1980_BiancoE_Parente_di_tutti_i_poveri_Artemide_Zatti_Collana_Santi_Salesiani_022


1980_BiancoE_Parente_di_tutti_i_poveri_Artemide_Zatti_Collana_Santi_Salesiani_022

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1.2 Page 2

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LA SUA CARTA D'IDENTITA'
Zatti Artemide Gioacchino Desiderio, figlio di Luigi e Al-
bina Vecchi, contadini.
1880, 12 ottobre. Nasce a Boretto (Guastalla, Reggio
Emilia), terzo di otto fratelli. Quel giorno stesso è battez-
zato.
1897. Emigra con la famiglia a Bahia Blanca (Argentina).
1900. Entra nella casa di formazione salesiana di Bernal.
1902. Malato di tisi, viene inviato a Viedma per curarsi.
Non lascerà più la città.
1904. Ricuperata in parte la salute, si rende utile lavo-
rando nella farmacia della casa salesiana.
1908. Guarito, emette i voti religiosi e diventa salesiano.
1911. Assume la responsabilità dell'ospedale, e poi anche
della farmacia.
1913. Costruisce l'ospedale nuovo.
1914. Ottiene la cittadinanza argentina.
1915. Si diploma in farmacia. Subisce per un curioso
equivoco cinque giorni di arresto (li chiama le sue va-
canze, le uniche in tanti anni di lavoro).
1934. Si reca in ltalia per assistere alla canonizzazione di
Don Bosco. Visita il suo paese natale, e a Torino il Cot-
tolengo.
1942. E' costretto a trasferire I'ospedale in un edificio di
fortuna.
1950. ll 19 luglio è vittima di un incidente (caduta da una
scala). Non si riprenderà più. Pochi mesi più tardi scopre i
sintomi di un male inguaribile.
1951. Si spegne il 15 marzo.
1953. Lo storico salesiano Raul Entraigas pubblica a
Buenos Aires una
todos los pobres"
sua biografia dal titolo
(seconda edizione nel
"El pariente
1960).
de
1980. Comincia a Viedma il Processo apostolico per la
sua Causa di beatificazione.

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Era il parente
di tutti i poveri
Artemide Zatti
II .
Un povero ragazzo
fallito e spacciato
Casa Zatli, a Boretto (Reggio Emilia). La mamma è andata
al lavoro in campagna; del piccolo Artemide si prende cura
una sorellina giudiziosa. Lui dorme. Ma poi si sveglia e co-
mincia a strillare. E la mamina non arriva. La sorellina gli
canta tutte le ninne nanne che sa, ma Artemide strilla ancora
di più. Forte della sua esperienza con le bambole di pezza,la
sorellina intuisce: ha fame! E nella stalla c'è Ia mucca... La
sorellina prende il fratellino in fasce, lo porta nella stalla, lo
accosta alla mucca. Sì, il piccolo Artemide aveva proprio fa-
me, succhia con golosità, e poi si addormenta tranquillo.
Nei suoi sogni innocenti c'è un futuro di emigrante nella
lontana America, c'è una malattia che di solito non perdona e
che per lui farà un'eccezione, c'è un ospedale da costruire e
mandare avanti senza possedere un soldo, c'è tanto lavoro e
una vacanza di cinque giorni in prigione, c'è una schiera
Iunghissima di malati e diseredati a cui provvedere. Perché
sono poveri, e tocca a lui provvedere, lui che intanto è di-
ventato "il parente di tutti
E c'è, nel futuro, anche
i poveri".
un monumento
con
la
sua
statua,
una via e un ospedale col suo nome. E un processo ancora in
corso, voluto dai vescovi argentini: un processo per santità.
Ma intanto...
Intanto a quattro anni Artemide va in campagna: a lavo-
rare, come sa. In casa le bocche sono tante e le entrate poche.
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1.4 Page 4

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Qualche classe elementare, poi a nove anni è messo a gior-
nata. Stipendio 25 lire all'anno. Levata alle tre, una fetta di
polenta, e via nei campi. Ma a fine settimana, quando torna a
casa, Artemide ha sempre un buon pacchetto di dolciumi che
la padrona ha cotto al forno per lui. E la sua gioia più grande
è vedere i suoi sette fratelli, più piccoli e più grandi, che di-
vorano tutto allegramente.
Così fino a 16 anni, quando il fascino dell'America per la
famiglia Zatti si fa irresistibile. In Europa si muore di fame, là
c'è da fare fortuna. In Europa sono gli anni della grande de-
pressione, le crisi economiche si chiamano cicliche perché si
susseguono l'una all'altra .come onde del mare. In Italia è
peggio. La crisi agricola è resa più acuta dalla ..tassa sul
macinato", e getta i contadini nella disperazione. I possidenti
si disinteressano dei poveracci, mancano le macchine agrico-
le, i sistemi di coltivazione sono arretrati. I braccianti sorto
denutriti, facile preda della malaria, della pellagra, del colera.
E tanto spesso senza lavoro.
Ma gli Zatti hanno uno zio in Argentina che abita in una
città allora in embrione chiamata Bahfa Blanca: è diventato
caposquadra degli operai municipali. E gli emigranti sono
come le ciliegie, l'uno tira I'altro. Andranno a raggiungerlo:
nel 1897 la famiglia Zatti fa il fagotto e parte.
Artemide è un ragazzo alto e magro, allegro e pensieroso.
Nessuno suppone che questo uccellaccio sparuto, spinto in
esilio dalla fame, un giorno farà parlare di sé.
Ci pensi bene prima! A Bahfa Blanca, alle porte dell'an-
cora favolosa Patagonia, c'è lo zio ad aspettarli, e c'è lavoro. Il
babbo mette su una bancarella al mercato, Artemide lavora
per qualche giorno in un albergo; ma l'aria che tira dentro
non gli piace, e va a fabbricare mattoni e piastrelle.' Ci si
barcamena, ma per gli emigrati appena giunti è già qualcosa.
L'Argentina è piena di italiani arrivati con facce straniere e
con il magro fagotto, che diventano presto cittadini a tutti gli
effetti, Iaboriosi, positivi, realizzatorl Succederà così anche
per gli Zatti.
Intanto, alla domenica, eccoli tutti in chiesa. L'aria che si
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respira a Bahfa Blanca è fortemente anticlericale, gli emigrati
di solito abbandonano la pratica religiosa. Ma gli Zatti n<t.
C'è una chiesa vicino, tenuta dai salesiani di Don Bosco.
Sono arrivati in Argentina come missionari nel 1875; dal 1890
lavorano a Bahfa Blanca. Sono quasi tutti italiani di origine.
Artemide ha l'impressione di essere tornato a Boretto. Ogni
ora libera dal fabbricare piastrelle Ia passa in compagnia del
parroco, padre Carlo Cavalli, uomo semplice e ciarliero. Lo
aiuta a mettere in ordine la chiesa, lo accompagna a visitare i
malati. Legge nella sua biblioteca la vita di f)on Bosco e ne
rimane conquistato. Così gli frulla in mente un'idea: ,.E se
diventassi anch'io sacerdote, per dedicare tutta la vita al bene
del prossimo?,
Non lo sarà mai, ma don Carlo dice che sarebbe possibile,
e
è
va a parlarne ai
volontà di Dio,
genitori. Ne riceve una risposta
segua pure la chiamata divina.
dMi afecdiep: e"nSsei
bene prima di compiere il passo, perché non ci piacerebbe un
giorno vederlo tornare con le pive nel sacco)>.
Nell'anno 1900 i salesiani d'Argentina hanno riunito tutti i
loro giovani aspiranti al sacerdozio in un'unica casa, a Bernal,
vicino a
piedoni
gBruaenndoi s(nAuirmese.roAr4t5e)mciodme e-1p9eracnanmi,mIuinnagroe
e snello, con
il mondo in
lungo e in largo, e con manacce come per distribuire a tutti in
parbebsoenndtaanazlad-iretatonrde:
a Bernal. La mamma lo accompagna, lo
"Padre, eccole mio figlio. E' abbastanza
buono, e credo che sarà obbediente. Ma se non si porta bene,
le chiedo che dia di mano al bastone".
Le pive nel sacco. Artemide si trova bene a Bernal: una
vita disciplinata e austera, con ritmi regolari che aiutano a
maturare. Scrive a casa: ..Sono contento di essere qui. I su-
periori sono buonissimi, e i compagni allegrissimi. Sono quasi
tutti italiani. Dite a mamma che non si preoccupi per merr. Ma
le prove lo attendono al varco.
Ha alle spalle la quarta elementare frequentata dieci anni
prima, e deve cimentarsi col latino. Grandicello in rnezzo agli
altri, si presta per tanti piccoli servizi. Diventa presto un
factotum. A scuola si applica col massimo impegno, ma la
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strada degli studi per lui risulta molto lunga e accidentata. I
suoi da casa si aspettano lettere lunghe, e lui scrive da poli-
glotta in spagnolo, in italiano, in dialetto, e con qualche parola
di latino; ma è un cimitero di errori. E in fondo a ogni lettera,
sempre, un buon pensierino spirituale. " Ciò che non serve per
l'eternità, non serve a nullar.
Passa un anno, Artemide è più pallido, filiforme. Non sa
dire no alla fatica. Ecco giungere a Bernal un giovane sacer-
dote stremato dal lavoro e aggredito dalla tisi. L'umidità della
zona non lo aiuterà certo a guarire. Artemide ha l'incarico di
assisterlo.
Ai primi di gennaio 1902 gli avvenimenti precipitano: il
sacerdote malato muore, i compagni di Artemide vanno a ri-
cevere l'abito clericale, e quella mattina lui è a letto. Ha una
tosse
biare
insistente, e una
ariarr, sentenzia
iflebmberediccoh,eelodedcividoerap. e" rBiusnoagnlaoccaalim-
sperduta sulle Ande, in capo al mondo.
Con i soldi del viaggio lo mandano alla stazione. Prima
passerà a Bahfa Blanca, per salutare i suoi. Che cosa dirà
loro? Mentre attende il treno alla stazione ferroviaria di
Buenos Aires, lo assale un conato violento. Uno spasimo
dentro irresistibile, e quando riapre gli occhi c'è ai suoi piedi
un'enorme macchia rossa. Subito uno spazzino si affretta a
coprirla di segatura.
Sangue. Per tutto il viaggio di 700 chilometri, inchiodato al
duro sedile della seconda classe, Artemide pensa i suoi sogni
infranti. Le speranze dei suoi cari svanite. Un fallimento di cui
vergognarsi davanti a tutti.
poca la tisi non perdonava
bile entro poco tempo...
Le pive nel
- l'incubo
sacco.
di una
mE o-rteainqeuseollr'ae--
La mamma a vederlo scoppia in pianto dirotto. Lo mette
subito a letto, e corre da don Carlo. <.Non andrai lassù sulle
Adonvdeel'-arialoèribnucounoar,aeilgubararivroai»s.aEcetridraotefu-o.ri
Andrai a Viedma
i soldi per pagare
il viaggio (altri 300 chilometri) in diligenza.
O non sarebbe meglio, per questo povero ragazzo fallito e
spacciato, morire lì in casa, confortato dalla sua mamma?
Artemide china il capo. Ha già imparato il valore supremo
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dell'ubbidienza in nome di Dio. Andrà a viedma, se Dio vuole,
a morire. Ma i progetti di Dio erano ben altri'
2 il ragazzo malato
o diventa medico
Viedma, quasi allo sbocco del Rio Negro sull'Oceano
Atlantico, ha in serbo per Artemide, oltrc all'aria buona e alla
casa salesiana, anche una farmacia e un ospedale impiantati
nel collegio stesso. E' quanto ci vuole per un malato'
Quelle strane appendici all'attività scolastica, erano sorte
in modo avventuroso nel 1889 quando Viedmaera avamposto
missionario. Operai abbandonati a se stessi, soldati, avven-
turieri, come pure gli indigeni dei dintorni, morivano per la
mancanza dei più comuni medicinali. Mons. cagliero, capo
dei missionari salesiani in America, aveva deciso: bisogna
mettere in piedi una farmacia. Un suo giovane sacerdote,
padre Evasio Garrone, un tempo era stato infermiere nell'e-
sercito italiano: gli affidò I'incarico. Ne venne fuori uno stra-
no negozio, dove i ricchi pagavano, e i poveri solo se e fin
dove potevano (a coprire il deficit avrebbero provveduto i
cooperatori salesiani).
Padre Garrone nell'esercito si era fatta una praticaccia di
medicine e malati, e in più aveva un formidabile occhio cli-
nico. In mancanza di altro medico nella zona, tutti correvano
a lui, e lo chiamavano con rispetto «dottore».
Un giorno egli prese sotto braccio il direttore del collegio e
lo portò a visitare un malato. Stava in una stamberga, giaceva
in condizioni pietose, aveva nessuno che si curasse di lui.
Aspettava la morte. ,.Possiamo lasciarlo qui?", e i due sacer-
doti si erano guidati negli occhi. Gli dissero: uTorneremo)>, e
corsero da mons. Cagliero' ,, Monsignore, qui ci vuole un
ospedaler. Il vescovo aveva
Don Bosco aveva lasciato
fisso
a lui
in
e
maiesnuteoiqcuoeml "priacgonridaol"
che
mo-
mento in cui salparono da Genova: "Abbiate cura speciale
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degli infermi, dei bambini, degli anziani e dei poveri, e vi
guadagnerete la benedizione di Dio e la benevòlenza degli
uomini". Rispose che sì, bisognava davvero fare l'ospedale.
c'era una stalla: venne ripulita e disinfettata. Le suore vi
sparsero profumo per cacciare l'odore di prima. Un letto, un
materasso, una sedia... e l'ospedale era pronto. In quattro
prelevarono il malato e lo intronizzarono. un mese dopo egli
se ne usciva guarito, e intanto altri malati avevano popolato la
stalla-ospedale.
L'errore di padre Garrone. Nel marzo 1902, quando Arte-
mide giunge a viedma, l'ospedale è cresciuto sotto la dire-
sAziiraotnenime. Qiddeuelaa"ndltlooatatmosraeaml,u,m.te.a,.cm-oni hhmaoivatrisogivtraaatntoodieil
gioia
miei
c-arisfcrraivteellisusbailteo-
medico, padre Garro-
ne, e mi ha assicurato che tra un mese sarò guarito». Ju11,s
due si erano inginocchiati all'altare dell'Ausiliatrice, e Arte-
mide le aveva formalmente promesso che se fosse guarito
avrebbe dedicato la vita intera a curare i poveri. promessa a
quanto pare accettata, ma la guarigione sarà tanto lenta...
La <.tosse" (come la chiama quando scrive a casa, pur
sapendo che è una «tubercolosi o tisi in tutta la sua bellezzar)
continua a scuotere quell'esile giunco; però il riposo, una
comunità accogliente e comprensiva, una vita tranquilla, e
un'enorme fiducia nel signore, lo aiutano a superare lenta-
mente la crisi. Due anni dopo riesce già a rendersi utile in
farmacia. Nel 1908 emette i voti religiosi, è salesiano.
Diventerà sacerdote? ormai si è reso indispensabile nella
farmacia, è un infermiere così provetto che l'ospedale non
può fare a meno di lui. Poi nel 19ll padre Garrone compie
l'imperdonabile errore di morire, e Artemide presto si trova
solo
dale
a capo
di San
della "Farmacia
Giuseppe".
di
San
Francesco,
e dell,,.Ospe-
Il peso è schiacciante. E poi bisogna fare i conti con la
legge, che anche se non è in grado di provvedere alle necessità
dei malati di Viedma, riesce però a intralciare chi tenta di fare
qualcosa per loro.
Il superiore salesiano per assicurare l'avvenire dell'ospe-
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1.9 Page 9

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dale assume un medico vero, che diventa responsabile legale
di fronte alle autorità. Ma di fatto il capo sarà lui, Artemide
Zatti, e del capo avrà tutti i connessi grattacapi.
In bicicletta. Nel 1913 viene dcciso: si pone la prima pietra
per la costruzione di un nuovo, vero ospedale. I soldi per
òostruire non ci Sono, ma arriveranno. Si formano comitati, si
organizzano lotterie e vendite all'asta. E in pochi mesi l'o-
spedale è in piedi, non grande, ma solido e sicuro. I muri in
sèguito sopporteranno un primo piano, e poi un secondo
piano. La sala operatoria è quanto di meglio si possa deside-
rare per quei tempi.
Intanto Artemide ha imparato a farsi in quattro: dirige,
paga il personale, stipula i contratti, compera latte e verdura
per i malati, sorveglia la cucina e la pulizia, e se nessuno
provvede a fare pulizia, afferra la scopa e provvede lui. La sua
fatica maggiore
mettere insieme
i-
che lo
soldi per
angustierà fino alla
fronteggiare le spese
mseomrtpere-,creè-
scenti. Perché i criteri amministrativi dell'ospedale sono gli
stessi che funzionano in farmacia: chi ha poco paga poco, e
chi ha niente paga niente. E questi ultimi sono i clienti lar-
gamente più numerosi.
Dai suoi registri, nel 1915 risultano ospedalizzati 189 in-
fermi. Perfino dal carcere gli mandano malati, perché anche
in carcere ci si ammala e l'infermeria è insufficiente.
Lui in bicicletta gira da tutte le parti per rastrellare denaro.
La gente ha imparato a distinguere: se Io vede pedalare col
camice bianco addosso, è perché va a curare i malati; ma se
ha sulla testa un cappello, è perché fa visita alla banca o a
gente danarosa.
Nel 1914 ha ottenuto la cittadinanza argentina' Ci teneva, e
ne è felice. perché ama la sua seconda patria non meno della
prima. Ma nell'agosto 1915 ha a che fare con la giustizia"'
Un po' di vacanza. Era stato affidato al suo ospedale un
prigioniero perché lo curasse, e costui di notte era evaso' A
qualcuno che in viedma odia i religi<lsi non era parso vero di
profittare dell'occasione: Zatti viene accusato di "infedeltà
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1.10 Page 10

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nclla custodia dei prigionieri". Come se quel compito toccasse
agli infermieri, e non ai carcerieri.
La gente guarda incredula lo spettacolo di Zatti fra gli
sbirri, condotto in prigione. E comincia il pellegrinaggio aùa
sua cella: ci vanno i suoi confratelli, gli infermieri con i con-
valescenti, i suoi amici della città, iragazzi del collegio. euesti
ultimi vanno con la banda in testa, e soffiano negli strumenti
più forte che possono per farsi sentire da tutti.
Tre giorni dopo zatti compare in tribunale. La scena lungo
le strade, mentre va al sacro tempio delle giustizia, è sugge-
stiva: tutti corrono a vedere quel delinquenle scortato da uo-
mini con pistola mauser e machete (il famoso spadone diffuso
ancora oggi in America Latina). Lui invece ha in mano il ro-
sario: prega, e sorride. E la comica scena si ripete al ritorno,
con qualchc spettatore in più. Dopo cinqurc giìrr.ni di carcere
(«Avevo proprio bisogno di un po'di vacanzarr), lo rilasciano, e
il suo ritorno è trionfale.
Intanto davanti all'ospedale da qualche tempo è stata
aperta una farmacia vera, con un farmacista patentato. Costui
vuole che Ia farmacia dell'ospedale chiuda. Bisognerebbe
chiudere davvero, perché non ci sono i titoli legali per gestirla.
Ma allora i poveri dove troverebbero le medicine a quel certo
prezzo speciale tutto per loro? Zatti ingaggia la lotta: subisce
minacce, paga multe, è costretto a chiusure temporanee, ma
nel 1917 può tirare fuori l'asso dalla manica: è andato a La
Plata, ha sostenuto gli esami necessari, e torna con un inec-
cepibile diploma di oidoneo in farmaciar.
Respirano tutti? Ogni mattina si alza alle cinque, se non
alle 4,30. Accende il fuoco, e va in chiesa. Se non c'è ancora
nessuno, si prostra a terra con la fronte sul pavimento, solo
davanti al suo Dio. Poi fa la meditazione con la comunità,
partecipa alla messa, apre l'anima a Cristo che viene nell,eu-
caristia (tutti i giorni fino alla fine così, salvo gli urtimi 41
giorni passati inchiodato sul letto di morte).
Poi va dai suoi malati: un bel saluto cristiano, e: «ftsspi-
rano tutti?». «Tutti, don Zatti"..rDeo gratiasr; e passa da un
malato all'altro per vedere di che cosa hanno bisogno. poi di
l0

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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V(pIEriDmMoAa, OdSePsEtrDaA) LoEltrSeANchJeOSaEm',msinatisatroapreeraIt'oorsiap.edZaaletti,
dava una mano ai medici come infermiere.
*',It*i
1.
*
4i"
#
CORTILE INTEBNO DELL'OSPEDALE: un gruppo di
pazienti e convalescenti. Zatti è il primo a sinistra, in
piedi e col camice bianco.
li

2.2 Page 12

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corsa in refettorio a trangugiare unatazza di caffelatte: cerca
il cucchiaio più grosso, per fare più in fretta. E corre a sod-
disfare le richieste dei suoi pazienti.
Poi via in bicicletta a curare i malati poveri sparsi per la
città (la penicillina, quando sarà inventata, gli raddoppierà il
lavoro: qualche infermo vorrà un'iniezione ogni due ore).
A rnezzogiorno è pronto, non si sa come, a suonare la
campana della sua comunità (suona con devozione, è la voce
di Dio). Insieme recitano l'Angelus, lui con gli occhi chiusi
forte, stringcndo Ie labbra e le mani per concentrarsi. Dopo
pranzo gioca a bocce con i convalescenti. Gioca con entusia-
smo, ci mette I'anima: lo fa per il Signore, e vuole farlo bene.
La merenda per tenersi su. Alle due è di nuovo in bici-
cletta, e riprende le visite. Torna per la merenda, che non
bisogna tralasciare: serve a tenersi su, a lavorare meglio per
gli altri. E poi magari riprende la bicicletta per finire le visite
in giro. Oppure s'intrattiene con i suoi degenti, sistema la
contabilità, ripara qualche piccolo guasto.
Mentre gli infermi cenano, è in farmacia a preparare pol-
verine e pomate. Ma subito dopo rieccolo all'ospedale per le
preghiere della sera e per un pensiero di buona notte. Rac-
conta i mille aneddoti su Don Bosco, commenta i santi del
giorno (dopo qualche anno conosce la loro vita a memoria).
Prima di cena sbriga la corrispondenza. O s'intrattiene col
pcrsonale dell'ospedale, che di anno in anno cresce di nu-
mero. Dà disposizioni, avvisi, consigli. E col solito cuore, con
la più piena partecipazione. Quegli incontri diventano scuola
in cui i suoi collaboratori maturano alla carità.
Consuma poi la cena con la sua comunità. Quindi un'ul-
tima occhiata ai degenti, e se non ha piu da uscire o altre
incombenze da sbrigare, studia medicina (non è un praticone
superficiale, Zatti; delle malattie e delle cure vuole capire i
come e i perché). Oppure legge. Per la sua anima. Legge le
vite dei santi e le opere ascetiche, che gli suggeriscono gli
esempi e le norme per la sua vita. Fino alle dieci, alle undici
di notte. A volte vengono a svegliarlo nel cuore della notte
perché c'è qualche malato grave in città da curare; si scusano
t2

2.3 Page 13

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del disturbo, ma lui replica: "Mio dovere è venire, e vostro
dovere è chiamarmi».
Due baffi cespugliosi. Tutti ormai lo conoscono, nel Vi-
cariato apostolico di Viedma. Anche se il suo vero nome e
cognome rimarranno un rebus per tanti. Sono difficili da
pronunciare in spagnolo, e più ancora da scrivere.
Invece di Artemide c'è chi dice Artemiro, Artensio, Arte-
misco; qualcuno anche Archimede. Per il cognome è peggio.
Scrivono Sati, Sapti, Sacti. I più istruiti perfino Zatting. Ma
anche Zatez o Sates. E i più ossequiosi, Donzati... Con lui
usano il
sia che
g"dliovno»g.liSainaochreenldoesrceaomnboinreo
per un sacerdote italiano,
equiparandolo secondo il
costume spagnolo ai discendenti dei nobili casati.
e
Ma questo "don" gli
basta". E spiega quel suo
rfaifsiutitdoioc.oDnicuen:a"CsthroiafemttaaterimmaiZtaatdti,i
sua invenzione: «Para ostentar el "don", hay que tener algo
de algoddn»; cioè: «Per ostentare il "don", bisogna essere un
po' nella bambagia.
Ma ormai la gente ha deciso che egli se lo merita il "don,,
perché ai suoi occhi é diventato un personaggio importante.
E' diventato anche solido e robusto. Due baffi cespugliosi
gli conferiscono un'aria burbera, ma non riescono a nascon-
dere il suo perenne sorriso. Della tosse minacciosa che du-
rante anni gli aveva squassato il petto, più nessuna traccia.
Anzi, il malato incurabile è diventato il medico degli altri.
3 Medico dei corpi
o e delle anime
..Caro don Zatti, abbiamo ricevuto l'alcool denaturato che
lei ha avuto Ia bontà di inviare alla nostra povera casa. Pa-
gheremo con tante Ave Maria. Cordialissimi saluti ai buoni
amici del Cottolengo della Patagonia"'"' Questa lettera del
1944, confidenziale e burlona, Iascia intravedere di Artemide e
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2.4 Page 14

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della sua opera alcune sacrosante verità.
Egli ha abbracciato il dolore e sposato la miseria. Sembra
che non si possa pensare don Zatti se non intento a curare
malati, e sembra che i malati siano divenuti tali proprio
perché egli li curi. E mentre li cura canticchia, per sollevare il
loro spirito. O ciarla con mille trovate serene, per distrarli e
alleviare
bini", ha
il loro dolore. "Come una
precisato un suo paziente.
mamma
con
i
suoi
bam-
Una giovane ricoverata nell'ospedale come ammalata
grave,
l'inizio
ricorda il sorriso esplosivo con
credevo che si prendesse gioco
cui l'ha ricevuta:
di me, ma poi mi
"Al-
sono
accorta che era solo la grande gioia che provava nel fare il
bene». E guarita, è diventata a sua volta infermiera.
Uno dei medici vissuti a lungo al suo fianco: «Don Zatti
non solo era un abilissimo infermiere nel medicare, ma era lui
stesso una medicina, perché curava con la sua presenza, con
Ia sua voce, con le sue battute scherzose, col suo canto».
<«Sente il gemito dei pini?» Si prende cura speciale di
quelli che hanno malattie vergognose. Li porta in disparte,
non vuole che gli altri sappiano. I cancerosi, quelli con piaghe
purulente, li vuole tutti per sé. Non permette che gli altri li
lavino e li curino. «Don Zatti, non ha paura dei miei microbi?"
,.No, perché i microbi che ho io dentro sono più potenti, e si
mangiano quelli di fuori".
Cerca di accontentare
volete oggi da mangiare?»,
in tutto
e porta
diasl umoeirmcaatolaqtiu. e" lClohcehceogsali
chiedono, sapendo che per qualche infelice può essere l'ulti-
ma piccola soddisfazione della vita. Lo stesso per le medicine:
a volte occorrono cure costosissime, e pur di dare sollievo ai
suoi malati è pronto a ipotecare I'ospedale.
Ci sono di quelli che hanno parenti lontano e non sanno
scrivere; e lui passa ore con pazienza a riempire lettere con i
saluti al cugino e alla zia.
Se visita a casa dei malati poverissimi, andandosene lascia
sul comodino accanto alle medicine anche qualche spicciolo.
A volte arriva un malato e l'ospedale è pieno zeppo. Che
fare? Lo porta in camera sua e lo sistema sul suo letto. A notte
l4

2.5 Page 15

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stende una coperta per terra e si
sistema su una sedia, poggia le
così... II suo letto diventa il letto
corica sul pavimento' O si
braccia al tavolo e dorme
di tutti. Anche un medico
dell'ospedale, il dott. Pietrafaccia, colto da un malore viene
sistemato lì, e dopo poco chiude gli occhi per sempre'
Una sera nell'ospàdale un malato muore. Bisogna toglierlo,
e zatti se lo carica in
mera mortuaria. Ma si
spalla per trasferirlo nella piccola ca-
ricorda che c'è già un morto, e i suoi
parenti lo stanno vegliando. Che tate?
à Io ,,"rrde sul ,.ro l"tto. Il mattino
Lo porta in camera sua
seguente gli chiedono:
«Don Zatti, non
tutti e due... E'
ha
dei
avvivuitopeaubirsao?g'n"aEapveerrcehpéa?uDrao'rmnoivnamdoei
morti. Questi non russano neppure»'
Maunanottesistemanelsuolettounmalatocheinvece
russa, e
gli aliri
forte,
quasi
tutta la notte. L'indomantzatti è
lo rimproverano per la notte che
insonnolito, e
ha passato in
Éiur.o. n Ma io
o"gnHi urussspaotsinaato,
ero còntento che
io pensavo: Deo
la iofferenza. Un
russasse,
gratias, è
-ancsiograiuvsitvifoic"a'
-'
A
malato soffre troppo, ed egli
scaiannactvhavenicoiinspaua:isorsaPemrreoigtidai épplrle'eergucachnaéolip.DtSuiose?mntiiPtiirglehggioarinlgoht,ueaoggldoioorolodrmie.qouGdeoulal"i'r'cd' hae:
una volta un medico dell'ospedale dà segni di impazieflza,
perché qualche malato si lamenta a voce alta. E zatti: «Dot-
tor", ,".ri" lei il gemito dei pini? Che cosa dicono i pini? " u Che
ncheescol»ic,obnaolbi emttaalailti.dPoottvoereretstoi!rEpr'ecosom' e"Eibl bgeenmeitoasdceoiltpi iqnui"e'l"lo'
In realtà zatti in 50 anni di pratica ospedaliera non riesce
ad abituarsi al dolore, non
lati, anche
scherzava
a quelli
e pàrfino
grridaevvi a-,
sa darsene pace' u Davanti ai ma-
ha
ma
pdeicrhfiaarreatcooirlagdgoitoto; rposui,sqsuinain-d,o
era solo, di nascosto piangeva». ((Quando non poteva aiutare
il suo prossimo, lo vedevamo versare le sue lacrime"' ha
confessato una delle infermiere dell'ospedale'
dteomtnapstooe.anSc,èoemasnpodialoantgoaevsresosi'rsreiDdiepnnoodttuotet»o.ruszbtauatdtrqiaraeilnc"th'eeMlleoatrtaunaaolmlnseopnnetnerodbepeenirl
15

2.6 Page 16

▲back to top
leggere di medicina. Quando nel 1917 si presenta a La plata
per gli esami di infermiere, ottiene facilmente il titolo.
unisce insieme la teoria e una scienza empirica sempre più
vasta' Gli presentano un ragazzo di 17 anni, che finora veniva
ccueradtoopcoomaevetrugblei rgceotlotatitcoo.u"nMlaunndgaotesmgeuloardaoll'oinspàeadgaalteor-e
di-
_.
Questo ragazzo ha più faccia da affamato che da tisico».
Avutolo all'ospedale, prescrive la ricetta: ozuppa abbondante,
due bistecche, patate,
vino". Qualche mese
pverdtuarradie1frrurattgaa,z"zor.,e.,nbtrrao,a
bicchiere
lavorare
di
in
un'azienda agricola, perfettamente guarito.
Insieme alla scienza empirica zatti unisce un'invidiabile
dmdcoiiirrnevaoecs-coc,cleihnimaeziatatfeadsreiemnl alc'aocutrito»ger.aseanpuirsdemmseaslolno'oonIr.'aooopndLeairriasDmpdiooeen,dlldeieceiFn,zMaaètAtaiiniucluetaticleu_unrcahègirmesudopoelplirtteooo
spesso con acqua zuccherata. Esse la prendono con fede
enorme, e l'indomani lo ringraziano felici: ..come mi ha fatto
bene, don Zatti, la sua medicina!,
mceotnt*aiEarenrazlaau-nv;ouloopnmatràolavdsaoimDamiioma"ma. reUantntiedaisuDptiisiroitta,usadalepi eV-viaeddpmiocreata,urNrniaaazzdteasaritcoi--
contin,
lo cura
si
in
è ammalato di febbre tifoidea. zatti va a
casa per due mesi di seguito. oeuanto le
trovarlo e
devo, don
zatti? " "E quanto vuoi darmi? Niente». .,No, dovrò pur darle
qualcosa...rr. <.Bene, vai a fare una bella confessione e comu_
nione, e così saldiamo il conto».
Nel giugno 1936
gazTo di campagna.
portano all'ospedale, da
E' pallido, regge appena
lontano,
in piedi,
un
ha
ra_
un
male che non perdona e che può stroncarlo da un momento
all'altro. zatti lo accoglie come un figlio. Lo prepara alla pri-
ma comunione, gli compera un
gna alla cattedrale per il suo
berretto bianco,
primo incontro
lo accompa_
col signore.
Quella sera stessa ii bambino si sente male. Tanto male che
corrono a chiamare don Zatti.
uMuoio, donZatti...»»,
v()ce. E lui, che ha già
rrrorrnora il ragazzino
accompagnato tanti
con
nel
un filo di
momento
estremo, dominando lo strazio che prova, gli dice con tutta
t6

2.7 Page 17

▲back to top
dolcezza: .. Bene, se proprio vuoi morire, prirrra fa' un bel
segno della croce. Ora congiungi le mani, e poi contento e
felice te ne vai in cielo, così... sorridendo..."' Il ragazzo esegue
uno per uno tutti i gesti che zatti gli suggerisce , sorride, e in
quel momento gli si spezza il filo della vita'
Al mattino giunge il dottor
quel malatino? E' Àorto. Però
Quaranta' "
guardi che
Ricorda' dottore'
cosa rara: se n'è
àduto sorridendo,,. Il dottor Quaranta corre a vedere: dav-
vero il bambino morto sta ancora sorridendo, ha il sorriso che
Zatti ha impresso sulle sue labbra.
La muta. C,è nell,ospedale una persona che ci vivrà al-
meno quanto Zatti: una muta. L'ha condotta un missionario,
il padré Bonacina, nel 1894, molto prima che Zatti arrivasse a
Viedma. L'ha trovata abbandonata per la campagna' e no-
nostante le apparenze contrarie era un essere umano"' Era
nata per .Uugtio in una famiglia sconquassata, e nessuno la
volevà. Un giorno era caduta nel pozzo: per la paura era ri-
masta muta. E abbandonata. Andava dietro alle pecore e co-
me quelle camminava a quattro zampe'
Ail,ospedale per prima cosa è necessario insegnarle a
rcaoabbmituimsntianoartmreelaadli:dirniitetsaav.cecdPoeè, ripmbeerocilhtcoéoltoneromi,npeocs'dèuebmvitooondloioriniddfaiugcveoetstinatirrlslaatriccsoocenn
che corre a nascondere da qualche parte. Ma ha cure materne
per la sua bambola di Pezza.
Anzi, per tutte Ie bambole
rubarle. Ùn giorno Zatti porta
che incontra, perché corre a
a casa un ricamo con gli orli
rossi; l'indomani il ricamo è strappato e gli orli spariti' Un
giorno nella camera mortuaria una defunta è trovata senza
I.urp"; ma in un angolo c'è la muta che se le sta infilando' E'
una disperazione, bisogna
Dicono a Zatti: *Mà la
provvedere'
picchi, Ia sgridi
una
buona
volta!'
,sn,gEornàpzdeiaorctbahbéip?a"m-. o"orairsurpimooensnduteaor;leueile-n.osiuPecohpveeenraienb»ab' ,iaèmgoI'uasbobadsitarnazgaiondei-
La muta vivrà nell'ospedale 48 anni, esprimendosi a gru-
gniti, senza riuscir a formulare per intero una sola parola'
l7

2.8 Page 18

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un vestito per il signore. nNulla è più grande e più bello
che
role
un povero, quando in lui
di san Vincenzo de' paoli
si vede il Signorer. eueste pa_
forse racchiudono il segreto di
zatti: egli vede nei poveri malati Gesù cristo in persona.
Va dalla suora del guardaroba e dice: ..Veda,.r., po, sorella,
se c'è un vestito per nostro Signorer. E poi: oNon ha un ve_
stito più bello? A nostro signore dobbiamo dare ciò
biamo di meglio >>. Nostro signore è un poveraccio
che ab-
arrivato
malato e coperto di stracci, che ora rascia l'ospedale guarito.
Grida a un'infermiera: ..Sorella, prepari un letto per nostro
signore». E' arrivato da chissà dove un indio straccione e
sciancato. Altra volta si tratta di un ragazzino: .. Sorella, ha un
vestito per un Gesù di dieci anni?,
uno dei medici sorprende zatti mentre accetta all'ospedale
un malato che un altro ospedale aveva rifiutato perché incu-
rabile; gli dice:
meglior, replica
"ZAaltetitltocca
sempre
il
peggio...,.
lp".
me è il
Per anni e anni ha tenuto in ospedale, oltre alla muta, un
povero ragazzo macrocefalo. I due ne combinano di tutti i
colori. Ma un giorno portano a zatti la belra notizia: se vuole,
può farli ricoverare in un istituto della capitale, che accette-
rebbe di accoglierli. No, risponde zatti...perché no?, <,perché
sono essi che ci attirano la benedizione di Dio".
Tra i suoi medici, per qualche tempo ce n'è uno incredulo.
Ma dice: «Davanti azatti,la mia incredulità vacilla. se mai ci
sono dei santi sulla terra, questo è uno. euando mi trovo col
bisturi in mano, e guardando a lui ro vedo con in mano il
rosario, sento che la sala si riempie di qualcosa di sopranna-
turale... ».
4 La Provvidenza
a e Ia partita doppia
sulle sue spalle c'è un ospedale e una farmacia frequentati
da poveri, e perciò sempre in pauroso passivo. Come qua-
Iri

2.9 Page 19

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L'OSPEDALE DIZATTI, negli anni '30. Esso fu costruito
nel 1913, e sarà demolito nel1942 per fare posto all'e-
piscopio.
NUOVO OSPEDALE Dl VIEDMA: uno degli ingressi.
Naturalmente è stato intitolato a Artemide Zatti, pa-
rente di tutti i ooverì.
l9

2.10 Page 20

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drare i bilanci? Anzitutto, Zatti non spende nulla per sé.
Nelle sue mani passano, in quasi quarant'anni di ammi-
nistrazione, centinaia di migliaia di pesos, ma neppure un
centesimo rimane appiccicato alle sue dita. Veste da povero,
con abiti sempre di seconda mano, magari ereditati dai suoi
morti. Il cappellaccio a larga tesa che porta in testa per de-
cenni a partire dal 1907, è I'eredità di un malato. Gli serve da
parasole d'estate e da parapioggia d'inverno. Col bel tempo
volta le tese all'insù. Con la pioggia all'ingiù. Arriva con la
bicicletta a una casa per visitare un malato, e prima di entrare
posa il cappello sul manubrio perché asciughi. "Come, don
Zatti, è venuto senza ombrello?" "E dove trova un ombrello
migliore del mio cappello?"
La bicicletta è il suo norm ale rnezzo di trasporto. Quando
è logora e non sta più insieme, c'è sempre qualche amico che
gliene regala un'altra. Per i medici e per il trasporto dei ma-
lati, un giorno lo convincono a dotare l'ospedale di un'auto-
mobile: una solida Dodge. Ma la guarda in cagnesco, con
rancore. Non vuole saperne di usarla. E un bel giorno la de-
stina come primo premio in una lotteria per I'ospedale. Allora
sì, si sente un povero Cristo e tranquillo in coscienza.
Un giorno i suoi amici, non soffrendo più di vederlo af-
faticarsi a pedalare, gli vogliono regalare una piccola auto, da
povero, una Topolino. Risponde di no, e no sarà. Tornano alla
carica con una proposta più modesta, un motorino Cucciolo
da applicare alla bicicletta, e è ancora no. Ma nasconde il suo
amore alla
bisogno di
povertà sotto una
un motore, vuol
battuta: "Il giorno
dire che non sarò
in cui avrò
più capace
neanche di fare iniezioni né curare i malati".
Non è attaccato al denaro, non discute mai per interessi.
Con gli altri è della massima generosità. Fa spese proibitive
per i suoi malati. « Il denaro o serve per fare il bene, o non
serve a niente". Manda a fare acquisti generosi, e quando
l'incaricato gli obietta che sta sprecando i soldi, replica: "Tu
compra senza preoccuparti, perché la Provvidenza è ricca".
Il cliente numero 226. Per sostenere Ie tante spese deve
ricorrere a incredibili equilibrismi finanziari. I suoi debiti di-
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ventano proverbiali in tutta la zona. Ma Zatti applica il van-
gelo alla
picchiate
leettverias:a"rCàhaiepdeertteo"e.
vi sarà dato, cercate e
Egli crede ciecamente
troverete,
a questa
stupenda promessa del Signore, anzi i suoi debiti aumentano
la sua fiducia nella Provvidenza.
Non si aspetta certo che il Signore gli mandi dal cielo un
angelo con un assegno sotto l'ala. Sa che la Provvidenza ri-
chiede sempre un buon margine d'azione da parte dell'uomo;
perciò congiunge le mani nell preghiera, ma muove anche
veloci i piedi in tutte Ie direzioni per cercare aiuti. E' solito
dire: ,.Io non chiedo al Signore che mi mandi il denaro, gli
chiedo che mi faccia sapere dove ce n'è...,,. E quando deve
fare dei pagamenti, posa il camice, salta in bicicletta e va a
cercare amici. Se si mette addosso l'abito migliore, è segno
che il debito è molto grosso.
La Banca Nazionale ha aperto a Viedma una succursale, e
Zatti si presenta allo sportello per chiedere un prestito. Il
gerente, che non lo conosce, gli richiede per prima cosa una
dichiarazione dei suoi beni, perché senza la garanzia di una
copertura i prestiti non si fanno. Zatti diventa serio, si con-
centra un istante,
quaranta creature
e poi
umane,
sibpootvtae:ri", Ii
miei beni? Sono quelle
malati del mio ospedale.
Questi sono i miei beni. Una creatura umana non vale forse
più di mille pecore?
concede il credito, e
"ZaIlttgi edrievnetnetareilstcaliecnotseì
interdetto che gli
numero 226 della
Banca Nazionale argentina. Tornato a casa, esclama trion-
fante: "Vedete se non sono importanti i malati? Contano
perfino nelle banche!"
Probabilmente la Banca Nazionale non ha mai guadagnato
un solo soldo dal suo cliente numero 226, ma di sicuro ha
avuto mille occasioni per farsi dei meriti di fronte alla società.
Prestare al Signore. La prassi amministrativa di Zatti è
piuttosto curiosa. Gli scade una cambiale, e lui corre da un
amico. Deve saldare un debito in banca, e lui bussa alla porta
di un grosso possidente. Paga gli acquisti di viveri e medicine
con una cambiale, poi salderà la cambiale con un prestito. Si
rompe la testa per far quadrare il bilancio, a volte è sull'orlo
2t

3.2 Page 22

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del fallimento, ma alla fine in qualche modo trova i soldi e
tura il buco.
Ha una filosofia delle finanze tutta sua, e piuttosto origi-
nale. Può essere riassunta così: ..Le crisi sono il risultato del
ristagno del denaro. Invece Dio ha creato la ricchezza perché
circoli fra tutti. A volte Dio permette che si immobllizzi, e
allora si originano quelle categorie di persone che si chiamano
ricchi e poveri: gli uni hanno troppi soldi, gli altri troppo
pochi. Quando i poveri si accontentano di quel poco che
hanno e i ricchi utilizzano bene ciò che hanno in più, allora
tutto procede per il meglio; ma se i poveri stentano e i ricchi
sperperano, allora tutto va male. Il denaro deve circolare, e
passare di mano in mano in modo che tutti possano godere
dei suoi benefici". E lui ha fatto l'impossibile per mettere in
movimento il denaro, e farlo servire a beneficio di tutti.
Zatti riesce in questa sua ardua impresa, anche perché
conosce l'arte di chiedere per amor di Dio. ..Don Pedro,
perché non presta 5.000 pesos al Signore?» «Al Signore?",
domanda stupito don Pedro. n Si, don Petro. E' sempre un
buon affare prestare al Signorer.
Zatti convince, perché quando si presenta a chiedere c'è
qualcosa di soprannaturale che lo avvolge. Un giorno un ricco
possidente gli risponde male e lo manda via a mani vuote.
Zatti si allontana con un accoramento sul viso così intenso,
che poco dopo il possidente chiama uno dei suoi dipendenti:
"Corri da Zatti, digli che torni indietro subito,,. E gli tutto
ciò che gli occorre.
Qualc"he volta gli fanno notare che certo denaro giunto
nelle
non
sue mani da certi ricchi non
dovrebbe accettarlo.,.Non
èppreroopcricou"ppaultietov"i,!
che egli
replica
Zceart,ztia:.-Lacciaprietàn,sosaipoesatep, uèruifincafurlooconeclhceropguiroifliocadetulltatob»e. nefi-
La mancia della Prowidenza. <<Don Zatti, un giorno do-
vremo farle un monumento!» gli dicono (e sarà proprio così).
Mcoanluovi arettpal,icgaa:rz"aM, eegflliaoccohnei
me 1o facciate subito, e
di alcool disinfettaflte>r.
in
natura:
A volte gli aiuti arrivano nei modi più impensati. Racconta
22

3.3 Page 23

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un testimone che un giorno, mentre accompagna don Zatti
per le vie di viedma, gli si avvicina un poveraccio: dice che
àeve andare urgentemente a Buenos Aires, ma non ha un
soldo per pagare il biglietto. Che fare? Zatti comincia a fru-
gare tasèhe una per una, tirando fuori un biglietto di qua,
ino spicciolo di là, finché la somma non è completa. Quel
poveràccio se ne va felice e commosso. Ed ecco poco dopo
àvvicinarsi un altro: ringrazia don Zatti di chissà quale favore
ricevuto in passato, poi estrae di tasca un fascio di biglietti e
glieli consegna. Zatti li conta: corrispondono al biglietto pa-
gato, più 5 pesos. Dice: ,.E' la mancia della Provvidenza!"
Quando I benestanti non lo aiutano, Zatti ricorre ai poveri.
E' impressionante il numero di persone d'umile condizione
che contribuiscono all'ospedale con piccoli doni. E quanti
operai, contadini, piccoli impiegati, si offrono a porre la loro
fiima per avallo alle sue cambiali. Ma un giorno, proprio
nessuno vuole aiutarlo..'
La Banca I',ha mandato a chiamare, è scaduta una grossa
cambiale. Zatti non ha un soldo, nessuno ha voluto scucire il
portafoglio per lui. se ne sta allo sportello piangendo e pre-
gando. Òrui"rrro lo ha visto, e corre dal Vescovo di Viedma.
*Monsignore, c'è zatti nei pasticci: è alla Banca che piange
perché ,on ha da pagare. Finirà dentro, questa volta...".
ns"*p." lo stesso, questo Zattil'>, brontola mons' Esandi
scuoténdo la testa. E chiama il suo Vicario don Borgatti:
eo Accblbeisaiamsoticuan...pr.o.',Bdei ndee,naproortianlicainssaf?re"tt"aI
soldi per la rivista
con I'auto"' Dieci
minuti dopo, Zatti piange di nuovo, ma per Ia gioia'
Però c'è tra i suoi superiori chi si inquieta a causa dei suoi
metodi di gestione finanziaria. Nel 1932 gli parlano molto se-
riamente di tenere la partita doppia, e gli mettono al fianco un
contabile. E' un tedesco meticoloso, che resiste un anno. Nel
lg4l i superiori ritentano l'esperimento, ma il contabile questa
volta resiste ancora meno. E' impossibile entrare nei metodi
di registrazione della sua partita doppia. Zatti chrama scher-
zosaÀente partita doppia le sue due
in cui mette il denaro che riceve, e
tasche: quella di destra,
quella di sinistra, in cui
butta i conti da Pagare.
23

3.4 Page 24

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Ma come tenere i conti di un'amministrazione in cui la
Provvidenza viene continuamente a rimescolare le carte?
J7 Don Zatti
o è un uomo festivo
Tsuuntzot.ia,1fa1igilt-lr1iimod-1ieDnptaiior.lluaEi msduaablveiatodnirsincaaetstzsaautantiop.nreponendrseriruàpi ;sl."o1n"doi;f""tlure"t.ti
buoni.
di nes_
E non rimprovera mai; se qualcuno dei suoi collaboratori
lo fa ammattire, soffre in silenzio, gri occhi gri si gonfiano di
lacrime, e le lascia scendere come grosse perle ,rrll" ,r" *u-
scelle rugose (zatti non ha vergogna dele lacrime, non le
nasconde, sa troppo bene che cosa sia il dolore). Ma in ogni
caso, proprio non gli riesce di rimproverare nessuno.
un giorno porta all'ospedale un'autoclave nuova di zecca
per sterilizzare quanto serve nelle operazioni. E' un apparec-
chio moderno, e lui ne va fiero per il decoro del suo o.p"dul".
L'ha pagato 500 pesos, un salasso. Ma pochi giorni dopo
l'incaricato, un giovane sbadato, dimentica di metiere l'acqua
nel serbatoio e l'autoclave si riduce a un rottame. Gli altri
sono indignati, sperano che zatti lo cacci via. zatti non gli
muove il più piccolo rimbotto. Dice tra le parole di Giobbe:
"Dio me l'ha data, Dio me l'ha tolta; sia benedetto il nome del
Signore". E poco dopo ritorna a sorridere.
zatti non può rimproverare perché la sua gioia interiore è
troppo grande. L'allegria che gli zampilla dentro è lo stato
abituale della sua anima. E' un uomo felice, un uomo festivo.
E chi parla con lui è costretto a sorridere come per contagio.
Due orologi. un giorno uno dei medici gli domanda: oDon
ZaiLi, lei è felice?,, ,.Molto. E
prende zatti come confidando
scuno la porta dentro di sé. stia
llueenii?cs,oen«gtIeroenttoroo-.e..»sol.ad,.dfVeiselfidacetittoà-
ri-
cia-
con
ciò che ha, fosse poco o niente: è questo che il Signore vuole
24

3.5 Page 25

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da noi. Al resto ci Pensa lui".
Riesce a sorridere anche alla sofferenzat "Il dolore ci viene
dato in sovrappiù
lamentarcene ».
-
spiega ai malati -,
perciò non possiamo
Ha nella sala operatoria due orologi a muro, preistorici,
che vanno ciascuno per conto suo. Uno dei medici un giorno
gli fa notare Ia loro intollerabile anarchia. E Zatti: " Ma lei
irede che se segnassero la
Un giorn o Zatti cerca
sdtei sfsaareorau,ni'ionineeziotenrereicdoune?u"n
ago
rsqitm,or"rpitl'rouo,gvioehretautfitalotmicseatodraictooe?n,-,tErarcleuoimn: ee"Ll v'maucouqlseucaofalnoreo..n,Dupnoa'innssieZazaifoottnrise-e
lo
con
nei
ruscelli che sono più storti ancora?'
I medici a volte sono impazienti, specie mentre operano i
malati. Zatti li assiste come infermiere. Un giorno entra du-
rante un'operazione e per inavvertenza lascia la porta aperta.
,,Zatti, per amor
porta!, Subito
Zdai Dttiiopl r-ovvgelidger,idea
pil ocih, irfuinrgitoa -l''opCehraiuzdioanela,
commenta in crocchio: ,.Vede, dottore, se io non avessi la-
sciato la porta aperta,lei non avrebbe invocato il santo nome
del Signore... ».
Altra volta non è proprio un'invocazione che sfugge al
chirurgo,
mine gli
ma
dice
una
con
pesante bestemmia- Zatti tace,
un sorriso cattivante: «Dottore,
ma al ter-
il Signore
non l'ascolta, sa, quando lei bestemmia.'.''
<«I miei rispetti alla signora». Con i malati Ia sua allegria
straripa. A un ragazzo stanco di portare una pesante inges-
satura: oCoraggio, oggi ti tiriamo fuori dal guscio"'
nomAicui:n,.vAelclecghrioe,ttonornicnoivneor,aatodeds'suorgtei npzoartpoerunecmceastseicgitaos"t.rol-l
vde'ecrcbheiestutoda"m.,errlticuanpoe,rcghléi fial
«piccolo mate,>, il noto infuso
venire I'acquolina in bocca; ma
che ilarità quando Zatti arriva trionfante con una siringa
enorme per un clistere di due litri..'
La battuta passata in leggenda, nasce spontanea al termi-
ne di una lunga serie di visite a domicilio, a un malato che
non aveva idee molto precise su chi fosse Zatti. Visto che egli
25

3.6 Page 26

▲back to top
per le cure prestate non vuole ricompensa di sorta, il bra-
v'uomo, tutto compito, al termine dell'ultima visita gli dice:
n Molte grazie, don zatti, per tutto. Le porgo i miei più cordiali
saluti e i miei rispetti alla sua signora, anche
di conoscerlar. oNeanch'io!r, risponde il
se non
bravo
ho l'onore
coadiutore
salesiano saltando veloce sulla sua bicicletta.
A volte la sua battuta attinge dal Vangelo, e il suo umori-
smo si fa teologia. come quando un giovane, impresario di
pompe funebri, viene a domandargli un consigrio. E' incerto
se farsi o no salesiano. zatti lo sta a sentire, poi risponde:
"clemente, lascia che i morti seppelliscano i roro mortir.
sta curando una malata ma la medicazione è dolorosa e la
pseorveUenrnoing-a,iosrrnbicoootitradm:i "acPlhaeetriidodìeofla,l'ocdscopionedtZuaatletottis!ei,
«Signo
sempre per
renderanno
risponde
Dior.
conto chc
zatti ha ormai un piede nella tomba. uno di loro domanderà
inquieto: ..E d'ora in poi chi ci terrà allegri?,
In rtalia. All'inizio del 1934 giunge in Argcntina la notizia
che elettrizza i salesiani: il Papa pio XI ha deciso di dichiarare
Urbi et Orbi, proprio nel giorno di pasqua, che Don Bosco è
santo.
rere a
Da ogni
Roma.
angolo del mondo i
Quelli dell'Ispettoria
salesiani vorrebbero cor-
patagonica decidono di
inviare come rappresentanti un sacerdote e un laico; ma chi
sarà iI laico più meritevole? La risposta è concorde: zatti. Tra
l'altro, non ha più visto l'Italia da quel giorno del lgg7,
quando partì esule da Genova.
Ma zatti ha una difficoltà: non possiede un vestito de-
cente. comprarne uno nuovo, lo considera uno spreco. Il
dottor Harosteguy, dell'ospedale, gli presta il suo. per la va-
ligia è più semplice: c'è nell'ospedale un vecchio missionario
che attende solo l'ora del signore, e tiene completamente
inoperosa quella sua logora valigia nera con cui per decenni
ha girato in lungo e in largo la patagonia. Il cappello, è
sempre quello ereditato da un defunto nel 1907. I preparativi
di zatti sono tutti qui; nei suoi occhi di bambino brilla una
luce di febbre, solo in parte velata dalla tristezza di doversi
separare per qualche tempo dai suoi malati.
26

3.7 Page 27

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Sedici giorni di traversata sul Neptunia, e dopo 37 anni è di
nuovo a Genova. Subito su a Torino per visitare i luoghi di
Don Bosco, sui quali da buon salesiano ha letto tanto e ha
fantasticato ancor di più: le,,camerette» in cui è vissuto il
santo, la Basilica che ha elevato in onore di Maria Ausiliatricc.
E anche il vicino Cottolengo: le suore accompagnano i visi-
tatori spiegando quanto s'incontra lungo i padiglioni, ma Zatti
non le ascolta: lui si ferma accanto ai poveri ricoverati, parla
con loro, e non verrebbe più via.
Poi Roma, e quel primo aprile, Pasqua, che vede il trionfo
di Don Bosco. Zatti ha biglietti speciali, è sempre in prima
fila, partecipa con un entusiasmo che lo rende spettacolo
nello spettacolo. Poi l'udienza del Papa, il Papa in persona,
poterlo vedere e toccare.
E poi un salto a Boretto in provincia di Reggio Emilia, suo
paese natio. I parenti gli fanno grande festa, e lui è felice di
rivedere la chiesa in cui il 12 ottobre 1880, lo stesso giorno in
cui era nato, aveva ricevuto il battesimo. Ma ormai ha visto
tutto, bisogna tornare infretta: come staranno i malati? I1
ragazzo macrocefalo? E la muta? Il 28 aprile si imbarca da
Napoli sull'.. Oceania rr.
Il suo arrivo a Viedma è trionfale: i malati in grado di
alzarsi sono tutti schierati nell'ingresso dell'ospedale; appena
entra, un subisso di appalusi. E accade qualcosa di strano. La
muta che mai aveva pronunciato se non suoni inarticolati, in
qfilisuniceuhloemvoeomivneetennlulteotott,duuai nltiea-npsairoireonslecae-qauafgosrriidzcaaornemd, oppruetnunttsatienbdilloee:
sue energie
il dito verso
"...atti!».
6 Gli ospedali come cavoli:
o bisogna trapiantarli
Restituiti valigia e vestito, Zatti rimette il camice bianco e
riprende come prima. Giorni, mesi, anni. Ma alla tine del 1941
27

3.8 Page 28

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giunge il momento del calice amaro. Bisogna abbandonare
l'ospedale: glielo demoliranno. Come è possibile?
Dal 1934 Viedma è diventata sede vescovile, il vescovo da
allora è vissuto in un vecchio caseggiato non adatto agli scopi,
e non adattabile. Il terreno su cui sorge l'ospedale è del ve-
scovo, e fin dall'inizio è stato scelto per costruirvi un giorno il
vescovado. Quel giorno fatale purtroppo è arrivato. Sulla fine
del 1941 giungono gli ingegneri, i carpentieri, i muratori inviati
dal Ministero delle Opere Pubbliche. Tutto è pronto per co-
struire, e prima bisogna abbattere l'ospedale. Ma prima an-
cora, occorre trovare un posto per i malati.
I salesiani hanno fuori città una tenuta che fu scuola
agricola, e che potrebbe accogliere alla meglio i malati. Di-
cono a Zatti di portarli lì. Ma com'è possibile, se manca
tutto? Zatti fino all'ultimo momento spera che si rendano
conto, che cambino parere, che lascino vivere I'ospedale do-
v'è. Ma il miracolo non si compie. L'impresa di costruzione ha
ricevuto ordini precisi, e il giorno stabilito manda i suoi operai
ad abbattere l'edificio.
E questi fanno sul serio. Attaccano i grossi muri tirati su
nel 1913, le belle sale aggiunte con tanto sacrificio nel 1922, il
padiglione per le donne realizzato solo nel 1933... Ogni colpo
di piccone sembra dato al cuore di Zatti. Va e viene, ritorna
sui suoi passi, disorientato e inebetito. Non sa quel che fa.
oL'ho visto piangere come un bambino», ricorda un salesiano
che in quei giorni gli è vicino. Una pena tremenda, un'agonia.
Ma dalle labbra non esce una sola recriminazione. E quando
vede che Ia battaglia è perduta, organizza il trasloco.
I privati mettono a sua disposizione carri e autocarri. Ar-
rivano anche i carri del carcere. Dai padiglioni già invasi di
polvere, vengono tratti fuori i malati, i mobili, gli attrezzi.
Tutto è caricato e portato in lunga fila, come un formicaio,
alla lontana scuola agricola.
Zatti guarda quella scena sbigottito. «Don Zatti, sa che
dice la gente?», Và a domandargli uno scriteriato. oChe cosa
dice?o «Dice che lei chiude l'ospedale perché ha fatto fal-
limento". I presenti vedono Zatti stringere i pugni e i denti,
alzare le braccia al cielo gonfiarsi come un energumeno, e
28

3.9 Page 29

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I
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'll
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BASSORILIEVO DEL MOMUMENTO che Viedma ha dedicato a Ar-
temide Zatti: vi è immortalato con l'inseparabile bicicletta, e con i
poveri e malati che ha curato per quarant'anni.
29

3.10 Page 30

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gridare con voce spaventosa: ..Per favore, non fatemi parla-
re!» Lo scriteriato si fa piccolo per il terrore. Zatti abbassa
Ientamente Ie braccia, si volta, e a passi lenti si dirige verso la
chiesa. Inginocchiato piange. E prega.
<.Guartate i cavoli". Poco dopo ne esce e va ad aiutare
quelli che caricano i carri. Ha ancora una piega amara ai lati
della bocca, ma riesce a sorridere. Carri e autocarri vanno e
vengono, finalmente tutto è stato caricato. Gli operai che de-
moliscono la casa hanno via libera, avanzano, e lui è l'ultimo
a uscire, come il capitano della nave che affonda. E si dirige
anche lui verso il nuovo ospedale.
Le infermiere, vedendolo da lontano arrivare issato sulle
masserizie dell'ultimo carretto, gli vanno incontro. Raccolgo-
no per strada rami e fiori, e lo adornano come per una festa.
Quando arriva alla scuola agricola che diventerà ospedale,
sorride, e il sorriso è aperto, vero. C'è tutto da rifare, ma è per
i poveri, i suoi parenti, e ne vale la pena.
Lo spazio a disposizione nei nuovi locali è poco, dapprima
gli pongono il veto ad accogliere malati oltre un certo numero.
..E se fosse Gesù Cristo che viene in quel malato?" Ma ottiene
poi di aprire delle ,,succursali, dell'ospedale, qua e per
Viedma. Ed eccolo in bicicletta giorno e notte, col caldo e col
freddo, con la pioggia e col vento, a trovare i suoi malati
sparsi. Ora deve provvedere non a una ma'a tre cucine per
volta. Che importa, se i poveri hanno di nuovo un ospedale?
A poco a poco le cose si sistemano, il nuovo ospedale ha il
vantaggio di essere in piena campagna, in mezzo al verde. Lui
lo chiama un paradiso
voli, che se non sono
terrestre. E
trapiantati
naogngiucnregsec:o"nGou. aSrudcacteediecalo-
stesso anche con gli ospedali". Zatti dunque non ha fatto
fallimento. La gente gli vuole sempre più bene. Le mamme gli
portano i bambini; ..Don Zatti, mio figlio non sta bene, gli dia
la sua benedizione". Nel vederlo circondato da tanta simpatia,
un giorno un pezzo grosso esclama: «Volesse il cielo che an-
che noi politici avessimo tanta influenza!"
E passano altri giorni, mesi, anni...
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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7 Come v&, don Zatti?
o .. All'insù, dottor€ »»
In Patagonia si hanno giornate splendide; ma la parte più
bella del giorno è sempre il tramonto, quando il cielo si tinge
di porpora, opale e scarlatto, e sembra che Ia pampa prenda
fuoco... Anche la giornata diZatti è stata tutta bella, ma ancor
più bello è il suo tramonto. Un sereno passaggio dal tempo
all'eternità. Una volta guarito dalla tubercolosi nei suoi anni
di gioventù, non aveva più avuto una malattia vera e propria'
Ma un giorno...
E' il 19 luglio 1950. Il serbatoio dell'acqua sopra un padi-
glione dell'ospedale ha un guasto: l'acqua sfugge, bisogna ri-
pararlo. Piove e fa freddo. D6po pranzo Zalti accosta al muro
uffernerasmcisaecrlaaalat-e.astapViroe, ldri.iesp«coAhntdetenesttoZaapattiton, voeencnodcmoad?ine,crie.a.I-Janslpaoloira'evd.v'Aaecrutqenuuatrnar'tiintno--
scivola su un gradino e per non cadere infila una gamba tra i
pioli. La scala sbilanciata si stacca dal muro, ed egli precipita
pesantemente al suolo battendo con la schiena'
Ha perso i sensi, ha ferite alla testa. Le infermiere corrono
a chiedere aiuto, e intanto egli riprende un po' di conoscenza.
«Non è nullar,
lettor. oCome?
dice; ma il medico:
Io a letto?...r. E non
r"iLesecieoaradsairsmi epattcees, ulubiitcohea
in cinquant'anni ha messo a letto gli altri.
Tre giorni dopo prova ad alzarsi. Un sottile dolore a un
fianco gli dà fastidio; chiede una fascia. Gliene portano una
lunga cinque metri. Se la avvolge stretta, ed esclama: oOra
che sto bener. E poggiandosi al muro si trascina fino in
chiesa: vuole dire grazie al Signore di non esser morto.
Maturando come i meloni. Un mesetto dopo f incidente
inforca di nuovo la bicicletta e riprende i giri per curare i
malati. In agosto ritorna alla vita comune con i suoi confra-
tclli, meglio che può. Ma il suo volto sta assumendo una
strana colorazione verdognola...
31

4.2 Page 32

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Un giorno d'ottobre alcune ragazze di Viedma, in confi-
denza con lui, glielo fanno notare. ..Forse che voi non vi di-
pingete?
Tra poco
-mirdeippliincagesròorrinideunndaoltr-o.
Ebbene, lo faccio anch'io.
colore: come il limone, che
non serve finché da verde non è diventato giallo. Tra sei mesi,
vedrete...". E sorride, mentre le ragazze ancora non com-
prendono tutta la gravità del verdetto.
Ma Zatti non si inganna. Ha già compreso qual è il suo
male, e che cosa lo aspetta. Un tumore al pancreas. L'itterizia
colorerà in giallo il suo volto, e lui continuerà a scherzare su
quello strano maquillage. C'è una sola inesattezza nelle sue
previsioni: gli rimangono non sei mesi di vita, ma cinque.
I medici del suo ospedale gli prescrivono delle cure. ,.Va
bene, le prenderò. Ma so già che non mi faranno niente. però,
bisogna anche obbedire... Cinquant'anni fa sono venuto qui
per prepararmi a morire, e ora che è arrivato il momento, che
cosa voglio di più? E'tutta la vita che mi sto preparando...,.
Non può più lavorare come un tempo, non riesce più a
dirigere il suo ospedale, che senza di lui comincia a andare
alla deriva. ..Sono un ferro vecchiorr, mormora, e lo vedono
piangere perché non riesce a rendersi utile.
Il medico gli domanda: ..Come va, don Zatti?» ..All'insù,
dottore, all'insù...,r, e alza gli occhi al cielo.
Quando esce, incontra sempre qualcuno che gli dice:
oCome sta diventando giallo, don Zatti!" E lui: «Sto matu-
rando, come i melonir.
L'ultima ricetta. I medici vogliono che vada all'ospedale
di Bahfa Blanca, dove forse possono ancora fare qualcosa per
lui. Ai primi di gennaio 1951 ubbidisce e ci va, ma senza il-
lusioni. I medici lo visitano, e scuotono il capo. Zatti li guarda
sorridente...
In quei giorni la sua nipote suora viene a trovarlo: o Oh, zio
zietto santo! Quando starai per morire, io mi nasconderò in
una delle tue tasche ed entrerò con te in paradisor.
Il 13 gennaio è di ritorno a Viedma, e sorprende malati e
infermiere che stanno pregando per lui. I medici ora lo vo-
gliono a letto, ma lui non è del parere. oLo sapete che il malc
è incurabile - dice loro -. Che ci guadagno a stare a letto?
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4.3 Page 33

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In piedi almeno posso fare qualcosa per i miei malati».
Il 29 gennaio, solennità di san Francesco di Sales, passa la
sua ultima festa salesiana con i suoi confratelli. Ne sono ve-
nuti anche da lontano, e lui sorride cercando di nascondere il
dolore. La solita domanda: ,.Don Zatti, sta diventando giap-
ponese?rr..No, ma finora ero stato un passerotto, e ora mi
trasformo in canarino". Alla fine del pranzo tutti brindano oA
don Zattil» e cercano di nascondere dietro un sorriso forzato
una incontenibile voglia di piangere.
Il27
che gli
afembbmrainioist-rinèoaillesttaocorarmmaeindtoa
ddeivgelrisiingfeiormrnii.-Alotttoicecn<e-r
della campana si radunano attorno a lui i suoi confratelli, le
infermiere, i malati in grado di stare in piedi. Con voce sicura
Zatti rinnova le promesse battesimali e i voti religiosi. Ac-
compagna il rito con tutta I'intensità dell'anima, poi di nuovo
si rivolge ai presenti. Ringrazia Dio di poter morire da figlio di
Don Bosco. Ringrazia tutti perché hanno pregato per lui.
Rimprovera le donne che piangono, e rimanda tutti i consolati
come se gli infermi fossero loro.
L'8 marzo scrive su un foglio le cure che dovranno im-
partirgli nei sette giorni successivi, giorno dopo giorno. E' la
sua ultima ricetta, e Ia sottopone al medico perché l'approvi,
come ha sempre fatto. L'ultimo giorno della prescrizione che
si è fatta, è il 14 marzo. Muore il mattino dopo.
<. Non doveva morirerr. Il campanone grande della torre del
collegio, che ha annunciato il decesso di papi, presidenti, ve-
scovi, sta rovesciando su Viedma i suoi mesti rintocchi. Ac-
corre il medico, e trova che il certificato di,'gvvenuto decesso è
già compilato. Aveva provveduto qualche tempo prima Zatti
stesso, con la massima precisione, lasciando vuoto sul foglio
solo lo spazio per aggiungere il giorno e I'ora.
All'udire i rintocchi, in città la gente
succede?». Qualcuno indovina, qualcuno
si domanda: "Che
sa: ,.E' morto don
Zattirr. E' un brivido di sgomento, bisogna correre a vedere.
L'impresario delle pompe funebri è già là: "Che categoria
di sepoltura volete?r, ,,La nostra categoria è una sola: quella
dei poverir, risponde il direttore salesiano. L'impresario pre-
para il servizio di prima categoria, e gratis. Zalti viene com-
33

4.4 Page 34

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posto nella bara, portato nella cappella del collegio. E la gente
comincia a fluire.
una teoria silenziosa arriva dalle varie parti della città,
lungo i marciapiedi, con i fiori e rami verdi in mano. si di-
rebbe una festa di primavera, se i volti non fossero una de-
solazione. I fiori vengono deposti presso la bara, e il mucchio
cresce, e poi tutto intorno, e non si era mai visto a Viedma
tanti fiori in una camera ardente. Non sono le belle corone
costruite ad arte con i nastri di seta e le lettere dorate, sono
quanto possono offrire
Al vedersi in tanti
i
a
«parenti "
salutarlo,
di Zatti,
ognuno
i poveri.
quasi si
ralregra;
sente che è giunto il momento del trionfo pbr quel loro strano
«parente, che in vita aveva dato tutto a loro e non aveva mai
avuto niente per sé.
L'indomani 16 marzo 1951, i funerali. Le autorità hanno
disposto Ia chiusura degli uffici pubblici; anche i negozi
chiudono in segno di lutto. E anche le fabbriche, dato ihe
tutti i dipendenti vogliono unirsi al funerale. Durante il tra-
sporto funebre una moltitudine senza fine precede il carro, le
autorità civili e religiose lo seguono da vicino, un'altra molti-
tudine si accoda in lunga processione. Ma quando si è giunti
al cimitero, le autorità si trovano indietro cinquanta metri
rispetto al carro: attorno azatti si sono sistemati a centinaia
i suoi «parenti stretti». Si sono fatti largo con i gomiti.
Dopo i discorsi si decide di non interrare subito la sua
salma, perché tanti arrivano da lontano e vogliono ancora
salutare Zatti. oNon doveva morire,r, dice la gente di Viedma.
Poi la gente'di viedma gli dedicherà una strada delra città,
darà il,suo nome al nuovo ospedale, e gli costruirà anche un
monumento.
E non basta. I vescovi della zorra stanno sottoponendo
Artemide zatti a un meticoloso processo: lo processano per
santità. Forse un giorno egli tornerà a Roma, per salire alla
Gloria del Bernini.
Aveva detto Don Bosco ai suoi salesiani partiti per l,A-
merica: «Abbiate cura speciale degli infermi, dei bambini,
degli anziani, dei poveri, e vi guadagnerete la benedizione di
Dio e la benevolenza degli uomini,.
Verissimo.

4.5 Page 35

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INDICE
La sua carta d'identità, pag. 2
1. Un povero tagazzo lallito e spacciato, 3
2. ll ragazzo malato diventa medico, 7
3. Medico dei corpi e delle anime, '13
4. La Prowidenza e la partita doppia, 1B
5. Don Zatti è un uomo festivo, 24
6. Gli ospedali come cavoli: bisogna trapiantarli, 26
7. Come va, don Zalli? *AIl'insù, dottore» 31
IN COPERTINA
' Don" Artemide Zatti in un quadro a olio.
B!BLIOGRAFIA
ll presente opuscolo è stato pubblicato in prima edizione
dall'Editrice Elle Di Ci di Torino-Leumann nell'anno 1978,
aoCl no.lla1n7adseallnaticosallalensaian"Erope.r
Viene ora riproposto
gentile concessione
nella
della
stessa Casa Editrice.
ll testo è un condensato della biografia:
ENTRAIGAS RAOUL
El pariente de todos Ios pobres
Ed. Don 8osco. Buenos Aires 1960
lL "CENTRO ARTEMIDE ZATTI'
A Viedma presso la casa salesiana è stato costituito il
s"CulelentgrorazAierteomtteidneutZeaattttir,avcehresoralc'icnotegrlcieeslsaiodnoecudmeelnStaezrvioonedi
Dio.
lncaricato del Centro è il Vice Postulatore della causa:
Padre ltalo Martin
lnstituto Don Bosco
Ituzaing6 140 - Apart. 52
8500 Viedma (Rio Negro) - Argentina

4.6 Page 36

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COLLANA SANT! SALESIANI
1. Un pescatore d'anime
(san Giovanni Bosco)
3. Capitano di quindici anni
(san Domenico Savio)
7. I buoni pastori danno la vita
(mons. Versiglia e don Caravario)
8. ll principe che scelse Don Bosco
(don Augusto Czartoryski)
13. Diventare terra giapponese
(don Vincenzo Cimatti)
22. Éra il parente di tutti i poveri
(Artemide Zatti)
24. Gostruttore della città di Dio
(ing. Alberto Marvelli)
SONO INOLTRE DISPONIBILI
Preghiamo Maria Ausiliatrice
Preghiamo Don Bosco
Con Maria nel cammino della fede
(per la preghiera dei pellegrini
al Santuario di Maria Ausiliatrice)
Pubblicazione a cura
dell'Utlicio Stampa Salesiano
Giugno 1980
Tipografia Esse Gi Esse - Roma
Editrice SDB
Direzione Generale Opere Don Bosco
Casella Postale 9092 - 00100 Roma-Aurelio
Edizione extra-commerciale