Strenna_1989_it


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Strenna 1989
Le speranze suscitate
dal ('('Don Bosco '88„
ci sollecitano a intensi.ficare
una rinnovata pastorale
per le vocazioni

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Strenna 1989
Commento del Rettor Maggiore don E. Vigano
Le speranze suscitate
dal ~Don Bosco '88„
ci sollecitano a intensificare
una rinnovata pastorale
per le vocazioni
Roma, Casa Generalizia FMA - 31 dicembre 1988

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Stampato in propńo - Roma, FMA 1989

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Sono qui, come tutti i 31 dicembre, per commentare la
Strenna del nuovo anno:
LE SPERANZE SUSCITATE DAL "DON BOSCO '88"
CI SOLLECITANO A INTENSIFICARE
UNA RINNOVATA PASTORALE PER LE VOCAZIONI
E una Strenna che non richiede tanto di essere spiegata,
quanto di venire applicata.
1. UN APPELLO
La Strenna e lanciata quale appello a tutta la Famiglia Sa-
lesiana: non e solo specifica per un Istituto o per un Grup-
po. Dobbiamo saperla approfondire a favore di tutta la Fa-
miglia.
E legata, nella stessa formulazione, all'Anno Centenario.
Richiama infatti "le speranze suscitate dal Don Bosco '88".
Il 1988 e stato un anno straordinario di grazie, di ripensa-
mento, di chiarificazione della nostra vocazione, di entu-
siasmo, di prospettive nuove nel costatare l'importanza che
don Bosco ha nella vita della Chiesa e nella simpatia dei
popoli, soprattutto della gioventu. Benedetto il Signore!
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Come nel programmare le celebrazioni centenarie ci siamo
preoccupati di non fare trionfalismo, cosl adesso non vo-
gliamo che le celebrazioni centenarie rimangano come una
semplice nostalgia di ieri: un ricordo gratificante. Per noi
e stato un risveglio di fedelta. E la prima fedelta e far sl
che l'eredita di don Bosco continui, sia viva, cresca in qua-
lita e in numero; infatti i destinatari della sua missione di-
lagano continuamente.
Noi ricordiamo con desiderio di profezia la funzione a cui
abbiamo partecipato 1'8 settembre nella Basilica di Maria
Ausiliatrice a Valdocco. Quei 126 giovani SDB e FMA,
emettendo la loro professione perpetua, hanno proclamato
al mondo che quella salesiana e una vocazione ancora attua-
le da portare avanti verso il terzo millennio.
E importante sottolineare questo riferimento al Centena-
rio quale proposito di prolungamento delle grazie ricevute.
2. «LE SPERANZE SUSCITATE»
Ognuno avra cercato di individuare, guardando all'anno tra-
scorso, molte speranze. Qui, anche senza tentare un bilancio
esaustivo, possiamo indicarne alcune.
2.1 L'interiorita apostolica
Una delle realta piu impattanti, apparsa con evidenza, e il
tipo di santita vissuta da don Bosco.
La lettera che ci ha scritto il Papa il 31 gennaio scorso ci
propone la sua santita come il segreto che e alla radice dei
molteplici aspetti della sua grandezza. E una santita pecu-
liare, contemplativa e operativa, una profondita mistica che
Io porta a vivere l'estasi dell'azione, una unione con Dio che
Io dona continuamente ai giovani.
Abbiamo cercato di approfondire questo segreto intimo,
che e la "scintilla prima" del suo carisma: quella grazia di
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unita che sgorga da una carita pastorale che unisce insepa-
rabilmente Dio e il prossimo. Mai Dio senza il prossimo,
mai il prossimo senza Dio. Don Bosco la esprimeva con il
motto da mihi animas.
A me e toccato proporla a Ispettori, Consiglieri e Direttori
in ben tre corsi di Esercizi (nei vari Continenti) quale inte-
riorita apostolica della Famiglia Salesiana.
2.2 li senso ecclesiale
C'e un fatto che ha superato tutto cio che noi potevamo pro-
grammare: non solo come don Bosco amo la Chiesa, ma an-
che come la Chiesa arna don Bosco.
Il Papa (la sua lettera e il suo pellegrinaggio a Torino), tan-
ti Cardinali, Vescovi, Parroci - anche di diocesi e parroc-
chie <love noi non siamo presenti - hanno scritto su don
Bosco e Io hanno celebrato, portandogli anche molti giovani
e fedeli in pellegrinaggio al "sepolcro", come si <lice, del
Santo: un tesoro che non e proprieta privata della nostra
Famiglia, ma che appartiene a tutta la Chiesa. Cio ha sotto-
lineato il senso ecclesiale della nostra vocazione.
Si tratta di ripensare l'eredita come un grande clono che lo
Spirito ha fatto a tutto il Popolo di Dio. Quindi siamo invi-
tati ad aumentare il nostro senso di Chiesa, di quella parti-
colare e di quella universale, facendolo consistere in una
partecipazione attiva.
2.3 La metodologia della bonta
Don Bosco ha permeato la sua operativita con un criterio
pedagogico-pastorale, che lui ha chiamato "Sistema Preven-
tivo" e che possiamo riassumere e concentrare nel termine
"banta".
Nella lettera Iuvenum patris Giovanni Paolo II ne ha spie-
gato autorevolmente la criteriologia, presentando il nostro
Padre e Fondatore come «un maestro per l'educazione».
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Ci dobbiamo quindi sentire portatori di una metodologia
pastorale impregnata di ragione, religione e amorevolezza.
:e. una metodologia di attualita.
2.4 La spiritualita giovanile
Nelle celebrazioni centenarie abbiamo toccato con mano
che la gioventu di oggi desidera da noi profondita spiritua-
le, stimoli di Vangelo.
Pensate al Confronto DB '88 di agosto a Torino. Chi vi ha
partecipato e rimasto meravigliato di questa ansia: una ve-
ra sete di grandi ideali; un risveglio di trascendenza; una
ricerca del mistera di Cristo; una richiesta di nuova evan-
gelizzazione; una rinascita delle energie battesimali. Mani-
festazioni gioiose impastate di densita evangelica: "giovani
nella Chiesa per il mondo"!
Non si contentano pii1 della superficialita dell'effimero. Ci
pensano specialisti del mistera di Cristo.
2.5 La Famiglia Salesiana
Abbiamo fatto insieme (i vari Gruppi della Famiglia) delle
case che hanno lasciato tanti a bocca aperta. Non solo a
Torino, ma ovunque. Io ho visto, girando il mondo, delle
meraviglie che dovrebbero essere considerate da noi come
una lezione.
Don Bosco ha lasciato la sua eredita non solo a uno o due
Gruppi, ma a tutta una grande Famiglia. Dobbiamo lanciar-
ci di piu avanti, insieme. Dare piu spazio concreto alla no-
stra mutua comunione e collaborazione. Ecco una stimolan-
te speranza, suscitata e collauda ta da questa Centenario.
2.6 L'urgenza di un "Progetto Laici"
Cooperatori e Cooperatrici, Exallievi ed Exallieve, Amici,
Collaboratori, fedeli laici ammiratori si sono mossi in for-
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ma straordinaria e imprevedibile intorno a don Bosco, con
tante iniziative di tipo sociale ed ecclesiale. Sperimentano
una cordiale sintonia con lo spirito caratteristico del suo
cuore apostolico. E come se ne richiedessero con grande
clamore un rilancio nell'ambito del laicato.
Io considero questo come una provvidenziale interpellanza
per tutti noi. Dopo il "Progetto Africa" dovremo pensare
con urgenza a un "Progetto Laici"! E un compito importan-
te. Stiamo aspettando in proposito la lettera apostolica del
Santo Padre sull'ultimo Sinodo, circa la vocazione e missio-
ne dei fedeli laici.
2.7 La generosita missionaria
Don Bosco e stato celebrato con entusiasmo nelle numerose
nostre missioni. Io ho potuto visitarne alcune. E un'espe-
rienza che commuove, forse piu bella ancora delle celebra-
zioni grandiose che abbiamo visto a Torino e ai Becchi.
In questi anni e cresciuta enormemente, nella Famiglia, la
generosita missionaria. E una dimostrazione di fedelta e di
vitalita: il coraggio, l'audacia, il sacrificio, l'adattamento, la
ricerca, l'universalita, l'inculturazione, !'amore a tutti i po-
pali, specialmente ai piu bisognosi. Proprio come faceva
don Bosco che inviava forze preziose, piu preoccupato di
favorire l'avvento del Regno che di consolidare e perfezio-
nare le opere di casa.
Senza questo suo ardore missionario, che cosa saremmo noi
oggi? Anche questa e una delle prospettive di futuro.
Ecco alcune delle «speranze suscitate» dal Centenario; voi
ne potete pensare altre. E su queste speranze del Don Bo-
sco '88 che siamo chiamati a vivere la Strenna. Sono stimoli
provvidenziali che ci devono spingere a un rinnovato impe-
gno vocazionale.
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3. «Cl SOLLECITANO A INTENSIFICARE...»
Il problema delle vocazioni Io abbiamo sempre avuto pre-
sente e possiamo anche affermare che abbiamo cercato di
viverlo. Pero dobbiamo aggiungere che ora ci troviamo (al-
meno in vaste zone) in una situazione socio-culturale inedi-
ta, con una crisi specifica della famiglia e delle vocazioni,
tra una gioventu in condizioni di particolari difficolta per
gli ideali evangelici e con un pluralismo che relativizza l'ur-
genza vocazionale.
Urge dunque ripensare le cose. Non perche abbiamo saputo
coltivare le vocazioni si puo tralasciare di ripensarne la pa-
storale. Anzi, forse proprio perche Io abbiamo gia fatto e
magari ci siamo abituati ad una metodologia ispirata ad al-
tre situazioni culturali, dobbiamo riconsiderare a fondo il
tutto, in relazione alle circostanze nuove, alle sfide emer-
genti.
Che cosa fare? Bisogna riunirsi, bisogna studiare e fare
esperienze. Quando in una situazione non disponiamo di
progetti precisi e brancoliamo un po' nella ricerca, che cosa
bisogna fare? Non c'e un mago con una formula prodigiosa.
Bisogna riunire le persone piu responsabili, piu sagge e con-
siderare i dati, discutere, conoscere le esperienze altrui, fare
prove, progettare, rivedere e procedere con intelligenti ini-
ziative sullo stile di don Bosco.
Siccome non possiamo prescindere dalla pastorale vocazio-
nale, di fronte a un problema provocato non dalla nostra
cattiva volonta ma dalla situazione evolutiva della societa,
noi abbiamo il sacrosanto obbligo, senz'altro prioritario, di
rivedere il nostro impegno per le vocazioni.
Questo non e un problema solo dei Superiori e dei loro
Consigli; e un accorato appello assolutamente per tutti i
membri della nostra Famiglia: uno per uno.
Ognuno di noi deve assumerne la responsabilita. Ho detto
"deve", perche forma parte della propria testimonianza e
fedelta salesiana.
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Ho sentito talvolta dire da qualcuno di stimarsi felice per la
sua vocazione, di considerare chi lo ha portato a vivere
questa vocazione come il piu grande benefattore della sua
esistenza; che se dovesse nascere di nuovo, di nuovo si met-
terebbe per questa via, perche gli riempie l'esistenza di sen-
so e gli da la gioia di amare, di servire, di essere utile agli
altri: bello!, soprattutto se lo si paragona con la vuotaggi-
ne di vita in tanti odierni rincorritori di farfalle.
Bisogna che ognuno manifesti una simile convinzione.
Bonum est diffusivum sui (il bene in se stesso ha la forza
di comunicarsi).
Se ognuno di noi e convinto della bellezza della sua voca-
zione, deve farlo vedere con la gioia e con la soddisfazione
della sua vita quotidiana.
In questo momento di trapasso culturale si sono sentite a
volte da preti, da religiose e da religiosi in crisi, delle frasi
che fanno paura: «Non voglio che altri siano infelici come
lo sono io». Basta ricordare tante uscite che non si giustifi-
cano da un punto di vista di autenticita cristiana.
Sara conveniente pensare a riunioni di verifica e di proget-
tazione, magari a congressi, non solo di una Ispettoria, ma
tra varie Ispettorie piu o meno omogenee, o di una stessa
regione o nazione. Il punto sta nell'essere convinti che non
si pub applicare questa Strenna senza prendere delle inizia-
tive veramente nuove.
So che gli Ispettori d'Italia avranno nel prossimo mese di
agosto un Convegno Nazionale a Frascati su questo argo-
mento. Mi congratulo con loro: non andranno a ripetere
la dottrina generale della vocazione, ma a studiare le stati-
stiche, i fenomeni, i metodi usati, quali sono piu o meno
efficaci, ecc.
C'e poi un aspetto che oltrepassa i limiti dei nostri Gruppi:
e tutta la Chiesa ad essere impegnata nell'urgente compito
vocazionale. L'ecclesiologia di comunione del Concilio Va-
ticano II e il documento Mutuae relationes hanno precisato
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l'importanza di lavorare insieme, tutti i membri della Chie-
sa locale, in questa campo. Non e facile! Pero bisogna esse-
re disposti ad intervenire ed aiutare: non scappare via ma
collaborare.
4. «UNA RINNOVATA PASTORALE VOCAZIONALE»
Innanzi tutto, se il lavoro per le vocazioni e un impegno pa-
storale, vorra dire, per noi, che e un aspetto intrinseco alla
stessa pastorale giovanile; non e qualcosa di differente, di
separato o parallelo. Non c'e pastorale giovanile vera senza
dimensione vocazionale.
Allora, sara necessario elevare la qualita pastorale di tutte
le nostre presenze e attivita. Ecco il grande appello!
Tanti documenti ci aiutano. L'altra sera nell'assemblea della
FIDAE hanno insistito sull'importanza del recente documen-
to della Congregazione per l'Educazione Cattolica: La di-
mensione religiosa dell'educazione nella Scuola cattolica.
Lo sappiamo applicare nelle nostre scuole?
La qualita pastorale nell'educazione sara una delle preoc-
cupazioni prioritarie del nostro rinnovamento. Questa qua-
lita ha come prima sorgente l'interiorita apostolica caratte-
ristica dell'attivita di don Bosco. Che qualita pastorale puo
essere espressa da chi non ha interiorita di fede? Qui si
trova la sua sorgente prima: senza zelo nel cuore, si divie-
ne sterili.
Ma poi bisogna aggiungere tutte le esigenze che provengono
da cio che si chiama oggi nuova evangelizzazione e nuova
educazione. E un tema enorme, difficile, che si sta evolven-
do. Il Papa parła spesso di questa tema generatore. In Ame-
rica Latina stanno facendo un novenario in preparazione al
1992, quinto centenario della prima evangelizzazione. Vuol
dire che ci sono tante cose da ripensare.
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Dobbiamo metterci in sintonia, a seconda dei Paesi <love
siamo. Non basta neppure l'interiorita apostolica se non e
rivolta alla soluzione dei problemi reali dei tempi nuovi.
Ossia non basta amare Dio e non basta conoscere il deposi-
to della fede, ma bisogna trovare la maniera di presentarlo
- attraente e profetico - alla gente di oggi, come diceva il
Papa Giovanni XXIII introducendo i lavori del Concilio Va-
ticano Il.
Tra i problemi dei nuovi tempi c'e anche l'aumento di eta
della giovinezza.
Se nel secolo scorso un giovane o una ragazza ai 16-18 anni
entrava gia nelle responsabilita sociali, oggi non vi entra
prima dei 25 anni. Quindi c'e un vero prolungamento della
fascia di eta a cui rivolgere l'impegno vocazionale. Questo
per noi significa una novita rilevante. Ci siamo dedicati per
molto tempo, e quasi esclusivamente, a fare pastorale voca-
zionale con l'adolescenza. Bisogna continuare, certo!, an-
che se c'e una adolescenza nuova.
Le grandi vocazioni bibliche incominciano a volte dal seno
della madre, perche e Dio che chiama.
Noi abbiamo una tradizione, ereditata da don Bosco e da
madre Mazzarello, di credere che Dio chiama e prepara le
vocazioni, soprattutto per il nostro carisma, gia in famiglia.
Pero oggi c'e un allargamento del campo di ricerca. E noi
vediamo, nel confrontare i dati di questa Ispettoria o dell'
altra, oppure di questo Istituto o dell'altro, che a un livello
di eta maggiore si trova maggiore serieta, maggiore perse-
veranza e possibilita di selezione piu sicura. Quindi non si
tratta di lasciare una cosa per un'altra; si tratta di aggiun-
gere un aspetto al quale forse non ci dedicavamo tanto
prima.
Ma anche la nuova adolescenza ci impone di studiare altri
metodi, insieme con quelli che gia conosciamo e che sono
collaudati dall'esperienza. Sperimentare metodi nuovi, non
necessariarnente sostitutivi.
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Cosl., ad esempio, un elemento che ha dimostrato fecondita
e l'associazionismo.
Urge ripensarlo e promuoverlo. Non che l'impegno vocazio-
nale si identifichi con l'associazionismo, ma certamente
nella pastorale giovanile l'associazionismo ha un'importan-
za vitale.
Mi piace, ora, indicare alcune condizioni di fondo da privi-
legiare.
4.1 La preghiera
La vocazione viene da Dio. «La messe da raccogliere e mol-
ta, magli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone del
campo perche mandi operai a raccogliere la sua messe» (Mt
9,37).
Ma questo e stato sempre cosi. Che cosa dovremo fare di
nuovo oggi?
Se ci troviamo in una situazione inedita, dovremo fare delle
preghiere speciali: preghiere speciali in riferimento alle vo-
cazioni, con programmazione specifica.
Innanzi tutto personalmente: io prego? chiedo a Dio vera-
mente questa dono?
Poi nelle comunita: so che ci sona comunita, per esempio,
che farmo mezz'ora di adorazione una volta alla settimana
per le vocazioni.
Il punto sta qui: non credere che il rinnovamento della pa-
storale vocazionale sia semplicemente una abilita pedagogi-
ca e una dedicazione organizzativa.
Lo Spirito Santo e sempre attivo e presente nella storia
umana, ed e sempre creativo e non lascera mai la Chiesa
senza vocazioni; i carismi che Lui ha suscitato li rendera
ancora vitali se i loro portatori testimoniano e fanno frutti-
ficare davvero cio che Lui ha voluto. Dunque c'e questa
sicurezza, anche se noi non sappiamo spiegarcela.
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Guardate che ai tempi di don Bosco si svuotavano i Semi-
nari, e lui ha contribuito - secondo le statistiche - a favo-
rire circa 6000 vocazioni tra preti diocesani, religiosi e reli-
giose. E per noi una sfida!
4.2 La presenza di amicizia tra la gioventu
Don Bosco voleva che stessimo tra i giovani in stile di ami-
cizia, caratterizzata dalla carita e dalla moralita. E il suo
Sistema Preventivo.
Evidentemente per giungere a dialogare sul tema della vo-
cazione, bisogna godere di una certa simpatia e intimita; e
un argomento di profondita personale. Lo spirito di farni-
glia con cui siamo presenti tra i giovani fa nascere quel cli-
ma di amicizia per cui si puo parlare di cose intime con una
autorevolezza accessibile.
4.3 li coraggio pedagogico della proposta
C'e bisogno di coraggio: infatti troppi hanno dimostrato di
non averlo. E bisogna che il coraggio sia pedagogico: perche
c'e chi affronta małe il tema e in momenti sbagliati.
E importante saper intuire il memento opportuno per pre-
sentare la proposta vocazionale. In pubblico e a tutti insie-
me e piu facile perche e un tema che si puo trattare come
indispensabile informazione. Ma il coraggio pedagogico del-
la proposta e da realizzarsi a tu per tu. Era, questo, un argo-
mento peculiare del confessore stabile; sara possibile farlo
riemergere?
Il Papa, quando parła ai giovani, non sta a girare attorno,
ma affronta con chiarezza: vedi, per esempio, la lettera del
1985 ai giovani.
Fare la proposta vocazionale e dialogare su un bene grande,
sul significato profondo della vita; e offrire il migliore dei
progetti a una persona che va in cerca del senso definitivo
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della sua esistenza. Perche mai si dovrebbe avere paura di
fare questo?
Si sa di certi genitori, anche buoni, che svengono se il figlio
o la figlia accennano a seguire una vocazione di speciale
consacrazione; vuol dire che scarseggia nella coscienza dell'
opinione pubblica la stima per queste vocazioni. Dobbiamo
ridarle credito.
4.4 L'accompagnamento
Accompagnare coloro che non hanno risposto di no alla pro-
posta. Non importa che non abbiano detto ancora "si". In
un primo momento, basta che non dicano "no".
L'accompagnamento consiste nel portarli a vivere la vita
cristiana a livello eucaristico. U maturano le vocazioni.
Occorre saperli accompagnare con delicata insistenza, in-
troducendoli in ambienti di impegno a favore <legli altri.
Curare in essi la conoscenza e la generosita del mistero di
Cristo centrato negli eventi pasquali e fatto presente nei
Sacramenti.
4.5 La direzione spirituale
Mi riferisco alla direzione spirituale personale, impartita
da educatori ed educatrici saggi ed orientata all'intervento
del ministero sacerdotale. Si tratta di quei giovani e di quel-
le giovani che hanno gia dimostrato una concreta apertura
al problema.
Il clima di amicizia e la conseguente confidenza devono ma-
turare, nell'un per uno, in una direzione spirituale. U si
orienta la coscienza, si guidano le doti personali, si correg-
gono i difetti e si fanno conoscere gli impegni, infondendo
fiducia ed assicurando l'aiuto del Signore: «Se ci sono riu-
scito io, perche non anche tu?».
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4.6 li coinvolgimento apostolico
Per una vocazione salesiana questa e un aspetto dei piu si-
gnificativi.
I giovani, diciamo cosl., del "gruppo proposta" devono es-
sere responsabilizzati in attivita di servizio di varia tipo:
sperimentino la gioia del donare; conoscano le necessita
altrui; imparino a fare del bene ai compagni, ai disorien-
tati, ai bisognosi.
4.7 Un'attraente conoscenza della vita di don Bosco, di ma-
dre Mozzarello e di testimoni validi, soprattutto missio-
nari e missionarie
La gioventu desidera vedere concretamente la generosita,
l'eroismo. Nella nostra Famiglia abbondano le vite di per-
sone che realmente sano il commento piu attraente e con-
vincente della vocazione salesiana.
5. PER OUALI VOCAZIONI?
La Strenna dice: «per le vocazioni». Quindi per tutte le vo-
cazioni.
Certo, qui bisognerebbe fare distinzione tra la vocazione e
le vocazioni.
La vocazione e quella della Chiesa: di tutti. Il Battesimo e
vocazione. Occorre quindi lavorare per far crescere in tutti
la scelta per il Cristo. Far conoscere i vari ministeri, gli Isti-
tuti di vita consacrata, i servizi nelle Diocesi, l'alta dignita
del matrimonio, ecc.
La Strenna, pero, parte dal Centenario di don Bosco. Quali
saranno, dunque, le vocazioni da privilegiare? Ossia, senza
escludere niente, urge impegnarsi in forma prioritaria per
il futuro dei Salesiani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei
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Cooperatori, delle Volontarie di don Bosco e, <love ci sano,
<legli altri Gruppi di vita consacrata.
Nell'isola di Timor ho incontrato il mese scorso tre FMA
che sona la da solo due mesi; avevano con se 7 aspiranti.
Ho chiesto: «Come mai, cos1 in fretta?». C'era vicino a loro
un bravo missionario salesiano che mi ha detto: «Se veni-
vano !'anno scorso ne avevano quindici! ». Allora mi e scap-
pato di dir loro: «Cercate di restituire».
La nostra pastorale vocazionale deve comportare proprio
questa interscambio. E tradizionale tra noi l'aiutarci reci-
procamente.
Anche la vocazione di Cooperatore e di Cooperatrice e mol-
to importante! Tutti dobbiamo impegnarci di piu per farla
crescere in qualita e in quantita.
Dunque: per tutte le vocazioni, ma specialmente per quelle
della Famiglia Salesiana, in comunione e in collaborazione
vicendevole.
6. LA RESPONSABILITA DEGLI «ANIMATOR!»
Di chi e la responsabilita per questa rilancio della pastora-
le vocazionale? Di tutti! L'ho gia detto prima: l'animazione
pastorale e compito di ognuno e di ogni comunita.
Pero bisogna pur nominare gli animatori principali. Innan-
zi tutto i Superiori con i loro Consigli: ogni lspettore e ogni
Ispettrice, ogni Direttore e ogni Direttrice, e ogni Respon-
sabile.
Se l'autorita nei nostri Gruppi e in primo luogo "servizio
di animazione", e se una delle grandi conclusioni del Cente-
nario e un'animazione a favore delle vocazioni, i suoi por-
tatori devono prepararsi e muoversi meglio e piu intensa-
mente in questa campo.
E conveniente assicurare una organizzazione ispettoriale,
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2.9 Page 19

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con petsone delegate. Pero i delegati e le delegate non so-
stituiscono nessuno, ma offrono aiuti. Studiano e prepara-
no sussidi e suggerimenti per iniziative concrete, che non si
limitino solo a ripetere cio che si e fatto finora.
Tutte le persone portatrici di responsabilita devono muo-
vere le altre.
Quando don Bosco nel 1885 fece un famoso sogno sulle mis-
sioni, considerando il numero incredibile di destinatari,
termino il sua racconto dicendo: «Tutte le sollecitudini dei
Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice siano rivolte a
promuovere le vocazioni ecclesiastiche e religiose» (MB
XVII 305). E concludeva: «Ecco, questa deve essere il com-
pito prioritario in tutta la nostra attivita».
7. IL PARTICOLARE AFFIDAMENTO A MARIA AUSILIATRICE
Un'ultima considerazione.
Don Bosco ha sempre pensato l'impegno vocazionale in di-
pendenza da un affidamento filiale e quotidiano a Maria
Ausiliatrice. Alle origini della Famiglia Salesiana c'e Maria:
«Ha fatto tutto Lei».
Don Bosco l'ha chiamata Fondatrice e Sostenitrice; quindi
cio che abbiamo detto della preghiera va tradotto anche in
qualche pratica mariana. Egli, per esempio, faceva dei pel-
legrinaggi a santuari mariani; ricordiamo quello di Oropa.
Don Lemoyne <lice che tra don Bosco e la Madonna c'era
come un patto d'impegno apostolico: «Uno che da solo fa
poco - soleva dire il nostro Padre - con l'aiuto di Maria
fa molto».
Vi invito a leggere nel volume XI delle Memorie Biografiche
il capitolo III.
Siamo al 1875, quando don Bosco fondo l'OMA, l'Opera di
Maria Ausiliatrice per le vocazioni tardive. Un giorno egli
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stava confessando i ragazzi e... lui stesso racconta: «Mi
sono distratto. Pensavo alle vocazioni, e vedevo davanti a
me dei registri da esaminare; poi una voce femminile mi
sussurro: "Cerca, guarda". Mi sona alzato. I ragazzi cre-
devano che stessi małe. Subito sedetti di nuovo a confes-
sare. Salito in camera, ho visto che c'erano sul mio tavolo
proprio i registri che mi erano stati indicati e allora ho co-
minciato a sfogliarli».
Dal sua attento esame concluse che <legli adolescenti voca-
bili solo una percentuale piuttosto bassa perseverava; inve-
ce tra quelli di eta adulta - dai 20 ai 25 anni - 8 su 10 ri-
manevano.
Poi sogno ancora sullo stesso tema, come se fosse per lui
un impegno da assumere. Andato dal Papa, gli espose un
suo progetto per le vocazioni tardive; e il Santo Padre lo in-
coraggio a dedicarvisi. Il progetto da realizzare gli procuro
<legli inconvenienti con Mons. Gastaldi; ma egli non desi-
stette dall'impegno.
Cio che qui desidero sottolineare e che don Bosco ebbe H
coraggio e la costanza di incominciare, sotto la protezione
di Maria, un'opera vocazionale nuova, che altri non si az-
zardavano a compiere. Con l'aiuto della Madonna super<'>
ogni difficolta.
Tra i numerosi frutti di questa sua iniziativa vocazionale
non si puo tralasciare di ricordare don Filippo Rinaldi, suo
terzo successore, straordinario testimone del suo spirito e
grande e creativo animatore della Famiglia Salesiana.
Dunque, il particolare affidamento a Maria Ausiliatrice e
auspicio di esito nell'applicazione della Strenna.
CONCLUDO
L'impegno vocazionale e una diretta collaborazione con Cri-
sto; Lui si serve dei suoi discepoli per chiamare altri. La
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3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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sacramentalita della Chiesa si estende anche alle iniziative
della proposta, dell'accompagnamento e della formazione.
Esse sono, tra le attivita apostoliche, altissime.
Meditiamo con fede le affermazioni evangeliche: «Non
siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho
destinati a portare molto frutto, un frutto duraturo. Allora
il Padre vi <lara tutto quello che chiederete nel mio nome»
(Gv 15, 16).
Faccio voti che il nuovo anno sia caratterizzato, in tutta la
Famiglia, da una rinnovata pastorale vocazionale!
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3.2 Page 22

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·nr ~