchi ha
dato voce anche in questo modo alla sua
sentita passione apostolica per la "salvezza della
gioventu". La pastorale giovani le è sempre stata la
sua massima sollecitudine. Ne dà testimonianza lui
stesso con il libro intervista / guardiani dei sogni
con il dito sul mouse - Educatori nell'era informati-
ca (E lledici, 1999): un titolo che sve la una mente e
un cuore proiettati verso iI futuro e appassionati di
meducazione. Una mente fervida e penetrante, che
da tempo si occupava di temi giovani li . Si risale, al-
meno per i miei ricordi personali, al suo mandato
di Consigliere genera le per la PG : con quanto vigo-
re e competenza ha dato spazio e avanzato propo-
ste in questo campo! Ma forse non a tutti e noto
con quanta dimestichezza e ardimento affrontava le
questioni di educazione ed educazione alla fede
dei giovani. Sono tra i fortunati che gli sono stati vi-
cino in non poche occasioni. La stesura e il com-
mento del testo costituzionale "Inviati ai giovani", 27 luglio 1997. Fotografato a Santa Fosca di Cadore.
rappresentano le prime opportunità. Come gli stava
a cuore che divenissero evidenti le linee di un pro-
getto educativo-pastorale! Di certo rallegrava la lu -
cidità con cui sapeva intuire problemi e scoprire
proposte che fossero di aiuto alle varie comunità
educative.
QUELLA VOLTA Al PIEDI DEL BIANCO
Eravamo a Pré Saint Didier nel Foyer Don Bosco.
Il Rettor Maggiore don Viganò ci aveva affidato l' in-
carico di commentare la sezione di pastorale del
testo delle Costituzioni. Era la prima vo lta che con-
dividevo giornate intere con don Juan, piegati sui
libri o accalorati nella stes ura, anche se il magnifi-
co scenario montano ci attirava con forza. Da allora
divenne una tradizione trovarsi quasi ogn i anno in
varie località estive d'Italia per una ser ie di giorni
dedicati alla elaborazione di un qualche documen-
to o di proposte pastorali: si trattava di un progetto
educativo, di itinerar i di educazione alla fede, di
comunità educativo-pastora le, di presenza dei laici
nei nostri ambienti, di sp iritu alità giovanile e spiri-
tua lità salesiana, della pastorale giovanile del futu-
suPPLEMENTO MARZO 2002 BS
A Pra_ga con il cardinale Vlk e l'ispettore don Benno
Benes (dicembre 1997).

3.5 Page 25

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ro, ecc. Sempre, con lo stesso slancio dell ' inizio, ci
si confrontava, si formulavano ipotesi, si stendeva il
testo e lo si rivisitava con cura. Non mi è per nulla
faticoso riconoscere quanto abbia appreso in questi
soggiorni di "sapienza salesiana ed educativa" e di
" lungimiranza pastorale" . La mente non si fermava
allo scontato o al consueto, ma si lanciava alla ri-
cerca di vecchie e nuove strade che potessero esse-
re una risposta attesa, pensata e valida. Nulla lo
scuoteva e lo amareggiava di più del pressappochi-
smo educativo e pastorale: era convinto che la mi-
gliore PG poteva essere solo quella meditata e con-
templata, oltre che pensata e proposta.
CON LA TESTA E CON IL CUORE
E appunto in simile prospettiva il cuore aveva la
sua parte. Si può di certo asserire con tranquillità
che le ragioni e gli slanci del suo cuore sosteneva-
no e intrecciavano il tessuto vivo delle riflessioni
culturali e pastorali, e di quelle stesse esperienze
che si andavano assaporando insieme. Senza alcun
dubbio quanto veniva sc ritto e consegnato non era
semplicemente manifestazione di una mente vivace
e aperta, bensì pure espressione di sentimenti e
convinzioni che scaturivano da un cuore, capace di
ascoltare, di sintonizzarsi, di palpitare all ' unisono
con le sollecitudini degli operatori e con l'anelito
I Gennaio 2001 . In riposo a Les Combes, nello chalet
che ha ospitato, l'estate prima, il Papa,
con il segretario don Enzo e l'infermiera suor Eulalia.
di un qualificato servizio . Bastava osservare come
si comportava con i salesiani e i laici che incontra-
vamo sulla nostra strada. Le tappe sono parecchie e
distanti, e si chiamano di volta in volta Cogne e
Gressoney, Pierabech, L'Aquila, Camigliatello Sila-
no, Gambarie, Santa Fosca di Cadore, Zafferana
Etnea, Lizzano in Belvedere, Corteno Golgi, l'Apri-
. ca ... Ma i riflessi degli incontri erano spesso toc-
canti. Lui, portato a far funzionare a dovere la
mente, non si lasciava sfuggire il rapporto cordiale,
la battuta scherzosa, la vicinanza affettiva con chi
era in qualche modo partecipe della nostra espe-
rienza. E come sapeva essere grato! La perla del
cuore che si chiama gratitudine, era un dono fre-
quente tra le sue mani. La sua amicizia non era
chiassosa, ma intessuta di familiarità che accorcia-
va le distanze. Incontrava le persone in una vici-
nanza che, per chi non gli era abituale, lasciava
sorpresi. Tra le sue mani sosteneva un'altra perla
del cuore, la considerazione per chi gli stava da-
vanti. Era una stima che scaturiva dall ' intimo, e tro-
vava le sue radici nelle realtà della fede. Solo con il
linguaggio del credente convinto era leggibile la
sua fine attenzione verso coloro che incontrava.
Mai si è lasciato anche solo sfuggire espressioni di
critica verso chiunque.
I 11 agosto 1998. In visita a Panama, il superiore dei salesiani
accolto dal Presidente ~ira la manopola che apre
il sistema di chiuse per 11 passaggio delle navi attraverso
il celebre canale.
TUTTO A DISPOSIZIONE
Il cuore assumeva così il significato della sua ra-
dice biblica e in lui si coniugava assai bene con in-
teresse, sollecitudine, dedizione, oblatività. Memo-
re della incisiva affermazione di Don Bosco che
"l 'educazione è cosa di cuore", non si dimenticò,
anzi, assunse piena consapevolezza questa asser-
zione, che "solo Dio ne è il padrone". In questo
modo don Juan metteva a disposizione la sua
mente pronta e il cuore aperto nella missione gio-
vanile e popolare di Don Bosco.
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

3.6 Page 26

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IL ''NOSTRO''
CARO
AMMALATO
di Giancarlo Manieri
La comunità delle suore di don
Variara dell'UPS ha preso in carico
il Rettor Maggiore durante la lunga
malattia, assistendolo con amore,
attraverso suor Eulalia nella prima
fase della sua degenza dopo
l'operazione, alla Pisana e a
San Callisto, quindi nella loro
comunità presso l'UPS. Intervistando
le suore abbiamo scoperto alcuni
tratti inediti del Rettor Maggiore.
L'ADDIO ...
Ci _ha detto iI segretario: " 130 d I/'
,agg, con lui in tutti gli aeroporti d:1c:.n~:itter-
o ~vevano reso amico oltre che su . o m~
strmgeva il cuore neo/i lt' . p~nore... M,
/attia I ' o. u im, temp, della ma-
fatte 'pJ:; p:i:a _c~o/;'tuo rip~_termi domande
quell'a ltro? Abbi~mo !~m.o g,a fatto questo o
sana? Che· iorno è g,a./'sposto a quella per-
Hfaare?t·e'·leEfonaa!ltgeo?s'uo'rÈe··
'.oD,gogn,.
ECnhzeo
cosa dobbiamo
quando viene?
lefoniamo a d;~ E g,~ venuto don Enzo?'. 'Te-
Ed
nzo.
on_ Enzo era sempre là o ni .
° tua le, discreto, affezionato q' uf d g,~~no, pun-
che i I Rettor M
· n s e accorto
dato l'assoluzionafg,or~ s~ava morendo, gli ha
attorno al collo, c~rf~~ngl, ha P0 Ì~o un _brac_cio
e g_li ha letto la formula ed:11~\\~~oocc~, lucti
~~~ch~I if~!~~- M,ormorando i sal;f~h~edo~
mossa partecipazio~tfi~~m.fij!nato. con_ com-
don Juan ha preso definit'
soagl1a, la dove
mondo.
ivo conge o da questo
Siete state per il Rettor Maggiore gli angeli custodi
degli ultimi tempi. Che cosa vi ha insegnato l'assi-
stenza costante al Superiore Generale dei salesiani?
Prim a di tutto a essere fede li alle nostre scelte,
perché abbiamo visto lui fede le al le sue fino alla
fi ne, anzi sempre più fedele, sempre più pronto a
offrirsi per il bene de i giovan i e della congregazio-
ne, man mano che la malattia lenta e ineso rabile
faceva il suo corso. Manifestava spesso la sua
preoccupata so ll ecitudine per i giovani: li sognava
capaci di rispondere positivamente alle sollecita-
z ioni della modernità. Esternava il suo amore per i
co nfrate lli, rammarica ndos i di non poterli ancora
servire co m'era suo dovere di super iore. Negli ulti-
mi tempi il pen siero era rivolto quas i contin uamente
ai confrate lli laici, i coadiutori . Vo leva ril anc iarne
la figu ra, la vocazione, il ruolo ... Diceva che erano
indi spensabili al carisma.
Come ha vissuto don Vecchi, questo suo calvario?
E voi?
All'inizio ha lottato co ntro il male con gr inta e
determ inaz ione, po i, quando si è reso co nto che il
declino era in esorab il e, ha accettato co n una calma
e un eq uili br io impressionanti: ora d i lasc iare il
posto ad altri ", diceva con asso luta tranquillità.
Questa consapevolezza de ll a sua prossima " diparti-
ta" ce lo ha fatto amare ancora di più. Lo co nosce-
vamo attivissimo, intellettualmente vivace, sempre
in movimento, lo vedevamo sempre meno autono-
mo ma cosciente, anche se ai v isitator i ripeteva che
tutto andava bene, e continuava a fare programmi,
a pensare al futuro de ll a congregaz ione. Era un
uomo davvero speciale. Abbiamo viss uto questo
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS
12 luglio 2000. Il Rettor Maggiore al Gemelli qualche $iorno
dopo l'intervento chirurgico del prof. Massimo Scerrat1.
periodo nella preghiera e cond ivis ione della sua
malattia. Egli ci ha un ite molto di più di quello che
eravamo, e ci ha aiutato a vivere il nostro carisma.
Ne siamo rimaste ammirate.
Nessuna reazione a/l'inarrestabile declino?
Ha sap uto preparare lungo tutta la vita questo
momento, perche la profonda spiritualità che mani-
festava non poteva averla acquisita di colpo duran-
te la malattia. Secondo noi è stato un uomo che ha
preparato il proprio futuro. Ci ha fatto ved ere come
il car isma salesiano sia veramente oblativo e, addi-
rittura, contemplativo. È stato uno dei pazienti più
ca ri, umili e obbedienti che mai abbiamo avuto,
nei nostri tanti anni di servizio agli ammalati. In un
primo momento ha desiderato fortemente la guari-

3.7 Page 27

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I 14 settembre 2001. Don Vecchi, ammalato,
visitato dall'exallievo salesiano on. Silvio Berlusconi,
Presidente del Consiglio dei Ministri (luglio 2001).
I li Rettor Maggiore in riposo a San Callisto
con suor Eulalia Penarte e don Mauri dopo l'operazione,
quando si pensava, data la brillante ripresa, che tutto potesse
risolversi con la guarigione (luglio 2000).
gione: chiedeva ai medici come comportarsi, come
e quante medici ne prendere. In coragg iava a prova-
re terap ie diverse. Poi si è convinto che la volontà
di Dio era che lui dovesse essere ammalato. Allora
ha cominciato a visitare gli altri ammalati , facendo
il giro delle infermerie saresiane. Voleva guarire per
servire, ma si rese conto che avrebbe dovuto servi-
re come ammalato.
Ecome trattava don Vecchi le sue infermiere?
Ci voleva un bene dell 'anima. Quando ci vedeva
arrivare per le medicazioni diceva: "Arri va la squa-
I
6 marzo 2001. Da ammalato don Vecchi a voluto rendere
visita ai confratelli ammalati. Qui con don Cecchitelli
nella casa di Civitanova Alta.
dra degli squarciatori!". E quando lo accompagna-
vamo alla doccia ci chiamava le suore del Sa nto
Dilu vio! E rivendicava l'o nore di essere il fondatore
di questa nuova congregazione. Era una persona
gioiosa, e lo divenne ancor più da quando capì che
era ormai ora di salutare la terra . Tanto che addirit-
tura si lasciava chiam are "il muchachito", mentre
pr ima rimbeccava semp re: "Non chiamate mucha-
chito il Rettor Maggiore! ". Per noi e con noi canta-
va, ci racco ntava 5arze llette .. . Eravamo felici con
lui! Alla direttrice, un poco energica nell'esigere di
essere obbedita per orar i, medicine, riposo, aveva
messo il sopra nnome di "La signora direttore!" .
Ricordate alcune parole che vi hanno particolar-
mente colpite o che giudicate importanti?
Ci siamo accorte che, sia con chi lo visitava sia
con chi gli telefonava da ogni parte del mondo,
parlava spesso di preghiera e di volontariato. Que-
st'ultimo sembrava uno dei suoi chiodi fiss i . Lo
considerava una autentica chiamata di Dio, e dice-
va che la congregazione doveva curare iI volonta-
riato perché era i1bacino migliore per le vocazioni.
La seconda co nsiderazio ne più ricorrente era su lla
persona del malato. D iceva che non contava la ca-
rica, l' ufficio che aveva, la responsabil ità che rico-
priva, ma unicamente il fatto che era un ammalato.
L'ammal ato non va trattato in serie; cura e assisten-
za va nno persona lizzate . Un altro dei suoi discorsi
preferiti era quello sui coadiutori. Pen sava in gran-
de per loro . Li vo leva preparati soprattutto a Iivel lo
di formaz ione, perché la formazione fa l' uomo, il
rei igioso, i I professore, iI tecnico, i I santo. Voleva
esartarne la figura. Per questo, già ammalato, scris-
se la lettera sul coadiutore: voleva che fosse un sa-
lesiano pieno, uno come Artemide Zatti. Aveva il
desiderio di far costruire un ospedale "a misura di
malato", con tutte le cose a posto, perfino i corri -
mano, le maniglie delle porte, ecc. Inoltre pensava
sempre alle missioni dell'Africa e dell'Asia, perché
- affermava con convinzione - è il futuro della
Chiesa .. . Abbiamo perduto un uomo grande, un
santo!
BS SUPPLEMENTO MARZO 2002

3.8 Page 28

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UOMO
DI FUTURO
di Giancarlo Manieri
Venerdì 24 marzo anno 2000:
il Rettor Ma$giore viene invitato
dalla Facolta di Sociologia
dell'Università "La Sapienza" di Roma,
che ha deciso di presentare
il libro/intervista "I guardiani
dei sogni col dito sul mouse, ecc.",
curato da Carlo Di Cieco.
I 9 dicembre 1999. Presentazione della sua ultima fatica,
il libro/intervista curato da Carlo di Cieco " I guardiani
dei sogni col dito sul mouse. Educatori nell'era
dell'informatica".
Me l'ha chiesto lui stesso: "Mi porti a La Sa-
pienza?". " Perché no? " ... Avevo una voglia
matta di sapere quel che ne pensava una
Università laica del pensiero socio-pedagogico di
un religioso, anzi del capo di una congregazione
reli&iosa di educatori. Nell'aula magna della Fa-
colta di Sociologia di via Salaria 113, il Rettor Mag-
giore sedeva tra i professori Sorice, Fontanarosa,
Marinelli, Russi e l'i ntervistatore e redattore del vo-
lume "sotto esame" Di Cieco. Attenti e critici ascol-
tatori circa 200 studenti.
La presenza del capo di una congregazione reli-
giosa nel tempio laico di Roma ha suscitato qual-
che meraviglia, e non poca curiosità. Mescolato
agli studenti ne registravo alcune reazioni: "Ci
mancava pure la presentazione del libro di un
prete!". " lo l'ho letto quasi tutto; ti dirò ... ci sono
cose interessa nti !" . "Si dovrà comunque prendere
visione di questo mattone, perché dopo la lagna di
oggi ci beccheremo qualche lavoro ... ". "State a ve-
dere, anzi a sentire prima di sparare giudizi!". La
studentessa che aveva parlato per ultimo alla fine
esprimeva la sua meraviglia per avere trovato un
prete che sapeva parlare " laicamente" con consu-
mata competenza, la cosa le appariva incredibile.
FUOCO DI FILA
Attendevo con una certa impazienza le domande
libere, com'era stato annunciato, ben sapendo che
i giovani sono di natura un po' sfrontati, e gli uni-
versitari al pizzico di irriverente audacia a&giungo-
no una patina di scientificità e di profondita fornita
loro dal grado di cultura posseduta. Oltre tutto, la
materia trattata è passibile di interrogativi sempre
nuovi: in pedagogia non esistono certezze assolute,
perché ogni educando è un mondo a sé che sfugge
alle imbracature scientifiche. Ma soprattutto mi in-
trigavano le risposte ... Il fatto che una facoltà statale
fosse interessata al parere di un relig ioso su temi
importanti come quelli dell'educazione e dei gio-
suPPLEMENro MARZO 2002 BS
vani deponeva a favore della modernità del Rettor
Maggiore, e portava all'attenzione della comun ità
accaaemica la pedagogia preventiva di Don Bosco,
incarnato oggi dal suo ottavo successore.
I relatori nanna mostrato di apprezzare il volume
che metteva in questione gli educatori, più e prima
che i giovani, sottolineando che costituisce un gros-
so punto di merito il fatto che il 11genera le11 dei sa le-
siani cammini avanti rispetto alla stessa istituzione
che dirige; che non sfugge i problemi pur gravi
della rea ltà educativa attua le; che si rende perfetta-
mente co nto del nuovo ana lfabetismo che serpeg-
gia nel mondo, l'analfabetismo informatico; che,
infine, ed è gran punto di merito, abb ia deci so di
non camminare da solo, di rimanere coi piedi per
terra, e privilegiare la realtà ai sogni.
SAGGEZZA E LUNGIMIRANZA
Gli viene dato atto di essere la "guida del/1armata
dei salesiani per portare dei valori ai giovani",
guida vigile e competente, saggia e lungimirante
che si accorge di come le nuove tecnologie stiano
cambiando il volto dell' educazione. Se ne ammira
il coraggio perché accetta sfide giudicate proibitive,
e capisce che la partita si gioca tra tecnologia e
cuore, in questo fedele al terzo pilastro del sistema
preventivo, di cui è il garante come successore di
Don Bosco, l'amorevofezza. Si prende atto della
sua modernità, che accetta il mondo tecnologico
perché c'è, e non si può far finta che non ci sia, né
lo si può ripudiare o, novelli donchisciotte, com-
battere; si può tuttavia integrare: un po' di cuore
nella tecnologia e anche questa può essere guardata
e assunta non più con sospetto . Allora va aggiornato
l'approccio educativo, ma la sostanza resta tutta:
l'educazione trasmette valori e ideali.
È sicuro, don Vecchi , che con Internet non debba
esserci battaglia, Internet può essere piegato a
mezzo educativo. Così il prete/educatore viene ap-
prezzato da studenti e docenti per questo suo rifiuto

3.9 Page 29

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di qualsiasi allarmismo e paura, e ancora più per
quel suo richiamo a non lasciarsi sorprendere e,
peggio, travolgere dalla velocità oltre i limiti con
cui - causa l' informatica - la società evolve, scardi-
nando costumi consolidati ed erodendo valori mil -
lenari . Il segreto è nel continuare a " stare accanto"
per aiutare i giovani a cogliere e interpretare la
realtà senza entrare in competizione, né censurare
il mondo della tecnologia soprattutto comunicativa,
perché ci vedrebbe irrimediabilmente perdenti.
cuni fa ancora paura. Né ha glissato sulla globaliz-
zazione, allargando il concetto oltre la globalizza-
zione economica. Ha rivendicato la nozione di pu-
rezza ecologica: le società più ricche sono anche le
più inquinanti. Non ha rifiutato i temi scottanti
della bioetica . Non scrivo per intero la colorita
espressione di un giovanotto in jeans e orecchino
che alla fine ha sussurrato all'amica vicina : "Beh,
però, questo prete ci ha testa! ..." .
UN EQUILIBRIO AVANZATO
Poi sono arrivate le domande. Puntuali, alcune
acute, altre spregiudicate. Come temevo. Don Vec-
chi non ha perso una sillaba, non l' ho visto nem-
meno per un istante esitare, non ha mai brancolato
nella risposta, né mai ha glissato domande. Ha
mantenuto il suo equilibrio avanzato, affrontando
le questioni con la competenza propria di chi ha
fatto della materia trattata la scelta della sua vita.
Sottile in alcune risposte, garbatamente sarcastico
in altre, sorprendentemente equi Iibrato anche su
quelle concernenti l' infinita querelle su scuola pri-
vata e scuola pubblica. Ha operato sottili distinzio-
ni, dicendo, tra l'altro, che preferiva a scuola privata
e scuola statale, la dizione onnicomprensiva di
scuola della società civile.
Ha riletto criticamente, con realismo e ottimismo,
la storia passata, perfino il contestato ' 68 che ad al-
I 11 novembre 2000. Don Vecchi, segnato dalla ripresa
del male, a Torino consegna il crocifisso a 113 missionari.
Una grande spedizione che ha fortemente voluto
per illll millennio.
Il Rettor Maggiore incontra il Papa in occasione del Sinodo dei Vescovi per l'Asia (aprile 1998).
BS SUPPLEMENTO MA RZO 2002

3.10 Page 30

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UN PROFILO
SEMPLICE PER UN
UOMO GRANDE
di Renato Butera
Juan Edmundo Vecchi Monti, nasce a Viedma
(Argentina) il 23 giugno 1931 , settimo e ultimo
fig li o di una famig lia di emigrati italiani che tra
il 1898 e il 1906 si era trasferita dal l'E milia Ro-
magna in Argentina in un'epoca in cui l'emigrazio-
ne verso l'America era il sogno di tanti italiani che
avrebbero voluto trovare lavoro e serenità in terra
straniera, vista la povertà del la propria patria. Il
padre Alb ino Vecchi originario di Baretto (Reggio
Emilia) e la madre Maria Monti, di Montescudo
(Forlì) si conoscono in Argentina e ivi si sposano.
Don Vecchi è, per parte di madre, nipote del vene-
Il
DON VECCHI SCRITTORE
~~;~r!~~a ~~abo'.rziocne a vari~ riviste: Note di
dV
vani e, ateches, Mision }ove
b~~zi~~~h~t: ~~?blicat? alcu~i libri in coli;~
giovanile, e haad~tiulton, studiosi di p~storale
dDeizll!oednuacriazdI_ionPea.storale ~i~uv~nw~:a~odfz~~~~zaei
:z? ~rf~.1 ha pubblicato presso la CCS di Ma-
lg!e;ia d: P[,iyeio. de p~stora! juveni/ en la
con Ios ;.oveneys.". nentac10nes para caminar
;,-Jel 1992 pr~sso /'editrice ELLEDICI di 1i . .
~a,storale g10vanile: una sfid
I orino.
dn,,.tgareucpcp/iegs,i·aoIvea"n' ie/i"a.ncora nel 1a99p3er"Aan,.mcoamtoun-.
aN,_gel1. 01v9a9n9,!11 sempre
con
l' ELLEDICI
,
" Dire
10
dfiNl e~òilt~lCo~! ~sstu~e!s~_smwoeo~au~ns~en~~.o~E"~d/~uaGctau~taorrddiainlaeng/iilo'de_r,~n~a.li~s~tt~~'~.~cfo,~:i
ticolare agli educatori ~~l~~~t r?olge _in par-
~o~ sapiente capacità di sinte~~ ormat1ca e -
da df t~aa~~os~r,r:~ì ~~~; rnsreme il nuovo e l'ant'
- sa mettere
~aetiod~o;~e~:~~iiv~d
B:ff
iI .,
on osco resta ancora
v/~~nal atto per impostare il dialogo educati-
e nuove generazioni ".
i~:~;~~~s~~:i i~~~~~(r~li~e lettere, le strenne,
I
8 marzo 1999. L'UPS festeggia i 25 anni da che ha ricevuto il titolo di Università. Don Vecchi è con il Presidente
della Repubblica Italiana on . Oscar Lui&i Scalfaro, il cardina le Pio Laghi, prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica
ed exalhevo di Faenza, e il Rettor Magnifico don Michele Pellerey.
SUPPLEMENTO MARZO 2002 BS

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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rabile Artemide Zatti, salesiano laico che il prossi-
mo 14 aprile sarà dichiarato beato dal papa Gio-
vanni Paolo Il, primo 11coadiutore11 non martire a
salire gli altari.
SALESIANO E SUPERIORE
Juan conosce i salesiani a Viedma, s'innamora
della loro vita dedicata con competenza e passione
ai giovani più poveri e bisognosi, e decide di diven-
tare anche lui uno di loro. Emessi i primi voti a
Fortìn Mercedes, il 29 gennaio del 1947, viene in-
viato in Italia per gli studi teologici che svolge nel-
l' Istituto Teologico Internazionale di Torino Crocet-
ta, dove è ordinato sacerdote il 1° luglio del 1958.
In quello stesso anno consegue la licenza in teolo-
gia, e comincia ad approfondire i settori della pa-
storale giovanile e della pedagogia salesiana . Tor-
nato in patria è direttore a Viedma dal 165 al '72.
In quest' anno inizia il suo lungo servizio alla
congregazione come superiore generale, che si
9 prolun herà per ben 30 anni, fino alla morte. Dal
'72 al 78 è regionale per 11America Latina-Atlanti-
co; dal '78 al '90 è consigliere ~enerale per la pa-
storale giovanile; dal '90 al '96 e vicario del Rettor
Maggiore; e infine dal 20 marzo 1996 è l'ottavo
successore di Don Bosco.
Sarà certo ricordato come l' innovatore della pa-
storale giovanile, ma anche per le sue notevoli doti
di governo. Si mostra impareggiabile nell'accoglie-
re e dare ascolto tenendo sinceramente in conto le
opinioni, i suggerimenti , le esigenze di ciascuno.
Ha radicato il senso di una paternità matura ed esi-
gente e di una fedeltà adamantina al carisma origi-
nario del fondatore. Gli viene riconosciuta una in-
discussa abilità nell'animare il lavoro in équipe
che, unita a una forte sensibilità e apertura ai segni
dei tempi, gli conferiscono una effettiva leadersnip
che egli esercita con avvedutezza, rispettando fino
in fonao le competenze di ciascuno.
RETTOR MAGGIORE
Viene nominato Rettor Maggiore dal Capitolo
XXIV della congregazione, quello che ha affrontato
il tema scottante dei laici. Don Vecchi ha sempre
creduto in loro, e ha implementato la relazione di
fiducia e di condivisione con le migliaia di laici
che prendono parte in forme diverse alla missione
di Don Bosco di servire i giovani. Notevole anche
la sua sensibilità post-conciliare, in continuità con
il suo predecessore don Egidio Viganò, ha creduto
in una "Chiesa-comunione" e in una "Chiesa-mis-
sione" al servizio dei poveri , in una congregazione
incarnata in tutte le culture protesa verso i più po-
veri e i più emarginati di ogni continente. Ma, a dif-
ferenza di don Viganò, in don Vecchi è spiccato
l' aspetto antropologico ed educativo su quello teo-
logico e spirituale, pur rimanendo alta questa carat-
teristica nell a sua personalità (si vedano le molte-
plici lettere e pubblicazioni su quest' ultimo ambi-
to). Chi lo ha conosciuto può testimoniare il grande
slancio spirituale che lo ha animato e lo ha reso en-
tusiasta e ottimista.
6 maggio 2000. A Kinshasa accolto trionfalmente
nella "Cité des Jeunes".
Don Vecchi è stato senz'altro il tratto di unione
più saldante tra la spiritualità convinta e testimonia-
ta e l'azione pastorale tra i giovani, coerentemente
salesiana, convinto che solo se si è mistici, se si
crede quindi in Colui che dà animo e identità, si
può trasmettere Cristo ai giovani.
Al binomio spiritualità e pastorale, don Vecchi ha
sempre aggiunto la testimonianza della vita religio-
sa e comunitaria salesiana. Comunità credibili, spi-
rituali, impegnate pastoralmente, sono l'espressione
fruttuosa di quell'amore di Dio ai giovani di cui i
salesiani professano di essere "Segni e portatori".
Don Vecchi ha sempre creduto in questo, al punto
che il tema del Capitolo Generale 25 che si sta ce-
lebrando proprio in questi giorni, da lui convocato,
ha posto in stretta relazione le tre componenti: te-
stimonianza della spiritualità, vita comunitaria,
azione tra i giovani.
L'ottavo successore di Don Bosco è stato anche
uomo della comunicazione, ambito pastorale in cui
ha creduto fortemente e al quale ha dato forte im-
pulso . Nel programma del suo sessennio come Ret-
tor Maggiore, la dimensione della comunicazione
ha attraversato trasversalmente tutti gli ambiti e si è
concretizzata, fra l' altro, nel rinnovamento e rilan-
cio delle 52 edizioni del Bollettino Salesiano, e in
una fitta serie di viaggi che hanno toccato tutti gli
angoli del mondo salesiano e tutte le imprese di ca-
rità che caratterizzano iI loro impegno.
Don Vecchi è stato senza dubbio un grande lavo-
ratore, uomo di fede, specchio fedele della lettura
carismatica di Cristo che lo Spirito Santo ha affidato
a Don Bosco. Uomo dell'ascolto, attento alla cultu-
ra moderna, che ha creduto nella possibilità dell ' in-
contro tra fede e cultura, tra laicità e religiosità .
Formidabile la sua capacità di cogliere il nocciolo
delle questioni, senza disperdersi in inutili lungag-
gini , ma altrettanto rispettoso dei punti di vista al-
trui, egli è stato un animatore con idee chiare,
aperte, condivise, capace di tracciare ottimistica-
mente orizzonti nuovi e di dare impulso a un pro-
getto stabilito.
BS SUPPLEMENTO MA RZO 2002

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
FIRENZE C.M.P.
I SUCCESSORI DI DON BOSCO
e tempo del loro rettorato
Beato Michele Rua
(1/2/1888 - 6/4/1910)
4.000 salesiani.
Don Paolo Albera
Beato Filippo Rinaldi
Don Pietro Ricaldone
(16/8/1910-29/10/1921) (24/4/1922) - 5/12/1931) (17/5/1932 -25/11/1951)
5.075 salesiani.
8.954 salesiani.
16.363 salesiani.
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Don Renato Ziggiotti
(118/1952 - 27/4/1965)
Don Luigi Ricceri
Don Egidio Viganò
Don Juan E. Vecchi
(27/4/1965 - 15/12/1977) (15/12/1977 - 23/6/1995) (20/3/ 1996 - 23/01/2002)
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22.383 salesiani.
17.173 salesiani.
17.571 salesiani.
16.915 salesiani.
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