Strenna-it|Strenna 2022: Commento "Fate tutto per amore..."

STRENNA 2022

«Fate tutto per amore, nulla per forza»

(San Francesco di Sales)


NEL QUARTO CENTENARIO della morte di San Francesco di Sales: due giganti che si succedono nel carisma salesiano.



Inizio dichiarando che non è mia intenzione scrivere un opuscolo sulla vita di San Francesco di Sales. Esistono già eccellenti biografie composte da veri esperti. Sarebbe assolutamente presuntuoso da parte mia e certamente al di là della mia capacità e delle mie intenzioni. D’altra parte intendo con queste pagine, di fronte alla splendida figura di San Francesco di Sales, illuminare, in occasione del IV centenario della sua morte, la nostra Famiglia Salesiana, la Famiglia di Don Bosco, che ha le sue radici e che attinge quotidianamente a questa spiritualità salesiana.

Fin dall’inizio parlo di due giganti che si succedono nel carisma salesiano, perché entrambi sono un grande dono nella Chiesa e perché Don Bosco, come nessun altro, ha saputo tradurre la forza spirituale di Francesco di Sales nell’educazione e nell’evangelizzazione quotidiana dei suoi ragazzi poveri. Pertanto, tutta la Famiglia salesiana continua ad avere questo compito nella Chiesa e nel mondo di oggi.

Per questo vorrei affermare fin dall’inizio che, “simbolicamente”, sia Francesco di Sales sia Giovanni Bosco (Don Bosco) hanno molto in comune, fin dalla culla.


Francesco di Sales è nato sotto il cielo della Savoia che corona le valli attraversate da torrenti che nascono dalle cime più alte delle Alpi.

Come non pensare che anche Giovanni Bosco era un “savoiardo”? Non è nato in un castello, ma ha avuto lo stesso dono di Francesco: una madre tenerissima e piena di fede. Françoise de Boisy era molto giovane quando aspettava il suo primo figlio e, ad Annecy, davanti alla Sacra Sindone, che le parlava della passione del Figlio di Dio benedetto, emozionata fece una promessa: questo bambino sarebbe appartenuto a Gesù per sempre.

Mamma Margherita dirà un giorno al suo Giovanni: «Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla Santa Vergine».

Davanti alla stessa Sacra Sindone, anche Don Bosco si inginocchierà a Torino. Le madri cristiane generano santi. In un castello, come Francesco, o in una casa di campagna diroccata, come Giovanni.

Si dice che la prima frase completa che Francesco riuscì a formulare fu: «Il buon Dio e mia madre mi vogliono molto bene».

E il buon Dio si è preso cura di Francesco e di Giovanni. E ha dato ad entrambi un cuore grande. Francesco ha studiato a Parigi e a Padova, nelle università più prestigiose dell’epoca. Giovanni studiava a lume di candela nel sottoscala del “Caffè Pianta”. Ma lo Spirito non si ferma davanti alle difficoltà umane. I due erano destinati a “incontrarsi”. E un giorno don Bosco disse a un gruppo di giovani che erano cresciuti con lui: «Ci chiameremo salesiani». E da quel momento, sempre guidato dallo Spirito, cominciò a crescere il grande albero della famiglia di Don Bosco, la famiglia salesiana.


San Francesco di Sales è una delle figure della storia che, con il passare del tempo, è cresciuta in rilevanza e significato, grazie alla feconda diffusione delle sue intuizioni, delle sue esperienze e delle sue convinzioni spirituali. Dopo quattrocento anni, la sua proposta di vita cristiana, il suo metodo di accompagnamento spirituale e la sua visione antropologica riguardante la relazione tra gli uomini e Dio sono ancora affascinanti.

Il tema scelto per questa Strenna di famiglia, fedele come sempre all’eredità e alla tradizione lasciataci dallo stesso Don Bosco, viene dalla penna dello stesso Francesco di Sales, oggi al centro della nostra attenzione nella celebrazione del IV centenario della sua morte1.

Le Costituzioni dei Salesiani di Don Bosco contengono molti elementi e caratteristiche della spiritualità di San Francesco di Sales. Lo stesso vale per le Figlie di Maria Ausiliatrice e per molti altri gruppi della famiglia di Don Bosco, dal momento che la loro identità ha tanti elementi salesiani. In questo senso non è difficile trovare armonia, collegamenti e applicazioni dirette tra i testi scritti quattrocento anni fa da Francesco di Sales e ciò che, come tratti della nostra identità, appartiene al nostro patrimonio spirituale salesiano.

In particolare, come guida per il presente scritto, mi avvalgo dell’articolo 38 delle Costituzioni dei Salesiani di Don Bosco in cui si descrivono le caratteristiche del sistema preventivo nella nostra missione, nel quadro del nostro servizio educativo pastorale, ed esprime una sintesi degli aspetti che desidero sviluppare, quasi fosse un indice di lettura aggiornato del pensiero di san Francesco di Sales. Così leggiamo:


«Per compiere il nostro servizio educativo e pastorale, Don Bosco ci ha tramandato il Sistema Preventivo.

Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione e sopra l’amorevolezza”: fa appello non alle costrizioni, ma alle risorse dell’intelligenza, del cuore e del desiderio di Dio, che ogni uomo porta nel profondo di se stesso.

Associa in un’unica esperienza di vita educatori e giovani in un clima di famiglia, di fiducia e di dialogo.

Imitando la pazienza di Dio, incontriamo i giovani al punto in cui si trova la loro libertà. Li accompagniamo perché maturino solide convinzioni e siano progressivamente responsabili nel delicato processo di crescita della loro umanità nella fede» (Cost. 38).


Ciò che distingue la nostra Famiglia salesiana nelle multiformi e differenti società e culture di oggi, è proprio il Sistema Preventivo di Don Bosco, che è capace di essere applicato, conosciuto e accettato nei contesti più diversi. Trovo nell’articolo citato e nelle linee centrali del pensiero e della spiritualità di San Francesco di Sales tanti elementi comuni, che mi permettono di intavolare un dialogo tra Francesco di Sales e Don Bosco sulla base di ciò che qui scopriamo:


  1. Niente con la forza. La libertà è un dono di Dio: ed è per questo che il nostro sistema educativo “non fa appello alle costrizioni”.

  2. La presenza di Dio nel cuore dell’uomo: per questo riconosciamo il “desiderio di Dio, che ogni uomo porta nel profondo di se stesso”.

  3. La vita in Dio: che “associa in un’unica esperienza di vita educatori e giovani”.

  4. La dolcezza e l’amabilità nel tratto: che ci portano a vivere con i nostri giovani “in un clima di famiglia, di fiducia e di dialogo”.

  5. Un Amore incondizionato e senza restrizioni: che rende possibile nella nostra famiglia che “imitando la pazienza di Dio, incontriamo i giovani al punto in cui si trova la loro libertà”.

  6. Con la necessità di una guida spirituale: e quindi “li accompagniamo perché maturino solide convinzioni”.

  7. Fino a vivere “Tutto per amore”: affinché “siano progressivamente responsabili nel delicato processo di crescita della loro umanità nella fede”.



  1. Niente con la forza. La libertà è un dono di Dio

Ed è per questo che il nostro sistema educativo “non fa appello alle costrizioni”.



«La carità e la dolcezza di San Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa»2. Nel seminario di Chieri, Don Bosco ebbe l’opportunità di conoscere le opere fondamentali di San Francesco di Sales. Una delle risoluzioni alla prima dell’ordinazione sacerdotale mostra che aveva trovato in lui un modello non solo di azione ma anche di vita. La carità e la dolcezza che San Francesco di Sales mostrò nei suoi rapporti con le persone durante tutta la sua vita ebbero un impatto convincente su Don Bosco che lo segnarono per tutta la vita, a partire dal sogno che fece quando aveva nove anni: «Non con le percosse»3.

Niente per forza” è una bella proposta, un invito a fare di essa una preziosa regola di vita personale.

Orienta quando si tratta di accettare un compito, ad assumere l’atteggiamento con cui si svolge una missione, una responsabilità o un servizio per gli altri. Essa è ciò che sostiene e dà consistenza a questa opzione, a questo modo di vivere da cristiani, in sintonia con la decisione stessa di Dio, che ci ha creati e resi liberi.

Tutti abbiamo sperimentato che le cose che vengono imposte, senza ragione, senza un “perché”, semplicemente per imposizione e per forza, non durano a lungo; o durano finché dura il comando. Dio non agisce così e San Francesco di Sales lo ha sperimentato nella sua attività pastorale. Come vescovo tridentino, promotore della riforma cattolica, educato nella lotta contro la tiepidezza della fede, scelse la via del cuore e non quella della forza. E non ha fatto altro che contemplare e vivere l’atteggiamento di Dio. Così scrisse alla sua figlia spirituale: «Come un buon padre che tiene per mano suo figlio, egli adatterà i suoi passi ai tuoi e sarà felice di non camminare più veloce di te»4.

Per il santo umanista Francesco di Sales, la libertà è l’elemento più prezioso della persona5. La realtà dell’Incarnazione è la ragione più sublime per affermare questa dignità. Si può dire che Dio non solo ci ha creato a sua immagine e somiglianza, ma che, in Cristo, Dio stesso - sono parole di Francesco di Sales - «si è fatto a nostra immagine e somiglianza»6. Questa grandezza dell’essere umano, il suo valore come persona, si manifesta nella libertà che rende la persona responsabile. Per Francesco di Sales la libertà è la parte più importante della persona perché è la vita del cuore. E ha così tanto valore e dignità che Dio stesso, che ce l’ha data, non la esige con la forza, e quando ce la chiede, vuole che gliela diamo con sincerità e volontà. Dio «non ha mai costretto nessuno a servirlo e mai lo farà»7.

L’intervento di Dio, la sua grazia, non si attua mai senza il nostro consenso. Agisce con forza, ma non per obbligare o costringere, ma per attirare il cuore, non per violare, ma per amare la nostra libertà. La libertà donata da Dio alla persona umana è sempre rispettata. Dio, come amava dire Francesco di Sales, ci attira a sé con la sua gentile iniziativa, a volte come una vocazione o una chiamata, a volte come la voce di un amico, come un’ispirazione o un invito e a volte come una “prevenzione” perché sempre anticipa. Dio non si impone: bussa alla nostra porta e aspetta che gli apriamo8.

Allo stesso modo, Don Bosco, nei suoi rapporti con i ragazzi più svantaggiati e più poveri di Valdocco, ha imparato a seguire la via del cuore nell’accoglierli e accompagnarli nella loro educazione. L’attuazione dello zelo pastorale, del desiderio di salvare le anime, dell’impegno per il pieno sviluppo dei suoi ragazzi si realizza senza coercizione, senza imposizioni, sempre con l’accettazione, da parte del giovane, della proposta di entrare in questa relazione di amicizia perché nel suo cuore sente di essere ben voluto, che c’è qualcuno che pensa al suo bene e che vuole che sia felice.

La libertà umana sarà sempre un valore da salvaguardare, anche quando entrano in gioco altri valori come la fede, la giustizia e la verità. Per noi, famiglia di Don Bosco, questo è fondamentale. Non riteniamo possibile educare senza il sacro rispetto della libertà di ogni persona. Dove non si rispetta la libertà dell’individuo, Dio è assente. Per questo, secondo San Francesco di Sales, Dio attrae la persona con il suo amore nel modo più conforme alla nostra natura. Ecco come lo esprime in questo bel testo:


«Il legame proprio della volontà umana è il godimento e il piacere. Mostra le noci a un bambino, dice Sant’Agostino, ed egli è attratto come una calamita; è attratto dal legame, non del corpo, ma del cuore. Vedete, dunque, come il Padre Eterno ci attira: insegnandoci ci delizia, ma senza imporci alcuna necessità. È così dolce la mano di Dio nel maneggiare il nostro cuore, e così abile la Sua abilità nel comunicarci la Sua potenza, senza privarci della nostra libertà, e nel darci il Suo potente impulso, senza ostacolare quello della nostra volontà, che, come la Sua potenza ci dà dolcemente la potenza, così la Sua dolcezza ci conserva potentemente la libertà della volontà. Se tu conoscessi il dono di Dio, disse il Salvatore alla Samaritana, e chi è che ti dice: “Dammi da bere”, forse glielo avresti chiesto ed Egli ti avrebbe dato acqua viva. Le ispirazioni, Teotimo, ci avvertono e, prima che noi le pensiamo, si lasciano sentire; ma, una volta che le abbiamo sentite, sta a noi acconsentire, assecondarle e seguirne i movimenti, o dissentire e respingerle. Si lasciano sentire senza di noi, ma non ci fanno acconsentire senza di noi»9.


Dio attrae, come scrive Francesco di Sales, come i profumi di cui parla il Cantico dei Cantici. Il tentativo di combinare la libertà umana e l’attrazione di Dio è portato avanti con dolcezza. La forza dell’attrazione di Dio, potente ma non violenta, sta nella dolcezza della sua attrazione, e inoltre l’amore di Dio non ha nulla da invidiare all’amore umano per le creature nell’esperienza spirituale vissuta e condivisa da Francesco di Sales. Nessun amore allontana mai il nostro cuore da Dio se non ciò che gli è contrario. La mistica salesiana, questo amore di Dio di cui parliamo, lungi dall’escludere l’amore per gli altri, lo richiede10.

Così capiamo che Dio rispetta la libertà umana e allo stesso tempo vuole il nostro bene e ci offre tanti segni del suo amore. Forse il primo di questi sarà, senza dubbio, il rispetto incondizionato della nostra libertà. L’amore scompare se cerca di imporre o esigere, e qui sta la forza con cui Francesco di Sales presenta l’immagine positiva di un Dio amoroso, che offre la sua amicizia, che dona i suoi beni, e che lascia spazio aperto nella libertà alla reciprocità, attraverso la comunicazione con lui.

Questo ci illumina anche sulla cura e il rispetto della libertà religiosa di ogni persona. Avere, come Francesco di Sales, una presenza amichevole tra i non cattolici, una presenza che intendiamo come una forma di evangelizzazione attraverso la testimonianza, avere una presenza che a volte deve essere tranquilla, silenziosa, rispettosa, sarà perfettamente valida poiché si basa non solo sul principio della non violenza ma, più importante, su un profondo rispetto della libertà delle persone.

Ci sentiamo molto identificati con questa modalità di presenza che San Francesco di Sales già praticava in zone di conflitto a causa delle guerre di religione del suo tempo, dando una testimonianza profetica di pazienza e perseveranza con uno stile incentrato sulla croce di Cristo e nell’intercessione materna di Maria.

La nostra presenza come famiglia salesiana in tante parti del mondo richiede, per scelta, questo tipo di presenza.

E certamente, approfondire l’eredità di Francesco di Sales e cercare di applicare la sua spiritualità nelle situazioni concrete del nostro tempo, sarà il modo migliore per crescere nella “salesianità”.



  1. La presenza di Dio nel cuore dell’uomo:

Riconosciamo il “desiderio di Dio, che ogni uomo porta nel profondo di se stesso”.



Dire “Niente per forza” non è solo una strategia o un metodo ma, soprattutto, quella profonda convinzione di fiducia e di fede nell’essere umano - l’umanesimo cristiano - che San Francesco di Sales ha vissuto, in certo modo controcorrente, e che Don Bosco ha saputo sviluppare magnificamente con il suo ottimismo e la sua completa fiducia nei giovani, nei suoi ragazzi: l’essere umano, il giovane, ogni persona, tutti noi, portiamo iscritto nel nostro essere il bisogno di Dio, il desiderio di Dio, «la nostalgia di Dio»11. Il desiderio naturale di vedere Dio si trasforma nei nostri santi nella convinzione che Dio è presente e si rende presente ad ogni persona in quei momenti della sua vita che solo Dio stesso sceglie e nel modo che solo Dio conosce12.

Questi principi teologici, così contemporanei a noi, si esprimono concretamente nell’atteggiamento spirituale di collaborazione con l’azione di Dio, profondamente salesiano: quello di servire l’uomo in uno spirito di libertà, che già in San Francesco di Sales prende forma nell’ottimismo, nella positività, nella fiducia nella natura umana e, di conseguenza, nel valore dell’amicizia e nella possibile ricerca della felicità.

Dall’immagine positiva di Dio che ci offre la sua amicizia, è facile comprendere questo elemento che illumina la spiritualità salesiana vissuta e proposta da Don Bosco: «Studia di farti amare piuttosto che farti temere»13. Il nostro padre Don Bosco, seguendo Francesco di Sales, vuole che Dio sia amato piuttosto che temuto, e se il “timore di Dio” deve essere un cammino di santità, non sarà per la paura e per il timore di un terribile castigo, ma un timore strettamente unito alla fiducia nella bontà di Dio.

Lungi dal seminare pessimismo, negatività o paura, la presenza di Dio, il desiderio di incontrare Dio, il desiderio della sua amicizia e di vederla ricambiata, sono la base della spiritualità salesiana. Al contrario di coloro che consideravano Dio come un guardiano che reprime le infrazioni alla legge, o come un Dio lontano e indifferente, Francesco di Sales lo sperimentò come un Dio preoccupato per le sue creature e per la loro felicità, sempre rispettoso della loro libertà e impegnato a guidarle con fermezza e dolcezza14.

Francesco di Sales condivide l’idea aristotelica che in ogni persona c’è un’aspirazione alla felicità, un movimento verso questo fine, un desiderio naturale che è comune a tutta l’umanità. Ma allo stesso tempo, dalla sua esperienza personale, si rende conto che un primo approccio alla felicità consiste nell’accettazione di se stessi, di ciò che si è, perché la felicità si confonde con i mezzi per raggiungerla. Alcuni la cercano nelle ricchezze, altri nel piacere, altri nella gloria umana. In realtà, per Francesco di Sales, solo il bene supremo può soddisfare pienamente il cuore umano. E questo bene supremo è Dio, al quale il cuore umano tende per sua natura. Aveva imparato dai suoi maestri di filosofia che la “felicità pratica” consisteva nel possesso di saggezza, onestà, bontà e piacere, ma che la “felicità essenziale” della persona umana può essere trovata solo in Dio e solo in Lui. Come discepolo di Tommaso d’Aquino, aveva fiducia nella capacità dell’intelletto e della volontà umana di intuire o scoprire Dio come loro fine ultimo, e viene in mente la confessione di Sant’Agostino, che riassume mirabilmente queste idee e con la quale Francesco di Sales compose alcune delle sue omelie: «Tu ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Confessioni, I, 1.1)15.

Ma la tendenza, che sentiamo naturalmente verso Dio, non può essere raggiunta da noi stessi, perché è dono di Dio, il quale prende sempre l’iniziativa. San Francesco di Sales ci offre nella sua spiritualità la convinzione che, sebbene noi tendiamo alla felicità - identificata con l’incontro con Dio, e non possiamo raggiungerla da soli - Dio si impegna a donarcela, perché così ha voluto. E questa promessa di pienezza, insieme al desiderio di Dio in noi, è chiamata a portare molto frutto.

Possiamo capire che la visione antropologica e teologica di Francesco di Sales ci permette di mantenere il dialogo tra fede e ragione nel giusto equilibrio - e questo è molto importante anche per noi oggi. Al suo tempo, Francesco di Sales, dialogando con i suoi avversari - che chiamava fratelli - sosteneva che l’accettazione di Dio come bene supremo trovava sostegno nella ragione, nella stessa natura umana. Al contrario di coloro che si affidavano unicamente alla Bibbia, Francesco di Sales mostrò che la ragione e la fede scaturiscono dalla medesima fonte, ed essendo opera dello stesso Autore, non possono essere contrarie l’una all’altra. La teologia non distrugge l’uso della ragione, ma lo presuppone; non lo annulla, ma lo completa.

Questo è il contesto in cui Francesco di Sales ha elaborato la sua riflessione e sviluppato la sua spiritualità. Oggi tocca a noi dare continuità a questa corrente spirituale che ha portato tanta luce nella vita di tante persone, nella loro ricerca della felicità e, in definitiva, nella loro ricerca di Dio stesso.

Francesco di Sales e Don Bosco, ciascuno nel proprio tempo, hanno vissuto con questa forte convinzione e ce l’hanno lasciata in eredità. Francesco scrive: «Non c’è terreno così ingrato che la dedizione del contadino non possa renderlo produttivo»16. E così propone un altro elemento fondamentale della spiritualità e della pedagogia salesiana: la pazienza, che non è altro che l’imitazione della pazienza che Dio ha con noi. Questa è stata anche una costante nella vita di Don Bosco.

Oggi, come famiglia che partecipa di questa spiritualità, tocca a noi continuare a confidare e consolidare le risorse della nostra intelligenza, del nostro cuore e del nostro desiderio di Dio di fronte a qualsiasi tipo di difficoltà. Certamente questo lavoro richiede un profilo specifico e ben definito dell’educatrice o dell’educatore salesiano che abbia e custodisca fortemente in se stesso la convinzione che il bene si annida sempre nel cuore di ogni persona, di ogni giovane, per quanto nascosto possa essere - come credeva anche Don Bosco - e che ogni cuore umano è capace di incontrare Dio. Sta a noi aiutare ogni giovane e ogni persona in questo percorso.



  1. La vita in Dio:

che “associa in un’unica esperienza di vita educatori e giovani”.


Francesco di Sales ha saputo presentare la vita spirituale come una realtà alla portata di tutti. Il termine per eccellenza che usa per riferirsi a questa vita cristiana in Dio è “devozione”, come espressione dell’amore per Dio con la caratteristica di non essere esclusivo e chiuso.

Francesco di Sales non trova alcuna opposizione nel voler essere completamente di Dio, vivendo pienamente il proprio essere nel mondo. Questa è probabilmente la sua proposta più originale e “rivoluzionaria”.

Se la devozione è amore, amore per Dio in primo luogo, è anche amore per il prossimo, e questa devozione può essere praticata da tutti e in qualsiasi situazione umana. Per condurre un’autentica vita cristiana, non è necessario ritirarsi dal mondo, andare nel deserto o entrare in un convento.

Nella sua Introduzione alla vita devota, rivolgendosi con il nome poetico di Filotea ad ogni persona che vuole amare Dio, traccia un itinerario di vita cristiana in mezzo al mondo, mostrando che è necessario usare le proprie ali per elevarsi all’altezza della preghiera, e allo stesso tempo usare i propri piedi per camminare insieme agli altri uomini in una conversazione santa e amichevole.


«La vera e viva devozione, Filotea, esige l’amore di Dio, anzi non è altro che un vero amore di Dio; non un amore genericamente inteso. Infatti l’amore di Dio si chiama grazia in quanto abbellisce l’anima, perché ci rende accetti alla divina Maestà; si chiama carità, in quanto ci dà la forza di agire bene; quando poi è giunto ad un tale livello di perfezione, per cui, non soltanto ci dà la forza di agire bene, ma ci spinge ad operare con cura, spesso e con prontezza, allora si chiama devozione [...] A dirlo in breve, la devozione è una sorta di agilità e vivacità spirituale per mezzo della quale la carità agisce in noi o, se vogliamo, noi agiamo per mezzo suo, con prontezza e affetto. Ora, com’è compito della carità farci praticare tutti i comandamenti di Dio senza eccezioni e nella loro totalità, spetta alla devozione aggiungervi la prontezza e la diligenza. Ecco perché chi non osserva tutti i comandamenti di Dio non può essere giudicato né buono né devoto. Per essere buoni ci vuole la carità e per essere devoti, oltre alla carità, bisogna avere grande vivacità e prontezza nel compiere gli atti»17.


Non posso resistere a riportare qui alcune delle righe più luminose e feconde del nostro Autore che si riferiscono alla convinzione che ogni persona giunge in questo mondo con un disegno personale di Dio su di lui o su di lei; un piano di felicità e di piena realizzazione della volontà di Dio per ciascuna delle sue creature. Nella sua Introduzione alla vita devota, parlando della necessità per ogni persona di trovare nel suo stato di vita il modo migliore per dare gloria a Dio, San Francesco di Sales, nel dialogo con Filotea, dice:


«La devozione deve essere vissuta in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla nubile, dalla sposa; ma non basta, l’esercizio della devozione deve essere proporzionato alle forze, alle occupazioni e ai doveri dei singoli. Ti sembrerebbe cosa fatta bene che un Vescovo pretendesse di vivere in solitudine come un Certosino? E che diresti di gente sposata che non volesse mettere da parte qualche soldo più dei Cappuccini? Di un artigiano che passasse le sue giornate in chiesa come un Religioso? E di un Religioso sempre alla rincorsa di servizi da rendere al prossimo, in gara con il Vescovo? Non ti pare che una tal sorta di devozione sarebbe ridicola, squilibrata e insopportabile? Eppure queste stranezze capitano spesso, e la gente di mondo, che non distingue, o non vuol distinguere, tra la devozione e le originalità di chi pretende essere devoto, mormora e biasima la devozione, che non deve essere confusa con queste stranezze»18.


Questo cammino conduce a una teologia cristiana della vocazione in cui spetta a ciascuno realizzare il processo di ricerca della propria vocazione, in sintonia con quanto affermato dal Concilio Vaticano II: tutti i fedeli, cristiani di ogni condizione e stato, forti di tanti e così potenti mezzi di salvezza, sono chiamati dal Signore, ciascuno a suo modo, alla perfezione di quella santità con cui lo stesso Padre è perfetto (Cf. LG, 11).

Sia Francesco di Sales che Don Bosco fanno della vita quotidiana un’espressione dell’amore di Dio, che viene ricevuto e anche ricambiato. I nostri santi hanno voluto avvicinare la relazione con Dio alla vita e la vita alla relazione con Dio. Questa è la proposta della “santità della porta accanto” o “la classe media della santità” di cui Papa Francesco ci parla con tanto affetto. «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”»19.

Come Don Bosco, anche noi oggi dobbiamo essere aperti a svolgere questo importante compito di accompagnare i giovani nella loro ricerca della vocazione e della santità, oltre a viverlo noi stessi. Questo è ciò che forse ci stanno chiedendo con maggiore urgenza e come loro bisogno. Sentiamo ancora l’eco recente dell’appello rivolto alla Chiesa durante il Sinodo sui giovani i quali chiedono, tra le altre cose, di essere accompagnati nel discernimento della loro vocazione. L’esortazione apostolica di Papa Francesco Christus Vivit, volendo rispondere ai giovani, rappresenta una sfida anche per noi Famiglia salesiana:


«Ci sono sacerdoti, religiosi, religiose, laici, professionisti e anche giovani qualificati che possono accompagnare i giovani nel loro discernimento vocazionale. Quando ci capita di aiutare un altro a discernere la strada della sua vita, la prima cosa è ascoltare»20.


E così tocchiamo, quasi con mano, un altro elemento fondamentale della nostra spiritualità: la presenza e l’ascolto, proprio per aiutare tutti coloro che vengono da noi, coloro che avviciniamo, a stabilire un rapporto di amicizia, un incontro di vicinanza, qualcosa che ancora una volta acquista il sapore salesiano di mettere al centro il giovane, la persona umana. Il “Da mihi animas” di Don Bosco, e prima ancora quello di Francesco di Sales, sono ancora oggi pienamente validi.

San Francesco di Sales orientò la propria vita pastorale per la realizzazione di una missione affidatagli. Fu la sua partecipazione all’amore di Dio che lo portò a condividere la missione salvifica di Cristo Buon Pastore. Cominciando dalla sua personale esperienza dell’amore di Dio, egli sente che questo amore ardente, o ardore amante, si traduce nella gioia per la conversione del peccatore e nel dolore per la durezza di cuore di coloro che rifiutano questo invito. Questa è la lettura particolare del da mihi animas di San Francesco di Sales21.

Faremmo una buona attualizzazione di questo zelo pastorale e della carità di San Francesco se, come lui, mantenessimo la nostra vita saldamente radicata in Cristo. Solo così l’azione apostolica è feconda, perché si realizza a partire dal bisogno che sperimentiamo di comunicare l’amore con cui ci sentiamo amati. Ancora una volta, un bell’omaggio a San Francesco di Sales nel quarto centenario della sua morte sarà il rinnovamento e, in alcuni casi, il recupero del dinamismo apostolico del da mihi animas coetera tolle, donandoci a Dio e ai giovani con la stessa carità pastorale sua e di Don Bosco.

La spiritualità salesiana di Don Bosco, rispetto ad altre correnti spirituali che alcuni specialisti chiamano “astratte”, si colloca in una linea molto diversa, perché si ispira a un maestro come Francesco di Sales, proponendo una spiritualità per la vita ordinaria22. In una felice espressione attribuita al Santo, si dice che «dobbiamo fiorire dove Dio ci ha piantato». Questa è una caratteristica fondamentale della spiritualità salesiana: è realistica. Imparare ad amare la condizione che abbiamo, accettare la vita così com’è, e amarla come manifestazione dell’accettazione della volontà di Dio, può sembrare una cosa passiva, ma non è così quando si tratta di praticare la virtù, fare il bene, compiere il proprio dovere, le cose della vita quotidiana, nel luogo dove la provvidenza di Dio ci ha piantato, e forse dove non sempre avremmo voluto essere, o forse avremmo voluto essere. È per preparare il cuore all’accettazione della volontà di Dio.

Viene subito in mente che questa era la spiritualità proposta dallo stesso Don Bosco ai suoi ragazzi e ai salesiani. Per esempio, le mortificazioni di Domenico Savio.


«– Povero me! io sono veramente imbrogliato. Il Salvatore dice, che se non fo penitenza, non andrò in paradiso; ed a me è proibito di

farne: quale adunque sarà il mio paradiso?”.

La penitenza, che il Signore vuole da te, gli dissi, è l’ubbidienza. Ubbidisci, e a te basta.

Non potrebbe permettermi qualche altra penitenza?

Sì: ti si permettono le penitenze di sopportare pazientemente le ingiurie qualora te ne venissero fatte; tollerare con rassegnazione il caldo, il freddo, il vento, la pioggia, la stanchezza e tutti gli incomodi di salute che a Dio piacerà di mandarti.

Ma questo si soffre per necessità.

Ciò che dovresti soffrire per necessità offrilo a Dio, e diventa virtù e merito per l’anima tua.

Contento e rassegnato a questi consigli se ne andò tranquillo»23.


La nostra famiglia salesiana ha fatto proprio il suo modo di vivere la relazione con Dio attraverso il compimento del dovere, con la consapevolezza che questo è il modo che abbiamo di corrispondere, partecipare e cooperare con Dio nella sua azione creatrice e con Cristo nella costruzione del Regno.

Don Bosco ha promosso e vissuto con i suoi giovani e i suoi salesiani le caratteristiche di questo modo semplice, vicino, quotidiano di stare in relazione con Dio. Corrisponde al modo di Francesco di Sales di proporre la pratica quotidiana delle virtù, ma quelle che corrispondono alla sua condizione e al suo stato, non altre. «Nella creazione Dio comandò alle piante di portare frutto, ciascuna secondo il proprio genere: allo stesso modo, ai Cristiani, piante vive della Chiesa, ordina di portare frutti di devozione, ciascuno secondo la propria natura e la propria vocazione»24.



  1. La dolcezza e l’amabilità nel tratto:

che ci portano a vivere con i nostri giovani “in un clima di famiglia, di fiducia e di dialogo”.


San Francesco di Sales è conosciuto soprattutto per la sua bontà e la sua dolcezza. Così scrive in una delle sue lettere:


«Mi piacciono soprattutto queste tre piccole virtù: gentilezza di cuore, povertà di spirito e semplicità di vita. E anche gli esercizi più impegnativi: visitare i malati, servire i poveri, confortare gli afflitti, e altri, ma tutto non per obbligo, ma con vera libertà»25.


Coloro che hanno studiato la sua vita e la sua personalità sono d’accordo ad affermare che il suo carattere affabile non era spontaneo26, come non lo era in Don Bosco. San Francesco di Sales si propose come modello l’imitazione di Gesù Cristo, mite e umile di cuore27, e si può dire che la dolcezza fu la sua virtù caratteristica. Una « dolcezza però ben diversa da quell’amabilità artefatta che consiste tutta nella ricercatezza dei modi e nello sfoggio di un’affabilità cerimoniosa, e affatto aliena sia dall’apatia, che di nulla si commuove, sia dalla timidità che non ardisce, anche quando bisogna, indignarsi. Tale virtù, germogliata nel cuore del Sales come frutto soavissimo della carità, nutrita in lui dallo spirito di compassione e di accondiscendenza, ne temprava con la sua dolcezza la gravità dell’aspetto e ne illeggiadriva la voce ed il gesto in modo da conciliargli presso tutti la più affettuosa riverenza»28.

Fu questa dolcezza che attirò anche Don Bosco, fin dall’inizio del suo lavoro pastorale, e che caratterizzò anche il suo stile educativo nel rapporto con i suoi ragazzi. Riflettere oggi sulla bontà e sulla dolcezza, da Roma, ci permette di intuire alcuni dei sentimenti che Don Bosco stesso aveva nei confronti dei suoi ragazzi e che trasmise, non senza dolore, nella lettera del 10 maggio 1884 ai suoi salesiani. In essa ci ricorda: «La carità di quelli che comandano, la carità di quelli che devono obbedire faccia regnare fra di noi lo spirito di san Francesco di Sales»29. Don Bosco ci insegna che l’accoglienza, la cordialità, la gentilezza, la bontà, la pazienza, l’affetto, la fiducia, la dolcezza, la mitezza, sono espressioni dell’amore che genera fiducia e familiarità. È in questo ambiente che nasce la nostra spiritualità salesiana, ricca di comprensione e misericordia, di accoglienza e della capacità di attendere con pazienza la crescita dei giovani.

Come Francesco di Sales, Don Bosco voleva vivere con la mitezza e l’umiltà di cuore di Gesù (Mt 11,29). Nel sogno a nove anni ricevette un comando dalla “Maestra”, in mezzo a una folla di capre, cani, gatti, orsi e altri animali: «Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte, robusto; e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo pei figli miei»30. Commuove che nei primi ricordi registrati nelle Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales, che Don Bosco scrisse per obbedienza, l’atteggiamento umile con cui affrontare le difficoltà ha un’alta priorità.

Le qualità della mitezza e dell’umiltà di cuore furono per Francesco di Sales gli unici aiuti per la sua missione nella regione dello Chablais, dove come missionario svolse una bellissima opera pastorale, modello di stile apostolico oggi. In modo molto diverso da altri missionari, che cercavano di farsi temere, Francesco di Sales attirò più mosche con un cucchiaio del suo solito miele che con un barile di aceto!31.

Questo spirito di bontà, dolcezza e mitezza si è profondamente inciso nei primi salesiani, dal momento che appartiene alla nostra più antica tradizione. Tutto sta ad indicare che non possiamo trascurarlo, né tantomeno perderlo, con il rischio di danneggiare significativamente la nostra identità carismatica. Il modo in cui questo spirito di bontà e gentilezza si trasmette e si comunica tra di noi si può vedere nella vita dei ragazzi che sono diventati salesiani, proprio per la loro personale esperienza del tratto familiare, accogliente, gentile e rispettoso offerti dalla convivenza con Don Bosco e con i primi salesiani a Valdocco. Infatti, nei primi tempi si parlava di un “quarto voto salesiano”, che comprendeva la bontà (prima di tutto), il lavoro e il sistema preventivo32.

Unendo questa testimonianza a quella lasciata dai testimoni del sogno della Lettera da Roma, in particolare Valfré, che appare nel sogno e che era all’Oratorio prima del 1870, leggiamo:


«Era una scena tutta vita, tutta moto, tutta allegria. Chi correva, chi saltava, chi faceva saltare [...] In un luogo era radunato un crocchio di giovani che pendeva dal labbro di un prete il quale narrava una storiella. In un altro luogo un chierico che in mezzo ad altri giovanetti giuocava all’asino vola ed ai mestieri [...] Si vedeva che fra i giovani e i superiori regnava la più grande cordialità e confidenza [...] la famigliarità porta amore, e l’amore porta confidenza […] apre i cuori»33.


Non possiamo immaginare una presenza salesiana nel mondo, una presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei Salesiani di Don Bosco e degli attuali trentadue gruppi che compongono la Famiglia Salesiana di Don Bosco, che non abbia questa caratteristica della bontà come elemento distintivo, o almeno dovremmo averla, come ha voluto ricordare Papa Francesco con la sua illuminante espressione della “opzione Valdocco” 34. Si tratta della nostra opzione per lo stile salesiano fatto di gentilezza, affetto, familiarità e presenza. Abbiamo un tesoro, un dono ricevuto da Don Bosco, che ora tocca a noi ravvivare.

Nella Carta d’Identità della Famiglia Salesiana vediamo che l’affetto e l’amorevolezza salesiana sono un aspetto caratteristico dell’identità della Famiglia Salesiana.


«L’amorevolezza di Don Bosco è, senza dubbio, un tratto caratteristico della sua metodologia pedagogica ritenuto valido anche oggi, sia nei contesti ancora cristiani sia in quelli dove vivono giovani appartenenti ad altre religioni.

Non è però riducibile solo a un principio pedagogico, ma va riconosciuta come elemento essenziale della nostra spiritualità.

Essa infatti è amore autentico perché attinge da Dio; è amore che si manifesta nei linguaggi della semplicità, della cordialità e della fedeltà; è amore che genera desiderio di corrispondenza; è amore che suscita fiducia, aprendo la via alla confidenza e alla comunicazione profonda (“l’educazione è cosa di cuore”); è amore che si diffonde creando un clima di famiglia, dove lo stare insieme è bello ed arricchente»35.


Francesco di Sales attirava la gente con la sua dolcezza. San Vincenzo de’ Paoli lo descrisse come la persona più simile a nostro Signore36. Aveva imparato da Gesù, mite e umile di cuore. Questo cuore di Gesù ha un profondo significato per Francesco di Sales e per Don Bosco. L’amore di Dio fatto carne trova nel cuore umano di Gesù l’espressione più eloquente dell’amore. A partire dalla libertà con cui Dio crea l’umanità, attraverso la dolcezza, la bontà e l’affetto come modo di Dio di trattare i suoi figli e le sue figlie, arriviamo al centro della spiritualità salesiana, che è anche il modello del nostro essere e vivere: l’amore.

Per molti dei nostri giovani, l’esperienza maggiormente ricordata dell’incontro con la famiglia salesiana nel mondo è molto spesso il tratto familiare, l’accoglienza e l’affetto con cui si sentono trattati. Insomma, lo spirito di famiglia.

Da dove provengono la capacità di amore e di amabilità, di donazione e di consegna di sé in Francesco di Sales? Senza dubbio dalla profonda certezza che raggiunse dopo aver superato due forti crisi che lo fecero sentire indegno dell’amore di Dio. Infatti, l’esperienza della crisi e dell’oscurità, che tutti possiamo sperimentare, è stata vissuta anche da grandi santi come Teresa d’Avila, Teresa di Calcutta, San Giovanni della Croce ecc... In Francesco di Sales nacque una speranza purificata che lo ha portato a confidare non nei propri meriti, ma nella misericordia e nella bontà di Dio. Si è mosso nella direzione del “puro amore”, un amore che ama Dio per se stesso. Dio non ci ama perché siamo buoni, ma perché Lui è buono, e noi non amiamo Dio perché vogliamo qualcosa di buono da Lui, ma perché Lui stesso è il bene più grande. Il compimento della volontà di Dio non si raggiunge attraverso sentimenti di “indegnità”, ma con la speranza nella misericordia e nella bontà di Dio. Questo è l’ottimismo salesiano. Questa prospettiva ci porta a rifiutare con convinzione qualsiasi idea che raffiguri Dio come un giustiziere arbitrario, e ad accettare invece il Dio rivelato da Gesù - un Dio che misericordia e amore - e contemplare come in Francesco di Sales il suo cuore si allarga quando percepisce l’amore infinito di Dio. Così, quando ci parla dell’amore di Dio, egli parla della propria esperienza, del suo vissuto. Dunque, Francesco di Sales risponde all’amore di Dio con l’amore. Questa dichiarazione profondamente sincera, che fa in preghiera, è davvero commovente:


«Qualunque cosa accada, Signore, tu che hai in mano tutte le cose e le cui vie sono giustizia e verità; qualunque cosa tu abbia deciso per me su questo segreto eterno della predestinazione e della riprovazione; tu i cui giudizi sono un abisso profondo, tu che sei sempre un giudice giusto e un Padre misericordioso, io ti amerò, Signore, almeno in questa vita, se non mi è dato di amarti nella vita eterna; tu i cui giudizi sono un abisso profondo, tu che sei sempre un giudice giusto e un padre misericordioso, io ti amerò, o Signore, almeno in questa vita, se non mi sarà dato di amarti nella vita eterna; almeno ti amerò qui, o Dio, e spererò sempre nella tua misericordia, e ripeterò sempre tutte le tue lodi, nonostante tutto ciò che l’angelo di Satana sostiene per ispirarmi contro. O Signore Gesù, tu sarai sempre la mia speranza e la mia salvezza nella terra dei vivi. Se, perché necessariamente me lo merito, devo essere maledetto tra i maledetti che non vedranno il tuo dolce volto, concedimi almeno di non essere tra coloro che maledicono il tuo santo nome»37.


La crisi di Francesco di Sales ha rivelato la parte più profonda del suo essere: un cuore innamorato di Dio. Comprese che la sottomissione della propria volontà, a imitazione di Cristo nell’Orto degli Ulivi, è il vertice dell’amore puro. Una tale risposta può essere data solo per puro amore, e scaturisce dal centro più sublime dello spirito. È un amore basato sulla fedeltà e sul sacrificio per la persona amata. Gesù, nell’agonia del giardino, è il nostro modello: «Non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36)38.

La convinzione che l’amore di Dio non si basa sul sentirsi bene, ma sul fare la volontà di Dio Padre, è il centro della spiritualità di Francesco di Sales e deve essere il modello per tutta la famiglia di Don Bosco. In modo splendido Francesco lo esprime alludendo alla necessità di fare un cammino dalle consolazioni di Dio al Dio delle consolazioni, dall’entusiasmo al vero amore, rimanendo fedeli in mezzo alle prove; passando dall’innamoramento al vero amore per gli altri. Un amore puro, disinteressato, che non cerca nulla per sé, decentrato da sé. Dio, che vuole salvare tutti, ci mostra che l’amore perfetto allontana ogni paura. Fare tutto per amore, niente per paura, perché è la misericordia di Dio e non i nostri meriti che ci spinge ad amare.

A partire da questa spiritualità salesiana, sarà significativo per noi scoprire l’amore incondizionato di Dio come centro di tutto il dinamismo della carità e dello zelo pastorale verso gli altri che Francesco di Sales prima, e Don Bosco poi, hanno sviluppato magnificamente.



  1. Un Amore incondizionato e senza restrizioni:

imitando la pazienza di Dio, incontriamo i giovani al punto in cui si trova la loro libertà”.


La santità per tutti è un elemento essenziale della proposta spirituale di Francesco di Sales, fondata sull’amore per Dio, per tutti e per ciascuno. Questo amore ha nella devozione al Sacro Cuore di Gesù un solido modello da imitare e da seguire. Insieme alla mitezza e all’umiltà, sottomettere la propria volontà, a imitazione di Cristo nell’Orto degli Ulivi, è il vertice dell’amore puro. Amare è un atto di volontà, un atto di abbandono, in cui si sceglie la volontà di Dio.

Nel Trattato dell’Amore di Dio, Francesco di Sales cita il cuore più di trecento volte. Essendo un umanista cristiano, continuamente si richiama alla persona creata a immagine e somiglianza di Dio; e nella persona umana ritrova la “perfezione dell’universo”:


«L’uomo è la perfezione dell’universo; lo spirito è la perfezione dell’uomo; l’amore è la perfezione dello spirito e la carità è la perfezione dell’amore. Quindi, l’amore di Dio è il fine, la perfezione e l’eccellenza dell’universo. In questo consiste la grandezza e il primato del comandamento dell’amore divino, chiamato dal Salvatore il più grande e primo comandamento»39.


Il cuore dell’essere umano (donna e uomo), un cuore prodigo quando si allontana dal bene, conserverà sempre quella volontà che continua ad attirarlo al bene, perché questo è il modo nel quale Dio ci ha creato, e noi non possiamo arrivare a Dio con le nostre sole forze, dipendendo solo dalla nostra natura umana, se lui non ci aiuta con la sua provvidenza, con la sua grazia e con il suo amore. L’inclinazione naturale verso il bene, il bello e il vero può essere sufficiente per farci partire, per metterci in cammino, ed è lì che l’azione di Dio in noi, la sua grazia, che non è negata a nessuno che lo cerchi, ci assiste e ci guida.

Se Sant’Agostino diceva che «il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te»40, seguendo il pensiero di Francesco di Sales, potremmo dire con von Balthasar, che «il tuo cuore [Dio] finché noi non riposiamo in te, e tempo ed eternità sprofondano l’uno nell’altra»41.

Nella tradizione salesiana troviamo numerosi esempi della devozione preferenziale al Cuore di Gesù, sia in Francesco di Sales sia in Giovanna di Chantal, e in modo molto speciale in una delle sue figlie della Visitazione, Santa Margherita Maria Alacoque; fino ad arrivare al tempo di Don Bosco con l’impulso particolare dato alla devozione da parte di Papa Pio IX42, che beatificò Margherita Maria Alacoque e che dichiarò nel 1877 San Francesco di Sales Dottore della Chiesa. L’epoca di Don Bosco è stata segnata dalla devozione al Sacro Cuore di Gesù e, fin dalla costruzione della Basilica realizzata dal nostro Padre, su richiesta del Papa Pio IX, la famiglia salesiana è legata all’Amore di Gesù espresso nel suo cuore. Forse questo è un altro punto di somiglianza e di contatto tra San Francesco di Sales e Don Bosco: la fedeltà alla Chiesa e alla missione di annunciare il Vangelo, mettendo Cristo al centro dell’azione pastorale allo scopo di raggiungere tutti. Non è irrilevante definire la Basilica minore del Sacro Cuore di Roma “Tempio Internazionale”, come il “Tibidabo” a Barcelona e molti altri templi dedicati al Sacro Cuore di Gesù in tutto il mondo salesiano e, naturalmente, nella Chiesa intera.

Nel Cuore di Gesù c’è, viva, la presenza incarnata dell’amore di Dio e la sua volontà di redenzione del mondo. Questo ci assicura che l’ultima parola di Dio nel mondo è Lui, l’amore. Il Papa emerito Benedetto XVI, nella sua preziosa e magistrale enciclica Deus Caritas Est, descrive Gesù Cristo come l’incarnazione dell’amore di Dio, la manifestazione dell’intervento di Dio nella storia umana, che trova in Gesù la sua massima espressione:


«Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro alla pecorella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare. Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo — amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr 19, 37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera enciclica: “Dio è amore” (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare»43.


Questo piccolo excursus sulla devozione al Sacro Cuore ci avvicina anche al centro della nostra spiritualità. Non c’è bontà, non c’è dedizione ai bisognosi, non c’è amabilità o libertà, non c’è carità o nessuno dei tratti che abbiamo presentato, se manca la fonte originale dell’Amore di Dio. È l’amore e non il peccato che spiega la libera decisione di Dio di far parte dell’umanità e di essere uno di noi. Così capiamo che l’incarnazione, il divenire dell’uomo, è stato eternamente voluto da Dio. Non è una sorta di piano “b” che Dio inventa a causa del peccato dell’uomo. Anche se non ci fosse stato il peccato dal quale redimerci, Dio si sarebbe comunque fatto uomo. Questa è la profonda convinzione di Francesco di Sales. L’incarnazione, inoltre, non è solo un fatto storico, ma continuo, metafisico e personale. Dio si incarna nella nostra storia, per pura e gratuita iniziativa Sua.

Da qui l’apostolato e la nostra dedizione alla missione prendono pienezza di significato, quale imitazione di Colui che ha dato la sua vita per amore per noi; amando allo stesso modo, con il dono della nostra vita, con quell’umiltà che Francesco di Sales chiamava “carità discendente”, entrando in relazione con gli altri, facendoci piccoli con i piccoli, per amore, per elevarli. Questa è l’“estasi”, uscire da se stessi e ad andare incontro agli altri con un atteggiamento di servizio come nella lavanda dei piedi di Gesù (Gv 13): «Gesù li chiamò a sé e disse: “Chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo”, e “come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”» (Mt 20, 27-28).

Alla luce della Parola del Signore e seguendo il buon esempio di Francesco di Sales, leggiamo la paternità di Don Bosco, espressione del suo amore incondizionato per i giovani poveri, abbandonati e in pericolo.

Nella nostra spiritualità salesiana, la devozione e la vita spirituale non sono separate dall’apostolato e dall’esercizio della carità. Per questo, accanto alla chiesa, Don Bosco volle un centro educativo e formativo per i suoi ragazzi; una casa che, come quella di Valdocco e come tutte le altre del mondo, fosse una casa per i giovani più bisognosi. Cortili dove potessero incontrarsi con gli amici. È così che si completa e si realizza in pienezza l’autentica devozione che conduce all’esercizio della carità verso il prossimo. Don Bosco vuole che l’amore per Cristo ci porti all’amore per i giovani, caratteristica salesiana della nostra vita e sfida permanente per la Famiglia di Don Bosco oggi e sempre.



  1. Con la necessità di una guida spirituale:

li accompagniamo perché maturino solide convinzioni”.



La Famiglia salesiana continua a praticare l’arte dell’accompagnamento, la stessa arte che Francesco di Sales e Don Bosco hanno sviluppato, ciascuno nel proprio tempo. Il ministero, il servizio della guida spirituale, è stato ed è stimato nella Chiesa come qualcosa di veramente importante nella pedagogia e nel sistema educativo salesiano e che dovremo esercitare ancora meglio: l’accompagnamento. Anche per questa sfida mettiamo in pratica i principi salesiani, quelli ereditati da Francesco di Sales: la bontà, la amabilità, la pazienza, l’ascolto, l’attesa.

I giovani di oggi, come quelli di tutti i tempi, stanno aspettando una mano amica che li aiuti nel loro cammino. La direzione spirituale che Francesco di Sales offriva a tante persone, aiutandole a camminare verso Dio nello stato di vita in cui si trovavano, era ciò che Don Bosco faceva con i suoi giovani. Accompagnando ognuno di loro attraverso un ambiente educativo e il contatto personale. Non per niente Don Bosco ha inventato la “parolina all’orecchio”: un modo per dire che proponeva a ciascuno un cammino personale di santità e di crescita nella propria vita, fino a diventare ciò che Dio aveva “sognato” per ognuno di loro.

Riflettere su questo servizio ai giovani ci incoraggia ad approfondire il significato che l’accompagnamento della persona ha per noi. È un modo prezioso di servire gli altri con la generosità del tempo dedicato all’ascolto. Non c’è niente di più apprezzato nella relazione tra le persone del tempo generosamente donato all’ascolto dell’altro: lasciando altri impegni, altre mansioni, offrendo piena disponibilità per accogliere, ascoltare, orientare, guidare, proporre, accompagnare.

Nel IV centenario della morte di San Francesco di Sales non possiamo dimenticare questo semplice e umile servizio ai giovani, che esprime chiaramente l’apprezzamento e l’importanza che diamo alla loro vita quando dedichiamo il nostro tempo per stare con loro, ascoltarli, capirli e aiutarli a seguire nella loro vita il progetto che Dio propone loro. Per noi, seguaci della spiritualità di San Francesco di Sales in Don Bosco, aiutare i giovani a scoprire e seguire la volontà di Dio dà senso alla nostra vocazione educativa ed evangelizzatrice. Questo è anche il motivo per cui siamo nati nella Chiesa, la ragione per la quale lo Spirito Santo ha suscitato il carisma salesiano in Don Bosco e vissuto oggi nella sua famiglia religiosa.

In questa dimensione del servizio pastorale di accompagnamento, si concretizza ed esprime la nostra predilezione per i giovani poveri e abbandonati. Non è certamente lo stesso ambiente culturale, né sono le stesse persone che accompagnava Francesco di Sales. Tuttavia, non c’è differenza nell’importanza data alla ricerca della volontà di Dio nella vita di ogni persona, di ogni giovane, di ogni destinatario della nostra missione. Diventa chiaro che la persona di fronte a noi è importante quando si lasciano da parte altre cose per prestare attenzione alla sua vita, alla sua storia, alla sua situazione. Questo è il modo concreto di mettere in pratica il motto di Don Bosco: “Da mihi animas, caetera tolle” - tanto urgente e importante per noi oggi quanto lo era per lui.

Nella vivacità del linguaggio salesiano, troviamo il desiderio di Don Bosco di diventare “l’amico dell’anima” di tanti giovani, così come Francesco di Sales aveva sperimentato quell’amicizia spirituale che nasceva nelle persone che accompagnava. Don Bosco, seguendo le orme di Francesco di Sales, cercò di condurre i suoi giovani all’amicizia con Dio, centro di tutta la vita spirituale: nella vita quotidiana, sia nelle circostanze più ordinarie sia nei momenti speciali e difficili. Voleva essere quell’amico per quei giovani che potevano fidarsi di lui, e come amico e padre avvicinarli a Dio. Così racconta lo stesso Don Bosco:


«Fu in quelle occasioni che mi accorsi come parecchi erano ricondotti in quel sito perché abbandonati a se stessi. “Se questi giovanetti avessero fuori un amico, che si prendesse cura di loro, li assistesse e li istruisse nella religione nei giorni festivi, chi sa che non possano tenersi lontani dalla rovina o almeno diminuire il numero di coloro, che ritornano in carcere?”. Comunicai questo pensiero a don Cafasso, e col suo consiglio e co’ suoi lumi mi sono messo a studiar modo di effettuarlo abbandonandone il frutto alla grazia del Signore senza cui sono vani tutti gli sforzi degli uomini »44.


Nell’Introduzione alla vita devota, Francesco di Sales proponendo la ricerca dell’“amico dell’anima” per poter camminare nella vita, non pone alcuna condizione. In questo consiste anche l’accettazione incondizionata. Questo è lo “stile salesiano di accompagnamento”45.


«Quando il giovane Tobia ricevette l’ordine di recarsi a Rage, rispose: “Non conosco la strada”. Il padre gli disse allora: “Va’ tranquillo e cerca qualcuno che ti faccia da guida”. Ti dico la stessa cosa, Filotea. Vuoi metterti in cammino verso la devozione con sicurezza? Trova qualche uomo capace che ti sia di guida e ti accompagni; è la raccomandazione delle raccomandazioni. Qualunque cosa tu cerchi, dice il devoto Avila, troverai con certezza la volontà di Dio soltanto sul cammino di una umile obbedienza, tanto raccomandata e messa in pratica dai devoti del tempo antico.”46.


Trovare quegli amici dell’anima che ci accompagnano nel nostro cammino sarebbe anche un bel frutto di questo centenario salesiano. Don Bosco ha tenuto molto conto di questo, e lo ha concretizzato con l’accoglienza incondizionata, la cura dell’ambiente e della presenza, l’amicizia, l’affetto, la fiducia, la ricerca del bene di ogni persona, l’ascolto di Dio che ha messo sul nostro cammino proprio la persona che ci può accompagnare. Lui stesso mostra dalla sua propria esperienza il grande valore dell’accompagnamento nella sua vita, specialmente in certi momenti decisivi. Egli dice:


« Don Cafasso, che da sei anni era mia guida, fu eziandio mio direttore spirituale, e se ho fatto qualche cosa di bene lo debbo a questo degno ecclesiastico nelle cui mani riposi ogni mia deliberazione, ogni studio, ogni azione della mia vita»47.


Francesco di Sales aveva scritto su questo argomento nella sua Filotea:


«[Questo amico] per te deve rimanere sempre un Angelo: ossia, quando l’avrai trovato, non fermarti a dargli stima come uomo, e non riporre la fiducia nelle sue capacità umane, ma in Dio soltanto, che ti incoraggerà e ti parlerà tramite quell’uomo, ponendogli nel cuore e sulla bocca ciò che sarà utile al tuo bene; tu devi ascoltarlo come un Angelo venuto dal cielo per condurti là. Parla con lui a cuore aperto, in piena sincerità e schiettezza; manifestagli con chiarezza il bene e il male senza infingimenti e dissimulazione: in tal modo il bene sarà apprezzato e reso più solido e il male corretto e riparato; nelle afflizioni ti sarà di sollievo e di forza, nelle consolazioni di moderazione e misura. Devi riporre in lui una fiducia senza limiti, unita a un grande rispetto, ma in modo che il rispetto non diminuisca la fiducia e la fiducia non tolga il rispetto. Apriti a lui con il rispetto di una figlia verso il padre e portagli rispetto con la fiducia di un figlio verso la madre; per dirla in breve: deve essere una amicizia forte e dolce, santa, sacra, degna di Dio, divina, spirituale»48.


Alla fine del suo periodo al Convitto ecclesiastico di Torino, Don Bosco volle che la volontà di Dio guidasse i suoi passi in ciò che doveva iniziare, e si affidò al giudizio di chi lo conosceva meglio e poteva orientarlo: Don Cafasso. In questo breve dialogo con lui, ci mostra come aveva assimilato pienamente ciò che Francesco di Sales aveva insegnato sull’indifferenza, sulla ricerca sincera e sull’obbedienza nell’accompagnamento. Ci mostra un modo di vivere - non una proposta rivolta agli altri, ma da mettere in pratica noi stessi per primi.


«Un giorno don Cafasso mi chiamò a sé e mi disse: “Ora avete compiuto il corso dei vostri studi; uopo è che andiate a lavorare. In questi tempi la messe è copiosa assai. A quale cosa vi sentite specialmente inclinato?”.

A quella che ella si compiacerà di indicarmi.

Vi sono tre impieghi: vicecurato a Buttigliera d’Asti; ripetitore di morale qui al Convitto; direttore del piccolo Ospedaletto accanto al Rifugio126. Quale scegliereste?

Quello che ella giudicherà.

Non vi sentite propensione ad una cosa più che ad un’altra?

La mia propensione è di occuparmi per la gioventù. Ella poi faccia di me quel che vuole; io conosco la volontà del Signore nel suo consiglio.

In questo momento che cosa occupa il vostro cuore, che si ravvolge in mente vostra?

In questo momento mi pare di trovarmi in mezzo ad una moltitudine di fanciulli, che mi dimandano aiuto.

Andate adunque a fare qualche settimana di vacanza. Al vostro ritorno vi dirò la vostra destinazione.

Dopo quelle vacanze don Cafasso lasciò passare qualche settimana senza dirmi niente; io gli chiesi niente affatto.

Perché non dimandate quale sia la vostra destinazione? mi disse un giorno.

Perché io voglio riconoscere la volontà di Dio nella sua deliberazione e voglio metter niente del mio volere.

Fatevi il fagotto e andate col teologo Borel; là sarete direttore del piccolo Ospedale di Santa Filomena; lavorerete anche nell’Opera del Rifugio. Intanto Dio vi metterà tra mano quanto dovrete fare per la gioventù.

A prima vista sembrava che tale consiglio contrariasse le mie inclinazioni, perciocché la direzione di un ospedale, il predicare e confessare in un istituto di oltre a quattrocento giovanette, mi avrebbero tolto il tempo ad ogni altra occupazione. Pure erano questi i voleri del cielo, come ne fui in appresso assicurato»49.


Nella spiritualità di Francesco di Sales scopriamo, quindi, per quanto riguarda l’accompagnamento, che il nostro stile educativo è una “mistagogia spirituale” che si fa carico dell’altro con un’amicizia educativa che illumina, introduce nella vita interiore e genera una relazione con Dio; con uno stile di vita e un rapporto amichevole, gioviale, stretto, che non è superficiale, ma capace di accompagnare ciascuno in un cammino che conduce all’Amore di Dio. E anche l’accompagnatore salesiano deve avere gli atteggiamenti propri di chi vive il sistema preventivo e la carità pastorale50.



  1. Tutto per amore”:

affinché “siano progressivamente responsabili nel delicato processo di crescita della loro umanità nella fede”.



Un elemento che attraversa tutta la spiritualità salesiana (di Francesco di Sales) è il grande valore dato alla preghiera. Ho fatto riferimento in queste pagine ad alcune forme di espressione devozionale, come quella al Sacro Cuore, all’atteggiamento fondamentale della fiducia, all’abbandono nelle mani della Provvidenza, alla consapevolezza di avere in noi un “santuario interiore”, all’amicizia con Dio che dobbiamo coltivare, e alla bontà di Dio che non rifiuta mai il suo aiuto a coloro che fanno tutto quello che possono e sono fedeli nelle piccole cose.

Si può percepire in tutto ciò lo zelo pastorale di Francesco di Sales, la sua pazienza con tutti, la sua bontà, il suo ottimismo, la sua fortezza d’animo e anche il suo desiderio di comunicare a tutti la buona notizia del Vangelo. Tutto frutto della sua relazione con Dio, profonda e semplice allo stesso tempo, quotidiana e come vera amicizia. La sua vita di preghiera è la sua storia personale d’amore con Dio, con i suoi progressi e gli esercizi per evitare che il suo rapporto con il Cuore del suo cuore, centro della sua vita, si raffreddi.

Per Francesco di Sales, la preghiera come comunicazione con Dio è il cuore dell’uomo che parla al cuore del Signore. È la forma di preghiera della spiritualità incarnata. Dio non è solo Dio del cuore umano, ma anche “amico del cuore umano”.

La preghiera ci permette di trovare questo cuore di Dio e di conformare il nostro cuore al suo. «Uniamo la nostra volontà a Dio per gustare e sentire la dolcezza della sua incomprensibile bontà, perché, dalla cima di questa scala, Dio, chinandosi verso di noi, ci dà il bacio d’amore e ci fa assaggiare i sacri seni della sua dolcezza, migliori del vino»51.

Francesco di Sales vive la preghiera come un dialogo di cuori in cui Dio prende l’iniziativa.


«Mai un regalo è più piacevole di quando ci viene fatto da un amico. I comandi più dolci diventano aspri se li impone un cuore tirannico e crudele, e ci sembrano molto docli, quando sono dettati dall’amore. La servitù sembrava a Giacobbe come la regalità, perché veniva dall’amore. Molti osservano i comandamenti come chi prende una medicina, cioè più per paura della morte e della dannazione che per il piacere essere graditi a Dio. Al contrario, il cuore innamorato ama i comandamenti, e quanto più sono difficili, tanto più gli sembrano gradevoli e piacevoli, perché in questo modo piace di più all’Amato, e maggiore è l’onore che gli rende»52.


Si tratta di amare la volontà di Dio, di metterla in pratica, di trovare nella preghiera il miglior sostegno per compierla. La chiave di questa spiritualità è che ci rivolgiamo alla preghiera per stare con colui che sappiamo che ci ama, per far coincidere il battito del nostro cuore con quello del Maestro, come il discepolo amato, per contemplare, poiché la preghiera non è pensare molto ma amare molto; e per riposare in Lui, come modo per recuperare e ritrovare la forza per continuare ad amare.


La carità come misura della nostra preghiera

La carità è la misura della nostra preghiera, perché il nostro amore per Dio si manifesta nell’amore per il prossimo. Questa è la “preghiera della vita” che è così importante per San Francesco di Sales53. Consiste nel compiere tutte le nostre attività nell’amore e per amore di Dio, in modo tale che tutta la nostra vita diventi una preghiera continua. Chi fa opere di carità, visita i malati, assiste nel cortile, dà tempo agli altri per ascoltarli, accoglie chi ha bisogno, ... sta pregando. Gli impegni e le occupazioni non devono impedire l’unione con Dio, e chi pratica questa forma di preghiera non corre il pericolo di dimenticare Dio. Quando due persone si amano - conclude Francesco di Sales - i loro pensieri sono sempre rivolti l’uno verso l’altro.

I mezzi semplici che propone per raggiungere l’unione con Dio - tema tanto caro alla nostra spiritualità di figli e figlie di Don Bosco - li riconosciamo proprio nelle pratiche di pietà che Don Bosco proponeva ai suoi ragazzi e ai suoi primi salesiani. A coloro che sono occupati nelle cose temporali, consiglia di trovare momenti, anche molto brevi, di raccoglimento per unire il cuore a Dio con brevi sospiri, giaculatorie e buoni pensieri, o per prendere coscienza di Dio nel nostro spirito. Mentre siamo in mezzo a conversazioni o attività, possiamo sempre rimanere alla presenza di Dio. In questo modo, la vera preghiera non trascura gli obblighi della vita quotidiana. Chi ha sperimentato tutto questo, riconosce che Francesco di Sales viveva ciò che consigliava e insegnava agli altri. Quello che faceva, lo faceva per Dio e in Dio. Egli considerava questa “preghiera attiva” migliore delle altre. Quando era oberato da compiti e impegni, non dedicava quasi nessun tempo alla preghiera formale: «la sua vita era una continua preghiera»54.

Nell’Introduzione alla vita devota, Francesco di Sales presenta i gradi della preghiera, seguendo da vicino l’esempio di Santa Teresa di Gesù (preghiera vocale, mentale, contemplativa e silenziosa). Per la nostra pratica quotidiana, varrebbe la pena di approfondire il valore della meditazione per Francesco di Sales, il quale considera che come un orologio è caricato per non fermarsi, così la preghiera e il tempo dedicato al Signore nella meditazione e nell’esame di coscienza, e altre pratiche di pietà, mantengono vivo il nostro zelo, il nostro ardore apostolico e il nostro desiderio di appartenenza a Dio. Conviene trovare momenti per ritirarsi nel proprio cuore, lontano dal trambusto e dall’attivismo, e conversare cuore a cuore con Dio.


«Un orologio, per buono che sia, bisogna caricarlo e dargli la corda almeno due volte al giorno, al mattino e alla sera, e inoltre, almeno una volta all’anno, bisogna smontarlo completamente, per togliere la ruggine accumulata, raddrizzare i pezzi storti e sostituire quelli troppo consunti. La stessa cosa deve fare chi ha seriamente cura del proprio cuore; lo deve ricaricare in Dio, sera e mattina, per mezzo degli esercizi indicati sopra; deve inoltre ripetutamente riflettere sul proprio stato, raddrizzarlo e ripararlo; e, infine, deve smontarlo almeno una volta all’anno, e controllare accuratamente tutti i pezzi, ossia tutti i suoi sentimenti e le sue passioni, per riparare tutti i difetti che vi scopre. E, allo stesso modo che l’orologiaio unge con olio speciale gli ingranaggi, le molle e tutte le parti meccaniche dell’orologio, affinché tutti i movimenti siano più dolci, e la ruggine abbia meno presa, così la persona devota, dopo aver smontato il proprio cuore per rinnovarlo, deve ungerlo con i Sacramenti della Confessione e dell’Eucarestia. Questo esercizio ti farà recuperare le forze indebolite dal tempo, ti riscalderà il cuore, farà riprendere vigore ai tuoi buoni propositi e rifiorire le virtù del tuo spirito»55.


Quando il processo è autentico, la preghiera porta all’azione e viceversa. Il valore aggiunto è che la preghiera è praticata con la semplicità e con l’abbandono del “nulla chiedere, nulla rifiutare”. E questo aiuta a purificare le motivazioni della sequela, permette di essere guidati da Dio e dispone in noi un’autentica libertà.


Maria, la madre di Gesù. Rivolgiamoci a questa Madre, invochiamo il suo amore materno.

Farò solo un breve e sintetico riferimento, ma voglio sottolineare che la crescita umana nella fede trova anche un modello in Maria, la madre di Gesù56. San Francesco di Sales diceva che l’opera della Visitazione, fondata insieme a Giovanna di Chantal, avrebbe avuto come simbolo un cuore trafitto da due frecce, coronato da una croce, circondato da una corona di spine e con i sacri nomi di Gesù e Maria incisi su di esso. Maria appare nella teologia di Francesco di Sales in una forma simile a quella che sarà la teologia del Concilio Vaticano II. Maria è nel cuore della Chiesa. E la sua missione è quella di attirare e portare tutti a suo Figlio57. Ed è per questo che Francesco di Sales incoraggia ad unirsi a Maria, come i discepoli, per ricevere la fonte dell’unità, lo Spirito Santo.


«Onora, riverisci e rispetta con amore speciale la santa e gloriosa Vergine Maria: ella è Madre del nostro Padre sovrano e perciò anche nostra cara nonna. Ricorriamo a Lei quali nipotini, gettiamoci sulle sue ginocchia con assoluta fiducia; in ogni momento, in ogni circostanza, facciamo appello a questa dolce Madre, invochiamo il suo amore materno e, facendo ogni sforzo per imitare le sue virtù, abbiamo per Lei un sincero cuore di figli»58.


Inoltre, la figura di Maria, modello di tutte le virtù, presentata come “rivestita di Cristo”, percorre come suo Figlio il cammino dell’umiltà, con la sua totale dipendenza da Dio, disponibile a Lui; riceve abbondantemente la generosità di Dio. Quando canta nel suo Magnificat l’umiltà della serva, è perché ha attirato lo sguardo di Dio.

Infine, il tratto salesiano della devozione alla Vergine, nostra madre e guida, corrisponde alla fiducia che Don Bosco riponeva in Maria come Consolata, Immacolata e Ausiliatrice di tutti i fratelli di suo Figlio. Lei coopera al piano di salvezza di Dio e, nelle parole di Francesco di Sales, Dio «ha fatto passare Maria attraverso tutti gli stati di vita, affinché tutti possano trovare in lei ciò di cui hanno bisogno per vivere adeguatamente il proprio stato di vita»59. In lei vediamo ciò che Dio è pronto a fare con il suo amore, quando trova cuori disponibili come quello di Maria. Svuotandosi, riceve la pienezza di Dio. Rimanendo disponibile a Dio, Egli è in grado di compiere in lei grandi cose.

La contemplazione di Maria, con la sua vita e il suo sì a Dio, ci invita ad aprirci all’amore di Dio, nella consapevolezza che il cuore di Gesù, sull’albero della croce, ci contempla e ci ama. In Maria vediamo completato il vero destino del nostro cuore, il cuore di Dio.


Francesco di Sales, un umanista cristiano che comunica Dio


C’è un’altra caratteristica di Francesco di Sales per la quale è forse più conosciuto negli ambienti culturali del nostro mondo: è il Patrono dei giornalisti. In un’epoca in cui la comunicazione si realizza in tanti modi, con i suoi innegabili vantaggi e difetti, Francesco di Sales si distingue per un valore che dà dignità alla professione giornalistica: la ricerca e la diffusione della verità.

Quando Papa Pio XI, nel 1923, dichiarò Francesco di Sales patrono dei giornalisti60, ne indicò le principali caratteristiche di comunicatore. La sua amabile via di santità mostrò agli altri, attraverso i suoi scritti, la via sicura e semplice della perfezione cristiana.

Mostrare, come fece Francesco di Sales, che la santità è per tutti e che è perfettamente conciliabile con tutti gli uffici e le condizioni della vita civile, comporta anche saper comunicare i contenuti della fede e della religione in un linguaggio semplice, comprensibile e gradevole. E questa è la virtù e la caratteristica salesiana di una comunicazione della verità, con ogni strumento possibile, affinché l’annuncio raggiunga tutti e aiuti tutti a comprendere il messaggio che si intende trasmettere.

Questo desiderio di comunicare la verità del Vangelo era accompagnato da una creatività e originalità senza pari, come i manifesti che appendeva in luoghi pubblici o che distribuiva sotto le porte, quando non aveva un pulpito per impartire le sue catechesi al popolo di Dio che gli era stato affidato come loro pastore. In questo modo semplice, libero e accessibile si rendeva presente.

Pio XI, nella sua enciclica per il terzo centenario della morte di Francesco di Sales, enuncia i principi fondamentali, che sono ancora attuali e che sono degni di considerazione come modello di comportamento retto, professionale e onesto.


«Ma vorremmo che da queste solenni ricorrenze [terzo centenario della morte di Francesco di Sales] precipuo vantaggio ritraessero tutti quei cattolici, che con la pubblicazione o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difendono la cristiana dottrina. Ad essi è necessario, nelle discussioni, imitare e mantenere quel vigore, congiunto con moderazione e carità, tutto proprio di Francesco. Egli, infatti, con il suo esempio, insegna loro chiaramente la condotta da tenere. Innanzi tutto studino con somma diligenza e giungano, per quanto possono, a possedere la dottrina cattolica; si guardino dal venir meno alla verità, né, con il pretesto di evitare l’offesa degli avversari, la attenuino o la dissimulino; abbiano cura della stessa forma ed eleganza del dire, e si studino di esprimere i pensieri con la perspicuità [chiarezza, trasparenza, intelligibilità] e l’ornamento delle parole, in maniera che i lettori si dilettino della verità. Se si presenta il caso di combattere gli avversari, sappiano, sì, confutare gli errori e resistere alla improbità dei perversi, ma in modo da dare a conoscere di essere animati da rettitudine e soprattutto mossi dalla carità. E poiché non consta che il Sales sia stato dato a Patrono dei ricordati scrittori cattolici con pubblico e solenne documento di questa Apostolica Sede, Noi, cogliendo questa fausta occasione, di certa scienza e con matura deliberazione, con la Nostra apostolica autorità diamo o confermiamo, e dichiariamo, mediante questa Lettera Enciclica, San Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e Dottore della Chiesa, celeste Patrono di essi tutti, nonostante qualsiasi cosa in contrario»61.


Abbiamo qui un prezioso impegno per la verità e la sua proclamazione, per lo stile salesiano della bontà e della dolcezza, per la semplice proclamazione, per la giusta intenzione di far arrivare l’annuncio della verità a tutti, cercando sempre il bene delle persone.

L’annuncio e la proclamazione della fede, oltre a ciò che abbiamo appena detto, comporta un altro aspetto importante da prendere in considerazione perché Francesco di Sales vi fu fedele. Come vescovo di Ginevra, si preoccupò sempre dell’evangelizzazione del popolo di Dio e soprattutto della catechesi. Non possiamo smarrire questo valore carismatico come famiglia di Don Bosco. Comunicare il messaggio del Vangelo perché sia vissuto fa parte del nostro carisma. La Congregazione salesiana, la Famiglia salesiana, sono nate da una semplice catechismo62. La Chiesa ha recentemente istituito il ministero del catechista63. Ci è offerta una magnifica opportunità per rivitalizzare la nostra dimensione evangelizzatrice con queste prospettive.

Non dimentichiamo che anche Don Bosco, con i mezzi che aveva a disposizione all’epoca, pubblicò trecento diciotto opere nel corso di quarant’anni anni, perché come Francesco di Sales era convinto che una buona parola o una ricca lettura potesse fare un grande bene. Tutti gli sforzi non erano nulla per lui al fine di ottenere il bene e la salvezza di una persona.

Infine, fu sempre intenzione di Francesco di Sales raggiungere tutti e proclamare la salvezza e la liberazione che l’Amore di Dio offre. Questo divenne realtà nel suo particolare esercizio di amabilità e nello zelo pastorale, andando a visitare, ad incontrare, cercando e incoraggiando le persone in vari modi. La fondazione dell’Ordine della Visitazione, insieme a Giovanna de Chantal, ci parla, nel linguaggio del tempo, di questa “Chiesa in uscita” proposta da Papa Francesco, che va incontro a chiunque voglia ascoltare il messaggio di Gesù.

L’immagine di Don Bosco che visita i ragazzi durante la settimana nei loro luoghi di lavoro, l’immagine di Francesco di Sales che visita i suoi parrocchiani e lascia sotto le porte delle loro case un messaggio di fede e di amore per Dio, l’immagine ispiratrice della Vergine Maria alla visita della sua parente Elisabetta, dovrebbero incoraggiarci ed entusiasmarci, e quasi sfidarci.



Conclusione



Anche noi, come Famiglia salesiana, abbiamo bisogno di esplicitare il “carisma della visitazione” come desiderio del cuore di annunciare, senza aspettare che siano gli altri a venire da noi, andando in spazi e luoghi abitati da tante persone per le quali una parola gentile, un incontro, uno sguardo pieno di rispetto può aprire i loro orizzonti verso una vita migliore.

Insomma, andare incontro ai giovani, ovunque e comunque si trovino, continua ad essere il nostro tratto più distintivo che conferma il desiderio di Don Bosco di amare ciò che i giovani amano affinché essi amino ciò che noi amiamo, diffondendo lo spirito salesiano, la nostra “opzione Valdocco”, ovunque ci porti il desiderio di stare con i giovani, vivendo un vero “sacramento salesiano della presenza”, e l’impegno a realizzare “piccoli esercizi di carità”. Così siamo nati e così vogliamo seguire Don Bosco, che ha trovato in Francesco di Sales un modello e uno spirito affine, una sorta di anima gemella.

Che l’anniversario che celebriamo quest’anno ci aiuti a continuare a crescere nella dedizione ai giovani poveri e abbandonati con il carisma salesiano di Don Bosco intriso dello spirito di San Francesco di Sales.



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PER RILEGGERE e RIFLETTERE, PER LASCIARSI RIPOSARE NEL CUORE



Termino questo saggio con alcuni pensieri di San Francesco di Sales, di Don Bosco, di Papa Francesco o anche con un mio scritto che, forse tra gli altri, potrebbe aiutarci a riflettere, a farli riposare nel nostro cuore dopo la lettura della Strenna. Tra gli altri, ho “raccolto” quanto segue:


  • La carità e la dolcezza di San Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa.


  • Niente per forza” è una bella proposta, un invito a fare di essa una preziosa regola di vita personale.


  • Come vescovo tridentino, promotore della riforma cattolica, educato nella lotta contro la tiepidezza della fede, scelse la via del cuore e non quella della forza. E non ha fatto altro che contemplare e vivere l’atteggiamento di Dio.


  • Dio, la sua grazia, agisce con forza, ma non per obbligare o costringere, ma per attirare il cuore, non per violare, ma per amare la nostra libertà


  • Dio, come amava dire Francesco di Sales, ci attira a sé con la sua gentile iniziativa, a volte come una vocazione o una chiamata, a volte come la voce di un amico, come un’ispirazione o un invito e a volte come una “prevenzione” perché sempre anticipa. Dio non si impone: bussa alla nostra porta e aspetta che gli apriamo.


  • Non riteniamo possibile educare senza il sacro rispetto della libertà di ogni persona. Dove non si rispetta la libertà dell’individuo, Dio è assente.


  • La forza dell’attrazione di Dio, potente ma non violenta, sta nella dolcezza della sua attrazione.


  • La mistica salesiana, questo amore di Dio di cui parliamo, lungi dall’escludere l’amore per gli altri, lo richiede.


  • L’essere umano, il giovane, ogni persona, tutti noi, portiamo iscritto nel nostro essere il bisogno di Dio, il desiderio di Dio, «la nostalgia di Dio».


  • Dio è presente e si rende presente ad ogni persona in quei momenti della sua vita che solo Dio stesso sceglie e nel modo che solo Dio conosce.


  • Sia Francesco di Sales che Don Bosco fanno della vita quotidiana un’espressione dell’amore di Dio, che viene ricevuto e anche ricambiato. I nostri santi hanno voluto avvicinare la relazione con Dio alla vita e la vita alla relazione con Dio. Questa è la proposta della “santità della porta accanto” o “la classe media della santità” di cui Papa Francesco ci parla con tanto affetto. «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”».


  • Dio non ci ama perché siamo buoni, ma perché Lui è buono.


  • Il compimento della volontà di Dio non si raggiunge attraverso sentimenti di “indegnità”, ma con la speranza nella misericordia e nella bontà di Dio. Questo è l’ottimismo salesiano.


  • Francesco di Sales risponde all’amore di Dio con l’amore.


  • Io ti amerò, o Signore, almeno in questa vita, se non mi sarà dato di amarti nella vita eterna; almeno ti amerò qui, o Dio, e spererò sempre nella tua misericordia.


  • La crisi di Francesco di Sales ha rivelato la parte più profonda del suo essere: un cuore innamorato di Dio.


  • La convinzione che l’amore di Dio non si basa sul sentirsi bene, ma sul fare la volontà di Dio Padre, è il centro della spiritualità di Francesco di Sales e deve essere il modello per tutta la famiglia di Don Bosco.


  • Fare un cammino dalle consolazioni di Dio al Dio delle consolazioni, dall’entusiasmo al vero amore


  • Passare dall’innamoramento al vero amore per gli altri.


  • Fare tutto per amore, niente per paura, perché è la misericordia di Dio e non i nostri meriti che ci spinge ad amare.


  • Se Sant’Agostino diceva che «il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te»64, seguendo il pensiero di Francesco di Sales, potremmo dire con von Balthasar, che «il tuo cuore [Dio] finché noi non riposiamo in te, e tempo ed eternità sprofondano l’uno nell’altra».


  • Don Bosco vuole che l’amore per Cristo ci porti all’amore per i giovani, caratteristica salesiana della nostra vita e sfida permanente per la Famiglia di Don Bosco oggi e sempre.


  • La sua vita di preghiera è la sua storia personale d’amore con Dio.


  • Per Francesco di Sales, la preghiera come comunicazione con Dio è il cuore dell’uomo che parla al cuore del Signore. È la forma di preghiera della spiritualità incarnata.


  • La preghiera ci permette di trovare questo cuore di Dio e di conformare il nostro cuore al suo.


  • La carità è la misura della nostra preghiera, perché il nostro amore per Dio si manifesta nell’amore per il prossimo.


  • Questa è la “preghiera della vita”: compiere tutte le nostre attività nell’amore e per amore di Dio, in modo tale che tutta la nostra vita diventi una preghiera continua.


  • Conviene trovare momenti per ritirarsi nel proprio cuore, lontano dal trambusto e dall’attivismo, e conversare cuore a cuore con Dio.


  • In lei [Maria] vediamo ciò che Dio è pronto a fare con il suo amore, quando trova cuori disponibili come quello di Maria. Svuotandosi, riceve la pienezza di Dio. Rimanendo disponibile a Dio, Egli è in grado di compiere in lei grandi cose.



1 Lettre CCXXXIV. A la Baronne de Chantal, OEA XII, 359. La carta está fechada el 14 de octubre de 1604: “Pero si os gustan mucho las oraciones que antes habéis indicado, no cambiéis, os lo ruego, y si os parece dejar alguna cosa que os propongo, no hacerse escrúpulos, porque la regla de nuestra obediencia, que os escribo con grandes letras, es: HACER TODO POR AMOR, NADA A LA FUERZA; CONVIENE AMAR MÁS LA OBEDIENCIA QUE TEMER LA DESOBEDIENCIA. Os dejo el espíritu de libertad, no el que excluye la obediencia, que esta es la libertad del mundo, sino la que excluye la violencia, el escrúpulo, el ansia. Si amáis fuertemente la obediencia y la sumisión, querría que si viene la ocasión justa y amorosa de dejar algún ejercicio vuestro, que sea una especie de obediencia y que esta ausencia sea sustituida por el amor”.

2 Quarta risoluzione fatta dal giovane Don Bosco in occasione degli esercizi spirituali prima dell’ordinazione sacerdotale, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 971.

3 G. Bosco, Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1176.

4 Carta a Juana de Chantal (OEA XIV, 111). Para las citas de san Francisco de Sales, vemos que muchos autores citan las mismas fuentes, en ocasiones usando nomenclatura diferente. Para evitar confusiones, citaremos, a ser posible, la obra original con su libro y capítulo para que pueda ser encontrado más fácilmente en cualquier versión o idioma. En la referencia más aceptada de sus obras es la edición completa de 27 volúmenes basada en los autógrafos y ediciones originales bajo el cuidado de las Religiosas de la Visitación del primer Monasterio de Annecy, Oeuvres de Saint François de Sales citado con las siglas OEA (“Obras Edición Annecy”, indicando el volumen y la página de esta obra). En ocasiones citaré solamente la fuente secundaria. Existen, para ventaja de la consulta de las citas y la lectura, una magnífica biblioteca digital con todas las obras de San Francisco, disponibles en diversos formatos digitales: https://www.donboscosanto.eu/francesco_di_sales/index-fr.php

5 Cfr. M. Wirth, San Francesco di Sales. Un progetto di formazione integrale, LAS, Roma 2021, 76-77.

6 Cfr. M. Wirth, San Francesco di Sales, 76. La cita completa: “Dios nos ha manifestado de tantas maneras y por tantos medios que quiere que todos nos salvemos, que nadie lo puede ignorar. Con este intento nos hizo a su imagen y semejanza por la creación, y Él se hizo a nuestra imagen y semejanza por la encarnación, después de la cual padeció la muerte, para rescatar a toda la raza de los hombres y salvarla”. Tratado del Amor de Dios, VIII, 4.

7 Cfr. Homilía sobre la conversión de San Agustín (OEA IX, 335). Citado en M. Wirth, San Francesco di Sales, 76.

8 Cfr. M. Wirth, San Francesco di Sales, 140.

9 Tratado del Amor de Dios, II, 12: Que los llamamientos divinos nos dejan en completa libertad para seguirlos o para no aceptarlos.

10 Cfr. F. Vincent, Saint François de Sales, directeur d’âmes. L’éducation de la volonté, 264 (nota1). Citado en M. Wirth, San Francesco di Sales, 140.

11 Cfr. Tratado del Amor de Dios, I, 18: “Mas, si no podemos naturalmente amar a Dios sobre todas las cosas, ¿por qué tenemos esta natural inclinación a ello? ¿No es una cosa vana el que la naturaleza nos incline a un amor que no nos puede dar? ¿Por qué nos da la sed de un agua tan preciosa, si no puede darnos a beber de ella? ¡Ah, Teótimo, qué bueno ha sido Dios para con nosotros!”.

12 Cfr. Gaudium et spes, 22: “En realidad, el misterio del hombre sólo se esclarece en el misterio del Verbo encarnado […] Esto vale no solamente para los cristianos, sino también para todos los hombres de buena voluntad, en cuyo corazón obra la gracia de modo invisible. Cristo murió por todos, y la vocación suprema del hombre en realidad es una sola, es decir, la divina. En consecuencia, debemos creer que el Espíritu Santo ofrece a todos la posibilidad de que, en la forma de sólo Dios conocida, se asocien a este misterio pascual”.

13 Los comentaristas de San Francisco de Sales sugieren que es atribuida a San Francisco de Sales una frase que expresa la profundidad de este principio: “Los que aman hacerse temer, temen hacer amar”.

14 Cfr. M. Wirth, San Francesco di Sales, 145.

15 Cfr. M. Wirth, San Francesco di Sales, 130, nota 1: “En el manuscrito del curso de filosofía del mes de marzo de 1586 había copiado en grandes caracteres esta frase latina de san Agustín: “Fecisti nos – inquit- Domine, ad te, et inquietum est cor nosrum donec revertatur ad Te” (OEA XXII, 7). También se encuentra en una homilía de 1594 (OEA VII, 189).

16 Cfr. OEA XV, 28, citado en M. Wirth, San Francesco di Sales, 29.

17 Introducción a la vida devota I, 1.

18 Introduzione alla vita devota, I, 3.

19 Joseph Malègue, Pierres noires. Les classes moyennes du Salut, París 1958, Citado en Francesco, Gaudete et exsultate, 7.

20 CV, 291

21 Mons. Jean Pierre Camus, obispo de Belley y amigo personal de Francisco de Sales, en su libro sobre el espíritu del bienaventurado Francisco de Sales, al tratar de su celo por las almas, alaba el desapego del santo por los bienes materiales, su preocupación puramente pastoral y pone en sus labios la oración dirigida al Señor: “da mihi animas, coetera tolle”. Para el fecundo escritor, estas palabras expresarían el ardiente celo pastoral que guiaba siempre todas sus empresas. Cfr. J. P. Camus, El espíritu de San Francisco de Sales II, Balmes, Barcelona 1947, p. 339. Citado en E. Alburquerque, Don Bosco y sus amistades espirituales, CCS, Madrid 2021, San Francisco de Sales. Afinidad y convergencia espiritual, p. 11-27.

22 Cfr. M. Wirth, San Francesco di Sales, 156. San Francisco de Sales se inspira en maestros espirituales que fueron al mismo tiempo predicadores, pastores y directores espirituales, como san Felipe Neri, fundador del Oratorio en Roma. Sus fuentes principales de espiritualidad son obras de espiritualidad que acercan la perfección cristiana a la condición común del cristiano del mundo.

23 G. Bosco, Vita del giovanetto Savio Domenico, allievo dell’Oratorio di S. Francesco di Sales, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1059.

24 Introduzione alla vita devota I, 3.

25 Carta 308. A la Baronne de Chantal, del 8 de septiembre de 1605. Consultado en la edición digital, p. 83/321. OEA XIII, 92. Citado en: Cfr. Eunan McDonnell, God Desires You, DeSales Resource Center, Stella Niagra, N.Y., 2008, p.56.

26 Así, por ejemplo: “Son muchos los biógrafos que aseguran que era de temperamento colérico, fuerte, impaciente, muy de su raza, un verdadero saboyano. Debido a ello, frecuentemente la cólera hervía en su cabeza, se sentía desazonado ante el lenguaje insolente o las acciones desconsideradas, le irritaba interiormente el desorden, su semblante cambiaba de color y se volvía rubicundo ante una contradicción. Sin embargo, la lucha constante contra esas tentaciones, la vigilancia, el esfuerzo ascético, el dominio personal y la ayuda de la gracia, le llevan a esa dulzura exquisita que hacen de él una imagen viva de Cristo. No se debería, pues, hablar de una dulzura natural de Francisco de Sales, sino que habría que ver en ella el fruto logrado de un combate victorioso”. Cfr. E. Alburquerque, Espíritu y espiritualidad salesiana, Editorial CCS, Madrid 20217, 105-12.

27 Cfr. Eunan McDonnell, God Desires You, p.56-67.

28 Cfr. Pio XI, Lettera Enciclica Rerum ómnium perturbationem, del 26 de enero de 1923. En el tercer centenario de la muerte de San Francisco de Sales, el papa Benedicto XV tenía intención de escribir una encíclica. Lo hizo en 1923 su sucesor Pío XI, quien resalta la santidad amable y accesible a todos. Brillaba su dulzura de ánimo, que podría decirse su virtud característica.

29 G. Bosco, Lettera da Roma alla comunità salesiana dell’Oratorio di Torino-Valdocco, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 451.

30 G. Bosco, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855, in Istituto Storico Salesiano, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1176-1177.

31 Cfr. J.-P. Camus, L’Esprit du bienheureux François de Sales, partie I, section 3. Citado en M. Wirth, San Francesco di Sales, 97. Mons. Jean Pierre Camus, hablando de su personalidad, destaca las expresiones que empleaba frente a sus oponentes y adversarios, que reflejan bien su talante humilde y su mansedumbre. Habla de hermanos, hijos de la iglesia en disposición, hermanos en esperanza en la misma vocación a la salvación, y a la Sede de Ginebra siempre la llamaba “mi pobre” o “mi querida”, términos de compasión y de amor.

32 Cfr. A. Giraudo, o.c. p. 3-5, “[…] abbiamo tre quarti voti. Secondo i vari aspetti: la bontà, il lavoro, il sistema preventivo […]” (p. 70). Cfr. el comentario de A. Alburquerque, Espíritu y espiritualidad salesiana, “El cuarto voto salesiano” y en nota: A. Caviglia, Conferenze sullo Spirito Salesiano, Istituto Internazionale Don Bosco, Torino 1953, p. 107.

33 G. Bosco, Lettera da Roma alla comunità salesiana dell’Oratorio di Torino-Valdocco, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 444-445.

34 Cfr. Papa Francesco, Messaggio di sua Santità Papa Francesco ai membri del CG28, en ACG 433, “Quali salesiani per i giovani di oggi?” Riflessione postcapitolare della Società di San Francesco di Sales, Roma 2020.

35 Carta di identità della Famiglia salesiana, n. 32.

36 Cfr. Eunan McDonnell, God Desires You, p. 57.

37 OEA XXII, 19-20.

38 Cfr. Eunan McDonnell, God Desires You, p.18.

39 Trattato dell’Amore di Dio, X, 1

40 Agostino di Ippona, Confessioni, I, 1.

41 Cfr. H. U. von Balthasar, El corazón del mundo, Encuentro, Madrid 2009, Citado en Eunan McDonnell, God Desires You, p.30.

42 Pío IX publicó diversos documentos sobre el Oficio de la Misa del Sagrado Corazón, erigió numerosas cofradías, concedió indulgencias a múltiples prácticas de devoción, y también beatificó a Margarita María de Alacoque (19 de agosto de 1864). En la Basílica del Sacro Cuore en el Castro Pretorio de Roma, se ven reflejados algunos de estos motivos importantes: El cuadro del altar manor, es un lienzo encargado por Don Bosco al pintor Francesco de Rohden. Representa la tercera aparición del Sagrado Corazón de Jesús a Santa Margarita Alacoque en 1687. La composición fue diseñada por el propio Don Bosco: Cristo está colocado en el centro con un corazón flameante en la mano. Alrededor de él hay una multitud de ángeles. En la parte inferior hay una predela con dos pinturas redondas que representan a San Francisco de Sales y Santa Margarita Alacoque. En la parte superior, un querubín sostiene un pergamino con la cita del libro de los proverbios: “Praebe, fili mi, cor tuum mihi” (Prov. 23, 26): Dame, hijo mío tu corazón.

43 Benedetto XVI, Deus caritas est, 12.

44 G. Bosco, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1234-1235.

45 El estudio sobre el acompañamiento ha recuperado interés en los últimos años, y no faltan obras que presentan interesantes propuestas para profundizar. En nuestro ambiente salesiano, cfr. Fabio Attard – Miguel Angel García (a cura di), L’accompagnamento spirituales. Itinerario pedagógico spirituale in chiave salesiana al servicio dei giovani, Elledici, Torino 2014, y también CRESPO-BUEIS, J. (coord.), Acompañar a los jóvenes, CCS, Madrid, 2021

46 Introducción a la vida devota, I, 4

47 Cfr. Istituto Storico Salesiano, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, documento n. 309: “memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855”, p. 1234.

48 FRANCISCO DE SALES, o.c., I. 4

49 Cfr. Istituto Storico Salesiano, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, documento n. 309: “memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855”, p. 1240. (Traducción española (José Manuel Prellezo): San Juan Bosco, Memorias del Oratorio, CCS, Madrid, 2003, p. 95-97).

50 Cfr. Aldo Giraudo, «Direzione spirituale in san Giovanni Bosco. Connotazioni peculiari della direzione spirituale offerta da don Bosco ai giovani», en: Fabio Attard – Miguel Angel García (a cura di), L’accompagnamento spirituales. Itinerario pedagogico spirituale in chiave salesiana al servicio dei giovani, Elledici, Torino 2014, 160. “Don Bosco es modelo: tiende a identificar en sí el educador, el confesor y el director espiritual; insiste en la acogida afectuosa, en la bondad, en la magnanimidad y el cuidado de los particulares, la intensidad del afecto demostrado, de tal modo que los jóvenes tengan confianza y se confíen, y colabore en la acción formativa con una obediencia dispuesta y cordial”.

51 FRANCISCO DE SALES, Tratado…, o.c.,XI,12

52 Ibid, VIII, 5.

53 Cfr. M. Wirth, San Francesco di Sales, 160.

54 Cfr. M. Wirth, San Francesco di Sales, 160. En nota, refiere este hecho en la carta de madre de Chantal a dom Jean de Saint-François, en Jeanne-Françoise Frémyot de Chantal, Correspondance, t. II, 305.

55 Cfr. FRANCISCO DE SALES, Introducción a la vida devota, o.c. V, 1.

56 Eunan McDonnell, God Desires You, p.127-135.

57 Cfr. OEA XXVI, 266. Citado en Eunan McDonnell, God Desires You, p.128.

58 Introducción a la vida devota., II,16

59 OEA IX, 342. Citado en Eunan McDonnell, God Desires You, p.134.

60 Pio XI, Carta encíclica Rerum Omnium Perturbationem, 26 enero 1923


61 Pio XI, Carta encíclica Rerum Omnium Perturbationem, 26 enero 1923. Las cursivas y paréntesis son míos.

62 El encuentro con Bartolomé Garelli en la Iglesia de san Francisco de Asís, el 8 de diciembre de 1841. “[…] Me levanté e hice la señal de la santa cruz para comenzar, pero mi alumno no la hizo porque no sabía. Aquella primera lección de catecismo la dediqué a enseñarle a hacer la señal de la cruz y a que conociera al Dios creador, junto al fin para el que nos creó. […] He aquí el origen de nuestro Oratorio, que con la bendición del Señor creció tanto como entonces nunca hubiera imaginado”. Cfr. Istituto Storico Salesiano, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, documento n. 309: “Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855”, p. 1237. Traducción española: PRELLEZO José M.: San Juan Bosco, Memorias del Oratorio, CCS, Madrid, 2003, p. 91-92).

63 Cfr. Francisco, Carta apostólica en forma de «Motu Proprio» Antiquum Ministerium, del 10 de Mayo de 2021 (Memoria de San Juan de Avila) con la que se instituye el ministerio de catequista.

64 Agostino di Ippona, Confessioni, I, 1.

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