Strenna_1984_it


Strenna_1984_it

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Strenna 1984
Commento
del Rettor Maggiore don Egidio Viganó

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Strenna 1984
Commento
del Rettor Maggiore don Egidio Vigano
Roma, Cosa Generallzla FMA - 30 dicembre 1983
La Strenna '84
Alcuni dati di cronaca sulla sua arigine
li tema centrale: al rlnnavati prapositi di santlta
tipicamente saleslana•
La spessore storico e dinamlco della «santita•
La «tipiclta saleslana• della nostra santlta
La banta alla scuola di don Bosco
La mistica e l'ascetica del «non basta amare!•
La mistica: l'lnterpretazlone dl Pio XI
L'ascetica: l'estas/ del lavoro
l'lntlmltil della temperanza
Una tappa piu scorrevole per questa fine di secolo

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Care Sorelle,
il primo pensiero va alla Madre a cui mandiamo il no-
stro saluto, la nostra gratitudine, i nostri affetti; le
diciamo che adoriam~ insieme a lei il Signore sempre
buono con noi perche ci conduce per strade di predile-
zione anche attraverso le oscurita. E assicuriamo a lei
le nostre preghiere: non solo le vostre, ma quelle di
tutta la Famiglia Salesiana, con sentita fraternita, in-
tima preoccupazione e tanta speranza.
Poi a nome dei miei colleghi del Consiglio Generale e
di tutti i Confratelli della Congregazione vi presento
gli auguri per il nuovo anno. Che sia un anno porta-
tore di speciali valori di crescita per la nostra voca-
zione nella Chiesa.
C'e un evento che interessa anche voi, che coinvolge
tutta la Famiglia, anche se e proprio solo della Con-
gregazione dei Salesiani: il CG22! Avra inizio fra una
quindicina di giorni, con un solenne Atto di affida-
mento a Maria Ausiliatrlce. Sara un gesto significativo
non solo della Congregazione ma anche - cosi mi han-
no comunicato i responsabili dei vari gruppi - di tutta
la Famiglia Salesiana. Quindi un anno in cui ci sen-
tiamo con piu fiducia e maggiore speranza sotto il
manto di Maria Ausiliatrice.

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STRENNA '84
Sono qui per il commento alla «Strenna»:
IL «NON BASTA AMARE!»
DELLA LETTERA Dl DON BOSCO DA ROMA
CI MUOVA A RINNOVATI PROPOSITI
DI SANTITA TIPICAMENTE SALESIANA.
L'obiettivo, oggetto finale della Strenna sono i «rinnovati proposi-
ti di santita tipicamente salesiana».
Lo stimolo che ci incita a fare tali propositi, illumina la nostra fan-
tasia per inventare impegni concreti e fecondi e ci incoraggia a
rinnovarli costantemente e «il "non basta amare!" della lettera da
Roma».
Ecco: si tratta di approfondire questi due aspetti: l'obiettivo e lo
stimolo.
Ci tratterremo prima, brevemente, sull'oggetto finale che e la san-
tita tipicamente salesiana; cercheremo poi, soprattutto, di concen-
trare alcune riflessioni sullo stimolo suscitatore dei nostri propo-
siti di santita, ossia quella «bonta» salesiana, quel «saper farsi
amare», con cui interpretiamo il «non basta amare!» della famosa
lettera di don Bosco.
ALCUNI DATI Dl CRONACA SULLA SUA ORIGINE
A fine agosto, ossia gia nell'ottavo mese dell'anno, il carissimo
Consigliere per la Famiglia Salesiana don Giovanni Raineri, che
qui ricordiamo con dolore e riconoscenza, mi dice con insistenza
una e piu volte: - «E la Strenna per l'anno venturo quale e?...
Devi pensarci subito, bisogna prepararla per tempo. Urge met-
terla a disposizione dei mezzi di comunicazione sociale quanto pri-
ma... Non si pub aspettare il m ese di dicembre!...».
«Bene! Ci sto gia pensando. Ma tu, che tema proporresti?».
Allora, conversando insieme, abbiamo visto che vari elementi si
presentavano e ci invitavano a concentrare l'attenzione della FS
sul tema della santita. Don Raineri mi ha rivolto allora queste pre-
3

1.6 Page 6

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cise parole: «Guarda che la formulazione e strettamente persona-
le del Rettor Maggiore. Devi farla tu e poi, in tutti i casi, la discu-
tiamo, vediamo come si puo migliorare».
Io avevo gia in mente qualcosa; ma ho insistito: «Tu che cosa
suggerisci?». Dopo qualche giorno di riflessione mi ha consegnato
una pagina dattiloscritta con una proposta chiara, anche se gene-
rica, sulla santita salesiana. «Si tratta di ripulire con cura - scri-
veva - il volto spirituale della nostra Famiglia perche tutti vi
possano scorgere i lineamenti che le diede don Bosco e muova
tutti a un profondo discemimento comunitario e individuale». A
tal fine mi enumerava varie ricorrenze che nell' 84 aiuterebbero a
concentrare l'attenzione sulla nostra santita.
Quali sono tali ricorrenze?
• La prima e il cinquantesimo della Canonizzazione di don Bosco.
Il 1° aprile 1934, domenica di Pasqua di risurrezione, giomata con-
clusiva dell'Anno Santo della Redenzione, il Papa Pio XI ha vo-
luto, in un giorno cosi solenne, canonizzare don Bosco! Il prossi-
mo 1° aprile sara il cinquantesimo. E. una felice opportunita per
riflettere sulla santita salesiana.
Il centenario della famosa Lettera di don Bosco da Roma del
10 maggio 1884. Essa, in sintonia con l'Anno Santo e con il Sinodo
dei Vescovi sulla Riconciliazione e Penitenza, presenta a noi un
interessante aspetto penitenziale di «conversione» alla genuinita
salesiana. Qualcuno ha paura a far conoscere quella lettera fuori
della Congregazione... Tra noi confratelli e consorelle - dicono -
si; ma fuori... potrebbe diventare controproducente e insinuare
nel pubblico l'ipotesi che abbiamo tradito don Bosco!
Invece, commentavamo insieme, sarebbero non pochi i vantaggi
del saper testimoniare in che senso noi ci pentiamo, su che rotta
cerchiamo la strada della nostra conversione, senza rifuggire dal-
la sincerita e dall'umilta di accusarci di atteggiamenti e di moda-
lita che non corrispondono genuinamente a quanto ci ha lasciato
in retaggio di piu caratteristico il nostro Padre. Dunque un invito
penitenziale di conversione; un accorato e severo richiamo alla
originalita del nostro stile di santificazione e apostolato.
• Poi una terza ricorrenza: il centenario della Stemma della Con-
gregazione Salesiana, veduto in sogno da don Bosco nel 1876 e
realizzato nel 1884. Una descrizione in termini plastici e visibili
della spiritualita salesiana di don Bosco. Voi lo conoscete, non e
ora il momento di spiegarlo: e un dato che potrebbe magari ser-
4

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vire durante !'anno. Potete vedere i due volumi delle Memorie Bio-
grafiche che ne parlano: XII 466; XVII 280.
• Una quarta ricorrenza: il centenario del Testamento spirituale
di don Bosco, consegnato nel settembre del 1884 a don Rua.1 Un
richiamo potente, pratico e assai concreto alla nostra fedelta di-
namica contro l'immobilismo dell'imborghesimento.
Tutto cio e quanto mi ha comunicato per iscritto il compianto don
Raineri. Da parte mia, dopo avere riflettuto e pregato, ho pensato
che la formulazione doveva mettere in vista soprattutto due ele-
menti: la proposta o il proposito di ripulire il volto della nostra
spiritualita; e indicare inoltre, o sottolineare, un motivo strategico
che spingesse a farlo convenientemente. Cosl e nata la formula-
zione della Strenna, centrata sulla celebrazione del cinquantesi-
mo della canonizzazione di don Bosco e illuminata dalla riconsi-
derazione della sua lettera da Roma.
Ecco la breve cronaca dell'origine di questa Strenna; essa servira
anche per tenere presente alla memoria la figura di don Giovanni
Raineri, che ha lavorato con tanto ardore e dedizione per la FS.
IL TEMA CENTRALE: «I RINNOVATI PROPOSITI Dl SANTITA
TIPICAMENTE SALESIANA»
t:. conveniente un breve commento su due aspetti di questo tema:
innanzitutto la «santita», nel suo concetto rinnovato e realistico;
poi la sua «tipicita salesiana» alla scuola di don Bosco.
Lo spessore storico e dlnamlco della «santlta»
La prima cosa da fare riguardo alla «santita» e ripensarne il vero
significato nel suo spessore storico e dinamico; sfrondarla di tutto
quanto ha fatto di questa parola un'espressione di formalismo, di
moralismo, di alienazione, di eccezionalita, di poco comune. Per
presentare la vera santita, il modo piu pratico e rileggere il capi-
tolo 5° della Costituzione conciliare Lumen gentium sulla vocazio-
ne universale del Popolo di Dio alla pienezza della carita.
- La santita nella Chiesa 2 e presentata come vita nello Spirito San-
to, come pienezza dell'amore di carita, come esplosione benefica
dello spirito delle beatitudini che trasforma il mondo per offrirlo
MB XII 256 e seguenti.
2 Cf LG 39.
5

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al Padre. Liberare, dunque, la parola «santita» da quella sovrastrut-
tura artificiale che suggerisce una fuga dal reale per rifugiarsi in
una nicchia e starvi con il colla tarto! No, no! Lo Spirito Santo e
potenza di vita, e una energia presente nella storia per cambiarla!
La santita e sintonia con Lui attraverso l'amore di carita. Quindi
la santita deve essere «un amore che cambia il mondo»!
Vedete: nel Sinodo si e ricordato come abbia fatto fortuna un'
ideologia che afferma essere l'odio che muove la storia; il motore
della storia sarebbe la conflittualita esasperata e la lotta violenta.
Per fede sappiamo, invece, che e venuto Dio tra noi. Solo Lui e
«santo»; si e incarnato per rendere presente la santita nel mendo.
San Giovanni, che ha contemplato da vicino e in profondita che
cosa e la santita nel Cristo, ha concluso le sue meditazioni con
questa straordinaria definizione: DIO E AMORE!
La santita e carita! Una carita che, essendo incarnata, si riveste
di storicita; si concretizza nella vita umana, nei luoghi, nelle rela-
zioni tra persone concrete; quindi ha un suo evolversi, un suo di-
venire continuo in ogni persona, in ogni generazione. Una stori-
cita che non implica solo un «divenire nel tempo», ma «un essere
nella storia con potenza per cambiarne il corso». E in tale orbita
che va ripensata la carita, e quindi la santita! E la presenza del-
l'ineffabile energia della Spirito Santo, attraverso coloro che sa-
no docili a Lui, per riempire il mondo di santita e costruire tra
gli uomini una «civilta dell'amore».
Allora la santita e una cosa molto importante! Non solo e inte-
ressante per qualcuno, ma e indispensabile per tutti! E la cosa
piu positiva che c'e nella storia; e Dio tra noi e in noi, si chiama
AMORE: amore di CARITA.
Piu che guardare agli altri, entriamo dentro di noi; lo Spirito ci
coinvolge con la nostra esistenza, con le nostre caratteristiche
individuali, con le relazioni che abbiamo, con le attivita che fac-
ciamo; si serve del nostro amore di carita per cambiare, sl, cam-
biare - umilmente, silenziosamente, ma realmente - il progre-
dire della storia. Ci vuole protagonisti con Lui della trasforma-
zione del monde. Dunque: la santita e certamente piu che un in-
teressante ornamento perfettivo!
- E importante, poi, sottolineare come il Concilio parli di una
chiamata rivolta a tutti per la santita.3 Tutti i battezzati sono invi-
tati e abilitati a vivere nell'amore di carita.
3 Cf LG 40.
6

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Non si tratta, dunque, di una specie di eccezione per alcuni de-
stinati alle «nicchie»...: e proprio per tutti! Essere battezzato
vuol dire essere inserito nella vita dello Spirito, ossia nella san-
tita, nell'amore di carita che deve trasformare la storia. «Tutti
dobbiamo essere perfetti, come il Padre celeste e perfetto», dice
il Vangelo. Gesu ha inviato su tutti lo Spirito Santo. In tutti in-
fonde la grazia della penitenza: la santita sulla terra, infatti, e
anche conversione e perdono. Questo ci consola, perche la santi-
ta non vive in noi assolutamente senza difetti. Consiste piuttosto
nel vivere un amore di carita tale da renderci capaci di pentirci
degli sbagli, delle manchevolezze, dei peccati che commettiamo
e di correggerci. Una simile santita e piu in sintonia con le no-
stre reali possibilita...
- Poi il Concilio insiste ancora nel sottolineare che c'e un multi-
forme esercizio di quest'unica fondamentale carita.4 Una plura-
lita di modi di essere santi secondo i doni personali, le proprie
funzioni e incombenze, gli ambienti, le congiunture, le diverse spi-
ritualita evangeliche. La santita e, in tutti, la «vita nello Spirito»
nel senso che c'e un unico amore di Dio in noi; pero esso si mani-
festa in molteplici modi. C'e differenza nell'esercizio della santita
per il Papa e i Vescovi e per i fedeli; per gli appartenenti alla vita
consacrata e per i laici; per un medico e per una mamma, un
papa; per i giovani e per gli anziani; per i sani e per gli amma•
lati; ecc. Anzi si deve riconoscere che l'esercizio della carita va-
ria in ogni persona; ognuno, infatti, ha un suo temperamento,
una sua modalita, tutta una strada propria da percorrere per vi-
vere concretamente nello Spirito.
Inoltre ci sono diverse forme di esercizio della carita, non solo
secondo le funzioni, le congiunture e i doni personali, ma anche
perche il Signore ha suscitato nella storia delle «scuole di santita»,
attraverso qualche modello «preclaro»: come sono, per esempio, i
Fondatori e le Fondatrici. E qui arriviamo alle differenze di «ti-
picita» nell'esercizio della santita, di cui parleremo subito.
Intanto conviene ricordare che per tutto questo «multiforme eser-
cizio» ci sono «mezzi» appropriati.5 Tutto deve concorrere a far
crescere !'amore di carita.
- Il significativo capitolo 5° della LG si chiude con la seguente
affermazione: «Tutti si sforzino di dirigere rettamente i propri af
fetti, affinche dall'uso delle cose di questa mondo e dall'attacca-
4 Cf LG 41.
' Cf LG 42.
1

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mento alle ricchezze, contrari alla spirito della poverta evangelica,
non siano impediti di tendere alla carita perfetta; ammonisce in-
fatti l'Apostolo: "Quelli che si servono di questo mondo non vi si
adagino: perche passa la figura di questo mondo" (cf 1 Car 7, 31)».6
Per quale motivo vi richiamo con una certa insistenza questa uni-
versalita della vocazione? Perche questa «Strenna» dovete farla
vivere alle vostre collaboratrici, ai cooperatori e alle cooperatrici,
alle exallieve e anche alle vostre giovani...: ossia a un vasto am-
biente laicale che non interpreta la santita dal punto di vista del-
la vita consacrata, ma che la pub vivere e testimoniare secondo
la sua propria condizione e stato di vita nello spirito di don
Bosco.
La «tlplcita saleslana» della nostra santlta
E il secondo aspetto da considerare. La Strenna da importanza
ad un avverbio che e strategico: tipicamente, per indicare il cam-
mino evangelico proprio della «scuola» di don Bosco.
Qual e la «tipicita della carita salesiana»? Io la chiamerei carita
pedagogica. La storicita dell'esercizio di tale santita e vincolata
a due elementi: 1° alle esigenze della pedagogia nella missione tra
la gioventu; 2° a una esperienza concreta realizzata da don Bosco
alle origini e tradotta per voi da madre Mazzarello.
Questi due elementi ci aiutano a dare un contenuto all'avverbio
«tipicamente». Non e pero possibile, in questo momento, tentare
una descrizione di tutta la «tipicita» della santita salesiana, anche
se e cosl importante nella Strenna. Perche? Perche e un vasto te-
ma che suppongo conosciuto; a voi ne ho gia parlato piu volte e
lungamente. Se volete rileggere una descrizione sintetica di questa
santita tipicamente salesiana riprendete il sogno del Personaggio
dei dieci diamanti. Se poi ne volete una descrizione piu ampia, la
potete trovare in quel libretto recente Un progetto evangelico di
vita attiva (Torino, LDC 1982) che raccoglie le riflessioni fatte con
le capitolari e che e dedicato con affetto e riconoscenza a madre
Rosetta Marchese, vostra benemerita Superiora generale.
LA BONTA ALLA SCUOLA Dl DON BOSCO
Fatto questo rilievo sulla meta finale a cui vuole portare la «Stren-
na», ci concentriamo ora sullo «stimolo» che dovrebbe muoverci
a rinnovati propositi di tale santita.
• Cf LG 42.
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2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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La formulazione della Strenna parte appunto da uno stimolo pra-
tico capace di muovere e illuminare quotidianamente la tipicita o
caratteristica della nostra santita; tale stimolo, tanto raccomandato
nella tradizione salesiana, e LA BONTA: quella specie di quarto vo-
to racchiuso nel nostro comune nome di «Salesiani» e «Salesiane».
Innanzi tutto io vi invito ad avere come tema familiare di rifles-
sione e di meditazione lungo l'anno la famosa lettera da Roma.
Essa vi ispirera certamente un ventaglio di propositi. Incomincio
col leggervi alcune frasi scelte per natare come don Bosco faceva
leva su questa aspetto, quasi fosse l'angolatura da cui contempla-
re e guidare la crescita della santita salesiana. Eccone alcune, par-
ticolarmente significative:
«L'affetto era quello che ci serviva di regola» (si sente qui un
po' di nostalgia dei primi tempi di Valdocco; e si chiede la con-
versione alla bonta);
«Essere considerati come padri, fratelli, amici»;
• «Far crescere la confidenza cordiale»;
«Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che arna»;
• «Chi e amato ottiene tutto, specialmente dai giovani»;
«Questa amore fa sopportare le fatiche, le noie, le ingratitudini,
i disturbi, le mancanze, le negligenze»;
• «Quando illanguidisce questa amore, allora e che le case non
vanno piu bene»;
• «Il piatto migliore in un pranzo e quello della buona cera» (os-
sia un viso cordiale...);
• e infine sentite come don Bosco chiude la lettera (nell' 84 era
gia anziano!) :
«Sapete che cosa desidera da voi questa povera vecchio che per i
suoi cari giovani ha consumato tutta la vita?... Che ritornino i
giorni felici dell'antico Oratoria. I giorni dell'affetto e della con-
fidenza cristiana tra i giovani e i Superiori; i giorni della spirito
di accondiscendenza e di sopportazione, per amore di Gesu Cristo,
degli uni verso gli altri; i giorni dei cuori aperti con tutta sem-
plicita e candore; i giorni della carita e della vera allegrezza per
tutti! Ho bisogno che mi consoliate dandomi la speranza e la pro-
messa che voi farete tutto cio che desidero per il bene delle ani-
me vostre».1
1 MB XVII 107-114.
9

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Vedete come don Bosco insisteva su questa! La nostra santita e
un esercizio di carita qualificato dalla preoccupazione pedagogica
della confidenza e dell'amorevolezza. La nostra missione e rivolta
alla salvezza della gioventu, alla sua educazione integrale. Dobbia-
mo crescere in una santita che ci abiliti a realizzare sempre meglio
questa apostolato. Occorre quindi un atteggiamento di carita che
attragga i giovani e li porti a Gesu Cristo.
Don Bosco nella lettera ci ammonisce che per l'esercizio della no-
stra carita «non basta amare» ma dobbiamo sapere «farci amare».
Certamente non e molto comune nell'agiografia questa maniera
di parlare della carita. Il nostro Padre, ispirandosi a san France-
sco di Sales, esige da noi una metodologia quotidiana del «farsi
amare», per essere santi ed essendo santi!
E un aspetto sublime della legge dell'Incarnazione. Quando Dio
si e fatto uomo si e fatto amare: Apparuit benignitas et humani-
tas... «E apparsa la simpatia, la banta, l'umanita del Salvatore no-
stro Gesu Cristal».
Certo un simile esercizio della carita non e facile; inoltre e conti-
nuamente esposto alla fragilita. Esso esige diafanita della nostra
maniera di essere segni e portatori dell'amore di Gesu Cristo ai
giovani, sacramenti vivi dell'amore di Dio per la gioventu. Devono
vedere nella nostra vita che c'e !'amore di Cristo per loro. Che
siamo amabili; certamente, pero, non per concupiscenza, ma per
una trasparenza della simpatia di Gesu Cristo: deve essere chiaro
sempre che e il Signore che ci invia ai giovani, appunto per por-
tarli a Lui.
Da una simile «banta» prende avvio quella originalita che costi-
tuisce l'«indole propria» del nostro spirito. Ecco il segreto stimo-
lante che ci muove a «rinnovati propositi» di salesiana e attuale
santita. E. di qui che dobbiamo partire!
LA MISTICA E L'ASCETICA DEL «NON BASTA AMARE!»
Il «non basta amare» e il «bisogna farsi amare» esigono una mi-
stica e un'ascetica. La mistica e l'ascetica «vere» vanno sempre
unite. La vera mistica e sempre difesa e irrobustita da un'ascesi.
E la vera ascesi e sempre alimentata da una mistica. Una mistica
senza ascesi e utopia... magari anche poetica, ben descritta sulla
carta, anche sulle Costituzioni..., ma non la si vede nel cortile!
Un'ascesi senza mistica e una tecnica dą.... fachiro, meccanica: un
volontarismo che puo durare un po' di tempo ma poi si spacca.
Non ha consistenza, non e sorretta da un entusiasmo interiore. E
solo uno sforzo della nostra instabile volonta.
10

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Ebbene: la mistica e l'ascetica della nostra carita pedagogica sono
ben definite e intimamente unite nello spirito di don Bosco.
La mistica della nostra bonta e stata descritta con acutezza dal
grande Papa Pio XI. Don Bosco l'ha espressa sinteticamente nella
frase da mihi animas, cetera talle. Il termine animas, le anime,
non indica qualche cosa di astratto: sono i ragazzi, le ragazze, la
gioventu; e non quella del secolo scorso o quella che e lontana da
noi, ma quella che e qui, oggi, nell'ambiente dove ognuno lavora:
«fammi salvare questa gioventu, a qualunque costo!».
Ma perche don Bosco si esprime cos1 audacemente? La «mistica»
e sempre una concentrazione su Dio, su Gesu Cristo. La mistica
del da mihi animas significa una profonda unione con Dio con-
centrata sul suo amore verso gli uomini - un amore concreto,
ineffabile, immenso - e, piu specificamente ancora, sul suo amo-
re verso la gioventu; contempla l'amore pasquale di Cristo-Reden-
tore verso i giovani: si e dato tutto a loro, completamente! In
Lui si comprende come non c'e nessuno che ami di piu di colui
che da la propria vita per gli amici: per l'umanita, per i giovani!
Ecco: concentrare l'attenzione del proprio cuore su questo Dio,
su questo Redentore dell'uomo, su questo aspetto dell'Amore in-
finito. Ecco l'ottica della nostra mistica: imparare da Dio, parte-
cipare all'amore di Cristo avendo un cuore apostolico che si da
totalmente per salvare la gioventu. Da questo atteggiamento inte-
riore sgorga il segreto mistico del da mihi animas.
Per ricordare ai miei confratelli il cinquantesimo della Canoniz-
zazione di don Bosco, sono andato a rileggere gli Atti del Consi-
glio Superiore dell'anno 1934; vi ho trovato la redazione stenogra-
fica di una omelia di Pio XI alla FS riunita nella basilica di san
Pietro. Il grande «Papa di don Bosco» fa un breve commento al
suo da mihi animas in forma assai profonda; vale la pena di ri-
leggerlo perche e acuto e illuminante.
Cosi si espresse Pio XI: Don Bosco «vi insegna [a voi della FS]
un primo segreto [che e] !'amore a Gesu Cristo, a Gesu Cristo
Redentore [eravamo alla conclusione dell'Anno Santo della Re-
denzione]. Si direbbe persino che questo e stato uno dei pensieri,
uno dei sentimenti dominanti di tutta la sua vita [ricordiamo che
Pio XI aveva conosciuto don Bosco, era stato con lui]. Egli Io ha
rivelato con quella parola d'ordine: da mihi animas. Ecco un
amore che e nella meditazione continua, ininterrotta di cio che
sono le anime, non considerate in se stesse, ma in quello che sono
nel pensiero, nell'opera, nel Sangue, nella morte del divino Re-
11

2.4 Page 14

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dentore. [Ripeto: quando dice "le anime", noi pensiamo ai "gio-
vani": quale posto occupa la gioventu nel cuore e nella mente di
Cristo Redentore che si e donato totalmente per poterla salvare].
Li don Bosco ha veduto tutto l'inestimabile, l'irraggiungibile te-
soro che sono le anime. Da cio la sua aspirazione, la sua preghie-
ra: da mihi animas! E un'espressione dell'amore suo per il Reden-
tore; espressione nella quale, per felicissima necessita di cose, l'a-
more del prossimo diventa amore del divino Redentore, e l'amore
del Redentore diventa amore delle anime redente, quelle anime
che nel pensiero e nell'estimazione di Lui si rivelano non pagate
a troppo alto prezzo, se pagate col suo Sangue. E proprio quell'
amore del divino Redentore che siamo venuti ricordando, ringra-
ziando, in tutto quest'Anno di moltiplicata Redenzione».8
Che bel commento al da mihi animas, fatto da un Papa che cono-
sceva profondamente il nostro Padre e Fondatore!
Questa e la nostra mistica! Centrarsi su Cristo per scoprire per-
che sono cosi importanti i giovani, e perche ha dato a don Bosco
un cuore che fosse tutto per la gioventu: ecco il segreto del «non
basta amare» e della necessita di «farsi amare»! Tale segreto ab-
bisogna in noi di una continua cura della dimensione contempla-
tiva, della capacita di ancorare il proprio cuore in quello di Cri-
sto; di ascoltare, di pregare, di meditare, non in qualunąue modo,
ma con un'ottica tale che la conclusione di ogni meditazione sia:
da mihi animas, «fammi salvare la gioventu a qualunque costo!».
Questa mistica del «da mihi animas» e la fonte prima della no-
stra «bonta». Quando noi parliamo di bonta, intendiamo un insie-
me di atteggiamenti, di ragionevolezza, di simpatia, di stile di con-
vivenza, di tlono di se, di umilta, di pazienza, di giusti e vivi senti-
menti di amorevolezza, di fiducia, di confidenza, di capacita di
dialogo, di perdono, di gioia, di contagio nel bene che creano un'
atmosfera di famiglia.
Pero la fonte di tale bonta (che e Io stimolo alla nostra santita)
non si identifica semplicemente con un felice temperamento: la
vera «mistica» sgorga sempre da Dio, e un partecipare al mistero
della sua bonta. Certo la bonta di Dio non emargina le caratteri-
stiche naturali del cuore e del nostro temperamento, bensl le as-
sume, le irrobustisce, le corregge (e sara, questo, un compito non
piccolo e non breve...). Essa si adatta ai differenti temperamenti,
per rendere le nostre persone accettabili, amabili, portatrici di
simpatia, di allegria, di comprensione, di fiducia, capaci di costrui-
ACS 66, maggio 1934, 181-182.
12

2.5 Page 15

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re quel clima di confidenza cordiale e quella sincerita <legli affetti
che nell'educazione della gioventu e alla base di tutto.
L'ascetica. L'ascesi salesiana si e sempre espressa in un binomio
classico che bisogna sapere applicare anche alla bonta: «LAVORO
e TEMPERANZA!».
Non intendo parlare del lavoro e della temperanza in genere; ben-
si del loro apporto ascetico per favorire in noi la bonta verso la
gioventu. Chi vuole sapere di piu circa la portata ascetica di que-
sto binomio salesiano, puo ricorrere al gia citato commento del
sogno dei dieci diamanti. Ora, invece, io vi invito a percepire il
segreto interiore del «lavoro e temperanza» a servizio del «non
basta amare», affinche divenga stimolo fecondo di una santita
tipicamente salesiana: ossia perche cresca in noi la «carita peda-
gogica» secondo lo stile di don Bosco e renda possibile la diafani-
ta della nostra vita quotidiana di segni e portatori dell'amore di
Cristo alla gioventu, quali «sacramenti vivi» dell'amore di carita.
L'estasi del lavoro (mi ispiro alla famosa espressione di san Fran-
cesco di Sales: estasi dell'azione).
Che cosa intendo sottolineare con l'«estasi del lavoro»? Mi rife-
risco a una caratteristica che suole accompagnare il lavoro. Il
lavoro salesiano fa «uscire da se» (= estasi) per concentrarsi su
altri e su altro. Chi lavora salesianamente in vista della gioventu
non pensa troppo a se stesso. Chi ha poco da fare, invece, gira
sempre intorno a se stesso! Il lavorare intensamente per gli altri
diviene una metodologia ascetica che ci fa dimenticare il nostro
io. Una simile «estasi del lavoro» e davvero tale se proviene dalla
mistica or ora descritta. Se nel cuore c'e un profondo senso di
Cristo Redentore, ci si da agli altri e si traduce in maniera prati-
ca l'amore di carita sempre attento alle esigenze della missione,
alle aspirazioni e alle necessita della gioventu, senza vivere ripie-
gati su se stessi. Cosi l'estasi del lavoro appare un concreto eser-
cizio ascetico per allontanarci dall'egocentrismo; non con una gin-
nastica artificiale, ma con un fare quotidiano e normale che e uti-
le agli altri.
Chi pensa troppo a se stesso non sara mai capace di «farsi amare»
come voleva don Bosco. Potra legare a se degli affetti in un'altra
maniera... senza essere segno e portatore dell'amore di carita. E
conveniente, dunque, curare uno stile di attivita e di intenso la-
voro che obblighi continuamente a stare fuori di se; ad avere un
atteggiamento costante di preoccupazione per gli altri sull'esem-
pio del grande discepolo di Cristo Redentore che fu don Bosco.
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2.6 Page 16

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L'intimita della temperanza (penso a quale e la radice del domi-
nio di se e della moderazione dei sensi).
Anche qui non intendo parlare dei multiformi elementi che costi-
tuiscono una vita temperante; a tal fine potete rileggere il com-
mento al corrispondente diamante del sogno di don Bosco. Desi-
dero sospingere la vostra attenzione verso la «sorgente nascosta
e intima» da cui zampilla in una persona la volonta di essere tem-
perante nei sensi esterni e nella vita.
Ecco perche parło dell'«intimita» della temperanza.
Si tratta della custodia del cuore, la quale guida poi il retto uso
dei sensi. Il nucleo energetico, il segreto intimo che provoca il
dominio di se e la moderazione nell'esercizio dei sensi esterni e
la custodia del cuore. E un atteggiamento che si muove nel senso
contrario a quello dell'«estasi» del lavoro; consiste, infatti, nel
rivolgersi su di se in sincero atteggiamento di conversione: porta
a confrontare il proprio cuore nei suoi affetti con quello di Cristo
Redentore per nutrire in se gli stessi sentimenti di Lui,9 (l'Anno
Santo e il Sinodo su Riconciliazione e penitenza hanno lanciato un
forte invito a tale atteggiamento!).
E necessario rivolgere la mente su di se, in determinati momenti,
non per risvegliare l'egoismo e la concupiscenza o per sentirsi in-
compresi («nessuno mi considera», «sono un incompreso», «mi
hanno mancato di rispetto», «mi emarginano», ecc.), non in atteg-
giamento di vittimismo, ma con affanno penitenziale, nella since-
rita dell'analisi dei propri affetti, desideri, inclinazioni. Stiamo
parlando di una bonta che deve «farsi amare», ma sull'esempio
dell'amabilita del Signore: mettere in confronto il mio cuore con
quello di Cristo. Di li verranno suggerimenti di conversione inte-
riore; di li sorgeranno i propositi pratici per il dominio delle pro-
prie inclinazioni e la correzione e l'irrobustimento <legli affetti; di
n sgorghera anche la tranquillita che non si meraviglia di trovare
ogni giorno, ogni settimana, ogni mese la necessita di correggere
tante cose difettose e magari anche peccaminose. L'impegno di
conversione e penitenza fa parte dell'ascesi normale.
Una tale «intimita» della temperanza e assai importante! Essa pub
suggerire dove dirigere gli occhi, come sorridere, quali compor-
tamenti avere, che cosa evitare, in che modo mortificarsi, ecc.,
preoccupati pero sempre di conservare la capacita quotidiana di
«farsi amare». E dunque un'«intimita» tendente a tradursi in una
metodologia esterna che assicura la simpatia della nostra esisten-
Cf Fil 2, 5.
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2.7 Page 17

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za di sacramento vivo; difendendola dalle innumeri spine del
pergolato sotto cui camminiamo.
Alla conclusione del sogno sul pergolato di rose don Bosco se ne
fa spiegare il significato dalla Madonna stessa, che gli dice: «Sap-
pi che la via da te percorsa t'ra le rose e le spine significa la
cura che tu hai da prenderti della gioventu; tu devi camminare
con le scarpe della mortificazione. Le spine per terra rappresen-
tano le affezioni sensibili, le simpatie e le antipatie umane che
distraggono l'educatore dal vero fine, lo feriscono, lo arrestano
nella sua missione, gli impediscono di procedere e raccogliere co-
rone per la vita eterna. Le rose sono simbolo della carita ardente
che deve distinguere te e tutti i tuoi collaboratori. Le altre spine
significano gli ostacoli, i patimenti, i dispiaceri che vi toccheran-
no. Ma non vi perdete di coraggio: con la carita e la mortificazio-
ne tutto supererete e giungerete alle rose senza spine».10
La vera temperanza a cui dobbiamo tendere non parte da un mec-
canismo esterno, ma sgorga da un animo penitente, preoccupato
della custodia di un cuore i cui battiti sono misurati dalla mistica
del da mihi animas.
La temperanza salesiana, tanto esigente e talora pungente, non
tende a darci un volto di rigida austerita, ma esige una sincera,
continua e severa custodia del cuore (il cui rigore rimane intelli-
gentemente nascosto); essa deve servire a far brillare sul volto
la bonta, l'amorevolezza, l'invito alla fiducia, alla confidenza, alla
convivenza allegra e desiderata, a un'amicizia diafana che porta
al cuore di Cristo.
Vedete allora che la bonta che ci propone don Bosco non e tanto
semplice. Chi ci guarda dal di fuori, puo pensare a una certa su-
perficialita... Chi entra nel pergolato, compera gli scarponi!
Ecco: termina qui il mio commento alla Strenna. Diamo impor-
tanza alla bonta del «farsi amare» come stimolo efficace e quoti-
diano che ci muove a «rinnovati propositi di santita tipicamente
salesiana».
UNA TAPPA PIO SCORREVOLE PER QUESTA FINE Dl SECOLO
Concludo ricordando un consolante dato di fatto. Noi siamo stati
coinvolti da un'ora di crisi e stiamo ancora attraversando profon-
de trasformazioni nella societa, nella Chiesa, nella vita religiosa.
Puo darsi che a volte abbiamo perso un po' la bussola, anche se
IO MB III 34-35.
15

2.8 Page 18

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poi l'abbiamo ritrovata; ci siamo impegnati in u.n discernimento
salesiano di livello mondiale cosi da riformulare persino le Costi-
tuzioni. Oggi si apre una nuova prospettiva. Nella Chiesa - ce Io
diceva il Papa e ne parlavamo anche con il cardinal Pironio - in-
comincia di fatto, nel prossimo anno 1984, una nuova tappa con
u.n percorso piu scorrevole di quello fatto con sforzo di ricerca
in questo ventennio postconciliare. E entrato in vigore il nuovo
Codice di diritto canonico, che e una sintesi pastorale direttiva, in
forma concreta e definitiva, dei grandi orientamenti e principi del
Vaticano II; il Papa Io ha in certo modo qualificato come «ultimo
documento conciliare».
E poi quasi tutte le Congregazioni religiose, dopo avere guardato
in faccia le interpellanze dei segni dei tempi, hanno ormai dato
una risposta concordata e autorevole, segnata anche dall'approva-
zione della Santa Sede (noi Salesiani abbiamo ancora l'ultimo trat-
to da percorrere... speriamo che non risulti troppo lungo!).
Se la strada percorsa fin qui aveva buche, pietre, rovi, vegetazio-
ne, difficolta svariate, dal nuovo anno in avanti ci sara un traccia-
to definito e magari anche con un po' di asfalto; si potra correre
di piu. Per entrare in tale cammino bisognera mettere in pratica
tante belle case pensate, approfondite, riformulate. Non basta ri-
spolverare i libri delle origini, urge saperne tradurre in atteggia-
menti di vita i contenuti riattualizzati.
I prossimi 15 anni ci protendono verso le soglie del 2000, data d'
inizio del terzo millennio del cristianesimo - come suole dire il
Papa -. Siamo invitati a viverli con la gioiosa fretta dell'avvento
su un cammino ormai piu solido e diritto: stiamo entrando nel
rettilineo finale!
Ebbene, la Strenna viene a spingerci suggerendo un segreto: par-
tire dalla bonta! La mistica del da mihi animas e l'ascesi del
lavoro e della temperanza nutrano e illuminino quella carita pa-
storale-pedagogica che deve vivificare tutte le nostre iniziative di
santificazione e di apostolato!
Cosl., se realizzeremo bene la Strenna '84, anno cinquantesimo della
canonizzazione di don Bosco, ci avvicineremo al 2000 con un volto
piu significativo, ripulito e ravvivato nei lineamenti che gli diede
don Bosco, perche risplenda meglio e fruttifichi di piu nella Chie-
sa la peculiare santita della Famiglia Salesiana.
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