Strenna_1991_it


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Strenna 1991
Commento del Rettor Maggiore don Egidio Viganó
LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
IMPEGNA AD APPROFONDIRE EATESTIMONIARE
LA DIMENSIONE SOCIALE DELLA CARITA
ISTITUTO FIGLIE Dl MARIA AUSILIATRICE

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Strenna 1991
Commento del Rettor Maggiore don Egidio Viganó
LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
IMPEGNA AD APPROFONDIRE E A TESTIMONIARE
LA DIMENSIONE SOCIALE DELLA CARITA
ROMA, CASA GENERALIZIA FMA - 22 OICEMBRE 1990

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Stampato in proprio - Roma, FMA 1991

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Quest'anno ci incontriamo per la Strenna prima del tempo:
invece del 31 dicembre, il 22...: infatti devo partire per il
Madagascar.
Vi porto innanzi tutto i saluti e gli auguri dei membri del
nostro Consiglio generale: essi sono gia in diaspora per il
mondo; !'ultimo e partito questa mattina, e io partiro il 28
seguendo gli esempi della Madre.
Auguri di Buon Natale e poi... che !'anno 1991 sia portatore
di tante grazie.
Il nuovo Anno ci regala una doppia commemorazione as-
sai significativa: il 5 giugno saranno 150 anni dell'Ordina-
zione sacerdotale di don Bosco e, 1'8 dicembre, 150 anni del
suo incontro con Bartolomeo Garelli.
Due <late emblematiche, vincolate tra loro dalla Provviden-
za; sono radicate nella carita pastorale dono abbondante
dell'Ordinazione presbiterale e sorgente viva di quella fi-
sionomia originale che caratterizza il carisma di don Bosco.
Cosl la solennita dell'Immacolata e divenuta per noi data-
simbolo delle «grandi cose» che ha fatto il Signore nella
nostra Famiglia apostolica.
Siamo qui per commentare la «STRENNA 1991» che voi gia
conoscete. ~ una Strenna che dovra far da «sveglia» per
tutti coloro, tra noi, che purtroppo avranno magari anche
sonnecchiato sull'argomento. Essa ci sfida direttamente, e
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forma parte di quella «nuova evangelizzazione» che e l'oriz-
zonte dei nostri due recenti Capitoli generali.
La Strenna ha la seguente formulazione:
LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
IMPEGNA AD APPROFONDIRE E A TESTIMONIARE
LA DIMENSIONE SOCIALE DELLA CARITA
Mi ha scritto un confratello dal Brasile per dirmi: «Non
poteva trovare una Strenna piu incisiva e piu attuale di
questa!». Essa e urgente non solo in America Latina, bens1
in tutto il mondo.
Ricordiamo quanto ha affermato l'Istruzione Libertatis
conscientia parlando delle esigenze evangeliche della pro-
fonda trasformazione di quest'ora storica: «Una sfida sen-
za precedenti e lanciata oggi ai cristiani che operano per
realizzare la "civilta dell'amore", la quale compendia tutta
l'eredita etico-culturale del Vangelo. Questa compito richie-
de una nuova riflessione su cio che costituisce il rapporto
del comandamento supremo dell'amore con Z'ordine socia-
le considerato in tutta la sua complessita» (LC 81).
Avrete letto la Christifideles laici dove parła delle frontiere
della «nuova evangelizzazione»; ebbene, li troviamo indica-
zioni puntuali sul tema della Strenna. La nostra missione
ci mette in contatto apostolico con tanti laici, incomincian-
do dai giovani e dalle giovani delle nostre presenze, fino
a tutti i membri laici della Famiglia Salesiana: dobbiamo
animarli in questo campo vitale; ma per farlo sara neces-
sario avere adeguata competenza e convinta adesione al
rinnovamento conciliare della Chiesa.
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1. NUOVA EVANGELIZZAZIONE
E INSEGNAMENTO SOCIALE DEL MAGISTERO
Uno dei grandi segni dei tempi, che dinamizzano il cambio
epocale che stiamo vivendo, e il processo di socializzazione
che ha fatto emergere la maturazione democratica nei po-
poli e la crescita della solidarieta a tutti i livelli. Appartie-
ne a quell'ambito delle cose per cui la Chiesa, con il Vati-
cano II, ha ripensato il suo dialogo con il mondo. I Pastori
avevano incominciato gia prima ad affrontare alcuni aspet-
ti di questo processo. Da un secolo in qua, questo tema e
stato una delle grandi preoccupazioni del Magistero soprat-
tutto papale. Infatti, nel mese di maggio prossimo si com-
piono i 100 anni della famosa enciclica Rerum novarum di
Leone XIII. Dopo di essa il Magistero ha insistito su vari
argomenti sociali.
A volo di uccello possiamo ricordare i principali documen-
ti; ci padano della preoccupazione dell'evangelizzazione
delle novita umane che emergono nel sociale.
• LEONE XIII - Rerum novarum: sulla questione operaia
(15 maggio 1891).
• Pro XI - Quadragesimo anno: quarant'anni dopo per un
aggiornamento circa la problematica sociale (15 maggio
1931).
• Pro XII - non ha scritto nessuna enciclica al riguardo,
pero ha lanciato vari radiomessaggi e discorsi importanti
di prospettiva sociale.
• GIOVANNI XXIII - Mater et magistra: nuovi aspetti della
questione sociale (1961) e Pacem in terris: per la pacifica
convivenza internazionale (1963).
• CONCILIO VATICANO II - Gaudium et spes: da orientamenti
molto ricchi e concreti al riguardo; tratta del dialogo con
il mondo; e il documento-base di tipo pastorale per il
rinnovamento operativo della missione della Chiesa nei
tempi nuovi.
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• PAOLO VI - Populorum progressio: il nome della pace si
chiama «sviluppo» (1967) e Octogesima adveniens: in oc-
casione degli ottant'anni della Rerum novarum: da im-
portanza alla comunita cristiana locale, guidata dai Pa-
stori, per interpretare le situazioni concrete ed orientare
praticamente i fedeli.
• GIOVANNI PAOLO II - ha due encicliche di speciale attua-
lita: Laborem exercens: analisi profonda del senso e del-
la complessita sociale del lavoro (1981) e Sollicitudo rei
socialis: commemorando il ventennio della Populorum
progressio (1987). Ne sta anche preparando un'altra per
i 100 anni della Rerum novarum.
• Ci sono, poi, vari altri documenti recenti del Magistero
- rimanendo nell'ambito della Santa Sede - per esem-
pio: Libertatis conscientia, che e la seconda istruzione a
proposito della «Teologia della liberazione»: apporta po-
sitivamente elementi costruttivi e stimola al rinnovamen-
to della prassi cristiana lanciando una vera cultura del
lavoro e una cultura della solidarieta.
Un altro documento interessante e quello del Cardinale
Etchegaray (Commissione Justitia et Pax) circa l'Approc-
cio etico al debita internazionale.
Possiamo ricordare anche la Familiaris consortio, uscita
dopo il Sinodo sulla complessa problematica della fami-
glia; Il dano della vita per chiarire pericolose deviazioni
al riguardo; Mulieris dignitatem, che ha pure una non in-
differente importanza sociale circa la promozione della
donna.
Questi documenti (e molteplici altri) fanno vedere che un
Magistero attento e responsabile sta guidando la Chiesa nel-
la nuova evangelizzazione, occupandosi in modo particolare
della dimensione sociale della carita. Vorra dire, per noi,
che questo e un tema che deve far parte della nostra mis-
sione in vista dell'educazione dei giovani alla fede secondo
la caratteristica propria del carisma di don Bosco.
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2. ALCUNI TEMI GENERATOR! Dl NOVITA SOCIALE
Prendiamo come chiave di lettura di alcune riflessioni, il
concetto di «cambiamento». Che cosa e cambiato dal secolo
scorso ad oggi?
La categoria di «cambiamento» ci fa percepire una distan-
za di tipo socioculturale. Il quadro di riferimento per noi
sono i tempi di don Bosco, di madre Mazzarello, delle no-
stre prime origini, in confronto con la maturazione socio-
culturale propria dell'ultimo scorcio del secondo millennia.
Non possiamo evangelizzare ripetendo materialmente le
stesse cose di allora: c'e un forte cambiamento che incide
sulla prassi. Pur avendo gli stessi principi carismatici e gli
stessi criteri pastorali di fondo, dobbiamo saper rispondere
alle sfide di oggi: Io abbiamo sperimentato in tutti i gran-
di Capitoli generali del postconcilio.
Avendo come chiave di lettura il «cambiamento», possiamo
prendere, per esempio, alcuni aspetti della vita sociocultu-
rale che oggi non si presentano piu come ai tempi di don
Bosco. Ne scelgo cinque, con solo brevissimi accenni.
~ lavoro e divenuto un problema sociale enor-
( ~ I ha scritto la Rerum novarum quando don
Bosco era gia morto da anni. Il nostro Padre non poteva
ancora conoscere il mondo industriale, che ha provocato
una vera rivoluzione nel mondo del lavoro e ha dato vita ai
movimenti sindacali.
Don Bosco ci ha insegnato ad operare per il mondo del la-
voro: preparare gli apprendisti, le apprendiste; essere edu-
catori dei figli <legli operai.
Ecco perche il cambiamento sopravvenuto nel mondo del
lavoro ci interessa. Non assumiamo necessariamente l'otti-
ca dei sindacalisti o <legli industriali, a noi interessa dal
punto di vista specifica della nostra missione educativa.
- Un altro tema: la politica. Ai tempi di don Bosco non
c'era democrazia. La politica la faceva un gruppo di privi-
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legiati sociali; inoltre proprio in quell'epoca era fortemente
permeata di anticlericalismo. Pensate al Risorgimento nella
storia d'Italia. Evidentemente tanti cattolici (anche preti e
vescovi) guardavano all'impegno politico in risposta pole-
mica. Don Bosco, preoccupato di rimanere tra i giovani per
la loro educazione, preferiva non mettersi in quella poli-
tica per non essere emarginato dalla sua missione. «Noi
facciamo la politica del "Pater noster"», diceva. Oggi, pero,
bisogna interpretare questa espressione alla luce dell'inse-
gnamento del Magistero della Chiesa. Perche? Perche e
cambiata culturalmente la concezione della politica. La
cultura sociale ha fatto crescere la consapevolezza del po-
polo, della sua responsabilita e del suo essere il soggetto
portatore della sovranita nazionale e del funzionamento
dello Stato. Tutti devono saper votare, conoscere che cosa
e il «Bene comune» e guardare ad esso come a finalita pro-
pria delle attivita politiche. Quindi diviene indispensabile
una formazione politica.
Nella Christifideles laici ci sono affermazioni molto incisive
su questo aspetto. Ma qui, per ora, ci interessa solo di
percepire il salto del cambiamento avvenuto; quindi le
espressioni di don Bosco circa la politica vanno interpre-
tate storicamente e rilette con attento discernimento per
coglierne la validita di messaggio profetico anche per i
tempi nostri.
- Un altro settore importante: la cultura. Don Bosco e sta-
to un promotore della cultura popolare. Allora era assai
diffuso l'analfabetismo, e la cultura aveva un significato
«illuminista»; era privilegio di alcune persone di alta so-
cieta o di particolari studi. Oggi, invece, la cultura ha un
senso «antropologico», si riferisce alla crescita della co-
scienza sociale di tutto il popolo; e una maniera di essere
uomini in societa; ha come elemento fondamentale l'educa-
zione, quale settore primario della cultura. Don Bosco que-
sta lo ha intuito e si e dedicato generosamente e profetica-
mente ad esso, mentre certi uomini politici dell'epoca pre-
ferivano che la gente del popolo non si istruisse.
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- Un altro ambito di forte cambiamento: la comunicazio-
ne sociale. Don Bosco ha avuto intuizione acuta anche del-
l'importanza di questo settore; vi si e dedicato con audacia
affinche il Vangelo si collocasse all'avanguardia del pro-
gresso. Oggi il cammino percorso dalla comunicazione so-
ciale e enorme. Il mondo intero e diventato al riguardo
una specie di «villaggio globale». Cio porta con se un vasto
pluralismo con conseguenze di relativismo; d'altra parte la
comunicazione sociale e divenuta una vera scuola di massa.
Di qui la necessita di impegnarsi di piu e in un modo ag-
giornato.
- Un ultimo aspetto del cambiamento: la corresponsabilita
ecclesiale. Il Concilio Vaticano II ha ricordato a tutti - ai
laici, ai religiosi, al dero - che la Chiesa e «comunione».
Il rinnovamento pastorale deve percio far maturare tra i
fedeli la partecipazione attiva. L'approfondimento del sen-
so della Chiesa locale e particolare vincola piu concreta-
mente al territorio e aiuta a capire meglio il significato ec-
clesiale di essere portatori di un «carisma», ossia di un do-
no per la Chiesa: sia universale che locale. Comunione e
partecipazione comportano non poche modalita nuove nel-
la nostra attivita apostolica ed evangelizzatrice.
- Dunque, se noi prendiamo come esempi - perche ci
interessano - anche solo questi cinque temi, percepiamo
subito che essi generano in noi una necessita di riflessione:
come adeguarci ai concreti cambiamenti socioculturali ri-
manendo fedeli a don Bosco quali eredi e portatori del suo
carisma?
3. SIGNIFICATO DEL QUALIFICATIVO «SOCIALE»
Cosa vuol dire, nella Strenna, il termine sociale riferito alla
carita?
Forse capiamo meglio il suo significato se escludiamo alcu-
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ni qualificativi collaterali che ne ridurrebbero la compren-
sione. Per esempio:
• Non si identifica con collettivo; questa termine si rife-
risce piuttosto alla coerenza, alla coesione di un gruppo
che ha determinati piani, programmi, ideologie, ecc. No:
«sociale» non significa «collettivo», va piu in la di ogni
gruppo.
• Non si identifica con politico; la politica occupa una va-
sta parte dell'ambito sociale; e molto importante, pero
non si identifica con sociale. Non tutto e politica. Il so-
ciale e molto piu ampio. Io posso pensare a un nostro
Cooperatore medico che con la sua professione lavora
magnificamente nel sociale, magari senza fare politica,
nel senso di politica di partito; o un magistrato... che se
non fa politica partitica tanto meglio, altrimenti corre
il rischio di non disimpegnare bene la sua professione.
• Neppure si identifica con civile; con questa termine ci si
riferisce propriamente ai diritti-doveri del cittadino ri-
spetto alla Stato: e un aspetto certamente importante.
Ma con il qualificativo di «sociale» si vuole indicare un
ambito molto piu ampio.
Sociale e un termine che si riferisce all'aspetto costitutivo
della natura stessa dell'uomo, della persona, sottolineando
la sua caratteristica di esistere in relazione. Non si conce-
pisce la persona se non in relazione. Pensiamo all'inizio e
alla sviluppo della nostra esistenza personale. Se poi guar-
diamo al mistera della SS. Trinita vediamo illuminata
enormemente questa modalita relativa della persona.
Ogni uomo ha incominciato ad esistere come persona in
relazione con altri. Persona e comunione sona due aspetti
complementari e inseparabili. E un binomio sempre pre-
sente nella societa, sia familiare, sia nazionale, sia mon-
diale.
Allora quando diciamo «sociale» intendiamo sottolineare
un aspetto connaturale alla persona umana; pero non solo
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in astratto come verita filosofica, bens1 nel contesto storico
dell'attuale processo di socializzazione e che, percio, sfocia
nel tema della «solidarieta» tanto attuale nella cultura
emergente.
La solidarieta umana ha due livelli: c'e una solidarieta
creaturale, che la Bibbia ci presenta in Adamo. Noi nascia-
mo uomini, apparteniamo al genere umano; la fede indica
in noi una caratteristica che ci assicura questo legame e
che per disgrazia e negativa: si tratta del peccato originale.
Per noi basta nascere per avere questa solidarieta ferita,
che non riesce a costruirsi pienamente nel bene, perche al
di dentro del cuore c'e un disordine che fa nascere odi, di-
screpanze, conflitti... Basta guardare la storia umana e con-
siderare la nostra propria vita. Si e arrivati, lungo i secoli,
a costruire «strutture di peccato», ossia organizzazioni e
situazioni sociali ingiuste; esse procedono dall'incapacita
umana di escludere, nella costruzione della cultura e della
societa, il peccato.
Questo aspetto di solidarieta e importante, perche realisti-
co; quando parliamo, per esempio, di inculturazione ci rife-
riamo a un impegno lodevole; pero la cultura in cui ci si
vuole inserire ha dentro di se stessa anche il peccato; per-
cio l'inculturazione esige anche discernimento e purifica-
zione.
Il secondo livello e la solidarieta redenta, quella degli uo-
mini in Cristo, il quale e realmente il secondo Adamo, capo-
stipite della nuova umanita. Questa solidarieta, radicata
nell'anteriore, nasce da ognuno, persona per persona, attra-
verso la libera adesione della fede. Cio vuol dire che si en-
tra nella solidarieta di Cristo non semplicemente per la na-
scita, ma per un'ulteriore scelta libera e personale. Ogni
uomo e chiamato ad entrare in questa solidarieta redenta
che e l'espressione massima della solidarieta umana, per-
che e purificata e sostenuta dalla potenza divina, dall'amo-
re di Cristo, dalla carita: cos1 diviene capace di preoccu-
parsi degli altri, di vivere con gli altri, di servire gli altri,
di sacrificarsi per gli altri, di lavorare per gli altri come
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ha fatto Gesu Cristo: «amatevi, come Io ho amato voi»!
E una dimensione, questa della «solidarieta» al massimo
livello, che si colloca alla radice del sociale; e una dimen-
sione che aiuta a vedere «l'altro», il «prossimo»: e il pros-
simo e innanzitutto l'altro quando e nel bisogno.
Allora il «sociale» entra in una tematica molto cara al Van-
gelo: quella di considerare Dio creatore quale Padre di tut-
ti e noi tutti fratelli e sorelle. Quindi, nella fede cristiana
la solidarieta della Chiesa quale Corpo mistico di Cristo
comporta in tutti i fedeli un impegno concreto ed aggior-
nato per sviluppare la dimensione sociale della carita. Se
c'e una ragione per noi di dedicarci a praticare la Strenna,
la si incontra proprio nel nostro Battesimo, nella nostra
Professione religiosa, nella nostra sequela di Gesu Cristo:
una fede che ci fa pienamente solidali.
4. LA «CARITA» ISPIRA E MUOVE LA PRASSI CRISTIANA
NEL SOCIALE
La Strenna parła della dimensione sociale della «carita».
Evidentemente il termine «carita» non significa semplice-
mente elemosina o una qualche opera di rnisericordia (pur
tanto valide), bensi il vasto orizzonte operativo della fede
cristiana, secondo l'incisiva afferrnazione dell'apostolo Pao-
lo: «in Cristo Gesu conta solo la fede che agisce per mezzo
della carita» (Gal 5, 6), ossia per mezzo della messa in pra-
tica dell'amore di solidarieta redenta.
La prassi cristiana nel sociale non si identifica con un pro-
gramma politico o con il progetto storico di un partito. Di
per se e l'esercizio delle virtu cristiane sintetizzate nelle
beatitudini del Vangelo, soprattutto nella loro dimensione
sociale: la verita, il corretto uso della Iiberta , la giustizia,
la solidarieta, le esigenze etiche che provengono dal miste-
ra di Cristo. Il Vangelo non e una morale; ma dalla sua
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proclamazione dell'amore di carita procedono criteri etici
assai concreti.
La carita di cui parliamo e «il cuore del Vangelo e la via
maestra dell'evangelizzazione»; e il grande dano di Dio; e
il contenuto della verita nella rivelazione del Verbo: Dio e
carita, la Trinita e la sua origine e il sua modello; l'Eucari-
stia e il suo ineffabile sacramento; e il segno del Regno e
la norma di vita per il cristiano; e un amore gratuito e
creativo del bene che supera ogni misura (cf CEi: Evange-
lizzazione e Testimonianza della carita. Orientamenti pa-
storali dell'Episcopato italiano per gli anni '90).
Dunque, la solidarieta redenta e tutta permeata e animata
dalla carita, la quale sostenta il valore fondamentale della
«comunione» quale anima di tutta la vocazione del cristia-
nesimo. Essa permea, purifica e promuove le pluriformi
attivita della prassi cristiana nel sociale; fa evitare la ridu-
zione del cristianesimo a un moralismo e alla stesso tempo
fa superare il grave danno della separazione tra morale e
politica, quasi come se in politica (parte importante del
sociale) bastasse solo una prassi strategicamente indovi-
nata.
La teologia della carita, pero, mentre fa percepire l'origina-
lita e l'altezza della natura e della potenza dell'amore di
Dio in noi, non precisa per se stessa il contesto storico-so-
ciale e il come si deve applicare il comandamento supremo
del Vangelo. C'e bisogno di una mediazione che ne guidi
l'incarnazione esistenziale. Ecco allora che interviene !'o-
pera della Spirito Santo, che conduce a tutta la verita
quando assiste il Magistero della Chiesa nella sua missione
evangelizzatrice. Troviamo questa mediazione illuminante
nei principi e nei criteri orientativi della cosiddetta Dottri-
na sociale della Chiesa, che va illuminando e guidando tut-
to il settore della prassi cristiana nel sociale.
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5. LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
E un ricco patrimonio di illuminazione evangelica che gui-
da la condotta dei fedeli nel sociale in consonanza con le
esigenze dei tempi.
Il termine «Insegnamento sociale del Magistero» - che ab-
biamo usato all'inizio - sottolinea piuttosto l'aspetto sto-
rico ed evolutivo dell'intervento dei Pastori nelle situazio-
ni concrete del divenire. Si tratta di un insieme di docu-
menti, senza una preoccupazione sistematica, che rispon-
dono a urgenze sociali lungo i vari decenni di questi ultimi
100 anni. E un vero tesoro direttivo accumulatosi attraver-
so un processo induttivo-deduttivo di ottica evangelica.
Per indicare una certa organicita dei suoi contenuti si usa
piuttosto l'espressione Dottrina sociale della Chiesa. Essa
raccoglie i contenuti dell'Insegnamento sociale del Magi-
stero, li dispone e coordina in forma logica e li presenta in
un corpo organico di principi e di criteri per la prassi cri-
stiana nel sociale.
Nella Dottrina sociale della Chiesa troviamo la luce che ci
deve accompagnare nella nuova evangelizzazione. Cio esige
da noi una vera competenza in questa preziosa dottrina. Se
vogliamo evangelizzare oggi dobbiamo possedere e saper
trasmettere questa insegnamento sociale dei Pastori.
La Chiesa ha una sua lettura della storia umana. Infatti con
l'avvento del mistera di Cristo si e inserita nel tempo una
dimensione nuova ( «escatologica» !) che trascende la storia:
mentre procede in avanti orizzontalmente, si riferisce ver-
ticalmente al mistera di Cristo con cui discerne, giudica e
salva il processo umano.
Cosl il «tempo storico» (sociale, culturale e politico) non
si identifica ipso facto con il «tempo della Chiesa»; questo
coesiste con quello, ma fermentandolo. Ha una propria
natura metastorica - la «storia della salvezza» - che non
si confonde univocamente con la sola storia umana. La fede
della Chiesa ha una sua ottica originale; fa una lettura del
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nostro divenire in forma dialettica tra gli eventi sociopo-
litici e gli eventi di salvezza; Essa «vive nel mondo, ma
non e del mondo» (lettera a Diogneto).
Il tempo della Chiesa non e chiamato ad assorbire in se il
= tempo storico ( progetto di «cristianita»!, come e suc-
cesso in progetti teocratici), ma neppure deve lasciarsi as-
sorbire dal tempo storico ( = progressismo politicizzato!,
come progettano coloro che si appropriano alcuni aspet-
ti della fede cristiana per un discorso propriamente socio-
politico).
Il Magistero dei Pastori interviene con permanente sensi-
bilita verso le condizioni cambianti e dinamiche delle con-
giunture sociali, culturali e politiche. A tale scopo usa gli
apporti delle scienze sociali, fa ricorso alle analisi e ai dati
offerti seriamente da sociologi, economisti, politici; li
«usa», pero, nell'organicita di una visione di fede; non li
assume come scienza organica, collaterale e sostitutiva;
giudica tutto dall'ottica del mistero di Cristo con una pre-
occupazione essenzialmente evangelizzatrice; non pretende
mai di proporre un discorso «scientifico» del sociale e nep-
pure un progetto storico di tipo politico.
Dunque la Dottrina sociale della Chiesa non pretende di
essere un «progetto storico»; ossia, non e un programma
di politici o di economisti impegnati a risolvere la comples-
sa problematica della societa attuale. Non e una «terza via»
tra i progetti capitalistici e i progetti collettivistici. No, non
e una terza via. Ossia non si colloca al livello delle inter-
pretazioni delle scienze e tecniche sociologiche. Essa sugge-
risce principi e orizzonti. Critica le due vie che dominano
oggi il mondo. Propone nuove luci evangeliche. Di qui l'im-
portanza che operi, in politica, un laicato cristiano ben for-
mato in questa dottrina per saper proporre un qualche pro-
getto storico nuovo ed efficace.
La natura della Dottrina sociale della Chiesa e propriamen-
te «teologica», perche vincolata con la Parola di Dio. :e. la
fede che, scrutando il divenire <legli uomini, ne illumina le
novita e le urgenze con la verita della Parola di Dio. Pro-
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pone i grandi principi orientatori per la prassi cristiana
nel sociale: natura della persona e della societa; primato
del lavoro sul capitale; il destino universale dei beni creati;
il diritto di accesso alla proprieta e all'uso dei beni; i valori
della giustizia, della pace, dell'ecologia; i mezzi per evitare
i conflitti armati; la solidarieta a tutti i livelli; ecc. ecc.
E una mediazione tra il Vangelo e la realta concreta del di-
venire umano. Il Papa, nell'enciclica Sollicitudo rei socialis,
afferma chiaramente che tale dottrina «non e una terza via
tra capitalismo liberalista e collettivismo marxista, e nep-
pure una possibile alternativa per altre soluzioni meno ra-
dicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a
se. Non e neppure un'ideologia, ma l'accurata formulazione
dei risultati di un'attenta riflessione sulle complesse realta
dell'esistenza dell'uomo, nella societa e nel contesto inter-
nazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale.
Suo scopo principale e di interpretare tali realta, esaminan-
done la conformita o difformita con le linee dell'insegna-
mento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione terrena
e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comporta-
mento cristiano. Essa appartiene, percio, non al campo dell'
ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia
morale» (SRS 41).
6. IMPEGNO Dl APPROFONDIMENTO
E Dl SCELTA EDUCATIVA
Si tratta di avere competenza in questo ricco patrimonio
- ed io ho citato solo alcuni documenti piu universali, ma
se guardiamo alle varie Conferenze Episcopali, per esem-
pio in America Latina (Medellin, Puebla e presto la quarta
Conferenza episcopale di Santo Domingo), troviamo altri
documenti al riguardo; cos1 pure in Africa, <love l'Episco-
pato sta preparando un proprio Sinodo per il 1993; anche
altrove ci sono concreti orientamenti appropriati ai singoli
territori -. E importante conoscere questo ricco patrimo-
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2.9 Page 19

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nio del Magistero della Chiesa, soprattutto in relazione alla
situazione concreta in cui ci si trova a operare.
Ma questa esige una attenzione nuova, una formazione spe-
ciale, una sensibilita apostolicamente sociale, un'intelligen-
za sempre aperta. Vedete, i Papi, per scrivere un'enciclica
su questi temi, non si rinchiudono in una stanza con la
Summa di san Tommaso o le Opere di sant'Agostino... No.
Che cosa fanno? Chiamano laici competenti, di fama inter-
nazionale. Non che facciano fare a loro l'enciclica, ma dia-
logano sui differenti punti, chiedono pareri tecnici su
determinati settori; poi consultano ancora studiosi e pa-
stori competenti, ecc. E una riflessione lunga e responsa-
bile, accompagnata sempre da preghiera. Cio dimostra che
non basta la contemplazione dei principi astratti, ma che
bisogna studiare e analizzare la realta umana contempora-
nea alla luce del Vangelo.
Non basta, come si vede, la sola luce del Vangelo. Anche
noi, nel nostro piccolo, abbiamo vista negli ultimi Capitoli
generali che per educare alla fede bisogna sapere come sano
i ragazzi, le ragazze, qual e il contesto, quali sona le sfide
che presentano... E tale metodo realistko diviene evidente-
mente assai piu esigente nella considerazione della dimen-
sione sociale della carita. Nel testo capitolare di noi Sale-
siani c'e un Jungo paragrafo proprio su questa tema: e sta-
to scelto come uno dei nodi dell'educazione dei giovani
alla fede. Ebbene, in quel testo si riconosce che certi ambiti
importanti dell'educazione alla dimensione sociale della
carita sono «da noi un po' trascurati e disconosciuti». Bi-
sognera, dunque, impegnarsi nel conoscere, nell'approfon-
dire, cos1 come ce lo richiede la Strenna.
Dunque, che cosa richiede il verbo «approfondire»?
• Conoscenza dei principi fondamentali sulla «persona»,
sulla «societa», sul «Bene comune».
Visione aggiornata della complessa realta sociopolitica.
Noi non dobbiamo studiare come politici ma come edu-
catori, pero dobbiamo avere competenza, non possiarno
vivere sulla luna.
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2.10 Page 20

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• Discernimento per evitare l'influsso di varie mode ideo-
logiche. Non dobbiamo essere ingenui e divenire strumen-
ti in mano <legli ideologi di destra o di sinistra."
• Chiarezza circa la pluralita dei differenti impegni voca-
zionali. Noi per esempio dobbiamo saper distinguere il
nostro impegno da quello dei nostri laici, per non attri-
buirci ruoli propri della loro vocazione.
• L'incorporazione di questo tema, in forma esplicita e
programmata, nei programmi di evangelizzazione e di
educazione delle nostre presenze.
• Infine, richiede esercizi concreti di solidarieta, come
espressione pratica dell'esercizio della carita, partendo
sempre - ci dicono i documenti della Chiesa - dall'op-
zione preferenziale per i piu bisognosi: i piccoli e i po-
veri. In questo ambito vale la pena ricordare l'attivita
del Volontariato nelle sue varie espressioni.
Ma oltre la competenza dottrinale nell'«approfondire», dob-
biamo impegnarci seriamente nel testimoniare operativa-
mente la nostra scelta educativa. Sappiamo che don Bosco
e stato definito un santo «sociale», insieme a san Giuseppe
Benedetto Cottolengo e a san Leonardo Murialdo: i tre
santi sociali di Torino.
Perche «sociale»? Perche ha svolto una missione tipicamen-
te rivolta al rinnovamento stesso della societa. Nel proe-
mio al primo abbozzo delle sue Costituzioni afferma appun-
to che i tempi sano molto tristi ed e urgente rinnovare la
societa con l'educazione di nuove generazioni di onesti cit-
tadini.
Aveva chiara coscienza di dover realizzare una missione
«sociale» tra i giovani piu bis;gnosi. E scelse - ecco il pun-
to da «testimoniare» -
· ' di dedizione, ossia con
tutte le forze e a tempo pieno e a piena esistenza, a via
dell'educazionę. Se noi critichiamo un magistrato che fa
piu politica che giustizia, cosi dovremmo criticare un Sa-
lesiano che nel sociale facesse piu ideologia che educazione.
Noi siamo chiamati al sociale attraverso la via dell'educa-
zione. E una vocazione con un'identita precisa; di piu: con
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3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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una metodologia appropriata - Sistema preventivo - e
con un chiaro senso della delimitazione dei suoi confini.
Conosciamo orma1 con chlarezza i contenuti dell'identita di
questa nostra scelta ripensata dopo il Vaticano II. La riela-
borazione delle nostre Costituzioni ci ha fatto ripensare
anche la dimensione educativa della carita. Per questo oggi
possiamo proiettare la luce del carisma di don Bosco sui
temi generatori che abbiamo ricordato prima: lavoro, poli-
tica, cultura, comunicazione, collaborazione ecclesiale:-si-
tuandoci chiaramente nel campo educativo-pastorale della
nostra specifica missione. Ci serve per far vedere che, men-
tre procediamo nei cambiamenti, dobbiamo saper dimo-
strare che rimaniamo identici, anzi che cresciamo, nel ca-
risma di don Bosco.
C'e una bella frase del cardinale Newmann (geniale pensa-
tore dei valori della Tradizione cristiana e della sua pro-
gressiva crescita nel tempo): la verita della nostra identita
cristiana vive nella Tradizione, «essendo sempre identica
nel suo sviluppo e sempre in sviluppo nella sua identita».
Non e un gioco di parole. Essere identica nello sviluppo
vuol dire fedelta piena alle origini, ed essere sempre in svi-
luppo nell'identita vuol dire progresso omogeneo. La fedel-
ta non e un'osservanza passiva, ma e un impegno creativo
per fare cio che farebbe il Fondatore oggi e qui. Il fatto di
essere portatori di un carisma esclude ogni sonnolenza.
Guardiamo allora ai cinque temi generatori sopra indicati.
Lo facciamo brevemente come orientamento di ulteriori ri-
flessioni piu approfondite per un rinnovamento che cresca
nell'omogeneita.
- Il lavoro. Noi dobbiamo prendere molto piu a cuore il
mondo del lavoro, la gente del mondo del lavoro, le scuole
professionali che sono una caratteristica della nostra vo-
cazione.
Giovanni Paolo II ci ha fatto riflettere, nell'enciclica Labo-
rem exercens, sull'attuale problematica del mondo del la-
voro, distinguendo i due versanti del «lavoro oggettivo» e
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3.2 Page 22

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del «lavoro soggettivo». La nostra scelta educativa ci col-
loca soprattutto nel secondo versante per collaborare alla
edificazione di una «cultura del lavoro».
Noi dovremo impegnarci meglio, per esempio, nelle scuole
professionali. Dai tempi di don Bosco ad oggi c'e una tra-
sformazione sostanziale al riguardo. Evangelizzare gli ap-
prendisti ed introdurre nel mondo del lavoro nuovi gruppi
di lavoratori veramente cristiani, che conoscano la dottrina
sociale della Chiesa, che impegnino la fede nel loro stesso
mestiere, che non si lascino travolgere da mode ideologiche
ed egoistiche, che siano aperti alla solidarieta del Bene
comune, ecc., non e compito facile. C'e da ripensare con
coraggio e intelligenza tutto il modo di realizzare, in vista
del mondo del lavoro, l'educazione alla fede.
- Il secondo tema generatore era la politica. Ormai e chia-
ro che ci sono due livelli nella politica: il livello del Bene
comune (la Politica con P maiuscola) che e un dovere di
tutti i cittadini; e c'e un livello di progetto storico per l'e-
sercizio del potere che si esprime di solito attraverso le
attivita dei partiti politici. Tutti e due i livelli sono in se
buoni e indispensabili. Pero con una differenza: il pri-
mo livello e di tutti, e nessuno puo sottrarvisi; il secondo
e un ruolo proprio dei laici che si sentono chiamati a im-
pegnarsi. Oggi, in una societa democratica, bisogna che
tutti i cittadini, per essere «onesti», abbiano una sufficien-
te competenza nella politica del Bene comune e nella cono-
scenza del ruolo di servizio proprio dell'esercizio del potere.
Il concetto di politica ha fatto, come abbiamo gia indicato,
enormi progressi dai tempi di don Bosco ad oggi. Il Capi-
tolo generale speciale di noi Salesiani ne ha trattato bre-
vemente ma con sufficiente chiarezza (cf ACGS, L'impe-
gno dei Salesiani per la giustizia nel mondo - n. 67 ss).
Riguardo al livello della politica come esercizio del patere,
dobbiamo anche avere competenza dottrinale etica, non per
partecipare alla vita dei partiti, ma per educare i laici (e i
nostri giovani Io sono) a sapersi impegnare cristianamente.
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3.3 Page 23

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Non educhiamo per nessun partito; lo facciamo perche la
fede cristiana sia la luce e lo stimolo per la formazione dell'
«onesto cittadino». Il Papa insiste molto circa la prepara-
zione dei laici in questo campo.
- Terzo tema: la cultura. Noi consideriamo la cultura co-
me la patria della nostra missione. L'educazione, infatti, e
parte fondante in ogni cultura. Se vogliamo che tutto il
popolo abbia una cultura, e necessario che ci sia un pro-
cesso educativo (iniziale e permanente) che ne assicuri la
qualita e Io sviluppo.
Non ci e lecito mai dimenticare che don Bosco ha scelto
questa via per la nostra missione. Percio il tipo di iniziative
che ci allontana dall'ambito educativo culturale rimane per
noi sospetto e puo essere vocazionalmente deviante. Il fatto
che il concetto di cultura ha realizzato, dal secolo scorso
ad oggi, una svolta antropologica, dovrebbe farci assumere
con maggior responsabilita l'aspetto di missione anche «po-
polare» proprio del carisma di don Bosco.
- Quarto tema: la comunicazione sociale. In questo campo
le nostre due Congregazioni hanno istituito, a livello di go-
vemo mondiale, un apposito dicastero per animare e orien-
tare le comunita; all'UPS si e fondato un Istituto Superiore
di formazione al riguardo. Speriamo di poter progredire se-
condo le esigenze dei tempi. Seguendo il criterio oratoriano
urge sviluppare di piu la nostra capacita educativa del tem-
po libero. Ci sono, oltre agli attuali mezzi di comunicazione
sociale, tante altre iniziative che forse abbiamo lasciato un
po' perdere: la musica, il teatro, Io sport, il turismo, ecc.
Ma poi, ricordando anche qui la dimensione popolare della
missione salesiana che ha spinto don Bosco a impegnarsi a
fondo nella buona stampa, a scrivere ed editare le Letture
cattoliche, a comunicare con il popolo attraverso attraenti
iniziative, e allo stesso tempo pensando alle possibilita che
offrono gli attuali mass-media, c'e da dire che si apre tutta
una vasta frontiera per la nostra attivita educativa, giova-
nile e popolare.
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3.4 Page 24

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Ecco: se don Bosco ai suoi tempi si era gia impegnato au-
dacemente cosi da voler essere all'avanguardia del progres-
so in questo campo, quanto piu ci dovremmo sentire stimo-
lati a impegnarci e ad evitare di rinchiuderci in un solo
settore di opere educative.
Qui bisogna dire che dobbiamo svegliarci bene, saper esse-
re \\:reativi, sentire vivamente il problema e saper collabo-
rare con la Chiesa locale che magari ha gia delle iniziative
al riguardo.
- Infine: la corresponsabilita ecclesiale. Il Concilio ci ha
fatto approfondire il mistero della Chiesa come comunione
e partecipazione attiva. Mi sembra che in questa ambito
forse siamo avanzati abbastanza, nel senso che abbiamo
preso gia in considerazione il territorio e la Chiesa locale,
anche se rimane ancor molto da fare per applicare dovuta-
mente il famoso documento Mutuae relationes. Da parte
nostra dobbiamo cercare di presentarci come autentico
«carisma» ecclesiale, ossia come «dono» del Signore e della
Madonna alla Chiesa (universale e locale) e non apparire
mai come un ghetto o un freno.
Dunque: anche considerando solo i cinque temi generatori,
percepiamo con evidenza un vasto orizzonte di novita d'im-
pegno per la nostra missione in ordine a tradurre in prati-
ca la dimensione sociale della carita.
7. INIZIATIVE DA INCREMENTARE
La Sollicitudo rei socialis, al n. 47, ha una frase che ci fa
meditare. Dice che dobbiamo prepararci per rispondere
alla «tremenda sfida dell'ultima decade del secondo mil-
lennio»!
Io credo che, realmente, il tempo che stiamo vivendo e un'
ora strategica per la Chiesa, per il Vangelo, per la Fede. La
fede non esiste in se, esiste nei credenti: dobbiamo saper
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3.5 Page 25

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formare dei credenti: ma dei credenti che sappiano testi-
moniare la dimensione sociale della carita. A tal fine mi
pare utile suggerire alcune iniziative da incrementare. Mi
fermo su poche, di particolare incisivita.
a. La prima iniziativa importante e la formazione perma-
nente dei membri della nostra Famiglia. Formazione per-
manente che mette in luce questi aspetti. I Capitoli gene-
rali del postconcilio ci danno vari orientamenti su questo
tema.
Lo dobbiamo fare secondo il genuino spirito di don Bosco.
Nelle Costituzioni degli SDB c'e un articolo che vi voglio
leggere. Il nostro Fondatore nel redigere le Costituzioni
aveva messo un articolo sulla politica. Non glielo hanno
approvato. Ha corretto qualche parnia e Io ha messo di
nuovo. Non glielo hanno approvato. Ha fatto finta di nien-
te e Io ha messo di nuovo e allora gli hanno detto: «E. la
terza volta che le diciamo di no!».
Non ha potuto inserirlo, pur essendo convinto che il saper
«dare a Cesare quello che e di Cesare e a Dio quello che e
di Dio» e uno degli aspetti piu importanti nella condotta
apostolica.
Per noi, invece, nella rielaborazione postconciliare, non e
stato difficile inserire un articolo sul tema, anzi, nell'ap-
provazione da parte della Sede Apostolica, proprio questo
articolo e stato particolarmente lodato dai periti consultori.
Come sono cambiati i tempi! Allora c'era anche di mezzo la
difesa degli Stati pontifici e i consultori pensavano che era
necessario partecipare attivamente in un impegno di poli-
tica concreta e di potere. Adesso, con i cambiamenti soprav-
venuti, le idee di don Bosco sono state codificate persino
nel nuovo Diritto Canonico per tutti i preti e i religiosi.
Dunque: ecco l'importante articolo 33, che deve illuminare
la nostra formazione permanente:
«Don Bosco ha visto con chiarezza la portata sociale della
sua opera.
Lavoriamo in ambienti popolari e per i giovani poveri. Li
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3.6 Page 26

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educhiamo alle responsabilita marali, professionali e sociali,
collaborando con loro, e contribuiamo alla promozione del
gruppo e dell'ambiente.
Partecipiamo in qualita di religiosi alla testimonianza e all'
impegno della Chiesa per la giustizia e la pace. Rimanendo
indipendenti da ogni ideologia e politica di partito, rifiutia-
mo tutto cio che favorisce la miseria, l'ingiustizia e la vio-
lenza, e cooperiamo con quanti costruiscono una societa piu
degna dell'uomo.
La promozione, a cui ci dedichiamo in spirito evangelico,
realizza l'amore liberatore di Cristo e costituisce un segno
della presenza del Regno di Dio».
Dovremmo saper tradurre in pratica lo spirito contenuto
in questo articolo secondo il principio del Card. Newmann
che afferma sia l'identita nello sviluppo e sia lo sviluppo
nell'identita.
b. Un'altra iniziativa e la formazione dei laici della nostra
Famiglia. Penso che dobbiamo muoverci per organizzare in-
sieme qualcosa di positivo e nuovo; in particolare devono
mettersi d'accordo le Ispettorie, giacche tali iniziative sono
legate al territorio. Sarebbe opportuno che per i nostri lai-
ci nascessero valide «scuole di formazione sociale cristia-
na». Le Chiese !ocali ci stanno <lando un esempio al riguar-
do; anche altri Istituti religiosi si sono lanciati con sacrifi-
cio e competenza.
A questo si dovrebbe aggiungere una maggior presenza
educativa e popolare nella comunicazione sociale. Noi ab-
biamo persone preparate, abbiamo Facolta di Scienze dell'
educazione, abbiamo un Istituto superiore per la Comuni-
cazione sociale, potremmo quindi renderci piu qualitativa-
mente e quantitativamente presenti in quest'ambito for-
mativo.
Inoltre e da incrementare il volontariato nazionale e inter-
nazionale (di giovani e di adulti) per concrete iniziative di
solidarieta.
c. L'impegno di educare i nostri giovani a saper partecipa-
re cristianamente alle responsabilita politiche. Nel docu-
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3.7 Page 27

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mento del CG23 (SDB) c'e un paragrafo che si riferisce a
questa aspetto e che riconosce che, tra noi, «quest'ambito
e un po' trascurato e disconosciuto» (CG23, n. 214).
La cosiddetta politica del Pater noster e realistica e con-
creta; soprattutto e fedele e attenta agli insegnamenti del
Papa. Se ci fosse don Bosco ora, prenderebbe molto sul
serio le affermazioni della Christifideles laici, che e una
Esortazione scritta per tutti i fedeli (e quindi anche per
noi) sebbene tratti specificamente dei laici; d'altra parte
tutti i nostri giovani sano laici e noi vogliamo educarli a
una fede impegnata.
Il Santo Padre enumera, nel documento, ben otto nuove
frontiere che ci sfidano: la dignita della persona, il diritto
alla vita, la liberta religiosa, la famiglia, la solidarieta, la
politica, l'economia, la cultura (cf Cap. III ChL).
In particolare insiste che «per animare cristianamente l'or-
dine temporale, nel senso di servire la persona e la societa,
i fedeli laici non possano affatto abdicare alla partecipa-
zione politica (quindi i nostri ragazzi e le vostre ragazze
non possano prescindere dal prepararvisi), ossia alla mol-
teplice e varia azione economica, sociale, legislativa, ammi-
nistrativa e culturale, destinata a promuovere organicamen-
te e istituzionalmente il Bene comune... Tutti e ciascuno
hanno diritto e dovere di partecipare alla politica, sia pure
con diversita e complementarita di forme, livelli, compiti
e responsabilita... L'opinione non poco diffusa che la poli-
tica sia un luogo di necessario pericolo morale non giusti-
fica minimamente ne lo scetticismo ne l'assenteismo dei
cristiani per la cosa pubblica. I fedeli laici devono promuo-
vere un'opera educativa capillare destinata a sconfiggere
l'imperante cultura dell'egoismo, dell'odio, della vendetta
e dell'inimicizia e a sviluppare la cultura della solidarieta
ad ogni livello» (ChL 42).
d. Infine, una iniziativa per noi particolarmente urgente e
l'opera di mentalizzazione o coscientizzazione dei cittadini
circa il delicato problema sociale della «scuola». Sentite
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3.8 Page 28

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quanto afferma con chiarezza un paragrafo dell'Istruzione
Libertatis conscientia (marzo 1986); «Il compito educativo
appartiene fondamentalmente e prioritariamente alla fami-
glia. La funzione delio stato e sussidiaria: il suo ruolo con-
siste nel garantire, proteggere, promuovere e supplire.
Quando Io Stato rivendica a se il monopolio scolastico, ol-
trepassa i suoi diritti e offende la giustizia. Ai genitori spet-
ta il diritto di scegliere la scuola a cui mandare i propri
figli, e di creare e sostenere centri educativi in sintonia
con le loro proprie convinzioni. Lo Stato non puo, senza
commettere un'ingiustizia, accontentarsi di tollerare le
scuole cosiddette private. Queste rendono un servizio pub-
blico e, di conseguenza, hanno il diritto di essere aiutate
economicamente» (LC 94) .
Ci si lamenta giustamente di certi anacronismi antidemo-
cratici nell'ambito della scuola, ma per correre ai ripari
urge formare le coscienze e muovere i genitori, gli educa-
tori, i politici, i pastori, l'opinione pubblica dei cittadini e
gli stessi allievi delle scuole ad avere competenza democra-
tica nell'ambito fondamentale dei diritti culturali del citta-
dino. Non basta lamentarsi; urge promuovere un movimen-
to di opinione concreto e influente.
- Ma e ora di concludere.
La Strenna e impegnativa e porta il compito di evangelizza-
zione a un campo non molto esplorato e non facile da per-
correre senza incidenti.
Perche la possiamo praticare camminando fedelmente per
la via dell'educazione (secondo la missione specifica di don
Bosco seguita attentamente da madre Mazzarello) dobbia-
mo rafforzare in noi la spiritualita salesiana, quella del da
mihi animas (su cui insistono tanto le Costituzioni delle
FMA).
Il recente documento della CEi: Evangelizzazione e testi-
monianza della carita. Orientamenti pastorali dell'Episco-
pato italiano per gli anni '90, nella sua ultima parte sotto-
linea tre vie da percorrere.
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La prima: educare i giovani al Vangelo della carita (quella
del mistera di Cristo);
la seconda: servire i poveri nel contesto di una cultura del-
la solidarieta;
la terza: curare la presenza responsabile dei cristiani nel
sociale.
E. una direttiva che deve guidare ben dieci anni di respon-
sabilita evangelizzatrice. Il segreto per riuscirvi e la spiri-
tualita dell'amore cristiano (la teologia della carita), che
per noi e quella carita pastorale che muove tutto lo spirito
di don Bosco. Egli e stato un prete originale, e noi dobbia-
mo seguirlo con fedelta dinamica.
La spiritualita salesiana e tutta permeata di speranza, an-
corata nella devozione a Maria Ausiliatrice, solerte «Madre
della santa speranza». La sua acuta e coraggiosa psicologia
e ben sintetizzata nel cantica del Magnificat. Come Lei, an-
che noi siamo piccoli e deboli; ma non siamo soli; ci sor-
regge la potenza della Spirito Santo: «grandi cose ha fatto
in me Colui che e potente».
Con Maria contempliamo tutto il percorso della storia co-
me una crescita vittoriosa del bene. La gente e abituata a
vedere il małe, le ingiustizie, le guerre; non e attenta a per-
cepire la crescita del bene, l'evoluzione (anche se lenta)
delle grandi convinzioni sociali; l'umanita attraverso i se-
coli ha maturato; anche coloro che non credono in Gesu
Cristo hanno assimilato tante idee che provengono dal
Vangelo.
Allora la speranza del Magnificat deve renderci coraggiosi,
ottimisti e costanti.
Pero, senza spiritualita salesiana viva e convinta, l'impe-
gno sociale suggerito dalla Strenna potrebbe anche allon-
tanarci (con una certa facilita) dalla nostra missione. Inve-
ce l'educazione dei giovani alla dimensione sociale della
carita «deve essere espressione del proprio incontro con
Cristo. Di qui l'importanza dell'ascolto e dell'adesione pro-
fonda alla Parała di Dio e della preghiera, attraverso cui i
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3.10 Page 30

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giovani si avviano alla costruzione di se, prima che <legli
altri, ed evitano il pericolo dell'attivismo e dell'efficienti-
smo. E la forte radicazione nell'insegnamento sociale della
Chiesa <lara loro luce per orientare la propria azione verso
mete e secondo modalita ispirate dall'amore cristiano»
(CG23, n. 213).
Auguri per tutto il 1991!
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