Bollettino_Salesiano_201810

Bollettino_Salesiano_201810



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IL
OTTOBRE
2018
è Minicsosniotrnoe
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
A tu per tu
Don
Favaro
Le case
di don
Bosco
Novara

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LE COSE DI DON BOSCO
B.F.
Lo scalone di
Palazzo Barolo
Modestamente sono un gioiello di
scalone principesco. La mia padrona
era la marchesa Giulietta Colbert de
Maulévrier Falletti di Barolo, una
signora dotata delle più alte virtù e di
una mente vulcanica, ma imperiosa
fino a far cedere tutto dinanzi a lei.
Per questo mi sussultavano gli scalini, quando
ho incominciato a vedere quel giovane prete, con
quella tonacaccia, calpestare con le sue vecchie
scarpe il mio regale tappeto color porpora e par-
lare tranquillo tranquillo con la Marchesa.
La storia
La potente e ricca marchesa Barolo incontrò don Bosco
nel 1844 e lo aiutò all’inizio della sua opera (Memorie
dell’Oratorio, seconda decade).
L’avevo già intravisto dalla finestra. Passava qui
davanti con un’orda di straccioni. Erano più di
trecento. Ragazzotti chiassosi e scalzi. Quel prete
non avrebbe fatto meglio forse a starsene in chiesa?
Macché! La Marchesa lo prese come cappellano
per il suo Istituto, anzi fece di più: autorizzò quel
prete coraggioso, che si chiamava don Bosco, a
riunire i suoi monelli in un cortiletto di fianco
all’istituto. Gli furono date due stanze che don
Bosco stipò di ragazzi. Non poteva durare.
La mia padrona decise di estromettere dalle sue
belle case i “guastatori” di don Bosco. Ma avreb-
be voluto che lui rimanesse a occuparsi delle sue
ragazze. Don Bosco rifiutò. La Marchesa, non
abituata a sentire un “no”, gli promise che mai e
poi mai gli avrebbe ancora dato un centesimo.
Così fui strabiliato quando un giorno lo vidi
comparire qui a salire i miei gradini con il cap-
pello in mano. La marchesa, non appena lo vide
comparire, quasi trionfalmente gli chiese: «Si
trova nella miseria, non è vero?»
«Oh no!» rispose don Bosco con quella sua aria
amabile e serena. «Non son venuto a parlarle di
danaro; conosco le sue intenzioni e non voglio
disturbarla, tanto più che non ho bisogno di
niente... e, se mi permette una parola che ag-
giungo senza intenzione di offenderla... non ho
bisogno neppure di lei, signora Marchesa!»
«Sì, eh? – replicò essa – ecco il superbo!»
E don Bosco, con la sua mirabile calma inci-
siva: «No, non cerco il suo danaro e rispetto le
sue decisioni. Vorrei soltanto dirle, facendo una
supposizione inammissibile, che se la signora
Marchesa cadesse nella miseria ed abbisognasse
di me, io mi caverei il mantello dalle spalle e il
pane di bocca per soccorrerla».
La marchesa tacque e si ritirò in salotto. Ma io
so che in modo anonimo, attraverso amici fidati,
continuò a mandare “aiutini” a don Bosco.
2
Ottobre 2018

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IL
OTTOBRE 2018
ANNO CXLII
Numero 9
IL
Mensile di
informazione e
OTTOBRE
Rivista fondata da
2018
S. Giovanni Bosco
nel 1877
cultura religiosa
edito dalla
A tu per tu
Don
Congregazione
Favaro Salesiana di San
Le case
di don
Bosco
Novara
Giovanni Bosco
è Minicsosniotrnoe
In copertina: Ottobre è il mese delle
Missioni, dell’incontro umano al di là
di ogni frontiera (foto Ester Negro).
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 CHE COSA PENSANO I GIOVANI
8 SALESIANI NEL MONDO
Iauarete Amazzonia
12 LE CASE DI DON BOSCO
Novara
16 TESTIMONI
Che cos’è la vocazione
20 A TU PER TU
Don Favaro
23 INFORMATIVA SULLA PRIVACY
24 IN PRIMA LINEA
Pakistan
28 MEMORIE
Le custodie del corpo
di don Bosco
32 INVISIBILI
Dorothea Hahn
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
8
16
24
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Roberto Desiderati,
Pietro Diletti, Emilia Di Massimo,
Ángel Fernández Artime, Claudia
Gualtieri, Cesare Lo Monaco,
Natale Maffioli, Alessandra
Mastrodonato, Francesco Motto,
Marisa Patarino, Pino Pellegrino,
Giampietro Pettenon, Luigi Zonta,
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Diffusione e Amministrazione:
Tullio Orler (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
Vi amo,
quel che vogliamo diventare, perché un sogno ce
l’abbiamo anche noi e non vogliamo vederlo spe-
gnersi come si spengono le stelle cadenti».
«Carissimo don Ángel»
Salesiani! Atitolodiesempio,desiderocondividerecontut-
ti voi due scritti che mi sono giunti recentemente.
Il primo messaggio, di due settimane fa, viene da
una giovane animatrice:
«Carissimo don Ángel,
ho appena visto il tuo messaggio riguardante il
Capitolo Generale 28 e ho deciso di scriverti solo
per dirti qualcosa; il tema del Capitolo mi è sem-
«Molti di noi non immaginano una vita senza brato meraviglioso. Mi ero già presa un po’ di tem-
don Bosco, senza Salesiani, e possiamo po per riflettere un po’ sulla figura salesiana, di
cui ha bisogno la nostra realtà e abbiamo bisogno
affermare che non saremmo innamorati noi giovani, ispirata dall’esperienza personale che
di Dio in una maniera “pazzesca”, piena di ho vissuto con i Salesiani che mi hanno accompa-
gnato lungo tutta la mia crescita. Mi sembra che
risate e grandi esperienze, senza di lui». il Capitolo coinvolga direttamente noi, giovani in
formazione-accompagnamento o già giovani ani-
Cari amici e lettori del Bollettino, con il
Sinodo che si celebra a Roma, la Chiesa
vuole ascoltare i sogni dei giovani e ri-
spondere con tutta la sua “maternità”. In
perfetta sintonia con la Chiesa, noi sale-
siani ci prepariamo a fare la stessa cosa
matori, dal momento che siamo molto sensibili
verso i gesti che possono essere rivolti a noi.
Sinceramente alcune volte mi sono sentita un po’
triste poiché apparentemente, per alcuni salesia-
ni, sembrano contare di più altre cose come i con-
ti, gli oggetti della casa, l’economia, gli edifici, la
con la celebrazione del Capitolo Generale che gestione, ecc. Tuttavia, l’invito a mettere al pri-
stiamo preparando.
mo posto le cose del cuore, mi riempie di gioia;
Il tema del Capitolo sarà “Quali sa- mi riempie davvero di grande speranza la sfida
lesiani per i giovani di oggi?”. La di lasciare la zona di benessere perché abbiamo
domanda più bella e coerente bisogno di Salesiani con convinzione, sogno, pas-
che si può fare. Anche il filoso- sione, che possano essere testimoni viventi dell’a-
fo Umberto Galimberti, spiega: more di Cristo e possano essere per noi un esem-
«I giovani chiedono insegnanti pio di tutto ciò che professava don Bosco.
motivati e carismatici, perché Credo che così potremo innamorarci una volta
si impara per fascinazio- ancora di questo stile di vita e così far crescere
ne». E agli adulti dico- maggiormente la nostra cara Famiglia salesiana,
no: «Non vi odiamo, ovviamente facendo tutti la propria parte.
anzi vi siamo rico- Ti porto nel cuore. Con tanto affetto».
noscenti se ci potete Nella mia ultima visita in Messico un giovane del
aiutare a realizzare Movimento Giovanile Salesiano mi ha consegna-
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Ottobre 2018

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to questa lettera, dopo averla letta in pubblico.
«Ciao don Ángel. Anzitutto desidero salutarti e
ringraziarti di tutto quello che fai. È un vero piace-
re poter condividere un po’ dell’esperienza della mia
comunità come giovane del movimento salesiano.
Mi chiamo A.K. e ho 23 anni. Sono originario
della frontiera, di Nuevo Laredo, Tamaulipas. È
davvero una sfida scrivere queste parole e sapere
che saranno lette dal successore di don Bosco, il
nostro amato don Bosco, la persona che ha ispi-
rato migliaia di giovani a convertirsi per Amore a
Dio, a vivere esperienze indimenticabili e cono-
scersi più intimamente.
Ti dico che conosco i salesiani da 10 anni. Ritengo
una grande benedizione aver visto la nascita di un
Oratorio da una vera e propria discarica; la gioia di
vedere come si è formata a poco a poco una comu-
nità che voleva lavorare, fare la differenza, coltivare
uno spazio di gioia, convivenza e pace per i nostri
bambini e giovani, un posto dove amare Cristo li-
beramente, dedicando tempo e fatica.
Durante questo tempo è stato difficile mantenere
vivo l’oratorio, a causa del difficile ambiente cir-
costante pieno di droghe, alcol, spaccio, migra-
zione illegale e dove i più esposti sono i ragazzi
e le ragazze. È difficile la lotta che si sperimenta
ogni giorno, una lotta di tutti contro tutti.
È da riconoscere il sostegno della comunità sale-
siana e dei volontari che ci accompagnano e che
cercano di liberare i giovani da queste situazioni.
Ma allo stesso modo ci sono giovani innamorati
di Gesù e di don Bosco, giovani che hanno trova-
to una seconda casa, nuovi amici, un posto dove
possiamo esprimerci e divertirci in modo sano.
Per questa ragione noi giovani di Nuevo Lare-
do desideriamo dire a don Bosco che vogliamo
essere coraggiosi come lui nel sopportare tante
situazioni senza disperarci e senza arrenderci,
lottando sempre per i nostri sogni, anche se non
sappiamo quanto lontano potremo andare. Molti
di noi continuano a chiedersi cosa abbiamo fatto
per essere stati scelti per conoscere e vivere in un
Oratorio, e al suo interno imparare a condividere
l’esempio di don Bosco.
Ci appassiona sapere come ha dedicato tempo e
vita per i più bisognosi, donando loro un posto
dove vivere, inviando persone che ci seguono tra-
smettendoci la stessa energia per credere in Gesù
e vivere secondo il suo esempio.
Molti di noi non immaginano una vita senza don
Bosco, senza Salesiani, e possiamo affermare che
non saremmo innamorati di Dio in una manie-
ra “pazzesca”, piena di risate e grandi esperien-
ze, senza di lui. Don Bosco, tu hai guidato gli
smarriti che, senza conoscere la direzione della
loro vita, hanno trovato la risposta all’interno di
questa casa, scuola, chiesa e cortile.
Per questo, caro don Bosco, desidero dirti grazie
perché continui a spingere e motivare sempre i
giovani, e desidero ringraziarti perché mantieni
viva la mia “Grande Famiglia Salesiana”, dove ho
vissuto i migliori momenti della mia vita, dove ho
conosciuto persone stupende, dalle quali sto an-
cora imparando, soprattutto la gioia di amare Dio
in un modo che non avrei mai pensato; la felicità
di essere me stesso, facendo ciò che mi piace, sen-
za paura o imbarazzo davanti agli altri, vivendo
semplicemente nella misura massima il carisma
salesiano e quindi potendo dire che la mia scelta è
Cristo, nello stile di don Bosco».
Siamo figli di un sognatore e non lasceremo che
i sogni dei giovani si spengano come le stelle ca-
denti.
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CHE COSA PENSANO I GIOVANI
CLAUDIA GUALTIERI
Droghe
L’argomento “droghe”
cattura e affascina
i giovani. Sono consapevoli
o temerari? Che cosa
dicono loro al riguardo?
Qual è il rapporto dei
giovani con le droghe
e che cosa pensano
della loro legalizzazione?
Valeria, 25 anni
«La scarsa informazione
sulle conseguenze dell’uso
e dell’abuso di queste sostanze
è il danno più grande».
La mia opinione riguardo l’uso di
droghe leggere è sicuramente a primo
impatto negativa, considerando che si
parla di sostanze “stupefacenti” che
seppur in quantità minima vanno ad
alterare lo stato fisico e mentale di chi
ne fa uso. Quali sono però le motiva-
zioni che spingono a farne uso? Sicu-
ramente la cultura in cui noi giovani
viviamo dà il suo contributo, ma la
scarsa informazione sulle conseguen-
ze dell’uso e dell’abuso di queste so-
stanze è il danno più grande.
Penso che, al giorno d’oggi, la si-
garetta tra i più giovani è quasi una
costante, un elemento cromosomico
per far parte di un gruppo, ma, qua-
lunque sia la motivazione che spinge
all’uso di droghe, ritengo che la solu-
zione alla maggior parte dei problemi
della vita sia da rintracciare altrove.
Per quanto riguarda invece la lega-
lizzazione delle droghe leggere la mia
opinione è forse un po’ contrastante.
Mi spiego: inizialmente ero favore-
vole perché così facendo la crimina-
lità organizzata avrebbe subito sicura-
mente una perdita, seppur minima, di
domanda di quel mercato sommerso
che, purtroppo sappiamo essere uno
dei motori principali di tutte le mafie.
Facendo un discorso di questo tipo
quindi sembrerebbe una buona idea,
se non altro per dare una dimostra-
zione che chi governa non sta solo a
guardare ma che realmente opera per
il bene dei giovani.
Allo stesso tempo però con la legaliz-
zazione delle droghe leggere si annul-
Foto Shutterstock.com
lerebbe “l’effetto adrenalinico” di chi
fa uso di qualcosa di illegale e facendo
forse così scattare la ricerca di qualco-
sa di “più forte”. Infine l’ultimo fatto-
re su cui vorrei dare la mia opinione
è legato a quello che è il fantomatico
“effetto terapeutico” di alcune droghe.
Non mi permetto di dubitare a tal ri-
guardo, qualora i progressi portino a
soluzioni positive in questa direzione
ne sarei solo felice. La mia paura è che
si strumentalizzi una questione deli-
cata come la salute, per scopi terzi.
Noemi, 23 anni
«Vi vogliono far credere che
fumare una canna è normale,
che faticare a parlarsi è
normale, che andare sempre
oltre è normale. Qualcuno vuol
soffocarvi».
Queste sono le parole di Antonella
Riccardi, che nel 2017 ha pronuncia-
6
Ottobre 2018

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to durante il funerale di suo figlio,
morto suicida durante una perqui-
sizione in casa poiché ritrovato in
possesso di hashish, in seguito ad
una richiesta d’aiuto alla Guardia di
finanza da parte della sua stessa ma-
dre. Sono parole che racchiudono,
in un qualche modo, il mio pensiero
riguardo l’uso delle droghe in gene-
rale.
Sono cresciuta in comitive dove qual-
cuno ne faceva uso, e posso dire di
aver visto come questa dipendenza
rappresenti un pericolo diverso, nei
diversi contesti e nelle diverse fasce
d’età, ma in tutte rappresenta un pe-
ricolo. Purtroppo è una piaga che col-
pisce il mondo giovanile, e non solo,
ormai da anni, e sempre da anni non
si trova il giusto modo per far fronte
a questo allarme. Io dal canto mio ho
sempre avuto un certo rifiuto per le
droghe, ma ho imparato a convivere
con chi faceva uso di droghe perlopiù
leggere, cercando nel mio piccolo di
offrire sostegno affinché si abbando-
nassero determinati cammini, ma nel
98% dei casi mi sono ritrovata a cam-
minare da sola. Sono contraria all’uso
di sostanze stupefacenti perché porta
a lungo andare ad una sorta di an-
nullamento, ad un senso di illusione
che non solo ti distacca dal tuo reale
vissuto, ma ti porta poi a provare un
“disamore” per il bello della vita. Non
ne condivido l’uso perché all’illusione
spensierata di un attimo, preferisco
la dura complessità della vita. Sono
contraria perché in un mondo or-
mai sempre più falso e contradditto-
rio, agli attimi sintetici preferisco gli
istanti autentici.
Sono del pensiero che la legalizza-
zione delle droghe rappresenti per
l’Italia una sconfitta, una sorta di
resa al problema, un ammettere fra
le righe che il nostro paese non rie-
sce o non vuole contrastare questa
piaga.
L’art. 32 della nostra Costituzio-
ne sancisce l’impegno dello Stato a
tutelare la salute sia come interes-
se della collettività sia come dirit-
to dell’individuo: mi appare quindi
come un’evidente violazione di uno
dei nostri principi più importanti
l’eventuale legalizzazione di queste
sostanze. La droga rappresenta una
vera e propria emergenza educativa,
in un contesto sociale sempre più
complesso e avverso, che va a colpire
sempre di più la sfera dei giovani.
Non sono quindi a favore della le-
galizzazione perché per me si trat-
terrebbe di un atto di leggerezza da
parte dello Stato che, pur di ade-
guarsi a un’odierna ideologia basata
su false libertà e tanto qualunqui-
smo, sarebbe disposto ad accettare
lo smarrimento e il dissesto di una
parte della sua società.
Mario, 24 anni
«Trovo che lo Stato dovrebbe
tutelare il cittadino e la sua
libertà di autodeterminazione,
consentendo l’uso di droghe
leggere in piena sicurezza».
Nonostante la complessità di questo
argomento, la mia visione a riguardo
risulta essere abbastanza chiara: sono
a favore della legalizzazione delle
droghe leggere. Credo che il proble-
ma di fondo sia la “miopia” dello Sta-
to nei confronti di questo tema così
delicato e per troppo tempo rimasto
ai margini del dibattito politico-isti-
tuzionale.
A prescindere dalle posizioni per-
sonali rispetto alla scelta del singolo
individuo di fare uso di droghe leg-
gere (posizioni sulle quali non entro
nel merito in nome della libertà che
credo ogni individuo debba avere di
trattare il proprio corpo come meglio
crede, ammesso di non ledere terzi),
trovo che lo Stato dovrebbe tutelare
il cittadino e la sua libertà di auto-
determinazione, consentendo l’uso
di droghe leggere in piena sicurezza,
regolamentandone la compravendita
come già avviene per alcool e siga-
rette.
Legalizzare le droghe leggere signi-
ficherebbe non solo dare un incenti-
vo alle casse dello Stato e colpire la
malavita in uno dei suoi mercati più
ingenti, ma anche garantire ai cit-
tadini-consumatori la certezza della
provenienza e della lavorazione che la
marijuana subisce prima di raggiun-
gere le tasche del consumatore, cosa
che ora non avviene.
È evidente, pertanto, che il proibi-
zionismo non risolve il problema
ma, a mio avviso, ne crea di nuovi.
Per concludere, credo che un’analisi
oggettiva debba riconoscere le colpe
di tutte le parti in gioco: pertanto
è importante menzionare il ruolo
dei media, che contribuiscono ed
alimentano la disinformazione che
c’è sull’argomento, e, ahimè, della
Chiesa, che troppo spesso condizio-
na l’operato dello Stato.
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SALESIANI NEL MONDO
GIAMPIETRO PETTENON - info@missionidonbosco.org - www.missionidonbosco.org
Iauarete Amazzonia
Il Vangelo tra fiumi e foreste
La regione dell’alto Rio Negro,
in Amazzonia, è proprio stata
conformata dalla presenza dei figli
di don Bosco. Il nostro servizio
pastorale come salesiani oggi è
di tipo parrocchiale in Iauarete
e nelle molteplici cappelle lungo
i fiumi. Nella cittadina animiamo
un bell’oratorio quotidiano, punto
di riferimento per i tanti bambini,
ragazzi e giovani.
Animare
pastoralmente e
cristianamente
questa gente
è bello e
sostanzialmente
facile.
Siamo sbarcati a Manaus, capitale dell’A-
mazzonia. Manaus ha circa tre milioni
di abitanti, è completamente circondata
dalla foresta amazzonica e si trova sulla
sponda destra del Rio Negro che arriva
da nord (le acque sono limpide, ma scu-
re) in prossimità della sua confluenza con il Rio
Branco che arriva da ovest (le cui acque sono di
colore chiaro, sabbiose e quindi sempre torbide e
limacciose, ambiente ideale per i coccodrilli) e su-
bito dopo vi confluisce il Rio Medeira che viene
da sud (con acque color marrone, come il legno). I
tre fiumi formano, da Manaus all’oceano Atlan-
tico, il grande Rio delle Amazzoni.
A Manaus i salesiani hanno numerose opere edu-
cative, ma soprattutto da questa città coordinano
il lavoro delle opere missionarie fra gli indigeni
dell’Amazzonia. La nostra destinazione è proprio
una di queste opere missionarie: Iauarete, all’e-
stremo confine occidentale del Brasile, proprio di
fronte al confine con la Colombia.
Avere l’acqua in casa
A Iauarete vivono circa 3000 persone e nel di-
stretto se ne trovano altrettante, disperse in più di
40 comunità collocate lungo il fiume. Le comu-
nità indigene un tempo (fino a quarant’anni fa)
erano il doppio, ma lentamente sta avvenendo un
processo di spopolamento delle zone più distanti
e difficili da raggiungere.
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La popolazione locale vede i beni di consumo e
ne resta affascinata. Molti sono beni superflui,
ma tanti altri invece sono utili alla vita, come è
per esempio il frigorifero. Pensate a che cosa vuol
dire avere un frigorifero per la conservazione del
cibo, in un paese equatoriale! La gran parte di
questi beni funzionano con l’energia elettrica e
questa, sul fiume dopo Sao Gabriel, si trova solo a
Iauarete perché il governo ha installato un gene-
ratore a gasolio che ha permesso l’elettrificazione
della piccola città indigena.
Il passo successivo è l’acqua potabile in casa. Loro
l’aspettano e ce la chiedono. Intanto hanno già
messo delle fontane pubbliche lungo le vie princi-
pali, però il sogno delle famiglie è potersi costruire
il bagno in casa. Le case sono poco più che barac-
che di pochi metri, con un’unica stanza in cui dor-
mono tutti insieme. I muri sono di legno (qualcuno
ha i muri di mattoni) e il tetto in lamiera. Ovvia-
mente per i bisogni personali ora vanno all’aperto,
nella foresta, vicino al torrente. Ma le infezioni e
le epidemie, a causa della mancanza di un siste-
ma fognario efficace, sono sempre in agguato.
Gli indigeni di questo vasto territorio sono di mol-
teplici tribù, ma tutti a Iauarete parlano la lingua
“tukano” e ovviamente il portoghese. La scolariz-
zazione è garantita dal governo che ha assunto in
proprio la gestione delle decine di scuole che a suo
tempo sono state fondate dai salesiani, anche se
la qualità dell’insegnamento non è molto elevata.
L’anno scorso hanno finito la scuola superiore a
Iauarete ben 80 giovani, ma solo due di loro (due
ragazze) hanno superato l’esame per potersi iscri-
vere all’università a Manaus.
Un bell’oratorio
Noi salesiani abbiamo una lunga storia da raccon-
tare in questo territorio. Siamo arrivati nel 1929
ed abbiamo fondato un collegio per interni. Ac-
canto a noi le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno
fatto la medesima cosa per le ragazze. Evange-
lizzazione delle comunità locali ed educazione
dei giovani nell’internato hanno fatto crescere
molti giovani indigeni. Abbiamo avuto, ed abbia-
mo ancora oggi, vocazioni di salesiani e di suore
indigene. La scuola ha concluso il servizio negli
anni ’80 in seguito alla presa in carico delle at-
tività scolastiche da parte del governo brasiliano
e alla presa di coscienza civile che le minoranze
etniche vanno tutelate e preservate.
Il nostro servizio pastorale come salesiani oggi
è di tipo parrocchiale in Iauarete e nelle molte-
plici cappelle lungo i fiumi. Nella cittadina poi
animiamo un bell’oratorio quotidiano, punto di
riferimento per i tanti bambini, ragazzi e giovani.
Animare pastoralmente e cristianamente questa
In alto: L’enorme
bacino del Rio
delle Amazzoni.
A sinistra:
Don Roberto
Cappelletti.
La missione di
Iauarete è affidata
a lui.
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SALESIANI NEL MONDO
Panorama
della missione.
In alto: Gli
abitanti hanno
la dimensione
comunitaria
radicata nella
propria tradizione
culturale e sociale.
Vivono molto
tempo insieme.
Sono abituati
a gestire le
attività mediante
assemblee
comuni.
gente è bello e sostanzialmente facile. Non si de-
vono impiegare molte parole per far capire loro
che cos’è la chiesa. La dimensione comunitaria
c’è, l’hanno radicata nella propria tradizione cul-
turale e sociale. Vivono molto tempo insieme, in
comunità di 40/50 famiglie. Sono abituati a ge-
stire le attività mediante assemblee comuni in cui
eleggono i propri capi, i coordinatori dei servi-
zi collettivi. Così anche per le attività religiose.
Sono loro che si riuniscono e indicano al parroco
quale persona stimata e buona lo possa rappre-
sentare nella comunità locale. Il parroco infatti lo
vedono poco, perché il territorio è vastissimo. Ma
non per questo la vita spirituale e religiosa della
comunità si affievolisce. Hanno i ministri straor-
dinari dell’Eucaristia che fanno la celebrazione e
una volta consumate tutte le Ostie consacrate, si
recano in parrocchia per averne altre.
Sotto il tavolo da ping pong
Quando un bambino nasce viene presentato al
coordinatore pastorale della comunità che affida la
coppia ai ministri per il sacramento del Battesimo.
Una volta conclusi gli incontri è la comunità che
in occasione della visita del sacerdote gli presenta
il bambino e garantisce la preparazione dei geni-
tori affinché sia amministrato il sacramento. Lo
stesso avviene per la celebrazione dei matrimoni.
È molto bello il sabato mattina vedere tutte le
famiglie della comunità riunirsi nella grande sala
comune (di forma circolare o rettangolare) dove
parlano, affrontano temi comuni, si confrontano
e cercano le soluzioni ai loro problemi. Ogni
famiglia porta qualcosa da mangiare e così, una
volta concluse le discussioni, si pranza insieme
mangiando del frutto della condivisione comune.
Abbiamo molto da imparare da questa gente
semplice e povera...
Gli indigeni di questa regione sono abbastanza
bassi di statura, timidi e gentili. Le bambine sono
particolarmente belle. Hanno una carnagione
ambrata bellissima, occhi a mandorla neri, come
neri sono i lunghi capelli, e lisci come seta. Un
nasino piccolo e schiacciato e labbra carnose che
si schiudono in sorrisi aperti e sinceri. Un vero
spettacolo da ammirare. Peccato che purtroppo
anche qui, a volte, i bambini siano vittime degli
adulti... La violenza domestica purtroppo è una
piaga diffusa. Gli adulti vittime dell’alcool, quan-
do hanno bevuto perdono il controllo e chi ci ri-
mette, come sempre, sono i più fragili ed indifesi.
È anche per loro che don Roberto Cappelletti sta
costruendo un edificio in cui una sala è dedicata
ad accogliere quei ragazzini e ragazzine che a vol-
te lui trova, al mattino quando scende per andare
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2 Pages 11-20

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in chiesa, a dormire sotto i calcetti o i tavoli da
ping pong dell’oratorio. Non sono potuti stare a
casa perché i genitori erano ubriachi, soprattutto
dopo le “feste brasiliane”, e non preparano loro
nulla da mangiare, ma soprattutto menano le
mani quando se li trovano vicino.
La comunità
Don Roberto Cappelletti – 48 anni – è arrivato
quattro anni fa a Iauarete ed ha capito che qui
il cuore era in pace, a servizio di questa gente.
Sacerdote salesiano originario della provincia di
Treviso, sei anni fa ha chiesto al Rettor Maggiore
di poter andare in missione. Dopo un primo pe-
riodo in un grande collegio salesiano al sud del
Brasile, chiede di poter essere con i più poveri e
viene accontentato. Come ci indica con insisten-
za papa Francesco, sono le periferie geografiche,
esistenziali, affettive... l’oggetto di maggior cura
della pastorale cristiana.
Per tre anni serve ed anima l’oratorio e la pasto-
rale parrocchiale, come nuovo arrivato. Dall’anno
scorso i Superiori gli hanno praticamente affidato
tutta la missione di Iauarete. Ora è direttore della
comunità salesiana, parroco, economo, incarica-
to dell’oratorio, formatore del gruppo di giova-
ni aspiranti alla vita salesiana – sono 7 ragazzi
di 17/18 anni, tutti indigeni, che si interrogano
sul proprio futuro e sulla possibile chiamata di
Dio a consacrare la vita al servizio dei giovani.
Lo aiutano in comunità padre Norberto, sacer-
dote di origine austriaca. Ha ottant’anni, passati
praticamente tutti in Amazzonia. Padre Norber-
to fu ordinato sacerdote proprio a Iauarete più di
cinquant’anni fa. Con la sua piccola barca percor-
re i fiumi visitando in continuazione le piccole co-
munità cristiane più lontane. Ha rischiato la vita
innumerevoli volte, sfidando la furia delle rapide.
Una volta la corrente ha vinto la forza del motore
della barca e lo ha trascinato in una cascata dove
ha fatto un salto di 19 metri. Nessun osso rotto,
la barca ammaccata, il motore distrutto.... ma non
si arrende e a ottant’anni passati programma la
prossima visita ai suoi fratelli in Cristo.
C’è poi il signor Victor, un salesiano coadiutore di
ottantacinque anni, molto ben portati. È l’uomo
di casa. Cura l’orto e le galline, crea un bel clima
familiare con la sua giovialità. Viene dal Costari-
ca ed è in Amazzonia da oltre quarant’anni.
Infine la comunità accoglie un giovane salesiano
coadiutore di appena 24 anni, indigeno del posto,
che sta svolgendo il periodo di tirocinio pratico
fra la sua gente.
Sono quattro confratelli che si stimano, si voglio-
no bene e si aiutano reciprocamente. Vengono dai
quattro angoli del mondo, ma tutti hanno in co-
mune la medesima vocazione salesiana e la vivono
accanto ai più poveri e lontani abitanti del Brasile,
gli indigeni dell’Amazzonia.
Grazie a Missioni
don Bosco nasce
un nuovo edificio
per accogliere
sempre più e
meglio bambini
e giovani
con problemi
famigliari.
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LE CASE DI DON BOSCO
LA COMUNITÀ
Il San Lorenzo
di Novara 125 anni
di storia salesiana
Nella seconda città del Piemonte i figli di don Bosco sono
arrivati ormai da più di un secolo. Una storia ricca di futuro.
Abbiamo intervistato il direttore, don Giorgio Degiorgi,
che inizia il suo secondo mandato in quest’opera.
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Ottobre 2018

2.3 Page 13

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Iniziamo dal nome: perché
“San Lorenzo”? Non è un nome
diffuso tra le case salesiane!
È vero! L’Istituto di Novara non è intitolato ad un
Santo della famiglia salesiana, ma è invece dedi-
cato a san Lorenzo. Anche se gli spagnoli hanno
governato in passato questa città non è il “loro”
san Lorenzo, ma un santo locale, in quanto si
tratta del terzo vescovo di Novara. Proprio vicino
all’Istituto sorgeva una Chiesa dedicata a lui e la
zona, ormai nel centro città, era chiamata “largo
san Lorenzo”. Ecco svelata l’origine.
E poi?
Si diede subito da fare per iniziare un piccolo ora-
torio, acquistando due capannoni dismessi. Man
mano che si prendeva coscienza dei bisogni dei
giovani di Novara, l’opera si ampliò. Da subito
i salesiani vollero edificare il Santuario dedica-
to a Maria Ausiliatrice, che venne consacrato nel
La casa di Novara
comprende una
grande scuola,
l’oratorio,
il convitto
universitario e il
Santuario di Maria
Ausiliatrice.
Come sono stati gli inizi?
Don Bosco venne a Novara nel 1865, per parlare
con il Vescovo di allora su possibili sviluppi della
Congregazione in questa Diocesi. Fu don Rua a
decidere di fondare, nel 1893, la nostra casa. Il
primo salesiano a giungere qui fu don Giovan-
ni Ferrando. Arrivò da Torino: aveva 29 anni, 50
centesimi in tasca e chiese ospitalità agli oblati di
san Marco.
Ottobre 2018
13

2.4 Page 14

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LE CASE DI DON BOSCO
14
Ottobre 2018
1897 ed è oggi un punto di riferimento per la
città. Più tardi nacquero le scuole e un convitto
per gli studenti interni, l’avviamento al lavoro. La
casa fu per molti anni sede dell’Ispettoria Nova-
rese-Elvetica.
Come risposero i salesiani
ai bisogni della gente novarese?
Un tratto che contraddistinse quest’opera fu
proprio la capacità di “reinventarsi”. Ad esem-
pio quando a Novara si concentravano migliaia
di soldati di leva, nelle grandi caserme vicine a
noi, nacque la “casa del soldato” per garantire un
luogo dove i giovani militari potevano passare
in maniera sana il loro tempo libero. I salesiani
furono attenti da subito alle famiglie più povere.
Ancora oggi si ricorda la figura di don Ponzetto,
un vero “eroe della carità” conosciuto da tutta la
città.
Ma veniamo all’oggi.
Come sono i giovani di Novara?
Dato che sono novarese anch’io ti rispondo così:
“Bravissimi!”. Ci sono delle buone ragioni per di-
mostrarlo. Il tessuto ecclesiale di questa zona è
sensibile ai giovani, grazie all’impostazione che
possiamo fare risalire a san Carlo Borromeo. La
parola “oratorio” è familiare ai nostri allievi in
quanto possiamo dire che ogni parrocchia dioce-
sana ne ha uno.
Come per tutti i giovani, anche qui si vivono le
difficoltà tipiche del nostro contesto, non ultimo
le problematiche legate alla secolarizzazione, alla
crisi di fede, al contesto familiare e alla difficoltà
di scelte definitive.
Tra i progetti dell’Opera ci sono l’apertura di un centro di
formazione professionale e di una casa famiglia che possa
accogliere i minori stranieri non accompagnati.

2.5 Page 15

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Quali sono gli ambiti
della missione dell’opera?
Oggi la nostra casa si sviluppa su quattro settori:
la scuola media e il liceo scientifico, per ciò che
riguarda la scuola; l’oratorio; il convitto universi-
tario e il Santuario di Maria Ausiliatrice. C’è poi
una grande attività sportiva pomeridiana. Da al-
cuni anni la comunità di Sant’Egidio ha iniziato
nella nostra casa la scuola di italiano per stranieri.
Abbiamo iniziato due progetti: uno con la comu-
nità islamica della città e uno con i giovani ucrai-
ni, la cui presenza è davvero significativa nella
nostra città.
Quest’anno avete avuto un momento
importante con il decimo successore
di don Bosco. Com’è andato?
La visita del Rettor Maggiore, il 18 maggio scor-
so, è stata un vero dono! Abbiamo sperimentato
lo spirito di famiglia e toccato con mano l’affetto
che i ragazzi hanno verso colui che guida la no-
stra Congregazione.
Quali sono i sogni per il futuro?
Sono tanti! Nel discernimento comunitario spes-
so convergiamo su due urgenze che ci stanno a
cuore: l’apertura di un centro di formazione pro-
fessionale e di una casa famiglia che possa acco-
gliere i minori stranieri non accompagnati.
Qual è l’episodio più bello
che ti è capitato?
È successo tre anni fa quando un giovane siria-
no è passato davanti alla nostra entrata e ha letto
“Istituto Salesiano”. Era con la famiglia da poco
in Italia è entrato e ha detto, in un italiano un po’
insicuro: “Sono di Damasco, conosco i salesiani
e voglio venire a scuola qui!”. A lui ho risposto:
“Benvenuto!”. Ora frequenta la terza liceo.
Don Giorgio
Degiorgi, direttore
dell’opera a
colloquio con il
Rettor Maggiore.
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2.6 Page 16

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TESTIMONI
EMILIA DI MASSIMO - NICOLE STROTH
Che cos’è la “È la parola che dovresti amare
di più. Perché è il segno di quanto
sei importante agli occhi di Dio.
È l’indice di gradimento, presso
vocazione di Lui, della tua fragile vita.
Sì, perché, se ti chiama, vuol dire
che ti ama. Gli stai a cuore, non c’è
dubbio. In una turba sterminata di
per te?
gente risuona un nome: il tuo...
Ti affida un compito che solo tu puoi
svolgere. Tu e non altri. Più che una
missione, sembra una scommessa”
(Tonino Bello)
TOMAS KIVITA
Novizio salesiano
«La felicità non è qualcosa:
è sempre Qualcuno»
Sono nato in Lituania a Vilnius nel
1997. Il mio primo passo verso la fede è
stato quando avevo 9 anni e mi prepa-
ravo per la prima Comunione. La mia
mamma veniva con me in chiesa per le
Messe durante le domeniche, ripren-
dendo anche lei il suo cammino di fede.
Se non fosse stato per la mia mamma,
non avrei continuato con le Messe, per-
ché lei mi incoraggiava sempre ad an-
dare, almeno con lei. Così, senza pen-
sare troppo alla fede, continuavo. Nel
2013 la mia mamma era una catechista
della parrocchia e alla fine dell’anno un
salesiano, volendo ringraziarla, le ha
offerto un viaggio in Italia per me (era
un viaggio per i giovani, per questo lei
non avrebbe potuto venire). Ho accet-
tato questo viaggio, però così dovevo
aiutare gli animatori nell’estate-ragazzi
prima di questo viaggio. Stare con i ra-
gazzi mi piaceva tanto ed anche la pos-
sibilità di conoscere don Bosco mi ha
fatto diventare animatore.
Dopo l’estate, ho iniziato la catechesi
per ricevere il Sacramento della Cre-
sima. Nel 2016 ho partecipato ad un
ritiro per i giovani. Dopo la Pasqua,
sono “rinato” nella fede.
Iniziai ad andare a Messa ogni giorno
e cominciai a pensare seriamente di
donare la mia vita al Signore. Dopo la
scuola, ho fatto un anno di università,
durante il quale ho fatto il discerni-
mento con l’accompagnamento di un
salesiano sacerdote missionario in Li-
tuania. Prima della Pasqua del 2017,
ho fatto un ritiro con la diocesi di Vil-
nius e là ho sentito che Dio mi chia-
mava alla vita religiosa presbiterale.
Così dopo la Pasqua, ho deciso di an-
dare in Italia per iniziare un discer-
nimento più profondo nei confronti
della vita salesiana. Ho sospeso i miei
studi all’università e dopo l’estate-
ragazzi sono venuto in Italia. Adesso
sono un novizio, che sta continuando
il suo cammino.
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2.7 Page 17

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DON JOHANNES
KAUFMANN
Salesiano tedesco, accompagna
i giovani in ricerca vocazionale
nella famiglia di don Bosco
Come fai a capire che
qualcuno desidera proprio
fare “il salesiano”?
Leggendo la biografia di don Bosco,
conoscendo le sue opere e il suo modo
amorevole e costruttivo di lavorare
al servizio dei giovani, una persona
che ha una vocazione salesiana sente
vibrare qualcosa nel suo intimo. Per
questo ci rechiamo a visitare i luoghi
di don Bosco in Italia, perché qui ri-
echeggiano note di questo desiderio
che in qualche modo motiva tutti
i Salesiani, tutte le Figlie di Maria
Ausiliatrice, tutti i collaboratori che
lavorano nelle nostre Case, tutti i
volontari. Il nostro obiettivo è aiuta-
re i bambini e i giovani emarginati e
svantaggiati a realizzare la loro vita.
Questo è più di un semplice incarico
che si svolge per un datore di lavoro.
Ho Chi Minh City, Vietnam. Venti giovani
salesiani fanno la loro prima professione
religiosa.
Che cosa significa la parola
vocazione?
Per noi cristiani, la vita è un dono di
Dio, ma anche una missione; dob-
biamo cioè scoprire perché Dio ci ha
mandati nel mondo. Questa è la voca-
zione, per tutti.
E concretamente che
significato ha la vocazione
nel contesto salesiano?
Dio chiama alcune persone a mani-
festare il suo amore per i bambini e i
giovani. Questa è una vocazione sale-
siana all’interno della famiglia di don
Bosco. Lo si può fare anche come di-
pendenti o volontari. Nella tradizione
della nostra Congregazione religiosa
abbiamo però sperimentato che ci
sono bambini e giovani che hanno
bisogno di persone che vivano questo
amore in modo speciale, nella forma
di una dedizione totale. Questa è la
vocazione dei Salesiani di don Bosco.
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2.8 Page 18

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TESTIMONI
SUOR BERNADETH GEIGER
Figlia di Maria Ausiliatrice
Sono nata il 18 gennaio 1985 nel Ti-
rolo (Austria). Sono cresciuta con due
fratelli e una sorella. Dopo essermi
laureata in Scienze e Culture Gastro-
nomiche, a 21 anni ho deciso di fare
un’esperienza di volontariato in Cam-
bogia, con le Figlie di Maria Ausilia-
trice. Nel 2007 sono entrata nell’Istitu-
to; come assistente sociale ho lavorato
nella nostra casa famiglia, a Stams, nel
Tirolo. Attualmente sono a Magde-
burg, in Germania, con due consorelle
con le quali condivido la missione edu-
cativa nel centro giovanile.
per me era normale rispondere alla
Sua chiamata. Ogni dubbio ed incer-
tezza che ho provato mi hanno aiutata
a verificare se la vita consacrata era, o
no, la mia vera strada.
Che cosa ti affascina
di più di Gesù?
La Sua vicinanza, il Suo farsi prossi-
mo: sento che così Egli condivide la
nostra umanità, interamente.
Che cosa ti dà forza
per vivere bene
la tua vocazione?
La profonda convinzione che la scelta
che ho fatto è il significato autentico
della mia esistenza.
Che cosa significa per te
vivere casta, povera e
obbediente, considerando
la cultura odierna,
per molti aspetti
di tendenza contraria?
Come Figlia di Maria Ausiliatrice
vivere secondo quanto i voti religiosi
propongono significa essere in rela-
zione con Gesù e con il prossimo se-
condo il suo stesso stile.
Vivere casta è per me amare Dio e il
prossimo, segno visibile e concreto
del volto del Signore. Inoltre è vive-
re un’esistenza semplice, che non ha
bisogno di molto e, mediante il voto
di povertà, è disponibile pienamente
all’altro. L’obbedienza è per me essere
aperta ai segni dei tempi e rispondervi
secondo la mia vocazione di Figlia di
Maria Ausiliatrice.
Come hai capito
che la vita consacrata
era la tua vocazione?
La convinzione di consacrarmi è cre-
sciuta gradatamente. Sono matura-
ta in un ambiente nel quale si cresce
secondo le tradizioni religiose. Da
bambina attiva nella mia parrocchia,
in Austria, e da giovane guidavo un
gruppo di adolescenti. La scelta del-
la vita religiosa era, accanto a quella
matrimoniale, una possibilità di vita.
Certo, una scelta poco comune, ma
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2.9 Page 19

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Un anno fa hai fatto i voti
perpetui, ovvero definitivi,
nell’Istituto delle Figlie
di Maria Ausiliatrice. Hai
considerato bene che cosa
significhi dare per sempre
al Signore la tua vita?
La mia decisione di consacrarmi de-
finitivamente al Signore è maturata
durante gli anni di formazione, anni
nei quali ho ponderato bene la scel-
ta e ho messo solide radici per esse-
re fedele per sempre al Signore. Ho
anche considerato la possibilità, poi-
ché siamo umani, di innamorarmi,
ma questo può accadere anche in una
coppia, credo che il problema non sia
tanto innamorarsi quanto rinnovare
ogni giorno l’amore, specialmente nei
momenti più difficili.
Se dovessi rivolgere
un messaggio ai giovani
riguardo alla vocazione,
che cosa diresti loro?
La vocazione riguarda tutti. Siamo
chiamati tutti a realizzare il sogno di
Dio nel mondo; è necessario cercare
qual è per essere felici autenticamente.
Non si può cercare il significato della
propria vita da soli: il Signore ci rag-
giunge tramite le circostanze ordinarie
del quotidiano, specialmente median-
te le persone che incontriamo, per ri-
velarci il Suo disegno di amore. Che
ne dici, giovane, se lo ascoltiamo per
scoprire qual è la parola che vuole dirci
perché possiamo amare la vita di più?
PINA
Moglie e mamma di sei
meravigliosi figli
La vocazione per me è aderire con-
tinuamente alla fantasia del Signore,
è volermi fidare di Lui, del fatto che
quello che Lui ha scelto per me è mol-
to più bello e fecondo di quello che io
avrei scelto per la mia vita.
Don Luigi Maria Epicoco dice: “la
vocazione non è sistemarsi, ma met-
tersi in cammino”. La mia vocazione
in effetti si fa giorno per giorno riba-
dendo il mio assoluto affidamento al
Signore e rendendomi conto che io
Gli presto le mie braccia e il mio cor-
po, ma per il resto fa Lui.
È una cosa grande collaborare in
minima parte all’opera creatrice di
Dio: è un miracolo che non si può
descrivere, è l’assoluta comunione
con Dio che mi ha scelto per ben sei
volte per portare nel mondo sei nuove
creature. E io continuo a partorire
ogni giorno queste sei vite che mi
sono state affidate dal Signore!
Credo che nell’avere in affido queste
vite stia la mia vocazione: ecco perché
non credo che la vocazione, almeno
per me, sia un “pacchetto” confezio-
nato che si deve trovare e mettere
dentro alla propria vita, ma una cosa
dinamica che si fa in due, con Dio che
propone qualche cosa e l’uomo che li-
beramente sceglie se accettare.
A sinistra: Momenti di vita di suor Bernadeth.
A destra: Pina, il marito e i sei figli.
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2.10 Page 20

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A TU PER TU
PIETRO DILETTI
«I carcerati mi chiamano
papà capo »
Intervista a don Valentino Favaro,
missionario in Congo-Brazzaville
«Io sono padre Valentino Com’è nato in te l’ideale
ispettoria ligure-toscana. La lingua
Favaro, salesiano a Pointe missionario?
francese, appresa presso l’università di
Noire e mi dedico non solo Sentivo il desiderio di impegnarmi di Pisa e in diversi soggiorni in Francia
più nella pastorale e cominciò a far- mi rendeva più facile la realizzazione
agli “enfants de la rue ”, si strada l’idea di fare il missionario di questo desiderio: il francese mi ha
ma anche ai detenuti della nell’ambito dell’Operazione Africa e in molto aiutato. L’Ispettore don Libe-
Camerun che era stato affidato alla ratore mi chiese di rimpiazzare per un
prigione locale e alla
povera gente di villaggi
lontani 15 ore di piroga».
Don Valentino, veneto di ori-
gine, è nato il 20 dicembre
del 1938 in una famiglia di
contadini che possedeva un
bel pezzo di terra da coltiva-
re, ma soprattutto custodiva
una fede semplice e genuina. E questa
fede aveva già portato a maturazione
un frutto: il fratello più grande era di-
ventato salesiano.
I salesiani hanno creato a Pointe Noire un centro,
Foyer, per accogliere i ragazzi che riescono a
togliere dalla strada.
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Ottobre 2018

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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determinato tempo il Direttore e par-
roco don Bocchi, rientrato in Italia a
causa di un infarto che, comunque,
non gli impedì di riprendere il suo
lavoro a Yaoundé, capitale del Came-
run. La parrocchia copriva tre quarti
della cittadina di Ebolowa, nel sud
del paese. E si estendeva nella fore-
sta con circa 40 villaggi fino a 50 km
dalla chiesa parrocchiale. Sono rima-
sto lì per circa 17 anni, i più felici del-
la mia vita.
Qual è il raggio d’azione
della Comunità Salesiana?
La parrocchia ha circa trecentomila
abitanti, con scuola materna, elemen-
tare, media, liceo, dispensario, Cari-
tas, un centro professionale con di-
verse specializzazioni. I carcerati sono
ammassati in una prigione costruita
ai tempi della colonizzazione per 75
detenuti e che ora ne ospita 350/400.
Pigiati in piccole celle, costretti a dor-
mire per terra, l’uno di fronte all’altro
e su un fianco perché non c’era posto
per dormire sulla schiena. Io sono il
loro cappellano, il papà capo, come mi
chiamano loro con un affetto che non
ho mai sperimentato altrove negli
anni trascorsi in Italia e in Africa.
È difficile l’apostolato
in carcere?
Nel 2009 sono stato inviato dai Su-
periori in Congo-Brazzaville a Poin-
te Noire dove il parroco, ora vescovo
della Diocesi, padre Miguel Olaverri
mi chiese subito di interessarmi del-
la prigione dove avevamo già iniziato
una certa presenza, anche se non si
trova nel territorio della parrocchia.
Ma ci sembrava che rientrasse nel no-
stro spirito visto che don Bosco aveva
iniziato anche lui con le prigioni.
Per me tutto quello che facevo era
una soddisfazione, ma devo dire che
la soddisfazione maggiore l’ho prova-
ta come cappellano della prigione di
Ebolowa, nel territorio della parroc-
chia. Andavo regolarmente a visitare
i carcerati, portavo loro medicinali,
li preparavo ai sacramenti e loro mi
chiamavano sempre mon père.
Purtroppo i minorenni erano mesco-
lati agli adulti e ciò non andava bene
e allora mi sono impegnato a costruire
un settore dei minorenni e delle donne
separato dall’altro. Durante l’estate ab-
biamo organizzato le grandi olimpia-
di, cominciando con la Bibbia e que-
sta iniziativa è stata molto apprezzata.
Vorrei parlare di due episodi signifi-
cativi. Un giorno scoppiò una rivolta
nella prigione perché un detenuto che
tentava l’evasione fu gravemente ferito
e lasciato morire dissanguato. I car-
cerati hanno spaccato tutto e si sono
barricati dentro la prigione. Sono stato
chiamato e ho trovato davanti all’en-
trata il Governatore, il Sindaco e le al-
tre autorità che non sapevano che cosa
fare, perché dall’interno della prigione
piovevano sassi, bastoni e altri oggetti
contundenti. Sono arrivato ed ho deci-
so, tra la sorpresa e la paura di tutti, di
entrare. Quando hanno visto mon père
hanno aperto la porta e hanno accet-
tato di far entrare anche i responsabili
della città. C’è stato un dialogo tra i
carcerati e il Governatore, il Sindaco e
il Direttore, per conoscere le cause e la
motivazione della rivolta. Dietro mio
invito, i detenuti hanno messo a posto
tutte le porte delle celle che erano state
scardinate.
Altro episodio. Stavano male alcuni
detenuti ed io ho pensato subito al
colera. Sono andato dal responsabile
dicendo che c’era qualcosa di strano.
Ho portato con me anche due dotto-
ri, i quali hanno detto che si trattava
proprio di colera. Ma solo un vecchio
è morto e tutti gli altri si sono salvati.
Come affrontate il problema
de “les enfants de la rue”,
i ragazzi di strada?
Questo è veramente un grosso proble-
ma. Tanti ragazzi e giovani vivono,
mangiano, dormono, cercano o ruba-
no di che mangiare nei mercati e nel-
le case abbandonate, vittime e spesso
protagonisti di furti e violenze, anche
bambini di 7/8 anni. Senza orari,
senza valori morali, senza una guida.
Dormono sotto i banchi del mercato,
sulle panche della stazione, nei contai-
ners. I più piccoli si nascondono per
sfuggire alla violenza sessuale dei più
grandi. Questi ragazzi non contano
nulla, la gente li disprezza, li teme, li
scaccia, un potenziale umano che po-
trebbe diventare esplosivo tra qualche
anno. I salesiani si sono dati da fare
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3.2 Page 22

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A TU PER TU
subito per far sì che i ragazzi trovas-
sero quello che inconsciamente cerca-
vano, e cioè una famiglia, una scuola,
un ambiente che li accogliesse, degli
adulti che si prendessero cura di loro,
della loro salute, insomma di un am-
biente che li proteggesse.
«Ora ho una casa
e anche un padre…»
Da un anno noi salesiani di don Bo-
sco qui a Pointe Noire abbiamo creato
un centro – Foyer – per accogliere i
ragazzi che siamo riusciti a togliere
dalla strada. Si chiamano appunto
les enfants de la rue”, ma ci tengono
a dire che ora non lo sono più dopo
che sono entrati nella casa che abbia-
mo affittato e che è diventata la loro.
Un ragazzino diceva ultimamente a
suo padre che l’aveva ritrovato dopo
essersi persi: “Non vengo con te per-
ché io qui una casa ce l’ho e ho anche
un padre che si occupa di me”. Sono
ragazzi che vengono da situazioni le
più diverse, – abbandono dei genito-
ri, fuga da casa, attirati da compagni
– vivono in gruppi dominati dai più
grandi che si cercano le vittime tra i
Ti ho raccontato dei due ragazzini che
si erano rifugiati a dormire in un vecchio
camion sfasciato e sono stati trovati
morti, ma perché? Strangolati, caro
mio, è atroce, è triste, ma è così.
più piccoli, vittime di violenze fisiche, della miseria morale e fisica, del de-
morali e non raramente, purtroppo, grado morale. Sono i pro-pronipoti
sessuali.
degli schiavi che erano condotti in-
Sono i pro-pronipoti
degli schiavi.
catenati nelle navi negriere: la metà
morivano nel viaggio e gli altri non
avrebbero mai rivisto la loro terra, la
Noi ci occupiamo di sistemarli, dar loro foresta, i loro dei. Vorremmo che,
loro dei pasti regolari, li mandiamo ben inseriti nella società, possano es-
a scuola, diciamo che li recuperiamo. sere protagonisti del loro futuro.
Inizialmente dormivano per terra su Qui a Pointe Noire hanno visto que-
delle stuoie – per loro era già molto, sta piccola città letteralmente esplo-
abituati come erano a dormire sul- dere – ha più di un milione di abi-
la terra, sui marciapiedi, tardi nella tanti, – ricchezze enormi di petrolio,
notte dopo aver lavato le macchine, un porto che serve paesi dell’interno,
spazzato davanti ai negozi, finito di legno: ma loro assistono a tutto que-
vendere i sacchetti di plastica, svuo- sto da spettatori perché tutte queste
tato le spazzature, e a levarsi presto ricchezze per ora, – e per quanto?,
alla mattina per evitare le pedate della – sono in mano agli stranieri. Total,
gente o il bastone della polizia. Dor- Eni, Chevron, cinesi, indiani, liba-
mono dappertutto. Ti ho raccontato nesi, francesi, italiani: ciascuno si
dei due ragazzini che si erano rifu- ritaglia un pezzo della torta: e loro
giati a dormire in un vecchio camion che cosa avranno? Bene, ora vengo al
sfasciato e sono stati trovati morti, ma problema: abbiamo deciso che i nostri
perché? Strangolati, caro mio, è atro- ragazzi devono avere dei letti con un
ce, è triste, ma è così. Chi piangerà su materassino – mon père, mi dicono,
di loro, chi metterà un fiore su una ora non siamo più “enfants de la rue”,
tomba inesistente? Noi cerchiamo di ora abbiamo una casa, dei responsa-
evitare loro questa nuova schiavitù bili e la scuola – e poi aggiungeremo
«Noi ci occupiamo di sistemarli, dar loro
dei pasti regolari, li mandiamo a scuola,
diciamo che li recuperiamo».
dei tavoli.
Ecco, per loro, a ottant’anni, se Dio
mi dà una mano, tengo duro.
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Informativa sulla privacy
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Ottobre 2018
23

3.4 Page 24

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IN PRIMA LINEA
Testo: KIRSTEN PRESTIN - Foto: DON BOSCO MISSION BONN
Educare
era molto rigida e severa con lei e la
trattava come se non facesse parte del-
la famiglia. La bambina, che all’epo-
ca aveva nove anni, doveva occuparsi
della casa: pulire, cucinare e riordina-
re. Era sfruttata senza pietà, ma non
è
dare
la
vita aveva il coraggio e la forza di reagire.
Avvenne un cambiamento solo quan-
do cominciò a frequentare la scuola.
Iniziò allora a comprendere quanto il
trattamento riservatole da sua zia fosse
scorretto e ingiusto. Acquisì un po’ di
È difficile e dolorosa la vita per le bambine e le ragazze
coraggio e protestò, ma si scontrò con
l’incomprensione della zia: il risultato
in Pakistan. Molte non possono frequentare la scuola fu che la sua vita diventò ancora più
e sono costrette a sposarsi prestissimo. In questo
Paese a maggioranza islamica, i Salesiani di don Bosco
difficile. Jacinta allora fuggì e fu final-
mente accompagnata nella Casa Don
Bosco per ragazze.
offrono il loro servizio principalmente nell’ambito della
formazione. A Quetta, ragazze cristiane e musulmane
Le esperienze come quella di Jacin-
ta non sono insolite in questo Paese
islamico.
con possibilità economiche modeste studiano insieme.
Potranno così sognare e progettare una vita tutta loro. La situazione della sicurezza a Quetta è molto
precaria. Si assiste a continui attacchi.
Jacinta ora può ridere di nuo-
vo e guardare al futuro con
spirito positivo. In passato
la sua situazione era diversa,
soprattutto perché ha dovuto
vivere l’esperienza di non es-
sere stata né amata, né accolta.
Quando aveva dodici anni arrivò nel-
la Casa per ragazze “Laura Vicuña” a
Quetta, nella parte occidentale del Pa-
kistan. A quattro anni perse suo padre,
che era malato di cancro, e sua madre
la abbandonò quando era ancora pic-
cola. Jacinta crebbe inizialmente con
una zia, poi con uno zio. Quando lo
zio morì inaspettatamente, poté rima-
nere un po’ con sua moglie, che però
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Ottobre 2018

3.5 Page 25

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In Pakistan molte ragazze sono sfrut-
tate nell’ambito del lavoro domestico.
È una forma moderna di schiavitù.
Le ragazze non hanno diritti, spesso
sono picchiate e subiscono abusi, vivo-
no completamente isolate. In Pakistan
molte ragazze sono anche obbligate
a sposarsi a un’età inferiore a diciotto
anni e di solito non frequentano più
la scuola. «È un grave problema, per-
ché l’istruzione è la chiave per la lotta
contro la povertà e amplia l’orizzonte
di vita delle ragazze», ha spiegato don
Joel Jurao, che dal 2017 è il direttore
del centro di Quetta. Il sostegno da
parte delle famiglie è importante. I fa-
miliari delle ragazze dovrebbero essere
coinvolti in questo processo.
Infondere coraggio
e offrire solidarietà
«Quando arrivò da noi, Jacinta era
molto turbata e depressa. Aveva spe-
rimentato troppe realtà negative, per
una ragazza di dodici anni», ha conti-
nuato don Joel. I Salesiani di Quetta
la ascoltarono, mostrandole che era
benvenuta e disponeva di grandi po-
tenzialità. Jacinta riacquistò coraggio
La maggior parte delle ragazze della scuola
Don Bosco proviene da famiglie povere.
Devono cominciare presto a prestare il loro aiuto
in casa.
e volle continuare il suo percorso sco-
lastico. Ora sta frequentando la prima
media presso il centro Don Bosco. «È
molto intelligente e studia con entu-
siasmo. A volte però vive momenti di
depressione», ha detto don Joel. Per
lei sono particolarmente difficili le
occasioni in cui le altre allieve ricevo-
no la visita di genitori o parenti che le
accompagnano fuori della Casa e lei
rimane sola.
L’istruzione è la chiave per la lotta contro la povertà
e amplia l’orizzonte di vita delle ragazze.
Don Joel Jurao, Direttore dell’Istituto di Quetta
Ottobre 2018
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IN PRIMA LINEA
Il Pakistan presenta uno tra i tassi
di scolarizzazione più bassi del mondo.
«Jacinta soffre molto per questa situa-
zione. Sente la mancanza del padre e
piange spesso per questo», ha riferito
una delle Suore del Buon Pastore, che
si prendono cura delle ragazze.
«Le altre ragazze la aiutano, la inco-
raggiano e così Jacinta, nonostante il
suo destino, ora riesce a guardare al
futuro con spirito positivo», ha detto
don Joel. Il 97% degli abitanti del Pa-
kistan professa la religione islamica.
I cristiani sono una minoranza. La
Casa Don Bosco per ragazze lavora
solo al servizio di giovani cristiane
provenienti da famiglie con possibi-
lità economiche modeste. Ragazze
musulmane e cristiane frequentano
insieme la scuola Don Bosco, ma per
l’insegnamento della religione seguo-
no percorsi separati. In questo Paese
islamico vengono compiuti ripetuta-
mente attacchi contro le minoranze
religiose. Anche il Centro Don Bosco
di Quetta è stato colpito. L’opera deve
però continuare.
«Le ragazze hanno bisogno del no-
stro aiuto. E la possibilità di cambiare
qualcosa è legata proprio all’istruzio-
ne», ha detto don Joel.
I Salesiani hanno cominciato a lavo-
rare in Pakistan nel 1998. Don Piero
Zago è stato uno dei primi Salesiani
che avviarono l’opera di Quetta. Il
sacerdote di origine italiana riteneva
che cristiani e musulmani dovessero
seguire il percorso di formazione in-
sieme. Helmut Merkel, Cooperatore
Salesiano di Don Bosco e amico di
don Zago, ha ricordato quegli inizi:
«Innanzitutto don Piero fu attacca-
to quasi ovunque in quanto cristia-
no. Quando voleva aprire la scuola, i
mullah cercarono di impedirglielo e
lo accusarono di sobillare i bambini
contro l’Islam. Con grande pruden-
za e diplomazia, don Piero dichiarò:
“Offriremo ai bambini una buona
formazione e un buon insegnamento.
Nella scuola abbiamo anche prepa-
rato uno spazio per la preghiera per i
vostri ragazzi, per permettere loro di
pregare in qualsiasi momento”. Don
Piero Zago parlò con voce ferma ed
energica e conquistò il rispetto dei
diffidenti mullah. Un anno dopo, i
genitori mandarono i loro figli nella
nostra scuola senza alcun problema».
Don Piero Zago è morto all’età di 82
anni nel dicembre 2017 nella sua ter-
ra d’origine, il Piemonte. L’opera che
aveva avviato in Pakistan è portata
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Ottobre 2018

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avanti dai Salesiani, nonostante la
situazione difficile in termini di si-
curezza. Gli Istituti Don Bosco sono
molto apprezzati. Molti genitori mu-
sulmani ora riconoscono che l’istru-
zione è la chiave per una vita migliore
per le loro figlie. Questa consapevo-
lezza non è così scontata, in uno tra
i Paesi più pericolosi al mondo per le
ragazze e le donne. Nella Costituzio-
ne del Pakistan l’uguaglianza degli
uomini e delle donne è sancita fin dal
1973. In realtà, però, in questo Paese
islamico le donne e le ragazze sono
soggette a numerose discriminazioni.
Molte non sanno leggere e scrivere.
Il Pakistan presenta ancora uno tra i
tassi di scolarizzazione e alfabetizza-
zione più bassi del mondo.
Una Casa per un certo
periodo di tempo
Nella Casa “Laura Vicuña” di Quetta
le giovani di età compresa tra i dieci e
i sedici anni trovano una “Casa per un
certo periodo di tempo”. L’aiuto offer-
to dai Salesiani di Don Bosco e dalle
Suore del Buon Pastore e l’atmosfera
familiare infondono nelle ragazze la
forza che permette loro di affrontare
il cammino verso una vita indipen-
dente.
Questa è l’esperienza di Anjali, che
ha compiuto un passo verso l’indi-
pendenza. È arrivata a Quetta con
la sua famiglia e per caso ha comin-
ciato a prestare il suo aiuto in cuci-
na presso la Casa Don Bosco. Qui
ha scoperto di voler studiare. I suoi
genitori hanno acconsentito e così la
tredicenne frequenta ora la prima me-
Don Piero Zago è stato uno dei primi Salesiani
a lavorare a Quetta e a offrire un contributo
per l’elaborazione dei progetti che vengono
realizzati qui.
dia al Centro Don Bosco, vive nella
Casa “Laura Vicuña” e può guardare
al futuro con fiducia. «Il servizio più
importante che possiamo offrire ai
giovani a Quetta è l’istruzione. Le
ragazze devono avere la possibilità di
andare a scuola e i ragazzi devono im-
parare che le ragazze sono parte del-
la nostra società con pari diritti», ha
detto don Joel.
La formazione scolastica per le ragazze costituisce un cambiamento
positivo nella vita di tutti i giorni, che spesso è molto pesante.
Le ragazze devono avere
la possibilità di andare
a scuola e i ragazzi devono
imparare che le ragazze
sono parte della nostra
società con pari diritti.
Don Joel Jurao, Direttore dell’Istituto di Quetta
Ottobre 2018
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3.8 Page 28

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MEMORIE
NATALE MAFFIOLI
Le custodie del corpo
di don Bosco
Tutti sanno che attualmente
le reliquie di don Bosco
sono conservate in un’urna
nell’altare a lui dedicato
nella basilica torinese di
Maria Ausiliatrice, ma
pochi sanno, nel dettaglio,
la storia degli spostamenti
del suo corpo e le vicende
della sua iniziale sepoltura.
In breve tempo, alla morte di don Bosco, si
costruì, su disegni dell’architetto Carlo Maurizio
Vigna, una edicola di stile neogotico divisa in due
ambienti: l’inferiore con la tomba di don Bosco,
il superiore, una edicola dedicata alla Pietà,
affrescata dal pittore Giuseppe Rollini.
A lla morte del nostro Santo
(31 gennaio 1888), don Mi-
chele Rua, suo primo suc-
cessore, brigò anche con il
primo ministro del regno,
Francesco Crispi, per poter
seppellire don Bosco nel santuario di
Maria Ausiliatrice (non era ancora
basilica); il Crispi gli consigliò, per
non contravvenire alle norme della
polizia cimiteriale cittadina, di tumu-
larlo nel collegio salesiano di Valsali-
ce, situato in una zona extraurbana.
Don Rua accettò il suggerimento e
fece approntare subito una custodia
sul pianerottolo della scala che scen-
deva dal giardino superiore al portica-
to, antistante il cortile inferiore, e fu
lì che la salma di don Bosco fu posta.
In breve tempo si costruì, su disegno
dell’architetto Carlo Maurizio Vigna,
un’edicola di stile neogotico divisa in
due ambienti: l’inferiore con la tom-
ba di don Bosco, il superiore, un’e-
dicola dedicata alla Pietà, affrescata
dal pittore Giuseppe Rollini. La la-
stra di chiusura del loculo fu affidata
allo scultore Pietro Piai, ovviamente
lo scultore si avvalse delle fotografie
eseguite all’indomani della morte di
don Bosco, quando il suo corpo, rive-
stito dei paramenti sacerdotali, come
se si apprestasse a celebrare la Messa,
fu esposto per i riti di suffragio. Nel
giro di pochi mesi si iniziò a decorare
l’ambiente con abbellimenti parietali
fino al 1924, anno della beatificazio-
ne del nostro. Tolta la salma e portata
trionfalmente nella basilica di Maria
Ausiliatrice, la tomba non fu abban-
donata, ma negli anni successivi si
provvide a creare una sorta di cap-
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Ottobre 2018

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pella della memoria della sepoltura.
Il corpo non c’era più ma i salesiani
erano convinti che quel luogo doveva
essere ugualmente ricordato e venera-
to. Nel 1931 iniziarono così i lavori di
arricchimento della struttura: la pa-
rete di fondo, dove era stato ricavato
il loculo, fu arretrata e si ricollocò la
lastra del Piai; lo spazio dove prece-
dentemente era deposta la cassa con
il corpo del beato fu smantellato, si
ricavò una piccola cappella provvista
di altare, una sorta di arcosolio che
ricordava gli analoghi elementi delle
catacombe romane. Si misero in opera
marmi pregiati e si provvide a decora-
re le pareti laterali, il sottarco e il fon-
do con mosaici realizzati dallo Studio
del Mosaico Vaticano. Con tutta pro-
babilità i mosaici furono eseguiti in
Vaticano, dapprima fissati ad un sup-
porto flessibile con colla idrosolubile,
in seguito messi in opera a Valsalice e
liberati dal supporto. I disegni delle
decorazioni musive furono appronta-
ti dal pittore Francesco Chiapasco su
modelli ravennati e, segnatamente, i
mosaici del mausoleo di Galla Placi-
dia e di San Vitale. Nell’archivio della
Fabbrica di san Pietro si conservano i
documenti per “l’esecuzione a musai-
co decorativo per la Tomba del Bea-
to don Bosco a Torino”; il contratto,
tra “L’economo della Pia Società dei
Salesiani in Torino e la Rev. Fabbri-
ca di San Pietro in Vaticano è datato
al maggio del 1931. Successivamente,
il primo agosto dello stesso anno, fu
stilato un contratto tra i mosaicisti
Lorenzo Cassio e Ludovico Lucietto,
due veterani dello Studio del Mosaico
Lo spazio dove precedentemente era deposta la
cassa con il corpo del beato fu smantellato, si
ricavò una piccola cappella provvista di altare,
una sorta di arcosolio che ricordava gli analoghi
elementi delle catacombe romane.
A sinistra: La splendida riproduzione dello
stemma della Congregazione Salesiana.
e “Monsignor Luigi Pellizzo l’Eco-
nomo Segretario della Rev. Fabbrica
di San Pietro in Vaticano, Presidente
dello Studio dei Musaici”. I due ar-
tisti dovevano eseguire il mosaico in
nove mesi dalla firma del contratto.
Interessante è l’impegno assunto:
“Per ottenere l’esatta e perfetta imita-
zione della pittura in quelle parti che
rendessero molto difficili ad eseguirsi
in smalto tagliato, sarà permesso ai
Signori Musaicisti Cassio e Luciet-
to anche l’uso di smalti filati (tessere
piccolissime anche inferiori al milli-
metro, tratte da pasta vetro)”. Il prez-
zo dell’impresa fu fissato a trentamila
lire; i salesiani si impegnarono a for-
nire ai due mosaicisti vitto e alloggio
durante la loro trasferta a Torino.
Il contratto aveva una postilla “il la-
voro a musaico sarà eseguito dal Sig.
Lorenzo Cassio per tutta la parte
decorativa, mentre il solo quadro
rappresentante S. Francesco di Sales
(lo stemma dei salesiani) resta affida-
to per l’esecuzione al Sig. Ludovico
Lucietto”. La splendida riproduzione
dello stemma della Congregazione
Ottobre 2018
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3.10 Page 30

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MEMORIE
Salesiana fu dunque realizzata da
questo artista in mosaico minuto con
smalti filati in paste vetrose policro-
me. L’aggiunta è datata maggio del
1931. È interessante una fotografia
degli anni trenta del Novecento: il
Cassio è seduto al suo tavolo di la-
voro nello Studio e, alle sue spalle,
si intravede un brano del cartone del
Chiapasco.
L’urna della beatificazione
Il 2 giugno 1929 papa Pio XI bea-
tificava don Bosco. In vista della
traslazione del corpo da Valsalice si
approntò una teca che servisse per
il trasporto e per la collocazione de-
corosa delle reliquie in attesa della
costruzione dell’altare a lui dedicato
nella Basilica di Maria Ausiliatrice.
All’epoca il transetto sinistro era an-
cora occupato dall’altare intitolato a
S. Pietro.
Lo scultore salesiano Sebastiano Con-
cas (1890-1963), su disegno dell’ar-
chitetto salesiano Giulio Valotti
(1881-1953), realizzò l’urna in legno
dorato. La sua struttura è elegante e
allo stesso tempo fastosa ma senza es-
sere ridondante. Quattro putti reggo-
no il coperchio e le loro braccia alzate
sostengono dei festoni di frutti che, al
centro, fissano lo stemma di Pio XI, il
papa che ha beatificato e canonizzato
don Bosco; la base, frutto di uno stu-
dio del Concas, fa riferimento a mo-
delli rinascimentali. I cristalli sono
ampi e adeguati a una visione totale
del corpo del santo rivestito di para-
menti sacerdotali. Il salesiano coa-
diutore Mario Notario ebbe più volte
a dirmi che lui bambino aveva fatto
da modello al Concas per la realiz-
zazione dei piccoli putti an-
golari dell’urna. Questa teca
fu utilizzata per le reliquie di
san Giuseppe Cafassso e per
quelle di santa Maria Dome-
nica Mazzarello, fu in questa
occasione che i piccoli putti
furono modificati.
Il progetto della preziosa decorazione
della cappella di Valsalice (disegno di
L. Zonta).
In alto: L’urna della Beatificazione dei
coadiutori salesiani Concas e Valotti.
La nuova urna
nell’altare del santo
Con la canonizzazione di don Bo-
sco, il primo aprile del 1934, si con-
cretizzò l’idea, già ventilata in passa-
to, di un ampliamento della basilica
di Maria Ausiliatrice. Nel 1922 don
Filippo Rinaldi, terzo successore di
don Bosco, aveva pensato alla tra-
sformazione della basilica su disegni
dell’architetto Mario Ceradini, ma i
costi proibitivi e la sua morte avevano
bloccato l’impresa e i disegni furono
messi nel cassetto. Appena l’occasione
fu propizia, si pose mano al proget-
to, ma non sulla scorta dei piani del
Ceradini, il compito di riplasmare la
parte absidale della basilica fu affidato
all’architetto salesiano Giulio Valot-
ti. Per il nuovo altare dedicato a don
Bosco, che doveva sostituire l’antico
intitolato a san Pietro, si incaricò l’ar-
chitetto Mario Ceradini, era una sorta
di compensazione dopo il fallimento
del suo primo progetto. La struttura
dell’altare risultò fastosa, furono im-
piegati marmi colorati, il diaspro di
Garessio impiegato per le colonne e la
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Ottobre 2018

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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«STARÒ IO QUI ALLA CUSTODIA DI QUESTA CASA»
trabeazione, furono inserite statue in
marmo di Carrara, cornici in bronzo
dorato e mosaici. L’architetto conce-
pì lo spazio dove collocare l’urna con
le reliquie del Santo sopra la mensa e
sotto la pala principale, avanzata quel
tanto da lasciare spazio ad una sorta di
scurolo che desse la possibilità ai fedeli
di accostarsi al corpo di don Bosco. Si
affidò l’impresa della custodia all’ar-
chitetto Giulio Casanova (1875-1961)
che approntò un disegno geniale: il
corpo del Santo doveva essere visibile
fronte-retro, dalla chiesa e dal ricetta-
colo posteriore. Il progetto prevedeva
una cassa in ottone argentato dove la
salma del santo era tra due lastre sago-
mate di cristallo. Il modello in gesso
costò ai salesiani 17500 lire. L’impresa
della sua realizzazione iniziò il 7 giu-
gno 1937 con la firma dei preventivi
da parte di don Fedele Giraudi, eco-
nomo generale della Congregazione.
Il compito era stato affidato alla ditta
Il 13 settembre 1887, al termine di una seduta del Capitolo Generale tenutasi a Valsalice
“erasi deliberato di cambiare destinazione al collegio di Valsalice, sostituendo ai nobili con-
vittori i chierici studenti di filosofia. Tolta la seduta capitolare, don Barberis, rimasto solo
con lui (don Bosco), gli domandò con tutta confidenza come mai, dopo essere stato sempre
contrario a quel mutamento, avesse poi cambiato parere. Rispose: «D’ora in avanti starò io
qui alla custodia di questa casa». Così dicendo teneva sempre gli occhi rivolti allo scalone,
che mette dal giardinetto superiore al porticato del grande cortile inferiore. Dopo un istan-
te soggiunse: «Fa’ preparare il disegno». Poiché il collegio non era interamente costruito,
don Barberis credette che volesse far terminare l’edificio; quindi gli rispose: «Bene, lo farò
preparare; quest’inverno glielo presenterò». Ma egli: «Non quest’inverno, ma la prossima
primavera; non a me, ma al Capitolo presenterai il disegno». Continuava intanto a guardare
verso lo scalone. Solo cinque mesi dopo don Barberis cominciò a comprendere il pensiero
del Santo, quando cioè lo vide sepolto a Valsalice e precisamente nel punto centrale di quello
scalone; lo comprese finalmente del tutto quando, preparato il progetto del monumento da
erigersi sulla sua tomba, fu nella primavera presentato senza che egli avesse mai ancora
detto nulla della conversazione di settembre. (Memorie Biografiche 18, 384-385).
“Fratelli Chiampo Fonderia Metalli”
di Torino, esperta in fusioni artistiche;
il contratto prevedeva l’esecuzione
dell’urna “fusa a cera persa in ottone di
buona lega, con parte inferiore dell’ur-
na in un sol pezzo e i montanti e la
parte superiore smontabili in modo da
permettere di togliere i cristalli”, le ali
degli angeli “saranno tagliate e mon-
tate sull’urna con giunto fatto a regola
d’arte”. La cassa realizzata su disegno
del Casanova è sobria, priva di ridon-
I disegni delle decorazioni musive approntati dal
pittore Francesco Chiapasco su modelli ravennati.
Sotto: La nuova urna che si trova nell’altare di don
Bosco in Maria Ausiliatrice. Realizzata su disegno
del Casanova è sobria, priva di ridondanze
nonostante il suo riferimento stilistico barocco.
danze nonostante il suo riferimento
stilistico sia barocco; coppie di teste
alate di cherubini sono poste agli an-
goli e sovrastano scudi con motti cari
al nostro Santo ”
”, non hanno funzio-
ni di sostegno in modo da non impe-
dire la visione del corpo del Santo. La
copertura è retta da sostegni con l’im-
mancabile presenza di testine angeli-
che e profilata da una cornice centrata
da tre teste di cherubini portate da una
conchiglia, è fatta da una lastra di cri-
stallo su cui si appoggia una colomba
raggiata simbolo dello Spirito Santo.
Sulla base furono incastonate alcune
pietre dure rare messe in opera dalla
stessa ditta Chiampo.
Ottobre 2018
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4.2 Page 32

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INVISIBILI
MARISA PATARINO - Foto: MEIKE BÖSCHEMEYER
Dorothea Hahn, una
professoressa di Bonn, ha
raccolto oltre un milione
Un milione dieuro,chehautilizzato
in 22 anni per realizzare
in Ghana sette scuole e
per il Ghana tre case residenziali per
ragazze, tutte fornite
di materiale scolastico, per l’opera in Ghana e li ha investiti ganizzavano bazar di creazioni d’ar-
insieme ai Salesiani. nell’istruzione dei bambini, per aiu- tigianato, raccoglievano oggetti vari
tarli a costruire una vita lontana dalla o preparavano palme intrecciate per
povertà. Ha ricevuto un pubblico ri- ricordare l’ingresso di Gesù in Ge-
conoscimento presso il Campus Don rusalemme. «Le mie due sorelle ogni
Bosco di Bonn.
anno organizzano un mercatino di
Nell’estate del 1996, un Salesiano marmellate preparate in casa e oggetti
proveniente dall’Argentina, che era vari donati dai vicini», spiega la do-
vissuto a Bonn per un certo perio- cente di sessantotto anni, che ha an-
do di tempo, invitò Dorothea Hahn che fondato l’associazione “Eine-Welt
in Ghana. La docente fu subito en- (Un mondo) ” nella sua scuola.
tusiasta della gente che incontrava e «L’associazione ha raccolto donazioni
rimase impressionata dall’opera dei tramite varie iniziative e ha cercato
Salesiani di Don Bosco con i bambini di presentare la sua azione anche tra-
Una docente di Bonn ha rac-
colto un milione di euro per i
bambini del Ghana.
«È stato un caso. Si sarebbe
potuto trattare di qualunque
altro Paese», dice Dorothea
e gli adolescenti che si trovano in con-
dizioni svantaggiate.
«Ho compreso che occorreva fare
qualcosa qui. Tanti giovani abbando-
nati venivano a giocare dai Salesiani»,
ricorda la professoressa. Una volta
mite simboli. Ad esempio, una volta
abbiamo raccolto fondi per l’arreda-
mento di una scuola in Ghana e ab-
biamo sistemato in una sede specifica
del nostro istituto sedie il cui numero
incrementava progressivamente con
Hahn. Un caso, ma una fortuna per il tornata in Germania, sensibilizzò la l’aumento delle donazioni», ricorda la
Ghana, perché negli ultimi ventidue sua famiglia, amici, colleghi, studenti professoressa Hahn. Abbiamo orga-
anni questa docente di fisica e religio- e la sua parrocchia, invitando tutti a nizzato un’iniziativa simile per i libri
ne cattolica presso la scuola superiore sostenere i Salesiani di Don Bosco nel di testo. La docente, ora in pensione,
di Bonn “Liebfrauenschule” ha aiuta- Paese dell’Africa occidentale.
ha “contagiato” con l’amore per la ter-
to migliaia di persone che vivono in
ra africana e i suoi abitanti molti suoi
questo Paese africano e continua tut- Con torte e marmellate allievi e anche la loro vita è stata in-
tora a dedicarsi a questo impegno. In- Con il passare del tempo, la docente fluenzata positivamente.
sieme a numerosi colleghi, ha raccolto ha organizzato un numeroso gruppo La professoressa Hahn raccoglie of-
complessivamente un milione di euro di persone che preparavano dolci, or- ferte che destina principalmente alla
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Ottobre 2018

4.3 Page 33

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costruzione di scuole e offre anche
un sostegno a vari giovani, soprattut-
to a ragazze. «Per me è sempre stato
importante investire nell’istruzione.
Le ragazze sono le madri del futuro.
Se seguono un percorso di istruzione,
manderanno anche i loro figli a scuo-
la», spiega la docente. L’istruzione è
una solida base per una vita lontana
dalla povertà. «I bambini più piccoli
non possono percorrere ogni giorno
anche otto chilometri per recarsi a
scuola nel villaggio vicino. Per questo
abbiamo costruito sette nuove scuole
e così il 90% dei bambini che vivono
nei vari villaggi ora accede all’istruzio-
ne», spiega la professoressa. «I bambini
sono entusiasti di andare a scuola».
Sessantacinque volte
in Ghana
Frequentare la scuola è gratuito, ma
occorre pagare per le uniformi, le at-
trezzature sportive, l’uso della biblio-
teca e sostenere gli esami.
La professoressa Hahn ha compiuto il
suo 65° viaggio in Ghana nel mese di
agosto. «Il clima tropicale mi fa molto
bene. Tutte le volte in cui mi reco là
è quasi come se mi sottoponessi a una
cura», spiega la professoressa sorriden-
do. «Queste frequenti visite e i rapporti
umani che si costruiscono sono il se-
greto del successo dell’iniziativa», af-
ferma Martin Wilde, Amministratore
dell’Associazione Don Bosco Mondo.
La professoressa Hahn ha suscitato in-
teresse presso molte persone. Ne è un
esempio la storia di una bambina di
otto anni che, quando la professoressa
la incontrò per la prima volta, era “mol-
to magra, aveva i pidocchi ed era molto
timida”. «Un Salesiano la accompagnò
in un istituto per ragazze e le permise
di andare a scuola. Ora è una giovane
donna serena e gioviale che ha appena
terminato il suo percorso di formazio-
ne come governante».
L’economo ispettoriale dei Salesiani di
Don Bosco in Ghana, don Krzysztof
Nizniak, ha elogiato l’impegno della
docente di Bonn: «Dorothea Hahn ha
spiegato quanto sia importante educa-
re le ragazze. Ha provvisto il sostegno
finanziario a due Case che ospitano
100 ragazze ciascuna, dando così a
migliaia di giovani nel corso degli anni
l’opportunità di completare in serenità
Don Krzysztof Nizniak (a sinistra) e Martin
Wilde hanno elogiato l’impegno portato avanti da
molto tempo da Dorothea Hahn a favore del Ghana.
il loro percorso di istruzione». La pro-
fessoressa ha anche costruito una rete
composta da molti giovani, arrivando
fino a scuole della Polonia. «Delle do-
nazioni ricevute, solo l’8% è destinato
a spese di amministrazione», sottoli-
nea Martin Wilde. «Grazie all’assidua
collaborazione con i Salesiani, la for-
mazione offerta è sempre molto orien-
tata al lavoro», aggiunge con soddisfa-
zione la professoressa Hahn.
Con un progetto lanciato a settem-
bre 2017, i Salesiani vogliono anche
promuovere l’inclusione dei disabili.
«In Ghana le persone diversamente
abili spesso sono ancora stigmatizza-
te. In sei scuole ora è prevista la loro
presenza insieme agli altri allievi»,
dichiara don Nizniak. Naturalmente,
la professoressa Hahn è impegnata
anche in questo progetto.
Nonostante la povertà materiale, i ghanesi sono caratterizzati da una grande
gioia di vivere. Nonostante il benessere, in Europa siamo spesso di cattivo
umore e pessimisti. I ghanesi vedono invece il bicchiere sempre mezzo pieno.
L’ottimismo mi lega alla gente del Ghana (Dorothea Hahn)
Ottobre 2018
33

4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
IL SALVATAGGIO
La barca del mondo naviga in acque agitate come mai. Ha bisogno di sostegno
per evitare il naufragio. Ad offrire tale sostegno mira la nostra proposta mensile.
9 Salviamo la testa
Anche se, forse, non vi
abbiamo mai pensato,
la verità è questa:
i veri protagonisti di tutto
sono i pensieri!
L e camere a gas non le ha inven-
tate Hitler: le hanno inventate
coloro che le hanno pensate.
Hitler ha solo aperto il rubi-
netto e acceso il fiammifero.
Il muro di Berlino, prima
di cadere sotto i colpi dei picconi, è
caduto nella mente di qualcuno.
La tragedia assurda, allucinante, del-
lo squarciamento delle Torri Gemel-
le di New York (11 settembre 2001)
non l’hanno provocata gli aerei, ma le
menti impazzite.
Ecco: vien da dire che la dinamite
non serve: bastano le idee. Si diventa
kamikaze cominciando dal cervello.
A questo punto è già chiaro che sal-
vare le teste ben fatte diventa l’undi-
cesimo comandamento.
Salvare le teste, vale a dire uscire dal-
la lunga fila dei replicanti ed entrare
nella fila dei pensanti.
Viviamo nell’epoca dell’unanimismo;
nell’epoca del ‘così fan tutti’.
Basta schiacciare un bottone per esse-
re subito indottrinati su ciò che dob-
biamo mangiare; su come dobbiamo
vestire, ridere e piangere; dove andare
in vacanza, quale libro leggere, quale
bara comprare, quando verrà il mo-
mento.
Non è tempo di dire basta alle prigio-
ni mentali; tempo di salvare la testa?
Accorgersi
e fare domande
L’intelligenza consiste in qualcosa di
più che esser capaci di trovare la ri-
sposta esatta a un determinato pro-
blema. Se così non fosse, qualsiasi
calcolatore tascabile da quattro soldi
avrebbe un (Quoziente Intelletti-
vo) pari a quello dei più validi mate-
matici. La differenza tra la soluzione
meccanica di un problema e la vera
intelligenza sta nella capacità di ac-
corgersi che esiste un problema anche
quando non sia stato direttamente
posto. È soprattutto l’abilità di por-
re domande interessanti in situazio-
ni dove altri non vedono niente di
34
Ottobre 2018

4.5 Page 35

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DIECI SEMPLICI ACCORGIMENTI PER AIUTARE I FIGLI A COSTRUIRSI UNA BUONA TESTA
1. Dare il buon esempio.
2. Progettare e mantenere uno spazio ade-
guato per lo studio. I “ferri del mestiere”
devono essere tenuti puliti e ordinati.
3. Stabilire orari regolari per lo studio e
farli rispettare.
4. Instaurare un’alleanza. «Sappi che ci sono,
conta su di me. Non sono qui per giudicarti o
per farti la predica. Sono dalla tua parte».
5. Lodi e rinforzi positivi.
6. Il genitore come personal trainer della
mente.
7. Curare le ferite psicologiche.
8. Cercare di limitare gli effetti negativi
della pressione sociale esercitata dai coetanei.
9. Etica del lavoro e responsabilità. È l’allenamento alla
vita reale, fatta di impegni, responsabilità e fatica.
10. Sviluppare una mentalità progettuale. Significa credere che è possibile ottenere
risultati utili e gratificanti pianificando bene e a lungo termine le proprie azioni.
Foto Shutterstock.com
straordinario, che contraddistingue i
più grandi pensatori del mondo. La
curiosità e la voglia di capire sono le
radici della vera intelligenza.
Il celebre professore di Harvard
Gardner sostiene che per “soprav-
vivere” in questo secolo occorrono
cinque approcci mentali. Il primo è
quello della mente disciplinata, la più
classica se vogliamo, ma anche quella
indispensabile al successo scolastico,
insieme alla mente sintetica e a quel-
la creativa. Seguono poi due approcci
che Gardner definisce “non opzioni
ma necessità”: la mente rispettosa, cioè
la capacità di accettare le differenze
per sforzarsi di capire gli altri e colla-
borare, e quella etica, che tiene conto
dei bisogni e dei valori di tutti. È fati-
coso ma fondamentale che i ragazzi si
formino una “testa ben fatta” non che
“imparino qualche cosa”.
La società degli apoti
Alcuni anni fa lo scrittore Giusep-
pe Prezzolini fondò la ‘Società degli
apoti’, cioè la ‘Società dei non bevi-
tori’ (‘apoti’ è parola di origine greca
che significa ‘non bevitori’).
Scopo di tale società era quello di
‘non bere’ quello che ci viene detto
dai vari mezzi di comunicazione, ma
di filtrare, dubitare, discutere, così si
esce da quella “massa di scimmie” dei
replicanti, intruppati nel gregge del
‘così fan tutti’.
Scusate la franchezza: il ‘Così fan tutti
è forse la punta più alta della stupidità
umana!
No al ‘Così fan tutti ’, ma ‘così faccio io! ’,
perché ho usato la mia testa: ho pen-
sato, ho dubitato, ho vagliato, mi sono
confrontato.
Bene! Non vi è nulla di più deluden-
te che nascere originali e morire co-
pie. Dicono che l’uomo derivi dalla
scimmia. Ammettiamolo pure. Resta
il fatto che è l’unica scimmia che si
domanda che tipo di scimmia è. Sia-
mo la sola specie di pensatori finora
conosciuta. Gli animali sanno tante
cose, ma non sanno di sapere! Il pen-
siero è la nostra grandezza e la nostra
potenza!
Ottobre 2018
35

4.6 Page 36

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LA LINEA D’OMBRA
ALESSANDRA MASTRODONATO
Tpuardtaecshetai?
Anche i più giovani non possono più far finta
di niente. Oggi devono necessariamente
passare attraverso l’assunzione di una
responsabilità attiva nei confronti della società
in cui viviamo e l’impegno a rimboccarsi
le maniche aplelar ccoosnttrruibzuioirnee idni purni’malateprenrastiovnaa. I La rivoluzione sta arrivando,
n medio stat virtus. Una lunga tradizione di
pensiero, improntata ai valori dell’equilibrio
e della moderazione, ci ha abituati a pensare
che la strada migliore da percorrere è sem-
pre quella del “giusto mezzo”, della bilancia-
la rivoluzione sta arrivando,
ta mediazione tra due alternative opposte e
e tu da che parte stai?
inconciliabili, della ricerca fiduciosa di un equo
Lo scenario sta cambiando,
compromesso tra le diverse opzioni sul tappe-
si disegna un nuovo sfondo,
to. Ci è stata inculcata l’idea che ogni posizione
e tu quale ombra sei?
troppo radicale reca in sé il germe del fanatismo
La rivoluzione sta chiamando,
e dell’intolleranza, mentre l’arte della diplomazia
la rivoluzione sta chiamando,
ci ha insegnato a danzare sul filo invisibile del
e tu quale nome sei?
negoziato per evitare di impantanarci nelle aride
All’appello io rispondo,
secche dell’incomprensione.
non ha tempo il nuovo mondo,
Ma quella che nelle intenzioni originarie voleva
e tu in silenzio cosa fai?
essere una regola d’oro per un’esistenza vissuta
Con la testa tra le mani,
lontano da ogni eccesso e turbamento, la colonna
mentre il cielo sta virando verso colori nuovi,
portante di una saggezza pratica basata sull’ideale
sono i colori degli umani...
etico della misura, rischia talvolta di tramutarsi in
La rivoluzione sta passando,
un tacito invito all’inerzia e al trasformismo, in
per le strade sta ballando,
un subdolo alibi dietro cui ci trinceriamo per non
e tu sei nascosto ormai.
prendere mai posizione, per sottrarci alla respon-
sabilità di una chiara scelta di campo che ci chia-
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Ottobre 2018

4.7 Page 37

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mi a metterci in gioco con le nostre aspirazioni e
convinzioni.
La presente fase storica, geneticamente carat-
terizzata dalla tentazione dell’astensionismo,
dall’abitudine a tenere un piede in più scarpe per
poter, all’occorrenza, cambiare bandiera e vol-
gersi verso l’opzione che appare più conveniente,
sembra invece provocarci alla scommessa della
“dissonanza critica”, all’esigenza di abbracciare
con decisione il sentiero in salita del cambia-
mento. Di fronte alle questioni più scottanti del-
la contemporaneità – dall’ecologia al processo di
pace, dalla tolleranza nei confronti del diverso
alla precarietà nel mondo del lavoro – una do-
manda ci viene posta con insistenza ormai ine-
ludibile: e tu da che parte stai?
Si tratta di un interrogativo universale, che chia-
ma in causa ogni essere umano, con la sua capa-
cità di discernere e valutare, ma che appare ancor
più inderogabile per i giovani adulti, nella misura
in cui il cammino verso l’adultità deve necessa-
riamente passare attraverso l’assunzione di una
responsabilità attiva nei confronti della società in
È scaduto il nostro tempo,
soffia troppo forte il vento,
e tu ora dove sei?
Ancora con la testa tra le mani,
mentre il cielo sta piangendo versa colori nuovi,
sulla pelle degli umani...
Hey! Salvala!
Questa terra che respira e non tracolla mai...
Respira forte e tieni tutto dentro,
apri le mani e aspetta s’alzi il vento,
e quando passa quello è il tuo momento
di liberare l’anima nel mondo.
Lo senti, chi ti parla è l’universo,
lo fa da sempre, ma non eri attento.
E ora che lo ascolti è il tuo momento
di fare un salto per cambiare il mondo.
La rivoluzione sta cercando
la soluzione dentro al mondo,
e tu quale mondo sei?
(Negramaro, La rivoluzione sta arrivando, 2015)
cui viviamo e l’impegno a rimboccarci le maniche
per contribuire in prima persona alla costruzione
di un’alternativa.
Pur riconoscendo l’importanza strategica della
mediazione, siamo dunque chiamati a decentrarci
dai nostri bisogni e ad allargare l’orizzonte delle
nostre aspettative per progettare l’innovazione
culturale e sociale e migliorare la qualità della vita
di ciascuno. Siamo chiamati a rompere il silenzio
e ad uscire dall’ombra del compromesso per di-
ventare protagonisti di una “rivoluzione” che non
sia solo esteriore, ma che comporti una più pro-
fonda conversione delle attese e delle convinzioni
radicate che ognuno di noi si porta dentro. Nella
consapevolezza che ogni rivoluzione non può mai
essere indolore, ma implica inevitabilmente un
salto nel vuoto, la disponibilità a confrontarsi con
la rottura degli equilibri consolidati e il conse-
guente disorientamento, il coraggio di praticare il
pensiero divergente e farsi contagiare dalla linfa
vitale dell’“utopia”.
Ottobre 2018
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4.8 Page 38

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Don Bosco e le “previsioni”
di morte e di vita
Due episodi della vita di don Bosco, ravvicinati fra loro,
ma conclusisi in modo antitetico.
F ra i tanti casi che storia e tra-
dizione ci tramandano rico-
struiamo due storie attraverso
fonti di prima mano, come la
sua corrispondenza e le testi-
monianze processuali.
La morte del conte
Enrico di Chambord
si diffuse rapidamente in Francia fra
legittimisti e orleanisti, per cui molti
amici di don Bosco, francesi ed italia-
ni, gli diedero immediatamente noti-
zia. Non solo, ma da Frohsdorf stesso
gli si chiese ripetutamente di recarsi
al capezzale dell’illustre ammalato.
Ai primi di luglio 1883 ca-
deva gravemente ammalato il
conte Enrico d’Artois, figlio
di Carlo Ferdinando, duca di
Berry, secondogenito di Carlo
X re di Francia, e di Carolina
di Borbone-Due Sicilie. Re
(Enrico V) di Francia per una
settimana, dal 2 al 9 agosto
1830. Era stato costretto all’e-
silio con la nomina senatoriale
di re Luigi Filippo d’Orleans.
Legittimo pretendente al tro-
no, Enrico da anni viveva a
Frohsdorf, a 40 km da Vienna
con il titolo di duca di Bor-
deaux e conte di Chambord.
La notizia della sua malattia
Don Bosco a tutti rispose che non
poteva farlo perché sfinito dal fati-
cosissimo viaggio di mesi in Francia
e perché «impossibilitato ad uscire di
camera». Avrebbe però pregato e fatto
pregare i suoi giovani. L’8 luglio 1883
infatti confidava a due benefattrici
francesi, madame Blancon e mada-
me Quisard: “Je connais très bien et
malheureusement les graves noti-
ces de Mr le Comte de Chambord.
Tous nos prêtres, abbés, en-
fants, dans toutes nos maisons
prient pour sa guérison: toute
notre confiance est dans un
miracle de la Ste Vierge Au-
xiliatrice”.
Peggiorando il quadro clinico
del malato – gli era stato am-
ministrato l’olio degli infermi
– don Bosco dovette cedere
alle reiterate insistenze. Così
accompagnato da don Rua
e dal conte Du Bourg, in un
giorno e due notti di treno (il
ritardo fece perdere le coinci-
Il conte Enrico di Chambord, amico e
benefattore di don Bosco.
A pagina seguente: Ritratto di san
Leonardo Murialdo. Guarì dopo la
benedizione di don Bosco, che gli era
sinceramente affezionato.
38
Ottobre 2018

4.9 Page 39

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denze) e con un’oretta di carrozza, la
domenica mattina del 17 luglio era al
castello di Frohsdorf. Vi si soffermò
poche ore, ma sufficienti per conver-
sare piuttosto a lungo con l’ammala-
to. Alla domanda se sarebbe guarito
– il conte aveva 63 anni – don Bosco
gli rispose che la malattia non era ad
mortem e che invocasse la Vergine sa-
lus infirmorum.
Il conte credette alla parola di don
Bosco. In effetti le sue condizioni
di salute migliorarono rapidamente,
tant’è che don Bosco appena tornato
a Torino scrisse all’amico conte Eu-
genio de Maistre: “Giungo in questo
momento da Frohsdorf... Il conte di
Chambord fino a ieri mattina, 17 del
corrente, continua nella via del mi-
glioramento”.
Sui giornali si parlava ormai di con-
valescenza e la moglie, principessa
Maria Teresa (figlia di re Francesco
IV di Modena) lo confermava a fine
luglio in una commossa lettera di rin-
graziamento a don Rua che, al ritorno
dall’Austria, gli aveva confidato che a
Valdocco si continuava a pregare per
il conte.
A metà agosto don Bosco le ribadiva le
preghiere della comunità salesiana per
la compiuta guarigione del sig. conte
di Chambord”; prudentemente però
aggiungeva: “Queste nostre preghie-
re, unite a tante altre che al medesimo
fine si fanno quasi in tutta Europa,
devono senza dubbio essere esaudite,
ad eccezione che Dio nella sua infinita
sapienza vedesse meglio di chiamare
l’augusto infermo a godere il premio
della sua carità e delle altre sue virtù.
In questo caso noi diremo umilmen-
te: Così piacque a Dio, così fu fatto”.
Era però convinto del contrario: “Ma
io sono persuaso che non siamo ancora
giunti a questo momento”.
Così invece non avvenne e forse an-
che per un’imprudenza il conte venne
a mancare poco dopo, il 24 agosto.
La contessa si rassegnò alla volontà
del Signore e in una lettera di otto-
bre a don Bosco raccontava gli ultimi
sereni giorni di vita del marito, di-
mostrandosi, come lui, piena di fede
e di speranza. Avrebbe poi sempre
manifestato sentimenti di devozione
a don Bosco nella ritiratezza della sua
vedovanza senza figli.
La vita di
san Leonardo Murialdo
Diverso il caso del fondatore dei Giu-
seppini, don Leonardo Murialdo. Il
31 dicembre 1884 – a 56 anni – don
Murialdo si dovette mettere a letto
con sospetto di “febbre reumatica e
catarro bronchiale”. I giorni seguen-
ti le sue condizioni peggiorarono al
punto che i medici parlavano di gra-
ve polmonite, con rischio di morte. I
confratelli ovviamente raccomanda-
rono al Signore la salute del loro pa-
dre e fondatore, ma pensarono pure di
ricorrere a don Bosco, alla cui bene-
dizione si attribuivano da anni sulla
stampa numerosissime guarigioni ed
anche previsioni di futuro.
Amico sincero del Murialdo, special-
mente dopo che questi aveva accettato
la direzione dell’Oratorio di San Lui-
gi in Torino, don Bosco non avrebbe
potuto negargli una benedizione. Sa-
pendolo anziano ed ammalato, gliela
chiesero però attraverso il direttore di
Valdocco, don Giuseppe Lazzero. La
risposta fu che la benedizione gliela
avrebbe impartita don Bosco in per-
sona quella stessa sera recandosi al
suo capezzale, invero a poche centi-
naia di metri di distanza da Valdocco.
Si presentò alle 17,30 con il suo se-
gretario don Giovanni Battista Le-
moyne. Venne introdotto da solo
nella stanza del malato e vi rimase
per circa mezz’ora dandogli la bene-
dizione. All’uscita tutti i confratelli
erano ansiosi di sapere dalle labbra di
don Bosco se il loro padre e fondatore
sarebbe sopravvissuto alla grave ma-
lattia. Don Bosco rispose: “Per questa
volta se la caverà ancora; almeno così
io ritengo, egli deve ancora tirar su
questa famiglia” (G. D , Leonar-
do Murialdo, 2018, p. 339).
Sarebbe in effetti vissuto ancora 15
anni, morendo nel 1900 a quasi 72
anni di età, quella raggiunta dallo
stesso don Bosco e dal beato don Rua.
Ora siedono assieme a tutti i giusti al
“banchetto dell’Agnello” nel regno
dei cieli.
Ottobre 2018
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4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
CAECSUARRAE DBISPSIEORLLIUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
IL SERVO DI DIO MONSIGNOR ORESTE MARENGO, SALESIANO
Fino alla conclusione della sua lunga
vita monsignor Marengo fu un missio-
nario eroico, icona vivente del buon Pa-
store, che dà la vita per le sue pecore.
L’obbedienza ai superiori, l’ansia per la
salvezza delle anime e il tipico ottimi-
smo salesiano furono le caratteristiche
più evidenti e più amate in questo ve-
scovo missionario salesiano nel Nord-
Est dell’India.
Il 28 e 29 luglio si sono svolte a Diano d’Alba,
provincia di Cuneo, le celebrazioni per festeg-
giare il 20° anniversario della nascita al Cielo
del Servo di Dio, monsignor Oreste Marengo,
nato a Diano d’Alba nel 1906, partito missio-
nario per il Nord-Est dell’India a soli 17 anni,
nel 1923, ordinato vescovo nel 1951 nella ba-
silica di Maria Ausiliatrice a Torino e morto a Tura, Stato di Assam, India, il 30 luglio del 1998.
Un momento significativo, con la presenza del vescovo di Alba, monsignor Marco Brunetti, è stato l’inti-
tolazione del cortile interno dell’ex istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice a monsignor Oreste Marengo,
come modello e riferimento per i giovani. In serata, inoltre, sono stati presentati un documentario sulla
vita del missionario e sul lavoro delle exallieve a favore della sua opera missionaria, e la statua di Maria
Ausiliatrice restaurata e ricollocata nella posizione originaria nel cortile dell’opera.
Don Pierluigi Cameroni, Postulatore generale delle Cause dei Santi della Famiglia Salesiana, ha presie-
duto l’Eucaristia di domenica 29 luglio, durante la quale ha rivolto un molteplice invito: ad essere, come
il grande salesiano, missionari e segni della presenza di Gesù nella realtà in cui si vive; a consegnare
totalmente e senza paura la propria vita nelle mani di Dio, come fece il giovane Oreste Marengo che a
17 anni partì per il Nord-Est dell’India; e a imitare il Servo di Dio nell’essere uomini e donne di pace e
riconciliazione, seminatori di fraternità, soprattutto nelle famiglie e nelle relazioni sociali.
Le fotografie di Monsignor Oreste Marengo rivelano la sua semplicità
e la sua gioiosa bontà.
PREGHIERA
Padre onnipotente e misericordioso,
tu hai voluto che il vescovo Oreste Marengo
diventasse Salesiano sulle orme di san Giovanni Bosco,
propagandone in modo meraviglioso
le opere nel Nord-Est dell’India, fondando tre diocesi,
per annunciare, senza stancarsi, la Buona Novella.
Fa’ che egli, accolto da te in Paradiso,
sia nostro potente intercessore specialmente per...
Glorificalo qui sulla terra
come esempio di santità per i tuoi fedeli,
particolarmente per i giovani.
Te lo chiediamo per intercessione
di Maria Ausiliatrice dei Cristiani
che egli ha amato e onorato con cuore di figlio.
Amen.
40
Ottobre 2018

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
Don Luigi Melesi
Morto a Lecco, il 10 luglio 2018, a 85 anni
Parte da Cortenova, il paese in
provincia di Lecco, dove nacque
nel 1933: «Famiglia numerosa,
sette figli, cinque ancora vivi. Un
mio fratello, Pietro, è anche lui
prete: missionario in Brasile, nel
Mato Grosso dove nessuno vole-
va andare. Vive nei disagi, nella
povertà, tra problemi angoscian-
ti, ma non si muoverebbe mai da
lì, se non per un ordine del cielo.
Anch’io volevo diventare missio-
nario e invece mi è stata indicata
una strada diversa. Sono finito in
un carcere dove c’è una grande
carica di umanità, c’è stato per
quindici anni un direttore che ha
indicato la strada del coraggio e
della fantasia, ma certe strutture
sono ancora a livello del Terzo
mondo. In Brasile sono stato
da mio fratello per venticinque
giorni, nel 1967, con un gruppo
di ragazzi. Abbiamo portato aiu-
ti e contribuito a far sorgere una
scuola, che accoglie oggi sino a
seicento bambini, e un poliam-
bulatorio che, per un posto come
quello, è una ricchezza. I ragazzi
di quel gruppo ci tornano. Si è
stabilito un bel rapporto. Sono a
San Vittore dal 1978. Prima ave-
vo lavorato con i minorenni ad
Arese e poi nel riformatorio Fer-
rante Aporti di Torino dove c’e-
rano più di cento detenuti sotto i
diciotto anni. Torino ha un ruolo
importante nella mia vita. Vi ho
frequentato l’Università Pontifi-
cia...»
San Vittore era nel suo destino.
«Quando sono arrivato a San
Vittore, c’erano ancora le immon-
de celle sotterranee nelle quali i
detenuti venivano seppelliti in
isolamento. Al buio, senza un filo
d’aria, in un fetore insopportabile.
Ci siamo appellati ai diritti umani,
è arrivata una commissione euro-
pea da Strasburgo, e finalmente
quello sconcio ha avuto fine».
Da autentico Figlio spirituale di
don Bosco non si rassegnò mai
a considerare irrecuperabile nep-
pure il peggiore dei delinquenti e
in tutti cercava “quel punto ac-
cessibile al bene” da cui avviare
un cambiamento di rotta. È stato
un uomo che ha creduto e ha reso
credibile il Vangelo, uno che ci ha
messo la faccia pagando di per-
sona e non ha mai avuto paura a
stare vicino a chi ha sbagliato, ha
detto il suo ispettore don Giulia-
no Giacomazzi.
Don Luigi raccontava: «Ho vis-
suto la stagione dei sequestri,
poi quella del terrorismo, quin-
di quella di Tangentopoli e oggi
siamo dinanzi a un male stri-
sciante, incontrollabile, infinito:
la droga. Non faccio distinzioni
tra i detenuti: per me sono tut-
ti uomini. Ma al tempo in cui il
carcere era popolato da brigati-
sti ho condotto le lotte più dure
e più belle. Con soddisfazioni
enormi. Non c’era nessun ac-
cenno di comunicazione tra noi
e quei ragazzi. E allora un giorno
decisi: volevo celebrare la mes-
sa al primo raggio, nel corridoio
tra le celle dei componenti delle
Brigate Rosse. Ne parlai con loro.
Non mi diedero neanche retta.
Io decisi di celebrare la messa
lo stesso, montando l’altare nel
corridoio vuoto, a celle chiuse.
Se qualcuno voleva farsi vivo
per sua scelta, poteva chiedere
che venisse aperto il blindato che
copre il cancello con le sbarre.
Non accadde nulla. Silenzio to-
tale. Il direttore mi chiese notizie
e io risposi che quella messa era
stata un successo, perché non mi
avevano insultato, non avevano
fatto chiasso durante la funzione,
non avevano lanciato oggetti nel
corso dell’omelia. La domenica
successiva ripetei l’operazione
e feci una predica sull’uomo. In
quel corridoio vuoto sentivo il
respiro di Dio. A un tratto si aprì
uno spioncino. Uno soltanto. E io
vi infilai una mano. Un brigatista
sconosciuto me la strinse, la ac-
carezzò, la baciò. Udii una voce:
“Padre, abbiamo bisogno di lei”.
Il miracolo si era compiuto. Si
aprirono tre porte».
Il suo fraterno amico, don Ugo
De Censi ha scritto: «Caro don
Luigi, i ragazzi di tutto il mondo
ti sono entrati in casa passando
per la porta del carcere minorile
di Arese e per la porta del tuo
cuore: dicevi “la religione è una
gran bugia se non amiamo que-
sti ragazzi, se non li convertiamo
alla carità”».
Negli ultimi anni, finché le con-
dizioni di salute gliel’hanno
permesso, ha condiviso la sua
esperienza in modo sapiente ed
efficace attraverso conferenze,
incontri, raduni degli exallievi e
anche attraverso varie pubblica-
zioni – tra cui il libro intervista
“Prete da galera”, di Silvia Valota.
A tal proposito, nel 2013 gli fu
assegnata dall’Università Pon-
tificia Salesiana di Roma la lau-
rea Honoris Causa in Scienze
della Comunicazione sociale,
riconoscendo le sue doti di co-
municatore, educatore ed evan-
gelizzatore salesiano.
La sua eredità spirituale può es-
sere condensata in alcune sue
celebri espressioni: “Non è pos-
sibile aiutare una persona a cam-
biare la sua vita in meglio, se non
ci si mette dalla sua parte, se non
si prende a carico la sua vita e la
sua storia… Una persona, per
diventare buona, deve sentirsi
amata”.
Ottobre 2018
41

5.2 Page 42

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
LA BENEDIZIONE DI DIO E LA BENEVOLENZA DEGLI UOMINI
Domenica 21 ottobre si celebra la 92ª Giornata missionaria mon-
diale e nelle parole dello slogan, “Insieme ai giovani, portiamo il
Vangelo a tutti”, sono uniti la gioventù e il “popolo” missionario.
Sacrificio, lavoro e altruismo ispirano queste persone così come
le ispirano le parole di don Bosco: “Non ho mai detto che sareb-
be stato facile, ma che ne sarebbe valsa la pena” diceva il Santo
quando la fatica si faceva sentire o la prova che si andava affron-
tando appariva troppo ardua. Queste persone a cui è dedicata la
Giornata spendono la propria vita lontano dalla madrepatria per
dedicarsi all’evangelizzazione e allo sviluppo di altri popoli. Come? Con tanta fatica, tanta dedizione,
con caparbietà e anche, spesso, correndo gravi rischi per la vita. La prima Spedizione Missionaria
Salesiana venne inviata, nel 1875, da don Bosco nella lontana Patagonia, in Argentina, all’estremo
sud del mondo. Il gruppo, composto da sei sacerdoti e quattro coadiutori salesiani, era guidato da don
Giovanni Cagliero. A tutti loro don Bosco si raccomandò: “Cercate anime, ma non danari, né onori, né
dignità. Prendete cura speciale degli ammalati, dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri, e guadagnerete la
benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini”. Dopo l’A-
merica Latina, fu la volta dell’Africa, dell’Asia e dell’Australia
in cui i missionari e le missionarie di don Bosco con il loro
XXX portarono e portano tuttora istruzione e formazione
professionale ai giovani disagiati. In 133 Paesi, in oltre 3500
case salesiane, tramite lo stile missionario della congrega-
zione improntato sulla comprensione e valorizzazione delle
realtà culturali, sociali e religiose con le quali vengono a con-
tatto. E non va dimenticato il Progetto Europa, perché anche
nel vecchio continente c’è tanto bisogno di aiuto e sostegno.
Definizioni
ORIZZONTALI. 1. Un famoso
undici nerazzurro - 6. Il regista lo
sceglie prima di girare il film - 10.
Euforico, esaltato - 15. Un cortile
gentilizio - 18. Governa un regno
- 19. Un istituto assicurativo chiu-
so nel 2013 (sigla) - 20. Numero
(abbr.) - 21. Componimento poetico
sul tema del vino e della conviviali-
- 22. Dirigente Scolastico - 23.
Conosciuti - 25. Andato… all’an-
tica - 26. Sono prime nello Yemen
- 28. XXX - 33. La culpa di chi
si pente - 34. Capitolazione - 35.
Possono essere “da fuoco” - 37.
Detta le sue ultime volontà - 40. Il
Babà de Le mille e una notte - 42.
Fondò Troia - 43. Fascicoli aggiunti
ai giornali - 44. Carlo attore e regista
di Borotalco - 46. Mio a Parigi - 47.
Le isole dette anche Lipari - 48. L’Ir-
landa in irlandese - 49. Il più lungo
fiume italiano.
VERTICALI. 1. L’ha sostituita l’I-
MU - 2. Tuttavia, sennonché - 3. In-
viati, diffusi via etere - 4. Mezzo etto!
- 5. Le incita Babbo Natale - 6. La
Granda è a Milano - 7. Un saluto de-
finitivo - 8. Le han dispari i servi - 9.
Risulta dall’addizione - 10. Sbarcò
a Marsala - 11. Così è la Vittoria di
Samotracia - 12. È detta anche cru-
sca - 13. Un kolossal del 2004 tratto
dall’Iliade, per il Cinema - 14. Le
vocali della voce - 16. Lo redige l’ar-
chitetto - 17. Né sì, né no - 24. La
provincia di Rovereto (sigla) - 27. Il
poeta della Teogonia - 29. I francesi
lo ricavano dal fegato di anatre sovra-
limentate - 30. Pesante, opprimente
- 31. Avere l’ardire - 32. Uno dei
Grandi Laghi americani - 36. 1050
romani - 37. Un gestore telefonico
- 38. Altari pagani - 39. Il petrolio a
Dallas - 41. Banca vaticana - 45. Ci
seguono in cinese.
42
Ottobre 2018

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
Disegno di Fabrizio Zubani
L’occhio del falegname
C’era una volta, tanto
tempo fa, in un piccolo
villaggio, la bottega di
un falegname.
Un giorno, durante l’as-
senza del padrone, tutti i
suoi arnesi da lavoro tennero un gran
consiglio.
La seduta fu lunga e animata, tal-
volta anche veemente. Si trattava di
escludere dalla onorata comunità degli
utensili un certo numero di membri.
Uno prese la parola: «Dobbiamo
espellere nostra sorella Sega, perché
morde e fa scricchiolare i denti. Ha il
carattere più mordace della terra».
Un altro intervenne: «Non possiamo
tenere fra noi nostra sorella Pialla: ha
un carattere tagliente e pignolo, da
spelacchiare tutto quello che tocca».
«Fratel Martello – protestò un
altro – ha un caratteraccio pesante e
violento. Lo definirei un picchiatore.
È urtante il suo modo di ribattere
continuamente e dà sui nervi a tutti.
Escludiamolo!».
«E i Chiodi? Si può vivere con gente
così pungente? Che se ne vadano!
E anche Lima e Raspa. A vivere
con loro è un attrito continuo. E
cacciamo anche Cartavetro, la cui
unica ragion d’essere sembra quella
di graffiare il prossimo!».
Così discutevano, sempre più animo-
samente, gli attrezzi del falegname.
Parlavano tutti insieme. Il martello
voleva espellere la lima e la pialla,
questi volevano a loro volta l’espul-
sione di chiodi e martello, e così via.
Alla fine della seduta tutti avevano
espulso tutti.
La riunione fu bruscamente interrot-
ta dall’arrivo del falegname.
Tutti gli utensili tacquero quando
lo videro avvicinarsi al bancone di
lavoro.
L’uomo prese un asse e lo segò con la
Sega mordace. Lo piallò con la Pialla
che spela tutto quello che tocca. So-
rella Ascia che ferisce crudelmente,
sorella Raspa dalla lingua scabra, so-
rella Cartavetro che raschia e graffia,
entrarono in azione subito dopo.
Il falegname prese poi i fratelli Chio-
di dal carattere pungente e il Martel-
lo che picchia e batte.
Si servì di tutti i suoi attrezzi di
brutto carattere per fabbricare una
culla.
Una bellissima culla per accogliere
un bambino che stava per nascere.
Per accogliere la Vita.
Dio ci guarda con l’occhio
del falegname.
Ottobre 2018
43

5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Il messaggio
del Rettor Maggiore
Un anno di benedizione
gennaio
2019
LA BENEDIZIONE
Il Signore non ti lascerà cadere,
veglia su di te, senza dormire.
Su di te veglia il Signore,
ti protegge con la sua ombra,
sta sempre al tuo fianco.
Il Signore proteggerà la tua vita,
ti proteggerà da ogni male.
Il Signore ti proteggerà
quando parti e quando arrivi,
da ora e per sempre.
(Salmo 120)
fe2b0b1r9aio
1 Mar Maternità di Maria
2 Mer ss. Basilio
e Gregorio Nazianzeno
3 Gio SS. Nome di Gesù
s. Genoveffa
4 Ven s. Elisabetta Selon
s. Ermete
5 Sab s. Amelia
s. Edoardo
6 Dom Epifania del Signore
s. Guerrino di Sion
7 Lun s. Raimondo de Peñafort
s. Luciano
8 Mar b. Titus Zeman
s. Severino - s. Massimo di Pavia
13 Dom Battesimo di Gesù - s. Ilario
b. Veronica da Binasco
14 Lun s. Felice da Nola
s. Bianca
15 Mar b. Luigi Variara
ss. Mauro e Placido
16 Mer s. Marcello I
s. Tiziano
17 Gio s. Antonio abate
18 Ven s. Liberata
s. Margherita d’Ungheria
19 Sab s. Mario
s. Pia
20 Dom 2a del tempo ordinario
s. Sebastiano - s. Fabiano
Per
la
LA BENEDIZIONE
casa.
nveVeeltnilisageintapania,olcooeinP,staaadnnroteil,aelnaignnesoliidsatiercaducesaltsonadeimrciico;
PseeelmraCptrrueiasctbooennnonesodtiir.zoioSniegnroimrea. nAgma en.
9 Mer s. Giuliano
s. Adriano di Canterbury
21 Lun s. Agnese
b. Cristiana di Assisi
10 Gio s. Aldo
s. Pietro Orseolo
22 Mar b. Laura Vicuña
s. Vincenzo Pallotti
11 Ven
12 Sab
s. Igino papa
s. Salvio
s. Modesto
s. Antonio M. Pucci
23 Mer s. Emerenziana
s. Ildefonso
24 SETTEMBRE Gio s. Francesco di Sales
(Patrono dei giornalisti)
LA STRENNA
25 Ven
26 2019 Sab
Conversione di s. Paolo
s. Demetrio
ss.Timoteo eTito
s. Paola
Il cammino della santità è pieno di gioia:
27 “qui facciamo consistere la santità nello stare
1 28 molto allegri” diceva San Domenico SavVieon.
La santità non allontana dai propri doveri,
s. Verdiana
b. Anna Michelotti
32 2390 12 iLdnuatnesrqaeunsestiiat,àlabfèfielstaotgip.neMorfafeozlniiodanasemsudemenltleaanlecealdlraeiltlàc’aueDroSiormatimàbso.p:oss.s.Pn.OBrCesidaacsaetgeenrirot-iansza.iodCneien’zRdiaeiclcSi ignore
4 31 13 essere amato e amare.
Lun s. Gilberto
s. Andrea Corsini
5 14 Mar s. Agata
s. Alice
6 15 Mer s. Paolo Miki
s. Dorotea
e
compagni
7 16 Gio b. Pio IX
s. Teodoro
8 17 Ven
9 18 Sab
ss..GGiiruoslaemppoinEamBilaiaknhiita
b. Eusebia
s. Apollonia
Palomino
10 19 Dom 5
2 s.
a del tempo
Scolastica -
ordinario
s. Arnaldo
11 210 Lun sM. P. adsiqLuoaulredIes- s. Dante
3a del tempo ordinario
Dom s. Angela Merici - s. Marino
LA PREGHIERA s.Tommaso d’Aquino
Lun s. Giuliano di Cuenca
4Ma deal tremiapo,oMrdinaardio re di Dio e madre di ogni uomo,
Mar
Mer
sv.Vealegriloi-as.sCoustaonzgo ni uomo,
che incontrerà b. Bronislao Markiewicz
s. Martina - b. Sebastiano V.
il
tuo
vsoultoogninMi dqaournenss.taEaulailicao- ns. Daa:miano
Gio
ssdeA..CGoisiiroonncvoaacnlontviraBiagogosocggorgieaiaoolgglenniifanlotoirscohtrbeaudosienGoMggpiroenerrotiapgsso.sipss.V..osMaCFrilroiaeertsuninclolgrtaoiaon.heo Mieetrodaio (Patroni d’Europa)
raccogli nelle tue mani Ven ss. Faustino e Giovita
i nostri desideri e i
le nostre necessità
le nostre suppliche
E consegna tutto a
ene ollesetnnrDoioSssosatotmrbrgeenos6pisbs.a,c..r7dGGceoifiuluuomtsnleiepadmpnapeapatoeoszrAiosilOrldaoeSminMn.aarn-iioo,s.
GesùL,un
s. Simeone
b. Angelico
Donato
iPlrFeiggalipoedrinDoiioecpheerstturitntMig,iafrrass.l.MeCoarntrsauudeoetoC-obnsf.raTluaolnlcioiecriia.
adesso e sempre.
Mer s. Giordano
s. Eleuterio - s. Silvano
Amen
Gio ss..EPlieeornDoaramiani
1 13 222272625432 OT20TO19BRE Dom
2 14 Lun
3 15 28 Mar
22ª del tempo ordinario
s. Egidio - s. Vittorio
s. Elpidio
s. Massima
s. Gregorio Magno
s. Marino
dfvaasièiLgerctLcuneialaolaisnsmespsso.saatotuaSrdrcnnnnuaraetsaigtmiinaoitmu“ttàbneipàainteeèilàr.nèùtidtiptLèuàoapad,ncAlrreaeauetldcepmlSnecacoaeTdimvirspCmeiRasairhipntpzeEbiiraei”ei(eoNg.lrscgeneanÈiNhoe,soièioanA)tae,rlnusrloaeilazneaai.acamtiuIvnunve“iizttmostiueaotcidnueiadgamatzelittisiotesoDopi,onnrueièlVSDiegorni”e,apdi.oeenndburiaNmnùeeonozlnaan2sEssso....4sCRGMaª.laoiatdotasueveszrlareiiiontllnlienaonamei-dCpsas.or.iCGsCoorerrosdenctisooencmvaearnoiozo-
Madonna
Ven sC.aMttaerdgrhaedriitas. Pietro
Sab s. Policarpo
s. Romana - s. Renzo
Dom s7.aSdeergl itoem- ps.oAodrodlifnoario
Lun ss. Versiglia
s. Cesario
e
Caravario
Mar s. Nestore
s. Romeo
Mer s. Gabriele
s. Leandro
dell’Addolorata
Gio s. Romano
Addolorata s. Candida
LA
PREGHIERA
4 Mer s. Rosalìa
s. Ida
5 Gio s. Vittorino
s.Teresa di Calcutta
6 Ven s. Umberto
s. Petronio - s. Liberato
7 Sab s. Germana
s. Grato di Aosta - s. Regina
8 Dom 23ª del tempo ordinario - Natività B.V. Maria
s. Sergio I - b. Ismaele
9 Lun s. Pietro Claver
s. Valentiniano di Coira
10 Mar s. Nicola da Tolentino
s. Vittore - s. Pulcheria
11 Mer ss. Proto e Giacinto
s. Emiliano - s. Diomede
12 Gio SS. Nome di Maria
s. Guido
11112226789012 Lun
Mar
Mer
Gio
Ven
Sab
Dom
23 Lun
24 Mar
ssBs2Essssssssssss...........s...5n..VRPPGSMGCEPLCGEªrA.aioulioiaoiieinaieoduodnccfofrnbntotieensinoedatrddenfelmeaoeilrriaaclpSetodlatoiierdopa.aaoPomAMieAiBK-epeApepdeitorsmCorralabs.celiatureopElCoecirderrucmloidisoencasipiooiatnnneamaorocetrhpiincoiaooog-mnbip. aGginuisempapretiCria-lass.aMnazu,OuDrDiDzDnDiDoocSoDocooDehvocviohvvcoghv’esov’oè’eèv’mnèt’eèv’èièpr’oioooèeadiudodegrfdoinptfusmreisipieroopro,sbciose,onrpoosfbranratfrtoreita,ieet’tdoril’i,oclzd,aielachazclaiczdahhate,hismeegeo,ecpleilninuheoleioiaieoeceoriopbe,aatpipo.rp.unooroeoazrtr,praittotpii.iirallltl’capaaieemlv.f’rueeoddrnroieeitno..àon..e.
25 Mer s. Nicola di Flüe
s. Cleofa - s. Aurelia
LA STRENNA
26 Gio ss. Cosma e Damiano
s. Nilo
È Gesù che vi legge nel cuore le decisioni più
27 Ven s. Vincenzo de’ Paoli
s. Adolfo
vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che
suscita in voi il desiderio di fare della vostra
28 Sab s. Venceslao
ss. Lorenzo Ruiz e compagni
vita qualcosa di grande, la volontà di seguire
un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla
29 Dom 26ª del tempo ordinario
ss. Michele, Gabriele, Raffaele arcangeli
mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà
30 Lun s. Girolamo di Stridone
b. Federico Albert
e perseveranza per migliorare voi stessi e la
società, rendendola più umana e fraterna.
13 Dom 2b8. ªAdleexl atenmdrpionaorMdin.adraioCosta - s. Edoardo re
1 Mar s.Teresa di Gesù Bambino
2 Mer ss. Angeli Custodi
s. Modesto m.
3 Gio
4 Ven
s.
s.
GEedrmarodnododidBi rSocgonzeia
s. Francesco d’Assisi (Patrono
d’Italia)
s. Aurea
b.
5 Sab s.
Alberto Marvelli
Maria Kowalska -
s.
Placido
6 Dom 2s.7Bª rduenlote-msp. oAlobredritnaario
7 Lun Bs..VG.iduestliRnaos-arsi.oAdalgiso di Novara
s.
8 Mar s.
Giovanni
Simeone
Calabria
- s. Pelagia
9 Mer sss..GDioiovnaingni ieLceoomnapradgin-i s. Ferruccio
10 Gio
11 Ven
s. Francesco Borgia
s. Daniele
s. Alessandro Sauli
s. Firmino
12 s. Serafino
Sab s. Amico
DèedigMGloilenilanmloeeamvsslsBolùauna’ineoonoontedsnietdmc,oilrotaes.onàesogEssisiLltcgasduosàrAaipse.ai,”gerpv“.driSpgNeuQoeoirTn,aeomouflqtiRepelaoalu’ssoe,iiEnutecstsgeeliitNoal,,airipooncnNoagvdodiefiraAtimflioàornfvtvlieeeièeraelmmedidnqcc.ioeipuie:rtnotoeàv“agdl.U,inedsfnnioiegsolepiapncisnoùaiocotlncaoaeihlledectadsueiomooltgropuenotito
14 Lun s. Callisto I
s. Celeste di Metz
s.Teresa d’Avila
15 Mar s. Maddalena da
Nagasaki
s.
16 Mer s.
Edvige -
Gerardo
s. Margherita
Maiella
Alacoque
17 Gio s. Ignazio di
b. Contardo
A.
Ferrini
18 s. Luca ev.
Ven s. Renato
19 Sab ss.sP. aGoiolovadnenlliadCi rBorcéebeuf e compagni - s. Laura
20 Dom 2s.9Bª edretlilltaemBpooscoarrddiinna-riso. Irene
s. Orsola
21 Lun s. Celina
s.
22 Mar s.
Giovanni
Donato -
Paolo II papa
s. Maria Salomé
s. Giovanni da Capestrano
23 Mer s. Manlio
24 Gio s.
s.
Luigi Guanella
Antonio M. Claret
25 Ven s. Crispino
s. Miniato
-
s.
Daria
s.
26 Sab s.
Demetrio
Alfredo il
Grande
30ª del tempo
27 Dom s. Evaristo - s.
ordinario
Fiorenzo
28 ss. Simone e Giuda
Lun s. Elio
b. Michele Rua
29 Mar s. Ermelinda
s. Alfonso Rodriguez
30 Mer s. Germano
31 Gio s.
s.
Quintino
Lucilla -
s.
Narciso
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via Marsala, 42
00185 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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un’offerta.