Triduo per Don Bosco

Triduo per don Bosco (2013)





«Abbi il coraggio della tua fede e delle tue convinzioni»






«La speranza ci sorregga quando la pazienza vorrebbe mancarci»






«Il Sistema Preventivo sia tutto di noi».












«Abbi il coraggio della tua fede e delle tue convinzioni»


Nel contesto dell' Anno della fede non potevo iniziare il triduo in onore di DB senza una riflessione su questo tema. Il Rettor Maggiore ci ha scritto ultimamente: «Non possiamo giungere al 2015 senza conoscere maggiormente DB».

Studio con amore il nostro santo da oltre 40 anni, quando qui a Valdocco nelle ferie estive dal 1969 al 1971 scrivevo la tesi di laurea. Mi convinco sempre più che tutta la sua vita è uno snodarsi di continue, progressive ed arricchenti annunciazioni.

Altri, parlano di sogni, rivelazioni, visioni, illuminazioni; preferisco attenermi al termine biblico, senza peraltro pretendere che altri accolga e accetti le mie conclusioni. Trovo conferma in ciò che scrive Pietro Stella: «La persuasione di essere sotto una pressione singolarissima del divino domina la vita di DB. La fede di essere strumento del Signore per una missione singolarissima fu in lui profonda e salda. In tutto DB sentì e vide una garanzia dall'alto. Ciò fondava in lui l'atteggiamento religioso caratteristico del servo biblico, del profeta che non può sottrarsi ai divini voleri». Sappiamo tutti come questo studioso salesiano è lontano da ogni forma di elogio trionfalistico ...

Su questa linea, possiamo leggere l'intera vita del nostro Padre sulla filigrana di due annunciazioni significative. Con una prima si apre, con un'altra si conclude l'esistenza di un santo .. C'è una prima annunciazione: avviene ai Becchi tra i 9-10 anni. Attraverso un sogno profetico gli viene indicato un cammino singolare di amore e servizio alla Chiesa nella persona dei giovani. Sappiamo che tutta l'esistenza di DB correrà su questo filo misterioso.

L'ultima annunciazione, avviene a Roma il 16 maggio 1887 all'altare dell'Ausiliatrice nella chiesa del Sacro Cuore, quando in un pianto irrefrenabile DB arriva a «comprendere tutto». Appena ritornato in sacrestia, lo ricorda lui stesso a don Viglietti: «Avevo dinanzi agli occhi, viva, la scena del primo sogno ... Ora, guardando indietro nella vita, mi pareva di comprendere proprio tutto». Quel "tutto" cui si riferisce è il continuo susseguirsi di interventi celesti. Per questo, il nostro Padre poteva affermare: «La nostra Congregazione è condotta da Dio e protetta da Maria SS».

Nel 1876 DB si trova a Roma; il 27 aprile scrive una lunghissima lettera a don Cagliero che da 5 mesi si trova in Argentina come responsabile della prima spedizione missionaria: «Abbiamo in corso una serie di progetti che sembrano favole o cose da matti in faccia al mondo: non appena li iniziamo, Dio li benedice in modo che tutto va a gonfie vele. Motivo per pregare. ringraziare. sperare e vegliare».

Quell'anno, 1876, era stato benedetto dal Signore (approvazione pontificia dei Cooperatori - a Valdocco giungono le prime 7 FMA per una scuola e oratorio - inaugurazione della ferrovia Torino-Lanzo e DB intrattiene in un mini-ritiro spirituale tre ministri anticlericali e massoni .. . ). Sembra che di colpo siano quasi sparite le spine dal pergolato di rose. Ma è solo un'impressione. Le spine ci sono; e tante!

La fede di DB spiega e illumina. Anche se con la tipica umiltà dei santi DB confessa: «Quanti prodigi ha operato il Signore in mezzo a noi. Ma quanti più ne avrebbe compiuti se DB avesse avuto più fede». E, verso la fine della sua vita, ammetterà: «Se io avessi avuto cento volte più fede, avrei fatto cento volte più di quello che ho fatto».

Eppure, tutta la vita del nostro Padre, dai primissimi anni sino agli estremi rantoli dell'agonia, è una continua filiale risposta di fede. Questa fede, insieme all'educazione religiosa iniziale, non arrivò a casa Bosco ai Becchi tramite i preti, ma derivò dalla struttura granitica di una mamma che, seppure illetterata, aveva la sapienza dei santi. MM, la prima indispensabile catechista di GB!

E DB porterà con sé per tutta la vita i valori religiosi ereditati come un autentico "patrimonio spirituale". Una catechesi spicciola, familiare, concreta, condita dalla saggezza popolana attraverso i classici proverbi sempre raccontati nell'inconfondibile dialetto astigiano.

Nell'esperienza sacramentaria di GB, la presenza di Mamma Margherita non è quella di una mamma che compie un atto informale, quasi d'obbligo. C'è l'accompagnamento premuroso e attento di una educatrice che sa valorizzare una esperienza determinante. Bisognerebbe aver tempo per rileggere con quale cura affettuosa prepara e accompagna il figliolo alla prima confessione. Poi, con il passar del tempo, quando vede che GB ha capito e sa valorizzare da solo questi momenti di grazia, non lo assilla più; semplicemente rimane accanto al figlio. Proprio come il futuro DB si comporterà con i suoi ragazzi. Con atteggiamento di vera libertà, perché l'atto di fede non può essere forzato (le file alla comunione).

C'è poi una parentesi fugace, breve se vogliamo ma molto determinante nella vita del nostro santo, che è il suo tirocinio come garzone alla cascina Moglia; GB ha 14 anni. La prima annunciazione di 4-5 anni addietro è sempre presente. Gli anni passati fuori casa (DB nelle MO sorvola con filiale delicatezza sul fatto!) furono «anni non inutili, nei quali si radicò in lui il senso di Dio ... Anni che si possono definire di attesa assorta e supplichevole, di attesa da Dio e dagli uomini, anni in cui forse è da collocare la fase più contemplativa dei suoi primi lustri di vita, quella in cui il suo spirito dovette essere più disposto ai doni della vita mistica sgorgante dallo stato di orazione e di speranza». (P. Stella).

Presso i Moglia, GB fu garzone e vaccaro da metà gennaio 1827 sin verso il Natale 1829, con un salario annuo di 15 lire, salario da non buttare via ...

Spaziamo un po' nella storia. Proprio in quegli anni, nel 1827 il Manzoni pubblica a Milano la prima edizione de I Promessi Sposi; nel 1828 a Recanati Giacomo Leopardi inizia a comporre le sue più belle e melanconiche poesie. Nel 1829 a Parigi c'è il debutto trionfale del Guglielmo Tell, il capolavoro di Gioacchino Rossini. In quegli stessi anni, GB porta le mucche al pascolo in una sperduta cascina del Monferrato. Ma è là che questo ragazzo, santamente monello, comincia con maggior intensità a parlare con Dio e crescere nella fede. Duemila anni prima, a Nazaret, Gesù, il «figlio del carpentiere» redime il mondo a colpi di pialla nella bottega di Giuseppe.

Un salto di qualità nella vita spirituale di GB avviene nel mese di novembre del 1829. Ci sono le missioni popolari a Buttigliera. Per strada, c'è l'incontro con don Giovanni Melchiorre Calosso. Ha gli stessi nomi di quel ragazzo che gli cammina accanto. Don Calosso è sui 70 anni, ma ne dimostra ben di più. La vita non gli è stata davvero prodiga di successi e soddisfazioni. Era stato parroco a Bruino per 22 anni. Poi era stato sospettato di sentimenti antifrancesi e antinapoleonici. Bisogna ricordare che il Piemonte dal 1801 era entrato a far parte dell'impero francese, senza tuttavia suscitare eccessivi entusiasmi tra la gente. Era stato accusato di alcune frasi considerate a Parigi come irrispettose, ma il suo arcivescovo lo aveva difeso. Anni dopo, un'altra accusa, ben più infamante. ma nessuno ne aveva preso le difese. Si era visto strappato dalla parrocchia, costretto quasi a mendicare la possibilità di celebrare la santa Messa. Alla fine del 1829 il teol. Calosso, laureato in teologia presso l'Università di Torino, era approdato alla povera cappellania campestre di Murialdo. In questo prete, invecchiato precocemente e con ogni certezza umana totalmente innocente, non c'è né astio né rancore. C'è solo la premurosa attenzione di chi intuisce il misterioso valore nascosto in quel povero contadinello che gli trotta accanto.

Del salto di qualità nella sua vita spirituale ne parlerà anni più tardi DB stesso nelle MO, ricordando con affetto riconoscente il buon benefattore che «amava più che padre». Aveva trovato «un amico dell'anima. In quel tempo ho cominciato a provare la gioia di avere una vita spirituale. Fino allora avevo vissuto molto materialmente, quasi come una macchina che fa una cosa ma non sa il perché».

La fede viene crudamente messa alla prova dopo appena un anno di serena convivenza con il vecchio sacerdote. Le 6000 lire, consegnategli in testamento orale da don Calosso, avrebbero risolto di colpo ogni problema economico. GB, però, impara una lezione che non dimenticherà più. A distanza di oltre 40 anni ricorderà: «A quel tempo feci un altro sogno secondo il quale ero acremente biasimato perché aveva riposta la mia speranza negli uomini e non nella bontà del Padre Celeste».

L'apporto formativo ricevuto nel seminario di Chieri è ricco. Forse la rigidità dell'orario, forse la freddezza distante di alcuni professori, forse la presenza di alcuni colleghi indegni, entrati in seminario senza vera vocazione, ne limitano l'influenza positiva.

Bisognerà attendere i tre anni passati al Convitto Ecclesiastico ove DB impara davvero a diventare prete. Nel Convitto non si distribuivano diplomi o lauree, ma si usciva preti doc. In quella scuola, che potremmo definire di alto perfezionamento pastorale nasce il DB ricco di ideali, con una visione di fede. Una fede concreta, essenziale. A prima vista, si potrebbe dire una fede feriale, anche se in DB - per il suo innato temperamento e per la formazione ereditata da Mamma Margherita - sarà sempre una fede festiva e gioiosa. Soprattutto, una fede dalle maniche rimboccate e dalle mani operose.

Dal 1841 al 1846 DB vive un'altra tipica esperienza di fede. Guidato e illuminato da annunciazioni sempre più chiare ed esplicite, quasi senza accorgersene, DB giunge a Valdocco. (Con DB i sogni lasciano i segni!). Ma prima, nel 1844, c'è un'altra annunciazione, che nella nostra storia è conosciuta come il sogno delle tre fermate o della pastorella. (Da notare: 3 anni prima c'è stato l’incontro con Bartolomeo Garelli; mancano ancora 18 mesi per arrivare a Valdocco). Rileggere oggi le pagine dell'oratorio ambulante, così precario, indifeso e poco organizzato, è come rivivere le pagine dell'Esodo. E noi sappiamo che il cammino dell'Esodo biblico è un cammino di fede messa continuamente alla prova. Tutti gli spostamenti geografici cui DB è obbligato a sottostare, tutte le stazioni di questa autentica Via Crucis lo avvicinano sempre più a Valdocco. E Valdocco diventa così vera Terra Promessa, la terra "sognata" (terra di tanti "sogni").

Le varie tappe hanno sapore di un vero esodo biblico. DB ci appare come un nuovo Patriarca; la liturgia della sua festa gli applica i testi che parlano di Abramo, "nostro padre nella fede".

Manca il tempo per approfondire questa idea; basti il suggerimento. Cercando elementi comuni tra l'esodo biblico e l'esperienza drammatica vissuta da DB (critiche della gente "bene", dubbi circa la sanità mentale di DB sorti tra ecclesiastici che pure sono amici suoi, sospetti da parte della polizia in un'epoca così convulsa come è il Risorgimento italiano ... ) ci troveremo di fronte a dei parallelismi inevitabili. E senza forzature! Non per nulla le Cost. SDB iniziano con una solenne professione di fede: «Con senso di umile gratitudine crediamo che la Società di San .Francesco di Sales è nata non da solo progetto umano, ma per iniziativa di Dio».

E quando DB giunge a Valdocco il 12 aprile 1846 era Pasqua. Le varie annunciazioni sinora avvenute lo hanno portato sin qua. DB uomo di fede intrepida, coraggiosa e riconoscente, può ripetere con il salmista: «Sono in te tutte le mie sorgenti». La misera tettoia Pinardi, bassa e insufficiente, per noi non è solo la Betlemme salesiana. È il granello di senape, «il più piccolo di tutti i semi, ma quando è cresciuto, è più grande di tutte le piante dell'orto: diventa un albero tanto grande che gli uccelli vengono a fare il nido tra i suoi rami».

Nel gennaio 1876, nella annuale riunione con i direttori salesiani:DB rilegge la storia di trent’anni prima: «Quando il mio pensiero confronta i tempi presenti coi tempi passati, la mia immaginazione ne resta schiacciata». [DB ricorda il campo seminato a meliga, a cavoli, qualche orto e null'altro . . . una taverna miserabile, una casa d'immoralità . . . un povero prete tutto solo. Don Ceria afferma, a detta dei testimoni presenti, che DB verso la fine del suo discorso appariva estremamente commosso].

Oggi vogliamo benedire il nostro Fondatore. Grazie alla sua fede evangelica, il seme è diventato un albero, l'albero si è trasformato in un bosco. Il bosco di DB!

Nel primo giorno del suo triduo, DB ci lascia un ricordo. Come ai suoi ragazzi, come ai primi salesiani che fecero grande e bella la storia di Valdocco, anche a noi oggi dice: «Abbi il coraggio della tua fede e delle tue convinzioni».





«La speranza ci sorregga quando la pazienza vorrebbe mancarci”


Stasera ritroviamo DB, benevolo, amico e simpatico come sempre. Ci terrà compagnia per alcuni momenti. Sarà nostro maestro nella speranza e nella pazienza. Cose tutte di cui oggi sentiamo un enorme bisogno.

Osservatore attento e sensibile dei segni dei tempi, DB raccomandava: «Una volta bastava unirsi nella preghiera; ma oggi che sono tanti i mezzi di perversione, è necessario unirsi nell’azione e lavorare assieme». Seguiva questo principio: «Io rispetto tutti, ma non temo nessuno», e questo non lo diceva per spavalderia. Era fin troppo convinto che nell’agire bisognava sempre usare sempre di pazienza e trasparenza.

D’altronde l’esperienza gli faceva dire: «Ho sperimentato che, quanto più mancano gli appoggi umani, tanto più Dio ci mette del suo». Non lo spaventavano le sfide dei tempi; incoraggiava asserendo: «I nostri tempi sono difficili? Sono sempre stati così, ma non ci mancò mai l’aiuto di Dio». Nel giorno di Pentecoste del 1876 DB intrattiene i suoi con una conferenza: «Io sono sbalordito al vedere come il Signore ci copre di benedizioni, quasi direi ci carica colla sua grazia».

Chi conosce, anche solo superficialmente qualcosa della sua vita così provata e avventurosa, sa che DB dovette affrontare spesso problemi e sfide cui rispose con una dose incrollabile di coraggio e di abbandono alla Provvidenza. Alcuni brevissimi flash.

1860: un anno particolarmente pesante. Muore il Cafasso, il suo confessore e munifico benefattore. A Valdocco si susseguono varie perquisizioni, creando un clima di grave apprensione e di panico tra i salesiani e soprattutto tra i ragazzi. DB sopporta finché può; poi scrive una lettera al Ministro degli Interni Luigi Farini e a quello della Pubblica Istruzione Terenzio Mamiani (il 12 giugno 1860). In essa afferma:

  • «Sono a Torino da vent’anni, ed ho consumato ogni momento di mia vita nel ministero sacerdotale per le carceri, per gli ospedali, scorrendo talor le piazze, le contrade per togliere dai pericoli i fanciulli abbandonati.

  • Ho sempre lavorato per compiere il dovere di sacerdote. Sono sempre stato rigorosamente estraneo alla politica. Questo ho stimato di fare, nella persuasione che un sacerdote possa sempre esercitare il pio ministero di carità verso il suo prossimo in qualsiasi tempo e luogo, e in mezzo a qualunque specie di Governo».

Da notare: durante le perquisizioni a tappeto, con faccia tosta vari Ministri raccomandano ed ottengono accettazione gratuita di vari ragazzi. Dopo un mese di attesa, il 14 luglio: gli è concessa udienza; il segretario generale del Ministro cav. Silvio Spaventa la fissa per le ore 11. DB fa un’anticamera dalle 11 alle 18. A quell’ora, il nostro santo ascolta il ministro che, seccato, domanda al segretario: “Cosa vuole questo importuno?”. Al che DB gli dice (gonfiando le cifre…): “Sig. Cavaliere ho 500 ragazzi abbandonati da mantenere; da questo momento li rimetto nelle sue mani e la prego di provvedere al loro avvenire”. Due giorni dopo, 16 luglio, il Ministro Farini riceve in udienza il nostro santo. “Per i miei ragazzi esigo giustizia e riparazione d’onore affinché loro non venga a mancare il pane della vita”. Il dialogo si fa acceso. DB non indietreggia di un millimetro. Poi entra il Cavour e le cose a poco a poco si appianano.

Sui ministri di governo con cui dovette spesso trattare, DB aveva le idee molto chiare. Diceva: «Questa gente che ora ci governa ha molto bisogno della nostra compassione. Sono troppo seri i conti che aprono con Dio».

I giornali laici e quelli apertamente anticlericali non furono mai teneri con DB e misero spesso a dura prova la pazienza del nostro santo. Solo alcuni esempi.

Dal 1848 al 1888 chi superò tutti i giornali in una lotta senza quartiere contro DB fu senza dubbio “Il Fischietto”. DB aveva sollecitato una sovvenzione al governo. Il giornale dà la notizia e commenta:: «Non basta ancora il numero stragrande di giovani che sono cretinizzati nell’Oratorio di san Francesco di Sales? Con molti DB, noi moriremo imbecilli». Un altro piccolo saggio quando si stava allestendo la prima spedizione missionaria. «DB il Taumaturgo, sta per intraprendere una nuova speculazione commerciale, su vasta scala. Tutti sanno che questo fortunatissimo industriale cattolico, apostolico e romano ha saputo trovare il mezzo di fare milioni – e non pochi – colla sua ormai celebre Fabbrica privilegiata a vapore di preti e diaconi per esclusivo uso e consumo della Santa Baracca… Quindi, da industriale abilissimo, ultimamente ha deliberato di esportare anche nel Nuovo Mondo i prodotti della sua Fabbrica privilegiata… Quanto prima anche l’America potrà sapere qual gusto abbiano i preti italiani fabbricati dal nostro Taumaturgo…». Ancora una frecciata: «Si apre la gran bottega dei miracoli; si fa di DB un Santo e se ne vendono le vesti a tanto il pezzetto… Per questo si inventano le storie di giovani divenuti santi come quella di Domenico Savio».

Come rispondeva DB a questi attacchi? Con la disarmante semplicità dei veri santi: «Sono indifferente alle lodi e alle critiche. Se mi lodano, dicono ciò che dovrei essere; se mi criticano, dicono quel che sono».

In un’altra occasione, quando era stato aspramente criticato con parole ingiuriose, DB affermava: “Tanto mi fa leggere una lettera piena di lodi come un’altra piena di insulti. Altro non sono se non quello che sono davanti a Dio».

DB era un uomo buono, ma certamente non era uno sprovveduto. Ce ne ha dato un saggio verso la fine della sua vita.

Nel 1884 Torino fu sede dell’Esposizione Nazionale dell’Industria, della Scienza e dell’Arte. DB volle prendervi parte; chiese e ottenne uno spazio considerevole, 55x20 m. In bella mostra 1000 volumi scientifici, letterari, storici, didattici, religiosi. Vi figurava il Bollettino Salesiano in italiano, francese e spagnolo. Lo stand si apriva con la scritta: DON BOSCO – Fabbrica di carta, Tipografia, Fonderia, Legatoria e Libreria Salesiana. Attraverso un interessante percorso i visitatori potevano ammirare come nasce un libro, dagli stracci sino alla rilegatura finale. Fu il padiglione più visitato. Ma quando si giunse alla premiazione, DB semplicemente rifiutò il secondo premio. Nella lettera che inviò alla giuria, spiegò: «Mi sono premio sufficiente gli apprezzamenti del pubblico che ebbe occasione di accertarsi coi propri occhi dell’indole dell’Opera mia e dei miei collaboratori».

Era la conferma di quanto soleva dire ai suoi salesiani: «Al mondo malizioso non possiamo opporre solo dei Pater noster. Ci vogliono opere!». Sembrano espressioni di un accanito sindacalista. Sono invece espressioni di un santo che la vedeva lunga e sapeva leggere i “segni dei tempi”.

Nel primo anno di preparazione al bicentenario siamo stati invitati a leggere le MO. La chiave di lettura che DB ci offre, forse, è nascosta nella prime righe, in una semplice frase: «A che potrà servire questo lavoro? Servirà di norma a superare le difficoltà future, prendendo lezione dal passato; servirà a far conoscere come Dio abbia egli stesso guidato ogni cosa in ogni tempo». Don Braido definisce le MO con una frase felicissima come le “memorie del futuro”. A distanza di oltre 150 anni, questo non è il tempo dell’entusiasmo delle origini, ma neppure è il tempo per la rassegnazione e la strategia della sopravvivenza. Oggi è il tempo di Dio, della sua grazia. Egli ci chiama ad una grande apertura, a una totale fiducia, un’amorosa docilità e un coraggio a tutta prova per rispondere alle nuove sfide e cogliere le nuove opportunità.

Se leggiamo con attenzione la storia della nostra giovane Congregazione, troviamo un DB che inizia un’esperienza apostolica del tutto nuova, un cammino di consacrazione religiosa che risponda ai nuovi tempi. Tutto ciò, non è stato facile per lui. Era lavoro di pioniere. C’è una pagina nelle MB in cui il nostro Padre fa una rilettura del cammino percorso sino allora. Siamo nel 1875, un anno – per tanti versi – ricco di iniziative coraggiose e quasi temerarie. È una splendida confessione di umiltà e di verità. Non è vero che DB tirasse su i suoi “alla carlona”; stava dissodando un cammino nuovo, un’esperienza del tutto diversa. Ecco perché DB è il santo che vive di fede. L’abbiamo abbozzato ieri. Ma una fede che sfocia nella speranza e questa, nella fiducia in Dio. Non andava alla cieca DB! Si accontentava prudentemente del possibile, anche se il suo sguardo si spingeva oltre. Vi leggo alcune sue parole, come ci sono state riferite: «Quanti disordini esteriori avvenivano in quei tempi. Quante lotte fra i chierici… Molti al mattino rimanevano a letto; alcuni non andavano a scuola senza dir nulla ai superiori; non si faceva la lettura spirituale, nemmeno la meditazione; le pratiche di pietà, erano quelle fatte con i giovani. Eppure io vedeva tutti questi disordini e lasciava che si tirasse avanti come si poteva. Se avessi voluto togliere tutti i disordini in una volta, avrei dovuto chiudere l’Oratorio; i chierici non si sarebbero adattati a un serio regolamento, e se ne sarebbero andati tutti. E io vedeva che di quei chierici anche divagati molti lavoravano volentieri, erano di buon cuore, di moralità a tutta prova, e, passato quel fervore di gioventù, mi avrebbero poi aiutato molto. E debbo dire che vari preti della Congregazione, che erano di quel numero, adesso sono fra coloro che lavorano di più, che hanno miglior spirito ecclesiastico, mentre allora sarebbero certamente andati via dalla Casa piuttosto che assoggettarsi a certe regole restrittive».

C’è una frase che viene sempre attribuita a DB, ma sua non è; una signora di Lione gli aveva inviato un’immaginetta con queste parole: “Sii con Dio come il passerotto che sente tremare il ramo e continua a cantare, sapendo di avere le ali”. Anche se non è sua, rispecchia la sua filiale fiducia nella Provvidenza.

Nel mese di settembre 1876 erano stati organizzati tre turni di ES nel collegio di Lanzo. C’erano i due predicatori, ma DB interviene con una conferenza dal tono molto cordiale e famigliare. Sembra più una chiacchierata che una conferenza ascetico-spirituale. Ma bisogna stare attenti a ciò che di DB viene riferito e trascritto dai suoi salesiani. Chi è abituato a leggere qualcosa di DB sa che raramente fa uso di parole difficili, quei paroloni che si usano oggi e che sembrano d’obbligo per essere considerati à la page, in. DB andava al sodo, senza molti fronzoli o ricercatezze di stile. Il tema della chiacchierata è sulla pazienza, speranza e obbedienza. Dice DB: «C’è bisogno di molta pazienza, o per dir meglio, di molta carità condita col condimento di san Francesco di Sales: la dolcezza, la mansuetudine». Poi, dopo aver accennato a casi concreti in cui è facile perdere le staffe, soggiunge: «Me ne accorgo anch’io che costa. E non crediate che sia il più gran gusto del mondo stare tutta la mattina inchiodato a dare udienza o fermo al tavolino tutta la sera per dar corso alle faccende tutte, lettere o simili. Oh!, vi assicuro che molte volte uscirei ben volentieri a prendere un po’ d’aria e forse ne avrei un vero bisogno… Non crediate che non costi anche a me, dopo di aver incaricato qualcuno d’un affare o dopo di avergli mandato qualche incarico o delicato o di premura, e non trovarlo eseguito a tempo o malfatto, non costi anche a me il tenermi pacato; vi assicuro che alcune volte bolle il sangue nelle vene, un formicolio domina per tutti i sensi. Ma che? Impazientirci? Non si ottiene che la cosa non fatta sia fatta, e neppure si corregge con la furia». In seguito, con parole dettate dalla sua esperienza di contadino, si dilunga spiegando la similitudine del giardiniere. Per poi, terminare: «Anche noi, miei cari, siamo giardinieri, coltivatori nella vigna del Signore… Tenetelo a mente, non valgono le furie, non valgono gli impeti istantanei; ci vuole la pazienza continua, cioè costanza, perseveranza, fatica». E conclude: «Ciò che sostiene la pazienza dev’essere la speranza. La speranza ci sorregga, quando la pazienza vorrebbe mancarci».

Anche se sono cambiati i tempi e i modi, DB ci suggerisce una linea d’azione in piena consonanza con il tema del prossimo CG 27: Testimoni della radicalità evangelica.

Per questo, raccomandava ai suoi salesiani: «La croce non basta prenderla in mano e baciarla. Bisogna portarla»

Desidero terminare rifacendomi ad un testo di don Teresio Bosco. Dopo aver accennato alle tantissime prove che il nostro Padre dovette affrontare e che io di proposito ho tralasciato per mancanza di tempo (e l’autore si riferisce alla Via Crucis di DB nell’annosa controversia con il suo arcivescovo e, di conseguenza, il clima di pesante sfiducia che si era creato in Vaticano) conclude così: “Chiedere perdono all’Arcivescovo gli costò moltissimo. Non era nato per porgere l’altra guancia. Se lo imponeva con uno sforzo violento… Dalle dure prove, DB uscì sereno e distrutto. Per questo la sua Congregazione fiorì in grande: nacque da un prete crocifisso”.

DB, prete crocifisso, ma soprattutto prete pasquale. Un santo che ha messo Dio nel cuore dei suoi giovani, perché li conosceva assetati di giustizia e di verità. Ha fatto scoprire a tanti ragazzi sbandati, violenti e ribelli la nostalgia di Dio. Prete crocifisso, ma soprattutto evangelico chicco di grano macinato, triturato dal dolore e dall’amore. Il Dio della speranza e della fiducia era con lui e lui, DB, portava questo Dio ai suoi ragazzi perché un giorno aveva promesso «che fin l’ultimo respiro sarebbe stato» per i suoi poveri giovani.

















Il Sistema Preventivo sia tutto di noi

DB non può essere considerato un teorico dell’educazione, un pedagogista in senso stretto. Non che gli mancassero le qualità intellettuali. Se dobbiamo credere a Pio XI «DB aveva un grande amore allo studio, una simpatia e, si direbbe quasi, una seduzione dello studio… Non gli mancava né un ingegno vasto e vivace, né una grande capacità di lavoro che non lo faceva sgomentare di nessuna impresa».

Eppure, quando si trattò di redigere alcuni elementi basilari del suo sistema educativo, DB si trovò in difficoltà. Non era facile tradurre a parole una lunga esperienza che stava ormai vivendo da 36 anni. Gli pareva di non riuscire mai a dire l’essenziale. Ma nel 1877, per l’inaugurazione del Patronato San Pietro a Nizza i francesi esigevano una riflessione organica sulle linee portanti del suo sistema educativo per iscritto. Sino allora DB si era sempre schermito: «Mi si domanda qual è il mio metodo per educare. Tiro su i ragazzi come mia mamma ha fatto con noi in famiglia; di più non so». Però, per accontentare la richiesta, DB dovette sedersi a tavolino. Fu un’impresa difficile e sofferta! I fogli scritti, poi corretti, poi riscritti finivano inesorabilmente nel cestino. Alla fine vennero fuori nove scarse paginette. Non poteva pretendere di aver fatto un lavoro scientifico. Era piuttosto uno schizzo, un condensato della sua esperienza pedagogica. A scanso di equivoci, DB stesso lo definiva «l’indice di un’operetta che vo preparando se Dio mi darà tanto di vita da poterlo terminare». Era la professione di fede di un prete nel valore dell’educazione. In pratica: tutte cose che aveva imparato dalla mamma e attinto dal contatto con l’ambiente e la cultura contadina dei Becchi. Valori che aveva maturato e portava nel cuore e che costituivano lo specifico del suo lavoro con i ragazzi.

Il Trattatello sul Sistema Preventivo piacque; parlava il linguaggio dei giovani, imparato frequentando i nugoli di ragazzi che bivaccavano a Porta Palazzo, che visitava nelle carceri di Torino, nelle botteghe, sulle impalcature traballanti dei grandi palazzi in costruzione dove lavoravano tanti apprendisti tirati su dai loro padroni a suon di sberle e molte bestemmie.

Forse il più bell’elogio sul suo metodo educativo lo fece, una cinquantina d’anni dopo, Giuseppe Lombardo-Radice, un anticlericale dichiarato, quando affermò: «Don Bosco era un grande che dovreste cercare di conoscere. Egli seppe creare un imponente movimento di educazione, ridando alla Chiesa il contatto con le masse, che essa era venuta perdendo. Per noi che siamo fuori della chiesa e di ogni chiesa, egli è pure un eroe, l’eroe dell’educazione preventiva e della scuola-famiglia. I suoi prosecutori possono esserne orgogliosi…Don Bosco! Il segreto è lì: UNA idea. La nostra scuola: MOLTE idee. Molte idee può averle anche un imbecille, prete o non prete, maestro o non maestro. Una idea è difficile. Una idea vuol dire un’anima».

Quest’anima unificante era guidata da alcune idee-forza che, con la maturità derivata dall’esperienza, si fecero sempre più chiare in DB e nei suoi continuatori.

Quando un celebre gesuita sollecitò un’intervista con DB aveva stilato una raffica di domande. Nella prima gli chiedeva: “Cosa fa per educare i suoi giovani?”. Si aspettava una dotta disquisizione e DB lo liquidò con un verbo solo: «Amandoli». DB non aveva letto molti trattati di pedagogia. La vita, il cortile, il confessionale, lo stare con loro erano stati i suoi libri più importanti. E questo, da quando don Cafasso gli aveva dato un consiglio d’oro: “Si guardi attorno”. L’orizzonte che aveva intravisto non era molto roseo. Basta leggere qualche pagina che racconta la povertà e il degrado di tanti quartieri di Torino nell’800.

A questo punto si fa necessaria un’osservazione. DB non avvicina quasi mai i suoi ragazzi in sacrestia o all’ombra di un campanile. I suoi contatti, i luoghi dove avvengono gli incontri, in genere, sono le viuzze maleodoranti della periferia, le bettole, le piazze, le modeste officine artigianali ove imparano un mestiere. È lì che “guardandosi attorno” scopre il suo campo di lavoro. Torino, la capitale di circa 130 mila abitanti, era ancora una città senza industrie, anche se in pieno sviluppo edilizio: e per questo c’era bisogno di tante braccia a poco prezzo.

I primi “clienti” di DB sono muratorini, selciatori, venditori ambulanti (i vá cumprá dell’800!), spazzacamini, tutti sradicati dal loro paese, dalla loro famiglia, dal loro dialetto. I ricchi industriali piemontesi, riuniti a Torino nel Congresso degli scienziati italiani (1844), avevano affermato che il lavoro infantile era necessario: solo così si poteva reggere la concorrenza dei prodotti stranieri! Il prezzo da pagare fu altissimo in termini di sfruttamento. Le cifre sono da capogiro: nel 1844 nel solo Piemonte c’erano 7184 fanciulli impiegati nelle fabbriche di seta, di lana e di cotone, al di sotto dei 10 anni. Entravano alle cinque del mattino e ne uscivano alle sette di sera, compreso il sabato. La durata media della vita di un operaio, tra il 1830-1840, era di 17-19 anni. Quest’epoca fu definita “l’agonia dei piccoli lavoratori”.

DB incomincia a scrivere nella pratica il Trattatello sul Sistema Preventivo proprio in quegli anni, non a tavolino, non chino su trattati di pedagogia, ma sul campo, giorno per giorno, con molte vittorie e non poche sconfitte. In fin dei conti, tra i ragazzi che DB definisce «pericolosi e pericolanti» non erano molti i Domenico Savio; erano giovani rudi e difficili, rozzi nei modi e nel linguaggio, tendenzialmente ribelli, dal coltello facile, abituati a sopravvivere con la forza della disperazione. In una confidenza tardiva (siamo nel 1876) DB narra qualche ricordo a don Giulio Barberis: «Raccontare le cose d’allora par proprio a chi le ascolta, racconto di favole. I tempi erano cattivissimi e non c’era forza pubblica che valesse a tener in freno la gioventù. Si formavano assembramenti di giovani che chiamavansi “cocche” e si era in continua rissa tra gli uni e gli altri. Né carabinieri, né le guardie di pubblica sicurezza, neppure i gendarmi a cavallo potevano più nulla contro di loro. Vedendo così io mi posi a vedere se v’era mezzo di fare un po’ del bene tra loro e andava nelle prigioni, nelle piazze, negli assembramenti e dappertutto un po’ con raccomandazioni, un po’ con prediche, un po’ con facezie cercava di ridurre a dovere… È con questo modo che alle volte riusciva di averne molte centinaia. Molti mi conoscevano e tenevano le cose nel loro vero aspetto, altri mi dicevano matto; io prendeva tutto: e intanto era contento che di coloro che raramente o quasi mai vanno in chiesa avessero sentito la loro buona predica, e proprio di quelle che difficilmente sfuggono dalla memoria… Finiva quasi sempre per condurre alcuni a stare con me perché tanti erano di quelli affatto abbandonati. Mio scopo nell’accettarli era di vedere se poteva avere con me i capi e vidi più volte che accettato un capo o due di una “coca”, la “coca” si scioglieva. Certo che della pazienza o della destrezza ce ne voleva per tenere in casa giovani di quella fatta; ma quello che osservai di più notevole si è che, sebbene si fermassero poco con me in casa e poi non volessero più starci, neppure uno tornava a immischiarsi in quegli assembramenti pericolosi».

Intanto il primo sogno, la prima “annunciazione” continuava a martellargli la memoria condizionandogli “tutto il modo di vivere” (P. Stella). Ogni parola che DB scrisse nel 1877 è frutto di sacrifici e pazienza, sangue e sudore di tanti anni prima.

In sintesi, ecco le idee forza del Sistema Preventivo che si desumono da quelle nove paginette:

1º - l’azione di DB si radica in una scelta personale di fondo proiettata ad operare per il bene («illuminare la mente per rendere buono il cuore» scriverà DB nella sua Storia Sacra). Il bene spirituale, perché DB non è un educatore che, nei ritagli del tempo, è anche prete, ma è un prete appassionato che vive da appassionato la sua missione di educatore. Aveva sofferto l’impossibile per giungere al sacerdozio!

In uno dei tanti discorsi che Pio XI fa, direi a tamburo battente, dopo la solenne canonizzazione del nostro Fondatore e Padre, “il papa di DB” disse: «Dove ha attinto DB questo amore per le anime? È chiaro. Egli le ha amate, perché ha amato Gesù Cristo». Non c’è altra spiegazione per il “Da mihi animas”. Il Sistema Preventivo è una “esperienza spirituale ed educativa” (Cost. sdb 20) perché attinge “alla carità di Dio” (ib.). O come si esprimono in modo altrettanto bello le Cost. fma 7: “è un’esperienza di carità apostolica, che ha come sorgente il Cuore stesso di Cristo”.

DB e la Mazzarello non ci hanno voluti solo buoni insegnanti; questo ideale sarebbe troppo deludente!. I nostri santi Fondatori ci hanno voluti seminatori di Dio, della nostalgia di Dio nel cuore dei nostri giovani, annunciatori della vita e della speranza che è l’anima del Vangelo della gioia.

2º - una profonda convinzione nella benignità e nella paternità di Dio, per cui noi – come Salesiani, cioè figli spirituali di san Francesco di Sales – dobbiamo essere “nella Chiesa segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani” (Cost. sdb 2).

3º - una appassionata consapevolezza che «in ogni giovane anche il più disgraziato c’è un punto accessibile al bene; dovere primo dell’educatore è cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore e trarne profitto». (MB V,367).

4º - uno stile di azione per i giovani improntato al vivo senso di Dio, alla ragione, all’amorevolezza. Il Sistema Preventivo non impone nulla ma propone moltissimo. Offre la visione di un sano umanesimo integrale. Forma coscienze. Prepara il giovane alle sfide della vita. Motiva il senso del dovere cui DB dà una connotazione quasi sacra proponendolo come cammino di vera santità giovanile. Il Sistema Preventivo esige molto; in cambio offre molto di più. È questa la pedagogia che ha portato Domenico Savio all’eroismo. Che ha modellato e forgiato Michele Magone, un ragazzo che correva il rischio di diventare un pericoloso ragazzo di strada. Che ha ispirato Laura Vicuña a offrire la sua giovane vita per la mamma. Che ha portato Ceferino Namuncurá a voler studiare per diventare prete e così essere utile alla sua gente. Che ha sublimato il sacrificio della donazione completa ai cinque giovani oratoriani polacchi.

5º - una struttura educativa fondata su una presenza attiva ed amica, per formare “buoni cristiani e onesti cittadini”.

DB, però, non sempre e non da tutti fu capito. Li aveva “tirati su” lui i primi salesiani, mendicando il pane per sfamarli, facendosi questuante per loro. Eppure alcuni lo delusero. Una situazione emblematica avvenne nel 1885. DB, quasi cieco, con le gambe spaventosamente gonfie, era solo più l’ombra di se stesso. Da dieci anni salesiani intrepidi e fidati stavano lavorando in Argentina, Uruguay e Brasile. A Valdocco non tardarono ad arrivare lettere allarmanti. Per delicatezza non erano indirizzate a DB, ma ad alcuni Superiori Maggiori. Poi, la cosa trapelò e giunse agli orecchi di DB che rimase triste e deluso: in alcune case dell’Argentina, non si educava più secondo il Sistema Preventivo; specialmente ad Almagro prevaleva una pedagogia un po’ manesca e rude che non dispensava castighi anche fisici. Bisognava arginare queste tendenze. DB prese in mano la situazione. E lo fece, nelle vesti di Fondatore e di Papà. Nel caldo torrido in cui Valdocco ristagna in agosto, con la vista tremula, scrisse tre lettere, il 6, il 10 e il 14 agosto. La prima a Mons. Cagliero, vescovo da pochi mesi; la seconda all’Ispettore don Costamagna e la terza ad un giovane prete don Tomatis.

Anche se il cuore sanguina, DB trova ancora il coraggio di scherzare sulla pessima e svolazzante calligrafia del Cagliero (“la tua lettera mi ha fatto un gran piacere, e sebbene la mia vista sia divenuta assai debole, ho voluto leggerla io stesso da capo a fondo, malgrado quella tale calligrafia che dici aver appreso da me, ma che ha degenerato dalla forma primitiva»). Poi entra in argomento, con cuore di Padre: «Preparo una lettera per don Costamagna, e per tua norma io toccherò in particolare lo Spirito Salesiano che vogliamo introdurre nelle case di America. Carità, pazienza, dolcezza; non mai rimproveri umilianti, non mai castighi; fare del bene a chi si può, del male a nessuno. Ciò valga pei Salesiani tra loro, fra gli allievi ed altri».

Al “caro e sempre amato” don Costamagna: «L’epoca dei nostri Esercizi Spirituali si sta avvicinando. Vorrei a tutti fare io stesso una conferenza sullo spirito salesiano che deve animare e guidare le nostre azioni. Il Sistema Preventivo sia proprio di noi. Non mai castighi penali, non mai parole umilianti, non rimproveri severi in presenza altrui. Nelle classi suoni la parola dolcezza, carità e pazienza. Non mai parole mordaci, non mai uno schiaffo grave o leggero… Ogni salesiano si faccia amico di tutti. La dolcezza nel parlare, nell’operare, nell’avvisare guadagna tutto e tutti». La terza lettera a don Tomatis riprende gli stessi avvisi.

La correzione era stata fatta, condita con quello stile di famiglia che rende accetti anche gli impegni che a prima vista sembrano difficili, o i rimproveri che potrebbero inevitabilmente portare allo scoraggiamento. Il risultato superò ogni aspettativa. Furono molti i salesiani che copiarono quelle lettere; la cronaca dice che le usavano come testo di lettura spirituale, o come schema per l’esame di coscienza. L’aveva capito appieno don Francesco Bodrato, l’antico maestro conosciuto da DB a Mornese: con lui aveva avuto dialoghi interessanti nel 1864. Vedovo, era diventato salesiano. DB lo aveva voluto come responsabile della seconda spedizione missionaria nel 1876. Dall’Argentina aveva inviato un’affettuosa lettera a DB; in essa, sintetizzava lo stile di famiglia e di unità di intenti con una splendida espressione: «Noi qui viviamo di don Bosco».

Sia questo il nostro impegno di vita, mentre ci accingiamo a celebrare con gioiosa riconoscenza la festa del nostro Padre e Fondatore.

E DB ci lascia il suo ricordo personale, rivolto a ciascuno di noi. Ci dice: «Figli miei, quando leggerete queste memorie e io non ci sarò più, ricordatemi come un papà che vi ha sempre voluto bene».

Ecco perché DB continua ad incantarci. Perché ha un cuore grande come la sabbia che è sulla spiaggia del mare…

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