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APERTURA DEL CG25

Luc Van Looy, sdb

Vicario del Rettor Maggiore

25-2-2002

Eminenza  Reverendissima, Cardinale Martinez-Somalo,

Carissimi Cardinali Alfons Stickler, Antonio Maria Javierre e Ignacio Velasco,

Fratelli Arcivescovi e Vescovi,

Sorelle e Fratelli rappresentanti della Famiglia Salesiana,

Cari confratelli capitolari,


All’inizio del 25° Capitolo Generale della Società di San Francesco di Sales, sono lieto di porgere a voi tutti un saluto cordiale e riconoscente. Vedo nella vostra presenza una dimostrazione di affetto per la nostra Congregazione e di partecipazione a uno tra gli atti più importanti della sua vita, quale è appunto il Capitolo Generale.

Ringrazio Madre Antonia Colombo, Superiora Generale della Figlie di Maria Ausiliatrice, e tutti i responsabili dei vari rami della Famiglia Salesiana qui presenti: il Coordinatore Centrale dei Cooperatori, il Presidente Mondiale degli Ex-allievi, la Responsabile Centrale delle Volontarie di Don Bosco, i Superiori e le Superiore di Congregazioni religiose e i Responsabili dei gruppi e associazioni riconosciuti all’interno della Famiglia Salesiana. Nella vostra presenza solidale sentiamo i legami che ci uniscono in una sola Famiglia, la Famiglia di Don Bosco.

E a voi, confratelli, che venite dalle diverse Ispettorie sparse nel mondo, esprimo un benvenuto cordiale e fraterno. So che siete venuti per lavorare, per una esperienza di mondialità forte e per preparare il futuro della Congregazione.


Vorrei anzitutto dedicare un grato e affettuoso pensiero a Don Juan Vecchi, che il Signore ha chiamato a sé un mese fa. È ancora fresco nella nostra memoria il ricordo della sua amabile paternità, della sua saggezza, dell’incisività nel governo della Congregazione, e della sua personale testimonianza di fede e serena accettazione della volontà di Dio durante la sua lunga malattia. La Congregazione e la Famiglia Salesiana si sono ritrovate compatte al fianco del Rettor Maggiore durante questo periodo, unendosi in preghiera attorno al Coadiutore Artemide Zatti. Don Vecchi ha iniziato e diretto il cammino di preparazione per questo Capitolo Generale: siamo certi che dal cielo ci aiuterà a portarlo a buon termine.

In questi ultimi anni la canonizzazione di Monsignor Versiglia e Don Caravario, la beatificazione dei giovani oratoriani polacchi e dei martiri spagnoli hanno stimolato tutta la nostra Famiglia verso una “misura alta di vita salesiana ordinaria” (cfr NMI 31), e la prossima beatificazione di Don Luigi Variara, di Suor Maria Romero e del Signor Artemide Zatti porta ancora una volta i santi e la santità al centro di tutta la Famiglia Salesiana.


1. Il cammino postconciliare


Il tema di questo Capitolo Generalesi inserisce in un percorso che attraversa e si sviluppa lungo tutto il periodo postconciliare. Dopo aver riflettuto globalmente sulla nostra identità salesiana (CG20) e approfondito alcuni suoi aspetti, come l’evangelizzazione dei giovani, il sistema preventivo, l’animazione della comunità e la figura dei soci (CG21), siamo arrivati alla promulgazione delle Costituzioni rinnovate nel CG22 del 1984.

In seguito abbiamo concentrato la nostra attenzione sul cammino da fare con i giovani per educarli alla fede e nella fede (CG23). Abbiamo rilevato la necessità, per questo, di una comunità che si rinnova continuamente, che si inserisce più attivamente nel mondo giovanile con un salto di qualità pastorale, e che diventa, allo stesso tempo, nucleo animatore della comunità educativo-pastorale e dei vari rami della Famiglia Salesiana.

Il CG24 ha ripreso quest’ultimo aspetto del coinvolgimento dei laici nel nostro spirito e nella nostra missione, e ha delineato il nuovo ruolo della comunità religiosa salesiana dentro la CEP e nell’elaborazione del PEPS.

Quindi, sia nel CG23 che nel CG24 la comunità salesiana è emersa come il punto di convergenza. Dal suo buon funzionamento, infatti, dipende in gran parte la qualità di testimonianza, l’incidenza apostolica e la fecondità della Congregazione. È la comunità dei religiosi salesiani che ha il compito di essere “sale della terra e luce del mondo” attraverso le varie opere e attività.

Seguendo questo “filo rosso”, il CG25 vuole ora verificare i passi fatti alla luce dell’ultimo Capitolo Generale, approfondirne le indicazioni non sufficientemente recepite, e dare un impulso al lavoro già in atto di rinnovamento della comunità. Con esso si intende rilanciare la comunità come la carta vincente nell’evangelizzazione dei giovani nel nuovo millennio. 

Questo tema, quindi, non ci fa distogliere lo sguardo dai nostri destinatari, né dai laici che collaborano con noi. Come ha scritto Don Vecchi nella sua lettera di convocazione:

L’obiettivo del CG25 non è tanto ciò che la comunità e i confratelli devono fare ancora per i giovani, ma ciò che devono essere e vivere oggi per loro e con loro. Lo sguardo va anzitutto a quello che siamo e viviamo per agire più efficacemente, dal punto di vista evangelico, in favore dei destinatari della nostra missione.” (Verso il Capitolo Generale 25°, ACG 372, pag. 13).


La comunità salesiana,quindi, costituirà il punto focale del CG25. Ad esso si aggiunge il compito di dare compimento all’orientamento operativo del CG24 (n. 191)  riguardo delle strutture di governo, e dell’elezione del nuovo Rettor Maggiore e dei membri del Consiglio Generale che guideranno la Congregazione nel prossimo sessennio.


2. Il tema del CG25 a confronto con le sfide odierne


Il tema del Capitolo, “la comunità salesiana oggi”si articola in questi quattro punti:

la vita fraterna,

la testimonianza evangelica,

la presenza animatrice tra i giovani,

l’animazione comunitaria.


I vari Capitoli Ispettoriali hanno riflettuto su questi punti, partendo dall’esperienza delle comunità locali e individuando alcuni problemi di particolare rilievo che la Commissione Precapitolare ha pensato bene di segnalare, come, per esempio:

-il bisogno di rafforzare la vita della comunità secondo lo Spirito. Creare, cioè, le condizioni affinché i confratelli godano di un’intensa esperienza dell’amore di Cristo che li porti ad una vita profondamente fraterna, ad una dedizione totale alla missione giovanile, ad una testimonianza attraente dei valori evangelici;

-l’esigenza di sviluppare la capacità ispiratrice della comunità religiosa all’interno della comunità educativa e pastorale così da generare comunione, entusiasmo e un forte senso di appartenenza;

-la difficoltà di far fronte alle esigenze reali della missione data la diminuzione delle forze e il conseguente squilibrio tra il volume di lavoro e il personale disponibile;

-l’invecchiamento e la scarsità di vocazioni che rendono la vita di comunità più pesante e rischiano di offuscare il cammino futuro della missione.


Su questi e altri aspetti della vita comunitaria il Capitolo Generale è chiamato ad indicare delle piste sicure e motivate per rilanciare la comunità all’inizio di questo millennio, ricordando l’insistenza di Don Bosco:

Noi abbiamo scelto di abitare in unum. Vuol dire in unum locum, in unum spiritum, in unum agendi finem” (in uno stesso luogo, con lo stesso spirito, con lo stesso fine da raggiungere) (MB IX 573).


L’idea di scegliere questo tema, però, non viene soltanto dalla consapevolezza di debolezze o lacune nel profilo della nostra vita comunitaria religiosa, ma da alcune sfide provenienti da un raggio molto più ampio.


La cultura odierna

In primo luogo ci sfidala cultura odierna. Vivere e annunciare la fede è diventato difficile nel mondo secolarizzato, dove la gente si allontana in modo graduale e silenzioso dalla fede come da un elemento poco rilevante nella vita di ogni giorno.

Essendo diminuito considerevolmente il valore educativo e religioso della famiglia, e venendo la Chiesa ad essere considerata come un’istituzione alienata dalla società moderna, i giovani che crescono negli ambienti secolarizzati trovano di difficile comprensione la terminologia religiosa e si abituano ad arrivare ai criteri di condotta e al senso della loro vita per conto proprio, senza riferimento a valori religiosi e spesso senza ascoltare i consigli degli adulti loro vicini. Nei nostri giorni la credibilità della Chiesa è anche presa di mira dai mezzi di comunicazione i quali mettono in risalto, giustamente o ingiustamente, certe debolezze o errori morali di religiosi e sacerdoti.

Anche la scuola ci interpella fortemente, soprattutto in quei paesi dove è in atto un processo di riforma. Il sistema di Don Bosco mette al centro la persona e la sua educazione integrale, mentre oggi costatiamo che la preoccupazione nel campo scolastico si concentra quasi unicamente sull’istruzione senza badare tanto alla formazione e all’accompagnamento della persona. L’insegnamento della religione inoltre tende ad avere sempre minor peso, portando inevitabilmente a un indebolimento della formazione integrale del giovane e della sua capacità di sviluppare una cultura personale.


Il compito oggi è di trovare un modo per superare queste barriere fisiche, psicologiche e culturali, per raggiungere anche i giovani più lontani, e aiutarli ad arrivare alla fede in Cristo. Non saranno in primo luogo le parole o i ragionamenti ad aprire questa strada, ma la testimonianza di una comunità che vive la propria fede in Gesù Cristo, trova la sua coesione in essa e la rende visibile, in gioia e trasparenza.

Questa carica spirituale conduce la comunità di fede a superare il settorialismo e l’individualismo e a vivere in fraterna amicizia e collaborazione, al punto di essere attraente ed evangelizzante, come indica il documento Vita Consecrata:

La vita di comunione, infatti, diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo... In tal modo la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa missione”(VC 46).

Lo stesso amore per Cristo porta anche ad una generosa accoglienza e donazione di sé agli altri. Ai giovani in primo luogo, mediante una presenza attiva e amichevole tra di loro, e poi ai collaboratori laici e ai membri dei diversi rami della Famiglia Salesiana, mediante una comunione fatta di esperienze di comune progettazione, partecipazione responsabile e formazione insieme, “fino a poter diventare un’esperienza di Chiesa, rivelatrice del disegno di Dio” (C 47).

Essendo segno, la comunità diventa anche scuola di fede che trova il coraggio e la creatività per mostrare il proprio volto cristiano e sa dare sapore e direzione alla vita dei destinatari.


Espansione geografica e inserimento

Il fenomeno della globalizzazione, con il correlativo fenomeno della localizzazione, sottolinea la necessità di un equilibrio tra l’unità del carisma e il pluralismo delle espressioni.

Richiede che si dia maggior peso al valore della fraternità piuttosto che alle differenze di etnia, lingua, ecc. in modo che le nostre comunità, aperte alle diverse culture, diventino un vero regalo alla Chiesa e alla società. La nostra presenza in tutti i continenti, in 128 nazioni, ci aiuta ad avere una visione mondiale del nostro carisma e ad osservare il movimento geografico della vita della Chiesa e delle vocazioni. Mentre si invecchia in alcune zone tradizionali, si cresce e si rinasce in altri paesi e continenti. 

Dice il Santo Padre nella sua Esortazione Apostolica, Vita Consecrata, al n. 51:

Collocate nelle diverse società del nostro pianeta — società percorse spesso da passioni e da interessi contrastanti, desiderose di unità ma incerte sulle vie da prendere — le comunità di vita consacrata, nelle quali si incontrano come fratelli e sorelle persone di differenti età, lingue e culture, si pongono come segno di un dialogo sempre possibile e di una comunione capace di armonizzare le diversità. Le comunità di vita consacrata sono mandate ad annunziare, con la testimonianza della loro vita, il valore della fraternità cristiana e la forza trasformante della Buona Novella, che fa riconoscere tutti come figli di Dio e spinge all'amore oblativo verso tutti, specialmente verso gli ultimi... Soprattutto gli Istituti internazionali, in quest'epoca caratterizzata dalla mondializzazione dei problemi e insieme dal ritorno degli idoli del nazionalismo, hanno il compito di tener vivo e di testimoniare il senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture. In un clima di fraternità, l'apertura alla dimensione mondiale dei problemi non soffocherà le ricchezze particolari, né l'affermazione di una particolarità creerà contrasto con le altre né con l'unità. Gli Istituti internazionali possono fare questo con efficacia, dovendo essi stessi affrontare creativamente la sfida dell'inculturazione e conservare nello stesso tempo la loro identità.”


La ricerca della qualità

L’inserimento nella realtà culturale esige un impegno serio per qualificare le persone e le opere. La significatività del nostro intervento dipende principalmente dalla capacità di coniugare la professionalità con lo spirito carismatico.

Parlando del ruolo della comunità salesiana come nucleo animatore, Don Vecchi indicò i traguardi da raggiungere. Dobbiamo sforzarci di diventare:

-persone che vivono con fiducia e gioia la propria vita, in atteggiamento di comprensione e dialogo con i giovani e il loro mondo, con attenzione alla cultura, con capacità di inserimento nel territorio;

-educatori competenti che sanno congiungere l’educazione e l’evangelizzazione e preparare agenti per la trasformazione cristiana della società;

-animatori disposti a condividere i cammini formativi con i collaboratori laici nella vita di ogni giorno e nei momenti comunitari di particolare importanza, come l’elaborazione del PEPS, la verifica della CEP, e il discernimento davanti a situazioni concrete;

-dirigenti che hanno interiorizzato il valore della partecipazione e della corresponsabilità e sanno animare creando e rinnovando le modalità opportune;

-salesiani che, lavorando in équipe con altri, manifestano una sensibilità particolare per l’educazione dei più poveri e diventano promotori di una cultura di solidarietà e di pace (Esperti, testimoni e artefici di comunione. La comunità salesiana – nucleo animatore, in ACG 363, 38-39). 


Per conseguire tale qualità sia delle comunità che dei confratelli, la Congregazione, nell’ultimo sessennio, ha fatto uno sforzo notevole per ripensare e aggiornare la sua prassi formativa, adeguando il compito formativo alle sfide ed alle esigenze di oggi. La Ratio, promulgata nel dicembre 2000, è un compendio delle norme e degli orientamenti della Congregazione in materia di formazione. Guarda tutta la formazione dalla prospettiva della formazione permanente, attribuisce un’efficacia formativa alla vita e al lavoro di ogni giorno.

Per questo, richiede che nella comunità ci sia:

-un clima che favorisca la crescita dei confratelli come persone e come comunità (spirito di famiglia che crea una mentalità di comune ricerca e discernimento, valorizzando l’esperienza di tutti; clima di fede e di preghiera che rafforza le motivazioni interiori e dispone a viverle con radicalità evangelica e donazione apostolica...);

-la valorizzazione dei diversi tempi e mezzi per favorire la formazione permanente;

-la programmazione annuale della formazione permanente;

-la comunicazione con la comunità ispettoriale e con la Congregazione e l’accoglienza degli stimoli e degli orientamenti che giungono da esse... (cfr Ratio n. 543).


3. Alcune prospettive


Il compito affidatoci da Cristo – di essere sale della terra e luce del mondo –  ci porta al confronto con la realtà, nella quale vogliamo ripensare costantemente la nostra originalità carismatica, verificando se il sale ha ancora sapore e se abbiamo collocato al posto giusto la lucerna.

L’anno Giubilare ci ha invitati ad alzare la misura della nostra vita, e con la parola d’ordine “Duc in Altum” il Santo Padre ci stimola a remare al mare aperto e verso il profondo, come ha riecheggiato Don Vecchi nella sua strenna per quest’anno. “Duc in altum”, per questo primo Capitolo Generale del nuovo millennio, vuol dire rilanciare la Congregazione in uno dei suoi aspetti fondamentali che testimoniano il suo vigore religioso e carismatico. La comunità, infatti, è la chiave per il rinnovamento e la crescita della Congregazione nella sua missione giovanile, nella sua pastorale vocazionale, e nel suo impatto carismatico ed evangelico sul mondo.


In questo incontro fraterno, che è il Capitolo Generale, vogliamo in primo luogo vivere la comunione, come segno dell’unità della Congregazione; vogliamo compiere una riflessione insieme sulla comunità per riscoprire e riesprimere il nucleo dell’ispirazione evangelica del carisma di Don Bosco, sensibili ai bisogni dei tempi e dei luoghi (cfr C 146). Si tratta di ravvivare e dare fondamento alla nostra testimonianza evangelica e carismatica come comunità per diventare profeti per il nuovo millennio. Vogliamo individuare e condividere le linee di cammino di tutta la Congregazione nel prossimo sessennio.


A questo proposito vorrei già subito segnalare alcune piste o prospettive per le nostre comunità, mirando ad una testimonianza significativa di futuro, capace di rifondare o ridisegnare la nostra presenza nel mondo d’oggi:


Anzitutto come testimoni di povertà, le nostre comunità si inseriranno nella società, partecipando alle molteplici forme di povertà, materiale e spirituale, e impegnandosi per la giustizia e il rispetto della persona. È infatti la vocazione dei suoi membri consacrati che le colloca in questa sensibilità che è tipica per la Chiesa.

L’opzione per i poveri,” - ci ha ricordato il Papa - “è insita nella dinamica stessa dell’amore vissuto secondo Cristo. Ad essa sono dunque tenuti tutti i discepoli di Cristo… Ciò comporta per ogni Istituto, secondo lo specifico carisma, l’adozione di uno stile di vita, sia personale che comunitario, umile ed austero” (VC 82).

Le comunità saranno sollecitate a ripensare il loro modo di vivere e di lavorare, favorendo la loro presenza tra i giovani meno fortunati e fomentando nei loro membri e nei destinatari una cultura di solidarietà che sia espressione del vangelo della carità.


In secondo luogo, come testimoni di fede, le comunità dovranno rispondere alla sete di spiritualità che i giovani manifestano.

Cito le parole di Don Vecchi:

I giovani... hanno bisogno di testimoni, di persone e ambienti che mostrino, per via di esempio, le possibilità di impostare la vita secondo il Vangelo nella nostra società. Questa testimonianza evangelica, che è allo stesso tempo comunione tra fratelli, sequela radicale di Cristo e presenza attiva, stimolante e portatrice di vita tra i giovani, costituisce il primo servizio educativo da offrire loro, la prima parola di annuncio del Vangelo. Dal punto di vista vocazionale è evidente che essi si sentono attirati ad entrare in ambiti comunitari significativi, piuttosto che ad assumere soltanto un lavoro” (“Verso il Capitolo Generale 25°”, in: ACG 372, pag.15-16).

Nell’esortazione il Papa invita i consacrati a

suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera” (VC 39).

E la loro testimonianza comunitaria di vita fraterna e di carità verso i bisognosi costituirà un forte invito e incoraggiamento agli altri a condividere il carisma salesiano. Realizzeranno così quanto dicono le nostre Costituzioni:

La scoperta e l’orientamento delle vocazioni costituisce il ‘coronamento’ di tutta la nostra azione educativo-pastorale” (C 37).


Terzo: come testimoni di comunione le nostre comunità dovranno cercare di espandere, rafforzare e ricreare la comunione per diventare, come dice il Papa, veri “esperti di comunione” (VC 46).

Diventeranno così significative nel territorio attraverso il loro coinvolgimento, in linea con il proprio carisma, sia nella pastorale della Chiesa particolare sia nel lavoro a favore dei giovani poveri, e in collegamento con altri enti ed agenzie. Cercheranno di promuovere i valori evangelici, con le parole e più ancora con il proprio esempio, e di essere presenti laddove si fissano i criteri educativi e si stabiliscono le linee politiche riguardo alla gioventù.

Non solo: la vocazione di educatori e consacrati e il ministero sacerdotale porterà le comunità a dare impulso ad azioni sistematiche per l’orientamento e la formazione dei collaboratori e delle comunità educative. Per renderli capaci di vivere la propria vita con maturità e gioia, di capire e vivere la spiritualità salesiana e di compiere la missione educativo-pastorale con competenza e professionalità, le comunità mireranno alla loro crescita culturale e professionale, ma anche e soprattutto allo sviluppo della loro vocazione umana, cristiana e salesiana.

Tesseranno rapporti di collaborazione e corresponsabilità nella comune missione, e si impegneranno attivamente nella Chiesa e nella società, particolarmente in ambiti come l’educazione, l’evangelizzazione della cultura e la comunicazione sociale.


Quarto: Come testimoni di una profonda vita spirituale le comunità dovranno impegnarsi soprattutto a rivivere la propria spiritualità salesiana, riconoscendo che la comunità deve la sua esistenza e missione allo Spirito, e quindi non potrà mai re-inventare se stessa o compiere il suo ruolo con frutto senza un’intensa esperienza spirituale. Cercheranno così di “ripartire da Cristo” (NMI 29), nella consapevolezza che “la comunità religiosa è prima di tutto un mistero che va contemplato e accolto con cuore riconoscente in una limpida dimensione di fede” (La vita fraterna in comunità, n. 12).

Alla svolta del nuovo Millennio ci viene richiamata con insistenza l’importanza di essere cristiani autentici e testimoni competenti e credibili. Oggi - si dice - senza passione e mistica nessuno potrà essere cristiano, tanto meno religioso e salesiano. Il Capitolo Generale sappia riaccendere questo fuoco in ogni comunità salesiana.


Conclusione

Affidiamoci all’aiuto di Maria, “modello di preghiera e di carità pastorale, maestra di sapienza e guida della nostra Famiglia” (C 92), e alla guida dello Spirito Santo, con la docilità di Don Bosco, per essere illuminati su ogni passo che faremo e decisione che prenderemo in questo Capitolo. Sappiamo pure che ogni rinnovamento fatto in conformità all’ispirazione dello Spirito e in sintonia con il carisma di don Bosco sarà accompagnato dalla loro forza creativa. È così che possiamo intraprendere il nostro lavoro con la piena fiducia di fare la volontà del Signore.

È questo l’augurio che ci facciamo, certi della presenza del Signore in mezzo a noi.