ACS 048 , Spedizione missionaria

Don Ricceri. Lettera 1967 ACS 48, (1967) 250, 3-54


a) Spedizione missionaria

In primo luogo io desidero attuare il voto espresso dal Capitolo Generale XIX0 che cito testualmente: «Si favorisca il desiderio di coloro che chiedono di andare in missione, in quanto ciò è possibile ed essi ne hanno le doti. Lo stesso si dica per coloro che desiderassero pre­stare la loro opera per almeno cinque anni, purché siano considerati idonei» (Atti del Cap. Gen. XIX, 180).

Ho quindi stabilito, d'accordo con i Superiori del Consiglio, di organizzare entro il 1968 la prima spedizione missionaria di Sacerdoti i quali si mettono a disposizione della Congregazione per un ministero di cinque anni in alcune nostre più bisognose regioni dell'America latina. Per questo faccio appello a quanti di voi sentono in cuore di offrirsi per non oltre cinque anni ad esercitare le varie forme di ministero (non si tratta di andare a fare scuola) in quelle zone dell'America Latina salesiana dove urge maggiormente l'opera di sacerdoti.

L'iniziativa trova la sua ragione nella situazione precaria in cui si trova il cattolicesimo nell'America del sud per la grave insufficienza di clero, nell'appello accorato rivoltoci tante volte dal Papa e al quale noi abbiamo promesso di rispondere, nell'esempio che ci viene da altre istituzioni religiose e laiche che ci hanno preceduto in questa ripresa missionaria.

Mi consta che uno degli ordini religiosi più grandi della Chiesa si appresta a portare il numero dei propri missionari dal 17% al 33% del numero globale dei suoi religiosi. Il fatto è quanto mai indicativo. Per conto mio, da quanto ho potuto vedere in questi anni, ho tratto la convinzione che è profondamente vera la affermazione di un illustre religioso: "le Congregazioni fioriscono nella misura che le anima un autentico spirito missionario".

Mi conferma in questa convinzione il constatare la disponibilità e la generosità dei giovani del nostro tempo al sacrificio. Essi aborriscono dalla "routine" che imborghesisce la vita cristiana appiattendola, e ancor più quella reli­giosa che è donazione, e finisce con lo spegnere l'ideale. I giovani spesso ci spingono sulla via del generoso, sacri­ficato e autentico servizio missionario.

Vi è noto come trenta giovani — studenti, operai, impiegati, professionisti — nell'intento di attuare la «Populorum Progressio» sono andati a loro spese dall'Italia in Brasile per quattro mesi, per recare un aiuto concreto alla nostra missione di Poxoreu in Brasile. E un mes­saggio di ardimento e di gioioso sacrificio che siamo lieti non solo di applaudire, ma di accogliere: esso ci viene da coloro che abbiamo educato apostolicamente.

Proprio dalle varie missioni del Brasile, e posso dire non meno da tanti altri paesi dell'America Latina, mi per­vengono voci sempre più accorate e imploranti. Si ripetono frasi come queste: « Siamo sempre di meno, invecchiati, ammalati, stanchi e spesso sfiduciati. Chi cade non è sempre sostituito. Intanto la popolazione è cresciuta, gli operai evangelici sono diminuiti e continuano a diminuire, le distanze dividono e sperdono le nostre forze. Al contrario si fanno sempre più numerosi, agguerriti ed attrezzati i missionari di altre credenze. Ci aiuti la Congregazione prima di un crollo. Non chiediamo pane per saziare la fame: chiediamo pane per sopravvivere». Come si può rimanere insensibili dinanzi a tali implorazioni rispondenti a verità, come ci confermano non solo gli Ispettori e i nostri Vescovi, ma anche i Superiori Regionali man mano che vengono a contatto con la penosa realtà?

Prevengo l'obiezione di qualcuno: «Ma anche nella nostra Ispettoria abbiamo scarsezza di personale, le voca­zioni non son poi così numerose ». Chi ragionasse così, penso che cambierebbe senz'altro parere se avesse modo di rendersi conto personalmente della situazione in cui vivono, soffrono e cadono i nostri Confratelli in quelle regioni. Non c'è paragone, per esempio, fra la realtà dell'Europa e quella di certe Ispettorie dell'America Latina. Se nel Vecchio Continente le braccia scarseggiano, in alcu­ne di quelle regioni mancano ormai del tutto. D'altra parte, se si riducono in qualche Ispettoria delle attività che assorbono personale senza proporzionato rendimento apostolico, non ne viene grave danno, tanto più se nell'economia dell'insieme si sanno dosare e integrare saggiamente personale ed opere con laici preparati, capaci, desiderosi di collaborare apostolicamente. Ma rifiutare aiuto a quei confratelli vorrebbe dire la perdita forse irreparabile di migliaia e migliaia di anime di cui la Congregazione è responsabile dinanzi alla Chiesa, lasciando inascoltate le implorazioni dei fratelli, delle anime, del Papa.

Carissimi Confratelli e Figliuoli, dobbiamo aprire gli occhi alla realtà e guardare oltre i ristretti confini della nostra Casa, della nostra Ispettoria, tirandone le conseguenze: è carità, anzi mi pare di poterlo affermare, è giustizia. La Congregazione, lo dicevo altra volta, non è fatta di compartimenti stagno,

Da questa comprensione, da questa fattiva apertura e sensibilità i Confratelli delle varie Ispettorie riceveranno nuovo impulso di generosità, di rinnovata fiducia, di co­struttivo ottimismo: la Congregazione proverà in tutta la sua ricchezza la verità della parola di Cristo: «Date e vi sarà dato».

Io sento che don Bosco, dopo di aver intuito nel secolo scorso l'importanza dell'evangelizzazione nell'America Latina, chiederebbe alla Congregazione di assumersi ancora questa responsabilità che ci è imposta anche dalla nostra posizione in quelle repubbliche.

Mi rendo conto che si tratta di una cosa nuova, che richiede sacrifici ed anche decisione, ma io la metto sotto la protezione di Maria Ausiliatrice e sono sicuro che Essa benedirà l'iniziativa compensando gli eventuali sacrifici che le Ispettorie dovranno fare sul momento.


A questo riguardo mi piace qui ricordare a tutti, Superiori e semplici Confratelli, quello che mi diceva un grande Arcivescovo: «Ogni volta che un mio chierico, anche alla vigilia del Sacerdozio mi chiede seriamente di andare in missione non rifiuto mai il permesso: il Signore mi ha compensato col fervore dei seminaristi e sempre con altre ottime vocazioni. Dobbiamo agire mossi da viva fede e da grande carità».


Per scendere immediatamente sul piano della realizza­zione io invito i Confratelli che vogliono accogliere il mio appello a rivolgere la loro domanda a me personalmente. Sarà per me motivo di grande gioia ricevere tali offerte. Giova tenere presente che l'invito è rivolto a Sacerdoti entro i 40 anni, per 5 anni.


Forse non si potranno accogliere subito tutte le domande, per la complessità degli interessi che si debbono contemperare, ma l'essersi messo a disposizione della gran­de causa sarà già un merito di cui la Madonna terrà conto.


Con l'invito desidero dire subito anche una parola paternamente chiara. I Confratelli prescelti saranno debitamente preparati alla missione cui saranno destinati, ma ognuno di loro deve fin d'ora sapere che andrà incontro a sacrifici, che non si tratta di un'evasione per risolvere particolari situazioni di insofferenza, di scontento, di in­stabilità e simili, ovvero per conoscere paesi e popoli nuovi. Si va in America per dare la propria collaborazione al ministero dei Confratelli, convinti che tutto questo impor­terà sacrifici e rinunzie non solo di indole fisica o materiale, ma forse ancor più di indole psicologica: è il prezzo con cui si acquistano le anime. Don Bosco lo diceva già ai missionari che andavano appunto in America.


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